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B - 1 Educare con lo stile di Dio “Gesù e il suo progetto di vita” Accoglienza - Poiché ci si ritrova dopo un certo tempo informarsi di come va e prestare attenzione a tutti, informandosi anche degli assenti. - Preghiera: d’ora in poi gli incontri iniziano con un momento di ascolto della Parola di Dio Marco 10,13-16: Lasciate che i bambini vengano a me. Preghiera dal CdB pag 53 Dialogo - Riagganciarsi all’immagine del testo di Gibram “I figli” ed in particolare chiedendosi chi è l’arciere. Naturalmente per noi cristiani è Dio, il Dio Padre di Gesù. Ma allora se mettiamo Dio a reggere l’arco, quale sarà il bersaglio? - Riportiamo le risposte su post-it in modo da poterli collocare su di un cartellone disegnato con un bersaglio a cerchi concentrici più o meno vicini al centro a seconda di come il gruppo ne valuta il valore. Approfondimento - Leggiamo un episodio dal vangelo di Marco scegliendo, in base al gruppo di genitori, tra: Marco 10,17-22 (il giovane ricco) e Marco 12,28-31 (i due comandamenti dell’amore) - Fare con il gruppo una semplice lectio di questa pagina evangelica (vedi traccia). Rielaborazione - Ricuperare il cartellone con i valori da insegnare ai figli (quello dell’albero). - Chiediamoci ora come scriverebbe questa lista di valori una Comunità cristiana che volesse far diventare i propri bambini cristiani maturi. Si potrebbe completare il cartellone dei valori e dell’albero, aggiungendo foglie e frutti. Conclusione - Domandiamo che la prossima volta venga portata una foto del figlio/a e se possibile di venire insieme ai bambini per iniziare e concludere insieme l’incontro. B1

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B - 1

Educare con lo stile di Dio “Gesù e il suo progetto di vita”

Accoglienza

- Poiché ci si ritrova dopo un certo tempo informarsi di come va e prestare attenzione a tutti, informandosi anche degli assenti.

- Preghiera: d’ora in poi gli incontri iniziano con un momento di ascolto della Parola di Dio • Marco 10,13-16: Lasciate che i bambini vengano a me. • Preghiera dal CdB pag 53

Dialogo - Riagganciarsi all’immagine del testo di Gibram “I figli” ed in

particolare chiedendosi chi è l’arciere. Naturalmente per noi cristiani è Dio, il Dio Padre di Gesù. Ma allora se mettiamo Dio a reggere l’arco, quale sarà il bersaglio?

- Riportiamo le risposte su post-it in modo da poterli collocare su di un cartellone disegnato con un bersaglio a cerchi concentrici più o meno vicini al centro a seconda di come il gruppo ne valuta il valore.

Approfondimento

- Leggiamo un episodio dal vangelo di Marco scegliendo, in base al gruppo di genitori, tra: Marco 10,17-22 (il giovane ricco) e Marco 12,28-31 (i due comandamenti dell’amore)

- Fare con il gruppo una semplice lectio di questa pagina evangelica (vedi traccia). Rielaborazione

- Ricuperare il cartellone con i valori da insegnare ai figli (quello dell’albero). - Chiediamoci ora come scriverebbe questa lista di valori una Comunità cristiana che volesse

far diventare i propri bambini cristiani maturi. Si potrebbe completare il cartellone dei valori e dell’albero, aggiungendo foglie e frutti.

Conclusione

- Domandiamo che la prossima volta venga portata una foto del figlio/a e se possibile di venire insieme ai bambini per iniziare e concludere insieme l’incontro.

B1

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Allegati Scheda B1

PREGHIERA DAL CATECHISMO DEI BAMBINI (p.53) PADRE SANTO,

TU HAI FORMATO L’UOMO A TUA IMMAGINE; MASCHIO E FEMMINA LI HAI CREATI

PERCHÉ L’UOMO E LA DONNA, UNITI NEL CORPO E NELLO SPIRITO,

SIANO COLLABORATORI DELLA TUA CREAZIONE. CON DISEGNO MIRABILE HAI DISPOSTO CHE LA NASCITA DI NUOVE CREATURE

ALLIETI L’UMANA FAMIGLIA E LA LORO RINASCITA IN CRISTO

EDIFICHI LA TUA CHIESA. NELLA TUA MISERICORDIA

HAI TANTO AMATO GLI UOMINI DA MANDARE TUO FIGLIO COME REDENTORE

A CONDIVIDERE IN TUTTO, FUORCHÉ NEL PECCATO, LA NOSTRA CONDIZIONE UMANA. COSÌ AMI IN CIASCUN BAMBINO CIÒ CHE TU AMI NEL FIGLIO

POICHÉ IN LUI, SERVO OBBEDIENTE, HAI RICONCILIATO A TE TUTTI GLI UOMINI

COME TUOI FIGLI.

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Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10,17-22) 17Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: “Maestro buonoA, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. 18Gesù gli disse: “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. 19Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre”. 20Egli allora gli disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. 21Allora Gesù, fissatoloB, lo amòC e gli disse: “Una cosa sola ti mancaD: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”. 22Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflittoE, poiché aveva molti beni.

Note del testo

(A): "Buono" indica colui che agisce sempre e solo con bontà. Gesù afferma che Dio solo è fonte dell'amore e quindi buono. Poi Gesù rimanda il "tale" ai comandamenti, alle dieci parole che sono i doni del Dio buono, i doni coi quali viene offerta agli uomini l'alleanza, la comunione con chi è buono. Questi comandi infatti iniziano con la formula "Io sono il Signore, il tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla schiavitù" mettendo l'accento sul rapporto vitale con Dio, dichiarando la sua alleanza, indicando un gesto di amore divino che previene Israele stesso e solo dopo esprimono proibizioni per invitare l'uomo a non uscire da questo spazio di comunione. È proprio all'inizio del decalogo che è detto che Dio è amore, e questo lo si può dire solo di lui e di nessun altro. (B): In quel "fissatelo lo amò" possiamo cogliere la vera fonte e natura della conformazione a Cristo povero: l'amore con il quale siamo amati. Siamo chiamati alla povertà perché Cristo ci ama. La chiesa è chiamata alla povertà perché Cristo la ama e ha dato se stesso per lei. (C): II "fissatelo, lo amò" indica il dono di grazia e di amore che Gesù offre a questo tale. Ma c'è una condizione necessaria per accogliere veramente il dono e questa condizione è la povertà. Il dono di Dio è un dono "eccessivo", senza misura e rivolto a chi non ha meriti particolari; ma questo eccesso può essere capito soltanto se c'è una persona consapevole della sua povertà. Se uno è ricco, il dono di Dio non lo colpisce così tanto, non lo capisce nemmeno. La ricchezza diventa sicurezza e chi è ricco tende a contare più sulla sua sicurezza che sul dono di Dio. Chi è povero può apprezzare il dono del Signore. Solo chi riconosce di essere povero davanti a Dio riconosce il dono. Siamo debitori a Dio di tanti doni che ci fa, ma fondamentalmente siamo debitori a Dio di Dio stesso, in Gesù che si è fatto uomo. Il dono di Dio è Gesù che "fìssatolo, lo amò". (D): Non si accede alla vita eterna per le nostre capacità, per i nostri sforzi, per i nostri mezzi; si accede al regno, si accede alla pienezza e all'autenticità della vita unicamente se ci si rende conto che non siamo gente che ha tutto, che siamo gente che vive una condizione di mancanza, di povertà, di sterilità, di mendicità. Siamo mendicanti dell'amore di Dio. Se questa mancanza non è riempita dall'amore del Signore, non è riempita dalla sua grazia, dalla sua bontà, allora, per quanto ci sforziamo tutto questo non ci servirà a nulla. (E): "Se ne andò triste" accorgendosi che non solo gli mancava qualcosa, ma gli mancava l'essenziale. E Gesù glielo aveva detto: Ora che mi hai incontrato, che sei stato oggetto del mio amore, ti manca di accettare l'amore: amandomi, seguimi! La chiamata di Dio e quella di Gesù trascendono la legge e arrivano a chiedere amore per una persona, non solo l'adempimento formale dei comandamenti.

