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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 54 Equinozio d’Autunno 2014 La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista Stampato in proprio

Bollettino dell’Ordine Martinista n. 54 · Il profano, l'iniziato e 1'Iniziatore debbono essere umili studiosi, devoti al culto della Verità Eterna. Iniziazione al III Grado (

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Bollettino dell’Ordine Martinista n. 54 Equinozio d’Autunno 2014

La presente pubblicazione non è in vendita ed è riservata ai soli membri dell’Ordine Martinista

Stampato in proprio

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ORDINE MARTINISTAORDINE MARTINISTA

2Redazione

Direttore Responsabile: Renato Salvadeo - via Bacchiglione 20 - 48100 Ravenna

SOMMARIOSOMMARIO

ARTURUS - S:::I:::I::: S:::G:::M::: - ATTUALITA' DEL MESSAGGIO MARTINISTA NELLA SOCIETA'CONTEMPORANEA - pag.3

CHEN - S:::I:::I::: - ATTUALITA' DEL MESSAGGIO MARTINISTA NELLA SOCIETA'CONTEMPORANEA - pag.9

HASID - S:::I:::I::: - UN' IDEA SULLA BELLEZZA - pag.11

MENKAURA - S:::I:::I::: - UNA SOCIETA' FRAGILE ED IL MANDATO INCOGNITO - pag.13

RE-PRA - S:::I:::I::: - MASCHERA E TRILUME - pag.16

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Attualita' del messaggio

martinista nella societa'

contemporanea

ARTURUS S:::I:::I:::S:::G:::M:::

Come ben sapete, siamo stati invitati a partecipare

in data 27 settembre ad un convento in cui sono con-venuti rappresentanti di diversi Ordini Martinisti, siaitaliani, che di altre nazioni.L’argomento di fondo, su cui io ed alcuni fratelli chemi hanno accompagnato siamo stati sollecitati ad illu-strare il nostro pensiero, è quello indicato nel titolo.Trascrivo di seguito quanto esporrò in quella riunio-ne.Il tema si presenta, almeno per quanto mi riguarda,complesso. Credo perciò che tenterò di portare soloun piccolo contributo, tornando ad indagare in modo“leggero” e sintetico anche su alcuni concetti che,ciclicamente, furono espressi dai nostri Maestri pas-sati e che probabilmente, non di rado, fanno partedelle meditazioni di quelli presenti. Sarà quindi unasemplice e modesta condivisione di qualche pensierosu cui mi sono soffermato. Quindi, mi si perdoni se inalcuni passaggi espositivi potrò apparire un pochinosuperficiale e grossolano.Accennerò a quali erano, quali possono essere ancoraalcune caratteristiche ed obiettivi che, sin dalla suanascita, sono stati ascritti al filone Martinista, conparticolare interesse, poi, a diversi aspetti evidenziatida Maestri italiani.Per farlo, attingerò cautamente a considerazioni svi-luppate, ad esempio nel nostro paese, sin dal relativa-mente lontano 1968 (periodo contraddistinto da gran-di turbolenze sociali ma anche dalla presenza in tutti

i settori iniziatici, di notevoli problemati-che). Accenno questa premessa al solo scopodi evidenziare come (purtroppo o per fortu-

na) l’argomento non sia affatto nuovo, dal momentoche, al di là delle manifestazioni estetiche e filosofi-che che possano caratterizzare le organizzazioniumane, seppur a carattere iniziatico (molteplici neitanti luoghi e nel tempo), ciò che dovrebbe palesarsi,attraverso esse, in modo vivo e vivificante, è laTradizione influenzata dallo Spirito Divino. Nonsempre noi uomini, confusi dalle nostre passioni,siamo attenti a comprenderlo, così commettiamoerrori, magari ci distraiamo, sostituiamo il fine con ilmezzo, e poi facilmente confliggiamo, probabilmentesenza neanche renderci conto veramente del perché lofacciamo. In effetti, il variegato filone dell’Ordine Martinista èricchissimo di episodi in cui gli uomini non si sonocompresi, di situazioni in cui purtroppo si sono dimo-strati preda delle proprie passioni; di conseguenzahanno commesso errori, palesando un’oggettiva man-canza di desiderio di comprenderli, di riconoscerne lecause e quindi predisponendo la possibilità di com-metterli nuovamente.Ad ogni modo, riferendomi al tema, ecco alcuni stral-ci che, a mio modo di vedere, posso risultare interes-santi come premessa per tentare di dare una rispostaalla domanda insita nel tema:1. Dichiarazioni di principio dell'Ordine

Martinista fondato a Parigi nel 189I da Gérard

Encausse:

…." L'Ordine é essenzialmente spirituale, combattecon tutte le sue forze l'ateismo, il materialismo, e, incollegamento con le altre fratellanze iniziatiche,combatte l'ignoranza, dà al simbolismo la grandissi-ma importanza che gli compete in tutte le serie d’ini-ziazione. Non si occupa di politica e tanto meno diquestioni di ordine religioso. Permette e facilita glistudi, mantenendo la tolleranza più assolu-ta"…………2. Dall'Introduzione dei Quaderni iniziatici

dell'Ordine Martinista (Gran Maestro Papus) del

1910 :

…" Il Martinismo é una mescolanza di

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sull’Ordine Martinista,

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platonismo, d'origenismo e di filosofia erme-tica, sopra una base cristiana. Lo scopo chesi prefiggono gli Iniziati é quello di scoprire ipiù rari misteri. La società Martinista non costituiscené un centro dogmatico (cattolici, protestanti, gnosti-ci, ecc.vi sono ammessi indistintamente) né un parti-to politico, ma Ordine di propaganda esoterica cheincita allo studio della religione unica, celata sotto idiversi culti dell'Occidente. Il profano, l'iniziato e1'Iniziatore debbono essere umili studiosi, devoti alculto della Verità Eterna.Iniziazione al III Grado ( dai suddetti quaderni):

O Iniziato, il III grado del nostro Ordine costituiscela sintesi dei precedenti.…"Ora che sei diventato Superiore Incognito, non tidimenticare mai dei tuoi doveri che questo nuovotitolo ti impone. Siccome tu non devi ricevere ordinida nessuno al di fuori che dalla tua propria coscien-za, così fa in maniera di agire sempre guidatodall'Onore. Fa in modo da non dimenticarti che seivotato al rialzamento della collettività ignara, restan-do Ignoto a tutti coloro che avrai aiutato, diverraiogni giorno più Superiore trascinando nella tua asce-sa coloro sui quali hai sparso i tuoi buoni uffici”…….3. Costituzioni di Sinesio (A. Sacchi 1923)

….Giuro di aiutare ed assistere i miei fratelli e sorel-le in tutte le circostanze della vita, soprattutto intempi di afflizione e avversità, e di confortarli deimiei consigli, della mia influenza e della mia borsanei limiti del possibile. Infine prometto e giuro diseguire gli insegnamenti del Martinismo e di sforzar-mi di profittarne per la maggior gloria di Dio e per ilbene dei miei simili. E do la mia parolad'Onore.(Nota ; Tali Costituzioni furono dettate invista delle misure che il Fascismo stava prendendocontro le società iniziatiche, considerate segrete).4. Costituzioni di FIamelicus ( M.E. Allegri, 1944)

