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Voglia di creatività Per i manager italiani è un requisito fondamentale per avere maggiore successo Perché fare rete Lo auspica Confindustria Lombardia, lo fanno le PMI, lo vuole il mercato A caccia di talenti Aspettando Smau. L’indagine sulle figure più ricercate nel settore ICT Green economy Strategie di business: quando l’azienda si “tinge di verde” Case history Focus su: Raccortubi, Giannini, Claind, Log-In Group, Pamar anno III - numero 14 | agosto - settembre 2010 | € 5,00 Gioielli e orologi hi-tech, la rivoluzione targata Rusconi che lancia sul mercato marchi innovativi e va alla conquista anche di Europa e Stati Uniti Innovation jewellery Protagonisti Matteo Antonelli, Sara Baroni, Vincenzo Boccia, Angelo Crippa Claudio Dubbini, Mario Salomone, Sergio Tonfi gianluca rusconi

B&G N°14

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Business&Gentlemen è una rivista bimestrale dedicata al mondo delle imprese protagoniste della storia economica lombarda. I principali temi trattati sono cultura d’impresa, innovazione, formazione, internazionalizzazione, qualità, energie alternative. Tutto questo a cominciare dai volti, storie e personaggi che fanno grande questo straordinario tessuto imprenditoriale.

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Voglia di creativitàPer i manager italianiè un requisito fondamentale per avere maggiore successo

Perché fare reteLo auspica Confi ndustriaLombardia, lo fannole PMI, lo vuole il mercato

A caccia di talentiAspettando Smau.L’indagine sulle fi gure più ricercate nel settore ICT

Green economyStrategie di business:quando l’aziendasi “tinge di verde”

Case historyFocus su: Raccortubi,Giannini, Claind, Log-In Group,Pamar

anno

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2010

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5,00

Gioielli e orologi hi-tech, la rivoluzione targataRusconi che lancia sul mercato marchi innovativie va alla conquista anche di Europa e Stati Uniti

Innovation jewellery

ProtagonistiMatteo Antonelli, Sara Baroni, Vincenzo Boccia, Angelo Crippa Claudio Dubbini, Mario Salomone, Sergio Tonfi

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gianluca rusconi

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Con te per individuare la chiave di volta del tuo business e aprirti la strada del successo.

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La combinazione

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Legenda delle icone di lettura

Business & Gentlemen ha studiato dei richiami grafici per aiutare la “navigazione” dei servizi e offrire informazioni aggiuntive.

Innanzitutto ogni articolo pre-senta un’icona che ne identifica la tipologia di contenuto:

Giornalistico: servizi, approfon-dimenti, interviste realizzate dai nostri giornalisti e dai collabora-tori B&G.

Tecnico-scientifico: studi e ricer-che che hanno una connotazione tecnico-scientifica e che sono realizzati da esperti, docenti o studiosi.

Divulgativo: notizie, curiosità, anteprime, focus di carattere divulgativo sui temi d’interesse generale: dalla moda ai motori, dall’arte al design.

Inoltre la lettura può riservare informazioni aggiuntive con le seguenti icone

Immagini: didascalie e spiegazione del materiale iconografico

Url: la segnalazione di siti e por-tali sul tema trattato

Argomenti correlati: segnala-zione di servizi B&G che trattano argomenti simili

Citazione: un ipse dixit che impre-ziosisce il discorso trattato

Bibliografia: la segnalazione bibliografica collegata all’ar-gomento

B&G è anche online!Non una semplice vetrina della rivista, ma un magazine vero e proprio dedicato al mondo delle imprese, del business e del lifestyle. Servizi quotidiani e approfondi-menti suddivisi in canali tematici: dall’economia ai personaggi, dall’internazio-nalizzazione ai giri di poltrona, dalle fi ere all’Ict. E poi, i canali dedicati all’intrat-tenimento e al lusso: yacht, motori, gioielli, orologi, viaggi e molto altro. Visita il nuovo sito di B&G: www.businessgentlemen.it

Editoriale di Mauro Milesi

I segnali di ripresa ci sono. I segnali di pericolo anche. La lenta risalita dalla crisi ci off re dati positivi, con un secondo trimestre 2010 in cui il Pil è cresciuto dell’1,1% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Ancor più confortante il dato della produzione industriale che registra un +8,2% rispetto al 2009: è la miglior performance dal 2000. Sono segnali confortanti di un’Italia che ha saputo darsi da fare. Dati che premiano il valore di un certo modo di fare impresa da parte di chi ha saputo guardare il mondo senza paraocchi, rimboccandosi le maniche e, se necessario, operando signifi cative riorganizzazioni delle proprie aziende. Sono stati momenti duri (e lo saranno ancora), ma buona parte del Paese ha reagito e adesso ne abbiamo anche le prove statistiche.

Abbiamo visto e raccontato storie di imprese che sono riuscite a sconfi ggere la crisi grazie a imprenditori illuminati che non sono rimasti con le mani in mano: rivoltando i reparti come calzini, studiando nuove strategie, ottimizzando i costi, riducendo gli sprechi, in-vestendo, se necessario, per essere più competitivi. Ne è prova l’export italiano, capace di conquistare nuovi mercati e tenere il passo in quelli a maggiore concorrenza. C’è ancora molto da fare, ad esempio sul fronte Cina, creando soluzioni produttive complementari ai cinesi, facendoli diventare alleati, partner e non concorrenti. E’ una delle tante sfi de, come quella della qualità, della salvaguardia di quel Made in Italy di cui tutti si vantano, ma pochi fanno davvero.

Ed ecco il primo segnale di pericolo. In un momento in cui l’off erta oltre i nostri confi ni si rivela una strada fondamentale per la nostra economia, la politica non trova il sistema di varare una legge con norme chiare che tutelino il Made in Italy, che agevoli il percor-so per meglio posizionarlo nei mercati internazionali. Si litiga, si discute, non si decide. Non si decide nemmeno su chi debba essere il nuovo ministro dello Sviluppo Economico. Sono passati mesi dalle dimissioni di Scajola, eppure il dicastero resta ad interim e molte deleghe sono state spezzettate su altri ministri. Delle due l’una: o la questione non è con-siderata importante (colpevolmente) o quel ministero non era importante. E allora perché è stato creato?

Insomma, la politica sembra deludere ancora una volta e più che mai in questo periodo dove si assiste a una bagarre su questioni che nulla hanno a che vedere con il futuro del Paese. Mentre l’Italia, le famiglie e le imprese lottano per uscire dalla crisi, la politica si avvita su se stessa, si rispecchia sempre di più nel suo essere “casta”. Ma senza politica, la buona politica, non riusciremo ad andare lontano, non riusciremo a costruire il terreno per restare ai livelli dei Grandi. La politica si deve ricordare che il Paese viene prima delle liti e dei giochi di palazzo, che il Paese non può perdere altro tempo in apnea.

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Sommario numero 14 | agosto - settembre 2010

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4. Editoriale Perché il Paese viene prima

8. Abstract Pillole di B&G dedicate al pubblico estero

10. Creatività in azienda Secondo i manager è sempre più importante

16. Fare rete Le PMI lombarde fanno network per l’export

22. Raccortubi L’azienda milanese leader nel settore piping

26. Giannini Il design “Made in Brescia” che fa la diff erenza

30. Claind L’impresa comasca che ha battuto la crisi

34. Pamar Il successo arriva grazie a dinamicità e diversifi cazione 38. Ricerca ICT Alla scoperta delle fi gure più richieste nel settore

42. Smau 2010 Per conoscere di tutte le novità della prossima edizione

44. Sostenibilità Quando l’azienda si “tinge di verde”

48. Lady Economy Sara Baroni e l’Oceano blu della consulenza

52. Innovazione Rusconi La maison di distribuzione che punta su gioielli hi-tech

56. Costruire e qualità La carriera di Claudio Dubbini e gli investimenti edilizi

60. Logistica La strategia di Log-In Group che punta anche sulla consulenza

64. Eventi e brand L’importanza degli eventi nelle strategie commerciali 66. Mario Salomone Rappresenta l’Italia all’Onu sullo sviluppo sostenibile 70. Futuro rinnovavile Viaggio alla scoperta delle fonti

rinnovabili che avranno più crescita

72. “Made in Italy” Un primo passo verso

la nuova legge di tutela

74. Paralisi decisionale Il valore del consuelling per l’organizzazione strategica

78. L’unione fa la forza L’importanza di fare sistema

nei momenti di crisi

80. Marketing Quali strategie per fi delizzare il cliente 82. Innovazione Focus sull’innovazione “esponenziale”

86. Bien vivre Tecnica e Arte, il mestiere dei torcedores

90. Enrico Della Pietà Intervista al brand manager Davidoff per l’Italia

92. Nautica Ecco il mito dei cantieri Riva 96. Motori Sergio Rota pilota e imprenditore

100. Myanmar Il Paese più buddista del mondo

104. Fiere Tutti gli appuntamenti più importanti

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Elemento architettonico che identifica la strutturadel Parco scientifico tecnologico situato nei pressi di Bergamo, Italia.

Unità di misura dell’innovazione

Barra di platino-iridio, si trova nel dipartimento dei pesi e delle misure del Pavillon de Breteuil a Sèvres, in Francia.

Metro.

Unità di misura della lunghezza

Stimato dalla durata di 9.192.631.770 periodi della radiazione di transizione dell’atomo di cesio 133. In Italia un campione è conservato all’Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris di Torino, Italia.

Secondo.

Unità di misura del tempo

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Business&Gentlemen agosto - settembre 2010

Nuggets of B&G

We dedicate the English abstracts of some of the most interesting articles published on this issue to the foreign business public happening to leaf through B&G

Eng

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Th e most demanded job positions in information technologyAft er holding out during a year of strong economic down-turn such as the year 2009, even this year, among the most demanded fi gures in the Information Technology indu-stry, those most sought aft er are still: the R&D Manager, whose annual average salary ranges between 65,000 and 85,000 euros depending on the years of experience and the company “size” when it comes to turnover, and the ERP Project Manager. Th is is the result of a study conducted by Michael Page Technology, a division of Michael Page In-ternational, an international European leader in consul-tancy for the recruitment of skilled labour. Th is research study is the fruit of the work performed on a daily basis by the consultants of the Division Technology throughout

Th e route to creativityAccording to the fourth search of IBM’s Global CEO Study, Italian managers want fi rst of all to be creative, but less than 50 percent of the polled companies feel fi t and ready to cope with new mar-ket challenges. Angelo Crippa, General Manager of IBM General Business Ser-

vices Italia says that technology can

be of help through the provision of its analytical capabilities and tools. Th e study shows that the complexities of an interconnected world are intensifi ed by a number of factors. CEOs, for example, maintain that they will have to double their turnover from new sources over the next fi ve years, while 76% predict that the economic power will pass to

quickly developing markets. What does creativity mean? According to Joseph Delmestri, from the Bergamo Universi-ty, being creative means: creating expe-rimentation areas within the organiza-tion, investing in diversity, tucking into innovation in work relationships and ensuring greater stability and security, especially for young people.

these years. More specifi cally, it is the fruit of a careful analy-sis of the applications received and taken into consideration on a monthly basis, which have been thoroughly examined as for training pathways, motivations and salaries of the candi-dates contacted by the Division consultants.

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Abstracts

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When companies “turn” greenToday more than ever, marketing strategies oriented to eco-sustaina-bility and ecology, i.e. the so-called Green Marketing, are becoming the winning tool for companies willing to successfully sell their pro-ducts. A tool that cannot be improvised but must be part of the orga-nisation and business and must come into existence with the product itself, as stated by Sergio Th uds, Corporate Communication Mana-ger of Philips Italia, a company focusing on energy effi ciency more than any other. Th e result is that today 31% of Philips’s total turnover (which is 23.2 billion euros) already includes “green” products. Th e company has also set itself the objective of reaching 50% in 2015. Th e EUR 1 billion target for “green” innovations will be exceeded within the year and a 25% increase in energy effi ciency of operations is ex-pected to be reached.

Bradipo Travel Designer off ers a classic but circum-stantial itinerary to discover the most Buddhist country in the world: starting from Yangon with its Shwedagon Pagoda, the most venerated Temple in Myanmar, then on to Monywa, a traditional Burmese city, via Mandalay and Sagaing. On the way to Bagan, you can discover in-teresting aspects of the local

rural life and then visit the huge Templar plain, then ahead to romantic Lake Inle. Th e journey starts in Yangon, the ancient capital of Myan-mar, still known as Rangoon, located there where Rivers Bago and Yangon meet, and ends at the Phaung Daw Oo Pagoda, the main sanctuary of the area, which contains fi ve gilded sacred images of Buddha.

A mechanical engineer with a passion for strategic marketing and project management in his DNA. A passion that has become his job and the starting point of an innovative consultancy scheme entire-ly focused on concern for people and their ability to control more or less complex circumstances. Sara Baroni, President of Oxigenio, an innovating company in the fi eld of strategic consultancy has opened Offi cinaStrategia in the Brescia area. Th is place has become a meeting point for consultants and contractors where strategies to re-examine one’s company and rediscover the essence of one’s own business can be worked out.

Th e blue ocean of consultancy

A trip to the land of pagodas

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Parola d’ordine creatività quale chiave di volta per supe-rare la complessità di un sistema che è cambiato e per af-frontare nuovi e rinnovati mercati e rotta da seguire per uscire dalla bufera economica in atto. Una creatività del-la cui importanza il mondo dei CEO e degli imprenditori è ben consapevole. Ma quanti, effettivamente, hanno gli strumenti giusti per metterla in atto? Secondo una ricerca condotta da IBM su più di 1.500 Chief Executive Officer di 60 paesi e 33 settori a livello mondiale, meno della metà dei

CEO globali ritiene che la propria azienda sia adeguata-mente preparata a gestire un contesto di business altamen-te volatile e sempre più complesso. In base alle interviste realizzate mediante incontri diretti effettuati dall’IBM In-stitute for Business Value, i CEO credono che, per navigare con successo in un mondo sempre più complesso, più del rigore, della disciplina nella gestione, dell’integrità e ad-dirittura della “visione” sia necessario possedere la creati-vità. I CEO si trovano di fronte a importanti cambiamenti

La rottarottacreativitàcreativitàdella

Business&Gentlemen agosto - settembre 2010

Secondo la quarta ricerca del Global CEO Study di IBM i manager italiani vogliono prima di tutto essere creativi ma meno del 50% delle aziende interpellate si sente adeguata alle nuove sfi de del mercato. Come spiega Angelo Crippa, general manager di IBM Global Business Services Italia, la tecnologia può correre in aiuto, mettendo a disposizione le sue capacità analitiche e i suoi strumentitesti di Laura Di Teodoro

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La creatività

– regolamenti governativi, mutamen-ti globali nei centri di potere econo-mico, rapida trasformazione a livello industriale, volumi crescenti di dati, rapida evoluzione delle preferenze espresse dai clienti – che, secondo lo studio, possono essere superati instil-lando la “creatività” all’interno delle organizzazioni. “Per creatività - spie-

ga Angelo Crippa general manager di IBM Global Business Services Italia, la divisione che identifica i servizi di supporto decisionale e consulenziale, nonché di system integration, di Big Blue – si intende la capacità di trovare le giuste fonti per capire quanto vale la propria azienda, affidandosi soprat-tutto all’informatica. Solo in questo

modo è possibile riscoprire e ricollo-care il proprio brand”. La principale causa dell’incertezza, secondo il 60% dei CEO, sarebbe da attribuire alla trasformazione industriale. Emerge inoltre la necessità di individuare mo-dalità innovative per gestire la strut-tura di un’organizzazione, le finanze, le risorse e la strategia.

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Inoltre, lo Studio mette in evidenza una netta divergenza tra le priorità e i timori strategici dei CEO in Asia, Giappone, Europa e Nord America: è la prima volta in cui emergono variazio-ni regionali così evidenti in questa in-dagine biennale che coinvolge i leader del settore pubblico e privato. Secondo quanto dichiarato dai CEO intervista-ti, l’ambiente di business di oggi è vola-

tile, incerto e sempre più complesso. 8 CEO su 10 si aspettano un significativo aumento della complessità del contesto in cui operano, ma solo il 49% ritiene che la propria organizzazione sia equi-paggiata per gestirla con successo - la più grande sfida di leadership indivi-duata in otto anni di ricerca.“Oggi il tema fondamentale è la com-plessità- prosegue Angelo Crippa -; diventa un punto da risolvere soprat-tutto di fronte a una molteplicità di fonti di informazioni e alla componen-

te crisi che ha peggiorato la situazio-ne”. La complessità, ad oggi, è caratte-rizzata da una serie di fattori: i CEO, ad esempio, sostengono che dovranno raddoppiare il fatturato da nuove fon-ti nei prossimi cinque anni; mentre il 76 % prevede il passaggio del potere economico ai mercati in rapido svilup-po. “Nella ricerca del 2004 era emersa come tematica predominante l’inno-

vazione – prosegue Crippa -; nel 2006 si parlava di gestione dei network; nel 2008 e nel 2010 la complessità è al cen-tro di strategie e gestioni aziendali. Ci troviamo infatti ad affrontare tecnolo-gie nuove, una comunicazione velocis-sima e numerose informazioni. Come uscire da questa ragnatela? Trovando le informazioni giuste per capire quan-to vale la propria azienda utilizzando, per l’appunto, la creatività che tocca molto il settore dell’informatica quale elemento fondamentale. L’informati-

ca infatti non è più solo un supporto o un mezzo ma diventa uno strumento che può suggerire come fare business. Prendo come esempio una catena di di-stribuzione con cui abbiamo realizzato un progetto che permette di capire in tempo reale cosa i consumatori chiedo-no e agire immediatamente di conse-guenza. Questo permette di migliora-re il servizio al cliente e differenziarsi dalla concorrenza”.

Innovazione e creatività diventano quindi sinonimi di maggiore efficien-za. Lo conferma lo studio stesso secon-do cui le organizzazioni che raggiun-gono le prestazioni più elevate hanno il 54% di probabilità in più delle altre di prendere decisioni rapide. I CEO hanno affermato di aver imparato a re-agire rapidamente grazie a nuove idee in grado di indirizzare i profondi cam-biamenti che interessano le proprie or-ganizzazioni.E la chiave di volta, per il 95% delle or-ganizzazioni, resta appunto la tecnolo-gia e l’utilizzo di canali web, interattivi e i social media per ripensare al modo di coinvolgere e avvicinare clienti e cittadini. Rispetto alle aziende più tra-dizionali, le organizzazioni che hanno sviluppato un’eccellente abilità opera-tiva prevedono di acquisire il 20% in più dei ricavi futuri da nuove fonti. Su cosa puntano i nostri amministra-tori delegati? La ricerca focalizza tre punti principali, ergo le tre leve su cui puntare, come spiega lo stesso Angelo

Questo studio è la quarta edizione della serie biennale Global CEO Study. Per comprendere meglio le sfi de e gli obiettivi dei CEO di oggi, abbiamo incontrato personalmente il più grande campione conosciuto di questi dirigenti. Tra il settembre 2009 e il gennaio 2010, sono stati intervistati 1.541 CEO, general manager e alti funzionari del settore pubblico, che rappresentano organizzazioni di diverse dimensioni in 60 Paesi e 33 settori

Creare aree di sperimentazione all’interno dell’organizzazione, investire in diversità, andare all’attacco sull’innovazione nelle relazioni di lavoro e verso una maggior stabilità e sicurezza so-prattutto per i giovani. Il monito arriva da Giuseppe Delmestri direttore della Scuola di management del Dipartimento di Eco-nomia Aziendale dell’Università di Bergamo, che interviene sul dibattito in merito alla creatività in azienda.

Partiamo con il capire prima di tutto cosa si intende per crea-tività nell’organizzazione aziendale e nel business?

Investire nell’innovazione e nella diversità

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Giuseppe Delmestri, direttore della Scuola di management del Dipartimento di Economia Aziendale dell’Università di Bergamo

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Crippa: “Secondo il 65% dei nostri CEO la creatività resta il primo elemento di dif-ferenziazione contro una media del 60% del resto del mondo. Una percentuale che riteniamo essere molto positiva”. Secondo punto il cosiddetto “global thinking”: “Il pensare globale” è al secondo posto per l’Italia (53%), al terzo per il resto del mon-do (35%). Al terzo posto invece troviamo la responsabilità sociale, ovvero sia la capacità del personale di dedicarsi all’azienda su cui l’Italia si è espressa con un 38%. Sul fronte estero al secondo posto troviamo invece il fattore dell’integrità (52%). Cosa ci ha sor-preso? La percentuale sul fronte della re-sponsabilità sociale che vede l’Italia avanti con un 57% rispetto al 40% del mondo. Questo significa che i nostri imprendi-tori e i nostri manager sono consapevoli dell’importanza di avere un ruolo sociale nella propria azienda e quindi di avere una propria missione in quello che fanno”.

Un capitolo a parte è stato dedicato al mondo dei giovani e degli studenti uni-versitari, ergo la futura generazione di CEO. “Abbiamo intervistato 3mila stu-denti – spiega Crippa – con l’obiettivo di mettere a confronto le differenze di vedu-ta tra i leader attuali e quelli del futuro. Cosa ne è emerso? Le nuove leve ritengono che una delle caratteristiche di leadership più rilevante sia la global affinity, quindi l’andare oltre i confini nazionali per cono-scere e vivere culture diverse e vedono la complessità come un’opportunità. Dicia-mo che da loro è arrivato uno spiraglio di ottimismo”. Lo studio ha inoltre osservato

La creatività

Non esiste una defi nizione unitaria di creatività negli studi di organizzazione e management. Creatività può riguardare i risultati, i processi o gli input. Chi si con-centra sul risultato identifi ca le industrie creative e si concentra sui settori della cul-tura, del design o della moda. Da questi settori si possono derivare utili spunti su come organizzarsi in settori più tradizio-nali. Chi invece si concentra sugli input

cerca di comprendere come il reclutamen-to di collaboratori di provenienza cultu-rale, etnica o professionale diversa possa contribuire ad aumentare la probabilità di ottenere risultati più innovativi. La di-versità, se gestita bene, tende infatti a pro-durre condizioni che facilitano creatività e innovazione. Chi si concentra sui processi aziendali cerca invece di comprendere le forme e le pratiche organizzative che facili-

tano l’emergere della creatività e l’appren-dimento continuo. In questo caso si vuole anche comprendere i blocchi alla creativi-tà, o la cosiddetta failure to learn.

Di fronte alle incertezze dei mercati e a un ciclo di vita ormai corto dei prodotti, come devono comportarsi manager e im-prenditori? Su cosa puntare per aff ronta-re il futuro con maggiori sicurezze?

che i punti di vista variano a seconda dell’area geografica - con diver-genze di opinione rispetto a quali cambiamenti apportare, a quali nuo-ve competenze serviranno e a come avere successo nel nuovo contesto economico. Queste variazioni regionali contribuiscono ad aumentare

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Angelo Crippa, general manager di IBM Global Business Services Italia

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Investire in diversità e creare aree di sperimentazione all’in-terno dell’organizzazione! La creatività è fi glia della diversi-tà, e di una cultura organizzativa tollerante dell’errore e che incentiva il rischio. Una cultura di questo tipo ricorda più una comunità che non un mercato interno di persone l’una in competizione con l’altra. Inoltre innovazione si ha solo se l’organizzazione presenta risorse in eccesso, persone che hanno tempo di annoiarsi e quindi rifl ettere, persone che possano gestire in modo fl essibile il proprio tempo di lavoro.

La ricerca di IBM sottolinea quanto la creatività sia diven-tata una caratteristica di leadership fondamentale per com-petere nel futuro. Le nostre imprese e soprattutto le nuove generazioni sono consapevoli di questo valore aggiunto or-mai indispensabile? Cosa manca al sistema Italia?E’ diffi cile fare un discorso generale. Molte nostre imprese sono ai primi posti nei settori creativi tradizionali e non tradizionali. Il rischio è quello di chiudersi in autocompia-cimento, in posizioni etnocentriche riscontrabili in aff erma-zioni del tipo: “I tedeschi sono più rigorosi, ma noi siamo più fantasiosi”. Non è vero, rigore e fantasia si trovano ovunque. Per questo le nuove generazioni, che dal mio osservatorio universitario riscontro essere molto ricche di motivazioni e spirito di avventura, dovrebbero ancora di più lanciarsi in esperienze all’estero, in Cina, in India, o anche nel Midwest statunitense, per citare solo alcune destinazioni, e con umil-tà, riaff ermare lo spirito pionieristico delle generazioni del dopoguerra.

Quali caratteristiche deve avere l’organizzazione di un’azienda per dirsi vincente ed effi ciente?Non esiste un’organizzazione adatta a tutti i contesti. L’or-ganizzazione deve essere come un abito tagliato su misura. L’unica cosa da cui non si può prescindere è lo smantella-mento di strutture feudali ancora presenti in molte aziende e l’investimento in equità e trasparenza. E puntare sulla le-arning organization, etichetta non più nuova, ma particolar-mente attuale.

Come si costruisce una vera leadership? Con l’autenticità. Non rischiando in copioni non scritti per sé, ma investendo nella crescita delle persone e dell’organiz-zazione.

Come deve muoversi un’azienda per riuscire a gestire i cambiamenti e le nuove complessità? Come deve equipag-giarsi? Delega, empowerment e una cultura del rischio. E non con-siderare la gestione del personale solo come una pratica amministrativa. Andare all’attacco sull’innovazione nelle relazioni di lavoro, verso una maggiore stabilità e sicurezza, soprattutto per i giovani, ma, senza cadere in un velleitario giovanilismo, anche valorizzando le generazioni “anziane”.

le complessità con cui i CEO devono confron-tarsi.La Cina si è dimostrata essere la nazione con maggiore capacità di ripresa rispetto ai paesi sviluppati durante la recessione economica. Per questo i CEO in Cina sono comprensibil-mente meno preoccupati della volatilità rispet-

to ai CEO di altre regioni. In realtà, stanno ac-quisendo sempre più fiducia nel proprio posto nello scenario mondiale.

Ma se la Cina intenderà soddisfare le sue aspi-razioni globali, avrà bisogno di una nuova ge-nerazione di leader dotati di creatività, visione ed esperienza di gestione internazionale. Molti dei CEO del paese lo riconoscono: il 61% ritie-ne che il “pensiero globale” sia una qualità di leadership prioritaria. La maggior parte delle aziende necessiterà inoltre di nuovi modelli e competenze di settore. Non potranno limitar-si a replicare i modelli utilizzati nel proprio mercato interno, che ha una struttura di costi completamente diversa. I CEO in Cina dedica-no inoltre molte più energie a sviluppare nuove competenze e capacità rispetto ai loro colleghi occidentali.

Nell’America settentrionale, che si è scontrata con una crisi finanziaria che ha portato i gover-ni a diventare i principali stakeholder nell’im-presa privata, i CEO sono più diffidenti verso il “big government” dei CEO di altre regioni. Un buon 87% prevede un maggiore intervento e una maggiore regolamentazione statale nei prossimi cinque anni, il che aggrava il senso di incertezza.In Giappone, il 74% dei CEO prevede che lo spostamento della potenza economica dai mer-

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Dallo studio emerge che, secondo i CEO, la complessità di un mondo interconnesso è esacerbata da una serie di fattori. I CEO, ad esempio, sostengono che dovranno raddoppiare il fatturato da nuove fonti nei prossimi cinque anni; mentre il 76 % prevede il passaggio del potere economico ai mercati in rapido sviluppo

www.unibg.it

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Case history: Amplifon Come reagire alla complessità del mercato? Utilizzando l’innovazione e rispondendo tempestivamente ai nuovi bi-sogni del mercato. Parola di Franco Moscetti, Ceo di Am-plifon, società italiana multinazionale con sede a Mila-no, leader mondiale nella distribuzione di sistemi uditivi (apparecchi acustici) e nel loro adattamento e persona-lizzazione alle esigenze dei pazienti ipoacusici. Secondo lo stesso Moscetti la complessità è data da tre aspetti: in pri-mis la volatilità per poi passare al fattore “people inten-sive” e alla necessità di adeguarsi alle richieste di paesi e mercati diversi. “In passato – spiega il Ceo di Amplifon – si facevano piani quinquennali o triennali. Oggi è tutto più volatile: la domanda non è mai costante, i consumi sono soggetti alla crisi, alla pubblicità e ad una serie di dina-miche che vanno comprese e gestite. Sul fronte del people intensive, si lavora con tante persone quindi il successo è prima di tutto legato alla necessità di trovare un giusto e premiante sistema di fidelizzazione della clientela. Il terzo livello è dato dal doversi adeguare a Paesi, mercati e abitudini differenti”. In linea con quanto emerso dalla ricerca di IBM, anche per Moscetti la creatività resta la strategia migliore a cui affidarsi. “Bisogna essere creati-vi nel senso di essere innovativi e intraprendere i bisogni emergenti organizzandosi in maniera adeguata e facendo il possibile per essere competitivi e seguire soprattutto le innovazioni tecnologiche”. Amplifon oggi è il leader mondiale nella commercializ-zazione ed applicazione personalizzata degli apparecchi acustici con una quota di mercato dell’8% e una presenza consolidata in 14 paesi; nel 2008 Amplifon ha venduto più di 560.000 apparecchi acustici con un ricavo consolidato di 641 milioni di euro. L’adeguamento ai tempi e ai mercati è passato prima di tutto dalla tecnologia. “Nel corso degli anni siamo passati dalle protesi preistoriche e analogiche a quelle digitali con una micronizzazione dei componenti per arrivare a una quasi invisibilità delle protesi stesse – spiega Franco Moscetti -. Abbiamo inoltre rinnovato l’aspetto delle abitudini di acquisto cambiando la loca-lizzazione dei negozi che sono stati spostati dai secondi piani dei palazzi, come fossero studi medici, ai piani terra, sul fronte strada. Sono stati resi più attraenti lanciando come messaggio quello di una migliore qualità di vita”. Nella gestione della complessità e quindi nella promozio-ne di quella creatività da applicare alla gestione azien-dale un ruolo centrale è giocato, appunto, dalla figura dei Ceo: “Le aziende nel bene o nel male sono come una squadra di calcio: hanno dei giocatori, un allenatore che può cambiare nel tempo e un amministratore delegato che deve sempre essere credibile, coerente e convincente. Deve sapersi esporre in prima persona su questi problemi. Deve essere insomma il primo creativo dell’azienda, sapendo va-lorizzare le risorse che ha a disposizione. Per quanto mi riguarda, da sempre, lavoro molto sulle risorse umane: chi opera con me non deve assolutamente essere uno yes man ma deve confrontarsi ed essere un grande professionista”.

