36
Direttore ARTURO DIACONALE Domenica 1 Gennaio 2012 Fondato nel 1847 - Anno XVII N.0 - Euro 1,00 delle Libertà DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale Quella elasticità (insospettabile) della Consulta F ino alla scorsa settimana tutti davano per scontato che la Corte Costituzionale avrebbe dato il via libera al referendum sulla legge elettorale. Non in nome di interpretazioni giuridiche ma in ossequio alla prorompente spinta popolare contro il “Porcellum” ed il “Parlamento dei nominati”. Ed anche per fare in modo che il governo Berlusconi, retto da nu- meri sempre più esigui e sostenuto da un consenso in via di progres- siva diminuzione, potesse subire un nuovo e possibilmente colpo dall’abrogazione a furor di popolo dell'attuale ed odiata legge eletto- rale. Qualcuno, per la verità, non nascondeva che se la Consulta avesse esaminato la questione in un’ottica esclusivamente giuridica, avrebbe potuto bocciare il referen- dum evitando così al Cavaliere il rischio di subire, dopo il referen- dum sulla privatizzazione dell'ac- qua, un nuovo schiaffo. Questa volta decisivo. Ma i pochi che avanzavano questa ipotesi erano immediatamente zittiti. Perché era assolutamente inimmaginabile che la Corte Costituzionale, quella della bocciatura del lodo Alfano, avrebbe mai potuto rinunciare a tentare di dare a Berlusconi quel colpo di grazia che l'opposizione non riusciva a dare in Parlamento. Ora che il Cavaliere è stato “di- messo” dai mercati e Mario Monti si accinge a formare il go- verno voluto dai banchieri franco- tedeschi e dalle lobby italiane, la previsione sulla decisione della Consulta sul referendum subisce un completo ribaltamento. Sono cadute le considerazioni che spin- gevano in favore del colpo di gra- zia del governo Berlusconi per mano dei supremi garanti della Costituzione. E sono spuntate le valutazioni se- condo cui l’eventuale celebrazione del referendum diretto a cancel- lare il Porcellum e a costringere il Parlamento a ripristinare il Mat- tarellum potrebbe trasformarsi in un colpo mortale per il governo Monti. Che non sembra nascere solo per salvare il paese dalla spe- culazione e dall'eccesso di spread ma anche dalla volontà delle lobby di ritornare alla Prima Re- pubblica cancellando, attraverso una qualche riforma elettorale in chiave proporzionalista, il sistema bipolare e maggioritario. Adesso non c'è un solo osserva- tore che non dia per scontato l'esatto contrario di ciò che dava per certo solo una settimana fa. Ed anche per fare in modo che il governo Berlusconi... di ARTURO DIACONALE L’improvvisto dietro front della Corte Costituzionale sull’ammissibilità degli osannati referendum elettorali Dopo la “casta” torna la mitologia statalista S i apre nel 2007, con la pubbli- cazione del best seller di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, la meritoria campagna del Corriere della Sera contro "la casta". E nel corso degli anni, in un crescendo fino alla crisi di leadership di Ber- lusconi, diventa martellante, fa- cendo da cornice perfetta a inchieste giudiziarie e scandaletti sessuofobici. Non era il primo successo editoriale sui costi della politica. Prima di loro arrivarono l'ex ministro Raffaele Costa, con "L'Italia degli sprechi" (1999) e "L'Italia dei privilegi" (2002), e il duo Salvi-Villone con "Il costo della democrazia" (2005). Ma Stella e Rizzo avevano dalla loro le bocche di fuoco di Via Solferino e dell'establishment culturale, eco- nomico e finanziario di cui il quo- tidiano è solo una delle voci. Da quando poi la Confindustria ha perso ogni fiducia nella capa- cità del governo, e della politica in generale, di affrontare la crisi con efficaci misure di rilancio dell'eco- nomia, alla campagna contro la casta si sono associati i media degli industriali. Il Sole24 Ore e, in modo veemente, quotidiano, Radio24, con le sue trasmissioni di punta del mattino e "La Zan- zara". Alla fine la campagna ha successo: l'opinione pubblica è di- sgustata ed esasperata, i politici sono costretti a umilianti atti di contrizione, ad ogni livello di go- verno si dimenano in diversivi per salvare il salvabile dei loro privi- legi, ma la bufera finanziaria che si abbatte sui titoli di Stato italiani è la classica goccia che fa traboc- care il vaso, o in questo caso l'on- data, e li manda ko. Insieme a Berlusconi tutti i partiti fanno vo- lentieri un passo indietro, la- sciando in piena curva il volante a un governo di soli tecnici guidato da Mario Monti, esito che proba- bilmente il Corriere - e i poteri più o meno deboli di cui è espressione - si auguravano/prefiggevano fin dall'inizio del loro attacco alla casta. Bene, bravi, bis. I nostri politici se la sono cercata e si sono rivelati miopi e inetti. Tuttavia, ora che abbiamo vivise- zionato e denunciato tutti i privi- legi della casta, e ora che la politica si è dovuta accomodare sul sedile posteriore, sarebbe il momento di lanciare una campa- gna altrettanto spietata sui tanti privilegi della gente comune, altri- menti non ci salviamo. Gli italiani s'illudono infatti che la casta sia solo quella dei politici, che un bel taglio alle loro parcelle basti a sal- vare il Paese. di PAOLO PILLITTERI Marchionne abbandona Confindustria bene per spostare l’attenzione della sua azienda fuori dal territorio italiano Internet è di sinistra? Non credete a chi ve lo dice “I nternet è di sinistra”. Non so a voi, ma è ormai più di un decennio che a me tocca ascoltare questa favoletta. Con tutti gli aned- doti - più o meno inventati - di contorno. Dalla campagna eletto- rale di Howard Dean nel 2004, al movimento "Occupy Wall Street" con i suoi smartphone di ultima ge- nerazione, passando da Barack Obama e i miliardi di dollari rac- colti grazie alle donazioni indivi- duali sul web. Da Beppe Grillo e il suo esercito di cyber-attivisti alle "smart mob" che hanno fatto fuori Letizia Moratti sui social network, passando per i mirabili esempi di satira che prendono in giro Silvio Berlusconi su YouTube. La "vul- gata" sull'utilizzo politico della Rete, almeno in Italia, ha sempre dato per scontato che la sinistra (in tutte le sue forme) possa godere di una sorta di superiorità strutturale rispetto agli avversari. L'impianto teorico a sostegno di questa convinzione, per la verità, è sempre stato piuttosto debole. Anche perché la storia stessa della rivoluzione digitale - e soprattutto delle sue origini - è piena di casi che dimostrano l'esatto contrario. Tra i primi pensatori che si sono occupati seriamente di questi temi, ci sono futurologi come Alvin Tof- fler e George Gilder che apparten- gono, rispettivamente, ai due filoni classici della destra americana: quello libertarian e quello conser- vatore. Tradotti raramente (e letti quasi mai) in Italia, Toffler e Gilder hanno anticipato di anni la rivolu- zione della microelettronica e della telematica. Ma gli stessi imprendi- tori che, in prima persona, hanno appiccato i fuochi di questa rivo- luzione nella Silicon Valley sono lontanissimi dall'immaginario col- lettivo di qualsiasi sinistra, come dimostra la recente gaffe di Nichi Vendola su Steve Jobs. E come Jobs, anche Bill Gates di Micro- soft, Jack Tramiel di Commodore, Clive Sinclair (nominato baronetto da Margaret Thatcher) in Europa, sono tutti capitani d'industria che hanno creato dal nulla il mercato dell'informatica personale. Senza la visione, la pervicacia e l'ego smi- surato di questi malvagi capitalisti, il web - come lo conosciamo oggi - non avrebbe alcuna ragione d'esistere. Capiamoci bene: come è ridicolo affermare che Internet, di per sé, è"di sinistra", sarebbe altrettanto ridicolo affermare il contrario. In- ternet, come tutti gli strumenti di comunicazione creati - intenzional- mente o meno - dall'uomo, è neu- trale rispetto al messaggio che veicola. di ANDREA MANCIA I profeti e gli ideologi della Rete spacciano da anni una versione distorta della realtà MIELI e BUFFA Alle pagine 2 e 3 LA LISTA. Nasce ufficialmente il governo Monti. Solo tecnici, nessun politico. Diciassette ministeri (contro i 23 del governo Berlusconi). Tre donne ai ministeri dell'Interno, Giustizia e Lavoro. Antonio Catricalà sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Alle 17 i ministri giureranno sulla Costituzione nella sala del Quirinale. Mario Monti sarà presidente del Consiglio con delega all'Economia. Ministri senza portafoglio: Enzo Moavero Milanesi (Delega agli Afferi europei) Piero Gnudi (Turismo e Sport), Fabrizio Barca (Coesione Territoriale). Governo Monti: ecco tutti i nomi Continua a pagina 2 Continua a pagina 2

Book modelli_l'Opinione delle Libertà

Embed Size (px)

DESCRIPTION

modelli di impaginazione

Citation preview

Page 1: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

Direttore ARTURO DIACONALE Domenica 1 Gennaio 2012Fondato nel 1847 - Anno XVII N.0 - Euro 1,00

delle LibertàDL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale

Quella elasticità (insospettabile) della ConsultaFino alla scorsa settimana tutti

davano per scontato che laCorte Costituzionale avrebbe datoil via libera al referendum sullalegge elettorale. Non in nome diinterpretazioni giuridiche ma inossequio alla prorompente spintapopolare contro il “Porcellum” edil “Parlamento dei nominati”.Ed anche per fare in modo che ilgoverno Berlusconi, retto da nu-meri sempre più esigui e sostenutoda un consenso in via di progres-siva diminuzione, potesse subireun nuovo e possibilmente colpodall’abrogazione a furor di popolodell'attuale ed odiata legge eletto-rale. Qualcuno, per la verità, non

nascondeva che se la Consultaavesse esaminato la questione inun’ottica esclusivamente giuridica,avrebbe potuto bocciare il referen-dum evitando così al Cavaliere ilrischio di subire, dopo il referen-dum sulla privatizzazione dell'ac-qua, un nuovo schiaffo. Questavolta decisivo. Ma i pochi cheavanzavano questa ipotesi eranoimmediatamente zittiti. Perché eraassolutamente inimmaginabile chela Corte Costituzionale, quelladella bocciatura del lodo Alfano,avrebbe mai potuto rinunciare atentare di dare a Berlusconi quelcolpo di grazia che l'opposizionenon riusciva a dare in Parlamento.

Ora che il Cavaliere è stato “di-messo” dai mercati e MarioMonti si accinge a formare il go-verno voluto dai banchieri franco-tedeschi e dalle lobby italiane, laprevisione sulla decisione dellaConsulta sul referendum subisceun completo ribaltamento. Sonocadute le considerazioni che spin-gevano in favore del colpo di gra-zia del governo Berlusconi permano dei supremi garanti dellaCostituzione.E sono spuntate le valutazioni se-condo cui l’eventuale celebrazionedel referendum diretto a cancel-lare il Porcellum e a costringere ilParlamento a ripristinare il Mat-

tarellum potrebbe trasformarsi inun colpo mortale per il governoMonti. Che non sembra nasceresolo per salvare il paese dalla spe-culazione e dall'eccesso di spreadma anche dalla volontà dellelobby di ritornare alla Prima Re-pubblica cancellando, attraversouna qualche riforma elettorale inchiave proporzionalista, il sistemabipolare e maggioritario.Adesso non c'è un solo osserva-tore che non dia per scontatol'esatto contrario di ciò che davaper certo solo una settimana fa.Ed anche per fare in modo che ilgoverno Berlusconi...

di ARTURO DIACONALE

L’improvvistodietro front dellaCorte Costituzionalesull’ammissibilitàdegli osannatireferendum elettorali

Dopo la “casta” torna la mitologia statalistaSi apre nel 2007, con la pubbli-

cazione del best seller di GianAntonio Stella e Sergio Rizzo, lameritoria campagna del Corrieredella Sera contro "la casta". E nelcorso degli anni, in un crescendofino alla crisi di leadership di Ber-lusconi, diventa martellante, fa-cendo da cornice perfetta ainchieste giudiziarie e scandalettisessuofobici. Non era il primosuccesso editoriale sui costi dellapolitica. Prima di loro arrivaronol'ex ministro Raffaele Costa, con"L'Italia degli sprechi" (1999) e"L'Italia dei privilegi" (2002), e ilduo Salvi-Villone con "Il costodella democrazia" (2005). Ma

Stella e Rizzo avevano dalla lorole bocche di fuoco di Via Solferinoe dell'establishment culturale, eco-nomico e finanziario di cui il quo-tidiano è solo una delle voci.Da quando poi la Confindustriaha perso ogni fiducia nella capa-cità del governo, e della politica ingenerale, di affrontare la crisi conefficaci misure di rilancio dell'eco-nomia, alla campagna contro lacasta si sono associati i mediadegli industriali. Il Sole24 Ore e,in modo veemente, quotidiano,Radio24, con le sue trasmissionidi punta del mattino e "La Zan-zara". Alla fine la campagna hasuccesso: l'opinione pubblica è di-

sgustata ed esasperata, i politicisono costretti a umilianti atti dicontrizione, ad ogni livello di go-verno si dimenano in diversivi persalvare il salvabile dei loro privi-legi, ma la bufera finanziaria chesi abbatte sui titoli di Stato italianiè la classica goccia che fa traboc-care il vaso, o in questo caso l'on-data, e li manda ko. Insieme aBerlusconi tutti i partiti fanno vo-lentieri un passo indietro, la-sciando in piena curva il volante aun governo di soli tecnici guidatoda Mario Monti, esito che proba-bilmente il Corriere - e i poteri piùo meno deboli di cui è espressione- si auguravano/prefiggevano fin

dall'inizio del loro attacco allacasta. Bene, bravi, bis.I nostri politici se la sono cercatae si sono rivelati miopi e inetti.Tuttavia, ora che abbiamo vivise-zionato e denunciato tutti i privi-legi della casta, e ora che lapolitica si è dovuta accomodaresul sedile posteriore, sarebbe ilmomento di lanciare una campa-gna altrettanto spietata sui tantiprivilegi della gente comune, altri-menti non ci salviamo. Gli italianis'illudono infatti che la casta siasolo quella dei politici, che un beltaglio alle loro parcelle basti a sal-vare il Paese.

di PAOLO PILLITTERI

Marchionne abbandonaConfindustria beneper spostare l’attenzionedella sua azienda fuoridal territorio italiano

Internet è di sinistra? Non credete a chi ve lo dice“Internet è di sinistra”. Non so

a voi, ma è ormai più di undecennio che a me tocca ascoltarequesta favoletta. Con tutti gli aned-doti - più o meno inventati - dicontorno. Dalla campagna eletto-rale di Howard Dean nel 2004, almovimento "Occupy Wall Street"con i suoi smartphone di ultima ge-nerazione, passando da BarackObama e i miliardi di dollari rac-colti grazie alle donazioni indivi-duali sul web. Da Beppe Grillo e ilsuo esercito di cyber-attivisti alle"smart mob" che hanno fatto fuoriLetizia Moratti sui social network,passando per i mirabili esempi disatira che prendono in giro Silvio

Berlusconi su YouTube. La "vul-gata" sull'utilizzo politico dellaRete, almeno in Italia, ha sempredato per scontato che la sinistra (intutte le sue forme) possa godere diuna sorta di superiorità strutturalerispetto agli avversari.L'impianto teorico a sostegno diquesta convinzione, per la verità, èsempre stato piuttosto debole.Anche perché la storia stessa dellarivoluzione digitale - e soprattuttodelle sue origini - è piena di casiche dimostrano l'esatto contrario.Tra i primi pensatori che si sonooccupati seriamente di questi temi,ci sono futurologi come Alvin Tof-fler e George Gilder che apparten-

gono, rispettivamente, ai due filoniclassici della destra americana:quello libertarian e quello conser-vatore. Tradotti raramente (e lettiquasi mai) in Italia, Toffler e Gilderhanno anticipato di anni la rivolu-zione della microelettronica e dellatelematica. Ma gli stessi imprendi-tori che, in prima persona, hannoappiccato i fuochi di questa rivo-luzione nella Silicon Valley sonolontanissimi dall'immaginario col-lettivo di qualsiasi sinistra, comedimostra la recente gaffe di NichiVendola su Steve Jobs. E comeJobs, anche Bill Gates di Micro-soft, Jack Tramiel di Commodore,Clive Sinclair (nominato baronetto

da Margaret Thatcher) in Europa,sono tutti capitani d'industria chehanno creato dal nulla il mercatodell'informatica personale. Senzala visione, la pervicacia e l'ego smi-surato di questi malvagi capitalisti,il web - come lo conosciamo oggi- non avrebbe alcuna ragioned'esistere.Capiamoci bene: come è ridicoloaffermare che Internet, di per sé,è"di sinistra", sarebbe altrettantoridicolo affermare il contrario. In-ternet, come tutti gli strumenti dicomunicazione creati - intenzional-mente o meno - dall'uomo, è neu-trale rispetto al messaggio cheveicola.

di ANDREA MANCIA

I profeti e gli ideologidella Rete spaccianoda anni una versionedistorta della realtà

MIELI e BUFFA

Alle pagine 2 e 3

LA LISTA. Nasce ufficialmente il governo Monti. Solo tecnici,nessun politico. Diciassette ministeri (contro i 23 del governoBerlusconi). Tre donne ai ministeri dell'Interno, Giustizia e Lavoro.Antonio Catricalà sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Alle 17

i ministri giureranno sulla Costituzione nella sala del Quirinale. MarioMonti sarà presidente del Consiglio con delega all'Economia. Ministrisenza portafoglio: Enzo Moavero Milanesi (Delega agli Afferi europei)Piero Gnudi (Turismo e Sport), Fabrizio Barca (Coesione Territoriale).

Governo Monti: ecco tutti i nomi

Continua a pagina 2

Continua a pagina 2

Page 2: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

Direttore ARTURO DIACONALE Fondato nel 1847 - Anno XVII N.166 - Euro 1,00

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale

Venerdì 20 Luglio 2012

delle Libertà

Italia, record mondiale di tasseNel 2012 la pressione fiscale effettiva risulta pari al 55%, la più alta mai registrata nella storia.Il nostro Paese batte tutti gli altri e si posiziona al top della classifica stilata da Confcommercio

La Sicilia come spia del disastro prossimo venturo

Il pareggio di bilancio? Ci condanna a nuove tasse

La guerra totale scatenata dai nemici del Quirinale

a Sicilia va vista come la spia deldisastro in cui si trova il paese.

Il fallimento del governatore Lom-bardo è la dimostrazione più evi-dente che il regionalismo e l’auto-nomismo senza regole e senzaresponsabilità rappresentano la cau-sa prima del gigantesco debito pub-blico italiano. Lo scontro tra la pro-cura palermitana e la presidenzadella Repubblica è il segno inequi-vocabile dello sconquasso che ca-ratterizza la società nazionale, a cau-sa della tendenza inarrestabile dellamagistratura a rompere gli arginidello stato di diritto esondando sen-za limiti a scapito degli altri poteri,e della crescente incapacità della

L classe politica di riportare il feno-meno entro i limiti della legalità fis-sati dalla Costituzione repubblicana.Lombardo è il segno del tracollo diquella concezione autonomista chedagli anni ‘60 in poi ha concepito lestrutture locali come semplici stru-menti di lottizzazione a beneficio deipartiti da finanziare con il ricorso aldebito pubblico. Ingroia è la dimo-strazione che, dopo aver permessoalla magistratura inquirente di cal-pestare ogni forma di garanzia in-dividuale dei cittadini in nome diuna presunta etica della verità, laclasse politica non può pensare ditrasformare il Quirinale nell’ultimaed unica trincea contro la vocazione

dei pm corporativi o ideologizzati adiventare i padroni incontrollati edincontrollabili del paese. La Sicilia,allora, così come lo è stata in pas-sato, è il laboratorio dove si anticipail futuro dell’Italia. Solo che questolaboratorio non sta preparando lafine del regime democristiano attra-verso il “milazzismo” degli anni ‘50,il compromesso storico degli anni‘70, il giustizialismo orlandiano deglianni ‘80 o i plebisciti berlusconianidel 2000. Anticipa il tracollo versocui corre il paese se non si dovessecapire in tempo il senso dei segnaliche vengono dalle vicende sicilianee non si riuscisse a correre adegua-tamente ai ripari. Ma come si do-

vrebbero comportare le forze poli-tiche responsabili di fronte a questaanticipazione siciliana di quanto po-trebbe avvenire all’intera Italia nongiro di qualche mese (sempre che lemanovre speculative di agosto nonanticipino i tempi)? Nessuno si puòilludere che nel giro di qualche set-timana o mese si possano correggerele distorsioni del sistema del locali-smo che ha portato alla moltiplica-zione infinita dei centri di spesa sen-za alcun genere di controllo. Enessuno può pensare che dalla trin-cea del Quirinale possa partireun’offensiva vittoriosa contro l’in-vasione delle procure ideologizzate.

Continua a pagina 2

Pubblichiamo l’intervento con cuiieri Antonio Martino ha motivatoalla Camera l’astensione sua (e undi un nutrito gruppo di deputatiPdl) nella votazione sul “fiscal com-pact”.

ignor Presidente, non posso vo-tare questo provvedimento, che

reputo inaccettabile. Colleghe e col-leghi, da sempre i liberali hanno ri-tenuto il principio del pareggio dibilancio una regola essenziale di tra-sparenza nella gestione della cosapubblica. A quella regola, MarcoMinghetti, dopo aver annunciato ilraggiunto pareggio di bilancio il 16marzo del 1876, sacrificò l’esistenza

S

della sua parte politica, perché duegiorni dopo, il 18 marzo, la Destrapolitica venne spezzata vita dallastoria d’Italia. Luigi Einaudi volleche il principio del pareggio di bi-lancio - e lo volle insieme ad EzioVanoni - venisse incluso della nostraCostituzione all’articolo 81. Ma ilpareggio di bilancio è cosa sacro-santa quando la spesa pubblica è in-feriore al 10%, com’era al tempo diMinghetti, quando la spesa pubblicaè intorno al 30%, come era al tem-po di Einaudi, ma è una regola in-sensata quando la spesa pubblicasupera il 50% del reddito nazionale.A breve tempo, con le cadenze im-poste dal fiscal compact, non potre-

mo raggiungere quell’obiettivo conquelle riforme che modifichino glientitlements, quelle spese che, a le-gislazione invariata, non possonoessere controllate. Tenteremo, quin-di, di raggiungerlo aumentando ul-teriormente la pressione. Le nostreimprese - lo ha sostenuto il presi-dente di Confindustria - già soppor-tano il 62,2% di oneri tributari econtributivi, contro il 45,5% dellamedia europea. A che livello voglia-mo portare la pressione sulle impre-se, all’80-90%? E il contribuentemedio dovrà versare il 52% allo sta-to? E quelli sopra alla media quantodovranno versare? Questo provve-dimento significa un trasferimento

di sovranità in materia di bilancio.Il bilancio non è una delle tante at-tività dello Stato; il bilancio è il cen-tro dell’attività economica dello sta-to. Noi rinunziamo alla sovranitànazionale a favore di chi? Dove so-no gli Stati Uniti d’Europa a favoredei quali dovremmo rinunciare allasovranità nazionale? Ma è poi ne-cessario rinunciare alla sovranità na-zionale in materia di bilancio, perchéabbiamo un’unica moneta? No: gliStati Uniti hanno un’unica moneta.I cinquanta stati usano il dollaro,ma ogni stato è libero di compierele sue scelte in materia di bilancio ene sopporta le conseguenze.

Continua a pagina 2

ic Rhodus hic salta, verrebbevoglia di dire a proposito

dell’ostacolo “Quirinale” a doubleface o doppio taglio: nei confrontidel Presidente e nei confronti dellaprocura palermitana. Al punto incui sono arrivate le cose fra il Collepiù alto e la procura più a Sud, restasolo da chiederci quale sarà la pros-sima mossa di entrambi, posto cheuno dei due, il Presidente, pare deb-ba contenere il gioco delle armi inattesa della Suprema Corte ,dettaanche “campacavallo”, mentre ècostretto a stare sotto schiaffo (vedii parenti di Borsellino, ma non solo)e la procura più rovente sembra be-ne intenzionata a sparare i missili,

H a più testate, di cui dispone. L’ulti-mo, terra-aria, ha preso di mira pa-dre e figlia, oltre che il senatoreDell’Ultri, con una capacità e preci-sione di fuoco da fare concorrenzaagli infaticabili hezbollah anti-stel-la-di-Davide. La guerra totale, dun-que, in una triangolazione al cui ver-tice c’è Napolitano e alla base ilpresidente del Consiglio in carica equello di prima. Plasticamente ap-pare proprio così. Il fatto è che è inatto l’ultima grande offensiva distampo mediatico giudiziario poli-tico contro l’ardita costruzione mes-sa in atto da Napolitano, che ha nelgoverno Monti l’edificio centrale ele strutture portanti in Bersani e Ber-

lusconi-Alfano. Non vi è dubbio chel’offensiva rientri in un quadro stra-tegico che già fu all’opera venti annifa e che, tra l’altro è sempre statoallerta e in funzione, anche e soprat-tutto per la mancate riforme istitu-zionali e sulla giustizia, il cui deficit,oggi, contribuisce a mettere a rischiol’architettura audace e quasi perfettaper il sopraffino perfezionismo del-l’artefice. D’altra parte,la strutturastrategica che lo contrasta, anche sepriva di alcuni protagonisti delle of-fensive passate, come il fondatoredi Repubblica, sa perfettamente chese riesce a mettere in discussionel’immagine del presidente, l’unicoche da mesi è in grado di gestire una

situazione di enorme complessità,compie il primo dei moti sussultorinei confronti dell’architettura com-plessa messa in piedi in mezzo a unacrisi economica e sociale devastante.La cui difesa a oltranza coincide conla difesa dell’immagine del Quirina-le. Questo sanno perfettamente glistati maggiori avversari, non igno-rando peraltro che la micidiale par-tita da loro avviata non può avereun finale con la “X”: o si vince o siperde. Siamo sempre ai fondamen-tali, ovvero allo scontro fra poteregiudiziario e potere politico, con ladifferenza rispetto a prima che oggiil vero potere politico...

Continua a pagina 2

di ARTURO DIACONALE

Come si può pensare di creare una “grandecoalizione” se si avvia la campagna elettorale demonizzando un avversario che,in nome dell’emergenza,dovrebbe continuare ad essere un alleato di governo?

di ANTONIO MARTINO

Una regola insensataquando la spesapubblica supera il 50% del reddito nazionale.Con le cadenze impostedal “fiscal compact”, non potremoraggiungere l’obiettivocon le riforme. E utilizzeremo il fisco

di PAOLO PILLITTERI

Ciò che colpisce è la resistenza della procura di Palermorispetto a qualsiasiipotesi di mediazione.Come se l’intoccabilitàtogata non debba maifare i conti con gli altripoteri dello stato, a cominciare dal Colle

Page 3: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

00,1 oruE - 27.N IIVX onnA - 7481 len otadnoFELANOCAID ORUTRA erotteriD

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale

Giovedì 29 Marzo 2012

delle Libertà

Legge elettorale. Più che riforma, restaurazione na riforma che restaura. Sem-

bra un paradosso, una con-traddizione in termini. Ma è l’uni-

dell’accordo sulla riforma eletto-rale raggiunto tra i leader del Pdl,del Pd e dell’Udc nel corso del ver-tice di maggioranza svoltosi aMontecitorio martedì scorso.

Se all’intesa generale seguirannoaccordi sui particolari e se l’iterparlamentare della nuova leggeelettorale riuscirà a superare tuttigli ostacoli che in Parlamento ver-ranno posti dagli oppositori, leprossime elezioni politiche segne-ranno il ritorno del sistema pro-porzionale nel nostro paese. Si trat-

U terà di un proporzionale correttoda un qualche premio di maggio-ranza per il partito con il maggiornumero di consensi (ma quale pre-mio?), dall’introduzione di una so-glia di sbarramento tesa ad impe-dire la proliferazione deimini-partiti (ma quale soglia disbarramento?), dall’indicazionenella scheda del nome del premierche però potrà essere smentita daun qualche accordo tra i partitiall’indomani del voto e dalla pos-

diritto di tribuna per le forze rima-ste fuori dal Parlamento a causadello sbarramento.

Le incognite sulla riforma elet-

torale sono ancora tante. Di certoc’è, però, che il progetto prevede

del proporzionale. E che alla basedi questa decisione c’è la convin-zione che non sia possibile gover-nare il paese nel corso di una crisieconomica grave come quella incorso con un sistema fondato sul-l’alternanza tra due grandi schie-ramenti politici.

Qualcuno rileverà che questaconvinzione non è condivisa inmolti paesi del mondo. Negli StatiUniti, in Francia, in Gran Bretagnae in Spagna la crisi non ha provo-cato la crisi dei sistemi bipolari deirispettivi paesi. In Italia, invece, la

necessità di fronteggiare l’emergen-za sembra aver spinto i rappresen-tanti delle maggiori forze politichea convincersi che l’unica formulaadatta per governare il nostro pae-se non sia quella dell’alternanzatra due schieramenti contrapposti,ma quella del compromesso e dellaconsociazione tra i partiti maggio-ri. Che il caso italiano costituiscauna anomalia è fuori di dubbio.Ma non si tratta di una anomaliasconosciuta. Perché la Costituzioneè nata dal patto consociativo tra idue maggiori partiti di allora, De-mocrazia cristiana e Partito comu-nista italiano.

Continua a pagina 2

Per ora i sondaggi promuovono Monti, ma... l governo, a differenza dei

partiti, gode di un forte con-senso nei sondaggi». È questa, piùo meno, la risposta data a Tokyodal presidente del Consiglio, MarioMonti, ai cronisti che gli chiedeva-no conto della dura reazione di unaparte dell’opinione pubblica alla ri-forma del mercato del lavoro trat-teggiata dall’esecutivo.

Ora, a parte lo stupore nell’os-servare che il tanto vituperato mor-bo berlusconiano della “sondaggi-te” ha colpito anche il sobriogoverno di professori e tecnici, valeforse la pena sottolineare che l’ana-lisi del premier è abbastanza in con-trotendenza rispetto agli ultimi dati

«I diffusi dai maggiori istituti di ricer-ca.

Secondo un sondaggio commis-sionato dal Corriere della Sera al-l’Ispo di Renato Mannheimer, per

confronti del governo Monti è scesaal 44 per cento. Si tratta di un datodavvero preoccupante, per un ese-

fa poteva godere di un consenso“bulgaro” (oltre che del sostegno,incondizionato e quasi imbarazzan-te, della quasi totalità dei mezzid’informazione). E anche Ipr, che

in Monti (ma solo al 50 per centoquella nel governo), dipinge un calo

sensibile rispetto ai dati raccolti afebbraio. Sarebbe un errore, però,concentrarsi soltanto sul dato grez-zo del cosiddetto job approval.

In uno scenario estremamente

davvero poco per passare da unaopinione “abbastanza positiva” aduna “abbastanza negativa” rispettoall’azione di governo. In un paesebalcanizzato e corporativo come ilnostro, poi, i numeri interni a que-sta fascia “moderata” di opinionepubblica sono praticamente inter-scambiabili.

duare cambiamenti di trend nell’in-dice di gradimento di un governo,

invece, è quello utilizzato dal son-daggista americano Scott Rasmus-sen che, ormai da anni, calcola quo-tidianamente il job approval dellaCasa Bianca. Rasmussen, oltre algradimento classico (cioè la sommatra le opinioni “molto positive” equelle “abbastanza positive”), cal-cola anche il “presidential approvalindex”, sottraendo le opinione“molto negative” a quelle “moltopositive”.

Continua a pagina 2

di ANDREA MANCIA

Il gradimento registratodagli istituti di ricercacontinua a far galleggiareil governo. Ma bisognasaper leggere i numeri oltre le apparenze

di ARTURO DIACONALE

Se l’intesa tra Alfano,Bersani e Casini portasse a un nuovo sistema,

del modello bipolareper il nostro paese

Vittima del regime. Delle tasseCinquanta per cento di tasse, cento per

cento di ustioni. Strozzato dai debiti, di-sperato per la condizione finanziariadella sua piccola ditta artigianale, unuomo si è dato fuoco davanti alla sededella Agenzia delle Entrate a Bologna.Ora si trova al Centro grandi ustionatidi Parma.Le sue condizioni sono giudicate gra-vissime. La rapacità del fisco esasperale famiglie e le imprese. E continua amietere vittime tra i tanti italiani chestentano a vedere la luce in fondo allacrisi economica.Quella di ieri mattina è solo l’ultima tra-gica storia che va ad allungare l’im-pressionante lista di suicidi che lecronache non smettono di raccontareda alcuni mesi a questa parte. Ma ri-chiama vividamente le immagini deibonzi suicidi e dei monaci tibetani che,nei paesi totalitari, s’immolano comeunica forma di ribellione contro il re-gime che li opprime. In questo caso, però, al posto dellaCina c’è un paese che finge di apparte-nere al mondo occidentale. E, al postodei militari, c’è Equitalia.

Page 4: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

Direttore ARTURO DIACONALE Fondato nel 1847 - Anno XVII N.225 - Euro 1,00

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale

Venerdì 28 Settembre 2012

delle Libertà

Il caso Sallusti, l’Ilva e il compito dei magistrati l caso Sallusti e la vicenda dell’Il-

va non hanno nulla in comune.Perché riguardano questioni com-pletamente diverse come il giustoequilibrio tra la libertà di stampaed il diritto individuale al rispettodella propria onorabilità ed il giu-sto equilibrio tra il diritto alla salutedei cittadini ed il diritto al lavorodei cittadini stessi.

Questioni diverse, allora, ma, aguardare bene, legate insieme pro-prio da quella esigenza del giustoequilibrio che dovrebbe essere pre-sente sia nel primo che nel secondocaso e che è invece, agli occhi del-l’opinione pubblica, appare perico-losamente assente sia nella vicenda

I Sallusti che in quella dell’Ilva. Nessuno dubita sull’esistenza di

precise ragioni giuridiche alla basedella Cassazione di considerare as-solutamente normale che un giudi-ce di primo grado abbia condan-nato il direttore de Il Giornale aduna ammenda di cinquemila euroe che un giudice di secondo gradoabbia trasformato la pena pecunia-ria in 14 mesi di reclusione senzacondizionale e con l’aggravante diritenere il giornalista un individuosocialmente pericoloso. E nessunomette in discussione le ragioni giu-ridiche che hanno spinto i magi-strati di Taranto a respingere ogniproposta di ristrutturazione e di ri-

sanamento degli impianti siderur-gici ed a decidere una fine dellaproduzione che equivale alla chiu-sura dello stabilimento siderurgicoed alla messa in mobilità delle de-cine di migliaia degli attuali occu-pati.

Ma è difficile, se non impossibi-le, impedire che agli occhi dell’opi-nione pubblica le due questioni ap-paiano segnate non solodall’assenza di un minimo di giustoequilibrio ma soprattutto da un’im-prevedibilità talmente forte da ra-sentare la schizofrenia.

Il normale e comune cittadino,in sostanza, guarda il caso Sallustied il caso Ilva e conclude che se mai

dovesse incappare in un qualsiasiaccidente di tipo giudiziario potreb-be ritrovarsi indifferentemente ingalera o salvato da una misera mul-ta. E se fosse un imprenditore, uncommerciante o un qualsiasi liberoprofessionista con la propria atti-vità chiusa o salvata. Il tutto nonin base alla dura lex sed lex ma acausa della estrema variabilità dellainterpretazione della legge stessa daparte di chi la deve amministrare.Insomma, il messaggio che viene aicittadini dal caso Sallusti come dalcaso Ilva è che se finisce nella ma-cina giudiziaria tutto dipende dalcaso.

Continua a pagina 2

Tra libertà di informazione e libertà individuali a diffamazione è una brutta be-

stia. Ma lo è anche il carcere.Come la mettiamo? Il tema è diquelli centrali per le società apertee democratiche, per uno stato di di-ritto. La bilancia delle reazioni al“caso Sallusti” pende per la libertàdi stampa. Ma sull’altro piatto nonc’è un valore trascurabile in un or-dinamento che vorremmo poter de-finire liberale: l’integrità della repu-tazione, della propria onorabilità, èsacra quanto l’integrità fisica. È perquesto che in talune gravi circostan-ze il nostro codice considera la dif-famazione alla stregua di un delitto.Si esercita violenza nei confronti diuna persona anche attentando alla

L sua reputazione, diffamandola, di-storcendone l’immagine, manipo-landone storia e idee personali. Lanostra reputazione, il nostro “re-cord” personale, fanno parte dellanostra identità. Che la “damnatiomemoriae”, o la “character assas-sination”, siano tra le prime armidei regimi contro i loro nemici in-terni dovrebbe suonarci come cam-panello d’allarme. Si parla di “quar-to potere” non a caso. La libertà distampa è un potere capace dischiacciare l’individuo almenoquanto gli altri tre poteri. E quantopiù ci addentriamo nell’epoca deinew media, tanto più si può affer-mare che una calunnia è per sem-

pre. Nel senso che mentre una dif-famazione a mezzo stampa, o viaetere, un tempo si perdeva nel flussocontinuo delle rotative, delle onderadio o delle immagini, tendeva asbiadire nella memoria collettiva epoteva sì essere recuperata, ma nonin modo così semplice, oggi nell’eradigitale è sempre disponibile, acces-sibile a chiunque con un paio diclick, in eterno, come un indelebilemarchio d’infamia.

Se la diffamazione è un attaccoal cuore delle libertà individuali, ilcarcere lo è per la libertà di stampa,architrave della democrazia. Que-st’ultima ha però una rilevanza pub-blica, riguarda tutti gli individui, nel

senso che libertà e pluralismo nel-l’informazione permettono ai citta-dini di “conoscere per deliberare”.Insomma, non c’è democrazia senzalibertà di stampa. Per questo nelledemocrazie liberali la sua tutela èprevalente rispetto alla tutela del sin-golo dalla diffamazione. Il “quartopotere” è così essenziale per difen-derci dagli altri tre che preferiamorischiare di esserne schiacciati comesingoli piuttosto che imbavagliarlo.

Continua a pagina 2

di FEDERICO PUNZI

Se la diffamazione puòrappresentare a tuttigli effetti un veroe proprio attaccoalla vita di una persona,il carcere lo è allo stessomodo per il diritto di espressione, pilastro portante di ogni vera democrazia

di ARTURO DIACONALE

Due questionidiversissime soloapparentemente.Le accomuna il fatto di essere segnate non solo dall’assenzadi un qualsiasi equilibrio,ma da un’imprevedibilitàcosì forte da rasentarela schizofrenia

K «Un proseguimento della pre-miership? Se ci dovessero essere cir-costanze speciali, che io mi auguronon ci siano, e mi verrà chiesto, pren-derò la proposta in considerazione». Lodice Mario Monti, da New York, a mar-gine del suo intervento al Council ofForeign Relations. Poi, quasi temessedi non essersi schermito a sufficienza,aggiunge: «Non prevedo che una se-conda occasione sarà necessaria». Agli amanti del cinema americano ri-corderà moltissimo la scena di “At-tacco al Potere” in cui il generaleWilliam Devereaux, magistralmente in-terpretato da un Bruce Willis sornionequasi quanto Supermario, sembraquasi voler supplicare il presidentedegli Stati Uniti di non ordinargli di im-porre la legge marziale su una Manhat-tan devastata dagli attacchi delterrorismo islamico. Solo che poi sipresentano proprio alcune “circostanzespeciali”, e Devereaux può divertirsi aspadroneggiare su una città trasfor-mata in un campo di prigionia.Anche il professore in loden sostienedi essersi tolto qualche soddisfazione,nel suo ruolo di premier tecnico: «Lacosa divertente - dice - è che gli italianihanno subito forse la più dura e in-tensa cura di sempre ma sembranoavere fiducia nel governo». Auguri, ge-nerale Montereaux.

A qualcuno piace bis

Page 5: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

Direttore ARTURO DIACONALE Fondato nel 1847 - Anno XVII N.111 - Euro 1,00

DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale

Giovedì 17 Maggio 2012

delle Libertà

Serve una via di mezzo tra “zoccole” e “prefiche” ome non era colpa di Silvio

Berlusconi se lo spread salivaalle stelle, non è colpa di MarioMonti se l’Italia è di nuovo nel mi-rino della speculazione internazio-nale favorita dal comportamentoostile e criminale delle agenzie di ra-ting americane. Oggi come allora ilgoverno ed il paese sono vittime del-la tensione a livello planetario pro-vocata dalla crisi dell’euro e dellastruttura sbagliata e fatta a misuradella sola Germania dell’Unione Eu-ropea. Non era il burlesque del Ca-valiere, allora, a provocare le tem-peste monetarie sul nostro paese. Enon è il volto mesto e monocordedel Professore ad alimentare la bu-

C fera che minaccia di trascinare l’Ita-lia verso il baratro a cui sembra de-stinata la Grecia insieme ai paesi piùdeboli dell’Europa meridionale.

Questo, naturalmente, non signi-fica rimpiangere il burlesque o au-spicare che la mestizia diventi il trat-to distintivo degli italiani per iprossimi vent’anni. Significa distin-guere tra i problemi internazionalie quelli nazionali. Sapere che non sirisolvono i primi se non si ricostrui-sce la Ue sulla base delle regole dellademocrazia e non sulle pretese deibanchieri tedeschi. E avere la con-sapevolezza che, accanto ad unaazione di politica estera degna di unpaese sovrano, ci deve essere una

azione di politica interna capace diaffrontare i problemi reali senzaoscillare tra le “zoccole” e le “prefi-che” (tanto per semplificare), maavendo come punto di riferimentosolo l’interesse concreto dei cittadini.Tutto questo è facile a dirsi ma dif-ficile da realizzare. Perché per rico-struire una Europa fondata sulla vo-lontà dei popoli e delle nazioni enon sulle pretese delle burocraziegermanizzate ci vorranno anni. Nelfrattempo, il Vecchio Continente ri-schia di subire sconquassi da terzoconflitto mondiale. E per affrontarei problemi interni ci vuole una ca-pacità che la classe politica e quelladirigente italiana sembra aver defi-

nitivamente perduto negli ultimi an-ni passati tra l’irrealtà dell’edonismoberlusconiano e la forsennatezza delmoralismo fasullo e strumentale. In-somma, tra le “zoccole” e le “prefi-che” serve una via di mezzo. Che èquella della estema concretezza. Unavia che il governo Monti avrebbedovuto seguire con determinazione,visto che la sua natura tecnica loavrebbe dovuto tenere lontano dallecontaminazioni dell’uno e dell’altroeccesso. E che, invece, non riesce aseguire perché, dopo avere marcatola propria distanza dallo “zoccolu-me”, non è riuscito e non sa fare al-trettanto rispetto all’irrealtà (...)

Continua a pagina 2

Cosa fare con questa Grecia alla Grecia, ormai, non possia-

mo attenderci alcun cambia-mento. Le elezioni anticipate sonostate fissate al 17 giugno. Ma è mol-to difficile, se non impossibile, vedersorgere una maggioranza in gradodi formare un governo stabile. I son-daggi di questa settimana danno intesta la coalizione Syriza, compostada vari gruppi della sinistra massi-malista, tutti convinti a respingereil piano di austerity richiesto daUnione Europea, Bce e Fondo Mo-

Dnetario Internazionale (la “troika”)in cambio della prossima tranche diaiuti. È lecito prevedere che Atenesia destinata a non trovare una so-luzione politica, a respingere le mi-sure richieste dalla “troika” e a farbancarotta per esaurimento delle ri-sorse pubbliche, probabilmente en-tro un mese e mezzo. In questa con-dizione è solo l’Unione Europea cheha ancora una possibilità di scelta.Su cosa fare della Grecia. Lungidall’avere un parere unanime, l’Eu-rogruppo (la riunione del consigliodei ministri delle Finanze), la Com-

missione e i principali governi na-zionali dei 27, si dividono fra “fal-chi” e “colombe”. I primi prendonoalmeno in considerazione l’idea chela Grecia esca dall’eurozona, se nonrispetta gli accordi. I secondi voglio-no aiutare Atene a restare nella va-luta comune, anche rinegoziando itermini della “troika”. In quest’ul-timo gruppo si iscrivono il presiden-te dell’eurogruppo, Jean Claude Jun-cker e il presidente francese FrançoisHollande. Il governo italiano è si-curamente più vicino a questa po-sizione. Nel gruppo dei “falchi” tro-viamo invece la cancelliera tedescaAngela Merkel e il commissario (...)

Continua a pagina 2

di STEFANO MAGNI

di ARTURO DIACONALE

Non è colpa di Montise l’economia italianaè di nuovo nel mirino della speculazione.Come non era colpa di Silvio Berlusconi se lo spread saliva.Bisogna distinguere tra i problemi nazionali e quelli internazionali

Dai pm il colpo finale al SenatùrK «Bossi sapeva». Ne sono con-vinti i pubblici ministeri della Procura diMilano, che hanno iscritto il Senatùr nelregistro degli indagati con l’accusa ditruffa ai danni dello stato, in concorsocon l’ex tesoriere leghista FrancescoBelsito. Sapeva cosa? Dei fondi sot-tratti alle casse padane per la paghettadei suoi figlioli. Non solo avrebbe sa-puto, rilanciano i pm, ma sarebbe anchestato pienamente d’accordo. L’accusainfatti è quella di appropriazione inde-bita di fondi del partito proprio in favoredei figli Renzo, detto “il Trota”, e Ric-cardo, indagati anche loro. Ammonte-rebbe a 18 milioni di euro il denaroincassato dalla Lega e rigirato allaprole bossiana a fronte di una falsa ren-dicontazione. Per un’eventuale con-danna della giustizia occorreràovviamente attendere la conclusionedell’iter processuale. Ma la sentenza definitiva della stampa ègià arrivata sin dai tempi in cui èesploso il caso Belsito: Bossi è colpe-vole, e senza diritto di appello. Carta (digiornale) canta, e tanto basta. Se non inPadania, almeno in Italia.

Page 6: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IISOCIETÀII

Calcioscommesse: le indagini si allargano ancoradi LUCA SANSONETTI

Andrea Masiello, elemento fonda-mentale delle indagini sul calcioscommesse per il cosiddetto filone“pugliese”, è agli arresti domicilia-ri. Ecco il risultato dei due giorni incui l’ex capitano del Bari in carcereè stato un fiume in piena, confer-mando anche di aver «fatto appo-sta» l’autogoal in quel famoso Ba-ri-Lecce dello scorso che sancì lamatematica salvezza della squadrasalentina e soprattutto svelando ilnome del mister X che avrebbe agi-to per conto del Lecce nei giorni an-tecedenti il derby: si tratta di CarloQuarta, giovane imprenditore delmeridione e, secondo quanto ipo-tizzato dalla procura, molto vicinoa Semeraro junior, quest’ultimo fi-glio dell’attuale presidente dellasquadra leccese.

Il gip del tribunale pugliese, Gio-vanni Abbattista, ha dato parerepositivo, senza accogliere del tuttol’istanza presentata nella mattinatadi giovedì da parte dell’avvocatoFrancesco Rotunno che avrebbechiesto al gip di rimettere in libertàil suo assistito, detenuto da lunedì,ma la cui deposizione è una dimo-strazione di voler collaborare alleindagini. Dunque Masiello resta agliarresti, ma a casa. Il tutto dopo unennesimo interrogatorio, il terzo in36 ore, in cui il giocatore arrestatocon l’accusa di associazione per de-linquere finalizzata alla frode spor-tiva, ha risposto ancora ai magistra-ti per un’ulteriore ora e mezza dopole cinque totali del mercoledì. Anchein questo caso il contenuto è statosecretato dal pm Ciro Angelillis.