….Il Superiore Iniziato ( Sup. Incognito KabbalistaIII) rappresenta, nell'Ordine Martinista il raggiungi-mento di un maggior grado di conoscenze rituali, diprogresso interiore e di capacità realizzative. Insostanza il S.I. é colui che, mediante la catarsi, ériuscito a poter rappresentare, in pieno, la potenzadell'Ordine. Egli é passato per riconosci-

mento di tutti i suoi superiori da una illumi-nazione iniziatica ad una unione con lavolontà iniziatica, del Cosmo ; é uno che ha

saputo fare della propria volontà iniziatica, la volon-tà stessa del mondo segreto. Poiché sta scritto nelTalmhud; "La Verità é di gran peso, scarsi sono i suoiportatori". E sta scritto inoltre ;"Cedi il tuo Volere alVolere, acciocché gli altri sacrifichino il loro volere".Via gerarchica: I SS.II. devono conoscere la storiadel mondo segreto nelle sue manifestazioni orientalied occidentali. Essi fanno parte di quella gerarchia,cioè di quella fratellanza Bianca che pervade con lasua opera di Amore tutto il mondo. Essi devono sape-re e sentire la loro genealogia divina per cui si puòdall'uomo, qual'é per accidens, risalire alla sua per-sonalità; da questa all'individualità! dall'individuali-tà per superiore, attraverso la linfa dell'Augoeide(Luz) risalire alle più sublimi manifestazioni delLogos nel suo misterioso respiro cosmico (Zim-Zum).5. Dichiarazioni di principio del Protocollo di uni-

ficazione degli Ordini Martinisti d'Italia 1962 :

…" L'Ordine Martinista ha per scopo il perfeziona-mento e l'elevazione spirituale per mezzo dello stu-dio, della conoscenza e della realizzazione dellaTradizione iniziatica. Combatte con tutte le sue forzel'ateismo e il materialismo in collegamento con lealtre fratellanze iniziatiche, combatte l'ignoranza edà al simbolismo la grandissima importanza che glicompete in tutte le serie iniziazioni. Non si occupa dipolitica e tanto meno di questioni di ordine religioso."Si uniforma alla tolleranza nei metodi di studio”(N.B.Quest 'ultima frase sui "metodi di studio" fuaggiunta nonostante il Nostro contrario parere edovemmo accettarla perché posti in minoranza).6. Dal Rituale di S.I. dall'Ordine Martinista

(Francia)

….“Sappi essere uno sconosciuto per coloro cheavrai tratto dall'ignoranza. Sappi sacrificare la tuaresponsabilità tutte le volte che agirai comeSuperiore. Così tu giustificherai le parole delSalmista: Non a noi Signore, non a noi la Gloria maal Tuo nome !"7. Per finire, Gerard Encausse, che Noi conside-

riamo il fondatore dell'Ordine ha dato

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questa definizione del titolo di Maestro :

...... "Il Maestro è dunque colui che arriva asacrificarsi, donando il suo essere in offertaper la" felicità dei suoi discepoli, e, allorchè si com-prenderà il simbolo del Pellicano e la legge misterio-sa, l'Iniziato ucciderà l’Iniziatore "…..Prima di proseguire, non dobbiamo però dimenticarealcune debolezze dell’essere umano (che magari noistessi possiamo aver rilevato e/o sperimentato in unoo più periodi della nostra vita) ovvero che senza averprovveduto a modificare la propria personalità trami-te la ricostruzione di una mentalità Tradizionale, ci sifa chiamare Maestri, non solo perché si riveste unacarica che dà comunque a questo titolo un valorepuramente indicativo (e su questo occorre sciogliereogni dubbio residuo), ma perché si ama esser lodati,sentirsi importanti o credere di esserlo. Così, almeno per quanto mi sembra di aver compresosino ad oggi, credo sia bene considerare che siamo

dunque tutti soltanto fratelli, sorelle e niente altro.

In sintonia a tutto ciò, e quindi collegandomi all’og-getto iniziale, mi permetto di riportare il pensiero cheAldebaran (Gastone Ventura) sintetizzava, nel perio-do agitato degli anni ‘60, con la sua consueta irruen-te capacità di sintesi; si tratta di una sorta di prome-moria, di decalogo operativo che proponeva comemetodo comune, al fine di consentire un camminosimile ed armonico per tutti i Martinisti; ovviamentee soprattutto per coloro che avevano od avrebberoraggiunto la qualifica di S.I. Guardando ciò che accade oggi, in generale nel cosid-detto mondo iniziatico, riporto il suo pensiero al solofine di evidenziare, come forse alcuni problemi nonsiano ancora stati seriamente affrontati e risolti:• Non ci si deve occupare di politica o di religione senon per ragioni di studi Tradizionali. Ciò non signifi-ca tuttavia che uno non possa o non debba aver ideepolitiche o praticare una Fede, ma che ciò riguardala sua vita privata, profana, e non deve interferire nelsuo giudizio. Ovvio che, per raggiungere la tranquil-lità interiore, politica e religione, debbono esseredimenticate poiché Uno é l'Assoluto per tutti e ovun-que e la politica é cosa soltanto terrena, e causa dicontro iniziazione;

• E’ necessario aver assimilato, e bene, quan-to fa parte dell'istruzione e dell'iter iniziaticodei gradi precedenti a quello a cui ci è stato

concesso l’accesso;• L'Ordine basa la sua forza sui SS.II. i quali, purliberi di rispondere alla propria coscienza si debbo-no comportare da uomini di onore.• Un S.I. deve conoscere molte cose ( anche per poterfar fronte alla pretesa di essere un autentico Iniziatoper cui deve saper riconoscere ciò che é giusto e ciòche non lo é , ciò che é Tradizionale e ciò che é anti-tradizionale) ma non deve pretendere di volere far ciòche non gli sarà possibile essendo la Iniziazione unavia lunga, faticosa e dolorosa che non si può percor-rere senza continue rinunce;• Si deve essere PRUDENTI, umili e buoni ;• I SS.II. possono esser inviati "in missione" in altriCoppi iniziatici o fratellanze similari per indirizzarlisulla retta via, richiamandoli al rispetto dellaTradizione e al rigetto delle false o mal interpretatedottrine, errori questi che portano alla contro-inizia-zione.• Il loro operato per il raggiungimento dello stato pri-mordiale non deve essere inteso come brama di pote-re individuale o personale ma come scopo per rag-giungere la condizione di entrata diretta nei “GrandiMisteri". • L'Amore é una delle regole per abbreviare la lungastrada intrapresa, e per giungere prima alla tranquil-lità interiore, prima tappa questa, da cui partire perpercorrere la strada dei Piccoli Misteri.• Chi non si attiene a questi principali doveri nonpotrà mai essere un Iniziato e tanto meno unSuperiore Incognito, ragion per cui o si pone auto-maticamente fuori della Catena Martinista o siaccorge, se uomo d'onore, della sua incapacità e siregola di conseguenza.