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www.ibm.it

La creatività

Dopo la pioggia il sole splende più bello. Dopo un incendio, il bosco ancora fresco verdeggia dagli anneriti avanzi. Così il nuovo è più splendente quando risalta dalla gran miseria dell’antico. Anonimo

cati maturi ai mercati in rapi-do sviluppo avrà un impatto sostanziale sulla loro organiz-zazione. Viceversa, l’Unione Europea è meno preoccupata di questo cambiamento: qui infatti solo il 43% di CEO prevede un impatto. Ma chi “gestisce” la creatività in

azienda? Mancando il ruolo di un possibile “creative ma-nager” Angelo Crippa chia-ma in causa la necessità di un aggiornamento continuo per l’amministratore delegato e il top manager e chiunque ab-

bia compiti di pianificazione. “Sarebbe auspicabile un’aper-tura delle imprese verso real-tà che lavorano sull’innova-zione, quali IBM ad esempio, in grado di fornire i giusti strumenti creati ad hoc per loro. Non dimentichiamoci che nei laboratori di ricer-

ca di IBM lavorano ben sei premi Nobel; ci sono eccel-lenze che possono e devono essere usate. Per il futuro andremo verso un’estrema competitività su questi temi con l’obiettivo di creare nuo-

Nel corso degli ultimi quattro studi, l’importanza dell’atteso impatto

della tecnologia sulle organizzazioni è salito dal 6° al 2° posto, contribuendo allo sviluppo di un mondo multiforme

e massicciamente interconnessovi modelli di business, mai visti prima”. Nuovi mercati, nuovi attori e nuovi modelli di bu-siness quindi, il tutto legato dal fattore creatività quale strumento per vincere le nuove sfide. |

www.amplifon.com

Franco Moscetti, Ceo di Amplifon

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Nei prossimi tre anni, due Pmi lombarde su tre investiranno nell’export, direttamente dalle rispettive sedi; solo il 26% pun-terà ai mercati esteri aprendo filiali o creando joint-venture. Il risultato più evidente del recente studio commissionato da Confindustria Lombardia e condotto su un ‘campione’ di 980 realtà, fra micro, piccole e medie imprese regionali, è che an-che nel mondo imprenditoriale è assai diffuso il “preferisco fare da me”. Atteggiamento che, nel bene e nel male, ha segna-to l’ultimo mezzo secolo di storia italiana. Fotografabile nel dato certificato da Vincenzo Boccia, presidente della Piccola Industria di Confindustria: “Il 97% delle imprese iscritte alla nostra associazione è costituito da realtà di piccole e medie dimensioni”.Ma perché il sistema imprenditoriale lombardo ha preferito percorrere, finora, questa strada all’insegna di uno sfrena-to individualismo? Perché – risponde lo studio che aggiorna un’ampia ricerca sull’internazionalizzazione delle imprese

lombarde pubblicata a novembre 2009 - i processi di scambio con i Paesi stranieri, specie quelli emergenti, porta alle aziende diversi benefici in termini di fatturato complessivo, di reddi-tività aziendale, di qualificazione del personale interno, della struttura manageriale e, soprattutto, di competitività com-plessiva. Nonostante le oggettive difficoltà che l’approcciare un mercato estero, per lo più extra euro-zona, comporti, le imprese lombarde paiono preferire la strategia del muoversi in ordine sparso. E ciò anche se più di un imprenditore sia consa-pevole del fatto che per realizzare nuovi programmi di crescita oltre che per porsi obiettivi più ambiziosi anche a livello in-ternazionale, sarebbe necessario conseguire una dimensione aziendale decisamente più robusta.Dopo queste premesse, parrebbe tutt’altro che scontato che tra le Pmi lombarde possa attecchire, in tempi relativamente stretti, il nuovo “corso” dettato da Confindustria. Come noto, infatti, da alcuni mesi i vertici della Piccola industria sono im-

L’ importanza di fare

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Piccole e medie imprese

Secondo uno studio commissionato da Confi ndustria Lombardia, due Pmi lombarde su tre investiranno nell’export dalle rispettive sedi, senza aprire fi liali. Dall’associazioneindustriale arrivail monito a fare rete per non restare isolatitesti di Fabrizio Calvo

rete

pegnati nell’organizzazione di convegni e seminari nelle sedi delle Territoriali, finalizzati a sensibilizzare gli aspetti van-taggiosi del “fare rete”, crean-do aggregazioni, consorzi e co-struendo filiere tematiche. Per non restare isolati pur mante-nendo la propria identità – que-sta la linea confindustriale – è infatti necessario essere dispo-nibili a valorizzare reciproche competenze e a fissare comuni obiettivi. “Far filiera”, dunque, per cogliere nuove opportunità altrimenti lontane, cercando nuova attenzione da parte delle

istituzioni, del mondo finan-ziario e di partner industriali nei Paesi emergenti. Anche la sede di Confindu-stria Monza e Brianza è stata protagonista, lo scorso giugno, di uno di questi appuntamen-ti, centrato sul tema “Filiere d’imprese e loro potenzialità. Condividere progetti vincenti nei mercati internazionali”.Senza dubbio, il lavoro da fare per iniziare ad invertire una tendenza consolidatasi nel tempo si presenta titanico, a dir poco. Tuttavia, i numerosi relatori intervenuti in quella

“Siamo piccoli, non nani. La crescita, cioè, non ci è preclusa. E l’aggregazione tra impre-se è uno degli strumenti praticabili, che può inoltre favorire lo sviluppo del business”. Vin-cenzo Boccia, dallo scorso novembre alla gui-da della Piccola Industria di Confindustria, è profondamente convinto di questa idea. Tanto da averne fatto la sua mission presidenziale. E ogni volta che è ospite delle territoriali con-findustriali, non si lascia sfuggire l’occasione per ribadire che “fare rete è l’unica via per af-frontare le nuove sfide dei mercati internazio-nali”, che “fare rete rappresenta un innovativo oltre che razionale strumento per riuscire a fronteggiare la recessione”, che “l’aggregazio-ne consente di abbassare i costi sfruttando le economie di scala, di migliorare la situazione economica e patrimoniale e di ridurre i ri-schi”, che “fare squadra significa anche im-plementare più facilmente le quote di mercato, attenuare la pressione da parte dei competitor favorendo al tempo stesso il trasferimento im-mediato di know-how”. Concetti che ha espo-sto anche in occasione del seminario di Monza. “Per attuare aggregazioni – ha puntualizzato Boccia - è però necessario evolvere la cultura imprenditoriale: occorre ripensare il modo di far impresa, orientarsi e condividere idee e de-cisioni, limitare le individualità. Sia che si af-frontino nuovi progetti sia che si punti a nuove produzioni o a nuovi mercati, l’aggregazione di successo passa per una struttura patrimo-niale adeguata”. Una questione delicata. Che, nonostante venga affrontata periodicamente, ad oggi non ha ancora portato all’individua-zione di soluzioni. Forse, la vulnerabilità del nostro sistema industriale alla contrazione e all’irrigidimento del credito, evidenziata dalla crisi, potrebbe rappresentare un’opportunità per affrontare e risolvere un argomento che vede le Pmi fortemente penalizzate. “Da sem-pre – spiega Boccia - il debito rappresenta la colonna portante della gestione e della cresci-ta delle attività d’impresa, a dispetto di una più corretta ed equilibrata composizione del passivo patrimoniale”. Ecco perché uno degli

Limitare le individualità per condividere idee e decisioni

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sede hanno espresso in termini inequi-vocabili che quella dell’aggregazione è la strada giusta da percorrere. In una prospettiva di medio-lungo periodo e col chiaro intento di puntare su alcuni mercati extra euro-zona: Paesi Bric, Sta-ti Uniti, Corea, Mediterraneo e Balcani.Ma quali sono i vantaggi più evidenti del “fare sistema” tra Pmi? “Le reti- spiega Renato Cerioli, presidente di Confin-dustria Monza e Brianza – consentono di superare il limite delle dimensioni, permettono di fidelizzare i clienti, aiu-tano a soddisfare bisogni più complessi di molti di loro”. Per imboccare questa

via, è indispensabile imparare a lavora-re insieme avendo un obiettivo comune. “Credo - sottolinea Emilio Paccioretti, direttore scientifico del Master manage-ment della Piccola e media impresa della Liuc - sia importante trovare un accor-do tra gruppi di Pmi che solo unendosi e avendo fiducia l’una nelle altre potreb-bero riuscire a operare in progetti di grandi dimensioni, magari permetten-dosi un manager capace di strutturare ottime politiche di marketing strategi-co. Le Pmi devono cominciare a vivere in intensità, pensando a cosa succederà tra vent’anni e non smettendo mai di

“Le reti consentono di superare il limite delle dimensioni, permettono di fi delizzare i clienti, aiutano a soddisfare bisogni più complessi di molti di loro. Per imboccare questa via, è indispensabile imparare a lavorare insieme avendo un obiettivo comune”

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Per l’Europa occidentale una crescita del 3% entro il 2014

La storia recente insegna che, da una crisi economica come quella vissuta tra il 2008 e il 2009, ci si deve aspettare, essenzialmente quattro cose: aumento della disoccupazione, diminuzione del prezzo delle abitazioni per 5-6 anni, riduzione del Pil pro capite per un periodo di circa due anni e, infine, crescita ri-levante del debito pubblico. Ma se, fino all’altro ieri, gli effetti delle difficoltà si erano ripercossi, per lo

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imperativi di quest’epoca è: patrimonializzare. Già, ma come? “In primo luogo – risponde il presidente della Piccola Industria di Confindustria - va chiarito che lo stereotipo largamente dif-fuso nella mentalità comune secondo cui l’imprenditore, in proprio, disporrebbe di capitali da investire nell’impresa, non sempre trova conferma nella realtà. La distinzione tra patri-monio aziendale e patrimonio famigliare è, il più delle volte, solamente formale in quanto il secondo è sovente chiamato a garantire il primo”. “Tuttavia – prosegue Boccia - è eviden-te che nello sviluppo dell’impresa un patrimonio a garanzia, cioè quello famigliare, non può svolgere lo stesso ruolo di un patrimonio aziendale. Crescere a debito, è un esercizio molto rischioso, difficile e limitante rispetto a una crescita realizzata col giusto mix di dotazione finanziaria”.Probabilmente una delle ragioni che ha determinato il ‘nani-

smo’ dimensionale di numerosissime eccellenze industriali italiane è stato determinato da un ricorso eccessivo all’inde-bitamento. Al momento, ad eccezione del Fondo Italiano di investimento per le Pmi di recente costituzione, non paiono esserci altre alternative. “In realtà – evidenzia Boccia - i ca-pitali per patrimonializzare le Pmi si potrebbero reperire sul mercato azionario, in cui le buone idee possono incontrare i giusti finanziamenti. Il perseguimento di tale strada da parte delle Pmi consentirebbe loro il rafforzamento del sistema in-dustriale, la crescita dimensionale, l’acquisizione di una cul-turale manageriale nonché la valorizzazione di tutti gli asset immateriali ora inespressi”. Fermamente convinto che la stra-da del rafforzamento patrimoniale delle singole imprese rap-presenti il giusto viatico per costruzioni di filiere d’impresa vincenti sui mercati internazionali, il presidente Boccia e i suoi

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Piccole e medie imprese

fare cose nuove. E se è necessario dovremmo rompere in qual-che caso le regole”.Già, la reciproca fiducia. Perché questo non restasse un con-cetto astratto, Ambra Redaelli, presidente Piccola Industria Monza e Brianza ha chiesto a Gianluigi Viscardi, omologo di Bergamo, di testimoniare la sua esperienza alla guida di Intel-limech, il consorzio per la ricerca pre-competitiva in ambito meccatronico (settore interdisciplinare tra meccanica, elettro-nica e informatica industriale). Decollato a fine 2006 e recen-temente trasferitosi al Centro delle Professioni del Kilometro Rosso, Intellimech ha finora coagulato attorno a sé 27 realtà industriali del Nord, alcune delle quali concorrenti fra loro. Risultati? Di due progetti (uno sulla Prognostica di macchine e impianti industriali e l’altro su Vibrazioni e rumore) sono state presentate ai soci le soluzioni tecniche; un terzo (Sistemi

di controllo oleodinamici di nuova generazione) si concluderà a fine anno mentre un quarto è in fase di avvio.Ma questo non è l’unico esempio di best practise. A fine giu-gno, Confindustria Monza e Como hanno presentato un pia-no relativo al bando di Aggregazione dei progetti integrati di internazionalizzazione in Russia, finanziato dalla Lombardia. Una decina le imprese, delle due province, dei settori arreda-mento e illuminazione coinvolte. “L’obiettivo - spiega Ambra

Credo sia importante trovare un accordo tra gruppi di Pmi che solo unendosi e avendo fi ducia l’una nelle altre potrebbero riuscire a operare in progetti di grandi dimensioni

più, sui Paesi emergenti e su quelli in via di sviluppo, la vera novità dell’ultima crisi è che, stavolta, lo scotto maggiore è stato pagato dai cosiddetti Paesi avanzati.I quali, stando alle indicazioni elaborate dal World Economic Outlook (e pubblicate a fine 2009), dovranno inoltre mettere in preventivo periodi di ripresa assai più lun-ghi rispetto al passato.Ma qual è lo scenario che studiosi e addetti ai lavori prefigurano? I Paesi che, da qui al 2014, si immagina possano crescere del 10% o più, sono quelli della parte centro-meridionale del pianeta. Nonostante le brillanti performance messe a segno negli ul-timi anni, Cina e India sono viste ancora in decisa progressione; a ruota ci sarebbero alcune repubbliche meridionali dell’ex impero russo oltre all’Iraq. Nel continente africano, Egitto, Libia e Tunisia sarebbero destinati a mettere a segno aumenti del Pil a due cifre; nella fascia sub-sahariana, analoghe prospettive paiono esserci per Zaire, Tanzania, Angola, Zimbabwe e Mozambico.Di una crescita più contenuta, stimata fra il 3 e il 6%, dovrebbero rendersi prota-

gonisti la stragrande maggior parte dei Paesi latino-americani e quelli della re-gione balcanica. Per Usa e Canada oltre che per l’intera Europa occidentale la crescita dell’indice della ricchezza è sti-mato fra lo 0 e il 3%.Nell’illustrare la verosimile cornice in cui anche le imprese lombarde si trove-ranno ad operare, Lucia Tajoli, docente di Economia internazionale al Politec-nico di Milano, ha voluto innanzitutto mettere in guardia le Pmi di casa nostra – e in particolare quelle insediate nelle province di Monza-Brianza, Bergamo e

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vice hanno recentemente deciso di avviare un confronto con Borsa Italiana, finalizzato ad avviare un percorso che “consenta rapida-mente alle Pmi di accedere in modo sempli-ce alle enormi opportunità che un mercato azionario moderno può offrire”.Probabilmente ci vorrà tempo prima che si possano raccogliere i frutti sperati. Tuttavia Boccia appare fiducioso: “Credo sia nostro dovere non solo trovare le medicine neces-sarie a curare nell’immediato il problema del credito, ma anche cercare di riformare in modo strutturale il come fare impresa. Soprattutto perché i problemi di oggi non si ripropongano domani”.

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Redaelli – è stato quello di mettere insieme aziende tra loro complementari, per presentarsi sul mercato russo e offrire chiavi in mano i prodotti made in Italy con azioni mirate sulle più importanti città russe, tra cui Sochi che nel 2014 ospiterà i giochi olimpici inverna-li. Si tratta di aree in forte sviluppo dove ci sono gare per la fornitura di mobili”. Un altro progetto del ge-nere, con capofila Confindustria di Monza e Brianza, riguarderà la filiera oil&gas. Come dire: dare il buon

esempio, spesso si rivela essere il miglior viatico. E un ulteriore colpo di frusta in questa direzione l’ha dato il presidente della Piccola Industria di Confindustria, Vincenzo Boccia: “Dobbiamo muoverci seguendo rot-te geografiche e mentali diverse. E’ vero che i mercati maggiormente in crescita sono quelli asiatici. Ma per conquistarli bisogna capire che non ci possiamo limi-tare al puro export, ma che dobbiamo muoverci con atteggiamenti più aperti e innovativi rispetto al pas-sato”. E che anche le banche saranno della partita lo ha confermato Luca Manzoni di Unicredit Corpora-te banking, che ha aggiunto come “la rete o le fusioni possano essere una risorsa se si cambia la cultura di fare impresa”. |

www.aimb.it

Trovarsi insieme è un inizio, restare insieme un progresso e lavorare insieme un successo.Henry Ford

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Brescia - che tendenzialmente prediligono esportare nell’area dell’euro-zona. “Una scelta per lo più le-gata ai molti ostacoli incontrati nelle esportazioni” ha spiegato la professoressa nel corso del seminario organizzato da Confindustria Monza e Brianza lo scorso giugno. I principali freni? “Carenza di in-formazioni, rischi misti all’incertezza, costi troppo alti per le maggiori richieste di finanziamento e un contestuale minor accesso al credito” Ma continuare a lavorare su mercati destinati a registrare irrisori livelli di crescita, potrebbe rivelarsi deleterio.Per comprendere meglio la situazione, bastano pochi dati: “Nel biennio 2008-2009, il trend delle esporta-zioni italiane ha viaggiato tra gli 80mila e i 100mi-la milioni di euro. Il picco si è toccato nel secondo trimestre 2008 (+ 5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), mentre il punto più basso è stato registrato nel primo trimestre 2009 (- 25%)”. Nel dettaglio: le esportazioni verso la Ue hanno oscillato fra i 40 e i 60mila milioni (massimo nel se-condo trimestre 2008, minimo nel primo trimestre 2009); quelle verso altri Paesi tra i 30mila e i 40mila milioni (picco nel quarto trimestre 2008 e punto più basso nel primo trimestre 2009).Secondo elemento di rif lessione: “Anche in Italia – ha puntualizzato la docente del Politecnico – le pro-tagoniste di quasi la metà (43,6%) dell’export sono imprese con oltre 250 addetti. Le aziende di medie dimensioni si sono ritagliate una fetta pari al 28,1%, mentre le piccole e le micro incidono per il 27,7%”.Tutte queste informazioni – ha suggerito Tajoli – dovrebbe incentivare i titolari di Pmi a rivolgere le proprie attenzioni là dove si prospettano le mi-gliori potenzialità di crescita. Non più ognuno per conto proprio, per le ragioni già evidenziate, ma piuttosto in raggruppamenti quanto più coordina-ti. Meglio ancora se dotati sia di analisi di mercato sia di partner bancari di spessore internazionale. E a tal proposito, la docente di Economia internazio-nale ha ricordato che “il 53% del campione intervi-stato (per lo studio-aggiornamento commissionato da Confindustria Lombardia ndr) dice che avere una banca su cui contare nel processo di internazio-nalizzazione è importante, mentre il 25% lo ritiene determinante”. Di contro, considerazioni speculari vengono fatte dai potenziali clienti esteri di socie-tà italiane. In questo momento, per esempio, negli Emirati Arabi Uniti ci sono in gioco corposi investi-menti in infrastrutture, soprattutto ad Abu Dhabi e nelle zone limitrofe all’aeroporto della capitale. Ma ad eccezione di pochissime multinazionali di casa nostra, il made in Italy è poco presente nell’area del Golfo dove comunque i prodotti tricolori sono estre-mamente apprezzati. Forse, con un minimo gioco di squadra in più…

“Dobbiamo muoverci seguendo rotte geografi che e mentali diverse. E’ vero che i mercati maggiormente in crescita sono quelli asiatici. Ma per conquistarli bisogna capire che non ci possiamo limitare al puro export, ma che dobbiamo muoversi con atteggiamenti più aperti e innovativi rispetto al passato”

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collegamento diretto con

Raccortubi,

innovazione L’azienda milanese, fondata nel 1949, è leader in Europa nel settore del piping. Da sempre punta su automazione dei processi, disponibilità immediata dei prodotti e investimento continuo nell’innovazione

a cura della redazione

Tempi rapidi di consegna, investimenti continui nell’innovazione dei processi di produzione, automatizzazione dei procedimenti e qualità dei prodotti. Sono questi gli strumenti messi in campo dall’azienda milanese Raccortubi S.p.A, una delle più importanti realtà europee nell’ambito della produzione, stoccaggio e forni-tura di materiali “piping” (sistemi di tubazioni) destinati a una vasta gamma di applicazioni industriali: dagli impianti chimici, petrolchimici e petroliferi alle centrali per la generazione e tra-sformazione di energia, dalla cantieristica navale alle piattaforme off shore. L’azienda lombarda esiste da 60 anni ed è cresciuta in questi anni nel segno dell’innovazione, sotto la guida della fami-glia Pentericci, come racconta l’attuale Managing Director, Luca Pentericci. “I nostri punti di forza - spiega - sono diversi: la dispo-nibilità immediata dei prodotti a magazzino e procedure operati-ve sempre più effi cienti ed effi caci”. Non solo, perchè in un anno critico come il 2009 l’azienda ha stanziato un milione di euro per il settore ricerca e sviluppo. “Nell’ultimo periodo abbiamo attuato una serie di investimenti sul fronte della produzione, ottimizzan-do così le attività relative alle macchine e portando tecnologie alta-mente effi cienti per essere ancora più concorrenziali. Investimenti diretti e mirati infatti sono determinanti nel raggiungimento de-

gli obiettivi”. Si è puntato soprattutto sull’automatizzazione dei processi con l’obiettivo di ridurre i costi e i tempi di produzione, aumentando la capacità industriale. “Oggi - continua - possiamo contare su procedimenti automatici a tutti i livelli, dalla gestione del magazzino fi no ad arrivare alla certifi cazione dei prodotti, con una riduzione notevole dei margini di errore”. L’azienda ha inoltre investito su nuove macchine per la lavora-zione meccanica e quella relativa al collaudo con lo sviluppo di un’innovativa isola robotizzata, unica tra i produttori di raccordi in Italia. “Allo stesso modo - prosegue Luca Pentericci - è stata installata un’isola robotizzata in fase di collaudo per eff ettuare automaticamente, ed in sequenza, la marcatura e la verifi ca dei gradi di acciaio su ogni pezzo e, a fronte di prodotti perfetta-mente corrispondenti alle caratteristiche ideali, deposita il pezzo nell’imballo defi nitivo”.Nella nuova sede di Marcallo con Casone, nel milanese, su un’area di oltre 25mila metri quadrati, ben 10mila sono riservati al ma-gazzino di stoccaggio. “Abbiamo cercato una sede che permettes-se un maggior stoccaggio dei materiale e una organizzazione della logistica più effi ciente ed effi cace. La nostra area logistica, tra le più ampie nel settore a livello italiano ed europeo, ha così rad-

Luca Pentericci,Managing Director di Raccortubi S.p.A

del servizioe qualità

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Azienda di successo

L’azienda conta un organico complessivo di 130 persone e un fatturato di circa 85 milioni, più i 18 milioni di Tecninox, azienda produttrice di raccordi a saldare di testa in acciaioinossidabile e leghe speciali costituita da Raccortubi nel 1988

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doppiato la capacità di stoccaggio per i raccordi e quadruplicato quella per i tubi rispetto alla sede precedente”. Dati alla mano, oggi ammontano a oltre 5mila gli articoli dispo-nibili in pronta consegna tra tubi e raccordi. “Grazie a questa organizzazione riusciamo a consegnare il materiale al cliente in tempi compresi tra i due-tre giorni e nei casi di emergenza anche in giornata - prosegue il Managing Director. Di fronte a una situa-zione di crisi stiamo utilizzando le armi della qualità di prodotto, del continuo miglioramento e ci avvaliamo di questa disponibi-lità immediata dei prodotti che diventa garanzia di presenza sul mercato. Inoltre cerchiamo di essere fl essibili di fronte alla richie-sta del cliente”. Sul fronte dell’export i numeri fanno ben sperare: “Abbiamo una crescita attorno al 25-30% perchè all’estero i nostri prodotti sono maggiormente richiesti. Per quanto riguarda l’Ita-lia continuiamo ad essere radicati sul mercato”.

Nonostante la solidità del sistema azienda, i venti di crisi legati a un mercato che sta attraversando una fase non positiva, si sono fatti sentire anche per la Raccortubi: “Purtroppo operiamo in un settore che lavora bene solo quando il mercato è apposto - con-clude Luca Pentericci -. Nel 2008 abbiamo preso molti ordini e quindi il portafoglio per il 2009 era ricco. Nel 2009 invece la crisi non ci ha aiutato e sentiamo ora le conseguenze ma siamo ottimi-sti e la speranza è di uscire presto da questa situazione grazie alla nostra carica di innovazione”. |

www.raccortubi.it

Non basta avere grandi qualità; bisogna saperle amministrare. François De La Rochefoucauld

AziendaCostituito nel 1949 a Milano, il Gruppo Raccortubi inizia a operare come stoc-chista e distributore di tubi e raccordi nei diversi gradi di acciaio per le azien-de di impiantistica che prendono piede in Italia proprio a partire dal secondo dopoguerra. Dalla metà degli anni ’50 fa il suo ingresso in azienda il rag. Pier-giorgio Pentericci che, in breve tempo, assume ruoli sempre più importanti all’in-terno della struttura aziendale fino ad acquisirne la proprietà. Si può dire che Raccortubi, guidata tuttora dalla fami-glia Pentericci, sia cresciuta di pari pas-so con la modernizzazione dell’apparato industriale ed energetico nazionale, co-struendo un’immagine di affidabilità as-soluta apprezzata anche all’estero in

virtù della sempre maggiore disponibili-tà in stock di componenti piping di ogni diametro, spessore e materiale, nonché di una riconosciuta competenza tecnica e commerciale. Raccortubi, inoltre, si è affermata grazie alla scelta di proporre esclusivamente materiali di provata qua-lità, in linea con i più rigorosi standard internazionali in materia di performance e di sicurezza, e alla capacità di rispetta-re i tempi di consegna venendo incontro nel dettaglio alle specifiche richieste dal cliente. Nel 1988, per soddisfare l’esi-genza di una maggior autonomia rispetto ai fornitori e alle oscillazioni del mer-cato, Raccortubi costituisce la Tecninox a Sarmato (PC), azienda produttrice di raccordi a saldare di testa in acciaio

inossidabile e leghe speciali. La Tecninox, che già al momento della costituzione da parte della famiglia Pentericci dispone-va di una tecnologia all’avanguardia che in ambito europeo era ancora agli albori, inizia un percorso di sviluppo parallelo a quello della Raccortubi. Dalla fine de-gli anni ’80 il Gruppo Raccortubi conosce uno sviluppo straordinario con fattura-ti in costante crescita guadagnandosi il ruolo di top player del settore nel mer-cato continentale e conquistando la fi-ducia da parte dei clienti più importanti, ovvero delle maggiori Compagnie di In-gegneria italiane ed europee e di attori multinazionali come Eni, Saras, Fincan-tieri, Ansaldo Caldaie, Nuovo Pignone, Saipem e Tecnimont.

Business&Gentlemen agosto - settembre 2010

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Fare impresa nel mondo.

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Corso di Alta Formazione per l’internazionalizzazione dell’impresa

Sono aperte le iscrizioni al

NIBI – Il Nuovo Istituto di Business Internazionale è un progetto di:

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il design che fa

la differenza

Giannini,

L’azienda bresciana, specializzata in prodotti di alto design per la tavola,la cucina e l’arredo, è arrivata alla terza generazione.Di fronte ai colpi della crisi la risposta è nella “despecializzazione” e diversifi cazione di prodotti

di Laura Di Teodoro

Partiti da un prodotto di punta sono arrivati a coprire, letteralmente, il mondo della tavola, della cucina e dei complementi d’arredo attraverso la scelta, vincente, di diversificarsi sul mercato portando alta la ban-diera delle idee e delle innovazioni “Made in Brescia”. Stiamo parlando dell’azienda Carlo Giannini di Cellatica, nel bresciano, che di fronte alla crisi non si è fermata anzi: ha rinnovato interamente i suoi cataloghi e annuncia ulteriori novità per i prossimi mesi. La storia dell’azienda è iniziata nel lontano 1951. In questi sessant’an-ni, come racconta Nicola Giannini, terza generazione della famiglia alla guida dell’impresa, ha costruito il proprio successo tenendosi ancorata “alle idee e al lavoro per svilupparle” e a quella realtà bresciana che rap-presenta “non solo un polo produttivo di oggetti, ma soprattutto di idee e Giannini rispecchia tutto questo”. La leva che ha permesso all’azien-da di decollare e rimanere in quota in quasi sessant’anni di storia è la “despecializzazione”. “Le aziende che si sono specializzate in un mono prodotto sono ormai quasi scomparse dal mercato del dettaglio – spiega

Nicola Giannini, terza generazione della famiglia alla guida dell’impresa

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Testatina

Nicola Giannini -. Gianni-ni ha saputo diversificare i propri progetti coprendo il mondo della tavola, della cucina e dei complementi d’arredo”. La Carlo Gian-nini spa è diretta e control-lata fin dalle origini dalla famiglia Giannini. “La se-conda e terza generazione è ben distribuita nei vari comparti aziendali - am-ministrazione, marketing, commerciale e ricerca -. Viceversa la direzione commerciale è affidata ad un elemento esterno alla famiglia per contribuire in modo incisivo con idee e impulsi nuovi”. Il simbolo storico dell’azienda è rac-chiuso nella Giannina, la caffettiera “nata” nel 1968 e oggi diventata un’icona.

Il suo design ha percorso i decenni accompagnato dal manico a rotazione che ha sempre garantito un uti-lizzo agile nell’apertura e chiusura della caffettiera. Per proseguire la sua av-ventura al passo con i tem-pi, lo scorso anno Giannini ha intrapreso un restyling affidando la Giannina al designer di origine irania-ne Khodi Feiz.Una collaborazione che successivamente ha ap-portato novità anche su altri oggetti e prodotti. Il design dell’azienda, come spiega Giannini, è “al ser-vizio della funzionalità”: “Da sempre il nostro obiet-tivo è quello di progettare e realizzare oggetti dove estetica e funzionalità si

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Storia di successo

amalgamano tra loro. Il valore estetico fine e se stesso non fa parte della nostra tradizione. La praticità è fondamenta-le, spesso, infatti, il mercato presenta oggetti molto belli che però non coincidono con le esigenze pratiche del consuma-tore”. L’azienda sta puntando sul complemento per la tavola (piatti, bicchieri e posateria) e per la cucina (pentole e mesto-

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L’AZIENDACarlo Giannini inizia la sua atti-vità produttiva nel 1951 con l’im-pronta razionale e pragmatica ti-pica dell’imprenditoria bresciana, dando vita ad una generazione di casalinghi in acciaio, nei quali ri-salta l’importanza della funzione, in equilibrio con un’estetica lineare e pulita. L’azienda, con sede a Cella-tica, nel bresciano, ha nella caffet-tiera Giannina il suo prodotto sto-rico. Dal 2009, Giannina esce in una versione ridisegnata nei particolari meccanici da Khodi Feiz, designer di fama internazionale. La ricerca sul prodotto di Giannini non si ferma mai e presenta come novità 2010 una nuova collezione tavola e cucina de-cisamente all’avanguardia: Mix Col-lection! La seconda generazione ha confermato e rinnovato il successo

nel tempo, grazie a un’attenta ricer-ca di mercato e ad uno studio conti-nuo dell’evoluzione del gusto e delle esigenze del consumatore, mante-nendo come elemento costante la necessità di creare prodotti per la casa pratici ed efficienti, ricchi di originalità e stile. La terza genera-zione, inserita con successo nel tes-suto aziendale, pone basi solide per il futuro, continuando il processo di crescita e di ricerca dal punto di vista del prodotto, del design, della distribuzione e del marketing. Gian-nini persegue con tenacia e fedeltà l’obiettivo di un prodotto nuovo nelle forme e nel progetto, creato da designer geniali e tecnici esperti che lavorano insieme per realizzare oggetti che sottolineano il valore dei nostri gesti quotidiani.

www.giannini.it

Forse credere nel buon design è come credere in Dio, ti rende ottimista.Sir Terence Conrad

lame). “Sempre più cerchiamo di dare al nostro cliente un prodotto funzionale, specifico nell’utilizzo (accessori cucina) e quotidiano – prosegue Nicola Giannini. Nonostante la crisi stiamo tenendo le nostre posizioni, non abbiamo previsto crescite”.Nell’agenda futura dell’azienda ci sono progetti già segnati, all’in-segna dell’ecosostenibilità, come la nuova collezione Ecoceramico-ok che verrà presentata il prossimo autunno. Si tratta di un nuovo sistema di cottura ecocompatibile, a impatto zero sull’ambiente. “Sicuramente non siamo un’azienda statica – conclude Giannini. Negli ultimi 5 anni abbiamo rinnovato completamente il nostro assortimento, che comprende ben 3 diversi cataloghi, e nei prossi-mi mesi non ci fermeremo”. |

La storia dell’azienda è iniziata nel lontano 1951 e oggi è controllata direttamente dalla seconda e terza generazione Giannini. La leva che ha permesso all’azienda di decollare e rimanere in quota in quasi sessant’anni di storia è la “despecializzazione”

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Business&Gentlemen agosto - settembre 2010

Internazionalizzazione, diversifi-cazione, alta qualità e per il futu-ro imminente occhi puntati sulle energie rinnovabili. Sono questi, in sintesi, i pilastri su cui Giovanni Cogotzi, responsabile dell’azienda Claind di Lenno, nel Comasco – nonché presidente dei metalmec-canici comaschi - sta costruendo un solido muro per resistere ai colpi della crisi. Una solidità raf-forzata dagli oltre trent’anni di storia e da quel sogno iniziato e re-alizzato dal padre Lorenzo Cogotzi nel 1979. “Mio padre è nato come progettista elettronico – raccon-ta Giovanni Cogotzi – e l’azienda nacque ai tempi per la progettazio-ne elettronica fatta per conto terzi. Nel corso degli anni è arrivato a realizzare i propri prodotti tecno-logici al servizio dell’industria e in particolare di generatori di gas che trovano largo impiego in diversi settori, riuscendo a consegnarlo al cliente direttamente e off rendo così quel valore aggiunto che oggi fa la diff erenza”. L’azienda produce generatori di idrogeno, di azoto, di aria, purifi catori e strumenti di misura. “I nostri generatori di gas rappresentano un’alternativa alle tradizionali fonti di approvvigio-namento dei gas quali forniture di gas compressi in bombola e li-quefatti – prosegue il presidente -.

