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La corretta informazione al Paziente delrischio/beneficio nell’uso medico delle

Radiazioni:dalla comunicazione del dato dosimetrico

alle stime degli effetti sulla salute

FEDERAZIONE ITALIANA RICERCHE SULLE RADIAZIONI

Sala del CarroccioPalazzo Senatorio del Campidoglio

Roma, 3 dicembre 2013

RADIAZIONIBIOLOGIA, CLINICA E RADIOPROTEZIONE

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Programma

8.30 Apertura dei Lavori e Saluto Autorità

9.00 Introduzione ai LavoriDonatella Tirindelli Danesi (Presidente FIRR )Raffaele De Vita (Segretario FIRR )

9.30 La (s)corretta informazioneDonatella Tirindelli Danesi (FIRR )

Moderatori: Carmela Marino (SIRR), Giorgio Trenta (AIRM)

9.50 Cosa è il rischioRoberto Moccaldi (AIRM)

10.10 La dose al pazienteAlessandro Lazzari (AIFM)

Moderatori: Roberto Orecchia (AIRB), Francesco Schillirò (SIRM)

10.30 Giustificare, ottimizzare e regolamentare

RadiodiagnosticaAndrea Magistrelli (SIRM)

Medicina NucleareMassimo Salvatori (AIMN)

11.10 Comunicare il rischioMarie Claire Cantone (AIRP)

La corretta informazione al Paziente delrischio/beneficio nell’uso medico delle Radiazioni:dalla comunicazione del dato dosimetrico alle stime

degli effetti sulla salute

FEDERAZIONE ITALIANA RICERCHE SULLE RADIAZIONI

Sala del CarroccioPalazzo Senatorio del Campidoglio

Roma, 3 dicembre 2013

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11.30 TAVOLA ROTONDARadiazioni e società: istruzioni per l’uso

Moderatori: Donatella Tirindelli Danesi (FIRR), Raffaele De Vita (FIRR)

Coordinatore: Elisa Manacorda (Direttore di Galileo)

Partecipano: Ministro della Salute o suo Delegato; Presidenti delle Società Federate;Vice-Segretario Nazionale FIMMG: Silvestro Scotti; ASSIMEFAC e WONCA Italia:Ernesto Mola; Presidente Corte di Giustizia Popolare per il Diritto alla Salute: Giusep-pe Pozzi; SIEDP: Carla Bizzarri; Presidente AMD: Elda Turco Bulgherini; PresidenteATTA: Paola Polano.

13.30 – 14.30 discussione e conclusioni

Con il PatrocinioAgenzia nazionale per le nuove tecnologie,l’energia e lo sviluppo economico sostenibile

Istituto Superiore di Sanità

Consiglio Nazionale delle Ricerche

Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

Roma Capitale

Consiglio Direttivo FIRRD. Tirindelli Danesi (Presidente), R. De Vita (Segretario/Tesoriere), L. Begnozzi,A. Lazzari (AIFM), O. Geatti, M. Chianelli (AIMN), R.Orecchia, A. Morganti (AIRB),G. Trenta, R. Moccaldi (AIRM), M.C. Cantone, A. Giovanetti (AIRP), F. Schillirò,

L. Brunese (SIRM), C. Marino (SIRR)

Comitato Organizzativo FIRRR. De Vita (FIRR), M. Pacilio (AIFM), M. Chianelli (AIMN), A. Morganti (AIRB),

R. Moccaldi (AIRM), A. Giovanetti (AIRP), A. Magistrelli (SIRM), A. Campa (SIRR)

Informazioni generaliIl Workshop, è a numero chiuso e senza quota d’iscrizione

ed è accreditato ECM con la collaborazione di AIFM (Provider Nazionale n. 416)Crediti formativi ECM n° 5

Fisico, Medico, Tecnico Sanitario di Radiologia Medica

Segreteria Scientifica e Organizzativa FIRRFederazione Italiana Ricerche sulle Radiazioni

associazione senza fini di lucroc/o Unità Biologia delle Radiazioni e Salute dell’Uomo

ENEA - Centro Ricerche Casaccia s.p. 016 - Via Anguillarese 301 - 00123 RomaTel.: 06 30484671 – Fax: 06 30484891

e-mail: [email protected] - http://biotec.casaccia.enea.it/firr/

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INDICE

LA (S)CORRETTA INFORMAZIONEDonatella Tirindelli Danesi

COS’È IL RISCHIORoberto Moccaldi

LA CORRETTA INFORMAZIONE AL PAZIENTE DEL RISCHIO/BENEFICIONELL’USO MEDICO DELLE RADIAZIONI: DALLA COMUNICAZIONE DELDATO DOSIMETRICO ALLE STIME DEGLI EFFETTI SULLA SALUTEAlessandro Lazzari

GIUSTIFICARE, OTTIMIZZARE E REGOLAMENTARE: RADIODIAGNOSTICAAndrea Magistrelli, Francesco Schillirò

COMUNICARE IL RISCHIOMarie Claire Cantone

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È noto, ormai da lungo tempo, che le radiazioni ioniz-zanti utilizzate a scopo terapeutico ad alte dosi, posso-no essere associate ad effetti collaterali compresa l’in-duzione di tumori, la cui probabilità è accettata dalpaziente in considerazione dei potenziali benefici deri-vanti dalla cura della malattia.Le radiazioni utilizzate invece a scopo diagnostico, cioèa basse dosi, sono per lo più prive di effetti collaterali.La possibilità che possano svilupparsi conseguenze dirilievo clinico è ancora oggi incerta e oggetto di discus-sione tra gli esperti del settore. È noto, comunque, che laprobabilità che queste si manifestino è proporzionalealla dose totale ricevuta nel corso della vita e che variain relazione a numerosi fattori individuali.Secondo l’ipotesi della linearità senza soglia (LNT), tut-tora seguita in radioprotezione, ogni livello di dose com-porta un rischio costante per unità di dose e additivo, chepuò solo aumentare con l’aumento della dose, mentre levariabili biologiche sono trascurabili rispetto alla dose.I progressi nel campo della biologia cellulare e mole-colare e l’applicazione di nuovi metodi statistici suidati epidemiologici hanno permesso una valutazionedegli effetti delle basse dosi ed evidenziato una rela-zione dose-effetto non lineare.Secondo il dogma alla base del modello LNT, il dannoda radiazioni è dovuto all’energia depositata nel nucleocellulare: targeted effect (danno diretto) e effetti indot-ti dalle basse dosi sono stati estrapolati da quelli osser-vati per le alte dosi sui sopravvissuti alle bombe ato-miche.Studi recenti hanno dimostrato, invece, un danno gene-tico in assenza di interazione diretta radiazioni-nucleo:non targeted effect (danno indiretto), mentre altri studievidenziano come l’esposizione a basse dosi sia pro-tettivo e diminuisca gli effetti di una successiva dosepiù alta (risposta adattativa, ormesi).Di conseguenza, e’stata messa in dubbio la validità del-l’ipotesi LNT per le basse dosi di radiazioni ionizzanti(<0,1 Gy), in quanto i meccanismi di difesa sonomodulati dalla dose e per le basse dosi l’ipotesi LNTnon sarebbe applicabile. I segnali di danno al DNA,l’attivazione dei chekpoint del ciclo cellulare, la ripa-razione del danno al DNA, l’espressione di geni e pro-teine coinvolti nella risposta alle radiazioni, l’apoptosie la trasformazione cellulare differiscono qualitativa-mente e quantitativamente alle dosi alte o basse di

esposizione alle radiazioni e molti studi animali ed epi-demiologici supportano questa conclusione.Nonostante, quindi, ci siano argomenti contro tale ipo-tesi, le evidenze scientifiche non sono state ancora suf-ficienti per cambiare la regolamentazione. La decisionedegli organismi regolatori in radioprotezione finora èstata quella di mantenere il modello LNT, tenendo contodella qualità delle radiazioni e raccomandando di incre-mentare le ricerche su dosi adattative e danni indiretti.La crescente innovazione e complessità delle tecnicheradiologiche e medico nucleari sta portando molti van-taggi diagnostici e terapeutici per i pazienti, ma inevita-bilmente anche la necessità di avere delle informazionida fonte competente per la valutazione di aspetti, comel'efficacia della tecnica e il rapporto rischi/benefici.Per confrontare i rischi per irradiazione di parte delcorpo e del corpo intero per le dosi utilizzate in radio-diagnostica e medicina nucleare, viene utilizzata unagrandezza chiamata dose efficace espressa in sievert(Sv) o millisievert (mSv).In realtà, la dose efficace non tiene conto delle diffe-renze demografiche, di genere, età e delle variazioni neltempo del fattore peso e si presta a facili trasposizionisui rischi nonostante l’incertezza sulla relazione dose-effetto a valori bassi di dose.Ad oggi, quindi, non ci sono indicazioni univoche su qualedato dosimetrico registrare e/o trasmettere al paziente.In questo contesto scientifico, chi e come deve comuni-care al paziente in maniera corretta il rischio/beneficionell’impiego medico delle radiazioni?Negli ultimi anni sono stati resi disponibili su internetnumerosi siti di informazione (*), accessibili al pubbli-co, sulla dose e sul rischio da radiazioni basati su noti-zie in alcuni casi corrette e serie, in altri casi fuorviantie fonti di errore.(*) TABELLA

NIA, National Imaging Associated, inc.http://www.radiationcalculator.comTidal Pool Software, Radiation Passport 2.1Radiorisk, CNRUCSD Radiation Risk Calculator,https://ehs.ucsd.edu/Radiation_Risk/Duke University Medical Center Radiation SafetyCommittee, http://www.safety.duke.eduStanford Dosimetry, LLC, www.doseinforadar.com/RADARDoseRiskCalc.htmlX-ray Risk, www.xrayrisk.comU.S. Environmental Protection Agency, Calculate YourRadiation Dose

LA (S)CORRETTA INFORMAZIONEDonatella Tirindelli Danesi

Presidente FIRR-Romae-mail: [email protected]