Aldebaran continuava poi precisando che da questinove punti si può comprendere meglio il compito delS.I.I. nel tentativo di istruire coloro che egli ha rice-vuto, seguendo la Tradizione, sulla via dellaConoscenza per la realizzazione dei Piccoli Misteri

(nell’ipotesi e nel tentativo di restaurazione

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dello stato edenico primordiale), convincen-dosi, però, che fino a quando non si sarà fattouna mente Tradizionale non si potrà maiaffrontare quanto previsto da una Iniziazione senzacadere nella contro-iniziazione. Inoltre, deve esserechiaro che per poter istruire altri, deve egli stessoistruirsi facendo bene attenzione a non deviare pernon porsi con i personali pensieri, con le parole, conle azioni (soprattutto quando si è “stretti all’angolo”)automaticamente fuori della Catena trascinando consé tutti coloro che lo seguono. Per quanto riguarda la "nomina" a S.I. é necessariocomprendere che è una trasmissione che si auspicadare a colui che la merita, ma che nel percorso inizia-tico non é che un passo formale in avanti, e non unosostanziale che, al contrario, dovrà essere compiutonell’intima interiorità.Da tutto ciò si può comprendere la necessità di unprogramma di studio e d’istruzione per i tre gradi delMartinismo, possibilmente di tipo unico, tenendo pre-sente che bisogna combattere le false dottrine e perquanto opportuno, uscire da una cultura che è rivoltasoltanto ai fini umani nel senso più materiale ed é lanegazione di ogni fatto, questione, idea, Tradizionale. Deriva infine il bisogno assoluto di comportarsiritualmente, non nel senso comune di seguire unrituale che, il più delle volte, senza modificazionedella personalità ed ancora oggettivamente predadelle passioni, é solo una semplice e spesso “vuota”cerimonia, la quale non è, né può essere un rito, cheper quanto si può intuire si apprende naturalmente, disolito attraverso la via sanguigna, allorchè, dopo unduro lavoro interiore, si sia iniziato a fissare una men-talità Tradizionale.

Dopo tutte queste considerazioni, credo sia importan-te recuperare il concetto in funzione del quale unMartinista è, o per lo meno dovrebbe essere, essen-zialmente e per generale definizione un UOMO DI

DESIDERIO.

Ovviamente, è necessario farsi un’idea di che cosa sipotrebbe intendere Tradizionalmente con questaparola. Cosa possa essere ad esempio il desiderio diritorno alla forma “androgina” di cui si man-

tiene il ricordo probabilmente nel “sangue” enell’anima, non credo sia qualche cosa di cuisi possa avere percezione intuitiva e/o consa-

pevole con grande facilità o che possa essere alla por-tata di chiunque non abbia proprio quel desiderio.A tal proposito, mi permetto di accennare a quantoscriveva Nostro Venerabile Maestro, il FilosofoIncognito Louis Claude de Saint Martin nella suaopera "le Ministere de l'Homme Esprit"….. “il desiderio risulta dalla separazione o dalladistinzione tra due sostanze simili, sia per la loronatura o per le loro proprietà; e quando la gente almassimo dice che non desidera, che non sa cosavuole, noi diamo la prova che se desideriamo qualco-sa, abbiamo assolutamente bisogno di avere in noiuna parte di quella cosa che desideriamo "……..Ne potremmo dedurre che é necessario, o quantomeno utile o desiderabile che colui che si avvia sullastrada dell’Iniziazione possieda questo desiderio eche esso sia insito in lui. Chi non lo dovesse possedere e “subisce”un'Iniziazione solamente per curiosità, brama diconoscenza di cose nuove o per altri motivi ancorameno nobili, può anche darsi che non diventi mai unIniziato. Infatti, il più delle volte non completerà ciò che haintrapreso o, nella peggiore delle ipotesi, si lasceràindirizzare verso tendenze che portano alla contro-iniziazione, non riuscendo ovviamente a distingueretra ciò che é Tradizionale e ciò che non lo è.Sarebbe quindi bene ricordare una frase di Stanislasde Guaita:…… Tu sei Iniziato, colui cioè che altri hanno postosulla "Via". Sforzati di divenire Adepto : colui che haconquistato la scienza da sé; in una parola il figliodelle sue opere……

Riguardo ad opere ed a metodologie di ricerca, vale lapena accennare brevemente ad un argomento che haprovocato e provoca ancora oggi non pochi problemid’incomprensione.Alcuni attribuiscono particolare importanza alle“diversità” tra la via “cardiaca” e la via "teurgica". In

effetti, a mio avviso (ma non solo mio),

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si potrebbe trattare di due facce della stessamedaglia, dove l’obiettivo è comunque con-seguire un contatto con la Divinità.In un caso, si segue la via interiore e la preghieradiretta; così le invocazioni salgono, auspicabil-mente, dall'individuo, assieme alla sua essenza, allasfera Divina.Nell’altro, si segue quella un poco più esterna; leinvocazioni si servono di “intermediari” (a cui tral’altro si chiede di dare segno della loro presenza) trail postulante e l’assoluto. Ovviamente, non entro nelmerito della valutazione di possibilità di successoriguardanti entrambe tali procedure, ma i suggeri-menti che si possono dedurre anche dai vademecumoperativi, potrebbero indurre a comprendere comealcuni contatti vadano previsti in successione e adogni modo che, se non si ha la capacità di “salire”,almeno un poco, magari a seguito di un mutamentodella personalità, sempre più libera dalle scorie, ognitentativo di collegamento non ha grandi possibilità diriuscire.Sovente, poi, tali metodologie, vengono associateforse impropriamente a concetti di via "umida" e divia "secca". Esprimo questa perplessità, dal momentoche entrambe le due ipotetiche vie Martiniste sonoriferite più propriamente ad un ambito di preghiera,tramite cui si “implora” la Grazia Divina, e non certoa “forzare la porta dei Cieli”, o di altri luoghi. Ad ogni modo, forse noi uomini, nella condizione di"caduti", se tali siamo e rimaniamo, possiamo trovaregià straordinariamente difficoltoso immaginare ditentare di andare più in là della reintegrazione indivi-duale o dello "stato primordiale" contemplato nell’i-potesi di realizzazione dei Piccoli Misteri, legaticomunque alle cose del mondo. Eppure, coloro che cihanno preceduto hanno accennato in ogni tempo ed inogni luogo alla possibilità di una ReintegrazioneUniversale, tramite un’arte sacerdotale finalizzataalla realizzazione dei Grandi Misteri che prenderebbeavvio solo dopo che i Piccoli Misteri possano avertrovato compimento. Solo giungendo alla vetta deiPiccoli Misteri si verrebbe probabilmente a possede-re, nella sua pienezza, tutto quello che è necessarioper l'esercizio di qualunque funzione succes-

siva.In tale ambito il mondo visibile e materialesarebbe trascurato, le origini stesse

dell'Umanità verrebbero superate per indirizzarsi alraggiungimento, o meglio l'annientamento del Tuttonell'Uno. Sarebbe la scomparsa reale della materia equindi dell'Umanità come oggi la intendiamo, checosì ritornerebbe, in puro spirito, al suo Creatore. Da queste considerazioni, si potrebbe dedurre che seTradizionalmente l'uomo, alla sua origine, possedevamolteplici possibilità corrispondenti ad ogni funzio-ne, è abbastanza evidente che poi ne perdette qual-cuna, ma, per quanto ci è dato d’intuire, gli rimase lacoscienza istintiva di esse. In successivi stadi, o cicli di “caduta”, è probabile chesiano intervenuti ulteriori distacchi dalle sue capacitàprimordiali, unitamente a conseguenti periodi dioscuramento; quindi, non è affatto da escludere ancheuna progressiva perdita di coscienza di tali capacità. Per tali motivi è possibile che sia intervenuta laProvvidenza Divina, consentendo la possibilità ovun-que ed in ogni tempo delle creazioni di trasmissioniriguardanti gli “input” spirituali, tramite l’Iniziazioneed i molteplici percorsi Iniziatici; opzioni probabil-mente ormai necessarie, indispensabili, per permette-re all'uomo di ritrovare, con la coscienza di sè, l’anti-co stato anteriore.Sembrerebbe cosi, che nella maggior parte dellesituazioni, per tentare di ritornare allo stato primor-diale cioè alla realizzazione della reintegrazione indi-viduale, sia necessaria una INIZIAZIONE sviluppa-ta per gradi, o meglio di una serie ininterrotta di tra-smissioni concatenate che risalga fino all’auspicabilerestaurazione di quello stato primordiale, indispensa-bile per avvicinarci alla porta dei Grandi Misteri;ovvero per avere la possibilità di accedere ai pianidegli stati superiori dell'Essere. I Maestri passati ciricordavano, a tal proposito, che Tradizionalmente,intraprendendo un simile tentativo… “non bisognamai disgiungere il desiderio del raggiungimento deiPiccoli Misteri da quello dei Grandi Misteri, altri-menti si cade nella contro-iniziazione con tutte leconseguenze che ne derivano”.

