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BLS COMPLIANCE Il valore della professionalità

BLS COMPLIANCE · Il malware è la tipologia di attacco mobile più comune: il 58% degli intervistati ha registrato attacchi di malware contro i dispositivi mobile della propria azienda,

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Page 1: BLS COMPLIANCE · Il malware è la tipologia di attacco mobile più comune: il 58% degli intervistati ha registrato attacchi di malware contro i dispositivi mobile della propria azienda,

BLS COMPLIANCEIl valore della professionalità

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Rassegna Stampa

AntiCorruzioneLa Repubblica.it (ed. Torino): Torino: Cantone blocca la vendita del Csi, si dimettono i vertici del ............

Cyber SecurityAsefi Brokers: Dispositivi mobili: le aziende non sono preparate per una violazione mobile ..........................

PrivacyCorriere della Sera.it (ed. Nazionale): Antitrust, multa da tre milioni a WhatsApp: «Obbliga a...................

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Data:

12/05/17La Repubblica.it (ed. Torino)Torino: Cantone blocca la vendita del Csi, si dimettono i vertici del consorzio

Argomento:AntiCorruzione 2p.

Torino: Cantone blocca la vendita del Csi, si dimettono i vertici del consorzio

Torino: Cantone blocca la vendita del Csi, si dimettono i vertici del consorzio L'ultima manifestazione dei dipendenti Csi contro la privatizzazione Chiamparino e De Santis: "Prendiamo atto con rispetto della decisione dell'Authority anticorruzione, è chiaro peraltro che non risolve il problema industriale" del colosso pubblico dell'informatica di MARIACHIARA GIACOSA 12 maggio 2017 Arriva lo stop per le procedure di privatizzazione del Csi il consorzio informatico degli enti locali del Piemonte. A deciderlo è l'Anac, l'autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone che ha risposto ai questori di regolarità delle procedure formulati dalla Regione dopo aver fornito un analogo parere a quelli posti dal Comune di Torino. "Abbiamo ricevuto ieri pomeriggio il parere dell'Anac, che sostanzialmente conferma quello formulato in risposta al quesito avanzato dal Comune di Torino qualche settimana fa - spiegano il presidente Sergio Chiamparino e l'assessore alle partecipate Giuseppina De Santis - Ne prendiamo atto con rispetto. È chiaro peraltro che la posizione espressa da Anac non risolve il problema industriale del Csi. Anzi. Approfondiremo ulteriormente, disponibili a valutare altre proposte, se arriveranno dagli altri soci, ben sapendo tuttavia che, come lo stesso parere di Anac sottolinea, la strada di massimizzare gli affidamenti, visti gli obblighi di legge di verificare la congruità degli importi e di ricorrere a Consip o ad altri soggetti aggregatori, non è percorribile". Poco dopo il cda ha in pratica rimesso il mandato, che era appunto quello di cercare acquirenti. Corteo dei lavoratori del Csi Piemonte Lo stop imposto dall'autorità di fatto blocca le procedure iniziate nell'estate del 2016 per cedere un ramo d'azienda del consorzio informatico ad un partner privato. Nei mesi scorsi erano arrivate tre offerte, attraverso il dialogo competitivo e entro giugno l'assemblea dei soci del Csi avrebbe dovuto decidere se fare la gara per selezionare il partner definitivo sulla base di un nuovo piano industriale. Su questo da mesi ormai pesa la contrarietà del Comune di Torino che, insieme alla Regione, detiene le quote di maggioranza del Consorzio. Ora l'Anac blocca tutto e ai soci spetterà individuare una soluzione che consenta di tenere in piedi il Csi e i suoi 1100 dipendenti. In una nota il cda, guidato dal presidente Riccardo Rossotto, spiega che "alla luce del parere dell'ANAC e rimettendo ogni decisione in merito all'Assemblea dei consorziati, il Consiglio di amministrazione ritiene il suo compito esaurito lasciando all'Assemblea la più ampia libertà per individuare le soluzioni giuridiche ed organizzative, anche di governance adeguate per dare un futuro certo e sostenibile al Consorzio.

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Data:

12/05/17Asefi BrokersDispositivi mobili: le aziende non sono preparate per una violazione mobile

Argomento:Cyber Security 3p.

