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Leadership Se il mercato diventa una “guerra” i manager devono combattere Virtual communication Nuovi strumenti per comunicare nel mare dei mercati fluidi Fedeltà in azienda Gestire i collaboratori tra motivazione e talento Black list Le scelte sbagliate dei manager di oggi anno V - numero 21 | marzo - maggio 2012 | € 5,00 Innovare per competere: parola di Carlo Gomarasca numero uno in Italia di Ansys, leader mondiale nelle soluzioni per la simulazione numerica. L’arma vincente per creare i prodotti del futuro e affrontare le complesse sfide del mercato Protagonisti Riccardo Blumer Rosario Castellano Andrea Cumini Sydney Finkelstein Mariacristina Galgano Roberta Garibaldi Veronica Hope Hailey Pietro Scott Jovine Giuliano Noce L’innovazione L’innovazione tra sfi de e promesse tra sfi de e promesse Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 45% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB BERGAMO - COBALTO SRL In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di BERGAMO per la restituzione al mittente che si impegna al pagamento dei resi. www.businessgentlemen.it CARLO GOMARASCA FOTOGRAFATO DA MARCO RIVA

B&G N°21

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Business&Gentlemen è una rivista bimestrale dedicata al mondo delle imprese protagoniste della storia economica lombarda. I principali temi trattati sono cultura d’impresa, innovazione, formazione, internazionalizzazione, qualità, energie alternative. Tutto questo a cominciare dai volti, storie e personaggi che fanno grande questo straordinario tessuto imprenditoriale

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LeadershipSe il mercato diventa una “guerra”i manager devono combattere

Virtual communicationNuovi strumenti per comunicarenel mare dei mercati fl uidi

Fedeltà in aziendaGestire i collaboratoritra motivazione e talento

Black listLe scelte sbagliatedei manager di oggi

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Innovare per competere: parola di Carlo Gomarasca numero uno in Italia di Ansys, leader mondiale nelle soluzioni per la simulazione numerica. L’arma vincente per creare i prodotti del futuro e affrontare le complesse sfi de del mercato

ProtagonistiRiccardo Blumer

Rosario CastellanoAndrea Cumini

Sydney FinkelsteinMariacristina Galgano

Roberta GaribaldiVeronica Hope Hailey

Pietro Scott JovineGiuliano Noce

L’innovazioneL’innovazionetra sfi de e promessetra sfi de e promesse

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Famiglie e imprese sono il nucleo por-tante del Paese. C’è chi storcerà il naso, lo sappiamo, pensando che ci siamo dimenticati qualcuno. Eppure la fami-glia e l’azienda sono gli spazi in cui c’è ancora la possibilità di trovare riparo, conservare le forze e continuare a lot-tare in questi tempi difficili. C’è ancora amore, c’è ancora passione, c’è ancora voglia di fare e costruire dentro questi due piccoli, ma grandiosi mondi pieni di valori autentici che resistono all’oblio di un Paese in declino.

L’Italia che vuole risollevarsi si appog-gia su questi due pilastri per trovare la stabilità necessaria. Ma il terreno di fondo è viscido e la melma si fa largo tra le crepe, insieme a scarafaggi e pa-rassiti. La famiglia è il cuscinetto socia-le che tutto assorbe, tutto ammortizza, tutto aggiusta. Finché può. Lo sanno i nostri giovani disoccupati che sono co-stretti costantemente ad aggrapparsi alle radici domestiche, lo sanno milioni di padri e madri che combattono ogni giorno senza alcun sostegno sociale, lo sanno gli anziani che ritrovano nella famiglia il calore negato da un Paese senza memoria. Ma il cerchio si strin-ge, le casse si prosciugano e l’energia del focolare non durerà per sempre. L’articolo 1 della Costituzione va ri-scritto: l’Italia è una repubblica de-mocratica fondata sulla famiglia.

Chi è scandalizzato può anche cambia-re pagina.

Però c’è un’altra “ famiglia” che conti-nua a fare la sua parte: è la piccola e media impresa italiana. Decine di mi-gliaia di aziende che restano sul cam-po ogni giorno, sfidando la complessità con la forza dell’ innovazione, il corag-gio di scelte difficili e la pazzia di chi non guarda solo al bilancio. Conosco personalmente decine di imprenditori che in questo momento non hanno al-cuna intenzione di mollare pur di fron-te a perdite e passività. Nel mondo della speculazione e della finanza virtuale, l’economia reale è fatta da tanti piccoli “capitani d’impresa” che restano aper-ti nonostante tutto, che non vogliono mollare lasciando a casa i loro collabo-ratori e le loro famiglie. Forse non c’è il grande business nelle vene di chi non si vuole arrendere di fronte alla realtà di un mercato sempre più aggressivo e complesso (l’oceano rosso), ma c’è il sentimento sociale del danno che deriverebbe dalla chiusura di un’azienda. E’ una visione romanti-ca e anacronistica, ma ci ricorda che c’è qualcuno in questo Paese che non può permettersi di stare seduto nella como-dità delle poltrone del palazzo. Qual-cuno si deve ancora sporcare le mani e guardare in faccia la realtà. Come fan-no ogni giorno famiglie e imprese.

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Due pilastri per la stabilità

B&G è anche online!Non una semplice vetrina della rivista, ma un magazine vero e proprio dedicato al mondo delle imprese, del business e del lifestyle. Servizi quotidiani e approfondi-menti suddivisi in canali tematici: dall’economia ai personaggi, dall’internazio-nalizzazione ai giri di poltrona, dalle fi ere all’Ict. E poi, i canali dedicati all’intrat-tenimento e al lusso: yacht, motori, gioielli, orologi, viaggi e molto altro.

Visita il nuovo sito di B&G: www.businessgentlemen.it

Legenda delle icone di lettura

Business & Gentlemen ha studiato dei richiami grafici per aiutare la “naviga-zione” dei servizi e offrire informazioni aggiuntive.

Innanzitutto ogni articolo presenta un’icona che ne identifica la tipologia di contenuto:

Giornalistico: servizi, approfondimenti, interviste realizzate dai nostri giornali-sti e dai collaboratori B&G.

Tecnico-scientifico: studi e ricerche che hanno una connotazione tecnico-scientifica e che sono realizzati da esperti, docenti o studiosi.

Divulgativo: notizie, curiosità, antepri-me, focus di carattere divulgativo sui temi d’interesse generale: dalla moda ai motori, dall’arte al design.

Inoltre la lettura può riservare infor-mazioni aggiuntive con le seguenti icone

Immagini: didascalie e spiegazione del materiale iconografico

Url: la segnalazione di siti e portali sul tema trattato

Argomenti correlati: segnalazione di servizi B&G che trattano argomenti simili

Citazione: un ipse dixit che impreziosisce il discorso trattato

Bibliografia: la segnalazione biblio-grafica collegata all’argomento

Editoriale di Mauro Milesi

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B&G è anche onliNon una semplice vetrimondo delle imprese, dmenti suddivisi in cananalizzazione ai giri di ptenimento e al lusso: ya

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Sommario numero 21 | marzo - maggio 2012

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6. Editoriale Due pilastri per la stabilità

10. Abstract Pillole di B&G dedicate al pubblico estero

12. Rubrica Libri Angolo dedicato a volumi sul mondo delle imprese

14. Speciale Innovazione 1 Lombardia ai primi posti in Europa per innovazione

18. Speciale Innovazione 2 Successo di idee per la quarta edizione

di K-Idea

24. Speciale Innovazione 3 Intervista esclusiva a Carlo Gomarasca,

numero uno di Ansys Italia

32. Conoscenze integrate La virtualizzazione per competere

vincendo nei mercati fl uidi

38. Speciale Leadership 1 Quando il mercato diventa una “guerra”

i manager devono combattere

44. Speciale Leadership 2 Black list dei peggiori manager.

Ecco come restarne fuori

48. Andrea Cumini Cosa signifi ca essere un giovane imprenditore oggi

52. Grohe Tecnologia, design e qualità per proteggere il pianeta 56. La non-crescita dei salari Produttività, investimenti, e “confi dence fairy”

60. Metra Promuovere la “cultura dell’alluminio”

per avere successo

64. “Quarto Potere” Come i mezzi di comunicazione di massa infl uenzano la società

66. Fra.mar La sfi da di un uomo per un’azienda

fatta di persone

70. Veronica Hope Hailey Più motivati non vuol dire più produttivi

74. Roberta Garibaldi Turismo e cultura: intervista all’esperta docente universitaria

78. Hotelplan La divisione incentive rinnova la sua veste

80. Tecnologie Per la banda larga serve un cambio

di passo 84. Riccardo Blumer Intervista all’architetto e designer vincitore del compasso d’oro

88. Infrabuild Dalle reti d’impresa un progetto

per Expo 2015

92. I diritti degli agenti nell’UE Nonostante le direttive comunitarie

la legislazione dipende dallo Stato

94. Internazionalizzazione Italia - Germania. Manager uniti

per la comunicazione

96. Gestione d’impresa Logiche di pricing innovative per essere competitivi

98. Turismo a cinque stelle Un tour attraverso la Namibia, un angolo di Africa vera 104. Fiere Tutti gli appuntamenti più importanti dei prossimi mesi

Sono i vantaggi per coloro che sceglieranno di abbonarsi a Business & Gentlemen, per avere sempre uno sguardo attento e privilegiato sul mondo dell’imprenditoria in Lombardia. Abbonarsi alla rivista, che attraverso le sue pagine racconta sfi de e imprese dei protagonisti del mondo imprenditoriale lombardo, permetterà non solo di risparmiare, usufruendo di sconti speciali e del prezzo bloccato per l’intera durata dell’abbonamento, ma anche di ricevere puntualmente ogni numero di B&G.

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Business&Gentlemen marzo - maggio 2012

Nuggets of B&G

We dedicate the English abstracts of some of the most interesting articles published on this issue to the foreign business public happening to leaf through B&G

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Today, innovation is the key to overcoming the global economic crisis. Th is special issue is dedicated enti-rely to this theme. From the situation in Lombardy, which in 2011 once again confi rmed itself leader on this front with over 15 thousand patents according to the news reports of two events that have made in-novation their leitmotif: the “K-Idea Award”, spon-sored annually by the “Parco Scientifi co Tecnologi-co Kilometro Rosso” (Red Kilometre Scientifi c and Technological Park) and “Innovare per Competere”, the Innovation Executive Conference , an event orga-nised by Ansys and Federmanager to provide mana-gers and businessmen with information on concrete tools for facilitating innovation. Th e main feature is an exclusive interview with Carlo Gomarasca, Ma-naging Director in Italy of Ansys (US multinational developer of simulation soft ware), who emphasises how companies should be given concrete tools to ad-vance and facilitate innovation.

Special issue on innovation. Interview with Carlo Gomarasca, Managing Director of Ansys Italia

Th e company as a system of integrated knowledge is incre-asingly focusing on ICT, Information Technology. Social networks, virtual communities, cloud communities, new technologies have made it easier and more cost-effi cient for stakeholders to collaborate. Th is is the key to business development. Th ese relationships form the basis of the exchange of knowledge and experiences, which if shared/managed become part of a company’s intangible key as-sets. Double interview with Fabrizio Caprara (President of Saatchi & Saatchi Italia) and Luigi Paganetto (Dean of the Faculty of Economics at the Tor Vergata University of Rome). Fabrizio Caprara believes that a brand becomes what consumers perceive, i.e. what the brand conveys to them. While Luigi Paganetto argues that SMEs operating online are growing much faster than other enterprises.

Collaborative business tools. Competing in fl uid markets

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Great uncertainty, risks at every step and consequen-tly constant stress. Extreme situations that normally only exist in specifi c contexts, primarily the military one. However, with the progress of the global eco-nomy in recent years these situations have become a daily occurrence, even for businesses. In this envi-ronment of constant emergency in which managers have to work, it is essential and at the same time much more diffi cult to have good leadership skills. How can managers guide their employees, motivate them and encourage them to do even better when the future is so uncertain and the tables may turn at any moment? We asked Rosario Castellano, Manager of the Acqui Division, whose extensive experience in the fi eld has provided invaluable insights on what qualities a good leader should have, in the army as well as in business.

If the market becomes a “war”, then managers will need to adapt

Abstracts

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We are in times of cri-sis: times when it is diffi cult to keep one’s business afl oat, almost impossible to start one from scratch; times when the State or the banks cannot commit to supporting innova-tion and new projects. Basically, times when it is very diffi cult being an entrepreneur, being a young entrepreneur even more so. We he-ard the views of An-drea Cumini winner of Confcommercio’s 2011 Young Entrepreneur

Award. Many topics were discussed during the interview, the role of young entrepreneurs today, and all the com-plexities and problems that they face, but also the enormous poten-tial off ered by new technologies. We then discussed the reasons for the “entry barriers” in companies, which according to the 36-year-old manager are partly due to the parti-cular characteristics of today’s youth.

Today’s young entrepreneurs: “humility and the ability to get involved”. Th e words of Andrea Cumini

Th ose who believe that having motivated and loyal emplo-yees is the best choice should think again. A new interna-tional research has shown that there are four diff erent do-mains of employee engagement and that more enthusiast and loyal employees are the least proactive. Th e study by Veronica Hope Hailey, Elaine Farndale, Marc van Veldho-ven and Clare Kelliher was conducted between 2009 and 2011. Four multinational corporations were studied, in-cluding GKN, AkzoNobel and Tesco HSC in the UK, the Netherlands, India and China. We interviewed Veronica Hope Hailey who explains how the research was conducted and why the results of this study may be useful to mana-gers. Is it better to have more motivated employees or more productive employees? Th e choice is a matter of priority.

More motivated employees do not necessarily mean better employees

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“Innovazione lean”, pubblicato da Hoepli fa parte della collana dedicata al management. Una guida pratica per innovare a basso costo e con successo

Il tema dell’innovazione è oggi di grande attualità per le azien-de di qualsiasi dimensione, uno dei punti chiave per il successo in questa diffi cilissima fase di congiuntura economica. Chi non sa adattarsi alle mutevoli condizioni che sempre più vivremo è destinato a fallire. Luciano Attolico, nel suo libro “Innovazione Lean” parte proprio dal tema dell’innovazione per snocciolare metodi e strategie utili per il successo. Si tratta del primo libro in Italia che spiega i legami tra Lean Th inking, innovazione e strate-gia aziendale di successo, attraverso una rifl essione approfondita su questa materia, con oltre 100 pagine di casi di studio. Spesso si sottovaluta l’impatto che l’innovazione gioca nella prosperità sul lungo periodo. La focalizzazione di aziende e professionisti sul loro cuore pulsante, cioè l’insieme dei prodotti e dei servizi off er-ti sul mercato, permette di recuperare risorse preziose e dedicarle a ciò che può davvero fare la diff erenza nel tempo.

“Se vogliamo far crescere le nostre aziende, dobbiamo far cre-scere le persone all’interno delle stesse – spiega Luciano Attolico – E occorre farlo coniugando produttività con benessere degli individui. Sono, infatti, convinto che il patrimonio intangibile del know-how custodito nelle persone, quello non depositato in processi scritti e formalizzati, spesso determina o meno il suc-cesso di un’impresa e di coloro che in essa operano”.Riuscire ad applicare i principi del Lean Th inking, ossia la cul-tura del massimo risultato con il minor sforzo, nei processi dove si gioca l’innovazione in azienda può diventare oggi l’arma più potente al costo più basso. In questo libro, teorie, metodi e casi di studio, spiegati da Luciano Attolico, partner italiano di Optipri-se, la società di consulenza di Jeff rey Liker e John Drogosz, sve-lano i segreti del Lean Th inking applicati all’innovazione e allo sviluppo dei nuovi prodotti: la chiave del successo che accomuna le migliori aziende al mondo. Il libro si prefi gge di trasferire una metodologia strutturata che lega prodotti, processi, persone e strumenti attraverso un sistema applicabile in qualsiasi contesto aziendale e avvalendosi di numerosi casi aziendali di successo

tra cui Lamborghini, Peugeot-Citroen, Telecom, Laika, Con-tinental, Ethos e Sacmi.L’introduzione è affi data a Jef-frey Liker, autore del best sel-ler internazionale “Th e Toyota Way” e “guru” riconosciuto a livello mondiale. La prefazione è di Franco Bernabè, attuale presidente del gruppo Telecom Italia. Si rivolge a: imprendito-ri; top e middle management; impiegati; consulenti d’azien-da; docenti di Università e Bu-siness School tecnico-econo-miche; liberi professionisti. Lo stesso Jeff rey Liker nel parlare di questo libro sottolinea: “I principi descritti in questo

libro consentono di capire a fondo come creare un sistema di persone, processi e tecnolo-gie che possa proiettare l’azien-da nel futuro, con prodotti che risolvano davvero i problemi del cliente. E’ questa la via per diventare leader del merca-to ed eccellere come azienda. Il percorso e l’esperienza di Luciano rappresentano una preziosa opportunità per im-parare ad applicare il “potere” del Lean Th inking all’innova-zione e allo sviluppo dei nuovi prodotti”. |

www.hoepli.it

L’AUTORE Luciano Attolico è esperto riconosciuto a livello interna-zionale di Lean Thinking applicato all’innovazione e allo sviluppo di nuovi prodotti, nonché attento conoscitore della realtà Italiana, statunitense ed europea. Dopo la laurea in Ingegneria Meccanica, ha da subito cominciato a occuparsi di Lean Production e Industrializzazione nuovi prodotti in Magneti Marelli, dove ha integrato le sue co-noscenze Lean insieme ad un importante mentore giappone-se, Masaaki Yutani, ex Operations Manager Toyota. Dal 1995 a oggi ha alternato l’attività di consulente e formatore a quella di manager in importanti aziende multinazionali. In azienda, tra il 2003 e il 2007 in SIEMENS Automotive, è stato responsabile del lancio in produzione di prodotti innovativi ad alto contenuto tecnologico. Dalla fine del 2007 Lucia-no Attolico è tornato alla consulenza e alla formazione, fondando Lenovys, società di cui è attualmente Presidente e Master Trainer. Lenovys è specializzata nella trasforma-zione in chiave lean delle aziende clienti: produzione snel-la, uffici snelli, sviluppo snello di prodotti e processi. Più produzione con meno risorse. Più valore per i clienti, con meno costi. Prodotti nuovi sul mercato in meno tempo e a minor costi. Maggiore integrazione con i fornitori, a costi minori e qualità maggiore.

“Innovazione Lean”Luciano Attolico300 pagine c.a.Editore Hoepli (2012)Collana: Management

Strategie per

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Riuscire ad applicare i principi del Lean Th inking, ossia la cultura del massimo risultato con il minor sforzo, nei processi dove si gioca l’innovazione in azienda può diventare oggi l’arma più potente al costo più basso

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Secondo i dati emersi da un’elaborazionedella Camera di Commercio di Milano, la Lombardia si conferma tra i principali leader sul fronte dell’innovazione. In particolare, il capoluogo lombardo ha raccolto nel 2011, più di 15mila brevetti

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Lombardia ai primi posti in Europa per innovazione

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Lombardia in primo piano

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150 Anni di invenzioni italiane

Centocinquanta anni di storia italiana raccontati attraverso altret-tanti brevetti rilasciati dal Patent Offi ce degli Stati Uniti d’Ame-rica: dalla Vespa di Corradino d’Ascanio alla celebre Delorean di “Ritorno al futuro” progettata da Giugiaro, Alessandro Cruto che condivise con Th omas Edison l’invenzione della lampadina a in-candescenza fi no ad arrivare a Renzo Piano e Dante Giacosa, il

padre della 500, la Olivetti e la Beretta. Ergo l’eccellenza del mercato italiano raccontata dallo storico Vittorio Marchis del Politecnico di Torino nel suo originale libro “150 (anni) di in-venzioni italiane”, edito da Feltrinelli. Un libro in cui ogni brevetto viene raccontato attraverso il di-segno al tratto depositato e una scheda che ne spiega i dettagli più curiosi. Si parte dalla locomotiva mossa dagli animali, il cui brevetto è stato depositato il 7 ottobre 1851 da Clemente Masserano fi no ad arrivare alla pianta di lampone Erika di An-tonio Pititto, Luigi Gadler, Flavio Roberto De Salvador per il Centro di Ricerca per la Frutticultura di Roma, del 2010. Come spiega lo stesso autore, con questo brevetto “si apre al lettore tutto un nuovo mondo di trovati che non appartengono più al mondo degli artefatti, delle cose, ma a un altro genere i cui sviluppi futuri non interessano più la meccanica ma le scienze della vita”. Nel mezzo degli anni passati in rassegna nel libro, c’è la storia dell’Italia e il cambiamento nei modi, costumi e soprattutto nelle invenzioni e degli inventori perchè passando dall’Ottocento al Novecento piano piano gli inventori scompa-iono all’ombra di un sistema in cui il “brand” si impone. Per cui al nome degli inventori presto si sosituiranno i nomi e cognomi di direttori tecnici e amministratori delegati quali Vittorio Ghidella, alla guida della Fiat negli anni Ottanta del Novecento. Non solo, perchè negli anni all’uomo si affi ancano le macchine e gli schemi elettrici che presto diventano elettro-nici. Per cui le descrizioni grafi che dei brevetti stessi si sempli-fi cano e si fanno più essenziali e più comprensibili agli occhi di una platea più ampia. La struttura del libro è organizzata intorno: a un apparato iconografi co legato al documento ori-ginale depositato presso il Patent Offi ce degli Stati Uniti; un breve estratto in lingua originale della descrizione del brevetto; una nota di inquadramento storico. Come ha sottolineato lo stesso autore nell’introduzione, dal libro sono stati esclusi i brevetti più strettamente legati alle di-scipline teoriche, di diffi cile rappresentazione grafi ca. |

Business&Gentlemen marzo - maggio 2012

La Lombardia resta tra i centri più forti in Europa per innovazione. In particolar modo Milano si assesta sulla settima posizione per brevetti depositati, dopo Monaco, Parigi, Isèere e Hauts de Sei-ne, Berlino e l’olandese Brabant. Per quan-to riguarda il territorio nazionale, quasi un brevetto su quattro proviene dal bacino milanese. È quanto emerge da un’elabora-zione della Camera di Commercio di Mila-no su dati Eurostat pubblicati nel 2011 sui brevetti totali. Sul fronte dei brevetti tecnologici - ICT (information communication technology), hightech, biotecnologici – Milano resta tra

le prime, al 12° posto e anche la regione Lombardia si tiene in 17° posizione per gli stessi indicatori. In Italia, su quasi 70mila domande di bre-vetto depositate nel 2011 (in calo dell’ 1,2% rispetto al 2010), il 22,5 percento arriva da Milano (15.500, di cui 2.423 per inven-zioni), seguita da Roma (12,6%) e Torino (7,9%). Forte di questi dati Diana Bracco, vice presidente della Camera di commercio di Milano, ha lanciato la proposta di istituire a Milano il Tribunale di prima istanza in materia brevettuale. Si tratta di creare un sistema giurisdizionale europeo che con-

sentirebbe una riduzione dei costi che le imprese devono sostenere (in Europa il co-sto è 13 volte più alto che negli Stati Uniti). Milano, tra i primi centri di brevettazione in Europa, può lanciare la propria candida-tura, che si affi ancherebbe a quella di Mo-naco, Parigi e Londra. “Facciamo appello alle istituzioni milanesi e nazionali – ha dichiarato Diana Bracco - per essere unite nella candidatura di Mi-lano, confrontarci con le concorrenti euro-pee e dare una chance a Milano per acqui-stare un nuovo ruolo internazionale nella mediazione delle controversie in campo brevettuale. Un ruolo per cui la nostra città

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Aumentano gli investimenti in vista di Expo 2015

Non solo turismo per Expo 2015. Le imprese lom-barde aspettano il grande evento internazionale investendo in innovazione ed alta tecnologia. L’84,4% ha già investito nel 2011 in macchinari e il 52,9% in informatica. E le imprese innovative ad alto contenuto tecnologico sono quelle che in-vestiranno di più (il 67,9% sul totale del settore), e nel 2011 hanno già investito mediamente circa il 5% del proprio giro d’aff ari. E quelle di Monza e Brianza hanno investito di più, con un quota del proprio giro d’aff ari del 6%. È quanto emerge da stime e da elaborazioni dell’Uffi cio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza, su dati Registro Imprese, Istat, Sistema Informativo Excelsior, Unioncamere Lombardia, Uffi cio Italiano Brevetti e marchi. Tecnologia e innovazione disegnano così l’im-magine e la prima impressione che i visitatori previsti per l’Esposizione Universale avranno di Milano e della Lombardia, un fl usso turistico che darà ossigeno anche al comparto: solo l’indotto legato ai settori di ricettività, cultura e turismo vale 35 mila posti di lavoro in più in Lombardia, Milano esclusa. “L’Expo è un’opportunità – ha dichiarato Carlo Edoardo Valli, Presidente della Camera di commercio di Monza e Brianza – per Milano, la Brianza e l’intero Paese, sia in termini di indotto sia per l’Expo che resta, vale a dire per quelle ricadute economiche e di valore aggiunto che un grande evento globale produce. E l’iniziativa di Cisco rappresenta un esempio concreto di come un’eccellenza possa apportare a Expo un plus d’innovazione che resterà in eredità al sistema economico e produttivo da utilizzare per lo sviluppo strategico e la crescita comune.” |

Lombardia in primo piano

processo innovativo, riducendo i costi per le imprese e facendo di Milano un punto di passaggio, confronto e riferimento internazionale sull’innovazione con ricadute e benefi ci duraturi per il territorio”. La Corte europea dei brevetti é il nuovo organismo giurisdizionale che avrà competenza sui brevetti che inventori e imprese italiani vorranno tutelare in Europa. L’Italia partecipa a pieno titolo, come parte contraente, ai negoziati per la defi nizione del trattato costitutivo del tribunale internazionale da cui verranno giudicate le controversie sui brevetti registrati in base all’attuale convenzione di Monaco e su quelli futuri. |

ha una vocazione spontanea, data la capacità innovativa e brevettale, non solo come fulcro in Italia, ma raggiungen-do i primi posti delle classifi che europee. Un compito che potrebbe portare nuovi benefi ci per favorire ancor più il

Rendering del progetto Expo 2015

Per brevetti, Milano arriva subito dopo Monaco, Berlino e Parigi. Quasi un brevetto su quattro in Italia è depositato nel capoluogo lombardo; sono circa 15mila e 500 le domande e più di 2mila scelgono Milano per le loro invenzioni

L’innovazione è ciò che distingue un leader da un followerSteve Jobs

www.mi.camcom.it

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Le tre idee sono state scelte tra un ventaglio di 85 proposte ar-rivate, sintomo di una forte volontà di innovare soprattutto in un contesto di crisi. Proposte giunte da tutta Italia che hanno visto come leit motiv dominanti il tema dell’Ambiente (per il 22 percento), del Design (per il 20 percento), dell’I.C.T. (per il 18 percento) e dell’Energia (per il 16 percento). Gli “inventori” che hanno partecipato a K-idea non sono stati

solo ricercatori e centri di ricerca (11 percento) ma soprattutto liberi professionisti (38 percento); rispetto all’anno precedente è raddoppiata la percentuale di idee proposte da donne, a con-ferma che “l’innovazione e la tecnologia abitano anche in luo-ghi non convenzionali”, come ha sottolineato Mirano Sancin, ideatore della manifestazione e direttore di Kilometro Rosso: “K-Idea, avviato in via sperimentale quattro anni fa, si inserisce

Successo di ideeper la quarta edizione

di K-idea

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Una borsa per biciclette trasformabile in giubbotto, un dispositivo per la cucitura rapida dei bottoni e un sistema per la produzione microeolica di energia in edifi ci residenziali. Sono questi i tre progetti, di cui due presentati da donne, vincitori della quarta edizione di K-idea, evento organizzato da Kilometro Rosso in collaborazione con Brembo, Jacobacci&Partners, MPXLab, Whirlpool e Umania. La manifestazione, diventata ormai un appuntamento fi sso nell’agenda di chi si occupa di innovazione, si è tenuta lo scorso 15 marzo al Kilometro Rosso alla presenza degli inventori, aziende e un folto pubblico

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K-idea

oggi in un percorso consolidato di Kilometro Rosso nella dif-fusione dell’innovazione. Infatti accanto ai recenti accordi con prestigiose istituzioni scientifi che come il Laboratorio di luce di Sincrotrone Elettra di Trieste e l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, K-idea con proposte provenienti da ambienti origina-li e non convenzionali cerca di intercettare tutte le potenzialità creative e tecnologiche utili allo sviluppo di processi e prodot-

ti ad alto contenuto innovativo. Queste sono particolarmente preziose in un momento di crisi e diffi coltà come quello attuale, dove la propensione ad innovare tende a crescere in quanto, in una situazione di restrizione delle opportunità di mercato e di estrema concorrenza, l’impresa è alla ricerca di nuovi margini di profi tto, e quindi è più aperta e disponibile al cambiamento e all’innovazione”.

La piazza delle idee in Kilometro Rosso nel corso dell’evento

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Bik&Coat di Arianna Picerni e Mariangela OrsettiBik&Coat è un progetto completamente femminile, nato da un’idea di Arianna Picerni e Mariangela Orsetti. Si tratta di una borsa per biciclette trasformabile in giubbotto multiuso la cui ispirazione arriva dalla volontà di riciclare l’airbag delle automo-bili. “E’ una borsa versatile e di moda che può essere realizzata in diversi modi – ha spiegato Arianna Picerni -. Rappresenta sicu-ramente un nuovo modo di andare in bicicletta, completamente antiscippo con ben due strutture di ancoraggio”. L’invenzione, diventata un brevetto, si presenta come una sacca contenitore po-sizionabile su biciclette e motocicli e all’occorrenza può trasfor-marsi in una giacca da indossare. Il tutto grazie a delle aperture posizionate lungo il perimetro del cerchio da cui escono maniche e cappuccio di un impermeabile o giacca, cucito nella sacca o a se stante, ripiegato al suo interno. La borsa può essere staccata una volta parcheggiato il mezzo e la bicicletta, di per sé, resta quindi priva di bagagliaio. Le potenzialità di questa invenzione hanno determinato che il Bik&Coat potesse legarsi non esclusivamente alla forma iniziale e ai materiali di riciclo, ma a un universo e un mercato molto vari. La fi losofi a di questa invenzione è quella di

coniugare in modo semplice, una funzione a una tendenza per interpretare le scelte del mercato, soddisfarne i bisogni e interpre-tarli in modo originale e accattivante. |

da sinistra: Mirano Sancin, Arianna Picerni, Mariangela Orsetti, Enrica Monticelli

Cucibottone a Spillo, di Fulvio BuonavogliaIl dispositivo per la cucitura rapida dei bottoni ideato da Fulvio Buonavoglia permette di cucire un bottone senza particolari dif-fi coltà, velocemente e ovunque, senza la necessità di particolari capacità manuali e senza dispendio di tempo e denaro. Si tratta fondamentalmente di un ago e un fi lo di nylon trasparen-te, con una scanalatura, associati a un piattino, con una linguetta per il bloccaggio del fi lo per mezzo della scanalatura presente. L’installazione avviene per le fascette di cablaggio in nylon, nel fi ssaggio dei fi li elettrici. La diff erenza sostanziale è caratterizzata dal fatto che vi è una punta costituita da un ago, che la cinghia di fi ssaggio è costituita da un fi lo tondo e che questo fi lo penetra attraverso l’ordito del tessuto. Il Cucibottone a spillo è realizzato in materiale plastico trasparente e per questo può essere prodotto al minimo costo. |

da sinistra: Fulvio Buonavoglia, Michele Bellani

StatisticheUn’innovazione che per questa edizione di K-idea ha visto pro-tagonisti inventori, donne e uomini di un’età compresa tra i 35 e i 50 anni (per il 54 percento) e provenienti per il 45 percento dalla Lombardia e il 55 percento dal resto d’Italia. I progetti vincitori sono stati selezionati da un apposito Comitato di Selezione composto anche da rappresentanti delle realtà sosteni-trici dell’iniziativa ( Brembo, Jacobacci&Partners, MPXLab, Whir-pool e Umania) e sono: la Bik&Coat di Arianna Picerni e Marian-gela Orsetti; I.R.W.E.S. - Integrated Roof Wind Energy System di Rossella Ferraro e il Cucibottone a spillo di Fulvio Buonavoglia. È inoltre stato segnalato dal Comitato per la particolare originalità e creatività l’inventore Ivan Lanzoni per i suoi progetti Green sha-dow, Smart Cities Garden ed Eco-Coff ee system. Sono state inoltre segnalate 38 idee ritenute meritevoli ed originali. “Quest’anno – ha continuato Sancin - la qualità delle idee è stata

decisamente superiore alla media delle passate edizioni. Un dato da rimarcare che dimostra il valore di questa manifestazione in re-lazione alla situazione congiunturale: come diceva Einstein, è nella crisi che sorge l’inventiva”. |

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Gli “inventori” che hanno partecipato a K-idea non sono stati solo ricercatori e centri di ricerca (11 percento) ma soprattutto liberi professionisti (38 percento); rispetto all’anno precedente è raddoppiata la percentuale di idee proposte da donne

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K-idea

Leader a livello mondiale nella produzione e commercializzazione di elettrodomestici Whirlpool è un Gruppo che da sempre ha puntato sull’innovazione. Unicità, vantaggio competitivo e valore per il cliente, un’invenzione per l’azienda deve avere tutte queste qualità

Cos’è un’invenzione o, in termini più aziendali, l’innova-zione tecnologica? Per noi di Whirlpool, signifi ca tre cose: l’unicità, il vantaggio competitivo e il valore per gli stake-holder, ossia, appunto, per i nostri clienti. In assenza di uno di questi tre requisiti non è corretto parlare di innovazione: non lo è se non c’è un passo avanti sotto il profi lo tecnico; non lo è se la novità non si traduce in plus per l’azienda che l’ha concepita e commercializzata; non lo è se non è stata pensata e realizzata per facilitare la vita di chi ne farà uso. E questo perché la tecnologia per noi non è mai fi ne a se stessa, ma deve an-dare incontro ai bisogni delle persone. È tanto importante questo aspetto per noi che quest’anno Whirpool si è ag-giudicata uno dei più prestigiosi rico-noscimenti mondiali nel design, l’IF Gold Award, per un piano di cottura, l’iXelium, concepito grazie ai consigli dei consumatori stessi. Con il team di Consumer design guidato dall’architetto Alessandro Finetto noi conduciamo degli studi di usabilità; un campione di consumatori utiliz-

za i nostri elettrodomestici e dandoci indicazioni che i no-stri ingegneri traducono in soluzione tecnologica. Nel caso del piano di cottura gli utenti chiedevano tempi più rapidi per l’operazione, diminuzione dei consumi e maggior faci-

lità di pulizia.