(Dal commento alle letture della Domenica di «Diaconia») Messaggio duro, dunque quello di Gesù? messaggio che deve suscitare angoscia e tristezza? Tutt'altro. Si tratta piuttosto di gioia, ma di gioia legata alla fede; aver fede vuol dire affidare la propria difesa a un altro, vuol dire fidarsi di Gesù e della sua parola. Questo richiede abbandonare ogni cosa; ma questo significa ricevere ogni cosa, anzi ricevere il centuplo in questa vita (insieme però alla croce ormai inevitabile per un autentico discepolo di Cristo) e nel futuro la vita eterna (cf. 10,28-30). È un contratto vantaggioso, quindi, il discepolato; ma un contratto basato sulla fede perché il discepolo non ha il controllo di ciò che gli viene promesso; lo deve sperare e accogliere dalla mano generosa del suo Signore. Sicché il discepolo ideale è quello che si fa aprire gli occhi del cuore da Cristo, che lo invoca con fede e che, quando ha imparato a vedere le cose con occhi nuovi, prende a seguire Gesù per la strada (10,52). Quale strada? Quella che va a Gerusalemme, la strada della croce; ma è anche la strada della resurrezione insieme con Cristo.

(L.Monari, Messaggio del vangelo di Marco, EDB, p.60-61)

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Dal Vangelo secondo Marco (Mc 12,28-31) 28Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. 29Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; 30 amerai dunque il SignoreA Dio tuoB con tutto il tuo cuoreC, con tutta la tua mente e con tutta la tua forzaD. 31E il secondoE è questo: AmeraiF il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”.

Note del testo

(A): Amare Dio non vuoi dire, per la Bibbia, fare di Dio l'oggetto del proprio amore, ma sostituire il suo volere al nostro, accogliendolo e facendone, nell'obbedienza, il principio del proprio essere e del proprio agire. Per capire radicalmente il comandamento biblico dell'amare Dio, in cui si riassumono tutti i comandamenti, bisogna recuperare la radicalità della prospettiva biblica nella quale Dio non è oggetto della ricerca umana, ne della sua intelligenza, ne del suo desiderio, bensì soggetto, cioè libertà d'amore e volontà di bene, che entra nella soggettività umana ponendola in crisi come struttura razionale e desiderante e rigenerandola come recettività a cui affidare un compito. Amare Dio vuoi dire aderire al suo volere dicendo no al proprio. (B): Gesù dunque cita due testi dell'Antico Testamento: Dt 6,4-8 e Lv 19,18. I due passi erano al centro della spiritualità di Israele. Ma Gesù vi apporta qualcosa di originale. La novità di Gesù consiste soprattutto nell'aver congiunto i due comandamenti. È nella capacità di tenerli uniti che si misura la vera fede. Ci sono come due tendenze nello spirito umano, e queste sono anche le due tendenze che si contendono l'anima cristiana: la tendenza che accentua il primato di Dio (e quindi la preghiera, il rapporto con Lui, la conversione ulteriore e personale) e la tendenza che, m nome di Dio, attira l'attenzione sull'uomo (e quindi la giustizia, la lotta per un mondo più giusto, la presa di posizione di fronte alle strutture della nostra società). Il vangelo vuole che le due tendenze si unifichino. Gesù ha detto di amare il prossimo come se stessi: dunque occorre impegnarsi per la liberazione dell'uomo. Ma nella lotta generosa per l'uomo occorre affermare il primato di Dio, che deve essere amato con 'tutto'. (C): Amare il Signore con tutto il cuore significa amarlo con la 'totalità' del cuore, cioè con cuore indiviso, non separato. Solo un cuore umano unificato può amare Dio con quella totalità che Dio chiede. Un cuore unificato è un cuore in cui il bene ha prevalso sul male, lo Spirito Santo sullo spirito del male. E' un cuore sgombro, pulito, perché vi possa albergare lo Spirito Santo. Solo con un cuore così potremo fare dei due un unico comandamento. Amare Dio con tutto il cuore significa che il cuore umano è ripieno totalmente dello Spirito di Dio e quindi non esiste più differenza, separazione tra Dio e l'uomo. Solo amando Dio con 'tutto' possiamo amare il prossimo come noi stessi e facciamo di questi un unico comandamento. Se noi amiamo il prossimo come noi stessi senza l'antecedente dell'amore a Dio, rischiamo di amare il prossimo con gran parte del nostro egoismo. (D): Il credo pregato di Israele, per essere ben compreso, va collocato all'intemo del pensiero primario del Deuteronomio: la chiamata di Israele è un evento non suffragato da meriti, e neppure dal numero, dalla forza e dalla retta condotta, ma unicamente determinato 'dall'amore per voi e dalla fedeltà al giuramento fatto ai vostri padri' (Dt 7,8). Gesù fa risalire Israele e ogni uomo a Dio-agape totalmente coinvolto per Israele e per l'umanità fino al dono del figlio; la creatura umana non può che rispondere: ti amo, impegnando totalmente se stessa in questa risposta di amore. Nell'essere amati e nel riamare sta l'esperienza fondamentale cristiana. In principio vi è dunque un rapporto di amore, (E): Colui che apre all'amore verso di sé è il medesimo che apre all'amore verso il prossimo. Si tratta di una similitudine-uguaglianza (homoia) che in Paolo diverrà esplicitamente un unico comandamento a due facce. Per completare il discorso con Giovanni, possiamo dire che Dio che è amore ci ha amati per primo; l'opera di tale agape produce in noi due reazioni o effetti: l'amore verso di lui e verso il prossimo, essendo Dio inscindibile dai suoi figli, buoni o cattivi, giusti o ingiusti. Dio non può essere separato dall'uomo e l'uomo non può essere separato da Dio. Un amore in misura crescente con un particolare riguardo verso gli ultimi, come sottolinea il brano dell'Esodo, a indicare i soli e i privati di qualsiasi difesa, ma che stanno a cuore a Dio. (F): Ma possiamo veramente amare Dio? Non è al di fuori dell'esperienza umana? La risposta la troviamo in Gesù. Possiamo amare Dio perché si è avvicinato a noi nel suo Figlio incarnato, che ci ha donato lo Spirito Santo. L'amore di Dio era un comando del Primo Testamento. Nell'incontro con Cristo e nell'esperienza dello Spirito Santo diventa un'esigenza del cuore. E possiamo unire all'amore a Dio l'amore al prossimo perché in

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Cristo i due amori si congiungono. Quando Dio ci chiede di amarlo assolutamente, ci prescrive di assumere il suo stesso atteggiamento, perché l'amore ha questo di proprio, che rende simili all'amato.

(Dal commento alle letture della Domenica di «Diaconia») L'importanza della domanda dello scriba si capisce facilmente se si ricorda che i rabbini enumeravano 613 comandamenti della legge (365 proibizioni e 248 precetti positivi). Questa molteplicità doveva servire a sottomettere alla volontà di Dio tutti i comportamenti quotidiani, anche quelli più banali. Ma il rischio era evidente: quando si sta troppo attenti alle cose piccole si dimenticano le cose grandi; e quando ci sono troppe cose a cui badare, l'attenzione si disperde e la vita diventa frantumata. Di qui l'interesse dei rabbini nella ricerca di un principio che ordini i diversi comandamenti in una scala di importanza. Nella risposta di Gesù tutto si gioca sull'amore: amore deve essere l'osservanza dei comandamenti e amore deve essere il servizio al prossimo. L'amore è l'anima, i singoli comportamenti diventano le conseguenze concrete; l’amore è l’albero, i gesti di bontà i frutti.