Dispositivi mobili: le aziende non sono preparate per una violazione mobile

Form di ricerca Cerca nel sito: Asefi Brokers - Informazione online dal 2003 Home AssicurazioniAppuntamenti Attualità Brokers Carriere Comunicazioni aziende Nuovi prodotti Riassicurazione Risk Management Studi e ricerche BancheAttualità Bancassicurazione Carriere Brokers Aziende Chi siamo Contatti Tu sei qui Home » Dispositivi mobili: le aziende non sono preparate per una violazione mobile Facebook Like Share on Facebook Tweet Widget Linkedin Share Button Google+ Dispositivi mobili: le aziende non sono preparate per una violazione mobile Venerdì, 12 Maggio, 2017 - 08:43 Autore: Araldo Un’indagine di Dimensional Research sponsorizzata da Check Point® Software Technologies Ltd. (NASDAQ: CHKP) e resa nota oggi rivela che quasi due terzi (64%) degli intervistati ha dichiarato di dubitare che la propria azienda sia in grado di prevenire un attacco mobile.  Il 20% degli intervistati ha invece dichiarato che la propria azienda ha già subito una violazione della sicurezza tramite i dispositivi mobili, e un altro 24% non ha saputo dire se i dispositivi dei propri dipendenti fossero stati violati. L’indagine, The Growing Threat of Mobile Device Security Breaches, rivela che il 94% dei professionisti di sicurezza informatica si aspettano che la frequenza degli attacchi da mobile aumenti rapidamente nel corso del prossimo anno. Tuttavia, solo il 38% degli intervistati ha dichiarato che la propria azienda utilizza una soluzione di mobile security diversa dalle soluzioni di Enterprise Mobility Management per proteggersi dagli attacchi. All’indagine globale ha partecipato un campione di 410 responsabili di sicurezza o frontline, garantendo lo spettro completo di incarichi e dimensioni aziendali.  I principali risultati dell’indagine includono: Il malware è la tipologia di attacco mobile più comune: il 58% degli intervistati ha registrato attacchi di malware contro i dispositivi mobile della propria azienda, il 54% exploit di phishing SMS e un altro 54% attacchi di rete WiFi o exploit man-in-the-middle. Il 41% ha inoltre registrato furto delle credenziali e keylogging exploit contro i cellulari. Le violazioni mobile sono costose: il 37% degli intervistati ha dichiarato che il costo di una violazione da mobile per la loro azienda sarebbe superiore ai $100.000 mentre il 23% ha dichiarato che costerebbe più di $500.000. Questi costi sono simili a quelli stimati per una violazione da PC desktop o laptop, evidenziando la quantità di dati sensibili memorizzata sui dispositivi mobile e la facilità di accesso che offrono alle risorse aziendali. La mancanza di risorse è una barriera contro la piena protezione dei dispositivi mobile. Oltre il 60% degli intervistati ha citato la mancanza di risorse (sia di bilancio che di personale) come motivo principale per non aver implementato una soluzione di sicurezza per i dispositivi mobile. Tuttavia, il 62% delle aziende sta allocando maggiori risorse per le iniziative di sicurezza mobile rispetto agli anni precedenti.  Il panorama legato ai rischi mobile è in continuo mutamento: nuovi dispositivi accedono alle reti aziendali ogni giorno e i criminali informatici continuano a sviluppare malware specifici e tattiche di attacco per dispositivi mobile. Tutto questo comporta che, per chi si occupa di sicurezza informatica in azienda, è estremamente difficile per tenere il passo.  David Gehringer, principal di  Dimensional Research, e autore della relazione, ha dichiarato: “Considerando che il 20% degli intervistati ha affermato che la propria azienda ha già subito una violazione della sicurezza tramite i dispositivi mobili, e che un altro 24% non ha saputo dire se i dispositivi dei propri dipendenti fossero stati violati, è chiaro che i professionisti della sicurezza stiano faticando nel proteggere il crescente numero di dispositivi mobile in loro dotazione. Questo è messo in evidenza anche da un grande numero di intervistati che ha citato la mancanza di risorse come motivo principale per non aver implementato soluzioni di sicurezza dei dispositivi mobili. Tuttavia, è incoraggiante notare come il 62% delle aziende stia allocando maggiori risorse alle iniziative di sicurezza mobile rispetto agli anni precedenti: è una questione che deve essere affrontata con

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Argomento: Economia / Finanza 4pag.