Grazie ai generatori, infatti, è pos-sibile produrre tutto il gas necessa-rio presso il luogo di utilizzo, evi-tando tutti gli inconvenienti tipici delle forniture tradizionali a parità di risultato”. L’azoto viene prodotto grazie a un processo che permet-te di separare l’ossigeno dall’azoto presenti nell’aria che respiriamo fi no a purezze elevatissime; l’idro-geno viene prodotto attraverso una cella elettrolitica unica, ad alta pu-rezza senza la necessità di ulteriori sistemi di purifi cazione. L’impre-sa conta un organico complessivo di 40 persone per un fatturato di circa 7 milioni di euro, con una produzione che tocca i 1.200 pezzi all’anno. Il 2009 ha fatto registra-re una leggera fl essione rispetto al 2008 ma le prospettive per il 2010 sembrano essere alquanto positive: “In questo primo semestre – spiega Cogotzi – abbiamo registrato valo-ri che vanno a +30%”. La crescita ha interessato soprat-tutto la nicchia estera con un’inter-nazionalizzazione che arriva a toc-care l’80% della produzione totale: “L’internazionalizzazione ci ha pre-miato. L’80% dei nostri prodotti va all’estero, ma anche in Italia stiamo raccogliendo soddisfazioni per l’al-to valore aggiunto dei prodotti”. La gamma di prodotti della Claind è stata sviluppata per far fronte

Claind “generatrice”

L’azienda di Lenno, nel Comasco, ha sfi dato la crisi investendo in prodotti nuovi, diversifi cati e nell’internazionalizzazione, pur continuando a produrre nel territorio di origine

a cura della redazione

di innovazione

Giovanni Cogotzi,responsabile dell’azienda Claind di Lenno, nel Comasco

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Storia di successo

La storia dell’azienda ClaindL’azienda Claind viene fondata da Lorenzo Cogotzi nel 1979. Ini-zialmente la società aveva come scopo la progettazione e co-struzione di strumenti per il controllo di impianti industriali, in particolare per il settore farmaceutico. Nel 1985 è passata alla produzione di unità complete di fermentazione, sempre per il set-tore farmaceutico. Il cuore del prodotto è rimasto il sistema di controllo del processo, abbinato a competenze impiantistiche, che si vanno sviluppando proprio in questi anni. Nel 1988 a Claind viene offerto di sviluppare il sistema di controllo di un elettro-lizzatore per la produzione di idrogeno. Nasce così la collabora-zione con una società svizzera specializzata nella produzione di celle elettrolitiche per la realizzazione del primo generatore di idrogeno, la serie “Idrolab”. Successivamente Claind fa diventare suo il prodotto e sceglie di specializzarsi nella produzione e commercializzazione di picco-li elettrolizzatori dedicati al settore analitico ove Claind già operava come fornitore di altra strumentazione. Nel 1991 nasce la collaborazione con Nitrox per la commercializ-zazione di generatori di azoto basati sul principio PSA. Lo scopo era quello di abbinare l’offerta di azoto con quella di idrogeno, secondo le richieste del settore analitico ed in particolare per la gascromatografia. Negli anni ’90, Claind si concentra princi-palmente sullo sviluppo di un nuovo elettrolizzatore più robusto ed affidabile rispetto a quello originario. Nasce quindi la colla-borazione con il dipartimento di elettrochimica dell’Università di Praga, grazie alla quale Claind acquisisce il know how per la realizzazione di un innovativo sistema per elettrolisi sul quale costruisce una cella molto robusta e più affidabile rispetto alla precedente. La nuova cella subisce diverse evoluzioni fino a dive-nire il cuore della serie HG2000 attualmente commercializzata. Parallelamente Claind decide di sviluppare la tecnologia PSA iniziando a progettare e a produrre generatori di azoto. Alla fine degli anni ’90 gli sforzi si concretizzano nella realizzazione di una gamma completa di generatori di azoto interamente pro-gettata e prodotta da Claind. Nel 1996 Claind ottiene la certi-ficazione ISO 9001. L’anno 2000 rappresenta un momento di deci-sa svolta per Claind grazie al lancio di una nuova e innovativa gamma di prodotti per il laboratorio e per l’industria. E’ in que-sto periodo che si intensifica l’interesse per i prodotti di Claind all’estero grazie anche al consolidarsi di rapporti con importan-ti distributori collocati in Europa, Medio Oriente e India. Dal 2000 Claind non si rivolge più solo al settore analitico, ma inco-

mincia ad affermarsi anche nel set-tore agroalimentare e metallur-gico grazie ai generatori di azoto industriali della serie PICO e FLO. Nel 2001 viene aperto un ufficio di rappresentanza in Francia allo scopo di intensificare le vendite specialmente nel settore del labo-ratorio di analisi. Nel 2003 viene lanciata la serie di generatori di azoto N2 MAXI per far fronte alle sempre maggiori richieste di azoto per impieghi industriali e paralle-lamente decide di affrontare una nuova sfida sul fronte dell’idro-geno. E’ proprio in questo periodo che si da vita ad un progetto molto ambizioso di progettazione di un elettrolizzatore ad alta portata ed ad alta pressione, pensato per il

mercato industriale. Tale proget-to si concretizza nel gennaio 2007, con l’avvio della commercializza-zione della nuova serie HG MAX3 di generatori di idrogeno con por-tate fino a 30 m3/h a 15 bar. Nel 2006 Claind fa un ulteriore passo nell’ampliamento dell’offerta nel mondo dell’azoto industriale con lo sviluppo della serie LASER GAS, un innovativo generatore di azoto ad alta pressione. Nel 2007 Claind sviluppa la serie completa HGMAX oltre a importanti progetti con clienti OEM nel settore azoto in-dustriale. Durante il 2008 Claind afferma la sua presenza sui merca-ti esteri, consolidando allo stesso tempo un trend di crescita del 20% annuo.

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Un uomo saggio coglie più opportunità di quante ne trovi. Francis Bacon

www.claind.it

alle esigenze di gas puri di svariati settori dell’industria tra cui il metallurgico, la saldatura lead free, lo stampaggio plastico, il chimico, l’analitico-laboratorio e l’agroalimentare. Ed è soprat-tutto quest’ultimo che ha permesso la notevole crescita in Italia: “Abbiamo introdotto sistemi che consentono di produrre azoto anche per prodotti agroalimentari”. La parola d’ordine resta co-munque la diversifi cazione, ergo rivolgersi a settori diversi garan-tendo comunque un prodotto di nicchia e unico, come spiega il titolare: “Abbiamo diverse linee di prodotto: il taglio e trattamen-to dei metalli per il quale serviamo soprattutto clienti in Italia, Inghilterra, Medio Oriente e Spagna; forniamo inoltre prodotti al settore analitico, quello dei centri di ricerca farmaceutici e chimici dove usiamo i nostri prodotti per supportare tecniche di analisi”. Su questo fronte l’azienda, nonostante il contesto economico non favorevole, ha rinnovato la propria gamma di prodotti. “Abbiamo scelto il periodo di maggior fl essione e ora siamo usciti con queste novità alla fi era di Orlando a marzo, con la collaborazione di una società americana con cui abbiamo coingegnerizzato i prodotti.

L’impresa conta un organico complessivo di 40 persone per un fatturato di circa 7 milioni di euro, con una produzione che tocca i 1.200 pezzi all’anno. Il 2009 ha fatto registrare una leggera fl essione rispetto al 2008, ma le prospettive per il 2010 sembrano essere positive

Abbiamo puntato sul design e sul concept creando prodotti diversi di gamme diff eren-ti che possono intercomunicare tra loro”. Il settore analitico resta storico per l’azienda con prodotti venduti in tutto il mondo, au-toinstallanti e facili da trasportare soprat-tutto in Spagna, Francia, Inghilterra, Medio Oriente e in Cina. “Il prodotto viene assem-blato presso di noi mentre la componenti-stica arriva da fornitori esterni. Abbiamo l’obbligo morale di mantenere questo volano per la nostra economia locale”. Per arrivare a questi risultati l’azienda ha puntato mol-to sull’innovazione: “Abbiamo scommesso

sull’innovazione del prodotto pur lavorando in un settore tra i più in crisi - spiega Gio-vanni Cogotzi. Siamo stati premiati perché stiamo facendo registrare una crescita incre-dibile grazie al fatto che abbiamo prodotti di nicchia su un terreno dove la concorrenza è poca”. Il futuro dell’azienda sarà sempre all’insegna dell’innovazione e, visti i tem-pi, delle energie rinnovabili: “Non vediamo l’ora si terminare il nostro nuovo prodotto presentato a Orlando per poi iniziare il pro-getto di una linea completa di generatori di idrogeno. Noi commercializziamo da anni prodotti simili e quello che abbiamo in men-

te è un prodotto che possa servire nel settore delle rinnovabili perché quello che oggi c’è sul mercato è poco utilizzabile. Per avere successo bisogna naturalmente mettersi in rete e fare uno sforzo insieme a tutti gli at-tori della fi liera”.

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... flessibili,

personalizzati

e interdisciplinari

per sostenere

la competitività

delle imprese.

La casa degli imprenditori dà più spazio alle imprese e ai servizi...

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L’azienda di Renate, nata nella cantina del fondatore Angelo Redaelli come piccola fonderia per l’ottone, è oggi leader nella produzione di maniglie per i mobili. Per sconfi ggere la crisi ha ampliato i propri cataloghi, puntando su qualità e diversifi cazionea cura della redazione

Pamar,una porta aperta

su dinamicità e diversifi cazione

Un’azienda “eclettica”, legata da una parte alla forte tradizione familiare e radicata sul terri-torio e dall’altra capace di adeguarsi ai cambiamenti del mercato, dei tempi e alle esigenze di clienti provenienti da Paesi diff erenti. L’impresa Pamar di Renate, nel brianzolo, leader nella produzione di maniglie per mobili, ha fatto della qualità, del design di alto livello e della dif-ferenziazione i propri caratteri distintivi, ergo le armi per abbattere una concorrenza fatta di guerra di prezzi e imitazioni. Forte di un fatturato di circa 7 milioni di euro, un organico di 70 persone e collaborazioni eccellenti sul fronte del design, l’azienda brianzola sta puntando su un’ampia gamma di prodotti innovativi, oltre al punto di forza caratterizzato dalle storiche maniglie. La sede della Pamar è a Renate, nel cuore dell’imprenditoria lombarda e del distret-to del mobile ed è distribuita su due unità operative. In quello stesso paese, poco meno di sessant’anni fa, il fondatore Angelo Redaelli mise le basi per realizzare il proprio sogno: nella cantina della casa paterna installò una piccola fonderia per l’ottone per fabbricare maniglie per mobili. Erano gli anni della ricostruzione e della rinascita dopo la Seconda Guerra Mondiale. Pochi anni più tardi Redaelli passò dall’ottone a una nuova lega di alluminio, la zama, meno costosa e più facile da lavorare. Con il passare degli anni l’azienda si ingrandì e negli anni Novanta passò all’attuale stabilimento di Renate. “L’azienda è nata producendo esclusivamente maniglie per l’industria del mobile – racconta il fi glio Marco Redaelli, attuale presidente di Pamar. Negli ultimi vent’anni abbiamo cambiato strategie proponendo prodotti diversi fatti con materiali diff erenti: metallo, vetro, plastica, legno e abbiamo aumentato l’utenza di rife-rimento, non solo produttori di mobili ma anche negozi, catene di distribuzione ecc”. Pamar

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TestatinaAzienda di successo

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cresce insieme al mercato, cambia tiro adeguandosi ai tempi e alle mode, senza perdere però la sua essenza originaria. “Sia-mo passati dall’essere classici al moderno – prosegue Redael-li – guardando soprattutto l’evoluzione del mercato. Il nostro segreto? Abbiamo le caratteristiche tipiche dell’azienda brian-zola: determinazione, l’attaccamento ai nostri valori e la forte componente della manualità che da una parte può portare ad un aumento dei costi ma diventa comunque garanzia di prodotti innovativi e unici”.

La vera e profonda trasformazione si concretizza a partire dagli anni Novanta quando Pamar incrocia le via del design in modo totalizzante, realizzando nuove maniglie da cui emergono le personalità e i linguaggi dei diversi design. “Abbiamo avviato una serie di collaborazioni con architetti e designer importanti per diff erenziarci ulteriormente e identifi care e personalizzare ancora di più i nostri prodotti”. Prodotti che, come si diceva, non si sono fermati alle sole maniglie ma che oggi compren-dono, ad esempio, passacavi, reggimensola, pomoli, ciondoli e reggitubi.

“In questa fase di crisi ci siamo mossi cercando prima di tutto di diff erenziarci e scoprendo mercati nuovi. Ad oggi esportiamo il 50% circa dei nostri prodotti. Stiamo facendo il possibile per non fermarci: la chiusura di alcuni piccoli terzisti qui in Brianza ci ha portato a dover produrre alcune componenti nei nostri capannoni. Inoltre sono cambiate le tipologie di ordini: piccoli e personalizzati che hanno sicuramente aumentato il lavoro”. Marco Redaelli prosegue sottolineando la necessità di “essere elastici e aperti verso i cambiamenti, portando innovazione all’interno dell’organizzazione aziendale stessa”. Ora alla guida della Pamar, oltre a Marco, presidente, ci sono i

fratelli Fabio, architetto e designer e Silvia, responsabile per la parte amministrativa. “Il design e la voglia di creare fanno par-te del nostro DNA – racconta il Presidente -. Prima di avviare le collaborazioni con i designer, eravamo noi i creatori dei nostri prodotti, segno di una passione che ci portiamo dentro fi n dalle origini”.

Una passione che continua nel tempo, accompagnata da una buona dose di ottimismo. “La voglia di uscire da questo mo-mento critico c’è e si sente. Da parte nostra contiamo di man-tenere più o meno lo stesso fatturato dell’anno scorso, senza alcuna fl essione”. |

la storia di pamarLa storia di Pamar ha inizio negli anni Cinquanta a Re-nate, centro lombardo destinato a diventare uno dei poli più evoluti nel settore della minuteria metallica e componentistica per mobili. Pamar è il sogno diven-tato realtà di Angelo Redaelli che ha iniziato la sua attività imprenditoriale nel campo delle maniglie per mobili e attraverso questo piccolo oggetto l’azienda è decollata assumendo in breve la dimensione e l’impron-ta di un’industria. Grazie ai figli Fabio, Marco e Silvia l’azienda è cresciuta e oggi conta due unità ad avanzata tecnologia che consentono di realizzare l’intero pro-cesso produttivo: stampaggio, pulitura, verniciatura, assemblaggio dei componenti, finitura. La produzione è realizzata tutta all’interno delle due fabbriche, a Re-nate. L’impegno dell’azienda si traduce in un’evoluzione continua del suo prodotto e della maniera di realiz-zarlo: impianti all’avanguardia, tecnologie sofistica-te, controllo meticoloso di tutte le fasi. Un’azienda dinamica, dunque, in grado di soddisfare puntualmente qualsiasi richiesta del mercato, contribuendo alla dif-fusione del Made in Italy nel mondo.

L’azienda è nata producendo esclusivamente maniglie per l’industria del mobile. Negli ultimi vent’anni ha cambiato strategie proponendo prodotti diversi fatti con materiali diff erenti quali metallo, vetro, plastica, legno e ha aumentato l’utenza di riferimento

www.pamar.it

A una sola cosa tendi, e cerca col tuo volere: essere a te stesso bello in ogni cosa che fai. Marco Aurelio

Famiglia Redaelli: Silvia, Marco, Fabio e il fondatore Angelo

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Testatina

CONFINDUSTRIA MONZA E BRIANZA

La prima organizzazionefra imprenditori sorta in Italia

RIANZA

Since 1902

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Secondo una recente ricerca, frutto di anni di interviste e analisi, i profi li che brillano sono il Direttore dello Sviluppo (R&D) e il Project Manager

a cura di Michael Page Technology, divisione di Michael Page International

nell’Information Technology

Le fi gure più richieste

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luce sui comportamenti relativi a precise opportunità professio-nali. Due i profi li più ricercati quindi per il settore IT: il Diretto-re dello Sviluppo e il Project Manager.

DIRETTORE DELLO SVILUPPO/R&DLe principali responsabilità del Direttore dello Sviluppo sono:

gestire i progetti di sviluppo, garantendone qualità, metodo-• logie e affi dabilità;defi nire e gestire il budget e gli impegni di spesa del repar-• to;garantire l’inquadramento dello staff di sistema e dello staff • d’esercizio;defi nire delle metodologie dei test tecnici di verifi ca e della • qualità;defi nire la strategia tecnica della produzione e scegliere gli • applicativi di controllo e di supervisione;essere il garante della funzionalità dei sistemi dell’azienda • e della performance delle transazioni. In questo quadro, è responsabile della creazione di piattaforme di test (limiti, prestazioni etc) e dei piani di pronto intervento informatico o di back up;lavorare in stretta collaborazione con la Direzione degli stu-• di al momento della produzione di nuove applicazioni da parte delle sue squadre.

Sul fronte della formazione, questo profi lo ha in genere una laurea in Ingegneria o cultura equivalente, con un minimo di 5 anni di esperienza nel campo dell’esercizio e dell’ingegneria dei sistemi. Si ritrova principalmente nelle strutture in cui il ser-vizio informatico ed il relativo sviluppo tecnologico risulta de-terminante e strettamente legato alle tematiche di business. Tale profi lo diventa determinante in ambienti che richiedono grandi sistemi (banche, assicurazioni, grande distribuzione) o dove pre-vale l’innovazione tecnologica dei sistemi, non solo di supporto ai clienti esterni. Gestisce in generale un minimo di 5 persone. La domanda per questo tipo di posizioni, anche in realtà non eccessivamente strutturate o multinazionali, ha subito un deciso incremento soprattutto in ambito soft ware legato ai database e al mondo della sicurezza dei sistemi e delle reti. I dati sulla retribu-zione in base agli anni di esperienza sono signifi cativi e relativi alla retribuzione annua lorda, non è inclusa la parte variabile.

NS*= non signifi cativo

Dopo aver tenuto botta durante un anno di forte contra-zione economica come il 2009 anche quest’anno, tra le fi gure più richieste in ambito Information Technology, continuano a spiccare il Direttore dello Sviluppo (R&D), la cui retribuzione media annua oscilla tra i 65.000 e gli 85.000 euro a seconda degli anni di esperienza e della di-mensione dell’azienda in termini di fatturato e il Project Manager ERP. La ricerca è il frutto del lavoro fatto quo-tidianamente dai consulenti della divisione Technology per tutti questi anni e, nello specifi co dello studio del-le candidature ricevute e prese in considerazione ogni mese, oggetto di un’approfondita analisi dei percorsi, delle motivazioni e delle retribuzioni dei candidati con-tattati dai consulenti della divisione. Per ogni profi lo ab-biamo precisato le tendenze del mercato ad esso relativo, oltre alle possibili evoluzioni di carriera. I commenti si basano sulla percezione delle aspettative del candidato, sulla constatazione del percorso specifi co e sul contesto del servizio di ricerca e selezione da noi gestito. Sebbene non possano certo essere adattabili a tutte le strutture aziendali, possono tuttavia contribuire a fare un po’ di

Focus Professioni

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PROJECT MANAGER ERPLe principali responsabilità del Project Manager ERP sono:

gestire i progetti di analisi, imple-• mentazione e application mainte-nance dell’ERP, assicurandone qua-lità, effi cienza ed effi cacia;defi nire e gestire le risorse a lui asse-• gnate, favorendone la comunicazione e l’affi atamento;distribuire le attività alle risorse e • monitorarne il corretto svolgimento, nel rispetto delle tempistiche di de-livery;mantenere e coltivare i rapporti con • i clienti fi nali, pianifi cando e coordi-nando il loro coinvolgimento nelle varie fasi di progetto;produrre la documentazione di • propria competenza e supervisio-nare quella prodotta dal team di progetto;gestire la chiusura del progetto e le • relative attività di riepilogo;lavorare in stretta collaborazione • con il cliente durante lo svolgimento

del progetto, provvedendo alla pro-posizione di nuovi progetti evolutivi o correttivi in corso d’opera.

Sul fronte della formazione, il Project Manager ERP ha una laurea in Ingegne-ria o Economia o cultura equivalente, con un minimo di 5 anni di esperienza nello stesso ruolo.

Questa tipologia di profilo si ritrova principalmente nelle società di con-sulenza IT, dove l’implementazione dell’ERP ed il relativo sviluppo tecno-logico risulta strettamente legato alle tematiche di business.

Questo profi lo si ritrova anche all’inter-no della struttura aziendale di un cliente fi nale, con il ruolo di Business Process Support, ed ha il compito principale di gestire i consulenti esterni e le richieste che provengono dal business interno.Gestisce in generale un minimo di 5 per-sone (interne e/o esterne). La domanda per questo tipo di posizioni, vista l’impor-tanza strategica assunta dall’Information Technology all’interno dell’azienda, ha subito un notevole incremento soprattut-to in realtà di consulenza ERP.I dati sulla retribuzione sono signifi cativi e relativi alla retribuzione annua lorda, non è inclusa la parte variabile.

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Tra le fi gure più richieste in ambito Information Technology, continuano a spiccare il Direttore dello Sviluppo (R&D), la cui retribuzione media annua oscilla tra i 65.000 e gli 85.000 euro a seconda degli anni di esperienza e della dimensione dell’azienda in termini di fatturato e il Project Manager ERP

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del ruolo sono di direttore commerciale del canale web o di country manager in una internet company.

Il WEB MARKETING MANAGER, che riporta al direttore marketing o al direttore commerciale, nelle strutture più snelle ha la responsabilità dello svilup-po delle strategie di marketing sui nuovi media (web, mobile, tecnologie digitali). Il ruolo richiede l’aver maturato una solida esperienza in Sem, Seo, Keyword Advertising, e-commerce. La possibile evoluzione del ruolo è la direzione marketing. |

NS*= non signifi cativo

Altre due fi gure che stanno prendendo piede sono: l’Online Sales Manager e il Web Marketing Manager.

L’ONLINE SALES MANAGER, che riporta al direttore com-merciale o al direttore generale, è responsabile del canale di ven-dita on-line. Il suo compito consiste nel defi nire e implementare la strategia commerciale sul canale web, defi nire il budget di vendi-ta in funzione di prodotti/servizi, defi nire insieme alla direzione comunicazione/marketing il piano sales on-line, raggiungere gli obiettivi di fatturato e margine. Il ruolo richiede l’aver maturato una solida esperienza nel mondo web con capacità strategico/tat-tiche nella defi nizione ed implementazione di un canale di ven-dita complementare a quelli tradizionali. Le possibili evoluzioni

Focus Professioni

www.michaelpage.ch

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Verso Smau 2010:

Eventi, lanci di prodotto e occasioni di networking, tutto questo e molto altro

attende i 50.000 visitatori di Smau 2010

Dopo un primo semestre di eventi itineran-ti - Smau Business Roadshow - che hanno accolto nelle tappe di Bari (febbraio), Roma (marzo), Padova (maggio) e Bologna (giu-gno) circa 12.500 visitatori professionali (+ 25% rispetto al 2009), di cui il 65% impren-ditori e decisori aziendali delle imprese lo-cali, Smau si prepara a tornare a Milano da mercoledì 20 a venerdì 22 ottobre a Fiera-milanocity con una tre giorni ricca di novità per il mondo dell’impresa e del canale ICT e un calendario denso di appuntamenti. “L’edizione 2010 di Smau – dichiara Pieran-tonio Macola - con un‘articolata off erta di contenuti indipendenti curati da oltre 600 relatori delle migliori università italiane e società di consulenza, ricerche e dati inediti presentati dalla School of Management del Politecnico di Milano sulle tematiche più at-

tuali del settore, 500 aziende partecipanti e più di 100 tra le start up e le Pubbliche Am-ministrazioni Locali più innovative ospita-te nell’area Percorsi dell’Innovazione sarà l’appuntamento di riferimento in Italia per tutta la business community sulle tematiche dell’Information & Communication Tech-nology, di aggiornamento professionale e di condivisione tra i vari protagonisti coin-volti. Del resto le tecnologie, nel contesto di mercato attuale giocano un ruolo sempre più importante nel favorire la competitività delle imprese, per questo è necessario che un evento come Smau, illustri, non più solo agli addetti ai lavori ma a tutti coloro che sono coinvolti nelle sfi da di condurre le impre-se italiane oltre la crisi, come utilizzare in modo effi cace le nuove tecnologie per ridurre i costi e aumentare l’effi cienza della propria

azienda. Da qui la scelta di inaugurare la 47a edizione di Smau con il Premio Innovazione ICT, evento nato per mettere in luce i casi di eccellenza del nostro territorio: l’impresa che parla all’impresa, questo ritengo sia il vero ruolo di Smau oggi, non solo vetrina di novità e momento di incontro tra domanda e off erta, ma anche una formidabile piatta-forma di condivisione di esperienze di suc-cesso”. Saranno oltre 49.000 i visitatori attesi che varcheranno le porte dei padiglioni 3 e 4 di Fieramilanocity dalle 9.30 alle 18.30 dal 20 al 22 ottobre 2010 e potranno aggiornarsi sulle ultime novità espositive presentate da 500 espositori del calibro di Adobe, Canon, Dell, D-Link, Ibm, Intesa Sanpaolo, Fa-stweb, Oracle, Poste Italiane, Toshiba e Sap, solo per citarne alcuni. Anche quest’anno saranno due le dimensioni del Salone: Smau

tutte le novitàdella prossima edizione

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Business e Smau Trade rivolte alle due tipologie di visitatori di Smau: 50% manager e decisori aziendali e 50% operatori del Ca-nale ICT. Smau Business, che occuperà tutto il padiglione 4 e parte del padiglione 3, riprende il format del Roadshow proponendo agli oltre 27.000 manager attesi un calendario di circa 200 workshop sulle tematiche più attuali con percorsi formativi mirati che pun-tano a raff orzare il dialogo con i manager delle diverse funzioni aziendali non soltanto legate al mondo IT, ricerche e pubblicazioni ad hoc, i migliori casi di successo e un’area espositiva che ospiterà i più importanti protagonisti del settore a livello nazionale e inter-nazionale e alcune aree speciali dedicate a Marketing Digitale e E-commerce, Fatturazione Elettronica e Gestione Documentale, In-formation Security, Mobile&Wireless e Unifi ed Communication. Accanto al calendario dei workshop Smau quest’anno ha raff orza-to l’off erta di contenuti di alto livello programmando 4 laboratori della durata di 90 minuti ciascuno, a cura dell’Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano, con l’obiettivo di confrontarsi sugli ultimi trend in corso, condividere i migliori casi di successo e i criteri di misurabilità del ritorno sull’investimento (ROI) in tema di Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione, Enterpirse 2.0, Mobile & Wireless, e Marketing Digitale. In pro-gramma anche 3 arene, l’Arena Marketing Trends, l’Arena Sistemi di Comunicazione Avanzata e Unifi ed Communication e l’Arena Mobile & Wireless, in cui verranno aff rontate, insieme ai massimi esperti in materia, le principali tendenze e le tematiche emergenti su cui le aziende non possono non essere aggiornate per competere in modo innovativo. Smau Milano darà spazio alle giovanissime imprese rappresentanti del “genio made in Italy” grazie all’inizia-tiva “Percorsi dell’Innovazione. Dall’Idea al Business” che off rirà a 100 start up italiane una vetrina qualifi cata per presentare i propri progetti e prototipi altamente innovativi e ottenere contatti con po-tenziali fi nanziatori. Quest’anno l’Area Percorsi dell’Innovazione rappresenterà anche il volto dell’Italia che innova: tutte le Regio-ni presenti e una selezione di Province e Comuni racconteranno a

Smau la loro ricetta per rispondere alla crisi economica attraverso piani di sostegno alle imprese sul tema dell’innovazione. La fo-tografi a dei risultati e degli investimenti delle Pubbliche Ammi-nistrazioni sul tema dell’innovazione costituirà il contenuto della Guida Stampa, che da quest’anno cambia veste. La pubblicazione sarà un vero e proprio Annuario dell’Innovazione che, attraverso l’analisi dei risultati di un’indagine compiuta da un team di esperti sul tema “Regioni, Province e Comuni virtuosi”, presenterà le po-litiche e i fi nanziamenti a sostegno dell’innovazione, il parco Start

up, gli incubatori, i centri di ricerca dei protagonisti. All’interno dell’Area il 21 ottobre si terrà il DistrictDay, una tavola rotonda delle più innovative Province e Comuni sul ruolo dei Distretti per la competitività dell’Italia, mentre venerdì 22 ottobre l’appunta-mento è con l’Innovation Day che vedrà a confronto le principali Regioni e che culminerà col Premio Start Up Business rivolto alle migliori start up e spin off selezionate da una giuria di Venture Ca-pital e Business Angels nell’ambito dello speed date in programma giovedì 21 ottobre e ospitate all’interno dei Percorsi dell’Innova-zione. Dall’Idea al Business. Tra gli altri appuntamenti da non mancare l’Evento Inaugurale, mercoledì 20 ottobre, che ospiterà, il Premio Nazionale Innovazione ICT, un riconoscimento dedicato alle imprese e pubbliche amministrazioni di tutta Italia che hanno adottato soluzioni tecnologiche con successo. Durante i tre giorni di evento avranno luogo anche le premiazioni dei migliori casi di adozione di tecnologie da parte di imprese e pubbliche ammini-strazioni utenti nell’ambito delle funzioni aziendali Marketing & Vendite, Amministrazione e Finanza, Logistica & Supply Chain, Acquisti e Operations, Risorse Umane organizzate in collaborazio-ne con le associazioni di categoria. |

Smau Milano

All’edizione 2010 di Smau parteciperanno 500 aziende, 600 relatori delle migliori università italiane e società di consulenza e più di 100 tra le start up e le Pubbliche Amministrazioni locali più innovative

SMAU TRADESmau Trade, al padiglione 3, sarà il più importante momento di incontro tra addetti ai lavori dedicato all’ICT commu-nity: una piattaforma di incontro e networking tra i gran-di fornitori di tecnologia e i distributori con momenti di socializzazione, ma anche di approfondimento e di forma-zione e imperdibili occasioni di business in cui conoscere potenziali partner e rivenditori. Smau Trade si configu-rerà come una vera e propria “festa dell’ICT Community”: l’area espositiva farà da sfondo a lanci di prodotti, eventi esclusivi riservarti ai rivenditori, anteprime e, novità di quest’anno, verrà ospitata la vendita di prodotti e servizi da parte dei principali fornitori di tecnologie. All’inter-no dell’Arena Trade si susseguiranno sessioni di training da 30 minuti a cura dei fornitori di tecnologie dedicate ai prodotti lanciati sul mercato e alla presentazione di po-litiche di fidelizzazione ed enablement.Gli operatori del Canale ICT potranno, inoltre, partecipare alla presenta-zione – venerdì 22 ottobre – dei dati della seconda edizione della ricerca dell’Osservatorio Smau Trade realizzato in collaborazione con la School of Management del Politec-nico di Milano, e potranno ritirare gratuitamente in fiera l’Agenda del Trade. Per facilitare l’incontro tra fornitori e distributori l’Evento si baserà su un articolato sistema di matching: ogni visitatore trade potrà costruire attra-verso il sito www.smau.it la propria agenda personalizza-ta, pianificando gli incontri one-to-one, le presentazioni, a cura dei fornitori di tecnologie e distributori, gli inter-venti nell’arena e gli eventi di suo interesse, supportato in tutto questo da un call center dedicato, che lo indirizze-rà nella scelta dei contenuti più adatti alle sue esigenze.

www.smau.it

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Strategie di marketing orientate all’eco-sostenibilità e all’eco-logia, il cosiddetto Green Marketing, che oggi più che mai sta diventando l’arma vincente delle aziende che vogliono vende-re con successo i propri prodotti. Un’arma che non può essere improvvisata ma deve essere parte dell’organizzazione e del business e deve nascere con il prodotto stesso, come sottoli-nea Sergio Tonfi , Corporate Communication Manager di Phi-lips Italia, azienda che più di altre sta puntando sull’effi cienza energetica. Il risultato è che oggi il 31% del fatturato globale di Philips (che è di 23,2 miliardi di Euro) è già fatto da prodotti “green”.