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Nel contempo, è stato evidenziato il basso grado diconsapevolezza dei medici italiani e di conseguenzadegli stessi pazienti in merito al rischio da radiazioniionizzanti nelle indagini radiologiche, evidenziando lanecessità di campagne di formazione e informazione,anche in previsione del futuro recepimento della Diret-tiva europea relativa agli standard di sicurezza per laprotezione contro i rischi derivanti dall’esposizionealle radiazioni ionizzanti, le modalità di registrazionedella dose somministrata a seguito dell’esecuzione diuna procedura radiologica e di informazione dell’even-tuale rischio ad essa associato per quanto riguarda sia ipazienti, sia i medici di famiglia.Anche a seguito della Tavola Rotonda organizzata al termi-ne delle relazioni degli esperti, sono emerse criticità e pos-sibili indicazioni sulla comunicazione medico-paziente.Tra le criticità, sono emerse le difficoltà di tipo orga-nizzativo, ovvero quelle di realizzare una codificachiara e inequivocabile su chi, come, dove e quandodeve effettuare l’informazione del rischio al qualepotrebbe essere esposto l’utente-cittadino.Si è discusso sul tema dell’appropriatezza prescrittiva,cioè sulla necessità di tenere conto dei criteri sopra-menzionati di giustificazione e ottimizzazione ognivolta che venga prescritta un’indagine che prevedel’utilizzo delle radiazioni, ed è stato evidenziato comespesso la cosiddetta ”medicina difensiva” stia oggidiventando una delle cause responsabili dell’eccessivarichiesta di esami radiodiagnostici.Occorrerebbe, quindi, cercare di utilizzare un filtro amonte, ovvero al momento della richiesta di esami dia-gnostici e, al momento dell’esame, riaffermare l’im-portanza del “buon uso” del consenso informato, spes-so visto solo come una noiosa procedura cartacea, chepuò essere per esempio un modo d’informazione effi-cace e allo stesso tempo anche una proposta di “consu-mo responsabile” dell’indagine.Quando il professionista prescrive un esame deve con-siderare il grado di esposizione alle radiazioni prece-denti del paziente per scopi diagnostici e non diagno-stici almeno negli ultimi 5 anni e informare corretta-mente il paziente.Compito delle società scientifiche è quello di mettere adisposizione dei cittadini i dati attualmente disponibilisull’argomento, esposti in modo pratico ed efficace, disemplice comprensione, e segnalare la presenza difonti di informazioni inesatte, non corredate da basi edati scientifici condivisi.Vista la complessità e la difficile comprensione (ancheda un punto della terminologia adottata) dei concetti inmateria di radioprotezione, per far sì che l’informazio-ne raggiunga i cittadini, devono essere promosse ade-guate “campagne di informazione” sulla popolazionesugli eventuali rischi provocati da esami inappropriata-mente richiesti, talvolta pretesi, ed eseguiti.

Sono stati definiti parametri di valutazione del rischioradiologico, utilizzati in tabelle che indicano l’equiva-lenza di alcuni esami radiologici con la radiografiastandard del torace, con l’esposizione alle radiazioniambientali, con il numero di voli aerei transcontinenta-li fino al confronto con il disastro di Chernobyl.Le tabelle, le schede o comunque gli strumenti infor-matici di calcolo interattivo devono essere letti con lavalutazione di un professionista, in quanto l’improvvi-sazione può comunque generare o sottostima o sovra-stima dei problemi.L'utente deve sapere che non esiste un dato certo sulrischio individuale di induzione di tumore alle bassedosi, che il modello dell'assenza di soglia del rischionon può essere semplicisticamente applicato in questicasi e che in ogni caso la prestazione sanitaria va sot-toposta all'analisi rischio-beneficio.Per ridurre i rischi connessi alle esposizioni in campomedico, ormai da diverso tempo, sono stati introdotti icriteri di giustificazione, cioè prestare la massimaattenzione nel valutare la necessità di eseguire l’esameradiologico, e ottimizzazione, cioè assicurare che leinformazioni prodotte siano ottenute con la dose piùbassa possibile di radiazioni compatibilmente con leesigenze diagnostiche. La Società Italiana di Radiolo-gia Medica (SIRM) ha pubblicato le linee guida per ilcorretto utilizzo delle radiazioni nella diagnostica.La Federazione Italiana Ricerche sulle Radiazioni(FIRR), in virtù delle competenze multidisciplinariproprie delle 7 Associazioni Scientifiche federate, ope-ranti nel campo della ricerca e dell’impiego clinicodelle radiazioni, ha voluto richiamare l’attenzione delleistituzioni, dei media e della pubblica opinione sullanecessità di indicare delle corrette modalità di infor-mazione sugli effetti delle radiazioni ionizzanti e suipotenziali rischi legati alla esposizione alle radiazioniper indagini diagnostiche.Di questo si è discusso nel corso del IV workshop interdi-sciplinare, promosso dalla FIRR: La corretta informazioneal Paziente del rischio/beneficio nell’ uso Medico delleRadiazioni: dalla comunicazione del dato dosimetrico allestime degli effetti sulla salute, tenutosi a Roma, nella saladel Carroccio, in Campidoglio, il 3 Dicembre 2013.I relatori invitati, provenienti da molteplici disciplinescientifiche, che con diverse funzioni operano nella filie-ra clinica e radioprotezionistica dell'utilizzo delle radia-zioni ionizzanti, hanno affrontato i diversi temi legati allacorretta definizione del rischio, della determinazionedella dose, dei criteri di giustificazione, ottimizzazione eregolamentazione delle indagini radiologiche e, soprat-tutto, quello del modo di comunicazione che sia il piùintegrato possibile per trasmettere le informazioni daqueste diverse professionalità verso gli utenti/pazienti.La comunicazione al paziente/utente del rischio alledosi molto basse di radiazioni, quali quelle impiegatein radiodiagnostica, non può essere demandata a sitiweb fai da te che possono creare falsi allarmismi.

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COS’È IL RISCHIORoberto Moccaldi(CNR-Roma) (AIRM)

e-mail: [email protected]

Poiché si parla di rischio spesso, e qualche volta inmodo improprio, prima di affrontare l’analisi delrischio derivante dalla esposizione alle radiazioni ioniz-zanti a basse dosi è necessario iniziare definendomeglio il termine “rischio”.Il rischio è un concetto probabilistico, ed esprime laprobabilità di accadimento, espressa in %, di un certoevento capace di causare un danno. La nozione dirischio implica l’esistenza di una sorgente di pericolo edella possibilità che essa si trasformi in un danno, nelnostro caso di un effetto sanitario avverso. È necessarioricordare che il pericolo è la capacità intrinseca di unasorgente di determinare un effetto dannoso, che per rea-lizzarsi deve però trovare le condizioni adatte, prima fratutte l’interazione tra sorgente del pericolo (ad esempiole radiazioni) e il “bersaglio” (ad esempio una persona).E’ ovvio che in mancanza di questa interazione, ildanno non si verificherà (un esempio si può vederenella figura 1).

Quindi, per classificare un agente come “pericoloso”, ènecessario caratterizzare la sua capacità lesiva, cioèdimostrare un chiaro nesso causale tra lo stesso e l’ef-fetto osservato. Questo passaggio è molto critico per-ché non sempre è facile evidenziarne l’esistenza equantificarne l’entità. Per standardizzare e renderequindi universale il processo di individuazione delnesso di causa, vengono utilizzati ( o quantomenodovrebbero esserlo) i criteri codificati da sir BradfordHill negli anni ‘50 del ‘900), di seguito elencati:

La prova della esistenza del nesso di causa passa quin-di attraverso la verifica di tutti i criteri elencati, o alme-no dei principali. Alcuni di questi, infatti, rappresenta-no condizioni senza le quali il nesso non può esseredimostrato; in particolare la forza e la consistenza del-l’associazione, il gradiente biologico, la plausibilitàbiologica e l’evidenza sperimentale rappresentanopunti cardine di ogni processo di correlazione tra unacausa ipotizzata ed un effetto osservato, al fine di defi-nire l’agente in studio come “pericoloso” e per il qualepuò essere quindi misurato un “rischio”.Per verificare l’esistenza di alcuni di questi criteri unvalidissimo strumento è rappresentato dall’epidemiolo-gia, che come noto è lo studio della distribuzione dellemalattie e dei loro determinanti nella popolazione

Figura 1: Pericolo presente (il peso che può schiacciare) marischio di accadimento basso o nullo (dipende dalla robustez-za del sedile….)

Hill Criteria for Causality

• Strenght - la forza dell’associazione,espressa come eccesso di rischio:rischio relativo

• Consistency - ripetute osservazioni indifferenti circostanze, in tempi diversida parte di differenti osservatori

• Specificity - ciascun effetto ha una sin-gola causa: rischio specifico. La malat-tia non è multifattoriale

• Temporality - la causa precede l’effetto eagisce entro un noto periodo di induzio-ne: non è un semplice “post hoc ergopropter hoc”

• Biological Gradient - l’effetto si verificaentro i parametri della relazionedose/effetto

• Plausibility - l’ipotesi causale è conforta-ta dai noti meccanismi etiopatogenetici

• Coherence - coerenza con altri datiscientifici

• Experiment - evidenza sperimentale suanimale o in base a studi osservaziona-li (di tipo epidemiologico)

• Analogy - notorietà di effetti simili causa-ti da fattori che agiscono nello stessomodo

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umana. Attraverso studi di questo tipo riusciamo infat-ti a correlare due variabili in senso potenzialmente cau-sale quantificando, in modo scientifico la forza dell’as-sociazione, la relazione dose/effetto, la consistenza,l’evidenza sperimentale di tipo osservazionale.Nel caso degli effetti cancerogeni delle radiazioniionizzanti, i dati derivanti dall’osservazione di coortiesposte, a partire dai sopravvissuti giapponesi, hannopermesso di stabilire una chiara correlazione esposizio-ne/effetto tra le dosi e le grandezze epidemiologicheche definiscono il rischio (RR, ERR, ERA) per dosimedio alte (Gy). Nell’ambito delle dosi più basse, del-l’ordine dei 100 mSv o inferiori, a causa della inciden-za naturale dei tumori anche nelle popolazioni nonesposte, non è invece possibile apprezzare differenzestatisticamente significative tra le coorti esposte ed icontrolli, e quindi confermare, anche a questi livelli diesposizione, quanto osservato a dosi maggiori.I motivi di tale assenza di evidenza, comune a tutti glistudi di correlazione causa/effetto per effetti canceroge-ni alle basse dosi, sono molteplici e sono riconducibili,di norma, sia alla presenza di confondenti (bias) chedeterminano le “distorsioni” dello studio dalla realtà,sia, stante la bassa incidenza numerica del fenomenotumore nelle popolazioni esposte, alla potenza statisti-ca degli stessi studi.Senza entrare nel merito del problema, è però interes-sante segnalare che la potenza dipende, oltre che dalledosi in gioco e dal periodo di latenza dell’effetto, dalnumero dei casi necessari per rilevare un significativoincremento della mortalità per neoplasia in funzionedella dose. Alle basse dosi (< di 100 mSv) sarebbeinfatti necessario un elevatissimo numero di esposti econseguentemente di casi (neoplasie), come si eviden-zia nella fig.2, per poter avere una adeguata risposta intermini di significatività dello studio.