I nostri tecnici hanno ridisegnato il bruciatore: a oggi la fi amma dei for-nello fuoriesce a 30 gradi rispetto al fondo della pentola, quella del piano di cottura iXelium impatta perpen-dicolarmente, abbreviando i tempi e riducendo del 30% i consumi.

Per la pulizia su iXelium, invece, è suffi ciente il passaggio di un panno inumidito grazie alle nanotecnologie applicate all’acciaio che garantiscono lucentezza e protezione dai graffi ; il tutto si presenta con un design piatto e perfettamente integrato al piano che

ci ha fatto meritare il prestigioso If Gold. Partire dal basso, dai bisogni espressi da chi utilizzerà quella tecnologia ogni giorno: anche questa è innovazione. |

testo di Mauro Piloni, Vice Presidente Ricerca e Sviluppo Whirlpool corporation

Piano di cottura iXelium

www.whirlpool.it

L’innovazione per Whirlpool

Mauro Piloni, Vice Presidente Ricerca e Sviluppo Whirlpool corporation

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Ivan Lanzoni e il design per le tecnologie green

Integrated Roof Wind Energy System di Rossella Ferraro

Tre invenzioni accomunate da un unico fi lo conduttore: il design per le tecnologie green. Tre invenzioni che hanno permesso all’architetto Ivan Lanzoni di aggiudicarsi una segnalazione particolare da parte del Comitato di K-idea. Le tre idee sono: Green shadow, Smart Cities Garden ed Eco-Coff ee system. La Green Shadow altro non è che un pannello solare di ultima genera-zione, un pannello fl essibile, un si-stema modulare che può essere ap-plicato e incorporato nel tessuto di un ombrellone da spiaggia per po-tenziare le qualità di cose e oggetti che ci circondano. La Smart Cities Garden, nasce dall’idea di sfruttare una turbina eolica veticale in grado di produrre energia in modo silen-zioso, senza avere elementi in mo-

vimento potenzialmente pericolosi come le pale delle turbine eoliche tradizionali. E quando il vento non c’è ci sono pannelli solari. Questa tecnologia potrebbe essere utiliz-zata per realizzare stazioni elettri-che all’interno dei parchi urbani, lungo le strade o nei giardini delle abitazioni. Eco-Coff ee system nasce dall’idea di realizzare una capsula di caff è riutilizzabile abbinata a un sistema di ricarica che eviti sprechi di caff è. Posizionata la cialda, con un sistema a molla che la tiene pres-sata sulla bocca del dosatore, e que-sta viene caricata agendo sulla leva di carico. Un sistema apri e chiudi a caduta. Inoltre, per agire anche sull’acqua, la vaschetta dell’acqua è pensata per contenere sali addolci-tori e purifi catori. |

L’invenzione IRWES nasce dalla necessità di ridurre inquina-mento e costo dell’energia utilizzando luoghi e oggetti dove si consuma quotidianamente energia. Si tratta di un sistema per la produzione microeolica di energia in edifi ci residenziali che, sfruttando il vento che circonda un edifi cio e l’edifi cio stesso, produce un quantitativo di energia notevolmente superiore a qualsiasi sistema presente oggi sul mercato. La sua inventrice, Rossella Ferraro, è una ricercatrice e l’idea, come lei stessa ha spiegato, è stata realizzata grazie alla collaborazione con una collega olandese. Il sistema di basa su una serie di feritoie che permettono l’ingresso del fl usso d’aria all’interno del tenno. Al di là delle feritoie una serie di canali a sezione variabile garanti-sce una consistente accelerazione del fl usso per messo dell’eff etto Venturi. Il fl usso viene accelerato e guidato verso il centro del-la struttura dove è posta una micro-turbina ad asse verticale. Il fl usso d’aria che non riesce a penetrare all’interno della struttu-ra, trova strada lateralmente o al di sopra dell’edifi cio. Quest’ul-tima porzione di fl usso raggiunta la facciata opposta dell’edifi cio, genera una depressione che favorisce la fuoriuscita dell’aria che attraversa l’interno del tetto. L’energia prodotta da una turbina eolica è proporzionale al cubo della velocità del vento e grazie a IRWES può raggiungere valori molto elevati anche in aeree ur-bane. Confrontato con qualsiasi altro sistema microeolico pre-sente sul mercato, IRWES produce un quantitativo maggiore di energia elettrica e può funzionare sia a basse che ad alte velocità del vento, può essere completamente isolato dall’edifi cio evitan-do problemi di vibrazioni e rumore, può essere adattato all’edi-

fi cio senza intaccarne l’estetica e ha un ritorno d’investimento superiore ai sistemi micro-eolici oggi sul mercato. Come ha spiegato la stessa Ferraro, la sperimentazione in Italia è aperta “soprattutto nella parte costiera dove il vento è maggior-mente presente”. Sul fronte del mercato si lavorerà soprattutto sugli edifi ci alti e residenziali. |

Rossella Ferraro

Ivan Lanzoni

www.k-idea.euwww.kilometrorosso.com

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Fare innovazione non è più una scelta. Oggi come oggi è una necessità. Ma quali sono gli strumenti concreti per realizzare prodotti innovativi? In che modo le aziende possono ridurre i ri-schi legati all’innovazione? Abbiamo chiesto l’opinione di Carlo Gomarasca, Managing Director di Ansys Italia. Multinazionale da 40 anni leader a livello mondiale nello sviluppo e commercia-lizzazione di soft ware per la simulazione numerica, Ansys vanta 40.000 clienti nel mondo tra grandi e piccole aziende che hanno come denominatore comune la volontà di essere eccellenze nel loro settore attraverso una innovazione costante, e che trovano in Ansys un vero e proprio partner. “Guardare 10 anni avanti” questa è la fi losofi a di Ansys. Lavorare in tutto il mondo con le aziende che creano i prodotti del futuro permette di avere un osservatorio privilegiato per poter vedere i cambiamenti in atto a livello globale, e naturalmente anche su mercati locali come l’Italia. E proprio in Italia il team di Ansys, guidato da Gomarasca, aiuta le aziende ad implementare le tec-nologie di simulazione numerica perchè si integrino nel processo di sviluppo prodotto comprimendolo, rendendolo più effi cace ed effi ciente, permettendo di disegnare i prodotti del futuro.

Domanda di rito: quanto conta l’innovazione oggi?Le giro la domanda: chi può permettersi di non innovare se vuole dare un futuro alla propria azienda? Di recente ho letto i report della World Intellectual Property Organization, l’ente delle Na-zioni Unite che promuove la protezione della proprietà intellet-tuale. Negli ultimi anni si è registrata un’impennata del numero di invenzioni in tutto il mondo, con una predominanza dei Paesi asiatici, di fatto i nuovi player del mercato, ma con numeri im-

portanti anche in Europa. Questo signifi ca un numero elevato di nuovi prodotti che arrivano sul mercato, la necessità di accorcia-re i tempi di sviluppo e di creare ogni volta qualcosa di veramente nuovo: è sempre più diffi cile tenere il passo. Questo vale sia per la grande multinazionale che per la piccola azienda. E’ per questo che oggi sono necessari strumenti che le aiutino.

Secondo lei da cosa dipende questa spinta all’innovazione?Certamente per le aziende dalla necessità di essere competitivi, ma è l’unico motivo? Questo è un punto interessante. A mio av-viso no. Da una parte penso ad aziende come Apple, Facebook e anche Google la cui innovazione è nata in modo spontaneo da uomini che seguivano un sogno, che avevano una visione e vole-vano realizzarla ad ogni costo. Queste aziende hanno rivoluzio-nato il nostro modo di vivere, creando nuovi mercati e rompendo i vecchi paradigmi. Dall’altra parte ci sono necessità oggettive: se per esempio è un dato di fatto che le fonti energetiche tradiziona-li si vanno esaurendo e che la richiesta energetica del pianeta cre-sce, allora è indispensabile creare sistemi che consumino meno, che usino energie alternative, costruiti con nuovi materiali. Sia-mo costretti ad innovare. Attenzione: si è sempre innovato, da quando è nato il mondo. La grossa novità è nel ritmo con cui oggi dobbiamo farlo, sempre più veloce, e nel fatto che l’innovazione incrementale, quella fatta di piccoli miglioramenti, riduce la sua importanza nei confronti dell’innovazione radicale, quella fatta di balzi rivoluzionari. Per sua natura, questa è più rischiosa per-chè ha insita una componente maggiore di sconosciuto da esplo-rare. Questi trend creano problemi non da poco agli imprendito-ri e ai dirigenti d’azienda.

Fare innovazione oggi è la chiave per uscire dalla crisi e ricerche come quella effettuata da istituti autorevoli come Aberdeen Group indicano la simulazione numerica come uno strumento indispensabile per chi sviluppa nuovi prodotti. Intervista in esclusiva a Carlo Gomarasca, numero uno in Italia di Ansys, l’azienda leader a livello mondiale nello sviluppo e commercializzazione di software per la simulazione numerica

“Ogni prodotto è una promessa. La simulazione permette di mantenerla”

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Protagonisti

Carlo Gomarasca, Managing Director di Ansys Italia

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Quanto conta la collaborazione tra impre-sa e istituzioni come le università e i centri di ricerca per valorizzare l’innovazione e il trasferimento tecnologico?Sono fondamentali. La capacità creativa, che è la base dell’innovazione, deve essere libera, e l’ambiente accademico è il luogo per eccellenza dove può esserlo. Gli atenei sono una fucina di idee che può essere molto positiva per le aziende. Il trasferimento tec-nologico tra questi due soggetti è necessario per fare innovazione. Le università hanno sulle imprese e sul mercato un’infl uenza fresca, sono ricche di menti giovani e bril-lanti che ricevono continui stimoli dall’am-biente che le circonda. Oggi poi è possibile comunicare in un modo che fi no a pochi anni fa era impensabile. Questo permette una condivisione continua, la creazione di una rete globale per confrontarsi e unire le proprie competenze. Questa collaborazione è un bisogno reciproco. Le aziende possono prendere molto dagli ambienti universitari e allo stesso tempo sono le aziende stesse che stimolano la creatività degli studenti. Con-corsi, fi nanziamenti di progetti specifi ci, sono tutti modi per favorire l’innovazione. Ansys stessa ha dei programmi di collabo-razione attivi con università di tutto il mon-do, molti anche in Italia, dedicati a ricerca-

tori, professori e studenti, sia nelle facoltà di ingegneria che nelle business school, dove si formano i manager del futuro.

Se dovesse spiegare in poche parole a un profano che cos’è la simulazione virtuale, cosa gli direbbe?Direi che la simulazione è quello che sta die-tro ad ogni prodotto. Dietro le auto, dietro i cellulari... dietro la progettazione e realizza-zione di buona parte degli oggetti, da quelli più complessi a quelli di uso quotidiano. Con la simulazione ho a disposizione un laboratorio virtuale per testare tutte le idee che mi vengono, capire se sono realizzabili e scegliere quelle vincenti, risolvere i pro-blemi del prodotto prima ancora che esista, verifi care come si comporterà durante il suo intero ciclo di vita. La simulazione ci assicu-ra che gli oggetti si comporteranno come ha deciso chi li ha pensati e come si aspetta chi li usa. Ogni prodotto è una promessa che un’azienda fa ai suoi clienti e la simulazione permette alle aziende di mantenerla. Potrei fare molti esempi per spiegare cosa intendo. Un’automobile promette, tra le altre cose, la sicurezza dei suoi occupanti. Duran-te un incidente le strutture si deformano, per assorbire gli urti, gli airbag entrano in funzione, il piantone dello sterzo collassa...

questo è stato pensato dagli ingegneri che lo hanno verifi cato in decine di migliaia di ipotesi con sistemi virtuali, in modo che se dovesse accadere davvero, questo sistema di protezione manterrà la promessa di far-vi uscire incolumi. Non è un esempio preso casualmente ma viene dalle rifl essioni di un collega che ha avuto un incidente terribile qualche mese fa.

La simulazione permette di rispondere a domande del tipo “Fammi vedere come si comporterà se …?”. E’ una domanda fonda-mentale perché i prodotti oggi sono sempre più complessi, vengono impiegati in con-testi molto variabili, integrano diverse tec-nologie e funzioni in un ingombro sempre più ridotto. Oggi parliamo spesso di smart products: sono i prodotti intelligenti, che di solito vincono la sfi da del mercato. Chi realizza un prodotto come questo non può

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La simulazione deve fare in modo che gli oggetti si comportino come ha deciso chi li ha pensati e come si aspetta chi li usa

la simulazione si applica negli ambiti più disparati, ed è alla base della maggior parte dei prodotti che ci circondano. Dalla

messa a punto di una lavatrice, allo studio delle possibili difettosità in un telaio in materiale composito,

alla prevenzione della rumorosità dei freni fino alla messa a punto di attrezzature

sportive. La simulazione permette di realizzare prodotti mai immaginati

prima, come l’aereo di terrafugia che può trasformarsi in auto.

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Costruire una nuova “cultura dell’innovazione” che passa attraverso gli strumenti concreti, tecnologici e non, che ci sono per realizzarla. Solo in questo modo si potranno superare le diffi coltà dell’economia attuale e tornare ad essere competitivi in un mercato globale. Questo è quanto emerso dall’Innovation Executive Conference “Innovare per competere” 2012. L’evento organizzato da Ansys e Federmanager, ar-rivato ormai alla sua seconda edizione, è stato l’occasione per manager e imprenditori di ritrovarsi in un contesto comune per capire quanto l’innovazione sia importante oggi e quali siano gli strumenti miglio-ri e più concreti per realizzarla. La conferenza svoltasi il 23 febbraio scorso presso il parco scientifi co tecnologico Kilometro Rosso ha vi-sto la partecipazione di aziende e università attive da anni e a diversi livelli nel campo dell’innovazione tecnologica che con le loro espe-rienze hanno contribuito al successo di questa iniziativa. Un succes-so inaspettato con oltre 200 iscritti, segno indiscutibile che l’aria sta cambiando, che, anche in Italia, si stia prendendo coscienza dell’im-portanza dei temi trattati e della consapevolezza che l’innovazione e gli strumenti per metterla in pratica non possano più restare ai piani bassi. Investire in strumenti per innovare è diventata una scelta di bu-siness che può determinare la crescita o il fallimento di un’impresa per questo sono decisioni che vanno prese ai vertici. “L’affl uenza di pubblico – ha dichiarato Carlo Gomarasca, Managing Director di An-sys Italia – è stata di molto superiore alle nostre aspettative tanto da

commettere errori: il prodotto deve funzionare perfet-tamente, e il fatto che sia estremamente innovativo e molto complicato da realizzare non è una scusa accet-tata dai clienti se qualcosa non funziona. Questi pro-dotti, senza la simulazione numerica, semplicemente non si possono realizzare. Ma anche altri aspetti sono interessanti: forse non facciamo più caso al fatto che certi oggetti sono cambiati e migliorati in modo im-portante nel corso degli anni. Pensiamo solo alle inter-ferenze tra radio e cellulari, a quel rumore fastidioso che ora si sente sempre meno o al problema della ricezione del telefonino in alcune zone rispetto ad altre. Questi miglioramenti sono possibili anche grazie all’impiego della simulazione.

Ci può fare qualche esempio di progetti del futuro che saranno realizzati attraverso la simulazione virtuale? Quali sono i settori maggiormente interessati?Come si può parlare di progetti del futuro? Riguardano un tempo che è lontano dal comune modo di pensare e quindi troppo diffi cili da intuire oggi. Gli oggetti che oggi consideriamo di uso comune, solo pochi anni fa erano impensabili e il cambiamento è sempre più ra-pido e incalzante. Ci sono progetti di cui abbiamo già parlato, il biberon che si scalda da solo, le macchine vo-lanti che possono sembrare del futuro ma che in realtà sono oggetti del presente... ma senza andare su prodotti particolari, direi che la simulazione è un po’ dietro ad ogni prodotto: dall’aereo alla lavatrice, dal bruciato-re del riscaldamento alla climatizzazione degli edifi ci, al motore elettrico. Questo vale anche per i settori di applicazione, dai più intuitivi come l’aerospaziale, ai meno facili da individuare come l’edilizia o gli articoli sportivi. Quelli più signifi cativi? Direi che l’elettronica domina tantissimi prodotti e c’è una crescita importan-te di utilizzo della simulazione, trasversale sui settori industriali. Un’automobile negli anni ’60 aveva come unico elemento elettronico: la radio. Oggi la situazione è completamente cambiata. Ma il grosso salto tecnolo-gico oggi è nella possibilità di analizzare l’interazione tra più fenomeni fi sici. Riprendendo l’esempio dell’auto, molti componenti elettronici sono normalmente posti all’interno del motore e quindi devono funzionare ad alte temperature e resistere alle forti e continue vibra-zioni. La simulazione ha permesso che questi elementi potessero funzionare ed essere affi dabili anche in que-ste diffi cili condizioni. Se vogliamo invece individuare i grandi trend dello sviluppo prodotto, direi il controllo dei costi dell’ingegneria attraverso una ottimizzazione spinta di prodotto e processo, il “robust design”, ovvero il progettare sistemi a prova di errore e di guasto, e il green design, quindi l’attenzione all’impatto ambienta-le, consumi energetici, emissioni, riciclabilità.

E fi no a che punto può spingersi la simulazione? Arri-veremo a simulare l’essere umano?Lo facciamo già. Sono molti gli ospedali che impiegano i nostri soft ware per simulare alcune operazioni chirur-giche particolarmente complesse come quelle sul cuore dei neonati. Le aziende farmaceutiche studiano come il corpo assorbe i medicinali per aumentarne l’effi cacia

Innovare per competere 2012: gli strumenti che aiutano dirigenti ed imprenditori a combattere la crisi

Federmanager e Ansys ancora insieme per promuovere l’innovazione e gli strumenti per realizzarla. La crisi non accenna a passare e non è più possibile restare indietro. Investire in innovazione oggi non è più una scelta ma una necessità per essere competitivi e il management italiano deve prenderne atto

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Protagonisti

L’evento Innovare per competere

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aver dovuto chiudere le iscrizioni. È un segnale forte che dimostra da parte dei manager la necessità di conoscere quali opzioni hanno oggi per aumentare la competitività delle loro aziende e di quanto l’innovazione tecnologica sia determinante”. Una presentazione completa che parte dalla ricerca per arrivare fi no ai mezzi per tutelare e proteggere l’idea. Alma Graduate Scho-ol - Università di Bologna, Elextrolux, Warrant Group e Jacobacci and Partner, queste le aziende che insieme agli organizzatori, con 6 speech dedicati, hanno spiegato come oggi sia possibile accede-re a strumenti effi caci per supportare l’innovazione, e di come sia responsabilità del management conoscerli per implementarli in azienda. “Oggi come oggi – ha sostenuto Mirano Sancin, Diretto-re Generale del parco scientifi co tecnologico nel corso dei saluti di apertura - è diventato chiaro che aumentare l’effi cienza riducendo i costi non è la soluzione per uscire dalla crisi. L’innovazione è la chiave, in molti se ne stanno rendendo conto, fi -nalmente anche in Italia, ma per farla è necessario creare una “cul-tura dell’innovazione” ed eventi come questo lo fanno davvero”. E sulla “cultura dell’innovazione” si è soff ermato molto anche Mauro Giovanelli, membro del Coordinamento Nazionale Gruppo Giova-ni di Federmanager sottolineando anche quanto e perché i Giovani di Federmanager credano in questo rinnovamento . “Le aziende che più di altre hanno scelto di investire in innovazione – ha spiegato Giovannelli - sono quelle che, in periodi come questi si sono dimostrate più resistenti. Ma per fare innovazione di prodot-to e di processo, è necessario prima cambiare la cultura aziendale, creare una nuova fi losofi a. Noi Giovani di Federmanager ci stiamo impegnando con azioni concrete come questo evento a promuovere e diff ondere questo messaggio”. Giovannelli si è spostato poi sugli

strumenti per fare innovazione, primo tra tutti la simulazione nu-merica, tema di cui ha parlato più diff usamente Carlo Gomarasca. “Oggi come oggi – ha spiegato Gomarasca - chi non fa simulazione numerica resta indietro. Grazie a questo strumento non solo si ri-ducono i tempi di realizzazione di un progetto ma la possibilità di fare test diventa potenzialmente infi nita. In questo modo si hanno prodotti migliori con un minor spreco di tempo e risorse”. Il CEO di Ansys Italia ha contestualizzato poi la simulazione nel merca-to italiano spiegando che oggi la paura del cambiamento è ancora molto diff usa ma che, diversamente da quello che si potrebbe pen-sare, sono le PMI ad investire maggiormente in simulazione. Questo tema è stato l’argomento centrale dell’intervento di Rosa Grimaldi, Direttore Scientifi co Executive Master in Technology

diminuendo le dosi, quelle diagnostiche come curare i tu-mori o fare esami in modo meno invasivo... ma anche la semplice (si fa per dire) interazione uomo – macchina che cambia il comportamento di un sistema e quindi va capita prima di rilasciare un prodotto.

La crisi economica ha reso più aspra e complessa la com-petizione fra le imprese per vincere la sfi da del mercato. Secondo lei un’azienda innovativa su cosa deve necessa-riamente puntare?Non sono un imprenditore, non voglio dire cosa fare a chi ha il coraggio di investire tutto nella sua azienda. Certo An-sys rappresenta un osservatorio privilegiato che permette di sapere con un certo anticipo quali saranno le nuove tecno-logie e quindi su cosa si indirizzerà il mercato. E’ anche per questo che siamo promotori di iniziative come la conferen-za “Innovare per competere”, che nel 2012 ha visto accanto a noi Federmanager Bergamo, Confi ndustria Giovani e 12 partner industriali. Sono venuti ad ascoltarci circa 200 im-prenditori e dirigenti d’azienda: mi sembra che ci sia fame di sapere come fare innovazione. La mia opinione è che biso-gna guardarsi in giro, dove la crisi non è arrivata o almeno a chi l’ha soff erta meno, capirne i motivi e comportarsi di conseguenza. Un primo punto di partenza per questa esplo-razione è nelle nostre tasche: parlo della rubrica del cellulare. Vi troverete certamente decine di numeri di clienti e forni-tori di cui vi fi date e da cui potete avere molti spunti inte-ressanti. Per quanto ci riguarda, Ansys punta sulle persone, sulle collaborazioni e sulle tecnologie, seguendo una visione ben defi nita. Oggi un terzo del nostro personale si occupa dello sviluppo dei nostri prodotti e creiamo legami forti con i clienti, dove il cliente ne ha piacere, e questo ci ha consenti-to di crescere in modo esponenziale, anche durante la crisi.

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and Innovation Management di Alma Graduate School dell’Università di Bolo-gna. La docente ha esordito dando la defi -nizione di innovazione e spiegando in che modo aziende e centri di ricerca dovreb-bero collaborare per realizzarla. “La domanda che molti si fanno – ha so-stenuto Rosa Grimaldi - è: imprenditori si nasce? I dati mettono in luce che non è così altrimenti i corsi sarebbero inuti-li. Per essere un buon imprenditore sono importanti sia i fattori cognitivi che quelli motivazionali, per questo la formazione è determinante”. Formazione e conoscenza non possono però fermarsi al singolo individuo o alla singola azienda e lo ha espresso con forza Lucia Chierchia, Open Innovation Mana-ger di Electrolux. “Solo attraverso la con-divisione delle conoscenze – ha spiegato – le aziende potranno migliorarsi e fare davvero innovazione. Bisogna creare mo-menti d’incontro e piattaforme comuni di discussione. È il concetto di open innova-tion”. Puntare sull’open innovation però non vuol dire non tutelare la propria idea anzi. Molti sono gli strumenti che in un mercato globale come è quello di oggi per-mettono di proteggere la propria creativi-tà, non nascondendola ma semplicemente tutelandola.

Ne ha parlato Paolo Ernesto Crippa, Euro-pean Patent Attorney di Jacobacci & Part-ners S.p.a. “Non dobbiamo dimenticarci – ha spiegato – che lo scopo di un’azienda in ultima analisi è pur sempre fare profi tto. Per questo è bene si comunicare ma con certi accorgimenti”. Nel corso del suo intervento Crippa ha spiegato quali siano i mezzi per tutelare la proprietà intellettuale e come il brevetto, una forma di protezione apparentemente in contrasto con il concetto di open in-novation, possa dimostrarsi non solo un modo per comunicare l’idea ma anche un’importante merce di negoziazione.La paura del cambiamento non è il solo

Qual è il ruolo di Ansys nei processi innovativi per l’impresa?Ansys ha un duplice ruolo. Da un lato fornisce i soft ware di simulazione, insieme ai servizi di assistenza e formazione, e dall’altro aiuta ad integrarli nel processo di sviluppo del prodotto. Questo secondo aspetto è molto importante perchè a secon-da di come il soft ware viene implementato possono moltiplicarsi o meno i vantaggi competitivi. Ciò implica un dialogo aperto con il cliente che così trae benefi cio dalla nostra esperienza, e aiuta noi a crescere ulteriormente permettendoci di re-cepire il mutamento dei bisogni dell’industria. Non siamo un fornitore ma un partner. Noi guardiamo avanti insieme alle aziende.

Qual è il ritorno che una azienda può aspettarsi dall’ impiego della simulazione e come Ansys può aiutare ad ottenere i massimi benefi ci dall’investimento?Grazie alla simulazione numerica le aziende hanno diminuito drasticamente i tem-pi di sviluppo, ma non solo. L’incredibile oggi è che si possono testare migliaia di idee in tempi brevissimi, il che signifi ca che si può scegliere qual è la strada giusta da percorrere, prendere decisioni informate sulla base di test attendibili. La simulazio-ne allarga esponenzialmente l’universo delle scelte e permette di vedere fenomeni che senza non si sarebbero visti. Grazie ai nuovi soft ware di simulazione si possono recuperare idee e progetti scartati perché troppo diffi cili da realizzare o apparen-temente impossibili. Quindi la simulazione è uno strumento indispensabile per le aziende oggi: diminuiscono i tempi di progettazione, si hanno maggiori garanzie di funzionamento grazie ai moltissimi test possibili e si riduce il time-to-market. E si può capire se un sogno può diventare un prodotto fattibile oppure no.

Lei è al vertice della fi liale italiana, quali sono le strategie specifi che che state portando avanti sul mercato italiano?La strategia principale in Italia è cercare di far capire l’importanza dell’innovazione, trasmetterne la cultura anche attraverso eventi come l’Innovation Executive Confe-rence di cui ho già parlato. Gli italiani sono bravissimi innovatori, ma non lo fanno sistematicamente: in molte aziende dove andiamo ci rendiamo conto di un potenzia-le inespresso perchè innovare non è un processo aziendale. Da leader di mercato sen-tiamo il dovere di aiutare a creare una cultura più forte sull’argomento, portando la nostra esperienza internazionale. Con noi collaborano a questo progetto università,

Protagonisti

“L’affl uenza di pubblico è stata di molto superiore alle nostre aspettative. È un segnale forte che dimostra da parte dei manager una maggiore consapevolezza di quanto l’innovazione tecno-logica sia determinante”

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aziende e professionisti che completano la visione sugli strumenti in-dispensabili per competere attraverso l’innovazione. Non è un caso che una azienda che si è sempre rivolta ai tecnici ora sia divenuta un interlocutore del management aziendale. Si è diff usa secondo me la consapevolezza che la conoscenza dei nuovi mezzi per fare innova-zione non debba essere relegata ai team tecnici, ma debba diff ondersi tra chi si assume il rischio di impresa e deve prendere decisioni. È un ruolo strano per un soft ware usato tipicamente da ingegneri, ma il nostro è uno strumento che serve sempre più anche per la pianifi -cazione dello sviluppo prodotti, attività che è parte integrante della strategia dell’azienda e quindi di competenza dirigenziale.

Dal suo punto di vista, il mercato italiano è più o meno sensibile rispetto al resto d’Europa agli investimenti necessari per l’inno-vazione di prodotto?Se guardo la crescita e il fatturato di Ansys in Italia e negli altri Paesi mi verrebbe da dire che non ci sono diff erenze perché sono indicati-vamente gli stessi. Ma una diff erenza c’è ed è che noi abbiamo dovuto profondere un impegno molto più intenso rispetto agli altri Paesi.

Penso alla Germania o alla Francia, alla Russia e nell’ultimo periodo ai Paesi asiatici. Da italiano mi sembra così strano che una nazione come la nostra, culla del Rinascimento, delle idee, riconosciuta da tutti come una terra di eccellenze e creatività, faccia ancora fatica ad aprirsi a strumenti tecnologici avanzati. Oggi sono in molti a non voler cambiare fi no a quando non è strettamente necessario,

temono il cambiamento invece di vederlo come un fattore positivo. Spesso si crede che ad investire in simulazione siano solo le gran-di aziende con enormi capitali a disposizione. In realtà non è così. Nel nostro Paese sono le PMI ad investire maggiormente in simu-lazione. Siamo arrivati a lavorare per aziende con solo 3 dipendenti. Questo perché le aziende più piccole hanno maggiore capacità di reagire, sono più dinamiche e benefi ciano velocemente dei nuovi strumenti che acquisiscono.