(L.Monari, Messaggio del vangelo di Marco, EDB, p.69)

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Educare con lo stile di Dio “I bambini nella parola di Dio”

Accoglienza

- I genitori dovrebbero essere venuti con i figli e una loro foto che provvederemo ad attaccare ad un cartellone che al centro riproduce un ritratto di Gesù. Sotto ogni foto mettiamo il nome di battesimo del bambino/a.

- Con i bambini in cerchio e tenendosi per mano recitiamo la preghiera insegnata da Gesù agli apostoli: il Padre nostro.

- I bambini si ritirano in un’altra stanza dove trascorreranno il tempo dell’incontro accuditi da qualcuno.

Dialogo - Ciascuno è invitato a raccontare la propria esperienza di come ha vissuto (le coppie è meglio

che lo facciano insieme) il tempo dal concepimento alla nascita di questo figlio/a. Una tecnica potrebbe essere quella di abbinare i genitori a due e due o a quattro a quattro se sono coppie; ciascuno racconta all’altro o all’altra coppia la sua esperienza e poi sarà chi ha ascoltato a riferire al gruppo l’esperienza dell’altro nei punti essenziali.

Approfondimento

- Leggere il primo capitolo del Primo libro di Samuele che racconta la nascita di Samuele; o la testimonianza di una santo (es. Gianna Beretta Molla) o di un genitore sui figli accolti come dono.

- Dal CdB nn.24,28,29. Rielaborazione

- Da quello che abbiamo letto e in base alla nostra esperienza e sensibilità religiosa: - Cosa significa che i figli sono un ‘dono’ e che non ci appartengono? - Caso abbiamo scoperto in questo incontro?

Conclusione

- Chiamiamo i figli e insieme con loro facciamo un piccolo momento di preghiera. - Consegniamo il compito di fare il segno della croce con i figli all’inizio e alla fine della

giornata.

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Allegati Scheda B2 UN INNO ALLA VITA: SANTA GIANNA BERETTA MOLLA Per Gianna Beretta Molla (medico, nata a Milano nel 1922 e morta di parto nel 1962) la vocazione al matrimonio era unita al desiderio di avere bambini. Ma questo suo desiderio di maternità non era soltanto a livello naturale. Già ai tempi del suo fidanzamento espresse nelle sue lettere la gioia di poter dare alla luce dei figli che avrebbero lodato e servito il Creatore. Con la maternità avrebbe potuto infatti rendere grazie a Dio, Creatore, per il dono dell'amore, con il quale era stata riccamente elargita. Per questo motivo Gianna attendeva con una certa impazienza i primi sintomi di gravidanza. Ma nei primi mesi le sue speranze furono deluse. Finalmente nella primavera del 1956 percepì con gioia i sintomi della maternità e il 19 novembre 1956 diede alla luce il suo primogenito che fu battezzato con il nome di Pierluigi. Mamma Gianna fu colma di gioia e di riconoscenza, nonostante la maternità avesse presentato alcune difficoltà. A suo fratello in Brasile scrisse: "Eccoci ora in tre. Pierluigi è arrivato un po' in ritardo, 15 giorni

dopo il previsto. Sta bene e spero di poter continuare con l'allattamento misto ancora per un po'. Però latte

non ne ho molto e devo ogni volta far un'aggiunta, ed egli, nono giorno di vita, comincia a fare sorrisini. Ha

già ricevuto il Battesimo. .... E' stato consacrato alla Madonna del Buon Consiglio, ed ora lo raccomando

tanto alle tue preghiere perché cresca buono e bravo." Come ogni mamma anche Gianna era affascinata nel vedere crescere il suo bambino; annotava ogni minimo progresso per farne partecipe il marito Pietro. Nell'estate 1957, durante un soggiorno a Courmayeur, gli inviò la seguente lettera: "Ogni giorno il nostro caro Pierluigi diventa più bello, più vivace, pare capisca quando gli si parla! Quando balbetterà le prime parole sarà ancor più caro. ...." Nella primavera del 1957 si preannunciò l'arrivo di un secondo bimbo. Gianna era felice anche se la gravidanza le procurava nuovamente molti disturbi. La nausea e il vomito non le davano tregua, ma ciò nonostante, oltre a governare la casa, esercitava anche la sua professione. Scrisse a Pietro, in estate: "II

Signore ha nuovamente benedetto il nostro amore donandoci un altro bimbo: io sono felice e, con l'aiuto

della Mamma Celeste e con te vicino, con te che sei tanto buono, comprensivo, affettuoso, non mi

spaventano più le sofferenze della nuova maternità. Grazie, Pietro carissimo, delle tue preghiere. La

Madonna ti ascolterà senz'altro ed avremo così un altro bel bambino come il nostro caro Pierluigi."

Nell’anno 1961 si annunciò una nuova gravidanza, la quarta, ma questa volta le difficoltà si moltiplicarono. Verso il termine del secondo mese di gestazione fu diagnosticato un voluminoso tumore uterino che cresceva velocemente e pregiudicava lo sviluppo del feto. Gianna fu ricoverata in ospedale col pericolo di dover abortire. Ma per Gianna era chiaro, sin dall’inizio, che doveva essere fatto tutto il possibile per non interrompere la gravidanza. Ancor prima di essere trasportata in sala operatoria all’Ospedale S.Gerardo di Monza, Gianna raccomandò ai medici di anteporre la vita del bambino alla sua, ad ogni costo. “Sono pronta

a tutto pur di salvare la mia creatura. Sono pronta a ciò che Dio vorrà.” dichiarò. La mattina del 21 aprile, sabato santo, alle ore 11 il medico poté comunicare al padre la gioiosa notizia che Gianna aveva dato alla luce una bambina, sana, di 4,5 Kg. Gianna aveva chiesto che la bambina si chiamasse Emanuela. Le condizioni di Gianna si aggravarono progressivamente, alla sera del mercoledì chiese al marito di essere portata a casa. Dapprima i medici si opposero perché non volevano abbandonare ogni speranza di poterla salvare nonostante il suo stato fosse gravissimo, poi, il venerdì, acconsentirono. Alle ore 4 della mattina del sabato dopo Pasqua la riportarono a casa, a Ponte Nuovo. Sentì le voci dei suoi bambini nella stanza accanto, svegliatisi per il subbuglio e capì di essere a casa sua. Alle ore 8, in presenza di suo marito, di due dei suoi fratelli e di sua sorella, Gianna spirò per entrare nella vita eterna. (M.H.Brem Ocist, Un inno alla vita, in: «Voglio vivere» n.15 – gennaio 2005)

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PREGHIERA ALLA FINE DELL’INCONTRO I genitori leggono la seguente professione di fede (CdB pag. 19) Noi crediamo In un solo Dio Padre onnipotente Che continua e compie in ogni bambino La sua creazione Noi crediamo In un solo Signore Gesù Cristo Che per opera dello Spirito santo Si è incarnato nel seno della vergine Maria E si è fatto uomo. Per la salvezza di tutti e di ogni bambino Ha patito è morto ed è risuscitato Secondo le scritture E vuole compiere in ogni bambino La sua redenzione. Noi crediamo Nello Spirito santo Che offre a ogni bambino la vita nuova, La vita divina.

I bambini, aiutati dai genitori, leggono questa preghiera (CdB pag.146) Padre nostro, che sei nei cieli, Tu hai fatto ogni cosa con sapienza e con amore; Noi ti lodiamo perché sei buono e grande. Amen.

