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Breve storia dei giardini dall’antichità al 1800 Breve storia dei giardini dalle origini al 1800 Materiale didattico del corso Progettazione delle aree verdi - © Paolo Semenzato 1

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Breve storia dei giardini dall’antichità al 1800

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Introduzione

Il significato della parola giardino può essere ricondotto all’ebraico gan, che significa proteggere e difendere e oden o eden, piacere e delizia. Il significato del termine derivato dalla combinazione di queste due parole è quindi evidentemente quello di un luogo recintato e protetto ove godere di svago e diletto. Il concetto di giardino del piacere ha origini antiche nella mitologia e nella religione, mentre il disegno e l’organizzazione degli antichi giardini avevano chiari agganci e riferimenti con le pratiche agricole del tempo. La maggior parte delle fedi religiose descrive i giardini come il luogo di inizio o come la destinazione finale della vita sulla terra. Il giardino promesso dei musulmani è descritto come ricco di alberi e giochi d’acqua. Il paradiso terrestre o giardino dell’Eden, descritto nel primo e secondo libro della Genesi, è proposto come un luogo dove vegeta ogni specie di albero, e una natura amica offre abbondanza di frutti. Il termine paradiso, dal persiano antico pairi-dae’-za, significa “parco recintato”, luogo dunque delimitato, a cui solo pochi, i meritevoli anno accesso e da cui chi è indegno viene scacciato. Al di là del valore simbolico legato al giardino, le antiche civiltà attribuivano particolare significato a certe specie, quali l’ulivo, il fico, il crataegus. Non c’è d’altra parte di che stupirsi che in un periodo in cui le carestie erano frequenti, agli alberi più longevi venisse attribuito un particolare valore come simboli di fertilità, vita e nutrimento. E’ per questo che nella nostra tradizione rimangono forti i riferimenti a miti e leggende che se pur, magari, ci appaiono oggi oscure nei loro significati simbolici, sono stati fondamentali nella formazione della nostra civiltà e non possono che essere, almeno in parte, responsabili per il sentimento e le emozioni che ancora oggi in noi suscitano le piante, i giardini ed un certo tipo di “natura”.I giardini babilonesi, egiziani e persianiNon è un caso che la storia dei giardini segua di pari passo lo sviluppo delle principali civiltà. Il giardino nasce quando una certa parte della popolazione acquisisce, grazie allo stabilirsi ed al consolidarsi di una civiltà, sufficiente benessere. La storia della nostra cultura affonda le sue radici e trova le sue origini nella Mesopotamia meridionale (attuale Iraq). In tale terra, dove già tremila anni prima di Cristo, tra il Tigri e l'Eufrate, viveva, in

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Tebe - Casa di un Alto Digniatrio (2000 a.c.)(interpretazione da un dipinto tombale)

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città autosufficienti, un popolo estremamente civilizzato. Qui era ubicato l'Eden, mitico luogo di delizie che si identifica con un giardino sede della creazione. Qui i popoli mesopotamici sono riusciti ad acclimatare le palme (come anche oggi accade nelle oasi sahariane ed egiziane), a proteggere le altre piante che crescono alla loro ombra, a rallentare l'essiccazione del terreno sottostante, a favorire la condensazione notturna e rendere quindi coltivabile la terra del delta.I giardini di Mesopotamia conservarono per lungo tempo un carattere religioso e a poco a poco, con l'espandersi del mondo babilonese verso nord, i giardini acquistarono una maggiore importanza.Verso il VII sec. circa Nabucodonosor II costruiva a Babilonia i celebri Giardini Pensili attribuiti più tardi alla regina Semiramide. Innalzò i suoi giardini lungo i contrafforti della città. Secondo una ricostruzione si vede che erano costituiti da terrazze sovrapposte, dolcemente inclinate su cui scorreva l'acqua di irrigazione. Ciascuna terrazza sporgeva leggermente creando delle piazze con sale e gallerie per il refrigerio. Una larga scala sull'asse fungeva da collegamento. Ogni gradino era sostenuto da arcate, che formavano stanze e corridoi. Su ciascuno di essi erano piantati alberi arbusti e piante fiorite così da dare un effetto complessivo di una montagna artificiale ricoperta dalla vegetazione. La struttura rappresentava un’ardita novità da un punto di vista architettonico (i babilonesi furono i primi ad usare archi per sostenere una struttura), ma ancor di più costituisce un evento forse unico in termini di tecniche arboricolturali e di coltivazione in un giardino pensile. La struttura potante per il terreno coltivabile era realizzata con uno strato di canne ed asfalto, ricoperto da mattoni e gesso e da uno strato di piombo. Gli alberi più grandi d’altra parte erano piantati nei pilastri portanti, che erano cavi e riempiti di terreno coltivabile. Particolarmente complesso doveva anche essere il sistema irriguo, per portare l’acqua contro gravità ai piani più alti.I giardini di Babilonia, a dispetto della loro fama non sembrano aver esercitato un'influenza diretta sui giardini del mondo mediterraneo. Rimangono soprattutto nei riguardi dei greci e dei romani una sorta di sfida, ammirata più per le difficoltà superate che per la loro bellezza.La valle del Nilo fu un altro centro di grande rilievo per le antiche civiltà. Egitto conservò un ruolo predominante per lungo tempo, circa dal 3500 al 500 a. C. Il significato simbolico e religioso di alcuni alberi piante e fiori, quali il loto, il papiro, la palma da datteri, diede origine al loro impiego come specie ornamentali. I ricchi e i nobili costruirono giardini circondati da mura nelle loro residenze. Questi giardini, che costituivano delle vere e proprie oasi, ripetevano nel loro assetto geometrico, l’organizzazione della campagna coltivata e degli estesi sistemi di irrigazione che la caratterizzavano. Erano giardini rettangolari, in cui ripartiti assialmente rispetto alla casa vi erano aiuole fiorite laghetti con uccelli acquatici, filari di alberi, voliere e padiglioni, separati da vialetti o da canali irrigui. Una pergola di vite collegava l’ingresso alla casa proteggendo i visitatori dal torrido sole nord-africano. Le aiuole, semplici e formali contenevano rose, gelsomini, mirti talvolta coltivate in vaso.In tempi più recenti (circa 500 a.C.) i re di Persia crearono lussureggianti giardini del piacere. Si trattava anche in questo caso di imitazioni idealizzate del paesaggio agrario, dove l’impiego dell’acqua per irrigare le piante e rinfrescare l’aria era certamente intriso di simbolismo. Questi giardini descritti da Senofonte – storico greco, (430–355 a.C.) amico di Platone e di Socrate - eserciteranno una grande influenza sulla futura storia dei giardini. I giardini, estremamente simmetrici, erano divisi in quattro parti da due assi ortogonali sottolineati sia da un viale che da una linea d'acqua e all'intersezione degli assi si elevava un palazzo, un padiglione o una fontana.

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I giardini Greci e Romani

Nella Grecia classica, non vi fu rispetto all’oriente, un analogo interesse verso i giardini. Le residenze private erano apparentemente molto modeste rispetto alla magnificenza degli spazi pubblici di socializzazione: l’agora, il ginnasio, il teatro. Le stanze delle abitazioni si affacciavano su di un cortile interno, di solito pavimentato ed ornato con statue e piante coltivate in vaso. Al giardino greco, fino all'epoca classica, non si chiedeva di essere bello, i greci cercavano la bellezza altrove. Il giardino greco era legato da una parte alla sacralità del luogo – giardino consacrato agli dèi, il genius loci, il bosco sacro (il giardino di Calipso descritto da Omero) - e dall’altra alla fecondità del terreno – giardino orto frutteto, giardino utile (i giardini di Alcinoo descritto sempre da Omero). Poco a poco nelle città elleniche il ginnasio esce fuori dalla palestra primitiva per essere completato da boschetti e passeggiate. La scuola dei filosofi di Platone era nel ginnasio alberato dell’Accademia, grande importanza si diede ai giardini degli edifici pubblici come luogo di incontro, di discussione e di rapporti sociali: nascono i “giardini pubblici moderni”.Giardini non dissimili da quelli egiziani e persiani si svilupparono invece nelle province della Grecia imperiale, soprattutto al tempo di Alessandro Magno.

La casa romana seguì, grandi linee, il modello greco. Le case si affacciavano direttamente sulla strada mentre le stanze interne, collegate da un porticato, erano disposte lungo il perimetro di un cortile o atrio (peristilo). La collocazione di questi giardini all’interno della casa garantiva quiete ed intimità, il portico che li circondava forniva adeguato ombreggiamento, si che non vi era bisogno di alberi, e le piante erano per lo più di vaso o in aiuolette rialzate. L’arredo era costituto da bacini e tavole di pietra o marmo e piccole statue. Poco a poco la casa si trasforma per accogliere meglio il proprio giardino, il vecchio atrio si adorna di piante disposte attorno alla vasca centrale, così come testimoniato dalle case pompeiane.Al fine di completare l'illusione si dipingevano i muri con piante acquatiche, così come nelle stanze che non si aprivano sul giardino se ne suggeriva lo scenario attraverso "trompe-l'oeil". I resti archeologici di una città come Pompei e di Ercolano testimoniano tracce di un gusto medio-orientale, egiziano, e greco-alessandrino.Nelle abitazioni di queste due città superato l'atrium, che era dotato di un'apertura nel soffitto e di un impluvium per la raccolta dell'acqua piovana, tramite un corridoio si passava nel peristilio generalmente circondato da ambulacri colonnati, e con la parte interna destinata ad hortus.Vasche e fontane ne facevano un viridarium con le aiuole coperte di fiori e recinte di bosso ed edera. Talvolta il peristilio si estendeva nello xystus, un giardino all'estremità dell'abitazione costruito con regole geometriche e sistemato con alberi piantati a quincunx ovvero a quinconce. Spesso vi si trovavano sculture in marmo o bronzo, pergolati di uve, e canali. Alcune case erano anche dotate di un solarium, un piccolo giardino pensile situato in margine alla copertura con cespugli e piante coltivate in vasi. Sulle pareti dei peristili spesso erano dipinte vedute di giardini e di architetture.Rispetto ai greci tuttavia i Romani affinarono le arti della coltivazione, sia in agricoltura che nell’allevamento di piante ornamentali; la civiltà Romana fu dalle origini fino alla fine della repubblica, prevalentemente basata sull’agricoltura, le città mantennero a lungo carattere rurale e vennero localizzate preferibilmente in aree fertili e pianeggianti, adatte alla coltivazione. Nella letteratura latina troviamo abbondanti testimonianze delle capacità tecniche e delle conoscenze agronomiche dei Romani (Es. De agricoltura di Catone, De Re Rustica di Varrone). Man mano che Roma si ingrandì e divenne più affollata e ricca i patrizi si trasferirono nelle immediate vicinanze della città nel fresco delle colline e della campagna. Le ville di campagna da efficienti complessi agricoli, come descritti da Catone,

