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. Biblioteca “Franco Basaglia” – Primavalle 19 dicembre 2011 Michele Brescia

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Biblioteca “Franco Basaglia” – Primavalle 19 dicembre 2011

Michele Brescia

Bassorilievo del II-III secolo raffigurante Mitra che Sacrifica il toro sacro

Masolino, Papa Liberio traccia il perimetro della basilica di Santa Maria Maggiore

La scelta del 25 non ha nulla di casuale. Nell’antichit{ cadeva il solstizio d’inverno. L’imperatore Aureliano (270 -275 d.C.)aveva eletto quella giornata a festeggiamento del dies natalis Solis invictus, in onore del dio Mitra considerato fonte della luce.

La basilica che il pontefice Liberio aveva fatto erigere sull’Esquilino iniziò a chiamarsi Santa Maria ad Praesepe dopo aver ospitato la rappresentazione della venuta di Cristo con un gruppo di statue.

Dalla volontà di San Francesco di far rivivere la nascita di Betlemme, coinvolgendo la gente del popolo convenuta a Greccio (Rieti) la notte di Natale del 1223, prese vita la bella tradizione del presepe, che perdura ancora oggi. L’episodio fu dipinto da Giotto in un affresco della Basilica Superiore di Assisi. Il primo presepe risulta essere quello scolpito da Arnolfo di Cambio per la basilica di Santa Maria Maggiore a Roma Presepe di Greccio, affresco 1294-95

Ma quando è nato Gesù? Storici e archeologi propendono per datare la nascita sei o sette anni prima dell’era volgare. Fu il monaco bizantino Dionigi il Piccolo a introdurre nel VI secolo la soglia dell’anno zero che ha cambiato la lettura degli avvenimenti in prima e dopo Cristo. Il più antico reperto natalizio si trovava affrescato nelle catacombe di San Sebastiano: era dipinto il Bambino fasciato e nimbato, disteso su un umile giaciglio tra il bue e l’asinello, sovrastato da una prefigurazione del Cristo adulto.

Ricostruzione della più antica rappresentazione della Natività: le catacombe di San Sebastiano

Le fasce del Bambino alludono alla sistemazione del corpo del Cristo al momento della deposizione, ma anche alle bende da cui si libera Lazzaro durante l'evento miracoloso della resurrezione, suggerendo una paradossale analogia tra la mangiatoia e il sepolcro. La mangiatoia - d'altra parte - è qui rappresentata come un tavolo, ovvero come un altare coperto da un drappo, secondo un significato simbolico che giustappone i luoghi della Natività e dell'eucarestia.

La Natività nella versione di Ghirlandaio in Santa Trinita a Firenze

Il Bambino deposto in un giaciglio – sepolcrale: un elemento ricorrente

Lorenzo Monaco, Natività degli Uffizi

La presenza del bue e dell'asino rimanda a un referente apocrifo sorto in funzione della mangiatoia. Come simboli della Natività essi traggono la loro origine dalle Sacre Scritture e, in particolare: "Il bue ha conosciuto il suo possessore e l'asino la greppia del suo padrone" (Isaia, 1,3) e "Tu ti manifesterai in mezzo a due animali" (Abacuc, 3,2). Ma è il vangelo dello Pseudo-Matteo a riferire, più in dettaglio, la dinamica dell'adorazione degli animali: "Ora, il tredicesimo giorno successivo alla nascita del Signore, Maria uscì dalla grotta, entrò in una stalla e depose il bambino nella mangiatoia, e il bue e l'asino l'adorarono" (capitolo XIV)

Duccio di Buoninsegna, 1308 - 1311

- Vangelo di Luca e di Matteo

- scritti apocrifi del Protovangelo di Giacomo e dello Pseudo Matteo

(versioni della vita di Gesù escluse dal canone della Bibbia, ritenute false dai Padri della Chiesa)

Pinturicchio in S. Maria del Popolo

Personaggio presente solo nelle prime raffigurazioni della Natività è la levatrice, figura descritta nel Protovangelo di Giacomo. Il suo nome è Zelomi. Spesso la si trova accanto a Salome, sua amica incredula. Affresco nel Monastero bizantino di Nostra Signora di

Araka, Cipro (1192)

La vediamo distesa accanto al figlio in atteggiamenti di umana dolcezza oppure pensierosa, che dà le spalle al bambino

Subentra poi la madre adorante con le braccia aperte o le mani giunte

Una terza posa vede Maria che tiene sulle ginocchia Gesù nell’atteggiamento di mostrarlo, quasi a dire: ecco il Salvatore

Chiesa della Martorana, Palermo

Particolare di una Natività del Correggio del 1512 (Brera)

Natività, Teofane il Cretese, 1546

La capanna è un’idea che prende forma nel Medioevo e si afferma nel 1300 interpretando il testo di Luca che non parla esplicitamente del luogo ma lo fa intuire scrivendo che “non c’era posto per loro nell’albergo”. La capanna acquista uno specifico significato: essendo immagine della vita nomade bene rappresenta la condizione del popolo di Israele e poi quella del cristiano che percorre l’esistenza terrena aspettando d’entrare nella vita eterna. Infine può essere assimilabile fra l’altro alla fragilità dei primi spazi privati e clandestini del culto cristiano. La capanna diventa emblema di edificazione della Ecclesia nuova e dell’uomo nuovo, nello spartiacque tra vecchio e nuovo mondo.