I genitori tenendo uno o entrambe le mani sulla testa dei figli pronunciano la preghiera di benedizione e alla fine tracciano sulla loro fronte il segno della croce (CdB pag. 156): Padre santo, sorgente inesauribile di vita, da te proviene tutto ciò che è buono; noi ti benediciamo e ti rendiamo grazie, perché hai voluto allietare con il dono dei figli la nostra comunione di amore. Fa’ che questi nuovi germogli della nostra famiglia trovino nell’ambito domestico il clima adatto per aprirsi liberamente ai grandi ideali che tieni in serbo per loro e che realizzeranno con il tuo aiuto. Per Cristo nostro Signore. Amen.

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Educare nella fede di Cristo “Fede in chi/cosa?”

A quale fede vogliamo educare Accoglienza

- Predisporre sul tavolo centrale un’icona di Gesù e una Bibbia aperta con davanti una lampada ad olio o una candela accesa

- Preghiera: • Marco 8,27-29: “Chi dice la gente che io sia?”

Dialogo

- Chiediamoci: “A cosa serve avere fede nella vita?” Ci si divide in gruppi, a ciascuno dei quali viene assegnata una o più età della vita a cui pensare per rispondere alla domanda: • Fanciullezza • Giovinezza • Maturità • Vecchiaia

- Condivisione delle risposte dei gruppi, riportate sinteticamente su un cartellone. Approfondimento

- Leggiamo un testo sulla religiosità dei Bambini come quello di Manenti in allegato. - Dal CdB nn. 177-181: Sono capaci di pregare i bambini?.

Rielaborazione

- Ciascuno è invitato a disegnare o definire un simbolo per descrivere la fede secondo lui/lei. - Condivisione dei simboli trovati di cui va data una breve spiegazione. - Se il clima del gruppo lo permette si può aprire il dialogo alla condivisione e

all’interpretazione della fede dei genitori presenti. Conclusione

- Consegnare il crocifisso di S.Damiano (di S.Francesco) con un po’ di spiegazione. - Illustrare lo Schema delle 4 settimane che saranno invitati ad applicare nel prossimo mese. - Consegnare la scheda per la verifica di questi ultimi tre incontri (vedi allegato) e concordare

l’appuntamento per la prossima serie di incontri.

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Educare nella fede di Cristo “Fede in chi/cosa?”

A quale fede vogliamo educare Accoglienza

- Predisporre sul tavolo centrale una lampada ad olio o una candela accesa - Preghiera:

• Marco 9,14-29: guarigione di un ragazzo Dialogo

- Condivisione libera sul brano evangelico ascoltato nella preghiera iniziale, in particolare mettendosi nei panni del padre del ragazzo indemoniato.

- Chiediamoci allora: “Cosa significa avere fede?” Riportiamo sinteticamente le risposte su un cartellone.

Approfondimento

- Leggiamo un testo sulla fede tipo quello di G.Ferrari in allegato. - Dal CdA nn. 86ss: La risposta della fede.

Rielaborazione

- Alla luce di quello che abbiamo detto e ascoltato proviamo a definire quale volto di Gesù vorremmo trasmettere ai figli, quale atteggiamento di fede sarebbe bene che si formasse in loro.

- Se il clima del gruppo lo permette si può aprire il dialogo alla condivisione e all’interpretazione della fede dei genitori presenti.

Conclusione

- Consegnare il crocifisso di S.Damiano (di S.Francesco) con un po’ di spiegazione. - Illustrare lo Schema delle 4 settimane che saranno invitati ad applicare nel prossimo mese. - Consegnare la scheda per la verifica di questi ultimi tre incontri (vedi allegato) e concordare

l’appuntamento per la prossima serie di incontri.

B3 bis

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Allegati Scheda B3 DA 6 A 11 ANNI: “Ma io posso davvero crederci?” A.Manenti, Noi per loro, Diocesi di Reggio Emilia, 29-31. Con l'evolversi del pensiero da concreto ad astratto, il bambino raggiunge l'idea di Dio come essere invisibile (8-9 anni) e puro Spirito (10-12 anni). Approfondisce la visione realista e personale di Gesù. Spontaneamente lo vive come il figlio di Dio creatore e redentore, nato e morto per noi, presente nella Eucaristia, nella Chiesa e nel suo cuore. Lo sente sempre più accessibile e ora può pregare con una maggiore coscienza di poter entrare in intimità con Lui. Ma iniziano anche le prime crisi di scetticismo religioso provocate dal confronto con chi non crede: "Mamma, Giovanni mi ha detto che Dio non esiste", "sai papa, che solo gli stupidi credono in Dio"... Inoltre la sua mentalità diventa sempre più scientifica: il mondo delle fantasie e delle fiabe non gli appartiene più e si accorge che nella vita esiste il dolore, l'ingiustizia e la cattiveria. Perché continuare ad essere buoni se nel mondo sembra prevalere la prepotenza e l'opportunismo? Essere cristiani da la dolorosa sensazione di passare per fessi. I valori da far cogliere:

È uno solo, ma estremamente importante: il Dio di Gesù Cristo non è un dio che soddisfa i desideri del cuore umano, ma invita l'uomo a desiderare secondo i desideri di Dio. Non è il dio tappabuchi, o il buon papa che con la barba bianca ci permette di dormire sonni tranquilli fra le sue braccia. È il Dio che è morto in croce per noi e ci invita a fare lo stesso, a perdere la nostra Vita per la salvezza del mondo. Ci chiede di entrare con lui nella sala dei comandi e condividere la sua responsabilità. A noi la scelta: lui ci dona il potere di compiere, nel suo nome, cose grandi. Attraverso l'esempio concreto: È uno solo: noi grandi, abbiamo accettato la scommessa di desiderare come Dio desidera? Se sì, basta dirlo. E possiamo dire di sì. I genitori sono religiosi senza saperlo. Forse hanno programmato la nascita del figlio per l'anno, mese, giorno voluti. Ma sanno benissimo che il loro figlio non è solo una loro costruzione. La vita umana giunge sempre di sorpresa, supera le capacità di organizzazione e previsione. Rimanda "oltre"... Forse i genitori hanno perso la capacità di pregare, ma di fronte al figlio non possono aver perso la capacità di stupirsi. E anche lo stupore è già un modo di pregare. Lo stupore al vedersi completamente superati dall'evento della nascita di un figlio è la faccia religiosa della maternità-paternità. E questo stupore, carico di speranza entusiasta, si può trasformare in gratitudine verso Dio. Oppure diventa ben presto angoscia per la propria inadeguatezza, e poi fatica e poi... un po' di pentimento per aver generato. Ma il bambino stesso penserà a far capire ai genitori che la sua vita sorpassa i loro calcoli: obbligandoli a servirlo disinteressatamente, li porterà a farsi migliori, a riprendere l'abitudine di donarsi. E anche questa è religiosità. E nominare il nome di Dio, insieme ai propri figli, ricorda tutto questo. E poi la Chiesa insegna: i genitori cristiani hanno ricevuto il sacramento del battesimo, della cresima e del matrimonio; sono quindi abilitati ad esercitare il "ministero" di educatori con piena autorevolezza. Sappiamo per fede che i genitori sono stati pensati da Dio come "genitori" prima ancora che loro. pensassero di divenirlo, voluti genitori dalla volontà amorosa dell'unico Padre, della cui paternità sono immagine e somiglianzà. Tutto questo non è poesia, ma forza disumana per sopportare i pianti inspiegabili e insistenti del bambino in piena notte, la preoccupazione per la sua malattia o l'incertezza sulle nostre capacità... In sintesi

Al bambino la fede non si può insegnare ma solo trasmettere con la testimonianza della vita. Anche in questo campo, lui impara per imitazione: con gli occhi più che con le orecchie. Se i genitori non la trasmettono o la trasmettono male, la fede dei figli rischia di rimanere inefficace o crescere distorta. Come ogni altra virtù, la fede è una conquista personale ma che si incomincia ad apprendere per tradizione. Il bambino aspetta di sapere dall'adulto cosa ci sta a fare al mondo e come vivere al meglio. Neanche per il bambino la fede è un complesso di riti, formule, doveri, di "si può/non si può". È un modo particolare di concepire la vita e il senso delle cose. La sua fede non è fatta di contenuti, di verità, ma di atteggiamenti, gesti, atti di fiducia nelle persone. E l'adulto glielo spiega non con le belle prediche ma prendendo occasione dalle circostanze che accompagnano la vita di ogni giorno per vivere, lui per primo, con spirito di fede, e spiegare, dopo, al figlio che cosa lui stesso ha fatto: prima agisco io e poi ti faccio vedere come e perché ho agito così.