Recentemente la Philips ha ottenuto il riconoscimento come “green Brand”. Quali strategie di Green Marketing avete mes-so in campo per raggiungere questo importante risultato?Diciamo che il tema e l’impronta della sostenibilità sono scritti nel Dna dell’azienda. La Philips è nata nel lontano 1891 grazie ai due fratelli Anton e Gerard Philips che iniziarono a produrre lampade a fi lamento di carbonio, portando così la luce nelle case della gente. Oggi, dopo una serie di vicissitudini e suc-cessi, il cuore dell’azienda è riassumibile in due parole: salu-te e benessere con l’obiettivo comune di semplifi care la vita dei consumatori. La tecnologia spesso infatti mostra degli aspetti complessi per cui l’obiettivo della semplicità d’uso diventa centrale. Il tema della sostenibilità è presente da sempre. Sin dal 1994 l’azienda si è dotata di un programma Eco-vi-sion, fi nalizzato all’innovazione di prodotto, strutturandosi in sei aree tecniche defi nite “green focals areas”: consumo energetico,

packaging, evitare le sostanze nocive, peso, riciclaggio, durata della vita del prodotto. Si tratta di sei aree che guidano la ricer-ca e sviluppo di base del prodotto. Abbiamo così iniziato un percorso per consolidare l’educazio-ne alla sostenibilità nella parte industriale. A questo abbiamo affi ancato un impegno per la sostenibilità sociale che tocca il target interno, il personale – la sicurezza, la qualità dell’am-biente ecc. - fi no ad arrivare a organizzare eventi e creare si-tuazioni per motivare l’intero organico: dalla palestra alla sala giochi in azienda fi no ad arrivare al Family Day (porte aperte alle famiglie) e ai Summer Game (competizioni sportive aperte a tutti i dipendenti). Sul fronte esterno stiamo svolgendo una serie di attività legate al territorio quali la collabo-razione con il Comitato Maria Letizia Verga di Monza per sconfi ggere la leucemia infantile. Si tratta di un legame fi naliz-zato non tan-to alla

Quando l’aziendasi “tinge”

di verde Sostenibilità e aspetto green inquadrati come vere strategie di business. Sergio Tonfi , Corporate Communication Manager di Philips Italia, spiega come costruire i processi aziendali e l’organizzazione del marketing attorno al tema dell’effi cienza energetica

testo di Laura Di Teodoro

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sponsorizzazione ma alla partecipazione attiva dei dipen-denti alla causa del Comitato, attraverso la realizzazione di un calendario fotografi co con le immagini dei nostri bimbi i cui proventi vengono devoluti a questa importante causa sul territorio.

Questo per quanto riguarda la responsabilità sociale dell’azienda. Sul fronte dell’aspetto “green” e dell’effi cien-za energetica invece su cosa avete costruito il vostro mar-keting?Sull’idea di un’azienda che garantisce “salute e benessere”. Questo signifi ca un’organizzazione suddivisa in settori di business (healthcare, consumer lifestyle e lighting) tutti orientati al concetto di sostenibilità di green philosophy che vanno a toccare la salute ed il benessere individuale passan-do da un lato per l’aspetto più prettamente medicale (lega-to alleattrezzature tecnologiche per gli ospedali) e dall’altro al più generico concetto di wellbeing e di qualità della vita (igiene orale, cura della persona, risveglio più naturale ...). La sostenibilità e l’aspetto green quindi sono inquadrati come vere strategie di business, i prodotti nascono verdi, non vengono “vestiti” di verde in fasi successive come può capitare per chi segue la moda della cosiddetta green economy. Alcuni prodotti? Certamente le lampadi-ne a risparmio energetico o i led che ci stanno già dando risultati molto positivi perchè stiamo agendo nel nostro business con tecnologie più effi cienti dal punto di vista energetico.

Cosa si intende oggi per Green Marker-ting? Non si deve

intendere di certo la pratica, pur apprezzabile, del cause re-lated marketing, cioè di una attività di tipo fi lantropico spesso associata a tematiche di tipo promozionale, ma invece, l’organizzazione del business e del product creation process intorno ai princi-pi “green”, come quelli descritti dalle 6 green focal areas di Philips. Il risultato è che oggi il 31% del nostro fatturato globale (che è di 23,2 mi-liardi di euro) deriva da pro-dotti “green”.

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Green Marketing

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la missione “green” di Philips Philips ha costantemente ridotto il consumo energetico dei molti pro-dotti del suo portafoglio, come i te-levisori e le soluzioni di illuminazio-ne. In effetti, se le nuove tecnologie dell’illuminazione fossero adottate in tutto il mondo, si riuscirebbero a risparmiare 555 milioni di emissioni di CO2 e oltre 100 miliardi di euro all’anno in costi energetici. Philips ha raggiunto il 31% di incidenza dei “green products” sul totale del fat-turato, e si è posta l’obiettivo di rag-giungere il 50% nel 2015. Il target di 1 miliardo di Euro per innovazioni “green” verrà superato entro l’anno ed è previsto il raggiungimento di un 25% in più di efficienza energetica delle operations . La luce pesa oggi il 19% del totale dei consumi energetici globali e con l’in-troduzione progressiva dei LED, che diventeranno presto la norma per tutta l’industria, Philips ha la ca-pacità di produrre significativi cam-biamenti nella soluzione dei problemi energetici del nostro pianeta grazie alle proprie competenze tecnologi-che nel campo dell’illuminazione. Philips si è posta l’obiettivo di dupli-care la raccolta ed il riciclaggio dei prodotti a fine ciclo di vita e l’utiliz-zo di materiale da riciclo nei propri processi produttivi. La scarsità di cer-ti materiali, l’assenza di chiare leggi sul riciclo e la crescita esponenziale della domanda nei paesi emergenti, sottopone il pianeta a gravi rischi ecologici. Con l’approccio EcoDesign, Philips si è dotata di una metodologia “sostenibile” per lo sviluppo di tutti i suoi nuovi prodotti che ha portato al lancio di tante novità “green” come ad esempio l’aspirapolvere “Perfor-mer Energy Care”, fatto da più del 60% di plastica biologica.

Quali sono gli aspetti che assolutamente bisogna conoscere per aff rontare questo “nuovo” settore?Per aff rontare il tema “green” occorre immergersi in una cultura aziendale in cui la tematica non è appannaggio di una funzione singola, ma un modo di essere e fare le cose che pervade tutta l’organizzazione. Non esiste una vera “scuola” se non quella mol-to concreta del lavorare quotidianamente avendo come elemen-to guida una visione del mondo che non può più prescindere dai principi della sostenibilità, una sostenibilità vista come obiettivo condiviso e comune per tutti noi e per la società in cui operiamo.

Come diceva, spesso la parola “green” viene utilizzata in ma-niera inappropriata, più come una moda che come caratteristi-ca prima dei prodotti...Esattamente. Al contrario il tema green deve diventare sempre di più “il” modo di fare business perchè dobbiamo imparare a trattare bene questo pianeta che non può più reggere certi nostri comportamenti. Ciascuno di noi deve fare la propria parte per renderlo più vivibile e salvarlo a vantaggio delle generazioni futu-re. Fino a pochi anni fa un’azienda multinazionale come Philips

era vista come “il problema” perchè produceva troppo e quindi inquinava e consumava. Oggi invece siamo diventati anche parte della “soluzione” perchè rispettiamo di più l’ambiente e off riamo alla società strumenti per migliorare la qualità di vita con un im-patto sociale inferiore.

Qual è la risposta del consumatore di fronte al tema “green”?Complessivamente è positiva. Diverse ricerche hanno dimostrato che esiste una buona risposta rispetto a questi temi, ma c’è un aspetto da considerare: l’aff ermazione delle attenzioni verso la so-stenibilità ambientale è sicuramente elevata ma c’è un salto quan-do si parla di comportamenti di acquisto nel senso che solo il 15% eff ettivamente sceglie i prodotti “green”; l’80% circa vive ancora questa tematica nella sfera degli atteggiamenti più che in quella dei comportamenti. Questo ci fa capire che ci vuole ancora un grande sforzo educati-vo. Noi italiani siamo poco “sociali” e facciamo poco sistema pa-ese e l’impegno di Philips è quindi quello di rendere più esplicite certe intenzioni attivando un continuo dialogo, anche online, con gli interlocutori della catena del valore per cambiare davvero le

Sergio Tonfi, Corporate Communication Manager di Philips Italia,

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cose. Stiamo ad esempio lavorando al progetto “Cit-tà più vivibili”, un piano che incentiva l’ideazione di un programma d’azione per rendere le città più bel-le, illuminate meglio e con un maggiore risparmio energetico per la comunità. Discutiamo con tutti gli attori in campo (in primis con i responsabili urbani e ambientali delle nostre belle città) per far capire che cambiando le luci dell’illuminazione stradale con i Led si può risparmiare fi no al 50% del consu-mo energetico e si può rendere la città davvero più bella. Ci siamo riusciti a Firenze e stiamo lavorando per Roma, dove il sindaco Alemanno si è dato un target davvero ambizioso in questo senso.

Come è cambiato il modo di fare marketing con questa nuova componente green?Abbiamo scelto di semplifi care il linguaggio e l’ap-proccio con il consumatore passando attraverso la nostra promessa di brand, “Sense and Simplicity” che signifi ca anche cercare di essere più rispettosi delle persone e del mondo in cui operiamo metten-do in atto una comunicazione chiara, semplice e tra-sparente guidata da queste due parole chiave. Non vogliamo essere aggressivi ma cercare di portare un contenuto più signifi cativo e rilevante per la gente

grazie alle nostre soluzioni tecnologiche, raff orzan-do il contatto diretto con le persone soprattutto at-traverso le fantastiche opportunità off erte dal web.

Più web nella vostra comunicazione quindi?Esatto. Abbiamo ridotto i canali cosiddetti classici quali tv, radio e giornali per privilegiare il web. La televisione non crea dibattito, neanche se è ancora rilevante in fase di conoscenza delle novità di pro-dotto. Volendo dedicarci più ad una fase educativa mirata abbiamo bisogno di un canale, quale il web, in grado di rivolgersi a determinati target, mandan-do segnali specifi ci che possano provocare le azioni e reazioni desiderate.

La natura non fa nulla invano.Aristotele

www.philips.it

Per aff rontare il tema “green” occorre immergersi in una cultura aziendale in cui la tematica non è appannaggio di una funzione singola, ma un modo di essere e fare le cose che pervade tutta l’organizzazione. Quando si parla di Green Marketing si parla di organizzazione del business e del product creation process intorno al principio dell’effi cienza energetica

Green Marketing

Perchè il green marketing può essere considerato strategico per un’im-presa?Perchè va a “stressare” le caratteristiche specifi che dei prodotti cosiddetti “green” e crea un alone di positività intorno a ciò che l’azienda si propone di fare sul mercato. Caratteristiche che, come ho già detto, non vengono “vestite” dopo che un prodotto è nato, ma che nascono con il prodotto stesso: la scelta dei suoi materiali, il tipo di packaging utilizzato e le sue dimensioni, l’eff ettivo risparmio energetico ottenuto con il loro utilizzo, le possibilità di riciclaggio a fi ne vita….

Sul campo della sostenibilità come sta andando il confronto tra Italia e resto del mondo?I paesi nordici, quali Olanda e Paesi Scandinavi, sono sicuramente più avanti perchè c’è una maggior predisposizione e disponibilità, anche di tipo culturale e sociale. Noi, come spesso accade, abbiamo un piccolo ri-tardo motivato proprio dalle nostre specifi che caratteristiche come popolo più attento all’individualismo che alle cause collettive. Ma sono fi ducioso perchè adesso il trend di atteggiamento positivo verso i temi “green” è in forte crescita.

Come siete strutturati sul piano del green marketing?A livello centrale è stato creato un Sostenibility Board che riunisce i capi di tutti i settori di business ed è guidato direttamente dal presidente di Philips. C’è poi una parte più operativa che si occupa, ad esempio, della redazione del bilancio sociale e che è seguita da un uffi cio apposito. A livello italiano abbiamo creato un Sostenibily Board locale, di cui sono responsabile, e che coinvolge anche il direttore Risorse Umane, il responsabile della Qualità e la Presidenza di Philips Italia. Ogni anno viene defi nito un budget ad hoc che in base alle guidelines internazionali viene dedicato alle attività sele-zionate dal Board o suggerite direttamente dai nostri colleghi. |

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Sara Baroni, presidente di Oxigenio società innovatrice nella consulenza strategica

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Sara Baroni, esperta riconosciuta nell’applicazione della Teoria dei Vincoli in tutti gli ambiti

dell’organizzazione aziendale, ci parla del valore della consulenza oggi e di come guidare l’imprenditore

verso la riscoperta del Dna della propria azienda testo di Laura Di Teodoro

fotografi e di Vincenzo Lombardi

Lady Economy

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L’ Oceano blu della consulenza

Un ingegnere meccanico con nel Dna la passione per il marketing strategico e per il project management. Una passione diventata il suo lavoro e il punto di partenza di un progetto di consulenza innovativo focalizzato interamente sull’attenzione alle persone e sulla loro abilità di controllare situazioni più o meno complesse. Sara Baroni, presidente di Oxigenio società innovatrice nella consulenza strategica ha aperto nel bresciano Offi cinaStrategia, un luogo diventato punto di incontro tra consulenti e imprenditori dove elaborare strategie per ripensare la propria azienda e riscoprire l’essenza della propria impresa.

Sara Baroni, un ingegnere meccanico che ha fatto diventare la sua passione per il marketing e la strategia d’impresa il suo lavoro. Qual è stato il suo percorso professionale? Mi sono laureata in ingegneria meccanica a Brescia nel 1999. Di fatto sarei spe-cializzata nella direzione di produzione ma già ai tempi mi appassionai ad altro; parallelamente alla laurea infatti ho iniziato a lavorare in una società di consulenza a Milano che portò in Italia un particolare modello di gestione d’impresa, la Teoria dei Vincoli, argomento anche della mia tesi. Poco tempo dopo mi sono trasferita in Brasile per motivi personali, ma senza abbandonare quella nuova passione. Al contrario cercai di coltivarla prendendo contatto con le società che anche lì aveva-no adottato quel particolare modello di fare impresa. È stata di fatto un’esperienza interessante perchè ho avuto modo di vedere l’applicazione della Teoria in diverse multinazionali e imprese. Tornata in Italia, sull’onda di quell’entusiasmo, nel 2003 ho fondato Oxigenio in-sieme a Marco Gaff orini, con l’obiettivo di guidare la crescita delle piccole e medie imprese proprio attraverso l’adozione di un modello ispirato alla Teoria dei Vin-coli, sebbene ripensato per la piccola e media impresa tipica italiana. Da subito la scelta strategica è stata di off rire interventi di livello direzionale, puntando sulla competenza in ambito di modelli organizzativi, strategia e metodo. Questo mi ha permesso di arrivare ad un punto in cui poter dire la mia in ambito di marketing strategico, ambito apparentemente lontano dalla produzione, anche se poi ne è molto vicino quando fatto bene.

Dal 2003 al 2009 ho guidato diversi interventi di riorganizzazione aziendale, con particolare enfasi sulla pianifi cazione e controllo (attività fonda-mentale specialmente in aziende con produzione su commessa) e il marketing. In questo ambito la lettura di un libro, Strategia Oceano Blu, è stata illuminante e ha portato alla creazione di un in-tervento molto richiesto dalle aziende che prevede l’utilizzo del metodo rigoroso e pratico della Teo-ria dei Vincoli per seguire la fi losofi a di Oceano Blu, appunto. Nel 2009, complice la crisi che dava chiari segnali sulla necessità di ripensare il mer-cato della consulenza direzionale, ho deciso di applicare alla mia società il modello di marketing strategico che vendevo alle aziende.

Come vi siete “adeguati” a questi cambiamenti?Ci siamo detti che dovevamo diff erenziarci, so-prattutto in un mercato come quello della consu-lenza dove la concorrenza è tanta e i clienti hanno pochi strumenti in mano per capire come orien-tarsi e distinguere il valore dell’off erta. Ripartendo dal nostro stesso Dna di esperti di sistemi organizzativi e di metodo, e con l’obietti-vo di semplifi care l’off erta, è nata Offi cinaStrate-gia, un luogo pensato per aiutare imprenditori e manager in quell’attività di strategia che è tanto importante quanto trascurata da molti a causa dell’operatività quotidiana. Non è un centro di formazione, di quelli ce ne sono anche troppi e lavorano molto male.

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Quali sono i principali dubbi e problema-tiche che spingono gli imprenditori verso la necessità di una consulenza e con quali certezze escono dalla vostra porta? Le problematiche sono per lo più legate alla scelta di una direzione da prendere in questo mercato così rapido e a progetti di cambia-mento e ristrutturazione da mettere in atto. Lavoriamo molto sul marketing e sulla stra-tegia di comunicazione d’impresa: su questo ultimo aspetto ritengo sia importante lavo-rare molto sul Dna dell’impresa, riscoprirlo e valorizzarlo perchè è l’unica caratteristica che può diff erenziare l’azienda sul mercato. Spesso infatti, in molte aziende, a causa per esempio di passaggi generazionali, fusioni o acquisizioni, si perde quello spirito e quel-la focalizzazione che contraddistinguono l’inizio di un’impresa e ne determinano il successo. L’imprenditore deve lavorare mol-to sul proprio modello organizzativo, su ciò che è percepito di valore dal mercato per ar-rivare a valorizzare di più il proprio Dna e creare un messaggio chiaro da trasmettere.

Qual è l’aspetto che più l’appassiona di questo lavoro?Quello di condividere il momento in cui si

fa strategia con l’imprenditore e gui-darlo nel vedere la propria realtà da punti di vista diversi. Faccio le giuste domande e lo porto a ragionare sulle diverse strade da intraprendere per poi scegliere quella giusta. Parlan-do di Dna, forse Offi cinaStrategia è proprio questo, la mia essenza, quel giusto mix di marketing strategico e project management che tanto mi ap-passionano.

Quali sono le maggiori criticità che registra nel contesto che la circon-da? Sono soprattutto gli aspetti legati alle vendite. Tutti hanno problemi com-merciali. Le possibili soluzioni? Un problema di mercato non va cercato esclusivamente nell’area commerciale; bisogna invece ripensare l’intero siste-ma e non fermarsi ai corsi di autosti-ma dei venditori o di formazione. La crisi ha cambiato il mercato e bisogna prenderne consapevolezza altrimenti si resta dove si è. Questo è il momento giusto per fare il punto della situazio-ne e mettere in atto nuove strategie.

Teoria dei vincoliTeoria dei Vincoli oggi è una risposta alla resistenza che tutte le persone mo-strano di fronte al cambiamento. Mag-giore è il cambiamento, maggiore sarà la resistenza. Nasce con l’intuizione del fisico israeliano Eliyahu Goldratt in ambito industriale alla fine degli anni 70 e qui, oggi, riesce a portare valore con un approccio alla gestione d’impresa completo e focalizzato sui pochi fatto-ri responsabili del risultato economico finale. Il modello organizzativo si basa sull’idea che l’impresa è un sistema di processi, le cui interdipendenze ne rego-lano il funzionamento. La prestazione complessiva dell’impresa è determinata da un numero limitato di fattori - de-finiti vincoli - utilizzati come leva per il controllo e la crescita. Esiste sem-pre un vincolo che limita la capacità di conseguire migliori risultati; se così non fosse la performance del sistema sarebbe infinita e così il suo profitto. In quest’ottica per migliorare la perfor-mance di un’organizzazione è necessario gestire il suo vincolo. I vincoli determi-neranno l’output del sistema sia che essi siano conosciuti e gestiti, sia che non lo siano. Tuttavia, soltanto nel primo caso diventano una buona opportunità, una leva reale per il business. Gestire il vin-colo significa controllare la velocità con cui l’intero sistema genera valore.

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Cosa serve oggi soprattutto alle Piccole e Medie imprese?Serve una progettualità che oggi manca: la capacità di defi nire obiettivi e perseguirli con piani di azioni semplici ma defi niti. Proprio in questo conte-sto stiamo partendo con un progetto, chiamato PMIxPMI in collaborazione con il Project Management Institute, con l’obiettivo di fornire le linee guida di un modello gestionale di valore che oggi esistono solo per le grandi azien-de. L’idea è quella di pensare ad un modello ispirato ai principi del project management per le piccole e medie imprese. Il progetto partirà da Brescia: al momento è stato costituito un “gruppo di lavoro ristretto”, formato da 8 im-prenditori e 4 project manager, che, con incontri a cadenza bimestrale, avrà il compito di delineare le linee guida di questo modello. Il lavoro del “gruppo ri-stretto” verrà condiviso in tavoli di lavoro semestrali ai quali saranno invitati tutti gli imprenditori che hanno aderito al progetto, dando lo spazio a nuove eventuali adesioni e pensato per la piccola e media impresa.

Una donna consulente di piccole e grandi aziende. Come è riuscita ad ab-battere il muro di diffi denza e “maschilismo” di certi ambienti?La laurea in ingegneria meccanica mi ha aiutata molto come biglietto da visi-ta. Per tanti imprenditori il fatto di essere ingegnere è sinonimo di autorevo-lezza e competenza nonostante con loro io parli di marketing. Probabilmente se fossi stata psicologa certe porte non si sarebbero aperte.Devo anche aggiungere che, in eff etti, io non ho mai sentito una discrimina-zione per il mio essere donna.

Qual è il valore della consulenza oggi?La consulenza deve saper off rire un metodo, nel senso che oggi più che mai le aziende necessitano di un nuovo approccio che garantisca una certa rapidità e autonomia. I problemi, anche per imprese di settori diversi, alla fi ne sono gli

Lady Economy

Strategia oceano blu La Strategia Oceano Blu è la teoria secondo la quale i mercati in cui operano le imprese di qual-siasi tipo sono metaforicamente visti come due oceani paralleli di colore diverso, uno rosso ed uno blu, a seconda del modo in cui si decide di operare sul mercato stesso. L’oceano rosso è un mercato ipotetico in cui i manager delle imprese si sono focalizzati da tempo, che comprende tutti i settori esistenti, dove vige una continua lotta tra competitors per aggiudicarsi una maggiore fetta di domanda all’interno dello stesso set-tore e dove c’è completa assenza di innovazione. In questo tipo di mercato le imprese devono ac-contentarsi di bassi margini di profitto, perché l’approccio strategico è quello tradizionale, basato sulla sconfitta della concorrenza. Vice-versa, un oceano blu è caratterizzato da innova-zione. Le nuove idee sono sviluppate attraverso mosse strategiche, cioè da un insieme di azioni e decisioni manageriali che portano alla nascita di nuovi prodotti e servizi che, a loro volta, fan-no nascere nuovi mercati. Ma come si passa da un oceano rosso a quello blu? Anche se può sembrare difficilissimo abbandonare le logiche tradizio-nali e studiare nuove strategie, la svolta non è nell’idea geniale che sbaraglierà la concorren-za, ma è dare un valore innovativo a qualcosa che già esiste, interpretandolo in forma diversa. Si tratta di creare “innovazione di valore”: cambia-re l’approccio mentale e superare così i confini tradizionali del proprio settore di riferimento per esplorare nuovi territori, guardando so-prattutto ai non-clienti e creando nuovi spazi mercato incontaminati.

Nulla costa meno alla passione del mettersi al di sopra della ragione: il suo grande trionfo è di avere la meglio sull’interesse.Jean De La Bruyère

www.oxigenio.it

“ L’imprenditore deve lavorare molto sul proprio modello organizzativo, su ciò che è

percepito di valore dal mercato per arrivare a valorizzare di

più il proprio DNA e creare un messaggio chiaro da trasmettere”

stessi e per lo più legati alle persone e al modo di lavo-rare. Ciò che fa la diff erenza è il metodo e la capacità di capire cosa si sta facendo, dove si vuole arrivare e perse-guire quella strada.

Quale sogno nel cassetto vorrebbe veder concretizzato? Si tratta di un sogno mai dichiarato ma a cui tengo par-ticolarmente. Oggi lavoro con gli imprenditori e con i manager delle aziende. Se ci fossero le condizioni eco-nomiche mi piacerebbe aprire Offi cinaStrategia anche a chi non è ancora imprenditore, a chi ha un progetto e vorrebbe realizzarlo e gli manca solo quella motivazio-ne in più, oltre alla capacità di valutare la fattibilità di un’idea imprenditoriale.

Lei ha scritto un libro dal titolo”Quando l’imprendi-tore non si diverte più”. In un contesto critico quale quello odierno come fare? Riscoprire le proprie passioni e ritornare al proprio Dna. Se le cose si fanno con passione, si fanno bene. Spesso i progetti falliscono perchè non si hanno chiari gli obiet-tivi, e gli obiettivi sono chiari quando c’è passione. |

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Gianluca Rusconi presenta la rivoluzionaria maison di distribuzione di gioielli e orologi che punta su qualità, innovazione e internazionalizzazione per presentare al mercato oggetti unici con i marchi Hera, Gebrüder Schaffrath e Noon. Le sfi de nel mercato italiano, in Europa e negli Usa

l’alta gioielleria diventa hi-tech

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Qualità, innovazione e internazio-nalizzazione. Sono le parole d’ordi-ne di una nuova realtà nel mondo della gioielleria italiana che nasce nel cuore della Brianza per allarga-re i suoi orizzonti non solo a livel-lo nazionale, ma anche in Europa e negli Stati Uniti. Da questa terra fatta di operosità, di cultura dell’in-

dustria, di forte vocazione al design, ha mosso i suoi primi passi nel 2007 la Rusconi, maison di distruzione di gioielli e orologi che ha il nome e il volto di Gianluca Rusconi, enfant prodige di una famiglia che ha ra-dici nel mondo dei preziosi fi n dal 1924, quando sorse la gioielleria Fa-sana nel cuore di Cantù.

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RusconiInnovazione

un esemplare della linea ophera con una particolare tecnologia brevettata che consente a un anello di dilatarsi fino a diventare bracciale

OpheraGioielli in oro caratteriz-zati da uno straordinario meccanismo brevettato che consente di modificare la forma di questi preziosi og-getti. Addirittura è possibi-le trasformare un anello in braccialetto o adattarlo a qualsiasi misura del dito. I gioielli (anelli, orecchini, collier) sono in Oro Bianco o Rosa e possono essere al-ternati con diamanti bian-chi, neri e brown: tutte pie-tre selezionate e fornite da primari distributori e con un elevato standard quali-tativo. I modelli disponibili sono diversi a seconda del tipo di gioiello e per ogni tipologia ci sono differenti versioni. Ophera è frutto di studi d’ingegneria appli-cata all’alta gioielleria, può arrivare addirittura a contare ben 2750 saldature laser, con incassatura e fi-nitura a mano.

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gianluca rusconi

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Storie d’eccellenza

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VheraAnelli, Fedine, Fedi composte da due corpi distinti. Gra-zie a un particolare meccanismo brevettato, sono uniti in un‘unica struttura su due livelli che ruotano facen-do apparire o scomparire la fascia sottostante. Questo consente un duplice utilizzo con la possibilità di esse-re indossati in due versioni e di essere completamente personalizzati con diamanti, pietre preziose e dediche. Gli anelli sono disponibili in Oro Bianco, Giallo o Rosa, tutti alternati a seconda della richiesta e personaliz-zati con diamanti e pietre preziose. Sono disponibili in 4 differenti modelli che si distinguono per forma, dimen-sione e peso. Questi gioielli di alta manifattura hanno un elevato standard qualitativo, una tecnologia avan-zata e sono 100% Made in Italy.

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E’ lui che ci racconta la rapida escalation di questo progetto che in pochi anni ha saputo costruire solide basi per presentarsi con successo a “Ba-selworld 2010”, la più importante manifestazione mondiale dedicata a orologi e gioielli, dove ha ottenuto la sua prima consacrazione nel gotha del lusso internazionale. L’idea della casa distributrice comasca è quella di presentare un nuovo concetto di lusso, basato sull’unicità, sull’inno-vazione, anche grazie all’impiego delle più moderne tecnologie. Ne sono conferma i tre marchi distribuiti e che hanno caratteristiche comuni tra loro pur avendo concept e tipologie completamente diverse.

Il primo marchio è Hera: “Si tratta di un brand che racchiude gioielli straordinari – spiega Gianluca Rusconi – che nascono dalla tradizione orafa Made in Italy e che si distinguono per la forte vocazione innovativa sul fronte del design, della tecnologia e delle materie prime impiegate sulla base di produzioni brevettate”. I gioielli Hera hanno due principali collezioni: “C’è Vhera – continua Rusconi – che è una linea dedicata agli anelli e alle fedi nuziali con un meccanismo a scomparsa che rende uni-co e misterioso questo straordinario tipo di gioiello. E poi c’è Ophera che è una linea ad alto fattore tecnologico, con un’impronta ingegneristica che consente la totale trasformazione di questi preziosi, ad esempio, un anello può diventare un bracciale”.

in alto: un esemplare della linea Vhera del marchio Heraqui sopra: un esemplare della linea Libertè del marchio Gebrüder Schaffrath

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Dalla tradizione orafa italiana all’alta manifattura tedesca. Rusconi conferma la sua forte vocazione all’internazionalizzazione pescando in Germania un’altra linea di gioielli fuori dal comune con il marchio Gebrüder Schaff rath: “Quando ho cono-sciuto per la prima volta questa manifattura – ha raccontato Gianluca Rusconi – ho subito capito che mi trovavo di fronte a qualcosa di ecceziona-le. Abbiamo tempestivamente messo a punto un progetto di distribuzione in esclusiva per l’Italia, in particolare per la linea “Liberté” che presenta dei gioielli dove i diamanti non sono incastonati ma hanno la possibilità di oscillare “liberamente” con giochi di luce emozionanti. Per la prima volta il diamante è visibile in tutta la sua completezza”.

Ma la Rusconi non si muove soltanto nell’ambito dei gioielli, ma in tutto ciò che può rappresentare innovazione nel mondo della gioielleria. Da que-sta prospettiva è arrivata la conquista della distri-buzione, sempre in esclusiva per l’Italia, del mar-chio Noon. “Sono orologi prodotti da una giovane casa danese - continua Gianluca Rusconi - e sono commercializzati in una fascia di prezzo tra i 50 e i 200 euro. Hanno un particolarissimo quadrante brevettato che li rende molto accattivanti. Questi orologi avranno una prima fase test di distribu-zione a partire da settembre e il grande lancio sul mercato consumer in primavera 2011. E’ un pro-dotto interessante anche nell’ambito B2B per la re-galistica aziendale e le personalizzazioni dedicate al mondo delle società sportive”.

Insomma ci sono tanti progetti in cantiere per questa realtà che sta crescendo in un momento molto delicato per il settore del lusso. Alla base c’è una strategia ben precisa. “Dobbiamo partire dalla qualità, da oggetti davvero distintivi in un mercato ultra aff ollato di proposte - ha voluto evidenziare il giovane imprenditore comasco - tenendo conto del fattore innovativo e della con-notazione hi-tech”. Ma alla base di tutto c’è una fi losofi a precisa: “Oggi sentiamo continuamen-te parlare di lusso - precisa Rusconi - ma il vero lusso è la capacità di ciascuno di noi di scegliere consapevolmente, di identifi carci per quello che siamo non per quello che indossiamo, per le cose che abbiamo. Il lusso non è il possesso di qualco-sa che costa moltissimo, ma è il gusto di scegliere ciò che è davvero unico, non necessariamente di grande valore economico. Il lusso come lo inten-do io è scegliere ciò che ci rappresenta, non essere rappresentati da ciò che si è scelto”. |

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Storie d’eccellenza

Il lusso è un’esigenza che comincia dove la necessità finisce.Coco Chanel

www.rusconisrl.comwww.heragioielli.comwww.nooncopenhagen.comwww.gebrueder-schaffrath.de

“Oggi sentiamo continuamente parlare di lusso ma il vero lusso è la capacità di ciascuno di noi di scegliere consapevolmente, di identifi carci per quello che siamo non per quello che indossiamo, per le cose che abbiamo. Il lusso non è il possesso di qualcosa che costa moltissimo, ma è il gusto di scegliere ciò che è davvero unico, non necessariamente di grande valore economico. Il lusso come lo intendo io è scegliere ciò che ci rappresenta, non essere rappresentati da ciò che si è scelto”

qui sopra: un altro esemplare della linea Libertè del marchio Gebrüder Schaffratha fianco: alcuni modelli degli orologi noon

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Claudio Dubbini, ingegnere chimico e imprenditore

Costruirecon qualità

Una carriera professionale costruita sul fi l rouge della qualità. Claudio Dubbini, in-gegnere chimico e imprenditore bergama-sco, è passato dalla consulenza aziendale all’attività edilizia dove continua ad ap-plicare quegli stessi principi per il miglio-ramento dei processi produttivi imparati e fatti suoi negli anni della consulenza. Oggi Dubbini è diventato un vero e pro-prio imprenditore edile, passando dalle ristrutturazioni di edifi ci storici e privati tra Venezia e Bergamo a veri e propri inve-stimenti nel settore tra cui, l’ultimo e più importante, la realizzazione di un resort in Umbria, a San Faustino (a Pietralun-ga, in provincia di Perugia), ricavato da un’antica abbazia del 1200 (Abbazia di San Faustino) e operativo da poco meno di un anno.

Claudio Dubbini, ci può ricostruire la sua carriera professionale?Mi sono laureato in ingegneria chimica e per sette anni ho lavorato nella consu-lenza aziendale per una società di Milano. Qui ho iniziato ad occuparmi di qualità totale applicata alle imprese quindi par-tecipazione, miglioramento dei processi produttivi, analisi di dati e tecniche sta-tistiche applicate agli organi di processo. Dodici anni fa, circa, un amico mi coin-volse in una ristrutturazione a Venezia e da lì è nata la passione per l’edilizia, diven-tata con gli anni la mia occupazione prin-cipale; ho aperto la mia azienda e ho intra-preso la mia nuova avventura. Anche qui, come nella società di consulenza per cui lavoravo, ho tentato di portare il concetto

di qualità di servizio e di prodotto. E oggi più che mai i sistemi di qualità sono ele-menti portanti per il settore e diventano l’unico elemento di diff erenziazione in un mercato complesso e in grave diffi coltà.