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divennero i “rifugi tranquilli” di Catullo, “una serena alternativa ai tumulti della città” per Orazio, luoghi per “l’ozio letterario” e “ gli incontri letterari tra amici” di Cicerone. Esse contenevano giardini assai più ampi e complessi rispetto alle case di città, anche se basati su strutture non troppo diverse. Anch’essi erano composti da una serie di peristili talvolta tra loro collegati ricchi di piante coltivate, piante aromatiche (basilico, maggiorana, timo, rosmarino), alberi da frutto, piante da fiore (rose, gigli, violette, narcisi, gladioli, iris, papaveri, verbene, vinche) ed alberi ed arbusti ornamentali (pini domestici, lecci, allori, mirti, olivi e cipressi, fichi e gelsi). Vi erano anche piccole serre, costruite con pannelli di vetro o di pietre traslucide per la coltivazione delle piante esotiche portate dalle province dell’est. Le serre servivano anche a forzare alcune colture per anticiparne la fioritura e la fruttificazione. I romani svilupparono, e portarono ai suoi massimi livelli l’arte di dare forme artificiali e scultoree alle piante, l’ars topiaria. Alberi ed arbusti sempreverdi, in genere a foglia piccola (rosmarino, bosso, ginepro) venivano modellati e potati in forme assi varie, da quelle geometriche, sfere, coni, piramidi, e quelle più figurative, uomini, animali, fino ad intere scene, talvolta ispirate alla mitologia. Con l’espansione dell’impero ed il contatto con paesaggi lontani e culture del passato, cambia anche la struttura dei giardini di Roma ed, in particolare, di quelli imperiali. L’esempio più grandioso di questi giardini è rappresentato dalla Villa di Adriano e Tivoli (117-138 dC.). Questo complesso, grandioso per estensione ed organizzazione architettonica, conteneva elementi del paesaggio delle colonie dell’impero: la valle di Tempe (il bosco leggendario

The Paul Getty Museum - Malibu (California). Ricostruzione di una villa romana con giardino.

che si diceva avvolgesse la base del monte Olimpo), una replica in scala del porto del Pireo, il tempio di Serapide, l’Accademia di Atene, il Canopo di Alessandria, insieme ad uno stadio, un ninfeo, il teatro marittimo la biblioteca. L’abbondante presenza di vegetazione arborea che con il passare dei secoli ha sempre più avvolto le rovine del complesso fu interpretata dai sostenitori del pensiero paesaggistico romantico alla fine del millesettecento, come un deliberato e cosciente intento dei romani di inserire la natura selvaggia nei propri giardini.

I giardini del medioevo

Con la caduta dell’impero Romano, scomparve in Europa ogni traccia delle tecniche di giardinaggio. A conservare i pochi frammenti delle conoscenze tecniche e scientifiche delle antiche civiltà furono solo gli ordini religiosi, e non è un caso che il giardino del medioevo si sviluppò inizialmente proprio all’interno dei monasteri. Inizialmente si trattava di spazi

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coltivati a fini alimentari; l’incertezza delle condizioni della vita e la mancanza di sicurezza nelle comunicazioni imponevano infatti alle comunità religiose di essere autosufficienti. I chiostri dei monasteri, con le loro coltivazioni che con il tempo divennero più specializzate, ne sono una tipica testimonianze gli orti speziali in cui venivano coltivate le piante medicinali, costituirono a lungo gli unici esempi di “giardini” progettati.Al contrario di ciò che si verifica in Oriente, dove i giardini di delizie non furono in sostanza mai abbandonati, in Occidente quest'arte conosce una lunga eclissi che inizia alla fine del mondo antico. Il giardino in Oriente rimane parte integrante di una concezione religiosa del mondo. In Occidente, la dottrina cristiana non concede molto spazio per il lusso mondano. Privato di tutti i suoi significati religiosi il giardino non poté perciò conservare il suo ruolo

importante nell'ambito della cultura occidentale che, dopo la dissoluzione del mondo romano aveva prodotto un ripiegamento della vita medievale su se stessa entro le cerchia delle mura delle città, ridotte in ambiti ristretti fra torri e bastioni merlati.Infatti l'Europa dal IV sec., ed almeno fino al IX sec. d.C., non poté che evidenziare un quadro desolante delle proprie strutture. Si ridussero gradualmente e si immiserirono i commerci. Si spopolarono le città, la vita cittadina si accentrò intorno alla Cattedrale dove il Vescovo finì per assumere anche funzioni civili e amministrative. In tali condizioni la cultura si andò progressivamente isterilendo e venne meno quasi ogni forma di vita culturale. L'analfabetismo dilagò sia tra il popolo che tra i nobili e persino tra i chierici. Distrutti così gli ideali, la cultura si concentrò e si conservò tuttavia nei monasteri. I benedettini, fedeli alla loro Regola dell' "ora et labora", si dedicavano alla trascrizione dei codici e al lavoro della terra nei piccoli appezzamenti claustrali, dove il giardino aveva assunto una valenza e un'organizzazione particolare, piccola oasi al riparo dall’imbarbarimento in una spirale involutiva senza precedenti. L'incessante succedersi delle ondate barbariche portò a rapida rovina i monumenti e i giardini di tutto l'Impero. Le campagne vennero progressivamente abbandonate e gran parte dei contadini si

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Fontenay (Borgogna) Monastero Cistercense

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raggruppò in nuclei crescenti intorno al castello feudale. Fino al 1200 i giardini romani, come espressione d'arte, vivranno solo come ricordo nelle brevi aree dei chiostri e dei conventi e dei monasteri e nel piccolo spazio all'interno delle cinte dei castelli, delimitati da spesse mura e da alti recinti.Il giardino era impostato nell'aggregato religioso su vialetti ed aiuole attorno al pozzo centrale dove si innalzavano spesso solenni cipressi o fontane, mentre tutto intorno erano i portici che si riallacciavano alla concezione lontana degli antichi peristili.Il chiostro medievale ha avuto un ruolo importante nella trasmissione del giardino antico. Nel giardino monastico del monastero di San Gallo (Svizzera) risalente al primo Medioevo potevamo assistere ad un' "azienda" monastica obbediente alla regola della completa autosufficienza, in una sorta di microcittà cinta da mura nella quale convivevano i luoghi di preghiera e di lavoro, con gli ambienti dei monaci, il palazzo per il re e la sua corte, un ospedale, la farmacia e le foresterie per i poveri. La planimetria del giardino documenta come fosse organizzata e scompartita l'area del grande chiostro accanto alla chiesa comprendente quattro giardini distinti fra di loro. che riguarda le erbe medicamentose per il sollievo dei malati, ed è uno degli esempi documentati di un "giardino dei semplici" medievale. Il terzo nucleo si esprime attraverso un frutteto, il "pomarium", le cui piante si estendono su tredici aree che affiancano le quattordici cimiteriali destinate alla sepoltura dei monaci. Tale cimitero pomario ha un notevole significato allegorico: in esso gli alberi da frutto simboleggiano le virtù della vita ma anche la rigenerazione, legata all'idea della morte come momento di passaggio e quindi di rinascita. Il quarto rappresenta un giardino claustrale che è un esplicito manifesto della simbologia cristologica, sottolineata dall'albero che campeggia al centro, protetto da un'aiuola quadrata e dall'enfatizzazione della forma geometrica si evince il pregnante valore simbolico del "quattro": i quattro fiumi del Paradiso (Tigri, Eufrate, Pison e Ghihon), le quattro virtù cardinali, i quattro evangelisti, i quattro Profeti, i quattro Padri della Chiesa. E' in questo senso un chiaro riferimento al giardino paradisiaco, luogo dei beati. La tipologia dei giardini del convento di San Gallo è testimonianza diretta di una cultura simbolica e materiale che nella società occidentale monastica e laica dal primo Medioevo in poi assurge a modello di comportamento.E' solo a poco a poco che il giardino di delizia conquisterà il suo posto nella vita monastica.Il carattere e l'aspetto del giardino medievale con tutti i suoi significati simbolici sono riscontrabili nei testi mistici e poetici, nelle pitture, negli arazzi, nelle miniature dei codici dei sec. XIV e XV: alte recinzioni in muratura, siepi con giunchi intrecciati, prati fioriti, alberi sempreverdi raggruppati a boschetto, alberi da frutto, pergolati, fontane di marmo, peschiere, canali per l'irrigazione, sedili di pietra.Una trasposizione letteraria si ha nel Decamerone di Boccaccio, seconda metà del '300. Il novelliere fiorentino, nel proemio della terza giornata ci introduce nel giardino trecentesco rifugio dalla peste: (...) fattosi aprire un giardino che di costa era al palagio, in quello, che tutto era dattorno murato, se ne entrarono; e parendo loro nella prima entrata di maravigliosa bellezze tutto insieme, più attentamente Ie parti di quello cominciarono a riguardare. (...) Nel mezzo del quale (...) era un prato dl minutissima erba, e verde tanto che quasi nera parea, dipinto tutto forse di mille varietà di fiori, chiuso dintorno di verdissimi e vivi aranci e di cedri, li quali, avendo i vecchi frutti e i nuovi et i fiori ancora, non solamente piacevole ombra agli occhi, ma ancora all'odorato, fàcevan piacere. Nel mezzo del qual prato era una fonte di marmo bianchissimo e con maravigliosi intagli. (---) Il veder questo giardino, il suo bello ordine, le piante e la fontana co' ruscelletti procedenti da quella, tanto piacque a ciascuna donna et a' tre giovani, che tutti cominciarono ad affèrmare che, se Paradiso si potesse in terra fare, non sapevano conoscere che altra forma, che quella di quel giardino, gli si potesse dare, né pensare, oltre a questo, qual bellezza gli si potesse aggiungere(...) Il giardino tutt'attorno era murato, ma anche le vie interne al giardino sono quasi "chiuse" dai roseti e dai gelsomini, così come lo spazio