Da quanto si è appreso, però, ilcalciatore avrebbe risposto a tuttele domande del magistrato e dei ca-rabinieri. Importanti sviluppi, in-somma, sono attesi già a partiredalla prossima settimana nella qualepotrebbero scattare ulteriori, eccel-lenti, arresti, dato che le partite chesono finite sotto la lente di ingran-dimento da parte degli inquirenti

sono tante, così come sono moltele squadre e i soggetti (ergo dirigentie calciatori”) che sarebbero coin-volte direttamente o indirettamentein questa nuova fase dell’inchiestasul calcioscommesse che viaggia trale procure di Cremona, Napoli eappunto Bari.

Altre tre partite di serie A delcampionato scorso sarebbero state

oggetto del tentativo di combine daparte di Masiello e del suo gruppodi amici oltre alle sei già emerse. Eci sarebbero anche Milan e Romafra le squadre coinvolte, ciò nonvuol dire però che i contatti con igiocatori rossoneri o giallorossi sia-no andati a buon fine. Gli investi-gatori e gli inquirenti baresi che in-dagano sul calcioscommesse e che

hanno disposto l’arresto dell’ex ca-pitano del Bari ora all’Atalanta han-no molto su cui basare le indaginie sono alla ricerca di riscontri, ve-nerdì intanto lo stesso Masiello hasvelato il nome del mister X cheavrebbe agito per conto del Leccenei giorni antecedenti il derby: sitratta di Carlo Quarta, giovane im-prenditore del meridione e, secondoquanto ipotizzato dalla procura,molto vicino a Semeraro junior,quest’ultimo figlio dell’attuale pre-sidente della squadra leccese.

I sospetti degli investigatori so-no emersi anche da una lettera cheil procuratore di Bari, Antonio Lau-dati, ha inviato nei giorni scorsi alcapo della Procura di Cremona,Roberto Di Martino, con la qualechiedeva la trasmissione del fasci-colo riguardante il factotum del Ba-ri Angelo Iacovelli, arrestato da Cre-mona ma sul quale stava giàindagando la procura pugliese. Eccoil testo: «Questo ufficio sta proce-dendo nei confronti di Iacovelli An-gelo, Masiello Andrea, Rossi Mar-co, Parisi Alessandro e BentivoglioSimone per il reato di associazionea delinquere finalizzata a frodi spor-tive commesse in questo distretto ecollegate alle partite di calcio di se-rie A della stagione 2010-2011: Mi-lan-Bari (1-1) del 13 marzo 2011,Bari-Chievo (1-2) del 20 marzo2011, Bari-Sampdoria (0-1) del 23aprile 2011; Bari-Roma (2-3) del 1maggio 2011, Palermo-Bari (2-1)del 7 maggio 2011». Gli incontridel Bari con Sampdoria e Palermoerano già citati nell’ordinanza dicustodia cautelare per Masiello,mentre delle altre si parla negli attiora a disposizione delle difese. E c’èanche un riferimento a Parma-Baridello scorso 3 aprile 2011: lo ha fat-to proprio Masiello in un interro-gatorio a gennaio riportato nell’in-formativa dei Carabinieri allegataagli atti. Su questa partita gli accer-tamenti sono ancora in corso, manegli atti allegati all’inchiesta sonocomunque diversi i riferimenti. In

un successivo interrogatorio, invece,di metà febbraio il difensore del-l’Atalanta ha parlato anche di Ba-ri-Chievo, di Bari-Sampdoria e diPalermo Bari sempre della passatastagione, quella in cui il Bari incre-dibilmente, per il potenziale tecnicodella squadra, retrocesse con largoanticipo sulla fine del campionato.

Insomma, pare sempre più chia-

ro che tutto il campionato del Baridello scorso sia stato falsato, decisoda fattori che hanno a che fare po-co con lo sport e tanto con la cri-minalità (molto) organizzata. Aquesto punto resta da attendere leprossime mosse della procura delcapoluogo pugliese, nonché quelledelle procure di Napoli e Cremona,e soprattutto le decisioni della giu-

stizia sportiva che potrebbero stra-volgere i campionati in corso: adoggi le uniche società che rischianola responsabilità diretta, e quindi laretrocessione nella categoria infe-riore, sono il Lecce e il Bari; le altre,invece, potrebbero partire nel pros-simo campionato con le penalizza-zioni che saranno a crescere a se-conda della responsabilità deirispettivi tesserati.

La procura Federale della Figcha aggiornato il calendario delle au-dizioni relative all’inchiesta sul cal-cioscommesse: Carlo Gervasoni,giocatore della Cremonese, saràascoltato venerdì 13 aprile. Questoil calendario aggiornato: 10 aprile:Federico Cossato (ex calciatore); 12aprile: Dario Dainelli (calciatoreChievo), Omar Milanetto (calcia-tore Padova); 13 aprile: StefanoMauri (calciatore Lazio), CristianBrocchi (calciatore Lazio); CristianBertani (calciatore Sampdoria), Ri-jat Shala (ex calciatore), Carlo Ger-vasoni (giocatore Cremonese).

Un aggiornamento degli inter-rogatori espressamente richiestodal presidente della Federazioneitaliana gioco calcio, GiancarloAbete, il quale ha chiesto al procu-ratore Palazzi di far partire i defe-rimenti entro aprile, vale a dire acampionato in corso. «L’impegnodella procura sportiva federale èquello di dare luogo a tutti i defe-rimenti che risultassero necessarientro la fine di aprile - ha ribaditoAbete - speriamo che il procuratoreLaudati invii quanto prima tutta ladocumentazione alla procura fede-rale. La legge dello Stato impediscedi attivare gli iter di giustizia spor-tiva in assenza di documentazioneladdove ci sono procedimenti pe-nali. Comunque, per noi, sarà tol-leranza zero». Il rischio, in primis,è che le classifiche di questa stagio-ne, sia della serie A che della serieB, siano tutte sub judice; in secun-dis che la Puglia possa ritrovarsi,dopo 30 anni, senza più squadrenei campionati che contano.

Altre tre partite di serie Asarebbero state oggettodel tentativo di combineda parte di Masiello e del suo gruppodi amici, oltre alle sei giàemerse. Coinvolteanche Milan e Roma

K Andrea MASIELLO

Sembra semprepiù chiaro che tutto il campionato del Baridello scorso sia falsato,deciso da fattori che hanno a che farepoco con lo sport e tanto con la criminalità

segue dalla prima

I leghisti restano(...) Se li vedi nei talk show televisivi fingonocompostezza. Ma solo perché pare brutto einelegante infierire su un anziano malato.Anni di addestramento al diktat del politi-camente corretto non passano invano. Primao poi, però, un sorrisino scappa e quandoanche riescono a controllarsi bene non pos-sono nascondere una luce di soddisfazionenegli occhi. Un luccichio che vuol dire:«Eraora, te la sei cercata, finalmente te ne puoiandare fuori dalle balle. Il sistema ha espulsol’anomalia. Viva “le magnifiche sorti e pro-gressive». E invece, tutti, hanno poco da go-dere. Poco la sinistra e poco la destra. Perchése il Senatùr tramonta, non scompaiono néi suoi elettori, né il malessere che ha saputointerpretare per tanti anni. Anzi, più la crisimorde l’Italia e mette in ginocchio il nordproduttivo, e più chi ora ghigna, pensandodi avere un vuoto politico da riempire, do-vrebbe preoccuparsi. La Lega e il geniale fiuto politico di Bossihanno avuto un merito che nessuno puòmettere in discussione: quello di interpretaree imporre ai giochetti di palazzo romani iltema del ceto produttivo e la questione set-tentrionale. Se Bossi va in pensione, non perquesto scompare quel mondo che, per anni,

si è rifugiato nella Lega come scommessaper un’Italia meno opprimente. Se Bossi vain pensione, non per questo viene meno lafrattura tra il Nord e il Palazzo, tra produt-tori e consumatori di tasse.Bossi va in pensione. Ma chi vuol vincere leprossime elezioni è costretto a fare i conticon quegli italiani, esasperati dalla crisi, cheoggi più di prima credono nella rivolta fi-scale e nella lotta di liberazione dalla buro-crazia e dallo statalismo.

CRISTINA MISSIROLI

I nazisti dell’Illinois(...) I gruppi e gruppuscoli che ancora si ispi-rano all’iconografia nazifascista sono per lopiù espressione di un disagio giovanile chesi esprime nella ricerca di un “branco” dal-l’aria forte e spavalda nel quale immergersie sentirsi meno sperduti. La svastica o il sa-luto romano diventano il surrogato diquell’autostima che la disoccupazione se-guita alla bassa scolarizzazione e alla man-canza di prospettive hanno poco alla volteschiacciato e ridotto in polvere. Talmentedeboli nel numero e nelle idee da non riu-scire spesso nemmeno a sopravvivere se nonmescolandosi a qualche falange ultras. Spes-

so predicano e diffondono l’ideologia dellaviolenza, è vero. La mettono anche in pra-tica, nella verbalità degli slogan o nelle rissetra fazioni opposte. Ma ritenere che sianoloro la minaccia principale al diritto di esi-stere di Israele, o peggio ancora al diritto diprofessare liberamente la propria religione,è anacronistico.Fa riflettere amaramente come anche perl’Unione dei Giovani Ebrei Italiani, in unaclassifica della pericolosità dei gruppi e deimovimenti che predicano e praticano l’odioantiebraico, i “nazisti dell’Illinois” sianosempre in prima fila. E solo molto dopocompaiano invece l’integralista islamico ar-restato a Milano perché accusato di proget-tare un sanguinoso attentato contro la si-nagoga cittadina. O ancora i siti webdell’antagonismo complottista di ultrasini-stra, che ieri parlavano di complotto mon-diale ebraico e addossavano agli agenti delMossad l’attentato alle Torri Gemelle, e oggiadditano la “cricca” dei ricchi banchieri efinanzieri ebrei come responsabili della crisieconomica e della disoccupazione. Il vero nemico, oggi, al “Sieg Heil” preferisce“Allah-u-Akhbar”. Ma se la paura della re-altà contagia anche le giovani generazioni,siamo ben lungi dal poterla guarire.

LUCA PAUTASSO

Direttore Responsabile: ARTURO [email protected]

Condirettore: GIANPAOLO PILLITTERI

Vice Direttore: ANDREA MANCIA

Caposervizio: FRANCESCO BLASILLI

AMICI DE L’OPINIONE soc. cop.Presidente ARTURO DIACONALE

Vice Presidente GIANPAOLO PILLITTERIImpresa beneficiaria per questa testata dei contributi

di cui alla legge n. 250/1990 e successive modifiche e integrazioni.IMPRESA ISCRITTA AL ROC N. 8094

Sede di RomaVIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA

TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 / [email protected]

Redazione di MilanoVIALE MONTE GRAPPA 8/A, 20124 MILANO

TEL 02.6570040 / FAX 02.6570279

Amministrazione - AbbonamentiTEL 06.69549037 / [email protected]

Ufficio DiffusioneTEL 02.6570040 / FAX 02.6570279 / [email protected]

Progetto Grafico: EMILIO GIOVIO

TipografiaL’OPINIONE S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA

Centro Stampa edizioni teletrasmessePOLIGRAFICO SANNIO S.R.L. - ORICOLA (AQ)

TEL 0863.997451 / 06.55261737

Distributore NazionalePRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA E MEDIA S.R.L.

VIA CASSANESE 224, 20090 SEGRATE (MI)

Concessionaria esclusiva per la pubblicitàSISTECO S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA

TEL 06.5086330 / FAX 06.5089063

In vendita obbligatoria abbinataVITERBO con AltoLazio News € 1,00

ROMA e CIVITAVECCHIA con Roma News € 1,00

CHIUSO IN REDAZIONE CENTRALE ALLE ORE 19,15

Organo del movimento delle Libertà per le garanzie e i Diritti CiviliRegistrazione al Tribunale di Roma n. 8/96 del 17/01/’96

K Il Pm Antonio LAUDATI

L’OPINIONE delle Libertà DOMENICA 8 APRILE 20122

Page 7: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

onostante le professioni diunità, è ormai evidente che al-

l’interno del Pdl ci sono due partiti.Trasversali alla tradizionale lineadi frattura tra chi appartiene allastoria politica della fu Alleanza Na-zionale e gli ex berluscones. Che sievidenzia nel voto parlamentare.C’è una fronda, pari a oltre un ter-zo del gruppo alla Camera, che dasettimane prende le distanze dallalinea di Angelino Alfano, non vo-tando i provvedimenti sui quali ilgoverno esprime parere favorevole.Lo fa silenziosamente e con garbo,non presentandosi in aula al mo-mento del voto e astenendosi dalpronunciare anatemi a mezzostampa. Ma che l’esecutivo tecnicovenga osteggiato da una nutrita evariegata componente dei berlusco-niani appare ormai palese. Tra gliassenti, chi non ne fa una questionepolitica, mostra comunque un evi-dente disinteresse alla sopravviven-za del governo. Una distanza cheviene marcata non solo in occasio-ne dei voti di fiducia. La ratificadella legge comunitaria del 2011,un atto con il quale il parlamentorecepisce la normativa europea ade-guando l’ordinamento interno, èstata votata solamente da 110 ono-revoli azzurri. Un solo astenuto, maben 88 deputati hanno disertatol’aula. Un dato in linea con la ten-denza delle ultime settimane che,in occasione di un atto dovuto edalla scarsa significatività politica,è segnale di come la fronda al go-verno sia più organizzata di quantonon si possa pensare. Medesima lasituazione a Palazzo Madama. Sullaratifica dell’adesione della Croaziaall’Unione Europea, solamente 69senatori hanno dato via libera algoverno. Tra contrari, astenuti e as-senti, ben 53 membri del gruppopidiellino hanno evitato di dire ilproprio sì.

N Ieri Libero ha incrociato i dati,scoprendo che c’è una piccola e ag-guerrita pattuglia che non ha maivotato i provvedimenti del governo.Sono tredici: Airaghi, Aprea, Bram-billa, Cosentino, Crosetto, Dell’Elce,Ghedini, Martino, Milanese, Mus-solini, Nicolucci, Papa e Traversa.

È la legge elettorale e, più in ge-nerale, sul quadro complessivo delleriforme, la cartina tornasole che staevidenziando il montare del dissen-so. Intervistati in rapida sequenzada Radio Radicale, il senatore Gae-tano Quagliariello e l’onorevoleGiuseppe Moles hanno offerto ungiudizio radicalmente diverso sullostato dell’arte delle trattative. PerQuagliariello, il modello ispano-te-desco non solo è un buon compro-messo, ma contribuirà a indirizzareil bipolarismo italiano sulla stradadella stabilità del sistema politico-istituzionale. Di parere esattamente

opposto Moles, che interpreta ilpensiero degli oltre cento deputatiche hanno firmato la proposta diriforma di Peppino Calderisi. Genteche non ha scordato la vocazionepresidenziale e maggioritaria delBerlusconi del ‘94. Alla luce dellaquale, l’accordo in cantiere è ai li-miti dell’accettabile.

PIETRO SALVATORI

di FEDERICO PUNZI

on una furba lettera al Corriereil premier Mario Monti ha

chiuso la lite con i partiti. Ma è solouna tregua. Nulla infatti sarà comeprima e ad aprire la nuova fase –complice l’illusione diffusa tra leforze politiche, alimentata dai me-dia e purtroppo dallo stesso Monti,che la crisi più acuta del debito siaormai alle spalle – è stata la sceltadel ddl come veicolo legislativo del-la riforma del lavoro. Un cambiodi passo, un vistoso rallentamentorispetto alle altre riforme, fin quiapprovate a colpi di decreto-fiducia,interpretato dai partiti come un se-gno di debolezza. Per di più accom-pagnato dalle prime crepe all’inter-no del Cdm, con alcuni ministri agiocare di sponda con il Pd. Dal suotour asiatico Monti ha provato atirare le redini, ripetendo né più némeno i ragionamenti sui partiti chefa dal giorno dell’investitura. I rin-graziamenti per il loro senso di re-sponsabilità, il rammarico per la lo-ro impopolarità e l’antipolitica,sono sempre suonati ai limiti delsarcasmo. I concetti espressi a To-kyo non sono così distanti, sono ipartiti che hanno cambiato atteg-giamento e li recepiscono diversa-mente. Anche la stampa filo-gover-nativa (Corriere e Repubblica)stavolta ha ripreso il premier per lesue esternazioni. Il guaio di Montiè che far calare lo spread e gli inte-ressi sui titoli di stato è il suo lavo-ro, ma più calano e meno presa rie-sce a esercitare sui partiti e sulpaese. Nella sua lettera sembra usa-re il tono sarcastico di chi sta in re-altà negando le cose che afferma.Se l’Italia ha imboccato la via delleriforme, è grazie al «senso di re-sponsabilità delle forze politiche»e alla maturità del paese. Dopo leelezioni del 2013 torneranno go-

C

verni «politici», il cui comporta-mento, si dice certo, «non sarà quel-lo di prima». Le sue parole quindisono state fraintese, anzi intendeval’esatto opposto di come è stato in-terpretato in Italia: non attacco ipartiti, al contrario cerco di spiegareagli investitori esteri che il meritodella nuova fase è proprio dei par-titi. Anche se all’estero, non mancadi segnalare con tono addolorato,resta la «percezione errata» che ilmerito delle riforme sia dei tecnici,e che il «nuovo corso possa essereabbandonato quando, dopo le ele-zioni, torneranno i politici». Sottin-teso: mica vorrete accreditare questa“errata” percezione! Nonostante lasensazione di presa per i fondelli, ipartiti accolgono la tregua. Se il go-verno è riuscito a fare quello che hafatto, «lo deve alla politica e nonallo Spirito Santo. Siamo noi che lososteniamo», chiosa PierferdinandoCasini. L’aria è cambiata, la luna di

miele è finita, e con essa probabil-mente anche la spinta riformatricedel governo. Anche perché a sug-gellare la nuova fase sono arrivatele raccomandazioni del capo delloStato. Il quale cerca di favorire unclima di concordia, sostiene Montinella sua agenda di riforme, ma allostesso tempo fa capire che d’ora inpoi sarà più stringente il suo con-trollo sul ricorso a decreti e fiducie.Se Monti avverte che all’estero c’èattesa, ci si chiede con quali tempila riforma verrà approvata, e se lasua portata riformatrice resterà in-tegra o verrà diluita, Bersani dà perscontati ampi margini di intervento.I partiti sgomitano, si avvicinano leamministrative, cercano visibilità.Sono disposti a continuare a soste-nere Monti, ma lo saranno sempremeno a pagare il prezzo politicodelle sue riforme (e delle sue battu-te). Ma il Pd freme più degli altri.Si sta ribaltando infatti la prospet-tiva dei due partiti maggiori. Se pri-ma era il Pdl, scalzato dal governo,a mostrare irritazione nei confrontidel professore, mentre il Pd festeg-giava la fine del berlusconismo, orache è minacciato un tabù della si-nistra (e del connubio Pd-Cgil) co-me l’articolo 18, il Pd teme di pa-gare a caro prezzo il suo appoggioa Monti-Fornero e che parte del-l’elettorato possa anche cominciarea rimpiangere il centrodestra. Si sen-te una gioiosa macchina da guerra,come nel 1994, ma teme che esat-tamente come allora, dopo la pa-rentesi tecnica del ‘92-’94, PalazzoChigi possa sfuggirgli. «Il sottoscrit-to sparirà e il “montismo” – giurail premier – non esiste!», ma se ilPd forza la mano sull’articolo 18 esi fa tentare dalla “rivoluzione d’ot-tobre”, allora il partito di Montipotrebbe prendere vita naturalmen-te come blocco moderato contro lafoto di Vasto.

IIPOLITICAII

K Mario MONTI

Si amplia la fronda nel Pdl: cresce il numero dei presidenzialisti che dicono no alla bozzadi Quagliariello. Mentrein aula mancano i votiper il governo

segue dalla prima

Emergenza, oppurepiccolo cabotaggio?(...) La preoccupazione maggiore deriva pro-prio da questo interrogativo. In quattro mesidi vita il governo Monti ha cercato di inviaresegnali rassicuranti ai mercati ma non è statoin grado di fornire alcun segnale preciso sul-l’indirizzo strategico della propria azione ri-sanatrice. Qual è l’obbiettivo di fondo dei tecnici? Cu-rare la sintomatologia dello stato burocrati-co-assistenziale che esercita un peso semprepiù crescente ed insopportabile sui cittadinisenza fornire servizi adeguati? Oppure è dicurare la malattia rappresentata dall’espan-sione incontrollata della burocrazia e dell’as-sistenzialismo che, come una proliferazionetumorale, ha invaso ogni struttura dello statonazionale? Fino ad ora a questo interrogativonon c’è stata risposta alcuna. Il che alimentail sospetto che neppure Monti (non parliamodei suoi ministri volonterosi ma inadatti allescelte strategiche) sappia come diavolo ri-spondere. E solleva il timore che il governodell’emergenza sia in realtà il governo delpiccolo cabotaggio.

ARTURO DIACONALE

La visita del Papa e la tragedia cubana(...) La vecchia religione popolare della San-teria ha ricordato al mondo la sua grandeforza, nonostante decenni di repressione co-munista. L’opposizione cubana, come le “Da-mas de blanco”, non hanno potuto incontrareil Papa per esplicito divieto delle autorità, matutti i mezzi di comunicazione del mondohanno parlato di loro e di come un’ondatadi arresti senza precedenti si sia abbattuta sudi loro. Gli esuli cubani, che con una flottigliadi navi ormeggiata a 20 Km dalla costa, inacque internazionali, hanno lanciato razzi lu-minosi hanno ricordato l’immane tragediadi un milione di persone, quasi il 10% dellapopolazione, in esilio a causa della dittaturadei fratelli Castro. Non sono mancate le gaffe,come quella del Primate di Cuba, Ortega, cheha chiesto l’intervento della polizia per sgom-berare una chiesa occupata da dissidenti. Ma,se non sono mancate contraddizioni, il risul-tato è stato chiaro, si è smontata senza ap-pello la farsa di una Cuba con grandi novitàe in fase di cambiamento. Il regime è statomesso a nudo. Alcuni commentatori hannoricordato come l’esercito cubano abbia aperto

un suo sito su internet, a dimostrazione diun peso sempre crescente in tutti i campi.Non bisogna dimenticare che l’esercito cu-bano ha avuto come suo ministro per 48 anniRaul Castro. La dittatura rafforza le sue strut-ture di repressione perché ha paura che si ri-peta quello che avvenne dopo la caduta del-l’Urss, quando, venuti meno i cinque miliardidi dollari sovietici, il regime si “aprì”, ma alturismo sessuale. Ora l’incubo si chiama Cha-vez, se fosse battuto alle elezioni di ottobre,se la malattia gli impedisse di continuare afare politica, si creerebbe una situazione dagliesiti imprevedibili. I dieci miliardi di dollariche Chavez regala a Cuba in cambio dellecosiddette “misiones” sono una risorsa cen-trale nell’economia cubana. Un’economiache, di tutte le riforme sbandierate, ha vistosolo la possibilità di acquistare macchine stra-niere o di vendere le proprie case, ben pocoper una società sottoposta da 50 anni al di-sastro dell’economia di stato. Per nascondereancora una volta la vergogna dell’ultima dit-tatura assassina dell’Occidente, si è creato unridicolo “battage” sulla religiosità di FidelCastro, scomodando vecchi rottami della Teo-logia della Liberazione, come Frei Betto oLeonardo Boff, da tempo allontanatisi o cac-ciati dalla Chiesa Cattolica.

ROBERTO LOVARI

Direttore Responsabile: ARTURO [email protected]

Condirettore: GIANPAOLO PILLITTERI

Vice Direttore: ANDREA MANCIA

Caposervizio: FRANCESCO BLASILLI

AMICI DE L’OPINIONE soc. cop.Presidente ARTURO DIACONALE

Vice Presidente GIANPAOLO PILLITTERIImpresa beneficiaria per questa testata dei contributi

di cui alla legge n. 250/1990 e successive modifiche e integrazioni.IMPRESA ISCRITTA AL ROC N. 8094

Sede di RomaVIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA

TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 / [email protected]

Redazione di MilanoVIALE MONTE GRAPPA 8/A, 20124 MILANO

TEL 02.6570040 / FAX 02.6570279

Amministrazione - AbbonamentiTEL 06.69549037 / [email protected]

Ufficio DiffusioneTEL 02.6570040 / FAX 02.6570279 / [email protected]

Progetto Grafico: EMILIO GIOVIO

TipografiaL’OPINIONE S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA

Centri Stampa edizioni teletrasmessePOLIGRAFICO EUROPA S.R.L. - VILLASANTA (MB)

TEL 039.302992POLIGRAFICO SANNIO S.R.L. - ORICOLA (AQ)

TEL 0863.997451 / 06.55261737

Distributore NazionalePRESS DI S.R.L. (GRUPPO MONDADORI)

VIA CASSANESE 224, 20090 SEGRATE (MI)

Concessionaria esclusiva per la pubblicitàSISTECO S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA

TEL 06.5086330 / FAX 06.5089063

In vendita obbligatoria abbinataVITERBO con AltoLazio News € 1,00

ROMA e CIVITAVECCHIA con Roma News € 1,00

CHIUSO IN REDAZIONE CENTRALE ALLE ORE 20,00

Organo del movimento delle Libertà per le garanzie e i Diritti CiviliRegistrazione al Tribunale di Roma n. 8/96 del 17/01/’96

Mille dubbi del Pd sul lavoro In forse il sì alla Fornero

Il Pdl che non vuoleil sistema tedesco

L’OPINIONE delle Libertà SABATO 31 MARZO 20122

Page 8: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIPOLITICAII

I problemi della Ue? Iniziano con Carlo Magnodi RUGGIERO CAPONE

erché da 1200 anni a questaparte chi vive nell’Europa me-

diterranea deve subire i continuiattacchi etici, morali, economici dichi si ritiene di volta in volta erededei vari padri dell’unità politica delVecchio Continente? Tutto è ini-ziato con Carlo Magno, e a seguireil Barbarossa, Luigi XIV, Napoleo-ne, Adolf Hitler, Jaan Monnet, Hel-mut Kohl, Gerhard Schröder e giù

Merkel.È dal tempo dei Carolingi che

prima le monarchie e poi i governidemocratici cercano di riunire po-

nelle mani d’un “gran siniscalco”:era il progetto di Carlo, germanicore di Franchi, che voleva tuttos’amministrasse tra Liegi e Aqui-sgrana, tra Strasburgo e Bruxelles.Così il “siniscalco” europeo dovevadecidere come e quanto tassare ecome dovesse vivere un italiano oun iberico. In parole povere, gli eu-ropei mediterranei si sono allineatipiù volte nella loro storia ai detta-mi franco-tedeschi.

Il gioco s’è tinto di democrazianel 1950, quando Monnet decisefosse venuto il momento di tentareil passo irreversibile verso l’unionedei paesi europei: nasce il testo diquella che passerà alla storia comela “dichiarazione di Schuman”. Daquel giorno non c’è stata più viadi scampo per noi mediterranei,solari, abili ad arrangiarsi... pianpianino ci siamo dovuti allineare

Pai dettami del “gran siniscalco”.

E badate bene che tutti, dalBarbarossa alla Merkel, non hannoche indicato in Carlo Magno il pa-dre dell’Europa unita, della monetaunica, della pace. Ma quale pace equale moneta unica? L’Europa siconferma un sogno basato su guer-re (oggi economiche) e su ricchezzefranco-tedesche con conseguentepovertà dall’Italia alla Spagna.

A cospetto dei documenti re-datti durante gli incontri tra CarloMagno e Papa Leone III (la raccol-ta Rex Pater Europae) emerge chela Roma dell’epoca (quella del Pa-pa) era grata all’Europa dell’epoca(quella del franco Carlo) quanto epiù dei governanti di oggi: spiega-vano che la salvezza è nel SacroRomano Impero, che sarebbe folledistruggere quell’unità. Le stesse

parole che oggi ci vengono quoti-dianamente vendute su Merkel edEuro.

Di fatto il re franco è stato ilpromotore d’uno spazio politicoed economico riconducibile all’at-tuale assetto politico-economicoeuropeo. Non dimentichiamo cheper tutta la prima metà del Vente-simo secolo, storici francesi e te-

deschi si sono disputati la primo-genitura del “Sacro Romano Im-pero”: una disputa tutta in toni na-zionalistici, e con la deplorevoleesclusione di italiani, greci, spagno-li e portoghesi, ritenuti al rimor-chio come zavorra o quasi. Qual-che mediterraneo obiettava cheCarlo Magno non si poteva con-siderare né francese né tedesco, epoiché i due popoli non si eranoancora formati in quel pezzo diMedioevo. Subito i tedeschi ribat-tevano che il re franco aveva sana-to la frattura etnica tra germani elatini, lasciando una forte impronta

È evidente che Carlo Magnoabbia abilmente mischiato le carte,dopo di lui nessuno ha più avutoben presente chi fossero i “romani”e chi i barbari “germanici”. E c’èdi peggio: questa nuova visione eu-ropea (oggi occasionalmente im-perniata nella Merkel) sta nuova-mente ripiegando su se stesso ilVecchio Continente, contraendocommerci e circolazione delle ric-chezze: l’Italia è vittima di chi sta“infeudando” nuovamente l’Euro-pa.

A sostegno di questa tesi c’è ladocumentazione carolingia, le tantedisposizioni in materia di politica

calcolata all’epoca del “grande si-niscalco” come la nostra Imu, ve-niva percepita dalle popolazionidel Sacro Romano Impero comeuna tassa che alimentava le casseregie per mantenere l’onerosa bu-rocrazia (gli antenati dei nostri di-

rigenti pubblici). Anche da un pun-to di vista sociale e produttivo nonc’era gran differenza: coloni e servi

pevano che l’unico ascensore so-

corte o arruolarsi. L’Impero caro-lingio conservava elementi conti-nuativi con l’età tardo-romana, pe-culiarità che riemergono nellapercezione sociale che ha dell’Eu-ropa la periferia italiana: valgal’esempio dei mestieri che potevao non poteva praticare il popolodell’epoca, per certi versi è comel’Unione europea di oggi che vieta

o limita l’allevamento e l’agricol-tura.

vernato da Carlo Magno appareagli occhi del moderno cittadino

Ue come straordinariamente fami-liare: un continente dove abbiamoun settentrione integrato ed un sud

in epoca carolingia esisteva un sudbizantino, che dalla Calabria allaSicilia, passando dalla Puglia al-l’entroterra campano, si contrad-

accordo tra siniscalchi e catapanibizantini che potesse garantire letasse: venivano puntualmente eva-se, e le ricchezze venivano reinve-

vari tasselli burocratici.In 1200 anni il Sud s’è ribellato

più volte al Nord, e questo grazieai vari governati italiani e spagnoli.L’italiano Giovanni della Bande ne-re le aveva suonate a dovere aglieserciti dell’imperatore germanico,ed ormai siamo nel 1500. E nondimentichiamo che la religione lu-terana, protestante, di tedeschi,francesi ed olandesi fu nel 1600ottimo pretesto spagnolo per ag-gredire gli antenati dell’Unione eu-ropea. Nel 1600 gli antenati lute-rani della Merkel regnavano daMaastricht a Bruxelles. SiccomeBreda (ex importante possedimen-to della casa d’Orage-Nassau) eracaduta in mani spagnole (quindicattoliche) i luterani olandesi de-cisero di marciare contro gli spa-gnoli, e con la scusa di liberare lepopolazioni dal giogo cattolico. ABreda si giocò la prima modernaguerra di trincea, con bombe e ar-chibugi: italiani, spagnoli, porto-ghesi si ritrovarono uniti contro ifranco-tedeschi. Il re di Spagnaaveva detto loro che si trattava dilottare contro gli eretici, e tantis’arruolarono in quell’armata cat-tolica benedetta dalla Santa Inqui-sizione. Ancora una volta due mo-delli a confronto, il mediterraneoe il tedesco, il solidarista solare el’econometrico tedesco. Proprio co-me oggi.

È dai tempi dei Carolingi che i sovrani cercano

di un “gran siniscalco”

Due modelli opposti:l’econometrico tedescoe il solidarista solare.Proprio come oggi

L’OPINIONE delle Libertà MARTEDÌ 24 LUGLIO 20124

L’Italia è un paese cagionevole (di Costituzione) llora, l’Italia è di “Costituzio-

ne cagionevole”? Si rincorrono, in proposito, le

invocazioni e i richiami storici perl’elezione di una nuova “Costi-tuente”, con gli stessi, pieni poteridi quella del ’46-’47, incaricataallora di scrivere la nuova Costi-tuzione repubblicana.

Comunque sia, il problema ve-ro è un altro: si tratta di capire“in che modo” restituire al popo-lo sovrano il potere di stabilire lescelte politiche di fondo.

Del resto, in questa rivoluzio-naria era di social network, ognu-no tende ad auto-rappresentarsie a scegliere i propri leader “daremoto”. Basta, per questo, digi-tare (Grillo docet) dal computerdi casa o da uno smart-phone gliindirizzi che danno accesso allaplatea sterminata di un disperso,in�nito popolo di blog “elettoriattivi”.

Davvero la politica sta pensan-do seriamente a una nuova CartaFondamentale, che sia in grado dirivaleggiare per durata con quelladel 1948? Ad ascoltare le propo-ste in campo a me, per dirla tutta,viene lo sconforto.

Si parla, per ipotesi, di presi-denzialismo alla francese, di lea-dership rafforzata, di CameraBassa e di Camera Alta, ovvero diun mix di tanti e tali sistemi - giàrealtà in altre Nazioni occidentali- che vengono i brividi soltanto ariassumerle tutte!

Io, invece, mi chiedo: si può ri-tornare alla “Polis” ateniese, in

A cui i cittadini avevano un realepotere di scelta sui propri desti-ni?

Per cercare una soluzione, ingrado di conciliare l’atomizzazio-ne del consenso - conseguente allademolizione ideale e reale dellapresenza e del signi�cato dei par-titi all’interno della società italia-na - mi sembrerebbe logico capo-volgere letteralmente il principioattuale dell’elezione delle rappre-sentanze politiche in democrazia.

Oggi, il voto di un singolo nonvale letteralmente nulla, confon-dendosi tra decine di milioni dialtri, con uguale diritto di espres-sione.

Le “macchine” di aggregazionedel consenso sono, ormai, soltan-to dei giganteschi moloch media-tici e vanno in senso diametral-mente opposto alle esigenze delpopolo dei blog e degli smart-phone, che chiede di far contarepubblicamente l’opinione di ognisingolo elettore.

In Siria, ad esempio, un regimeperverso e sanguinario, che ha fat-to decine di migliaia di vittime trai suoi cittadini in rivolta, non rie-sce più a contenere il popolo deitelefonini e di Internet, che docu-menta ogni giorno, istante peristante, le sue terribili atrocitàquotidiane.

Allora, che cosa fare? Per tor-nare alla “Polis”, occorrerebbepoter scegliere chi abbia il dirittodi sedere nel Senato degli “Eletti”(nel senso delle persone più me-ritevoli e capaci).

Un ragionamento compatibilesarebbe quello di dire: tiriamo asorte tra tutti cittadini onesti. Intermini più moderni, potremmodire di più: partiamo dalla pira-mide di età e dividiamola per clas-si “generazionali”.

Per ciascuna di esse individuia-mo il corrispondente “peso speci-�co” a livello nazionale (esempio:“il peso, in %, della classe dei gio-vani da zero a 25 anni, rispettoall’intera popolazione Italiana”).Istituiamo per legge, poi, una “Li-sta unica nazionale” di coloroche, a prescindere da censo, cetoed età, intendano candidarsi al“Senato degli Eletti” (nel sensosopra speci�cato).

Per essere iscritti alla “Lista”occorre - come per qualsiasi Alboprofessionale - dimostrare di: sa-per scrivere, proporre leggi e diesporle pubblicamente; far di con-to con i bilanci pubblici; avere unindubbio pro�lo morale.

Tutte cose che si possono fa-cilmente, accertare con prove at-titudinali pubbliche scritte/orali etramite un buon certi�cato pena-le.

Onde evitare sperequazionigeogra�che, è suf�ciente che, almomento del sorteggio, si tengaconto della ripartizione regionaledelle classi demogra�che.

Continuando nell’esempio diprima: ammettiamo che l’80%della classe demogra�ca “0-25 an-ni” stia in Sicilia. Allora è chiaroche l’80% delle persone sorteg-giate, per quella classe, sarà resi-

dente in Sicilia. Immaginatevi, in-�ne, gli immensi risparmi, rispettoai costi attuali della politica!

Dopo di che, basta costruireun sistema equilibrato di poteri econtropoteri, tra Parlamento edEsecutivo, per avere la quadratura

del cerchio. La versione che preferisco è

quella di un Primo Ministro elettoa suffragio universale, che abbiadiritto a far rispettare gli impegnidel “Programma”, così come vo-tato dagli elettori.

Per farlo, deve poter sottopor-re al Senato proposte di legge (�-nalizzate alla realizzazione delProgramma stesso) che possonoessere approvate o respinte “in to-to”, senza possibilità di modi�ca,da parte del Parlamento. QuelPremier, poi, che si veda respintauna sua proposta di legge, puòsottoporla a referendum appro-vativo popolare, da votare con ilsistema del voto elettronico. Idem,qualora il Premier ritenga lesivadel proprio programma - così co-me da lui concordato con gli elet-tori - una legge approvata auto-nomamente dal Senato.

In caso di con�itto prolungatoPremier-Senato, il Presidente dellaRepubblica (che manterrebbe glistessi poteri attuali) può indirenuove elezioni del Premier + sor-teggio, con provvedimento moti-vato, impugnabile presso la CorteCostituzionale da uno dei duesoggetti costituzionali Senato/Pre-mier.

La Corte, poi, decide entro ter-mini tassativi sul con�itto costi-tuzionale, legittimando o renden-do inef�cace il provvedimentopresidenziale.

Spero che il Presidente Berlu-sconi mi legga, prima o poi...

MAURIZIO BONANNI

Acropoli di Atene

In questi giorni si parladi presidenzialismo alla francese, leadership rafforzata, Camera Bassae Camera Alta, mix di sistemi di altrenazioni occidentali.Meglio la Polis ateniese

Page 9: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

on riferimento all’articolo Precari allePoste, con la complicità del sindacato

pubblicato da L’Opinione, Tnt Post Italia de-sidera fornire informazioni riguardanti alcunifatti e rapporti contrattuali menzionati nel-l’articolo. Ciò al fine di consentire una piùcorretta lettura della vicenda della signoraL. e di chiarire l’impegno di Tnt Post Italiaa contenere l’impatto sociale derivante dallacessazione dell’appalto di Poste Italiane, of-frendo opportunità di ricollocazione e di so-stegno economico al reddito. Innanzituttopreme evidenziare che l’azienda non ha inalcun modo fatto «pressioni in uscita con lacomplicità dei sindacati» nei confronti delpersonale dedicato all’appalto. Tnt Post avevasottoscritto con il personale da dedicare alleattività specifiche previste dall’appalto uncontratto a termine, legato all’appalto stesso.La facoltà di prolungare il termine di un con-tratto è statuita dal D. Lgs. 368/2001; dicontro, rimane in capo al lavoratore la facoltàdi continuare il rapporto di lavoro per il pe-riodo massimo previsto dal decreto stesso.Di conseguenza, nella situazione specificamenzionata nell’articolo, la decisione se pro-seguire o meno il rapporto si configuravachiaramente come una scelta del tutto auto-noma per il singolo lavoratore e non comeun obbligo derivante dall’accordo sottoscrittocon le organizzazioni sindacali. L’accordo,siglato il 22 giugno, non prevedeva soltantoun incentivo economico a sostegno del red-dito per i lavoratori, bensì anche un più cor-poso piano di riqualificazione professionalefinalizzato alla ricollocazione sul mercato deilavoratori interessati dalla cessazione del con-tratto di lavoro a termine. Sia il piano di ri-

C qualificazione professionale sia l’incentivoeconomico non sono un obbligo per l’aziendaderivante dalle normative vigenti in materiadi contratti di lavoro a termine. Nello speci-fico, si è trattato di una scelta di Tny PostItalia finalizzata al contenimento dell’impattosociale derivante dalla cessazione dell’appaltoche era stato concordato con Poste Italianeper il periodo dal settembre 2008 al 23 luglio2011. In merito alla menzionata vertenza dilavoro menzionata nell’articolo, sembra utileprecisare che la signora L., insieme ad altrilavoratori, ha promosso innanzi al Tribunaledel lavoro di Firenze un procedimento cau-telare ex art. 700 c.p.c il quale si è conclusoin sede di reclamo con il rigetto di tutte ledomande proposte dai lavoratori e la relativacondanna degli stessi al pagamento delle spe-se processuali sostenute dall’azienda per en-trambi i gradi di giudizio. Il Tribunale di Fi-renze ha rigettato le domande proposte dailavoratori dichiarando legittimo il compor-tamento dell’azienda.

Due lavoratrici appartenenti al gruppoche fece ricorso in giudizio, il 26 aprile scorsohanno sottoscritto con Tnt Post un verbaledi accordo in sede sindacale per il riconosci-mento di una somma a sostegno del loro red-dito. Tale riconoscimento non era, per le stes-se ragioni di cui sopra, un obbligo perl’azienda. È auspicabile che questi pochi ele-menti possano contribuire a fare chiarezzain merito a una vicenda che ha portatol’azienda a rendersi protagonista di un ac-cordo sicuramente innovativo per tutto il set-tore di riferimento e ai tempi apprezzato dallerappresentanze sindacali.

UFFICIO STAMPA TNT POST ITALIA

IIPOLITICAII

Sorpresa! Non esiste un modo per uscire dall’eurodi LUCA PAUTASSO

scire dall’euro. Ad Atene la ve-dono sempre più come unica

via d’uscita dalla crisi. Nell’Euro-gruppo ci si divide tra la Germaniache di fronte all’ipotesi fa spalluccee Bruxelles che tenta di salvare il sal-vabile. L’altro ieri un rapporto diFitch paventava guai seri per leaziende spagnole, portoghesi e ita-liane in caso di una fuoriuscita dellaGrecia dalla moneta unica. Anchein Italia cresce la tribù di chi sognaun ritorno alla lira. Ma si può dav-vero abbandonare l’euro? Forse sì,forse no. Ma non sta scritto da nes-suna parte.

«I trattati europei prevedono chegli Stati membri possano usciredall’Unione, ma non specificanonulla in merito alla possibilità cheun paese Ue abbandoni la monetaunica». A dirlo è l’eurodeputato le-ghista Claudio Morganti, che si èmesso a spulciare lo statuto di ade-sione all’euro senza trovare nemme-no un articolo, un comma, un pa-ragrafo o una mezza citazione chespieghi come avviare la proceduradi uscita. C’è scritto come si entranell’euro, quali sono i parametri darispettare e gli obiettivi da raggiun-gere. Ma come se ne esce? Mistero.

Per questo l’europarlamentaredel Carroccio ha presentato un’in-terrogazione rivolta all’esecutivo Ueper domandare a questo «se non ri-tenga opportuno modificare i trat-tati, inserendovi la modalità di usci-ta dall’Eurozona per un Paesemembro». A suscitare la curiosità

Udi Morganti è stata la notizia che laBei, la Banca europea per gli inve-stimenti, avrebbe inserito una clau-sola di salvaguardia per i suoi finan-ziamenti in Grecia, al fine di tutelarsinel caso Atene si fosse decisa dav-vero a ritornare alla vecchia dracma.«Nonostante la Bei e la Commis-sione europea si siano precipitati asmentire questa notizia - spiega ilparlamentare europeo - credo cheuna tale misura cautelativa, validaanche per altri Stati in crisi, qualil’Irlanda e il Portogallo, sia indicedi come l’abbandono dell’euro ven-ga contemplato anche da coloroche, nelle sedi istituzionali, tentanodi ammaliarci con false rassicura-zioni, dietro alle quali si cela, in re-altà, un’evidente paura collettiva».

Al di là delle considerazioni po-litiche, la procedura di uscita dal-

l’euro è un vero e proprio busillisper tutto il Vecchio Continente. Tan-to che qualcuno ha pensato bene dimobilitare le migliori intelligenzeeuropee, con la promessa di unalauta ricompensa, per colmare la la-cuna legislativa e studiare un pianodi abbandono da mettere per iscrit-to. Bizzarro che a farlo sia stato uninglese, ovvero qualcuno che fuori

dall’euro ci sta già (e sta benissimocosì). Questo qualcuno si chiamaSimon Wolfson, barone di AspleyGuise, businessman britannico disimpatie conservatrici, che nel 2011ha messo in palio 250mila sterline(l’equivalente di circa 315mila euro,centesimo più centesimo meno) perchi avesse messo sul tavolo opzionipraticabili. Il risultato ha dimostratocome l’ingresso nell’euro rappresen-ti, di fatto, una strada senza ritorno.Una sorta di contratto capestro nelquale decidere di chiamarsi fuori ri-schia seriamente di costare molto dipiù che non sorbirsi tutte le ricadutenegative del restarci dentro.

Giurisprudenza vorrebbe che, incaso di fumosità delle disposizionicontrattuali, l’interpretazione cor-retta sia quella più favorevole alcontraente. Ma questo non sembravalere per l’adesione all’euro. A co-minciare dai dettagli più squisita-mente “tecnici”. Dal momento chenon esiste nessun tipo di codifica-zione di questa procedura, l’unicavia percorribile è infatti quella dellaprocedura di revisione semplificatadei trattati di adesione. Questa, però,richiede l’unanimità da parte di tuttigli stati membri. Ma non basta. Dalpunto di vista delle ricadute econo-miche, come spiegava molto detta-gliatamente Marco Seminerio, au-tore del blog Phastidio.it, «ipotizzarel’uscita di un solo paese sarebbetroppo pericoloso, perché scatene-rebbe un effetto contagio che tra-volgerebbe tutti gli anelli deboli dellacatena». Ovvero, come ventilato an-che da Fitch, Spagna, Portogallo e

Italia in primis.«Servirebbe dunque, contestual-

mente a blocco delle banche e con-trolli valutari alle frontiere, anchel’introduzione di una nuova monetaunica, destinata ai paesi del “bloccodel marco”, per neutralizzare glispalloni che riuscissero comunquea valicare la frontiera e a tentare diraggiungere Monaco con bauli dieuro» scrive Seminerio. «Semplifi-cando brutalmente - prosegue l’au-torevole blogger economico italiano-, una nuova valuta servirebbe “perdistinguere il contante tedesco daquello greco”. Dopo aver introdottole nuove banconote, occorrerebbepoi modificare tutti i distributori au-tomatici. Chi ricorda il tempo ri-chiesto per queste operazioni nellatransizione all’euro sa perfettamenteche l’operazione inversa, che avver-

rebbe in modo caotico e panicato,provocherebbe un collasso dell’at-tività economica». «Poi ci sarebberogli effetti distributivi della conver-sione - riporta Phastidio.it - checoinvolgerebbero privati e (soprat-tutto) aziende, molte delle quali sa-rebbero dissestate dal nuovo sistemavalutario. Le multinazionali tendonoad avere una sussidiaria di tesoreria,

che gestisce l’indebitamento in mo-do centralizzato. Spesso la giurisdi-zione delle passività è quella olan-dese, e l’Olanda finirebbe nelgruppo dell’euro-marco. Ciò vor-rebbe dire un enorme aumentodell’onere del debito per le impresecoinvolte. Servirebbero quindi degliimponenti salvataggi: il sistema, la-sciato a se stesso, finirebbe travoltodalla illiquidità e da dispute legalisulla giurisdizione nazionale di at-tività e passività». Che sia opportu-no o meno, dunque, è chiaro comeil sole che uscire dall’euro non è unacosa semplice. Colpa di chi, all’epo-ca della creazione della moneta uni-ca europea, omise (per dimentican-za?) di contemplare una proceduradi uscita. Colpa che si somma aquella di una contrattazione raffaz-zonata dei parametri di adesioneall’euro per le economie dei varipaesi, corresponsabile dell’attualesituazione di difficoltà degli “anellideboli”.