E’ partito da Venezia quindi. Passione per le costruzioni d’epoca?Si, molta. Inoltre ho iniziato negli anni in cui, soprattutto a Venezia, c’era il boom del settore. Mi piace scoprire cose anti-che e rimetterle a nuovo senza perdere comunque l’impronta passata. L’ultimo investimento ne è la prova.

Il San Faustino Resort?Esatto. Si tratta di un antico monastero, a seicento metri di quota, a San Faustino, in Umbria. L’ho conosciuto via internet e per curiosità, durante un viaggio di lavoro, mi sono fermato da quelle parti e l’ho visto. Era il 2005. Diciamo che è stato amore a prima vista per la sua meravigliosa collo-cazione: sorta sulle rovine di un insedia-mento romano e di una successiva torre longobarda, l’edifi cazione dell’Abbazia è stata completata dai benedettini nel 1289 e ha mantenuto intatto il suo fascino. Non ho voluto perdere tempo e nel 2006 l’ho acquistata; nel giugno dello stesso anno sono partiti i lavori per la ristruttura-zione che ha mantenuto l’atmosfera di un’architettura medievale, rievocata dalle ceramiche artigianali, dai lumi in ferro battuto, dai tessuti pregiati. Questo pro-getto mi ha impiegato 4 anni tra acquisto e lavori. Devo dire che ne è valsa la pena: tra viaggi continui, ritardi burocratici e il

Dalla consulenza all’edilizia passando per gli investimenti nel turismo. Una carriera ricca per Claudio Dubbini, ingegnere bergamasco con la passione per le antiche costruzioni e per il lavoro di qualità. Nel 2006 ha acquistato un’abbazia in Umbria che ha trasformato in un resort di lusso

testo di Laura Di Teodorofotografi e di Vincenzo Lombardi

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lavoro in sé, oggi le soddisfazioni sono tante. È un luogo senza tempo, bellissimo. Sembra di essere in un altro mondo, immerso nella natura e a contatto con la vita più genuina.

Come sta andando il mercato delle ristrut-turazioni?Non bene, come l’edilizia in generale d’altron-de. In contesti quali Venezia restano comun-que gli unici interventi possibili da fare. Altri sbocchi sono le riqualifi cazioni di vecchie aree industriali. Purtroppo si sta speculando mol-to sul fronte delle nuove costruzioni e questo

ricade sulla qualità di vita, sulla viabilità e sul mercato stesso. Il futuro resta la nuova edili-zia incentrata sul risparmio e sull’effi cienza energetica: case di classe A, sistemi domotici ad alta tecnologia, fotovoltaico, impianti ge-otermici, isolamenti, niente più metano ecc.. Personalmente sto puntando proprio su que-ste cose, su una qualità che alla fi ne premia e che la gente cerca, nonostante i costi siano comunque più alti. Il motivo? Il risparmio per chi acquista queste tipologie di casa è dell’or-dine del 70% all’anno. Inoltre la qualità della costruzione stessa è migliore rispetto a una

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San Faustino resortSorta sulle rovine di un in-sediamento romano e di una successiva torre longobar-da, l’edificazione dell’Abba-zia è stata completata dai benedettini nel 1289. Duran-te la seconda guerra mon-diale, l’Abbazia San Faustino fu sede del quartier genera-le di una brigata partigiana che si opponeva alle forze di occupazione. Immerso nelle dolci colli-ne umbre, il Resort conta complessivamente 16 allog-gi, dotati tutti di moderni comfort; sono arredati con mobili d’epoca, tessuti pre-giati e lampade antiche o in ferro battuto. La chiesa dell’Abbazia, con affreschi del 1500, è divenuta oggi un suggestivo salone che può ospitare meeting ed eventi; il bar nella sacrestia, con volte in pietra, offre la pos-sibilità di degustare e acqui-stare i prodotti della zona. Nel giardino che circonda l’Abbazia, in posizione pano-ramica, troviamo la piscina riscaldata, con solarium.

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li, le innovazioni tecnologie e sul mercato in generale. Chi non riesce a stare al passo con tutto questo è destinato a morire. Consulente, imprenditore edile e da poco anche imprenditore nel settore del turi-smo con il resort in Umbria...Esatto ed è stato il motivo per cui ho intra-preso questa nuova avventura. L’Italia ha delle potenzialità enormi nel turismo, non le manca nulla. Nessun Paese ha quello che abbiamo noi anche se la crisi si è fatta sentire anche qui soprattutto per una que-stione di prezzi. Non è possibile competere con nazioni dove il costo del personale è un decimo rispetto al nostro. Sono costi altis-simi che incidono sull’intero andamento. In alcune zone addirittura si apre solo per

alcuni mesi all’anno nonostante il costo del personale sia veramente alto ed è il costo principale. E in certe zone alla fi ne si apre per una stagione molto breve nonostante le occasioni e le opportunità da cogliere ci sia-no anche negli altri mesi.

Come si sopravvive?Per quanto ci riguarda ci stiamo muovendo molto sul turismo individuale, sui matrimo-ni (tanti gli stranieri che vengono apposta per sposarsi), su convegni, meeting, eventi aziendali ed eventi culturali. Il turismo in-dividuale ormai è diventato un turismo da last second: si decide sempre all’ultimo se-condo quando partire e noi dobbiamo esse-re pronti e accettare questa situazione.

Un altro sogno nel cassetto?Dopo la “fatica” di San Faustino per cui ho dovuto viaggiare molto, vorrei godermi la famiglia e un po’ di tranquillità. |

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Storie imprenditoriali

Gran parte del progresso nella qualità della vita è il risultato dell’opera di individui impegnati a fare ciascuno il proprio dovere con abilità e coscienza. Molte scontentezze personali, nonché tanti difetti dei prodotti e dei servizi, sono la conseguenza del tenere lo sguardo fisso in alto, allo scalino superiore, invece che dritto davanti a sé, al lavoro che si sta facendo. Laurence Peter

www.sanfaustinoresort.com

“Il livello tecnico e soprattutto critico si sono alzati e l’acquirente non si ferma solo all’aspetto estetico ma vuole capire come è costruita la casa. Le imprese devono adeguarsi a questo cambiamento dotandosi di un sistema di qualità che diventa garanzia di un certo servizio”

casa convenzionale: è praticamente scomparso il mattone, sostituito dal cemento armato e da divisori in cartongesso.

Oltre alla crisi economica quali sono gli altri ostacoli che rallentano il setto-re?Sicuramente la burocrazia. Me ne sono reso conto proprio con il progetto in Um-bria: due anni e mezzo per avere la linea telefonica e più di anno e mezzo per avere l’Enel. L’eccesso di burocrazia è il problema dell’Italia, a tutti i livelli. La legisla-zione inoltre è molto complicata e articolata; i regolamenti cambiano di Comune in Comune e non sono sempre facili da comprendere; le leggi si contraddicono e alla fi ne chi ne risente è il tessuto imprenditoriale e quindi l’economia.

In un contesto non facile cosa potrebbe aiutare a rialzarsi, il prima possibile?Rischio di essere ripetitivo ma sicuramente la qualità. Il cliente è diventato molto attento. È bombardato da informazioni, ha la possibilità di conoscere e appro-fondire. Il livello tecnico e soprattutto critico si sono alzati e l’acquirente non si ferma al solo aspetto estetico ma vuole capire come è costruita la casa. Le imprese devono adeguarsi a questo cambiamento dotandosi di un sistema di qualità che diventa garanzia di un certo servizio. I tempi sono mutati: non è più suffi ciente il bravo muratore, è necessario invece l’aggiornamento continuo sui nuovi materia-

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La capacità di fare squadra, di guardare sempre al di là dell’orizzonte, di trasformare la competitività in una sfi da innovativa, di pensare in modo “diverso”. Sono questi gli elementi cardine di un processo che ha portato Log-In Group a diventare tra le realtà leader nel mercato della logistica fi no a trasformare l’azienda in un vero e proprio provider di soluzioni al servizio delle imprese. Oggi il Gruppo di Segrate è punto di riferimento non soltanto nel mondo degli operatori logistici ma ha saputo evolversi per off rire ai propri clienti e al mercato B2B una molteplicità di servizi a valore aggiunto grazie al know-how interno e all’apporto di partner stra-tegici: dalla consulenza del lavoro e fi scale fi no alla consulenza per la sicu-rezza, dall’offi ce automation alla formazione, dalle attività real estate agli autotrasporti. La fi losofi a di Log-In Group è semplice: un unico partner per soddisfare tutti i bisogni dell’impresa. Abbiamo chiesto al presidente Antonio D’Iglio di spiegarci come è nato e come si evoluto negli anni il business di questa interessante realtà.

Dalla logisticaalla consulenza specializzata:

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Come nasce l’idea di dar vita a Log-In Group?Nasce dalla volontà di due giovani imprenditori, io e l’amico Massimo Tarantino, cresciuti nel mondo della logistica fi n da bambini visto che le nostre fa-miglie già si occupavano di movimentazione delle merci. E’ un elemento importante, perché nel no-stro modo di fare logistica con i rispettivi servizi integrati, abbiamo sempre messo a frutto questa esperienza maturata sul campo. Per capire e risol-vere concretamente tutte le problematiche riguar-danti la movimentazione merci, la gestione logisti-ca e del personale non ci si può basare solo sulla teoria e noi abbiamo potuto fare affi damento anche su quello che avevamo imparato in prima linea fi n da piccoli.

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Logistica e dintorni

di Log-In Groupla strategia multitasking

Antonio D’Iglio, presidente del Gruppo di Segrate, spiega le strategie di un’azienda sulla cresta dell’onda, capace di evolversi non solo per offrire soluzioni innovative nella gestione logistica, ma anche nei servizi a 360 gradi dedicati alle imprese. La fi losofi a di “pensare diverso” alla base della crescita anche in momenti di crisi, puntando anche sulle nuove tecnologie

fotografi e di Leonardo Grassi

Antonio D’Iglio, presidente di Log-In Group di Segrate

Il “motto” del Gruppo è “pensare diverso”. Cosa signifi ca esattamente?Signifi ca non accontentarsi mai, cercare sempre la soluzione più innovativa, porsi con spirito creativo e costruttivo nei confronti del cliente, affi darsi alle nuove tecnologie per ottimizzare e migliorare i processi, fare delle risorse umane un valore aggiunto. Pensare “diverso” è fondamentale per essere com-petitivi e guadagnarsi la fi ducia del cliente, per essere oggi in costante crescita nelle zone strategiche del territorio italiano puntando sulla specializzazione e la diversifi cazione dei nostri servizi.

Diffi cile in un momento di crisi come questo...Prevediamo di incrementare il nostro fatturato dai 20 milioni del 2009 a 35 nel 2010. La crisi è servita a evidenziare la nostra capacità di essere diff erenti dagli altri. Lavoriamo sulla qualità, mettiamo in campo persone decise, che non si spaventano nel fare delle scelte e siamo pronti a investire per soddisfare al meglio le esigenze del cliente.

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Pensare “diverso” signifi ca non accontentarsi mai, cercare sempre la soluzione più innovativa, porsi con spirito creativo e costruttivo nei confronti del cliente, affi darsi alle nuove tecnologie per ottimizzare e migliorare i processi, fare delle risorse umane un valore aggiunto

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Tra questi investimenti ci sono le nuove tecnologie applicate alla logistica...E’ uno dei nostri punti di forza. Ad esempio la tecnolo-gia RFID, che consente di utilizzare la radiofrequenza con tag identifi cativi per la gestione logistica tramite apparecchiature palmari o voice. Per ottimizzare tempi e risorse, ormai è necessario puntare sull’innovazione dei processi grazie a stru-menti hi-tech di ultima generazione.

E poi ci sono gli investimenti strutturali, come ad esempio quelli che Log-In Group sta operando in Sardegna...In Sardegna possiamo contare su oltre 10 anni di pre-senza consolidata. Il nostro gruppo detiene, ormai, gran parte delle quote di mercato nel settore della lo-gistica legata alla GDO. Stiamo lavorando all’idea di creare un polo della logistica di circa 100mila metri quadrati che possa centralizzare tutte le attività lo-gistiche del territorio sardo. Un progetto che stiamo pensando per i nostri migliori clienti, in modo che possano ottimizzare le loro attuali strutture di magaz-zino usufruendo di un servizio in outsourcing attra-verso noi.

Però Log-In Group non è solo logistica...Questo fa parte del nostro modo di pensare “diverso”. Da alcuni anni ci siamo strutturati per off rire ai nostri clienti una fi tta rete di servizi che possano risolvere a 360 gradi le esigenze delle imprese. Ci siamo circondati di partner affi dabili e professionisti di primo livello in grado di rispondere adeguatamente a tutta una serie di richieste dei nostri clienti. In questo modo un’azienda non ha più bisogno di mettersi alla fi nestra per cercare specifi che soluzioni, ma può tranquillamente affi darsi a noi sulla base di un rapporto di fi ducia costruito nel tempo.

Quali novità sono in programma nell’immediato fu-turo?Ci stiamo concentrando molto su tutti gli aspetti del-

Logistica e dintorni

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Non preoccuparti della critica. Se non è vera, ignorala; se è ingiusta, evita di irritarti; se è ignorante, sorridi; se è giustificata, impara da essa.Anonimo

www.logingroup.it

da sinistra: Massimo Esposito e Antonio d’Igliorispettivamente vice presidente e presidente di Log-In Group

Da alcuni anni ci siamo strutturati per off rire ai nostri clienti una fi tta rete di servizi che possano risolvere a 360 gradi le esigenze delle imprese. Ci siamo circondati di partner affi dabili e professionisti di primo livello in grado di rispondere adeguatamente a tutta una serie di richieste dei nostri clienti

la consulenza per la sicurezza ed elaborazione dati per le imprese: contabilità, paghe, ecc. E poi stiamo lavorando sempre di più sulle nuove tecnologie per creare un sistema di magazzino completa-mente automatizzato. Insomma, non ci fermiamo mai. |

Log-In GroupLa presenza sul territorio italiano

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hanno un eff etto diverso se non sono mantenuti e curati adeguatamente. Le location di livello si presentano in otti-me condizioni e rispettano lo stile originale. Eventualmente, l’aggiunta di nuove tecnologie può off rire ulteriori comfort all’organizzazione di un evento o di una vacanza esclusiva, sempre in armonia con l’ambiente circostante. A questo cri-terio di valutazione sono sottoposti sia gli interni e gli ester-ni della location che gli spazi circostanti come i giardini;Esclusività: un evento di classe richiede la possibilità di ave-4. re una location in esclusiva;

Off erta di servizi per gli eventi: per poter rendere un evento 5. unico ed evitare “contrattempi”, è necessario che determi-nati servizi ci siano e funzionino: il parcheggio, la sicurezza, gli spazi adeguati e correttamente attrezzati, bagni accessi-bili e in numero adeguato, etc. Cura e ordine di tutti gli spazi correlati: l’alta qualità di una 6. location viene riconosciuta anche dalla cura dei piccoli det-tagli, dall’ordine e dalla pulizia;Accessibilità per gli ospiti: il successo di un evento dipende 7.

Quando l’ evento diventasinonimo

Per garantire il successo di un evento nella scelta della location non si può sbagliare, soprattutto quando si parla di prodotti e mar-chi nuovi o poco conosciuti. Il buon esito di un evento infatti può condizionare fi no al 50 per cento l’andamento futuro delle vendite di prodotti. In tali casi, la qualità dell’evento stesso può rappre-sentare un primo e importante biglietto da visita dell’azienda, del prodotto e del marchio. Questo il punto di partenza della ricerca e del progetto portati avanti da ClassVenues prima e unica realtà italiana impegnata nella selezione e nella certifi cazione di location di alto livello che ha stilato un vero e proprio codice con 8 criteri di valutazione. Tra le variabili fondamentali per la riuscita di un evento, la scelta della location risulta essere fondamentale. La richiesta di una sede particolarmente originale e adeguata al tipo di avvenimento da parte del management aziendale è, infatti, una delle più importan-ti, attestandosi al primo posto fra i servizi desiderati.A fronte di tale realtà, ClassVenues ha dotato le location di classe di apposite certifi cazioni di qualità e garanzia, individuando delle vere e proprie “location doc”. Su circa 35mila location di prestigio dislocate sul territorio nazionale, ad oggi ne sono state seleziona-te 2.600 per la certifi cazione Selected By ClassVenues. Di queste, gran parte sono situate nel Veneto, nel Lazio, in Lombardia, in To-scana, nelle più rinomante località di lago e sono per la maggiore Ville d’epoca e Hotel di lusso. Le ville d’epoca, i castelli, i casola-ri, i relais, gli hotel e i ristoranti di alto livello sono classifi cati da ClassVeneus sulla base di un codice di 8 criteri di valutazione che ne stabiliscono le caratteristiche di esclusività, facendone i miglio-ri luoghi in cui organizzare eventi e ricevimenti di vario genere, tra cui anche cerimonie di nozze e vacanze uniche, con l’obiettivo principale di evitare spiacevoli inconvenienti.Questi i punti del codice:

Prestigio riconosciuto nell’area geografi ca: una location di 1. classe si caratterizza per la sua storia, il suo design speciale e la sua eleganza, che la rendono un punto di riferimento nell’area geografi ca;Posizioni esclusive e uniche nel contesto geografi co: tutte le 2. location di prestigio sono situate in posizioni considerate uni-che. Sono al mare, al lago, in campagna, in montagna o in centro città, ma sempre in posizioni ricercate e le migliori del luogo geografi co di riferimento;Ottimo livello di manutenzione: anche gli edifi ci più belli 3.

di successoIl buon esito di un evento può condizionare fi no al 50 per cento l’andamento futuro delle vendite di prodotti. Per riconoscere e certifi care le location “doc”, ClassVenues ha creato un codice di qualità

a cura della redazione

Tra le sedi preferite per l’organizzazione di eventi, al primo posto si posizionano gli hotel di lusso, scelti dal 70% dei manager, poiché off rono tutti i servizi necessari, dimostrando grande fl essibilità nelle soluzioni proposte e professionalità nel supporto dedicato

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Eventi Biz

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liane, che hanno programmato di compiere il grande passo, negli ultimi anni sta, invece, cambiando. Sono alla ricerca di location di classe, ma immerse nella natura e circondate da bei paesaggi. Prediligono, quindi, agriturismo, cascine e casolari di alto livello, senza, però, allontanarsi troppo dalle città che devono restare facilmente raggiungibili. |

Intervista a Matteo Antonelli, responsabile di ClassVenuesL’idea di creare ClassVenues è nata nel 2008. La società ha oggi la sua sede a Brescia. Matteo Antonelli, l’ideatore del progetto, inizia ad analizzare il mercato online legato all’organizzazione di cerimo-nie di nozze e di eventi in Italia e all’estero. Si rende conto che in un mercato mediamente affollato, un settore è scoperto: quello dell’of-ferta e della presentazione di location selezionate di alto livello. Inoltre, i siti di riferimento sono principalmente orientati a singole nazioni senza respiro internazionale, sia in Italia che all’estero. An-tonelli decide, quindi, di sviluppare il progetto ClassVenues, prima ed unica realtà in Italia a rilasciare certificazioni di qualità a location di prestigio, e poco dopo il “Class Venues CODE”, creato con la col-laborazione di un gruppo di Wedding Planner con anni di esperienza. Oggi ClassVenues conta un partner Wedding Planner per provincia su tutto il territorio nazionale. A ottobre del 2009, ClassVenues inizia a rilasciare le prime certificazioni; nel giro di qualche mese le prime 120 location ricevono la targa di “Selected by ClassVenues”.

Parlate di un’incidenza fino al 50% del buon esito di un evento sull’andamento futuro delle vendite di prodotti. Quali caratte-ristiche deve avere questo evento per incidere così pesantemente sul futuro dell’azienda? Le dichiarazioni dei responsabili vendite di molte aziende conferma-no che un venditore o rivenditore che da un evento esce insoddisfat-to, indipendentemente dal prodotto/servizio presentato, potrebbe dubitare dell’affidabilità organizzativa dell’azienda stessa e per que-sto essere meno convinti nell’esporsi sui clienti spingendo le vendite. Questo effetto potrebbe portare a diminuzioni di sell-in rispetto al potenziale massimo dei venditori e rivenditori. Per i responsabili ven-dita il funzionamento di un evento è un prerequisito alla vendita.

Quando un’azienda dovrebbe organizzare un evento in grande stile? Quali le occasioni più appropriate?Per convincere i venditori e rivenditori della qualità dell’azienda e per motivare il proprio personale e creare engagement interno. Com-plessivamente si può spendere da un minimo di 7/8mila euro a un massi-mo di circa 500mila euro.

Come sta andando il mercato su questo fronte?Diciamo che il bilancio è vario: molte location rinomate hanno pre-notazioni per eventi a 2 anni, altre, che sono assolutamente valide, fanno fatica a chiudere i bilanci in positivo. Si affacciano a questo mondo sempre nuove locations aumentando molto l’offerta in un pe-riodo di diminuzione di domanda dovuto alla crisi. Questo permette a chi vuol organizzare un evento di risparmiare, ma allo stesso tem-po aumenta il rischio di insoddisfazione finale. È sempre più difficile, soprattutto selezionando e guardando su Internet, capire il valore di una location. Tutte sembrano dare tutto e al meglio, ma quando i nostri consulenti sul territorio vanno a fondo si capisce veramente chi offre la qualità e ha un approccio al cliente efficiente

Da dove parte l’idea di creare un codice di qualità per location? Dal proliferare di location per eventi, alcune improvvisate e senza espe-rienza, altre con qualche caratteristica di qualità e molte deficienzeDalla sempre maggior preoccupazione di chi sta per organizzare un evento di avere brutte sorprese e dal fatto che sempre più le loca-tion in difficoltà nel loro core business (ristoranti, hotel, casali, B&B, ecc.) si improvvisano location per eventi aumentando il rischio di brutte sorprese per il cliente.

anche dalla raggiungibilità della location; per que-sto collegamenti con nodi autostradali e aeroporti sono fondamentali;Esperienza nell’organizzazione di eventi: tutte le 8. location di qualità sono gestite da esperti in orga-nizzazione eventi e ricevimenti. Una bella location e un’ottima organizzazione risultano essere ele-menti di successo di un evento o di una vacanza esclusiva.

Alle location selezionate viene rilasciato l’attestato di certifi cazione di ClassVenues e sono contattate solo dopo essere state valutate dagli esperti positivamente su tutti gli 8 punti. Tra le sedi preferite per l’organiz-zazione di eventi, al primo posto si posizionano gli ho-tel di lusso, scelti dal 70% dei manager, poiché off rono tutti i servizi necessari, dimostrando grande fl essibilità nelle soluzioni proposte e professionalità nel supporto dedicato.

Per chi invece ha deciso di convolare a nozze, un dato signifi cativo è quello che arriva dall’estero, vale a dire il numero di stranieri che decide di organizzare il pro-prio matrimonio nel BelPaese utilizzando la cornice delle location più esclusive. Sono, infatti, soprattutto inglesi (per l’80%), americani (per il 14%), tedeschi, francesi, russi, australiani e sud africani (per il 6%). Nella scelta della location tra ville d’epoca, castelli, casali, hotel e ristoranti, sono molto attenti alla qua-lità, ai dettagli e a tutti i servizi correlati, al contesto e al paesaggio che fa da contorno alla stessa location. Prediligono luoghi situati in aree rinomate (Lago di Como, Amalfi , Toscana, Lago di Garda, per citarne al-cune) dove sia possibile festeggiare fi no a tarda notte. La tendenza nella scelta delle location per le coppie ita-

L’arte non consiste nel rappresentare cose nuove,bensì nel rappresentare con novità. Ugo Foscolo

www.classvenues.com

Matteo Antonelli, responsabile di ClassVenues

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Mario Salomone, professore di Sociologia dell’ambiente e di Educazione ambientale alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bergamo e rappresentante per l’Italia alla recente sessione annuale della Commissione per lo sviluppo sostenibile all’Onu

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Una formazione “imprenditoriale” e “manageriale” orientata alla cultura della so-stenibilità, un approccio quotidiano proiettato alla qualità di vita e alla concreta ed effi ciente pratica dell’innovazione. Tre strade da percorrere per un obiettivo comune: lo sviluppo sostenibile. Il monito arriva da Mario Salomone, professore di Sociologia dell’ambiente e di Educazione ambientale alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bergamo e rappresentante per l’Italia alla recente sessione annuale della Commissione per lo sviluppo sostenibile all’Onu.

Lei ha partecipato come membro della delegazione del Governo italiano alla ses-sione annuale della Commissione per lo sviluppo sostenibile dell’Onu. Che con-tributo porta l’Italia su questo tema?Il Governo italiano da un lato ha avuto un ruolo di raff orzamento delle posizioni dell’Unione Europea, dall’altro ha portato specifi ci contributi su temi come la mobi-lità alpina, i rifi uti, il settore chimico. Inoltre l’Italia ha un ruolo di primo piano nel tema del consumo e della produzione sostenibili, in qualità di promotrice e coordina-trice di una “Task Force” internazionale sull’educazione al consumo sostenibile che sta lavorando, insieme ad altre task forces guidate da altri paesi, a un piano decennale di azione che sarà approvato l’anno prossimo.

Quali sono gli obiettivi che vi ponete? In generale, l’obiettivo italiano è di dare più peso e più trasversalità dentro il “sistema Onu” alla Commissione sullo Sviluppo Sostenibile e di favorire la riorganizzazio-ne della “governance” delle Nazioni Unite alla luce della sostenibilità. Il ministro Prestigiacomo, ad esempio, si è impegnata per trasformare l’Unep (il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente) da semplice “programma” a “organizzazione”, tipo Unesco, Fao e Oms. Infi ne, l’Italia ha una responsabilità di primo piano nella preparazione della conferenza mondiale sullo sviluppo sostenibile che si terrà nel

Intervista a Mario Salomone, docente all’Ateneo di Bergamo e rappresentante

per l’Italia all’Onu sui temi dello sviluppo sostenibile. Nell’ultima sessione della Commissione si è parlato dell’elaborazione di un insieme

di programmi decennali sui modelli di consumo e produzioni sostenibili

Più coraggioe più culturasostenibile

per lo sviluppo

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Green Ecnomy

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2012 in Brasile e avrà al centro la “Gre-en economy”. Un dirigente del Ministero dell’Ambiente, il dottor Paolo Soprano, che guida anche la Task Force internazio-nale sull’educazione allo sviluppo soste-nibile, è infatti uno dei dieci membri del gruppo di lavoro internazionale incari-cato della preparazione della conferenza.

Cosa può e deve fare l’Italia per lo Svi-luppo Sostenibile?L’Italia ha grandi potenzialità, ha degli ambienti straordinari, ha un passato in-dustriale glorioso ma in parte dilapidato e un eccessivo peso della speculazione e della rendita che porta a una cattiva programmazione dell’uso del territorio. Deve sapere usare la sua grande biodi-versità, le sue risorse di creatività, l’ec-cellenza di luoghi e prodotti per indicare una via di sviluppo basata sulla qualità della vita al primo posto. Dobbiamo tro-vare un modo per misurare il benessere e il progresso in base a una molteplicità di indicatori e non al semplice PIL. Contano anche fattori immateriali come il grado personale di soddisfazione, la co-esione sociale, le relazioni interpersona-li, la fi ducia negli altri, il senso del bene comune, la vita spirituale, le opportunità culturali, ecc.

Nello specifi co cosa può fare il mondo imprenditoriale? Vedo emergere progressivamente imprese innovative e con un elevato grado di re-sponsabilità sociale e ambientale, ma biso-gna fare ancora molto perché questa cul-tura di impresa sia diff usa ad ogni livello e in ogni settore. Il mondo imprenditoriale può formare il suo staff , dai top manager fi no agli impiegati e agli operai, può “edu-care” i fornitori e i clienti e/o i consuma-tori, lavorando a monte e a valle perché in tutte le fi liere si aff ermi un approccio orientato allo sviluppo sostenibile. Deve insomma credere fi no in fondo all’innova-zione e praticarla con decisione: la “green economy” è sia la riorganizzazione dei set-tori tradizionali, sia la creazione di nuove attività e di nuovi posti di lavoro. Un obiet-tivo importante è senz’altro quello di una “ecologia industriale”, ovvero di un siste-ma integrato che progressivamente giunga a funzionare come i cicli della natura: zero emissioni e zero rifi uti. Cominciando con il portare alla luce gli impatti nascosti e con l’analizzare il fl usso di energia e ma-teriali in tutto il ciclo di vita dei beni, ad esempio per costruire sinergie e forme di integrazione tra settori produttivi diversi, in modo che gli scarti di un settore sia usa-ti come materia prima da altri settori.

La commissione per lo sviluppo sostenibile delle nazioni unite La Commissione per lo Sviluppo So-stenibile delle Nazioni Unite (CSD dall’inglese Commission on Sustainable Development) è stata istituita con la Risoluzione A/RES/47/191 del 22 dicem-bre 1992. E’ una Commissione funziona-le del Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC) con il compito di sviluppare la raccomandazione del Capitolo 38 dell’Agenda 21, trattato firmato a Rio de Janeiro nella conferenza dal 3 al 14 giugno 1992. La Commissione è l’unica istituzione dell’ONU che si occupa nel contempo di questioni legate all’eco-nomia, allo sviluppo sociale e all’am-biente. La CSD è composta da 53 Stati membri, secondo una ripartizione ge-ografica. La sessione ordinaria si riu-nisce ogni anno, con la partecipazione dei 53 Ministri di turno e le Organizza-zione Non Governative.In occasione del riesame dell’attuazio-ne dell’Agenda 21, la Commissione ha elaborato il testo del Programma per l’ulteriore attuazione dell’Agenda 21, adottato dalla XIX Sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGASS - giugno 1997).

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Quali sono i principali ostacoli che oggi ci dividono da un eff et-tivo sviluppo nel segno della sostenibilità sociale, economica e ambientale? L’ostacolo maggiore che vedo è di tipo culturale: disinformazione, pi-grizia mentale, visione di corto respiro, incapacità di progettare su tempi lunghi e su vasta scala. Complessivamente, è tutto il sistema Italia che deve fare un salto culturale, in termini di valori, stili di vita, priorità, atteggiamenti e comportamenti. Si parla molto di educare i giovani, ma credo sia urgente educare gli adulti, politici, ammini-stratori, imprenditori, tecnici e i cittadini in genere. Naturalmente, da questa maturazione culturale dovrebbero poi scaturire politiche concrete, sistemi di incentivazione economica coerenti, soluzioni che tengano conto che siamo ormai quasi sette miliardi di abitanti su un pianeta le cui risorse si stanno via via esaurendo e che negli ultimi venti-trenta anni abbiamo sottoposto a una pressione eccessiva. |

E quello accademico?Nell’università c’è una situazione a macchia di leopardo, con forti resistenze di una mentalità accademica legata a vecchi schemi disciplinari. Lo sviluppo sostenibile do-vrebbe entrare come tema trasversale nei curricoli di tutte le facoltà e di tutti i corsi di laurea. Non è, infatti, un tema solo per tecnici e per addetti ai lavori, ma una transizione che riguarda tutti gli ambiti e tutte le professioni.

Che tipi di stili di vita e modelli di consumo sostenibili siamo chiamati a mettere in atto per un mondo più so-stenibile?Nella società si vedono segnali interessanti: ogni giorno si ha notizia di trend “eco” e di nuove iniziative, proliferano gruppi di base e comportamenti “sostenibili”. Mangiare cibo locale e di stagione, ad esempio, è un modo semplice ma molto effi cace per contribuire alla sostenibilità, che fa bene anche alla salute. Usare i mezzi pubblici, andare a piedi o in bicicletta è un altro buon esempio. In generale, bisogna puntare alla qualità e alla durata e non all’usa e getta e allo spreco. L’abbondanza di beni di consumo, per lo più a basso costo, tipico dei paesi più sviluppati avviene a spese dell’ambiente e delle condizioni di vita di miliardi di esseri umani.