Giunto a questo punto della dissertazione,

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diviene per me necessario fermarsi qualcheistante e meditare su alcune ineludibili consi-derazioni che attengono alla nostra natura. Credo, infatti, possa rivelarsi estremamente vano, esoprattutto controproducente, autoproclamarsiADEPTI di questa o di quella scuola-organizzazione,ed INIZIATI del Tempio esteriore o interiore (sem-pre riferendoci alla via dei Piccoli e dei GrandiMisteri) se per caso non si é in grado, né si é ancoraincominciato a rendersi superiori ai bisogni materialied alle cupide passioni ad essi collegati. Proclamarsi questo o quello, in funzione di soli attiesteriori e d’insegne esibite orgogliosamente, sarebbecome, nella migliore delle ipotesi, per fare un qual-che esempio riconducibile alla comune vita sociale,farsi chiamare, auto eleggersi e pretendere di esserericonosciuti come architetti, ingegneri, fisici, mentrenon sì é ancora in grado di comprendere neanche unaformula elementare di matematica o di chimica, né direndersi conto di come é stata costruita. Similmente, si potrebbe in tal modo intuire che averevelleità di affrontare operazioni "secche" o invoca-zioni varie non sapendo a ciò cui si va incontro ed achi sono veramente indirizzate ( credo che scoprirlonella nostra epoca, possa rivelarsi molto problemati-co, ammesso e non concesso che, tra tanti che ne par-lano, ci sia ancora qualcuno in grado di descriverloveramente), sia come il voler costruire un fabbricatosenza disporre dei materiali adatti, non conoscendoliaffatto e non conoscendo neanche le elementari pro-cedure di costruzione. Nella migliore delle ipotesi é ovvio che non si potràcostruire l’edificio, ma se, per caso, ci si dovesseriuscire, quasi certamente crollerebbe subito dopo tra-volgendo i suoi costruttori, lasciando tracce affattobenefiche. Questo potrebbe essere considerato unesempio dei risultati, degli effetti operativi conse-guenti ad una scelta contro-iniziatica.Concludo accennando alla necessità di fare attenzio-ne ad alcune non chiare tendenze attuali di aspirazio-ne verso quella che dovrebbe identificarsi come lareintegrazione universale, cioè lo stato di conoscenzae di "azione" del e nel sopra umano (Grandi Misteri),finalizzato sempre e comunque al ritrova-

mento cosciente del contatto con Dio. E’ innegabile che, al momento, si assiste adun’enorme confusione di informazioni nel

mondo, con la possibilità (mantenendosi nel solocampo della buona fede delle fonti) di ricavarneanche una completa incomprensione di quanto possaessere Tradizionale nel senso puro del termine.Infatti, non di rado, si può confondere una questionepuramente spirituale, super umana e quindi superiorealla materia ad ai suoi bisogni, o metafisica, con ini-ziative sociali, aspirazioni politiche, ecc. Il tutto,comunque, solo in funzione di necessità corporali edella materia, con buona pace o addirittura in modoantitetico a ciò che caratterizza ogni Iniziazione e leTradizioni Reale e Sacerdotale.Se anche accidentalmente, immersi in un guizzo difantasia, avessimo vagheggiato di immaginare diessere ciò che non siamo, dimenticando di non essereneanche in grado di svolgere le attività dei paggi,degli scudieri o dei serventi, dei sagrestani, al servi-zio dei veri Re-Sacerdoti, sarà opportuno ritornarecelermente alla consapevolezza di noi stessi e deinostri limiti..Se al contrario, continueremo a cercare di essere sem-pre meno intrisi di scorie, di fare quanto ci é possibi-le, per trasmettere in purezza di intenti e secondo laTradizione, almeno il desiderio di un ritorno alla statoprimordiale, se riusciremo noi per primi a salire versol’alto con le nostre preghiere in modo da riuscire adessere semplicemente visibili, ascoltati, e poi (sullascorta di quanto saremo riusciti a “sperimentare”nella nostra intimità), ad insegnare ad altri come pernoi sia stato possibile farlo, allora è probabile che noi,unitamente a tutti i Fratelli e le Sorelle, possiamorisultare, tramite il messaggio Martinista, ancora utilie funzionali alla diffusione della Tradizione

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Attualita' del messaggio

Martinista nella societa'

contemporanea

CHEN S:::I:::I:::

Vorrei introdurre l’argomento, iniziando dal discor-

so della montagna di Matteo: “beati i miti perchéavranno in eredità la terra; beati i misericordiosi per-ché troveranno misericordia; beati i puri di cuore per-ché vedranno Dio”. Questi non sono comandamentiné trascendenti redenzioni, piuttosto garantiscono laforza necessaria tra gli uomini per la pace sulla terrae, principalmente, per onorare l’Alleanza con Dio.L’attualità del messaggio martinista, non può chepartire da questi assunti, poiché essere miti, miseri-cordiosi, puri di cuore trasforma naturalmente laparola in azione, anzi in azioni collettive perché siparla non al singolo ma al popolo, a molti, che met-tendo in pratica la parola hanno imparato a saperessere, a vivere in armonia in funzione della libertàdata all’uomo da Dio.A proposito di libertà, non posso non fare riferimentoal profondo pensiero di Pico della Mirandola secondoil quale, l’uomo è libero di scegliere ciò che vuolediventare, poiché Dio ha posto nell’uomo una inde-terminatezza che è la sua propria natura e che si rego-la in base alla volontà, cioè all’arbitrio dell’uomo chepuò condurre tale indeterminatezza dove vuole.“...Tu ( uomo), non rinchiuso in stretti confini, secon-do il tuo libero arbitrio a cui ti ho rimesso, determi-nerai la tua natura … non ti ho fatto né celeste né ter-reno, né mortale né immortale, affinché ti foggi da testesso la forma che preferisci ... potrai degenerareverso gli esseri inferiori, i bruti, o rigenerarti verso isuperiori, i divini, a tuo esclusivo giudizio”.