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centrale è "chiuso d'intorno" da aranci e cedri. Quasi un gioco di scatole cinesi dove la chiusura sotto forma di muro o di piante, assurge a difesa dal disordine, dai mali del mondo, dalla peste.Con il progressivo ristabilirsi di condizioni politiche ed economiche favorevoli i giardini cominciarono a riapparire anche nei castelli e nei palazzi, dapprima con prevalenti fini utilitaristici (orti, broli, piante medicinali), poi via via più complessi ed elaborati, e con fini ludici e ricreativi. Nascono i giardini segreti, luoghi di piacere, di intrattenimento, di incontri amorosi, ricchi di fontane, aiuole fiorite, vasche di pesci, siepi ed arbusti in forme obbligate, pergolati di rose.Nessun giardino dell’epoca si è conservato nella sua struttura originaria, e i dati a nostra disposizione fanno riferimento solamente alle fonti letterarie, alle miniature ed alla pittura, che hanno dato origine a numerose ricostruzioni. Dall’interpretazione di queste fonti si può dedurre la tipologia del giardino medioevale nella sua forma più evoluta:“Esso doveva occupare terreno piano, regolare di forma quadrata o rettangolare, e dell’estensione di venti iugeri (circa 5 ha), limitato e scompartito da viali spaziosi e recinto da mura di conveniente altezza.Nel mezzo doveva trovare spazio un prato di erba minutissima costellato di molte varietà di fiori e delimitato da filari di aranci e cedri. Al centro del prato una fontana di bianco marmo, formato da una vasca ottagona o circolare con fusto a colonna sormontata da statua; in essa l’acqua appare con numerosi getti, indi ricade nel bacino e per vari canaletti prima occulti e poi palesi, circonda il pratello e poi si allontana per irrigare le varie parti del giardino e per raccogliersi infine in una grande vasca destinata a vivaio. La fontana è coperta da una pergola o da un padiglione sostenuto da colonne; intorno ad essa è uno spazio libero per lasciar posto a sedili e tavoli. Nella parte mediana corre un viale ed altri viali trasversali si incrociano con questo per dividere il terreno in varie parti, ciascuna con propria destinazione; i viali, rettilinei, sono coperti da pergole e fiancheggiati da siepi fiorite. Qualche volta le separazioni fra le parti del giardino vengono attuate mediante piccoli canali. Così scompartito il giardino ha da un lato il verziere od erbaio con piante odorifere o medicinali: menta, salvia, rosmarino, timo, basilico, ruta; dall’altro il recinto dei fiori con rose, viole, gigli, gelsomini, giacinti, lillà. Questi recinti di erbe e di fiori, chiusi da steccati o da siepi sono suddivisi in aiuole di forme regolari, separate tra loro da vialetti e delimitate da piccoli tralicci in legno, molto bassi.Ancora da un lato è il “pomario” con alberi da frutto piantati a schiere regolari e distinti per qualità e specie, e dall’altro l’orto per i legumi, che può essere unito all’erbario. In fondo, sul lato di settentrione, è il “viridario”, formato da alberi sempre verdi, quali pini, cipressi, abeti , allori ulivi, che con la loro massa di fitto fogliame riparano dai venti di tramontana ed offrono rifugio agli animali selvatici che vivono in libertà nel giardino, uccelli, lepri, conigli, caprioli”.da F. Fariello. Architettura dei giardini. Scipioni Editore, Roma 1985

Anche se le conoscenze relative al giardino medioevale sono limitate e derivano soprattutto da descrizioni letterarie, si può senza dubbio rilevare che il giardino medioevale non denota una vera e propria ricerca estetica. L’impianto e assai elementare e risponde ad esigenze prevalentemente utilitaristiche. Essi erano ispirati ad una visione idillica della natura, che ebbe ben più concrete espressioni nella letteratura e più tardi nella pittura. Nei giardini si introducevano tutti gli elementi più belli che la natura potesse offrire, ponendoli senza uno schema preciso gli uni accanto agli altri per il semplice godimento dei sensi: i profumi dei fiori e delle piante aromatiche, il canto degli uccelli la freschezza e la purezza della acque, il sollievo offerto dall’ombra degli alberi. Come per molti altri aspetti delle arti, i giardini del medioevo sono infine più il frutto di una abile professione di giardinieri e manovali, in grado di risolvere con disegni ingegnosi e soluzioni tecnicamente interessanti i problemi di drenaggio, irrigazione, la costruzione di

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pergole, tavole di pietra e sedili di verzura, che non il risultato di regole codificate e tanto meno canoni architettonici.

Il giardino ispano-moresco

Mentre gran parte dell’Europa tentava di riconquistare la civiltà perduta con la caduta dell’impero romano, la Spagna godeva di prosperità e stabilità sotto il dominio dei Mori. Grazie a tecniche architettoniche ed agronomiche assai perfezionate assimilate dalle civiltà con le quali erano venuti a contatto, gli arabi seppero esprimere opere di arte giardiniera di ben più alto significato rispetto all’Europa medioevale. Ville di gran lusso furono costruite, in stile moresco, e con i loro splendidi giardini sono state conservate fino ad oggi. La versione spagnola del giardino moresco è una combinazione tra il concetto del cortile interno dei romani ed il concetto islamico di divisione degli spazi e simbolismo (basato sull’immagine del paradiso descritta nel corano). In attesa delle delizie e dei piaceri del paradiso il maomettano mira a conseguire qualcosa che gli somiglia anche nella vita terrena Gli esempi più significativi sono i giardini di Alhambra e di Generalife a Granada, risalenti al 1400. Il palazzo di Alhambra costruito in collina, è costituito da una serie di palazzine collegate da cortili. La forma del complesso è una chiara risposta al

clima, all’esterno, arido e torrido, esposto ai venti e alla polvere, all’interno fresco ombreggiato e protetto da spesse mura. La tendenza degli arabi alla vita intima ha determinato il carattere fortemente domestico dei loro giardini, sempre caratterizzati da dimensioni contenute e dal rispetto di una scala a misura d’uomo. Anche quando, come in questo caso, il terreno è molto esteso, il giardino è diviso in una successione di spazi chiusi e raccolti, analoghi ai cortili interni delle loro case, detti “patii”. Il giardino 3 cortili principali: il patio dell’Albergo e quello dei Mirti, posti al centro delle sale e degli appartamenti ove si svolgeva la vita ufficiale ed il patio dei Leoni che è al centro degli appartamenti reali. I giardini formano un tessuto connettivo entro cui si svolgono edifici e fortificazioni, perfettamente adattati all’orografia del terreno ed alle esigenze di dimora e di difesa. A causa del clima molto arido, l’acqua assume nel giardino moresco un significato particolare. Uno degli elementi fondamentali nei giardini sono le vasche riflettenti e le

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Alhambra (Granada) - La corte dei leoni

Granada - Generalife

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fontane; da essi si dipartono canalette che attraversano non solo i cortili ma da essi entrano nelle stanze fornendo un sistema di condizionamento dell’aria, semplice, ma efficace nei mesi più caldi. L’acqua consente inoltre lo sviluppo rigoglioso della vegetazione. Essa viene usata per creare drammatici giochi di luce ed ombra all’interno dei patii, per diffondere nell’aria aromi e profumi. Mentre i fiori sono scarsamente usati a causa del clima e della luce non favorevoli. Il gusto del colore si esprime soprattutto nelle architetture con l’uso per pavimentazioni ed intonaci di cotto, piastrelle colorate, ciottoli, smalti. Nel giardino Generalife, a poche centinaia di metri dall’Alhambra consta di alcuni recinti che si svolgono in successione annodati da ambienti vari ed articolati in una composizione mossa e pittoresca. A differenza dei patii dell’Alhambra, dove prevalevano gli elementi architettonici, nei recinti del Generalife prevalgono le piantagioni e l’impiego dell’acqua. Al di là di questi recinti, si estende in pendio il giardino alto, in parte sistemato a ripiani digradanti; ad esso si accede mediante una scala che attraversa un piccolo bosco ed è interrotta da piccoli piazzali di sosta allietata dal rumore dell’acqua che scorre lungo i parapetti in piccoli canali.