Mario SalomoneMario Salomone è professore di Sociologia dell’ambiente e di Educazione ambientale alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bergamo e membro del Col-legio didattico della Scuola di Dottorato in Antropologia ed epistemologia della com-plessità. Dirige dalla sua fondazione (1989) il mensile “.ECO, l’educazione sostenibile” ed è direttore responsabile del semestrale scien-tifico “Culture della sostenibilità”.È membro del Comitato scientifico nazionale italiano Unesco del Decennio delle Nazioni Unite per l’educazione allo sviluppo soste-nibile (2005-2014), del Gruppo di lavoro della Regione Lombardia sull’educazione ambien-tale nei parchi e nelle aree protette e del Consiglio di Amministrazione della Fonda-zione Aurelio Peccei. È, inoltre, segretario generale della rete internazionale di educa-zione ambientale Weec (World Environmen-tal Education Congress) che ogni due anni organizza i congressi mondiali del settore.

Il futuro non è più una scelta tra crescita economica e un pianeta pulito, perché la sopravvivenza dipende da entrambi.Barack Obama

www.unibg.it

“Il “sistema Italia” deve fare un salto culturale, in termini di valori, stili di vita, priorità, atteggiamenti e comportamenti. Si parla molto di educare i giovani,ma credo sia urgente educare gli adulti, politici, amministratori, imprenditori, tecnici e i cittadini in genere”

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Un viaggio alla scoperta delle principali fonti energetiche rinnovabiliche nei prossimi 10 anni avranno una crescita senza paragoni, in modo particolare per l’eolico ed il solare

di Dario Fiorina, Energy Manager ABenergie Rinnovabili

Impianti di produzione di energia

Sono da considerarsi energie rinnovabili quelle forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si ri-generano o non sono “esauribili” nella sca-la dei tempi “umani” e il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le gene-razioni future. Sono dunque generalmente considerate “fonti di energia rinnovabile” il sole, il vento, il mare, il calore della Ter-ra. Le fonti energetiche rinnovabili, (solare termico, fotovoltaico, eolico,..) stanno vi-vendo una stagione di grande sviluppo a livello mondiale, assumendo un peso sem-pre maggiore nella produzione energetica e nelle strategie politiche dei vari governi. Queste fonti energetiche, oltre ad essere inesauribili, sono ad impatto ambientale nullo in quanto non producono né gas ser-ra né scorie inquinanti da smaltire.Negli ultimi anni la quota mondiale per-centuale di energia prodotta tramite queste fonti è molto aumentata; sulla base di que-sto trend le fonti rinnovabili di energia nei prossimi 10 anni avranno una crescita sen-za paragoni, in modo particolare per l’eoli-co ed il solare. In Italia puntare sulle fonti energetiche rinnovabili, ed in particolare

su quella solare, eolica e geotermica, può rappresentare una straordinaria occasione per creare nuova occupazione e ridurre la dipendenza dalle importazioni di greggio, oltre a stimolare la ricerca e l’innovazione tecnologica. Può rappresentare anche una opportunità per ripensare e migliorare la qualità delle nostre città, per rinnovare e recuperare edifi ci che consumano troppa energia, caldi d’estate e freddi d’inverno. La strada da seguire è dunque quella di valorizzare le risorse naturali - sole, vento, acqua, bio-masse e calore del sottosuolo - a seconda delle potenzialità locali. Le principali forme di produzione di ener-gia elettrica da fonte rinnovabile sono:

SOLARE FOTOVOLTAICOE’ la tecnologia che converte direttamente l’irradiazione solare in energia elettrica. I pannelli sono composti da unità di base, le celle fotovoltaiche, che praticamente si comportano come delle minuscole batte-rie in seguito all’irraggiamento solare. Il materiale usato per le celle fotovoltaiche

commerciali è il silicio. Poiché si richiede una sua certa purezza, i prezzi sono tutto-ra elevati, sebbene in costante diminuzio-ne. Il fotovoltaico in Italia deve il proprio successo all’incentivo statale denominato “Conto Energia”, incentivo che premia tut-ta la produzione di energia elettrica.

L’EOLICOGli impianti eolici sfruttano l’energia del vento per produrre elettricità. Sono co-stituiti da aerogeneratori che trasforma-no l’energia cinetica del vento in energia meccanica e infi ne quest’ultima in energia elettrica. Possono essere realizzati impian-ti eolici di varie dimensioni organizzati in “parchi”, con aerogeneratori di altezza e potenza diff erente. L’eolico è la fonte rin-novabile in maggiore espansione a livello internazionale. In Italia sono installati solo 3.736 MW.

IL MINIEOLICOLa produzione di energia elettrica dal ven-to può essere realizzata anche attraverso aerogeneratori di altezza e potenza ridotte (10-20 metri, e anche meno), in grado di

da fonte rinnovabile

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servire utenze diff use (aziende agricole, imprese artigianali, utenze domestiche, ecc.) e risultare integrati in paesaggi agri-coli. In Italia questo modello eolico diff uso sta compiendo oggi i primi passi, ma ha importanti potenzialità proprio per le caratteristiche del territorio italiano e del vento presenti.

LE BIOMASSELa biomassa utilizzabile ai fi ni energetici consiste in tutti quei materiali organici che possono essere utilizzati direttamen-te come combustibili o trasformati in combustibili liquidi o gassosi, negli impianti di conversione, per un più comodo e vasto utilizzo. Il termine biomassa riunisce materiali di na-tura eterogenea, dai residui forestali agli scarti dell’industria di trasformazione del legno o delle aziende zootecniche. In generale si possono defi nire biomasse tutti i materiali di origi-ne organica provenienti da reazioni fotosintetiche (il processo che permette alle piante di convertire l’anidride carbonica in materia organica sfruttando l’energia solare).

LA GEOTERMIAL’energia geotermica è una forma di energia che utilizza le sor-genti di calore, che provengono dalle zone più interne della Terra, nel sottosuolo. E’ naturalmente legata a quei territori dove vi sono fenomeni geotermici (in Italia si evidenziano come “zone calde” la Toscana, il Lazio, la Sardegna, la Sicilia e alcune zone del Veneto, dell’Emilia Romagna e della Lom-bardia) dove il calore che si propaga fi no alle rocce prossime

Energie Rinnovabili

In Italia puntare sulle fonti energetiche rinnovabili, ed in particolare su quella solare, eolica e geotermica, può rappresentare una straordinaria occasione per creare nuova occupazione e ridurre la dipendenza dalle importazioni di greggio, oltre a stimolare la ricerca e l’innovazione tecnologica

alla superfi cie può essere sfruttato per produrre energia elettrica attraverso una turbina a vapore, oppure utilizzato per il riscal-damento per gli usi residenziali ed industriali. In Italia lo sfrut-tamento della risorsa geotermica è per il momento limitato alla Toscana ed all’alto Lazio con una capacità totale installata a fi ne 2007 di 723 MW, ed una produzione di elettricità di 5.248 GWh pari all’1,74% della produzione elettrica nazionale.

IL MINI-IDROELETTRICOCon mini-idroelettrico ci si riferisce abitualmente ad impianti idroelettrici di potenza inferiore a 10 MW, di ridotta dimensione e con un basso impatto ambientale. L’energia viene ottenuta at-traverso impianti idraulici che sfruttano la portata dell’acqua per muovere le turbine. Il mini-idroelettrico può rappresentare una importante risorsa in molti territori agricoli e montani, sfrutta-bile sia recuperando strutture esistenti lungo i fi umi (condotte, depuratori, acquedotti), sia, laddove ci siano portate interessanti, realizzando salti e interventi di limitato impatto nei confronti dei bacini idrografi ci. In Italia la potenza mini-idroelettrica in-stallata a fi ne 2007 era di 2.522 MW

MARE E MOTO ONDOSOLe onde del mare sono un accumulo di energia presa dal ven-to. Più sono lunghe le distanze e più vi è la possibilità di accu-mulo. Vista la vastità del mare e l’energia contenuta in un’unica onda, abbiamo un immenso serbatoio di energia rinnovabile che può essere usato. Il totale medio annuo di energia contenuta nel moto ondoso (che viaggia per centinaia di km anche senza ven-to e con poca dispersione) al largo delle coste degli Stati Uniti (inclusi Alaska e Hawaii), calcolato con acqua di una profondità di 60 m (l’energia inizia a dissiparsi intorno ai 200 metri e a 20 metri diventa un terzo) è stato stimato intorno ai 2.100 terawat-tora (TWh/yr) (2100×10¹² Wh) (1TWh=1.000.000.000KWh). La produzione di energia da moto ondoso è già una realtà che susci-ta notevole interesse. Le tecnologie in fase di sperimentazione e quelle già utilizzate (Pelamis, WAC, AquaBuOY, Wave Dragon, ecc...) sono varie e numerose. Sono stati realizzati dispositivi gal-leggianti ancorati con un cavo che si srotola e si avvolge, tap-petini piezoelettrici, contenitori che si riempiono e si svuotano d’acqua, sistemi di galleggianti di varia natura e sistemi fi ssi sia sulla costa che sul fondo del mare che ottengono energia in tanti di quei modi da farci capire che la fantasia e l’inventiva in questo settore non sono sicuramente mancate.

Sebbene “non fossile”, l’energia nucleare non è tradizionalmen-te considerata rinnovabile in quanto, il suo utilizzo dipende comunque da riserve limitate di materiali. L’uranio-235 infatti costituisce solo lo 0,7% del totale dell’uranio presente in natura, e in base alle riserve di uranio fi no ad oggi accertate si prevede che al consumo attuale, ma a prezzi di estrazione via via sempre più elevati, non ne resti che per 200 anni, secondo l’ipotesi più ri-duttiva. In realtà sono noti non meno di 150 minerali contenenti uranio in percentuali ritenute sfruttabili commercialmente (> 0.5%) e solo alcuni fra questi vengono attualmente utilizzati. |

www.abenergie.it

B&G n.10 pag. 74L’uso razionale dell’energia B&G n.12 pag. 70Impianti di energie fotovoltaicauna scelta etica e razionale B&G n.13 pag. 80Il mercato liberto dell’energia elettrica

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La Commissione Attività produttive della Camera in sede legislati-va ha approvato, all’unanimità, la legge sul “Made in Italy” (Legge 8 aprile 2010, n. 55), per la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri. Le nuove disposizioni saranno in vigore dal 1° ottobre 2010, previa notifi ca della Ue per il necessario esame di compatibilità.

Riassumendo, il disegno di legge in commento prevede che:la denominazione “Made in Italy” potrà essere utilizzata sola-• mente per i prodotti fi nitiil processo di lavorazione dovrà essere svolto nel territorio dello • stato italiano per almeno due delle fasi di lavorazioneper le altre fasi sarà comunque necessario verifi care la traccia-• bilitàsiano presenti indicazioni di conformità alle normative vigenti • in materia di lavoro e sia garantita l’esclusione di impiego di ma-nodopera minorile nella produzione dei prodottivi sia una certifi cazione di igiene e sicurezza dei prodotti• vi sia il rispetto della normativa europea e degli accordi interna-• zioni in materia ambientale.

Quali prodotti sono oggetto del provvedimento in esame?Ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge n. 55/2010, «viene istituito un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti fi niti e intermedi, intendendosi per tali quelli che sono destinati alla vendita, nei settori tessile, della pelletteria e calzaturiero, che evidenzi il luogo di origine di ciascuna fase di lavorazione e assicuri la tracciabilità dei prodotti stessi».In particolare, per prodotto tessile, si intende ogni tessuto o fi lato, naturale, sintetico o artifi ciale, che costituisce parte del prodotto fi ni-to o intermedio destinato all’abbigliamento, oppure all’utilizzazione quale accessorio da abbigliamento, oppure all’impiego quale mate-riale componente di prodotti destinati all’arredo della casa e all’arre-damento, intesi nelle loro più vaste accezioni, oppure come prodotto calzaturiero.Dal testo del dettato normativo emerge chiaramente che il legislatore ha voluto utilizzare un’accezione di prodotti tessili quanto più estesa possibile al fi ne di ricomprendere al suo interno ogni tipo di prodotto tessile, di pelletteria e calzaturiero.

Quali elementi dovrà indicare l’etichetta?Le imprese produttrici dovranno fornire in modo chiaro e sintetico le seguenti informazioni specifi che:

sulla conformità dei processi di lavorazione alle norme vigenti • in materia di lavoro, garantendo il rispetto delle convenzioni si-glate in seno all’Organizzazione internazionale del lavoro lungo tutta la catena di forniturasulla certifi cazione di igiene e di sicurezza dei prodotti• sull’esclusione dell’impiego di minori nella produzione• sul rispetto della normativa europea• sul rispetto degli accordi internazionali in materia ambientale.•

Si accresce notevolmente, dunque, la quantità di informazioni che i produttori dovranno fornire ai consumatori.

Quando sarà possibile utilizzare la dicitura «Made in Italy»?Il testo normativo dispone, al riguardo, che sarà possibile adottare la dicitura «Made in Italy» esclusivamente per i prodotti fi niti per i

quali le fasi di lavorazione (come descritte nel testo di legge, e ripor-tate di seguito) hanno avuto luogo prevalentemente nel territorio na-zionale e in particolare «se almeno due delle fasi di lavorazione per ciascun settore sono state eseguite nel territorio medesimo e se per le rimanenti fasi è verifi cabile la tracciabilità». Il legislatore ha voluto, dunque, chiarire il signifi cato del termine “prevalente”.

Quali sono le fasi di lavorazione?In considerazione della molteplicità dei prodotti oggetto della novella

Etichettaturadei prodotti e“Made in Italy”

E’ stata approvata dalla Commissione Attività produttive della Camera, la legge sul “Made in Italy” per la commercializzazione di prodotti tessili, pelletteria e calzaturieri. Le sanzioni vanno da 10mila e 70mila euro

testo dell’Avv. Vincenzo Diego Cutugno

La normativa riguarda i settori della fi latura, la tessitura, la nobilitazione e la confezione compiute nel territorio italiano anche utilizzando fi bre naturali, artifi ciali o sintetiche di importazione, il settore della pelletteria, il settore calzaturiero, il prodotto conciario e il settore dei divani

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Internazionalizzazione

normativa, il legislatore ha ritenuto opportu-no specifi care, per ciascun settore merceo-logico coinvolto, cosa si intende per “fase di lavorazione”:

nel settore tessile si intendono la fi latu-• ra, la tessitura, la nobilitazione e la con-fezione compiute nel territorio italiano anche utilizzando fi bre naturali, artifi -ciali o sintetiche di importazionenel settore della pelletteria si intendo-• no la concia, il taglio, la preparazione, l’assemblaggio e la rifi nizione compiuti nel territorio italiano anche utilizzando pellame grezzo di importazionenel settore calzaturiero si intendono • la concia, la lavorazione della tomaia, l’assemblaggio e la rifi nizione compiuti nel territorio italiano anche utilizzando pellame grezzo di importazioneper il prodotto conciario si intendono • la riviera, concia, riconcia, tintura –in-grasso – rifi nizionenel settore dei divani si intendono la • concia, la lavorazione del poliuretano, l’assemblaggio dei fusti, il taglio della pelle e del tessuto, il cucito della pelle e del tessuto, l’assemblaggio e la rifi nizio-ne compiuti nel territorio italiano anche utilizzando pellame grezzo di importa-zione.

Vi sono obblighi anche per i prodotti non etichettati «Made in Italy»?Si. Ai sensi dell’art. 1 comma 10 della leg-ge 55/2010, per tutti i prodotti contemplati dal medesimo articolo, ma non in possesso dei requisiti per l’impiego dell’indicazione «Made in Italy», resta salvo l’obbligo di eti-chettatura con l’indicazione dello Stato di provenienza, nel rispetto della normativa comunitaria.

L’obbligo di indicare lo Stato di provenien-za prescritto per tutti i prodotti oggetto del provvedimento costituisce, senza dubbio, uno degli elementi su cui si concentrerà pre-valentemente la valutazione dell’Unione Eu-ropea. A tale riguardo si ricorda che l’obbligo posi-tivo di apporre l’origine (italiana o estera) del prodotto è stato da sempre ritenuto in con-trasto con principi di carattere costituzionale e comunitario. In attesa di conoscere il parere comunitario sulle norme di nuova introduzione, l’entra-ta in vigore della norma è stata rinviata al 1°ottobre 2010. Quali sono le misure sanzionatorie?La proposta individua oggi tre diverse pre-visioni sanzionatorie: di ordine generale; nei confronti delle imprese; e per l’ipotesi di rei-terazione del comportamento sanzionabile.

Salvo che il fatto costituisca reato, chiun-• que violi le nuove disposizioni normati-ve è punito con la sanzione amministra-tiva pecuniaria da 10.000 a 50.000 Euro. La sanzione può essere aumentata fi no a due terzi, nei casi di maggiore gravità, e diminuita fi no a due terzi nei casi di mi-nore gravità. In ogni caso, si applicano il sequestro e la confi sca delle merci.L’impresa che violi le nuove disposizio-• ni normative è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 70.000 Euro. La sanzione può essere aumentata fi no a due terzi, nei casi di maggiore gravità, e diminuita fi no a due terzi nei casi di minore gravità. In caso di reiterazione della violazione, infi ne, è disposta la sospensione dell’attività per un periodo compreso tra un mese ed un anno.Se le violazioni prescritte all’art. 3 com-•

ma 1 sono commesse reiteratamente si applica la pena della reclusione da uno a tre anni. Qualora le violazioni siano commesse attraverso attività organizza-te, si applica la pena della reclusione da tre a sette anni.

Originariamente, inoltre, la proposta di leg-ge prevedeva un’ulteriore ipotesi sanzionato-ria nei confronti dei pubblici uffi ciali. Essa disponeva che nei confronti del pubblico uf-fi ciale o dell’incaricato di un pubblico servi-zio che, preposti all’accertamento dell’osser-vanza della legge in esame, avessero omesso di eseguire i prescritti controlli si sarebbero applicate la pena della reclusione da sei mesi a due anni (art. 328 c.p.) e la multa fi no a Euro 30.000. Tale disposizione costituiva forse quella che suscitava maggior clamore. Essa, difatti, esponeva i funzionari doganali e degli altri organismi di controllo a pesanti rischi riguardanti la loro attività.Le autorità doganali, in particolare, paven-tavano che il testo normativo così formulato potesse da un lato causare il rallentamen-to delle operazioni di sdoganamento – gli operatori competenti sarebbero stati, difatti, indirettamente indotti ad eseguire controlli più rigorosi per non incorrere nella violazio-ne penale – e, dall’altro, indurre le imprese a superare le diffi coltà poste dalla normati-va de qua sdoganando la merce in altri Paesi con ordinamenti meno restrittivi.Quest’ultima disposizione è stata dun-que eliminata in seguito all’approvazione dell’emendamento soppressivo del comma 3 dell’articolo 3. |

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In questo breve articolo vi spiegherò come può essere aff rontato il silen-te impegno di chi deve prendere decisioni che condizionano non solo il proprio futuro ma spesso quello di molte altre persone. Mi rivolgo a tanti imprenditori o dirigenti che si trovano alle prese con quotidiane emergenze problematiche e periodici dilemmi strategici. Decidere signifi ca scegliere, solitamente il dubbio è quello di aver fatto la scelta meno economica, non parlo solo di economia fi nanziaria ma anche di economia relazionale.Siamo tutti legati da relazioni che, secondo la nota ricerca di Milgram, ci consentirebbero di raggiungere il presidente Obama con circa 6 passaggi di amicizie; quindi ogni nostra decisione infl uenzerà, in seppur minima misura, anche Obama. Ci avevate mai pensato?Basta già questo banale esempio per dare un’idea di quanto le relazioni condizionino ogni scelta considerata autonoma, ma soprattutto ci fa capire che se le decisioni di Obama hanno infl uenza su ognuno di noi, le nostre hanno infl uenza su di lui. Tradotto nel vostro sistema aziendale: le deci-sioni della dirigenza hanno un forte impatto sui livelli più bassi così come quelle dei livelli più bassi impattano sulla dirigenza.Comincia a delinearsi uno scenario estremamente complesso e diffi cile da prevedere, quello delle relazioni umane.Come si gestisce un aspetto così importante? Chi se ne occupa? Che tipo di formazione deve avere? Come possiamo migliorare le nostre capacità rela-zionali? In che modo questo aumenta le nostre prestazioni decisionali?Esiste un professionista che si chiama counsellor e si occupa proprio di queste cose. Le radici del counselling appartengono alle scienze umane, il counsellor interviene sulla persona con la parola, a diff erenza dello psico-logo non si occupa di terapia ma di relazioni.Racconterò adesso qualcosa del counselling, ma tenete conto che lo scritto può trasmettere solo una minima parte di quanto accade nel coinvolgimen-to di tutti i nostri strumenti di comunicazione.La più potente arma del cousellor è costituita dalle domande; apparen-temente niente di straordinario, siamo abituati alle domande nei focus-group, nelle interviste etnografi che, nella selezione del personale. Qui sono esperti che fanno domande per ottenere informazioni, un patrimonio aziendale che purtroppo rimane spesso archiviato nei dossier dei diversi

dipartimenti, è straordinario cosa può succedere sti-molando connessioni tra tutto questo patrimonio, ma parallelamente occorre curare adeguatamente le per-turbazioni innescate da un simile intervento.La stessa cosa può avvenire con le informazioni che archiviamo nel nostro cervello, sono quelle che ci servono quando dobbiamo prendere una decisione; il problema può essere costituito proprio dalla grande quantità di informazioni, occorre mettere ordine e spesso non c’è tempo per farlo. Mettere ordine signifi ca mettere in relazione, non solo, occorre considerare il proprio inserimento in un sistema di connessioni, ma non possiamo osservare in modo obiettivo questo sistema perché ne facciamo

parte, serve una fi gura esterna non inquinata dal si-stema, paradossalmente serve qualcuno che non sia esperto del nostro problema ma che sia uno scaltro esploratore. L’esplorazione è la prima attività che il counsellor propone attraverso l’arte delle domande, queste devono far scaturire novità, ovviamente io non porto nuove informazioni ma nuove connessioni. La cosa sorprendente è che, pur non proponendo so-luzioni, il counsellor mette il cliente nelle condizioni di decidere.Non sappiamo se quella sarà la decisione migliore, non è compito del counsellor perché non è

Come superare la paralisi decisionale

Nella nuova rubrica curata in collaborazione con Umania.L’analisi su come migliorare le relazioni umane all’interno del sistema aziendale

testo di Massimo Crucitti

Secondo la nota ricerca di Milgram,le relazioni ci consentirebbero di raggiungere il presidente Obama con circa 6 passaggi di amicizie

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esperto di quel tema, ma è in grado di valu-tare che è stato superato un rischio ancora più grosso di una scelta sbagliata: la para-lisi decisionale.La fi losofi a del counselling sta nella con-vinzione che solo il cliente può essere esperto del suo problema ed è quindi la persona migliore per prendere la decisio-ne, nessun consulente può dirgli cosa deve fare, ma la decisione deve essere presa; sen-za decisioni non c’è strategia e l’azienda prosegue per inerzia su binari che non si sa dove porteranno.Il buon counsellor attiva le risorse del cliente facendo in modo che questi possa svolgere al meglio il suo importante con-tributo per l’azienda e lo affi anca nell’ela-borazione di strategie decisionali, esplora il suo mondo relazionale per costruire una mappa che consenta di orientarsi nel com-plesso sistema di cui fa parte.E’ importante evidenziare il carattere non manipolante di questi interventi, non è necessario manipolare le altre persone per raggiungere gli obiettivi, serve invece com-

prendere come muoversi nel sistema.Per questo motivo il counsellor è vincolato al segreto professionale ed è tenuto a non utilizzare in modo strumentale le infor-mazioni raccolte.Il modello sistemico proviene da un per-corso che parte circa mezzo secolo fa nel Mental Research Insitute di Palo Alto per essere principalmente applicato nella tera-pia dei sistemi familiari.A Milano, dai fondatori del Centro Mila-nese di Terapia della Famiglia, viene svi-luppato un approccio che desta l’attenzio-ne dello stesso MRI, ne segue un’intensa attività clinica sostenuta da un network scientifi co internazionale.I recenti sviluppi stanno benefi ciando dell’apporto altamente eterogeneo di più voci professionali, favorendo l’applicazio-ne nel lavoro con le aziende private o con le pubbliche organizzazioni.In particolar modo con Umania stiamo vi-vendo l’entusiasmo di inediti risultati nei workshop creativi e formativi, dove l’atten-ta gestione del sistema del cliente consente

la feconda interazione con una polifonia di menti estranee.L’esperienza in contesti così diversi arric-chisce progressivamente la consulenza auspicando un sempre più alto livello del profi lo etico.La nostra provocazione creativa è quella di muoversi nel business da gentiluomini; al-cuni imprenditori hanno fatto emergere le qualità necessarie ad una simile impresa e, orientandole al bene di tutti, hanno ampli-fi cato la motivazione dei collaboratori.Molto c’è ancora da sviluppare in questa attività ed è uno dei motivi che alimenta-no la mia passione per il counselling: ogni giorno ci rendiamo conto che abbiamo da-vanti a noi un vasto orizzonte ancora tutto da esplorare e laggiù nuovi tesori attendo-no solo di essere scoperti. |

www.umania.it

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L’unione fa la forzaL’ associazionismo di impresa come strumento per difendere e conquistare quote di mercato In un contesto di crisi,

consorzi, raggruppamenti temporanei di imprese, gruppi economici

di interesse europeo possono assumere un valore strategico di primaria importanza per le piccole

e medie imprese che caratterizzano il tessuto imprenditoriale lombardo e italiano.

testo di Andrea Manzoni, esperto di ricerca in Marketing per le strategie di impresa

È noto a tutti come il tessuto imprenditoriale italiano sia caratterizzato da una robusta presenza di piccole e medie imprese (PMI). Dati aggiornati al 2005 (risalgono a tale anno gli ultimi dati uffi ciali a disposizione), assegnano alle PMI una quota del 99.9% sul totale delle imprese italiane; garantendo l’occupazione all’ 81.3% dei lavoratori e creando il 70.9% del valore aggiunto (fonte: Eurostat, 2008) . Il 95% delle stesse sono rappresentate da micro imprese, cioè da quelle imprese con meno di 10 addetti (fonte: Istituto Nazionale di Statistica, 2008) . Tale prevalenza di PMI in Italia non garantisce loro una certa tranquillità operativa e gestionale in quanto, grazie all’allargamento dei mercati di riferimento ben oltre i meri confi ni domestici, le nostre aziende si trovano a competere con giganti provenienti anche dall’oriente. Rispetto anche a un passato recente, lo scenario è mutato considerevolmente. Siamo sempre stati abituati a leggere o studiare di trade-off quali quantità / qualità, servizio impersonale / customized, di-namismo imprenditoriale / immobilismo manageriale, ecc., associando alle aziende di piccole dimensioni gli aggettivi positivi (dinamismo, servizio personalizzato, consumer oriented, qua-lità, ecc.); attribuendo parimenti alle multinazionali o grandi aziende in genere, l’incapacità di aff rontare crisi, mutamenti o semplicemente repentini cambi di direzione. Incapacità attribuita prevalentemente alla pesantezza della struttura aziendale ovvero alla lentezza del processo deci-sionale. Insomma, abbiamo sempre ritenuto preferibile una seducente e romantica barca a vela rispetto ad una autorevole ed imponente transatlantico. Il problema, però, è che ci viene chiesto di attraversare l’oceano e non di fare una breve crociera sul lago di Garda.Nonostante la premessa di questo articolo non sia delle più positive, è fondamentale per ga-rantire la salvaguardia delle PMI ed evitare il declino del sistema italiano non solo economico, analizzare i punti di debolezza, se così si possono defi nire, e trasformarli in punti di forza. Il riferimento ai termini debolezza e forza, componenti la cosiddetta analisi SWOT non è casuale. Da un’indagine condotta da Unioncamere sulle PMI del comparto manufatturiero, e scaricabile sul loro sito internet, i fattori di competitività dalle stesse PMI evidenziate, quasi come una sor-ta di autorappresentazione, risiedono principalmente nelle caratteristiche del prodotto (qualità, design, etc…) nella fl essibilità, nei servizi pre e post vendita, nella innovazione, etc…..La tabella che segue, riassume i risultati della predetta indagine condotta sulle piccole e medie imprese (escludendo le micro) confrontandole sia con competitor italiani sia stranieri.

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Fonte: Unioncamere – Il sistema imprenditoriale italiano tra il 2008 e il 2009 (pag. 46)

Le PMI italiane hanno ancora qualche asso nella manica, originalità e fantasia a parte. Come emerge chiaramente nel titolo, l’associazionismo di impresa deve essere considera-to un valido strumento per poter difendere le quote di mercato e conquistarne di nuove, anche in mercati lontani. In tal modo le nostre PMI conserverebbero le caratteristiche individuate nella tab. 1, acquisendone di nuove, e tipiche delle grandi aziende (in termini di immagine, peso “politico”, risorse a disposizione, etc…).Consorzi, raggruppamenti temporanei di imprese, gruppi economici di interesse euro-

peo possono assumere un valore strategico di primaria importanza, in quanto permette agli associati di condividere le competenze di-stintive di ciascuno. Il singolo as-sociato però non dovrà considerare la predetta condivisione come una ripartizione delle proprie abilità e conseguenti guadagni con le azien-de con cui si è sempre scontrato sul territorio nazionale; bensì una ri-partizione del nuovo valore creato grazie a nuove sinergie. La diffi coltà di attuazione risiede appunto nel cambiamento di mentalità impren-ditoriale. I competitor locali devo-no essere considerati come partner strategici.Riduzione dei costi di fornitura (e.g. centrale acquisto unica per tutti i consociati), nuovi clienti che non temono la mancata evasione di un grosso quantitativo (e.g. l’associa-zione ripartisce l’ordine ricevuto in funzione della capacità produttiva di ciascun associato), ripartizione dei costi per l’internazionalizza-zione magari non sostenibili singo-larmente (e.g. delegazione in Paesi lontani, servizi di consulenza legale / fi scale internazionale) sono sol-tanto alcuni dei benefi ci che deriva-no dall’associazionismo di impresa . Non per ultimo, anche lo Stato Italiano garantisce agevolazioni di natura fi scale alle associazioni fra PMI, quali ad esempio l’esenzione totale da imposizione fi scale degli utili realizzati ovvero forme di fi -nanziamento a tassi agevolati . Sicuramente il futuro per le azien-de di piccole e medie dimensioni italiane, indipendentemente dal perdurare di crisi fi nanziarie e/o economiche, non è roseo. Le impre-se italiane, però, previo un cambia-mento di mentalità non più orien-tato a logiche di guadagno a breve termine, hanno ancora ampi spazi di manovra che possono loro per-mettere di ricoprire nuovamente un ruolo primario nei mercati interna-zionali. |

Strategie d’impresa

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Per un approfondimento: Enterprises by size class – overview of SMEs in the EU. Eurostat, Statistics in focus 31/2008. 1. Per un approfondimento: Struttura e dimensione delle imprese. Archivio Statistico delle Imprese Attive (ASIA) del 2. 24/07/2008. In realtà l’analisi dell’ISTAT è riferita all’anno successivo, cioè il 2006. È ragionevole pensare, comunque, che anche nel 2005 le percentuali fossero simili. L’analisi SWOT è uno strumento di pianifi cazione strategica che prevede il controllo dei punti di forza (Strengths), 3. debolezza (Weaknesses), opportunità (Opportunities) e minaccia (Threats).Il ruolo svolto dall’associazione, nonché i vincoli / limiti che caratterizza il rapporto associato – associazione è 4. liberamente stabilito dai consociati. Al riguardo la normativa italiana garantisce un grado di libertà ed autonomia pressoché completa.Per approfondimento, vedere Legge 21/5/1981 n.240 e normativa sui consorzi export.5.

Tab. 1 – Vantaggi competitivi PMI (settore manifatturiero)

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Quali strategie per fi delizzare i clienti e ottenere così un reale ritorno dell’investimento per lo scouting, valutazione, selezione, qualifi cazione, contrattazione, gestione rapporto e abbattimento barriere all’uscita o sostituzione

di Alberto Claudio TremoladaMetatech Group - Socio e responsabile G.a.m. Componentistica in Adaci sez. Lombardia/Liguria (Ass. It. di Management degli Approvvigionamenti)

Marketing d’ acquisto

Uno fra i principali obiettivi delle aziende consiste nel raggiungere un soddisfacente e profi cuo livello di Customer Loialty.Per centrare l’obbiettivo è imprescindibile coinvolgere chi si occupa degli acquisti, fi -gura fondamentale nella catena del valore prodotto internamente.I tre lati del triangolo classico utilizzato per gli acquisti operativi, cut & stock cost, improvement quality e short lead time hanno effi cacia se considerati per acqui-sti spot di prodotti fascia B-C (prendendo come riferimento Il principio della cosid-detta “legge 80/20” formulata da J.Juran nel 1950, nello specifi co l’80% dei prodot-ti/servizi equivale in termini di fatturato e importanza solo al 20% del totale acqui-stato).Ma quando l’enfasi è su prodotti/servizi strategici per la produzione o diffi cilmente sostituibili con altri (nello specifi co pren-dendo anche come riferimento il modello delle cinque forze competitive di Michael Porter, accademico ed economista Statu-nitense), fondamentale diventa poter con-tare non più solo su fornitori ma su part-ner strategici solidi e affi dabili.Ma in realtà fi delizzare il fornitore perché è importante? Quali fornitori necessita fi -delizzare? Con quali strategie si possono raggiungere i migliori risultati? Soprattutto per prodotti/servizi di fascia

A è evidente l’importanza di avere partner affi dabili che garantiscano il raggiungi-mento degli obiettivi Aziendali di breve-medio e lungo periodo.Fidelizzare con effi cacia permette inoltre di ottenere un reale ritorno dell’investi-mento per lo scouting, valutazione, sele-zione, qualifi cazione, contrattazione, ge-stione rapporto e abbattimento barriere all’uscita o sostituzione.Tenersi un fornitore affi dabile costa meno dell’acquisizione di nuovi, banale ma spesso si dimentica, non deve però esclu-dere il monitorare continuamente il mer-cato valutando sempre nuovi fornitori, per aggiornarsi sulle novità e cambiamenti dei mercati.Assolutamente determinante se in mercati complessi, competitivi, globalizzati dove è più forte la concorrenza anche negli ac-quisti.