Sul fatto dell’opportunità diun’uscita dall’euro per i greci, però,Claudio Morganti è categorico:avrebbero solo da guadagnarci. «LaGrecia è a un bivio, deve solo deci-dere se rimanere schiava di Bruxelleso riconquistare la propria sovranitànazionale» dice. «L’Ue, e in partico-lare la Germania, farà di tutto pertenere la Grecia nell’euro, ma soloper i propri interessi di mercato. Sela Grecia uscisse dall’euro, infatti, itedeschi a chi venderebbero Merce-des, Volkswagen e Bmv, che a quelpunto costerebbero il 40% in piùrispetto ad oggi?».

Non esiste nessun tipo di codificazione per allontanarsidalla moneta unica

L’unica via percorribilesarebbe quella di riscrivere da capo i trattati di adesione

I licenziamenti, le Postee l’impegno a ricollocare

Shalit: dopo l’orrorela cittadinanza di RomaDuecentotredici giorni fa Gilad Shalit venivaliberato da Hamas dopo uno scambio di pri-gionieri con la proporzione di mille e passaterroristi contro un solo soldato israeliano,lui stesso. Era il 17 ottobre 2011, da alloraquel ragazzo il cui faccino timido campeg-giava in un mega poster messo nella piazzadel Campidoglio per volere del sindaco Gian-ni Alemanno, ha passatoun lungo percorso di ria-dattamento alla realtà do-po i cinque anni e quattromesi passati nelle segretedei terroristi islamici cheregnano a Gaza.

Era stato rapito in ter-ritorio israeliano nel giu-gno 2006, un mese primadello scoppio della guerrain Libano. Giovedì seraGilad Shalit è venuto perla prima volta nella pro-pria vita nella città eternaa ritirare l’attestato di cit-tadino onorario che a suo tempo il sindacogli aveva conferito, con voto all’unanimitàdi tutta l’assemblea capitolina, opposizionecompresa, quando lui era ancora tra le manidei suoi aguzzini. La cerimonia voluta dallacomunità ebraica romana è stata allo stessotempo lieta e commovente: Riccardo Pacifici,il presidente, non riusciva a trattenere le la-crime e l’emozione.

Il rabbino capo Riccardo di Segni ha ci-tato il passo biblico in cui si parla dei riscattiche venivano pagati nei tempi dei tempi peri rapimenti dei familiari delle tribù in guerratra loro. L’occasione, che Alemanno non ha

sfruttato più di tanto a fini propagandisticianche se il conferimento della cittadinanzaonoraria a Shalit è stata forse l’unica cosa dibuono che si è vista sotto il suo mandato, èservita anche per presentare a Roma il nuovoambasciatore di Israele in Italia, Naor Gilon.Il quale ha fatto un appello perché venganoadesso liberati tutti gli ostaggi italiani rapiti

nel mondo, dalla coope-rante Rossella Urru, pri-gioniera di Al Qaeda nelMaghreb, ai due marò, incarcere in India accusatidi avere ucciso due pesca-tori scambiandoli per pi-rati. La piazza del Cam-pidoglio piena di bandiereisraeliane per un giorno ciha fatto sentire un paesenormale e non una dellepiazze del boicottaggiocontro lo stato ebraico,promosso dalle maggioriuniversità in Inghilterra e

da non pochi docenti universitari anche inItalia. Shalit che ha detto? Intimidito nel ruolodi rock star del bene si è limitato a ringraziareRoma anche lui e a lanciare un appello a suavolta per i sequestrati italiani nel mondo. Ilragazzo è ancora tale e quale a quello dellefoto che hanno invaso la internet filo israe-liana per cinque anni. Sembra che tutto iltempo passato in libertà ancora non abbiapotuto riassorbire i traumi indicibili (pareanche sevizie sessuali) che ha subito da partedegli assassini di Hamas.

Ma il tempo con lui sarà galantuomo.DIMITRI BUFFA

L’OPINIONE delle Libertà SABATO 19 MAGGIO 20124

Page 10: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

di CLAUDIO ROMITI

i voleva una crisi devastante per scoprireche regioni come la Sicilia, in cui l’au-

tonomia viene da sempre pagata coi soldi de-gli altri, stavano vivendo ben al di sopra leloro possibilità, consentendo ad una casta dimandarini di mantenersi la poltrona attra-verso un uso totalmente irresponsabile deiquattrini pubblici? Eppure sono molti anniche escono studi e commenti circa l’abnormefenomeno della dilatazione della spesa pub-blica e dei relativi apparati della più grandeisola italiana - su tutti l’impressionante or-ganico della Regione, che ha continuato alievitare pure nel corso della suddetta crisi -senza che a livello della politica nazionale siprendesse, sotto qualsiasi governo, un benchèminimo provvedimento per, quanto meno,contenere una forma di autonomia, stile ban-komat, sfacciatamente orientata solo sul ver-sante delle uscite. Sotto questo profilo, la to-tale mancanza di scrupoli della classedirigente siciliana è stata sostanzialmente co-perta, se non addirittura incentivata, da quellanazionale, strutturalemete prigoniera di unmeccanismo democratico di consenso che, aquesto punto, dovrà necessariamente essereridiscusso. Ridiscusso soprattutto sul pianodella valenza economica e finanziaria di qua-lunque responso elettorale. In altri termini,così come è avvenuto in Europa con la Gre-cia, non si può più pensare che vaste aree ter-ritoriali possano scegliere una rappresentanzaamministrativa che, per ragioni puramenteelettoralistiche, mandi in bancarotta l’interosistema. Per questo motivo, continuo som-messamente a pensare, occorre stabilire dei

Cpaletti invalicabili all’azione dei vari governi,a qualunque livello essi operino.

Ed in verità, con l’introduzione dell’euro,un limite alla spesa irresponsabile della classepolitica è stato indirettamente posto, sebbenei suoi effetti siano stati compresi dai più solorecentemente. In sostanza, con lo standarddella moneta unica stati e regioni canagliasul piano finanziario possono contare solosu prestiti e/o trasferimenti per continuaread alimentare le loro dissennate politicheespansive. Ma nel momento in cui, così comeè accaduto in questi ultimi mesi, il circuitodella liquidità si inceppa, venendo meno granparte delle risorse altrui da utilizzare, lo spet-tro sinistro del default fa repentinamente ilsuo ingresso. Tanto è vero che proprio in me-rito della stessa Sicilia si parla diffusamentedi vero e proprio fallimento, con il rischioconcreto di non poter pagare gli stipendi ele pensioni regionali. Ma la strada per con-sentire a questa splendida terra, così come achiunque ambisca all’autogoverno, di ricon-quistare una vera autonomia non può piùpassare per l’elargizione a fondo perduto dienormi risorse, magari sotto il nobile intentodi eliminare le cosiddette disuguaglianze, cosìcome tanti sinistri personaggi continuano adinvocare. La vera autonomia, giunti a questopunto, non può che basarsi sull’estensione alivello regionale e statale di quel sano prin-cipio di responsabilità individuale che do-vrebbe imporre ad ognuno di vivere ed or-ganizzarsi secondo le proprie possibilità. Lefabbriche di consenso finalizzate a regalareposti al sole e rendite vitalizie vanno chiusein Sicilia ed altrove, se non vogliamo andaretutti a raccogliere cicoria.

IIPOLITICAII

Sicilia verso il default?Bisognava agire prima

La Loggia: «Nell’isolapossibile il commissario»

Il rischio fallimento e quella tentazione a farsi stato quanto pare, ancora una

volta la Sicilia tenta di farsistato. Se non altro, la sua attualesomiglianza con la situazionecomplessiva prossima alla banca-rotta della Repubblica italiana nelsuo insieme è davvero impressio-nante.

Gli amministratori dell’isola,da molti anni a questa parte -senza alcuna distinzione di colorepolitico -, hanno “gonfiato” a di-smisura (come la rana di Fedro,invidiosa della stazza del bue-Ita-lia) il debito pubblico regionale,spinto sulla soglia del default dagenerazioni di politiche scellerate,fautrici della più spregiudicataspesa allegra.

Anche oggi, come nel 1992, sista creando un pericolosissimosforzo di trazione (si vedano, daun lato, le dichiarazioni di Ma-roni «il Nord non pagherà per ilSud», dall’altro quelle di Lombar-do sulla «volontà di autonomia»di una Regione siciliana che sisente sfruttata dal Nord), che ri-schia di far collassare, portandolilontani anni luce l’uno dall’altro,i due estremi geografici dello sti-vale. Ricorsi storici, a quanto pa-re. Ricordo benissimo come,vent’anni fa esatti, esatti, la “ge-niale idea” sopradescritta costòmolto cara a un alto funzionariodello stato, per averla osata pub-blicamente divulgare su organi distampa “ufficiali”, portando cosìall’esterno dei circuiti delle velineriservate l’analisi di un rischioconcreto di possibile rottura si-

A

stemica del Paese.All’epoca, infatti, successiva-

mente all’assassinio di Salvo Li-ma, comparvero, in sequenza, al-cuni editoriali, in cui venivaipotizzato il modello di rotturatrasversale dello stivale, tra Italiadel nord e quella del sud, favoritadalla compresenza di una strate-gia secessionista della neonata Le-

ga Nord, da una parte, e di unastragista-autonomista di Totò Rii-na, dall’altra. Nel primo saggio,assai poco noto, pubblicato sullapagina della cultura di uno diquei precari quotidiani “elettora-li” (che, cioè, venivano rapida-mente attivati in prossimità dielezioni amministrative di rilievo,come quelle regionali, e altrettan-to velocemente soppressi subitodopo i risultati elettorali), direttodall’allora onorevole Franco Fau-sti, si lanciava per la prima volta,nel panorama di una sconcerta-tissima opinione pubblica italia-na, un netto e preciso segnale diallarme, dal punto di vista “geo-strategico”, qualificando l’originee la natura dell’effettivo pericolodi una Sicilia che si fosse staccatadefinitivamente dall’Italia.

L’isola, infatti, per sua stessacollocazione naturale, si è sempreconfigurata come un’autentica“porta aerei” sul Mediterraneo(ambitissima, quindi, dalle dueSuperpotenze di allora, UnioneSovietica e America), oltre che co-me sede di uno dei poteri mafiosipiù diffusi nel mondo (e soprat-tutto in America, per le note vi-cende legate alle fortissime cor-renti migratorie di poverissimicittadini italiani nei primi annidel ‘900), in grado di accumulareimmense fortune, ben nascoste inuna miriade di paradisi artificiali.

Se, quindi, la Sicilia avesse ac-quisito dignità statuale, legiferan-do autonomamente e costruendoper conto proprio il suo sistema

istituzionale e di relazioni inter-nazionali, avrebbe con ciò realiz-zato - a quasi mezzo secolo di di-stanza - il sogno mafioso didiventare stato essa stessa, giàcoltivato molti anni prima, in oc-casione dello sbarco alleato,quando le “eminenze grigie” dioltre Atlantico fecero addiritturatrapelare ai boss di allora la pos-

sibilità di aggiungere la stella si-ciliana nientemeno che alla ban-diera degli Stati Uniti d’America.

Una Sicilia-stato, osservava ilprimo saggio citato, sarebbe di-ventata, in un solo battito di ci-glia, la Nazione più ricca e bene-stante del mondo, richiamandoda ogni parte del globo il denaroillecitamente accumulato dalle suemafie, attraverso traffici di ognitipo (droga, gioco, prostituzione,armi, usura, etc..).

Un secondo saggio di sintesisullo stesso argomento, a firmadello medesimo autore, trovavaospitalità, un paio di mesi dopo,in una delle riviste più lette delsettore della sicurezza, pubblicata- con cadenza mensile - dal piùgrande sindacato autonomo diPolizia dell’epoca, a testimonian-za della volontà esplicita da partedel suo estensore di richiamare,sul delicato argomento, la pun-tuale attenzione degli operatoridi base della sicurezza.

Un altro dei micro-misterid’Italia è il perché quella liberavoce sia stata “annientata” (incarriera e umanamente) senzauna spiegazione logica.

E, oggi, che si ripongono, inpratica, tutte”le premesse di al-lora, chi intende farsi carico diuna valutazione politica del ri-schio e delle conseguenze (per orasolo teoriche..) di una reale spac-catura, politico-istituzionale, traNord e Sud, originata dagli stessi“contropoteri”?

MAURIZIO BONANNI

Gli amministratoridell’isola hanno gonfiato a dismisura il debito pubblico

Assistiamo ad una realespaccatura, politica e istituzionale, tra Nord e Sud del paese

l caso Sicilia” e l’ipotesi di un inter-vento da parte del governo nazionale

sta scuotendo i palazzi della politica a Pa-lermo come a Roma. Il fantasma del com-missariamento della Regione, infatti, chie-sto da gran parte delle forze politiche esociali, aleggia minaccioso su Palazzod’Orleans.

Ma quali sono le strade che, in tal sen-so, sono previste a livello normativo, con-cesse, quindi, dalla Costituzione e dalloStatuto regionale siciliano? Già, perchénon bisogna dimenticare che la Sicilia haun suo Statuto, che come tale ha forza dilegge costituzionale. Le origini della Siciliacome regione a Statuto speciale risalgonoal 15 maggio 1946 con il decreto firmatodal luogotenente del Regno d’Italia. LoStatuto siciliano fu convertito in legge co-stituzionale dall’Assemblea costituente il26 febbraio 1948. Il dibattito sulla possi-bilità di potere commissariare la Sicilia èaperto e, non entrando nel merito delleragioni politiche, le risposte sull’applica-bilità di questa ipotesi le dà Enrico LaLoggia, deputato del Pdl, presidente dellaCommissione parlamentare per l’attuazio-ne del federalismo fiscale e firmatario dellalegge 131 del 2003, che porta il suo nome,sull’adeguamento alle modifiche al TitoloV della Costituzione : «Le norme da cuitrarre riferimento sono gli articoli 8 delloStatuto siciliano e 120 della Costituzione»spiega La Loggia. «Per l’articolo 8 si puòprocedere alla rimozione del presidente equindi al commissariamento (una commis-sione di tre membri) per reiterate e graviviolazioni di legge». Lo stesso articolo inol-

“I tre prevede lo scioglimento dell’Assemblearegionale «per persistente violazione delloStatuto». In ambedue i casi le elezioni sidevono fare entro i 90 giorni dall’esecuti-vità del provvedimento. Ma quali potreb-bero essere queste violazioni? Per fare unesempio l’esponente Pdl cita le leggi sulpubblico impiego: «Avrebbero dovuto faresolo concorsi e non decidere migliaia diprecari». Un altro scenario, invece, potreb-be aprirsi con l’applicazione dell’articolo120 con il quale «il governo può sostituirsia organi della Regione nel caso di mancatorispetto di norme o trattati internazionalio della normativa comunitaria, ovveroquando lo richiedono la tutela dell’unitàgiuridica o dell’unità economica del pae-se». «Esplicitamente - dice l’ex ministrodegli Affari regionali - l’articolo 120 nonsi riferisce alle regioni a Statuto speciale.Ma la Corte costituzionale si è pronunciatagià ben due volte sull’applicabilità dellanorma anche alle regioni a Statuto speciale,attraverso la procedura della rimozione edel commissariamento. Il presidente ver-rebbe affiancato da un commissario, condeterminati compiti (vedere, per esempio,per quale motivo non si sono spesi i fondieuropei e fare in modo di utiòizzarli subitoaffinché non vadano persi), che potrebbedecidere di prolungare la legislatura finoalla scadenza naturale. Eventualità – con-clude La Loggia – non probabile ma pos-sibile. La Sicilia, quindi, se venissero ri-scontrati i presupposti contenutinell’articolo 8 e secondo le sentenze dellaConsulta potrebbe esser commissariata».

ROSAMARIA GUNNELLA

L’OPINIONE delle Libertà VENERDÌ 20 LUGLIO 20124

Page 11: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

L’effetto è quello che conquista.Arturo Ghergo è padrone del bian-co e nero. Diventa con gli anni ilritrattista più ricercato della capi-tale, assistito dalla moglie Alice checontinuerà l’opera dopo la suamorte prematura nel 1959 stron-cato a neanche 60 anni da un tu-more. E dopo Alice lo studio foto-grafico sarà guidato ancora dallafiglia Cristina sino alla chiusura de-finitiva nel 1999. Dalle principessealle protagoniste del mondo del ci-nema è una larga rassegna quellache passa per lo studio di via Con-dotti 61, pioniere della fotografiadi moda in Italia. Valentina Cor-tese, Alida Valli, Isa Mirando, Ma-riella Lotti, Marina Berti, AssiaNoris, Maria Denis, Clara Cala-mai. Dopo gli anni ‘50 ecco SofiaLoren, Ingrid Bergman, SilvanaPampanini, Gina Lollobrigida, Sil-vana Mangano in sofisticate posedi donne brillanti.Tra i personaggimaschili gli attori Amedeo Nazzari,Massimo Girotti, Vittorio Gasmanma anche il maresciallo Badoglio,il presidente della Repubblica LuigiEinaudi, Alcide De Gasperi, GiulioAndreotti, l’Aga Khan, i principiColonna e Ruspoli. Poi Papa PioXII, ieratico e imponente nella suasevera figura. Quando arriva il co-lore Ghergo non si arrende anchese trova il bianco e nero più con-facente al suo modo di esprimersi.A restare nelle sfere dell’arte foto-

grafica ci pensa il suo assistente distudio Bosco che intuisce le poten-zialità del colore e trova i mezziper intervenire su queste foto quasicome s’interveniva su quelle inbianco e nero. Lo studio Ghergoentra anche nelle nuove modalitàespressive della pubblicità attra-verso la collaborazione con la Fer-rania, l’azienda che produceva pel-licole, lastre, macchine fotografiche,che a metà degli anni ‘60 venne ac-quistata dall’azienda americana3M. La produzione di pellicole peruso fotografico è stata chiusa nel2009 dopo la crisi anche della Ko-dak. Bellezza ed eleganza si ritro-

vano nelle centinaia di fotografiedi Arturo Ghergo al quale è dedi-cata una mostra al Palazzo delleEsposizioni (fino all’8 luglio). Il vi-sitatore, forse richiamato dal piùnoto Guggenhaim dell’avanguardiaamericana 1945-1980, si soffermaa lungo sulla rassegna di foto dastudio prodotte da un personaggiogiunto a Roma da un piccolo cen-tro delle Marche intorno agli anni‘30 e che aveva appreso i rudimentidell’arte nella bottega del fratello.Una mostra che riserva una sor-presa dietro l’altra dalla giovaneMarella Caracciolo, in abito lungobianco non ancora signora Agnelli,alle principesse Mary Colonna, Jo-sè Del Drago, Consuelo Crespi.Volti noti o poco conosciuti delgran mondo romano a cui si ag-giungono quelli di personaggi dellapolitica e della cultura. Un mondoche per via fotografica riaffermaun primato sociale che la nuova fa-se storica rischiava di mettere incrisi. Prima di Arturo Ghergo nonesisteva in Italia uno stile fotogra-fico che si proponesse di comuni-care fascino come era avvenuto ne-gli anni ‘20 ad Hollywood con laglamour photography degli studiosdelle case cinematografiche. Fu in-fatti attraverso la fotografia che ildivismo si diffuse oltre i grandischermi delle sale di proiezione eproruppe nei rotocalchi.

SERGIO MENICUCCI

IICULTURAII

La città dei tre Papi “tra tirannia e stato franco”di RUGGERO ROMEO

esena è una città posta sulladestra del fiume Savio ai pie-

di di un contrafforte dell’Appen-nino Emiliano detto Colle Garam-po. La città ha avuto nel tempodiversi importanti collegamenticon personaggi eminenti dellaChiesa Cattolica. Infatti le è statoattribuito il soprannome di “Cittàdei tre Papi” anche se solo due visono nati, Pio VI e Pio VII, il terzoche compare e che ha determinatoil numero sopra ricordato è statoClemente XII che però per la cittàè stato solo Vescovo, come sonostati solo Vescovi della città i PapiPio VIII e Benedetto XIII.

Per tornare alla storia di Cese-na è importante ricordare che essarisale all’età neolitica, fatto docu-mentato dai reperti trovati nellazona ove sorge la Basilica delMonte. La città ha avuto abita-zioni fin dal VI secolo a.C. adopera degli Umbri, ma solo conl’arrivo dei Romani si è eretta aVillaggio prima di essere oggettodi incursioni barbariche che nehanno impedito un iniziale in-grandimento. La zona è dapprimacaduta sotto il dominio dei Gotidi Teodorico, è stata riconquistataa metà del VI secolo a.C. dai Bi-zantini che ne hanno avuto il pos-sesso per diversi anni. Centro Ro-mano è stata poi occupata daOdoacre, saccheggiata da Teodo-rico e da Totila per far poi partedell’Esarcato di Ravenna. È diven-tata libero Comune nell’XI secolo

Cper poi essere feudo della Chiesae passare agli Ordelaffi, ai Mala-testa ed a Cesare Borgia per ritor-nare ai Papi fino al 1859. Sottoi Borgia la città è stata Capitaledel Ducato di Romagna. Agli inizidel 1500 Cesena ha visto l’arrivodi Leonardo da Vinci chiamatodal Borgia per intervenire alla si-stemazione delle mura non solodella città ma anche di tutte le al-tre fortificazioni esistenti nei centridella Romagna. La città è ricca dicostruzioni civili, di monumenti,di architetture religiose e militarie di piazze, strade e ponti, ma an-che di aree naturali con giardinie parchi di notevole bellezza. IlPalazzo Comunale è stato costrui-to fin dalla metà del ‘300 per vo-lontà del Cardinale Egidio Albor-noz che gli ha dato il nome. La

costruzione che consta di due par-ti, Palatium Vetus e Palatium No-vum, è all’interno arricchita dapreziosi affreschi ed arredi sette-centeschi. Il Palazzo Chiaramonti,fatto costruire dalla Famiglia Carliagli inizia del ‘700, è passato diproprietà al Papa Pio VII che neha fatto dono al nipote ScipioneChiaramonti nel 1807.

Al XVII secolo risale il PalazzoGhini che nel cortile conserva lesculture di Francesco Calligari raf-figuranti Marte, Minerva, Cereree Gloria. Importanti sono anchePalazzo del Ridotto (1401) conun duplice ordine di lesene neglistili dorico al piano inferiore e io-nico al superiore, Palazzo Roma-gnoli, progettato nel XVIII secolodall’architetto Pietro Carlo Bor-boni, Villa Silvia lasciata in ereditàal Comune nel 1920 dalla suaproprietaria, Silvia Pasolini Za-nelli. Importanti per aver ospitatorappresentazioni drammatiche eliriche sono diversi teatri dal Bon-ci (1846) al Comandini (1719) de-stinato ad attività scolastiche, dalValdoca (1983) al Giuseppe Verdinato come teatro giardino che èstato quasi distrutto da un terri-bile incendio del 1900 e che ospi-ta oggi feste, congressi, matrimonie cerimonie varie.

Il Ponte Vecchio o Ponte Cle-mente è il più antico di Cesena,costruito sul fiume Savio è statovoluto nel 1733 da Papa Clemen-te XII mentre il Ponte del Risor-gimento realizzato nel 1914 hacontribuito allo snellimento deltraffico a Cesena. Infine nel 2003è stato inaugurato il Ponte Europarealizzato su progetto di VittorioGregotti per riqualificare l’areadell’Ex Zuccherificio.

La Rocca malatestiana ha duetorrioni centrali, il “Maschio” checontiene le ceramiche malatestianee la “Femmina” che ospita il Mu-seo di Storia dell’Agricoltura. Le

mura, le porte, le piazze e le stradedi Cesena sono tutte di particolarebellezza architettonica anche semolte hanno subito riqualificazio-ni nel tempo ed altrettanto presti-giosi sono il Parco Archeologicodel Colle Garampo nel quale sonostati ritrovati reperti di epoca ro-mana e dove sono state riscopertenel 2005 fornaci anch’esse roma-ne.

La città ha moltissime aree ver-di che con i loro 55.000 alberi ele 250 aree è tra i territori italianipiù ricchi di vegetazione in areefrequentabili. Va anche detto chea Cesena sono legati i ricordi dipersonalità che vi hanno avuto inatali o che hanno in essa trascor-so lunghi periodi dal Premio No-bel per la Letteratura da GiosuèCarducci agli attori Roberto Be-

nigni ed alla moglie Nicoletta Bra-schi, da Adone Zoli, Presidentedel Consiglio, ai Ministri GaspareFinali ed Oddo Biasini, da SanMauro di Cesena al Servo di DioDon Cesare Carlo Baronio.

Ma può essere ancora più in-teressante ricordare i cinque Papiche in modi diversi hanno legatola loro storia alla città di Cesena.

Benedetto XIII, al secolo PietroFrancesco Orsini, è stato Papa dal1724 al 1730. A lui si deve la con-ferma della dottrina agostinianae tomistica sulla grazia e la pre-destinazione. Egli, opponendosiai Giansenisti, ha dichiarato arti-colo di fede la Bolla “Unigenitus”(1725).

Clemente XII, Lorenzo Corsini,fiorentino, Papa dal 1730 è statoil primo a condannare la Masso-neria con la Bolla del 1738 “Ineminenti apostolatus specula”.

Pio VI, Gianangelo Braschi, èstato Papa dal 1775 al 1799 edha dovuto subire la violenza dellaRivoluzione Francese. Per questoha condannato il giuramento delclero e la Costituzione Civile. De-posto da Napoleone come Princi-pe temporale è stato trasferito or-mai ottantenne a Valenza ove èmorto. Pio VII, Barnaba Chiara-monti, è stato Papa dal 1800 al1823 mantenendo validi rapporticon Napoleone con il quale ha fir-mato nel 1801 un concordato do-po il quale ha incoronato l’Impe-ratore a Parigi nel 1804. Nonvolendo però accettare le imposi-zioni del despota egli è stato im-prigionato nel 1809 prima a Sa-vona e poi a Fontainebleau. PioVIII, Francesco Saverio Castiglionidi Cingoli, è stato Papa per un so-lo anno (1830) avendo però laforza di perseguire le società se-grete e di imporre la prassi catto-lica dell’ubbidienza ai poteri co-stituiti anche se di origineillegittima.

L’immagine della bellezzanelle foto di Alberto Ghergo

Pippa Middletonprincipessa putativa

Con 55mila alberi e 250 aree protette è uno dei territori italianipiù ricchi di vegetazione

Nel 1500 Borgia chiama Leonardo da Vinci per intervenire nei centri della Romagna

K Mariella LOTTI

a sfortuna di Pippa Middletonè di essere carina, glamour e

altolocata – per quest’ultima chie-da conto alla sorella Kate convo-lata a nozze un anno fa con Wil-liam. In tempi come quelli chescorrono oggi è una condanna. Lasorella della principessa di Cam-bridge ha partecipato a una festaparigina, con tema il decadenti-smo di un impero: si sposa allagrande con l’attualità, ammessoche ci sia in giro un impero in cri-si. Potrebbe essere quello ameri-cano o quello cinese, ma dopo an-ni di crescita la flessione èfisiologica. Quello europeo è sva-nito nei sogni di De Gasperi eAdenauer, affossato dai colletti gri-gi burocratici e avvolti in lodenche eccitano solo le fantasie di no-iosi commentatori embedded conil potere. Quello inglese è finitonella tomba assieme a Churchille, con Cameron, Londra è arrivataa non possedere manco una por-taerei a presidio della bianche sco-gliere di Dover.

Eppure Pippa si diverte: sfilaper le strade della capitale francesea bordo di una cabrio (a spese sue,non del contribuente), sorridendonell’inquadratura del paparazzoche la tampina mentre un suoamico estrae una pistola giocatto-lo incutendo tanta di quella fifache il fotografo non si schioda eprosegue nel suo lavoro. Può caz-

L zeggiare mentre la sua generazionesi domanda quando potrà permet-tersi una casa, un’automobile, unapensione. Lei, raccontano i bio-grafi ufficiosi, lavora due/tre giornia settimana con la società di fa-miglia che organizza feste (ovvia-mente): la verità è che essere PippaMiddleton è il suo lavoro, ancorda prima che Kate sfilasse per lanavata della cattedrale di We-stminster in abito bianco. Quelgiorno, il 29 aprile 2011, il lato Bdella damigella d’onore finì inmondovisione e il mondo sempli-cemente la scoprì. E l’invidia si fe-ce largo, con buona pace di Kateche in cuor suo sperava di essereosservata con occhi rabbiosi datutte quelle ragazze che tanto vo-levano essere al suo posto e che difronte alla televisione commenta-vano: «Troppo magra».

«Chi se ne frega di Pippa?»,scatta automatica la reazione se ilsuo nome scala la classifica dei to-pic su Twitter. E più l’invidia cre-sce, più si è nel bel mezzo dellacrisi: in Italia sta toccando livellimai registrati in precedenza, nem-meno Silvio Berlusconi era statocapace di concentrarne così tanta.Dicono metta in imbarazzo la fa-miglia reale.

Ma la corona è sopravvissutaai principi Filippo e Carlo. Nonteme certo una Pippa.

DARIO MAZZOCCHI

L’OPINIONE delle Libertà DOMENICA 22 APRILE 20126

Page 12: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

iugno 2012 passerà alla sto-ria patria per l’alta percen-

tuale d’evasione dell’Imu. Le sta-tistiche redatte dalle associazionidei consumatori parlano d’unaforbice d’evasione tra il 60 el’80%: percentuale altissima, mo-tivata dalla mancanza di liquiditàdei proprietari d’immobili. Feno-meno massivo, soprattutto da par-te dei proprietari di prima casa.Motivato dal fatto che nessunabanca presterebbe soldi a chi nonriesce a pagare le tasse.

Lo Stato reagirebbe alla mas-siccia evasione iscrivendo veloce-mente a ruolo le somme non pa-gate e, soprattutto, rendendo piùrapide le procedure di recupero.Celermente i decreti ingiuntivi, ipignoramenti, i sequestri degli im-mobili e le vendite all’asta. E lalegge che vieterebbe il pignora-mento della prima casa? Solo perchi ha posizioni debitorie inferioria 20mila euro. Per chi sommasseall’Imu altri mancati pagamenti esospesi con banche, e per oltre20mila euro, scatterebbe la sottra-zione del bene casa con procedurecoattive. Forze di polizia ed uffi-ciale giudiziario metterebbero lefamiglie dei malpagatori sul mar-ciapiede, trasformandoli da pro-prietari di prima casa in senza tet-to. «Lo stato non potrebbedimostrarsi tollerante con chi nonpagasse l’Imu - spiega un dirigente

G

dell’Economia - altrimenti la nuo-va imposta sarebbe subito salutatacome una barzelletta. Il prezzo so-ciale è alto, ma tra l’incrementodei senza tetto e la credibilità dellostato, la corretta gestione ci inse-gna che è molto meglio qualchefamiglia in più sotto le stelle».

L’imperativo è appesantire labase imponibile. Le banche inte-steranno ogni metro quadro alleproprie fondazioni, che poi affit-teranno alle sedi delle banche: cosìné banche né fondazioni paghe-ranno Imu, perché la legge esentagli immobili di proprietà delle fon-dazioni bancarie in quanto “enti

benefici”. Mentre gli anziani lun-godegenti in case di cura paghe-ranno l’Imu sulle prime case comese si trattasse di seconde, perchéla domiciliazione in casa di riposotrasforma la prima abitazione inseconda casa. Parimenti ci sarannoincrementi di tassazione, dal 100al 400%, per le case rurali, quelledei contadini. Meno gente pagheràle tasse e più peserà la base impo-nibile: si tratta semplicemente d’unvalore sul quale s’applica l’aliquo-ta utile a calcolare le imposte. Labase imponibile è la sommatoriadei redditi che ognuno produce.Per una casa la base imponibile ècostituita dalla rendita catastale(vigente dal prossimo primo gen-naio) rivalutata dal decreto Montie moltiplicata per un coefficientediverso a seconda della categoriacatastale (uffici, negozi...). Con lariforma Monti s’estingueranno ifabbricati privi di rendita catastale,quelli su cui si stabiliva la renditapresunta. Sono finiti i tempi in cuila gente priva di reddito solevamettersi al riparo da imposizionifiscali con pratiche agro-silvo-pa-storale (la silvicoltura): spesso ave-vano ereditato il fondo dal padrecontadino. Il governo appesantiscela base imponibile, a rischio d’au-mentare i senzatetto e di trasfor-mare l’Imu in prezzo di fuga daicampi.

RUGGIERO CAPONE

IIPOLITICAII

Martedì nero, i mercati scoprono il bluff-Italiadi FEDERICO PUNZI

il primo “Black Tuesday” del-l’era Monti: Piazza Affari ha la-

sciato sul terreno il 5% (maglia ne-ra in Europa) e lo spread hasuperato i 400 punti per la primavolta dall’inizio di febbraio. Dagiorni lo spread era tornato a schiz-zare in alto, ma non ad occupare leaperture dei tg e delle pagine onlinedei grandi quotidiani. Con Berlu-sconi al governo, ogni punto in piùbastava a provocare una nuova esempre più alta fiammata dello psi-codramma nazionale, mentre ognipunto in meno non veniva nemme-no rilevato; con Monti ogni puntoin meno giustifica squilli di trombe,mentre le risalite vengono taciutefinché è possibile, altrimenti, comein questo caso, parte la caccia allevariabili esogene.

La realtà – attenuante per Ber-lusconi ieri e per Monti oggi – è chel’andamento del differenziale tra inostri titoli di stato decennali e icorrispondenti tedeschi è stato sem-pre per lo più “agganciato” a va-riabili esterne che hanno a che farecon la crisi dell’Eurozona e la de-bolezza dell’economia globale. Ieriera la crisi greca a trascinare in sulo spread, oggi la Spagna. E seMonti si dice preoccupato del con-tagio spagnolo, il governatore dellaBanca centrale iberica rispondepuntando l’indice sui «passi indie-tro italiani». Non c’è dubbio che inquesti giorni abbiano giocato il lororuolo fattori come i dati sulla di-soccupazione americana e le impor-

Ètazioni cinesi, che hanno indotto gliinvestitori a spostare capitali dalleBorse ai titoli di stato tedeschi, al-largando quindi lo spread. Ma co-me per Berlusconi, anche per Montiè innegabile che siano anche fattoriendogeni a non consentirci di sgan-ciarci una volta per tutte dalla pri-ma linea della crisi dell’Eurozona.Ieri fu la bocciatura della manovradi luglio dell’ex ministro Tremontida parte dei mercati a innescarel’inarrestabile ascesa dello spread;oggi è l’annacquamento della rifor-ma del lavoro a denotare, ancorauna volta, l’impossibilità di realiz-zare vere riforme nel nostro Paese,quindi la scarsa credibilità del si-stema Italia. Percezione che la figuradi Monti ha potuto solo attenuare.

Trova sempre più conferme,inoltre, la prospettiva di una reces-

sione più acuta del previsto, a causadella stretta fiscale concentrata tuttasul lato delle tasse anziché dei taglialla spesa. Il governo si preparereb-be a rivedere al ribasso la stima delPil per quest’anno: da un calo dello0,4/0,5% inserito nel Def trasmessoal Parlamento nel dicembre scorso,insieme al decreto “Salva-Italia”,ad un -1,3/1,5% che verrebbe pre-

sentato a breve. Dopo un solo tri-mestre una stima peggiore addirit-tura di un punto percentuale. E benoltre quel -1% su cui Monti ha cal-colato le misure per raggiungere ilpareggio di bilancio nel 2013. Unobiettivo che rischia di sfuggire dimano, considerando che anche l’al-tro parametro su cui si è basato ilpremier, il rendimento sui titoli de-cennali ai livelli di fine novembre(6%), sta per essere raggiunto. Co-me se non bastasse, il sottosegreta-rio Giarda e il viceministro Grilliconfermano che il governo non haalcuna intenzione di tagliare la spe-sa pubblica – la spending reviewservirà solo a rendere sostenibile illivello attuale, non a tagliare spesae tasse – né di abbattere lo stockdel debito con le privatizzazioni.

Indubbiamente l’insediamentodel governo Monti e i suoi primipassi avevano fatto tornare sul no-stro Paese un clima se non di fidu-cia almeno di attesa, che però si stalentamente diradando alla provadei fatti. La stampa business inter-nazionale e gli investitori esteri stan-no scoprendo il bluff dell’Italia. Ri-forma delle pensioni a parte, solotasse – che come prevedibile stannodeprimendo la nostra economia piùdi quanto il governo avesse previsto–, riforme cosmetiche (liberalizza-zioni e semplificazioni) o pessime(lavoro). I mercati cominciano aspazientirsi e a vedere nel governoMonti i soliti vizi dei governi ita-liani: annunci, trionfalismi, ma poiinconcludenza, una montagna chepartorisce topolini.

Ci si aspettava che sotto la spin-ta dell’emergenza, e grazie alla com-petenza e alla serietà personale,Monti riuscisse a riformare l’Italia,disinnescando la vera e propriabomba all’idrogeno del nostro de-bito prima che arrivassero a lam-birla gli altri incendi divampati nel-la Santa Barbara dell’Eurozona. Aparte la riforma delle pensioni, in-vece, delle indicazioni contenutenella lettera di agosto della Bce edegli impegni assunti con l’Ue dalprecedente governo, poco o nulla èstato fatto.

Naturale che i dubbi sulla no-stra affidabilità stiano tornando.Nelle scorse settimane lo spread Ita-lia-Germania si era ridotto a talpunto da retrocedere, dopo moltimesi, rispetto a quello spagnolo,che nel frattempo aumentava. Men-

tre negli ultimi giorni, proprio incorrispondenza con la «resa» delgoverno sulla riforma del lavoro –così l’ha definita il Wall Street Jour-nal – il nostro spread è tornato arincorrere quello spagnolo. E il Wsjcontinua a picchiare duro, osser-vando come Monti abbia «finitocon il dover annacquare la riformadell’articolo 18, che garantisce il

posto fisso a vita». Il che è «preoc-cupante». Le regole «obsolete», ri-corda infatti il quotidiano, sono «laprincipale causa della grave situa-zione in cui si trova il mercato dellavoro in Italia». Un tasso di occu-pazione del 56,9%, una disoccupa-zione giovanile del 31.9% (peggiosolo Grecia, Portogallo, Spagna eSlovacchia). Il «dualismo» del mer-cato del lavoro, provocato dall’ar-ticolo 18, viene definito «disastrosoper la crescita e gli investimenti».Le aziende sono disincentivate adassumere a tempo indeterminato oconvertire i contratti temporanei inpermanenti; i lavoratori disincenti-vati a cambiare lavoro, le aziendead assumere oltre i 15 dipendentie ad aumentare la produttività deilavoratori temporanei. «Se i giudicipotranno ancora obbligare le azien-de a reintegrare i lavoratori, conti-nuerà a prevalere l’incertezza. E seil compromesso – conclude il Wsj– lascerà le aziende ancora con l’im-pressione di non poter assumere elicenziare, un’occasione d’oro saràstata mancata».

Se la primavera del 2013 èl’orizzonte politico su cui può con-tare Monti, la sensazione è che imercati siano molto più impazienti.Mesi, se non settimane, per dimo-strare che l’Italia è capace di rifor-mare se stessa. L’autorevolezza diMonti e gli aiuti della Bce ci hannofatto guadagnare tempo prezioso,ci hanno fatto arrivare ai supple-mentari, ma adesso stanno scaden-do anche quelli e il pareggio non èun’opzione.

Se la tassa sulla casaè anticostituzionale

In arrivo la stangata dell’ImuPorterà più evasori e barboni

Piazza Affari lascia sul terreno il 5% e lo spread supera di nuovo i 400 punti

Tra le riforme chieste dalla Bce, è statoaffrontato soltanto il nodo-pensioni

K L’evasione o la strada

a progressività è una caratteri-stica del nostro ordinamento

tributario. L’art. 53 della Costitu-zione dispone in tal senso: «Tuttisono tenuti a concorrere alle spesepubbliche in ragione della loro ca-pacità contributiva. Il sistema tri-butario è informato a criteri di pro-gressività». Che fine ha fatto questocriterio quando il legislatore ha de-ciso di creare l’Ici prima e l’Imuadesso?

Non è difficile capire che la tas-sa sulla casa non sia informata atale criterio. Infatti la casa (un bene)viene tassato non tenendo contodella “capacità contributiva” delproprietario (cittadino). Vale la pe-na di fare un esempio chiarificato-rio. Se il possessore di una casa(ereditata, letteralmente, a babbomorto) è disoccupato o lavoratoreatipico e oggettivamente indigente,perché dovrebbe, per legge, sotto-stare ad un’imposizione smaccata-mente non equa e non informataal criterio di progressività? Se la ca-sa è già tassata nell’Irpef informan-dosi al valore catastale e andandoa creare l’imponibile (e quindi in-formandosi al criterio di progres-sività), perché lo stesso immobiledeve essere tassato, la seconda vol-ta, non informandosi a tale criterio?Per quale dettame costituzionalesconosciuto un cittadino deve es-sere tassato per quello che ha e nonper quello che guadagna? E ancora,

L per quale motivo un bene primario,come la casa, deve sottostare aduna tassazione così alta? Si capi-rebbe l’emergenza, ma perché allo-ra i veri detentori delle rendite, co-me le banche e le fondazionicollegate, sono esenti da questa tas-sazione incostituzionale?

Senza intentare una guerra ideo-logica, il punto nodale della que-stione rimane sempre lo stesso: laCostituzione. Vituperata e “stupra-ta” in tutti i modi da tutti i legisla-tori ed esecutivi che si sono succe-duti, stavolta sembra essere statamessa del tutto da parte, in manieraanche piuttosto plateale, per farecassa in barba ai principi fondantidi una democrazia occidentale. Eb-bene sì, tutti si riempiono la boccacon questa fantomatica “democra-zia avanzata”, per poi soprassedereai criteri più banali del potere co-ercitivo (seppur mitigato da certicriteri) della riscossione.

No taxation without represen-tation, si dice. Ma in Italia sembrache dobbiamo fare un passo indie-tro e rivendicare un No taxationwithout inspiration, proprio per fa-re appello alla lungimiranza dei pa-dri costituenti. Che avevano capitobene come la nostra classe dirigenteavrebbe provato di tutto per spre-mere le tasche dei cittadini, financola sempre più debole, ma pur sem-pre presente, Carta.

ANTONIO FANELLI

L’OPINIONE delle LibertàMERCOLEDÌ 11 APRILE 2012 3

Page 13: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

di CLAUDIO ROMITI

omenica ho assistito su Rai1ad un infuocato dibattito te-

levisivo nel salotto-pollaio di Mas-simo Giletti. Si dibatteva intorno alcaso eclatante scoperto a Bolognadi una cieca totale che era stata fil-mata dalla Guardia di Finanzamentre andava in bicicletta, destreg-giandosi con evidente maestria trale insidie del traffico. Fin qui tuttonormale, per così dire. Nel sensoche non sarà certo il caso di questa“poveretta”, la quale gestisce ancheuna attività di parrucchiera, a farciaprire gli occhi su una situazionenel campo delle pensioni di invali-dità a dir poco vergognosa. Tant’èche come la summenzionata cieca,che percepisce il vitalizio e l’assegnodi accompagnamento, sono migliaiai casi di indebita erogazione di so-stegni economici a persone più sanedei pesci. Ma la cosa che mi ha col-pito nella discussione televisiva èstata una sostanziale spaccatura trachi cercava di spiegare in modo le-galistico questa sporca faccenda,tra cui alcuni consulenti esperti inmedicina e in previdenza, ed altri -tra cui il conduttore - che sono statipresi da grande indignazione nelvedere come si possano mettere sot-to i piedi evidenza e buon senso at-traverso l’esibizione di una scartof-fia certificata e bollata. Che, aparere dei medesimi esperti, rende-

D

rebbe ineccepibili i benefici concessialla pedalatrice non vedente.

Ora, al di là del caso specifico,l’episodio televisivo mi ha ulterior-mente confortato nel timore, chesembra sempre più trasformarsi inrealtà man mano che la crisi eco-nomica avanza, di una comunitànazionale sempre più divaricata inpiù fazioni e fronti contrapposti e,per questo, pronta ad esploderequando la situazione raggiungeràil punto critico. Una divaricazionenazionale che, come la questionedei vitalizi d’invalidità concessi acani e porci, separa la parte piùproduttiva del territorio da quella

storicamente più assistita. Che spac-ca in maniera trasversale chi pro-duce ricchezza nel mare grosso delmercato e chi vive di tasse sotto lepiù disparate forme. Che mette daun lato la cittadinanza laboriosa dipagatori e dall’altro lato una castadi politici, di sindacalisti e di buro-crati travestiti da tecnici che cercanocon ogni mezzo di estorcere enormirisorse, senza modificare di una vir-gola la qualità e la quantità di unaspesa pubblica che alimenta ogniforma di spreco. Da questo puntodi vista non si può più impunemen-te continuare in una propaganda,così come sta facendo anche il go-verno Monti, in cui si bolla il pre-sunto evasore alla stregua di un cri-minale, cercando di convincere ilsempre più imbufalito popolo deitartassati circa la bontà di un siste-ma di pubblico che trasformerebbein diritti legittimi e servizi efficientigli 850 miliardi di euro che gestisceogni anno. Oramai non ci crede piùnessuno. Ed è per questo che l’uni-co modo per evitare una conflagra-zione nazionale, che si fa ogni gior-no più vicina, è quello di allentarela pressione di uno stato assisten-ziale e burocratico il quale sta di-sgregando ogni forma di coesionesociale. E non saranno certamentele rozze manovre fiscali dell’esecu-tivo dei professori ad evitare chela polveriera Italia esploda in millepezzi.

IIPOLITICAII

Non saranno certo i professoria salvarci dagli sprechi di stato

Lega, la condannaprima del processo

K Guardia di Finanza

Tasse: gli italiani soffrono, il governo non ascolta Comuni denunciano che sull’Imu

c’è poca chiarezza e aggiungono,parafrasando il sindaco di Firenze,che «le città non possono fare gliesattori per conto dello Stato». Dueproblemi concreti a cui se ne ag-giunge un terzo: più sondaggi avva-lorerebbero il rischio d’una massivaevasione dell’Imu che incomberebbesull’intero paese. Che succederebbese i proprietari di casa non pagas-sero la nuova tassa? Certamentequesta forma di disobbedienza som-merebbe due aspetti, la mancanzadi liquidità e la protesta contro ilgoverno delle tasse. Certamente lostato reagirebbe celermente: con car-telle esattoriali e atti esecutivi. Macome potrebbero mai l’Agenzia delleEntrate ed il suo braccio operativo(Equitalia) ridurre a miti consigli ilgrande partito dell’evasione Imu? Aconti fatti la situazione di Equitaliaè già delicatissima in fase pre-Imu.Quotidianamente, in tutto lo Stivale,una media di 4 persone vengono ar-restate davanti agli sportelli di Equi-talia. Si tratta di gente che riceve car-telle e avvisi di pagamento ingiustio troppo grandi per le proprie di-sponibilità economiche. Così negliuffici di Equitalia scoppiano risse,proteste violente e volano parole pe-santi. La Polizia arresta gli utenti eli fa processare per direttissima. Enon c’è sede di Equitalia che nonconti sul proprio uscio almeno unpaio di pattuglie di forze dell’ordi-ne.

La gente è stanca, ma le Com-missioni Bilancio e Finanze del Se-nato hanno bocciato un emenda-

I mento al dl fiscale, presentato dal-l’Idv, che prevedeva il pagamentodell’Ici (Imu) per le fondazioni ban-carie. Lo riferisce Elio Lannutti, cheaveva presentato la proposta di mo-difica, sottolineando che «il governoaveva dato parere contrario soste-nendo che le banche e le loro fon-dazioni sono associazioni benefiche.È una vergogna perché si fa pagarel’Imu sulle macerie, ovvero sulle caseinagibili, sui pagliai, e allo stessotempo il governo dei banchieri di-mostra di essere prono agli interessidegli stessi banchieri».

Le statistiche elaborate dalle as-sociazioni di volontariato acclaranoche, tra qualche mese (complicel’Imu), l’innalzamento degli affittiriporterà i senza tetto alle percen-tuali del decennio 1945/1955.