Il giardino rinascimentale italiano

La grande rinascita culturale ed artistica, accompagnato dalla riscoperta e rivalutazione di molti aspetti della civiltà classica, inizia in Italia nel XV secolo, per raggiungere il suo culmine nel XVI secolo. Il Rinascimento investe tutto il mondo culturale ed artistico, e quindi anche l’arte dei giardini, che in questo periodo della sua storia risulterà, forse più che in ogni altra epoca fortemente legato all’architettura e alle sue basi teoriche. Leon Battista Alberti (1404-1472) nel suo De Re Edificatoria, egli tratta in modo esteso anche dei giardini, rifacendosi soprattutto a Plinio il giovane ed ai giardini della Roma classica.Nato in una situazione di stabilità politica e benessere economico, il giardino cinquecentesco è una chiara manifestazione del razionalismo umanistico dell’epoca, che affermava il chiaro dominio dell’uomo sulla natura. Così F. Fariello (opera citata) descrive i principali elementi caratterizzanti del giardino all’Italiana del rinascimento traendoli dall’opera dell’Alberti:..... Il giardino come spazio di residenza all’aria libera, adeguato alla magnificenza della casa e perciò come questa, obbediente ad una norma architettonica. La casa partecipa i suoi ritmi al giardino, mediante il suo complesso di propaggini murarie, terrazze, scalee e rampe, condizionandone sia la funzione che il carattere. In siffatta concezione gli elementi naturali ed arborei sono considerati quali mezzi da ridursi in forme volute, così come qualunque altro materiale da costruzione, e l’ordinamento del giardino emana le stesse norme che disciplinano la costruzione murata: simmetria, distese prospettiche, concentramenti di visuale, disposizione di fondali.La prima esigenza cui il giardino è chiamato ad uniformarsi è il collegamento con il paesaggio, nel senso che esso debba disporre di visuali paesistiche, pur assumendo una forma definita ed autonoma, nettamente differenziata dalla natura che lo circonda......................Il luogo è di regola scelto in collina, con pendii talora forti........ il terreno viene ridotto in forme geometriche regolari, con terrazzamenti e spiazzi fra loro annodati mediante scalee e rampe; e nessuna parte vi è lasciata nelle condizioni naturali............I viali, sempre rettilinei e tra loro ortogonali, scompartiscono il giardino con geometrico determinismo e dirigono le visuali verso punti interessanti, ove elementi plastici, fontane motivi decorativi, sapientemente ubicati, rompono l’uniformità dei tracciati.L’acqua non appare mai nel suo aspetto nativo, ma sempre in forme artificiali ed impiegata con l’esclusivo intento decorativo nelle sue possibilità dinamiche di salienti (zampilli) e cadute (cascate, fontane). Essa segue un percorso rettilineo: nel suo procedere, forma

Breve storia dei giardini dalle origini al 1800

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cascate, catene d’acqua, fontane e giochi vari, per poi raggiungere nelle parti più basse, le superfici di indugio, rappresentate da vasche e bacini.Il giardino rinascimentale è come è stato detto caratterizzato da una netta prevalenza degli elementi architettonici su quelli vegetali, tanto che anche questi assumono, grazie alla riscoperta dell’ars topiaria, di cui i romani erano stati cultori, forme e funzioni eminentemente architettoniche. Si preferiscono perciò le piante sempreverdi che come la pietra e gli altri elementi artificiali, mantengono costante il loro aspetto e possono essere meglio controllate nel loro sviluppo: il leccio, l’alloro, il bosso , i cipressi sono le specie più usate. Esse appartengono anche al paesaggio naturale della Toscana e del Lazio, ma nei giardini assumono forme e carattere del tutto diversi. Il contrasto di colore è prevalentemente tra il verde e il bianco del marmo o i colori della pietra. Tuttavia contrariamente al luogo comune che indicava i giardini rinascimentali come privi di fiori, oggi si ritiene che le piante erbacee e le fioriture fossero una componente importante anche nel giardino all’italiana. Nei vasi di cotto, spesso impiegati al margine dei viali e della aiuole, sono piantati cedri, limoni ed aranci. Il disegno dei suoi spazi segue le precise regole di una architettura che si fonda su precisi canoni geometrici e matematici.Entro questo schema formale giochi e curiosità non mancano mai nel giardino all’italiana, famosi sono gli organi idraulici di Villa d’Este a Tivoli, gli automi, gli scherzi d’acqua di molti giardini ed i labirinti. Lo scherzo e l’arte dello stupire si andranno tuttavia affinando e raggiungeranno i risultati più spettacolari nel secolo successivo, nel periodo Barocco. In pochi anni le idee si precisano, si caratterizzano e, aderendo alla nuova realtà riconoscono la piena capacità dell'uomo di essere arbitro dei propri destini e capace di ogni miracolo. Il giardino rinascimentale è concepito anche come nutrimento della mente e dello spirito e, a questo scopo, infarcito di allusioni dotte che derivano dalle scene della mitologia antica e da figure pastorali, da satiri e da ninfe rappresentati nelle statue.Assistiamo nel '500 ad un vero fiorire di iniziative: villa Medicea di Castello, iniziata nel1538 da Cosimo dei Medici su progetto del Tribolo, famosa per l'adozione di elementi che avranno fortuna applicativa, quali grotte e figure mistiche, un isolotto in un bacino, un viale con piccoli canali laterali. A Firenze il giardino cinquecentesco nasce come giardino dell'intelligenza, coniugando l'idea di "utilitas", di orto, di campagna, con l'idea di svago, di riposo dalle cure quotidiane, di "otium" intellettuale. A Roma i colli offrono quella posizione privilegiata che li aveva fatti divenire i "luoghi di delizie" dell'antica Roma. L'interesse degli artisti fu più concentrato sulla sistemazione scenografica del giardino che sull'architettura della villa. E' in queste ville, nei dintorni di Roma, che il giardino italiano assume quella forma definitiva e compiuta che faranno una delle creazioni più brillanti della Rinascenza.Jacopo Barozzi detto il Vignola, vero arch. paesaggista dell'epoca, fu il massimo creatore dei giardini del '500 e autore di alcune dei più bei giardini di quel periodo e di tutti i tempi. Egli nel 1559 inizia i lavori per il cardinale Farnese del "giardino grande" di Caprarola. I giardini pensili sono stati concepiti in modo da essere una naturale prosecuzione all'aperto della casa. Ai giardini, progettati secondo il rapporto modulare basato sul quadrato, si accede attraverso due ponti alle cui estremità sono collocate due statue per parte rappresentanti le 4 stagioni. Una pittoresca "catena d'acqua", che scaturisce da una grande fontana detta "dei fiumi", conduce al giardino segreto.Lo stesso Vignola nel 1566, mentre è ancora impegnato nella realizzazione della villa di Caprarola, inizia la realizzazione a giardino, per il Cardinale Giovanni Francesco Gambara, di una parte del parco rustico della vicina Bagnaia, ottenendo un complesso che è tra i più bei giardini del Rinascimento (oggi Villa Lante). Al Vignola appartengono anche le correzioni e il rifacimento del borgo integrando il palazzo vescovile alla dimensioni del giardino quadrato della villa.La chiarezza e la rigidità modulare architettonica basata su una serie di quadrati, la successione prospettica delle terrazze del giardino collegate da un calibrato gioco di pendii, scale, fontane, riflettono il razionalismo dell'epoca che afferma il dominio dell'uomo

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sulla natura. A un siffatto giardino si contrappone l'impianto del barco con i grandi lecci sempreverdi e la fontana del Pegaso con i busti delle Muse. Elemento protagonista è l'acqua associata ad elementi plastici ed architettonici. A VILLA D’ESTE, forse più che altrove, si celebra il dominio dell’uomo sulla natura per magnificare il potere e il fasto del proprietario. Il napoletano Pirro Ligorio realizza per il Cardinale Ippolito d'Este, nominato governatore di Tivoli, la sublime espressione paesistica del '500: Villa d'Este a Tivoli. L'opera, realizzata dal 1550 al 1569, sfrutta tutte le risorse dell'ambiente naturale "educandole" secondo i principi rinascimentali. Livella i pendii secondo due direttrici principali, utilizza il patrimonio idrico nelle sue infinite possibilità, struttura la ricca vegetazione compensando spazi aperti e chiusi, viali, prospettive, fondali. La vegetazione, le pietre, i marmi, sono visti tutti in funzione dell'acqua che sgorga in mille forme. Villa d'Este, esemplare completo e perfetto del giardino cinquecentesco, nel suo legare l'architettura al giardino e il giardino con il paesaggio, e che utilizza l'acqua come elemento decorativo non meno importante del verde, diviene la insuperata meraviglia del tempo. Afferma il Ligorio:" si vuole che i giardini di Villa d'Este abbiano...forme fantastiche et come è in sogni fatte per recare stupore e meraviglia". Si anticipano così i sentimenti controversi che, nella seconda metà del '500, allorché la serena fiducia nel potere assoluto dell'uomo sulla natura comincia a venir meno, animeranno i giardini manieristi, dove la natura verrà intesa e rappresentata come un universo magico e segreto che suscita paura e sorpresa, che affascina e intimorisce. La prospettiva lineare del giardino progressivamente si inizierà a deformare, il bosco si farà sempre più vicino, la statua classica diverrà un mascherone mostruoso e si entrerà nel giardino con il sentimento di avvicinarsi ad un mistero che la fantasia vuole contemplare e la ragione capire.