Ogni fornitore è un soggetto autonomo con le proprie specifi che caratteristiche. Ricerche e studi possono fornire un qua-dro e tendenze generali sui suoi compor-tamenti più frequenti, ma è assodato che ogni fornitore ha la sua storia, cultura, bi-sogni, motivazioni ed obiettivi. Una strategia di fi delizzazione vincente deve essere pertanto in grado di risponde-re effi cacemente prima alle esigenze delle

persone che fanno parte dell’organizzazio-ne del fornitore ( tramite interesse, ascol-to, apprezzamento, focus sugli obiettivi ), tenendo comunque presente che non tutti sono fornitori strategici e che alcuni pos-sono essere troppo dispendiosi in termini di benefi ci/costi.Meglio concentrarsi su quelli che sappia-no dare risultati apprezzabili fi n dal primo contatto.Per ottenere la fi ducia è necessario dimo-strare apertura, interesse ed ascolto, la trasparenza è fondamentale per un profi t-tevole rapporto duraturo. Altro aspetto basilare riguarda i propri obiettivi e la condivisione comune, è ne-cessario garantire quanto si promette al fornitore. Il marketing e le strategie di fi delizzazio-ne possono non raggiungere l’obiettivo prefi ssato se quanto promesso e condiviso non trova attuazione concreta.Non è profi ttevole, genera maggiori co-sti e mette a rischio i vantaggi raggiunti, il fornitore diventa un partner affi dabile se soddisfatto e se si riesce a superare le aspettative.Alcune modalità per raggiungere tale sco-po:

con contratti di partnership • con condizioni fi nanziarie che con-•

e fi delizzazione supply chain partner

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Marketing

sentano risorse per investimenti o accantonamentioff rendo incentivi al raggiungimento di determinati livelli • di performance ( misurabili tramite le supply chain balan-ced scorecard )coinvolgendoli nella progettazione dei nuovi prodotti/servi-• zi e nel miglioramento degli esistenti ( co-design )aprendo un canale preferenziale di comunicazione ed inter-• scambiofornendo dati/informazioni e supporto di cui ha bisogno •

Per esempio se si hanno come fornitori fonderie (un settore chia-ve del comparto manifatturiero nel quale opera anche Metatech Group, con oltre 1.100 fabbriche nel nostro Paese per un totale di quasi 30.000 addetti) potrebbe essere vantaggioso rivolgersi a u.m.s.q. (unique manufacturing supplier qualifi ed), essendo integrati verticalmente o in network consentono economie di esperienza-scala o scopo per:

ridurre costi, stock e tempi consegna • migliorare il livello qualitativo e di servizio • risolvere problematiche esistenti, ottimizzare e semplifi care i • prodotti o acquisire vantaggi tecnologici/produttivi ( anche per materiali e tecnologie alternative a quelle utilizzate ) supporto progettuale e tecnico • aumentare la competitività sui mercati •

Prestare attenzione ai bisogni ed esigenze del fornitore è comple-mentare al prestare attenzione agli obiettivi d’acquisto.

Automatizzare parte delle attività è possibile utilizzando piatta-forme integrate funzionali in grado di gestire le vendor list af-fi ancati da strumenti di Business Intelligence.

I contesti dove possono aver luogo effi caci strategie di fi delizza-zione sono davvero molti incontri e visite periodiche in Azienda o presso il fornitore, fi ere, eventi ecc. Da considerare anche la “geo-fi delizzazione” che è un’insieme di attività volte a favorire il mantenimento dei fornitori di un determinato territorio per garantirsi l’appetibilità ( i fornitori si parlano ).

Per fi delizzare si parte da lontano. Già dai primi contatti è possibile gettare le basi per un rappor-to duraturo, acquisendo informazioni essenziali che consentono di creare un vendor profi le così da mettere in atto azioni mirate e strategie personalizzate, per ottenere il massimo dal rapporto con il fornitore. |

B&G n.10 pag. 72Supply chain involvement partnership B&G n.13 pag. 78Supply lean marketing

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L’innovazione esponenzialeCreare un nuovo spazio competitivo per rendere irrilevante la concorrenza e sopravvivere alle sfi de di domani. L’importanza di defi nire nuove regole del gioco nel mercato di riferimento per riuscire a navigare in un oceano blu limpido e tranquillo

di Edoardo Monopoli

Nel numero precedente abbiamo trattato il tema del miglioramento incrementale, generalmente prodotto con molti piccoli e frequenti cambiamenti che somma-ti assieme portano comunque a eff etti considerevoli, solitamente nell’ambito dei processi aziendali. Esiste però un diverso livello di innovazione, che viene so-litamente descritta come “esponenziale” o ”radicale” (in questo articolo utilizzeremo i due aggettivi come sinonimi). Il risultato di questo tipo di innovazione è la creazione di un vantaggio competitivo duraturo, basato sulla defi nizione di nuove regole del gioco nel mercato di riferimento. Kim e Mauborgne, nel loro best seller del 2005 “Blue Ocean Strategy” descrivono bene la diff erenza tra il miglioramento incrementale, defi nito “strategia oceano rosso” e l’innovazione espo-nenziale, chiamata “strategia oceano blu”. Mentre il miglioramento serve a rendere un’azienda sempre più performante in un’arena competitiva resa rossa dal “sangue” della competizione, l’innovazione esponen-ziale permette di creare un nuovo spazio competitivo (un “oceano blu limpido e tranquillo”), rendendo in ultima analisi irrilevante la concorrenza.

Abbiamo provato a riepilogare nella tavola sottostante i diversi tipi di innovazione, distinguendo tra impatto ed oggetto dell’intervento:

Il cammino impervio dell’innovazione radicaleAnche le aziende si estinguono, come è capitato ai dinosauri al termine del periodo Cretaceo. I due ri-

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cercatori Foster e Kaplan hanno dimostrato in proposito che delle migliori 100 aziende nella classifi ca di Forbes del 1917, solo 13 sono sopravvissute, peraltro con scarse performance. Ogni business aff ronta due domande fon-damentali: deve ottimizzare le attività quotidiane per sopravvivere alle sfi de di oggi e deve rinnovare tempestivamente tali attività per sopravvivere alle sfi de di domani. Le aziende che sanno al contempo gestire il quotidiano e prepararsi al futuro sono rare.

Le aziende-dinosauro sono quelle che sono cresciute, specializzandosi per dominare un certo assetto competitivo. Esse sono perciò caratterizzate da:

Il dominio di pochi modelli mentali o paradigmi, che noi chiamiamo • “dogmi” Strutture complesse e con elevate interdipendenze, che creano sovente • un blocco alla circolazione di informazioni e di idee innovative Risorse umane con competenze specialistiche e mirate per produrre ri-• sultati ottimali nel business corrente, ma meno fl essibili e adeguate ad un business futuro diff erente.

Eppure la profonda, scioccante recessione che stiamo ancora vivendo richie-derebbe approcci veramente nuovi. L’innovazione radicale non è però un impegno piacevole: il rapporto tra tentativi avviati e successi ottenuti è natu-ralmente più basso che nel miglioramento incrementale e determina risultati a medio termine in contesti spesso condannati al risultato mensile, se non settimanale. Inoltre distrae i manager e i loro collaboratori dal core busi-ness, che al momento assicura la redditività dell’azienda. Conseguentemente il “partito dei detrattori” dell’innovazione radicale risulta essere sempre in maggioranza su quello dei suoi sostenitori. Non a caso in molti settori (es.

Incrementale

Tipi di innovazione

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mente portatori di una visione più strate-gica, ma il resto della squadra dovrebbe dedicarsi full time e con spirito impren-ditoriale alla missione dell’innovazione esponenziale, senza sentirsi condizionata da capi intermedi e da logiche di confl itti.

La vera lotta è contro i dogmi aziendali e di settoreE qui arriviamo alla seconda aff ermazione: tutte le aziende sono vincolate da dogmi o paradigmi. Il DNA delle aziende è impres-so con le soluzioni che hanno riscosso suc-cesso nel passato, conducendole a rifi utare gran parte delle idee realmente innovative. Le frasi “da noi si è sempre fatto così” o “nel nostro settore si opera in questa ma-niera” creano un vero e proprio fi ltro alla capacità di cogliere per tempo i segnali del cambiamento. Più un’azienda ha prospe-rato nel passato, più radicati sono i dogmi che la caratterizzano. I dogmi sono “verità rivelate” che non possono mai essere messe in discussione, proprio perchè sono condi-vise da tutti, magari richiamandosi all’“età dell’oro” del fondatore o di un alto diri-gente che ha inciso il proprio marchio nel corso di un periodo particolarmente felice della vita aziendale. I dogmi sono riferiti a tre domande fonda-mentali:

Che cosa fa la diff erenza per la soddi-1. sfazione del cliente?Che cosa rende la nostra azienda uni-2. ca rispetto alla concorrenza?Come possiamo organizzarci per ave-3. re successo?

Smascherare i dogmi diventa fondamen-tale per permettere all’innovazione radi-cale di farsi strada in azienda, una volta che la “piantina” è pronta per essere spo-stata dalla serra.

Il futuro è già accaduto: è solo inegual-mente distribuitoQuesta famosa citazione del grande scrit-tore di fantascienza americano William Gibson mette in evidenza come per svi-luppare idee radicalmente innovative biso-gna guardare in modo realmente creativo all’ambiente che ci circonda, anticipando le tendenze (economiche, sociali e demo-grafi che, tecnologiche, regolatorie...) e comprendendo appieno i cosiddetti cu-stomer insights, i futuri bisogni dei clienti che spesso nemmeno gli stessi clienti sono in grado di articolare in maniera precisa. Solo un’azienda veramente aperta nei con-fronti dell’ambiente è capace di produrre innovazione esponenziale. Si parla perciò di “open innovation”, per descrivere un processo di innovazione che coinvolge soggetti ed organizzazioni che non appar-tengono all’azienda, ma che con essa si al-leano per produrre idee senza precedenti. La sua naturale conseguenza è la quarta caratteristica dell’innovazione radicale, vale a dire che è meglio “testare un pro-totipo imperfetto, piuttosto che attendere la perfezione e arrivare in ritardo sul mer-cato”. Le aziende che inseguono standard perfetti, innamorate delle fasi pilota che devono produrre risultati inequivocabili, raramente generano innovazione radicale. Essa segue un percorso non lineare e con interazioni frequenti con clienti, fornitori, altri soggetti esterni, tutti interessati a far crescere insieme la “piantina” dell’idea. |

videogiochi, linee aeree, entertainment) co-loro che hanno avuto la forza di cambiare le regole del gioco sono stati i nuovi entranti, vale a dire organizzazioni non condizionate dalla “sindrome del dinosauro”. Ma è proprio un dilemma irrisolvibile?

Come si coltiva l’innovazione esponenzialeLe indicazioni che abbiamo tratto dalla no-stra attività, per permettere all’innovazione radicale di generare dei risultati concreti in aziende già avviate, sono ricordate di seguito:

E’ meglio separare l’innovazione radi-1. cale dal business correnteLa vera lotta è contro i dogmi aziendali 2. e di settoreIl futuro è già accaduto: è solo inegual-3. mente distribuito.E’ meglio testare un prototipo imperfet-4. to che attendere la perfezione ed arriva-re in ritardo sul mercato

Separare l’innovazione radicale dal busi-ness correnteViene spesso utilizzata l’espressione “gre-enhousing” (tradotto in italiano con “colti-vare in serra”) per sottolineare come le idee radicalmente innovative siano paragonabili inizialmente a delle piantine giovani ed un po’ gracili. Tali piantine hanno bisogno di cura ed attenzioni particolari, non di esse-re sottoposte al test immediato del business corrente. Purtroppo, spesso in azienda suc-cede esattamente questo: le buone intuizioni vengono soff ocate prima che possano essere sviluppate. Alcuni esempi sono rappresenta-ti dalla richiesta insistente di “business case”

economico-fi nanziari o dall’applicazione di processi di sviluppo prodotto tipici di esten-sioni di gamma e non di innovazioni radi-cali. Più la ricerca dell’innovazione radicale è spiccata, più bisognerebbe separare in ma-niera netta l’“incubatore” delle nuove idee da coloro che gestiscono il core business. Na-turalmente vanno conservati i legami con il vertice aziendale o l’imprenditore, normal-

Smascherare i dogmi diventa fondamentaleper permettere all’innovazione radicale di farsi strada in azienda, una volta che la “piantina” è pronta per essere spostata dalla serra

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www.valeocon.it

B&G n.13 pag. 70Riorganizzare l’azienda partendo dal cliente

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www.sergroup.it

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torcedores Tecnica e arte

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il mestiere dei

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Lo speciale a puntate realizzato in collaborazione con Davidoff prosegue con la descrizione e il culto della lavorazione manuale del tabacco che dà vita ai sigari. Tradizione e passione si mescolano a esperienza e rigidi controlli: ecco lo stile della maison elveticaa cura di Enrico Della PietàBrand manager Davidoff per International Tobacco Agency

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Dopo esserci soffermati sull’arte dell’es-sicazione e della miscelazione del tabac-co, in questo numero raccontiamo quello che potremmo definire un vero e proprio culto della lavorazione del sigaro. Un procedimento a metà tra arte e scienza, tra passione e ragione, dove ogni gesto è scandito da ritmi precisi, tecniche ri-gorose e straordinarie emozioni. Questo è lo stile Davidoff dove ogni dettaglio produttivo è rigorosamente controllato e pianificato. Il tabacco già pronto per essere lavorato e trasformato in sigari arriva in CiDav (acronimo di Cigarros Davidoff), una ma-gnifica struttura in stile coloniale, inau-gurata a Palmarejo nel 1998 per rappre-sentare al massimo la filosofia produttiva di questo marchio di fama mondiale.In questa struttura, attrezzata con va-lidissimi torcedores e sottoposta ad un continuo e maniacale trattamento igieni-co, vengono create le marche di proprietà della maison elvetica che tutti i fumatori conoscono (parliamo quindi di Davidoff, Wiston Churchill, Avo Uvezian, Griffin’s, Zino Platinum, Zino Classic, Bundle Se-lection e delle preziose Edizioni Limita-

te etc…). Qui avviene la lavorazione e la miscelazione del tabacco secondo proce-dimenti che mescolano tradizione e arte con le più ricercate tecniche di controllo qualità. Sulla base di precise esigenze or-ganizzative, tutto il tabacco che entra in fabbrica viene analiticamente classificato per tipologia, zona di provenienza e qua-lità. Dopo la fumigazione, il tabacco fa il suo ingresso in “cucina”, cuore pulsante dell’intera struttura produttiva. Qui, su un lungo tavolo, le foglie vengono

Un procedimento a metà tra arte e scienza, tra passione e ragione, dove ogni gesto è scandito da ritmi precisi, tecniche rigorose e straordinarie emozioni. Questo è lo stile Davidoff , dove ogni dettaglio produttivo è rigorosamente controllato e pianifi cato

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www.davidoff.comwww.itagency.it

Il sigaro è una grande risorsa in quanto inganna la fame, sconfigge la noia, rasserena, aiuta a riflettere e spesso richiama alla mente dolci ricordi.Il duca di Rochefoucauld-Liancourt

B&G n.13 pag. 105L’arte della lavorazione del tabacco B&G n.12 pag. 88 L’origine del tabacco

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prima divise per tipologie, caratteristiche, provenienza e in-vecchiamento, quindi vengono assemblate in piccoli mazzi. Ma non si tratta di semplici fasci di foglie. Ognuno di essi, supervi-sionato da sapienti miscelatori, è destinato a comporre la tripa di un sigaro ben preciso e le foglie assemblate in questa stanza non si separeranno più fino alla produzione di diverse e pre-ziose linee di sigari che tutti conosciamo. Nella fabbrica i tor-

cedores lavorano con la stessa maniacale precisione degli orologiai svizzeri. L’operazione di confenzio-ne del sigaro consiste innanzitutto nell’arrotolare la miscela di foglie da ripieno in una sottofascia che consente di creare la cosiddetta pupa. Successiva-mente, la pupa viene inserita in un “molde” (stam-po, in spagnolo), che è differente a seconda del formato e che le conferisce una particolare forma grazie a una pressa azionata a mano. Le fasce ester-ne, invece, dopo essere state selezionate e tagliate a regola d’arte, vengono avvolte con una calibrata pressione intorno al ripieno e alla sottofascia. E’ una fase delicatissima: questa operazione richiede infatti grande accuratezza perché serve a garanti-re al sigaro un tiraggio uniforme che altrimenti ne pregiudicherebbe la qualità. Alla fine, la testa del sigaro viene sagomata con maestria utilizzando il medesimo pezzo della fascia esterna e poi il sigaro viene tagliato nella lunghezza desiderata. Ogni singolo sigaro prodotto da Davidoff viene controllato manualmente da un supervisore e ogni minimo difetto ne determina lo scarto. La gloria o il declino di un sigaro passano attraverso gli abili gesti di questi straordinari artigiani e la selezione è severissima. Per questo, ogni sigaro Davidoff rac-chiude la storia, l’arte e il piacere di questo mondo straordinario al di là dell’oceano. |

il fumo nuoce gravemente alla salute

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Intervista al Brand Manager per l’Italia, Enrico Della Pietà, che racconta le strategie commerciali, di comunicazione e parla in anteprima del lancio del “Puro D’Oro”, una nuova linea di sigari 100% dominicani che rappresenta una svolta epocale nel mondo dei sigari

Tempo per

Davidoff

di nuove sfi de

Probabilmente alla base di tutto c’è la voglia di sfi daProbabilmente alla base di tutto c’è la voglia di sfi da. Quella perso-. Quella perso-nale di Enrico Della Pietà, con una formazione in comunicazione e nale di Enrico Della Pietà, con una formazione in comunicazione e marketing, che ha accettato di mettersi in gioco in un mondo come marketing, che ha accettato di mettersi in gioco in un mondo come quello del tabacco che gli era sconosciuto. Da due anni è lui l’uomo quello del tabacco che gli era sconosciuto. Da due anni è lui l’uomo nuovo nel pianeta dei sigari in Italia. Quella industriale di una marca nuovo nel pianeta dei sigari in Italia. Quella industriale di una marca di fama internazionale come Davidoff , che dopo vent’anni passati di fama internazionale come Davidoff , che dopo vent’anni passati alla continua ricerca della perfezione di processo e di prodotto, si alla continua ricerca della perfezione di processo e di prodotto, si presenta oggi sul mercato con una nuova collezione di sigari 100% presenta oggi sul mercato con una nuova collezione di sigari 100% dominicani e che rappresentano una svolta epocale nel settore. Quel-dominicani e che rappresentano una svolta epocale nel settore. Quel-la imprenditoriale di una realtà come Ita – International Tobacco la imprenditoriale di una realtà come Ita – International Tobacco Agency, che su Davidoff (e i suoi vari marchi) ha puntato davvero Agency, che su Davidoff (e i suoi vari marchi) ha puntato davvero molto in questi anni detenendo la distribuzione in esclusiva e colti-molto in questi anni detenendo la distribuzione in esclusiva e colti-vandola con oltre 150 agenti e promoter sul territorio nazionale, per-vandola con oltre 150 agenti e promoter sul territorio nazionale, per-corsi di formazione mirata ed eventi dedicati. Ad Enrico Della Pie-corsi di formazione mirata ed eventi dedicati. Ad Enrico Della Pie-tà, brand manager Davidoff per l’Italia abbiamo chiesto di tracciare tà, brand manager Davidoff per l’Italia abbiamo chiesto di tracciare una fotografi a sull’evoluzione di questo marchio, sull’andamento del una fotografi a sull’evoluzione di questo marchio, sull’andamento del mercato e sulle strategie commerciali nel prossimo futuro.mercato e sulle strategie commerciali nel prossimo futuro.

Innanzitutto la domanda è d’obbligo: come va Davidoff in Italia?Innanzitutto la domanda è d’obbligo: come va Davidoff in Italia?Sembra retorico eppure è così: Davidoff è sempre sulla cresta dell’on-Sembra retorico eppure è così: Davidoff è sempre sulla cresta dell’on-da. Basti pensare che in momenti di crisi generale come questi, noi da. Basti pensare che in momenti di crisi generale come questi, noi abbiamo registrato una crescita nel 2010 di circa il 10% con un 25% abbiamo registrato una crescita nel 2010 di circa il 10% con un 25% di nuovi clienti attivi. E’ la dimostrazione che la qualità paga.di nuovi clienti attivi. E’ la dimostrazione che la qualità paga.

Cosa distingue Davidoff dai suoi principali competitor?Cosa distingue Davidoff dai suoi principali competitor?L’ampia gamma di off erta, la forza di mantenere e incrementare la L’ampia gamma di off erta, la forza di mantenere e incrementare la penetrazione del mercato, la capacità di soddisfare e gratifi care sia la penetrazione del mercato, la capacità di soddisfare e gratifi care sia la rete distributiva sia il consumatore fi nale. Noi abbiamo una grande rete distributiva sia il consumatore fi nale. Noi abbiamo una grande presenza, siamo vicini ai nostri clienti e loro se ne rendono conto.presenza, siamo vicini ai nostri clienti e loro se ne rendono conto.

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Enrico Della Pietà,Brand manager Davidoff per International Tobacco Agency

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unici che riescono a utilizzare esclusivamente lavorazioni unici che riescono a utilizzare esclusivamente lavorazioni a mano, insieme a tecniche di controllo qualità completa-a mano, insieme a tecniche di controllo qualità completa-mente artigianali, che permettano di off rire a chiunque in mente artigianali, che permettano di off rire a chiunque in qualunque parte del mondo la stessa costanza di prodotto qualunque parte del mondo la stessa costanza di prodotto garantita nel tempo.garantita nel tempo.

E adesso arriva sul mercato la grande novità di “Puro E adesso arriva sul mercato la grande novità di “Puro d’oro”…d’oro”…“Puro D’Oro” è la più grande novità Davidoff dell’ultimo de-“Puro D’Oro” è la più grande novità Davidoff dell’ultimo de-cennio. Esattamente 10 anni dopo il lancio della celeberrima cennio. Esattamente 10 anni dopo il lancio della celeberrima serie “Millennium Blend” e a distanza di vent’anni dall’av-serie “Millennium Blend” e a distanza di vent’anni dall’av-vio della produzione di sigari in Repubblica Dominicana, vio della produzione di sigari in Repubblica Dominicana, Davidoff si presenta con una svolta epocale: il “Puro D’Oro” Davidoff si presenta con una svolta epocale: il “Puro D’Oro” è il primo sigaro realizzato esclusivamente con tabacchi e è il primo sigaro realizzato esclusivamente con tabacchi e foglie di copertura provenienti dalla Repubblica Domini-foglie di copertura provenienti dalla Repubblica Domini-cana. Ci sono voluti dieci anni di ricerca e sperimentazione cana. Ci sono voluti dieci anni di ricerca e sperimentazione per arrivare a questo importantissimo traguardo.per arrivare a questo importantissimo traguardo.

Come state progettando il lancio di questa nuova linea?Come state progettando il lancio di questa nuova linea?Il via è previsto a settembre con la distribuzione mirata nei Il via è previsto a settembre con la distribuzione mirata nei nostri punti vendita più selezionati e con una serie di eventi nostri punti vendita più selezionati e con una serie di eventi di presentazione. Ad esempio saremo partner dei “100 vini” di presentazione. Ad esempio saremo partner dei “100 vini” organizzato dal gruppo Meregalli all’Autodromo di Monza organizzato dal gruppo Meregalli all’Autodromo di Monza il prossimo 27 settembre. Invece, dal 3 al 5 settembre, sare-il prossimo 27 settembre. Invece, dal 3 al 5 settembre, sare-mo protagonisti del Luxury of Taste al San Domenico Pala-mo protagonisti del Luxury of Taste al San Domenico Pala-

Cigar world

Enrico Della PietàDopo aver intrapreso la carriera universitaria in Scienze della Comunicazione a Padova è costretto a interrompere gli studi per seguire interessanti opportunità di lavoro che lo portano a spostarsi sia in Italia che all’estero. Inizialmente si occupa di studi e ricerche di mercato per poi specializzarsi nel marketing strategico e nella gestione di gruppi di lavo-ro. Segue con successo lo sviluppo commerciale di una realtà multinazionale con il Wall Street Institute, operando sia sul fronte italiano che estero per oltre cinque anni. Il passaggio alla Ita – International Tobacco Agency nel 2009 rappresenta una nuova sfida pronta per essere colta in un settore, quello del tabacco, ancora tutto da esplorare.

www.davidoff.comwww.itagency.it

Come è strutturato il mercato italiano?Come è strutturato il mercato italiano?E’ un mercato molto particolare, con un grande numero di tabacche-E’ un mercato molto particolare, con un grande numero di tabacche-rie stratifi cate su tutto il territorio e molto diverse tra loro per dimen-rie stratifi cate su tutto il territorio e molto diverse tra loro per dimen-sione, specializzazione, caratteristiche distintive. Noi siamo presenti sione, specializzazione, caratteristiche distintive. Noi siamo presenti con un centinaio di punti vendita specializzati e in altre 1500 riven-con un centinaio di punti vendita specializzati e in altre 1500 riven-dite più generalizzate. Siamo molto attenti alla cosiddetta fi liera in dite più generalizzate. Siamo molto attenti alla cosiddetta fi liera in modo che il cliente fi nale possa sempre riconoscersi e riconoscere la modo che il cliente fi nale possa sempre riconoscersi e riconoscere la qualità Davidoff .qualità Davidoff .

Qual è la sua strategia commerciale e promozionale?Qual è la sua strategia commerciale e promozionale?Noi operiamo in modo molto analitico. Verifi chiamo la domanda Noi operiamo in modo molto analitico. Verifi chiamo la domanda sulla base di indagini di mercato e sviluppiamo specifi che strategie sulla base di indagini di mercato e sviluppiamo specifi che strategie commerciali che abbiano sempre come punto di rifermento la qualità commerciali che abbiano sempre come punto di rifermento la qualità e il valore del marchio. Stiamo lavorando anche per modernizzare e e il valore del marchio. Stiamo lavorando anche per modernizzare e impiegare nuove soluzioni tecnologiche volte a velocizzare e miglio-impiegare nuove soluzioni tecnologiche volte a velocizzare e miglio-rare il dialogo tra noi e la rete distributiva. Inoltre vogliamo dedicarci rare il dialogo tra noi e la rete distributiva. Inoltre vogliamo dedicarci con grande attenzione al consumatore fi nale con eventi, degustazioni, con grande attenzione al consumatore fi nale con eventi, degustazioni, momenti “emozionali” per dare sempre maggiore riconoscibilità al momenti “emozionali” per dare sempre maggiore riconoscibilità al sigaro Davidoff quale oggetto dallo straordinario valore emotivo e di sigaro Davidoff quale oggetto dallo straordinario valore emotivo e di collocazione sociale.collocazione sociale.

E poi c’è grande attenzione all’aspetto formativo…E poi c’è grande attenzione all’aspetto formativo…Esatto. Abbbiamo pensato di mettere a punto un progetto di forma-Esatto. Abbbiamo pensato di mettere a punto un progetto di forma-zione costante a tutta la struttura commerciale. Ho identifi cato due zione costante a tutta la struttura commerciale. Ho identifi cato due k-account, Nico Alunno e Arturo Ciullo, quali fi gure di riferimen-k-account, Nico Alunno e Arturo Ciullo, quali fi gure di riferimen-to, che sono in prima linea per questa attività coinvolgendo anche to, che sono in prima linea per questa attività coinvolgendo anche esperti del settore e lavorando affi nché si possa promuovere una vera esperti del settore e lavorando affi nché si possa promuovere una vera e propria cultura del sigaro. Questo ci permette di identifi care dei ri-e propria cultura del sigaro. Questo ci permette di identifi care dei ri-venditori “uffi ciali” specializzati, in grado di garantire una “customer venditori “uffi ciali” specializzati, in grado di garantire una “customer experience” interamente votata al nostro consumatore.experience” interamente votata al nostro consumatore.

Cosa signifi ca essere brand manager in Italia di un marca così im-Cosa signifi ca essere brand manager in Italia di un marca così im-portante?portante?É sicuramente un grande onore. Ho la possibilità di gestire i migliori É sicuramente un grande onore. Ho la possibilità di gestire i migliori prodotti sul mercato sulla base di una leadership riconosciuta. Da-prodotti sul mercato sulla base di una leadership riconosciuta. Da-vidoff è un brand che manifesta qualità, prestigio, fi losofi a del saper vidoff è un brand che manifesta qualità, prestigio, fi losofi a del saper vivere e inoltre, mi off re l’opportunità di conoscere e condividere ini-vivere e inoltre, mi off re l’opportunità di conoscere e condividere ini-ziative con tutte le aziende di alto profi lo che sono sinergiche ai no-ziative con tutte le aziende di alto profi lo che sono sinergiche ai no-stri prodotti. Sto puntando molto sulle politiche di partnership che ci stri prodotti. Sto puntando molto sulle politiche di partnership che ci consentiranno di migliorare sempre di più la percezione della qualità consentiranno di migliorare sempre di più la percezione della qualità e la cultura di una marca come Davidoff .e la cultura di una marca come Davidoff .

Ma qual è la qualità distintiva di un sigaro Davidoff ?Ma qual è la qualità distintiva di un sigaro Davidoff ?Il sigaro Davidoff è per antonomasia il sigaro perfetto. Noi control-Il sigaro Davidoff è per antonomasia il sigaro perfetto. Noi control-liamo verticalmente tutta la fi liera “dal seme alla cenere”. Siamo gli liamo verticalmente tutta la fi liera “dal seme alla cenere”. Siamo gli

ce Hotel di Taormina. Questi eventi saranno il preludio di ce Hotel di Taormina. Questi eventi saranno il preludio di altre iniziative che svilupperemo via via nei mesi successivi, altre iniziative che svilupperemo via via nei mesi successivi, come ad esempio un’importante evento su Roma. Per noi come ad esempio un’importante evento su Roma. Per noi questo è un momento magico perché quando si lancia un questo è un momento magico perché quando si lancia un prodotto rivoluzionario come questo si deve lavorare sodo prodotto rivoluzionario come questo si deve lavorare sodo sul fronte della progettazione e della strategia sia commer-sul fronte della progettazione e della strategia sia commer-ciale che comunicativa. E’ una nuova grande sfi da. ciale che comunicativa. E’ una nuova grande sfi da. ||

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Il “Puro d’oro”Grazie ad un lungo lavoro di ricerca svolto con la passione di un artista, Hendrik Kelner - famoso esperto di tabacco e responsabile Davidoff nella Repubblica Dominicana - ha perfezionato per la linea «Puro d’Oro» una foglia di copertura coltivata esclu-sivamente nella zona di Yamasá nel sud dell’isola, particolarmente adatta a questo tipo di coltivazio-ne. Questa esclusiva foglia di co-pertura esterna cresce nei campi di tabacco di terra rossa, ric-ca di importanti minerali ed in grado di trasmettere un aroma unico.