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Figura 3: Numero di morti per leucemia in eccesso per 100morti attese tra I sopravvissuti giapponesi della esplosioneatomica(1950-1990) in funzione della dose. (IC 95%) (Cohen2002, da Pierce et al Radiat Res 1996;146:1 -27).

Figura 4: Rischio Relativo di mortalità per cancro polmonarein funzione della dose (IC 95%). Esposizione a basso rateo didose nello studio di coorte canadese per fluoroscopia (Cana-dian fluoroscopy cohort study) Cohen 2002,da Howe GRRadiat Res 1995; 142:295 -304 e da Davis HG et al. CancerRes 1989;49:6130 -6136

Figura 2: Dimensione della coorte, esposta a differenti dosi diradiazioni, che sarebbe necessaria per evidenziare un significa-tivo incremento della mortalità per cancro in quella coorte, con-siderando un follow-up per tutta la durata della vita.National Research Council (1995) Radiation Dose Recon-struction for Epidemiologic Uses (Natl. Acad. Press, Washin-gton, DC).

(ICRP 103/2007). Ciononostante diverse ipotesi, varia-mente supportate, sono state formulate per descriverel’andamento (ipotetico) del rischio alle basse dosi, indi-viduando da taluni una soglia, oppure ipotizzando effet-ti sottolineari o, meno frequentemente, sopralinearisulla base di studi sperimentali o di analisi molto detta-gliate degli studi epidemiologici a disposizione (comead esempio quelli illustrati nelle fig. 3 e 4).

La domanda quindi su che cosa accade in termini epi-demiologici alle basse dosi è destinata a rimanere senzarisposta, per mancanza di dati sui quali effettuare lenecessarie inferenze, come affermato anche da ICRP

Sebbene non abbiamo e non avremo certezze suglieffetti epidemiologici alle basse dosi, rimane comun-que il problema di come gestire il rischio in questoambito di esposizione. E questo perché le radiazioni,

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oltre ai rischi indicati, hanno dato prova di poter appor-tare un rilevante beneficio all’uomo (in termini sanitarima anche energetici). La società ha quindi deciso di uti-lizzare le radiazioni perché ha verificato che apportanoun beneficio, e conseguentemente ha deciso di accettar-ne il rischio correlato.Ricordando che esiste un rischio per ogni attivitàumana, in questi casi (agente benefico ma anche peri-coloso) è necessario definire un quadro concettuale edoperativo che permetta di gestire l’agente in modooggettivo, minimizzando il rischio e traendo il massimovantaggio dal suo utilizzo. Questo sistema, elaborato insede internazionale dalla ICRP, è chiamato “Sistema diprotezione radiologica”: per poter essere applicato,deve basarsi su un modello interpretativo delle poten-ziali conseguenze dannose che permetta di quantificareil rischio e quindi di effettuare le valutazioni di giusti-ficazione, ottimizzazione, limitazione.Questo è il motivo per il quale la ICRP, sulla base delleindicazioni cliniche, epidemiologiche e sperimentali adisposizione, ha scelto di adottare il modello basatosulla ipotesi lineare senza soglia (LNT), che deve esse-re utilizzato, come ribadito chiaramente nella pubblica-zione 103/2007, per le finalità della radioprotezione (digestione del rischio).Attraverso questo modello, infatti, è possibile costruirei necessari calcoli che, attraverso complesse valutazio-ni che partono dalle incidenze delle patologie osserva-te nelle serie epidemiologiche, opportunamente media-te e proiettate sulle altre popolazioni, con l’aggiuntadegli indicatori di mortalità e di qualità della vita, per-mettono di calcolare i valori quantitativi di una nuovagrandezza, definita dalla ICRP “detrimento complessi-vo derivante dall’esposizione” (e non “casi di tumore”,come erroneamente si ritiene), utilizzata nelle stime dirischio.È evidente la complessità del sistema, così come è evi-dente che ogni altra applicazione del modello, e deicoefficienti di rischio che da questo modello derivano,debba essere considerata scorretta. A questo proposito,in relazione all’assunto che l’andamento del rischio allebassi dosi indicato come lineare è un’ipotesi poiché idati scientifici a disposizione (oggi ed in futuro) non cipermettono di calcolare quello reale, nella pubblicazio-ne 103/2007 si afferma che:….la Commissione giudicache non è appropriato, ai fini delle programmazioni disanità pubblica, calcolare il numero ipotetico di casi dicancro o di malattie ereditarie che potrebbero essereassociati con dosi molto piccole di radiazioni ricevuteda un gran numero di persone durante periodi di tempomolto lunghi”.Nonostante quindi appaia molto chiaro all’ICRP (e achi ne legge le pubblicazioni) il significato del modellodi rischio basato sulla LNT, assistiamo in questi ultimitempi ad un crescente utilizzo del modello e dei relati-vi coefficienti di rischio per stimare (spesso con finali-tà allarmistiche) i casi di neoplasia derivanti da esposi-zioni a bassissime dosi. Ad esempio, alcuni studiosihanno recentemente pubblicato le loro valutazioni, conechi anche nella stampa non specializzata, nelle quali,sulla base dei modelli ICRP, viene indicato il numerodei casi di neoplasia attesi a seguito della esecuzione di

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esami CT negli USA (Berrington del Gonzalez A, et al:Projected Cancer Risks from Computed TomographicScans Performed in the USA in 2007, Arch Int Med2009; 169(22): 2071-77. Smith Bindman R. et al:Radiation Dose Associated With Common ComputedTomography Examinations And The Associated Lifeti-me Attributable Risk Of Cancer. Arch Int Med 2009;169(22): 2078-86). E’ chiaro che tali numeri, rapporta-ti a tutta la popolazione americana, raggiungono entitàrilevanti, tali da attirare l’attenzione dei medici, deimass media e della popolazione sul tema del rischio(ancora una volta ipotetico perché calcolato sulla basedi un modello concepito per altre finalità), distraendolainvece dai benefici evidenti e reali che le metodicheradiologiche hanno apportato ed apportano alle popola-zioni mondiali.E’ necessario infine sottolineare che questi studi impie-gano, per i loro calcoli, una grandezza utilizzata in pas-sato e definita “dose collettiva” che, sinteticamente,rappresenta la somma delle dosi assorbite da ciascuncomponente della popolazione studiata e che, moltipli-cata per i coefficienti di rischio, conduce i citati ricer-catori alla individuazione dei “casi” di tumore attesinella stessa popolazione.Sebbene, come detto, questa grandezza sia stata utiliz-zata in passato anche da diversi organismi internazio-nali, oggi la stessa ICRP afferma che: “….la grandezzadose efficace collettiva è uno strumento per l'ottimizza-zione, per confrontare tecnologie radiologiche e proce-dure di protezione, principalmente nel contesto del-l’esposizione lavorativa. La dose efficace collettiva nonè da intendersi come uno strumento per la valutazionedel rischio in studi epidemiologici, né è appropriatoutilizzarla nelle proiezioni di rischio. E’ inappropriatosommare dosi individuali molto basse per periodi ditempo prolungati, ed in particolare è da evitarsi il cal-colo del numero di morti da tumore basato sulle dosiefficaci collettive dovute a dosi individuali irrilevan-ti”(ICRP103/2007).Chiarito quindi come non si deve usare il modello,rimane da indicare invece quale uso corretto deve esse-re fatto della LNT e dei coefficienti di rischio derivati.È stato detto che il modello deve essere utilizzato peruna valutazione dei costi in termini sanitari (ipoteticodanno da radiazioni) quando si vuole effettuare unacomparazione costi-benefici (giustificazione). Prendia-mo, ad esempio, il caso dello screening mammograficoper la diagnosi precoce della neoplasia mammaria. Inquesto caso è possibile, sulla base della incidenza dellaneoplasia nella popolazione femminile, divisa per fascedi età, mettere a confronto i benefici dell’esame (nume-ro di casi diagnosticati in fase precoce) con i costi sani-tari (derivati dal modello) ed economici derivanti dal-l’applicazione dello screening alla popolazione genera-le. Senza entrare nel dettaglio dei calcoli, una sempliceanalisi quantitativa ci permette di affermare che il bene-ficio sanitario derivante dallo screening può essere cal-colato superiore a 60-100 volte il rischio derivante dallacorrispondente esposizione a radiazioni ionizzanti.A margine, è opportuno anche notare che, se fosse veroquanto ipotizzato dagli studi citati, oggi dovremmoosservare, a seguito dell’aumento delle esposizioni per

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In conclusione, ricordando che un’altra importanteapplicazione del modello LNT (e dei i relativi coeffi-cienti) è quella del calcolo, sulla base del concetto di“rischio accettabile”, dei valori dei limiti di dose diesposizione per la popolazione e per i lavoratori, sivuole sottolineare che la valutazione del rischio daradiazioni ionizzanti ha raggiunto negli ultimi decennilivelli molto avanzati, non paragonabili a nessuno deglialtri fattori di rischio presenti, ad esempio, negliambienti di lavoro.Tali valutazioni permettono di avere gli elementi neces-sari per utilizzare e gestire un agente che presenta sia

dei vantaggi (sanitari,energetici, tecnologi-ci) sia anche deirischi per la salute.L’utilizzo del model-lo basato sulla LNT,s c i e n t i f i c amen t eplausibile ma nondimostrabile allebasse dosi, è quindimirato a queste fina-lità (gestione delrischio alle bassedosi), come chiara-mente indicato dallaCommissione ICRP:“La Commissioneritiene che continua-

re ad applicare il modello LNT…, fornisca una baseprudente per gli scopi pratici della radioprotezione,cioè la gestione in fase preventiva dei rischi da esposi-zione a basse dosi di radiazioni.” (ICRP 103). È evi-dente, quindi, che altri utilizzi esulano dai principi chehanno condotto alla sua elaborazione.