Quindi, l’innovazione è un fattore culturale che non riguarda solo i tecnici, gli “espertoni” dei centri di ricerca e sviluppo, ma tocca nel vivo la mentalità del nuovo management e degli im-prenditori… Quali sono i rischi di questo mancato cambio di mentalità?Il rischio è semplicemente quello di restare indietro e senza nean-che sapere perché.

Il panorama generale non è certamente dei migliori, qual è il suo augurio agli imprenditori italiani …Domanda diffi cile … Il mio augurio è che i manager e gli impren-ditori italiani ritrovino l’entusiasmo, la curiosità, la forza per non fermarsi. Mi auguro che trovino un punto di osservazione che sia il più avanti possibile, per guardare il futuro e poter immaginare oggi come competere domani. |

si possa accedere a questo tipo di credito a livello europeo, nazionale e persino regionale. Innovare per competere ha fatto quindi una panoramica generale di cosa rappresenti l’innovazione oggi e di come non solo si possa ma si debba fare; una visione d’insieme che ha suscitato grande interesse e apprezzamento da parte dei numerosi partecipanti. E l’Innovation executive conference non si ferma qui. Come abbiamo anticipato In-novare per competere è un momento di incontro e di confronto tra le realtà manageriali di tutta Italia, perché come hanno sottolineato molti relatori nel corso dei loro interventi, la condivisione è la base per fare innovazione. Scopo non secondario dell’evento infatti è quello di creare e promuo-vere uno spazio comune di interscambio di conoscenze che è partito con la manifestazione del 23 febbraio ma che punta ad andare oltre, sfruttando i nuovi mezzi di comunicazione di massa. In quest’ottica è nato il sito Innovare per competere e le pagine sui principali social network quali Twitter e Linkedin. Azioni concrete per dare il via ad un vero e proprio network di conoscenze. |

Il problema non è mai come farsi venire in mente qualcosa di nuovo e innovativo ma come eliminare le convinzioni vecchie Hock

Ogni giorno ci chiediamo - Come possiamo rendere felice questo cliente? Come possiamo farlo proseguendo lungo la strada dell’innovazione? - Ce lo domandiamo perché, altrimenti, lo farà qualcun altroBill Gates

www.ansys.com

www.innovarepercompetere.comwww.federmanager.it www.kilometrorosso.comwww.almaweb.unibo.itwww.warrantgroup.itwww.jacobacci.itwww.electrolux.it

limite all’innovazione. In tempi come questi investire in strumenti per innovare è visto più come un rischio che come un’opportunità. In quest’ottica va inserito l’intervento conclusivo della conferenza. Francesco Lazzarotto, Responsabile Gestione Finanziamenti Agevo-lati di Warrant Group ha approfondito il tema del fi nanziamento alle imprese per l’innovazione e ha spiegato concretamente in che modo

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Non siamo un fornitore ma un partner. Noi guardiamo avanti insieme alle aziende

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Strumenti collaborativi aziendali.

La virtualizzazione per competere vincendo nei mercati fl uidi

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L’Azienda è un macro-sistema evoluto, fondamentali per la sua esi-stenza sono gli stakeholders e le tecnologie. La teoria generale dei sistemi elaborata da Ludwig Von Bertalanff y, biologo ed epistemo-logo austriaco, ricorre al concetto matematico di interdipendenza tra variabili diverse, sulla base del quale esamina i rapporti che vengono a stabilirsi tra elementi diversi del sistema. Sistema i cui elementi interagiscono reciprocamente, ogni elemento condiziona l’altro ed a sua volta è condizionato, ogni singolo elemento non va pertanto ricercato nell’elemento stesso quanto nel sistema di rela-zioni in cui esso è inserito. La visione sistemica apre le porte a un

nuovo modo di concepire l’azienda, in cui la qualità delle relazioni a tutti i livelli è l’elemento vincente per il successo dell’azienda. Relazioni che sono alla base dello scambio di conoscenze ed espe-rienze, che se condivise/gestite, fanno parte degli asset intangibili patrimonio fondamentale per l’azienda. La gestione della cono-scenza, o knowledge management, costituisce una delle principali sfi de, che è possibile portare avanti virtualizzando con il supporto dell’Ict. Crm, Erp, Scm sono ormai solo una parte di quel più vasto eco-sistema virtuale dove i social network o community virtuali hanno assunto un ruolo strategico per le aziende, per informa-

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L’azienda come sistema di conoscenze integrate è destinata ad indirizzarsi sempre di più verso l’ICT, Information Technology. Social network, virtual community, cloud community, grazie alle nuove tecnologie collaborare per gli stakeholder è diventato più semplice ed economico, la chiave per lo sviluppo aziendaletesto di Alberto Claudio Tremolada. Manager di Metatech GroupConsigliere e socio Adaci sez. Lombardia/Liguria (Ass. It. di Management degli Approvvigionamenti)

Il valore reale dell’azienda

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Il Politecnico di Milano è un’università a carattere scientifi co-tecnologico fondata il 29 novembre 1863 a Milano, polo di ri-cerca tecnologica di assoluta rilevanza a livello mondiale.

I vantaggi delle reti d’impresa come soggetto unico abilitan-te della fi liera produttiva?Le reti di impresa sono uno strumento fondamentale nell’at-tuale crisi. Devono essere concepite non tanto come un’oppor-

Il punto di vista accademico: intervista a Giuliano Noci,

professore ordinario di Marketing presso il Politecnico di Milano

re, proporre, fi delizzare, coinvolgere e co-creare prodotti/servizi. Per Fabrizio Caprara (Presidente Saatchi & Saatchi Italia) diven-ta brand quello che i consumatori percepiscono, ossia quanto del marchio comunicano tra loro. Luigi Paganetto (Preside della Fa-coltà di Economia Università di Roma Tor Vergata) sostiene che le PMI attive online crescono molto più in fretta rispetto alle altre. Il Cloud Computing, degli strumenti/sistemi collaborativi, è uno di quelli che consente a molte aziende manifatturiere che lo stanno utilizzando, di avere vantaggi. Per esempio nella progettazione lo dimostra un’indagine presso gli utenti che hanno partecipato agli

eventi Digital Prototyping Forum di Autodesk in tutta Europa. Il 44% del campione intervistato ha concordato sul fatto che utiliz-zare il cloud facilita lo scambio dati e la collaborazione all’interno

tunità per ottenere dei benefi ci fi scali quanto come la logica conse-guenza di un progetto strategico condiviso tra più aziende che, in questo modo, intendono:

aff rontare i mercati internazionali – in molti casi emergenti – con • una maggiore effi cacia sul fronte commerciale,sfruttare economie di scala rispetto al sistema degli approvvigio-• namenti,sviluppare progetti di innovazione tecnologica diffi cilmente re-• alizzabili autonomamente: per gli investimenti necessari e/o il profi lo delle competenze richiesto.

In questo quadro, la rete di impresa appare una soluzione molto uti-le per superare i limiti strutturali di molte delle imprese italiane: in possesso di buone competenze tecniche ma spesso di limitate risorse fi nanziarie e manageriali.

Strategia multicanale per interagire, condividere, progettare con gli stakeholders e competere in mercati globalizzati, interconnessi e liquidi?Le ricerche condotte negli ultimi anni dalla School of Management del Politecnico di Milano (in collaborazione con Nielsen Group e Connexia) hanno evidenziato come ormai larga parte dei consuma-tori adottino una modalità di interazione multicanale con il sistema dell’off erta: sono ormai più del 40% della popolazione, gli italiani che hanno assunto questa prospettiva di relazione con il sistema delle marche. Tale fenomeno è ancora più sviluppato nei Paesi scandinavi, negli Stati Uniti e in Asia (in Cina vi sono ormai quasi 600 milioni di internauti).In questo quadro, l’adozione di strategie multicanali diventa un ele-mento cruciale per la credibilità e la sostenibilità del piano marketing di un’azienda. Questo vuol dire che un’impresa è chiamata a progetta-re un nuovo sistema di relazioni, perfettamente integrato in cui cana-le fi sico e canali digitali coesistono per la generazione di un’esperienza multicanale attrattiva per la target audience. Alcune recenti ricerche hanno, in particolare, evidenziato che le imprese multicanali ottengo-no risultati (economici) migliori rispetto a quelle che ancora vantano un modello relazionale di tipo tradizionale.

Quali sono gli strumenti tecnologici abilitanti disponibili e imple-mentabili facilmente per una PMI?La tecnologia è ormai ampiamente disponile, alla portata di tutte le imprese: di qualsiasi dimensione e settore. Il tema vero è di carattere culturale e organizzativo. In particolare, occorre che il sistema delle PMI italiane – solitamente refrattarie alle tecnologie informatiche – si rendano conto della portata e dell’ineluttabilità del cambiamento. Il mercato, come sopra evidenziato, sta del resto procedendo a passi molto spediti. È indispensabile, in secondo luogo, che l’organizza-zione aziendale diventi veramente customer centric: ovvero metta al

La gestione della conoscenza o knowledge management costituisce una delle principali sfi de, che è possibile portare avanti virtualizzando con il supporto dell’Ict

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Il valore reale dell’azienda

Microsoft è una delle più importanti aziende informatiche del Mondo, in Italia la sua fondazione risale all’ottobre 1983.

Microsoft da piccola soft ware house nel 1975 a leader mondiale dell’Ict, le dimensioni sono importanti o anche se piccoli ma agili, snelli e innovatori, si riesce a reagire ai cambiamenti repentini dei mercati e cavalcare la crisi?E’ indubbio che il tessuto economico italiano, composto in prevalenza da piccole imprese, abbia soff erto e stia soff rendo le turbolenze del-la crisi economica più delle medie e delle grandi aziende. Tuttavia, l’insuffi cienza dimensionale non credo sia tra le cause primarie della scarsa competitività delle aziende nostrane e tutti gli analisti indivi-duano tra le cause dell’insuffi ciente ritmo di incremento della produt-tività del sistema economico italiano l’insuffi ciente ricorso alle nuove tecnologie, insieme agli squilibri tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno. La competitività dipende tuttavia anche dalla qualità dei servizi alle imprese, a partire da quelli off erti dalle pubbliche amministrazioni, e dalla qualità della regolazione, a partire dal contenimento dei co-sti regolatori e burocratici che gravano sull’attività economica. Le nuove tecnologie possono dare un contributo straordinario tanto al miglioramento della produttività delle imprese, quanto al miglio-ramento della qualità dei servizi delle pubbliche amministrazioni e alla riduzione dei relativi costi per le imprese e per la collettività. Ma l’adozione di nuove tecnologie non consiste esclusivamente nell’acqui-sto di computer e server, ma in una riorganizzazione delle imprese

Il punto di vista delle aziende: intervista a Pietro Scott Jovane, AD di Microsoft Italia Spa

centro dei processi aziendali il cliente e superi pertanto i classici silos organizzativi, che ve-dono le diff erenti funzioni aziendali compe-tere l’una con le altre per il conseguimento di obiettivi locali a discapito della relazione impresa-mercato.

Stanno emergendo gli “omnichannel consu-mer”, consumatori evoluti che utilizzano si-multaneamente tutti i canali front-end (nego-zio, catalogo, call center, web e mobile), realtà futura anche nel B2B?Non vi è dubbio che il tema della multicanali-tà sia rilevante anche nei contesti di tipo B2B, ove la relazione fornitore-cliente è da sempre più strutturata e complessa. In particolare, le tecnologie digitali del mondo del web possono rappresentare un formidabile strumento per migliorare sia l’effi cienza che l’effi cacia della relazione di fornitura. Attraverso l’implemen-tazione di servizi web (su pc, tablet e mobile) è, ad esempio, possibile stabilire una relazione continuativa con il cliente, off rendo al mo-mento e nel posto giusto, un servizio coerente con il fabbisogno del momento. Le tecnologie digitali permettono inoltre di supportare l’at-tività commerciale di un’azienda grazie alla possibilità di implementare in ambienti vir-tuali anche sofi sticatissime rappresentazioni della funzionalità di componenti/prodotti og-getto dell’interesse di un prospect.

Integrazione dei canali front-end con i nuovi canali di interazione, social network, RSS/Fe-eds, Youtube ecc. come CRM virtuale esteso?L’avvento dei social network e la grande dif-fusione degli smartphone rappresenta, da un lato, una grande opportunità per l’individuo, che ha ormai a disposizione uno spazio di interazione integrato e, dall’altro, apre nuove opportunità per le imprese nella prospettiva della progettazione di un’esperienza di marca sempre più personalizzata. In questo quadro, i progetti CRM devono cambiare natura; non possono più basarsi semplicemente su carte fedeltà, servizi esclusivi per i clienti migliori ma devono tenere conto dei molteplici punti

dell’azienda e verso i partner. La ricerca ha inoltre evidenziato un futuro positivo per due tecnologie di progettazione in ambito manifatturiero che acquiste-ranno sempre maggiore importanza: la simulazione e la visualizzazione. La crisi economica, i mercati sempre più fl uidi costringono le aziende a focalizzar-si sui costi, sull’effi cienza, sugli asset intangibili ed il time-to-market come fattori cruciali per rimane-re competitivi. E’ dimostrato che la collaborazione e condivisione fra gli stakeholders consente di poter

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e delle pubbliche amministrazioni, che ne modifi chi radicalmente l’organizzazione e i processi. Il Cloud Computing ne rappresenta una componente essenziale, soprattutto per un Paese caratterizzato come dicevo da imprese di piccola dimensione e da un sistema di reti di impresa che si sta raff orzando negli ultimi tempi come evo-luzione del distretto tradizionalmente inteso. Io credo sia necessario tutelare, preservare e anche promuovere questo patrimonio di pic-cole e medie imprese e quello che un’azienda come Microsoft può e vuole fare è mettere a disposizione la propria tecnologia insieme al know how ed alla consulenza dell’intero ecosistema di partner per identifi care le priorità di ciascun business e le strategie da seguire. In questo contesto, la tecnologia del Cloud Computing può veramente fare la diff erenza, per permettere in particolare alle aziende piccole e medie di poter accedere in maniera semplice e con costi ridotti a tecnologie avanzatissime e fi no a poco tempo fa accessibili solo alle grandi organizzazioni. Solo cogliendo la grande opportunità off erta dall’abbattimento delle barriere di accesso alla tecnologia, le realtà di piccole e medie dimensioni possono aff rontare la complessità e le sfi de del mercato, disporre di una maggiore effi cienza organizzativa, aumentare la propria produttività e competere su scenari globali. In questo contesto competitivo, in breve non è più tanto la dimensio-ne dell’azienda l’elemento principale per crescere e produrre valore, anche a fronte di una situazione di crisi, quanto la capacità di saper-si innovare, promuovere nuove idee e produrre crescita per l’intero ecosistema.

Dalla stampa di Gutenberg alla virtualizzazione dell’Azienda con il cloud computing oltre 500 anni di storia, la tecnologia sarà sempre più strumento abilitante per competere in mercati globa-lizzati, interconnessi e liquidi?La tecnologia è stata e sempre sarà uno strumento imprescindibile per consentire ad imprese di ogni settore e dimensione di vincere le sfi de sempre nuove che il mercato ha posto loro dinanzi. In un

contesto diffi cile come quello attuale in particolare, crediamo che la tecnologia permetta alle aziende di operare in un mercato senza vin-coli geografi ci e di benefi ciare delle enormi opportunità off erte da Internet. Non è infatti casuale che le start up che fanno del web 2.0 il proprio motore di competitività riusciranno a emergere rispetto a modelli più tradizionali e rigidi. Uno studio McKinsey pubblicato lo scorso maggio ha messo in evidenza come ogni due posti di lavoro persi, Internet ne crei 5 nuovi. Non solo, le piccole e medie azien-de che hanno creduto nel web hanno visto raddoppiare negli ultimi anni la loro crescita. La convergenza di vari ambiti, la capacità di lavorare in maniera trasversale su più livelli e utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, la voglia di rispondere a sfi de che sembra-no impossibili, il superamento di barriere concettuali e reali: questa la strategia per diventare sempre più competitivi.

I vantaggi di affi ttare pagando l’uso (come il Soft ware-as-a-Ser-vice) invece dell’acquisto, un modello replicabile in tutti i settori anche per altri prodotti/servizi?In Microsoft osserviamo da tempo come il cosiddetto Cloud Com-puting stia off rendo ad aziende grandi e piccole di ogni settore e ad enti della Pubblica Amministrazione gli strumenti per mettere in pratica istantaneamente nuove idee, processi organizzativi, off er-te di prodotti e servizi. Sono così superate le tradizionali barriere alla realizzazione dei sistemi informativi, quali i tempi, i costi e la complessità e le aziende che utilizzano i sistemi informatici possono meglio concentrarsi sulla propria missione strategica. In particola-

sostenere la competizione a livello globale, creando una rete virtuale dove i singoli nodi interconnessi di-ventano massa critica fl essibile/ve-loce per rispondere ai cambiamenti repentini dei mercati. Su come competere vincendo nei mercati fl uidi ho chiesto il contribu-to al Dr. Pietro Scott Jovane, Ammi-nistratore delegato della Microsoft Italia Spa e al Prof. Giuliano Noci, professore ordinario di Marketing presso il Politecnico di Milano, componente del Consiglio Ammi-nistrazione MIP e opinionista di TG1, TG2, SkyTg24 e Radio24, “pla-yer leader globali” che hanno chiaro quali siano i fattori diff erenzianti e le strategie vincenti. |

La tecnologia è stata e sempre sarà uno strumento imprescindibile per consentire ad imprese di ogni settore e dimensione di vincere le sfi de che il mercato ha posto loro dinanzi

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Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per unoEnrico Berlinguer

B&G n.18 pag. 20“Più efficienza e risparmio con la comunicazione integrata”

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Il valore reale dell’azienda

re, l’evoluzione dei modelli di erogazione e fruizione delle tecnologie in ottica Cloud sta rendendo fi nalmente più facile l’accesso alle tecnologie più avanzate, soprattutto a benefi cio delle piccole e micro-imprese che in Italia sono così numerose e così in ritardo rispetto alle aziende europee in termini di adozione delle tecnologie e produttività. A questo proposito, Microsoft ha pubblicato i risultati dello studio “SMB Cloud Adoption Study 2011” che approfondisce l’impatto del Cloud Computing sulle PMI nel corso dei prossimi 3 anni a livello mondiale e dalla ri-cerca emerge che il numero di servizi cloud acquistati dalle PMI di ogni settore nei pros-simi tre anni è destinato a raddoppiare nella maggior parte dei Paesi di tutto il mondo.

In futuro un’azienda dovrà virtualizzare le attività, essere interconnessa e condivi-dere per competere, come Microsoft cosa state progettando per il futuro? In un mondo costantemente in evoluzione, dove sembrano non esistere più confi ni e l’esigenza primaria è quella di essere sem-pre connessi – anche in mobilità, senza che questo impatti la produttività – la sfi da di Microsoft è di cambiare ancora una volta l’approccio alla tecnologia, per off rire agli utenti servizi e soluzioni in grado di garan-tire la migliore esperienza di fruizione di qualsiasi dispositivo. Windows 8 rappre-senta la nuova risposta a questa esigenza:

un’unica piattaforma ottimizzata per i principali device al centro della vita degli utenti – PC, notebook, smartphone, tablet e console di gioco e intrattenimento – an-cora più intuitivo e user-friendly, in grado di raccogliere ogni aspetto della nostra vita e facilitare gli utenti nel passaggio da un dispositivo all’altro. Grazie anche alla nuova interfaccia grafi ca studiata per i di-splay touchscreen (Metro) sarà possibile una vera e propria rivoluzione dell’uso dei dispositivi digitali, che riconosceranno e individueranno le nostre preferenze. Inol-tre, il continuo aff ermarsi di servizi cloud sul fronte consumer favorirà la diff usione di molteplici device dai quali gli utenti po-tranno accedere in qualsiasi luogo al loro mondo digitale.

Prodotto come commodities erogato a costo zero e service a pagamento, il trionfo del “fre-mium” e del “gratis” di Chris Anderson?Sono convinto che saranno il mercato e gli utenti a scegliere il modello vincente nel mercato dei servizi e dei contenuti online e che molto dipenderà anche dalla capacità di fornitori di off rire tecnologie e contenuti ad alto valore per i loro target di riferimento, con un possibile bilanciamento tra gratuito e a pagamento. Vedremo sempre di più sor-gere modelli ibridi, in grado di soddisfare le diverse esigenze degli utenti, che grazie alla componente a pagamento potranno sicura-

mente off rire maggiore valore e generare il necessario circolo virtuoso di investimenti in ricerca e innovazione che ci aprirà le por-te del futuro.

Dal core business al multi business di-versifi cato, per esempio soft ware, device e servizi integrati, progettati assieme ai prosumer, cannibalizzazione dei mercati o vantaggio avere un soggetto unico abili-tante per i servizi a cui rivolgersi? Microsoft opera da sempre su diversi fron-ti, off rendo a consumatori e aziende la pos-sibilità, attraverso il soft ware e i servizi, di lavorare, essere produttivi, comunicare, collaborare, condividere, divertirsi in ogni luogo e attraverso qualsiasi dispositivo il tutto in maniera semplice e famigliare. Uno dei punti di forza risiede proprio nella strategia dell’azienda multi core, che ci vede impegnati su diverse aree di focalizzazione con l’obiettivo di fornire ai nostri clienti, siano essi utenti fi nali, aziende o ammi-nistrazioni pubbliche, piattaforme sempre più integrate e accessibili in maniera fl es-sibile, dall’acquisto alla fruizione a consu-mo attraverso la cloud. E’ solo attraverso questa off erta completa end to end, unita a una grande libertà di scelta che siamo in grado di off rire esperienze uniche e inte-grate ai milioni di utenti che ogni giorno ci scelgono per gestire la loro vita digitale, sia personale che professionale. |

di contatto tra azienda e mercato. Nel con-creto, questo signifi ca che il management aziendale deve essere in grado, in ogni in-terazione, di veicolare informazioni e ser-vizi rilevanti: tarati su misura sul profi lo dello specifi co individuo e coerenti con il contesto dell’interazione. Si può davvero aff ermare che il CRM deve ora tenere con-to della vita digitale di ciascuno di noi: una vita che è multicanale, multi-device e dove i confi ni tra mondo fi sico e mondo virtuale sono sempre più sfumati.

Wired Up ( http://www.wired-up.it ) è sta-ta la prima fi era virtuale 3D a livello mon-diale accessibile via internet, in partena-riato con il Politecnico-Polo Territoriale di Lecco, virtualizzazione delle relazioni per abbattere i costi, aumentare la produt-tività a tutto vantaggio della competitivi-tà e dell’immagine green d’impresa?Si tratta di un’esperienza certamente mol-to interessante, che si colloca sulla fron-

tiera della tecnologia. I vantaggi sono evi-denti: espositori e visitatori possono vivere un’esperienza simile a quella in presenza risparmiando costi e tempo. Certamente si adatta bene a situazioni in cui i prodotti og-getto degli scambi sono semplici e il contesto di fornitura relativamente stabile, ovvero gli attori della fi liera rimangono più o meno gli stessi nel tempo e, quindi, vi è una certa con-suetudine relazionale. Ritengo invece non sia ancora possibile sostituire in toto gli incontri in presenza nel caso di contesti industriali più turbolenti, caratterizzati da una signifi -cativa dinamica tecnologica e da un quadro competitivo in forte evoluzione. In questi casi, la possibilità/opportunità di realizzare attività di networking e scouting di alternati-ve di fornitura/vendita in presenza è ancora insostituibile. Il ruolo delle tecnologie digi-tali, in queste situazioni, è quello di abilitare forme avanzate di gestione della relazione tra attori a diversi livelli della fi liera nel pre e post fi era. |

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Essere un buon leader oggi è determinante per il successo della propria azienda. Come è possibile guidare i propri dipendenti, motivarli e spingerli a fare sempre meglio quando il futuro è così incerto e le carte in tavola possono cambiare da un momento all’altro? Lo abbiamo chiesto a Rosario Castellano Generale della Divisione Acqui

diventa unaSe il mercato

i manager devono

combattere“guerra”

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Grande incertezza, rischi ad ogni passo e di conseguenza uno stress continuo. Situazioni estreme che normalmente si vivo-no solo in particolari contesti, primo tra tutti quello militare ma che negli ultimi anni, visto l’andamento dell’economia globale, sono diventate la quotidianità anche a livello azien-dale. In questo contesto di costante emergenza in cui i mana-ger si trovano ad operare, avere buone capacità di leadership è fondamentale e allo stesso tempo molto più diffi cile. Vista l’importanza del tema, nell’ambito della Campagna Nazionale Qualità e Innovazione organizzata ogni anno da Gruppo Gal-gano, si è tenuto l’incontro “Change Management in confl ict situation. Guidare le persone in contesti di grande incertezza” che ha visto la partecipazione di Rosario Castellano, generale al comando della Divisione Acqui, entrata ormai a far parte delle forze della NATO. In questa intervista il generale appro-fondisce l’argomento spiegando quali sono i punti di contatto e quali le diff erenze tra la leadership militare e quella azienda-le. Un generale dell’esercito e un dirigente d’azienda sono due fi gure all’apparenza distanti ma sotto certi aspetti invece mol-

to vicine soprattutto per quello che riguarda la parte strategico tattica e di gestione del team. Forte della sua lunga esperienza sul campo in Afghanistan, Libano, Iraq, Kossovo, Kurdistan e Bosnia Erzegovina, Castellano ha dato degli importanti spun-ti di rifl essione su quelle che dovrebbero essere le qualità di un buon leader, nell’esercito così come in azienda.

Cosa signifi ca comandare una realtà come la Divisione “Acqui”?Comandare l’Acqui signifi ca essere a capo di una struttura fatta di risorse, umane, materiali ed economiche capace di essere prontamente impiegabile per la soluzione di crisi che prevedano l’utilizzo di un contingente militare. Essere pronti ad intervenire al comando dell’Acqui in qua-lunque area del mondo per concorrere, con eventuali altre Nazioni, alla soluzione di crisi internazionali, rappresenta per me il principale obiettivo. L’Acqui è infatti un Comando di Divisione atipico, direi unico nell’ambito del comparto Difesa in quanto in grado di svolgere operazioni militari, gestendo unità ed assetti non solo nazionali ma appartenenti anche ad altri Paesi europei e/o NATO. Il principale problema è chiara-mente mantenere alto il livello di preparazione del personale. Per questo è necessario eff ettuare addestramenti ed aggiorna-menti continui sia per migliorare le tecniche di pianifi cazione in vigore (sempre in continua evoluzione) sia per mantenerne

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Rosario Castellano Generale della Divisione Acqui

In generale, spesso mi baso sull’intuito, accettando la possibilità di sbagliare. Se non hai mai sbagliato signifi ca che non hai fatto mai sul serio! Non accettare lo “status quo” delle cose ma la sfi da. Reputo indispensabile che il comandante, come il dirigente d’azienda, non solo veda il bicchiere mezzo pieno ma riesca anche a scorgere il cristallo di cui esso è fatto

alti i profi li professionali, anche per essere competitivi nell’ambito del confronto con le altre Nazioni.

Cosa diff erenzia e cosa accomuna secondo lei la leadership di un’azienda da quella di una divisione delle forze armate?Ci sono molti punti in comune tra leadership militare e aziendale, per il semplice motivo che lo stesso Esercito Italiano è un’azienda. Nello specifi co, tre sono gli elementi che potrebbero accomunare la leader-ship delle due aziende: la vision, la passione ed il coraggio. Il leader militare ha le basi e le conoscenze per poter comprendere il futuro e quindi defi nire gli obiettivi da raggiungere a lungo termine. Tut-to ciò lo realizza attraverso la sua propria “vision” che si concretizza nell’individuare le risorse necessarie per poter assolvere le diff erenti e variegate missioni. Il secondo elemento è la passione che si ha per ciò che si fa. Infi ne il leader militare è coraggioso. Lui accetta i rischi delle decisioni prese e tiene conto che l’insuccesso potrebbe essere dietro l’angolo. Accetta gli errori perché è portato ad imparare da essi. Per questo guida e non frena. Un elemento invece che diff erenzia la leadership militare da quella aziendale riguarda l’estremo sacrifi cio. Il militare accetta i rischi, in particolare durante le operazioni, che potrebbero derivare da un’azio-ne ad elevato rischio, nel rispetto degli impegni presi con il giuramen-to prestato e nella consapevolezza piena e totale delle proprie azioni.

Nel suo precedente intervento ha sottolineato l’importanza della resilienza. Come si concretizza per lei questo concetto?Due esempi. Il primo fa riferimento a quando in Kosovo, nel 2004, comandavo il 186° reggimento paracadutista della Brigata Folgore. Durante un calmo e tranquillo pomeriggio del mese di marzo, i mo-nasteri ortodossi che i miei presidiavano, furono circondati da locali, armati di bottiglie molotov, sassi, qualche pistola e fucili AK 47 kala-snikov, per costringerci all’abbandono dei siti. Ci trovammo, in quel frangente, a difendere i monumenti anche ricorrendo all’uso delle armi, in un rapporto di forze di uno a quaranta. Il tutto senza aver ricevuto nessun preavviso. Da quel momento in poi capimmo che era necessario potenziare gli assetti intelligence piuttosto che quelli fuci-lieri, per poter disporre del maggior numero di informazioni possi-bili, allo scopo di prevenire piuttosto che reagire. Ciò realizzato, non si verifi carono più episodi analoghi. Un secondo episodio invece fa riferimento alla missione svolta in Afghanistan, nel 2009. Durante il movimento su strada e via elicottero eravamo spesso sottoposti a fuo-co diretto ed indiretto da parte dei Talebani. Dopo un primo iniziale impatto, abbiamo cambiato i percorsi dei veicoli e le rotte degli eli-cotteri in maniera tale da “spiazzare” costantemente l’avversario. Da quel momento, è calato notevolmente il numero degli incidenti e degli

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attacchi. In generale, spesso mi baso sull’intuito, accettando la possibilità di sbagliare. Tra l’altro, se non hai mai sbagliato signifi ca che non hai fatto mai sul serio! Non accettare lo “status quo” delle cose ma la sfi da. Reputo indispensabile che il comandante, come il dirigente d’azienda, non solo veda il bicchiere mezzo pieno ma riesca anche a scorgerne il cristal-lo cui esso è fatto.

In un periodo ricco di complessità e incertezze come è quello attuale cosa avvicina il ruolo di un generale delle forze armate a quello un dirigente d’azienda?Aff rontare il cambiamento e cercare di portare la propria organizzazione al conseguimento di determinati obiettivi è la sfi da principale non solo per un generale ma anche per un dirigente d’azienda. Aff rontare il cambiamento, rifi u-tando la stabilità e basare le proprie azioni sull’esperienza piuttosto che sull’abitudine porta di sicuro al successo o al-meno al raggiungimento di risultati di primissimo piano. In un ambiente complesso ed incerto come quello che stiamo vivendo è necessario che il leader sappia ottimizzare tutto ciò che ha a disposizione, dalle risorse umane e materiali a quelle fi nanziarie. Una scarsa fl essibilità può rappresentare l’incudine sulla quale l’avversario potrebbe battere e sferra-re martellate per trarne propri utili vantaggi. Qui bisogna fare attenzione a non scoprire il fi anco alla controparte! Per questo il leader vive nel presente per agire in anticipo e più veloce degli altri, muovendosi nell’ambiguità e nell’incer-tezza senza soff rirne ma traendone addirittura ispirazione. In sintesi, il leader si avvale del passato, vive il presente e sempre con un occhio all’avversario e con l’altro al futuro. Vorrei a questo punto menzionare un passaggio signifi cativo del teologo americano Reinhold Niebuhr della sua “Serenity praier” che dice: “Signore dammi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso e la saggezza di capirne la diff erenza”. Qui ogni commento appare superfl uo.