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PARLANDO DELLA FEDE OGGI. INQUIETUDINI RISCHI E SPERANZE di: Gabriele Ferrari s.x. (in «Testimoni» 1(2006) p.24-25)

Che cos'è la fede? Fino al concilio Vaticano II la fede era considerata soprattutto nel suo aspetto

oggettivo. contenutistico, ossia le verità che sono proposte da Dio (fides quae). La fede allora era «la virtù soprannaturale per la quale crediamo alle verità rivelate da Dio non per la loro evidenza intrinseca, ma per l'autorità di Dio rivelante» (Catechismo di Pio X).1

Il concilio Vaticano II ha profondamente rinnovato la definizione della fede: «A Dio che si rivela è dovuta l'obbedienza della fede con la quale l'uomo si abbandona tutto a Dio liberamente, prestando il pieno ossequio dell'intelletto e della volontà e assentendo volontariamente alla rivelazione data da lui» (DV 5). Prima di essere l'accettazione intellettuale di una verità oggettiva, credere come spiega il papa Benedetto XVI è «trovare un "tu" che mi sostiene e mi accorda la promessa di un indistruttibile amore».2 è un atto d' amore che risponde a «Uno che mi conosce e mi ama sicché io posso affidarmi a lui con l'atteggiamento del bambino il quale ha piena consapevolezza che i suoi problemi sono al sicuro nel "tu" della madre».3 Fede. fiducia e amore sono un insieme di atteggiamenti inscindibile con cui ci si consegna a Dio, lo si ascolta con amore filiale (ob-audire, obbedire) e gli si permette di entrare nella propria vita. Per questo con il p.Bernard Lonergan possiamo affermare che «believing is to be in love» (credere è essere innamorati).4 IL CROCIFISSO DI SAN DAMIANO Il Crocifisso di "San Damiano", dai tipici tratti bizantini, è un dipinto nel secolo XII, di un anonimo pittore umbro. La tela, sulla quale è stata dipinta l'icona, è incollata su una lista di legno di noce alta 190 cm, larga 120 cm e spessa 12 cm. Era nella diruta chiesa di San Damiano, quando, nell'autunno del 1205, Francesco, già raggiunto dalla "grazia", entrato nell'oratorio, "prese a fare orazione fervidamente davanti all'immagine

del Crocifisso" (Leggenda dei tre compagni, cap. V, n. 13). E recitò: "Altissimo glorioso Dio, / illumina le

tenebre de lo core mio. / Et dame fede dricta, / speranza certa e carità perfecta, / senno e cognoscimento, /

Signore, / che faccia lo tuo santo e verace comandamento. Amen". E il crocifisso "gli parlò con commovente

bontà: 'Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va dunque e restauramela'. Tremante e

stupefatto, il giovane rispose: 'Lo farò volentieri, Signore' Egli aveva però frainteso: pensava si trattasse di

quella chiesa che, per la sua antichità, minacciava prossima rovina. Attualmente la preziosa reliquia è "gelosamente" conservata nella Basilica di Santa Chiara. La figura centrale dell'icona è, naturalmente, Cristo, che effonde luce all'intera composizione pittorica: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv. 8,12). Gesù è in piedi, vivo, non inchiodato alla croce. I suoi occhi sono aperti, come a guardare "quel" Mondo, che, in virtù del suo estremo sacrificio, è riuscito a salvare. Egli veste di un semplice velo. Il suo petto, la sua gola e il suo collo sono molto pronunciati, quasi a significare l'alitare lo Spirito Santo sui discepoli (Gv. 20,22), e su quanti si prostrano - e si prostreranno - al suo cospetto. Dietro le sue braccia distese, dalle cui mani esce un rivolo di sangue, nel rettangolo nero, è la raffigurazione della sua tomba vuota. Cristo è vivo. Egli è in piedi sopra la tomba. Il rosso dell'amore supera il nero della morte! I gesti dei Santi sconosciuti e le Sue mani indicano la Fede. I due Santi sconosciuti potrebbero essere Pietro e Giovanni dinanzi alla Sua tomba vuota (cf. Gv. 20,3-9). Superiormente al Cristo, è un cerchio rosso, nel cui interno è rappresentata "l'Ascensione": Cristo sembra uscire dal cerchio; nella sua mano sinistra, a guisa di scettro reale, stringe una croce d'oro. Le sue vesti sono dorate, a simboleggiare la vittoria; la sua sciarpa rossa, sottolinea il suo dominio e la sua sovranità. Intorno sono gli Angeli che lo accolgono in Cielo. Sotto è la dicitura, con abbreviature: IHS NAZARE REX IUDERUM: GESÙ NAZARENO RE DEI GIUDEI. All'interno del semicerchio che cima l'icona, è la mano destra dell'Altissimo, che, con due dita distese, impartisce la benedizione, in virtù dei meriti della Passione di suo Figlio. Maria e Giovanni sono posti l'uno accanto all'altro, alla destra di Gesù (cf. Gv. 19,26). Il mantello di Maria è di colore bianco: simbolo di vittoria (Rev. 3,5), purificazione (Rev. 7,14) e benevolenza (Rev. 19,8). Le gemme sul mantello rimandano alle grazie dello Spirito Santo. Il rosso scuro portato sotto il mantello simboleggia l'amore, mentre il vestito è di porpora, colore che simboleggia l'Arca dell'Alleanza (Ex. 26,1-4). 1 Il Catechismo della Chiesa cattolica ( 1992) presenta la fede come la risposta dell'uomo a Dio che si rivela e lo invita a condividere la sua felicità (n. 142) e l'assenso dell'uomo alla verità che Dio gli rivela (n. 143). 2 JOSEPH RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, Oueriniana Brescia 20031. 3 Ibid., 47. 4 BERNARD J.F. LONERGAN, Method in Theology, New York 1972, 105.

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La mano sinistra di Maria poggia sulla sua guancia, quasi ad indicare il suo amore per Giovanni; la sua mano destra indica Giovanni; mentre i suoi occhi, dai quali traspare una tenerezza indicibile, sembrano proclamare la sua accettazione all'invito di Cristo: "Donna, ecco il tuo figlio!" (Gv. 19,26). Giovanni, quasi colpito dal sangue che fuoriesce dalla ferita al costato di Gesù, indossa un mantello di colore rosa: simbolo di saggezza eterna; la sua tunica è bianca: simbolo di purezza. La sua posizione è tra Gesù e Maria, poiché egli è il discepolo amato da entrambi: " 'Donna, ecco il tuo figlio!' Poi disse al discepolo (Giovanni): 'Ecco la tua madre!' E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Gv. 19,26-27). ALTRE FIGURE alla sinistra di Gesù sono: Maria Maddalena: è una figura molto particolare, in quanto vicina a Cristo; la sua mano è poggiata sul mento, quasi ad indicare un segreto confidato; indossa un vestito di colore scarlatto: colore dell'amore; il suo mantello, azzurro, intensifica questo sublime sentimento; Maria di Cleopa: è accanto alla Maddalena. La tradizione la vuole madre di Giacomo. Indossa vestiti di un colore di terra: simbolo di umiltà; il suo mantello, verde chiaro, simboleggia la speranza. La sua ammirazione per Gesù, sembra essere indicata dal gesto della sua mano destra. Il Centurione di Cafarnao: è vicino a Maria di Cleopa. Egli, nella mano sinistra, regge un pezzo di legno, che sarebbe ad indicare la costruzione della sinagoga (Lc. 7,1-10). Il bambino oltre la sua spalla, è suo figlio, miracolato da Gesù. Le tre teste dietro il bambino mostrano "lui e la sua famiglia" (Gv. 4,45-54). Il pollice e le due dita del Centurione significano: la Trinità, mentre le sue dita chiuse raffigurano il mistero nascosto delle due nature di Gesù il Cristo: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!" (Mc. 15,39). IL METODO A “QUATTRO TEMPI” O DELLE 4 SETTIMANE Il metodo prevede nelle 4 settimane del mese quattro incontri diversi: a) La prima settimana un incontro solo con i genitori dei ragazzi per approfondire da adulti il Vangelo o il

messaggio da proporre ai figli in vista di una comunicazione familiare della fede. b) La seconda settimana è lasciata alla condivisione familiare secondo le modalità possibili ad ogni famiglia

(secondo suggerimenti, indicazioni o schede offerti). c) La terza settimana è dedicata ad un incontro prolungato dei bambini con i loro catechisti.