«L’Imu è un’imposta che ha

un’anima espropriativa in sé, perchési paga per il solo fatto di avere inproprietà una casa. È come se lo sta-to ci dicesse di continuare a produr-re reddito per pagare le tasse», haspiegato Corrado Sforza Fogliani(presidente della Confedilizia). «Ciauguriamo che il governo continuiil suo sforzo di approfondimento -ha aggiunto - per dare una soluzione

almeno al problema dei contratti dilocazione a canone calmierato, as-sicurandone la sopravvivenza». Peril presidente di Confedilizia, «tuttonasce dall’anticipo dell’Imu, che èstato un grave errore perché adessoconvivono tre regimi normativi:quello dell’Ici, quello dell’Imu nellaversione del decreto sul federalismofiscale del 2011 e quello dell’Imusperimentale varata con la manovradi dicembre».

Intanto a giugno scatta l’accontoImu sui fabbricati rurali: 140 milionidi euro, secondo il ministero del-l’Economia. Cifra contestata dalleorganizzazioni agricole, che temonol’ennesima fuga dal mondo rurale.

Antonio Leone (Pdl, vicepresi-dente della Camera) parla di Italianel baratro per colpa del governotecnico: «Le cosiddette liberalizza-zioni hanno avuto effetti molto li-mitati, cresce la disoccupazione e leaziende continuano a chiudere; ilpasticcio dell’Imu e il problema degliesodati, senza stipendio e senza pen-sione, non sono certamente un mo-tivo di merito». Ed emergono nu-merosi i casi degli “esodati” chedovranno pagare l’Imu. «Tantissimefamiglie rischiano di passare dallostato di casa di proprietà a senza fis-sa dimora», denunciano i sindacatidi base.

«Sull’Imu in questo momento ilgoverno non ha la possibilità di ri-durre le tasse, ma può fare alcunipiccoli interventi, come la neutralitàdell’Iva e lanciare come obiettivol’ammodernamento delle città», so-stiene Paolo Buzzetti (presidente del-

l’Ance) nel suo intervento ad unconvegno dell’Associazione Nazio-nale dei Costruttori Edili dal titolo“Un piano per le città”. «Siamo difronte ad una tassazione insoppor-tabile - afferma Buzzetti - vogliamorompere questa cappa di depressio-ne che sta portando a dei casi gravi,anche di suicidi, nell’ambito dell’edi-lizia... Le amministrazioni pubblichenon pagano e c’è poco denaro cir-colante».

Le denunce di Buzzetti e SforzaFogliani, unite alle statistiche su sen-za tetto e proteste anti-Imu, hannoscandito le parole di Silvio Berlu-sconi all’ufficio di presidenza delPdl: «La situazione è drammatica.Sono stato a cena con gli imprendi-tori e nessuno di loro ha dati posi-tivi, tante aziende pensano di delo-calizzarsi, i beni di lusso sono

cancellati. Le famiglie dovranno farei conti con Imu, Irpef e costo ben-zina e quando arriverà l’aumentodell’Iva al 23% ci sarà una stangataai consumi».

Intanto dalla Santa Sede nons’alzano polemiche sull’iniqua ripar-tizione dell’Imu: infatti l’impostaverrà pagata dagli immobili com-merciali della Chiesa ma non dalle

fondazioni bancarie. Una svista fintroppo evidente che, certamente,non sfuggirà agli strali della Confe-renza episcopale. Del resto genereràsdegno e indignazione la rigidità delgoverno contro gli anziani momen-taneamente nelle case di riposo, chesaranno costretti ugualmente a pa-gare l’Imu sulla casa: e senza che visia elasticità e maggior dilaziona-mento sui pagamenti. Le Commis-sioni del Senato sul dl fiscale hannochiaramente detto che non vi saràtolleranza né riduzioni Imu «per glianziani in stato di bisogno o di sog-giorno in case di cura».

Ad ammorbidire le posizioni del-la maggioranza montiana non hacontribuito nemmeno il suicidio diuna anziana di Gela: si è gettata dalquarto piano della sua casa perchéla pensione di 600 euro (al postodegli 800 che percepiva abitualmen-te) non le avrebbe più consentito divivere. L’anziana donna s’è fatta iconti in tasca, scoprendo che, tra ri-duzione delle pensione e pagamentodell’Imu, non avrebbe più avuto diche provvedere a cibo, acqua, riscal-damento, spese sanitarie.

E la domanda che in molti sipongono è come possa un governotecnico (quindi temporaneo e senzaavallo democratico) mettere in cam-po una “rivoluzione fiscale”, uncambio d’abitudini patrimoniali e,soprattutto, non fermarsi dinnanzia suicidi e manifestazioni di “auto-lesionismo”. I bonzi in fiamme perEquitalia inviterebbero a dare ascol-to, a fermare la pressa.

RUGGIERO CAPONE

Ogni giorno, davanti a Equitalia, vengonoarrestate in mediaquattro persone

Corrado Sforza Fogliani(Confedilizia): «L’Imu è un’imposta espropriativa in sé»

econdo qualcuno, il «denunceròchi ha utilizzato i soldi della Le-

ga per sistemare la mia casa» diBossi è addirittura superiore allacasa comprata “a sua insaputa” diScajola. Peccato, però, che non cisia nulla da ridere in questa vicen-da, visto che siamo di fronte all’en-nesimo verdetto (di condanna) me-diatico. Siamo solo alle indaginipreliminari (ieri i Pm di Napolihanno interrogato la segretaria delSenatùr) eppure per qualcuno Bossiha rubato e basta. Guardate La Re-pubblica e capirete, ma il giornalefondato dal “Fondatore” già si nu-tre di giustizialismo quotidiano epoi non vedeva l’ora di sviare l’at-tenzione dai disastri politici del suopartito di riferimento, il Pd. E allorabisogna capirli, poverini.

Come bisogna capire tutti quelliche non vedevano l’ora di tirare unpo’ di sano fango addosso alla Le-ga, guarda caso l’unico partito (conquello di Di Pietro, ma in tal casoi magistrati mai e poi mai farebbe-ro uno sgarbo al loro ex collega)che non appoggia Monti. Guardacaso proprio il giorno in cui in viaBellerio hanno completato le listeper le prossime amministrative. Maun po’ di fango a Bossi piace pro-prio a tutti, anche a tutti quei “ter-roni” che per motivi geografici l’-hanno sempre avuto in odio. Nona caso, ieri, un trionfante Luigi deMagistris, ha ricordato che «Um-

S berto Bossi ha già avuto una con-danna per finanziamenti illecitinell’inchiesta Enimont, sembra ar-cheologia giudiziaria, ma è realtà».De Magistris, sindaco di Napoli,città la cui Procura indaga su Bossi,nonché ex magistrato di stanza nel-la meridionalissima Potenza, doveaveva come collega proprio Wood-cock (titolare dell’inchiesta su Bos-si). Solo una curiosità, naturalmen-te. Come è curioso che le inchiestedei nostri eroi non sempre sianoandate a buon fine.

Rimane la certezza dell’ennesi-ma macchina del fango che somi-glia sinistramente ad una giustiziaad orologeria. Rimane lo sputta-namento a mezzo stampa. E unaclasse politica che non fa altro chesottolineare lo stile di vita “parco”di Bossi. Da Tosi a Formigoni, tuttipronti a giurare sull’innocenza delSenatùr. Certo, il “trota” intervista-to a destra e sinistra non aiuta lacampagna a favore di Bossi, manon bisogna perdere contatto conla realtà: Bossi è indagato, non con-dannato.

E se dopo la Margherita conLusi, ora tocca alla Lega, è evidenteche qualcosa sul rimborso elettoraleai partiti politici vada rivisto. Nonattraverso l’ennesimo referendum,visto che uno c’è già stato. Ma nonè servito a nulla, se non a far cam-baire nome agli stessi soldi.

(blas)

L’OPINIONE delle LibertàGIOVEDÌ 5 APRILE 2012 3

Page 14: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

di FEDERICO PUNZI

on devono ingannare le recen-ti dichiarazioni sui tagli alla

spesa pubblica. Non c’è chiarezzasulla natura della spending review,né sui target di risparmio, né sul-l’utilizzo delle somme risparmiate.«Lo spazio per ridurre costi inutilic’è», assicura il ministro Passera,aggiungendo però che la revisionecritica delle spese «vuol dire ridurle,ma anche aumentarle in certi cam-pi» come «futuro e innovazione,ricerca, sostegno alle aziende e alleesportazioni». Insomma, ridurrealcune voci, aumentarne altre: mail saldo finale? Dai dati contenutinel Def appena varato la spesa cor-rente dei ministeri dovrebbe dimi-nuire di 13 miliardi di euro tra il2012 e il 2013 (nemmeno l’1% delPil), passando da 352 a 339 miliar-di. Il dubbio resta: è ciò che ci siaspetta dalle misure già prese, o èl’obiettivo che ci si pone con laspending review? Per il ministroGiarda negli ultimi anni la spesapubblica al netto degli interessi èrimasta costante a 727 miliardi dieuro, un livello «senza precedentinella storia della repubblica», e an-che il suo peso sul Pil non è au-mentato. Ora si tratta di farla scen-dere «in senso assoluto». Ma«quando si tratterà di passare daiprogetti ai fatti – avverte – occor-rerà una vera e propria task force».

N

Parole che fanno pensare all’ulte-riore rinvio, all’ennesima commis-sione. E solo alla vigilia della pre-sentazione del suo rapporto Giardatrova la forza per lamentare che stalavorando «pressoché da solo equasi a titolo personale». Come di-re: non aspettatevi grandi cose. Laspending review, dunque, avrà ilsuo «cuore» nella «razionalizza-zione» della spesa, come sottoli-neato ieri dal ministro Patroni Grif-fi, o si prefiggerà l’obiettivo diincidere più in profondità? Questele due linee che si starebbero dandobattaglia all’interno del governo.Monti stesso vorrebbe porsi obiet-

tivi molto più ambiziosi di quelliindicati da Giarda: 20-25 miliardidi risparmi strutturali, non solo 13.Ma ci sarebbero forti e prevedibiliresistenze da parte di alcuni mini-steri, meno propensi a rivedere ilcosto dei propri apparati. Tra i mi-nistri finiti sotto accusa (esteri, di-fesa e giustizia), quello degli interni,Anna Maria Cancellieri, ha negato,dicendosi disponibile a ridurre del10% i dipendenti civili («grazie auno scivolo, senza traumi»), epronta a parlarne con i sindacati.

Intanto, ascoltati dalle commis-sioni di Bilancio sul Def, il presi-dente della Corte dei Conti Giam-paolino suggerisce di «aggredire»la spesa, «non solo nei suoi aspettipatologici quali sprechi e sperperi»,anche perché la pressione fiscale èad un «livello massimo»; ma il vi-ceministro dell’economia Grilli av-verte che per decidere importantitagli alla spesa occorre «condivi-sione politica con il Parlamento»,e auspica che siano comunque ac-compagnati nel medio periodo daun «ribilanciamento». Peccato chenella delega fiscale sembri accan-tonata l’idea di ridurre le tasse.Non c’è alcuna indicazione di unobiettivo, né un’intenzione. Nulla.Insomma, non è chiaro chi sia a re-mare a favore e chi contro i tagli,assistiamo ad un gioco di specchie ad una serie di prese di posizionecontraddittorie che sanno di bluff.

IIPOLITICAII

Antidoto alla crisi:tagliamo le feluche

Caos sulla “spending review”Dal governo serve chiarezza

Lo spauracchio dell’antipolitica fallirà di nuovo ei maggio, si vota. La chiamata

elettorale zittirà molti dei boatosallarmistici ed allarmanti. Poco im-porta se l’apocalisse annunciata saràsmentita per l’ennesima volta: as-sorbito il risultato, sarà ineluttabil-mente riproposta subito dopo. Siprenda il mito della scheda bianca.Il timore dell’astensionismo, questaminaccia agitata a mo’ di clava co-stituisce da decenni l’annunciata ri-volta dell’elettore qualunque control’asfissiante regime partitocratico,con contorno di movimenti nuovi emasanielli vari. L’elenco è lungo, dalGiannini della notte dei tempi ai Pa-nella e Faccio quand’erano giovani,dai Bossi e Leoni della Lega dei pri-mordi ai Segni tutti d’un pezzo. Epoi la rete, il movimento dei sindaci,il melone, le pantere, i valori togatie miriadi di Manifesti Continui.

Una volta sola, togati, mediators& traders si fidarono degli elettori,fiduciosi che di fronte a tante provedi disordine e corruzione dei partitidominanti, li avrebbero distruttinell’urna. Era il ’92, fioccavano no-tizie da Mani Pulite, ma gli italiani,pur scandalizzati, votarono ancorail quasi trentennale governo dellecoalizioni di centrosinistra. Di più,diedero più voti ai socialdemocraticiextended version che agli onesti gap-pisti e piccisti. Da allora, nella sin-cerità dell’anima, nessuno crede alleindignazioni d’urna. Ora a imper-sonare l’Attila che dove passa, noncresce più la politica, arriva Grillo.Non è proprio una novità il comicoparlante. Non lo è in politica, doveci prova già da qualche legislatura.

S E non lo è nemmeno da homo pu-blicus. Al pari di Fo e Gaber, haesercitato per un ventennio nella tvgeneralista fino alla folgorazione sul-la via di Damasco. Grillo e Benignispararono in tempi utili contro Cra-xi in diretta tv. Poi colsero ogni oc-casione utile per proseguire controBerlusconi. Grato, il paese non man-cherà mai di dare loro spazio, enfasi,gloria, risolini sforzati e dovuti.

Il 6 e 7 maggio però si vota nel-l’annuale rito democratico; si votain 800 piccoli Comuni (sotto i15000 abitanti e sotto i diecimila inSicilia), in 148 grandi Comuni, in25 capoluoghi provinciali ed in treregionali. Si vota al nord a Genova,al centro a L’Aquila e al sud a Pa-lermo. E gli italiani voteranno, conil solito naso tappato, il solito lattealle ginocchia, la solita mano sugli

occhi. È una vita che lo fanno o cheminacciano di non farlo per poi ri-velarsi tra i popoli più pronti allaconta elettorale. Voteranno perchécomunque gli amici sono amici, icompagni sono compagni, per faremuro ai barbari, per sognarsi bar-bari che scalano i muri, per dispettocomunque ai nemici o per fare dan-no agli amici; voteranno perché i

400mila politici eletti, sono parte diloro stessi, nel bene e nel male.

Il Pdl, in campagna elettorale, la-menta il destino cinico e baro chelo costringe obtorto collo a sostenereMonti per le minacce europee: I suoielettori lo voteranno convinti di vo-tare contro Monti. Il Pd, in campa-gna elettorale, si lamenterà di Ber-lusconi ed il suo elettorato, schifato,lo voterà perché non torni Berlusco-ni. L’Udc e i suoi nuovi insperati al-leati, post-fascisti, post-socialisti,post-radicali, si vantano d’essere ilvero sostegno del governo europeo,del governo del presidente.

Tutti i voti persi per questo sco-modo ma prestigioso ruolo, sarannorecuperati con le schede sudiste con-vinte di votare contro i nordisti algoverno di ieri e di oggi. La Legache avrebbe potuto cogliere l’occa-sione di fare il pieno come nel ’96,come unico partito d’opposizione,pareggerà sotto una campagna me-diatico-giudiziaria che si scioglieràda sé dopo il voto.

Molti, ovviamente, abbandone-ranno i partiti maggiori per cadereperò in quelli minori che nel sistemadei vasi comunicanti della politica,li riconsegneranno al mittente. DalPd a Sel o Idv; da Sel a comunistivari, da Idv al grande centro e Gril-lo; da Pdl a La Destra, Idv, grandecentro, Lega; dal grande centroall’Mpa, al Pdl, all’Idv; dalla Legaa La Destra, Idv, grande centro, Gril-lo. Tanti, tanti voti non mancheran-no ai pensionati, grandi Sud, ed alletante liste civiche, territoriali, per-sonali, di cui quella del sindaco ve-

ronese Tosi è forse la più importan-te.

In Grecia, invece, il voto politicodel 6 maggio è a rischio. Ad Atenee dintorni nessuno si vuole candi-dare perché l’Europa ha stracciatoanche l’ultimo velo della democra-zia, dopo che il direttorio europeoha sconfessato l’ultimo governo elet-to ed il suo tentativo di indire un re-ferendum popolare sul piano di rien-tro finanziario. Pasok e NeaDimokratia che ottennero nel 2009l’80% dei voti, ora insieme sono al32,4%. Risultato che smentisce leveline di Bruxelles ed i sondaggi sul76% dei greci fautori dell’euro. Senon hanno alternativa all’affittare ipoliziotti come gladiatori, al ven-dersi isole e coste, al fare la fame peranni, i greci pensano: perché votare?La politica infatti, nell’accezione me-

diterranea, è quella cosa che metteuna toppa ai difetti strutturali dellasocietà. Potessero decidere del resta-re o meno nell’euro, le elezioni gre-che avrebbero altro sapore ed altroentusiasmo; ma questa opzione nonè una scelta democraticamente per-corribile. Se fosse andata in portola riforma federalista fiscale, comela teorizzava Sacconi, ci sarebbe sta-

ta un’analoga reazione nel nostroSud. Se gli enti locali fossero statitutti commissariati, in caso di cattivagestione, senza che i deputati terri-toriali potessero intervenire e i fondifossero stati elargiti col contagocceda parte dei territori più ricchi, per-ché andare a votare eletti privi dipotere? Per queste ragioni Bruxellesspera in urne piene e la stampa seriaed affidabile evita di rappresentarei rischi di un’apocalisse democraticache invece sono tutti presenti. L’Eu-ropa, dopo aver combinato un di-sastro con la Turchia, ricacciata aleader sassanide del mondo islamico,sembra desiderarne un altro: un per-corso anti-Venizelos che spinga i gre-ci verso i turchi e ricrei un’anti-Eu-ropa alessandrina sudorientale. Aribadire il concetto, il voto del 6maggio serbo, presidenziale, politicoed amministrativo, al quale non po-tranno partecipare i serbi del nordKossovo per il veto di Bruxelles edel giovane stato paralbanese. L’en-nesima umiliazione inflitta a Belgra-do, senza uno straccio di rispettoper le autonomie locali, sarà accet-tata dopo venti anni di bagnomariafinanziario precipitato sul cripto sta-to canaglia balcanico e contribuiràalla destabilizzazione di un quartod’Europa. Il caso italiano è, oggi,molto diverso. La tornata elettoralepasserà nella giusta indignazione peril fallimento del governo e dei partitiche lo sostengono. I loro difetti perònon li faranno rimuovere e rifiutaree nemmeno, perché i loro elettorinon ne hanno di meno.

GIUSEPPE BLASI

Il 6 e 7 maggio si vota, ed in molti pronosticanoun grande trionfodell’astensionismo

Ma non sarà cosìperchè l’italianoriconosce nel politicoi suoi stessi difetti

K Piero GIARDA

i dice che, per diventare un pae-se virtuoso, l’Italia deve tagliare

i rami secchi ed improduttivi. So-prattutto della Pubblica ammini-strazione. Negli ultimi mesi sonostati fatti, nel bene o nel male, al-cuni passi in questa direzione. Sisono decurtate in maniera moltodecisa le consulenze d’oro di Palaz-zo Chigi, elargite in maniera moltogenerosa ad ex dirigenti in pensio-ne. Si sono fatti tagli orizzontali intutta la pubblica amministrazionee si sono aperti nuovi orizzonti dispending review, tali da consentireun forte contenimento della spesapubblica anche nei prossimi anni.

Insieme a questa grande operadi razionalizzazione (che in granparte pesa sulla tasche dei contri-buenti sul fronte dell’aumento delgettito necessario a mettere a postoi conti), salta all’occhio il peso dellanostra diplomazia nel resto delmondo. Un ruolo che negli anni èdiventato sempre meno centralenella partecipazione e nella solu-zione dei problemi di politica in-ternazionale. Non sono le voci avario titolo “grilline” che lo grida-no, ma le voci ufficiali dell’IstitutoAffari Internazionali e l’Istituto pergli Studi di Politica Internazionale,nel consueto annuario sulla politicaestera italiana.

Dallo studio l’Italia appare sbia-dita e poco incisiva nel panoramainternazionale, in discesa nell’in-

S tensità del rapporto con i partnereuropei. Insomma, una sorta di an-ziana signora che si ascolta per cor-tesia e non per interesse.

Allora, visto che la situazione èquesta, e visto che ci hanno “sber-tucciato” per l’evidente sottovalu-tazione della Primavera araba (in-tesa dalla nostra diplomazia,semplicisticamente come una na-turale forma di democratizzazionea tappe), perché non razionalizzarele tante sedi diplomatiche che man-teniamo in tutto il mondo? Perchédovremmo spendere miliardi di eu-ro per mantenere un “baraccone”di facciata che poco o nulla è con-siderato all’estero e nelle sedi inter-nazionali? Se non proprio chiuderele ambasciate, perché almeno nonrazionalizzare anche i costi delladiplomazia nostrana? Forse conuna stretta di cinghia anche perambasciatori, consoli, ministri e se-gretari di Stato, la missione per cuisono chiamati a rappresentare l’Ita-lia ne gioverebbe nel merito. Insom-ma, forse sarebbe il caso di orga-nizzare meno incontri a base dichampagne e cene di gala per con-centrarsi sul maggior impegno nelloscandagliare costantemente gli ac-cadimenti internazionali che, anchese non direttamente, ci interessanoma che potrebbero avere un ricascodiretto sulla nostra vita politica edi comunità.

FRANCESCO DI MAJO

L’OPINIONE delle LibertàMARTEDÌ 24 APRILE 2012 3

Page 15: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

di PIETRO SALVATORI

annuncio di PierferdinandoCasini di voler accelerare i

tempi della costruzione un nuovosoggetto politico ha messo in fibril-lazione la maggioranza che sostieneMario Monti. In attesa di capirecon quale legge elettorale si andràal voto, il leader del Terzo Polo harotto gli indugi. Con l’azzeramentodei vertici del partito, da domaniinizierà un graduale smantellamen-to dell’Udc. L’obiettivo? La costi-tuzione di un grande soggetto cheincluda «politici e tecnici, oltre asindacalisti intelligenti e imprendi-tori illuminati». Si chiamerà Partitodella nazione, e nascerà a partiredalle formazioni che oggi compon-gono la coalizione centrista. Se sitratterà di una fusione, come speraCasini, o di una federazione di par-titi, come invece ha indicato il fi-niano Italo Bocchino, ancora nonè chiaro. Incertezza anche sul no-me: nella giornata di ieri, pur con-dividendo il progetto e la meta,Francesco Rutelli ha commentatoseccamente: «Non si chiamerà Par-tito della nazione».

Quel che è certo è che il richia-mo al coinvolgimento di «tecnici»ha messo in subbuglio ampi settoridella maggioranza. Se l’identikitdel «sindacalista intelligente» è fa-cilmente sovrapponibile a RaffaeleBonanni, e quello dell’«imprendi-

L’

tore illuminato» a Luca Corderodi Montezemolo, alcuni degli espo-nenti dell’attuale esecutivo sonocontesi anche dagli altri due azio-nisti del governo. A partire da Cor-rado Passera, sul coinvolgimentodel quale Casini ha glissato con unsornione «Chi lo sa». Ma chi nelPdl e nel Pd coltiva ancora il pro-getto di alleanza con il Terzo Polo,non si è dimenticato che nell’au-tunno scorso anche Lorenzo Or-naghi e Andrea Riccardi avevanorisposto all’appello di Todi dell’expresidente della Camera. E proprioa Todi, a quanto detto da RoccoButtiglione, si dovrebbe celebrare

prima dell’estate la nascita del Par-tito della nazione. La mossa di Ca-sini, osservano i bene informati, halo scopo di ampliare l’appeal elet-torale di un centro che oggi volatroppo basso nei sondaggi. Se pas-sasse una legge proporzionale –con eventuali alleanze solo dopo ilvoto – il Pdn deterrebbe la goldenshare sulla formazione del futurogoverno. Ma se dovesse fallire latrattativa sulle riforme, un TerzoPolo che riuscisse ad attrarre alcunimembri di peso dell’esecutivo po-trebbe risultare determinante al Se-nato anche con il Porcellum. Inol-tre il progetto di Casini potrebbeattrarre anche le ali moderate deglialtri azionisti di maggioranza delgoverno. E se in casa Pd si guardacon sospetto alla corrente di Giu-seppe Fioroni, a via dell’Umiltà èrisuonato l’allarme rosso. Ventisettesenatori del gruppo guidato daMaurizio Gasparri hanno presen-tato ieri un documento intitolatosignificativamente “Oltre il Pdl”.Guidati da Beppe Pisanu e Lam-berto Dini, che da mesi si sono col-locati sulla linea di demarcazioneche separa il partito di Berlusconidall’Udc, i firmatari invitano i col-leghi a «rinnovare e riaggregare ipartiti». Puntando il dito contro«il vecchio e distrutto bipolari-smo». Sono in pochi a credere chela coincidenza con l’annuncio diCasini sia solo un caso.

IIPOLITICAII

Il nuovo partito di Casinimette in fibrillazione il Pdl

La svolta a destradi Montezemolo

K Pierferdinando CASINI

o non sono affatto contentodella competitività nostra di

inizio stagione e ho chiesto ai mieiil massimo impegno perché voglioavere un macchina vincente». LucaCordero di Montezemolo, parlavaieri nella sua veste di presidente del-la Ferrari. La macchina di cui par-lava era ovviamente quella dellaFormula 1. Ma è anche un’altra lamacchina che Montezemolo scal-pita per mettere in pista. Il suothink tank, Italia Futura, scalda imotori da un po’, e ora manca soloun anno alle prossime elezioni po-litiche. Dopo il varo del suo mani-festo per un forte rinnovamentodella classe politica a partire dallasocietà civile, Montezemolo vieneconsiderato una pedina strategicain vista delle elezioni del 2013. Ilproblema è che la nuova creaturasta sulla rampa di lancio da troppotempo e rischia di rovinarsi rima-nendo ferma ai box. Se la volontàdi scendere in campo è chiara, me-no lo sono modi e tempi. Tutto di-pende da una serie di fattori: il tipodi legge elettorale con cui ci si tro-verà a correre per le prossime po-litiche prima di tutto. Se andasse inporto la riforma ispano-tedesca ela-borata dagli sherpa di Alfano, Ca-sini, Bersani potrebbe valer la penapresentarsi da soli. In caso rima-nesse in vita il Porcellum, con il suopremio di maggioranza, la cartadell’alleanza sarebbe fondamentale.

«I Di qui il giro delle sette chiese in-trapreso dal presidente di Italia Fu-tura con grande circospezione. Al-l’inizio di aprile, senza clamori, haincontrato Silvio Berlusconi. Perchéormai è chiaro a chiunque che nonè possibile mettere in campo un’al-leanza moderata senza tener contodel Cavaliere. Per quanto il consen-so del Pdl sia ridotto ai minimi sto-rici dopo la caduta del governo e ildifficile appoggio alla politica fisca-le di Monti, non si può neppureimmaginare di fare a meno del20% berlusconiano. Almeno se sivuole governare l’Italia senza essereschiavi della Camusso e della Cgil.Sembra quindi molto probabile che– come narrano alcune indiscrezio-ni – Berlusconi e Montezemolo sisiano intrattenuti analizzando la si-tuazione e gettando sul tavolo di-verse ipotesi. Tra cui anche quelladi una grande lista civica nazionale,a cui si affiancherebbe il Pdl, nel-l’ottica di un grande rassemblementmoderato. Montezemolo sembrainfatti determinato a scegliere unachiara collocazione nel centrode-stra. Solo inserendosi in un cantiereper un polo moderato, infatti, puòsperare di raccogliere una parte delvuoto lasciato dal ritiro di Berlu-sconi. In caso contrario difficilmen-te la sua formazione da sola po-trebbe sperare di attrarre più del5% dei voti degli italiani.

GIOVANNA ALBERTINI

Rimborsi elettorali?L’Abc ha sbagliato gni giorno che passa ho la

sensazione – ma non sonoil solo ad averla – che il trio Abc(Alfano, Bersani, Casini) stianoperdendo il contatto con la real-tà, con il mondo che gira fuoridal Palazzo, con i rispettivi elet-torati che quotidianamente di-mostrano di essere sempre piùinfastiditi di pagare il prezzo del-la crisi mentre loro sembrano es-sere impegnati soltanto a difen-dere i privilegi di una classesempre più sorda ai rumori (eagli umori) che provengono dallapiazza.

Con l’uscita dell’altro giorno,poi, Abc hanno raggiunto forseil culmine. Testualmente: «Can-cellare del tutto i finanziamentipubblici destinati ai partiti sa-rebbe un errore drammatico chepunirebbe tutti allo stesso modo,compresi coloro che in questi an-ni hanno rispettato scrupolosa-mente le regole. E metterebbe lapolitica completamente nelle ma-ni di lobbies, centri di potere edi interesse particolare».

Chi scrive ha già avuto mododi affermare che i partiti, inquanto parte essenziale dellastruttura democratica del paese,abbiano un finanziamento pub-blico basato, però, sul rimborsoelettorale di spese realmente so-stenute e comprovate da fatturee documenti.

O Si può anche pensare di intro-durre, a favore dei partiti stessi(che già comunque godono dellapossibilità di ricevere contributidi singoli), la possibilità di desti-nare loro il quattro per mille dal-le dichiarazioni dei redditi di chiintende sostenere il proprioschieramento politico.

Però poi Abc veramente esa-gerano quando affermano che ilmancato contributo renderebbela politica, i partiti e i loro diri-genti, preda delle lobbies e deipoteri forti e di interessi partico-lari.

E invece ora? Ci si vuol forsefar credere che lobbies e centridi potere non incidano sulle scel-te di maggior importanza per ilpaese, inclusa quella del cosid-detto governo tecnico?

O ci si vuol per caso convin-cere che assai spesso l’interesseparticolare non prevale su quellogenerale?

È vero: Abc usano l’avverbio«completamente» che però, conun po’ di malizia, potrebbe si-gnificare che nell’attualità i par-titi risentano già di influenze lob-bistiche e che, senza ilfinanziamento, le cose non po-trebbero che peggiorare.

Mi chiedo, altresì, se questainterpretazione di quel «comple-tamente» sia corretta.

GIANLUCA PERRICONE

llarme editoria. A Milano sisente di più perché il 95% dei

periodici italiani si stampano inLombardia. Sono in corso 600 pre-pensionamenti, 1.200 giornalisti so-no in cassa integrazione, oltre millesono a livello nazionale i contrattidi solidarietà. I numeri parlano diuna situazione gravissima. Anzi se-condo le dichiarazioni del segretariodella Fnsi Franco Siddi la crisi nonha ancora schiuso tutta la suadrammaticità. Per il mondo dell’in-formazione sembra accadere quan-to una trentina di anni fa accaddeper la chimica e la siderurgia. C’èpreoccupazione ai vertici degli or-ganismi dei giornalisti: sindacato,Ordine, Istituto di previdenza, cassaautonoma di malattia. Il presidentedell’Associazione lombarda Gio-vanni Negri ha scritto una letteraalle giornaliste e ai giornalisti dellaRegione convocando un’assembleastraordinaria dei Comitati di reda-zione per discutere i problemi del-l’occupazione. Secondo alcuni se-gnali sta arrivando una nuovaondata di piani di riorganizzazioneche avranno pesanti ricadute sullecasse dell’Inpgi, effetto di una crisidiversa, più grave e insidiosa diquella iniziata tre anni fa dopo lafirma del nuovo contratto naziona-le. In quattro anni i periodici hannoperduto oltre il 35% delle venditein edicola e il 30% del monte pub-blicità, gran parte della quale con-

A tinua ad andare alle televisioni. Se-condo alcuni osservatori le causedella crisi attuale derivano dalla tra-sformazione del mercato editorialedeterminato dal massiccio ingressodei media digitali. Con questi stru-menti tecnologici è aumentata laconcorrenza, la velocità di trasmis-sione delle informazioni, le piatta-forme produttive. Ma l’ammontaredella pubblicità in Italia è grossomodo sempre la stessa. E in una fa-

se di recessione economica diminui-sce e quella che resta è appannaggiodei grandi gruppi. Si verifica, per-tanto, che le televisioni e le radiomedio-piccole sono entrate in crisi.Per i giornalisti e l’Inpgi è una scia-gura perché la legge non prevedeammortizzatori sociali per le tv alcontrario di quanto accade per iquotidiani, le agenzie di stampa e

di recente per i periodici. Il difficilemomento dell’editoria entra così trale priorità del nuovo gruppo diri-gente dell’Istituto eletto dal Consi-glio generale della settimana scorsa.Il milanese Andrea Camporese èstato confermato per un altro qua-driennio e sarà affiancato come vi-cario dal pensionato romano PaoloServenti Longhi e dal rappresentan-te degli editori Fabrizio Carotti.Quello che preoccupa maggiormen-te è la tenuta del mercato del lavo-ro, un po’ meno quella del bilanciodell’Inpgi che in base a tutte le pro-iezioni fatte sarà in grado di garan-tire il pagamento delle pensioni peri prossimi 50 anni. Il massiccio ri-corso agli armonizzatori sociali al-larma e non sembra arrestarsi no-nostante l’istituto riconosca alleimprese che assumono giovani unosgravio del 60% dei contributi pre-videnziali per 3 anni: il datore di la-voro ha così una riduzionedell’11% del costo del lavoro. Spet-ta, quindi, agli editori mettere inopera nuovi e più efficaci progettieditoriali. Le vendite dei quotidianisono ai minimi storici. I contributiall’editoria dello Stato sono sempremeno: dai 414 milioni di euro del2008 si sono ridotti nel 2011 a 195milioni, ossia il 52 per cento in me-no. Per gestire prepensionamenti estati di crisi sono arrivati 20 milioniall’anno per 3 anni e poi zero.

SERGIO MENICUCCI

La crisi investe l’editoriaÈ allarme disoccupazione

I numeri parlano di unasituazione gravissima.Per il grande mondodell’informazionesembra verificarsiquanto trent’anni faaccadde per l’industriachimica e siderurgica

L’OPINIONE delle LibertàVENERDÌ 20 APRILE 2012 3

Page 16: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIPOLITICAII

Sindacato padano?Nessuno l’ha visto e si va sul sito del Sin.Pa, il Sin-

dacato padano diretto dallapugliese Rosy Mauro, fino a ierila più potente esponente del Cer-chio Magico della Lega che facevacapo alla moglie siciliana (il Cer-chio viene detto “Magico” perchésembra che quest’ultima siaun’appassionata di magia edastrologia) di Umberto Bossi e chericeveva un contributo annuo di250.000 euro dal tesoriere cala-brese della Lega, Francesco Belsito(ex buttafuori ed ex autista, senzatitoli accademici se non due laureeestere che la GdF ha definito “pa-tacche” senza valore legale), no-terà che non vi sono né l’elencodelle sedi, né quello delle federa-zioni di categoria, né eventualiC.C.N.L. firmati. Praticamente èsoltanto un sito dove si danno al-cune notizie di carattere sindacalegenerale e dichiarazioni della lea-der Rosy Mauro (definita anche“la badante di Bossi”). Grazie alpartito, il Sin.Pa pur avendo unarappresentatività pressoché nullaavendo dato numeri falsi(350.000 iscritti, quando in un’in-tercettazione in via Bellerio dice-vano «forse 7.000» numero assaipiù plausibile di quello ufficiale)fu gratificato dal governo Berlu-sconi addirittura con un posto alCnel a danno della Uil (che fecericorso e lo vinse). Ma per curio-sità, quanti realmente sono gli

S iscritti al Sin.Pa? Gli unici daticerti sono quelli del settore pub-blico forniti dall’Aran. Ebbene,appena 117 in tutta Italia (e poi-ché i lavoratori sindacalizzati nelsettore privato sono al massimoil doppio di quelli pubblici, risultache forse non superano neppurei 500). Dai dati Aran risulta chesoltanto negli Enti locali e nellasanità (nonostante i numerosi sin-daci ed amministratori della Le-ga) il Sin.Pa. ha qualche decina diiscritti: 42 negli Enti locali e 61nella sanità. Poi 13 nella scuola e1 negli Enti pubblici. Zero iscrittinelle università, negli Enti di ri-cerca, nelle Agenzie fiscali, allapresidenza del Consiglio, all’Afame nei ministeri. In conclusione èun sindacato inesistente, che, seavesse investito in attività sinda-cale le centinaia di migliaia (senon milioni) di euro passateglidalla Lega, avrebbe potuto radi-carsi veramente sul territorio. Mail denaro è stato realmente inve-stito nell’attività sindacale? Lamagistratura ha evidentementequalche dubbio se ha mandato laFinanza a sequestrarne i bilanci.Scoprendo che non esistono. Al-lora che fine facevano i soldi datial Sin.Pa. se non servivano per fa-re attività sindacale? E’ una do-manda alla quale speriamo la ma-gistratura dia delle risposte.

FILIPPO ORTENZI

di RUGGIERO CAPONE

on lascia sgomenti, non sor-prende, la notizia che l’ex

tesoriere della Lega, FrancescoBelsito, avrebbe confezionato deidossier contro alcuni fedelissimidi Roberto Maroni. Nei corridoidel Carroccio circolavano la tem-po le notizie sul dossier contro ileghisti maroniani Gianluca Pini,

Giovanni Fava e Fabio Rainie-ri. Ma si favoleggiava pure didossier che Maroni avrebbe or-dinato contro i suoi nemici, in-terni ed esterni alla Lega.

«Sono stato accusato io di fa-re dossier e complotti, inveceemerge che è il contrario» si giu-stifica Maroni, glissando sull’ar-gomento e poi ribaltando ogniaccusa su Belsito e soci. Alla lucedi questo scambio di gentilezze,lo slogan della Lega “Pulizia, pu-lizia, pulizia!” andrebbe aggior-nato in “Polizia, polizia, poli-zia!”. E perché questi dossieraggi,figli d’una vecchia visione daquesturino, ci riportano ad unagestione del Viminale degna dellaPrima repubblica, del tanto bia-simato “Ufficio affari riservati”.Ora non stiamo a valutare se siastato per primo Maroni a fabbri-care i dossier o i suoi nemici.Certo è che, se trovassero confer-ma entrambi i dossieraggi, do-vremmo ricrederci sulla Lega, ed

Nappellarla ennesima figlia dege-nere della Prima repubblica, diquella Roma ladrona che parto-riva la “strategia della tensione”.

«È incredibile che l’ex mini-stro dell’Interno sia stato oggettodi attività di dossieraggio - con-tinua Roberto Maroni -. Non èun tentato dossieraggio, è un dos-sier che io ho visto. Mi sembramolto grave, sopratutto se qual-cuno sapeva o era consenziente.

Sembra che sia stato pagato coni soldi della Lega: è la cosa piùgrave». A questo punto l’ex tito-lare dell’Interno farebbe meglioa tacere, oppure che getti la ma-schera e spieghi all’Italia tutta dichi sono figlie la Lega e la stra-tegia padana. Perché qualche die-trologo potrebbe fantasticarci so-pra, ipotizzando un Carroccio

fatto a tavolino, come i tanti par-titi che i servizi segreti registra-vano per mettere bastoni tra leruote allo spontaneismo politicoe, spesso, convogliare la protestasociale verso dei muri di gomma.

«Il dossier è ridicolo - si giu-stifica invece Maroni -. Contienecose inventate e inverosimili. Èstato fatto per screditare. Vogliosolo citare quanto comparso suPanorama: si è scoperto che ave-vo una grande barca a Portorosein Slovenia, mentre era Porto Ro-sa, di fronte alle Eolie, dove qual-che anno fa avevo una barca».Inezie, robetta. «Se fosse veroquello che stiamo leggendo suigiornali, sarebbe vomitevole: per-ché se in una squadra, in un te-am, in una famiglia, c’è qualcunoche perde tempo a fare dossierdeve essere mandato via con so-nori calci nel sedere, perché è lacosa più squallida che una per-sona possa fare» commenta il go-vernatore del Veneto, Luca Zaia.«Al suo interno - prosegue Zaia- la Lega è in grado di fare le sueverifiche in tempi rapidi. C’è untriumvirato delegato a questo,dopo di che deciderà il futuronon solo di Stiffoni, ma di tuttinoi». Ma se sono bastati unamanciata di soldi e dei dossierper creare zizzania, evidentemen-te o la Lega non serve o deve stu-diare da vecchia Diccì.

La Lega in piazza: «Pulizia!»Ora il contrordine: «Polizia!»

È stato Maroni il primoa fabbricare i dossiero i suoi nemici? Di certo,se trovassero confermaentrambi, il Carrocciosarebbe solo l’ennesimafiglia degeneredella Prima Repubblica

na lettera che pesa come unmacigno. A firmarla, sul Cor-

riere, è Carla Vites, moglie di An-tonio Simone, ex assessore finito inmanette nell’ambito della buferagiudiziaria abbattutasi sulla sanitàlombarda. «Il migliore amico diFormigoni», scrive di suo marito laVites, «militante ciellina della primaora». Che dipinge il Celeste come«un cagnolino al guinzaglio di Dac-cò», esprimendo il rammarico dichi come lei, «insieme ad altri amicidi Cl ha militato per lui volantinan-do, garantendo sulla sua persona».

«Cl deve avere un sussulto digelosia per la propria identità, perquello che Giussani pensava al mo-mento della fondazione». Ed eccoaprirsi un’altra questione: la cre-dibilità del governatore al cospettodel suo elettorato di riferimento.«Ho tanti amici ciellini che si la-mentano della presenza di affaristivicini alla compagnia di Formigo-ni», diceva qualche giorno fa GadLerner al governatore. In effetti c’ègià chi parla di «scontro interno»al movimento, tirato in ballo sem-pre più spesso sui giornali, che nonrisparmiano nemmeno la presti-giosa associazione dei MemoresDomini.

Anche per questo, Marco Da-milano sull’Espresso ha ammonito:«non confondiamo il clan formigo-niano con Comunione e Liberazio-ne, fenomeno molto più serio, basta

U

andare a Rimini e guardare i visipuliti dei giovani volontari che la-vorano gratuitamente per settimanesacrificando le loro ferie». Eppureil clan formigoniano potrebbe averspezzato quel cordone ombelicaletra Formigoni e la base, che lo ac-creditava come leader di riferimentononché applauditissima rockstar alMeeting di Rimini.

Oggi regnano silenzio e imba-razzo, anche ai vertici del movimen-to: le ultime parole sono quelle didon Julian Carron al Corriere. Ametà gennaio il successore di Gius-sani aveva ribadito che «ciascunoè personalmente responsabile di

quel che fa» e «possono esserci sta-te persone che hanno usato Cl inun certo modo», ma, sottolineava,«non esistono candidati nè politicidi Cl». Dalla base giungono invecesegnali di scoramento, per “l’im-prudenza” delle frequentazioni for-migoniane e per affari lontani dal-l’esperienza religiosa di Cl cherischiano di vanificare opere e idealidi un popolo stanco di etichette me-diatiche e processi sommari. Em-blematici, a tal proposito, i silenzidi un quotidiano d’area come IlSussidiario.net.

Le sole voci di stampa a difesadi Formigoni sono quelle del setti-manale Tempi, foglio vicino a Cl edi cui è socio lo stesso Antonio Si-mone, sodale del direttore Amicone.In questi giorni di tempesta pare unpo’ pochino anche l’attestato di sti-ma espresso da Maurizio Lupi, mi-lanese e ciellino, quando dice che«Formigoni sta governando otti-mamente e deve proseguire». L’im-pressione è che, oltre ad esser la-sciato solo dal partito, al quale hachiesto un intervento diretto nellapersona di Alfano, il governatorestia vedendo sgretolarsi quella gol-den share detenuta per anni sul po-polo ciellino. Popolo che da oggi adomenica si ritroverà in preghieraa Rimini per i consueti esercizi spi-rituali. E stavolta non saranno va-canze di gruppo.

MARCO FATTORINI

Comunione e liberazione: salelo scontento per Formigoni

Il bilancio di Sienain balia della banca

K Roberto FORMIGONI

l Comune di Siena rischia di nonapprovare il bilancio 2011 entro

i termini di legge (30 aprile) perchéancora non ha incassato una parte(poco meno di 7 milioni) dei fi-nanziamenti della FondazioneMonte dei Paschi. Il sindaco Fran-co Ceccuzzi ha scritto al numerouno dell’Ente senese, GabrielloMancini, per sottolineare l’urgenzadi ricevere quanto stabilito con leerogazioni relative all’anno passa-to. Mancini ha risposto spiegandodi non essere in grado di metteremano al portafoglio, in assenza diun accordo con le banche creditri-ci su come suddividere i 650 mi-lioni destinati alla riduzione deldebito e sulla cifra (100 milioni)da lasciare nella disponibilità dellaFondazione.

L’intesa potrebbe arrivare primadella fine del mese, ma intanto èprobabile che slitti il Consiglio co-munale fissato per il 24, con all’or-dine del giorno l’approvazione delbilancio 2011 (in perdita di 2,2 mi-lioni anche con i soldi della Fon-dazione). A Siena succedono cosebizzarre: come il fatto che il man-cato pagamento di un soggetto pri-vato metta a repentaglio i conti diun’Amministrazione pubblica (disolito accade il contrario); o cheun’erogazione già deliberata nonpossa utilizzare la relativa coper-tura finanziaria. Viene da doman-darsi: se un’istituzione pubblica e

I un’autorità monocratica come ilsindaco devono andare col cappel-lo in mano dai banchieri, per chivotano i cittadini? Sindaco o ban-chieri? Si assiste ad una svolta con-traria: dal pubblico al privato, nondal privato al pubblico. Nel sensoche la causa di 24 suicidi di uominid’azienda e di mercato, è semprepiù individuabile in uno stato (conla “s” minuscola) ladro e crimino-geno. Come scriveva il miglior Tre-monti prima della sbornia “tassa eammazza”, il sistema politico, pri-ma con Berlusconi e poi con Mon-ti, ha messo alle strette l’interomondo produttivo.

A fronte di questa realtà, quan-to tempo ancora sarà tollerabile laretorica sulla necessità di ricambiodella classe politica (individuabilenei camerieri dei banchieri? O neimaggiordomi di casa Monti?), at-traverso un voto che sarebbe addi-rittura un sacro “dovere” per i cit-tadini? Si assiste ad un pericolosocortocircuito banche-crisi: se i mag-giorenti politici che hanno in casail Mps e la sua potente Fondazionesono così, e le banche sono gonfiedi soldi della Bce e non li eroganoa chi produce, ma li affidano esclu-sivamente al mondo della finanza,la stortura è grave. Questo ammas-so di distorsioni e anomalie siste-miche e strutturali può ancora es-sere chiamato democrazia?

JOHN MALACHI

L’OPINIONE delle Libertà VENERDÌ 20 APRILE 20124

Page 17: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIPOLITICAII

Il babau dell’antipoliticae la scalata di Passera

Quanto costano i partiti?In 20 anni, due miliardi

Le strane alleanzealle amministrative cominciato il conto alla rove-

scia in vista delle amministra-tive del 6 e 7 maggio. Impossibilesottrarsi agli sguardi dell’esercitodi candidati che, dai manifesti af-fissi ovunque, cercano di raggiun-gere l’attenzione dell’elettore.

In queste consultazioni che in-teressano 1020 comuni su 8.092(il 12,6 %), di cui 28 capoluoghidi provincia, l’elemento caratte-rizzante è la frammentazione delloscenario politico. Proprio per que-sto, dai risultati e dai ballottagginon sarà possibile delineare o de-durre la tendenza politica dell’elet-torato italiano. Le alleanze politi-che delle liste elettorali presentatesono le più imprevedibili e, infatti,tutte le combinazioni possibili eimmaginabili sono state sperimen-tate. Partiti inconciliabili sul pianonazionale e regionale trovano con-vergenze sul piano comunale. Equando questo non avviene, siframmentano anche i grandi par-titi, mentre proliferano liste civiche(un fenomeno non nuovo, ma inevidente crescita), movimenti epartiti locali.