Parlando di leadership, quali sono le qualità che un lea-der dovrebbe avere rispetto ad un manager?Le qualità di un leader in senso lato sono semplici e non si apprendono né dai manuali né dai libri. Notevole è la diff e-renza tra il leader e il manager. In defi nitiva, il manager pen-sa alla struttura; il leader si concentra invece sulle persone. Il manager basa la sua azione sul controllo. Il leader ispira fi ducia. Il manager si chiede “come “ e “quando”. Il leader si chiede “cosa” e “perché”. Alla base di tutto, però vi è senza dubbio il carisma. Qui la cosa è ancora semplice perché il carisma o si ha o non si ha. Il leader ispira ai propri subordi-nati fi ducia e lealtà senza fatica. Gli viene naturale! E’ questa la chiave di lettura del cambiamento, perché bisogna essere carismatici per tirare il gruppo dalla propria parte. Nel caos e nel trambusto il leader militare rimane calmo per rifl ettere e prendere decisioni nel più breve tempo possibile, senza mai perdere di vista l’obiettivo fi nale, cercando di trasmettere la propria serenità al suo entourage, pensando a come colpire l’avversario limitando al massimo i danni collaterali.

Come si dovrebbe reagire al particolare momento econo-mico fi nanziario in corso? La pianifi cazione e la programmazione fi nanziaria sono alla base del problema. Mai e poi mai il leader si barrica dietro la

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“Change Management in confl ict situation. Guidare le per-sone in contesti di grande incertezza”. Questo è stato il tema portante dell’evento organizzato come ogni anno dal Grup-po Galgano. La conferenza è stata l’occasione per sviluppare una serie di rifl essioni sulla leadership e su cosa signifi chi gestire un’azienda in un periodo come quello attuale. Dopo la testimonianza del generale Castellano sentiamo da Mariacristina Galgano, amministratore delegato del Grup-po, perché la leadership oggi è così importante, soprattutto in relazione alla qualità e in che modo un manager può pre-pararsi per diventare un vero capo.

Per la 23esima edizione della Campagna Nazionale Quali-tà e Innovazione (anno 2011) avete concentrato l’attenzione sulla Leadership. Perché questa scelta?Perché un leader è un manager “in trincea”: deve essere ca-pace di decidere, guidare, pianifi care verso obiettivi sfi danti. Quando lo scenario può cambiare da un momento all’altro e tutto è incerto, il leader guida le persone ed è per loro un rife-rimento. Solo così può chiedere alle persone di fare uno sforzo in più per migliorare continuamente. L’elemento competitivo della Qualità più diffi cile è proprio quello che dipende dalle persone e dal valore della formazione che permette loro cre-scita e sviluppo. Per fare Qualità ci vuole Leadership anche se non è facile guidare le persone gestendo lo stress proprio e degli altri. La leadership non si acquisisce per doti innate, ma la si guadagna giorno per giorno, conquistandosi il rispetto delle persone. Sono molti, infatti, i manager e i direttori di azienda che si trovano a fare i conti con il bisogno di genera-re motivazione e passione. Come Galgano portiamo avanti e applichiamo nelle aziende la Lean Organization. Questo è un Sistema che mette la persona al centro rendendola protagoni-sta del progetto di cambiamento e capace di mettersi in gio-co. Per arrivare a questo risultato, occorre modifi care routine cognitive consolidate, modi di fare e di lavorare collaudati negli anni. Solo la persona coinvolta è esperta di se stessa e del proprio approccio; è dalla persona che bisogna partire per costruire una realtà nuova. L’approccio Lean - che facciamo sperimentare alla aziende - anche con la Settimana Kaizen che porta in azienda risultati tangibili in soli 5 giorni - è un

Campagna Nazionale Qualità e innovazione. La leadership è il tema della 23esima edizione

Mariacristina Galgano, amministratore delegato di Galgano Group

Strategie d’impresa

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nuovo modo di vedere le cose che per essere realmente effi cace deve diventare patrimo-nio del modo spontaneo di agire di ciascu-no. È l’attitudine a focalizzarsi sul risultato e ad essere plastici nel proprio approccio alle azioni. Inoltre si concretizza nel valore del gioco di squadra, in cui ogni membro del team e dell’organizzazione coopera nell’ot-tenimento dell’obiettivo globale, trovando soddisfazione e benessere nel farlo. Ci deve essere la capacità del singolo di riconoscere e impiegare al meglio le proprie risorse, come anche ci deve essere dall’esterno il ricono-scimento percepibile di tale valore. Il tutto crea un circolo virtuoso che porta al conse-guimento di obiettivi sempre più sfi danti. Le

scusante “non ci sono soldi” e “non si può fare”. Se mancano le risorse bisogna allora individuare accuratamente le priorità av-valendosi di esperti nei vari settori, in con-siderazione del fatto che il leader non è un tecnico. La mancanza di priorità porta alla naturale dispersione delle energie e quindi alla costante e lenta implosione della strut-tura su sé stessa. Nel particolare momento fi nanziario in cui viviamo appare quindi necessario pensare agli obiettivi da rag-giungere a lungo termine, a discapito del profi tto più visibile e più veloce a breve. In tale complesso contesto, è altresì neces-sario che il leader militare incoraggi l’in-novazione, la sperimentazione e l’assun-zione di rischi, anticipando l’avversario e lo stesso futuro, attraverso una attenta ed oculata lettura del presente.

In che modo è possibile “prepararsi” per essere leader? Essere leader è una peculiarità innata in alcune persone. Chi ne è in possesso, deve coltivare, stimolare e perfezionare tale na-turale dono. Sarà cura dell’organizzazione trovarlo. La nostra struttura, di tipo gerar-

chico funzionale, procede ad una conti-nua e costante selezione del personale dal momento in cui lo stesso entra in accade-mia. E’ tramite dunque gli istituti di for-mazione scolastici e le costanti valutazioni scritte (almeno annuali) che la piramide a mano a mano si stringe, lasciando emer-gere i più bravi.

Immagino che pericolo e stress per lei siano la normalità. Quale strategia ge-stionale ha scelto di attuare perché non diventino un problema? Sarebbe appli-cabile o comunque utile anche in azienda in tempi come questi?Per quanto riguarda lo stress, bisogna es-sere consapevoli che esso esiste e che se sottovalutato provoca danni enormi, a volte irreparabili. Riconoscerne l’esistenza dunque è già di per sé un successo. L’Eser-cito, al riguardo si è dotato di un gruppo di esperti militari nel settore sia per suppor-tare i militari che le loro stesse famiglie. E’ chiaro che saper convivere con il perico-lo e con lo stress è un “must” imprescin-dibile per chi vive la condizione militare. In particolare, durante le mie missioni

all’estero opero in modo da far si che il gruppo sia il più monolitico possibile e che tutti si sentano partecipi ed artefi ci di

quello che accade nel proprio settore di responsabilità. Tutti si devono sentire im-portanti! Dal cuoco al soldato in prima

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In base al tempo e alla tipologia del problema da risolvere, si adotta un processo di pianifi cazione oppure un altro. Tali processi hanno però in comune l’analisi del problema e le risposte da dare ai cinque stranoti quesiti di “Chi, Cosa, Quando, Come e Perché”

persone diventano così realmente il cuore eff ettivo del processo di cambiamento. Nelle aziende che credono nel valore stra-tegico delle risorse umane, ciascun mana-ger viene addestrato a diventare prima di tutto un maestro. Il compito fondamentale di un capo è, infatti, quello di far crescere costantemente le capacità dei propri col-laboratori. Insegnare è, quindi, ritenuto il compito fondamentale di un manager. Ciò che egli deve trasferire costantemente ai propri collaboratori è il metodo scientifi co per aff rontare i problemi e la capacità di defi nirli con precisione, per poterli risolve-re in modo incisivo. Il ruolo di un capo è anche quello di insegnare la passione per il miglioramento continuo e la ricerca della perfezione.

Sia lei che il generale Castellano nel suo intervento vi siete rifatti alla “Tecnica dei cinque perché”. Può spiegarmi in cosa consiste?La tecnica dei “Cinque Perché” è uno stru-mento del Sistema Toyota ed è un metodo di indagine. Spesso in azienda quando vi è un problema ci si ferma ai primi perché senza andare alla radice del problema stes-so. Con il processo dei Cinque Perché, con

un susseguirsi di domande-risposte/causa-eff etto, si può raggiungere la radice vera del problema.

Tornando alla leadership. Secondo lei quali sono le qualità di un buon leader, soprattutto in periodi di grande incer-tezza come oggi?Le aziende italiane hanno sempre più la necessità di contare su leader in grado di creare contesti fertili per far “fi orire” Qua-lità e Innovazione, frutti indispensabili per la sopravvivenza delle Imprese. Cambiare profondamente la mentalità di tutto il ma-nagement – dalla direzione fi no ai super-visori o team leader – è strategico affi nché i dipendenti siano motivati a evidenziare i problemi e a generare miglioramento con-tinuo. Ma facciamo prima chiarezza sul si-gnifi cato di Leadership e su quali diff eren-ze intercorrono con il concetto di dirigere. Dirigere è un’attività razionale che si ma-nifesta attraverso l’uso di strumenti logici e sistematici. Con il termine Leadership s’intende, invece, il creare e l’esprimere in modo articolato una visione futura sfi dan-te, ma allo stesso tempo chiara. La visio-ne deve essere il mezzo attraverso il quale guidare e ispirare i propri collaboratori ed

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è importante che sia condivisa da tutta l’organizzazione. Ma per poter guidare in modo effi cace il “Movimento della Qualità” in azienda, il leader deve avere alcuni requisiti essen-ziali. Il tema della leadership e della motivazione in un contesto di risorse scarse acquista, per esempio oggi, una nuova luce. Sono molti i manager e i direttori di azienda che si tro-vano a fare i conti con il bisogno di generare motivazione, avendo a disposizione risorse molto limitate. Questa situazione richiede loro di raff orzare le proprie doti di leadership e fare leva sulla propria capacità di generare motivazione, senso di appartenenza, passione all’interno del proprio team, creatività e impegno per superare i numerosi ostacoli che si incontrano in una normale realtà lavorativa. Per generare tutto ciò il leader deve possedere sette caratteristiche chiave: avere consapevolezza che la Qualità è fatta di dettagli, essere “innamorato” dei propri collaboratori, avere profondo rispetto per le persone, perseguire il miglioramento continuo anche a piccoli passi, andare a gemba” (che signifi ca avere l’umil-tà di mantenere contatti con l’operatività), “fare hansei” (che signifi ca cercare le cause e non i colpevoli), porre al centro le persone e non le tecnologie.

A livello formativo, su cosa dovrebbe concentrarsi un manager per diventare un buon leader?Il manager deve essere in grado di guidare il cambiamento attraverso strategie di Chan-ge Management e deve comprendere quanto la propria cultura aziendale sia pronta a un programma di coinvolgimento delle risorse umane. Deve, poi, imparare a utilizzare strumenti di coinvolgimento dei collaboratori per motivarli e valorizzarli. Ma anche la capacità di gestione e valutazione delle persone è una competenza da sviluppare con-

tutta onestà che il leader aziendale, con forme analoghe, adotti strategie similari. Sarebbe interessante anche per me capire quali.

La velocità di reazione unita alla capacità di decision making sono fondamentali per un ruolo come il suo. In che modo pianifi ca e prende le sue decisioni?L’intuito, le esperienze personali e il processo di pianifi -cazione acquisito nel tempo rappresentano i tre pilastri fondamentali per prendere le decisioni. Qui il nemico è il tempo. A volte si deve essere tempestivi a discapito della precisione, se il tempo è poco. Altre volte si può essere precisi e dettagliati nell’emanazione di ordini e direttive, se il tempo è suffi ciente. In base al tempo quindi e alla tipologia del problema da risolvere, si adotta un processo di pianifi cazione oppure un altro. Tali processi hanno però in comune l’analisi del problema e le risposte da dare ai cinque stranoti quesiti di “Chi, Cosa, Quando, Come e Perché”. Il comandante sicuramente deve rispondere al Cosa e Perché. La valutazione poi dei vantaggi e degli svantaggi per ognuna delle opzione individuate è devoluta al suo staff . Di nuovo: una squadra amalgamata, preparata e motivata porta di sicuro al successo. |

Ci si chiede qual è la differenza tra un leader e un capo: il leader guida, il capo conduceTheodore Roosevelt

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Da sinistra: il generale Rosario Castellano con Mariacristina Galgano

Le aziende italiane hanno sempre più la necessità di contare su leader in grado di creare contesti fertili per far “fi orire” Qualità e Innovazione, frutti indispensabili per la sopravvivenza delle Imprese

www.galganogroup.it

tinuamente per un leader capace di mi-gliorare la performance dei collaboratori riuscendo anche a mobilitare soprattutto le loro energie intellettuali, trasformando i loro sforzi in risultati. Il leader è come un direttore d’orchestra: pur non avendo competenze specifi che su tutto, deve esse-re in grado di svolgere plurime competen-ze diverse verso il raggiungimento di un unico obiettivo. L’ingrediente essenziale è la capacità di condividere la passione.

La crisi ma anche i New media hanno profondamente cambiato la fi gura del dirigente. Come crede che si evolverà nei prossimi anni? Cosa caratterizzerà il manager del futuro?Il manager del futuro deve essere un Ma-nager Realizzatore, sempre più risolutore di problemi e innovatore. Non potrà inol-tre esimersi dalla valutazione e dall’uso delle nuove tecnologie che stanno carat-terizzando anche il mondo dei media per-ché l’intelligenza di un’impresa si misura anche dalla sua capacità di comunicare sia al suo interno, sia all’esterno della sua or-ganizzazione. |

linea, dal meccanico al responsabile del fuoco, dal caporale al gene-rale comandante. Tutti devono avere e sviluppare un senso comune di appartenenza. La strategia da me scelta in tali contesti si impernia su quattro particolari aspetti. In primis la curiosità. Non mi accontento mai delle prime informazioni ricevute ma, dove possibile, ne cerco al-tre o almeno di capire la “ratio” di determinate scelte rispetto ad altre. L’entusiasmo poi per quello che faccio. Fondamentale è inoltre la fi -ducia che ho nei miei collaboratori e sottoposti. Per ultimo, la volontà di rischiare. Ribaltando tale strategia dal militare al civile, ritengo in

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Anche i manager più brillanti falliscono! È un dato di fatto. E più si sale in alto più gli errori diventano gravi e in certi casi “stupidi”. Quali sono allora i passi falsi da evitare? Quali le qualità fondamentali per essere un buon leader? Come è possi-bile motivare il proprio team e fare i conti con le complessità del mercato di oggi?

Per cercare di dare una risposta a queste do-mande ci siamo confrontati con Sydney Fin-

kelstein professore di Management alla Tuck School of Business di Dartmouth, già noto come autore del libro “Why Smart Executi-ves Fail” (Perchè anche i dirigenti brillanti falliscono) che forte della sua esperienza ha stilato una black list dei peggiori CEO del 2011 spiegandone gli errori più comuni e le debolezze. Partendo dall’esempio negativo di alcuni dei peggiori manager mette in luce in che modo, amministratori delegati anche molto dotati, sbaglino le strategie e

portino le loro aziende, in alcuni casi lea-der di settore, a perdere importanti quote di mercato. Dall’arroganza all’incapacità di reagire prontamente agli errori, molti sono i motivi che portano un manager a fallire nel suo ruolo di leader.

In un contesto di grande complessità come è quello attuale, quali sono gli er-rori più comuni per un CEO?Direi l’arroganza. Nella maggior parte dei

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Essere un leader non è mai stato semplice e in tempi come questi lo è ancora di meno. Stare al passo con le nuove tecnologie, gestire e motivare un team, restare con i piedi per terra nonostante il successo e soprattutto, in caso di errore, reagire prontamente, sono secondo Sydney Finkelstein, professore di Management alla Tuck School of Business e autore della lista nera dei peggiori CEO del 2011 le qualità che deve avere un buon amministratore delegato

La black list dei peggiori manager. Ecco come restarne fuori

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casi, il CEO permette all’arroganza e alla compiacenza di prendere il sopravvento e nuocere all’azienda. Ad esempio, cosa fare quando il prodotto target di un’azienda è minacciato da nuove e più attraenti innovazioni? Gli ex-CEO di una delle maggiori aziende operanti nel settore tecnologia per la telefonia hanno insistito e investito tutto su un solo e unico prodotto anche quando le orde di iPhone e Android di Google sottraevano quote di mercato. Non hanno voluto lanciarsi su nient’altro. Questa è arroganza.

Quali invece quelli più gravi?I fallimenti aziendali hanno molte origini, ma le più critiche pro-vengono dalla percezione della realtà aziendale, ovvero il modo in cui i dirigenti percepiscono la realtà della propria azienda e il modo in cui le persone all’interno dell’organizzazione fanno fronte a quella realtà. Spesso, a causa di ciò, i sistemi di informa-zione e controllo sono mal gestiti, e anche organizzazioni leader hanno adottato abitudini completamente fallimentari.

Ricollegandomi ad una sua precedente pubblicazione, “Perché anche i dirigenti brillanti falliscono”?Durante la mia ricerca, ho immediatamente constatato che i di-rigenti, indipendentemente da quanto intelligenti possano essere, commettono stupidissimi errori. Anche se i responsabili hanno quasi sempre delle carriere e delle esperienze formidabili alle spalle, quando fanno gravi errori, non sanno come aff rontare in modo rapido la situazione e correggerli. Spesso ingrandiscono il danno ignorando il problema. Le cause di un fallimento non sono quasi mai dovute ad eventi imprevedibili, di solito i dirigenti san-no cosa sta succedendo, ma scelgono di non reagire. Le cause di un fallimento non sono errori esecutivi; gli errori esecutivi sono semplici sintomi che nascondono una spiegazione più profonda del perché le cose vanno male.

Le cause di un fallimento non sono nessuna delle semplici que-stioni che mettono in dubbio la motivazione, o la capacità di lea-dership, o l’onestà, o l’abbondanza di risorse. Si tratta di qualcosa di più complesso di una qualsiasi di queste spiegazioni, e molto più aff ascinante. Come ho descritto nel mio libro “Why Smart Executives Fail”, i dirigenti sono in primo luogo delle persone. E le persone a volte fanno cose che non dovrebbero fare. A volte, nascondiamo la testa sotto la sabbia per non ascoltare. A volte permettiamo ai nostri pregiudizi personali di infl uenzare le de-cisioni che prendiamo. A volte ignoriamo i feedback, non voglia-mo cambiare, sottovalutiamo le reali diffi coltà, ci creiamo una propria realtà sulle nostre azioni, senza ascoltare i clienti. E tutte queste debolezze molto personali, proiettate in cima alle organiz-zazioni, portano al fallimento. Il margine di errore nelle alte sfere manageriali delle imprese complesse è molto piccolo, e il livello di competizione è molto elevato. Ed è per questo che anche i diri-genti apparentemente più brillanti e intelligenti, che non sono in grado di gestire e controllare le tante debolezze umane che posso-no affl iggere tutti noi, falliscono.

Secondo lei questi passi falsi da cosa dipendono? formazione, mentalità?Non penso esista una sola risposta giusta per questa domanda. Nel mio libro “Why Smart Executives Fail”, spiego che gli errori sono fatti per i seguenti motivi: le mentalità, i meccanismi di pro-tezione e gli atteggiamenti deliranti, breakdowns nei processi co-municativi, ecc; e riassumo il tutto in sette abitudini che portano all’insuccesso. La mentalità è un fattore importante – a causa della propria mentalità, i dirigenti spesso spingono la loro società in una direzione completamente sbagliata o non riescono a ristrutturarla come si dovrebbe, perché commettono un errore fondamentale nel modo in cui stanno valutando le opportunità e i problemi del pro-prio business. Inoltre, percepiamo che gli amministratori delegati sono sulla buona strada del fallimento quando iniziano a ignorare i problemi, e non osano porsi le domande più diffi cili.

In che modo è possibile evitarli?Nella mia ricerca, ho individuato cinque segnali di pericolo da tenere sott’occhio. In primo luogo, le aziende con un successo uniforme e costante, che ad un tratto mostrano una serie di at-teggiamenti deliranti, sono pronte per il possibile fallimento. In secondo luogo, le aziende che hanno avuto successo sul loro mer-cato e servono da pubblicità per coloro che vogliono immetter-si nello stesso settore d’attività: in mancanza di potenti barriere all’ingresso, le nuove aziende andranno un pò più lontano che gli operatori storici. In terzo luogo, il successo genera l’arroganza, quindi le società devono sforzarsi di rimanere pensatori critici continuando a porsi domande diffi cili. In quarto luogo, è facile abbassare la guardia quando tutto va bene e il business è al suo

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Gestione aziendale

Sydney Finkelstein, professore di Management della Tuck School of Business

Ci sono sempre stati errori manageriali, e ce ne saranno sempre di più. L’importante è quello che i leader fanno una volta che l’errore è stato commesso, per cercare di risolverlo il più velocemente possibile

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massimo, ma i profi tti non impediscono ad una società di navigare direttamente nell’occhio del ciclone. Infi ne, il successo ha un suo apice che è molto diffi cile da man-tenere. L’amministratore delegato non può riposarsi sul momento di gloria, e deve co-stantemente ri-valutare e ri-pensare i propri business plan.

Come è cambiata, secondo lei, la fi gura del dirigente in questo particolare perio-do economico fi nanziario? I managers sono più sensibili all’errore durante una grossa crisi?Ci sono sempre stati errori manageriali, e ce ne saranno sempre di più. L’importante è quello che i leader fanno una volta che l’er-rore è stato commesso, per cercare di risol-verlo il più velocemente possibile. Per quanto riguarda la crisi, gli errori sono stati più grandi - più denaro in gioco, e l’importanza nell’economia - ed erano mul-tipli - dagli istituti di credito che vendevano mutui ad acquirenti che non avrebbero mai potuto rimborsare i prestiti, alle autorità di regolamentazione ineffi caci, alle agenzie

di rating particolarmente incompetenti, e naturalmente da molte banche di tutto il mondo che o non hanno capito il rischio che stavano prendendo con i mutui subpri-me o hanno semplicemente scelto di farlo perché ci guadagnavano.

Internet e i New media hanno condiziona-to e condizionano tuttora molto la società. Come hanno infl uito questi nuovi mezzi sul ruolo del CEO? In virtù del suo status elevato, ciò che pri-ma era un metodo di comunicazione per gli studenti e le università, ora è un fenomeno che richiede attenzione. I Social media hanno un forte valore ag-giunto, ma rappresentano anche un rischio se le informazioni diff use non sono accura-te o non rifl ettono la vocazione e la missio-ne di un’azienda. Questo è particolarmente vero quando si tratta di clienti, che hanno

molti più modi per esprimere il loro parere su come una società li ha trattati. Per gli amministratori delegati, che non appartengono alla generazione cresciuta nell’era di Facebook, questo rappresenta una grande sfi da, e so che molti di loro sono seriamente preoccupati per la gestione di questa sfi da in modo effi cace.

I due gradini più alti del podio di questa lista nera sono occupati dai dirigenti di due aziende che si occupano di tecnologie, un settore che forse più di altri deve fare i conti con l’obsolescenza. Quanto secondo lei ha infl uito la velocità dell’innovazione tecnologica sui “fallimenti” dei manager in lista?Le principali aziende IT a livello mondiale sono tra le aziende in più rapida crescita e più importanti del mondo, e questa accelerazione è avvenuta solo negli ultimi 5 anni. E’ naturale considerare questo settore per il peggio, ma anche per il meglio. Siccome l’industria IT è così dinamica, con l’evoluzione tecnologica legata fortemente a ciò che accade quotidianamente, questa richiede CEO più dinamici e fl essibili. La posta in gioco è più elevata nell’IT proprio a causa di ciò. Inoltre, la tecnologia non è una piccola com-ponente dell’economia, ma uno dei due o tre settori piloti più importanti della crescita economica (insieme con il settore dell’energia e della salute).

Ci sono quindi settori dove è “più facile” essere un dirigente?No - la gestione è la gestione, indipendentemente dal settore. E questo è vero sia che si parli di profi t o non-profi t, governativo o aziendale, in Europa o in Asia. Non è facile es-sere un buon manager, perché la sfi da di motivare e smuovere un gruppo di persone per lavorare al fi ne di ottenere un obiettivo comune è sempre diffi cile, e sempre importante.

Quali saranno secondo lei le qualità del manager del futuro?I quadri superiori oggi sono spesso, anche se non sempre, più qualifi cati rispetto al pas-sato. La ragione principale di ciò è la globalizzazione del mercato per quanto riguarda i talenti professionali. Abbiamo già visto amministratori delegati inglesi e americani in aziende giapponesi, indiani CEO di aziende americane, ecc. Con un pool di talenti più ampio, che continuerà ad espandersi con l’apertura sempre più importante della Cina, è logico che la qualità dei manager ai vertici saranno sempre migliori. Detto questo, credo veramente che la caratteristica individuale più importante dei gran-di manager sia la capacità di adattarsi in tempo reale al cambiamento. Ci sono tanti motivi per cui i manager e le aziende da essi condotte considerano importante lo status quo, ma il meglio che un leader puo’ fare è capire che il cambiamento non è solo parte della realtà, ma è una necessità. Adattabilità a fronte di eventi imprevisti, questo è il segno distintivo dei più grandi manager. |

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Una delle grandi verità sulla leadership consiste nel fatto che un leader è capace di riconoscere un problema prima che diventi un’emergenzaArnold Glasgow

“Il meglio che un leader può fare è capire che il cambiamento non è solo parte della realtà, ma è una necessità. Adattabilità a fronte di eventi imprevisti, questo è il segno distintivo dei più grandi manager”

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w w w . j a c o b a c c i . c o m

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Per questo motivo, alla luce della sua recente premiazione come Giovane im-prenditore 2011 di Confcommercio a livello nazionale abbiamo parlato con An-drea Cumini, marketing manager del Gruppo Cumini, di queste tematiche di primario interesse. Una nomina, questa, che arriva a breve distanza da quella della Camera di Commercio di Udine come miglior Giovane Imprenditore.

Molti i temi trattati nel corso dell’intervista, dal ruolo del giovane imprenditore oggi, con tutte le complessità e le problematiche che questo comporta ma anche con le enormi potenzialità off erte dalle nuove tecnologie, per passare poi ai mo-tivi delle “barriere all’entrata” nelle aziende che secondo il manager 36enne in parte vanno ricercate nelle peculiarità dei giovani di oggi. “L’umiltà, o meglio la sua mancanza” è per Cumini il problema che hanno i ragazzi oggi, la pretesa

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Imporsi nel mondo del lavoro e crescere in un periodo ricco di complessità, soprattutto in un Paese come l’Italia dove manca il sostegno delle banche e dove tradizionalmente si investe poco nell’innovazione. Su questi e altri temi abbiamo sentito l’opinione di Andrea Cumini, vincitore del premio nazionale Giovane imprenditore 2011 di Confcommercio

Umiltà, capacità di mettersi in giocoe grande entusiasmo:

imprenditore oggi

“Siamo in tempi di crisi: tempi in cui è diffi cile tenere in piedi la propria attività, quasi impossi-bile iniziarne una da zero; tempi in cui ne lo Sta-to ne le banche si impegnano a sostenere l’inno-vazione e i nuovi progetti. Insomma tempi in cui se essere un imprenditore può risultare davvero arduo, essere un giovane imprenditore lo è anco-ra di più.” Argomenti importanti, che oggi come oggi sono all’ordine del giorno perché l’innova-zione è la chiave per uscire da questo particolare momento economico e in cui nonostante le dif-fi coltà ci vogliono investimenti, nuove vision e un rinnovato approccio al mercato che, bisogna accettarlo, non tornerà più quello di prima. In questo contesto sono proprio i giovani impren-ditori che possono fare la diff erenza, dare quello lancio che serve al sistema italiano in primis.

“L’umiltà, o meglio la sua mancanza” è per Cumini il problema che hanno i ragazzi oggi, la pretesa di arrivare subito, senza mettersi in gioco

Sotto:Andrea Cumini, marketing manager del Gruppo CuminiA fianco:la premiazione di Confcommercio per il premio nazionale Giovane imprenditore 2011

giovane è essere un

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Personaggio

In anni in cui molto si discute di cambiamenti e di rinnovati contesti, il Giovane imprenditore dell’anno si concentra sulla necessità, diffi cilmente percepita soprattutto nel nostro Paese, di un cambio generazionale ai vertici delle imprese e di come il “vento” si possa migliorare

di arrivare subito, senza mettersi in gioco. La capacità di sapersi adattare è una qua-lità che permette non solo di entrare nel mondo del lavoro ma anche di crescere a livello personale e di carriera. Per questo, forse un po’ contro corrente rispetto ai dati occupazionali, Cumini sostiene che spesso le materie umanistiche sono maggiormen-te valorizzate rispetto a quelle prettamente tecniche. In anni in cui molto si discute di cambiamenti e di rinnovati contesti, il Giovane imprenditore dell’anno si concen-tra sulla necessità, diffi cilmente percepita soprattutto nel nostro Paese, di un cambio generazionale ai vertici delle imprese e di come il “vento” si possa migliorare.

In un periodo di grande complessità come è quello attuale cosa signifi ca esse-re un giovane imprenditore?Siamo in un momento economico parti-colarmente impegnativo. Oggi come oggi è diffi cile avere una prospettiva ma biso-gna crearla. Per essere un imprenditore in tempi come questi è necessario pensare a lungo termine, non concentrarsi sul bre-ve periodo. Questo signifi ca innovare e quindi investire. È una scelta rischiosa so-prattutto alla luce del fatto che non ci sono aiuti. Sono passati i tempi in cui lo Stato e gli istituti bancari sostenevano economi-camente nuovi progetti o imprese, adesso non ci sono supporti.

Questo vale sia per aziende consolidate come può essere la nostra sia per un gio-vane che vuole iniziare una nuova attività imprenditoriale. Ora come ora è diffi cile se non si hanno mezzi propri. È una scelta importante e sottolineo ad alto rischio ma che ora come ora è necessaria.

In riferimento al sostegno alle imprese, secondo lei è un problema generalizzato?È una situazione che si presenta prevalen-temente in Italia. All’estero, soprattutto negli Stati Uniti ma anche nel resto d’Eu-ropa le banche concedono maggiori fi nan-ziamenti a nuove realtà e all’innovazione in generale. Il nostro Paese è tradizional-

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mente restio ad investire, ora vista la crisi lo è ancora di più.

Le è stato conferito il premio 2011 di Giovane Imprenditore di Confcom-mercio e la sua è forse una prospettiva privilegiata. Qual è la sua opinione sui giovani e il mondo del lavoro. Secondo lei quali sono le qualità che bisogna ave-re per entrare nel mondo del lavoro? E quali quelle per emergere?Bisognerebbe tornare un po’ all’antico. Le università, a mio parere, danno una buo-na formazione ma i ragazzi pretendono di

entrare in azienda e da subito occupare posizioni dirigenziali. Ci vorrebbe una buona dose di umiltà in più e la capaci-tà di adattarsi, soprattutto i primi tempi ma anche in seguito. Non si può cercare

il lavoro a cinque minuti da casa. La fl es-sibilità è la qualità che i giovani dovreb-bero avere, accompagnata dall’attitudine a rimettersi in gioco. Ci vuole maggio-re mobilità internazionale. Con questo non intendo dire che per avere successo sia necessario trasferirsi all’estero ma la predisposizione a viaggiare e a spostarsi anche in diverse città è sicuramente un valore aggiunto per chi cerca lavoro.

Alla luce di quanto appena detto mi sembra che lei non condivida l’idea del posto fi sso?Direi di no. È una peculiarità solo italiana quella di cercare, di ambire, a un lavoro per tutta la vita. All’estero non c’è la vo-lontà di restare sempre nello stesso posto, di fare sempre lo stesso lavoro anzi … c’è voglia di cambiare, di crescere, di provare realtà lavorative nuove per migliorare.

Questa necessità di rimettersi in gioco è sinonimo di maggiore apertura men-tale e quindi tendenzialmente di una maggiore predisposizione alle materie umanistiche più che a quelle pretta-mente tecniche?Dipende da persona a persona ma in generale si può dire che è così. Negli ul-timi anni si è assistito ad una maggiore valorizzazione dei soggetti indirizzati verso discipline umanistiche. Non solo ingegneria quindi ma anche lettere, psi-cologia, sono materie che più di altre in-

fl uiscono sulla versatilità di una persona, sulla capacità di adattarsi e di apprendere da ogni situazione senza paura di rimet-tersi in gioco.