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Niccolò˜ Tribolo - Villa Medici a Castello

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Gli esempi di maggior importanza del giardino rinascimentale sono:A Firenze e nei dintorni:Giardino di Villa Cafaggiolo, realizzata da Michelozzo per Cosimo de’Medici nel 1451 (Sede dell’ Accademia Platonica)Giardino di Villa Medici a Careggi, realizzata da da Michelozzo per Cosimo de’Medici nel 1457Giardino di Villa Medici a Fiesole, realizzata da da Michelozzo per Cosimo de’Medici nella seconda metà del 400Giardino di Villa Medici di Castello realizzata da Niccolò’ Tribolo per Cosimo de’Medici nel 1538 Giardino di Villa di Pratolino (Firenze) (1568-1581)Giardino di Villa Petraia (Firenze)Nel LazioGiardino di Villa Medici a Roma, realizzata da Annibale Lippi per il Cardinale Ricci di Montepulciano nel 1544Il cortile del Belvedere in Vaticano, realizzato da Bramante per il Papa Giulio II a partire dal 1503Villa Chigi (Farnesina) a Roma, realizzata da Baldassarre Peruzzi per Agostino Chigi nel 1509Villa d’Este a Tivoli realizzata da Pirro Ligorio per il cardinale Ippolito II d’Este a partire dal 1550Giardino di Villa Lante a Bagnaia realizzata da Giacomo Barozzi detto il Vignola per il cardinale Giovan Francesco Gambara nel 1568Giardino di Villa Orsini a Bomarzo (detto il Sacro Bosco di Bomarzo), realizzato da Vicino OrsiniNell’Italia SettentrionaleGiardino Giusti di Verona, realizzati nel 1500 dalla famiglia Giusti del Giardino, oggi trasformati e ristrutturati.

Il giardino barocco

E’ difficile stabilire con esattezza il passaggio dal giardino rinascimentale a quello barocco, poiché gran parte degli elementi tipici del giardino rinascimentale si ritrovano anche nel 600: terrazzamenti, giochi d’acqua, decorazioni con aiuole simmetriche. Anche nel 1600 il giardino viene concepito infatti come una struttura prevalentemente architettonica, tuttavia, alle norme di equilibrio, di simmetria e di compiutezza che caratterizzavano il giardino rinascimentale si aggiungono la passione per gli effetti pittoreschi, scenografici e teatrali.Anche se la regola architettonica domina sovrana essa appare animata da una ricerca di movimento tendente ad attenuare l’implicito rigido schematismo cinquecentesco, al fine di rendere la composizione più articolata ed anche più ricca di valori plastici. E tutto si manifesta con l’uso più libero di grandi curve ad ampio respiro e di tracciati, sempre regolari e rettilinei ma svincolati da quel semplicistico criterio di ortogonalità che in precedenza era stato adottato quasi senza deroghe.Si aggiungono dunque tracciati circolari, ellittici, diagonali, vengono introdotte vedute prospettiche numerose e meno definite, che mettono in relazione natura ed architettura. Nella ricerca di movimento e di fusione di forme, volumi, colori, si evitano contrasti troppo definiti, gli angoli vengono addolciti, i contorni divengono meno netti, si tende insomma a forme più naturali.

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Le piante riacquistano un ruolo talvolta preponderante sulle architetture, esse vengono lasciate al loro naturale sviluppo e raggruppate a formare bosco che gradualmente si fonde con il paesaggio circostante. Le vasche e le fontane acquisiscono forme meno geometriche e i giochi d’acqua assumo aspetti meno architettonici

Villa Garzoni a Collodi (LU)

e più pittoreschi, secondo le tendenze della pittura e della scenografia teatrale. Il teatro e la rappresentazione assumono un ruolo importante nei giardini. Sono spesso presenti teatri d’acqua, che costituiscono una vera e propria invenzione scenografica del giardinaggio seicentesco e i teatri di verzura, i cui palcoscenici spesso costellati da statue dei personaggi della commedia dell’arte sono racchiusi da cortine di sempreverdi.

Tra gli esempi più significativi dei giardini seicenteschi vanno ricordati:Lazio e ToscanaGiardino di Boboli a Firenze, iniziato da Niccolò Tribolo nel 1549, realizzati da Bartolomeo Ammannati per Eleonora di Toledo, sposa di Cosimo I de’ MediciGiardino di Villa Borghese a Roma, realizzato dal Cardinale Scipione Caffarelli Borghese, nipote del Papa Paolo V, nel 1613.

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Villa Dora Pamphili a Roma, realizzata da Alessandro Algardi per Camillo Pamphili, nipote del Papa Innocenzo X nel 1644Giardino di Villa Aldobrandini a Frascati, realizzato da Giacomo della Porta e Carlo Maderna tra il 1598 e il 1604, per Pietro Aldobrandini, nipote di Papa Clemente VIIIVilla Marlia a LuccaVilla Garzoni a Collodi, realizzata dal marchese Romano Garzoni tra il 1633 e il 1682 e completata da Ottaviano Diodati. Lombardia e VenetoNel 1600Isola Bella - Lago Maggiore realizzata per il Conte Carlo Borromeo e suo figlio Vitaliano nel 1630.Villa Barbarigo a Valsanzibio (Padova), realizzato da Luigi Bernini per Zuane Francesco Barbarigo e suo figlio Antonio.Nel 1700Villa Marzotto a Trissino, realizzata nella seconda metà del 700 da Francesco Muttoni per la famiglia MarzottoVilla Pisani a Stra (Venezia), realizzata da Girolamo Frigimelica per il Doge Alvise Pisani nel 1730

Il giardino francese

Le condizioni di stabilità politica e di benessere economico che avevano caratterizzato l’Italia del 1400 e del 1500, si verificarono in Francia più tardi. La guerra dei cento anni che terminò alla fine del 1400 impedì all’aristocrazia francese di assimilare le nuove tendenze artistiche e culturali sviluppatesi in Italia fino al secolo successivo. Gli elementi dello stile italiano furono applicati nel sedicesimo secolo in molti castelli francesi, tuttavia fu solo nel 1600 che i giardinieri francesi svilupparono un proprio stile progettuale, che per due secoli rimase il modello architettonico da imitare in tutta Europa. Nel XVII secolo la Francia aveva raggiunto il suo periodo di massima ricchezza ed era divenuta arbitro del gusto e della moda in tutta Europa. Il potere politico ed economico accentrato nelle mani di pochi aveva portato all’accumulo di grandi ricchezze, e alla necessità di manifestare prestigio ed opulenza con dimore regali, ed immensi giardini. I giardini francesi sono particolarmente famosi per i loro parterre. L’origine del parterre è da ricercarsi nell’uso di siepi e bordure per delimitare le aiuole nei giardini speziali del medioevo.Tuttavia la realizzazione di complessi ricami attraverso l’uso della vegetazione e di ghiaia colorata o fioriture divenne ben presto un esercizio formale ed artistico fine a se stesso, ove gli aspetti decorativi avevano totalmente superato quelli funzionali. Le caratteristiche del clima e del paesaggio della Francia settentrionale furono determinanti nell’influenzare le caratteristiche dei giardini francesi. La pianura era in gran parte coperta da boschi ed i giardini furono aperti nella foresta, e la leggera ondulazione del terreno, utilizzata per creare piccoli dislivelli tra gli ampi terrazzamenti del giardino, digradante dal castello verso il bosco, e consentendo così la visibilità dei parterre dall’alto. Le vedute verso l’esterno erano limitate. Fiumi dalle acque lente e zone di palude si prestarono alla realizzazione di fossati, canali e grandi vasche di acqua ferma per riflettere le architetture e la vegetazione. La struttura sociale e politica della Francia del Re Sole influenzarono la progettazione dei giardini almeno quanto i caratteri del paesaggio .Il disegno rigidamente assiale, la simmetria, le proporzioni matematiche e le prospettive infinite riflettevano la ricchezza, il potere e la rigidità della gerarchie sociali del paese. L’uso della anamorfosi per modificare la percezione della prospettiva costituisce l’elemento fondamentale nella composizione dei giardini di Le Notre.

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Nel bosco attorno al giardino venivano tagliati a raggiera numerosi viali per favorire gli spostamenti nelle battute di caccia. Questo schema a stella venne incorporato non solo nell’architettura dei giardini ma anche nella progettazione urbanistica, come è evidente nei viali parigini, nella pianta di Washington D.C. etc. A differenza dei giardini all’italiana in cui furono coinvolti prevalentemente architetti, i giardini francesi vennero progettati in gran parte da ‘giardinieri’. Giardiniere era anche Andrè le Notre il più famoso dei progettisti francesi, autore di molti giardini tra cui i più noti quelli di Vaux le Vicomte (1650-1661), Versailles (1661) Sceaux. Figlio di Jean Le Notre, capo giardiniere del re, e responsabile dei giardini delle Tuileries, prese l’incarico del padre nel 1637 e lavorò alle Tuileries e ai giardini del Lussemburgo. Il suo primo grande progetto, dove poté sperimentare senza limiti tutte le sue nuove idee fu il giardino di Vaux le Vicomte.Vaux le Vicomte fu progettato dal Le Notre per il ministro delle finanze di Luigi XIV, Nicolas Fouquet a partire dal 1657. Progetto grandioso e costosissimo fu realizzato in un tempi brevissimi. (il castello, progettato da Louis Le Vau, fu edificato in un solo anno di lavoro). Alla festa di inaugurazione il 7 Agosto 1661, la grandiosità dello spettacolo che si presentò

agli occhi degli invitati fece insinuare nella mente del re, certamente l’invidia per un palazzo ed un giardino che neppure lui possedeva, ma soprattutto il sospetto, probabilmente fondato, che il Fouquet avesse abbondantemente attinto alle casse dello stato per ultimare l’opera. Ciò costò assai caro al Fouquet, che alla fine dei festeggiamenti, il 17 Agosto 1661, venne imprigionato e mai più liberato.Subito dopo, anche spronato dal suo nuovo ministro Jean Baptiste Colbert, il re incaricò Le Notre e gli architetti che avevano progettato Vaux le Vicomte ad intraprendere subito i

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Andre’ Le Notre - Vaux le Vicomte

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lavori per la realizzazione della reggia a Versailles e per quello che doveva divenire il giardino più grandioso e celebrato della storia

. Altri giardini in stile francese di grande rilievo sono:Il castello di Chantilly, progettato da Le Notre per il principe Luigi di Condé nel 1663.Il Domaine di Marly, realizzato da Le Notre per il Re Sole nel 1676Il Catello di Sceaux, realizzato da Le Notre per Jean Baptiste Colbert nel 1670Il giardino alla Francese ebbe grande diffusione in tutta Europa ed in particolare in Germania (Schwetzingen presso Würzburg, Nymphenburg presso Monaco, Sansouci a Potsdam), Olanda (Het Loo, Austria (Shöenbrunn a Vienna), in Italia (La palazzina di caccia di Stupinigi, vicino a Torino, realizzata dal Juvara, la Reggia di Caserta realizzata dal Vanvitelli) ed anche Inghilterra Hapton Court.