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motivi medici negli ultimi 50 anni, un conseguenteaumento dell’incidenza di casi di neoplasia mortalenella popolazione. In particolare, visto l’aumento degliesami mammografici negli ultimi decenni, dovremmoosservare un aumento dei casi mortali di questo tumo-re. Ebbene, se analizziamo i dati di incidenza e morta-lità relativi a tale patologia nella popolazione america-na (fig. 5) osserviamo come sia certamente aumentatal’incidenza (evidentemente legata alla migliore capaci-tà diagnostica anche negli stadi precoci) per tutte le età,ma di contro come sia diminuita (per gli stessi motivi)la mortalità legata al tumore mammario, “beneficio”

Figura 5: Tassi d’incidenza e mortalità del ca mammario fem-minile per età negli USA1975 – 2008 - CAVol 61, N. 6, Nov-Dic 2011

questo derivante dalla diffusa esecuzione dello scree-ning sulla popolazione.

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“LA CORRETTA INFORMAZIONE AL PAZIENTE DELRISCHIO/BENEFICIO NELL’USO MEDICO DELLE

RADIAZIONI:DALLA COMUNICAZIONE DEL DATO DOSIMETRICO

ALLE STIME DEGLI EFFETTI SULLA SALUTE”Alessandro Lazzari

Direttore S.C. Fisica Sanitaria dell’USL2-Luccae-mail: [email protected]

LA DOSE AL PAZIENTENon è sempre chiaro di cosa si parla quando l’argo-mento è “la dose al paziente” in tema di radiazioniionizzanti. Il termine stesso “dose” richiama general-mente la quantità di un farmaco da somministrare o daassumere come rimedio per una malattia. É facile, quin-di, travisarne il senso perché da un significato letteraledi quantità farmacologica occorre passare invece a unagrandezza fisica che serve per misurare le radiazioni,ovvero un dato numerico che esprime la misura di talegrandezza. Per chi poi si inoltra nel campo specifico, sitrova di fronte a ulteriori difficoltà per l’esistenza didiverse grandezze dosimetriche con definizioni scienti-fiche molto articolate e ostiche non solo per il grandepubblico ma sovente anche per i professionisti sanitariesterni alla cerchia degli specialisti del ramo. Semplifi-cando quindi tutto, e per rendere possibile una com-prensione dei termini, con l’espressione “la dose alpaziente” si intende genericamente l’entità della radia-zione impartita a un paziente nel corso di una indaginediagnostica o una terapia in ambito radiologico.

Limitazioni nell’uso della dose efficaceLa grandezza dosimetrica che si sta affermando in unasorta di semplificazione della complessità è “la doseefficace” introdotta dalla Commissione Internazionaledi Protezione Radiologica (ICRP) come valore di rife-rimento per organizzare la radioprotezione dei lavora-tori e della popolazione.La sua definizione è comunque complessa perchérimanda ad altre grandezze. Infatti, la dose efficace E èuguale alla sommatoria dei valori di dose equivalenteassorbita nei vari tessuti del corpo moltiplicati per ilrispettivo valore di peso del tessuto irradiato e si misu-ra in “Sievert” (S). Come si vede c’è il riferimento adun’altra grandezza, la “dose equivalente” e questa a suavolta è legata alla “dose assorbita”. Esula da questoarticolo la trattazione analitica delle grandezze dosime-triche, basti comunque considerare che il valore di doseefficace è il risultato di calcoli derivati da misure effet-tuate da fisici medici di grandezze operative quali gliindici di dose, ricavati direttamente dall’esposizione

alla radiazioni. Per intendersi, la dose efficace non simisura ma si calcola a partire da altre misure.La normativa italiana sulla radioprotezione ha corretta-mente indicato la dose efficace come la grandezza diriferimento per i limiti di dose ai lavoratori esposti ealla popolazione. Dallo stretto campo della radioprote-zione per attività lavorative si è pensato di estendernel’uso anche per individuare il grado di esposizione deipazienti sottoposti ad esposizioni mediche, trascurandospesso tutta una serie di problematiche che ne limitanol’uso e la comprensione.Al riguardo, la pubblicazione ICRP 103 del 2007 hafornito chiarimenti molto precisi [1]. Viene sottolineatoche la dose efficace è molto utile per confrontare dosida differenti procedure diagnostiche, per confrontarel’uso di tecnologie e procedure simili in presidi sanita-ri diversi e di tecnologie differenti per lo stesso esame,a condizione che le popolazioni di pazienti siano similitra loro per età e sesso. Infatti, i fattori peso del tessutoche entrano nella determinazione della dose efficacesono individuati su di una persona di riferimento stan-dard mediata sui sessi. Di conseguenza, sempre la pub-blicazione ICRP103 afferma che la dose efficace nonfornisce la dose di un individuo specifico ma di una ge-nerica persona di riferimento e pertanto non può essereutilizzata per la valutazione della dose individuale. Inparticolare, per le valutazioni di probabilità di induzio-ne di tumori negli individui esposti sono da considera-re le dosi equivalenti agli organi specifici e non le dosiefficaci. Infine, si ricorda che “la valutazione e l’inter-pretazione della dose efficace derivante da esposizionemedica di pazienti è molto problematica quando gliorgani e i tessuti sono soggetti ad un’esposizione moltoeterogenea, come in particolare nel caso degli esamidiagnostici con raggi x”.Da quanto detto, se con “dose al paziente” ci si riferi-sce ad una particolare persona, l’uso della dose effica-ce è non solo fuorviante ma addirittura sbagliato. Se,invece, si considerano i confronti o i valori medi di unapopolazione, l’uso risulta appropriato.É, quindi, nell’ottica del confronto, per esempio, chevengono riportati i dati di dose efficace media rilevati

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avere una comunicazione della dose assorbita ed espri-me la legittima esigenza di conoscere quanto fatto sulproprio corpo.Il modo più semplice per affrontare l’argomento dellacomunicazione è quello di distinguere l’informazioneda dare al cittadino in genere ed in particolare alpaziente prima dell’esecuzione dell’esame e quello che,invece, va fatto al paziente dopo l’esame stesso.

Informazione genericaIn genere l’informazione che il cittadino deve averequando gli viene richiesto di sottoporsi ad un esame didiagnostica per immagini è quella di sapere che il bene-ficio sanitario atteso dall’esito dell’esame è significati-vamente maggiore della probabilità di danno ad essocorrelato. Deve anche conoscere in anticipo quali livel-li di esposizione sono previsti per quel tipo di esame inraffronto ad altri ed i relativi gradi di rischio. Si tratta

cioè di fornireun’informazioneelementare, chiarae semplice chetenga conto deilivelli di richiestadel paziente. Il rife-rimento alla dosesarà naturalmenteapprossimativo ede v e n t u a lm e n t ecomparativo conaltre metodiche.Autonomamente ilcittadino può rica-vare le informazio-ni da alcuni sitiweb che riportanodati e indicazionisufficientementechiare e accredita-te. Come esempi sisegnalano gli indi-

rizzi del sito dell’Agenzia Internazionale dell’EnergiaAtomica (IAEA) che contengono notizie per il pubbli-co e per i pazienti [4]. Altre informazioni possono esse-re rilevate anche dai siti di Image Wisely e di ImageGently con indicazioni rispettivamente per pazientiadulti e per pazienti pediatrici [5].In lingua italiana, poi, le informazioni possono esserericercate e richieste nel sito dell’Associazione Italianadi Fisica Medica (AIFM) nella sezione dedicata speci-ficatamente al pubblico “Il fisico medico risponde” [6].Altro tipo di informazione è quella che una persona puòricevere direttamente da un medico. Il medico di medi-cina generale, a cui il paziente si rivolge per primo, maanche lo specialista che lo sottopone all’esame, posso-no fornire i chiarimenti richiesti. Al riguardo si ricordala disponibilità di sussidi come il documento N°118Protezione dalle radiazioni, “Linee guida di riferimen-to per la diagnostica mediante immagini” pubblicatodalla Commissione Europea – Direzione Generale del-l’Ambiente nel 2000 [3]. Le linee guida riportano inuna tabella i valori medi di dose efficace riscontrati per

in ambito delle ricerca europea Dose Data Med 2 [2].Si tratta di uno studio, ancora inedito, sulle dosi deri-vanti da esposizioni mediche al fine di individuare unastima della dose alla popolazione europea. L’Italia hapartecipato a questa ricerca con un gruppo di lavorotenuto dall’Associazione Italiana di Fisica Medica(AIFM), elaborando i dati recepiti da cinque regioni(Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna,Toscana, Umbria) che hanno provveduto ad effettuarela valutazione delle dosi alla popolazione secondo ildettato dell’Art.12 del D.Lgs, 187/00. I dati medi rile-vati in Italia e quelli medi complessivi europei, con cuisi fa il confronto, sono stati presentati nel workshop inAtene il 24-26 aprile 2012 e contenuti nel Draft DDM2del Gennaio 2013. In figura 1 sono presentati i con-fronti di alcuni dati assieme a quelli indicati dal docu-mento 118 (2000) della C.E. [3].

Comunicare la dose al pazienteIl tema proposto sottende anche un ulteriore aspettoimportante, quello cioè di comunicare al paziente ladose a lui impartita nel corso dell’esame diagnostico.Per inquadrare la questione è interessante citare unafrase di Elena Bay, per anni presidente dell’AIDIA(Associazione di donne ingegneri e architetti): “Lefigure coinvolte nel controllo di qualità di una struttu-ra radiologica sono molte. Ma con tutti questi tecnicinessuno si preoccupa di segnalare al paziente la doseassorbita? O almeno di segnalarlo su un referto com-prensibile ai medici?”(Libera Università delle Donne,B.Fiore, 2006). La domanda riassume bene il sensodell’aspettativa dei cittadini ad essere informati od ad

Figura 1: Confronto dei valori di dose efficace per diversetipologie di esami diagnostici rilevati in occasione dello stu-dio DDM2 in Italia, in Europa e quelli riportati nella LG 118C.E.(2000).

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un esame del torace (unaproiezione) ed infine, nel-l’ultima colonna, c’è ilconfronto tra il numerodei giorni di esposizionealla radiazione di originenaturale con una esposi-zione pari a quella del-l’esame. La tabella, quin-di, riporta sia un valore di dose indicativo per l’esamesia il confronto di questo con un altro esame e con quel-lo con il fondo naturale.Da quanto detto risulta evidente che l’uso della tabella,

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come per quello di eventuali altre da fonti, va semprefatto tenendo presente che i valori proposti sono soloindicativi di una situazione generica e non vanno tra-smessi come dati certi per i singoli casi. Sono di conse-guenza utili solo per inquadrare correttamente il pro-blema, senza alcuna pretesa di essere precisi.Al modo approssimativo di procedere fa eccezione soloil caso di un esame diagnostico a donne in stato di gra-vidanza accertata o presunta. Il decreto legislativo del26 maggio 2000 n°187, in materia di protezione sanita-ria delle persone contro i pericoli dalle radiazioni ioniz-zanti connesse ad esposizioni mediche [7], affronta ilproblema richiedendo che lo specialista consideri atten-tamente la possibilità di procrastinare l’indagine nelcaso in cui la dose all’utero, dopo valutazioni dosime-triche ad hoc, possa risultare superiore a 1 mSv.