La sua è un’azienda dalla lunga tra-dizione. Come si sta svolgendo e cosa comporta secondo lei il cambio genera-zionale in Cumini?Il passaggio generazionale per noi è co-stante e continuo. È un processo perenne che avviene in modo naturale e che deve passare attraverso la condivisione delle competenze. Non è suffi ciente entrare nel consiglio di amministrazione. I gio-vani devono ricoprire cariche operative e di responsabilità in modo che portino del nuovo in azienda. In Cumini sono passate ormai 3 generazioni e ognuna ha contribuito a rendere l’azienda quel-lo che è oggi. È un modo di operare che non sempre viene condiviso dalle aziende in Italia. Chi sta in alto deve adeguarsi, i giovani, chiaramente se vogliono cresce-re (perché c’è chi è ben felice di non avere alcuna responsabilità) devono stare nel cuore dell’attività. |

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Gruppo Cumini. Lo stile unico del total living

“Oggi come oggi è diffi cile avere una prospettiva ma bisogna crearla. Per essere un imprenditore in tempi come questi è necessario pensare a lungo termine, non concentrarsi sul breve periodo. Questo signifi ca innovare e quindi investire”

Un giovane che non lotta e non vince sperpera il meglio della sua giovinezzaCarl Gustav Jung

Andrea Cumini è il marketing manager del Gruppo Cumini, azienda storica del Nordest, nata nel 1950 in Friuli Venezia Giu-lia. Sei punti vendita in Italia per un nome conosciuto anche all’estero come sinonimo di stile: Cumini Moda, Cumini City e Cumini City Accessories per il mondo dell’abbigliamento e degli accessori; Cumini Casa, Cumini Store e Cumini Emporio per tutto ciò che riguarda l’abitare. Cumini ha sempre potuto vantare una clientela altamente fi delizzata ma negli ultimi anni la strategia dell’azienda, e del suo marketing manager in testa, è stata quella di puntare sul brand e sulla sua identità. Attraverso l’uso attento dei nuovi media, soprattutto dei social network, Andrea Cumini ha trasmesso un messaggio di stile e design ed è riuscito a dare al marchio quella riconoscibilità che prima non aveva e che negli ultimi anni ha assunto sempre più importan-za. “Total living”, uno stile unico che coinvolge moda e design, questa è l’idea del gruppo che da oltre 60 anni ricerca e selezio-na le nuove tendenze, anticipando i trend. In quest’ottica è nata Cumini Gallery, dedicata all’interno del punto vendita Cumini di Gemona. Uno spazio espositivo dove ospitare mostre, presen-tazioni e rassegne d’arte e design. |

Store Cumini a Gemona

www.cumini.it

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In anni in cui il risparmio energetico e la tutela dell’ambiente sono fattori determinanti, Grohe, azienda leader a livello

mondiale nel settore idrotermosanitario, si pone come esempio di ecostenibilità di prodotto e di processo produttivo senza

dimenticare il design e i suoi elevati standard qualitativi

Water care: tecnologia, design e qualità per proteggere il pianeta

La responsabilità ambientale è la loro fi losofi a aziendale. Tecnologia, design e qualità sono i loro punti di forza. Stiamo parlando di Grohe, multinazionale operante nel settore idrotermosanitario, un campo ad alta competi-tività, ma dove l’esperienza e gli elevati standard tecnici e qualitativi sono valsi a questa azienda la posizione di leadership in Italia così come nel resto del mondo.Water care è la formula che riassume la concezione che sta alla base del lavoro di Grohe. Prodotti non solo este-ticamente curati, di qualità e tecnologicamente all’avan-guardia ma anche a basso impatto ambientale. In quest’ottica sono state lanciate diverse linee di prodotto, dai termostatici, ai sistemi di sciacquo Dual Flush ai ru-binetti elettronici, dotate del sistema Grohe Ecojoy e da giugno anche di Power&Soul. “Queste tecnologie inno-

vative – ha dichiarato Roberto Cassanelli direttore marketing dell’azienda - permettono un considerevole risparmio d’acqua. Ecojoy, una tecnologia brevettata da noi, arriva a ridurne il consumo fi no al 40% e Power&Soul, una nuova manopola doccia, che incorpora al suo interno il sistema GRO-HE Rain O2 che miscelando acqua e aria diminuisce il quantitativo d’ac-qua impiegata mantenendo il fl usso perfetto e abbondante”. Consumare meno acqua signifi ca anche diminuire l’impiego di risorse per riscaldarla quindi il risparmio si estende anche a livello energetico.

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concreta dell’azienda di proteggere la na-tura. Altri esempi importanti ci vengono da un progetto, partito in via sperimen-tale nel 2007 in Germania ed esteso poi nel resto del mondo, volto a calcolare le emissioni di gas a eff etto serra e l’impie-go di tecnologie di ultima generazione per monitorare costantemente l’impatto che il proprio processo produttivo genera a livel-

lo d’inquinamento delle falde acquifere.Grazie a questo molti dei prodotti Grohe rispondono ai requisiti LEED (Leader-ship in Energy and Environmental Design), standard applicato in oltre 100 paesi nel mondo, per la co-struzione di edifi ci sostenibili, sia dal punto di vista energeti-co che dal punto di vista del consumo di tutte le risorse ambientali coinvolte nel pro-cesso di realizzazione. Come anticipato la sostenibilità

ambientale non è l’unico punto forte dei prodotti Grohe. Il design delle sue colle-zioni è sicuramente un fattore importante per quest’azienda che dal 1970 ha seguito l’evolversi della concezione dello “spazio bagno”. Dai grandi bagni di epoca romana, luoghi di socializzazione oltre che di relax si è passati, negli Anni ’50 – ’60, ad una conce-zione puramente funzionalista. “Fino agli

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Negli ultimi anni, in parte a causa del-la situazione economico fi nanziaria, si è assistito ad una sempre maggiore atten-zione, da parte del consumatore, dei pro-dotti a risparmio energetico. Per questo a livello europeo è stato creato un sistema di etichettatura per permettere al cliente di orientarsi tra i tanti prodotti dispo-nibili. Nel settore idrotermosanitario la certifi cazione è denominata WELL (Wa-ter Effi ciency Label) e ben sette delle linee di miscelatori GROHE l’hanno meritata raggiungendo la classe A**, la migliore della categoria. “Oggi come oggi – ha continuato Cassanelli - gli acquisti d’im-pulso stanno via via scomparendo. Le persone valutano sempre più attentamen-te i prodotti da comprare e il risparmio energetico è sicuramente uno degli aspet-ti tenuto in maggiore considerazione”.Per Grohe la tutela dell’ambiente non si ferma a livello di prodotto fi nale. È un elemento cardine della cultura azienda-le e per questo incide su tutto il processo produttivo. L’azienda è impegnata nella trasmissione di un messaggio positivo e virtuoso verso tutti i player del settore, in primo luogo interni all’azienda come ma-nagement e impiegati, in secondo luogo all’esterno verso clienti e rivenditori. L’impiego di materiali riciclati, la raccolta diff erenziata e, con l’avvento delle nuove tecnologie, la scelta di limitare l’uso di comunicazioni cartacee a favore di quelle digitali, sono solo alcune delle procedure che Grohe ha scelto di impiegare a livel-lo gestionale e che dimostrano la volontà

Water care è la formula che riassume la concezione che sta alla base del lavoro di Grohe. Prodotti non solo esteticamente curati, di qualità e tecnologicamente all’avanguardia ma anche a basso impatto ambientale

Fasi di produzione

Azienda di successo

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avvicinarci al cliente fi nale. Per questo, nello showroom saranno esposti rubinetti e miscelatori funzionanti, per dare modo ai visitatori di toccare con mano l’elevata qualità dei nostri prodotti.” |

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In tutte le cose della natura esiste qualcosa di mera-vigliosoAristotele

www.grohe.it

Anni ’60 – ha spiegato Roberto Cassanelli - la stanza da bagno è stata poco considerata. Oggi invece sta acquistando sempre più quote di mercato, sta tornando ad essere un luogo di relax ed è curata fi n nei minimi dettagli. Per questo, negli ultimi anni, stiamo puntando molto sul design dei nostri prodotti. Stiamo lavorando perché nella perce-zione che i nostri clienti hanno di noi ci sia uno spostamento, dalla tecnologia all’emozione”.

In quest’ottica la società ha in programma un’importante collabora-zione, voluta proprio da Cassanelli, con lo IED per la progettazione del nuovo showroom di Milano. “Chi meglio degli studenti dello IED – ha detto Cassanelli – può sviluppare idee dal design all’avanguardia. Co-loro che presenteranno i progetti migliori avranno anche la possibilità di fare un’esperienza diretta in azienda”.

Legata a questa volontà di emozionare il consumatore fi nale, che per il 2012 può essere considerata il pay off per questa azienda, è l’inau-gurazione, in occasione del Fuorisalone 2012, del nuovo showroom in centro a Milano. Un investimento importante, soprattutto oggi, ma che testimonia la volontà di Grohe di indirizzarsi sempre di più verso un mercato consumer, non più solo legato a distributori e installatori come era in passato.

“Un po’ controcorrente rispetto alle altre aziende – ha dichiarato Cas-sanelli – soprattutto in tempi di grande diffi coltà come quelli attuali, la nostra azienda ha scelto di trasferirsi in città. Abbiamo fatto un in-vestimento importante, giustifi cato dal fatto che il nostro obiettivo è

L’impiego di materiali riciclati, la raccolta diff eren-ziata e, con l’avvento delle nuove tecnologie, la scelta di limitare l’uso di comunicazioni car-tacee a favore di quelle digitali sono solo alcune delle procedure che Grohe ha scelto di impiegare a livello gestionale e che dimostrano la volontà concreta dell’azienda di proteggere la natura

Dettaglio di prodotto

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Le discussioni tra governo e parti socia-li sulle tematiche del mercato del lavoro italiano si stanno trascinando da mesi, ed è diffi cile vederne una conclusione ope-rativa. Secondo noi, infatti, i problemi in discussione non sono quelli veri dell’eco-nomia italiana. Mi verrebbe da dire che siamo grosso modo in questa situazione: il serbatoio dell’auto è vuoto, e per tornare a viaggiare ci si sta ostinando ad aggiungere olio al motore - magari ne manca un poco, ma forse il problema principale non è il car-burante?! Il problema del mercato del lavoro italiano è l’assenza di domanda di lavoro da parte delle imprese. Il Paese è in recessione e le imprese vogliono liberarsi di forza lavoro, e liberarsene a basso costo: ecco di che cosa si parla. Mentre si dovrebbe parlare

di rilancio dell’economia, della creazione di posti di lavoro altamente qualifi cato mediante investimenti produttivi nei set-tori cutting edge della tecnologia, delle comunicazioni, della connettività, dei trasporti, e via ripetendo. La nostra non è una posizione ideologica, ma dramma-ticamente radicata nei fatti. Che vengono ben presentati e ben discussi nello studio che riportiamo qui di seguito. (F.S.)

Lo stipendio medio annuo di un lavora-tore dipendente impiegato in un’impresa italiana è pari a 23.406 euro. A dircelo è Eurostat, che il 24 febbraio ha pubblicato le statistiche relative all’anno 2009 di tutti i Paesi dell’Unione Europea. Meno dell’Ir-landa, meno della Spagna, meno di Cipro, poco più del poverissimo Portogallo. Ma noi non ne siamo stupiti.

E allora qual è il problema dell’Italia, o meglio, delle imprese che operano nel no-stro Paese? Secondo il ministro Fornero, i lavoratori dipendenti sono così tutelati, così protetti e coccolati dall’articolo 18, al punto che le imprese non possono li-cenziare i dipendenti poco volenterosi, e la produttività delle imprese diminuisce. Il merito del neo-ministro, se ve n’è uno rispetto ai governi precedenti, è quello di avere un’opinione sul tema, dopo anni di falsi proclami, strizzate d’occhio a Con-fi dustria e sindacati, e continui “nulla di fatto”. Che l’Italia abbia un problema di produttività è palese. Il nostro Paese, uni-co tra quelli ad alto reddito pro-capite, ha visto la produttività del lavoro diminuire dal 2000 ad oggi.La teoria economica ci insegna che un di-pendente che produce dieci unità di pro-

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La produttività del lavoro in Italia è diminuita dal 2000 ad oggie i salari restano relativamente bassi rispetto a quelli di altri Paesi europei. I motivi sono legati a una mancanza atavica di investimentie innovazione. Per uscire dalla crisi è indispensabile incentivare la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese

testo di Luca Macedoni e Andrea Rongone, con introduzione di Fabio Sdogati, docente di Economia Internazionale al Politecnico di Milano

La non-crescita dei salari: produttività, investimenti, e

“confi dence fairy”

United StatesFranceGermanyItalyJapanKoreaSpainTaiwanUnited Kingdom

Year

Tabella 1 - Produttività del lavoro ((prodotti fi nali all’ora per unità di lavoro, 2002==100)

31,9

29,0

36,7

30,028,4

NA

NA

NA

35,5

41,7

42,9

54,5

56,847,9

NA

57,9

28,6

44,7

58,1

63,6

69,8

78,170,9

33,3

80,0

52,5

70,1

88,8

94,0

96,5

100,998,5

90,8

97,4

85,6

93,5

108,2

104,5

103,6

97,9106,8

106,8

102,5

107,2

104,3

135,2

116,2

122,7

103,1127,6

156,1

110,9

143,2

123,8

135,7

115,1

122,4

99,4127,9

157,2

109,3

145,5

124,0

146,2

106,8

111,0

93,5113,3

160,1

108,4

152,4

119,8

1970 1980 1990 2000 2003 2007 2008 2009

Fonte: Beaureau of Labor Statistics

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dotto guadagnerà, all’incirca, il doppio di chi ne produce cinque. Se la produttività del lavoro aumenta, a parità di tutto il resto, i salari medi possono aumentare.

Quindi non ci stupisce aff atto che l’Italia sia un Paese il cui sa-lario medio è relativamente basso rispetto a quello di altri Pa-esi europei. Piuttosto, ci stupisce la reazione del Ministro, e la non-reazione di Confi dustria, e delle parti sociali. In Germania, che ha una struttura produttiva e una dimensione comparabile al nostro Paese, il valore dello stipendio medio annuo è di 41.100 euro. È possibile spiegare una diff erenza di 18.000 euro nel sa-lario medio con un’ineffi cienza di mercato? Davvero gli operai tedeschi guadagnano quasi il doppio degli italiani perché hanno più voglia di lavorare? O perché sono minacciati dalla possibilità di essere licenziati in caso di ineffi cienza? Noi ci sentiamo di ri-spondere “no, no, e ancora no” a tutte queste domande.Il problema delle imprese italiane non è quello di trovare il modo

di licenziare le mele marce. Anzi, quegli strumenti esistono già, e sono anche ben normati. Noi crediamo che la produttività del la-voro diminuisca per la mancanza di investimenti, ed in partico-lare per la mancanza di investimenti in capitale fi sico ed umano.

Torniamo all’esempio precedente, e ammettiamo che al lavorato-re che produceva cinque pezzi all’ora sia data una macchina che gli permette di produrne trenta. Ammettiamo pure che non ab-bia troppa voglia di lavorare, e che invece di trenta pezzi ne pro-

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Salari e produttività

Lo stipendio medio annuo di un lavoratore dipendente in un’impresa italiana è di 23.406 Euro, meno dell’Irlanda e di Cipro. In Germania il valore dello stipendio medio annuo è di 41.100 euro

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duca venti. Il suo stipendio sarà comun-que il doppio del lavoratore che produceva dieci pezzi! Quindi in Italia abbiamo una mancanza atavica di investimenti, non dipendenti poco volenterosi. Perché non investiamo, perché non innoviamo? Per-ché, prima di tutto, le nostre imprese non crescono. Un tessuto produttivo cresciuto auspi-cando di rimanere piccoli, occupando le nicchie di mercato, basato su distretti industriali di micro-imprese si è rivelato dannoso nel lungo periodo. Il nanismo

industriale italiano ha origini lontane: Marcello de Cecco individua nello scio-pero degli investimenti degli anni ’60 il primo fattore che ha modifi cato la strut-tura produttiva del Bel Paese, rendendola enormemente diversa da quella delle altre potenze industriali europee e dal Giappo-ne. L’assenza di investimenti nel decennio 1963-1973 ha portato l’Italia a soff rire di una cronica assenza di competitività,

all’alba degli shock petroliferi. La via ita-liana alla competitività è quella delle sva-lutazioni competitive, che diventano, per vent’anni, il principale strumento di poli-tica economica. Le svalutazioni della lira, le tutele ai lavoratori garantite solo alle imprese di grandi dimensioni, e un “de-centramento produttivo” che trasformava medie e grandi imprese in microaziende invisibili al fi sco, non generano certo gli incentivi necessari agli investimenti e alla produttività. E al tempo stesso, genera-no una domanda strutturale di lavoro a bassa qualifi cazione tecnologica: gli im-prenditori non hanno bisogno né di nuovi macchinari, né di dipendenti qualifi cati, formati, o laureati1.

Una recente analisi dell’Economist ha mostrato la correlazione negativa tra di-mensione delle imprese e crescita del-la produttività. Come ci aspettavamo, più un Paese impiega i suoi lavoratori in microimprese e più la produttività rima-ne bassa. Non è un caso che più del 90% dei lavoratori tedeschi sia impiegato in medie e grandi imprese, mentre la più grande diff usione di piccole imprese si registri in Grecia, Spagna, Portogallo e Italia. (http://www.economist.com/blogs/freeexchange/2012/03/productivity)

Con la fi ne delle svalutazioni competitive negli anni ’90, i nodi vengono al pettine. Quindi la fuga dei cervelli, la produttività calante, e i salari bloccati. La crisi del 2007 non ha fatto altro che esacerbare i proble-mi: il crollo della domanda mondiale ac-celera le pressioni competitive tra imprese e le prime a soccombere sono quelle che non hanno investito negli ultimi anni.Come risolviamo il problema? C’è chi

auspica di modifi care il mercato del la-voro in uscita. Tocchiamo l’articolo 18 e le imprese verranno a investire in Italia – dicono – perché troveranno condizioni di investimento migliori. Non regolamen-tate, appunto, quasi “cinesi”. Come se ci fosse una “confi dence fairy”2 che spinga le imprese a investire laddove il costo del lavoro è più basso, laddove il mercato è li-beralizzato, laddove il sindacato diminu-isce le proprie richieste. Ma potremo mai competere con la Cina, con il Vietnam, con il Bangladesh se percorriamo questa strada? Insomma, davvero si può pensare che togliere tutele al lavoro genererà inve-stimenti e produttività?

Sarebbe meglio, forse, incentivare la cre-scita e l’internazionalizzazione delle im-prese per vedere i nostri salari e i nostri redditi crescere, e, per uscire da questa crisi, stimolare l’investimento privato au-mentando la domanda del settore pubbli-co. Domanda che potrebbe essere rivolta verso quel lavoro qualifi cato raramen-te richiesto dalle imprese italiane e che cerca fortuna e salari migliori all’estero. Ma, anche stanotte, aspetteremo la nostra fatina. |

www.polimi.it

Non sempre cambiare equivale a migliora-re, ma per migliorare bisogna cambiareWinston Churchill

BelgioBulgariaRepubblica CecaDanimarcaGermaniaIrlandaGreciaSpagnaFranciaItaliaCiproLettoniaLituania

Paese//Anno

Tabella 2 - Salario medio pro-capite ((€)), 2005 - 2009

36673

1978

7405

47529

38700

40462

20333

30521

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Totale Uomini DonneTotale Uomini Donne

2005 2009

“Sarebbe meglio, forse, incentivare la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese per vedere i nostri salari e i nostri redditi crescere, e, per uscire da questa crisi, stimolare l’investimento privato aumentando la domanda del settore pubblico”

Fonte: Eurostat

Marcello de Cecco, L’Italia grande potenza: 1. la realtà del mito; Storia Economica d’Italia, Banca Intesa Laterza – 2004. De Cecco, Le privatizzazioni nell’ industria manifatturiera italiana, Donzelli Editore, 2000.L’espressione, coniata dal premio Nobel per 2. l’economia Paul Krugman in The Conscience of a Liberal, 2009, è utilizzata per spiegare inesistenti prospettive d’ investimento.

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Formazione, investimenti continui in innovazione e tanta pas-sione. Il risultato sono cinquant’anni di storia segnati da tra-guardi, primati e molte soddisfazioni. È la storia del Gruppo Metra, di Rodengo Saiano, nel bresciano, specialista nell’estru-sione delle leghe d’alluminio e nel completo controllo di tutte le fasi del processo produttivo, dalla materia prima al prodotto fi -nito (fonderia, estrusione, fi niture superfi ciali e lavorazioni), per la produzione di profi lati per l’industria, trasporti ed edilizia. Metra ha lasciato il segno su luoghi simbolo a livello interna-zionale quali la piramide del Louvre, la conchiglia del quartier generale di Al Dar ad Abu Dabi, il grattacielo Pirelli di Milano e le due sedi dell’Europarlamento a Bruxelles e a Strasburgo. Ad oggi il Gruppo, di proprietà delle famiglie bresciane Bertoli, Giacomelli, Marinelli e Zanetti, è forte di un fatturato di cir-ca 260 milioni di euro e di un organico di circa 1200 persone. Numeri importanti che resistono ai colpi della crisi grazie, so-prattutto, a una media di 15 milioni di euro che annualmente vengono investiti in innovazione, anche se si è registrata una lie-ve fl essione di fatturato dovuta al contesto internazionale. “Nei momenti di crisi è importantissimo non abbassare la testa – ci spiega Bruno Bertoli, Presidente di Metra -. E’ necessario invece continuare a investire e guardare al futuro”. Il libro dei ricordi del Gruppo Metra si apre nel 1962, anno della sua fondazione.

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L’azienda bresciana è tra le prime a livello nazionale e internazionale per l’estrusione dell’alluminio. Il presidente Bruno Bertoli racconta i traguardi

e i successi di un Gruppo che anche in tempi di crisi investe una media di 15 milioni di euro l’anno in innovazione

Bruno Bertoli,presidente di Metra

Vista aerea della sede di Metra

L’alluminio

“made in Metra”

Business&Gentlemen marzo - maggio 2012

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“Cinquant’anni fa – prosegue Bertoli – siamo entrati in un settore dove si fa-cevano cose banali, prodotti standard. Con il tempo ci siamo resi conti che in questo tipo di lavorazione dell’alluminio poteva esserci un valore aggiun-to che andava diff uso presso i progettisti, ergo la possibilità di passare da un tondo pieno e un trafi lato che può assumere forme diversissime, di varie dimensioni. In questo modo siamo andati a creare spazi nuovi per i proget-tisti dell’edilizia, della meccanica, dell’automobile e di tutti quei settori che utilizzano l’alluminio”. Il Gruppo la chiama “cultura dell’alluminio” e in quanto tale va diff usa e promossa, soprattutto tra chi decide, affi ancando quando possibile le scuole e le università. “Nel corso degli anni abbiamo cercato di colmare le lacune culturali che spesso ci sono per questo settore attraverso una serie di iniziative di sensibi-lizzazione sull’utilizzo dell’alluminio – spiega il Presidente -. Tra i vari pro-getti di cui siamo promotori ricordo i corsi di formazione, le borse di studio, gli stage con le scuole tecniche superiori, premi per corsi o laboratori presso le facoltà di Architettura del Politecnico di Torino e di Milano, il Concor-so Internazionale Sistema d’Autore, il premio per la Miglior Tesi di Laurea sull’alluminio e i corsi di formazione per progettisti e costruttori”. Ed è stata proprio la continua ricerca e la volontà di innovare a portare Metra ai primi

posti in Italia e in Europa per l’estrusione dell’alluminio per l’architettura e l’industria. Il motto coniato da Bertoli stesso “Fare cose diffi cili in modo semplice” è diventato il cuore di quel “Made in Metra” che fi rma ogni lavoro che esce dagli stabilimenti del Gruppo. “Ogni profi lato realizzato – spiega il Presidente – è frutto di anni di studi su leghe, resistenze meccaniche e resistenze alla fatica ma alla fi ne riusciamo a realizzare prodotti di grandi dimensioni e dalle forme complesse, impiegati nei settori più svariati, edifi -ci, grattacieli, treni e tram, navi da crociera e da trasporto”. Ed è così che Metra è passata, nel giro di cinquant’anni da una pressa con una potenza massima di 1000 tonnellate alle nove presse di oggi, una delle quali sei volte più potente (6050 t) che le ha permesso di raggiungere primati importanti a livello internazionale e di assestarsi tra i primi tre produttori mondiali nel settore dei trasporti dei treni. Ad oggi il mercato estero copre una fetta fondamentale per il bilancio del Gruppo: “L’esportazione diret-ta che facciamo sui mercati esteri supera il 40 percento, quella indiretta il

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Storia d’impresa

Fasi della lavorazione dell’alluminio

“Il meglio che un leader può fare è capire che il cambiamento non è solo parte della realtà, ma è una necessità. Adattabilità a fronte di eventi imprevisti, questo è il segno distintivo dei più grandi manager”

60 percento – spiega Bruno Bertoli -. Tutta l’espor-tazione indiretta è di prodotti di gamma medio-alta e si tratta naturalmente di prodotti completamente Made in Italy”. Tra i clienti di Metra ci sono picco-le, medie e grandi imprese del nostro Paese e non solo. Un mercato diversifi cato a cui l’azienda con-tinua a fare fronte grazie a due servizi diff erenzia-ti: per le grandi imprese è stata costituta la società Metra Componenti che si occupa delle lavorazioni meccaniche su profi lati a disegno per l’industria e la-vorazioni meccaniche su grandi estrusi in barre fi no a 25 metri per il settore ferroviario. “Con l’impresa Bombardier ad esempio lavoriamo settimanalmente barre fi no a 25 metri che vanno direttamente nei loro stabilimenti per preparare le carrozze dei treni”. L’ef-fi cienza del servizio è assicurata anche ai serramen-tisti grazie ai due poli logistici, a Rodengo Saiano e in Sicilia e un altro polo di distribuzione in Puglia che garantiscono tempi di consegna per i prodotti grezzi al massimo di tre giorni. Un’altra direttrice su cui Metra costruisce il proprio successo è quella dell’ecosostenibilità, sia sul fronte dei processi pro-duttivi sia della vita aziendale stessa. Infatti l’azienda nel corso degli anni ha messo a punto una strategia fi nalizzata all’adozione di nuove lavorazioni, proce-

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dure e impianti in grado di ottimizzare il processo produttivo quali il recupero delle acque e dei fumi, il riciclo dell’al-luminio e il contenimento del consu-mo energetico. “I nostri serramenti sono tutti a basso impatto ambientale – spiega Bertoli – e risponde a quelle che sono le normative in vigore nella Comunità Europea. Inoltre facciamo parte come Metra di un consorzio cre-ato dall’Associazione Industriali Bre-sciani insieme ad altre aziende simili e ci siamo organizzati per anticipare le normative europee in fatto di prelievi per la verifi ca dei fumi”. L’azienda sta portando avanti la sua battaglia ecoso-stenibile anche sul fronte interno attra-verso la realizzazione di un sistema di teleriscaldamento che sfrutta il calore ricavato dalla fonderia”. Questo 2012 segna il traguardo dei primi 50 anni di vita del Gruppo Metra. Un traguardo raggiunto prima di tutto con la passio-ne. “Quando l’azienda è nata – raccon-ta il Presidente – io portavo ancora i calzoni corti ma vivevo già questa re-altà e già allora mi ero innamorato del profumo di questi ambienti. Di quegli anni è rimasto la fedeltà a certi valori,

al lavoro e la passione. È rimasto l’orgo-glio e l’attaccamento all’azienda. Oggi questi valori li stiamo trasmettendo ai nostri fi gli, alla terza generazione”. Per il suo anniversario, Metra ha in pro-gramma, nel corso del 2012, una serie di iniziative che vanno dall’Open Day per le famiglie dei dipendenti, un con-corso fotografi co per i dipendenti fi no ad arrivare a incontri-workshop, sui progetti o i temi caldi portati avanti in questi anni quali logistica, formazione e cultura, certifi cazioni, fi niture, nuovi prodotti, tecnologia, mercato, comu-nicazione, ecosostenibilità. Nel futuro di Metra ci sono i giovani e la volontà di guardare al nuovo: “Diffi cilmente usciremo dalla crisi facendo gli stessi prodotti, con gli stessi clienti e negli stessi mercati – conclude Bruno Bertoli -. Abbiamo bisogno di prodotti nuovi con clienti nuovi e mercati nuovi ed è per questo motivo che la spinta dei gio-vani è fondamentale”. |

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Non si tratta di pensare di più, quan-to di pensare diversamente.Jean Marie Domeneque

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Le aree di mercato nelle quali ME-TRA opera sono rappresentate dai comparti delle applicazioni in architettura-edilizia e delle realiz-zazioni di profi lati per l’industria. In quest’ultimo comparto gli am-biti maggiormente signifi cativi si trovano nei settori dei trasporti, delle costruzioni meccaniche, del-la pneumatica, dell’automazione, dell’arredamento e delle attrezza-ture domestiche, elettrodomestiche, elettrotecnica, imballaggio, impian-tistica, delle attrezzature sportive, solo per citarne alcuni. Recente l’ingresso anche nel settore navale con la costituzione di una specifi ca divisione: METRA Marine, la cui attività è mirata alla realizzazione di estrusi e profi lati speciali per la realizzazione di yacht e navi da cro-ciera. Con una capacità produttiva annua di oltre 90.000 tonnellate di pro-fi lati di alluminio, una capacità di verniciatura di oltre 40.000 t/anno e di anodizzazione di oltre 8.000 t/anno, 9 presse installate (con poten-ze da 1.800 t a 6.050 t), oltre 1.000 dipendenti, 7 stabilimenti in Italia, 1 in Canada e 1 in Polonia, il Grup-po METRA conta oggi – oltre a una capillare copertura del territorio italiano con 3 grandi poli logistici (Brescia, Trani e Ragusa) – su una solida presenza all’estero con 30 punti vendita dislocati nei maggiori Paesi europei, confermandosi leader in Italia e grande protagonista in Europa e nel mondo. |

I numeri di Metra Alcune opere realizzate con l’alluminio Metra

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Panoramica della zona produttiva

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Business&Gentlemen marzo - maggio 2012

siamo ai giornali del 12 settembre 2001, all’indomani dell’attentato alle Torri Gemelle, quella sola notizia ha monopolizzato tutti gli spazi dei media, rimandando al giorno successivo (in alcuni casi, le settimane successive) ogni altra informazione, ancorché degna di nota. Alcune fra quelle escluse sono persino cadute nel dimenticatoio perché nel frattempo divenute stantie, col che citiamo un altro criterio chiave di selezione: la tempistica.Tutte le testate, inoltre, hanno una propria linea editoriale, per rimanere fedeli alla quale è giusto che decidano in piena autonomia se e in che termini un’informazione debba essere trattata, e questo naturalmente contribuisce in maniera determinante all’ulteriore selezione del “divulgabile”. Infi ne, e saltando altri aspetti come la veridicità di presunte

notizie – tutta da verifi care -, le maglie della rete s’infi ttiscono quando si mette in pratica la più antica legge del giornalismo: “Una buona notizia, non è una notizia”. Certo vi sono delle eccezioni: un’emittente televisiva privata pochi anni fa ha ideato il “Tg Rosa”, fatto di sole buone notizie. Chi legge “Focus”, noto mensile italiano di scienza per non addetti ai lavori, sa che ogni edizione si apre con una rubrica intitolata “Le buone notizie”. Ed è seguitissima. Ma si tratta, appunto, di eccezioni. Passiamo ora all’importanza del “come” si trasmette una notizia. Pensiamo ai telegior-nali nostrani più noti, quelli a diff usione nazionale. Fermo restando che ognuno ha i propri gusti, spesso dettati dall’orientamento politico, in eff etti molti (è il mio caso) scel-gono il TG sulla base di come ci ha abituato a dare le notizie. C’è chi ama lo stile Men-tana del primissimo TG5, per il quale una notizia era tale solo se urlata, e chi come me preferisce il tono persino soporifero dei TG diretti da Mimum (rimpiango molto il suo TG2). Fosse solo una questione di voce poi: da qualche parte in Russia si sono inventati le telegiornaliste (…) che si denudano mentre leggono il notiziario. Al di là di questo caso limite, è fuori discussione che oramai tutti i media off rono le stesse notizie, a quel punto il lettore, l’ascoltatore o il telespettatore scelgono sulla base di criteri che esulano dal contenuto e si concentrano piuttosto sulla forma.Nel caso dei TG la questione è addirittura drammatica: i contenuti sono freschi come la frutta di fi ne stagione. L’italiano medio, categoria cui fi eramente appartengo, è drogato d’informazione. Già alle 7 di mattina ascolta le notizie alla radio oppure si “sfoglia”