La Lega Nord, malgrado la bu-fera che l’ha investita, ha presen-tato proprie liste con rare alleanze,trovandosi in concorrenza con ilmovimento dei grillini. Riflettoripuntati su Verona (25 le liste pre-sentate, con 9 i candidati sindaco),test politico per il Carroccio dopo

È le dimissioni di Bossi, dove il sin-daco uscente Flavio Tosi, sostenu-to anche da sette liste civiche, nonsarà più appoggiato dal Pdl chepropone, invece, un suo candida-to: Luigi Castelletti. I risultati diqueste consultazioni, al di là del-l’elezione diretta dei sindaci, sono,oggi più che mai, espressione diun arlecchinismo localistico chepiù variegato non si può. Il nume-ro dei candidati è incredibile ri-spetto ai seggi. A Palermo sono1.300 gli aspiranti consiglieri peri 50 seggi di Sala delle Lapidi e 12i candidati alla poltrona di sinda-co, contro i 10 di Taranto e i 13di Genova. Nel capoluogo sicilia-no (la Sicilia è la regione con piùcomuni al voto, ben 148) si ri-scontrano le alleanze più contrad-dittorie. Il Pdl sostiene l’indipen-dente Massimo Costa, giàcandidato di un altro raggruppa-mento in cui era determinantel’Mpa di Raffaele Lombardo (ne-mico del partito di Berlusconi ealleato del Pd di Lumia e Craco-lici) che appoggia il candidato sin-daco del partito di Fli, AlessandroAricò, mentre l’Idv esprime la no-vità invecchiata di Leoluca Orlan-do. Tutto ciò non è altro che laconseguenza della disgregazionedei partiti, che non sono stati ingrado di contrastare l’offensivadell’antipolitica.

ROSAMARIA GUNNELLA

igliaia di lettori a boccaasciutta anche sabato 14 per

chi segue le rassegne stampa di Ca-mera e Senato sul web: già dal 10si erano presentati problemi, ritardi,silenzi. Con ritardo Montecitoriova online, mentre Palazzo Madamanon pubblica niente. Cosa sta ac-cadendo ad uno dei servizi più se-guiti da chi si interessa alla politica?La risposta è nel comunicato dellaCamera del 10 aprile: la Fieg diffidale Camere a pubblicare le rassegnestampa gratuite a partire dalle ore10,30 della mattina. Un servizio cheva avanti da circa dieci anni, utiliz-zato da migliaia di utenti in Italiae all’estero, una fonte per rimanereinformati e poter ricostruire il di-battito esistente. La Fieg rileva lacrisi del mercato della stampa quin-di, e dice basta alla carta stampatain formato pdf. Chiaramente insor-ge il mondo di internet: bloggersscatenati, siti infuriati, c’è chi parladi censura delle rassegne web. Pro-babilmente sarebbe più giusto par-lare di denari e problemi legati aiguadagni dei giornali. La rassegnaè comunque andata avanti, Gian-franco Fini su Twitter ha rilanciatosubito: «La rassegna online è unservizio che garantisce il pluralismodell’informazione. Personalmentenon vedo perché, nell’era di inter-net, la rassegna debba essere oscu-rata». Il caso è però aperto e di cer-to si porterà dietro diversi strascichi.

M Il gesto della Fieg appare anacroni-stico ed addirittura pericoloso. Per-ché spesso sono gli stessi quotidiania pubblicare gli articoli sui proprisiti e l’informazione corre oramaipiù sul web che sulla carta. Di certoè complicato mettere il silenziatorealla rete. Pericoloso perché spessole anteprime che si leggono sui sitio sulle rassegne poi fanno invece sìche un tale quotidiano diventi d’in-teresse per il lettore. Non solo: molti

giornali non hanno quelle possibi-lità per avere una distribuzione ade-guata su tutto il territorio nazionalee le rassegne sul web, o i propri siti,diventano il miglior modo per par-tecipare al dibattito. Una possibilesoluzione è che si lasci ai singoliquotidiani e ai loro editori la pos-sibilità di essere nelle rassegne e inche modo (con articoli parzialmente

o totalmente riportati o magari in-serendo delle pubblicità), nel mas-simo della libertà. Ci sarà chi cer-cherà di usare quello strumento permigliorare le proprie vendite, e chiinvece non vorrà esporsi, lasciandotutto al cartaceo o al proprio sito.Si crei una strategia per la letturaonline approfondita: nessuno pensaal futuro prossimo? La Fieg nonpuò pensare che il chioschetto colgiornalaio sotto casa possa rappre-sentare la realtà dei prossimi decen-ni: sul web le notizie si aggiornanodi continuo, a volte si creano o na-scono seguendo i social network,che oramai funzionano come fos-sero agenzie stampa. Oggetti comei tablet aiutano la lettura ed anziforse ne stanno rilanciando il ruoloin questo paese: oggi non si leggedi meno, anzi ci si informa di più,a discapito dei giornali di carta. Isiti dei quotidiani sono più letti delleversioni cartacee perché sono piùeconomici, più interattivi, non oc-cupano spazio in casa e fare con-fronti tra le diverse posizioni diven-ta più immediato. E se le pubblicheistituzioni vogliono offrire a tuttiun servizio, ben fatto e sintonizzatocon le nuove tecnologie, che le si la-sci fare tenendo a mente che sonoproprio quelle istituzioni che agi-scono contribuendo alla sopravvi-venza della carta stampata in Italia.O la Fieg non se ne rammenta?

ENRICO STRINA

La rassegna stampa va offlinee il web scatena la rivolta

La Fieg diffidaCamere e ministeri dal pubblicare le rassegne stampa online. Un servizio attivo da dieci anni.Ma il popolo di Internetnon ci sta e insorge

di RUGGIERO CAPONE

osy Mauro e Renzo Bossi occupanole prime pagine dei giornali: le tivù

fanno a gara a mostrarci il video del Trotache intasca 50euro dal suo autista. Dellevarie tranche da 13 milioni di euro di Lusi,che viaggiavano alla volta dell’Inghilterra,nessuno parla. Nessuno s’azzarda a met-tere sulla graticola Francesco Rutelli, espo-nente del Terzo Polo. Stesso discorso peril Pd di Bersani che, invece di trovarsi sulbanco degli imputati, per le vicende Pron-zato, Penati e Tedesco, processa l’antipo-litica. Per Bersani il vero pericolo sarebberappresentato dal movimento “5 Stelle” diGrillo. I giornali fanno a gara nello spie-gare come il comico genovese sarebbe or-mai a capo d’una sorta d’arma da guerrache, sotto amministrative, potrebbe collo-carsi tra il 7 e l’8%. Le chiacchiere hannopreso il posto dei fatti, quasi che i sondaggisull’antipolitica e le tangenti da 50europossano considerarsi più importanti delleboiate di questo governo o dei furti da mi-lioni di euro che si sono consumati nellazona grigia tra Pd e Terzo Polo.

L’unica novità politica ha lambito condiscrezione la tivù: l’apparizione di Cor-rado Passera, e le dichiarazioni del politi-co-banchiere al programma domenicale diLucia Annunziata, dimostrano che è in pie-na incubazione un nuovo “uomo dellaprovvidenza”. A piccoli passi, Passera s’èintrufolato (si fa per dire) nel panoramapolitico nazionale. S’è fatto conoscere edapprezzare come ministro dell’Industria,dimostrandosi gradito alla maggior parte

Rdel panorama imprenditoriale italiano.Quindi ha bacchettato la ministra Fornero,rea d’aver fatto una riforma del lavoromonca, di non aver saputo gestire (soprat-tutto mediaticamente) il fenomeno “eso-dati”. Quindi Passera s’è costruito una nic-chia politica nel governo Monti, quella delcattolico, del moderato aperto al dialogo,del banchiere dal volto buono e pronto adifendere in Europa l’economia italiana. Igiornali ben si guardano dall’attaccare Pas-sera, il suo conflitto d’interessi, il fatto cherappresenti nell’esecutivo il gruppo ban-cario più importante d’Italia. Anzi nonrammentano più che da banchiere avevaoperato linee di credito per le stesse azien-de a cui da ministro concede la cassa in-tegrazione: come la SigmaTau, solo per ci-tarne una.

Mentre l’immaginetta di Monti si ritro-va appannata sotto i colpi d’una pocochiara e catastrofica Imu, di incontrollatiaumenti della benzina, di bollette punitivesu luce e acqua, tariffe al rialzo sul tra-sporto, Passera dice ai microfoni della An-nunziata che «bisogna abbassare il prezzodella benzina e mettere un tetto calmie-rante alla bolletta energetica». Passera ini-zia a parlare di riduzione delle tasse, e lofa piano piano. Scalda i muscoli da buoncentrista, al Terzo Polo piace più di Mon-tezemolo. I poteri forti, le banche, la gran-de impresa, i palazzinari, gli editori, quellidel “patto di sindacato”. Tutti guardanoa Passera, variante politica che ha presole distanze dal fallimento dei tecnici. Mapiano piano, per ora è bene che la gentevenga stordita con mosche, trote e grilli.

a Corte dei Conti ha calcolato che, dal1994 ad oggi, i partiti hanno ricevuto

dallo stato, cioè dai contribuenti, la bel-lezza di due miliardi e 253 milioni di euro.Provate a leggere il numero in cifre:2.253.000.000. Poiché l’euro ha confusoil cervello della gente inducendo anche uneffetto deflazionistico mentale, è bene sem-pre tradurre in lire le somme, per averel’ordine di grandezza a cui siamo abituatida sempre, almeno noi nati molto primadella moneta europea. Ebbene il numeroin questione è questo: 4.362.416.310.000.Questi i soldi incassati. Quanto ai soldispesi, la stessa Corte dei Conti ha stabilitoche ammontano a cin-quecentosettantanovemilioni di euro, in cifra579.000. 000. Converti-bile in lire 1.121.100.330.000. Si consideri,inoltre, che tali spese so-no sicuramente gonfiate,come dimostra l’allegracontabilità venuta allaluce con le ultime vicen-de giudiziarie, dove ri-sultano a carico del bi-lancio dei partiti iltornaconto dei sodali, lecomodità familiari, gliarricchimenti personali. In buona sostanza,quando i bilanci scrivono cento, vuol direche per le esigenze politiche hanno spesoventicinque. Il resto è andato si sa dove.Tuttavia, per comodità di calcolo, fingiamoche tutti i 579 milioni di euro siano statirigorosamente impiegati per le necessità

L istituzionali, e verifichiamo quanti soldicontanti sono rimasti, si fa per dire, nellecasse dei partiti viventi e defunti.

In euro: 2.253.000.000 meno 579.000.000 uguale 1.674.000.000. Un miliar-do e seicentosettantaquattro milioni di eu-ro! In lire: 4.362.416.310.000 meno1.121.100.330.000 uguale 3.241.315.980.000. Tremiladuecentoquarantuno miliarditrecentoquindici milioni e novecentottan-tamila lire!

In qualunque valùta, al lordo e al netto,sono cifre che lasciano sgomenti. Com’èscomparso questo Nilo di denari? Il po-polo italiano dovrebbe ingiungere al Par-

lamento di astenersi dallegiferare finché un’in-chiesta indipendente, ef-fettuata con pieni poterida un comitato ad hoc,presieduto dal presiden-te della Cassazione, conil presidente della Cortedei Conti comeer vicepresidente, e compostoda generali dei carabi-nieri e della finanzaestratti a sorte, abbia ac-certato gli utilizzatori fi-nali dell’incasso nettodei partiti e ne abbia ot-

tenuto la restituzione per quanto possibile.In epoca di debiti, né i partiti, né le istitu-zioni, né gli individui, possono invocarel’oblio su questo autentico sacco dell’era-rio: chi ha avuto, deve restituire; chi hadato, deve ricevere.

PIETRO DI MUCCIO DE QUATTRO

L’OPINIONE delle Libertà MARTEDÌ 17 APRILE 20124

Page 18: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIESTERIII

L’ultima carica di Santorumsi infrange a Gettysburgdi STEFANO MAGNI

itirarsi da una campagna elet-torale è sempre un atto di co-

raggio. Farlo con un discorso a Get-tysburg, in Pennsylvania, vuol direvolere una fine eroica. Fu a Getty-sburg che i sudisti, guidati dal gene-rale Robert Lee, nel 1863, tentaronola loro ultima grande offensiva con-tro i nordisti. Al culmine della bat-taglia la divisione di George Pickettlanciò un assalto frontale contro ilnerbo dello schieramento nemico eper poco non vinse. Dopo qualchemomento di illusione, Lee compreseche Pickett aveva perso, che la bat-taglia era irrimediabilmente perdutae che i sudisti non avrebbero piùavuto alcuna possibilità di vincerela guerra. Ora, nel Partito Repub-blicano (il partito di Abraham Lin-coln, il presidente unionista delNord), il candidato cattolico RickSantorum, virginiano come Lee, ric-co dei voti del Sud e forte del suoslancio conservatore, ha lanciato lasua “carica di Pickett” contro l’esta-blishment del Gop. E ha perso. An-nunciando la sua ritirata dalla corsapresidenziale proprio nella cittadinadi Gettysburg, martedì pomeriggio(notte, in Italia). Santorum si prepa-ra a condurre una resistenza ad ol-tranza. Il suo non è un “abbando-no” della campagna elettorale, maè tecnicamente una “sospensione”.Benché il suo discorso non dia adito

Ra dubbi (perché è chiaro che non ri-tornerà più in pista come candidatopresidenziale), la sospensione gli per-metterà di ricevere altre donazioni,così da colmare la voragine di debitiche si è aperta nella sua campagnaelettorale. In più, il suo piccolo eser-cito di 272 delegati sarà vincolatoalla sua volontà: coloro che sonostati eletti nelle elezioni primarie(non quelli che hanno vinto i cau-cus) dovranno votare ancora per lui

alla Convention repubblicana diTampa, il prossimo agosto, salvo uncontrordine personale di Rick San-torum. È un modo come un altroper mantenere un certo peso politicodentro il partito. Il conservatore cat-tolico, comunque, guarda oltre alprossimo novembre. Ha creato at-torno a sé una nuova corrente con-servatrice religiosa, su base cattolica,

ma al tempo stesso apprezzata e vo-tata dagli evangelici. In caso di vit-toria di Obama, potrebbe presen-tarsi come un valido candidato perle presidenziali del 2016, con unavittoria in 11 stati alle sue spalle.

I motivi della sospensione dellacampagna di Rick Santorum sonopersonali e politici. La ragione per-sonale, familiare, è dichiarata: lo sta-to di salute della figlia Bella, di treanni, affetta da una rara malattiagenetica e ospedalizzata, per pneu-monia. La causa politica, benchénon dichiarata, è abbastanza evi-dente. Stando alla maggioranza deisondaggi avrebbe perso anche inPennsylvania (stato di cui è rappre-sentante, al Senato), nelle elezioniprimarie del prossimo 24 aprile. Ne-gli altri grandi stati in palio (soprat-tutto New York e la California) ave-va scarse o nulle possibilità divincere. Santorum avrebbe, dunque,recepito il velato suggerimento dimolti colleghi repubblicani, fra cuiil senatore John McCain, che da unasettimana premevano per il suo ri-tiro anticipato dalla campagna elet-torale. E finire in bellezza, da can-didato invitto, invece che affrontarel’inevitabile declino nelle prossimetappe delle primarie. Ora solo MittRomney ha la possibilità di sfidareBarack Obama ed entrare nella Ca-sa Bianca. Per Santorum inizia unaltro tipo di lotta: quella per entrarenel mito.

Siria, quanto valgono le promesse di Assad?

K Il dittatore siriano Bashar al Assad avrebbe dovuto ritirarele truppe il 10 aprile e cessare il fuoco il 12. Non ha richiamatol’esercito, ma promette di sospendere gli attacchi a partire da oggi

Bosusco e i turisti Indiana Jones a spese dello stato urista fai-da-te? Ahi ahi ahi.

Specie quando il turista si im-provvisa novello Indiana Jones alladisperata ricerca del suo tempiomaledetto. Ma a chi tocca riportar-lo a casa quando finisce nei guai,quando viene preso in ostaggio daiguerriglieri di qualche landa remo-ta, quando rimane intrappolato dalmaltempo, o quando contrae stranemalattie per le quali non aveva pre-parato un minimo di profilassi? Maallo stato, ovviamente. Così che, re-golarmente, le avventurosissime va-canze di un annoiato borghesucciodi provincia si trasformano in unvero e proprio salasso sulle spalledel contribuente. Perché è con letasse che si paga il salvagente al-l’incauto viaggiatore imbottito diromanzerie. E l’arrendevolezza del-lo stato nel pagare per tutto e tuttisenza badare a spese, riscatti com-presi, contribuisce ad aumentare ilfattore di rischio che fa di ogni ita-liano all’estero un bersaglio sensi-bile, anche a scapito di attivisti e ivolontari che in giro per il mondoci vanno per fare del bene al pros-simo.

L’ultimo cercaguai che potrebbecostarci carissimo si chiama Clau-dio Colangelo, il turista romanofatto prigioniero dai ribelli indianimaoisti nel corso di un trekkingnello stato dell’Orissa. Lui è tornatoa casa sano e salvo, ma nelle manidei rapitori resta il suo accompa-gnatore, il torinese Paolo Bosusco.Per il suo rilascio i ribelli hannochiesto la liberazione di una tren-tina di militanti ora rinchiusi nelle

T patrie galere di Nuova Delhi. Le au-torità indiane sono disposte ad ac-cettare le loro condizioni. Ma ilprezzo da pagare per la vita di Bo-susco potrebbe essere altissimo: latesta di Massimiliano Latorre e Sal-vatore Girone, i due fucilieri delreggimento San Marco trattenuticon l’accusa di aver ucciso due pe-scatori indiani scambiandoli per pi-rati.

Già, perché al netto della ma-dornale incompetenza di chi allaFarnesina si è occupato del casomarò, è proprio la carta Bosusco ilnostro “grosso guaio” sul fronte in-diano. La sua liberazione ci metteinfatti in una situazione di tremen-do svantaggio con l’India. La scorsasettimana, fonti qualificate del Mi-nistero degli Esteri avevano raccon-

tato all’Opinione come per NuovaDelhi il fatto di essere costretta atrattare con i terroristi, ai quali finoad oggi aveva risposto sempre e so-lo con le armi, rappresenti una fon-te di grande irritazione. Per nonparlare di cosa significherebbe ac-condiscendere alle loro richieste: unprecedente scomodo, che mettereb-be il governo indiano nelle vesti diun’autorità disposta a trattare con

chi fa uso della forza come arma diricatto. Se l’India acconsentirà a fa-re questo “favore” agli “amici” ita-liani, calando le braghe con i guer-riglieri, vorrà però qualcosa incambio. Qualcosa di molto grosso.Come una condanna esemplare peri due marò, a prescindere da quellache (non) è stata la loro effettivaresponsabilità negli accadimenti lo-ro imputati. Ne va della credibilitànon di uno solo, ma di ben due go-verni locali: quello federale di Nuo-va Delhi, e quello locale di Kerala,entrambi alle prese con la sfida del-le urne in un periodo in cui i partitinazionalisti all’opposizione si fannosempre più aggressivi, e travolge-rebbero qualsiasi esecutivo dal pol-so debole.

A pagare per il trastullo dell’en-nesimo turista fai-da-te di casa no-stra sarà quindi ancora una voltalo stato. Questa volta nella personadi suoi fedeli servitori in uniforme.Senza contare il molto probabile ri-scatto in denaro che, come regolar-mente accade, ancora una volta inostri servizi passeranno al seque-stratore di turno in cambio del ri-lascio del connazionale rapito. Mo-neta sonante, anche questa, pagatainteramente dalle tasse degli italiani.Specie di quelli che in vacanza nonpossono andare, proprio perchéhanno a malapena i soldi per le tas-se. Dovendosi poi per giunta sor-bire il ritorno a casa in pompa ma-gna del sequestrato, che davanti amicrofoni e taccuini assiepati in ae-roporto si dimenticherà regolar-mente di ringraziare chi ha contri-

buito alla sua liberazione, ma nonmancherà di far sapere quantomuoia dalla voglia di ripartire perun’altra meta avventurosissima epericolosissima. Sempre a spese diMamma Italia, of course. Ma per-ché?

Se l’era già chiesto nel 2009 l’al-lora presidente del Copasir, Fran-cesco Rutelli, dopo che un’altracoppia di turisti italiani era statasequestrata in Mauritania. Rutelliaveva portato in Parlamento un di-segno di legge che prevedeva di farpagare agli improvvidi turisti comeloro i costi di soccorso che avesserodovuto rendersi necessari per il ri-torno in Italia. Già, perché non c’èsoltanto l’eventuale riscatto da pa-gare. C’è anche tutta la macchinadel soccorso e delle trattative della

Farnesina, delle ambasciate e deiconsolati locali, del trasporto in pa-tria, delle eventuali cure mediche e,in extrema ratio, la mobilitazionedelle task force militari in caso diimminente pericolo di vita per gliostaggi. Milioni e milioni di eurobuttati al vento. La proposta pre-vedeva l’istituzione di un’assicura-zione obbligatoria, dal premio va-riabile tra i 50 centesimi ed i 2 euro,

con la quale rifondere allo stato icosti sostenuti per la liberazione deiviaggiatori.

Il principio è sensato. L’alpinistache a suo rischio e pericolo scegliedi inerpicarsi sui monti nonostanteun bollettino meteorologico sfavo-revole, si vede addebitare il costodell’elisoccorso nel caso in cui restiintrappolato dalla tormenta. Allostesso modo, da qualche tempo aquesta parte, il 118 della ProvinciaAutonoma di Trento presenta ilconto dell’ambulanza al bevitoresmodato che il sabato sera si appel-la ai paramedici per smaltire lasbornia. Quindi perché non batterecassa a chi, per suo solo ed esclusi-vo diletto, parte per trascorrere leproprie vacanze in destinazioni pe-ricolose, vivamente sconsigliate daibollettini del Ministero degli Esteri,dalle agenzie di viaggio e, ora, an-che da un’app per smartphone ap-positamente creata dalla Farnesinaper segnalare le aree più a rischio?

Il ddl Rutelli, come da copione,è però caduto nel dimenticatoio.Così continuiamo a sostenere di ta-sca nostra le spese di quegli avven-turieri improvvisati la cui soddisfa-zione maggiore sarà poi quella ditornare al paesello mostrando agliinvidiosissimi vicini di casa le fotoin cui accarezzano un cobra reale,posano col pugno chiuso a fiancodel rebelde armato fino ai denti osi arrotolano una sigaretta nellatenda del cammelliere touareg,mentre fuori ulula potente il mici-diale ghibli.

LUCA PAUTASSO

Dopo aver vinto 11 statie creato entusiasmonella destra religiosa,il candidato cattolicosceglie una “bella” finedella sua campagna,piuttosto che affrontarel’inevitabile sconfitta

Viaggiatori annoiati in vacanza in luoghia rischio: il rientro èpagato con soldi pubblici

Diplomazia, trattative,riscatti: riportare a casaun avventuriero puòcostare milioni

L’OPINIONE delle LibertàGIOVEDÌ 12 APRILE 2012 5

Page 19: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIESTERIII

Un voto storico in Birmaniala “Signora” è in Parlamentodi STEFANO MAGNI

iornata storica per la Birmania:Aung San Suu Kyi, dopo 15

anni di arresti domiciliari e un annodi libertà, è entrata in Parlamento.Benché le elezioni suppletive si sianosvolte il primo aprile, la notizia nonè affatto un “pesce”. Le autoritàdella Birmania, ancora chiamataMyanmar dalla giunta militare alpotere, confermano che la dissiden-te storica è stata eletta a Kawhmu,un distretto povero nella provinciadi Yangon (ex Rangoon). Le elezio-ni suppletive sono state stravintedalla Lega Nazionale per la Demo-crazia, il suo partito di opposizionealla giunta militare. Secondo datiancora provvisori (i definitivi ver-ranno divulgati solo nel prossimofine settimana) ha vinto 40 seggi sui45 in palio. Nel collegio di Ka-whmu, la dissidente premio Nobelper la Pace è stata votata dall’80%dell’elettorato. Mentre in Europa sifesteggia e si torna a mettere manoalla politica delle sanzioni al Myan-mar, mentre dalla Casa Bianca giun-gono commenti di cauto ottimismo,è la stessa vincitrice a gettare acquasul fuoco degli entusiasmi facili. La“Signora” ricorda, infatti, che que-sta è solo la prima tappa di un per-corso politico ancora lento e diffi-cile. Vediamo il perché.

Prima di tutto, queste elezioni,benché storiche, non segnano un ri-

Gbaltamento degli equilibri di poterein Birmania. Si votava per 45 seggilasciati vacanti da deputati cooptatidai ministeri dell’esecutivo di TheinSein. Il fatto è che il parlamento ècostituito da 664 seggi, l’80% deiquali è ancora nelle mani del Partitodell’Unione, Solidarietà e Progresso.Il voto decisivo sarà nel 2015,quando si voterà a livello nazionaleper il rinnovo del potere legislativo.È comunque difficile ribaltare que-

sto rapporto di forza perché, secon-do la nuova costituzione riformata,il 25% dei seggi è riservato ai mi-litari. Dunque gli avversari della Le-ga Nazionale della Democrazia go-dono già in partenza di un “premiodi maggioranza” destinato a dro-gare l’esito delle future consultazio-ni. E di qui al 2015 può ancora suc-cedere di tutto, specie se la giunta

militare (che regna ancora, pur nongovernando direttamente) avrà iltimore di andare veramente a casa.

Secondo: anche in queste elezio-ni suppletive, la Lnd ha subito nu-merosi brogli e frodi elettorali. Inalcuni seggi gli elettori hanno tro-vato schede truccate e hanno votatocon difficoltà. In altri distretti sonostati manipolati i registri degli aven-ti diritto al voto: molti gli elettoriche sono stati rimossi. Altri, già de-funti, sono stati tenuti nelle liste. Ilgiorno prima del voto, Aung SanSuu Kyi già denunciava delle frodi“inaccettabili” e i governi di Usa eUe avvertivano che le sanzioni sa-rebbero state riviste solo in caso dielezioni libere, eque e trasparenti.L’esito del voto è stato comunquepositivo. Nonostante i brogli. Maè stata solo una piccolissima provadi forza. Inutile dire quanto e cosasi possa temere per le prossime con-sultazioni del 2015, quando saràtutto il paese a recarsi alle urne.

Infine, ma non da ultimo, nellostato del Kachin (nel Nord) l’eser-cito combatte ancora contro la lo-cale minoranza etnica. In quello sta-to non si è potuto votare il primoaprile. Quante di queste “emergen-ze” militari si potranno aprire neiprossimi tre anni? Abbastanza daostacolare il processo democratico.

Intanto, però, un piccolo matto-ne è stato tolto dal muro della dit-tatura.

Golpe, controgolpe e Tuareg fanno Mali

K Mali, dopo il golpe di Bamako i militari sono sempre piùsoli: 500 soldati sono passati dalla parte dei Tuareg, che lottano perla loro indipendenza

L’elezione di Aung SanSuu Kyi è solo l’inizioe non il culminedi un processodi democratizzazionedel Myanmar. Il vero scontro sarànelle elezioni del 2015

Altri 14 giorni di galeraper i nostri marò in India ltro rinvio per l’udienza sulla giurisdi-

zione del caso dei due marò italiani in-carcerati in India. La loro detenzione nel car-cere di Trivandrum è stata prolungata diulteriori due settimane. E intanto la petroliera“Enrica Lexie” resta in porto a Kochi, mentresale, manco fosse un tassametro, la cifra delrisarcimento che deve essere versato per po-terle permettere di salpare le ancore e tornarein Italia. Attualmente siamo a 430mila eu-ro.

Sulla questione della giurisdizione si giocatutto. L’Italia avrebbe tutto il diritto di cele-brare il processo a Roma. La procura dellacapitale ha aperto un fascicolo sul caso. I duemarò sono accusati diaver ucciso due pescatoriindiani scambiandoli perpirati, in un’azione anti–pirateria in acque interna-zionali a bordo di una na-ve (la petroliera EnricaLexie) battente bandieraitaliana. Non si capisce,dunque, come l’India pos-sa aggiudicarsi il processosul suo territorio naziona-le, considerando che il fat-to contestato non è avve-nuto nelle sue acqueterritoriali. Eppure, pro-prio questa domenica, il chief minister delKerala, Oommen Chandy, ha escluso che ilprocesso possa tenersi in Italia. E ha soste-nuto, in modo categorico, che i due militariitaliani «hanno commesso un reato che cadesotto gli effetti della legge indiana» e «devonoquindi essere processati qui». Il doppio stan-

A dard si spreca. Cosa direbbero gli indiani sei loro uomini, impegnati in azioni anti–pira-teria, venissero incarcerati e processati in So-malia? La dichiarazione ha colto di sorpresail sottosegretario agli Esteri italiano Staffande Mistura, che domenica era giunto a NewDelhi per una nuova serie di colloqui. «Miauguro – ha detto De Mistura – che la di-chiarazione fosse solo improvvida e non aves-se intenzione di influenzare la decisione»dell’Alta Corte. A smorzare i toni, ieri, è statoil ministro degli Esteri indiano, S. M. Krishna,che, dopo un incontro a quattr’occhi conChandry, ha dichiarato che: «È il tribunalea dover decidere come può essere risolta l’im-

passe». La palla dunquetorna alla magistratura.Che a sua volta rinvianuovamente la decisione.Solo oggi sarà resa notala data della nuova udien-za. Intanto MassimilianoLatorre e Salvatore Giro-ne passeranno altri 14giorni in carcere a Trivan-drum. Si attendono, in da-ta ignota, anche i risultatidel test balistico (effettua-to ormai tre settimane fa,ormai), che dovrebbe for-nire molti chiarimenti su

chi abbia sparato realmente in quella nottedel 15 febbraio contro i pescatori indiani. Èinfine rinviata pure la sentenza sulla petro-liera Enrica Lexie. Anche qui, il chief ministerChandy ci mette il becco, chiedendo «garan-zie vere» e non «offerte sulla carta».

GIORGIO BASTIANI

La crisi delle Falkland30 anni e non li dimostra rent’anni e non li dimostra. La crisi delle

britanniche isole Falkland, che gli ar-gentini chiamano Malvinas, ha compiuto ieriil 30° anniversario dalla guerra che opposeil premier Margaret Thatcher alla giunta mi-litare di Buenos Aires. Oggi al numero 10 diDowning Street c’è David Cameron (conser-vatore come la Thatcher), mentre in Argen-tina, anche per merito del conflitto che pro-vocò il tracollo della giunta militare, è tornatala democrazia. Eppure le dichiarazioni delledue parti ricordano molto da vicino l’atmo-sfera dei giorni che precedettero quel 2 aprile1982, quando le truppe argentine invaseroe occuparono rapidamente l’arcipelago. Sele Falkland venissero dinuovo attaccate, la GranBretagna «sarebbe in gra-do di difenderle». Lo haribadito ieri il suo mini-stro della Difesa, PhilHammond. C’erano dub-bi al riguardo. Eccome. Ilministro sta semplicemen-te reagendo alle polemi-che nel Regno Unito, se-condo cui i tagli alle forzearmate avrebbero resovulnerabili le isole di fron-te a un eventuale attacco30 anni dopo l’invasioneda parte dell’Argentina. Proprio ieri, sul Ti-mes, l’ammiraglio Sir John Woodward, chenel 1982 guidò la task force britannica perriconquistare le isole, ha sostenuto che, senzauna portaerei, il Regno Unito non sarebbein grado di ripetere l’exploit del tempo diMargaret Thatcher. E cosa si diceva nel

T 1982? Le stesse critiche che oggi vengonomosse a Cameron. Allora i laburisti conte-starono alla “Lady di ferro” di aver lasciatoindifese le isole, a causa della politica dei taglial budget. Un’inchiesta successiva dimostrò,comunque, che il governo britannico nonavrebbe avuto tempo per predisporre unadifesa adeguata. Inoltre, fu appurato che nonsarebbe stato possibile prevedere l’attaccodell’esercito sudamericano. Ieri, a scansod’equivoci, è salpato il cacciatorpediniere bri-tannico Dauntless, dotato di un moderno si-stema anti–aereo e anti–missile. Rimarrà persei mesi al largo delle Falkland, a fare la guar-dia. E a Buenos Aires che si dice? Tra le varie

commemorazioni e mani-festazioni patriottiche, ilMovimento Rivoluziona-rio Quebracho (di estre-ma sinistra) ha svolto lasua manifestazione controle imprese britanniche edavanti alla sede diplo-matica del Regno Unito.Quebracho marciava as-sieme ad altri movimentidi sinistra: Espacio 20 deDiciembre, ResistenciaPatriotica e Centro cultu-rale Alejandro Olmos.«Le isole Malvinas for-

mano parte indissolubile del nostro territorioed il cammino che dobbiamo seguire comepopolo è quello dell’unità latinoamericana»,si leggeva ieri nel loro comunicato. Esatta-mente le stesse parole pronunciate dai militaridella giunta di estrema destra, 30 anni fa.

(s.m.)

Tutto come nel 1982: critiche inglesi al governoche abbandona le isole. E la sinistra argentinarivendica l’unitàterritoriale con le stesseparole della giuntamilitare di allora

L’OPINIONE delle LibertàMARTEDÌ 3 APRILE 2012 5

Page 20: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIESTERIII

Il futuro di Mitt Romneydipenderà dal suo “ticket”di STEFANO MAGNI

utti con Mitt Romney, nel be-ne e nel male. I Repubblicani,

ormai, hanno scelto il loro candi-dato presidente. La sua nominationè solo una questione di tempo. E leelezioni primarie dello scorso 24aprile sono state una conferma ul-teriore di un risultato già arrivatoal momento del ritiro di Rick San-torum, l’unico rivale interno degnodi nota.

Sarebbe un grave errore, però,affermare che l’elettorato repubbli-cano abbia cambiato idea. Per tuttala campagna delle primarie, da gen-naio ad oggi, Romney è stato giu-dicato eccessivamente “centrista”,instabile nelle sue promesse eletto-rali e fin troppo laico. Le bordatesono partite soprattutto dai conser-vatori e dai libertari. Le elezioni del24 aprile non sono affatto una buo-na dimostrazione che questo popo-lo, interno alla destra, abbia messoda parte i suoi dubbi. Gli stati incui si è votato, infatti, sono tutti del-la costa orientale liberal, laica epragmatica. Nel New York, RhodeIsland e nel Connecticut, tradizio-nalmente, vince la sinistra. E anchei Repubblicani tendono a colorarsidi azzurro (democratico) per atti-rare il voto. Santorum avrebbe avu-to più chance solo nella Pennsylva-nia, stato che rappresenta in Senato.Ma il suo ritiro, di fronte a una

Tpossibile serie di batoste, ha chiusola competizione anche da quelleparti. Sarebbe stata molto più inte-ressante una vittoria di Romneynelle aree rurali e conservatrici delSud e del MidWest. Ma non l’ab-biamo vista, né la vedremo in futu-ro. Perché, dopo Santorum, l’altrosuo rivale “di destra”, Newt Gin-grich, ha annunciato il suo ritiro il25 aprile. Ron Paul, l’unico avver-sario rimasto in pista, è toppo estre-

mo nella sua retorica libertaria percatturare il voto conservatore. Paulnon ha mai sfondato, nonostantela sua vittoria tardiva (annunciatasolo il 23 aprile) nel caucus delMinnesota. Di fatto, dalle prossimecompetizioni elettorali fino alla con-vention di Tampa, Romney si pre-senterà come un candidato “unico”.Vincerà ai punti e per assenza di av-

versari. Ma senza aver conquistatoil cuore e le menti del popolo con-servatore.

Per colmare queste enormi lacu-ne il candidato repubblicano dovràfare scelte molto delicate. La primae più importante: l’assunzione di unbuon vicepresidente, per formareun “ticket” convincente per la CasaBianca. Marco Rubio, senatore del-la Florida, è il nome che si ripetecon più insistenza nei circoli con-servatori. È emerso dal movimentoTea Party, dunque potrebbe portarei voti di quel popolo. È latino–ame-ricano e può conquistare il consen-so di una popolazione latina in cre-scita. Ha un buon carisma, cosa chefa sempre bene in campagna elet-torale. E in politica estera, pur de-ludendo gli isolazionisti, si è schie-rato per l’esportazione dei valoriamericani ovunque nel mondo, cosache gli permetterà di guadagnare lastima dei neocon. Rubio può esserela quadratura del cerchio. Ma haun “difetto”: è giovane. E comeemerge chiaramente da un editoria-le della National Review (a firmadi Robert Costa), i Repubblicanisono ancora scottati dalla sconfittacausata dalla giovane e inespertaSarah Palin, candidata vicepresiden-te di John McCain nel 2008. Lascelta di un buon vice, dunque, nonsarà affatto facile. Ma sarà quellache farà la differenza tra una vitto-ria e una sconfitta di Romney.

Chernobyl, le due simbologie di un disastro

K L’Ucraina ha celebrato solennemente il 26mo anniversariodel disastro di Chernobyl. Che è diventato il simbolo dell’anti–nu-clearismo in Occidente, del disfacimento dell’Urss in Oriente

Cina, nel Partitola lotta continua

Il candidato mormoneresta senza avversari.Ma deve ancoraconquistare il cuoredel popolo conservatore.Solo una buona sceltasul vicepresidentefarà la differenza

Il declino della grandeurLa Francia al tempo di Sarkò

epurazione di Bo Xilai dalPartito Comunista Cinese e

la sua incriminazione sta ancoraprovocando ripercussioni. La mo-glie di Bo, Gu Kailai, è sotto inda-gine anche per la morte dell’uomod’affari britannico Neil Heywood,trovato senza vita nella sua stanzad’albergo a Chongqing (il feudo diBo Xilai) il 15 novembre 2011. Esull’ex leader comunista stesso con-tinuano ad emergere nuove veritàcompromettenti. Se già era sospet-tato di golpe, magari anche con lacomplicità di una parte delle forzearmate, ora si è diffusa la notiziadella sua opera di spionaggio aidanni dei vertici del Partito. A ri-velarlo è una fonte americana: ilNew York Times. Secondo il quo-tidiano statunitense, Bo Xilai avreb-be messo in piedi un’intera rete diintercettazioni. Avrebbe spiato leconversazioni dello stesso presiden-te Hu Jintao, probabilmente a cac-cia di prove per le sue campagnepurificatorie. Noto come un maoi-sta vecchio stile, il dirigente diChongqing si stava facendo stradaa colpi di battaglie contro la cor-ruzione del sistema. Il tutto conl’appoggio del suo braccio destro,Wang Lijun, capo della polizia lo-cale. Il servizio del New York Ti-mes, che cita fonti anonime interneal Partito, rivela che sia stata pro-prio questa opera di spionaggio in-terno a rovinare la carriera di Bo

L’ Xilai: i vertici lo hanno visto comeuna minaccia imminente e lo han-no epurato. Un’altra fonte cineseha raccontato alla Bbc che WangLijun fosse fissato con la sicurezzae tendenzialmente paranoico, alpunto da far analizzare il cibo pri-ma di mangiare, nel timore di es-sere avvelenato. In Cina, ufficial-mente, preferiscono spiegarel’epurazione di Bo Xilai con la sua“violazione di disciplina”. Sarebbetroppo, per gli attuali vertici delPartito, ammettere che vi sia unalotta a colpi bassi dentro il sistema.L’analisi dell’ascesa e caduta del di-rigente di Chongquing, molto spes-so, si concentra sul carattere ideo-logico della lotta di potere: ilriformismo contro il maoismo duroe puro. Wen Jiabao, premier, haparlato chiaramente di una lineariformista per il futuro del Partito.Ma è lecito dubitarne. Perché la po-litica di Pechino sta diventandosempre più maoista. Una prova diquesta crescente ideologizzazioneè la nomina, in pompa magna, delnuovo vescovo “patriottico” diChangsha, una mossa fatta per sot-tolineare il dominio del Partito sullareligione cattolica. Sempre in questigiorni, le autorità del Tibet stannochiedendo ai nomadi della prefet-tura di Kardze di firmare un docu-mento con cui rinnegano il DalaiLama.

(ste. ma.)

n attesa dell’esito del ballottag-gio, da più parti si parla e si ana-

lizza la parabola politica di NicolasSarkozy. Un unicum nel secondodopoguerra francese. Un uomo didestra, sicuramente conservatore,che ha però abbandonato il “vec-chio stampo” gollista, per inserirein maniera esplosiva la mediacitàall’interno dello schivo conserva-torismo d’oltralpe.

A questo nuovo approccio, nonha mancato di aggiungere (mu-tuandolo dall’estrema destra), unpizzico di populismo identitario epatriottico. Per non farsi mancarenulla al momento della “questuaelettorale”. Insomma, Sarkò è sta-to, ed è tutt’ora, il capofila nonchél’inventore di una nuova destrafrancese, quella degli anni Duemi-la. Risulta semplice, anche se difatto l’estrazione culturale segnaun oggettivo abisso fra i due, il pa-rallelismo fra il marito di CarlaBruni e Silvio Berlusconi. Entrambifigli della comunicazione, l’italianoper averla trasformata ed utilizza-ta, il francese per aver accettato lasfida di cavalcarla per lo scopo fi-nale del raggiungimento del con-senso.

Delle sue origini politiche e del-la strada percorsa in Francia dalprimo Presidente della Repubblicanato dopo la Seconda GuerraMondiale, ne parla il giornalistaGuido Caldiron, nel suo libro “I

I fantasmi della République – LaFrancia al tempo di Sarkozy”, pub-blicato da Manifestolibri. Dieci ca-pitoli per descrivere la Francia e il“cuneo” utilizzato dal leader del-l’Ump per capire e sfruttare poli-ticamente tutti i difetti e le criticitàprovocate dal degrado sociale, eco-nomico e politico che ha investitola Francia a partire da Chirac.

Sarkozy si mostrò alla Franciacome difensore dell’Europa e allo

stesso tempo come difensore del-l’identità francese, definendol’Unione come una “Europa cherappresenta il futuro, ma è troppogrande e ancora troppo incerta,troppo debole”. Era il 2007 ma,con il senno di poi, un intentopiuttosto lucido di quello cheavrebbe nuovamente detto e fattoin futuro. Il legame e l’appoggio di

cui ora gode da parte della Can-celliera plenipotenziaria, AngelaMerkel, deriva anche da questoimprinting propositivo e cultural-mente egemonico che la Francia,come del resto la Germania, vor-rebbe dare all’Unione. Un’Europacostruita e gestita sulla falsa rigadelle vecchie (e grandi) potenze delblocco centrale. La Spagna arran-ca, il Regno Unito si è chiamato incerta misura fuori dai giochi, l’Ita-lia (tranne l’attuale parentesi “ban-caria”) è sempre stata consideratacome un Paese senza identità e gliunici che possono dare un indiriz-zo sicuro e di grandeur al Vecchiocontinente sono proprio Franciae Germania.

Al di là della politica estera, ilmessaggio interno di Nicolas è sta-to sempre quello di voler attrarrela maggior parte della Francia “be-ne”, affermando che la sicurezzae la tranquillità sono un diritto ina-lienabile e da raggiungere conqualsiasi mezzo. Una pratica ma-chiavellica che lo ha portato anchea dover limitare indiscriminata-mente l’immigrazione.

Un atteggiamento, quello da“poliziotto”, che però gli ha fattodimenticare (ove non fosse riuscitoa gestirlo) la tragica flessione dellaqualità di vita dei cittadini francesi,schiacciati dalla crisi economica edalla riduzione dello stato sociale.

FRANCESCO DI MAJO

L’OPINIONE delle LibertàVENERDÌ 27 APRILE 2012 5

Page 21: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIPOLITICAII

La spending review colpirà i nuclei familiari?di RUGGIERO CAPONE

“ a spending review familiare” èormai prossima al varo. Secon-

do indiscrezioni, è molto più con-cretamente all’orizzonte di quellapubblica. Infatti la revisione dellaspesa pubblica (spending review ve-ra e propria) incontrerebbe enormiresistenze da parte di tutta la poli-tica, a destra come a sinistra ed alcentro. Per scongiurare il baratro,Monti dice che occorre stringere lacinghia. Ancora una volta il tagliodelle spese viene chiesto al cittadino,per salvare sia l’economia europeache quella italiana. Secondo questeindiscrezioni, il piano prevederebbela possibilità di limitare sia l’entitàdei prelievi presso i bancomat che iprelevamenti in contante presso lecasse ordinarie, nonché l’applicazio-ne di controlli alle frontiere e l’in-troduzione di controlli su chi accan-tona capitali in contante e nelleabitazioni private della “zona euro”.A dare manforte a Monti per unasimile linea di “polizia valutaria” cisarebbe il portavoce della Commis-sione europea, che ha affermato che«l’articolo 65 del trattato di Schen-gen prevede la possibilità per gli statimembri di ristabilire alcune formedi restrizione alla libera circolazionedei capitali per motivi di ordine pub-blico, per questioni di sicurezza e dinatura economica». Indiscrezioniparlano d’un limite massimo di 100euro giornalieri con l’introduzionedi sanzioni per chi fermato con scor-te di contante superiori ai 1000 eu-ro. In parole povere si commette-

Lrebbe un reato valutario accanto-nando in casa somme di danaro, an-che lecitamente guadagnate. Le uni-che istituzioni deputateall’accantonamento del risparmiosarebbero le banche, e chiunque lofaccia per proprio conto opererebbein danno della stabilità economico-

quest’argomento hanno discusso ifunzionari dell’Unione europea, ecioè della possibilità di limitare perlegge l’entità dei prelievi agli sportelliautomatici delle banche, nonché dispingere gli stati membri a varareleggi che impediscano di fatto la

creazione di risparmi privati eluden-do l’accantonamento presso istitutidi credito. Per scongiurare la liberacircolazione di capitali non censitisuperiori ai 1000 euro, verrebberoapplicati controlli alle frontiere, edin nome «delle leggi che introduco-no controlli sui capitali nella zonadell’euro». Ovviamente i controllisi farebbero più pressanti e certi nel

caso dell’uscita della Grecia dallamoneta unica: secondo i commissariUe la popolazione greca avrebbe te-saurizzato privatamente enormiquantità di moneta contante. Alpunto che, secondo gli esperti, la di-visa europea starebbe nelle case deigreci ma non nelle banche greche.Al momento nessuna decisione èstata ancora presa ma, secondoquanto riporta l’agenzia Reuters,Monti vorrebbe far svolgere all’Italia

“piani d’emergenza” per far fronteallo scenario d’una crisi ancor piùdevastante. Il governo italiano pre-parerebbe così la popolazione al-l’eventualità che Atene abbandonil’euro: è noto che verrebbero spal-mati sui paesi della zona mediterra-nea Ue ben 11mila euro procapitedi debito greco. Per preparare gli ita-

il governo starebbe accelerando sulla“spending review familiare”: ta-gliando drasticamente le disponibi-lità di ciascun cittadino s’inciderebbesulla spesa corrente. Qualche con-sulente avrebbe suggerito a Montiche l’effetto dei tagli su 60milionidi famiglie sarebbe più salutared’una spending review ai piani altidei palazzi pubblici. Così auto blue costi della politica non verrebberotoccati, mentre l’uomo di strada noncomprerebbe più acqua minerale ebibite ma s’accontenterebbe dell’ac-qua del rubinetto, e poi acquistereb-be meno pasta, pane, carne e biscot-ti. Un piano che Monti aveva giàpalesato, e quando insediandosi dis-se che l’Italia doveva tornare ad una

che il ministro delle Finanze austria-co ha accennato ieri alla possibilitàche l’Italia ricorra a un piano di sal-vataggio europeo. In una intervistaalla televisione austriaca il ministroMaria Fekter ha detto che «può es-sere che l’Italia possa anche chiedereun aiuto, visti i tassi elevati che già

E l’unico modo che avrebbe l’Italia

risparmi di 60milioni di cittadini, emettendo il livello di spesa familiareper circa un anno alla stregua dellaqualità della vita che correva nei

paesi dell’ex blocco sovietico. L’im-perativo della “spending review fa-miliare” sarebbe tagli ai costi deltempo libero, drastica riduzione del-la spesa in abbigliamento e cibi, taglia cure sanitarie, cambio degli elet-trodomestici solo in caso di rottureirreparabili, azzerare l’uso dei mezziprivati nell’orario di lavoro, drasticotaglio a cinema, ristoranti e vacanze.