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I primi passidella nautica a motore in Italia

Il mito dei cantieri Riva

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Dagli Stati Uniti all’Italia. Prosegue la storia della nautica a motore che vede protagonista in questo speciale il cantiere navale Riva passato dal costruire barche da carico a cabinati di prestigio

a cura di Roberto Magri

Se nel 1884, come abbiamo già avuto modo di sottolineare, sulle sponde del lago St. Clair (nello stato ameri-cano del Michigan) mister Christo-pher Columbus Smith varava la sua prima imbarcazione da diporto a motore, dando così vita al primo can-tiere navale a vocazione diportistica, già da qualche anno, sulle sponde di un altro lago, quello di Iseo, nella cittadina di Sarnico, in provincia di Bergamo, un altro precursore della nautica da diporto, tale Ernesto Riva, sposato con Carolina Malighetti, nel suo piccolo cantiere attendeva alla costruzione di barche da carico, da pesca e da passeggio. L’attività creb-be e in breve tempo la piccola azien-da, avviata dal papà Pietro (che era giunto sul lago di Iseo, quasi per caso provenendo da Lario, in provincia di

Como, perché chiamato da un nota-bile locale, tale signor Giacinto Care-na da Sarnico, che aveva avuto modo di apprezzarne l’arte di calafato e gli aveva quindi proposto di trasferirsi per provvedere alla riparazione di due imbarcazioni danneggiate da un fortunale) che portò a dieci il nume-ro dei dipendenti ed accanto alla at-tività di costruzione di imbarcazioni da diporto, Ernesto, certamente in-traprendente e versato negli aff ari, affi ancò una attività che oggi defi ni-remmo di “ chartering”, Era accadu-to che un armatore di Como avesse commissionato al cantiere Riva la progettazione e la costruzione di un battello a vapore per venticinque passeggeri ritenendo che i piaceri della crociera lacustre non dovesse-ro essere privilegio soltanto di coloro

che fossero economicamente in con-dizione di permettersi di possedere una imbarcazione propria, ma anche di coloro che volessero noleggiare un battello.L’iniziativa piacque ad Ernesto che, dopo aver consegnato l’esemplare al committente, decise di costruirne un gemello per dare vita ad un’attività di noleggio anche sul lago di Iseo. L’ini-ziativa ebbe successo e coadiuvato dalla moglie Carolina, abile cuoca, diede vita anche ad un punto di ri-storo per i gitanti in transito.Le guerre e le pestilenze dei primi del Novecento priveranno Ernesto dei suoi fi gli lasciandogli solo Serafi no, il terzogenito, che proseguirà l’attivi-tà di famiglia, la cantieristica navale, dove prepotentemente aveva ormai fatto irruzione il motore a scoppio.

“Opera”, una delle ultime realizzazioni del cantiere di Sarnico

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l’equilibrio formale dell’oggetto corrisponde al significato della parola greca che gli dà il nome: ariston: “il migliore”

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Risalgono agli inizi del ventesimo secolo i primi re-cord di velocità e Serafi no, nel suo cantiere, fabbrica anche imbarcazioni da corsa con le quali si cimen-ta anche personalmente. Nel 1934 un’imbarcazione Riva, equipaggiata con un motore BPM da un litro e mezzo, si aggiudicherà il record mondiale di veloci-tà di categoria superando i 107 km/h, quando il suo unico fi glio maschio, Carlo, aveva appena compiu-to dodici anni. Il cantiere Riva entrava nella storia della nautica non solo italiana. Come sempre accade, dall’esperienza sportiva all’applicazione industriale il passo è breve e nascono così, come era accaduto negli Stati Uniti di America, i primi motoscafi da diporto.Ma è con il secondo dopoguerra, negli anni della ri-costruzione, che il cantiere Riva si colloca, con rapida progressione, al vertice del diporto nautico divenendo una icona irrinunciabile per il jet-set mondiale.E’ da dire, però, che gli inizi furono piuttosto tribolati, il credito scarseggiava e le garanzie erano poche ma lo spirito imprenditoriale, la passione ed il talento, pro-babilmente uniti ad una buona dose di fortuna, non ultima l’incontro con l’amico Gino Gervasoni, pure di Sarnico, che sposerà la sorella di Carlo, Dafne, con-sentirono al giovane Carlo Riva di divenire il demiur-go della nautica da diporto eguagliando e superando la fama ed il prestigio del cantiere statunitense Chris Craft , unico autorevole concorrente nella gamma dei “runabout” di piccolo cabottaggio.Se da un lato il cantiere del Michigan annoverava tra i suoi estimatori, come si è già ricordato, personag-gi del calibro di Dean Martin, Katharine Hepburn, Frank Sinatra, Elvis Presley, tanto per citare i più noti, va detto che il cantiere Riva poteva annoverare

tra i propri estimatori e clienti Sofi a Loren, Saddrudin Aga Kan, Roger Vadim, Elizabeth Taylor e Richard Burton, Brigitte Bardot, Silvana Mangano.Siamo negli anni Sessanta e Settanta del secolo scor-so, dove la vita mondana si consumava tra via Veneto a Roma e la costa Azzurra. Sono gli anni della “dolce vita”. Sono gli anni in cui nasce il “Tritone”, splendido motoscafo dalle linee superbe ed ineguagliabili, pal-coscenico di attrici aff ermate e sogno di giovani talen-ti. La gamma dei motoscafi Riva si infoltisce e così, ac-canto ai piccoli motoscafi “Scoiattolo” e “Sebino” ecco nascere, dalla felice matita dell’uffi cio progettuale dei cantieri Riva, l’ “Ariston” il “Florida” ed il famoso ed indimenticabile “Aquarama”. Poi nasce il piccolo “Junior”, maneggevole e veloce, adatto allo sci nauti-co ed ideale come “tender” per i grossi panfi li come l’“Odysseia” di Elizabeth Taylor e Richard Burton,

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Il cantiere Riva poteva annoverare tra i propri estimatori e clienti Sofi a Loren, Saddrudin Aga Kan, Roger Vadim, Elizabeth Taylor e Richard Burton, Brigitte Bardot, Silvana Mangan

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al quale seguirà “ Olympic” che chiuderà l’epopea dei motoscafi Riva in legno. Il Ventesimo secolo è al giro di boa e si aff accia pre-potente la vetroresina provocando una rivoluzione nella cantieri-stica navale. Lo stampo, dentro il quale si stratifi ca la vetroresina, consente costruzioni seriali e rapidità di esecuzione che, con il crescere del costo della manodopera, rappresenta certamente un fattore determinante per gli equilibri fi nanziari dei cantieri.E così si aff acciano sul mercato due sobrie imbarcazioni, il “ Bahia Mar” ed il “25 fi sherman” , entrambi di derivazione americana ove il cantiere “ Bertram” stava vivendo il suo migliore momento anche per le ripetute vittorie nelle competizioni motonautiche. Il “Bahia”, così confi denzialmente chiamato dagli estimatori era realizzato sulla struttura del Bertram 20, imbarcazione di poco più di sei metri, dotato di una piccola cabina prodiera, di una postazione di manovra ben protetta e di un discreto prendisole a poppavia. Il “Fisherman” era invece realizzato sulla struttura del “ Bertram 25” ed era dotato di una zona coperta, per l’epoca, am-piamente vivibile, e disponeva di un proporzionato “fl ybridge” che consentiva di timonare l’imbarcazione da una posizione so-praelevata rispetto alla tradizionale, in ciò imitando i fi sherman dai quali, appunto, mutuava il nome. La strada è ormai segnata ed ai due piccoli cabinati ne seguiranno altri e prestigiosi come il

“Riva 42” di poco meno di tredici metri di lunghezza, il “Riva 45” e poi il “48” ed il “Riva 50” che vanno tutti ad annoverarsi nella gamma dei cabinati di prestigio. La produzione non disdegna gli “open” e cioè quei cabinati privi di “fl y bridge” e così nascono il “ Riva 2000”, il “ saint Tropez”, ed il “ Bravo”. Il design muta e con esso i gusti della clientela ai quali Il cantiere di Sarnico si adegua e la penna dei progettisti disegnano il “Diable”, il “Black Corsair” e poi ancora “Opera” e “Dolcevita” ma forse la più bella creazione è rappresentata da “Aquariva”, reinterpretazione mo-derna di “Aquarama”: forse malcela il desiderio di voler tornare alle origini. |

www.marboats.itwww.riva-yacht.com

Nautica Story

Chi ha il dominio del mare ha il dominio di tutto.Temistocle

B&G n.12 pag. 92 “I primi pasi della nautica a motore con la leggendaria Chirs-Craft” B&G n.10 pag. 82“Coppa America oltre 150 di grandi sfide”

nella pagina a fianco dall’alto:Disegni progettuali di “Aquarama”;il mitico “Florida”;“Yunior”, “tender” dello tacht acquistato all’epoca da Elizabeth Taylor e Richard Burton.nell’immagine:“Aquariva”, reinterpretazione moderna di “Aquarama”

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Pilota e imprenditore

le sfi de di Sergio Rota

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Miti a quattro ruote

Storia del pilota bergamasco in lotta nel Trofeo Maserati, per il titolo assoluto e nel Ferrari Challenge per la vittoria mondiale.Il sogno per il futuro: coltivare il talento dei più giovani. Dalle corse alla guida di una delle concessionarie più conosciute in Lombardia con i marchi Alfa, Fiat, Maserati e Ferrari

All’inizio fu una mini moto cavalcata all’età di 6 anni. Come tutti i grandi viaggi cominciano dal primo pas-so, così questo fu il battesimo di sangue di Sergio Rota nello straordinario mondo dei motori. Quella mini moto che all’epoca sembrava possente e vera come le moto dei “più grandi”, quella mini moto che fu un regalo di papà Arnaldo innamorato dei motori come il fratello Pietro, un mito nella famiglia Rota, perché negli Anni ’60 corse la SeiGiorni in Polonia come in-dipendente. Parte da questa immagine l’avventura di un pilota che oggi fa faville al Ferrari Challenge e al trofeo Ma-serati. Un’immagine che ha il sapore di altri tempi, della benzina fatta a miscela, delle mani sporche di olio motore e grasso della catena. Perché il mondo dei motori è fatto così: puoi guidare anche una Formula 1, ma le emozioni sono uguali per tutti quando sotto il sedere ti ritrovi un motore che pulsa, che è fatto di combustibili e combustioni, di liquidi che scorrono e pistoni che galoppano. Per capire la passione di Sergio Rota bisogna cominciare da qui, da quella mini moto

che poi diventa di cilindrata sempre maggiore insieme all’età di un ragazzino che cresce e che arriva a dispu-tare il campionato italiano trial nella classe 240 con la Fantic. Ma il sogno, il grande sogno arriva a 15 anni quando papà Arnaldo riceve l’invito al paddock del Gran Premio di Monza. Purtroppo per quel giorno ci sono solo 2 pass, troppo pochi per soddisfare tutti gli appassionati della famiglia Rota: il papà Arnaldo con i fi gli Sergio e Patrizio insieme allo zio Pietro e al cuginetto Curzio. Allora che fare? Chi lasciare a casa? L’idea del padre Arnaldo è un’astuzia che consente di salvare capra e cavoli. I grandi in bella vista sui sedili, i tre piccoli cuginetti rinchiusi nel baule dell’auto per passare i controlli alla porta Vedano. Per Sergio quei momenti sono una rivelazione. Chiuso nel baule, con la vista bloccata dal buio, è il trionfo dell’immagina-zione: fuori ci sono motori che rombano, una “musi-ca” inconfondibile che trasforma il sogno in realtà.Il cuore di quel ragazzino è ormai rapito dal mondo delle corse. Dopo le moto comincia la carriera nei ral-ly insieme al fratello e poi arriva l’approdo in pista. Il ragazzino diventa uomo, imprenditore e un pilota più maturo. Dal 2000 è un escalation, prima con l’Alfa Romeo, poi la Fiat, la Maserati e infi ne, il mito Ferrari nel Challenge. Tanti podi, tante vittorie e la promessa per il titolo che oggi sembra più concreta che mai. “Quest’anno sono in campo sia nel trofeo Maserati che al Ferrari Challenge – ha spiegato Sergio Rota – e

“Da 105 anni la mia famiglia lavora nel mondo delle auto e credo che oggi la mia passione per la competizione sia un modo per celebrare questa tradizione”

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pensare che la stagione in Maserati doveva essere una toccata e fuga. Ho partecipato alla prima gara, quella a Monza, solo perché ci tenevo a non mancare un appun-tamento così magico. Era dal 2005 che il trofeo Maserati non ripartiva da Monza e io non volevo mancare. Certo non mi aspettavo di arrivare primo davanti a un mito come Ivan Capelli. Un successo incredibile che sarebbe bastato a chiunque. Per questo poi ho scelto di concen-trarmi sul Ferrari Challenge, ma ho avuto forti e piace-voli pressioni da Maserati per continuare a correre e così

ho deciso di essere presente a tutte le gare del fi nale di stagione”. E Sergio Rota lo ha fatto a modo suo trasfor-mando la sua Maserati in un bolide verde militare con un cofano nero opaco dove troneggia la scritta Replay: un omaggio che il pilota bergamasco ha voluto fare a Clau-dio Buziol, amico e fondatore del marchio conosciuto in tutto il mondo, prematuramente scomparso nel 2005 a soli 47 anni, anch’egli grande appassionato di motori. La nuova accoppiata Sergio Rota e Replay è frutto della fon-damentale collaborazione di un altro grande uomo della casa di moda trevigiana, quel Tony Andolfato che oggi si occupa del business development che che sedeva al fi anco di Buziol nelle sue performance in pista. C’è sem-pre questa doppia visione delle cose in un personaggio come Sergio Rota che sa calcare il palcoscenico, ma non dimentica i contenuti più profondi come il forte legame per un amico che come lui amava il mondo delle corse.

Il ragazzino diventa uomo, imprenditore e un pilota più maturo. Dal 2000 è un escalation, prima con l’Alfa Romeo, poi la Fiat, la Maserati e infi ne, il mito Ferrari nel Challenge. Tanti podi, tante vittorie e la promessa per il titolo che oggi sembra più concreta che mai

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Una doppia identità come quella di pilota e imprenditore di successo con una delle con-cessionarie Alfa, Fiat,Ferrari e Maserati più conosciute in Lombardia. E proprio questa capacità di analizzare la realtà anche con lo sguardo attento dell’imprenditore gli ha permesso di continuare a “investire” nel piacere dei motori. “Certo non da solo, ma anche grazie a tutti gli sponsor che mi sono stati vicini in questi anni – ha sottolineato Sergio Rota. Ho cercato di costruire un pro-getto importante dietro alla mia passione per i motori che potesse essere condiviso anche dai miei partner. E tra i partner c’è da sottolineare l’importante accordo con Amato Ferrari e la sua AF Corse di Piacen-za, che gestisce per conto del team Ferrari tutto il settore corse extra Formual 1. E’ in-fatti Amato Ferrari a gestire per noi - con

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E una nuova scommessa attende Sergio Rota, che si prepara a un nuovo futuro nel mondo dei motori, come investire nei più giovani “Ho 42 anni, non posso correre in eterno. Presto mi dedicherò a coltivare il talento dei più giovani, di coloro che hanno la capacità ma non i mezzi per correre. Io cercherò di fare del mio meglio perché dei ragazzi talentuosi possano andare lontano”. Ecco una nuo-va grande sfi da sta per cominciare. |

la conosciuta “chirurgica” professionalità - tutto lo sviluppo meccanico e ingegne-ristico, consentendoci di essere ancor più competitivi”. Le ultime parole di Sergio, prima di tornare al volante e salutarci sono dedicate alla sua azienda: “Da 105 anni la mia famiglia lavora nel mondo delle auto e

credo che oggi la mia passione per la com-petizione sia un modo per celebrare questa tradizione. Perché l’impresa è competizio-ne, è sfi da come nello sport. E adesso ci attendono nuove sfi de con il mercato, con l’esigenza di investire nella ricerca e svilup-po, con la voglia di non arrivare secondi”.

Miti a quattro ruote

www.rotagroupspa.itwww.rotacorse.it

Non saprete mai come si senteun pilota quando vince.Ayrton Senna

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Un itinerario nel cuore di Myanmar, il paese più buddista del mondo, alla scoperta di templi, aspetti della vita rurale locale e antiche memorie coloniali.a cura di Bradipo Travel Designer

nel paese delleViaggio

Pagode

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Testatinaturismo a 5 stelle

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Bradipo Travel Designer propone un itinerario classico ma particolareggiato per partire alla scoperta del pae-se più buddista del mondo: partendo da Yangoon con la sua la pagoda Shwedagon, il tempio più venerato in Myanmar, per raggiungere poi Monywa, una tradizio-nale città birmana, attraverso Mandalay e Sagaing. Lun-go il tragitto per Bagan si potranno scoprire interessanti aspetti della vita rurale locale per poi visitare l’immensa piana templare e proseguire verso il romantico lago Inle. Il viaggio inizia a Yangon, antica capitale del Myanmar, ancora conosciuta come Rangoon, situata alla conver-genza dei fi umi di Bago e di Yangon. Questa città accosta memorie coloniali britanniche, templi buddisti e indù, chiese cristiane e moschee musulmane che la rendono una delle città più esotiche e mozzafi ato del paese. Qui è piacevole godersi una passeggiata lungo i marciapiedi delle strade principali, larghi e spaziosi, invasi dai merca-ti e dai tavolini dei ristoranti oppure mescolarsi ai fedeli che recitano le loro preghiere in un’oasi di pace, ammi-rando le immagini simboliche di un luogo dove la dot-trina buddista permea ogni attimo della vita quotidiana. Molto interessante il Museo Nazionale, dove ammirare i manufatti antichi immergendosi nella aff ascinante sto-ria del paese. Imperdibile la celebre pagoda Shwedagon, il tempio buddista più venerato in Myanmar. Si parte poi alla volta di Mandalay, dove si pernotterà presso l’Ho-tel by the Red Canal, piccolo e grazioso, che rappresen-ta una celebrazione dell’artigianato del Myanmar con i suoi mobili in teak, gli accessori in rattan, la madreperla ed altri materiali locali come il marmo che decora le pa-reti dei bagni. Un’esperienza unica è quella di perdersi negli splendidi giardini del Shwenandaw Kyaung, l’an-tico palazzo reale Birmano, dove si arriva ad immagi-nare lo splendore che ha caratterizzato questi luoghi fi n dai tempi antichi: l’oro zecchino di cui sono ricoperti i cornicioni separa il rosso dei legni pregiati dal cielo sem-pre di un puro colore turchese. Al tramonto salire sulla collina di Mandalay ricca di scalinate a spirale e templi,

L’itinerario alla scoperta del Paese parte da Yangoon con la sua pagoda Shwedagon, il tempio più venerato in Myanmar, per raggiungere poi Monywa, una tradizionale città birmana, attraverso Mandalay e Sagaing

permette di farsi trasportare dal pen-siero in tempi lontani, ammirando lo splendido paesaggio da punti pa-noramici mozzafi ato. Immancabile una visita alla pagoda Mahamuni che ospita uno dei Buddha più venerati del paese, che nel corso del tempo è stato rivestito d’oro e, per fi nire, una traversata sul fi ume Irrawaddy per visitare l’antica capitale di Mingun, sede della Pagoda più grande, non ultimata e distrutta da un terremo-to. Attraversando il ponte sul fi ume Irrawaddy si arriva a Sagaing. La col-lina è costellata di pagode e templi dipinti di bianco, che costituiscono il centro religioso del Myanmar e ospi-tano tremila monaci e svariati centri di meditazione. Con tre ore di auto da Mandalay si raggiunge Monywa, una tradizionale città birmana co-struita sulle rive del fi ume Chindwin.

Attraversando in battello il fi ume e dopo un breve percorso a bordo di una jeep, si arriva alle grotte situate in una fenditura delle colline di Powin-taung. Questo straordinario comples-so è costituito da 947 ambienti scavati nell’arenaria della collina e contiene quella che gli archeologi considera-no la più grande raccolta di pitture murarie e statue di Buddha di tutto il Sudest asiatico. Lungo la strada che porta a Pakokku, aff ascinante cittadi-na dalla ricca tradizione artigianale, si attraversano villaggi tradizionali, dove è possibile osservare i contadini che si arrampicano sulle palme per estrarre il succo dal quale producono lo zucchero di palma. Con una traver-sata di due ore sul fi ume Ayeyarwady si raggiunge Bagan, città ricca di pa-gode e templi favolosi: solo visitando-la è possibile comprendere perché sia

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www.bradipotravel.com

Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere. Dalai LLamaa

Turismo a cinque stelle

INFO UTILI SUL MYANMAR

CapitaleNay Pyi Taw

StagionalitàDal punto di vista climatico, i mesi migliori per visitare il Myanmar sono quelli da novembre a febbraio, quando le precipitazioni sono ridotte e il caldo è tollerabile. Se in-tendete recarvi nelle stazioni climatiche collinari o sulla costa di Rakhine, la stagione più indicata va da marzo a maggio, periodo invece proibitivo se desiderate visitare Bagan e Mandalay. L’affl usso turistico nel paese è minore in maggio, giugno e settembre. Documenti I viaggiatori di nazionalità italiana, così come quelli del-la maggior parte dei paesi, devono essere muniti di visto d’ingresso, che consente una permanenza di 28 giorni, e che sarà necessario richiedere prima della partenza, poi-chè non vengono rilasciati visti all’arrivo. Ai fi ni del rila-scio occorre presentare, fra gli altri documenti, il passa-porto con una validità residua di almeno sei mesi.

Monetakyat (K). Il dollaro US può essere usato in alternativa al Kyat per pagare il soggiorno in hotel, biglietti aerei e visi-te ai musei e ai vari siti archeologici. Invece per pagare le spese di tutti i giorni si preferisce la valuta locale.

LinguaBirmano, oltre a karen e dialetti chin, shan e kachin

ClimaClima gradevole e mite tutto l’anno.

Religione89% buddhista theravada, 4% cristiana (3% battista, 1% cattolica), 4% musulmana, 1% animista, 2% induista e al-tre religioni

Fuso orarioSei ore e mezzo avanti rispetto al meridiano di Greenwich

considerata una delle meraviglie dell’Asia. Diffi cile descrivere e commentare i nume-rosi templi costruiti secondo stili diff erenti nei vari periodi in cui Bagan è stata il fulcro culturale e religioso più importante dell’in-tera regione; lo stile architettonico adottato per la costruzioni degli edifi ci si è infatti evoluto velocemente nell’arco dei secoli per

dare più luce agli spazi interni, utilizzando materiali provenienti anche dall’India. Qui si soggiorna al Myanmar Treasure Resort, una struttura inserita in un’area archeo-logica di grande interesse, con camere ar-redate in modo tradizionale, arricchite da opere d’arte. Un’intera giornata è dedicata all’esplorazione delle bellezze di questa città:

dal colorato mercato Nyaung Oo dove ogni giorno gli abitanti giungono per vendere o acquistare prodotti freschi, proseguendo con la splendente pagoda Shwezigon, per terminare con la visita ai templi di Wetkyi-In Gubyaukgyi, Htilominlo e Ananda, uno dei più belli di Bagan. Al tramonto, Bradipo Travel Designer propone una crociera sul fi ume Irrawaddy dove verrà servito un coc-ktail su un banco di sabbia. Un modo ma-gico per terminare la giornata. Con un volo interno si raggiunge in seguito il lago Inle, un’oasi circondata dall’altipiano meridiona-le dello Shan. Una volta raggiunto il lago dal villaggio di Nyaung Shwe, a bordo di una barca a motore privata si raggiunge l’altra sponda per ammirare uno dei paesaggi più spettacolari del paese. Sul lago sono stati costruiti diversi villaggi su palafi tte, abitati dalla tribù Intha. I giardini e i villaggi gal-

leggianti off rono interessanti scorci della vita locale; sarà possibile ad esempio osservare la particolarissima tecnica di pesca utilizza-ta dagli indigeni: essi remano con una gamba in modo da avere le mani libere per pescare con una rete conica. Si prosegue quindi verso la Pagoda Phaung Daw Oo, il principale santuario della zona, che contiene cinque immagini sacre di Buddha rivestite d’oro. La mattinata seguente sarà dedicata agli acquisti di artigianato locale che è possibile fare al mercato galleggiante, dove la parola d’ordine è “contrattare”. Qui Bradipo Travel Designer propone un corso di cucina presso una casa tipica birmana, un’opportunità davvero in-teressante per conoscere i sapori tradizionali e la preparazione dei piatti della cucina locale. Si alloggia al Myanmar Treasure Resort, posizionato sulle tranquille sponde del lago, dove un’enorme ter-razza consente di ammirare il tramonto, poco sopra la silouhette delle montagne, con le nuvole che sembrano incendiarsi mentre si specchiano nelle acque. Un viaggio in Myanmar si trasforma così in un’esperienza unica di meditazione e rifl essione alla scoperta di sensazioni mistiche e di beatitudine. |

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Business&Gentlemen agosto - settembre 2010

Macef Autunno Dal 9 al 12 settembre 2010

Sede: Polo fi eristico Milano

Macef, Salone Internazionale della Casa, è dedicato a tutti i settori e le merceologie in cui si articola la vita domestica, compresi gli spazi all’aperto e la vita in compagnia dei piccoli animali e la cura della persona, presentata attraverso la vasta area Bijoux, dedicata a bigiotteria, accessori moda, orefi ceria e gioielleria. Macef è una mostra molto grande (occupa quasi per intero Fiera Milano) che da oltre quarantacinque anni anticipa e propone le tendenze, i prodotti, i materiali degli oggetti di uso domestico.

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agosto

Anteprima 8 e 9 settembre 2010

Sede: Polo Fieristico Milano

Un’occasione di incontro e confronto di idee con le migliori società produttrici di pelle, sintetico, accessori e componenti per calzatura, pelletteria, abbigliamento ed interni in pelle. Una rassegna altamente specializzata, riservata ai designer, ai produttori della moda e del lusso, al top del mercato internazionale. Anteprima si svolge due volte l’anno. E’ una presentazione “in esclusiva” di idee e proposte per la messa a punto dei campionari, che vengono poi esposti a Lineapelle, la maggiore fi era mondiale di settore.

Milano Unica Dall’8 al 10 settembre 2010

Sede: Polo Fieristico Milano

Milano Unica riunisce le manifestazioni italiane da oltre 25 anni che rappresentano con successo il tessile italiano ed europeo. I tessuti del Made in Italy sono il punto di riferimento internazionale per la produzione di gamma:da qui la richiesta di mercato di una razionalizzazione dell’off erta. Per questo motivo Ideabiella, Ideacomo, Moda in e Shirt Avenue hanno trovato la formula giusta per fondere concretamente la tradizione con il nuovo.

Surface ExpoDal 15 al 18 settembre 2010

Sede: Nuova Fiera di Bergamo

Surface Expo è l’unico salone nazionale interamente dedicato alla fi nitura industriale ed al trattamento delle superfi ci. Si rivolge ai seguenti settori merceologici: pretrattamento e verniciatura, sgrassaggio con solventi, lavaggio con soluzione acquosa, vibrofi nitura e burattatura, fi nitura e pulitura meccanica, sabbiatura e granigliatura, galvanotecnica, attrezzatura ecologica per la fi nitura, centrifugazione, prodotti di consumo, accessori ed apparecchiature di supporto, strumentazione per il controllo dei processi, altre macchine ed altri impianti, lavorazioni per conto terzi.

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I prossimi appuntamenti

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L’agendadelle Fiere

settembre

Bread&GameDal 24 al 26 settembre 2010

Sede: Brixia Expo

Bread & Game è l’evento per chi è cresciuto con il controller in mano, per chi ha sempre pensato che l’uso migliore del televisore fosse collegato a una console, per chi è convinto che mouse e tastiera non servano solo per lavorare e navigare e per chi non ha paura di trovarsi in coda perché ha sempre in tasca un dispositivo per giocare.

MI Milano Prêt-à-Porter donnaDal 24 al 27 settembre 2010

Sede: Polo Fieristico Milano

MI Milano Prêt-à-Porter, prende il posto dello storico MilanoVendeModa, uno degli appuntamenti più importanti per il mondo della moda, rinnovandosi nei contenuti e riconfermandosi un’occasione unica di presentare le collezioni di Prêt-à-Porter. Negli stand di MI Milano Prêt-à-Porter i capi non saranno più rigidamente divisi in categorie, bensì i prodotti selezionati secondo logiche attente di innovazione e di ricerca, di affi dabilità e di validità, verranno proposti secondo un percorso comprensibile con immediatezza. Le diverse tipologie - capospalla, maglieria, accessori, abbigliamento formale e casual - a MI Milano Prêt-à-Porter “vivranno” le une accanto alle altre rendendo più facile ed immediata l’interazione da parte dei buyers e degli addetti ai lavori.

NoFrills Expo24 e 25 settembre 2010

Sede: Nuova Fiera di Bergamo

Positività, rete e innovazione: la strada per il successo passa da qui. E’ questo il fi l rouge che lega tutti gli appuntamenti convegnistici della decima edizione di NoFrills. Sul palcoscenico della kermesse sfi leranno interlocutori di prim’ordine, a partire dal ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla, attesa per il giorno di apertura della manifestazione. Da Alpitour World e dalla storica adv vicentina Tonello Viaggi, alle nuove fi gure professionali dei consulenti di viaggio, fi no ai grandi gruppi di agenzie come Blu Holding, che, da poco attuata una virata nella strategia commerciale, farà il suo debutto a NoFrills in veste di protagonista di un dibattito.

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agosto

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B&G - Business&GentlemenPubblicazione bimestralewww.businessgentlemen.it

Anno III – numero 14 - agosto/settembre 2010

Direttore responsabileMauro [email protected]

RedazioneCoordinamento:Laura Di [email protected] redazione e contenuti web:Desirée [email protected]:[email protected]

ImpaginazioneStefania Bugada, Enrico Benedetti

Equipe tecnico-scientificaIvan Consoli, Andrea Bonalumi, Enrico Della Pietà, Roberto Magri, Leonardo Marabini, Ivan Mazzoleni, Cristina Moro, Maria Teresa Zorza, Alberto Claudio Tremolada

Hanno collaboratoFabrizio Calvo, Alessandro Rossi, Alice Sofia Neri, Elena Sottocornola, Dario Fiorina, Massimo Crucitti, Vincenzo Diego Cutugno, Edoardo Monopoli Fotografie B&GLeonardo Grassi, Vincenzo Lombardi

Archivi fotograficiIBM, Amplifon, Claind, Philips Italia, Università degli Studi di Bergamo

Immagini uffici stampaAida Partners, Perego Solera, Smau, Bradipo Travel Design, Davidoff

Editore e RedazioneCobalto Srlvia Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamotel. 035.226599 - fax. 035.3830350

Pubblicità NazionaleCobalto Advvia Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamotel. 035.226599 - fax. 035.3830350Executive AccountSara [email protected]

Pubblicità per Monza e BrianzaMarketing Planet SrlVia V. Emanuele, 15 – 20052 MonzaTel. 039 2308568 – Fax 039 2308576CoordinamentoAldo [email protected]

StampaCPZ Spavia Landri, 37 - 24060 Costa di Mezzate (BG)

Testi e fotografie, forniti su qualsiasi supporto,anche non pubblicati non verranno restituiti.

Registrazione al Tribunale di Bergamo n.5 del 7 febbraio 2008N. iscrizione ROC 12491

errata corrige: Con riferimento all’articolo pubblicato a pag.12 del numero di giugno-luglio 2010, in cui appare Quintiles, l’Azienda precisa che i propri dipendenti nel mondo sono 23.000 e non 3.000 come erroneamente riportato.

ADERISCI ANCHE TUtel. 02.39605295 fax 02.39605212 - [email protected]

www.galganogroup.it/allegati/gmq/CampagnaNazionaleQualita.pdf

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per testimoniarne il ruolo strategico

APPUNTAMENTO CON LA QUALITA’ A NOVEMBREil Gruppo Galgano presenta

la 22a

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Il Gruppo Galgano invita Aziende e Istituzioni

ad aderire numerose alla Campagna Nazionale 2010

per entrare nel Circuito di Comunicazione della Campagna condivisa

per aprire una vetrina privilegiata sulla propria azienda dal sito dell’iniziativa

per essere ospiti Galgano agli Incontri organizzati per l’occasione

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Con te per individuare la chiave di volta del tuo business e aprirti la strada del successo.

Al tuo fianco per consigliarti la giusta strategia, allargare le prospettive e cogliere nuove opportunità.

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La combinazione

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Voglia di creativitàPer i manager italianiè un requisito fondamentale per avere maggiore successo

Perché fare reteLo auspica Confi ndustriaLombardia, lo fannole PMI, lo vuole il mercato

A caccia di talentiAspettando Smau.L’indagine sulle fi gure più ricercate nel settore ICT

Green economyStrategie di business:quando l’aziendasi “tinge di verde”

Case historyFocus su: Raccortubi,Giannini, Claind, Log-In Group,Pamar

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Gioielli e orologi hi-tech, la rivoluzione targataRusconi che lancia sul mercato marchi innovativie va alla conquista anche di Europa e Stati Uniti

Innovation jewellery

ProtagonistiMatteo Antonelli, Sara Baroni, Vincenzo Boccia, Angelo Crippa Claudio Dubbini, Mario Salomone, Sergio Tonfi

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gianluca rusconi