Che l’informazione sia un incredibile stru-mento di potere lo spiegava già 70 anni fa Orson Welles col suo magistrale “Quarto Potere”, il titolo diceva già tutto. Ciò che invece sfugge a molti sono due aspetti, che talvolta contano più della notizia stessa: il “come” questa viene data, e …perchè altre notizie non siano state date.Partiamo da quest’ultimo. Quando lavo-ravo nel dipartimento marketing di un grosso quotidiano nazionale, i colleghi giornalisti mi spiegavano come solo il 7% delle informazioni che ogni giorno arri-vavano in redazione veniva poi tradotto in articolo. Estremizzando, e con tutti i limiti che le semplifi cazioni comportano, potremmo dire che veniamo a conoscen-za di solo 1 informazione su 10 disponibi-li. La stragrande maggioranza delle note d’agenzia o dei comunicati stampa non hanno quindi un seguito sull’edizione del giorno dopo. Au reverse, non è una novi-tà che l’italiano medio è da anni nauseato dalla politica, eppure le prime pagine dei quotidiani e dei tele-radiogiornali sono spesso monopolizzate dalle dichiarazioni dei vari leader di partito. Cosa spiega que-ste presunte anomalie?Anzitutto, spesso l’informazione fornita in realtà non è aff atto interessante. Chi la invia ai media è convinto che si tratti di qualcosa cui valga la pena dare la massima evidenza, mentre di fatto incuriosirebbe solo qualche suo parente. Ne scrivo con cognizione di causa, essendo io il primo a trasmettere ogni tanto dei comunicati il cui contenuto non credo cambierebbe le sorti dell’umanità, per usare un eufemi-smo. In secondo luogo, la selezione delle notizie pervenute viene operata anche per motivi di spazio: tutto non ci sta. Se pen-

Si potrebbe ora aprire un’ampia parentesi sul potere eccessivo di certi media (inferiore solo a quello delle agenzie di rating… e purtroppo non è una battuta), i quali sono in grado di creare dal nulla vere e proprie mode, nuove espressioni, nuove manie, ma anche di generare false psicosi, allarmismi spesso ingiustifi cati

“Quarto Potere”La storia ci ha insegnato che l’informazione ha sempre avuto un ruolo

determinante nello sviluppo della società, ruolo che negli ultimi anni è cresciuto esponenzialmente insieme allo sviluppo dei nuovi mezzi

di comunicazione. Vediamo in che modo e fi no a che punto questo potere viene esercitato

testo di Leonardo MarabiniEsperto di comunicazione e marketingDirettore commerciale e marketing di Kilometro Rosso

Nuovi scenari del

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Comunicazione

Televideo o Mediavideo. Poi si mette in macchina ascoltando il tg-radio, arriva-to in uffi cio accende il PC ed ecco Inter-net: tutti nel corso della giornata diamo un’occhiata al sito di Corriere, Repubbli-ca, Sole24Ore o del giornale locale, anche perché per molti la professione necessita l’essere aggiornati. Infi ne, magari in pau-sa pranzo si dà pure una lettura veloce al quotidiano “cartaceo”. Morale della fa-vola: è matematicamente impossibile che il TG delle 13.00 e ancor più quello della sera ci raccontino qualcosa che già non sappiamo o che comunque sia realmente interessante. Così dobbiamo ammettere che programmi come Striscia la Notizia o Le Iene e simili sono fra i pochi che se-guiamo in maniera meno distratta: perché fanno giornalismo d’inchiesta, di appro-fondimento, di denuncia, e ci raccontano fi nalmente qualcosa di nuovo e di diverso. In forma umoristica, certo, in forma di sa-tira, magari con inviati travestiti come se fosse sempre carnevale. Ma ci raccontano le cose che veramente c’interessano: quan-

to ci stanno fregando quando facciamo il pieno di benzina, quanto è più economi-co il latte in polvere in Germania, quanto

spreco di denaro viene fatto per strutture ospedaliere inutilizzate o quali manigol-di bussano alla nostra porta per fregarci soldi con vari stratagemmi. Ed ecco che

il contenuto, la notizia in sé, fi nalmente torna ad avere un peso maggiore. Che a darcela sia stato un tizio in tutina gialla e con una ventosa incollata in testa, poco importa.Si potrebbe ora aprire un’ampia paren-tesi sul potere eccessivo di certi media (inferiore solo a quello delle agenzie di rating… e purtroppo non è una battuta), i quali sono in grado di creare dal nulla vere e proprie mode, nuove espressioni, nuove manie, ma anche di generare false psicosi, allarmismi spesso ingiustifi cati. Giù la maschera: dietro le notizie ci sono spesso forti interessi, di politici, di azien-de, di persone infl uenti in tutti i settori e ambiti decisionali. Ma non mi spingo ol-tre perché non è questa la sede più oppor-tuna. E poi perché su B&G non facciamo eccezione: anche qui ci sono problemi di spazio! |

La selezione delle notizie pervenute viene operata anche per motivi di spazio: tutto non ci sta. Se pensiamo ai giornali del 12 settembre 2001, all’indomani dell’attentato alle Torri Gemelle, quella sola notizia ha monopolizzato tutti gli spazi dei media

La galleria in cui siedono i reporter è diventata il quarto stato del regnoThomas Babington Macaulay

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L’azienda bergamasca da sempre punta sulla qualità del servizio, sull’innovazione e sulla valorizzazione

delle risorse umane. Aperto un Centro Polifunzionale al Kilometro Rosso dove verranno svolti studi

per anticipare le esigenze del cliente

Fra.mar “l’industria del pulito”

guarda al futuro

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Azienda di successo

Francesco Maffeis presidente e fondatore di Fra.mar

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Innovare pur restando ben sal-di ai pilastri della tradizione, dei valori familiari e al ruolo sociale ricoperto dall’azienda, perseguen-do sempre la qualità nel servizio e nella gestione delle risorse umane. Un’innovazione raggiunta senza aver dovuto mai cedere a com-promessi ma solo credendo e in-vestendo nelle persone, in un pa-trimonio fatto di uomini e donne quotidianamente impegnate nel lavoro. Così, in oltre quarant’anni di vita, Francesco Maff eis è riusci-to a costruire e a far crescere nel tempo la sua azienda, la Fra.mar di Costa di Mezzate, nel Bergamasco, leader lombarda nell’Industria del pulito. Un’azienda in cui la valo-rizzazione del personale, la for-mazione e la ricerca continua re-stano i capisaldi su cui continuare a investire. L’impegno di Maff eis, oggi aiutato in azienda dai suoi quattro fi gli, ha guidato l’impresa verso i suoi più importanti succes-si fatti di numeri (700 dipendenti, più di 600 clienti e un fatturato di 16 milioni di euro) ma soprattutto di valori veri e tangibili. “In questi quarant’anni – ha di-chiarato Francesco Maff eis - la

nostra azienda è cresciuta e si è sviluppata ma il nostro maggior successo, nonché la mia più gran-de soddisfazione è che i valori su cui ho fondato Fra.mar sono ri-masti gli stessi. Giorno dopo gior-no lavoriamo con la stessa volontà, passione e determinazione a non rimandare mai. I nostri clienti sanno che, in qualunque caso pos-sono affi darsi a noi ed essere certi della qualità del risultato fi nale”.La Fra.mar nasce nel 1970 dalla volontà e dall’intraprendenza del suo titolare nel creare un’azienda artigiana dedicata al settore del-le pulizie. Maff eis, dodicesimo di quattordici fi gli, fi n da giova-nissimo aveva lavorato nel setto-re dell’edilizia, un campo che gli aveva permesso di imparare quan-to siano delicati e importanti le at-tività di fi nitura. All’età di 24 anni apre la sua “In-dustria del pulito”, raccogliendo in quel “pulito” la passione, il mestie-re e il valore stesso. L’azienda per Maff eis infatti non punta esclusi-vamente a fare numeri ma prima di tutto deve avere a cuore il pro-prio ruolo sociale, ergo le ricadu-te su chi vi lavora e nell’ambiente

Da sempre Fra.mar ha un occhio di riguardo alla tutela dell’ambiente. L’impresa di Maf-feis infatti è attivamente impegnata in una politica aziendale di prevenzione e salva-guardia ambientale, che si concretizza nella sensibile riduzione dell’utilizzo di materie plastiche, con un abbattimento di emissio-ni di anidride carbonica in ambiente pari a 33.600 chilogrammi all’anno e nella scelta di prodotti detergenti non dannosi, garan-titi dal marchio Ecolabel. Una cultura del pulito che si declina quindi in tutte le fun-zioni di processo nel rispetto dei più elevati standard qualitativi, di tutte le normative di riferimento e della piena ecosostenibilità. La forte attenzione all’ambiente ha portato l’azienda allo studio e alla ricerca di prodot-ti per la pulizia dei pannelli fotovoltaici, con l’obiettivo di renderli ancora più effi cienti. |

Grande attenzione all’ambiente

circostante. Nasce da questa consapevolezza la forte attenzione che da sempre la Fra.mar rivolge ai 700 dipendenti, operatori che provengono da 37 paesi nel mondo e un’ampia fetta, circa l’85 percento, di donne lavoratrici tra cui molte mamme. Da qui l’idea di aprire un asilo nido interaziendale con l’obiettivo

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di off rire un importante servizio nella creazione di valore che va oltre il semplice rapporto tra impresa e lavoratori.“La nostra azienda – ha continuato il Commen-datore Maff eis – è fatta di persone. Per noi non ci sono dipendenti ma collaboratori. È fondamentale che chi lavora in Fra.mar sia motivato, che ami il

suo lavoro perché pulisca ogni luogo come fosse casa sua. Per questo abbiamo creato l’asilo intera-ziendale, perché le nostre collaboratrici aff rontino il lavoro con serenità sapendo che i fi gli sono in una struttura formato famiglia”.Nel giro di più di quarant’anni quella piccola azienda artigiana di Costa di Mezzata è diventata

leader a livello locale e tra le principali realtà a livello lom-bardo nel settore del cleaning. Il merito, tra le altre cose, va alla politica sui prezzi portata avanti, alla qualità del servizio e agli investimenti in innovazione e ricerca. Il Centro Polifunzionale voluto e realizzato da Fra.mar al Parco Scienti-fi co Tecnologico Kilometro Rosso è la prova della volontà del suo titolare di non perdere il treno dell’innovazione e della formazione. La prima azione concreta della partnership Fra.mar - Kilometro Rosso infatti è stata il lancio di un Centro Forma-zione Permanente destinato, nell’ottica dell’eccellenza, ad integrare il percorso di specializzazione delle risorse umane dal punto di vista delle competenze tecniche e della relazione con il cliente. “La scelta di aprire un centro in Kilometro Rosso – ha spiegato il presidente di Fra.mar - rispecchia la nostra volontà di proiettarci verso il futuro. Qui verranno svolti degli studi per anticipare le esigenze del cliente”.Sono principalmente cinque i settori di intervento su cui Fra.mar opera e preci-samente: industriale, ospedaliero-sanitario, grande distribuzione-commerciale, uffi ci-banche, amministrazioni pubbliche, civile-condominiale. Da più di vent’an-ni inoltre l’azienda ha introdotto una propria divisione interna, la Maf.Fra, spe-cializzata negli interventi a ciclo completo di sanifi cazione e disinfestazione, oltre che nell’assistenza per tutte le problematiche di bonifi ca e risanamento ambientale legate ad esempio al trasporto e allo smaltimento di sostanze biologiche. “Ė diffi cile fare progetti oggi viste le complessità del periodo – ha concluso Maf-feis – . Di idee ne abbiamo molte ma il contesto cambia ogni giorno. Posso dire che è nostra intenzione proseguire sulla strada dell’innovazione verso il cliente, continuando a seguirlo con cura e attenzione e migliorando l’intercomunicabilità, il dialogo, che in Fra.mar è sempre stato molto importante, in modo da garantire quella continuità che per noi rappresenta il bene comune.” |

Azienda di successo

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www.framar.it

Nel giro di più di quarant’anni quella piccola azienda artigiana di Costa di Mezzata è diventata leader a livello locale e tra le principali realtà a livello lombardo nel settore del cleaning. Il merito, tra le altre cose, va alla politica sui prezzi portata avanti, alla qualità del servizio e agli investimenti in innovazione e ricerca

Fra. mar conta un organico di circa 700 persone, provenienti da 37 Paesi diff erenti. La componente femminile è pari all’85 percento

Prima di produrre dei prodotti dobbiamo produrre degli uominiKonosuke Matsushita

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Chi credeva che avere dipendenti fedeli e motivati fosse la scelta migliore deve ricredersi. Una nuova ricerca di portata internazionale ha dimostrato che esisto-no quattro diversi tipi di coinvolgimento lavorativo e che i dipendenti più entusia-sti e legati all’azienda sono quelli meno proattivi.Lo studio, svoltosi tra il 2009 e il 2011, è stato condotto da Veronica Hope Hailey della Cass Business School, City Univer-sity di Londra insieme a Elaine Farndale e Marc van Veldhoven della Tilburg Uni-versity e Clare Kelliher della Cranfi eld School of Management e ha esaminato

quattro multinazionali, tra cui GKN, Ak-zoNobel e Tesco HSC in Gran Bretagna, Olanda, India e Cina. Nel corso dell’in-tervista Veronica Hope Haley spiega in che modo è stata condotta la ricerca e perché i risultati di questo studio possono essere utili ai manager, soprattutto in un periodo ricco di complessità come quello in cui operano le aziende oggi.In base al mercato in cui si lavora è me-glio avere dipendenti con diversi tipi di coinvolgimento e i manager dovrebbero essere maggiormente coinvolti nella sele-zione del personale, momento importan-te delle strategie aziendali. Meglio avere

dipendenti più motivati o più produttivi? La scelta è una questione di priorità.

Prima di aff rontare i risultati parliamo della ricerca. Come si è svolta concreta-mente?Volevamo verifi care se i driver e le defi -nizioni di coinvolgimento dei dipendenti sono infl uenzati da fattori cross-culturali o se sono applicabili universalmente. Per questo motivo abbiamo esaminato le multinazionali che operano in un certo numero di paesi diversi. In particolare, abbiamo voluto esaminare l’impegno dei dipendenti in India e in Cina in conside-

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Secondo uno ricerca di portata internazionale, fedeltà nei confronti della propria società e proattività non vanno di pari passo. Lo studio

condotto dal 2009 al 2011 ha messo in luce quattro tipi di coinvolgi-mento lavorativo, più o meno utili a seconda del mercato di riferi-

mento. Abbiamo chiesto a Veronica Hope Hailey, uno dei ricercatori responsabili della ricerca, di spiegarci di cosa si tratta

Dipendenti più motivatinon vuol dire

dipendenti migliori

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razione del fatto che stanno emergendo come potenti economie. Il legame tra impegno dei lavoratori e gestione delle prestazioni è importante perché le ricerche svolte prima, avevano molto poco studiato il legame tra le pratiche delle risorse umane e come que-ste possano infl uenzare l’impegno dei dipendenti.

In base a quali criteri sono state scelte le 4 aziende partecipanti?Abbiamo voluto scegliere aziende appartenenti a settori indu-striali e commerciali diversi, ed anche multinazionali europee che operassero nei mercati emergenti (in India e Cina).

La ricerca ha messo in luce quattro tipi di coinvolgimento sul posto di lavoro. Può spiegarmeli brevemente?Se ami il tuo lavoro e balzi fuori dal letto ogni mattina, pieno di entusiasmo all’idea di andare al lavoro e eseguire i tuoi compiti

quotidiani, disponi di un elevato livello di coinvolgimento lavo-rativo. Ma amare il proprio lavoro non incide necessariamente sul modo in cui lo si svolge o sulla sua organizzazione.Se la tua passione è invece la società per cui lavori, rischi di esse-

re un esempio di persona ad alto coinvolgimento organizzativo. Sei un perfetto ambasciatore che sostiene il marchio aziendale. Questi due tipi di impegno riguardano il tuo modo di sentirti. Le altre due dimensioni del coinvolgimento riguardano invece il comportamento, ovvero la tua propensione ad andare al di là

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Human resources

Amare il proprio lavoro non incide necessariamente sul modo in cui lo si svolge o sulla sua organizzazione

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settore delle vendite e del marketing al contrario, il coinvolgimento emotivo verso la società può essere di vitale importanza perchè i dipendenti devono essere in gra-do di vendere i prodotti dell’azienda e di rappresentarla sul mercato. Inoltre, alcuni dipendenti possono essere enormemente legati al datore di lavoro / organizzazio-ne, ma cio’ non si traduce necessariamente in una maggiore assiduità. Potrebbero parlare del loro posto di lavoro come un ottimo posto, ma lavorarando improdut-tivamente. Allo stesso modo, alcuni dipendenti potrebbero lavorare molto dura-mente, ma non essere particolarmente uniti e fedeli al proprio datore di lavoro.

Come valuta i risultati della ricerca alla luce delle complessità dell’economia attuale? Considerando il particolare momento economico fi nanziario che stiamo attraversando quale può essere l’utilità di una ricerca come quella ap-pena svolta?Nei diversi paesi del mondo, i datori di lavoro devono scegliere il tipo di impe-gno che stanno cercando da parte della loro forza lavoro. Per esempio, in Cina e in India in questo momento c’è una grande mobilità di manodopera qualifi cata perchè le persone di talento sono facilmente sedotte da un datore di lavoro che off re salari più alti per fare lo stesso lavoro altrove. Alcune delle società che abbiamo studiato cerca di contrastare questa tendenza

con il raff orzamento del coinvolgimento organizzativo e della fi delizzazione del-la loro forza lavoro. Di conseguenza, le loro attività di gestione delle prestazioni sono orientate verso l’attrazione del personale con off erte di ulteriori formazioni professionali o bonus a lungo termine basati su incentivi. Quindi, tutto somma-to, cio’ consente alle aziende di personalizzare le proprie strategie di coinvolgi-mento dei dipendenti all’interno delle diverse divisioni geografi che.

Secondo lei come deve svolgersi l’attività di gestione delle performance per rendere le aziende sempre più competitive?Il performance management non deve essere visto come qualcosa che accade una volta all’anno, al momento della valutazione uffi ciale delle prestazioni. I Manager e le imprese dovrebbero essere molto più coinvolti tutto l’anno nella discussione e progettazione del sistema vero e proprio, in collaborazione con le Risorse Umane. La nostra ricerca ha anche rivelato che la gestione delle performance può guida-re l’impegno dei dipendenti in modo positivo ma solo se i risultati di gestione delle prestazioni sono i risultati che gli stessi dipendenti hanno la possibilità di valutare.

Il tipo di coinvolgimento migliore per un’azienda viene valutato su quali fattori?Viene valutato esaminando quello che l’azienda sta cercando di ottenere in ter-mini di strategia - qual è lo scopo dell’impegno nella loro attività? E ‘di trattene-re le persone? E’di ottenere una maggiore produttività? Qual’ è la priorità? |

dei tuoi compiti e compiere ulteriori sforzi per completare il lavoro. Il coinvolgimento comportamentale consiste nel prendere l’iniziativa e cercare l’opportuni-tà di sviluppo, nell’essere proattivi e suggerire costantemente nuove piste per il miglioramento del lavoro. Probabilmente, l’impegno compor-tamentale può essere benefi co per le imprese dal punto di vista della produttività, anche se, quan-do l’impegno si basa solamente sul lavoro e non sull’azienda, c’è il rischio di essere attratti da altre società. Il coinvolgimento comportamen-tale non dovrebbe essere sottovalutato e risolto con la mera creazione di un ambiente di lavoro piacevole per le persone: tutte le organizzazioni hanno bisogno di cheerleaders che siano buoni ambasciatori internamente ed esternamente.

Diffi cile credere che i tipi di coinvolgimento siano compartimenti stagni. Qual è secondo lei la soglia di tolleranza?Penso che sia abbastanza semplice pensare a queste diverse forme di impegno soprattutto se pensiamo ai diversi tipi di occupazione. Alcune persone sono motivate dal loro lavoro o dalla loro carriera, ma il loro datore di lavoro o la società che li ha assunti sono meno importanti per loro. Un esempio concreto: spesso per i medici la pra-tica della medicina, della ricerca e i loro pazienti sono molto importanti - questi costituiscono i componenti chiave del loro lavoro. Per molti me-dici quindi, l’ospedale o l’organizzazione che li assume può essere meno importante che il lavoro in sè, che amano. Allo stesso modo, gli scienzia-ti impegnati in ricerca e lo sviluppo, sono spesso molto spinti dal lavoro che fanno, ma l’organiz-zazione in quanto datore di lavoro è secondaria fi ntanto che sono liberi di fare il loro lavoro. Per il

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Grandi cose si compiono da persone di talento che credono le realizzerannoWarren Bennis

www.cass.city.ac.ukwww.shrm.org

Nei diversi paesi del mondo, i datori di lavoro devono scegliere il tipo di impegno che stanno cercando da parte della loro forza lavoro. Per esempio, in Cina e in India in questo momento c’è una grande mobilità di manodopera qualifi cata perchè le persone di talento sono facilmente sedotte da un datore di lavoro che off re salari più alti per fare lo stesso lavoro altrove

Business&Gentlemen marzo - maggio 2012

Veronica Hope Hailey della Cass Business School, City University di Londra

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Ha fatto del viaggio e del turismo non solo la sua passione ma prima di tutto il suo lavoro. Dall’Università ai libri passando per tavoli di lavoro di enti privati e pubblici, sono molteplici i campi di azione che vedono Roberta Garibaldi, tra le principali esperte di turismo in Lombardia, in primo piano. Il suo motto è “fare rete”, in tutti i campi, dal turismo al sociale, ergo l’unico modo per essere vincenti in un periodo non facile come quello che l’Ita-lia intera sta attraversando.

Roberta Garibaldi, docente, ricercatrice, autrice di decine di pubblicazioni e libri, consulente e donna impegnata nel sociale e soprattutto una delle principali esperte di turismo. Dal suo cur-riculum emerge che è una donna molto intraprendente. Come nasce la passione verso questo lavoro?Nasce dalla passione per i viaggi. Ho sempre viaggiato molto e appena ho un attimo di tempo lo dedico a conoscere posti nuovi. Mi piace scoprire i bellissimi angoli del nostro Paese e le località più lontane e diverse come cultura, tradizioni e modelli di gestio-ne, dal Cameroun al Mali, dalla Cambogia al Sud Africa. In ogni luogo è interessante capire e cogliere come vengono valorizzate al meglio le risorse, nel rispetto della cultura di riferimento.

Lei è delegata per la Lombardia della Sistur (Società Italiana di Scienze del Turismo). Per quanto riguarda la Lombardia quali sono i principali argomenti e le priorità che aff ronterà e che por-terà all’attenzione nazionale? La Sistur riunisce docenti universitari ed esperti del turismo con lo scopo di favorire l’approfondimento e la diff usione degli studi sulle tematiche di Scienze del Turismo sia sul piano nazionale che internazionale, stimolando la ricerca e la formazione. I delegati sono una novità recente e sono stati introdotti per leggere più da vicino gli sviluppi territoriali e per rinsaldare anche a livello regionale le relazioni tra mondo del lavoro e formazione.Instaurare dei dialoghi più forti tra università e mondo professio-nale è fondamentale per lo sviluppo del settore; se l’Italia ha perso competitività nel turismo è anche perché le competenze profes-

sionali diff use sono ancora troppo basse. Deve essere maggiore il confronto per crescere insieme. Questa sarà la mia priorità in questo primo anno di attività.

Come sta andando il turismo?A livello mondiale il 2009 è stato un anno critico. Dal 2010 al 2011 invece si è registrato un incremento del 3-4 percento e pre-sto arriveremo a un miliardo di turisti nel mondo. Per quanto riguarda l’Europa, dopo il calo del 2008-2009, i dati sono saliti del 2,7 percento nel 2011 tornando ai livelli precrisi. Questo an-damento però non si rifl ette in Italia dove i dati restano negativi. I dati provvisori raccolti dall’Istat per l’Italia, confermano nei primi nove mesi del 2011 una riduzione delle presenze. Da gen-naio a settembre 2011 il calo dei pernottamenti è stato dell’0,8 percento rispetto allo stesso periodo del 2010. I fl ussi domestici sono calati del 4,4 percento mentre le presenze dei visitatori stra-nieri sono aumentate del 3,9 percento. Le presenze negli esercizi alberghieri sono scese dello 0,4 percento e dell’1,5 percento nella ricettività extralberghiera. In termini di arrivi l’Italia ha chiuso i primi tre trimestri 2011 guadagnando lo 0,04 percento, per un totale di 82 milioni di arrivi.

Recentemente il Vicepresidente della Commissione europea e commissario per l’Industria e l’Imprenditoria, Antonio Tajani, ha dichiarato che “i viaggi e il turismo sono fattori economici trainanti per la ripresa in Europa”. Dove bisogna puntare affi n-chè il turismo possa diventare una vera occasione occupazionale e di sviluppo nel nostro Paese?Il turismo oggi rappresenta il 10% del Pil. Con azioni adeguate di sinergia sul territorio si può pensare di arrivare tranquillamente al 15% ma per raggiungere un obiettivo così ambizioso è necessario costruire una visione comune, un nuovo modello di governance per promuovere l’Italia. Dovrebbe essere dato più potere al Mini-stero per arrivare a gestire tutta la promozione del nostro Paese all’estero. Non ha senso che singole delegazioni regionali o addi-rittura provinciali si muovano in autonomia; si tratta di azioni

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Turismo, una sfi da da vincere insieme

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Roberta Garibaldi, docente ed esperta di turismo racconta la sua passione per il lavoro, per la cultura e per i viaggi. Il suo impegno per valorizzare le risorse del territorio e le speranze di vedere l’Italia tornare agli antichi splendori

testo di Laura Di Teodoro

Lady Economy

Roberta Garibaldi, docente ed esperta di turismo. Sullo sfondo una veduta di Bergamo alta

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Roberta Garibaldi, nata a Bergamo è mamma e docente esperta di turismo. È ricercatore confermato in Economia e gestione delle imprese e professore aggregato di Marketing e Marketing turistico all’Università degli Studi di Bergamo. È segretario scientifi co del Ce-STIT (Centro di Studi sul turismo e interpretazione del territorio) dell’Università degli Studi di Bergamo. A partire dal 2012 è delegata regionale per la Sistur (Società Italiana di Sciente del Turismo), as-sociazione nata per favorire l’approfondimento e la diff usione degli studi sulle tematiche delle scienze del turismo, sia sul piano naziona-le che sul piano internazionale. Ha inoltre maturato molteplici espe-rienze di consulenza e di formazione per enti, istituzioni e imprese, occupandosi direttamente di oltre 200 corsi. È autrice di numerosi saggi pubblicati in riviste italiane e straniere e di alcuni libri tra cui i più recenti:“Facebook in tourism” Franco Angeli (2011), “Professio-ni del turismo tra tendenze e mutamenti” Franco Angeli (2008) ed “Economia e gestione delle imprese turistiche” Hoepli (2008). |

Roberta Garibaldi

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ineffi caci e di uno spreco di denaro. La stessa Emma Marcegaglia all’inau-gurazione della Bit di Milano ha sottolineato “che non sia tutto demandato alle Regioni e che i budget delle promozioni non vengano spezzettati”.

Negli anni Settanta l’Italia era il primo Paese al mondo nel turismo. Pur-troppo ha perso competitività arrivando ad essere il quinto Paese e, cosa ancora più grave, si sta allargando il gap tra noi e i primi competitor. Bi-sogna prendere in mano la situazione con forza, riorganizzando le attività e muovendosi in modo più effi cace. Il turismo è una risorsa e l’Italia non può permettersi di stare ferma su un tema così importante.

Quali passi in avanti sono chiamati a fare gli opera-tori del turismo da una parte e il sistema pubblico dall’altra?Sarebbe necessario e fondamentale lavorare in rete. Nel turismo non si può essere vincenti se ognuno segue la propria strada. Solo sviluppando sinergie è possibile riconquistare le posizioni perdute. Il turista legge l’of-ferta turistica come un unicum, un prodotto globale: non ha soddisfazione nel suo soggiorno se l’albergo è perfetto ma i servizi collaterali sono scarsi o non cen-trati sulle sue esigenze ma su altri target.Ricordiamoci della grande occasione Expo. Il Certet della Bocconi ha calcolato un impatto sul turismo ita-liano di 11 miliardi euro. Se l’occasione sarà ben sfrut-tata questi benefi ci non si perderanno, Torino insegna. Nella capitale piemontese i fl ussi turistici del 2010 sono stati uguali a quelli del 2006, anno delle Olim-piadi, dove si era registrato un aumento di oltre il 60% di arrivi e presenze. Se si organizza un buon prodotto e lo si promuove nel modo più opportuno i risultati e i benefi ci dureranno nel tempo. Bisogna però lavorare sodo fi n da adesso.

Nel suo libro “Le professioni del turismo tra tenden-ze e mutamenti” diversi studiosi si erano confrontati per studiare il mercato del lavoro e le evoluzioni delle professioni turistiche, in bilico tra tradizione e inno-vazione. A distanza di quattro anni come è cambiato il mercato del lavoro in questo settore?Il settore turistico esercita un grande impatto sull’eco-nomia nazionale, incidendo sull’occupazione diretta per il 7,05 percento nel 2011, con l’occupazione indiret-ta arriviamo al 13 percento. Il 2010 ha visto una fl essio-ne del 2,2 percento rispetto all’anno precedente mentre i primi dati sul 2011 danno il fenomeno in controten-denza. Le proiezioni fi no al 2010 indicano un trend in crescita con una progressiva qualifi cazione del settore, incremento degli occupati laureati e diplomati e cali dei titoli di studio modesti. Le università di turismo, fi orite in questi anni, hanno dato il loro contributo nel qualifi care il settore. Molti degli occupati inseriti sono giovani sotto i 30 anni e l’80 percento delle assunzioni riguarda professioni commerciali e servizi.

“Nel turismo non si può essere vincenti se ognuno segue la propria strada. Solo sviluppando sinergie è possibile riconquistare le posizioni perdute. Il turista legge l’off erta turistica come un unicum, un prodotto globale: non ha soddisfazione nel suo soggiorno se l’albergo è perfetto ma i servizi collaterali sono scarsi o non centrati sulle sue esigenze ma su altri target”

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Lei è molto attenta soprattutto alle nuo-ve tendenze tra cui i social network e proprio a questo argomento ha dedicato un libro “Facebook in tourism”. Quan-to conta oggi il Web 2.0 per il turismo? Quali gli strumenti da sfruttare?È importantissimo. Oggi il mondo turi-stico deve utilizzare la rete. La ricerca di informazioni sul web è diventata la pras-si quotidiana, il 35 percento degli italiani acquista su internet, molti sono i siti che raccolgono i commenti e le recensioni di viaggio, da quelli dedicati come Trip Advi-sor, a quelli in cui si acquistano soggiorni

o pacchetti di viaggio. Le aziende devono cogliere queste opportunità, imparando a gestire certi fenomeni e non a subirli. I siti internet devono essere di qualità, è ne-cessario occuparsi dei social network e se-guire le recensioni. Da una parte possono essere input importanti di miglioramento, la critica va colta per migliorare il servizio. Dall’altra è necessario intervenire qualora le informazioni scritte, magari da non tu-risti, non siano corrette.