In questo quadro gli italiani dovreb-bero ricorrere ben dieci volte di me-no alla richiesta di prestiti personali,o certamente intaccherebbero moltoi propri risparmi. Così il governoitaliano starebbe per varare dellepubblicità che inviterebbero i citta-dini a non spendere soldi, ad andarea piedi per risparmiare sulla benzina,a spendere meno in cibo perché sidiventa più snelli e belli, a competerea chi indossa il vestito più vecchio,casomai aggiustandosi quello dellamamma o del nonno. Ed ancora a

andare al mare con la corriera e co-lazione al sacco, i più audaci porte-rebbero la loro bella sulla cannad’una bici. Un’Italia per tanti maiconosciuta, che ci ricorda quandoda ragazzi ci veniva detto di nongiocare a pallone, e perché si con-sumavano le scarpe. Quanto è dif-

per il bene dell’Italia e dell’Ue, e per-ché furbescamente qualcuno non te-saurizzi in casa, sarebbero già prontia scattare i cash-dog della Guardia

specializzato nel dare la caccia a chinasconde danaro liquido. I cani, gra-

nascosti dentro i materassi o sottoi mattoni.

L’unità è entrata in servizio la

i denari grazie all’odore dell’inchio-stro delle banconote. Più sono i soldie maggiore è il profumo che li attira.Così Monti ci ha spiegato come su-perare la crisi, rassegnandosi a so-pravvivere senza soldi.

Secondo le indiscrezioni,il governo ha previsto la possibilità di limitaresia l’entità dei prelievi con i “bancomat” che il ritiro di denarocontante presso le casse ordinarie

L’OPINIONE delle Libertà MERCOLEDÌ 13 GIUGNO 20124

Page 22: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIPOLITICAII

Il partito-smemorandaperde Parma e dintorni

Per cambiare “il sistema”non bastano facce nuove

di RUGGIERO CAPONE

incenzo Bernazzoli ha perso, nonostanteavesse assunto tanti dirigenti a chiama-

ta, nonostante avesse avallato i contratti il-legali evidenziati dalla Corte dei conti, no-nostante avesse nominato sette dirigenti

stante avesse arrecato danni milionari allaProvincia di Parma, nonostante l’appaltoper il servizio di autonoleggio fatto vincerea ditta vicina a Genoveffa Sandei (capo digabinetto del Presidente Bernazzoli dellaProvincia di Parma), nonostante la strenuedifesa dei cinque dell’amministrazione pro-vinciale (compreso un componente dell’uf-

decina di giorni fa (il 10 maggio 2012). No-nostante tutto Bernazzoli ha perso.

Il metodo Bersani ha perso. L’elettoratoparmense ha bocciato l’adagio che volevail potere locale (e nazionale) gestito da gente

al ligio funzionario di partito Bernazzoli.Quest’ultimo (ed è un’aggravante) ha primafatto il sindacalista Cgil di professione e poiil politico: un po’ come il suo mentore PigiBersani. Così Parma ha detto basta agli sbri-gapratiche di professione stile Caf (preci-

sarebbe piaciuto stare nel CAF della passataRepubblica). Tutti rappresentanti di partitocon alle spalle una vita di mancato lavoro,soprattutto gente che non s’è mai assuntaalcuna responsabilità personale. Senza ac-cusare nessuno, rammentiamo che, proprioa Parma, c’era l’impero di Calisto Tanzi: ilpatron della Parmalat era riuscito a creare

Vun sistema dal quale per decenni tutti hannotratto la propria convenienza, dai politici aibanchieri, eccetto i piccoli investitori di Par-ma, quella gente di strada su cui sono statiriversati gli enormi costi dell’esposizionedebitoria dell’azienda di Tanzi. Esposizioneaccumulatasi senza essere frenata da nessu-no dei soggetti istituzionalmente deputati(anche localmente) a vigilare sulla Parmalat.Strano a dirsi, Pier Luigi Bersani, che ha pre-

1996, che è stato ministro dell’Industria,Commercio e Artigianato nei governi Prodie D’Alema, ministro dei Trasporti e dellaNavigazione nei governi D’Alema II e Ama-to II, ministro dello Sviluppo Economiconel governo Prodi II... non ha mai conosciu-to Callisto Tanzi. Evidentemente Bersaninon ha mai conosciuto Tanzi al pari dei variTedesco, Pronzato e Penati. C’è da credereche ora non conosca più nemmeno Bernaz-

Una sorta di allontanamento dalla corte,s’usava ai tempi dei valvassini, di Bertoldo,Bertoldino e Cacasenno.

E gli stanchi cittadini di Parma hannopreferito eleggere sindaco Pizzarotti, piut-tosto che confermare il potere d’una sini-stra smemorata e blindata a compartimentistagni. S’allude a quelle “paratie di sicu-rezza” che hanno evitato la cancrena salissedai vari Tanzi, Pronzato, Penati e Tedeschi

sato le coop rosse per salvare i vertici co-munisti. Sul nuovo corso di Parma ha ra-gione Grillo: «Bersani, prima di parlare dilavoro, dovrebbe lavorare. Ci provi, in fu-turo ne avrà bisogno».

on il trionfo del grillino Pizzarotti nellacorsa alla poltrona di sindaco a Parma

vince l’illusione di un certo volontarismo po-litico che si basa sulla ben conosciuta retoricadelle facce nuove, a cui spesso si abbina ilclassico giovanilismo d’accatto. Ossia, l’idea

che occupa la stanza dei bottoni con un gio-vane di belle speranze, proveniente dalla co-siddetta società civile, per ottenere quella mi-racolosa rigenerazione della cosa pubblicache tutti invocano. Tramontato miseramenteil mito della diversità cromosomica del co-munismo e dei suoi successivi cascami ideo-logici, archiviata quasi del tutto la via giudi-ziaria quale strumento di rigenerazionepolitica, sembra ora prevalere il qualunqui-

una crisi devastante, ritiene di sostituire aipartiti tradizionali una forma di rappresen-tanza democratica proveniente rigorosamentedal basso. E lo fa non sulla base di una criticadi sistema, bensì presupponendo che bastiappartenere al novero dei comuni cittadiniper garantire, rispetto ai politici di professio-ne, una onesta e lungimirante amministra-zione. Tutto questo presuppone che i malidel Paese dipendano essenzialmente dalla pre-senza di una classe politica incapace e cor-rotta, la quale non sarebbe in grado di uti-lizzare al meglio le complesse e misteriose“leve” di comando con cui rendere prosperoe felice il nostro grande Paese. Ne consegueche sostituendo i vecchi volti al potere, i nuo-

desime leve di comando per venire incontroai bisogni dei cittadini. E tutto ciò senza con-siderare il colossale groviglio di interessi e di

C voraci aspirazioni che caratterizza il sistemapolitico in cui viviamo, in cui il consenso èstato gestito essenzialmente attraverso unacontinua crescita della spesa e del debito.

Da questo punto di vista l’esigenza veradel Paese dovrebbe consistere nel ridurre ifattori che ci stanno inesorabilmente condu-cendo verso la bancarotta. Fattori che pos-sono essere ricondotti al mostruoso 54% dirisorse controllate dalla mano pubblica, sot-toponendo il Paese reale ad una tassazioneinsostenibile. Per questo, a prescindere dallanovità delle facce, auspico da tempo una no-

far compiere quei fatidici due passi indietroal nostro Stato Leviatano, così da liberareimponenti risorse per far ripartire dal lato

tutto questo non sembra appartenere al-l’orientamento generale del Movimento 5Stelle, le cui linee guida sembrano essere spie-

lemici del suo profeta Beppe Grillo. Egli, in-fatti, non esprime una critica di sistema bensìuna dura contestazione al sistema dei partiti,auspicando la nascita di una nuova formadi democrazia elettiva organizzata dal basso.In altri termini, il governo dell’uomo comu-ne. Quello stesso uomo comune il quale, inmolti casi, continua ad aspettarsi dalla po-litica la risoluzione di tutti i suoi problemipersonali e che pertanto, non trovando unadeguato corrispettivo nel fallimentare pa-norama partitico, comincia ad appassionarsiall’idea di scendere direttamente in campo.Tuttavia, sarà questa la strada giusta per ri-mettere in sesto l’Italia?

CLAUDIO ROMITI

L’OPINIONE delle LibertàMERCOLEDÌ 23 MAGGIO 2012 3

Page 23: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

di FEDERICO PUNZI

el decreto varato ieri dal go-verno Monti per far fronte al

terremoto in Emilia ci sono anchemisure positive: come il rinvio a set-

tributivi; la deroga del patto di sta-bilità interno per le spese diricostruzione sostenute dai Comuni,

nibili dalla spending review, rispar-mi che però si devono ancora ma-terializzare. Immancabile, sicurocome la morte, l’aumento dell’ac-cisa sui carburanti per autotraspor-to: 2 centesimi. Non è un’esclusivadi questo governo. Ad ogni calami-tà naturale che si abbatte sul nostropaese, che sia un terremoto, una ne-vicata o un’alluvione, riparte pun-tuale la caccia alle risorse per af-

sforzo della ricostruzione. E quasisempre la soluzione si trova nell’au-

zina o in qualche nuovo bizzarobalzello. Se ogni volta non si puòfare a meno di ricorrere a nuovetasse, bisogna concludere che inter-venti del genere non sono contem-plati nel bilancio pubblico. Nell’am-bito degli 800 miliardi di eurol’anno di spesa pubblica non rien-trano il soccorso e gli aiuti da pre-stare ai nostri connazionali che ognianno vengono colpiti da straordi-

N

narie calamità naturali. No, 800 mi-liardi non bastano, bisogna mettermano al portafogli. Un’assurdità acui siamo ormai assuefatti ma cheda sola dimostra che la spesa pub-blica è fuori controllo: pur avendoraggiunto livelli elevatissimi non rie-sce a soddisfare le poche funzionipubbliche primarie. Il che dimostrail fallimento dello stato, almeno diquell’idea statalista che scambia lagrandezza dei suoi apparati el’estensione delle sue competenzeper forza e capacità. Abbiamo let-teralmente smarrito il senso dellostato. A quale scopo un gruppo diindividui decide di associarsi, di di-

ventare una comunità, e di mettereinsieme, in una cassa comune, unaparte delle risorse che produce, e didarle in gestione ad un governoeletto, se non prioritariamente perricevere aiuto nei momenti in cui lanatura si rivela matrigna? Calamitànaturali, sicurezza interna ed ester-na, rispetto della legge dovrebberoessere le funzioni cardine, il corebusiness di uno stato, quei generidi prima necessità che deve sapergarantire ai suoi cittadini, pena laperdita della sua stessa legittimità.

bero occuparsene i privati. Il risul-tato della colossale espansione dellaspesa pubblica nell’ultimo mezzosecolo è uno stato distratto dallesue funzioni primarie. Il che dovreb-

della spesa è dovuta più alla volon-tà dei nostri governanti di estendere

che al soddisfacimento di bisognireali.Quando è chiamato a svolgereuna delle sue poche funzioni dav-vero essenziali, lo stato obeso si fatrovare impotente, impreparato, mi-sero, nonostante le enormi ricchezzeche ogni anno preleva dagli italiani.È questo il vero “stato minimo”:

minime capacità, mentre il tanto bi-strattato “stato minimo” caro ai li-bertari risponde al criterio di purobuon senso poche cose ma fatte be-ne e a costi ragionevoli.

IIPOLITICAII

Quando lo stato obeso scordail proprio “core business”

Il civismo low costche odia il 2 giugno

Mario MONTI

on serve ripetere una scioc-chezza migliaia di volte per

farla diventare una verità. Per que-

la quale ieri l’altro, su Twitter, qual-che migliaio di utenti ossessivi com-pulsivi si è scagliato contro la pa-rata militare per la Festa dellaRepubblica al grido (pardon, ha-shtag) di #no2giugno. Il motivo?

i soldi delle celebrazioni per dirot-tarli in favore dei terremotati inEmilia-Romagna.

dicola e priva di qualsiasi fonda-mento logico. In primis perché ri-sulta davvero arduo immaginarequali miracoli della ricostruzionesi possano fare con i tre milioniscarsi della manifestazione, a menoche non si tratti di ristrutturare pa-

luogo perché una parata non si or-ganizza da un giorno all’altro, epertanto va da sé che i soldi neces-

delle forze armate siano già statitutti stanziati, investiti e spesi datempo.

Non ci sarebbe stato nulla dimale nel domandare un annulla-mento della parata in segno di lut-to. Del resto un precedente c’è:quello del 2 giungo 1976, quandol’allora ministro della difesa, Arnal-

i militari dopo il terremoto del Friu-

N li. Ma non c’era certo bisogno disventolare la scusa ridicola dell’au-sterity o della generosità verso i ter-remotati. Se non altro perché quan-do nell’aprile del 2009 un sismaben più grave ha sconvolto l’Abruz-zo, causando oltre 300 morti,1.500 feriti e 65mila sfollati, a nes-suno è venuto in mente di non ce-lebrare il 25 aprile, né tantomenodi chiedere l’annullamento del“concertone” del 1 Maggio. E direche in quel caso ci sarebbe statotutto il tempo per dirottare i soldialtrove.

Il fatto è che qui la solidarietà ela compresenza durano lo spaziodi 140 caratteri. L’hashtag #no2giu-gno è stato soltanto l’ennesimo ri-gurgito antimilitarista di quei pa-cifondai di lungo corso che al postodi celebrare l’odiatissimo Tricolorepreferirebbero seppellirlo sotto stra-ti di arcobaleni e straccetti bianchi.

sopra alle feste nazionali e al loro

lo stato e al merito di chi li rappre-senta. E pazienza se loro, il 2 giu-gno, non saranno certo a spingerecarriole e sgombrare macerie inEmilia, ma celebreranno al mare,o davanti a un bel barbeque, men-tre quei militari che vorrebbero la-sciare a casa sono sul campo già dagiorni. In fondo, per il civismo abuon mercato basta un retweet.

LUCA PAUTASSO

L’OPINIONE delle Libertà GIOVEDÌ 31 MAGGIO 20124

Page 24: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

di FEDERICO PUNZI

om’era prevedibile il risultatodelle amministrative non ha

affatto reso più agevole il camminodel governo. Il Pdl avrebbe pagatoa caro prezzo il sostegno a Montie le divisioni nel centrodestra, di-

valenti nel partito. Dunque la ten-tazione di staccare la spina algoverno e l’unità dei cosiddetti“moderati” tornano ad animare ildibattito interno al partito, al qualecontinua a sfuggire, tuttavia, lacausa all’origine di tutti i suoi guai:la drammatica perdita di credibilitàagli occhi dei propri elettori nontanto per il sostegno a Monti, maper aver sistematicamente, per an-ni, tradito le promesse di cambia-mento una volta al governo. Anchela stampa di centrodestra si dividetra falchi e colombe. Il Giornale diFeltri e Libero sono per la rottura,mentre sul Foglio Giuliano Ferrarainvita al pragmatismo, suggerendoal Cav di imporre un «tutti perl’Italia», un rassemblement “libe-ral-moderato” in continuità conMonti e ricucendo con Casini.

Il premier fa trapelare la suaamarezza e il suo nervosismo peri continui e sempre più frequentiattacchi, e comincia a soffrire lapressione, lasciandosi andare aqualche battuta che certo non con-tribuisce a svelenire il clima, come

C

quella sui suicidi, salvo poi doversi

generosamente i meriti del governoBerlusconi. Un giorno colpevoledella crisi e delle sue «conseguenzeumane», quello successivo elogiatoper aver «fatto molto in termini diriforme strutturali».

Quella trascorsa è stata tuttosommato un giornata di relativacalma, ma indubbiamente nei pros-simi mesi il rapporto tra Monti ei partiti, soprattutto il Pdl, saràmolto tormentato e non lascerà al

vra per ulteriori iniziative legisla-tive. Sulla riforma del lavoro Ga-

sparri e Cazzola si dicono soddi-sfatti dei progressi compiuti, mal’ex ministro Sacconi abbandonapolemicamente i lavori parlamen-tari e restano aperti molti altrifronti tra Pdl e governo: debiticommerciali della Pa con le impre-se, Imu, controriforma del pubblicoimpiego, ddl anticorruzione.

Con le mani ormai legate in pa-tria, e sempre più insofferente,Monti si concentra sulla politicaeuropea. È a Bruxelles e a Berlinoche cerca di attivare qualche leva– allentare il rigore almeno sullaspesa per gli investimenti – per ri-lanciare la crescita italiana, speran-do così di placare il fronte interno.

Come al solito Berlusconi giocasu più tavoli ma i retroscena chelo vorrebbero in procinto di scari-care Alfano e staccare la spina aMonti sembrano più il frutto deiveleni interni nei confronti del se-gretario e delle speranze dei “fal-chi”. La sensazione è che sulle duequestioni fondamentali il Cavalieree Alfano siano (per ora) sulla stessalinea: nonostante l’irritazione e ibocconi amari lealtà a Monti, an-che perché staccare la spina ora sa-rebbe una mossa senza prospettivepolitiche, ma massima determina-zione nel non concedere più nullasui temi sensibili per il Pdl; neces-sità di federare i “moderati”, ope-razione per la quale c’è bisogno diguadagnare tempo.

IIPOLITICAII

Caro Silvio, perchénon ci riproviamo?

Il Pdl soffre il governo tecnicoMa per ora è tregua armata

Angelino ALFANO

ì, il PdL dipende da Silvio Ber-lusconi. Se invece qualcuno si

aspetta che dipenda dal “Cav”,chiuso. Che vuol dire? Vuol direche Silvio Berlusconi anche in po-litica entrò da Imprenditore, e cheda “Cav” avviò la parodia della po-litica, la parodia di Forza Italia, laparodia di se stesso.Tra il ‘93 e il

alcune altre, pochissime, personeserie, capaci, ambiziose. Si mostròagli Italiani come imprenditore. Co-me costruttore. Ma imprenditoredi idee e creatore di mercati, nonnon incameratore di utili e socia-lizzatore di perdite: insomma, ilcontrario della Statua Agnelli. Gliitaliani avevano un assatanato bi-sogno di credere in qualcosa e tifa-rono calcisticamente per la sua mi-tologica “discesa in campo”. Finoal punto che Silvio Berlusconi, conun Forza Italia che era nient’altroche una “extension-line” di Publi-talia, si presentò alle elezioni e con-quistò la maggioranza, entrò inParlamento e direttamente al go-verno. Da quel momento Berlusco-

tivato un solo rischioso mainnocente “delirio”, quello di essereamato da tutti, fu soprannominato“il Cav” e – come un comuneistrione teatrale – aderì a quel so-prannome. Diventò il “Cavaliere”,partecipò al primo dileggio della

S sua persona e ne divenne co-autore,passando al delirio smodato e noninnocente di essere il re Mida, cioècolui che trasforma in successoqualsiasi cosa intraprenda. Perché?Perché è più bravo di tutti, no? Siautonominò il migliore, il migliorecapo di governo, il miglior amicodei leader mondiali, e, ovviamente,il più straordinario mandrillo dellaStoria d’Italia. Nel frattempo, lafeccia si era impossessata delle stan-ze intorno, dei corridoi, dei postidi comando, dei ruoli, degli scen-diletto. Oggi Silvio Berlusconi sa.Non è ancora arrivato a mettere afrutto il “sapere”, ma sa. Continuaa mandare avvisi che hanno il sensoe il tono di una autentica inquietu-dine. Di una possibile riconversioneda Cav a Silvio? Sono in tantissimia sperare che l’uomo di Arcore nonabbia del tutto scordato come si faa trasformare il sapere in saper-fare.Basterebbe perforare le fumose esbandate cortine dei plauditoresignoranti e arroganti, e farsi ascol-tare, per ricordargli chi è stato e chiha il dovere di tornare ad essere.Non più nel senso del tycoon, masulla via, sulle piazze, nei paesaggisventrati dell’Italia che non aspettapiù un futuro televisivo, ma che tut-tavia aspetta di... amare qualcunoche si prenda cura di lei. Un grandeimprenditore della solidarietà, dellarinascita, del “facciamolo insieme”.

GIROLAMO MELIS

L’OPINIONE delle LibertàVENERDÌ 11 MAGGIO 2012 3

Page 25: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IISOCIETÀII

Tornare a vivere dopo aver conosciuto il terremotodi DARIO MAZZOCCHI

irandola, appena fuori dalcentro storico che ora è zo-

na rossa, completamente recinta-to e immerso nel silenzio. Ad unpiccolo bar rimasto aperto in ungiardinetto una ragazza attaccabottone: «Mi addormentereiqui», svela. Tira una leggerabrezza fresca anche se il sole sifa sentire e l’umidità nell’arianon fa che aumentare la sensa-zione di calore. «Chissà sottoquelle tende…». «Immagino. Ioho dormito in una piccola tendastanotte, ma dietro casa», rispon-de. Quindi prende la sua piadinaal cotto e si va ad accomodaread un tavolino, da sola.

Il terremoto di martedì ha la-sciato il segno non soltanto sullecase, le chiese e i capannoni: at-torno a lei, altre persone se nestanno per conto loro, chi sfogliaun giornale, chi beve una birra,chi un caffè.

Solo al bancone c’è un grup-petto che chiacchiera e ripercorregli attimi in cui la terra è tornataa tremare, mentre in una famigliariunita per un pranzo al volo sicerca di convincere in ogni modola nonna a salire in collina nellacasa della nuora.

I viali del borgo sono tran-quilli, dietro gli alberi che li co-steggiano alcune abitazioni mo-strano le loro ferite: i tetti hannoceduto e alcuni mattoni sono sta-ti sbrigativamente ammassati nelgiardino.

MGli sfollati sono al Campo

Friuli, allestito nei pressi del cen-tro sportivo: il campo con la pi-sta d’atletica è il quartiere gene-rale, presidiato dai volontari cheammettono i giornalisti solo ascaglioni durante la giornata. Alcronista che tenta di scroccareuna visita veloce, cordialmente,ma senza indietreggiare di unpasso rispondono di no. Una sfil-za di macchine è parcheggiataappena fuori: c’è chi va e vienedagli appartamenti dove speranodi recuperare qualcosa.

Gli extracomunitari fanno lafila ai bagni da campo per dareuna lavata ai figli che appenatornano lindi e con abiti nuovi,riprendono a correre come scal-manati.

La solitudine di chi ha perso

tutto o semplicemente porta den-tro l’enorme spavento è palpabilea Cavezzo, tra i più colpiti, doveper quanto gli abitanti si scam-bino saluti e mutuo sostegnoquando s’incontrano per strada,si muovono senza una meta. Nonsanno dove andare, marciano sue giù per la via dove c’è casa. Ilcontegno è però forte e a parte

qualcuno che cede di nervi dischianto, una tranquillità appa-rente scandisce il passare delleore. I figli portano i genitori an-ziani sotto le piante di un parcopubblico: ma se i vecchi non re-stano fermi, le madri si fannocompagnia standosene sedutesulle panchine o su delle sedie.

Parlano del più e del meno,ma dalle espressioni che riman-gono le stesse si intuisce che nonsono a loro agio, che sono lon-tane dal loro ambiente quotidia-no.

Hanno ai piedi le pantofole,uno scialle di lana sulle spalle. Letelecamere inseguono i cittadinidal giorno precedente, alla richie-sta se sia possibile o meno fareun paio di domande spesso la ri-sposta è negativa. C’è poi chi sidimostra disponibile, come un si-gnore alto e magro, il cappelloschiacciato in testa e le mani dasgobbone.

La casa è a posto, ma l’azien-da per la quale lavora «è venutagiù» e se non si mette a piangere,poco ci manca. Di fronte ad unapalazzina con le crepe che ne per-corrono le pareti, un altro signo-re schiva la tensione ridendocisopra: «L’ho proprio scampatabella». Intanto l’inviata della te-levisione spagnola Tve chiede in-formazioni per raggiungere la ca-sa da dove martedì sera hannoestratto una donna viva: le infor-mazione del vigile urbano non sisono rivelate così precise.

Percorrendo le strade che col-

legano un paese all’altro si attra-versano i quartieri industriali.Che poi a chiamarli industriali sifa un torto all’idea imprendito-riale della zona: sono fabbriche,sì, ma soprattutto artigiani chehanno costruito una realtà checompete per qualità nel propriosettore. Solide, ma non nelle fon-damenta strutturali.

Lo scenario degli impianti im-mobili, dei soffitti che hanno ce-duto di colpo non lascia spazioalle polemiche di fuori: sonomorti imprenditori e operai. Imezzi dei pompieri, della polizia,dei carabinieri e dei tecnici oltrea quelli dei proprietari sono gliunici a muoversi nei parcheggi.Si prosegue verso nord, verso ilMantovano anch’esso colpito.

Si procede per stradine di

campagna che costeggiano i cam-pi coltivati a frumento o mais esi incontra un passato caduto aterra: sono le case di mattoni,una qui una là, almeno un paiodi secoli di storia che non hannoresistito al sisma.

Alcune erano già abbandonateda tempo, lo si intuisce dagli ar-busti cresciuti tutt’attorno. Altre

al contrario fino a qualche oraprima erano abitate: ci sonopiantate delle tende da campeg-gio fuori all’aperto, nel giardinet-to.

I colori e i profumi della Bas-sa: gli agricoltori hanno da pocotagliato il fieno di maggio e lafragranza entra nell’abitacolodella macchina che ha finestriniabbassati.

Si arriva a Quistello e infinea Moglia, dopo un lungo rettili-neo durante il quale si contanopoche vetture. Anche a Moglia ilcentro storico è chiuso all’accessoe nella piazza appena dietro stan-no sgomberando un palazzo sot-to un sole già estivo.

Per la via che porta alla chiesaavanzano una madre ed una fi-glia in bicicletta che cercano lagattina scappata, mentre ungruppetto di anziane siede sul ci-glio della strada e l’unico uomopresente si guarda bene dall’unir-si, preferendo un angolo nei pres-si di un cancello.

Deserto, dal latino “desertum”che a sua volta deriva dal verbo“deserere”: abbandonare, lascia-re. Se non fosse realtà, si potreb-be pensare alla scenografia per-fetta per una pellicola dafrontiera con i due rivali che con-tano i passi per il duello a colpidi pistola, con qualche curiosoche spia da dietro le colonne deiportici.

Non stavolta: ai portici nonci si può arrivare e questo soprat-tutto non è un film.

Il sisma di martedì ha lasciato il segno non soltanto sugli edifici,ma anche sulla gente

Mirandola oggi fapensare alla scenografiaperfetta di un filmwestern sulla frontiera

Day After: servono meno bufale e più prevenzione uesto terremoto è una bufala.

O meglio, sembra esserlo se losi analizza dal web. Sin dai primitremori la rete è stata inondata dateorie complottiste che incolpavanoorganizzazioni segrete e avidi petro-lieri per quello che in questi giornista succedendo in Emilia-Romagna.La verità è che la scienza ha risposteprecise, ma l’opinione pubblica nonsi azzarda a fare domande altrettan-to precise, perché il parere di unoscienziato fa davvero più paura diun complotto che carica la molladell’odio. Pertanto sono doverosedue precisazioni riguardo alla geo-logia della Pianura Padana e al fa-migerato fracking. Il primo passoper comprendere questo sisma è ca-pire cosa c’è sotto i nostri piedi. Nel-l’opinione comune nulla è più sicuroe stabile di una pianura. Questo nonè vero. Le norme tecniche del 2008,note a tutti gli addetti ai lavori, ri-marcano il concetto che nella peni-sola italiana non esiste una zona“non sismica”. A maggior ragionese si parla della pianura emiliana.Infatti, a pochi chilometri di profon-dità, i sedimenti marini e fluviali siappoggiano sulle cosìddette PiegheFerraresi che da Budrio arrivano fi-no a Ferrara e culminano nell’Altodi Mirandola, dove sfiorano la su-perficie. Queste strutture geologiche,che potremmo dipingere come im-mense rughe della terra, sono la por-zione distale della catena appenni-nica e costituiscono un sistema ditrust orientati est-ovest in movimen-to verso Nord. Immaginatevi dispingere un tappeto: questo si cor-

Q rugherà e si ripiegherà su se stessoe i lembi piegati si accavallerannol’uno sull’altro spostandosi in avanti.È quello che accade ai nostri Appen-nini. Dove la catena è da tempo sol-levata e raggiunge quote maggiori,le rocce cedono e il rilassamentoporta a terremoti come quello del-l’Aquila. Dove invece l’Appennino“spinge” per crescere, si accumulanofortissime pressioni che periodica-mente si rilasciano lungo faglie su-perficiali generando terremoti comequelli degli ultimi giorni in Emilia.Inquadrato lo scenario, vogliamoancora parlare di fracking? Lo trovosuperfluo ma è giusto chiarire. Sottoun punto di vista meramente tecnico

il fracking consiste nell’iniezione diacqua, o molto spesso fanghi, inprofondità all’interno di una rocciacontenente idrocarburi. Queste rocceparticolari contengono gas o petro-lio, che si trova però in cavità trop-po piccole, che rendono difficoltosal’estrazione. Le compagnie petroli-fere allora aumentando la frattura-zione della roccia incrementano laloro produzione di idrocarburi. Ilfatto è che questa tecnica non sem-bra essere mai stata usata in Italia,mentre è diffusa in Nord America,dove la tipologia di rocce rende ilfracking una prassi consolidata emolto studiata. Comunque, uno deipunti nodali della presente discus-

sione è che il fracking sul web è sta-to spesso associato allo stoccaggiodi gas naturale nel sito di Rivara.Occorrono alcune precisazioni: pre-messo che lo stoccaggio di gas na-turale è già operativo in altre zoned’Italia dove non ha causato sismi,consultando il sito del ministero del-le attività produttive ci si potrà ren-der conto che tale concessione nonha tutt’ora superato il Via (Valuta-zione Impatto Ambientale). Ricor-dando poi che il fracking è una tec-nica di emungimento (estrazione) enon di stoccaggio, ci siamo tolti dal-lo stomaco un sacco di parole pe-santi e macchinose. Cosa rimane?Rimane l’Appennino con la sua vo-

glia di crescere che tutti i geologi co-noscono da sempre. Ma allora cosapossiamo fare? Direi spostare l’at-tenzione sul vero problema, cioè lanormativa e il modo in cui viene ap-plicata, dimenticando il fracking e ipozzi estrattivi di Mirandola. Aquesto proposito, consultando ladocumentazione geologica, emergo-no dati interessanti. Per esempio nel-l’archivio DISS 2.0 l’Alto di Miran-dola è chiaramente indicato comezona sismica ma, fino al 2003 nellecarte di pericolosità sismica tuttal’Emilia era considerata zona “nonsismica”. Com’è possibile allora chei geologi, pur sapendo dell’esistenzadi tali meccanismi, abbiano esclusoil territorio emiliano dalle zone a ri-schio? Semplice: le carte di perico-losità si stilano in base ai “tempi diritorno” cioè in base all’elenco diterremoti storici avvenuti nella zona,e l’ultimo in ordine di tempo avve-nuto nei pressi fu quello di Ferraradi 500 anni fa , preceduto da un si-sma più intenso nel XIV secolo. Inaltre parole, la sorgente sismogenicadel ferrarese era ben nota ma pur-troppo siamo in grado di individua-re il possibile epicentro di un terre-moto futuro, non di prevederequando esso arriverà. Dunque chefare? Come salvare vite umane edinfrastrutture? Prestando attenzionealla normativa vigente, integrandola,se necessari,o e lavorando con co-scienza, costruendo edifici a norma.Dimentichiamo il fracking e parlia-mo di liquefazione, risposta sismicalocale, e di amplificazione sismica.

FULVIO FRANCHI

La fortuna degli sciacalli coincide con il dolore di chi ha perso tutto

K Ne ho vissuti di terremoti, ne ho sentite di scosse:Tuscania, Norcia e la Valnerina, Marche, L’Aquila. Ognivolta, ogni servizio giornalistico, pensi che quello chevedi, quello che provi, quello su cui scrivi, non debba ac-cadere mai più. E invece... Nel caso del sisma dell’Emiliati rendi conto che, ad oggi, ci sono “solo” poco meno diventi vittime, ma è crollato un sistema, un’economia, unmodo di essere impresa tra i più invidiati in Europa e nelmondo. Le popolazioni emiliane colpite dal sisma sonostate ferite da più lati. La natura, con le scosse tellurichedevastanti, ci ha messo del suo. Ma, nel dopo-terremoto,quella gente ha dovuto sopportare l’ascolto delle paroledel neo-presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, se-condo il quale i capannoni che sono venuti giù «eranonella assoluta normalità»: chissà cosa sarebbe successose non lo fossero stati! E vogliamo parlare delle bancheche, dopo aver fatto per qualche giorno le commissionianche sui bonifici destinati alle zone colpite dal sisma,

hanno già iniziato a “chiudere i rubinetti” alle aziendedanneggiate anzichè aiutarle a rinascere e, di conse-guenza, per quella dell’intera economia del territorio? Epoi ci sono loro, quelli che i più definiscono ‘sciacalli’ in-curanti di offendere, nel paragone, i quadrupedi definiticon il medesimo nome. Questi sono dei senza-cuore,dei farabutti che meriterebbero non il carcere ma di es-sere direttamente trasferiti nelle tendopoli dove vivono iproprietari delle case, dei negozi, delle attività, che su-biscono le conseguenze dei loro raid. Ogni volta che leg-go delle imprese di questi mascalzoni falliti, mi viene inmente la vicenda di un mio conoscente al quale vennesottratto un pc portatile che aveva nella sua autovetturaschiantata contro un albero. E dalla loro, questi scarti delnulla, hanno anche la fortuna: mai sentito di una scossa,di una trave che veniva giù, di un tetto che crolla sulleloro perverse teste nel corso dei loro squallidi furti.

GIANLUCA PERRICONE

L’OPINIONE delle Libertà SABATO 2 GIUGNO 20124

Page 26: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIPOLITICAII

di ENRICO STRINA

hi non muore si rivede. Ste-fano Boeri si autoinvita alle

primarie del Pd. E lo fa da Mila-no, città in cui è nato, in cui ope-ra professionalmente (è attual-mente anche assessore allacultura al comune meneghino, ol-tre che stimato architetto) e in cuiha perso malamente le primariecontro Giuliano Pisapia, poi di-venuto sindaco. Insomma un pe-digree particolare e di certo nonproprio da lead-runner politico.Almeno per quanto riguarda leprimarie. E il Boeri proprio aquel tipo di agone vuole parteci-pare: «Il mio partito non può re-stare schiacciato tra il conserva-torismo di Bersani e il liberismodi Renzi». Trovata quindi la po-sizione boeriana «una terza vianel nome dell’innovazione e deivecchi schemi», come dice luistesso a Repubblica. Rimarrebbeda esaminare il programma e leidee di base. Ma l’elettore piddi-no rimane a bocca asciutta: unabella pagina di intervista, ma po-liticamente Boeri latita. Prima èauto-ironico: «Com’è dimostrato,io le primarie le so perdere, altri-menti non avrei accettato di farel’assessore.

Un vantaggio competitivo cuitengo moltissimo». Il primo dub-bio è: quale sarebbe il vantaggio

Ccompetitivo? Quello di aver persogià? Prosegue l’assessore: «Bastacon le culture del Novecento.Nessuno dei due (Bersani e Renzi,ndr) rappresenta il mondo dina-mico e produttivo che si muovenon solo nelle grandi città, manei distretti industriali, insommaquelli che sostengono l’export eproducono pil. Sarebbe un pec-cato che le primarie si riducesseroa un duello tra Bersani e Renzi.Bisogna trovare un’altra strada.Anche per valorizzare la parteci-pazione con strumenti nuovi». E

pure qui, su quali siano gli stru-menti nuovi, si rimane a boccaasciutta. Boeri parla di «decisionipre-masticate» altrove, di un par-tito troppo ingessato, di risorseche vanno sprigionate. Di lineepolitiche, manco a parlarne. A

meno che non si voglia contestua-lizzare l’intervista, concessa nona caso a Repubblica. All’inizio ineffetti Boeri per lo meno si collo-ca dentro un’area nascente inquesti mesi. Alla sua serata digiovedì, un happening per incon-trare e per far incontrare i mila-nesi di buona volontà, l’architettodichiara che «ci sarà la parte piùdinamica di Milano, professioni-sti, ricercatori, cittadini consape-voli che questa crisi non è un tun-nel da cui prima o poi, comesostiene Monti, si uscirà per tor-nare a com’eravamo prima». Ec-co allora aprirsi le nubi all’oriz-zonte: il famoso listone diRepubblica. Il gruppo di intellet-tuali, professionisti, ricercatori,la società civile. Il quotidiano diScalfari ha deciso come schierarsi:tentativi di entrismo nel Pd, provedi influenza. Non piacciono Ber-sani e/o Renzi? Che si trovi uncandidato terzo, conosciuto nel-l’ambiente della società civile manon ingombrante come persona-lità. Insomma uno che può capi-tanare una siffatta formazione,potendo dire la sua ma senza far-la sua. Un candidato morbido, unpiede di porco all’interno del par-tito di Sant’Andrea delle Fratte,obiettivo: costringere le primariedel Pd a parlare un certo linguag-gio. Un linguaggio che compli-cherà le cose a Bersani e Renzi.

controcanto

di KRILLIX

La lezioneandreottianaIeri KrilliX guardavaMario Monti e per laprima volta ha provatoun po’ di pietà. Conquesto caldo, ilpremier dovevaincontrare tutti: partiti,parti sociali, enti localie chi più ne ha più nemetta. Per convincerliche qualche tagliooccorre pur farlo e chela spending review ènecessaria. «Non sipuò tirare a campare»ha detto, «bisognaagire». Lo sventuratoancora non lo sa, ma cisono ampie probabilitàalla fine di tutti questiincontri non sarà lui aconvincere ibrontosauri d’Italia.Saranno piuttosto loroa convincere lui.Perché come dicevaAndreotti, «megliotirare a campare chetirare le cuoia».

Cosa insegna il caso marò?Il basso profilo non paga maidi GIORGIO PRINZI

ella vicenda dei nostri due fu-cilieri del Reggimento “San

Marco” la scelta del governo Monti,impersonata dal ministro degli Este-ri Giulio Terzi di Sant’Agata, è stataquella del “basso profilo”, dei con-venevoli diplomatici se non dei verie propri “salamelecchi” come quellidi parlare di “civilissima” India perun paese che, pur tra punte di ec-cellenza, è per molti aspetti fermoad uno stadio arretrato, a comin-

ciare dall’approccio giudiziario incui le indagini, in stile processi me-dioevali per stregoneria, puntano acolpevolizzare i malcapitati, piutto-sto che a ricercare la verità dei fatti.Oltre al più noto caso di Latorre eGirone, c’è il caso di due giovaniconnazionali, Tomaso ed Elisabetta,condannati all’ergastolo con un pro-cesso avviato su pregiudizi a seguitodella morte, che sembra dovuta adoverdose, di un altro italiano lorocompagno di viaggio.

Anche il mito della “non violen-

Nza” è una falsa credenza occidentale.Nel febbraio del 2002 un treno dipellegrini hindu venne dato allefiamme dai locali islamici. La rispo-sta dei correligionari “non violenti”fu sanguinaria, una vera e propriacaccia all’islamico con migliaia diomicidi, case incendiate e stupri.Oggi, a dieci anni di distanza, nonsono stati del tutto cancellati gli ef-fetti di quella esplosione di violenzae, secondo Amnesty International,ancora ventunomila sfollati vivonoin alloggi di rifugio a seguito del-l’incendio delle loro case.

Nonostante l’articolo 17 dellaCostituzione indiana entrata in vi-gore il 26 gennaio 1950 sancisca ilprincipio di eguaglianza universaletra tutti i cittadini, le caste sono so-pravvissute, anzi sono proliferatecome sistema di potere in quanto lalegge garantisce posti riservati nellapubblica amministrazione e seggiriservati nelle assemblee elettive.Hanno di fatto assunto la funzionedi lobby se non di vere e propriemafie, moltiplicandosi.

Non è pertanto del tutto pere-grina l’idea che dietro all’incrimina-zione dei nostri due fucilieri vi sianointeressi legati alla pirateria, che ve-dono un pericolo per la loro lucrosaattività il dispiegamento di militaria protezione di mercantili. A riprovadella fantasiosa “creatività” dell’im-pianto accusatorio c’è il fatto chel’atto di accusa non è stato ancora

depositato. Che si tratti un processoimbastito sul nulla in stile caccia allestreghe viene messo in evidenza dauna memoria tecnica, una vera epropria perizia giudiziaria non for-malizzata agli atti, dell’ingegner Lui-gi Di Stefano, perito specialista inindagini ad alto contenute tecnico.I nostri due militari sono infatti deltutto estranei all’evento in cui sonomorti due indiani imbarcati su unnatante battente bandiera di quellanazionalità impegnato in presunteattività di pesca, di cui il proprieta-

rio e custode giudiziario ha provo-cato l’affondamento, rendendo cosìimpossibile verificare se da bordonon siano stati esplosi colpi d’armada fuoco in un conflitto per motivida accertare.

Al riguardo, lo stesso ministroGiulio Terzi di Sant’Agata ha piùvolte posto l’accento sulla questionedella lotta alla pirateria, denuncian-do come essa venga fortemente mi-nata dal procedimento indiano con-tro i nostri militari. L’impegno èstato ribadito nella recente confe-

renza di Dubai, chiusa lo scorso 28giugno; con un formale concreto at-to, il giorno successivo il MinistroTerzi ha nominato il diplomaticoGianni Ghisi quale suo Inviato Spe-ciale per il contrasto alla pirateriamarittima. Attualmente sono 77, suun totale di 107 richieste, i nucleimilitari a protezione dei mercantilisulle rotte a rischio.

Purtroppo il basso profilo nonha pagato. Per varie cause, tra cuispinte secessioniste, strumentalizza-zioni politiche ed elettoralistiche,commistioni di interessi, l’India, per-ché lo stato del Kerala non è unostato sovrano, non sembra recederesu una linea che appare pericolosaanche per la sua credibilità interna-zionale. Lo svolgimento di un pro-cesso strumentale fondato su accusesmentibili con dati oggettivi incon-futabili ne minerebbe la sua credi-bilità internazionale proprio in unmomento in cui intende porsi comepotenza regionale emergente. Anchegli interessi economici contingenti,per non compromettere i quali l’Ita-lia ha adottato un profilo rinunzia-tario, tanto da non contestare nep-pure le accuse indiane e sostenerel’estraneità ai fatti dei nostri militari,rischia in un processo in grado dirichiamare l’attenzione dell’opinionepubblica internazionale di avere ef-fetti devastanti anche per il prestigioe la credibilità dell’Italia.

Se così fosse, il basso profilo nonsolo non sarebbe stato pagante, maaddirittura alla fine si rivelerebbecontroproducente e dannoso per glistessi interessi che si intendeva sal-vaguardare, anche perché a tal pun-to una crisi di rapporti tra Italia edIndia diverrebbe profonda e divari-cante.

E rischia persino di danneggiare gli interessi che intendevainvece salvaguardare

L’atteggiamentorinunciatario si è già rivelato dannosoper il prestigio dell’Italia

Primarie del Pd: spunta BoeriÈ lui l’uomo di Repubblica?

Addio Pininfarina,senatore liberale l 19 maggio del 2006 Romano

Prodi ottenne sul filo di lana lafiducia al Senato. Decisivi i sena-tori a vita. Tutti? No, all’appellomancarono Giulio Andreotti eSergio Pininfarina. Il primo scot-tato dalla bruciante sconfitta nel-la corsa alla presidenza di Palaz-zo Madama. Il secondo per unostato di salute che non gli permisemai di partecipare regolarmenteai lavori dell’Aula.

Ma il 28 febbraio di due annidopo, il patron di uno dei marchiitaliani più prestigiosi nel mondo

arrivò a sorpresa nell’emiciclo. Erispose all’appello per il voto difiducia cruciale per le sorti del-l’esecutivo di centrosinistra. Siastenne (al Senato l’astensioneviene conteggiata come voto con-trario) e, ancora una volta insie-

I me ad Andreotti, segnò la finedella seconda esperienza prodia-na a Palazzo Chigi. La sua nonfu una posizione pregiudiziale.Chiacchierando con gli amici, findall’inizio confidò che l’esperien-za di un esecutivo non poteva di-pendere dal voto di una manciatadi anziani signori che, come lui,si trovavano in Parlamento unpo’ per caso, non espressione del-la volontà del popolo. Una pro-fessione di liberalismo politico(del Partito liberale fu eurodepu-tato dal 1979 al 1988) quella diPininfarina. Ma anche dell’estre-ma modestia di un uomo che haportato all’eccellenza l’industriacarrozziera del padre. Quel Bat-tista Farina, detto Pinin, al qualesi volle legare per tutta la vita ag-giungendo al cognome di fami-glia il nomignolo con cui era co-nosciuto da tutti il capofamiglia.«Ha contribuito col suo talentoinnovativo all’apertura interna-zionale dell’impresa italiana» hadetto di lui Giorgio Napolitanoin un commosso messaggio invia-to alla moglie. Anche il premierMario Monti, prima di riferire inSenato sugli esiti del vertice eu-ropeo di Bruxelles, ha voluto ri-cordarlo come una personalità«fornita di talento innato» capa-ce di «coniugare la bellezza e laqualità dello spirito italiano».

VLADIMIRO IULIANO

È scomparso ieri il patron del celebremarchio, eurodeputatodel Partito liberale per quasi dieci anni. Da senatore, si astennesulla fiducia a Prodi,decretandone la disfatta

L’OPINIONE delle Libertà MERCOLEDÌ 4 LUGLIO 20124

Page 27: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

on sono tanto i dati sul mercato del la-voro di febbraio a essere deprimenti.

Disoccupazione al 9,3 per cento. Persi 29.000posti di lavoro rispetto a gennaio, colpita lacomponente femminile, quella notoriamentepiù fragile. [...] Abbiamo 2.354.000 disoc-cupati, in aumento di ben 336.000 unità inun anno (il 16,6 per cento). [...] Abbiamosempre [...] un tasso di occupazione al 56,9per cento che è la radice dei nostri problemi.

I dati su occupazione e disoccupazionesono indicatori coincidenti, nel senso che nul-la prevedono dell’evoluzione della congiun-tura. Allo stesso modo [...] questo aumentodi disoccupazione riflette verosimilmente ilvenir meno di ammortiz-zatori sociali in situazioniaziendali compromesse.Quello che appare eviden-te, dalle ultime rilevazioni,è che il mercato del lavo-ro tedesco resta tonico,mentre in media quellodel resto dell’Eurozona(non solo PIIGS ma ancheFrancia) è in costante de-terioramento. Senza invo-care improbabili “solida-rietà”, pare di tuttaevidenza che una situazio-ne del genere, in unaunione monetaria e non fiscale, è causa edeffetto di un gravissimo squilibrio. [...] Sa-rebbe opportuno che, oltre a dire che “la crisiè finita”, o invitare potenziali investitori esteria “rilassarsi”, si procedesse a tentare un’ana-lisi, a livello comunitario, di questo fenomeno.[...] Mentre attendiamo fiduciosi questa ri-

N flessione, ieri sul Sole è comparso un datoche dovrebbe farci riflettere. [...] Secondo unaindagine di Cna, per aprire una carrozzeriaoggi in Italia servono 64 adempimenti, di cui13 amministrativi, 6 di urbanistica, 20 am-bientali, 20 sulla sicurezza e 8 gestionali. Giàquesto numero è sufficientemente raccapric-ciante, ma lo è ancora di più scoprire che,dal 2006, [...] [dopo] centinaia di ore di talkshow politici televisivi, pensose tavole roton-de, il numero di adempimenti, [...] è dimi-nuito di sole 12 unità. Negli ultimi anni, l’in-troduzione della Comunicazione Unica hainglobato cinque adempimenti, ma ancoramoltissimo resta da fare, mentre entro agosto

dovrebbe arrivare l’Auto-rizzazione unica ambien-tale.