La comunicazione seguente all’esameIl quadro cambia decisamente se la comunicazione deldato viene fatta dopo l’esecuzione dell’esame. In questocaso non si può fare riferimento ad un dato di dose gene-rico, bensì di quello relativo all’esame specifico.Di tale orientamento è anche il Consiglio Europeo chenella nuovissima Direttiva 2013/59/Euratom [8] richiedeagli stati membri che provvedano affinché “l’informa-zione relativa all’esposizione del paziente faccia partedel referto della procedura medico-diagnostica”.Per rispondere adeguatamente al compito, occorre pre-vedere la risoluzione di due aspetti. Il primo è relativoal dato dosimetrico in quanto tale, alla modalità di rile-vamento e/o registrazione ed il secondo è legato allatrascrizione e interpretazione del dato.Per tutte le argomentazioni riportate in precedenza, èbene sottolineare che non va comunicato il valore didose efficace. Si può, invece, ricorrere agli “indici didose”, come quelli riportati in Tabella 1. Sono questegrandezze operative determinabili direttamente da undispositivo di misura collegato all’erogazione delleradiazioni della macchina radiologica o da una routinedi calcolo prevista dai programmi di elaborazione deiparametri selezionati nella stessa macchina. Il vantag-gio dell’uso degli indici di dose è che gli stessi si basa-no sulle radiazioni emesse dalla macchina e quindirisultano legati alla radiazione emessa dalla sorgente enon a quella assorbita dal paziente.Tabella 1: Indici dosimetrici per le diverse metodicheutilizzate in diagnostica per immagini.Figura 2: Tabella di dosi efficaci tipiche estratta dalle Linee

Guida CE 118 (2000).

alcuni esami diagnostici (fig 2). In essa sono presentatii rapporti di tali valori con quello della dose efficace per

In pratica, pur essendo dati dosimetrici relativi a quellospecifico esame non sono immediatamente utilizzabiliper finalità di rischio perché carenti delle informazioni

Tabella 1

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morfologiche relative al paziente stesso. In un certosenso si può dire che l’indice di dose è un dato precisoma neutro, fornisce cioè una fotografia della situazioneespositiva, dà la possibilità di essere utilizzato per ulte-riori studi o confronti, ma non può, giustamente, essereutilizzato direttamente per far stimare di danno. L’altracaratteristica che lo contraddistingue è che i dati sonoprelevabili o comunque gestibili automaticamente dasistemi informatici collegati alle macchine sia in mododiretto, sia in via indiretta tramite il sistema RIS-PACS.Così il valore dell’indice di dose di una specifica moda-lità può essere collegato all’esame sostenuto dal singolopaziente e registrato sempre in via informatica per lostesso paziente. Infine lo stesso dato potrà, in un secon-do tempo, essere inserito nel referto dell’esame. Lasequenza dei singoli processi, delineati solo in linea diprincipio, sono attualmente oggetto di notevoli imple-mentazioni tecnologiche che riguardano le macchineradiologiche, la predisposizione di opportuni oggettiinformatici, la messa a punto di software gestionali delledosi, le modalità di trasmissione al paziente. Sono tuttipassi che trovano ostacoli nella condizione delle appa-recchiature in uso non sempre di ultima generazione econ sistemi informatici di gestione immagini obsoleti.A completamento del quadro tecnologico occorre pre-cisare che per ottenere in modo automatico dati coeren-ti dalle macchine è necessario che in precedenza lemacchine stesse siano oggetto di un rigoroso controlloe validazione dosimetrica da parte dei fisici sanitari siain corso di accettazione che nei successivi controlliperiodici. In pratica, la certezza che il valore registrato

e attribuito ad un paziente sia proprio quello reale ero-gato dalla macchina può essere garantito solo da misu-re e da conseguenti regolazioni convalidate dall’inter-vento professionale di un fisico medico.Si apre adesso lo scenario relativo alla comprensionedel dato dell’indice di dose così rilevato e trasmesso alpaziente. Si possono individuare tre livelli di approfon-dimento a gradazione crescente.Innanzi tutto il supporto che contiene il dato deve ripor-tare le indicazioni per una comprensione elementare deldato. Non è pensabile che in un certo punto del refertocompaia una scritta del tipo: “L’esposizione del pazien-te durante l’esame TC del torace ha registrato il valoredi 410 mGy*cm di DLP”. Occorre cioè che il pazientepossa comprendere quanto legge. Come modalità ditrascrizione può venire in aiuto lo schema adottato neireferti di analisi ematiche (vedi Tabella 2). In quel casotutti sanno che al nome di un parametro ematico con-trollato corrisponde un valore misurato con la specifi-cazione della grandezza relativa ed un intervallo divalori considerati di riferimento. Si può pensare di ripe-tere tale schema anche per gli indici di dose come nelletabelle sottostanti:Tabella 2: Esempi di dati trasmessi al pazientePer una comprensione maggiore del dato possiamoarricchire il report con il Livello di Radiazione Relati-va. L’America College of Radiology,ACR, [9] ha intro-dotto un numero di glifi circolari del trifoglio radioatti-vo per indicare qualitativamente il rischio collegatoall’esame. Il risultato è uno schema come quello ripor-tato in figura 3.

Figura 3: Schema di possibile report di datida consegnare al paziente

Tabella 2

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Un numero di glifi maggiore significa maggiorerischio. Quello che si riporta nella figura è solo unesempio che ha bisogno di una didascalia con indica-zioni dei significati. Dal punto di vista scientifico,l’unica introduzione significativa della figura è l’averriportato la misura con l’errore ad essa associato.Per approfondire il passo successivo si può continuarela similitudine: così come il paziente dopo aver letto ilreferto dell’analisi ematica va a chiedere al medicocosa significano i dati per il suo stato di salute, analo-gamente dopo un esame radiologico il paziente puòrichiedere ulteriori chiarimenti o rassicurazioni sul datodosimetrico. Nel nostro caso però la richiesta nascesubito dopo aver ricevuto informazioni e chiarimentisull’esito dell’esame stesso da un punto di vista dia-gnostico. Ne consegue che ogni comunicazione sulrischio personale rientri nell’ambito di una prestazionemedica e che quindi deve essere ricondotta in quellasede. Spetta quindi allo specialista o al medico di medi-cina generale dare i chiarimenti che possono essere for-niti, come nel caso della comunicazione antecedentel’esame, con la sola differenza che adesso sono fornitidei dati precisi.Come livello di approfondimento ulteriore si riporta ilcaso in cui al paziente non basti una rassicurazionegenerica, ma voglia avere i dati certi in merito alla dosepersonale assorbita ed al conseguente rischio persona-le. Il paziente cioè vuole conoscere non solo il valore diirraggiamento fornito dalla macchina, ma proprio ladose assorbita dagli organi interessati dalle radiazionidurante l’esame. La richiesta assume quindi dei conno-tati esplicitamente personali e in questo caso la valuta-zione della dose può essere fatta solo da un fisico medi-co. Il fisico medico consultato dovrà condurre un’inda-gine approfondita e pervenire ad una valutazione dosi-metrica ad hoc con valori di dose equivalente in organoo tessuto, trascritti in una relazione od un certificato.Per avere un’idea dell’indagine da compiere occorrepartire dai dati dell’indice di dose, risalire ai parametri

dell’esame rilevati con quella specifica macchina radio-logica, ricorrere alla simulazione dell’esame, utilizzarei dati morfologici del paziente, condurre opportuni cal-coli con software dedicati.La certificazione del fisico medico è alla base di unasuccessiva valutazione del rischio che potrà essere fattasolo da parte del medico specialista che la comuniche-rà al paziente. Infatti, il decreto legislativo del 26 mag-gio 2000 n°187 chiarisce che è compito dello Speciali-sta l’informazione dei pazienti e delle altre personeinteressate circa i rischi delle radiazioni ionizzanti.

Riferimenti:1. ICRP Pubblicazione 103, “The 2007 Recommendations of

International Commission on Radiological Protection”,Annals of the ICRP Volume 37/2-4, 2008

2. http://ddmed.eu/3. Protezione dalle radiazioni 118, “Linee guida di riferimen-

to per la diagnostica mediante immagini” CommissioneEuropea –Direzione Generale dell’Ambiente nel 2000

4. https://rpop.iaea.org/RPOP/RPoP/Content/InformationFo r /Pa t i en t s / i n fo rma t i on -pa t i en t s / i ndex .h tm ,https://rpop.iaea.org/RPOP/RPoP/Content/Information-For/Patients/printable-information/index.htm,

https://rpop.iaea.org/RPOP/RPoP/Content/InformationFor/Patients/information-public/index.htm.

5. http://www.imagewisely.org/Patients, http://image-gently.org/.

6. http://www.fisicamedica.it/aifm/11_rubr_s/spip.php?-article78.

7. Decreto Legislativo del 26 maggio 2000 n°187, in materiadi protezione sanitaria delle persone contro i pericoli dalleradiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche

8. Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza rela-tive alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposi-zione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom,97/43/Euratom e 2003/122/Euratom

9. http://www.acr.org/Quality-Safety/AppropriatnessCriteria

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GIUSTIFICARE, OTTIMIZZARE E REGOLAMENTARE:RADIODIAGNOSTICA

Andrea Magistreli1, Francesco Schillirò2Ospedale Pediatrico Bambino Gesù IRCCS (Roma)1, Seconda Università di Napoli (Napoli)2

e-mail: [email protected] - [email protected]

IntroduzioneNell’ultimo ventennio, il contributo sempre più pre-ponderante della diagnostica per immagini nella gestio-ne clinico-diagnostica, ha aumentato, per la popolazio-ne, la dose annuale pro-capite di radiazioni, con unincremento stimato di circa 6 volte nella popolazioneamericana (da 0.5 mSv a 3 mSv circa). Tale aumento siè verificato anche in Italia per una maggior accessibili-tà alle prestazioni radiologiche e per un’ampia disponi-bilità sul territorio delle moderne TC multidetettore,tuttavia con un impatto “dosimetrico” meno rilevanterispetto agli USA e ad altri paesi europei, con una dosemedia pro-capite di circa 1,1 mSv contro i 3 mSv dellapopolazione americana. Questo grazie al forte impattodiagnostico dell’ecografia, che in Italia viene eseguitasolo da personale Medico Specialistico (vedi documen-to SIRM “L’Atto Medico Ecografico” [1]) e non da tec-nici qualificati (“sonographer”) come negli USA onella diagnostica ecocardiografica, e alle disposizionidi legge attualmente in vigore in Italia (D. Lgs.187/2000 [2], applicazione della direttiva EURATOM97/43), che prevedono una giustificazione ed una otti-mizzazione dell’esame (figura 1).