Lei è molto impegnata anche nel sociale; fi no a giugno infatti ricopre l’incarico di Presidente del Lions Club Bergamo S.Alessandro. In questi due anni alla guida del Club quali sono i più impor-tanti progetti che è riuscita a realizzare?Siamo intervenuti a sostegno dei giovani con attività dedicate nelle scuole, con in-contri sui temi della droga e del disagio giovanile. Quest’anno è stato avviato il Progetto Martina, service Lions nazio-nale del 2012. Verranno organizzati in diverse scuole dei corsi in cui presentare ai giovani quegli accorgimenti necessari

per prevenire o identifi care precocemente i tumori. Alcune malattie purtroppo non sono una realtà cosi lontana dal mondo dei ragazzi.

Un sogno che le è rimasto nel cassetto e che vorrebbe vedere concretizzato?Per quanto riguarda il mio lavoro nei Lions, il sogno è quello che venga portato avanti un progetto di service congiunto. Se ogni club lavorasse per un unico obiet-

tivo potremmo investire almeno 5 milio-ni di euro in un unico progetto e fare ve-ramente qualche cosa di importante per il nostro Paese. Fare rete è vincente nell’as-sociazionismo e nel volontariato come nel turismo o nella cultura. Sul fronte del turismo invece il sogno è quello che l’Ita-lia torni ad essere leader nel mondo.

Quali sono i progetti in cantiere per il fu-turo prossimo? Vi è un nuovo libro sulle professioni tu-ristiche in uscita tra poco, che aff ronta le evoluzioni nel settore accomodation e in-

termediazione. Anche nei settori tradizio-nali gli ultimi anni sono stati scenario di importanti cambiamenti. Dal comunity al revenue management, molteplici sono le nuove competenze da acquisire per essere competitivi. |

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Lady Economy

Il mondo è un libro, e chi non viaggia legge solo una pagina. Sant’Agostino

www.unibg.it

“Nel turismo non si può essere vincenti se ognuno segue la propria strada. Solo sviluppando sinergie è possibile riconquistare le posizioni perdute. Il turista legge l’off erta turistica come un unicum, un prodotto globale: non ha soddisfazione nel suo soggiorno se l’albergo è perfetto ma i servizi collaterali sono scarsi o non centrati sulle sue esigenze ma su altri target”

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e insieme di dare nuovi stimoli per il rag-giungimento degli obiettivi. Un viaggio incentive deve restare impresso nella me-moria, è un fattore di prestigio non solo per chi vi partecipa ma anche per l’azien-da stessa, per questo deve essere affi dato ad un brand di fi ducia.

H-event ha la capacità di rendere tutto questo possibile: analisi scrupolose, at-tente valutazioni, confronti continui, in un viaggio H-event nulla è lasciato al caso. Le migliori strutture e una piani-fi cazione fi n nei minimi dettagli trasfor-mano una semplice vacanza in un pro-getto incentivante.E i servizi di H-event non si fermano qui. Convention, eventi, congressi l’off erta è davvero vasta e sempre di livello eccel-lente, come dal 1947 è nel DNA di Ho-telplan. |

Un logo inedito, un maggior nu-meri di servizi, un team giovane e dinamico affi ancato da persone di grande esperienza; Hotelplan presenta la nuova veste della sua sezione incentive, la business unit specializzata nei viaggi aziendali.Il cuore di Milano, piazza Misso-ri, è la location scelta per lanciare H-Events, un nome semplice che racchiude in se tutto il lavoro e l’impegno di una squadra che ha fatto della fl essibilità, della fan-tasia, della capacità di muoversi e della spiccata tendenza al pro-blem solving i suoi punti di for-za. Hotelplan è un brand che da sempre è sinonimo di eccellenza, un partner perfetto per l’organiz-zazione di viaggi aziendali e non solo.La serata organizzata a Milano è stata organizzata per dare l’occa-sione a chi da anni conosce e ap-prezza la sezione Incentive, di sco-prire le novità che il tour operator ha in serbo per i suoi clienti.

Con le complessità dell’economia attuale il valore di un viaggio in-centive è cresciuto moltissimo e non è più possibile sbagliare. È sempre stato un investimento im-portante e negli ultimi anni lo è ancora di più. Proprio per questo deve essere accuratamente piani-fi cato, deve soddisfare le aspetta-tive del management aziendale, ma soprattutto dei clienti e dei collaboratori. Non è solo una bella vacanza ma uno strumento comunicativo potentissimo, in grado non solo di rilassare ma di fare team building, di raff orzare il senso di appartenenza all’azienda

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L’esperienza e l’affi dabilità di sempre unite alla capacità di stare al passo con i tempi. La business unit di Hotelplan dedicata ai viaggi aziendali, forte di una tradizione lunga trent’anni, si rinnova lanciando H-Events e lo fa con una serata esclusiva nel cuore di Milano

Hotelplan Incentive cambia volto.

Nasce H-Events

Analisi scrupolose, attente valutazioni, confronti continui, in un viaggio H-event nulla è lasciato al caso. Le migliori strutture ed una pianifi cazione fi n nei minimi dettagli trasformano una semplice vacanza in un progetto incentivante

www.hotelplan.it

Per quanto viaggiamo in tutto il mondo per trovare ciò che è bello, dobbiamo portarlo con noi oppure non lo troveremoRalph Waldo Emerson

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Photogallery dell’evento:

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Eventi

MARIA LUPE LUCASEVICH

MARCO CISINI

ROBERTA PIROVANO

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La prima e sostanziale questione, la “ma-dre di tutte le domande”, è se la banda larga serva veramente per lo sviluppo del paese. A livello internazionale, tutti i paesi stanno investendo nello sviluppo della banda larga. Non si tratta di scelte basate puramente su valutazioni di carat-tere politico o ideologico, esistono ormai molteplici studi che hanno valutato l’ef-fetto della banda larga, e dell’ICT, sulla crescita dell’economia di un Paese. Quelli di Tranos e Gillespie, per esempio, han-no evidenziato l’esistenza di un Internet diamond costituito da Londra, Parigi, Francoforte e Amsterdam, quattro aree leader in Europa, che si caratterizzano non solo per lo sviluppo della banda larga, ma anche per la presenza degli snodi di interconnessione delle principali dorsa-li internazionali e intercontinentali, cioè i luoghi dove si allacciano tra loro le reti

dei diversi operatori di telecomunicazione e le aziende e gli utenti, che risiedono in quel territorio, possono godere di accessi più veloci, economicamente convenienti.

Cosa si intende per banda larga?Normalmente, per le connessioni wireli-ne (doppino telefonico e fi bra) con banda larga si intende una rete che off ra un bit-rate di alcuni megabit al secondo. Le reti di nuova generazione (Next Generation Network) off rono invece bit-rate dell’or-dine delle centinaia di megabit al secon-do. Nel caso del mobile, i bit-rate sono in generale inferiori e comunque devono essere valutati tenendo conto delle carat-teristiche della trasmissione via etere. In Italia, al momento esistono parti della popolazione e del territorio che non rie-scono ad avere neanche una connessione ADSL (banda larga su doppino telefonico)

e hanno quindi un bit-rate di alcuni me-gabit al secondo in modalità asimmetrica (la trasmissione delle informazioni è più lenta della ricezione).

Serve tutta questa capacità trasmissiva?Gli utenti tendono a utilizzare la rete tramite una molteplicità di applicazioni che nel loro complesso, più che indivi-dualmente, richiedono più banda. Capita sempre più spesso che l’utente invii un fi le multimediale (per esempio foto o un fi l-mato), e al tempo stesso avvii una video-chiamata con strumenti come Skype, ma-gari per commentare con un collega un fi lmato che sta guardando in streaming. Nessuna di queste operazioni richiede di per se stessa una capacità di banda come quella off erta dalle NGN, ma ciò è invece vero per la combinazione di tali applica-zioni. Anche nel caso di un utente do-

Sfruttare appieno i nuovi mezzi tecnologici messi a disposizione è fondamentale per crescere nel mercato. In questo contesto la banda larga diventa di primaria importanza. Scopriamone i motivi e il modo migliore per gestirla testo di Alfonso Fuggetta, amministratore delegato di CefrielCentro di Innovazione Ict del Politecnico di Milano

serve un cambio di passo

Per labanda larga

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Tecnologie

mestico, è sempre più frequente il caso di più dispositivi (computer, smartphone o tablet) uti-lizzati da persone diverse per accedere in con-temporanea alla rete. Inoltre, dl punto di vista business, la disponibilità di banda abilita lo svi-luppo dell’off erta di nuovi servizi: come potreb-be un operatore off rire servizi di videopresenza in assenza di capacità di banda adeguata?

Viene prima la domanda o l’off erta?Secondo molti, è inutile investire in reti (l’off er-ta) visto che mancano servizi in grado di utiliz-zarle pienamente e la domanda dell’utenza è co-munque debole. È invece necessario stimolare la domanda così da giustifi care gli investimenti in nuove reti e in nuova capacità trasmissiva. In realtà, le reti di telecomunicazione possono es-sere accostate agli aeroporti. Entrambe queste infrastrutture costituiscono elementi essenziali per le comunicazioni e il rapporto tra territori e nazioni. Entrambe richiedono forti investi-

A livello internazionale, tutti i paesi stanno investendo nello sviluppo della banda larga. Non si tratta di scelte basate puramente su valutazioni di carattere politico o ideologico, esistono ormai molteplici studi che hanno valutato l’eff etto della banda larga, e dell’ICT, sulla crescita dell’economia di un Paese

menti. Entrambe sono necessarie perché la domanda si possa concretizzare. In mancanza o carenza di piste, slot e gate, come possono le compagnie aeree loca-lizzarsi in uno specifi co aeroporto? Ovviamente, deve esistere un domanda latente da far maturare in parallelo allo sviluppo delle infrastrutture, ma è indubbio che non è possibile rallentare investimenti chiave in attesa di uno sviluppo compiuto della domanda.

È possibile una competizione infrastrutturale tra operatori?Un’infrastruttura di rete wireline, nella parte di accesso, ha costi nell’ordine del-le decine di miliardi di euro. Nel caso di reti wireless, il costo è per ovvi motivi

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un vero sviluppo nell’accesso a Internet non può prescindere da una capillare diff usione di accessi fi ssi nelle abitazioni, nella scuole, negli uffi ci, fosse anche solo per abilitare l’uso di reti locali wireless WiFi.

Quali azioni mettere in campo a breve?Indubbiamente, a breve termine è necessario garantire almeno una connessione in larga banda con una ADSL di qualità (o tecnologia equivalente) a tutte le imprese e famiglie. È necessario defi nire e promuovere una strate-gia convincente di sviluppo delle reti di nuo-va generazione, sia wireline che wireless. Ed è necessario promuovere l’utilizzo della rete e dei relativi servizi per sviluppare non solo le interazioni B2C (Business-to-Consumer), ma anche quelle B2B (Business-to-Business).

La banda larga è uno strumento vitale per lo sviluppo del paese. Per troppo tempo, il dibat-tito su questo tema si è bloccato, prima ancora che per carenze di risorse economiche, per una mancanza di visione e di convinzione. È ora il momento di imprimere un cambio di passo, se vogliamo veramente promuovere e rilanciare crescita e sviluppo socioeconomico. Lo svi-luppo delle reti, e della società digitale che su di esse si fonda, è un passaggio ineludibile per permettere al nostro Paese di incamminarsi speditamente e senza incertezze sul percorso di modernizzazione già avviato dalle altre na-zioni con le quali l’Italia si trova a competere. |

inferiore in quanto l’infrastruttura non deve fi sicamente raggiungere il dispo-sitivo dell’utente. Non è quindi un caso che nel corso degli anni ciascun operato-re mobile abbia sviluppato la propria rete mentre, nella sostanza, esiste un’unica rete wireline (a parte la rete in fi bra svi-luppata da Fastweb). Con la diminuzione delle tariff e e l’incremento degli investi-menti necessari per garantire le presta-zioni richieste dall’utenza, anche nel campo delle reti mobili diviene sempre più diffi cile sostenere una competizione basata su una replica delle infrastrutture fi siche. Nella sostanza, sia nel wireline che nel wireless si prospetta una crescen-te condivisione delle infrastrutture di rete che può variare dalla condivisione di siti e manufatti civili, alla condivisio-ne di infrastrutture passive, a quella di apparati attivi e alla conseguente defi ni-zione di servizi di virtualizzazione del-

le infrastrutture stesse. Come nel caso dell’energia elettrica, della rete gas, delle reti ferroviarie e autostradali. È quindi evidente che le infrastrutture di teleco-municazioni sono sempre più assimila-bili a monopoli naturali (specialmente nel caso della rete wireline di accesso) e come tali necessitino di meccanismi e regole adeguate a garantire parità di ac-cesso e concorrenza.

Quale ruolo per il pubblico?Con la privatizzazione di quasi di tutti gli operatori telefonici storici, negli anni novanta il mondo delle telecomunicazio-ni è sostanzialmente uscito dalla sfera del controllo pubblico. Ma questo non signi-fi ca che il pubblico non abbia un ruolo essenziale da giocare. In primo luogo, se

è vero che le infrastrutture di rete sono monopoli naturali, è allora evidente che il pubblico ha il compito di defi nire re-gole e meccanismi di controllo che ga-rantiscano lo sviluppo armonico della competizione e la tutela dei consumato-ri. In secondo luogo, qualora i privati non fossero in grado di garantire lo sviluppo delle nuove reti di telecomunicazione, allora il pubblico deve trovare mec-canismi di intervento che, garantendo non discrimi-nazione, piena apertura del mercato e competizione, pro-muovano e sostengano il loro sviluppo. Ciò può avvenire secondo diversi meccanismi come, ad esem-pio, la creazione di società a capitale pubblico o misto che realizzino le infrastrut-ture fi siche e le rendano disponibili in modo aperto e competitivo agli operatori telefonici.

Non conviene aspettare le tecnolo-gie di nuova generazione?Le tecnologie evolvono continuamente. Peraltro, tutte le evoluzioni tecnologiche hanno alcuni elementi di fondo in co-mune. Le dorsali richiedono la fi bra. Le reti di accesso fi sse in fi bra sono future-proof e hanno costi operativi inferiori alle reti in rame, anche in presenza di ulteriori evoluzioni delle tecnologie di trasmissione sul doppino come VDSL (soluzione caratterizzata da consumi di corrente molto superiori a quanto richie-sto dalle reti in fi bra). Le reti mobili co-munque richiedono che le antenne siano interconnesse alle dorsali con linee ad alta capacità. Quindi appare ragionevole prevedere uno sviluppo massiccio della fi bra, sia per le connessioni fi sse che a supporto delle reti wireless.

Non bastano le nuove reti mobili?Le reti wireless (e in particolare quelle mobili) non possono sostituire le reti wireline (fi bra e rame) o viceversa. In primo luogo, la capacità complessiva di trasporto di una rete wireline è molto superiore a quella delle reti wireless per oggettivi limiti della trasmissione in ete-re. In secondo luogo, la rete fi ssa non può sostituire la rete mobile per gli utenti in mobilità o nomadici. In terzo luogo, se è vero che una rete wireless può soddi-sfare anche i bisogni di alcune tipologie di utenti stanziali, è altrettanto vero che

È quindi evidente che le infrastrutture di telecomunicazioni sono sempre più assimilabili a monopoli naturali (special-mente nel caso della rete wireline di accesso) e come tali necessitino di mecca-nismi e regole adeguate a garantire parità di accesso e concorrenza

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La creatività è una scintilla divina ma per concretizzarla ci vuole “allenamento” e molta conoscenza. Riccardo Blumer, architetto svizzero di origini italiane e autore, tra le tante, della sedia “LaLeggera”, ci racconta la sua visione del mondo dell’architettura e del designtesto di Daniela Lussana

Per essere creativi ci vuole

“allenamento”

“Tutto quello che ci circonda è il risultato di una reazione chimica”. Riccardo Blumer, architetto svizzero ma italiano di nascita riassu-me così la sua visone del mondo. In natura tutto, da un tramonto ad una sedia fi no ad arrivare alle emozioni, dipende dai fenomeni che lo provocano e lo rendono quello che è.Questo è il punto di partenza per capire l’opera dell’artista e il suo modo di intendere l’architettura e il design, di oggi come di ieri. Un’ottica “scientifi ca” che vede nella natura la massima fonte di

ispirazione e nella comprensione delle leggi che regolano l’universo la base per fare arte.L’architetto e designer sostiene che per essere creativi bisogna “andare in pa-lestra” ovvero studiare, studiare e an-cora studiare, essere curiosi di tutto e non stancarsi mai di accrescere il proprio sapere.

Da qui l’apertura ad ambienti di-versi da quelli dove normalmente orbitano l’architettura e il design, la volontà di “sporcare” un set-tore con un altro per scoprire e imparare da ogni situazione, non

ultima la recente mo-stra allestita dal 17

dicembre al 20 gennaio negli

s t u d i

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dell’agenzia di comunica-zione bergamasca Multi-consult, un’occasione per entrare in contatto con un mondo del tutto distante dal suo e proprio per que-sto di grande interesse.

Riccardo Blumer, archi-tetto poliedrico con una visione incantata del mondo della creatività. Che cosa rappresenta l’architettura nella nostra società? L’architettura oggi ha per-so quel rapporto con la natura che invece secondo me dovrebbe essere la sua massima fonte di ispira-zione. Negli ultimi anni si è assistito ad un’ubria-catura di funzionalismo mentre bisognerebbe ri-trovare quel legame che nel mondo hanno forma, dimensione, materia e ef-fi cienza. Spesso si dice che un tramonto è bello ma non si pensa che di

fatto è il ri-

la leggera, la sedia vincitrice del compasso d’oro

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Personaggio

sultato di una serie di processi che danno origine a quel parti-colare colore. La luce del sole calante in relazione agli elementi chimici presenti nell’atmosfera crea quell’immagine splendida che vediamo sul far della sera, immagine che oltre che essere bel-la è anche effi ciente. Ecco l’architettura dovrebbe rifarsi a que-sto concetto. La forma deve essere legata all’effi cienza come è in natura. E con effi cienza non intendo quella ecologica che negli ultimi anni corrisponde spesso a quella economica. In passa-to l’architettura era vista come una forma di protezione verso la natura, che con la sua forza poteva distruggerci. Oggi spesso si pensa il contrario, è la natura ad essere in pericolo. E allora per-ché, nonostante questo cambiamento per cui non è più necessa-rio unirsi per difendersi, la gente sceglie di concentrarsi in queste enormi città? in queste megalopoli? la città va rivista, ci vuole un progetto più territoriale.

Cosa signifi ca fare design oggi?Il design, come l’architettura deve recuperare il suo rapporto con la natura. Bisogna prendere coscienza che tutto quello che ci circonda è il risultato di processi. Nulla è lasciato al caso, sono le leggi dell’universo a determinare tutto quello che nel mondo esiste e si evolve. Dobbiamo avere il coraggio di andare a vedere questi fenomeni che, lo accettiamo o no, ci portano ad essere qui e ora. Nel design il rapporto tra forma e effi cienza poi è ancora più evidente e maggiore è anche la possibilità di sperimentare. Il tema fondamentale è quello della conoscenza. Per creare og-getti di design, così come elementi architettonici, bisogna cono-scere e capire i processi che regolano l’universo e progettare di conseguenza. Prendiamo l’esempio di una sedia. Questo ogget-

to è un’insieme di molecole, tenute insieme da una forza enorme. La

sedia diventa allora energia nello spazio. Bisognerebbe riuscire

a raccontare il rapporto tra l’oggetto e l’energia e per

questo ci vogliono appro-fondimenti nella scienza

e nella fi losofi a.

Nel suo libro “Esperienze di Architettura e design” scrive: “Con orgoglio, ambizione e tenacia, cerco sempre di tene-re aperta la domanda: dov’è la sfi da? La creatività è la nostra scintilla divina”. Ci può raccontare il suo modo di vivere e far vivere la creatività?Per me la creatività è un potere divino. È la capacità di trasfor-mare la materia in processi, capacità che non arriva però da sola. La scintilla divina può far pensare all’idea romantica che ai veri creativi l’idea venga così. In realtà ci vuole tantissimo studio e formazione. Per essere creativi bisogna allenarsi, non è una dote innata, bisogna accrescere la propria conoscenza del mondo e delle leggi che lo governano.

Come nasce un progetto, un’opera di Blumer?Studi un progetto e quando inizi a realizzarlo ti rendi conto dei limiti. Quindi lo rivedi fi no ad arrivare alla forma fi nale. Tutte le fasi che attraversi fanno parte del processo costruttivo che è un insieme di relazioni fi siche. La forma fi nale dipende da questo processo. Nel design è più semplice perché le dimensioni sono più ridotte.

Dove si gioca il futuro dell’architettura in Italia secondo lei? L’architettura, come la società in generale, si gioca ormai a livello globale. Certo in Italia, rispetto ad altri Paesi è più diffi cile sperimentare perché si è ancora troppo legati ad una concezione della città ormai sorpassata. Ci sono poi maggiori diffi coltà a livello burocratico ma la sfi da è sempre aperta. Dobbiamo diventare sempre più bravi.

Tutte le fasi che attraversi fanno parte del processo costruttivo che è un insieme di relazioni fi siche. La forma fi nale dipende da questo processo

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scenza. Inoltre in ambiente accademico si può sperimentare e quindi anche per me aumenta il sapere. Più capisco più faccio atti creativi più mi sento completo e felice.

In un momento non facile per l’econo-mia italiana e internazionale la ricerca del nuovo, per lei fondamentale, rappre-senta un’opportunità importante. Come dobbiamo porci come società da questo punto di vista? Come ho già detto è necessario fare “pa-lestra” ovvero prepararsi e aumentare il proprio sapere perché solo così, con il sa-pere fi ne a sé stesso, si può migliorare. |

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Io sono, so e voglio; sono sapendo e volendo, so di essere e volere, voglio essere e sapere.Sant’Agostino

www.riccardoblumer.itwww.multi-consult.it

Il design, come l’architettura deve recuperare il suo rapporto con la natura. Bisogna prendere coscienza che tutto quello che ci circonda è il risultato di processi. Nulla è lasciato al caso, sono le leggi dell’universo a determinare tutto quello che nel mondo esiste e si evolve

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presentazione della mostra di Blumer nella sede di Multiconsult

dettagli della mostra

Nel suo lavoro si è trovato a parla-re di fronte a platee anche di im-prenditori e operatori di marke-ting. In cosa il design può off rire strumenti utili e insegnamenti a questi settori? Mi piace “sporcare” mondi diversi, avere un pubblico più eterogeneo, in questo modo si può imparare molto. In quest’ottica va inserita la mostra in Multiconsult. Ci cono-scevamo già e quando mi hanno

chiesto se ero interessato ho accettato volentieri. Il mondo della comunicazione è molto interessante. Sa creare momenti di relazione dove l’osservazio-ne è protagonista. È molto raro perché spesso il fi ne commerciale annebbia il mezzo.

Nel corso di questi anni qual è stata la più gran-de soddisfazione professionale che ha raccolto? Per me è l’insegnamento, la meraviglia dello sco-prire. Certo vedere un edifi cio che sorge da uno scavo da grandi soddisfazioni ma attraverso l’in-segnamento ho avuto l’occasione di fare cono-

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... flessibili,

personalizzati

e interdisciplinari

per sostenere

la competitività

delle imprese.

La casa degli imprenditori dà più spazio alle imprese e ai servizi...

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Far parte di una rete d’impresa oggi è la scelta vincente per essere competitivi in tempi di globalizzazione e di mercato mondiale e i fondatori di Infrabuild lo sanno bene. Dieci aziende, dieci PMI lombarde insieme per diventare grandi pur mantenendo intatto il loro DNA aziendale

Progetto Infrabuild per Expo 2015: Eco-village

Mantenere la propria identità aziendale ma crescendo a livello quantitativo e soprat-tutto qualitativo. Questo è il concetto che sta alla base delle reti d’impresa, un nuovo modello di business che negli ultimi anni ha preso sempre più piede nel nostro Pa-

ese. Il numero delle reti d’impresa infatti è aumentato esponenzialmente dal 2010, questo perché in un mercato globale come è quello attuale le aziende hanno dovuto trovare un modo per restare competitive e la rete d’impresa si è dimostrata la scelta

vincente. Ne è una testimonianza concre-ta Infrabuild, il primo network d’imprese di Confi ndustria Giovani Imprenditori a livello nazionale.“Infrabuild – ha dichiarato Marco Brivio, CEO di BMS srl, socio e fondatore di In-

un progetto per Expo 2015

Dalle reti d’impresa

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Assolari, Cava dell’Isola, Betoncablo, STV Casti-glioni, BMS, BMS IMPIANTI, Resin Glass Lissone, Partecipazioni industriali, Sering e JPS engenee-ring, sono questi i soggetti che compongo il net-work lombardo, che ormai un anno fa hanno dato vita a questa nuova formula di impresa, che prima di allora non aveva neanche una normativa cui fare riferimento. L’idea infatti ha iniziato a pren-dere forma già nell’ottobre del 2010. Le 10 aziende avevano già avviato importanti punti di contatto in occasione del Convegno delle infrastrutture lom-barde, organizzato ogni anno da Confi ndustria, e tutte collaboravano al Laboratorio infrastrutture.

Per passare dall’idea al progetto però Infrabuild ha dovuto attendere una legislazione dedicata, arriva-ta, almeno in parte, solo l’anno seguente. “Quando abbiamo scelto di formare Infrabuild – ha conti-nuato Brivio - ci conoscevamo già perché parteci-pavamo a diversi tavoli di discussione organizzati da Confi ndustria ma abbiamo dovuto aspettare che ci fosse una legge che legittimasse le reti d’impresa prima di poter concretizzare il progetto”. E Confi ndustria, soprattutto Monza e Brianza, ha avuto una parte importante non solo nella nasci-ta ma anche nello sviluppo di Infrabuild. L’attuale presidente di Confi ndustria Giovani Imprenditori, Jacopo Morelli è stato tra i primi a parlare di reti d’impresa e Renato Cerioli, presidente di Confi n-dustria Monza e Brianza ha creduto molto in que-sto network tanto da sostenere la candidatura del progetto di Infrabuild per Expo 2015: Eco-village.Innovazione e sostenibilità queste sono le parole d’ordine di questo complesso all’avanguardia. I lavori sono iniziati in questi giorni e porteranno alla costruzione di un quartiere dove verranno im-plementate attività ad alto valore di ecosostenibili-tà e risparmio economico come: recupero dell’ac-qua piovana, generazione di energia rinnovabile, trasporti eco&sostenibili e costruzione di edifi ci a basso impatto ambientale.Grazie all’impiego delle costruzioni a secco e del legno massello superiore gli edifi ci di Eco-village non sono solo sostenibili dal punto di vista am-bientale ma possono essere realizzati on demand e con minori tempi di realizzazione. “Grazie alle nuove tecniche – ha spiegato ancora Brivio – e ai nuovi materiali impiegati nella costruzione di Eco-village è possibile scegliere in cantiere in base

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Aziende di successo

Marco Brivio, CEO di BMS srl, socio e fondatore di Infrabuild

Una realtà importante che ha alla base un nuovo modo di fare business, un’inversione di rotta rispetto al passato per stare al passo con i tempi, per essere competitivi in un mercato globale e ricco di complessità come è quello di oggi

frabuild - è nata come risposta ad una semplice esigenza: creare nuove idee per essere competitivi anche a livello internazionale. Restando separate le PMI hanno poche possibilità di emergere, unendosi invece possono condi-videre risorse, conoscenze ed esperienze e off rire un servizio migliore e più completo, dall’inizio alla fi ne del lavoro”. La rete infatti permette la verti-calizzazione del lavoro; non solo una fase della commessa quindi ma tutte, dall’ideazione alla realizzazione.Le aziende che compongono Infrabuild, tutte leader nel loro settore, sono specializzate nella fornitura di prodotti e servizi per le infrastrutture e la mobilità sostenibile e spaziano dall’ingegneria alla produzione di materiali per l’edilizia. Sei delle aziende che fanno parte del network provengono dal-la provincia di Monza e Brianza, le altre sono dislocate in quelle di Varese e Bergamo. Una realtà fortemente localizzata che forte delle esperienze delle singole im-prese è in grado di operare a livello mondiale e di presentare progetti inno-vativi, realizzabili attraverso la convergenza delle esperienze, punto cardine di questa nuova cultura che in molto si distanzia da quella tradizionale, ancora fortemente radicata. “Nella aziende italiane – ha continuato ancora Brivio - si tende a non condividere il proprio know how. I manager preferi-scono tenere per sé le proprie idee, hanno paura e in questo modo non fanno crescere il proprio business. Bisogna superare il nanismo dell’economia ita-liana. La condivisione è un elemento fondamentale per noi.” Condivisione che va al di là dei confi ni della rete, che si estende ad altre aziende e a centri di ricerca a livello nazionale.

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no esposti anche al Maxxi di Roma.Progetti così ambiziosi e importanti non sarebbero stati possi-bili se le PMI fossero rimaste separate. Unirsi in un network è stata la scelta vincente. |

alle proprie esigenze. In questo modo non ci sono vincoli per il cliente e per il costruttore non ci sono rischi. In più i tempi si riducono del 25%.” Diversi vantaggi quindi che non esulano però dal confort delle abitazioni, anzi. Ecovillage è ispirato ad un nuovo concept di vita che mette al primo posto lo stare bene. “Oggi – ha dichia-rato Brivio – si lavora con i numeri perdendo di vista quello che è davvero importante. La casa deve essere il luogo in cui si sta bene e in tempi in cui le persone rifl ettono molto e con molta at-tenzione su ogni acquisto piccolo o grande che sia questo fattore diventa determinante”. Il valore del lavoro di Infrabuild è stato riconosciuto non solo da Expo 2015. Alcuni dei progetti ideati dalla rete d’impresa saran-

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Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successoHenry Ford

www.infra-build.it

“Nella aziende italiane si tende a non condi-videre il proprio know how. I manager pre-feriscono tenere per sé le proprie idee, hanno paura e in questo modo non fanno crescere il proprio business. Bisogna superare il nani-smo dell’economia italiana. La condivisione è un elemento fondamentale per noi”

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Altre prospettive del progetto Ecovillege

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CONFINDUSTRIA MONZA E BRIANZA

La prima organizzazionefra imprenditori sorta in Italia

RIANZA

Since 1902

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I diritti degli agenti che risiedono e operano nei diversi Paesi dell’Unione Europea non sono tutti uguali. La direttiva comunitaria 86 / 653 ha avvicinato le diverse legislazioni nazionali ma sono sempre i singoli stati membri a decidere come regolare le leggi in materia. Questo può comportare trattamenti anche molto distanti per gli agenti, vediamo come

Diritto alla provvigione

degli agenti all’estero

La direttiva comunitaria 86/ 653 sui contratti di agenzia aveva inteso ravvicinare le legislazioni degli Stati membri su questa materia, ma il trattamento previsto dalle diverse norme nazionali varia ancora molto. È quindi necessario valutare con cura quale diritto si possa ap-plicare al contratto con agenti che risiedono in altri Stati comunitari. Ancora oggi molte aziende, travisando il ruolo limitato della direttiva, agiscono con gli agenti stranieri nella convinzione che la normativa comunitaria regoli uniformemente e completamente il contratto di agenzia nell’Unione Europea. Essa invece ha solo voluto garantire un minimo di diritti agli agenti, delegando agli Stati membri il ruolo di includere nella loro normativa alcune condizioni considerate come diritti minimi garantiti. Si deve quindi sottolineare che le singole nor-

mative nazionali possono regolare liberamente la materia e possono derogare in meglio in favore dell’agente rispetto a quanto previsto dalla direttiva. Tra le diff erenze che si rilevano confrontando le varie legislazioni nazionali, alcune riguardano le norme in materia di con-tabilizzazione delle provvigioni e del momento in cui queste devono essere corrisposte.