Il giardino reale di Hampton Court fu impostato secondo lo stile francese dal giardiniere John Rose che fu mandato dal re Carlo II a Parigi per studiare sul luogo i lavori di Le Notre nella seconda metà del XVII secolo, e non si esclude che ad Hampton Court abbia lavorato anche lo stesso Le Notre, anche se non vi è testimonianza certa.

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Andre’ Le Notre - Versailles

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I giardini della Cina e del Giappone

Prima di affrontare la trattazione di un cambiamento radicale nella progettazione dei giardini che interessò i paesi Europei nel 1700, rifiutando la millenaria tradizione del giardino formale e geometrico, è opportuno menzionare i giardini dell’oriente che già da molti secoli avevano scelto nella riproduzione di un paesaggio informale e “naturaliforme" la loro struttura portante.Gli stili cinesi e giapponesi nella progettazione dei giardini riflettono l’elevata densità di popolazione che ha sempre caratterizzato questi paesi. La massima espressione nell’arte della miniaturizzazione che caratterizza i giardini orientali, in conseguenza del poco spazio disponibile, può risultare di notevole interesse anche nell’impostazione moderna della progettazione dei giardini in ambienti urbani densamente popolati.Giardini erano esistiti in Cina fin dal 2600 a.C., sebbene a quel tempo essi fossero incentrati sulla coltivazione di specie medicinali ed orticole. Già nel 200 a.C. tuttavia appaiono i primi parchi veri e propri, realizzati sottraendo all’agricoltura territori abbastanza ampi da dedicare soprattutto alla caccia. I periodi di maggiore espansione e splendore per il giardino cinese coincisero comunque con la dinastia Tang (618-906 d.C.) e con quella Ming (1368-1644).I giardini cinesi, e, in genere quelli dell’estremo oriente, furono fortemente influenzati dalla religione. La religione Buddista promuoveva attenzione ed ammirazione verso il paesaggio naturale, ed è logico che i giardini seguissero questa tendenza. I giardini cinesi sono dunque i primi giardini paesistici, ove l’intento è quello di riprodurre la natura. Generalmente questo obiettivo veniva perseguito scegliendo qualche paesaggio noto, particolarmente apprezzato, o ricco di significato anche simbolico, e riproducendolo in forma più o meno miniaturizzata a seconda dello spazio disponibile. I vari elementi del paesaggio, piante, alberi, pietre, assumevano un significato simbolico fino al punto in cui l’arte del giardino assunse dei canoni molto rigidi definiti dalle regole del cosiddetto Fen-Shoi. I giardini divennero luoghi progettati per essere visti dall’esterno e stimolare la meditazione. Anche se l’arte dei giardini era prevalentemente un privilegio dell’aristocrazia, non mancavano i parchi pubblici dei templi.Tra i giardini cinesi più famosi si ricordano il giardino Wang Shi Yuan (giardino del maestro delle reti da pesca) a Suchow (13mo secolo) e il palazzo d’estate dell’imperatore presso Pechino, costruito per l’imperatore Qianlong (1750).Lo sviluppo storico del giardino giapponese è molto complesso. Le prime tipologie di giardino adottate dalla nobiltà erano particolarmente intrise di credenze religiose, significati simbolici e, soprattutto, dell’influenza della Cina. La meditazione era la funzione primaria di questi luoghi . In seguito, specialmente durante il periodo in cui Kyoto fu sede dell’impero, si svilupparono giardini più complessi e raffinati, dei giardini del piacere per i cortigiani, con laghetti boschi, colline artificiali e frequenti allusioni a paesaggi famosi del Giappone. In entrambi i casi si trattava di giardini assai simili a quelli della Cina.I due stili più famosi che oggi associamo al giardino giapponese si svilupparono più tardi. Il primo, derivato dal Buddismo Zen, raggiunse i suo periodo migliore tra il 1300 ed il 1500. Si trattava di uno stile fortemente legato alla filosofia ed alla religione. Produsse giardini di piccole dimensioni, sempre circondati da mura, ove rocce, ghiaia e sabbia assieme a poche rare piante, dovevano suggerire forme e paesaggi. Le pietre disposte in un mare di ghiaia, mantenuto pettinato da un’abile impiego del rastrello, suggerisce a prima vista un paesaggio di isole che emergono dall’oceano, caratteristica del Giappone; tuttavia il

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monaco Zen preferiva non attribuire alla disposizione delle rocce un significato preciso. Il valore di questi giardini doveva infatti derivare proprio dalla loro capacità di favorire la meditazione, originando di volta in volta diverse interpretazioni nella mente dell’osservatore.

Il giardino Zen è una perfetta trasposizione della vita dei monaci, intrisa di austerità e semplicità, alla ricerca dell’illuminazione spirituale.

Il secondo stile è rappresentato dal cosiddetto giardino da passeggio (stroll garden in inglese), sviluppatosi nel periodo Edo (1620-1645). In questo periodo il potere politico si trasferì a Tokyo, mentre l’imperatore, il cui potere era divenuto esclusivamente simbolico rimase a Kyoto, ove poté dedicarsi totalmente all’arricchimento formale ed artistico della vita di corte. Questi giardini si basavano sulla creazione di una serie di vedute e di esperienze, legate ad un rigido percorso all’interno del giardino. Il percorso idealmente doveva seguire un andamento in senso orario attorno ad un lago dalle forme irregolari, e presentare curve e deviazioni in relazione alla topografia ed alla vegetazione, in modo tale che i giardino non risultasse visibile nella sua interezza da nessun punto del percorso. Ciascuna veduta era composta ed inquadrata con molta attenzione.

Giardino Zen - The Huntinghton Gardens- San Marino (California)

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Gli edifici, la villa, il padiglione del te, i ponti, apparivano di volta in volta perfettamente inseriti in ogni veduta, in equilibrio con rocce, spiagge di ghiaia e piante. La pavimentazione stessa del percorso variava di tratto in tratto modificando l’esperienza del visitatore. La creazione di un’illusione dello spazio e della continuità del paesaggio era tipica del giardino giapponese. Ad esempio interessante è il concetto del paesaggio “preso in prestito”, ossia della capacità di sfruttare paesaggi esterni, magari lontani, come se essi facessero parte del giardino, occultandone i confini. L’effetto veniva enfatizzato utilizzando nel giardino le medesime specie presenti nel paesaggio esterno. Per creare l’illusione di spazi più ampi spesso gli alberi che apparivano nello sfondo delle vedute erano dei bonsai, mentre quelli più vicini venivano fatti sviluppare ed espandere maggiormente. Analoghi accorgimenti venivano presi nel creare colline e montagne artificiali. Sarà interessante notare come molti di queste stesse soluzioni, che pure erano allora sconosciute agli europei, saranno alla base del giardino paesistico inglese che influenzerà fortemente l’architettura del paesaggio fino ai nostri giorni.

Stroll Gardens

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Il giardino paesistico (landscape garden)