187/2000) prevede invece una ottimizzazione di tutte leprocedure che “devono essere mantenute al livello piùbasso ragionevolmente ottenibile e compatibile con il rag-giungimento dell’informazione diagnostica richiesta,tenendo conto di fattori economici e sociali” (comma 1).La comunicazione della dose al Paziente e alla popola-zione rappresenta quindi un tema di estrema attualitàper la comunità radiologica, anche per la recente diret-tiva della Commissione Europea 2011/0593 [3] cheprevede all’articolo 56, tra le responsabilità del MedicoRadiologo, quella dell’acquisizione del consenso infor-mato per ogni esposizione medica a radiazioni ioniz-zanti (RI).Questa direttiva europea per alcuni versi modifica pocol’attività quotidiana del Medico Radiologo. Comeabbiamo visto il processo di giustificazione ed ottimiz-zazione delle prestazioni radiologiche, cui il Radiologoè tenuto per il D. Lgs. 187/2000, implica di per se lavalutazione della necessità di esecuzione della proce-dura, delle eventuali alternative diagnostiche, dei rischiche possono derivare dalla procedura e dalla mancataesecuzione della procedura stessa, che pertanto devonosolo essere comunicati al Paziente. Fortunatamentel’ICRP 105 [4], pur introducendo nella giustificazionedi una pratica radiologica in medicina 3 diversi livelli(primo, secondo e terzo), non stravolge ma anzi raffor-za l’importanza del principio di giustificazione. Infattila giustificazione di primo livello si basa sul concettoche l’utilizzo adeguato delle radiazioni in medicinadebba essere accettato in quanto fornisce alla societàpiù beneficio che danno, concetto oramai assodato. Nelsecondo livello di giustificazione è definita e giustifica-ta una procedura specifica con un obiettivo precisato(per esempio radiografia del torace per pazienti consospetta polmonite), ovvero viene valutata l’utilità diuna data procedura nel migliorare una diagnosi/tratta-mento. Nel terzo livello viene giustificata l’applicazio-ne della procedura a un singolo paziente da parte delMedico Radiologo, ovvero di produrre più beneficioche danno al singolo paziente, sia per le procedure sem-plici che per le pratiche speciali.I problemi nascono nella comunicazione al Pazientedella dose derivante da un dato esame, della percentua-le di incidenza dei rischi ad essa connessi, esistendo inquesto senso una vera e propria lacuna normativa e diconoscenze scientifiche. Da un punto di vista normati-vo infatti il D. Lgs. 230/1995 (applicazione delle diret-tive EURATOM 80/836, 84/467, 84/466, 89/618,

Il principio di giustificazione (articolo 3 del D.Lgs.187/2000) prevede infatti una giustificazione preliminaredi tutte le esposizioni mediche individuali, tenendo contodegli obiettivi specifici dell’esposizione e delle caratteri-stiche della persona interessata (comma 4), da parte delMedico Radiologo che per evitare esposizioni non neces-sarie, deve verificare l’impossibilità di reperire le infor-mazioni necessarie da precedenti esami o con metodichealternative meno invasive ed accessibili (comma 5).Il principio di ottimizzazione (articolo 4 del D.Lgs.

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90/64, 92/3 in materia di radiazioni ionizzanti) affermachiaramente che non può essere applicato un limite didose per i Pazienti ma solo per i lavoratori per cui sonoposti dei limiti di dose efficace. Tuttavia sempre nel D.Lgs. 230/95 era prevista l’istituzione di un librettoradiologico personale per i Pazienti (articolo 114) in cuiannotare la dose (senza specificare quale) derivante daogni singola procedura radiodiagnostica, libretto chetuttavia per vari motivi non è mai entrato in vigore.Da un punto di vista scientifico la maggior parte delleinformazioni relative ai rischi della esposizione alle RIa nostra disposizione derivano dai dati di due grossistudi, il Life Span Study (LSS) e l’Adult Health Study(AHS) [5-6] sulla popolazione di esposti alle bombeatomiche di Hiroshima e Nagasaki. Tali studi, sebbeneci forniscano dati attendibili sugli effetti deterministici(dose-relati) delle RI, non forniscono informazionicomplete sugli effetti stocastici (non dose-relati) delleRI, tra l’altro con il bias non trascurabile dell’esposi-zione acuta ad alte dosi (evento molto lontano da qual-siasi procedura della radiodiagnostica).Basti pensare che non esiste una teoria universamenteaccettata per la stima degli effetti stocastici delle RI esebbene la più accreditata sia quella LNT (“effettolineare senza soglia”), ovvero di una relazione linearediretta tra dose e danno cellulare, esistono teorie con-trastanti come l’ormesi, secondo cui basse dosi di RIhanno effetti benefici di induzione dell’apoptosi di cel-lule “malate” e di una risposta adattiva cellulare per cuiuna bassa dose incrementa la radioresistenza cito-isto-logica di cellule/tessuti a dosi più elevate.Le pubblicazioni dei dati del LSS e dell’AHS hannoridestato l’interesse della comunità scientifica suglieffetti negativi (cancerogeni e non) delle RI, alimentan-do pubblicazioni allarmistiche su famose riviste scienti-fiche [7-9], in primis quella di Brenner su AJR del 2001[10], in cui era messo in relazione il rischio canceroge-no delle TC nella popolazione pediatrica con dati ripor-tati di 1 morte per cancro-radioindotto ogni 1000 TC.Questo ha comportato sicuramente alcuni effetti positi-vi, come lo sviluppo di campagne mediatiche di sensi-bilizzazione sugli effetti negativi delle RI con maggiorsensibilizzazione della comunità medica e delle ditteproduttrici di apparecchiature radiologiche sul “proble-ma dose”, ed alcuni effetti negativi come la creazione,di una informazione allarmistica e non affidabile con ilrischio di indurre la radiofobia nei Pazienti.Il Medico Radiologo, essendo il maggior “elargitore” diRI alla popolazione, deve avere un ruolo centrale nellacomunicazione dei vantaggi (molti) e svantaggi (pochi)delle RI. Comunicazione che deve essere particolar-mente attenta, efficace e personalizzata in base alla cul-tura e alla alla comprensione dell’assistito, e non puòprescindere dalla verifica che le infirmazioni trasmessesiano state recepite in modo corretto. Diversi lavoriscientifici hanno infatti dimostrato come il 50% deiPazienti dopo un colloquio con un Medico, nel 50% deicasi ripeta le cose in maniera errata [11] e nel 50% escadalla stanza del Medico senza aver compreso ciò chegli è stato detto [12].Nella comunicazionemedico-paziente bisogna inoltre presta-re attenzione a come sono trasmesse le informazioni, specie

se di tipo numerico: lo stesso dato, a seconda di come vieneveicolato, influenza il modo in cui è recepito il messaggio.Ad esempio sappiamo dall’ICRP84 che qualora doves-simo eseguire una TC della pelvi di una donna in gra-vidanza, il feto avrà una probabilità aumentata dello0.3% di sviluppare una neoplasia prima dei 19 annirispetto al suo 0.3% statistico (0.6% totale).Nella comunicazione di questo dato alla donna possiamoaffermare che l’esame fatto ha probabilmente raddoppia-to il rischio di suo figlio di sviluppare un cancro primadei 19 anni [0.6% vs 0.3%] oppure che il rischio è moltopiccolo e le probabilità di suo figlio di avere un normalesviluppo sono molto simili a quelle di un qualsiasi altrobambino [96.7% vs 96.4%]. È chiaro che nel primo casola donna avvertirà il messaggio come un chiaro segnaledi allarme in quanto il figlio morirà di cancro per colpadi quell’esame mentre nel secondo caso capirà che gra-zie a quell'esame, eseguito ad esempio dopo un inciden-te stradale, lei è sopravvissuta, porterà a termine la gra-vidanza ed il figlio nascerà e crescerà sano.Non esistono, ad oggi, indicazioni univoche su qualedato dosimetrico registrare e/o trasmettere al Pazientenè su come stimare il rischio da RI per il Paziente.Tralasciando i dati qualitativi e semiquantitativi, utilizzatiper spiegare in maniera approssimativa e semplice alPaziente il livello di dose o di rischio relativo all’indaginecui si sta per sottoporre, nessuno dei dati quantitativi di cuidispone il Medico Radiologo sono risultati essere affidabili.Gli LDR servono solamente a eseguire i controlli diqualità delle apparecchiature e risultano essere spessoobsoleti (specie quelli delle TC) ed incompleti (man-canza di LDR per le TC pediatriche).Gli indici dosimetrici non rappresentano la dose alPaziente ma sono solo una stima della tecnica d’esameutilizzata e tra l’altro differiscono tra loro in base allametodica (CTDIvol e DLP per la TC; DAP e KAP perla fluoroscopia) o alla ditta produttrice (ad esempioFujifilm utilizza l’”S Value”, Siemens e Philipsl’”Exposure Index” che tuttavia pur riportando lo stes-so nome hanno unità di misura diverse e condizioni dicalibrazione diversa per cui lo stesso numero non corri-sponde alla stessa dose) rendendo difficile se nonimpossibile il confronto tra due diversi esami che nonsiano eseguito con lo stesso tipo di apparecchiatura.Inoltre lo stesso valore numerico di un indice dosime-trico può essere espressione di dosi al Paziente (doseassorbita/dose efficace) sensibilmente diverse tra loro.Esempi classici sono il DAP delle procedure fluorosco-piche ed il DLP in TC.Nel primo caso sappiamo che la dose cute (DAP) deri-va dal prodotto della dose per l’area irradiata(dose*area); pertanto ad un valore di DAP di 20Gy*cm2 può corrispondere l’esposizione di una super-ficie cutanea ampia (20 cm2) con una dose molto bassa(1 cGy) o l’esposizione di una superficie ristretta (5cm2) con una dose più alta (4 cGy) con una dose assor-bita dagli organi diversa (figura 2).Stesso discorso può essere fatto per il DLP (dose-lenght-product) che dipende dalla dose locale (CTDI-vol), dalla lunghezza della scansione (cm) e dal nume-ro di fasi, legate dalla seguente formula:DLP = [(CTDIvol * cm) * n scansioni].