Dunque, l’uomo può innalzarsi sino a Dio odiscendere sino ai bruti; in sostanza, puòdeterminare da se stesso il proprio destino,

poiché non è né animale né angelo, ma può esserel’uno o l’altro, secondo la “coltivazione” di alcuni trai semi di ogni genere che sono stati posti in lui.Anche l’ uomo di oggi come quello di ieri, con il suosguardo domina le cose e può diventare quella cosache vuole, ma il suo fine è trascendere ogni principiosino all’unione mistica con la divinità che egli ritrovaal centro del suo cosmo interiore attraverso lo spiri-to, in una tensione verticale verso una meta non crea-turale. Proprio in ragione della sua libertà, il martinista oggideve voler crescere, migliorare, trasformare il mondoe se stesso, la sua dignità consiste nel suo saper esse-re, in un continuo divenire, in tal modo egli forgia ilsuo destino di uomo di desiderio.Si delinea così la nostra identità di iniziati, di uominidi desiderio, che va ricercata nella nostra libera ade-sione alla corrente spirituale martinista, ma consape-volmente rinnovata a noi stessi nel tempo, affinchél’abitudinarietà perniciosa non prenda il sopravvento,non renda monotono e cristallizzante il percorso chepotrebbe invecchiare con noi (l’espressione è crudama credo renda bene l’dea, specie a chi questo cam-mino l’ha intrapreso da molto tempo).Nella società contemporanea noi possiamo agire inbase allo stato della nostra evoluzione, per mezzodella meditazione e della preghiera e, tra non pochedifficoltà, potremo costruire la nostra specifica natu-ra spirituale ed umana.Anzi, penso che si debba cercare ciò che libera dal-l’equivoco di essere uomo martinista o martinista nelsociale, non vi sono differenze, ciascuno di noi è unaunità, pertanto, solo lavorando su noi stessi, solo per-correndo la strada del fine e non del mezzo, solo ana-lizzando in concreto l’uomo di desiderio che è in noi,possiamo intuire la nostra ricaduta nella società con-temporanea, magari applicando il rasoio di Occamper eliminare tutto ciò che è superfluo. Purtroppo, le divisioni che imperano nella societàallontanano sempre di più dal concetto di fratellanza

e forse il nostro compito, se mi è concesso,

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è quello di essere garanti di un presentemigliore con valori esoterici autentici.Certo, questo percorso è difficile e anche unpo’ utopistico, però, avendo sulla mia scrivania laTorah, libro di 2000 anni, e il mouse, prodotto di unasocietà tumultuosa, ho la consapevolezza che la“nostra” natura in fondo non è cambiata, quel libroche le mani dell’uomo antico hanno stretto e scritto,oggi le mani di milioni di persone ancora stringonoanche se attraverso il mouse.Dunque, voglio sognare un martinista che con la suascienza, la sua filosofia, la sua conoscenza, in doppionodo di amore, dia quel valore aggiunto e sappia con-dividere i suoi dubbi nel mondo profano, in quellasocietà che è anche sua e in cui egli vive.E’ chiaro che il pericolo strisciante può essere la ten-tazione di cercare percorsi iniziatici “esclusivi”, diritrovarsi belli insieme perché si ha tanto di “uguale”da condividere, tanto di “simile” in cui specchiarsi,tanto di “meglio” in cui essere, dove la tentazione disentirsi gli eletti, i migliori, segna soltanto la stradaopposta ad un reale cammino “in progress”, dove ledifferenze sono il segno reale della nostra e dell’altruicrescita. I cambiamenti avvenuti in questi decenni ci hannofatto comprendere che le idee devono incontrarsi,“creare significa ricombinare” scrisse il biologomolecolare Francoise Jacob, “l’evoluzione si innalzaquando si condividono le proprie idee e solo dal dub-bio nascono dei miglioramenti”.Infine, mi sia concesso affermare, come martinista,che la virtù sta nel mezzo, “in medio stat virtus”,questo detto è un invito a cercare equilibri, non dico-

tomie tra noi e il nostro tempo, non vibrazio-ni discordanti, basterebbe a mio avviso, daread ogni mezzo il proprio posto naturale per

affermare “Ut unum sint” oltre che come discorsoecumenico, anche come catena d’amore fra i vari per-corsi esoterici e sociali.

CHEN S:::I:::I:::

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UN' IDEA

SULLA BELLEZZA

HASID S:::I:::I:::

In verità, dice Plotino, non c'è bellezza più autentica

della saggezza che troviamo ed amiamo in qualcheindividuo, prescindendo dal suo volto e dalla impec-cabile sua natura fisica che può essere brutta o grade-vole, e non guardando affatto alla sua apparenza, cer-chiamo la sua bellezza interiore che si identifica conl'amore e l'apertura del cuore. Senza confondere dis-armonia con disordine e a volte proprio una realtàordinata determina una condizione di disarmonia easimmetricità.Molti hanno cercato di definire principi di bellezzavalori estetici accettabili: ciascuno esprime concettipropri.Il poeta Paul Valery ha con eleganza aggirato l'osta-colo sostenendo che è bello ciò che ci fa disperare.L'uomo moderno non si interessa più del problema,ha lasciato trionfare lo spirito del relativismo ed havanificato i tentativi di ridurre i molteplici aspettidella bellezza in un ideale unico simile a quello degliantichi.L'arte moderna ha rifiutato e cancellato l'idea dellaperfezione inducendo lo spettatore a ritenere che ilbello sta in tutte le cose.Nel periodo classico della Grecia antica e più ancoradurante il Rinascimento italiano si parla di "Canone"di bellezza come principio, modello o ideale.La parola pare derivi dal nome di una statua eseguitada Policleto per Erodoto e quest'ultimo vedendolacosì perfetta la chiamò Canone.Si potrebbe dire che esiste una regola, una misurazio-ne. Esistono veramente regole e misure solo chevariano. Sono diverse per ogni popolo e mentalità.Ciò che era bello per i greci sicuramente non lo eraper gli indiani e viceversa, così l'uso che avevano ledonne del Giappone dell'XI sec. di tingersi di

nero i denti non veniva di sicuro apprezzatodalle donne di un altro popolo che non tene-va questa usanza.

Per non dire di quelle donne africane che usano anco-ra allungarsi il collo con degli anelli.In India, la bellezza di una donna è principalmenteuna qualità interiore, essa rappresenta il segno pro-fondo dell'equilibrio psico-fisico che ha realizzatocioè il suo DHARMA.È difficile che si dica ad una donna che è bella seprima non ha superato i cinquant'anni, la bellezza èuna convenzione arbitraria e misteriosa caratteristicadi ogni società.Ma questa non è neanche possibile perché ci sarà unconcetto uguale per tutti della bruttezza e della bel-lezza.Vi sono persone troppo grasse, altre troppo magre, ecolori che contrastano fortemente tra di loro dandofastidio. Parlando di opera d'arte si può dire che unacattedrale è bella che una madonna di Raffaello lo èancora di più, ma che dire della " testa della medusa"del Caravaggio, e delle figure femminili col collolungo del Modigliani?È vero che ci sono delle persone che si muovono inun aura di bellezza che Salvador Dalì chiamava“Bella pitagorica”. Ma anche in questo caso non si ètutti d'accordo. Nel Macbeth di Shakespeare si diceche "l'Orribile è bello e il bello è orribile".Sembra impossibile dare una definizione a ciò che citocca da vicino.Armonia, bellezza è troppo difficile è un misteroimperscrutabile.Ma se è vero che la bellezza è eterna, il punto di par-tenza dovrebbe essere il deserto, luogo di tutti gliinizi. È nella terra dell'Egitto, infinita pianura, sullaquale il Nilo con il suo corso da Sud a Nord e quellodel Sole da Est a Ovest, forniscono le coordinate diuna mappa ideale, dove la geometria non è solo frut-to di ragionamento e l'atemporalità caratterizza unorizzonte traversato ciclicamente dal sole e tagliatodal fiume, una costante di vita tra due rive d'eternità.In questa terra di costanti, la geometria, è nata dal-l'incontro rituale tra la luce e lo spazio. Simbolo dei