Il giardino paesistico si origina nell’Inghilterra del XVIII secolo come una contrapposizione di matrice culturale, artistica e politica al giardino in stile francese. I giardini formali che avevano caratterizzato la Francia del XVII secolo, e che avevano influenzato fortemente l’architettura dei giardini in tutta Europa, anche nel secolo successivo, erano associati alla monarchia assoluta ed a governi dispotici, detestati dagli intellettuali inglesi del settecento, più democratici e liberali. La Declaration of Rights del 1689 aveva posto le basi per l’evoluzione della borghesia moderna. Un’antitesi al giardino formale appariva dunque agli inglesi molto più accettabile. Il nascente movimento romantico produceva poesia e pittura che mettevano in evidenza le bellezze della natura e del paesaggio naturale. I viaggi che i nobili inglesi intraprendevano attraverso le Alpi in Italia, li portavano a contatto con scenari pittoreschi e selvaggi. Simili scenari erano riprodotti nelle pitture di Salvator Rosa, Nicolas Pussin e Claude Lorrain. Questi quadri non erano in realtà veri paesaggi ma composizioni di elementi tipici abbinati per dare maggior enfasi, montagne selvagge, fiumi, radure pascolate, rovine di castelli e di monumenti, laghi, alberi contorti e piegati dal vento. Spesso vi erano ritratti anche templi classici e gruppi di figure allegoriche della mitologia. Oltre ai paesaggi naturali e alle loro stilizzazioni nella natura, i viaggiatoriItalia ebbero modo di visitare ville e giardini ormai in uno stato di abbandono che li rendeva più romantici ed interessanti. Una forte influenza venne anche dall’oriente, dai paesaggi ritratti su vasi e stoviglie di porcellana, e dalle testimonianze dei viaggiatori che visitarono i giardini della Cina.Il giardino paesistico fu un prodotto della cultura romantica; la sua forma fu basata sulla diretta osservazione della natura, da un lato, e dei principi della pittura paesaggistica dell’altro. Sorprendere il visitatore, occultare, inquadrare una veduta, creare immagini idilliache divennero le regole del paesaggismo inglese. Ai terrazzamenti si sostituì una del tutto diversa manipolazione della topografia naturale, creando un paesaggio ondulato, percorso da viali sinuosi, che ne seguivano le curve di livello, le siepi formali e i parterre sostituiti da boschetti e gruppi di alberi, le vasche e piscine da laghi naturaliformi ricchi di insenature ed isolotti, i canali rettilinei e le fontane, da fiumi sinuosi e sorgenti. Inizialmente questi paesaggi erano arricchiti con templi, statue, ponti. Fondamentale nello sviluppo del giardino paesistico fu l’eliminazione della discontinuità tra giardino e paesaggio circostante; le recinzioni murarie e le siepi lasciarono il posto ad un fossato, la ha-ha. Questo sistema consentiva di mantenere completamente aperta la vista verso il paesaggio esterno al giardino, impedendo comunque l’accesso ad ungulati e bestiame. In realtà la trasformazione del giardino da formale a paesistico non fu così’ netta e immediata. Il giardino barocco alla francese aveva avuto grande successo anche in Inghilterra come testimonia il già citato giardino di Hampton Court. E lo stile formale sopravvisse a lungo nel 1700 accanto alle sistemazioni “all’inglese”. Stephen Switzer (1682-1745) fu il primo giardiniere inglese a proporre un giardino naturale in sostituzione di quello formale barocco. Nella sua opera Ichnographia Rustica egli rifiuta decisamente le soluzioni geometriche del giardino francese, salvo poi riutilizzarle nella nella pratica in molte sue realizzazioni. Charles Bridgemann, individuato come il vero iniziatore dello stile paesaggistico inglese, probabile inventore della “Ha Ha”, nel parco di Stowe realizza inizialmente un giardino ancora fortemente legato alla formalità francese, sviluppato lungo un asse rettilineo principale. E solo più tardi collaborando con William Kent abbandona queste soluzioni rigide per adottare una soluzione più naturalistica.Il movimento del giardino paesistico si consolidò verso la terza decade del secolo. Fu portata avanti inizialmente dai così detti “dilettanti”, quali Henry Hoare, che iniziò i lavori a Stourhead nel 1743.

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William Kent, fu il primo professionista ad applicare questo stile, a Rousham, costruito verso il 1740, Kent, pianificò l’intero paesaggio visibile dalla casa inserendo un mulino e delle rovine per completare la composizione romantica. L’effetto cumulato di simili interventi ha condotto all’attuale aspetto della campagna inglese. Essa è stata infatti progettata come una serie di vedute dalle diverse ville di cui è costellata.A metà del 1700, lo stile era ormai divenuto di comune accettazione ed uno dei suoi principali esponenti divenne Lancelot Brown, detto “Capability” Brown. I suoi progetti a differenza di quelli dei suoi predecessori non ammettevano la presenza di elementi architettonici, ma enfatizzavano soltanto gli elementi naturali del paesaggio rurale. Oltre che di attenta progettazione i paesaggi di Brown, erano il risultato di una assidua manutenzione e gestione agro-forestale. Spesso in questi giardini, parco, territorio esterno ed attività produttive si fondevano in un unico paesaggio. Brown diede notevole importanza alla conoscenza degli equilibri naturali nella progettazione del verde.

David Lancelot Brown era stato giardiniere del kitchen garden di Stowed ove accompagnava la nobiltà inglese alla visita del parco. Collabora con Kent al completamento del parco di Stowe e sotto la sua guida realizza il parco di Warwick Castle. Subito acquista grande fama e lavora in moltissimi progetti in tutta l’Inghilterra spesso rimaneggiando lavori del Bridgemann e dello stesso Kent, secondo il suo stile più bucolico e pastorale. Nel 1767 diviene Master Gardener alla corte inglese. Tra i suoi progetti più famosi sono il parco del castello di Blenheim (1764), quello di Petworth.

William Kent - Rousham House

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Alla fine del secolo il maggiore esponente del movimento divenne Humphry Repton che scrisse un trattato di teoria del giardino paesistico. Rispetto al Brown rivalutò alcuni elementi classici di transizione tra le architetture ed il paesaggio (terrazzamenti, piccole zone di giardino formale). Repton sviluppò una interessante tecnica di presentazione dei suoi progetti attraverso schizzi prospettici acquerellati che mostravano il paesaggio prima e dopo l’intervento.Lo stile del giardino paesistico ebbe come vedremo un’importante influenza sulla pianificazione del verde pubblico nelle città ottocentesche.

William Kent e Lancelot Brown - Stowe - Oxfordshire

“Capability” Brown - Blenheim Palace - il ponte del Vanbrugh “sommerso” dal nuovo lago

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Natura e pianificazione urbanistica nel diciannovesimo secolo

Volendo stabilire l’inizio della pianificazione del verde urbano, inteso come verde pubblico, volto a migliorare le condizioni ambientali ed igieniche della città, si deve certamente risalire al 1800. Confrontando l’aspetto di molte città europee ed americane tra l’inizio del 1800 ed oggi, oltre a notare una grande crescita in estensione, si notano nelle città moderne, numerose aree verdi e ricreative, che contrastano fortemente con la struttura compatta che le stesse città avevano all’inizio del diciannovesimo secolo.

L’Inghilterra

Londra è forse la città a noi più nota per i suoi numerosi ed estesi parchi urbani. Molti di essi erano preesistenti al diciannovesimo secolo, di proprietà reale, adibiti a parco privato o riserva di caccia. Alcuni vennero aperti al pubblico fin dal diciassettesimo secolo, come ad esempio Hyde park. Il più vecchio e noto parco di Londra era un bosco di proprietà reale che fu aperto ai cittadini nel 1635, dopo che per lungo tempo era già stato abusivamente utilizzato per la raccolta di legna e la caccia. E’ interessante notare che l’intricato sistema di viali rettilinei ed intersecanti, che caratterizza il parco oggi, deriva direttamente dai sentieri aperti dai londinesi del settecento nell’attraversarlo. La creazione del lago e la sistemazione da bosco a parco risalgono comunque all’ottocento. In epoca successiva ad Hyde Park vennero aperti al pubblico anche i parchi di Saint James e Green, e all’inizio dell’ottocento Londra già disponeva di un sistema di parchi pubblici assai esteso. Tuttavia sotto la spinta del movimento romantico, furono realizzati altri parchi ex-novo, e i parchi esistenti trasformati secondo i canoni di imitazione della natura che allora caratterizzavano la progettazione del verde. Nel 1810 su disegno dell’architetto John Nash, fu realizzato il parco di Regent, primo felice esempio di combinazione di un’area verde pubblica legata a sviluppo edilizio residenziale. Il parco creato su terreno di proprietà reale è circondato da edifici residenziali, le terraces. E’ caratterizzato da un lago dalle forme frastagliate, è da aree di prato e bosco, alternate secondo i criteri del landscape style. Il concetto era che ogni proprietario di una casa sulle terraces., come ogni individuo che attraversasse il parco, lo poteva immaginare, come la sua propria tenuta di campagna. In questo modo, nel cuore della città e per una minima frazione del costo, ciascuno poteva usufruire della sensazione e dell’apparenza di trovarsi in un ambiente naturale.L’area circolare nel centro del parco doveva anch’essa essere adibita a sviluppo edilizio ospitando le dimore più lussuose completamente circondate dal verde, il progetto non fu tuttavia mai completato, e l’area fu destinata nel 1836 a giardino botanico, realizzato dalla Royal Botanic Society, mentre all’estremità settentrionale del parco un’area venne adibita a giardino zoologico.Nello stesso periodo della progettazione di Regents Park, John Nash fu anche responsabile per le modifiche a Saint James Park. Questo parco reale, che si estende da Buckinghan Palace agli uffici governativi, era caratterizzato nel 1700 da un canale rettilineo, fiancheggiato da filari di alberi, e fu anch’esso trasformato secondo i criteri paesaggistici ottocenteschi.Più tardi, dopo la metà del secolo, vanne realizzato un parco a sud del Tamigi il Battersea park.Londra è un caso abbastanza atipico, ma la maggior parte delle città industriali inglesi in grande espansione in quel periodo, avevano fino ad allora avuto una pianificazione del verde scarsa od inesistente.