Defi nizione di provvigioneLa direttiva comunitaria defi nisce in modo ampio la provvigione, facendovi rientrare “tutti gli elementi della retribuzione che variano secondo il numero e il valore degli aff ari”. Pertanto in caso vi siano dei pagamenti di rimborsi spese determinati in base al volume degli

a cura dell’avvocato Vartui Kurkdjian

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aff ari, questi saranno considerati a tutti gli eff etti come provvigioni. Il rifl esso di questa qualifi cazione si avrà più tardi, al momento di corrispondere l’in-dennità di clientela all’agente, momento in cui si prenderanno a base tutte le provvigioni che gli sono state corrisposte nel periodo previsto dalla legge. Se l’importo della provvigione non è stato determinato dal contratto, la direttiva rinvia alla media delle provvigioni che sono corrisposte agli agenti operanti nello stesso settore merceologico nel Paese dell’agente.Infi ne, la direttiva non disciplina la materia relativa alla provvigione se l’agente riceve una provvigione fi ssa, sganciata dai risultati economici del suo servizio.

La normativa maltese su questo punto chiarisce che la provvigione deve essere collegata al risultato economico dell’agente per poter considerare quest’ultimo come un lavoratore autonomo. Rimane quindi il rischio che il preponente, nel corrispondere un fi sso, possa inconsapevolmente dar vita a un rapporto di lavoro subordinato. In ogni caso l’art. 6 della direttiva esclude l’applicazione delle previsioni in materia di pagamento delle provvigioni “qualora la retri-buzione dell’agente non avvenga totalmente o parzialmente mediante prov-vigione”.

Quando l’agente ha diritto alla provvigione?L’agente ha diritto alla provvigione quando la vendita è stata conclusa con il suo intervento o quando la vendita è stata conclusa con un soggetto che in precedenza l’agente aveva acquisito come cliente. La normativa di alcuni Stati membri, tra cui Danimarca, Finlandia, Germania, Grecia e Svezia attribuisce all’agente il diritto alle provvigioni per il semplice fatto che gli è stata assegnata una zona o una fascia di clientela. Altri Stati richiedono invece che il diritto alla provvigione per le vendite provenienti dal suo territorio spetti all’agente solo se il contratto gli aveva attribuito tale territorio in esclusiva. L’Italia ha scelto quest’ultima soluzione.

Provvigioni dopo il termine del contratto Le provvigioni relative agli aff ari che il preponente conclude subito dopo il termine del contratto con un agente sono dovute all’agente uscente solo se la conclusione dell’aff are era dovuta soprattutto all’attività di quest’ultimo e a condizione che la conclusione dell’aff are avvenga entro un termine ragione-vole dalla conclusione del contratto. Solo la normativa belga e la normativa spagnola fi ssano espressamente tale termine: sei mesi in Belgio e tre mesi in Spagna.La direttiva comunitaria prevede anche che la provvigione, quando la situazio-ne lo giustifi ca, possa essere ripartita tra l’agente uscente e il nuovo agente.

Pagamento della provvigioneLa direttiva permette agli Stati di disciplinare il momento in cui è dovuto il pagamento della provvigione prevedendo che esso possa essere scelto tra:

il momento in cui il preponente accetta l’ordine del cliente1. il momento in cui il preponente spedisce la merce2. il momento in cui il cliente paga quanto dovuto al preponente.3.

Tale momento non può essere dunque successivo al periodo in cui il cliente ha pagato il dovuto al preponente. La normativa italiana ha scelto l’ultima soluzione assieme alla maggioranza degli Stati membri, ma alcuni Paesi hanno legiferato in modo diff erente: la Germania ha optato per il pagamento delle provvigioni nel mese successivo a quello in cui il contratto tra preponente e cliente è stato concluso. Altri Stati invece seguono la prescrizione della diret-tiva che dispone per il pagamento delle provvigioni entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre in cui il contratto tra preponente e cliente è stato

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Diritto comunitario

Il diritto dell’agente può estinguersi solo se è certo che il contratto tra agente e preponente non sarà eseguito e se tale mancata esecuzione non è dovuta a circostanze imputabili al preponente

concluso. In Estonia, Lettonia e Lituania la provvigione deve essere corrisposta al momento in cui il preponente spedisce la merce al cliente. La normativa di questi tre Pa-esi, al pari di quella fi nlandese, riconosce inoltre all’agen-te il diritto di ricevere degli anticipi sulle provvigioni in attesa del loro completo pagamento.

Revoca del diritto alla provvigioneIl diritto dell’agente può estinguersi solo se è certo che il contratto tra agente e preponente non sarà eseguito e se tale mancata esecuzione non è dovuta a circostanze imputabili al preponente. In particolare, la normativa ungherese prevede che il diritto dell’agente a ricevere la provvigione non venga meno se il preponente non esegue il contratto per cause a lui non imputabili o se ha accet-tato la revoca di un ordine che sia già stato trasmesso e accettato. La normativa spagnola invece ammette che all’agente non sia corrisposta la provvigione se il prepo-nente dimostra che l’ordine non è stato eseguito per cause a lui non imputabili. In alcuni Stati membri la normativa aff erma la nullità di qualunque patto contrario, volto ad ampliare il rischio dell’agente di non ricevere la provvi-gione per via di una mancata fornitura da parte del pre-ponente.

Il diritto applicabile al contratto di agenzia nell’UeLa determinazione del diritto applicabile al contratto di agenzia nei Paesi comunitari richiederebbe considerazio-ni piuttosto complesse. Cercando di semplifi care, pertan-to, possiamo chiederci quando gli agenti stranieri possa-no pretendere l’applicazione del loro diritto nazionale e delle regole appena prese in esame. Sotto questo aspetto molto dipende dal fatto che le regole siano costituite da:

norme derivanti dalla direttiva comunitaria defi nite • da questa inderogabili, in particolare quando essa defi nisce nulli i patti contraricontratto sottoscritto tra preponente italiano e agen-• te straniero in cui si concorda che il contratto sia sot-toposto al diritto italiano: le parti possono derogare alle norme del Paese dell’agente a condizione che in tale Paese non vi siano norme a tutela dell’agente che siano dal diritto locale considerate come norme di ordine pubblico internazionale (salvo quest’ultima ipotesi è dunque possibile applicare al contratto il diritto italiano in luogo di quello del Paese dell’agen-te)mancanza di un contratto o contratto che non deter-• mina quale diritto nazionale sia applicabile (si appli-cherà il regolamento “Roma 1” che prevede l’applica-zione del diritto del luogo in cui risiede la parte che svolge la prestazione contrattuale caratteristica e nel caso dei contratti di agenzia tale diritto è quello del Pese in cui risiede l’agente).

Se l’azienda italiana non vuole trovarsi a gestire un con-tratto di cui ignora le condizioni deve pertanto provve-dere a scegliere il diritto applicabile, tenendo conto che talvolta potrebbe essere più vantaggioso scegliere il dirit-to del Paese dell’agente dopo averlo accuratamente con-frontato con la normativa italiana. |

www.promos.com

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Realtà imprenditoriali di successo italiane e tedesche unite per condividere esperienze e conoscenze. Kilometro Rosso, dopo il successo dell’Innovation Executive conference Innovare per competere, è stato protagonista di un altro importante evento business, la convention organizzata in collaborazione con la Camera di Commercio Italo - Tedesca

Kilometro Rosso come punto d’incontro tra economia italiana e tedesca. Il parco scientifi co tecnologico ha ospitato una conven-tion organizzata in collaborazione con la Camera di Commercio Italo-Tedesca, con l’obiettivo di far incontrare investitori ed im-prenditori italiani, con gli enti tedeschi, in particolare con alcune regioni tedesche che si distinguono per l’eccellenza delle proprie specifi che competenze e per il proprio apporto tecnologico alta-mente innovativo, al fi ne di abbattere le frontiere della comuni-

cazione e della cono-scenza nell’ambito

dell ’ innovazio-ne, attraverso l’attività di networking e di condivi-sione dei sape-ri. All’evento,

che ha avu-to come

fi lo conduttore l’innovazione nel mercato della tecnologia, hanno partecipato complessivamente oltre 120 persone: ben 60 le aziende italiane presenti. La Germany Trade & Invest (GTAI) ha presentato la Germania come leader nell’ambito della ricerca e dello sviluppo di nuove tecnologie, nonché come partner im-portante per gli investimenti. La GTAI e le otto Regioni tedesche che hanno preso parte all’evento, quali Baden-Württemberg, Heilbronn-Franken, FrankfurtRheinMain, Saarland, Nordreno-Vestfalia, Sassonia-Anhalt, Brandeburgo Orientale e Berlino, hanno permesso agli imprenditori italiani di conoscere le par-ticolarità ed i punti di forza di ciascun Land ed aperto la strada alla cooperazione ed a un possibile futuro insediamento sul mer-cato estero.

La scelta del Parco Scientifi co Tecnologico Kilometro Rosso come luogo dell’incontro si è rivelata particolarmente adatta al fi ne di stimolare la collaborazione tecnologica ed abbattere le frontiere della comunicazione nell’ambito dell’innovazione.Le reazioni estremamente positive e i numerosi colloqui indivi-duali che si sono tenuti durante la serata, nonché la partecipazio-

ne attenta, hanno confermato il pieno successo dell’incontro.I partecipanti italiani, grazie anche alle testimonianze delle

tre realtà aziendali che hanno proposto le loro success stories, hanno potuto comprendere pienamente

l’importanza di relazionarsi al contesto in-ternazionale. Particolarmente interessante è stato infatti il contributo di Luft hansa, società tedesca attiva sul territorio italiano

e quello di due aziende italiane che hanno intrapreso la strada della cooperazione con il

mercato tedesco: Manuli Stretch SpA e Techint Industrial Corporation SpA. |

una collaborazione per abbattere le frontiere della comunicazione

Italia - Germania:

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L’informazione per il business internazionale a portata di click

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di Commercio del Veneto, Eurosportello – Azienda Speciale della Camera di Commercio di Napoli per le Attività Internazionali, Intertrade Salerno, Promofirenze, Promosiena, Promos, Unioncamere

Emilia Romagna, Unioncamere Molise, Vicenza Qualità.

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Campagne pubblicitarie martellanti han-no portato nel nostro vocabolario quoti-diano la parola “sottocosto”, intendendo con esso la vendita ad un valore più basso del costo di produzione o di acquisto, e il manifesto di una politica di abbattimento dei prezzi. Dietro alla parola una logica di pricing ormai acquisita dalle aziende, se-condo cui il prezzo viene calcolato som-mando al costo di prodotto un ragionevole margine.Un modello consolidato che tuttavia, nella competitività dei mercati odierni, sembra non essere il più adatto a defi nire il giusto prezzo dei prodotti, ovvero quello che il cliente e disposto a pagare e per il quale si fi nisce lottando in interminabili e fru-stranti trattative al ribasso.

II prezzo lo fa il mercato, o meglio la per-cezione che esso ha del nostro prodot-to. Maggiore è la percezione di valore da parte del cliente, maggiore e il prezzo che sarà disposto a pagare. E allora via libera ad ogni iniziativa mirata ad innalzare la percezione di valore del target.Come? Un modo è mettersi nei suoi panni per comprendere il problema che gli impe-disce di migliorare la propria condizione e al quale la nostra off erta potrebbe dare risposta. II problema del cliente è reso ma-nifesto dagli eff etti indesiderati (sintomi) che egli vive nella sua quotidianità, colle-gati tra loro da un rapporto di causa-eff et-to. Tanto più saremo bravi nell’isolare la causa comune che li genera tutti, tanto più la nostra soluzione, che agisce su quest’ul-tima, porterà valore al cliente. E il ruolo

del venditore? Accompagnare il cliente nel percorso logico di consapevolezza che ha portato noi ad elaborare l’off erta come so-luzione alla causa di tutti suoi sintomi.Largo al marketing e alla comunicazione, dunque, ma non basta.L’impegno aziendale dovrebbe rivolgersi anche all’interno, con l’attivazione di un percorso di consapevolezza dei reali costi di prodotto.II modo in cui si guardano i numeri di un’azienda infl uenza le decisioni strategi-che, e le politiche di pricing. Allora siamo sicuri che il modo tradizionale di guarda-

re i numeri non sia fuorviante?Una rifl essione interna all’azienda che porti ad una consapevolezza diversa dei numeri e del margine di guadagno può aiutarci ad aff rontare il mercato con mi-nore frustrazione.In un mondo in cui il prezzo risulta dai costi del prodotto più un margine di gua-dagno ragionevole, l’enfasi cade sulla defi -nizione del costo unitario di prodotto. Le tecniche di contabilità dei costi che si sono

sviluppate con la rivoluzione industriale, fanno capo al Cost Accounting, un mo-dello allocazione dei costi che defi nisce il costo unitario di prodotto come base sulla quale poi determinare il prezzo.Se il modello ben si sposava con i business del passato, caratterizzati da costi in pre-valenza variabili (lavoro diretto, materie prime), ha cominciato a mostrare i propri limiti quando la percentuale di costi fi ssi e diventata tanto signifi cativa da rendere necessaria la redistribuzione di tali costi ai singoli prodotti.

Da lì lo sforzo degli ultimi anni nello svi-luppo di tecniche di allocazione sempre più sofi sticate, reso vano tuttavia dall’ina-deguatezza del modello di base per cui il costo del prodotto debba quantifi care tutti gli sforzi locali assorbiti dallo stesso.Quando Eliyahu Goldratt negli anni ‘70 portò al mondo la Teoria dei Vincoli e il suo modello d’impresa sbilanciato, una nuova contabilità iniziò a porsi come vali-da alternativa al Cost Accounting.

Th roughput Accounting, questo il suo nome, nasce in un paradigma d’impresa in cui il risultato di sistema dipende dall’effi -cienza di un solo suo componente, e non dalla somma di tante effi cienze locali.Come la forza di una catena dipende dal suo anello più debole, così il ritmo di pre-stazione di un’azienda (chiamato Th rou-ghput) dipende dalla capacità del suo ele-mento più debole, il vincolo.Th roughput è il valore generato dall’azien-da, la misura che rappresenta il ritmo al

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In un mercato competitivo le logiche di pricing messe in atto fi no ad oggi, basate sul costo unitario fi sso, sono ormai superate. La teoria dei Vincoli fornisce una valida alternativa: il Throughput Accounting

a cura di Sara Baroni, Organization Design Thinker Oxigenio Srl

Vendiamo sottocosto. Sicuri? Logiche di

pricing innovative

II prezzo lo fa il mercato, o meglio la percezione che esso ha del nostro prodotto. Maggiore è la percezione di valore da parte del cliente, maggiore e il prezzo che sarà disposto a pagare

per sopravvivere in mercati competitivi

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quale il sistema genera soldi attraverso le vendite, calcolato come il prezzo di vendita meno i costi totalmente variabili.

La prospettiva passa da locale a globale, ed alte ef-fi cienze di sistema sono ottenibili attraverso alta effi cienza sull’unica risorsa da cui dipendono le pre-stazioni. La redditività si rea-lizza solo alla fi ne della catena ed è generata dallo sfor-zo coordinato di tutti gli anelli; il fattore limitante sarà rappresentato dall’anello più de-bole della catena, quello sul quale si dovranno concen-trare gli sforzi al fi ne di migliorare la per-formance comples-siva. L’attenzione cade non tanto sul peso della catena, quanto più sulla sua forza.L’elemento di focalizzazione diventa il tempo di occupazione della risorsa vincolo da parte dei prodotti. E allora quanto costa un prodotto?

La teoria dei vincoli oggi è una rispo-sta alla resistenza che tutte le persone mostrano di fronte al cambiamento. Maggiore è il cambiamento, maggiore sarà la resistenza. Nasce con l’intuizione del fi sico isra-eliano Eliyahu Goldratt in ambito industriale alla fi ne degli anni ‘70 e qui, oggi, riesce a portare valore con un approccio alla gestione d’impresa completo e focalizzato sui pochi fatto-ri responsabili del risultato economico

fi nale. Il modello organizzativo si basa sull’idea che l’impresa è un sistema di processi, le cui interdipendenze ne re-golano il funzionamento. La prestazione complessiva dell’im-presa è determinata da un numero limitato di fattori - defi niti vincoli - utilizzati come leva per il controllo e la crescita. Esiste sempre un vincolo che limita la capacità di conseguire migliori risultati; se così non fosse la performance del si-

stema sarebbe infi nita e così il suo profi tto. In quest’ottica per migliorare la performance di un’organizzazione è necessario gestire il suo vincolo. I vincoli determineranno l’output del sistema sia che essi siano conosciuti e gestiti, sia che non lo siano. Tuttavia, soltanto nel primo caso diventano una buona opportunità, una leva reale per il business. Gestire il vincolo signifi ca

controllare la velocità con cui l’in-tero sistema genera valore. |

La teoria dei vincoli

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Th roughput è il valore generato dall’azienda, la misura che rappresenta il ritmo al quale il sistema genera soldi attraverso le vendite, calcolato come il prezzo di vendita meno i costi totalmente variabili

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Dipende da quanto tempo di vinco-lo andrà ad occupare. Tanto più il prodotto utilizzerà in modo esclusivo il vincolo, tanto maggiore dovrebbe essere il prezzo,

a parità di throughput ottenibile. Le scelte commerciali (di mix e di prezzo), produttive e di inve-stimento dovranno quindi essere valutate in funzione dell’impatto sul vincolo aziendale, per scoprire che qualche volta il sotto-

costo, non è proprio sotto-costo, e off rire così nuovi ar-

gomenti di trattativa. |

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Alla scopertaAfrica vera

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di un angolo

di

Deserto del Namib

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Turismo a cinque stelle

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WindhoekSwakopmund

Deserto del Namib

Etosha Nat. ParkMudumu Nat. Park

Deserti, cascate, parchi naturali, la Namibia è una terra di forti contrasti paesaggistici e culturali che proprio in questa sua anima divisa ritrova quella magia che incanta chiunque la veda. Dal parco di Chobe, a quello di Livingstone per ammirare le famose cascate Vittoria Hotelplan propone un tour attraverso questo luogo ricco di sfumaturein collaborazione con Hotelplan Italia

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La Namibia è indubbiamente un crogiuolo di razze, culture e tradizioni, ma è anche un Paese dai mille contrasti paesaggistici, tanto da essere chiamata il “Diamante d’Africa” per le infinite sfaccettature con cui è in grado di incantare e ammaliare ogni visitatore: l ’amante della natura e degli infiniti spazi del deserto così come l’ap-passionato di popoli, usi e costumi che sembra-no appartenere a un mondo lontano. Madre Natura regna ancora incontrastata in questo piccolo angolo d’Africa. Tra le perle na-turali da non perdere il Parco Etosha con i suoi 22.270 chilometri quadrati caratterizzati da de-serti salini, savana e sconfinate pianure dove vi-vono oltre 114 specie di mammiferi e 340 di uc-celli; le inconsuete formazioni granitiche tipiche della zona di Twifelfontein, “custode” tra l ’al-tro di stupendi tesori artistici costituiti da 2500 incisioni rupestri di 6000 anni fa raffiguranti animali, loro orme e qualche figura umana; la “montagna bruciata” e la “foresta pietrificata”; la colonia di otarie più grande di tutta l ’Africa au-

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strale, e, infine, il deserto del Namib caratterizzato da una distesa senza fine di dune di sabbia rossa, le più alte delle quali si

trovano a Sossusvlei. Per vivere tutto questo Hotel-plan propone un nuovo tour per minimo due per-sone, il Self drive – Arco-

baleno africano 15 giorni e 14 notti. Dopo l’arrivo a Windhoek e il pernotta-mento al Villa Verdi Ho-tel, il viaggio proseguirà

Deserto del Namib

verso il deserto del Namib. Il deserto si estende per 2000 chilometri lungo la costa dell’Africa Sud-occidentale, dal fiume Oliphants in Sudafrica fino a San Nicolau, in Angola meridiona-le. Il suo nome, originario della lin-gua Nama, lo descrive propriamente: il nulla, il “luogo di nessuno” e di conseguenza “Vasto Spazio Aperto”. E’ il più antico e più estremo deserto della Terra, insieme a quello di Ata-cama in Cile ed a quello della Bassa California; qui i paesaggi presentano una tale varietà che pur essendo de-solati riescono ad offrire al visitatore un’intera gamma di emozioni. Dopo la prima colazione e il pernot-tamento al Namib Desert Lodge il tour proseguirà verso il Dne Sossu-svlei e Sesriem Canyon. L’intera mat-tinata sarà dedicata all ’esplorazione delle famose dune rosse. Per chi vor-

Sopra: Una delle etnie locali chiamata “Himba”Sotto: Giovani boscimani mentre accendono il fuoco

Turismo a cinque stelle

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rà ci sarà la possibilità di salire su una di esse per ammirare il magnifico panorama e i giochi d’ombra. Al termine della visi-ta si proseguirà per il piccolo e suggestivo Sesriem Canyon, una gola profonda 40 me-tri, tagliata nella roccia calcarea risalente a milioni di anni fa. Il quarto giorno sarà dedicato alla visita della cittadina di Swa-kopmund, situata nei pressi dell’oceano at-lantico. Si consiglia la crociera nella baia di Walvis bay per ammirare le otarie, i delfini e i fenicotteri rosa. Il viaggio proseguirà a Swakopmund dove sarà possibile dedicarsi al relax e alla scoperta della cittadina della Namibia occidentale. Swakopmund sor-ge sulla costa atlantica, in corrisponden-za della foce a delta del fiume Swakop, da cui prende il nome. Il giorno successivo si proseguirà in direzione nord verso Twyfel-fontein. La giornata sarà dedicata all ’esplo-razione dell’area che include le pitture rupestri realizzate dai cacciatori San cir-ca 6000 anni fa, le inconsuete formazioni granitiche tipiche di questa zona chiamate “Organ Pipes”, la “Montagna Bruciata” e la “Foresta Pietrificata”. I due giorni succes-sivi si farà tappa a Etosha, parco nazionale dal 1907 che copre un’area di oltre 22.270 chilometri quadrati. Si pernotterà all ’Eto-sha Safari lodge situato al di fuori del par-co. Si proseguirà quindi in direzione nord verso Outjo e Grootfontein con pernotta-mento al Tsumkwe Lodge. Nel pomeriggio si potrà acquistare in loco un’escursione guidata al villaggio dei boscimani.Il decimo giorno si farà tappa a Caprivi con sistemazione presso il Ndhovu Lodge situato sulle sponde del fiume Okavango. Il resto della giornata sarà a disposizione per scoprire la riserva di Mahango o partecipa-re ad alcune attività acquatiche. Il giorno successivo si partirà per il parco naziona-le Chobe con sistemazione al Chobe Safa-ri Lodge situato non lontano dal centro di

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Silhouette di un Elefante al tramonto nel Parco Nazionale di Chobe

Sopra e sotto:Diversi tipi di fauna presenti sul territorio

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INFO UTILI SU NAMIBIA

Capitale: Colombo

Lingue: Le lingue uffi ciali sono l’inglese e il tedesco. A livello re-gionale sono diff usi l’Afrikaans e il Oshiwambo.

Religioni: La religione più diff usa è il cristianesimo, soprattutto nel-la sua versione luterana. È presente una piccola minoranza Musulmana, concentrata nella capitale.

Norme sanitarie: Non è richiesta alcuna vaccinazione ma si consiglia di sot-toporsi, previo parere medico, ad una terapia antimalarica nella stagione estiva locale (novembre-marzo). Si consiglia inoltre di stipulare un’assicurazione sanitaria che preveda oltre alla copertura delle spese mediche, anche l’eventuale rimpatrio aereo sanitario d’emergenza o il trasferimento in altro Paese.

Fuso orario: La Namibia è un’ora avanti rispetto all‘Italia con l’ora so-lare, un’ora indietro quando in loco si adotta l’ora legale.

Valuta: Dollaro namibiano.

Documenti: L’unico documento necessario per soggiorni inferiori ai 90 giorni è il passaporto con validità residua di almeno 6 mesi dal momento dell’arrivo nel Paese.

Quando andare: La migliore stagione per un viaggio in Namibia è la stagio-ne fresca e secca tra maggio e ottobre, essa presenta giorni caldi e soleggiati e fredde notti, con temperature che van-no anche sotto zero.

Turismo a cinque stelle

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Viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornatoEdgar Allan Poe

La Namibia è indubbiamente un crogiuolo di razze, culture e tradizioni, ma è anche un Paese dai mille contrasti paesaggistici, tanto da essere chiamata il “Diamante d’Africa” per le infi nite sfaccettature con cui è in grado di incantare e ammaliare ogni visitatore: l’amante della natura e degli infi niti spazi del deserto così come l’appassionato di popoli, usi e costumi che sembrano appartenere a un mondo lontano

Panorama delle Cascate Vittoria

Uno scorcio di savana in Namibia

Kasane. Nel pomeriggio sarà possibile partecipare ad una delle diverse attività proposte dal lodge. Il tour si conclu-derà con gli ultimi quattro giorni prima al Parco Nazionale Chobe con due fotosafari al giorno e successivamente a Li-vingstone. La quota per persona in Self drive, per il periodo dal primo Maggio al 31 Agosto, in camera doppia, è di 2.665 euro, in singola di 3.210 euro. La quota volo è di 714 euro (775 euro in alta stagione) con 390 euro di tasse aeroportua-li. Le quote comprendono: pernottamenti negli hotel indi-cati o similari in trattamento come da programma, noleggio categoria Nissan X Trail 2x4 inclusiva di assicurazione “su-per cover” e chilometraggio illimitato.Le quote non comprendono: voli, visti, bevande ai pasti, mance, e tutto quando non espressamente indicato nel pro-gramma e nella voce “Le quote comprendono”. |

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MCE-Mostra convegno Expocomfort/expobagnoDal 27 al 30 marzo 2012

Sede: Fiera Milano Rho-Pero (MI)

Ogni due anni Mostra Convegno Expocomfort è l’appuntamento da non perdere. Caldo, Freddo, Acqua, Energia: MCE presenta la panoramica completa delle più avanzate tecnologie per il comfort, per l’effi cienza ed il risparmio energetico. Un pubblico mondiale: la domanda e l’off erta internazionale si incontrano qui per sviluppare business e scoprire i trend del futuro.

Promotion ExpoDal 21 al 23 marzo 2012

Sede: Fiera Milano City

La fi era della comunciazione e del marketing di relazione, si svolge ogni anno nel mese di marzo, a Fieramilanocity e off re la gamma completa delle proposte del settore promozionale pensate per aiutare le imprese a comunicare in modo effi cace, suscitare nuovo interesse e creare una relazione duratura con i clienti già conquistati.

Comocrea Textile Design Show26 e 27 marzo 2012

Sede: Spazio Villa Erba, Cernobbio (CO)

Como crea si presenta con grandi novità, come i nuovi spazi espositivi inoltre è stata prevista- In aggiunta alle due edizioni programmate per il 26/27 marzo e 29/30 ottobre, un’edizione supplementare che si terrà il 25/26 giugno.

MIART - Fiera Internazionale d’arte moderna e contemporanea Dal 13 al 16 aprile 2012

Sede: Fiera Milano City

MiArt e Milano: la Fiera Internazionale di Arte Moderna e Contemporanea testimonia la città che la ospita. Cuore di questo Paese, Milano è capace, da oltre un secolo, di imporre linee e forme all’architettura, al design, alla moda: modernista e contemporanea allo stesso tempo e capitale del mercato dell’arte. E proprio con questa duplice anima, MiArt 2012 è costruita: una fi era in cui moderno e contemporaneo si fondono o si avvicinano in continui rimandi o in echi più o meno espliciti; in cui l’apertura agli espositori internazionali è un’ulteriore occasione per rifl ettere sulla continuità fra passato e presente.

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marzo aprile

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ComprAntico 12 e 13 maggio 2012

Sede: Centro Fiera del Garda, Montichiari (BS)

ComprAntico è il nuovo mercato antiquario proposto dal Centro Fiera di Montichiari (BS). ComprAntico off rirà ai commercianti presenti l’opportunità di entrare in contatto con visitatori interessati ad un’off erta di antiquariato, modernariato e vintage ampia, accessibile e adatta al grande pubblico.

I prossimi appuntamenti

COSMIT 2012Dal 17 al 22 aprile 2012

Sede: Fiera Milano Rho-Pero (MI)

La 51a edizione dei Saloni presenterà migliaia di prodotti di qualità destinati ai mercati di tutto il mondo, confermando Milano la capitale internazionale dell’arredo. Novità per EuroCucina che si apre al complemento e accessori per la cucina, riconfermato invece il layout che riunisce il settore Moderno del Salone Internazionale del Mobile in un unico padiglione. Buone notizie poi per il grande pubblico che potrà visitare i Saloni anche il sabato. Immancabili come sempre gli eventi collaterali in città.

XYLEXPO - Biennale mondiale delle tecnologie del legno e delle forniture per l’industria del mobile Dall’8 al 12 maggio 2012

Sede: Polo Fieristico Milano

Ogni due anni più di 90.000 operatori da tutto il mondo giungono a Milano per visitare la rassegna dedicata alle tecnologie per la lavorazione del legno ed alle forniture per l’industria del mobile, la mostra di settore più importante al mondo negli anni pari.Xylexpo è l’unico appuntamento in cui sono esposte nella loro completezza le nuove linee produttive, la tecnologia unita al prodotto in un lay-out fortemente innovativo.

VENDITALIA - Mostra internazionale della distribuzione automaticaDall’8 al 12 maggio 2012

Sede: Fieramilanocity (MI)

VENDITALIA, l’Esposizione internazionale della distribuzione automatica, è la più grande rassegna nell’ambito del vending sia per le dimensioni dell’area espositiva che per il numero di aziende espositrici e di visitatori.

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L’agendadelle Fiere

L M M G V S D

aprileL M M G V S D

marzoL M M G V S D

maggio

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AnimazioniAnimazioni

e contenutie contenuti

multimediamultimedia

PannelloPannello

di controllodi controllo

del sitodel sitoB&G - Business&GentlemenPubblicazione trimestralewww.businessgentlemen.it

Anno V – numero 21 - marzo / maggio 2012

Direttore responsabileMauro [email protected]

RedazioneCoordinamento redazione e contenuti web:Laura Di [email protected]

In redazioneDaniela [email protected]

Segreteria:[email protected]

ImpaginazioneStefania Bugada, Sara Fratus , Enrico Benedetti

Equipe tecnico-scientificaAndrea Bonalumi, Paolo Colombo, Ivan Consoli, Enrico Della Pietà, Roberto Magri, Leonardo Marabini, Thierry Marchal, Ivan Mazzoleni, Cristina Moro, Alberto Claudio Tremolada

Hanno collaboratoSara Baroni, Alfonso Fuggetta, Vartui Kurkdjian, Luca Macedoni, Alice Sofia Neri, Alessandro Rossi, Fabio Sdogati, Elena Sottocornola, Piero Tagliapietra, Paolo Valente, Andrea Rongone

Fotografie B&GMarco Riva

Archivi fotograficiAnsys, Cumini, Davidoff, Fra.mar, Grohe, Hotelplan, Infrabuild, Metra, Studio Blumer, Galgano Group

Immagini uffici stampaAida Partners Ogilvy Pr, Codice edizioniEsprithb Srl, Hoepli, Multiconsult, Noir Sur Blanc, Seltz Pr

Editore e RedazioneCobalto Srlvia Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamotel. 035.226599 - fax. 035.3830350

Pubblicità NazionaleCobalto Advvia Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamotel. 035.226599 - fax. 035.3830350

StampaCPZ Spavia Landri, 37 - 24060 Costa di Mezzate (BG)

Testi e fotografie, forniti su qualsiasi supporto,anche non pubblicati non verranno restituiti.

Registrazione al Tribunale di Bergamo n.5 del 7 febbraio 2008N. iscrizione ROC 12491

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