simboli, quest'incontro sacro costituisce e

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rivela l'essenza stessa della relazione estetica.Viceversa la montagna è l'affermazione ditutto ciò che il deserto non è.Il deserto non ha memoria, non ha storia ed è apertoa tutte le possibilità. Esso rappresenta il punto di par-tenza della storia.La montagna è memoria, conserva tutto ciò che iltempo traccia. Ma non è il vento a plasmare la suaforma nè la pioggia.1. Dare forma significa rendere visibile; quindi è ilsole il primo artefice delle forme.La sua luce descrive i contorni e definisce migliaia dipunti di vista e di rappresentazione.Illuminando, il sole dà forma alle masse poliformeprovocando una nascita, una venuta alla luce, l'occhioimitando il sole, crea le cose in tutta la loro bellezzae l'atto creativo inaugura il tempo incidendo anche lasua storia.La mani dell'artista permea la pietra, incidendovi unamemoria destinata a durare per l'eternità.Ed è per questo che ogni artista ha rispetto per lefamose quattro "Convenzioni" o rituali del mestiere,la prima è la legge delle proporzioni ideali.Laddove le sculture modellate dal vento possonoessere modificate da altri venti, l'artista domina l'ero-sione, guida il vento e gli impone le sue leggi.In questo modo il gesto del pittore e dello scultore,raccontato secondo regole sovrumane sfugge alla sto-ria e viene scritto nell'eternità. Tutto viene eseguito inaccordo alle regole auree e ciò dimostra che la bel-lezza non è una convenzione personale poiché ilpunto di vista prospettico non è personale ma è quel-lo del sole, la visione dell'occhio assoluto, aldilà dellaquale ogni interpretazione soggettiva diventa un'illu-sione.I pittori della Cina antica hanno aspirato a creare untotale comunione con la natura e la loro arte dovevacontribuire a questa unione poiché creando partecipa-vano al mistero della creazione godendo di una con-dizione quasi divina.Alla base di tutto il pensiero estetico cinese, vi è unavisione filosofica che ha come principio la nozione di"Vuoto".Tale concezione non era qualcosa di vago e di

inesistente, ma una dimensione dinamica edessenziale della vita dell'uomo e dell'univer-so caratterizzato da un perfetto equilibrio del

soffio vitale e della dualità: yin-yang, al centro delquale era possibile conquistare la vera pienezza dellabellezza.Era proprio, attraverso il vuoto, che gli esseri umanipotevano raggiungere una visone globale dell'univer-so e cogliere la bellezza.La distinzione tra "Esterno" ed "Interno" viene aboli-ta instaurando una forma di comunione diretta tratutte le cose dove la realtà lentamente fa spazio allaverità.E questo segna il punto che fa distinguere il piaceredalla felicità che il "BHAGAVAD GITA" (indiano)indica come l'essenza della bellezza.Il piacere è individuale ed egoista, accidentale e rela-tivo, mentre la felicità apre le porte dell'assoluto edell'infinito.Essa è pienezza, equilibrio, pace. Essa è amore.Ed è proprio un canto d'amore, ritrovato in una tombadel V sec. a.C. Nella città di Tebe, che ci fa capire chela bellezza è amore, apertura del cuore, che possiamoottenere attraverso la preghiera, così come insegna ilnostro V::: M::: L.C. de Saint Martin.

HASID S:::I:::I:::

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Una societa' fragile

ed il mandato incognito

MENKAURA S:::I:::I:::

Per questo mio piccolo intervento prego umilmente

chi avrà la bontà di leggerlo, di perdonare un'argo-mentazione che, a prima vista, potrebbe apparire pro-fana, ma che, in realtà altro non è che il risultato diosservazioni e considerazioni che, a mio parere, sol-levano alcuni dubbi su contenuti del nostro essereMartinisti non ancora palesi ed effettivi (e speriamoche mai lo siano!) ma che fanno parte comunque dellacomune sensibilità di tutti coloro i quali condividanol'affermazione di vivere in un universo teleologica-mente orientato e, in conseguenza di ciò, con valenzeescatologiche.

Ciò era ben più chiaro e presente nei secoli bui, ovemillenarismi vari e profezie escatologiche (le varieApocalissi) facevano parte, a buon diritto, del vissutoquotidiano e costituivano per il credente non già unaremotissima possibilità legata ad eventi catastrofici,ma una evenienza di possibile realizzazione nella vitadi ciascuno, come l'arte sacra rammentava soventecon i suoi richiami alla morte ed al Giudizio.

Tale atteggiamento è tuttora riscontrabile, ad esem-pio, fra gli ebrei della Hassidut, che vivono nell'a-spettativa quotidiana del Moshiach e che al culminedella gioia (Simcha) della festa, ballano e invocano“We want Moshiach now !!!”, cioè la fine del mondocome noi lo conosciamo.

In altre e più semplici parole, nella Weltanschauungdel credente spesso è inerente (come nella nostra tra-dizione Giudaico-Cristiana) la previsione di un even-to finale, un Giudizio, nonché l'accettazionedi altri interventi celesti, a carattere non defi-nitivo, ma comunque con gravi conseguenze,

quali la distruzione della Torre di Babele equella di Sodoma e Gomorra.

In ragione delle grandissime conquiste scientifichedell'Umanità. avvenute dal Secolo dei Lumi ai nostrigiorni, è indubbiamente anche cambiata la nostrapercezione dell'Evento Finale e degli eventi chepotremmo definire “minori”, con il risultato di modi-ficare il nostro pensiero di “credenti”, o meglio dialterare quei contenuti che noi comunemente associa-mo a tale condizione ed il cambiamento sicuramentedi maggiore entità è stata la nostra percezione delGiudizio Finale o della possibilità di subire un dis-astro naturale di tale portata da mettere a rischio ilnostro stile di vita (magari perché considerato offen-sivo come quello di Sodoma e Gomorra).

Orbene nella mia prospettiva di uomo moderno e glo-balizzato debbo confessare che anch'io, pur essendocredente e quindi potenzialmente dotato di una sensi-bilità verso i temi del Giudizio e della possibile finedei tempi, mi sono sovente adagiato su di un senso di(falsa) sicurezza dell'immutabilità del nostro benesse-re, atteggiamento in me instillato dall'impressioneche la scienza ed il progresso (i due miti che giustifi-cano oggidì il vendere la propria anima alla Società diMammona) avessero reso impossibile eventi tali damettere in pericolo il mondo così come noi lo cono-sciamo.

Così a volte mi è occorso di vivere giornate in cui,malgrado la Fede e la Speranza che derivano dalnostro percorso, ho provato ugualmente un lievesconforto nel contemplare la cd. società globalizzata,questo Moloch orrendo, con il corpo enorme compo-sto di cellulari, automobili, gadgets elettronici vari edi tutti quei beni materiali che sono considerati indi-spensabili alla sopravvivenza, ed in quelle occasionimi sono sentito inadeguato alla battaglia contro forzecosì grandi e possenti.

In una di queste occasioni mi trovavo inInghilterra e mi capitò, per caso, di vedereun documentario televisivo, molto rigoroso

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sul piano scientifico, il cui oggetto era ilcosiddetto “Rischio Esistenziale”, ovvero glieventi naturali o artificiali che potesserocostituire un serio pericolo alla sopravvivenza dellasocietà così come noi la conosciamo.

Confesso la mia precedente personale ignoranza dimolti degli argomenti trattati in quella sede.

Ero a conoscenza della eruzione del vulcano Laki inIslanda del 1783, che alterò il clima europeo e provo-cò un grande numero di piogge acide cagionando unaserie di raccolti catastrofici sino al 1788, e che,modernamente, molti storici considerano una dellecause maggiori della Rivoluzione del 1789 inFrancia.