Non la solita oretta ma, essendo una volta nel mese, si cerca un tempo più disteso (circa due ore) che esce dallo schema lezione ed entra in quello di esperienza di gruppo.

d) Il quarto incontro è una domenica insieme: genitori, figli e comunità; con momenti separati e momenti assieme, tra cui la celebrazione eucaristica e altre occasioni di condivisione e servizio.

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SCHEDA DI VALUTAZIONE DELLA SECONDA SERIE DI INCONTRI

1. Quali sono state le cose nuove che ho incontrato:

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2. Quale utilità hanno avuto per la mia formazione personale:

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3. Quale utilità potranno avere per il mio essere genitore:

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4. Quali sono le cose che non mi sono rimaste chiare o che faccio fatica a condividere:

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5. Quali suggerimenti mi sento di dare all’équipe formativa…

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Educare nella fede di Cristo Schema delle 4 settimane

a) Genitori: Il Dio di Gesù Cristo

Incontro dei Genitori

Accoglienza - Predisporre sul tavolo centrale un pane e 1 sasso - Preghiera:

• Luca 11,1-13: la preghiera del Padre nostro • Preghiera Mio Padre sei tu

Dialogo

- Condivisione libera sulle figure del proprio padre e della propria madre: • Cosa mi piace di loro come genitori? • Cosa avrei voluto da Lui e da Lei? • Cosa ho imparato per il mio essere genitore? • Come i nonni sono oggi presenti nella vita dei nipoti? • ……………………

Approfondimento

- Leggiamo un testo spirituale sulla figura di Dio Padre. - Dal CdA nn. 324ss: Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. - Leggere i due testi su Gesù e il Padre

Rielaborazione

- Leggiamo e guardiamo le pagine del Catechismo dei fanciulli sul tema di Dio Padre di tutti (CIC/FR1 pag. 9-14). Quali delle cose che qui si dicono ci piacciono di più, cosa toglieremmo, cosa aggiungeremmo?

Conclusione

- Consegnare la scheda sul battesimo da fare a casa con il/la figlio/a.

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Allegati Scheda B4a

MIO PADRE SEI TU! La mia realtà umana, Padre, tu colmi di infinito: mi metti dentro il dono del tuo Figlio benedetto,

in lui mi dici: “mio figlio sei tu”, fatto figlio anch’io nel tuo Figlio.

Lo sono per l’effusione di santità del tuo Verbo. La mia identità di uomo è tutta qui,

non posso rinunciarvi, non posso dimenticarlo; tradirei me stesso, la mia verità.

Non posso pretendere di capire, / è un mistero, un mistero d’amore sconvolgente,

mistero che il Cristo è venuto a rivelarmi: / tu, Dio, sei mio Padre! Mi scopro capace di contenere l’Eterno

e il desiderio di essere figlio quale tu mi vuoi. Dilata le mie capacità naturali

nelle dimensioni sconfinate del cielo. (da: A. Ballestrero, Preghiere, Piemme 19939)

DIO PADRE E MADRE G.Vannucci, Ogni uomo è una zolla di terra L'Antico Testamento inizia con una coppia, Adamo ed Eva, l'uomo che è padre della donna: la donna viene generata per opera di Dio dall'uomo. È questa la grande immagine che domina tutto l'Antico Testamento. A questa immagine ci siamo molto uniformati e non abbiamo mai preso in considerazione invece l'immagine che è all'origine del Nuovo Testamento, quindi della nostra esperienza specificamente cristiana. Il Nuovo Testamento rovescia l'immagine, e abbiamo la madre e un figlio. Antico Testamento: padre e figlio; Nuovo Testamento: madre e figlio. Credo che su questo fatto dovremmo riflettere molto, perché l'immagine che Cristo ci da’ di Dio non è quella di Jahvè dell'Antico Testamento, un'immagine squisitamente virile. Gesù Cristo ci da’ l'immagine che l'ebraismo aveva dimenticato, l'immagine di Dio padre e madre, e insiste su questo aspetto. Se osservate, anche tutto il comportamento di Cristo sulla terra è un comportamento che spesso ha degli aspetti squisitamente femminili: per esempio, la lavanda dei piedi, il buon pastore che da la vita per le pecorelle, l'annunciatore del perdono perenne e costante, sono tutti atteggiamenti che indicano i carismi che sono propri della donna. Questo l'abbiamo dimenticato. Lo dico stasera a voi, perché è bene che riusciamo a comporre in noi l'unità dell'immagine di Dio che non è ne uomo ne donna, ma è Padre e Madre insieme. È giustizia ed è misericordia. È fortezza ed è amore misericordioso! Dio è Uno. La creazione introduce nell'unità di Dio il numero due, ma questo numero due dovrà essere abo-lito quando tutte le cose ritorneranno nell'infinito oceano della divinità e noi tutti riporteremo i frutti che qui sulla terra avremo raggiunto nella maturazione del nostro essere. Quindi i due saranno uno. Non dobbiamo pensare soltanto alla piccola e grande esperienza della vita matrimoniale, ma ogni uomo e ogni donna devono sentirsi chiamati a ricostituire la grande immagine del mistero divino che, come vi dicevo, è Padre e Madre. GESU’ CHIAMA DIO: “ABBA’,PADRE” Gesù si rivolge a Dio come a un Padre buono, condiscendente; lo chiama con fiducia «Abbà». Non abbiamo un solo caso nel giudaismo di quel tempo, in cui Dio sia chiamato «Abbà»; eppure Gesù si indirizza sempre così a Dio nelle sue preghiere; la formula aramaica «Abbà» è inserita nella preghiera di Gesù nel Getsemani: «Abbà, Padre! Tutto è possibile a te...» (Mc 14,36). .La consapevolezza della distanza tra Dio e l'uomo, «Dio è in cielo e tu [uomo] sei sulla terra» (Qo 5,1), impediva al pio ebreo di rivolgersi all'Eterno, all'Altissimo, con un termine così familiare: gli sarebbe parso irriverente. Questo appellativo, «Abbà», svela il vero volto del Padre: un Padre comprensivo e paziente al quale ci si può rivolgere con confidenza illimitata, la stessa che un bambino nutre nei confronti del papà. «Abbà» vuol dire proprio «Papà», «Babbo»; è la prima parola di ogni bambino ebreo rivolta al padre.