Siamo troppo lenti.Anche di fronte alla ne-cessità di cambiare passoper adeguarsi o soccom-bere, il paese non è riusci-to a produrre un cambiodi paradigma. Superfluoaggiungere che anchequesto è spread. In questoquadro, in cui l’Eurozonaè ormai diventata un ge-neratore di impulsi reces-sivi, l’Italia evolve a ritmi

insostenibilmente blandi. Come sia possibileattrarre investimenti diretti esteri in questopaese, resta un mistero. A meno, come giàipotizzato, di guidare l’evoluzione verso unprocesso di vietnamizzazione, i cui prodromisono già evidenti.

phastidio.net

li “indignati”, ovverosia i paladinidell’“antipolitica”, sono per me in-

sopportabili. [...] C’è però una categoriaancor più insopportabile: quella degli uo-mini “della politica” che fanno i salti mor-tali per vellicare gli “indignati”, dopo avercontribuito in modo determinante a farliindignare e a mandare il Paese a rotoli pra-ticando la politica dell’inseguimento deisondaggi, del vivere alla giornata. [...]

Tutto questo mi tornava alla mente sen-tendo Bersani pronunziare il suo raffinatodiscorso dei “cazzotti” che la gente do-vrebbe rifilare [...] alla classe politica. Lamaggior parte degli uomini politici ha delleresponsabilità. Non sipuò fare a meno di tace-re poi “sulla gente”.Cioè quella parte [...]della popolazione chedei “politici” ne dice ditutti i colori. Questagente ha la classe politi-ca che si merita. Per de-cenni questo è statol’elettorato tipico dellaD.C. e poi del P.C.I.L’uomo politico è perquesti [...] un accaparra-tore di “finanziamenti”,di “contributi”. Per ope-re utili e inutili. Nessun politico ha rag-giunto popolarità e guadagnato voti negliultimi anni con una politica assennata, conil voto a leggi realmente provvide senzaricadute disastrose o imprevedibili. La clas-se politica contro cui l’indignato di oggiinveisce è quella che meglio si è adattata

G a quello che gli indignati di oggi ieri pre-ferivano. Se si parla di responsabilità, comenon si può fare di ogni erba un fascio degliuomini politici, così non si può fare d’ognierba un fascio della gente, degli elettori,di quelli che ieri votavano pazienti e ras-segnati e che oggi si indignano. Ma deigiornalisti, dei politologhi, dei professoridelle Università, degli avvocati, per nonparlare dei magistrati, del loro partito [...]la responsabilità è evidente.

Non mi passa per la testa l’idea di volerfare il processo al popolo italiano e nem-meno a quella sua parte che mi pare abbiaresponsabilità gravi per il deterioramento

della nostra società. Maalmeno che tacciano ostrillino meno fortequelli che vogliono som-mari linciaggi. Non èl’ora di cercare capriespiatori. Non possiamotollerare che il Paese ca-da in mano di chi fo-menta baraonde giusti-zialiste e propone diristabilire la situazionecostruendo il nuovo sulinciaggi. Meglio cento-mila volte che sfugganoa ogni sanzione e [...] al

pubblico ludibrio le responsabilità auten-tiche. Guardiamoci da chi oggi pretendedi cavalcare l’antipolitica. Spesso si trattadi chi è responsabile delle peggiori male-fatte politiche di ieri ed anche di oggi.

MAURO MELLINIwww.giustiziagiusta.info

Gli “indignati” meritano questa classe politica

Si dichiarano vittime dei politici, ma per annihanno sfruttato questo sistema. Erano loro i principaliclienti della Dc, del Pcie dell’inciucio da prima repubblica.

Potete stare tranquillici stiamo solo perdendo

L’Europa ha due velocitàe le disuguaglianzenormative limitano la crescita. Ecco la chiave del “miracolo tedesco”. L’Italia è troppo lenta, se ne parla da anni, ma il problema resta.

Hashtag: di cosasi parla su Twittera cura diSIMONE BRESSAN

Difficile dire quale sia la causa equale l’effetto. Quel che è certo èche dibattito in rete e twitter sonodue facce della stessa medaglia:quel che è popolare e dibattuto sutwitter è (o lo sarà a brevissimo) ar-gomento caldo anche per il restodella rete, facebook e blog compre-si. Esempio tipico di questo schemaè stato il caso che ha coinvolto etravolto il deputato Massimo Calea-ro (eletto Pd, poi Api infine Respon-sabili). Dopo le sue dichiarazioni allatrasmissione radiofonica La Zanza-ra, il tam tam è partito a colpi dicaustici cinguettii giunti al culminecon il #veltroniscusatipercalearoinventato dal giornalista ed espertodi comunicazione web Gennaro Ca-rotenuto (@GenCarotenuto). In meno di due ore #Calearo è di-ventato trending topic su twitter eda lì al www.boicottacalearo.it ilpasso è stato brevissimo. E propriosul popolare social network – primaancora che su giornali e tg – èscattata la corsa alle reazioni delpopolo del centrosinistra, big inclu-si. Per Debora Serracchiani (@ser-racchiani) «mai più gente così tra inostri candidati», mentre NicolaZingaretti (@nzingaretti) lo definiva«opportunista, egoista e senzaideali». E se Veltroni (@VeltroniWal-ter) tirato per la giacchetta apostro-fava il suo ex capolista in Venetocome «una persona orrenda», ta-ceva misteriosamente l’account del-l’attuale segretario Pd (@pbersani)che ha preferito parlare di lavoro earticolo 18.

Tema non di secondo piano se vistocon gli occhi dei cosiddetti #esoda-ti, ovvero di quei lavoratori senza

occupazione (spesso sulla base diaccordi presi con i datori di lavoro)e non ancora in età pensionabileper effetto dell’aumento dell’età diritiro deciso dalla riforma Fornero.«Esistono gli esodati perché le vec-chie regole pensionistiche eranotroppo generose, non perché lenuove siano troppo severe» spiegaPiercamillo Falasca (@piercamillo)di Libertiamo.it. Ma nel Terzo Polonon tutti la pensano come la web-zine di orientamento finiano e l’al-tolà di Casini (@pierferdinando) èchiaro: «Gli esodati sono un proble-ma troppo serio per parole in libertàsoprattutto da chi è membro delGoverno. Un po’ di sobrietà per fa-vore!». Sul comportamento dei mi-nistri è sibillino anche Enrico Letta(@enricoletta): «dopo scontro traMinisteri, si affronti la situazione unavolta per tutte. Lo chiediamo datempo. Tanti aspettano certezze nonprivilegi». Per Nicola Vaccani (@nic-vaccani), invece, «Il problema degliesodati è socialmente dirompente.O il governo Monti trova una solu-zione che li tuteli o se ne vada a ca-sa». E proprio in attesa di una so-luzione governativa RaffaeleBonanni (@rbonanni1) rilancia an-nunciando che «il 13 aprile Cgil,Cisl e Uil manifesteranno a soste-gno degli esodati».

A finire sotto la lente di ingrandi-mento dei cinguettatori seriali nonè solo il Governo Monti. Anche ilsuo collega (e amico) David Came-ron deve affrontare una divertentecampagna twitter scatenatasi controDowning Street a colpi di hashtag.Qualche giorno fa il governo di SuaMaestà aveva annunciato possibili

modifiche alle leggi sulla sicurezzanazionale per permettere a poliziae servizi segreti di monitorare scam-bi mail e comportamento online ditutti i possibili sospetti residenti nelRegno Unito. La reazione della retenon si è fatta attendere e con lasimpatica trovata di #telldaveeve-rything gli utenti britannici stannofacendo a gara a chi la spara piùgrossa. «Siccome stai leggendo lemie mail, non è che risponderestialle più importanti per me?» chiedeIncurable Hippie (@incurablehippie)al Primo Ministro. Mentre Marsbard(@marsbard) va oltre: «Caro Dave,questa è la password del mio ac-count: ******. Fai pure con comodo».Richard Gaywood (@PenLlawen)ricorda invece a tutti i grandi van-taggi della cittadinanza britannica:

«in automatico ti viene fatto il bac-kup di mail, messaggi facebook,cronologia web e preferiti. Tutto acasa di Dave». Niente di grave peril governo, ma rischia di trasformarsiin uno scivolone online pericolosoper chi, come Cameron, ha fatto delweb uno dei suoi punti di forza.

Ieri mattina molti di voi si sarannosvegliati trovando una rassegnastampa ormai già passata di moda.Nessuno dei giornali in edicola, in-fatti, poteva riportare la notizia dellaretata di arresti che ha sconvolto(ancora!) il mondo del calcio. Sutwitter i trending topics del giorno sichiamano #Masiello e #calcio-scommesse. Marco Pancioni(@gaivao) parte subito proponendodi dare una colonna sonora all’inte-ra vicenda e lancia la sempreverde“Ti Amo campionato” di Elio e leStorie Tese. Più serie le riflessionidi Marco Mezzo (@marcomezz)che si chiede se non sia il caso disfruttare il clamore mediatico diqueste vicende per «ridurre il nu-mero di squadre in serie A» e diFederico Mori (@goodfede) che av-verte: «rimango dell’idea che sia dif-ficile per un singolo giocatore farperdere la propria squadra». Permolti, però, la vicenda ha dei risvoltipersonali e inaspettati: «Il caso Ma-siello – sentenzia Tommaso Labate(@tommasolabate) de Il Riformista- la dice lunga sui suoi 4 in pagellache l’anno scorso mi costarono l’ul-timo posto a fantacalcio». Dopo gliscudetti revocati alla Juve qualcheanno fa, potremmo trovarci di frontead una nuova ondata di campionatida annullare. Magari solo al fanta-calcio.

L’OPINIONE delle Libertà MARTEDÌ 3 APRILE 20126

Page 28: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIPOLITICAII

Scende la fiducia in Monti. Grillo frena, il Pdl crollaGoverno stabile, Monti in calo. Èquesto il risultato del sondaggiorealizzato da Spincon.it. Il job ap-proval del premier scende dal38,5% della scorsa settimana al37,3% di oggi (-1,2%), invertendoil trend leggermente positivo delleultime due rilevazioni Spincon.it.Calma piatta, invece, anche se conperformance negative, per il gover-no nel suo complesso. La percen-tuale di cittadini che esprime ungiudizio positivo per l’operatodell’esecutivo resta ferma al35.9%, senza alcuna variazione ri-spetto alla scorsa settimana.

Se prendiamo in considerazioneil differenziale tra chi esprime ungiudizio “molto positivo” e chi neesprime uno “molto negativo” (ilsondaggista statunitense Scott Ra-smussen definisce questo parame-tro come“approval index”), Monticonferma uno stato di forma nonbrillante, scendendo dal -24,3% al-25,6% (-1,3%). E in questo casoil trend è negativo anche per il go-verno, in calo dal -28,3% al -29,5% (-1,2%). Circa tre italianisu cento esprimono un giudizio“molto positivo” su premier edesecutivo, mentre chi esprime ungiudizio “molto negativo” è quasiun terzo dell’intero campione in-tervistato.

Passiamo ora alla parte del son-daggio di Spincon.it che riguardale intenzioni di voto per le prossi-me elezioni politiche. A livello dicoalizione, un ipotetico centrode-stra (Pdl, Lega, La Destra, GrandeSud e Fiamma tricolore) non an-drebbe oggi oltre il 30%, perdendoun punto percentuale rispetto allascorsa settimana. Un centrosinistra“classico” (Pd, Idv, Sel, Verdi e Psi),raccoglierebbe invece il 38,8% deiconsensi (+0.8%). Il Terzo Polo(Udc, Fli, Api ed Mpa), infine, sifermerebbe al 9,1%, in calo di unpunto decimale rispetto alla scorsasettimana.

Tra i singoli partiti, il sondaggioconferma uno stato di estremaframmentazione del quadro poli-tico, con il solo Pd in crescita trale formazioni maggiori. Partiamoda destra. Cala ancora il Pdl, chescende dal 18,6% al 17,3% (-1,3%), perdendo 20 punti percen-tuali rispetto al risultato raccoltoalle elezioni politiche del 2008(37,3% alla Camera). Inverte in-vece una tendenza al ribasso cheaveva caratterizzato le sue ultime(tumultuose) settimane la LegaNord, che sale al 7,7%, guada-gnando lo 0,9% rispetto alla scor-sa settimana e riavvicinandosi alrisultato del 2008 (8,3%). Frenaleggermente La Destra di France-sco Storace (-0,2%), che sfoderacomunque un ottimo 4,2%. In ca-lo dello 0,2% anche le formazioniminori sulla destra dello schiera-mento: Grande Sud scende allo0,5%; Fiamma tricolore allo0,3%.

Se a destra cresce solo la LegaNord, a sinistra cresce solo il Par-tito democratico, che guadagnal’1,2% rispetto alla scorsa settima-na e raggiunge il 26,7% (con oltredieci punti percentuali di distacconei confronti del Popolo della li-bertà). Gli altri partiti del centro-sinistra non sembrano in forma co-

me il Pd. L’Italia dei valori restastabile al 4,4%, mentre scendonoleggermente sia Sel (-0,3% al5,3%), sia i Verdi (-0,1%all’1,5%). Leggera ripresa, infine,anche per il Partito socialista, cheguadagna un punto decimale e siporta allo 0.9%.

Panorama variegato nel TerzoPolo. Crescono leggermente le dueforze minori: Api guadagna lo0,2% e arriva allo 0,7%; Mpapassa dallo 0,5% allo 0,6%. Per-dono terreno, invece, invece, i duepartiti maggiori: l’Udc lascia perstrada un punto decimale e si fer-ma al 5,5%; Fli si avvita nuova-mente in una tendenza negativa(che la scorsa settimana sembravaessersi interrotta) e perde lo 0,3%scendendo al 2,3%.

Chiudiamo con i partiti al difuori (per ora, almeno) delle coa-lizioni principali. Il Movimento 5Stelle si conferma nettamente la

Nell’ultimo sondaggiorealizzato da Spincon.it, il “job approval” del premier scende al 37,3%(-1,2%),mentre l’esecutivo resta stabile al 35,9%. Tra i partiti, in calo Pdl, Movimento 5 Stelle,Sel, Udc, Fli e Fds.Crescono Pd, Legae Radicali italiani.Un’ipotetica forzapolitica guidatada Montezemolopotrebbe contaresul 18,1% di elettoratopotenziale. E i suoisostenitori vorrebberoallearsi col centrodestra

Intenzioni di voto. Elezioni politiche

PDL

LEGA N.

DESTRA

GRANDE SUD

FIAMMA TRIC.

UDC

FLI

API

MPA

PD

IDV

SEL

VERDI

PSI

RADICALI

FDS

M5S

PARTITO PIRATA

ALTRI

17,3%

7,7%

4,2%

0,5%

0,3%

5,5%

2,3%

0,7%

0,6%

26,7%

4,4%

5,3%

1,5%

0,9%

3,1%

2,7%

14,1%

1,0%

1,2%

-1,3%

+0,9%

-0,2%

-0,2%

-0,2%

-0,1%

-0,3%

+0,2%

+0,1%

+1,2%

-

-0,3%

-0,1%

+0,1%

+0,3%

-0,2%

-0,7%

+1,0%

-0,1%ALTRI

18,6%

6,8%

4,4%

0,7%

0,5%

5,6%

2,6%

0,5%

0,5%

25,5%

4,4%

5,7%

1,6%

0,8%

2,8%

2,9%

14,8%

-

1,3%

Partiti 07/06 variaz.31/05

Le interviste sono state effettuate su di un campione stratificato per sesso, età e ampiezza dei comuni. Metodo di raccolta delle informazioni: CAWI. Numero delle persone interpellate e universo di riferimento: 1.580 casi, popolazione residente in Italia, di 18 anni e oltre, di entrambi i sessi ed appartenenti a qualsiasi condizione sociale. Al campione in rientro è stata applicata una ponderazone (RIM weighting). Margine di errore pari al 2,5% con intervallo di confidenza pari al 95%. Data del sondaggio: 31/05/2012-05/06/2012

Elettorato potenziale di Montezemolo

Positivo30,2%

Negativo30%

Molto positivo7,1%

Molto negativo32,7%

Job Approval Monti

7 giugno

Se una formazione politica guidata da Luca Cordero di Montezemolo si presentasse alle prossime elezioni politiche, prenderebbe in considerazione l'ipotesi di votarla?

SI18,1%

NON SO/NON RISPONDO13,5%

NO68,4%

di ANDREA MANCIAe SIMONE BRESSAN

terza forza dello scenario politicoitaliano, ma anche questa settima-na la sua performance è legger-mente inferiore alle attese, soprat-tutto se rapportata i risultatiottenuti nei sondaggi condotti daaltri istituti di ricerca. SecondoSpincon.it, i “grillini” perdono lo0,7%, conquistando comunque unsignificativo 14,1% dei consensi.Lieve flessione anche per la Fede-razione della Sinistra (l’alleanzatra Rifondazione comunista e Co-munisti italiani), che perde lo0,2% e si ferma al 2,7%. In cre-scita, invece, anche questa settima-na, i Radicali italiani, che recupe-rano lo 0,3% e si portano al3,1%. Ultima citazione per una“new entry” nei sondaggi di Spin-con.it: il Partito Pirata (emanazio-ne italiana di partiti che in nordEuropa hanno ottenuto ottimi ri-sultati elettorali) viene rilevato perla prima volta e raggiunge l’1%,superando di slancio molti partitipresenti da tempo nel panoramapolitico italiano.

Questa settimana, le “domandeextra” di Spincon.it riguardavanol’elettorato potenziale di un partitoguidato da Montezemolo. La pri-ma domanda era: «Se una forma-zione politica guidata da LucaCordero di Montezemolo si pre-sentasse alle prossime elezioni po-litiche, prenderebbe in considera-zione l’ipotesi di votarla?». Arispondere affermativamente è sta-to il 18,1% del campione, distri-buito non omogeneamento attra-verso lo spettro ideologico delpaese. I più favorevoli sono statigli elettori del Terzo Polo (29,4%),seguiti da quelli del centrodestra(22,4). Molto più tiepido, l’eletto-rato di centrosinistra (11,1%).

Tra chi ha risposto affermati-vamente a questa domanda, pre-vale comunque la preferenza perun’alleanza con i partiti del cen-trodestra (35,6%). La seconda op-zione preferita è quella della per-fetta solitudine, scelta dal 28,6%dell’elettorato “montezemoliano”,seguita dall’alleanza con il centro-sinistra (21,1%) e dalla “stampel-la” per il Terzo Polo (13,7%). Na-turalmente, su questo dato influiscemolto la diversa consistenza nu-merica dei vari schieramenti.

L’OPINIONE delle LibertàVENERDÌ 8 GIUGNO 2012 3

Page 29: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIMEDIAII

Calearo, la radio e la percezione della politica

di GIAMPAOLO ROSSI

bbiamo corso il rischio serio diritrovarci il suo faccione su

qualche banconota di carta stracciao il suo busto inaugurato in qualcheparco cittadino. Sì, perché a Mas-simo Calearo (imprenditore di suc-cesso e politico trasversale), un me-rito va comunque riconosciuto:quello di aver unito l’Italia così sal-damente da far apparire l’epopearisorgimentale un concorso per di-lettanti allo sbaraglio. Garibaldi do-vette raccogliere mille ardimentosi,condurre battaglie contro uno deglieserciti più potenti dell’epoca e allafine, come si sa, unì l’Italia ma nongli italiani. A Massimo Calearo èbastata un’intervista a “La Zanza-ra” su Radio24, per riuscire a met-tere insieme contro di lui il nord, ilsud, il centro, la destra, la sinistra,le donne, gli uomini, i ricchi e i po-veri. In effetti, le bestialità che è riu-scito a dire in quei pochi minuti incui ha aperto bocca attengono allapolitica, all’economia, alla sociolo-gia e anche un po’ alla psichiatria.Dalla Porsche esentasse immatrico-lata in Slovacchia, allo stipendio daparlamentare assenteista che peròsi tiene ben stretto per poter pagareil mutuo, fino alle esternazioni sugay e sinistra, Calearo risultal’esempio più evidente di come soldie potere non riescano a darti l’in-telligenza necessaria a evitare il tuopeggior nemico: te stesso.

Ma la questione fondamentaletrascende Calearo e la sua intervi-sta, anche se da questa partiamo.Riguarda il modo in cui la comu-nicazione mediatica modifica la per-cezione della realtà non solo in chiascolta o osserva, ma anche in chiattivamente interagisce al suo inter-no. E questo è un aspetto tanto piùimportante in quanto la politica loha sempre disconosciuto, con effettidevastanti per la politica stessa eper i politici.

Nel complesso sistema dei me-dia, dove la verità non è il vero mail verosimile, il problema non è ciòche Calearo ha detto, ma il fattoche l’abbia detto; e soprattutto ilperché lo ha detto. A volte è come

Ase i personaggi pubblici, quando sirapportano con i mezzi di comuni-cazione, venissero risucchiati in unvortice auto-rappresentativo che ilmedium attiva, facendo emergeredal loro inconscio parti che, in si-tuazioni pubbliche normali, evite-rebbero di far emergere. Se in alcunicasi è il sistema mediatico ad inva-dere l’ambito del personale, in altricasi è proprio il personale che vienebuttato volontariamente in pastoal circo mediatico. Questo avvieneperché la comunicazione non è unospazio neutrale ma è condizionatae determinata dal medium che siusa per comunicare. Il medium in-teragisce con la nostra psiche, lacondiziona e trasforma il nostrorapporto con la realtà. Al pari diogni altra tecnologia, noi usiamo imedia ma anche i media usano noi.È la famosa intuizione di MarshallMcLuhan, «il medium è il messag-gio», che assume la sua portata to-talizzante proprio nei tempi dellacomunicazione pervasiva in cui im-magini in movimento e suoni di-ventano sempre più il nostro habi-tat naturale ed in cui il flussoininterrotto di dati e la possibilitàdi interrelazione continua generanol’alterazione delle categorie di spa-zio e tempo.

Alcuni media enfatizzano la lorofunzione di “mezzo” operando ciòche gli studiosi chiamano “iperme-diazione”. Quando guardiamo latelevisione, in genere manteniamola consapevolezza che quelle imma-gini in movimento sono situate al-l’interno di una cornice. Ed anchequando stiamo in uno studio tele-visivo, partecipando ad un talkshow, ad un dibattito o a un facciaa faccia, difficilmente perdiamo lapercezione del mezzo dentro il qua-le stiamo intervenendo. Luci, tele-camere, screens, spesso la presenzadi altre persone rendono evidentelo spazio artificiale e pubblico chesi sta attraversando. In questo con-testo si genera un meccanismo diresistenza, chiusura, diffidenza tipicadi chi ha consapevolezza di operarein uno spazio non privato con tuttii rischi di immagine, appunto, chel’azione pubblica presenta. Lo capì

a sue spese Nixon, che nel 1960 sigiocò la Presidenza degli Stati Uniticontro Kennedy anche per colpa diquelle nervose gocce di sudore cheiniziarono a solcargli il viso nel di-battito televisivo. Eppure, secondoi sondaggi, Nixon stravinse fra chilo aveva ascoltato solo per radio.

Al contrario, esistono media cheabbassano o addirittura azzeranoil “super Io”, la sovrastruttura dellanostra personalità preposta alla di-fesa dei comportamenti e al filtrodel sistema di relazione con noi stes-si e il mondo. Uno dei medium cheagisce in questo senso è proprio laradio, quella che, non a caso, haospitato le scemenze di Calearo. Adifferenza della televisione, che èun medium freddo, superficiale eipermediato, la radio si configuracome un medium di profondità. Lavoce e il suono valicano qualsiasicornice e rendono un’immediatezzache si trasforma, sempre secondoMcLuhan, in un’esperienza privata.Non a caso proprio lui la definì un“tamburo tribale”, affermando cheper sua natura, la radio ha il potere“di trasformare la psiche e la socie-tà in un’unica stanza degli echi”.Questo, in parte, può spiegare laperformance di Calearo.

Alla natura intrinseca di ognimedium va aggiunta la natura in-trinseca della moderna “Società del-lo spettacolo” che, nel 1967 GuyDebord descrisse: lo spettacolo«non è un supplemento del mondoreale», ma è «il cuore dell’irrealismodella società reale». Questo cuorepulsa e si alimenta di un sistema diproduzione e consumo in cui lospettacolo «è il capitale ad un talegrado di accumulazione da divenireimmagine». Quando Calearo parlaalla radio non può sapere che ali-menterà un sistema nel quale luistesso verrà risucchiato. E rispettoa questa irresponsabilità, non esi-sterà giustificazione a posteriori,goffa o ridicola, che potrà assolver-lo.

Certo, scomodare McLuhan eDebord per Calearo, può sembrareuno spreco che in tempi di crisi, an-che intellettuale, sarebbe meglio evi-tare. Eppure questa triangolazione

contronatura ci aiuta a capire i ri-schi indotti dall’uso irresponsabiledei media. Andare a parlare in te-levisione, alla radio o utilizzare i so-cial network senza avere la minimaidea della natura del mezzo, del lorofunzionamento intrinseco, di ciò chepossono determinare nel cambia-mento percettivo della realtà, delmodo in cui alterano il nostro rap-porto con la dimensione pubblica,di come modificano il comporta-mento del nostro cervello, di quan-to allargano la nostra sfera di com-plesse identità reali, equivale amettersi alla guida di un’automobilesenza sapere qual è il pedale del fre-no o a cosa serva il volante. La pos-sibilità di schiantarsi è alta.

Anche perché in tutta questastoria c’è sempre un convitato dipietra che occupa il posto centraledella tavola, ma che fingiamo dinon vedere: i mediatori (conduttorio intervistatori). Pochi giorni dopolo scoppio del caso Calearo, i dueconduttori della trasmissione radio-fonica, Giuseppe Cruciani e DavidParenzo, hanno sentito il bisognod’intervenire pubblicamente su unquotidiano, Il Giornale, per difen-dere il loro intervistato dall’accusadi mostruosità. Forse uno scrupolomorale nei confronti di chi avevasubìto, per loro, un’ingiusta gognamediatica. O una sorta di senso dicolpa per aver alimentato con lapropria conduzione (del resto nondissimile alle altre precedenti) loscandalo e il linciaggio. O magariuna lucida strategia per dare più vi-sibilità alla trasmissione (inutile, vi-sta la già consolidata popolarità).Oppure, inconsciamente, tutte e trele cose. Comunque sia, questo in-tervento è stato qualcosa di irritua-le, e in fondo di coraggioso, poichéha rotto lo schema ipocrita chevuole i mediatori elementi superpartes di una presunta neutralitàcomplessiva, quando in realtà le lo-ro psicologie, le modalità di condu-zione e il modo con cui è costruitoun format, disegnano la cornicedentro la quale prende forma ilcontenuto.

Il caso Calearo ha contribuito adistruggere ulteriormente l’imma-gine della politica attraverso paroledi pochi secondi. Per carità, non èil solo, né sarà l’ultimo. Il giornoprima, il Presidente del Senato Schi-fani si è appellato alla necessità di“rigenerare la politica”. Qualcunoricorderà che Schifani, da senatore,fu tra quei politici che pensò esserecosa normale andare in televisione,ospite dei comici del Bagaglino, afarsi tirare torte in faccia come Ri-dolini.

Nella selezione della classe diri-gente, se mai la politica deciderà diricominciare ad averne una, finitala fase della cooptazione per gregge,i partiti dovrebbero privilegiare an-che coloro che dimostrano cono-scenza e responsabilità nell’uso enell’interazione coi media. In questosenso, il conservatore McLuhan eil marxista Debord danno sufficientichiavi di lettura per capire il tempoin cui viviamo. E forse, la politica,nel punto massimo della sua crisi,potrebbe affiancare a molte delleinutili letture novecentesche di cuiancora si ciba, due intelligenze che,nel ‘900, hanno saputo anticipareprofeticamente il tempo ora arriva-to. L’alternativa è ricandidare Ca-learo.

A Massimo Calearoè bastata un’intervista a “La Zanzara”per riuscire a mettereinsieme (contro di lui) il nord, il sud,il centro, la destra,la sinistra, le donne, gli uomini, i ricchie i poveri. Ma il problema non è ciò che Calearo ha detto, ma il fatto che l’abbia detto,e soprattutto il perché.A volte è comese i personaggi pubblici,quando si rapportanocon i mezzidi comunicazione,venissero risucchiatiin un vortice auto-rappresentativoche il medium attiva,facendo emergeredal loro inconscio partiche, in situazionipubbliche normali,eviterebberodi far emergere.Anche se scomodare McLuhan e Debord per Calearo può sembrare uno spreco...

L’OPINIONE delle LibertàMERCOLEDÌ 4 APRILE 2012 7

Page 30: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IIESTERIII

Mazel tov, Israel! Lo stato ebraico compie 64 annidi DAVID HARRIS*

osa c’è di così speciale nel 64°compleanno di una Nazione?

Bene, nel caso di molte Nazioni, for-se niente di speciale, a meno che nonsi tratti di Israele, che celebra il suocompleanno quest’ anno, il 25 e il26 aprile.

Israele ha il triste primato di es-sere l’unico Stato membro delle Na-zioni Unite il cui diritto di esistere èregolarmente contestato, la cui eli-minazione dalla carta geografica èl’obiettivo di almeno un altro statomembro delle Nazioni Unite, l’Iran,e la cui popolazione è considerataterreno di caccia da Gaza, sotto ilcontrollo di Hamas, e dal Libano,dominato da Hezbollah. Quindi, ilsuo stesso sopravvivere anno dopoanno è di per sé degno di nota. Nes-suno dei paesi che sono sistematiciviolatori dei diritti umani (Iran, Co-rea del Nord, Bielorussia, Zimbab-we, Sudan o qualunque altro stato)è oggetto di qualcosa di simile alcontrollo incessante e ossessivo, delpregiudizio di colpevolezza fino aprova contraria, che il democraticostato di Israele riceve dagli organi-smi delle Nazioni Unite, con le loromaggioranze automatiche anti-Israe-le, a New York e a Ginevra. Nessunaltro paese è l’obiettivo di questecampagne non–stop, ben finanziatee altamente organizzate per scredi-tare e demonizzare uno stato sovra-no. Nessun altro paese si trova difronte a tali sistematici tentativi diboicottaggio, a campagne di disin-vestimento e richieste di sanzioni,per non parlare di flotte e flottiglie,e intanto coloro che sono dietro tut-to ciò e che sostengono di battersiper i diritti umani, ignorano allegra-mente altri stati come la Siria, dovedall’anno scorso sono state uccisemigliaia di persone, forse perché nonpossono vedervi alcuna connessioneisraeliana. E nessun altro paese hail suo diritto all’autodifesa messo indiscussione come Israele, anche senon fa più di quanto non farebbeogni altra Nazione di fronte a pe-riodici attacchi terroristici e mortaliattacchi missilistici. Ho grande am-mirazione per Israele – per la suadeterminazione, resistenza, coraggioe ingegno. Altre Nazioni avrebberoceduto, dopo 64 anni di ininterrottaostilità, coi nemici che avrebberofatto qualsiasi cosa al mondo perdistruggerli e, non riuscendoci, perdemoralizzarli e isolarli. Ma Israelenon ha battuto ciglio. Si rifiuta dicedere. Continua a sconcertare i suoirivali. I sondaggi rivelano che il suoimpegno per un accordo bilateralecon i palestinesi rimane incrollabile,anche se molti israeliani non posso-no fare a meno di chiedersi se i pa-lestinesi, una volta data loro unapossibilità di sovranità, poi realmen-te condividano l’obiettivo di Israeledi vivere fianco a fianco in pace edarmonia. Inoltre, in una recente in-dagine globale, Israele è risultato al14°posto nella classifica dei paesipiù “felici” al mondo e Tel Aviv siclassifica come una delle migliori de-stinazioni da visitare per i giovani.

Come può essere, si chiedono gliavversari di Israele, che questi “figlidi scimmie e maiali”, come i predi-catori musulmani radicali aperta-mente si riferiscono agli ebrei, rie-scano a puntare così in alto, forti e,sì, ottimisti? Come può essere, sichiedono I suoi avversari, che questa

CNazione di soli 8 milioni di abitanti,partita da soli 650.000 alla sua na-scita nel 1948, abbia ripetutamentesconfitto gli stati nemici arabi moltopiù popolosi che si sono schieraticontro di essa? Come può essere, sichiedono i suoi avversari, che questiebrei, apparentemente condotti almacello come pecore dal TerzoReich, improvvisamente abbianoimparato a difendersi e sconfiggeregrandi eserciti arabi, a soli tre annidal Giorno della Vittoria in Europa?E come può essere, si chiedono isuoi avversari, che Israele, senza ri-sorse naturali di cui parlare fino allarecente scoperta di gas naturale (an-cora da sfruttare), sia diventata unapotenza economica mondiale, cata-pultandosi nell’Ocse, che abbia vin-citori a due cifre di Premi Nobel eche sia tra i primi tre in classificanella nuova lista Nasdaq?

Troppo spesso i nemici di Israelese ne sono usciti con fuorvianti e au-tosoddisfacenti risposte, di solito ela-borate teorie di cospirazione ispiratedagli stereotipi antisemiti. In realtàla risposta è molto più semplice. De-riva da un antico legame tra una ter-ra, una fede e un popolo. Molti han-no cercato di rompere il legame.Tutti hanno fallito. Considerate leparole di Ezechiele, espresse circa2700 anni fa: «Così dice il SignoreDio. Ecco, Io prenderò il popolo diIsraele dalle Nazioni tra le quali èdisperso, lo radunerò da tutti i latie lo condurrò alla sua terra; e Io lirenderò una nazione sulla terra, suimonti di Israele... e la terra abban-donata sarà coltivata... E diranno:

«Altre Nazioniavrebbero ceduto, dopo64 anni di ininterrottaostilità, coi nemiciche avrebbero fattoqualsiasi cosa al mondoper distruggerlie, non riuscendoci,per demoralizzarlie isolarli. Ma Israelenon ha battuto ciglio.Continua a sconcertarei suoi rivali.Il suo impegnoper un accordocon i palestinesi rimaneincrollabile, anchese molti israelianinon possono farea meno di chiedersise i palestinesi realmentecondividano l’obiettivo di vivere in pacee armonia

questa terra che era stata abbando-nata è diventata come il Giardinodell’Eden». Oppure, spostandoci ra-pidamente dall’antico profeta Eze-chiele al profetico Winston Chur-chill: «La creazione di uno Statoebraico in Palestina è un evento nel-la storia del mondo che non deveessere visto nella prospettiva di unagenerazione o di un secolo, ma nellaprospettiva di mille, duemila o tre-mila anni». Churchill aggiunse chela fondazione dello Stato era «unadelle avventure più promettenti e in-coraggianti del 20° secolo». Anzi,continua a esserlo nel 21° secolo. Adire il vero Israele, come tutte le so-cietà democratiche, è un continuolavoro in corso. Resta ancora moltoda fare. Da un sistema elettorale me-no che ideale ai fanatici religiosi cheinvocano “un’autorità superiore” ri-spetto allo Stato, dal dover colmareun enorme divario tra ricchi e poverialla necessità di equilibrare la naturaebraica e democratica del Paese, dal-la decennale ricerca della pace alladifesa del Paese in una regione tur-bolenta, Israele non manca certo disfide. Ma soprattutto Israele è un’av-ventura meravigliosa. Mi sento quo-tidianamente privilegiato per avervisto il compimento delle preghieredi generazioni, desiderose di tornarea Sion dopo il forzato esilio. Per avertestimoniato dell’arrivo degli Ebreisovietici in Israele proprio quandopiovevano dal cielo i missili Scud diSaddam Hussein, a dimostrazioneche Israele non perde l’occasione diaccogliere i nuovi arrivati, rivelandoil carattere della Nazione. Così puredi essermi trovato all’OspedaleRambam di Haifa durante l’attaccomissilistico degli Hezbollah. In unminuto una sirena suona e tutti simuovono tranquillamente o si spo-stano verso i rifugi. Il minuto suc-cessivo, dopo il segnale di via libera,gli scienziati ritornano nei loro la-boratori per continuare le loro ri-cerche all’avanguardia sul cancro,il diabete e le terapie con le cellulestaminali. E, ancora, di essere statoall’Ospedale Barzilay di Ashkelon,dove ricevono le cure mediche le vit-time degli attacchi di Hamas controIsraele, e di aver visto i pazienti pa-lestinesi provenienti da Gaza in stan-ze attigue a quelle dei feriti ebrei.Oppure di aver conosciuto “Salvail cuore di un bambino”, un pro-gramma israeliano che fornisce car-diochirurgia pediatrica salvavita.Molti dei bambini provengono daipaesi arabi che negano la stessa esi-stenza di Israele. E ancora di avervisto scarabocchiare su un muro diTel Aviv, poco dopo che 21 giovaniisraeliani erano stati uccisi in unadiscoteca, la scritta: «Loro non ciimpediranno di ballare». E ancoradi avere visto un arabo israelianoGiudice della Corte Suprema – che,per inciso, si rifiuta di cantare l’innonazionale di Israele – sedersi in unagiuria che ha confermato la condan-na di un ex-presidente israeliano perl’accusa di stupro. No, questo Israelepuò non avere un posto di primopiano nei media, mi spiace dirlo, maè l’Israele che pulsa ogni giorno conl’amore per la vita, per la libertà eper la terra. È l’Israele che conoscoe che amo. Buon 64° compleanno,Israele!

*Direttore EsecutivoAmerican Jewish Committee

(AJC – www.ajc.org)Traduzione di Carmine Monaco

L’OPINIONE delle LibertàSABATO 21 APRILE 2012 7

Page 31: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IICULTURAII

Perché liberarsi del 25 aprile:la retorica non basta ad unircidi GIUSEPPE MELE

ino Cofrancesco convince edha ragione. Il 25 aprile, come

festa civile, laica, nazionale ha fattoil suo tempo e dovrebbe essere abo-lita. È dopotutto il doppione del 2giugno. Certo, ha il fascino di col-locarsi temporalmente dappressoal primo maggio, permettendo, perchi può, ghiotti ponti festivi. È giu-sto il ponte, probabilmente, che dàvalore al 25 aprile.

Per trarre da questa conclusioneun qualche aspetto pratico, nel sen-so della costruzione di una propo-sta politica, come esorta a fare Ca-vallotti, dunque si potrebbe edovrebbe trovare il modo di abro-gare tale ricorrenza; o almeno pro-porsi di farlo. A chi rivolgersi? Ov-viamente al popolo dei moderati,come ultimamente vengono descrit-ti gli eredi della balena bianca de-mocristiana ed affini. A molti peròsembrerebbe di essere come scioltinell’ampia pozza indistinta di in-differenza, noia ed ignoranza. Suqueste pagine Federico Punzi si èarrabbiato con chi, evidentementeil vertice Pdl, usa continuamentel’espressione “moderati”. Ha com-pletamente ragione: i moderati (chepoi sarebbero quelli del centrode-stra) non costituiscono un topospolitico, se non per quell’indolecompromissoria che non vorrebbemai inimicarsi alcuno, potendo contutti alla fine trattare. Poiché gliestremisti (o forse i convinti delleloro idee), sono spesso un po’ matti,sarebbe, secondo l’idea moderata,sempre bene imbonirli appunto conla moderazione. Intesi così i mode-rati appaiono la caricatura centristadi diverse figure dai cattolici ai bot-tegai. Chiaro che Punzi rifiuti que-sto tipo di denominazione politica.Non gli sfuggirà, d’altronde, che sitratta di una definizione spesso ob-bligata, data la difficoltà di collo-cazione del centrodestra. Che si siaricchi o poveri, non è male dire diessere di sinistra. Al contrario, af-fermare di essere di destra spessopuò essere imbarazzante, equivo-cato, male interpretato. Troppa vul-gata è stata sparsa e per troppotempo su ogni cosa avesse saporedi destra, per non lasciare un forteristagno mal olezzante, rugginoso,sì, ma stabile nelle coscienze. Il Pdlpartecipa dei popolari europei: sipuò dire dei suoi elettori e quadriche siano tutti figli di Don Sturzo?

A ben guardare, poi, le difficoltà

Ditaliane si ritrovano in Francia,Olanda, Ungheria, in tutt’Europa.Tutte le formazioni di destra e cen-trodestra faticano a definirsi. Sonoormai un melting pot di persone diprovenienze diverse, dal liberalismo,dalla socialdemocrazia, dal nazio-nalismo, che molto spesso si rinfac-ciano le origini. Sono i più giovani,i più saggi, ad avere chiaro che diper sé tali correnti di pensiero sonoaffreschi del passato, bellissimi mainutilizzabili nei nuovi contesti, senon a pezzi e a seconda delle occa-sioni. Così Punzi ha ragione ma Al-fano per praticità dirà ancora “noimoderati”.

Invece l’idea di cancellare il 25aprile non è per niente moderata,anzi, è una bella provocazione pertutti gli epigoni vecchi e nuovi disinistra. Eppure il 25 aprile è soloun relitto ideologico, buono comeponte festivo. Il ponte politico, in-vece, la mediazione tra diavolo edacqua santa, quest’arte moderata,furono presenti fino all’ultimo pri-ma del 25 aprile ’45, per evitare ladefinitiva resa dei conti ed il prose-guimento della sanguinosa vendettapolitica, anche all’indomani dellafine della guerra. Fu proprio un li-berale, e partenopeo, Cione ches’inventò anche una rivista detta “IlPonte”, tutta dedita a rappacificaremoderatamente, mentre s’ammaz-zavano crudamente, fascisti ed an-tifascisti. Si muoveva in ambito cro-ciano, come solo i crociani sannofare, pronti, se ce ne fosse bisogno,a ricevere sconfessione e scomunicada parte di Benedetto Croce, chemoderatamente, aveva proseguito,da liberale, il suo impegno antifa-scista durante il ventennio, senzamai allontanarsi da casa. Narranole cronache che Cione aveva strettodei contatti con l’entourage di Gio-vanni Gentile che invece era tuttod’un pezzo, sempre liberale ma aldi là della linea gotica. Cronacheancora sussurrano che, per evitareil sodalizio Croce-Gentile e l’ap-proachment dei due grandi hege-liani, sempre pronti a smentire ladefinizione, i gappisti ammazzaronoil filosofo toscociciliano in biciclet-ta.

Ecco cosa possono provocare,ed a loro insaputa e senza colpa imoderati. Dunque per realizzarel’obiettivo di cancellare i ponti fe-

stivi e comportamentali del 25 apri-le non si deve essere moderati. Ilche costringe, con grande rispetto,a fare qualche osservazione a Co-francesco: egli ripete l’espressione“liberaldemocratici” svariate voltein contrapposizione ai fautori del25 aprile partigiano. Egli sa, megliodi chi scrive, che liberaldemocraticiè un’allocuzione centauro, figlia ditempi in cui si dice democratico co-me a conferire il Doc autorizzativoideologico. Molto tempo fa i libe-rali erano sinonimo di notabili. An-che oggi però gli uomini dei poteriforti non sembrano da meno. Ci so-no liberali ad oltranza per la con-correnza, tranne quando riguardila corporazione professionale. Cene sono altri che identificano il li-beralismo con meno leggi, altri conpiù leggi; con meno controlli op-pure con più controlli; alcuni rifug-gono i finanziamenti, altri difendo-no le arti liberali e la cultura,bisognosa dei danari degli ignoran-ti. Esattamente come nelle altrescuole di pensiero, ci sono liberalidi tutti i tipi. Essendo in genere do-tati di vasta preparazione e di ta-lenti, hanno però la caratteristicadi essere pochi. Quando le loro ar-gomentazioni scendono nella mas-sa, perdono di qualità, si fanno con-servatorismo, populismo, reazione.

D’altronde abolire una festa, cheper parecchi è cosa sacra e che co-me festività è cosa buona per i piùin quanto tale, ha bisogno di un so-stegno di massa. Aiuto verrà dallevittime del 25 aprile e dagli ambien-ti fascisti: non c’è da attendersi mol-to, visti gli scarsi risultati ottenutidal tema foibe, che pure era que-stione vinta in partenza. È finitasotto Pisapia, con gli opuscoli ne-gazionisti nelle scuole ambrosiane.Aiuto verrà dai cattolici, ma mode-rato, perché preti ed affini (tra cuiuno che giovanissimo ne fece farefuori sette) parteciparono del san-gue, con buona pace del prete mar-tire Fabrizi di Roma città aperta.Supporto potrà venire dal mondosocialdemocratico, che da quandosi sente come diasporato in patria,soffre per tutti gli sconfitti della sto-ria; ma fino ad un certo punto.

L’ultimo socialista buono, il pre-sidente antipolitico ed antipartiticoante litteram Sandro Pertini fu, di-ciamo, un bel combattente che non

si tirò indietro davanti alla mattan-za. Allora, per riuscire nell’impresaindicata da Cofrancesco, bisognavedere il 25 aprile per quello che è:un nulla. Poiché fu nullo il peso del-la guerra civile neri-rossi nel con-flitto mondiale e fu nullo il ruoloitaliano tra due eserciti occupanti,di cui uno più amabile perché piùvelocemente metteva fine all’agonia.Il rischio di togliere investitura po-polare alla Repubblica è oggi risi-bile. Si può ben riconoscere che tut-to un mito resistenziale vennecreato per dare un background aipartiti dell’esilio. Non eravamo nel-le condizioni di un Irak europeo,con i nostri religiosi chiamati,muezzin occidentali, a prendere ilposto dei seguaci di Batah poichénessuno dava retta ai liberali d’altoprofilo come Sforza? Bisogna alloravedere la continuità del periodo fa-scista con monarchie e repubblicheante e precedenti e illuminarla comeculmine della maggioranza delleidee risorgimentali.

Se il Risorgimento, fatto da li-berali, fu buono, qualcosa di decen-te c’era anche nel fascismo che neè figlio in tanta parte. Esattamentecome boulangismo, bonapartismoe gollismo sono attraversati da unfil rouge. Non si può sempre per-donare nella grande potente demo-crazia “che ha gli anticorpi” ciò cheinvece si condanna violentementenelle piccole, solo perché la primaha la forza di imporsi comunque.Bisogna ammettere di avere sba-gliato di credere ai miti fabbricatiad arte con perizia da ochrana eZdanov, di avere fatto onorare l’au-tore della strage di via Rasella, diavere fatto commemorare ai sindacidi una parte e dell’altra i fatti disangue neri e rossi che ancora, in-credibilmente, mantengono attua-lità in tante menti.

Quando gli hooligans di squa-dre diverse si scontrano e muoiono,non c’è commemorazione che ten-ga. I motivi politici dello scontronon avevano già senso 70 anni fa,immaginarsi ora, Dunque il temadella memoria dovrebbe essere esa-minato come un contributo, magariinvolontario, al terrorismo ed all’-hooliganesimo. Ed i suoi fautori,anche quando amanti di autori li-berali, isolati, non riconosciuti comeattendibili, non stimati, non invitati.C’è dunque una via per liberarci del25 aprile e con essa dell’ingannodello scontro infinito tra guelfi eghibellini.