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Pertanto un DLP di 100 mGy*cm in una TC torace puòcorrispondere a situazioni estremamente diverse:DLP = [(1 mGy * 100 cm) * 1 fase] = 100;DLP = [(10 mGy * 10 cm) * 1 fase] = 100;DLP = [(1 mGy * 50 cm) * 2 fasi] = 100.con dose assorbita (e conseguente detrimento biologicoda radiazioni) alle mammelle diversa (figura 3).

frontata con il fondo di radioattività naturale cui siamoannualmente esposti, la stima di rischio addizionale disviluppare una neoplasia derivante da quell’esame, lepercentuali di rischio di morte per cause varie (inciden-ti stradali o domestici, fumo, alcool, etc). Il tutto evi-denziando come, indipendentemente da quell’esame,siamo tutti esposti ad un rischio di sviluppare un cancrodi 1:3 e di morire per una neoplasia di 1:5.

ConclusioniLa corretta applicazione da parte del Medico Radiologo diquanto previsto per legge (D. Lgs. 230/95, 187/00 e 241/00)garantisce l’esecuzione delle sole procedure necessarie.Una volta giustificate, il Medico Radiologo deve ottimizza-re le singole procedure, conoscendo quelli che sono i prin-cipi della radioprotezione, le tecniche di riduzione delladose e le apparecchiature radiologiche con cui lavora.Nella comunicazione preliminare all’esame il MedicoRadiologo deve rassicurare il Paziente sul fatto che unavolta giustificata, la procedura cui si sta per sottoporreè quella con il minor rischio e la maggior probabilità difornire le informazioni richieste, evitando la trasmis-sione “asettica” di numeri, percentuali e dati inesatti.

cGy = centi-GrayCTDIvol = Computed Tomography Dose Index VolumeDAP = Prodotto dose-areaDLP = Dose-length productGy = GrayKAP = Prodotto Kerma-areaLDR = Livelli diagnostici di riferimentoTC = Tomografia computerizzata

Bibliografia1. L’atto medico ecografico. http://www.sirm.org/index.php/

component/docman/doc_download/344-l-atto-medico-ecografico?Itemid=135

2. Decreto Legislativo 26 maggio 2000 n. 187.http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/00187dl.htm

3. Documento COM(2011)593 final. 2011/0254(NLE).http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radiation_protection/doc/com_2011_0593.pdf

4. Radioprotezione in medicina. ICRP 105.http://www.icrp.org/docs/2520105_Italian.pdf

5. Pierce DAet al. Studies of the mortality of atomic bomb survivors.Report 12, part I. Cancer: 1950– 1990.Radiat Res 1996; 146: 1-27

6. Pierce DA et al. Radiation-Related Cancer. Risks at Low DosesamongAtomicBombSurvivors. RadiatRes 2000; 154: 178-186

7. Mathews JDet al.Cancer risk in 680000people exposed to com-puted tomography scans in childhood or adolescence: data lin-kage study of 11 millionAustralians. BMJ (2013) 346:f2360

8. MigliorettiDLet al.TheUseofComputedTomography inPedia-trics and theAssociatedRadiation Exposure andEstimatedCan-cer Risk. JAMAPediatr. 2013;167(8):700-707

9. PearceMS et al. Radiation exposure from CT scans in childho-od and subsequent risk of leukaemia and brain tumours: aretrospective cohort study. The Lancet (2012) 380: 499-505

10. Brenner D et al. Estimated risks of radiation-induced fatal can-cer from pediatric CT. AJR Am J Roentgenol. 2001Feb;176(2):289-296

11. Schillinger et al. Closing the loop: physician communica-tion with diabetic patients who have low health literacy.Arch Intern Med (2003) 163: 83-90

12. Roter DL, Hall JA. Studies of doctor-patient interaction.Ann Rev Public Health (1989) 10:163-168

13. ICRP103.The 2007Recommendations of the InternationalCom-mission onRadiological Protection.Ann. ICRP37 (2-4), 2007

Deve tuttavia essere chiaro che gli indici dosimetricisono, allo stato attuale, la miglior arma che ha il Medi-co Radiologo per monitorare e verificare le proceduredi ottimizzazione della dose, prima, durante e dopoqualsiasi procedura radiologica.L’uso della dose efficace è un errore concettuale, essen-do questa utile per il confronto tra procedure e tecnolo-gie simili o doverse tecnologie applicate alla stessa pro-cedura ma non utilizzabile per la stima del rischio indi-viduale, in quanto non esprime la diversa radiosensibili-tà correlata al sesso ed all’età [13]. Purtroppo questa èampiamente ed erroneamente utilizzata sia dalla lettera-tura scientifica sia da software gratuiti di dubbia utilitàper il calcolo del rischio cancerogeno individuale da pro-cedure mediche.La dose assorbita e la dose equivalente sono dati quantita-tivi che possono essere estrapolati dal Fisico Medico solodopo l’indagine radiologica, basandosi non solo sulla tipo-logia di Paziente (sesso, età, etc) ma anche sulla tecnicad’esame utilizzata, su fattori proiettivi e gli organi esposti.Infine si deve considerare che, nella maggioranza deicasi, quando il Paziente chiede quale sia la dose deri-vante da quell’esame, questi non è realmente interessa-to a un dato numerico sulla dose ma al rischio che deri-va da quella procedura. Per questo motivo risulta parti-colarmente utile l’uso di tabelle miste in cui la stimadosimetrica media di quella data procedura sia con-

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IntroduzioneDue articoli, entrambi del marzo 2013, possono esserecitati come esempio di comunicazione e di discussionea riguardo dell’attuale attenzione mediatica sul rischioda radiazioni: “Radiation Raises Women’s Risk ofHeart Disease” dal New York Times, NYTimes1 e “Bre-ast-Cancer Radiation Raises Heart Risk: Study” dalWall Street Journal, WSJ 2. Entrambi riferiscono dellainduzione di effetti a livello cardiovascolare, riportandoche il rischio di subire un infarto per le donne sottopo-ste alla radioterapia, per curare il tumore al seno, iniziaa crescere nei primi 5 anni dalla esposizione e continuaa crescere per almeno i successivi 20 anni, con livelli dirischio anche per le dosi più basse.

Cosa possiamo dire su questo ?ICRP, nella sua Pubblicazione 118, 20123 riporta uneccesso di rischio di malattie cardiache in pazienti trat-tate in radioterapia, con una dose media al cuore di 1-2Gy, l’eccesso di rischio cresce e diventa evidente a 10-20 anni dal trattamento. Quindi qual è la questione ?È necessario valutare la questione in un contesto piùampio e completo, come viene fatto nello studio3 “TheEarly Breast Cancer Trialists’ Collaborative Group(EBCTCG)”, che ha mostrato un chiaro beneficio dellaradioterapia per il controllo locale e il rischio di morteda cancro al seno, anche se per alcuni dei più vecchiregimi di radioterapia si è evidenziato un significativoeccesso di mortalità non dovuta a cancro al seno per ledonne trattate in radioterapia.Il rischio deve essere inquadrato nel contesto e associa-to al beneficio corrispondente. Questo è ben noto al car-diologo del Cancer Institute di Boston che, intervistatonell’articolo del WSJ citato sopra, evidenzia come que-sti effetti delle radiazioni a livello di patologie cardia-che siano emersi come evidenti, quando il trattamentoha consentito a molte donne con cancro al seno di“sopravvivere”.L’esempio citato sopra riguarda la radioterapia, mamolto più spesso la questione della comunicazione edella corretta informazione riguarda l’uso delle radia-zioni ionizzanti in diagnostica, quindi con livelli didose molto più bassi.

Il rapporto beneficio-rischioLa pubblicazione del U.S. National Council on Radia-tion Protection and Measurements (NCRP) del 20094,ha evidenziato come nel 2006 ci sia stato un notevoleincremento nel numero di esposizioni mediche nella

popolazione degli USA, con una dose efficace annuaper singolo individuo di 3 mSv, dose che quindi rag-giunge quella del fondo naturale ed è quasi sei volte ladose annua dei primi anni 80. Ben il 24% e il 12% delladose efficace totale annua di 6.2 mSv risulta dovuta atomografia computerizzata (CT) e medicina nucleare(NM). Questa pubblicazione che ha mostrato una esca-lation nella esposizione per attività mediche, ha susci-tato molta attenzione nella comunità scientifica ed haanche creato una sorta di preoccupazione diffusa, a suavolta amplificata dai media.Vi sono rischi potenziali associati in particolare allaesecuzione di immagini CT seriali durante le fasi disorveglianza del paziente e il rischio di cancerogenesi èpiù elevato nella popolazione pediatrica, che presentamaggiore radiosensibilità rispetto agli adulti. Nel con-tempo i benefici corrispondenti alla radiodiagnosticasono raramente messi in evidenza o quantificati inmodo analogo ai rischi.La FDA ha iniziato nel 20106 un progetto rivolto aridurre le esposizioni non necessarie per imaging medi-ca, con la pubblicazione di un report che mette ben inluce come le esposizioni mediche, fra cui CT e NM,comportano benefici e rischi, migliorano la capacità didiagnosi, ma possono accrescere il rischio di sviluppodel cancro durante la vita. Il report conclude con l’os-servazione che la preoccupazione non è da vedersi alivello del singolo paziente, ma a livello della popola-zione e diventa importante nel caso di un numero ele-vato di esposizioni non necessarie clinicamente, ovepuò venire meno l’aspetto del beneficio.Il NCRP ha dedicato il suo congresso annuale nel 2010agli aspetti della comunicazione dei benefici e deirischi da radiazioni nei processi decisionali, prendendoin esame, ad esempio, la crescente facilità per il pub-blico di trovare informazioni su aspetti della salute chespesso portano a pareri divergenti e la crescente diffi-coltà a giudicare la credibilità delle fonti e degli esper-ti in campi diversi. In questo senso molti centri hannoistituito propri mezzi di comunicazione diretta. E’ statoricordato, inoltre, il ruolo ed il punto di vista del gior-nalista, che più dell’esperto in radiazioni ionizzanti è incontatto con il pubblico, e che evidenzia il conflitto frala necessità di dare notizie tipo “take away” con chiareconclusioni senza ambiguità e la realtà della Scienzache propone dati a cui è associata un’incertezza emostra aspetti la cui conoscenza è in continua evolu-zione, con possibili revisioni di ipotesi precedenti.