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Nell' Antico Testamento, per indicare l'affetto di Dio per il suo popolo, spesso si usava il termine «amore» «<raham» = grembo); designa l'amore di una madre per il bambino che porta in seno; quello di Dio per Israele, suo figlio prediletto, era quindi un amore «viscerale», materno. L' «Abbà» a cui Gesù si rivolge nella preghiera ha insieme un cuore di padre e di madre. Il vocabolo «Abbà» entra nella liturgia e nella catechesi, affiancato dalla traduzione: «Padre». Paolo dice: «Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,6); abbiamo ricevuto «uno spirito da figli adottivi per meglio del quale gridiamo: "Abbà, Padre!" » (Rm. 8,15). I primi cristiani avevano l'ardire di invocare Dio come l' «Abbà, Padre». GESÙ CI INSEGNA A PREGARE IL PADRE Il cristiano, quando prega, si indirizza a Dio: deve però imparare a rivolgersi in forma più esplicita alle tre Persone divine. Preghiamo il Padre, 1'«Abbà», come faceva Gesù Cristo: possiamo ad esempio ripetere, quasi in litania, le invocazioni presenti nella Bibbia: «Abbà, Padre» (Mc 14,36), «Padre, conducimi a te» (cf Gv 6,44), «Padre,

cerco il tuo volto» (cf Sal 27 ,8), «Gesù, tu sei la via al Padre» (cf Gv 14,6), «Spirito, fa' che conosciamo il

Padre» (cf Rm 8,26). Col nome «Dio» indichiamo principalmente il Padre: tutte le preghiere eucaristiche sono indirizzate al Padre, anche se è nominato esplicitamente solo poche volte. Invocando il Padre con il nome «Abbà», «Papà», come facevano i primi cristiani sull'invito di Gesù, si prega con maggior confidenza, come figli, e si comprende meglio il senso della affermazione del Vangelo: Figlio è colui che «è rivolto verso il seno del Padre» (cf Gv 1,18). Nel tempo e nell'eternità, come uomo e come Dio, Gesù è sempre proteso verso il Padre.

La liturgia ci suggerisce: «Obbedienti alla Parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: Padre nostro...». Così evitiamo il rischio di riferirci a un Dio generico della teologia naturale; o a un Dio genericamente trinitario. Una maggiore familiarità col Padre introduce in una esperienza affascinante e porta a intendere in profondità il «primato» del Padre. Il Padre attende che andiamo a Lui anche con i nostri fratelli perché ciò significa appartenere alla sua famiglia.

Dal testo: Dio Padre, Collana: Chi è Dio Padre?, 2, ELLEDICI

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Educare nella fede di Cristo Schema delle 4 settimane

b) Casa: Il Ricordo del Battesimo del figlio/a

Conversazione a casa Indicazioni per i genitori

- Questa conversazione a casa con il fanciullo/a dovrebbe avvenire in un momento sereno e senza fretta, con la televisione spenta e la possibilità di scrivere.

- Per una vostra preparazione potete leggere:

• Catechismo degli adulti nn. 669-678;

• Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 1234-1245;

• Catechismo dei bambini pag. 36-45 (con un ricco corredo di foto della liturgia del Battesimo).

- Sarebbe bello invitare padrino e madrina e farli intervenire nel racconto; se i genitori non fossero disponibili potrebbero proprio essere coloro che tengono questa conversazione.

- Se le avete, tirate fuori dal cassetto la candela e la veste bianca del Battesimo.

- Prima di tutto raccontate quel giorno: dov’era, chi c’era, quali sentimenti avevate, come si sono svolte le cose, qualche episodio particolare… Mentre raccontate potrete sfogliare le foto o far vedere la video. Non preoccupatevi se avete già fatto questo racconto a vostro/a figlio/a, ai bambini piace sentire ripetere gli avvenimenti del loro passato e poi questa è un’occasione diversa.

- Rispondete alle domande e alle curiosità del figlio/a, purché non troppo fuorvianti; se non sapete qualcosa di specifico impegnatevi a cercare la risposta successivamente.

- Ora insieme compilate la parte scritta della scheda. La frase da completare è ripresa dal catechismo dei fanciulli «Io sono con loro» a pag. 111 in fondo.

- Terminate recitando insieme una preghiera o usando le vostre parole e concludete con la benedizione di pag. 111 del catechismo: “Benedetto sei tu, Dio, Padre onnipotente! Da sempre tu ci conosci e ci chiami per nome, come figli ci ami e ci accogli nella tua famiglia.”

- Lasciate ora che vostro figlio/a faccia il disegno, che poi controllerete e apprezzerete per l’impegno profuso.

- Non dimenticate di far portare la scheda compilata all’incontro in parrocchia dei fanciulli la prossima settimana.

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Il mio Battesimo

Sono stato battezzato il giorno: _______________________________

Nella Chiesa di: _____________________________________________

Dal sacerdote: _____________________________________________

Il mio Padrino è: _____________________________________________

La mia Madrina è: ________________________________________

Mi è stato dato il nome : ___________________________________

perché ____________________________________________

____________________________________________

Completa la frase seguente

Con il sacramento del Battesimo sono diventato/a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . e sono entrato/a . . . . . . . . . . . . . . . . . .

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

“Io ti battezzo, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”

disegno del mio Battesimo

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Educare nella fede di Cristo Schema delle 4 settimane

c) Parrocchia: Il Signore Dio è padre di tutti

Incontro in parrocchia dei fanciulli Utilizzeremo lo schema didattico del metodo di Monaco In questo incontro prestare particolare attenzione alle espressioni che si usano qualora vi fossero dei

fanciulli per i quali la figura paterna costituisce un problema. PREPARAZIONE

Tutti i fanciulli dovrebbero avere portato la scheda compilata a casa sul loro Battesimo. Se qualcuno non l’avesse far fare il disegno. Fare raccontare brevemente la compilazione della scheda: con chi , quando, che ricordi avevano del Battesimo, come si sono sentiti…

PRESENTAZIONE CONCRETA

Ritagliare tutti disegni e incollarli in un grande cartellone con al centro un grosso cuore e la parola DIO: Ogni fanciullo scrive il proprio nome sul disegno del suo Battesimo e traccia una linea che congiunge il cuore centrale con il suo disegno. Nel cuore scrivere “è Padre di”, quindi ripetere per ogni fanciullo con il suo nome la frase: “Dio è Padre di N.”. Dopo i nomi dei bambini aggiungere quelli dei catechisti sempre ripetendo la frase: “Dio è Padre di N.”. Alla fine scrivere nel cuore: “tutti”

SPIEGAZIONE

Leggere le pagine 11 e 12 del catechismo, rispondere alle domande di chiarimento e con domande brevi e semplici verificare che tutti abbiano capito che Dio è Padre di tutti, che noi siamo quindi fratelli e sorelle e che è Gesù che ci ha insegnato questa verità. Potrebbe emergere la difficoltà se Dio sia padre di tutti gli uomini o solo dei battezzati; per la nostra fede ogni uomo è figlio di Dio, ma solo attraverso Gesù i figli che si erano allontanati per il peccato possono ritornare nella comunione piena con il Padre del cielo.

SINTESI Far interpretare le figure di pagina 11 e 12: cosa vedete, da dove vengono questi bambini, perché si tengono per mano… In calce al cartellone o attaccata sotto, riportare la frase in grassetto di pag. 11: “Noi siamo tutti fratelli e sorelle perché abbiamo un solo Padre, il Padre nostro che è nei cieli.”

APPLICAZIONE Chiedere: - Se siano tutti fratelli e sorelle, come dobbiamo comportarci con gli altri bambini? E con gli stranieri?

E con chi non è cristiano? - Come dovrebbero vivere i diversi popoli sulla terra? - Cosa dovrebbero fare i cristiani perché questo si realizzi? Concludere con la preghiera del Padre nostro (tutto o almeno nella versione breve di pag. 13) tenendosi per mano e con l’intenzione della pace e dell’amore in tutto il mondo. Affidare questa stessa preghiera come impegno quotidiano per la settimana. Potrebbe essere utile dare a ciascuno un cartoncino con disegnati 7 fiori da colore per ogni giorno nel quale ci si ricorda di pregare come indicato e da riportare alla Domenica successiva, quando saranno invitati anche i Genitori.