urgenza, dato il forte aumento di attacchi mobile che ci si aspetta nel corso del prossimo anno”.  Michael Shaulov, ?head of products, mobile and cloud security di Check Point ha aggiunto: “I dati dell’indagine indicano che esiste il rischio concreto che le aziende subiscano una violazione della sicurezza mobile. Solo il 38% utilizza una soluzione di sicurezza mobile per proteggere i dispositivi e i dati su di essi contenuti contro gli attacchi, nonostante la crescita delle minacce mobile e gli elevati costi che derivano da una violazione della sicurezza tramite i dispositivi mobile. Dal momento che l’uso dei dispositivi mobile è sempre più diffuso nelle aziende di oggi, queste devono proteggerli tutti -sia quelli di proprietà sia quelli BYOD- con una soluzione olistica che blocca i malware e gli attacchi di rete, e che previene la perdita di dati e il furto di credenziali, senza influire sull’esperienza dell’utente”.  Il report dell’indagine di Dimensional Research è disponibile per il download al seguente link.

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Data:

12/05/17Corriere della Sera.it (ed. Nazionale)Antitrust, multa da tre milioni a WhatsApp: «Obbliga a condividere i dati con Facebook»

Argomento:Privacy 5p.

Antitrust, multa da tre milioni a WhatsApp: «Obbliga a condividere i dati con Facebook»

l’app di messaggistica Milano, 12 maggio 2017 - 13:22 Antitrust, multa da tre milioni a WhatsApp: utenti obbligati a condividere i dati con Facebook Chiusa l’istruttoria avviata a ottobre: sanzione milionaria all’app di messaggistica acquisita da Zuckerberg nel 2014: ha indotto ad accettare i nuovi termini di utilizzo di Michela Rovelli di A-A+ shadow Stampa Ascolta Email L’annuncio è arrivato a fine agosto: con un post sul blog ufficiale WhatsApp ha spiegato ai suoi utenti i nuovi termini di utilizzo. Che introducevano un’importante - e inquietante - novità: la messa in condivisione dei dati raccolti sulla piattaforma di messaggistica con il «fratello maggiore» Facebook. L’app, acquisita da Zuckerberg nel 2014 per 19 miliardi di dollari, sarebbe diventata quindi un collettore di dati fondamentale per il social network, che avrebbe potuto sfruttare interessi e interazioni mostrate delle persone nelle loro chat per ottimizzare l’offerta pubblicitaria in bacheca. Una scelta che in Europa in particolare non è andata a genio. Tanto che la società è stata obbligata a fare marcia indietro poco dopo, a metà novembre. Viste le pressioni da parte delle autorità garanti di molti Stati. Con tanto di lettera aperta firmata da 28 Stati e inviata al Ceo Jan Koum per chiederne la - poi concessa - sospensione. In Italia a ottobre l’Antitrust aveva però avviato due istruttorie. Ed eccone il risultato: forzare gli utenti di WhatsApp a condividere i propri dati con Facebook costa a Menlo Park una multa da tre milioni di euro. Utenti indotti ad accettare i termini di utilizzo Le istruttorie, quindi, sono due. Ed entrambe sono state aperte per capire se WhatsApp avesse violato il Codice di Consumo. Nel primo procedimento è stato «accertato che la società ha indotto gli utenti di WhatsApp Messenger ad accettare la condivisione dei propri dati con Facebook, facendo loro credere che sarebbe stato, altrimenti, impossibile proseguire nell’uso dell’applicazione», si legge nel comunicato. Bollino nero anche per la formulazione dei Termini di Utilizzo introdotti ad agosto, le cui disposizioni sono state giudicate «vessatorie». Il tesoro di un’app usata da più di un miliardo di persone Quando Zuckerberg aveva comprato la promettente startup aveva assicurato che le due piattaforme sarebbero rimaste separate. Nei primi due anni, il gruppo di Menlo Park si è concentrato sulla crescita dell’utenza. Raggiunti numeri stellari - su WhatsApp chatta più di un miliardo di persone - si è passati alla fase due. Con un nuovo obiettivo. Ecco allora che la modifica dell’informativa sulla privacy — e quindi dei termini di utilizzo - di agosto permetteva il passaggio di utili informazioni per la pubblicità (che però non gira sull’app) al fratello maggiore Facebook, che invece con l’advertisement lavora volentieri. Ad accompagnarla, un secondo annuncio: le aziende erano invitate a sfruttare la chat per comunicare con i loro clienti. Due lati della stessa medaglia: rendere remunerativo il tesoro nascosto all’interno della piattaforma di messaggistica. 12 maggio 2017 (modifica il 12 maggio 2017 | 13:52) © RIPRODUZIONE RISERVATA SEGUI CORRIERE SU FACEBOOK