Lorenzo Lotto, Natività, 1523, Washington, National Gallery of Art

A partire dal Rinascimento, la Natività viene calata in un teatro di fabbriche meravigliose in rovina. Le meraviglie dirute segnano il crollo del paganesimo, la caduta degli Dei e degli Idoli. La romanità si sbriciola come la Torre di Babele. La fonte ispiratrice è la Legenda Aurea, opera del vescovo di Genova Jacopo da Varrazze (1298). In essa viene raccontata la vita di Cristo e dei santi registrando quanto la tradizione popolare e quella dotta tramandavano. In particolar modo ci si ricollega all’aneddoto sul vaticinio di Apollo:“Finché una vergine partorir{”.

Courtois Guillaume detto Borgognone, bulino (1628/ 1679)

Jacopo Bassano, Adorazione dei Pastori, 1544

In area nordica invece l’ambientazione della Natività è fortemente realistica: l’evento infatti si svolge di norma all’interno di una grande stalla fatiscente in cui sono ben visibili i segni della quotidiana fatica dell’uomo: gli attrezzi da lavoro in primo piano, il carro sullo sfondo, gli animali alla greppia. Ricorrono spesso due elementi tipicamente fiamminghi: la lampada tenuta trepidamente sospesa dal San Giuseppe e un lembo della veste candida di Maria usato come giaciglio per il Bambino.

Raphael Sadeler I, Natività, da Josse van Winghe (bulino)

Hans Memling, Natività

Roma, Basilica di Santa Maria Maggiore, 432-440 d.C.

- Tipica raffigurazione della Sacra Famiglia nel cristianesimo postcostantiniano - Abbigliamento dei Magi: difesa dalle devastazioni dei Persiani nel 614

Pietro di Giovanni detto Lorenzo Monaco (1370-1425) Firenze, Uffizi

Personaggi asiatici e africani: pericolo o evangelizzazione?

Cristo: fonte di luce abbacinante. Un prototipo esemplare

Antonio Allegri detto il Correggio (1489-1534) Dresda, Gemaldegalerie

Iacopo Robusti detto Il Tintoretto (1518-1594) Venezia, Scuola di San Rocco

La sapiente costruzione dello spazio e la valenza allegorica degli animali

Diego Rodriguez de Silva y Velazquez (1599 – 1660) Madrid, Museo del Prado

L’incontro tra Caravaggio e Ignazio di Loyola: immaginarsi testimoni oculari dell’evento

Gerrit Van Honthorst detto Gherardo delle Notti (1590 – 1656) Firenze, Uffizi

Una riedizione correggesca alla luce della rivoluzione del maestro lombardo

Giovanni Battista Tiepolo (1696 – 1770), Monaco di Baviera, Alte Pinakothek

I l trionfo sul paganesimo, ma non sulla Ragione: il tramonto di un’epoca

Georges Rouault, Miserere, Bella matribus detestata, 1927

Una rappresentazione che risente di tutto il dolore causato dal conflitto bellico

Ammalappenache s'è fatto giorno e er Bambinello s'è guardato intorno. Che freddo, mamma mia! Chi m'aripara? Che freddo, mamma mia! Chi m'ariscalla? Fijo, la legna è diventata rara e costa troppo cara pè compralla... E l'asinello mio dov'è finito? Trasporta la mitraja sur campo de battaja: è requisito. Er bove? - Pure quello… fu mannato ar macello. Ma li Re Maggi arriveno? - E' impossibbile perchè nun c'è la stella che li guida; la stella nun vò uscì: poco se fida pè paura de quarche diriggibbile...-

Er Bambinello ha chiesto:- Indove stanno tutti li campagnoli che l'antr'anno portaveno la robba ne la grotta? Nun c'è neppuro un sacco de polenta, nemmanco una frocella de ricotta... Fijo, li campagnoli stanno in guerra, tutti ar campo e combatteno. La mano che seminava er grano e che serviva pè vangà la terra adesso viè addoprata unicamente per ammazzà la gente... Guarda, laggiù, li lampi de li bombardamenti! Li senti, Dio ce scampi, li quattrocentoventi che spaccheno li campi!- Ner dì così la Madre der Signore s'è stretta er Fijo ar core e s'è asciugata l'occhi cò le fasce. Una lagrima amara pè chi nasce, una lagrima dòrce pè chi more

L’opera dell’Alleni, soprannominato il Confucio dell’Occidente, illustrata da un artista locale, si inserisce nell’ambito della tradizione cinese del libro figurato; è inoltre testimonianza della tendenza dei gesuiti a promuovere un’arte cristiana indigena in accordo con la più generale politica di assorbimento delle tradizioni cinesi nell’ambito della cultura cristiana missionaria. Questa apertura mentale consentirà all’Alleni di svolgere il suo apostolato anche in periodo di persecuzioni, fino alla sua morte avvenuta nel 1649.

Anonimo cinese, xilografia, I metà sec. XVII