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DIO

DIO è Padre di tutti

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Allegati Scheda B4c METODO DI MONACO Il Metodo di Monaco è una rielaborazione dei Gradi formali di Herbart.

PREPARAZIONE: destare l'interesse e far ricordare le relazioni della nuova materia con quella già nota. PRESENTAZIONE CONCRETA: offrire la verità o il requisito morale di cui si deve trattare in forma

intuitiva e attraente. Mezzi: racconto, parabola, paragone, immagini, suoni, video. Facoltà coinvolta: sensi. SPIEGAZIONE: condurre dal particolare concreto al campo dell'universale e del generale, delle scoperte

tratte dalle cose; esporre l'avvenimento singolo nella sua validità universale. Mezzi: analisi fatta insieme, domande, dialogo, esperienze interne ed esterne, chiarimento insieme dei nuovi

apprendimenti. Facoltà coinvolta: intelligenza SINTESI: ricapitolazione dei risultati della spiegazione subito messi insieme. Mezzi: parole chiave, sintesi dottrinale, cartelloni. Facoltà coinvolta: memoria. APPLICAZIONE: indirizzare le idee elaborate verso i numerosi casi della vita per formulare dei propositi.

Qualcosa deve essere fatto fin da adesso, interiormente, in modo che nei casi reali avvenga anche esternamente ciò che deve avvenire.

Mezzi: narrare, pregare, celebrare, lasciar crescere una decisione concreta da poter realizzare possibilmente nella stessa giornata.

Facoltà coinvolta: volontà.

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Educare nella fede di Cristo Schema delle 4 settimane

d) Domenica: Dio Padre e Creatore

Domenica insieme per le Famiglie La Domenica potrà essere così articolata: inizio con la s.Messa; 9.30

presentazione del tema (genitori e figli insieme); 11.00

approfondimento del tema (i fanciulli con le catechiste, i genitori con gli accompagnatori);

11.15

pranzo al sacco comunitario; 12.30

gioco a tema insieme o laboratorio; 14.00

animazione per i fanciulli e gruppi con le catechiste per i genitori 15.00

preghiera animata; 16.30

merenda. 17.00

“Dio Padre e Creatore”

Presentazione del tema (genitori e figli insieme) - Dopo un po’ di accoglienza presentare il tema di questa “Domenica insieme”: Dio Padre e Creatore, e

comunicare gli orari dello svolgimento. Approfondimento del tema

Per i fanciulli Lavorare sulle pagine 15-19 del catechismo Io sono con voi. Un bel racconto che può arricchire la catechesi sulla creazione è: “Alla festa della creazione” (in allegato)

Per i genitori

Dopo aver letto il racconto do Genesi 1,1-2,4a dialogare e confrontarsi su uno o più di questi temi: o Come educhiamo i nostri figli al rispetto della natura? o Come rispondiamo alle domande sulla creazione? o Cosa ne sappiamo di consumo intelligente e stili di vita più rispettosi delle risorse naturali? o Tra teorie evoluzionistiche e progetto intelligente, come interpretiamo il racconto della

Genesi? Laboratorio

- Si dividono le famiglie in 6 sotto-gruppi offrendo loro un foglio di carta da pacchi bianco e colori a dita (fondamentali)

- A ciascun sotto-gruppo si affida un giorno della creazione col compito di disegnarlo sul foglio usando tanta creatività.

- Terminato il disegno si pone in appositi sostegni che faranno da sfondo alla drammatizzazione. - I fanciulli di ogni gruppo dovranno avere qualcosa che li caratterizza in riferimento al giorno della

creazione assegnato Animazione per i fanciulli e gruppi con le catechiste per i genitori

Per i fanciulli Giochi liberi

Per i genitori Incontro con le catechiste dei figli per uno scambio sulle attività e la vita del gruppo dei fanciulli

B4d

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Preghiera animata - Si organizza la drammatizzazione sulla “Creazione” leggendo Gn 1,1-2, 4a. - Si può accompagnare la lettura con musica di sottofondo, precedentemente scelta con cura - I bambini stanno tutti raggomitolati e man mano che vengono letti i vari giorni, i bambini di quel

gruppo si alzano in piedi. - Arrivati al 7° giorno i bambini si prendono per mano in cerchio oppure iniziano una bella danza, già

provata in precedenza. - Si conclude con il Salmo 8 letto dai Genitori.

Allegati Scheda B4d ALLA FESTA DELLA CREAZIONE Il settimo giorno, terminata la Creazione, Dio dichiarò che era la sua festa. Tutte le creature, nuove di zecca, si diedero da fare per regalare a Dio la cosa più bella che potessero trovare. Gli scoiattoli portarono noci e nocciole; i conigli carote e radici dolci; le pecore lana soffice e calda; le mucche latte schiumoso e ricco di panna. Miliardi di angeli si disposero in cerchio, cantando una serenata celestiale. L'uomo aspettava il suo turno, ed era preoccupato. «Che cosa posso donare io? I fiori hanno il profumo, le api il miele, perfino gli elefanti si sono offerti di fare la doccia a Dio con le loro proboscidi per rinfrescarlo...». L'uomo si era messo in fondo alla fila e continuava a scervellarsi. Tutte le creature sfilavano davanti a Dio e depositavano i loro regali. Quando rimasero solo più alcune creature davanti a lui, la chiocciola, la tartaruga e il bradipo poltrone, l'uomo fu preso dal panico. Arrivò il suo turno. Allora l'uomo fece ciò che nessun animale aveva osato fare. Corse verso Dio e saltò sulle sue ginocchia, lo abbracciò e gli disse: «Ti voglio bene!». Il volto di Dio si illuminò, tutta la creazione capì che l'uomo aveva fatto a Dio il dono più bello ed esplose in un alleluia cosmico. SALMO 8 Oh Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra. «Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell' uomo perché te ne curi? Eppure l' hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi. Tutti i greggi e gli armenti, tutte le bestie della campagna; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare». Oh Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.

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LA GENTE DICE di Isacco della Stella, monaco inglese del Medioevo

«Questo mondo serve l'uomo in due modi: nutrendolo ed insegnandogli». «In realtà è possibile che Dio abbia progettato infinite cose solo per il nostro piccolo stomaco e non anche per la nostra grande anima? Tutto è così pieno di messaggi e richiami! Proviamo, dunque, ad andare a scuola dal creato. Vado a scuola dall' acqua che non si ferma mai. Vado a scuola dal fiore: rallegra, profuma e lascia intatto il silenzio. Vado a scuola dalle radici che nel buio della terra credono al sole. Imparo dagli uccelli che sono nel mondo, ma non impigliati nel mondo. Imparo dalle rive che si guardano lealmente. Imparo dall' albero che sopporta il calore e dà agli altri la freschezza. Anche dal filo d'erba imparo: calpestato, si solleva e guarda il cielo come cosa sua. Anche dalla goccia imparo: racchiude tutti i colori dell'arcobaleno. Anche dall' ulivo imparo: ne ha passate tante, eppure continua a prodigare oli e bagliori d'argento. Imparo dalle cime circondate di luce e impastate di silenzio. Imparo dall' alba che continua a nascere anche se nessuno assiste allo spettacolo. Imparo dalle piante che muoiono in piedi. Imparo... Imparo da tutto il creato le iniziali del Creatore!». PRIMA DI NOI Oh Dio, prima di noi, senza di noi, quando ancora eravamo nel nulla, quando ancora non ti potevamo pregare... Tu ci hai chiamati alla vita... ci hai sorriso e ci hai detto: Amate! E diverrete ancor più, e per sempre, simile a Me. A Te, delicato Signore, lode, gloria, gratitudine, adorazione, amore, silenzio, lacrime di gioia, desiderio del Paradiso per lodarti e amarti per sempre. (Un monaco)