Non ero a conoscenza, invece, della tempesta solaredel 1859 (Carrington Event) che disabilitò la quasitotalità dei telegrafi in Europa e Nord America (uni-che apparecchiature elettriche di vasta diffusioneall'epoca), in qualche caso fulminando gli operatoriaddetti e che, oltre alla possibile ricorrenza naturale,potrebbe essere anche ricreata artificialmente damalintenzionati in possesso di ordigni nucleari (ilpericolo di una crisi EMP, Electromagnetic pulses, èuno dei maggiori timori della Difesa degli U.S.A.).

Non avendo dati precedenti al 1859, non sappiamoquale possa essere la ciclicità di tempeste solari ditale potenza, ma sappiamo che gli effetti sulla nostrasocietà sarebbero sicuramente tremendi, con il bloccopressoché totale di trasporti, comunicazioni, internete via dicendo. Alcuni scienziati hanno stimato iltempo minimo per il ritorno alla normalità in almenodue, tre anni, ma con effetti sociali incalcolabili (sipensi alle grandi città per due anni senza servizi).

Il documentario si occupava poi di altri simili eventipossibili, quali l'esplosione di uno dei supervulcani(l'ultima a Toba, circa 70.000 anni fa, per molti stu-diosi quasi provocò l'estinzione della razza umana)ovvero una pandemia di virus simili ad Ebola, oltre aipiù ovvi rischi legati a guerre più o meno

locali.Approfondendo la materia appresi che, sial'Università di Oxford, che quella di

Cambridge avevano creato due istituzioni, rispettiva-mente il Future of Humanity Institute (FHI) e ilCentre for the Study of Existential Risk (CSER),esclusivamente dedicate allo studio e la possibile pre-venzione/mitigazione di questi accadimenti.

Personalmente non sono mai stato né un millenaristané un catastrofista ma leggendo il materiale edito daquesti due prestigiosi istituti, mi sorse il dubbio che ilMoloch invincibile avesse piedi d'argilla, per di piùposti su di un terreno sabbioso e malfermo, ed ulte-riori considerazioni mi vennero spontanee.

In primo luogo la riconferma del terribile ed accecan-te orgoglio dell'uomo (a partire da chi scrive) chedimentica costantemente il suo essere nulla di frontealla potenza del Creatore. Questa Società ha nella suamaggioranza perso il Timore del Signore (YratAdonai) e pensa di poter procedere su di una stradacostante di ricchezza e progresso. Come ho tentato didimostrare innanzi, la stessa scienza è di parere diffe-rente.

In secondo luogo la sempre più folle corsa di questalocomotiva del progresso, che poco, o nulla fa permetterci al riparo da pericoli reali e scientificamenteprovati (la prevenzione/mitigazione dei disastri non èmai stata una priorità per la quasi totalità di chi deten-ga il potere, al massimo si interviene post eventumper placare la pubblica opinione) continua a sperpera-re risorse senza preoccuparsi del nostro futuro.

Un esempio su tutti: la CEE per decenni ha conserva-to ed accumulato il surplus di produzione agroali-mentare in enormi depositi, in caso ci si fosse trovatia fronteggiare una crisi alimentare, o quali aiuti pernazioni extracomunitarie colpite da calamità naturali.Tali depositi sono stati aboliti negli ultimi anni (acausa dei tagli di spesa) ed il 2014 sarà probabilmen-te il primo anno in cui la Comunità Europea non

riuscirà a coprire il proprio fabbisogno

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cerealicolo con la produzione interna e saràcostretta ad acquistare da altri paesi (ma idepositi, che ci ricordano la storia diGiuseppe ed il Faraone, non ci sono più).

A questo punto le mie considerazioni abbandonaronoil piano secolare, materiale per riconnettersi con lamia essenza più profonda, con il mio essereMartinista.

Mi chiesi come avrei reagito, se fossi stato partecipedi un evento tale da travolgere in tutto od in parte lanostra società ipertecnologica, se avrei avuto la forzadi rialzarmi, di aiutare gli altri a superare lo shock ter-ribile di aver perso tutti gli idoli oggi adorati e,soprattutto se avrei avuto la forza di ricostruire,magari, una società diversa basata sui principi a noitramandati dal Martinismo.

Sorprendentemente il Martinista che vive in me nonmi sembrò molto turbato alla prospettiva di una vitasenza televisione e computers, ma con tanti rapportiumani e con la consapevolezza che i valori a noi piùcari non dipendono da eventi esterni, ma solo dalnostro rapporto con l'Ain Sof ed ogni timore di un taleevento svanì nella gioia di sapere che la nostra Via èimmutabile ed indifferente anche alla più catastroficadelle occorrenze...e sia fatto il volere del Signore.

Mi domandai, in conseguenza, se nel mandatoMartinista, quello che accettiamo con l'Iniziazione eche si amplia via via salendo di grado, non fosse con-tenuta una clausola ancora incognita, da leggersi“solo in caso di....” e speculai sul possibile contenu-to di tale possibile, nascosta, previsione.

Immaginai, quindi, un possibile futuro ove, nellosmarrimento generale, la presenza di un Martinismoforte e diffuso avrebbe potuto portare serenità e,soprattutto, un contributo alla costruzione di unacomunità maggiormente fondata sui Principi che noiseguiamo.

Ovviamente credo che ognuno di noi possa

offrire un valido e diverso pensiero a questoriguardo, in quanto trattasi di speculazioniaffatto personali, ma alcuni concetti inerenti

e conseguenti a questo scenario, credo che possanoessere condivisibili da molti.

Credo, però, che sia un obbligo per tutti noi, chieden-do scusa a chi ha già intrapreso questa via, di recupe-rare almeno in piccola misura il pensiero sul Giudizioe sulla fragilità delle cose umane, non solo a livelloindividuale, ma anche a livello collettivo, contem-plando anche il caso del possibile collasso dellanostra società.

In altre parole, con tutti i nostri limiti, dovremmo cer-care di essere preparati a perdere tutto sul piano mate-riale, ma a sorgere ancora più forti nella nostra mis-sione Martinista, sia per noi stessi, sia per i meno for-tunati, che tale ricchezza non posseggono.

Ciò che compiamo oggi qui a Padova e ciò che com-piremo in futuro per rendere il Martinismo più forte epiù unito nella Luce della Verità, costituisce un sicu-ro adempimento del nostro mandato, anche di quellapossibile parte che, eventualmente, oggi non è visibi-le.

L'indubbia attualità del Martinismo (di cui tantiFratelli hanno molto meglio di me reso testimonian-za) si mostra anche nella necessità per noi di dare ilmassimo contributo alla costruzione delle fondamen-ta del suo futuro.

Se da oggi noi ci impegneremo con tutte le nostreforze, non solo avremo cercato di migliorare la socie-tà come attualmente la conosciamo, ma saremo pron-ti anche ad affrontare le terribili conseguenze di un'e-ventuale crollo di quest'ultima, con la consapevolez-za che ogni vero Martinista dovrà essere pilastro difondazione di questa nuova umanità.

MENKAURA S:::I:::I:::

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MASCHERA

E TRILUME

RE-PRA S:::I:::I:::

Il problema non è “ ESSERE “.