COMUNICARE IL RISCHIOMarie Claire Cantone

Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Fisica e Associazione Italiana di Radioprotezionee-mail: [email protected]

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Riguardo alle esposizioni mediche è importante inqua-drare la comunicazione del rischio nell’ambito deibenefici attesi, come gli effetti positivi sullo stato medi-co, e dare una valutazione del rischio tenendo anchesempre presenti i possibili benefici collegati quali: con-tribuire ad accrescere l’aspettativa di vita del paziente;prevenire interventi clinici non necessari e aiutare adefinire quali siano necessari; rendere i medici più certie sicuri nelle loro diagnosi e contribuire alla definizio-ne delle cure mediche.Questo tema del rapporto beneficio-rischio è ben con-templato nella disciplina della Radioprotezione chepone l’enfasi sulla giustificazione delle proceduremediche e sull’ottimizzazione della protezione dalleradiazioni.Nelle procedure diagnostiche e interventistiche, la giu-stificazione delle procedure (per uno scopo definito eper un singolo paziente) e la gestione della dose alpaziente, proporzionata agli scopi medici, sono mecca-nismi idonei per evitare un’esposizione alle radiazioniinutile o improduttiva. Tre livelli di giustificazionesono previsti nella pratica radiologica in medicina: 1)l’impiego delle radiazioni in medicina è accettato inquanto in grado di produrre un beneficio netto per ilpaziente; 2) è giustificata una procedura specifica,valutando se la procedura radiologica migliora la dia-gnosi o il trattamento o fornisce informazioni necessa-rie sugli individui esposti, oppure sia definita e giustifi-cata da uno specifico obiettivo, es. RX torace perpazienti con specifica sintomatologia; 3) la proceduraradiologica è giustificata per il singolo paziente, cioèper il beneficio netto che il singolo paziente ne trae,considerando gli obiettivi specifici dell’esposizione e lecaratteristiche della persona in esame.

Comunicazione con pubblico e pazienteLa Comunicazione si sviluppa su livelli, distinti in basealle persone coinvolte nel processo, alle finalità ed allivello di coinvolgimento. In ambito sanitario si possonodistinguere almeno tre livelli di comunicazione: la comu-nicazione fra professionisti, con il pubblico/media e lacomunicazione con il paziente. La comunicazione medi-co-paziente è parte integrante della pratica clinica, infat-ti il consenso informato da un punto di vista etico e lega-le non consiste o non dovrebbe consistere semplicemen-te nella raccolta della firma del paziente, ma implica unprocesso di comunicazione e uno stato mentale di com-prensione delle informazioni fornite al fine della scelta.Aspetti che rendono difficile la comunicazione framedico e paziente sono fra gli altri, la mancanza diconoscenza e familiarità da parte del paziente sullemisure di dose e la intrinseca complessità della relazio-ne fra dose assorbita e probabilità di detrimento orischio. Inoltre la percezione del paziente, la sua visio-ne sulla accettabilità del rischio e sulla entità e qualitàdel beneficio atteso giocano un ruolo importante nelprocesso di comunicazione8.Diversi sono gli approcci proposti e usati nella comunica-zione del rischio delle esposizioni mediche che presentanocaratteristiche diverse e a cui sono associati pro e contro.L’approccio paternalistico può essere schematizzatocome “Trust me, I am a doctor”, il medico indica la pro-

cedura o il trattamento che il paziente segue senza faredomande. E’ vero che per pazienti in situazioni partico-lari questo può essere un approccio che fornisce unabase più stabile nel processo decisionale, ma questoapproccio non è considerato da tempo un approccio daapplicare in modo standard.L’approccio basato sul confronto fra rischi utilizza ilconcetto di dose efficace per confrontare la dose daesposizione medica, con le dosi derivanti da altri tipi diesposizione, quali il tempo di esposizione al fondonaturale, tenendo però presente le variazioni esistentida zona a zona, oppure un certo numero di voli aerei,specificando tempi e modalità di volo, o ancora pren-dendo in considerazione l’esposizione occupazionale.Un confronto molto spesso citato si basa sulla stimadella dose efficace per le procedure più comuni di CT,NM, radiografia e fluoroscopia in termini di numero diradiografie del torace9. IAEA riporta, come informazio-ne per i pazienti, i valori medi delle dosi efficaci asso-ciate agli esami CT e l’equivalente numero di radiogra-fie del torace, ognuna corrispondente a 0,02 mSv, dacui si desume, ad esempio, che gli esami di CT cranio,angiografia coronarica e addome, corrispondono ad unnumero rispettivamente di 100, 435 e 500 radiografie altorace10. L’approccio del confronto fornisce una imma-gine semplice ai fini della comunicazione, ma certo nontiene conto di aspetti individuali, non aiuta a prendernecoscienza, e inoltre rimane non esplicitata la questioneche la grandezza dose efficace non è un grandezza chepossa riferirsi al rischio su singoli individui.L’approccio alla comunicazione del rischio basato suuna immagine di quality assurance, tende ad esibire unalto livello della struttura clinica-sanitaria coinvolta,con messaggi del tipo “Disponiamo delle apparecchia-ture di imaging più moderne”, “Sottoponiamo le nostreapparecchiature a test secondo le indicazioni di ….” oancora “Le dosi per gli esami effettuati in questo istitu-to sono le più basse dei valori medi riscontrati nell’in-dustria”. E’ evidente che anche se questi messaggi pos-sono essere effettivamente veri e molto spesso contri-buiscono a rassicurare il paziente, non riguardano certoaspetti del rapporto beneficio-rischio e ci si potrebbeinterrogare sulla eticità di questo approccio.L’approccio numerico alla comunicazione del rischioinclude il riferimento all’eccesso di rischio di cancrodel 5% per sievert. Bisogna però ricordare che questotermine, esplicitato in Radioprotezione come coeffi-ciente nominale di rischio, si riferisce all’esposizione diuna popolazione nominale di uomini e donne con unatipica distribuzione di età e viene calcolato facendo lamedia sui gruppi d’età e su entrambi i sessi. Inoltrel’uso di questo approccio porta la comunicazione inambiti quali il confronto fra due probabilità che spessoè difficile da seguire per il paziente. Ricordando che lamodalità con cui viene data l’informazione ha ancherisvolti etici connessi ad una possibile manipolazione,viene molto spesso citato l’esempio11 del rischio di svi-luppare il cancro prima dell’età di 19 anni, da parte diun bambino la cui madre in gravidanza ha subito unesame CT della pelvi. È possibile dare la descrizionedel rischio per il bambino come raddoppio del rischioin assenza di esame CT della madre (0,6% rispetto a

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0,3% ) oppure come variazione rispetto alla svilupponormale (96,4 % rispetto al 96,7 % ) con un evidentedifferente impatto nella percezione del rischio.

Alcune riflessioni conclusiveQuesta breve presentazione dovrebbe aver messo inevidenza le difficoltà di definire un unico e sempliceapproccio alla comunicazione del rischio del tipo “takeaway” e ancor più quanto siamo lontani dalla possibili-tà di tracciare la storia diagnostica di ogni singolo indi-viduo e fare delle stime in termini di rischio a livelloindividuale. Esistono tentativi seri e ammirevoli divenire incontro alla necessità di comprensione delrischio da parte del paziente, come ad esempio, il sitomesso a disposizione da parte della American Societyof Radiologic Technologists12, che fornisce una spiega-zione sulla metodologia usata nei calcoli riportati emostra tabelle di stime sul rischio attribuibile per can-cro da radiazioni, basate su BEIR VII. Rimane comun-que sempre come aspetto critico il fatto che indicare unrischio numerico di cancro sulla base di valori medi,senza accompagnare questa valutazione ad una indica-zione di incertezza, può dare una impressione di certez-za che in verità non è giustificata. Inoltre il messaggiousato “Calculate your risk, print an individual report”può contribuire in modo significativo a creare un frain-tendimento.Comunicare benefici e rischi in modo comprensibile,pur presentando e discutendo materiale tecnico comp-lesso con le incertezze associate, è una sfida chepotrebbe provocare un danno potenziale se il pazientedovesse evitare di sottoporsi alle indagini radiologiche,che sono necessarie e appropriate, a causa di incom-prensioni o di timori infondati.In questo quadro alcuni suggerimenti possono essereutili nella comunicazione al paziente:� Riconoscere i limiti intrinseci agli approcci sopra

citati e seguire strategie di comunicazione più ade-guate per le singole e specifiche situazioni per ilpaziente;

� Impostare la comunicazione sulla base di semplicitàe chiarezza del messaggio: non è necessario che ilpaziente colga appieno gli aspetti di beneficio –rischio, allo stesso livello del medico, ma che colgaquanto sufficiente per la sua consapevolezza e ai finidel consenso;

� Usare un supporto visivo può essere utile nel fornireindicazioni e anche stime numeriche;

� Nel dialogare con il paziente, è necessaria abilità dicomunicazione da parte del medico nel creare empa-tia, nell’ascoltare, nel presentare i potenziali benefi-ci delle procedure di imaging e nello spiegare qualiinformazioni possono essere ottenute e quale effettoqueste possono avere sul quadro del paziente;

� Garantire rispetto per le preoccupazioni del paziente;� Valutare la comprensione del paziente, attivandosi

per mantenere presente ed alta l’attenzione delpaziente e valutando durante il dialogo la sua realecomprensione.

Non tutti gli esperti concordano sulle stesse stime dirischio di cancro attribuibili alla diagnostica medica,ma è condivisa da tutti la necessità di porre attenzione

alle esposizioni mediche e di gestire i rischi di CT, flu-oroscopia, e delle procedure di imaging di NM secondoi due principi della radioprotezione: giustificazioneadeguata per l’ordinazione e l’esecuzione di ogni pro-cedura, e un’attenta ottimizzazione della dose di radi-azione usata durante ogni procedura.

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Page 24: Boll. SIRR 1-2 2011biotec.casaccia.enea.it/Document-fold/WORKSHOP-03-11-13/Atti FIR… · 9 COS’È IL RISCHIO RobertoMoccaldi (CNR-Roma)(AIRM) e-mail:roberto.moccaldi@cnr.it Poiché