L’idea di cancellare la festa del 25 aprile non è per nientemoderata. Anzi, è una provocazione per tutti gli epigoni di sinistra, perché ormaiè solo un relittoideologico.I motivi politici delloscontro non avevanosenso già 70 anni fa.Oggi sono addiritturaincomprensibili.I suoi fautori dovrebbero essere isolati,non riconosciuti come attendibili. Liberarsidel 25 aprile vorrebbe dire porre fine allo scontro infinitotra guelfi e ghibellini che dilania l’Italia da troppo tempo

L’OPINIONE delle LibertàMERCOLEDÌ 25 APRILE 2012 7

Page 32: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

IICULTURAII

Quel “ritorno al sogno”firmato Sergio Cammarieredi GRAZIELLA BALESTRIERI

ergio Cammariere: questo è iltitolo dell’ultimo album del-

l’artista crotonese. Come se si ri-presentasse nuovamente al suopubblico. Copertina da mani intasca e aria da poeta di altri tem-pi. Perché in giro di poeti se netrovano pochi e di artisti che rie-scono a sollevare il pianoforte conun dito (tanta è la bellezza e lagrazia con cui viene suonato que-sto strumento), se ne trovano an-cora meno. Ci dispiace dirlo pergli altri, ma quando Cammarieresalì sul palco del Festival di San-remo l’aria intorno era sprecataper lui ed il pianoforte, che un’ani-ma possiede, avrebbe voluto avererotelle per camminare e scapparevia. Cammariere viene da Croto-ne, splendida città del Sud, perlae madre del Mare Ionio. E se seiabituato al mare, perché il mare èmalattia fatta abitudine, non puoifarne più a meno e lo riporti conte in tutto ciò che fai. E ascoltan-do l’album, un po’ a testa bassa,con la riverenza dovuta alla bel-lezza pura, non vengono allamente atmosfere jazz e fumose.Quella di Cammariere è aria pu-lita, vento caldo e tramonti fattidi volti che racchiudono sguardid’amore - «Hai gli occhi degli oc-chi dell’alba che viene per noi(Controluce). Poi ascoltando branicome Ogni cosa di me Controluceo Il Principe Amleto si ha la sen-sazione che la musica, le parole, equella sua voce che si muove con-traria a tutto ciò che va di fretta,riescano ad entrare in una botti-glia di vetro dove per un istantesi riesce a catturare il tempo(«Fermo il tempo per noi e tu nonci credi»). Piena solarità e tempi“agitati”, invece, per il branoTransamericana che riporta alsamba e alle atmosfere latine, ditempo passato alla ricerca del cuo-re felice perduto e della notte, cheè donna e che ridona speranza epreghiera. Proprio come nel branoLa mia felicità, che racconta di unamore che non chiede altro cheun “sì”, poi il resto, quello che èfuturo verrà da sé. L’importante èsolo iniziare e lasciarsi alle spallele difficoltà. Per poi rendere omag-gio ad un altro grande della scenabrasiliana - il del poeta, cantantee drammaturgo Vinicius De Mo-raes - nel brano Come è che ti va.Quasi fuori dall’album è il brano

Sstrumentale Thomas, compostoper pochi o solo per il piacere diessere suonato.

La dinamica del sogno è pre-sente in ogni melodia che Cam-mariere ha composto. E questovale anche per i suoi album pas-sati. Non perché sia un modo disfuggire dalla realtà ma perché -come in un film dai tratti felliniani- tutto ciò che la realtà ti impedi-sce, in un qualche modo il tuocorpo e la tua anima devono rivi-verlo nel sogno. Il sogno, insom-ma, come un prolungamento dellapropria speranza. È quasi impos-sibile ascoltare l’album in mezzoal traffico o all’isteria generale checi circonda. L’arte di Cammariereè fatta di calma, di stati d’animocon le mani in tasca, dipiccoli sussurri del vento.Di mari agitati e di cal-ma apparente. Comeguardare un orizzonteimmutabile a Capoco-lonna, vicino Crotone,dove la storia dominai tempi e dove unacolonna, appunto,riesce ancora a tene-re in piedi quella di-gnità che appartienea popoli perdutima non dimenti-cati. A differenzadi suo cugino Ri-no Gaetano (ricor-dato dai giornalisolo per il venten-nale e poi nuova-mente “abbando-nato”), Cammarierenon esprime rabbia evoglia di “prendere ingiro”. La sua musica èun guardare il marecon l’occhio implaca-bile di chi si ferma epasseggia, mentre lasua voce “schiumo-sa” sbatte sul pianocome l’acqua che siinfrange sullaspiaggia e tornaindietro. È unamusica, quelladell’artista cala-brese, senza sma-nia di vittoria. Alla fine tutti rag-giungono il traguardo e forse,almeno nell’arte, non è importante

arrivare prima degli altri. Tantacura e armonia invadono anche le“pagine” dell’album. Foto in bian-co in nero di un Cammariere sem-pre uguale, un po’ con l’aria damoschettiere del Re (ma senzaspade). Lui ha solo il pianofortee quel cappello in testa che lo fatanto “monsieur” di altri tempi.Come la dedica finale a Pepi Mor-gia (regista e scenografo che hacurato tournèe di grandi della mu-sica come Ornella Vanoni, PaoloConte, Ivano Fossati, Patty Pravo,Mireille Mathieu, Elton John, Da-vid Bowie, Roxy Music e Gene-sis).

La musica di Cammariere nonè malinconia. Piuttosto nostalgicadi qualcosa che non c’è, che nonc’è ancora mai stato. Ma non èsemplice da ascoltare: devi cattu-rare il tempo, il tuo tempo, o ri-

nunciare. Come in amore, pas-sato lo sguardo passa ilricordo. Finito il ricordo nonrimane che il nulla. Tutto ri-mane invece rimane quan-do si ascolta l’ultimo bra-no, Essaouira, tuttomusicale, che porta allamente costruzioni bian-che che si gettano nelmare, gente che cammi-na per i mercati affolla-ti, colori, luci e storieche il mondo “civiliz-zato” tenta di cancel-lare. Ma questo bra-no non chiudel’album, anzi lo apreverso nuovi orizzon-ti. Chi nasce al Sud èabituato a spalancare

le finestre, ad affac-ciarsi e a varcare con-fini. Questo Sergio

Cammariere esce con lemani in tasca dopo unatempesta, per rappresen-

tare la quiete. E ascoltan-dolo viene in mente l’astra-zione di WassilyKandinsky, che invidiavaalla musica l’indipenden-za e la libertà del mezzoespressivo, per lui «arteresa libera da ogni vin-colo di resa dalla real-tà». Cammariere è unodei pochi a far musica,uno dei pochi ancora ad

essere libero nelle sueepressioni. Uno dei pochi artisti,insomma, per cui vale ancora lapena comprare un album.

Con un album omonimo, l’artista crotonese si ripresenta davanti al suopubblico. Copertina da mani in tasca e aria da poeta di altri tempi. È quasi impossibile ascoltare l’album in mezzo al traffico o all’isteria generale che ci circonda. Perché il viaggio onirico di Cammariere è fatto di calma, di stati d’animo, di piccoli sussurri del vento. È come guardare l’orizzonte immutabile della sua terra, dove la storia domina i tempi e dove una colonna riesce ancora a tenere in piedi quella dignità che appartiene a popoli perduti ma non dimenticati

L’OPINIONE delle Libertà DOMENICA 6 MAGGIO 20126

Page 33: Book modelli_l'Opinione delle Libertà
Page 34: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

CONTRO SITI: Resistere. E non perdere tempodi GIUSEPPE MELE

uesto è un testo a luci rosse.Chi non gradisce non legga.

Neanche io gradisco molto, mala recensione del volume di «Re-sistere non serve a niente» di W.Siti, purtroppo lo impone.

Non amo neanche gli articoliscritti in prima persona ma mi cisono dovuto adattare di fronte atanta immateria. Certo sarebbestato meglio non recensire. Sareb-be stato meglio non leggere.

Dicono che non si possono ri-fuggire le esperienze. L’esperienzadi una martellata in capo non èné consigliabile né doverosa, anzi.Resistere si può. Si può resistereal romanzo contemporaneo na-zionale. Certo, il mercato nonconta. Anche se i lettori rifuggo-no, si premiano da soli, si recen-siscono da soli e si pubblicizzanoda soli. Dicono che l’editoria, alcontrario della stampa, non siafinanziata. Ho i miei dubbi. Atutto ciò resistere si può, ignoran-dolo. La narrativa nazionale an-che quando non sembra, di primoacchito, è a senso unico e oscillatra un tetro cupio dissolvi ed unepistolario dolciastro.

L’ultima volta che ci provaicon un romanzo di Parente, i cuiarticoli avevo apprezzato, preci-pitai nel monoscopio di tronisti,di vulve rifatte, di diavoli che ve-stono Prada e respirano Gabbanain un landscape noiosamente in-finito di veline su veline su velinesu veline. La noia ed il Confor-

Qmista, tutto si riduce al tentativodi ripetere quei romanzi moravia-ni, portarli nella modernità e rei-terare le medesime condanne fi-siognomiche, psicoattitudinali,caratterial-etniche, in un impastodi maraviglia montiana e marini-sta, cercata nell’inverosimile enell’affastellarsi di inutili parti-colari ed orpelli. Pitigrilli senzadivertimento, ironia ed orrore dise stessi. L’epater le bourgeois èvecchio ormai; non si epatè piùnessuno. Ed oltre al nudo dei nu-di, c’è solo la noia delle radiogra-fie. Tutto intorno, anche la docciadi design, anche i nuovi poveri edil centro commerciale hanno cosìtanta vita, cosi’ tante cose da mo-strare, da raccontare, da sentireed interpretare.

Invece nulla, il nostro roman-

ziere ben calato diritto e francolo sguardo sul passato, passa e ri-passa la soluta frittatina nel solitoolio, giusto aggiungendo la colzae lo strutto di nuovi sentiti dire,di nuove testimonianze con ritrat-tazione gossippare. Inutile a sé,dannoso agli altri, stupido, inquanto cerca di stupirsi e stupirecon la tiritera della solita condan-

na reiterata che è apodittica,aprioristica, vecchia di due secoli,senza neanche il tentativo di ac-corgersi della vita intorno. Pove-ro il romanziere nazionale e po-veri noi.

Ho comprato e letto l’ultimolibro di Siti, di cui in terza di co-pertina campeggia una bella foto.

Tra un passaggio e l’altro ri-corda che ha 70 anni ed ancorapoco da scrivere. Ne sono grato.Gli auguro una vita, ancora lun-ghissima, di riposo assoluto. Sem-bra che per il libro si sia fattoconsigliare da Gamberale, da Sa-viano e dall’immancabile penti-to.

La lettura conferma tutto ildanno abituale e conseguente.Sempre alla fine l’autore ci avver-te che più o meno tutta la vicendaè inventata. Infatti ci sono soloalcuni ladri un po’ Forza Italia,un po’ Udc, alcuni assassini lorovicini, mezzo siciliani e mezzo si-ciliani emigrati per il mondo. Do-po il Berlusconi ferito, il Berlu-sconi condannato, il Berlusconiammazzato, c’è un Berlusconi im-pagliato e rimandato al potere co-sì come un manichino di cera, co-me un Breznev ed un Francoqualunque. E c’è l’orgia, l’orgiet-ta, l’orgiona; il prezziario – unabuona modella diafana costa cin-quemila. Tutte cose inventantis-sime. Leggi il libro e guardi il te-legiornale; puoi smettere dileggere e proseguire il capitolonel monoscopio TV. Oppure puoismettere di guardare e passare al

testo, che è tradizionale, no è e-book, non fa upgrade, non si ag-giorna; e che importa? La storiae sempiterna e nella pagina stam-pata puoi seguire la tiritera del-l’ultima testimonianza. All’inizioper ribadire subito la propriaclasse ed eleganza, l’autore ci ri-corda le critiche passate, costrut-tive ricevute da Mondadori (tantoper restare sul vago): «Hai scrittoancora un libro per froci». Partedunque con l’intenzione di faredi un etero il suo nuovo protago-nista. Non si interrompe un’emo-zione, però né si nasconde unapulsione. Caro autore, mi dispia-ce siamo sempre nella letteraturafrocesca. Le donne, che siano vec-chie, giovani, belle, cozze, mana-geriali o borgatare, in queste pa-gine non fanno schifo, di più:

repellono. Non sono più gli ori-fizi voluti beluinamente dall’istin-to primordiale del cavernicolomaschio. Sono peggio. Sono liqui-di, sono mucose, sono pappe goc-ciolanti, sono sempre e comun-que, di sotto o di sopra, aprescindere da educazione, con-testo sociale, reddito, skill e pro-fessioni sempre e soltanto pittane,

con la variazione degli omonimiche chiunque può aggiungere osostituire. Orrore puro.

L’unica che sembra salvarsi daquesta mattanza morale e mate-riale da Simposio platonico, èfemmina, ma non donna. Subisceuno stupro socialmente consen-suale ma non ha neanche avutoil suo ciclo mestruale.

L’atto pedofilo dovrebbe faredel suo protagonista un mostro,eppure non può.

Egli è mostro mostruosizzatoab initio, dall’infanzia. La mo-struosità fisica, mentale e psico-rionale non lo lascia mai, anzipervade tutto il mondo intorno.I mostri sono mostri. I matti sonomostri. I normali sono mostri. Gliamici sono mostri. I nemici an-che. Gli uomini, tutti, razza ma-ledetta, sono mostri. A quel puntoil pedofilo momentaneo è comeShreck, un orco simpatico, menomostro degli altri.

Per il resto la noia pervade, ilconformismo pure.

Era il primo aprile 1980, usci-va Frigidaire. Siamo sempre lì, da42 anni.

Aforismi esteromologhi, tec-nicismi, put, poker nuovi ed online, parole nuove per riscriverevetusti concetti. Si chiama frigo-rifero, poi. Fa resistere i cibi alprocesso di olezzante marcitura.

Anche noi possiamo resisterea questa marcescente pustolosaferita irrimarginabile che è la no-stra letteratura nazionale contem-poranea.

PRO SITI: Bel ritratto di una società decadentedi GIUSEPPE TALARICO

ecensendo sulle pagine delCorriere Della Sera l’ultimo

libro di Walter Siti, intitolato Re-sistere Non serve a Niente e pub-blicato dalla Rizzoli, Pierluigi Bat-tista ha notato che si tratta di unaopera letteraria notevole ed im-portante, destinata a suscitare unampio dibattito intellettuale. Allafine della lettura di questo libro,la cui prosa elegante e raffinataincanta ed affascina il lettore, cisi chiede se la forma romanzo siaadatta a descrivere l’epoca con-temporanea, segnata dalla globa-lizzazione e dalla economia finan-ziaria. Nella prima parte del libro,viene narrato un crudele ed atro-ce delitto, compiuto secondo lospietato rito criminale, per elimi-nare una persona che non avevamantenuto gli impegni con unapotente organizzazione criminale.Sempre nelle prime pagine del li-bro, vi è la descrizione di un espe-rimento scientifico che un notoeconomista americano della uni-versità di Yale, Keith Chen, hafatto con gli scimmie, educandoleall’uso della moneta per procac-ciarsi il cibo. Nella prima partedel racconto, il protagonista èuno scrittore raffinato di nomeWalter, il quale ha il problema dicercarsi una nuova casa, poichéè in procinto di essere sfrattatodal suo appartamento. Tommaso,un ricco esponente della finanzaglobalizzata, chiede allo scrittoreWalter di scrivere un libro sulla

Rsua vicenda esistenziale ed incambio acquista la casa, dove loscrittore abita, per consentirgli dicontinuare a viverci. In tal modo,con questo sottile e sorprendentepretesto letterario, la narrazioneprende l’avvio. Tommaso è natoin una borgata situata nellaestrema periferia Romana, unluogo desolato e triste. Il padre,accusato del delitto con cui il li-bro si apre, si trova in carcere,mentre la madre è costretta a cre-scere il figlio da sola, affrontandograndi difficoltà. Tommaso, findai primi anni di scuola, rivela untalento ed una inclinazione per lamatematica. Un avvocato, che tie-ne i rapporti tra la famiglia diTommaso e l’organizzazione cri-minale a cui suo padre apparte-neva, gli offre la opportunità di

proseguire gli studi, facendolo di-ventare un brillante e spregiudi-cato manager. L’identità ed ilprofilo morale e psicologico diTommaso nel libro sono delineatecon uno sguardo lucido e profon-do. Tommaso, nell’era delle eco-nomia finanziaria, diviene un uo-mo spregiudicato che riesce consorprendente intuito a sapere su

quali titoli, nel mercato interna-zionale senza confini delle borse,far confluire i capitali, per rica-varne ingenti profitti. La sua vita,grazie alle grandi ricchezze acqui-site, cambia radicalmente. Vive inuna casa elegante collocata nelcentro storico di Roma, le cui pa-rate sono adornate da dipinti digrande valore. Si sposta con ra-pidità da un luogo all’altro delmondo, tessendo rapporti conesponenti della finanza mondiale.Le sue storie d’amore, che Tom-maso da ex obeso di periferia havoluto avere con donne bellissi-me, sono basate sullo scambio didenaro. Nel suo mondo, il denaroappare una divinità, che comescrisse Shakespeare in un suodramma, riesce a congiungere gliimpossibili e li costringe a baciar-si. Gabrielle, la aspirante attricecon cui ha un rapporto sentimen-tale, nel libro viene presentata co-me una donna cinica e priva disentimenti, interessata soltanto aldenaro. La parte che, nella nar-razione, colpisce di più, è quellain cui compare un personaggioinquietante ed indimenticabile peril suo profilo criminale. Morgan,con cui Tommaso collabora, è unesponente della mafia, che ha fon-dato una banca a Cuba, per farconfluire i capitali criminali nellaeconomia finanziaria globalizzata.In un suo dialogo molto profon-do che ha con Tommaso, Morganconfessa che la mafia non ha piùbisogno di perseguire una strate-gia basata sul terrore ed i delitti,

poiché nell’era della globalizza-zione è possibile ottenere grandiprofitti, grazie alla speculazionefinanziaria.

Questa parte del libro è im-portante e fondamentale, poichémostra, sia pure nella finzione let-teraria, che nella finanza globa-lizzata è difficile e quasi impossi-bile individuare il confine chesepara i capitali leciti da quelliche hanno una provenienza cri-minale. Nella parte in cui in nar-ratore medita sugli effetti deva-stanti che la speculazionefinanziaria può generare nel mon-do moderno, mettendo in diffi-coltà gli stati alle prese con la ge-stione del debito pubblico, lademocrazia viene vista come unaforma di governo della conviven-za civile impotente dinanzi alle

oligarchie finanziarie, che si muo-vono, grazie alle nuove tecnolo-gia, al di fuori di ogni controllo.Il potere reale nel libro viene con-figurato e descritto come una di-mensione della vita collettiva checompete a ristrette oligarchie in-ternazionali, che, detenendo ilcontrollo sulla economia finan-ziaria, possono con le loro deci-

sioni esercitare una influenzaenorme sulle sorti delle nazioni.D’altronde, il narratore che rap-presenta in modo magistrale nellibro la vicenda esistenziale diTommaso, da fine intellettuale ri-corda come nella storia è proprionelle epoche segnate dalla deca-denza economica che la finanzatende a prevalere. Questo fattostorico è accaduto nella Spagnadel secondo cinquecento, in Olan-da nel tardo seicento, e nella In-ghilterra Vittoriana. Tuttavia, co-me giustamente ha osservatoPierluigi Battista nella sua recen-sione, l’immagine del mondo con-temporaneo che il libro proponeal lettore, nel quale la finanza so-vrasta la democrazia, i capitalicriminali inquinano la economialegale e le donne sono tutteescort, appare venata e contras-segnata da un cupo ed apocalit-tico pessimismo. In ogni caso labuona letteratura deve averel’ambizione di cogliere i rischi edi pericoli a cui si trovano espostela cultura e la civiltà moderna. Si-curamente la grande ricchezza in-tellettuale che si è depositata e se-dimentata nel corso degli anninella cultura politica liberale, dicui la liberaldemocrazia è espres-sione, saprà individuare le solu-zioni migliori per conferire unagovernance alla globalizzazione,impedendo che l’economia finan-ziaria soffochi la indipendenza dipopoli. Un libro acuto e profon-do, questo di Siti, che suscita pre-occupate riflessioni.

Niente di nuovo, solo la stancareinterpretazione del vecchio Moravia

In più ci sono solo alcuniladri un po’ Forza Italia, un po’ Udc e qualche amico assassino

Un libro la cui prosaelegante e raffinata riesce a incantare e affascinare il lettore

Un testo acuto e profondo capace anche di suscitarepreoccupate riflessioni

IICULTURAII IICULTURAIIL’OPINIONE delle Libertà DOMENICA 8 LUGLIO 20124 L’OPINIONE delle LibertàDOMENICA 8 LUGLIO 2012 5

Page 35: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

di STEFANO MAGNI

l manifesto “Cambiare la politica,fermare il declino, tornare a cre-

scere” è sicuramente la proposta po-litica più interessante nel nostro Pae-se. Chi scrive ha aderito almanifesto, dunque non posso for-mulare un’analisi del tutto asettica.Ritengo, comunque, sia utile vederetutti i limiti di questo progetto. Senon altro per prevenire eventuali de-lusioni. E di delusioni, per i liberali,ce ne sono state tantissime nell’ul-timo ventennio. Sperando che alme-no questa non sia l’ennesima delu-sione, ma sia, anzi, la premessa diuna vera svolta, vediamo di analiz-zare le caratteristiche fondamentalidi ogni singolo elemento che costi-tuisce ogni nuova proposta politica.Prima di tutto: il programma. Giàè bene (e un bene raro) che si partadal programma e dalle idee. Finorai progetti politici italiani sono partitida un’ideologia da acquistare a sca-tola chiusa (i partiti tradizionali), oda un leader in cui avere fede (i par-titi nati dopo il 1992). Tutti hannoproposto un programma o chiestoalla loro base di formularne uno.Operazioni di facciata. Quel checontavano erano le élite partitiche,teoricamente detentrici dell’ideolo-gia, oppure il leader che fa e disfa iprogrammi e le alleanze a secondadelle sue momentanee intuizioni.Partire seriamente da un program-ma e costruire, attorno ad esso, siala struttura del partito che la classepolitica che lo dovrà guidare, è giàun grande passo avanti. Vediamolo,

I

allora, questo programma.

Punto uno: Ridurre l’ammontaredel debito pubblico: è possibile scen-dere rapidamente sotto la soglia sim-bolica del 100% del PIL anche at-traverso alienazioni del patrimoniopubblico, composto sia da immobilinon vincolati sia da imprese o quotedi esse.

Bene, niente da obiettare.

Punto due: Ridurre la spesa pubbli-ca di almeno 6 punti percentuali delPIL nell’arco di 5 anni. La spendingreview deve costituire il primo passodi un ripensamento complessivo del-la spesa, a partire dai costi della ca-sta politico-burocratica e dai sussidialle imprese (inclusi gli organi di in-

formazione). Ripensare in modo or-ganico le grandi voci di spesa, qualisanità e istruzione, introducendomeccanismi competitivi all’internodi quei settori. Riformare il sistemapensionistico per garantire vera equi-tà inter—e intra—generazionale.

Bene, anche se andrebbe appro-fondito. Si deve render chiaro chesanità e istruzione possono e devonoessere privatizzate. Si potrebbe chia-ramente introdurre qualche misu-ra-ponte, come il buono scuola perl’istruzione o il buono sanità nel si-stema sanitario, in modo da permet-tere agli italiani meno abbienti discegliere il servizio (privato) miglio-re. Spero non si cada ancora nellatrappola della concorrenza fra pub-blico e privato. Perché il primo, gra-zie ai suoi privilegi, finirebbe perschiacciare il secondo, come è suc-cesso sinora in tutti i settori. Anchesulle pensioni è meglio essere chia-rissimi sin da subito. La riforma fun-ziona solo se si introduce il sistemaa capitalizzazione (come in Cile), incui ciascun lavoratore risparmia persé, investendo in un fondo pensioneprivato, invece che pagare i contri-buti allo Stato. Finora noi abbiamoassistito a finte riforme della previ-denza, in cui lo Stato si è limitato arimandare l’età pensionabile, per farpagare più contributi. Ma di frontead una popolazione che invecchia,questo metodo è destinato comun-que ad esaurire le risorse, nel mo-mento in cui i giovani che lavoranovengono superati numericamentedai pensionati da mantenere. Il si-stema a capitalizzazione non por-

rebbe alcun problema di età: vai inpensione quando lo decidi tu e pren-derai quello che tu hai deciso di ri-sparmiare e investire. È l’unico mo-do di garantire l’ vera equità inter -e intra - generazionale.

Punto tre: Ridurre la pressione fi-scale complessiva di almeno 5 puntiin 5 anni, dando la priorità alla ri-duzione delle imposte sul reddito dalavoro e d’impresa. Semplificare ilsistema tributario e combatterel’evasione fiscale destinando il gettitoalla riduzione delle imposte.

Viviamo nel Paese con la più al-ta pressione fiscale del mondo. Pa-ghiamo il 54% (reale) di quel cheguadagniamo. Ridurre questa pres-sione al 49% (sempre in terminireali) vuol dire comunque regalareforzatamente la metà del propriolavoro allo Stato. Il programma di-ce almeno 5 punti, quindi spero so-lo che sia realmente solo una primatappa. Altrimenti non ci sono moltealternative: portar via la metà deiredditi ai cittadini, siano essi pro-duttori o risparmiatori, vuol direstrangolare il Paese nello spazio diuna legislatura. Come sta già avve-nendo, per altro.

Punto quattro: Liberalizzare rapi-damente i settori ancora non piena-mente concorrenziali quali, a titolodi esempio: trasporti, energia, poste,telecomunicazioni, servizi professio-nali e banche (inclusi gli assetti pro-prietari). Privatizzare le imprese pub-bliche con modalità e obiettivipro-concorrenziali nei rispettivi set-

tori. Inserire nella Costituzione ilprincipio della concorrenza comemetodo di funzionamento del siste-ma economico, contro privilegi emonopoli d’ogni sorta. Privatizzarela RAI, abolire canone e tetto pub-blicitario, eliminare il duopolio im-perfetto su cui il settore si regge fa-vorendo la concorrenza. Affidare iservizi pubblici, incluso quello ra-diotelevisivo, tramite gara fra impre-se concorrenti.

Benissimo, nulla da obiettare.

Punto cinque: Sostenere i livelli direddito di chi momentaneamenteperde il lavoro anziché tutelare ilposto di lavoro esistente o le impreseinefficienti. Tutti i lavoratori, indi-pendentemente dalla dimensionedell’impresa in cui lavoravano, de-vono godere di un sussidio di disoc-cupazione e di strumenti di forma-zione che permettano e incentivinola ricerca di un nuovo posto di la-voro quando necessario, scoraggian-do altresì la cultura della dipendenzadallo Stato. Il pubblico impiego deveessere governato dalle stesse normeche sovrintendono al lavoro privatointroducendo maggiore flessibilitàsia del rapporto di lavoro che in co-stanza del rapporto di lavoro.

Sicuramente meglio del posto fis-so o della cassa integrazione. Sareb-be un sistema di welfare molto piùleggero. Purché sia da intendersi co-me un sistema transitorio. Quel chenon c’è scritto nel programma, e cheinvece è di fondamentale importan-za, è la libertà di licenziare. Un wel-fare leggero avrà senso solo se unimprenditore ottiene la piena libertàdi risolvere, quando e come vuole,un rapporto di lavoro nell’aziendadi sua proprietà. Altrimenti anche

un welfare leggero diverrebbe unaburocrazia in più. Forse, in un pe-riodo come questo, parlare di licen-ziamenti non è popolare. Spero chei promotori del manifesto lo abbia-no sottinteso e scritto nel loro pro-gramma almeno con l’inchiostrosimpatico.

Punto sei: Adottare immediatamen-te una legislazione organica sui con-flitti d’interesse. Imporre effettivatrasparenza e pubblica verificabilitàdei redditi, patrimoni e interessi eco-nomici di tutti i funzionari pubblicie di tutte le cariche elettive. Instau-rare meccanismi premianti per chidenuncia reati di corruzione. Vannoallontanati dalla gestione di entipubblici e di imprese quotate gli am-ministratori che hanno subito con-danne penali per reati economici ocorruttivi.

Qui iniziano i primi problemi. Inuna logica statalista, dove comun-que la politica mantiene il primatosul mercato, hai bisogno di leggi sul-la trasparenza e il conflitto di inte-resse, lotta alla corruzione (comenell’Urss di Andropov?) e meccani-smi di epurazione. Sono leggi sem-pre fallimentari. Perché chi controllail controllore è spesso e volentieri ilprimo ad essere corrotto, colluso ein conflitto di interesse: è un esitoiscritto nella stessa logica del poterepolitico. In compenso, in un sistemadi controlli oppressivi, finisce de-nunciato e punito solo l’elementopiù debole, il poverocristo che nonha fatto carriera e sta antipatico atroppi, il parvenu e il figliodinessunocon idee “sbagliate”. Questo puntoprogrammatico contiene il pericolodi una nuova élite di censori. E sìche, per ottenere gli stessi risultati

di trasparenza e veder premiato ilmerito, senza incorrere in leggi po-tenzialmente liberticide, basterebbesemplicemente ricorre alle privatiz-zazioni. Lasciamo che sia il mercatoa selezionare, punire e premiare.

Punto sette: Far funzionare la giu-stizia. Riformare il codice di proce-dura e la carriera dei magistrati, connetta distinzione dei percorsi e avan-zamento basato sulla performance;no agli avanzamenti di carriera do-vuti alla sola anzianità. Introdurree sviluppare forme di specializzazio-ne che siano in grado di far crescerel’efficienza e la prevedibilità delledecisioni. Difendere l’indipendenzadi tutta la magistratura, sia inqui-rente che giudicante. Assicurare laterzietà dei procedimenti disciplinaria carico dei magistrati. Gestioneprofessionale dei tribunali genera-lizzando i modelli adottati in alcunidi essi. Assicurare la certezza dellapena da scontare in un sistema car-cerario umanizzato.

Tante parole, ma manca la ri-forma fondamentale: piena respon-sabilità civile e penale dei giudici.Chi sbaglia (e rovina la vita a uninnocente) deve pagare. Il resto an-drebbe da sé: i giudici diverrebberoimprovvisamente più responsabilied efficienti di fronte alla possibilitàdi una pena.

Punto otto: Liberare le potenzialitàdi crescita, lavoro e creatività deigiovani e delle donne, oggi in granparte esclusi dal mercato del lavoroe dagli ambiti più rilevanti del po-tere economico e politico. Non esi-ste una singola misura in grado difarci raggiungere questo obiettivo;occorre agire per eliminare il dua-

lismo occupazionale, scoraggiare ladiscriminazione di età e sesso nelmondo del lavoro, offrire strumentidi assicurazione contro la disoccu-pazione, facilitare la creazione dinuove imprese, permettere effettivamobilità meritocratica in ogni set-tore dell’economia e della societàe, finalmente, rifondare il sistemaeducativo.

Altro grosso problema di questodecalogo: perché le donne e i giova-ni dovrebbero costituire una cate-goria a sé? Se le donne e i giovanisono discriminati (sempre meno, adire il vero) nelle imprese, è per unaquestione di mentalità. Non puoi ri-formare una mentalità a colpi di ri-forme politiche. Altrimenti finisciper peggiorare il problema: costrin-gere liberi imprenditori ad accettarechi non vorrebbero mai accettare,crea le premesse per una discrimi-nazione ancora peggiore. O la crea-zione di “riserve naturali”, se prefe-rite. Una schifezza, insomma, in cuiil “protetto” si fa parassita e il “pro-tettore”, suo malgrado, lo deve su-bire. Anche qui, sarebbe bastato unsano principio di libero mercato,senza corporazioni, senza ordiniprofessionali, con piena libertà di li-cenziare e assumere: l’unico sistemain cui chiunque (giovane, donna, uo-mo che sia) può farsi strada senzaricorrere a protezioni politiche.

Punto nove: Ridare alla scuola eall’università il ruolo, perso da tem-po, di volani dell’emancipazione so-cio-economica delle nuove genera-zioni. Non si tratta di spendere dimeno, occorre anzi trovare le risorseper spendere di più in educazione ericerca. Però, prima di aggiungerebenzina nel motore di una macchina

che non funziona, occorre farla fun-zionare bene. Questo significa spen-dere meglio e più efficacemente lerisorse già disponibili. Vanno per-tanto introdotti cambiamenti siste-mici: la concorrenza fra istituzioniscolastiche e la selezione meritocra-tica di docenti e studenti devono tra-sformarsi nelle linee guida di un rin-novato sistema educativo. Va abolitoil valore legale del titolo di studio.

Problema: spendere coi soldi dichi? Con le tasse abbiamo già dato.E abbiamo visto che vengono spesemale, proprio perché il gettito vieneallocato con criteri politici, non certo“meritocratici”. Spero solo che que-sto punto programmatico si concre-tizzi nell’unico modo intelligentepossibile: aprendo le porte ai finan-ziamenti privati a favore di istitutie centri di ricerca anch’essi privati.Sarebbe l’unico modo per instaurareun vero regime di competizione framenti, idee e progetti. Va bene l’abo-lizione del valore legale del titolo distudio, inutile pezzo di carta che nonpermette a un datore di lavoro dicapire quanto vali realmente.

Punto dieci: Introdurre il vero fe-deralismo con l’attribuzione di ruolichiari e coerenti ai diversi livelli digoverno. Un federalismo che assicuriampia autonomia sia di spesa chedi entrata agli enti locali rilevantima che, al tempo stesso, punisca inmodo severo gli amministratori diquegli enti che non mantengono ilpareggio di bilancio rendendoli re-sponsabili, di fronte ai propri elet-tori, delle scelte compiute. Totale tra-sparenza dei bilanci delle pubblicheamministrazioni e delle società par-tecipate da enti pubblici con l’ob-bligo della loro pubblicazione sui ri-spettivi siti Internet. La stessa“questione meridionale” va affron-tata in questo contesto, abbando-nando la dannosa e fallimentare po-litica di sussidi seguita nell’ultimomezzo secolo.

Benissimo insistere sull’autono-mia di spesa e di entrata degli entilocali. Male insistere sulle punizio-ni agli amministratori o sulla tra-sparenza dei bilanci locali, dispo-sizioni che appaiono come il fruttodi un centralismo autoritario delnostro passato. Fosse vero federa-lismo, gli amministratori dovreb-bero essere liberi di fare tutte leporcate che vogliono. E poi do-vrebbero essere lasciati fallire, co-me avviene regolarmente negli Usa.Questo programma, invece, spa-lanca una porticina di servizio aun nuovo centralismo, che qualchepolitico conservatore potrebbe be-nissimo imboccare per mantenerelo status quo.

Insomma, già il programma al-terna luci e ombre. E’ l’agenda piùliberale che sia stata scritta negli ul-timi anni, in un’Italia che sembraprodurre solo cacce all’evasore e po-pulismi fondati sulla voglia di nuovidivieti, finti liberali (poi socialistiall’atto pratico) e apologeti del de-funto comunismo. Certo, anche inquesto programma, come abbiamovisto, aleggia lo spettro del sociali-smo e del dirigismo, lo stesso che fi-nora ha affossato l’Italia. Potrà pren-dere una piega positiva o negativa,liberare i cittadini o opprimerli an-cor di più, a seconda di chi si aggre-gherà attorno a questi dieci puntiteorici e li saprà tradurre in azionepolitica. Certo avrei preferitoun’agenda che non avesse dato aditoa questi equivoci e spianato la stradaa simili pericoli.

IIPOLITICAII IIPOLITICAII

Fermare il declino: il manifesto, punto per punto“Cambiare la politica,fermare il declino, tornare a crescere” è sicuramente una delle proposte politiche più interessantinel nostro Paese. Ma è utile vedere tutti i limiti di questoprogetto. Se non altro per prevenire eventualidelusioni. E di delusioni,per i liberali, ce ne sonostate tantissime nell’ultimo ventennio.Partire seriamente da un programma e costruire, attorno ad esso, sia la strutturadel partito che la classepolitica che lo dovràguidare, è già un grandepasso avanti. Proviamoallora ad analizzare ogni singolo elemento che componequesto “manifesto”

K Oscar GIANNINO

L’OPINIONE delle Libertà DOMENICA 5 AGOSTO 20124 L’OPINIONE delle LibertàDOMENICA 5 AGOSTO 2012 5

Page 36: Book modelli_l'Opinione delle Libertà

di ANDREA MANCIA

a Strada del Gusto individuataattraversa per circa 60 km il

cuore del Parco Nazionale delGran Sasso e Monti della Laga, in-teressando due Regioni (Abruzzoe Lazio) e tre Province (Teramo,L’Aquila, Rieti), una serie di comu-ni e le loro frazioni, centinaia dioperatori economici (produttori,agricoltori, ristoratori, albergatori,commercianti) creando un interes-sante itinerario tra antichi borghie paesaggi che già costituisconouna meta obbligata per appassio-nati della natura, sportivi e per tutticoloro che vogliano tuffarsi in que-sta oasi di verde, a pochi chilometridalle grandi città e, in estate, dallespiagge assolate del Tirreno e del-l’Adriatico.

La Strada parte da Montorio alVomano (provincia di Teramo), sisviluppa sulla SS80 seguendo il cor-so del Fiume Vomano (Cusciano,Poggio Umbricchio, Senarica, Ne-rito), fino a Ortolano, deviando poiper raggiungere e attraversare il La-go di Campotosto (il più grande la-go artificiale d’Europa) per risalire(Poggio Cancelli, Comillo Nuovo,San Cipriano) verso Amatrice (Pro-vincia di Rieti). La SS80 è un per-corso stradale di collegamento mol-to importante e suggestivo: è laStrada maestra del Parco che attra-versa il Parco nel territorio di con-fine tra il massiccio del Gran Sassoe la catena della Laga collegandola provincia dell’Aquila con quelladi Teramo.

LQuesto percorso porta alla sco-

perta dei prodotti tradizionali e del-le ricchezze nascoste del territorio.Una vera e propria guida per ad-dentrarsi alla ricerca della tipicitàe della qualità. Significativa è lascelta, come uno dei “capolinea”,di Amatrice, famosa per il sugoall’amatriciana, che ha reso impro-priamente celebre la cucina romananel mondo. Ogni anno ad agostosi tiene la “Sagra degli spaghettiall’amatriciana”. Amatrice deve lasua gloria gastronomica ad unatradizione antica; tanto profondaera questa tradizione, che Amatricedivenne la città dei cuochi dei Papi.Elemento fondante della sua scuolaerano e sono le qualità degli ingre-dienti primari: la carne di primis-simo livello, grazie ai pascoli ab-

bondanti dei Monti della Laga, iformaggi conseguenti e l’acqua, dicui è ricco il territorio amatriciano.

Ad Amatrice, com’è stato affer-mato in precedenza, è presente il“Parco in Miniatura”, un giardinodella conoscenza, dove sono ripro-dotti in scala i monumenti, gli ani-mali e l’intero territorio del ParcoNazionale del Gran Sasso e deiMonti della Laga.

Comunque, tutto l’itinerariodella Strada del Gusto attraversauna zona è quasi autarchica per laquantità di produzioni alimentariche la rendono autosufficiente daun lato e luogo di delizie per i tuttii palati dall’altro. In quest’areahanno vissuto per secoli, importan-ti comunità che hanno lasciatotracce nella storia gastronomica

di progetti che, grazie al sostegnodella ricerca universitaria, pongonoi prodotti del Parco al centro di uninteresse scientifico inedito, comenel caso del progetto miele.

Su altri fronti, attraverso larete degli agricoltori custodi, èstato possibile riscoprire e rilan-ciare tanti prodotti territoriali divera eccellenza, individuando for-me di sostegno e di integrazioneper le pratiche agricole di mon-tagna o dare impulso alle attivitàzootecniche. In questo ambito iprogetti e le attività in corso for-mano nel loro insieme un’ereditàimportante e necessaria, a van-taggio della conservazione dellabiodiversità e per il bene delle ge-nerazioni future.

La proposta di un modellocompatibile e qualitativamente ec-cellente è a tutt’oggi il criterio se-guito dal Parco per lo sviluppo delsistema agricolo e zootecnico. Unmodello che trova fondamento nel-la crescente attenzione per la qua-lità dei prodotti e dei territori diproduzione. Tale consapevolezzaha ispirato l’Ente ad avviare pro-cessi di partecipazione e di condi-visione con i produttori locali, perpercorrere insieme la via della qua-lità e della sostenibilità. Da questopercorso è scaturita una grande re-te di produttori di autentiche ec-cellenze che dialogano costante-mente con il Parco al fine dipreservare le identità tradizionalie le economie locali, a vantaggiodella diversità alimentare e per unconsumo attento e consapevole.

IIAMBIENTEII IIAMBIENTEII

La strada del Gusto nel sentiero del Gran Sasso

Direttore Responsabile: ARTURO [email protected]

Condirettore: GIANPAOLO PILLITTERI

Vice Direttore: ANDREA MANCIA

Caposervizio: FRANCESCO BLASILLI

AMICI DE L’OPINIONE soc. coop.Presidente ARTURO DIACONALE

Vice Presidente GIANPAOLO PILLITTERIImpresa beneficiaria per questa testata dei contributi

di cui alla legge n. 250/1990 e successive modifiche e integrazioni.IMPRESA ISCRITTA AL ROC N. 8094

Sede di RomaVIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA

TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 / [email protected]

Amministrazione - AbbonamentiTEL 06.69549037 / [email protected]

Ufficio DiffusioneTEL 02.6570040 / FAX 02.6570279 / [email protected]

Progetto Grafico: EMILIO GIOVIO

TipografiaL’OPINIONE S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA

Centro Stampa edizioni teletrasmessePOLIGRAFICO SANNIO S.R.L. - ORICOLA (AQ)

TEL 0863.997451 / 06.55261737

Distributore NazionalePRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA E MEDIA S.R.L.

VIA CASSANESE 224, 20090 SEGRATE (MI)

Concessionaria esclusiva per la pubblicitàSISTECO S.P.A. - VIA DEL CORSO 117, 00186 ROMA

TEL 06.6954901 / FAX 06.69549024 / [email protected]

In vendita obbligatoria abbinatacon ROMA NEWS € 1,00

CHIUSO IN REDAZIONE CENTRALE ALLE ORE 20,10

Organo del movimento delle Libertà per le garanzie e i Diritti CiviliRegistrazione al Tribunale di Roma n. 8/96 del 17/01/’96

Il Parco in miniaturaLa tutela di flora e fauna n quest’ottica è stato già creato il “Polo

per il Patrimonio Agroalimentare” diAmatrice, il cui Comune, in omaggio al Par-co e per sottolineare il valore di appartenen-za culturale all’area protetta, ha realizzatonei giardini comunali “Il Parco in miniatu-ra”, in cui sono presentate a scopo educativoe didattico, alcune delle principali emergenzedi fauna e flora. Il Polo fa parte di un vastoprogramma di tutela e promozione che l’En-te Parco ha avviato a favore delle culturelocali e dei prodotti tipici.

Dalla già consolidata esperienza delleStrade del Vino, sono nate in Italia anche leStrade del Gusto, altre volte definite Stradedei Sapori, dedicate alla promozione dei ter-ritori di produzione di diverse specialitàagroalimentari (una o più specialità). Avre-mo quindi strade del gusto monotematiche(Strada del Formaggio…, Strada del Pro-sciutto…, Strada del Riso…, Strada del-l’Olio… ecc), oppure mirate sui diversi pro-dotti tipici di un determinato territorio(Strada del gusto cremonese, Strada dei sa-pori silani, ecc.).

“Strade del gusto”, i nuovi itinerari eno-

I

gastronomici che attraverso i prodotti tipicilocali puntano a far scoprire o riscoprire lecaratteristiche del territori, disegnando undedalo di percorsi fra sapori e tradizione,paesaggi, storia e cultura. Un’azione tesa alegare sempre più i prodotti agroalimentarial territorio.

La Strada del Gusto può e deve rappre-sentare un’importante vetrina per l’area del

Parco del Gran Sasso e dei Monti della La-ga, un percorso creato allo scopo di pro-muovere un territorio caratterizzato da pae-saggi unici, da una storia millenaria, datradizioni antiche e da sapori genuini.L’obiettivo dichiarato è quello di celebrareil territorio nel cuore dell’Appennino, a par-tire dalle produzioni e dai piatti tipici, e tan-tissime delizie per il palato.

L’ampia estensione del Parco, la varietàdegli ecosistemi presenti, le estese superficiboscate e la contiguità con altre aree protettefanno del Parco un territorio adatto allaconservazione della grande fauna che anno-vera specie di rilevante interesse naturalisti-co. Quest’area protetta è un territorio chepresenta un’elevata ricchezza biologica. In-fatti, nel Parco vivono circa 2300 specie ve-getali superiori, oltre un quinto dell’interaflora europea, e più di un terzo del patrimo-nio floristico italiano.

Il Parco Nazionale del Gran Sasso eMonti della Laga, area con un habitat bio-naturalistico di tutto rispetto, conserva in-tatta la magia dei piccoli centri rurali antichi.è il luogo di silenzi inusuali, di verdi vallate,di corsi d’acqua freschi e trasparenti, abitatoda numerose specie di animali e ricco di unaflora rigogliosa e particolare. Per questo of-fre agli escursionisti una varietà notevolis-sima di opportunità, con vette e crinali checonsentono sia al camminatore saltuario cheal più esperto appassionato di trekking ditrovare itinerari sempre nuovi.

Ricca ma poveraUna cucina d’eccezionedi prodotti tipici

K La progettata Strada delGusto intende arricchire questa giàeccezionale offerta turistica e cul-turale promuovendo la fruizione diun’altra ricchezza tipica e tradizio-nale di questa area: i suoi prodottitipici alimentari, base di una gastro-nomia d’eccezione conosciuta in

tutto il mondo. È una cucina ricca,ma non dispendiosa: pochi piatti,fatti con quello che si ricava dall’or-to e dal cortile familiare, come siusa tra gente legata alla terra. Piattiche si trovano solo qui, per cui val-gono il viaggio. Perfettamente inte-grati con i “Sistemi turistici locali”,

gli itinerari enogastronomici pos-sono essere un modo del tuttonuovo per avvicinarsi alla cono-scenza del Parco. La Strada si pro-pone di lavorare attivamente persoddisfare la crescente richiesta diturismo rurale ed enogastronomico;offrire un’organizzazione di servizi

efficiente, accessibile sia dagli ope-ratori, sia dai clienti finali; dare luo-go a prodotti e servizi turistici locali,finalizzati alla valorizzazione delletradizioni della zona interessata;promuovere il territorio, in tutte lesue peculiarità costituite dalle bel-lezze naturali e architettoniche.

della zona. Senza contare le tradi-zioni culinarie e le condizioni cli-matiche ideali per produrre grandisalumi e straordinari formaggi.L’elenco dei prodotti tipici sonoquelli per la cui preparazione ven-gono impiegati esclusivamenteprodotti legati al territorio. Ma, ol-tre ai salumi a Denominazione diOrigine Protetta, ci sono altri pro-dotti della norcineria che proprioqui trovano il loro habitat ideale,come ad esempio la Mortadella diCampotosto.

Non moltissimi, ma ben radicatisul territorio, sono i piatti della tra-dizione che la zona conserva e chesi possono trovare in un viaggionel gusto. Diversi tra loro perchélegati alle materie prime disponibilinelle aree di provenienza, sono ipiatti che un tempo erano “quellidella domenica” e delle occasioniimportanti.

Il progetto di una “Strada delGusto” nasce dal forte impegnoprofuso dall’Ente Parco Nazionaledel Gran Sasso e Monti della Laga,sin dalla sua istituzione, nella tutelae valorizzazione di un territorio edi un ecossistema straordinari eunici. Impegnato nella cura e nellatutela del territorio come nella va-lorizzazione del patrimonio antro-pologico, il sostegno alle attivitàagricole e zootecniche costituisceper l’Ente Parco un ambito di par-ticolare incisività. Un interventoche vede il Parco schierarsi al fian-co di coloro che in montagna por-tano avanti forme di agricoltura edi allevamento sostenibili, e partner

KLa Strada parte da Montorio al Vomano (pro-vincia di Teramo), si sviluppa sulla SS80 se-guendo il corso del Fiume Vomano(Cusciano, Poggio Umbricchio, Senarica, Ne-rito), fino a Ortolano, deviando poi per rag-giungere e attraversare il Lago diCampotosto (il più grande lago artificialed’Europa) per risalire (Poggio Cancelli, Co-millo Nuovo, San Cipriano) verso Amatrice(Provincia di Rieti). La SS80 è un percorsostradale di collegamento molto importante esuggestivo: è la Strada maestra del Parcoche attraversa il Parco nel territorio di con-fine tra il massiccio del Gran Sasso e la ca-tena della Laga collegando la provinciadell’Aquila con quella di Teramo.

L’OPINIONE delle Libertà DOMENICA 28 OTTOBRE 20122 L’OPINIONE delle LibertàDOMENICA 28 OTTOBRE 2012 3