L’essenziale è “ ESSERE”.L’essenza dell’ESSERE del “SE” più profondo.ESSERE Iniziati in ogni luogo e tempo.ESSERE in viaggio verso il centro.ESSERE dentro l’essenza.Essere per non dimenticare.Allora il SE sarà al di la del tempo e dello spazio, eogni luogo e ogni tempo sarà sempre l’inizio e la finedel tempo e dello spazio; i due principi che unisconoil tempo e lo spazio cesseranno di esistere, e l’inizia-to sarà luce che illumina il tempo e lo spazio degliuomini.Egli, non sarà più uomo del tempo.Sarà uomo dei tempi e dello spazio.Saprà adattarsi in ogni luogo e in ogni tempo perchéin Lui vive la luce che governa il tempo e lo spazio.Sarà piccolo come un granellino, ma potente nelleconoscenze.Protetto dalla luce del mantello, saprà affrontare iltempo, lo spazio e i luoghi dove si troverà, con sag-gezza e sapienza.La luce del Tritume gli ricorderà che le sue azionisaranno in corrispondenza con i tre piani divini, e coni tre piani fisici e animici.La maschera gli ricorderà che dovrà agire da umano,con corpo da uomo e con spirito dell’ ESSERE. Egli (L’ESSERE) saprà individuare il centro.L’ESSERE saprà come adattarsi senza dissolversinella selva umana perché Egli VIVE nel SE.E se con la maschera (nera) l’iniziato martinista hacancellato la propria personalità contingente (l’eternamaschera tragica che inconsciamente egli presenta almondo e a sé stesso in funzione di un determinismopsicofisico casualmente organizzato) per

costruire, o, meglio, riscoprire (scoprire dinuovo agli altri e a se stesso) ciò che in lui viè di vero e di eterno, cioè l’eterno SE, e con

ciò i tre piani di luce che l’iniziato si trova ad affron-tare o per meglio dire a percorrere, così con il man-tello, dal bianco puro, crea il supporto fisico per larealizzazione di quell’equilibrio interiore che gli per-metterà di realizzare quella immersione totale nelleprofondità del suo “io” più nascosto che sola può por-tarlo all’integrazione con la pura essenza dell’”ESSE-RE” e di cui il silenzio sarà l’espressione più imme-diata e insieme condizione imperativa.Ma il primo, è un mantello formale; il vero mantelloè un’aura di serena, omnicomprensiva e omniconci-liante, eppur presente e partecipe nel lavoro dell’ini-ziato, quasi un campo magnetico, che origina nel cen-tro dell’io con radice nell’essenza dell’essere, doveavviene il mistero della trasformazione e dove l’ini-ziato si chiude per isolarsi dal mondo profano, quasiuna corazza contro l’impatto dell’effimero e delmondo fenomenico fatto di spazio-tempo, allo scopodi ritrovarsi, in se stesso , con se stesso, nel centromedesimo dell’Essere che è in lui ed è “LUI”.Solo così, protetto dal magico mantello, l’iniziato diogni tempo, può proteggersi dal mondo fenomenicoe, nascosto dalla magica maschera di una personalitàrinnovata può incamminarsi verso i tre piani dellaluce presente in ogni essere in ogni luogo e in ognitempo.Chi mai potrà disturbare il cammino dell’uomo rina-to?Chi mai e cosa potrà oscurare la luce eterna ritrovata?Egli sarà come l’eremita della IX lama del tarocco,immagine dell’iniziato; un anziano vigoroso e severo,simbolo del tempo che non intacca la propria anima eil proprio spirito, simbolo di esperienze vissute e sof-ferte, che regge nella mano la lampada che gli illumi-na il cammino e la cui fiamma esile e vivissima egliprotegge dagli elementi fenomenici, coprendola conil mantello ( la propria personalità rinata), la fiammaillumina anche l’interno quasi a ricordargli i duemondi a cui appartiene l’uomo: il mondo fenomenicoe il mondo spirituale; luce che dopo aver vissuto

separatamente su tre piani differenti, final-

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mente appare come una luce unica, unendoinfine i due mondi apparenti in cui è vissuto evive l’iniziato e l’uomo.Luce unica che soffrendo con amore si è manifestatasu tre piani, per aiutare gli uomini di desiderio a ritro-vare l’unicità della luce.Come potrà l’iniziato offrirsi al mondo fenomenico insi fatta operatività?Solamente avvolgendosi nel santo mantello, manto divuoto e di silenzio, in cui si spengono le mille tenta-zioni della vita, dopo esserci liberati con la mascheradella falsa personalità creata dai mille condiziona-menti dell’effimero spazio-temporale, potremo calar-ci nella profondità più recondita del nostro essere perscoprire la luce unica e non più trina, luce vivida cheè insieme fuoco che alimenta il nostro desiderio tut-t’uno con il nostro esistere: l’atomo della luce divinache da corpo e anima a ogni umana esistenza, lanostra volontà di esistere che è soprattutto volontà diessere: volontà di esistere per ESSERE.“Eheieh” è il nome divino di Kether, la prima sephiradell’OzKim: “ Eheieh achèr Eheieh”, IO SONOCOLUI CHE E’.E se l’iniziato è colui che è, chi mai potrà disturbarela sua gioia di vivere in ogni tempo e in ogni luogo.La tradizione è con Lui, i maestri passati vivono inLui, egli incarna la luce di tutti i maestri passati esempre presenti.Come potrà il tempo distruggerlo?Egli sa come poter affrontare anche l’era del ferro,perché vive fuori dal tempo e si ricorda sempre che ilsuo compito è di non far spegnere la fiamma chedovrà rimanere accesa in ogni circostanza; fiammaviva presente in ogni luogo non potrà mai spegnersi,in quanto il luogo e il tempo stesso sono fatte dellastessa luce. Dal Vademecum dell’associato incognito riporto:“ Ricordati della situazione dei lumi, posti su tre pianidi differenti colore (nero,bianco, rosso).Da questa situazione ti deve apparire inprimo luogo il principio della gerarchia chedeve trovarsi all’origine di qualsiasi organiz-zazione, particolarmente di quelle iniziati-

che.La gerarchia, qui, termina col piano dellaluce, e il colore è a grado a grado meno lumi-

noso come si scende più in basso.Questa posizione dei lumi su degradanti colori ti devedare l’idea precisa di ogni vera e stabile organizza-zione sia essa sociale, scientifica, religiosa,esoteri-ca,iniziatica.Dalla meditazione su questa misteriosa disposizionedei lumi possono sgorgare altri fecondi insegnamentiche si compendiano in una quantità di rivelazioni perchi sa applicare quella analogia che, in questa precisamateria, si chiama la legge del ternario.Tu, o fratello, devi sviluppare da te stesso, da te solo,la possibilità di applicare, dopo averla appresa e capi-ta, la legge del ternario.Medita con tutta la forza del tuo cuore e la provvi-denza ti aiuterà. “Ritengo utile ricordare la gerarchia come fine essen-ziale in ogni piano.La dove non esiste gerarchia esiste il caos.L’iniziato sa riconoscere i piani (siano essi sociali,religiosi, spirituali, esoterici) dove è presente lagerarchia, principio essenziale all’armonia.L’iniziato martinista sa come ricreare la gerarchia.attraverso il lavoro compiuto su di esso (lavoro gerar-chico) trasporta all’esterno per analogia il lavorosvolto interiormente in modo silenzioso per-ché…………..“ ATUNcon tre parti ho fatto il mondola quarta parte AUM…………( silenzio )NERO

BIANCOROSSO ORO

RE-PRA S:::I:::I:::

ORDINE MARTINISTAORDINE MARTINISTA

n.54

Equinozio d’Autunno

2014

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