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La popolazione era alloggiata in condizioni di grande densità, in complessi edilizi, le tipiche rowhouses, totalmente privi di spazi aperti, e separati tra loro solo da stretti viottoli. Le condizioni di salute degli operai delle fabbriche andavano deteriorando ed il loro rendimento sul lavoro era basso ciò divenne per gli industriali, come pure per le amministrazioni della città fonte di preoccupazione. Questo determinò tra il 1833 ed il 1843 il passaggio al parlamento inglese di una serie di leggi che permisero l’uso di denaro pubblico per la creazione di parchi e il rinverdimento della città. La creazione dei parchi, e la salvaguardia di talune manifestazioni della natura all’interno delle città, fu il risultato di un movimento di grande portata, che prese ben presto piede in molti altri paesi europei, e negli Stati Uniti d’America e che tutt’oggi in condiziona fortemente le scelte di pianificazione e progettazione dei parchi urbani. Le nuove idee che verranno introdotte nella pianificazione sono sostanzialmente basate su cinque presupposti. Il primo era la convinzione che aree naturali, o di sembianze naturali, alberature stradali, e giardini pubblici avrebbero giovato alla salute dei cittadini, fornendo spazio per l’esercizio ed il rilassamento all’aperto. In secondo luogo si riteneva che la contemplazione della natura, opportunamente offerta dai parchi urbani, potesse contribuire ad un miglioramento della moralità dei cittadini, che andava peggiorando di pari passo al sovrappopolamento delle città. In terzo luogo, il fascino che il valore estetico del paesaggio naturale esercitava sul mondo intellettuale, aveva convinto che l’imitazione della natura in parchi e giardini avrebbe migliorato l’aspetto della città. Inoltre la convinzione che proprio in virtù del miglioramento estetico, il valore delle proprietà immobiliari sarebbe aumentato, in vicinanza dei parchi e giardini. Infine l’espandersi dell’interesse pubblico per le scienze naturali, sia botaniche che zoologiche che determinò la realizzazione di giardini zoologici e botanici educativi.La prima città ad applicare le nuove leggi fu Birkinhead, città mineraria in prossimità di Liverpool. Nel 1843 la città commissionò il progetto a Joseph Paxton, paesaggista che aveva già realizzato giardini e parchi di aziende private a Liverpool.

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Joseph Paxton - Parco di Birkenhead

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Oltre al parco il progetto prevedeva, come nel caso di Regents Park a Londra, investimenti immobiliari nelle immediate adiacenze. La vendita delle nuove aree residenziali, e l’aumento di valore dei quartieri contigui già esistenti, coprì pienamente il costo della realizzazione. Il parco, era caratterizzato da un anello esterno, di andamento sinuoso, percorribile in carrozza, da radure, boschetti, gli immancabili laghetti ed un andamento topografico artificiale a saliscendi realizzato con il terreno di scavo dei laghi. In altre parole progettato per sembrare un frammento di scenario naturale, dove fosse possibile per la gente passare del tempo a contatto con la natura e con l’aria fresca. Quel tipo di ambiente cioè che era considerato tanto salutare per il fisico e per la moralità dei cittadini. Il successo, anche economico nella realizzazione del parco di Birkinhead stimolò un periodo molto intenso di realizzazione di parchi in Inghilterra.

Francia

Parigi, come Londra, disponeva già di un certa estensione di parchi reali, che fu aperta al pubblico: i Campi Elisi, le Tuileries i giardini botanici reali, ed il parco di Monceau.Tuttavia rispetto a Londra l’estensione di questi parchi era ben poca cosa. Parigi, che all’inizio del secolo contava quasi 1.000.000 di abitanti, disponeva di circa 80 ha di verde pubblico, rispetto ai 600 ha di Londra Durante l’impero di Napoleone III, ebbe inizio un grande cambiamento nella pianificazione della città, sotto la direzione del prefetto Haussman. Già nel 1852, lo stesso Napoleone III aveva fatto iniziare i lavori di

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Bois de Boulogne - Chiosco dell’Imperatore

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conversione del Bois de Boulogne, da bosco e riserva di caccia a parco urbano, e lo scavo di un lago simile al Serpentine di Hyde Park. L’anno successivo, i progetti di ristrutturazione paesaggistica della città, presero maggior consistenza con l’elezione dell’Haussman a prefetto della Senna e l’istituzione del Service de Promenades e Plantations. Nel 1854 Haussman chiamò a Parigi Jean Charles Adolphe Alphand, l’ingegnere cui fu affidata la direzione degli interventi sul verde. Intorno all’Alphand crebbe una scuola di paesaggisti di notevolevalore, impegnati prima nel completamento del Bois de Boulogne, poi nella trasformazione in parco del Bois de Vincennes, un’altra riserva reale di caccia dal lato opposto della città.

Tra gli allievi dell’Alphand emerse in particolare il Barillet-Deshamps, cui probabilmente si deve il progetto di uno dei più interessanti parchi parigini il parco di Buttes-Chaumont. Questo parco di 25 ha fu probabilmente il primo esempio di riutilizzazione come area verde di una cava. Il progettista si è avvantaggiato dell’esistenza di alcune grotte, ed interessanti caratteristiche geologiche, per creare un paesaggio molto vario, secondo i canoni del periodo.I parchi francesi possedevano tutti gli ingredienti e le caratteristiche dei parchi sviluppatisi in Inghilterra, ma ne differivano per talune soluzioni formali. Come nei parchi inglesi i viali sono curvilinei ed irregolari, tuttavia le curve sono molto armoniose, e mai assumono la tortuosità di talune soluzioni britanniche. L’Alphand contrappone alla serpentina inglese una curva continua, sostenendo che i viali troppo tortuosi facendo deviare ora a destra ora a sinistra chi li percorre generano gran confusione, mentre il viale dovrebbe condurre a destinazione chi lo percorre con un movimento continuo.Lo stile francese fu apprezzato molto anche in Inghilterra, dove i progettisti francesi lavorarono molto. Particolarmente interessante è il parco Sefton di Liverpool, progettato da Edouard Andrè, uno degli allievi dell’Alphand. Il parco è caratterizzato da viali curvilinei, che in planimetria risultano armoniosissimi. Per le grandi dimensioni dei loro raggi di curvatura questi viali però risultano in realtà molto meno interessanti. L’Andrè raggiunse forse i vertici nella armonia del disegno dei viali, tanto che il suo stile venne definito della irregolarità regolare. Il Sefton Park è anche caratterizzato da corsi d’acqua molto interessanti. I Francesi furono maestri nell’applicare tecniche ingegneristiche nella realizzazione di corsi d’acqua dalle sembianze del tutto naturali.

Parco di Buttes - Chamount - Parigi

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Stati Uniti

Il movimento ottocentesco dei parchi urbani, trovò in America il terreno più fertile e proprio in questo paese si sviluppò più che altrove.Negli Stati Uniti, non vi era ovviamente una tradizione di parchi reali. Aree verdi inserite nelle città per uso ricreativo ed igienico erano pressoché inesistenti, e forse non necessari, nelle città e villaggi del settecento. Tuttavia alcune aree aperte, come ad esempio il Common del New England, utilizzate in genere per il pascolo del bestiame o per le parate militari, assunsero nell’ottocento la funzione di parchi. In alcune delle città “pianificate”, come Philadelphia e Savannah, esistevano piazze con alberature, ma generalmente il loro uso era riservato ai residenti degli edifici contigui. Nonostante questi primi esempi di aree pubbliche o semipubbliche negli Stati Uniti del primo ottocento, il concetto di parco urbano era ancora sconosciuto. Nei primi decenni del secolo quando anche negli Stati Uniti le città iniziarono ad ingrandirsi e le condizioni di vita dei cittadini a peggiorare, la funzione di parco ricreativo venne provvisoriamente e peculiarmente assunte dai cimiteri rurali. Molti di essi furono realizzati adiacenti alle grandi città: Laurel Hill (1836) a Philadelphia, Mount Auburn (1831) a Boston, e Greenwood (1852 a New York.Questi cimiteri vennero realizzati secondo i criteri paesaggistici tipici del movimento romantico. Una descrizione di Mount Auburn del 1831 dice testualmente: “I viali hanno un percorso sinuoso, e sono straordinariamente belli nei loro anelli adattati pittorescamente alle irregolarità della superficie, e che creano grazie a questo arrangiamento naturale dei graziosi effetti paesaggistici”.Mount Auburn era stato realizzato per la necessità di un cimitero più grande, più sicuro e più attraente. All’inizio dell’ottocento, la popolazione di Boston era aumentata del 113%. Le condizioni di vita nel centro erano profondamente deteriorate, e la media ed alta borghesia aveva iniziato un esodo verso la periferia. Le chiese ed i piccoli cimiteri del centro, oltre ad essere divenuti troppo piccoli, erano anche sempre meno frequentati, ed erano divenuti luoghi malsani e soggetti a vandalismo. Nel 1823 il sindaco di Boston, proibì per ragioni di salute pubblica il seppellimento all’interno della città. Nel 1831 un gruppo di cittadini organizzò una nuova associazione per i cimiteri. L’associazione acquistò proprietà lungo il confine occidentale di Cambridge, e fu in seguito ufficializzata dallo stato, ed il cimitero di Mount Auburn consacrato. Il nuovo cimitero non rispose soltanto alle necessità di spazio e di protezione contro il vandalismo, ma fu realizzato per offrire ai cittadini un “cimitero periferico in cui le bellezze della natura dovrebbero, per quanto possibile, addolcire le sue caratteristiche di luogo di morti”.Mount Auburn al suo completamento si estendeva per circa 50 ettari e comprendeva oltre al cimitero un giardino sperimentale della Massachusetts Horticultural Society, che aveva originariamente acquistato il terreno. Il cimitero comprendeva oltre a zone di bosco cinque laghetti artificiali, più di trenta miglia di viali curvilinei, percorribili in carrozza ed a piedi, sette colline con alberature e prati fioriti. Il paesaggio del nuovo cimitero rurale, richiama un pastoralismo romantico con le sue rovine classiche, le sue colline, le sue acque e i sui viali tortuosi che rivelano ad ogni curva nuove stravaganze dell’immaginazione: da unacappella gotica, ad una sfinge dormiente.Molto interessante risulta nel paesaggio di Mount Auburn l’uso quasi esclusivo di specie e varietà arboree indigene, che rappresenta uno dei primi esempi di creazione di un arboreto di questo genere. Mount Auburn si dimostrò talmente attraente che la maggior parte dei visitatori, non vi andavano per onorare i propri morti, ma per trascorrere una giornata all’aperto. Il cimitero divenne ben presto un luogo di svago per migliaia di cittadini di Boston e di città vicine. Andrew Jackson Downing, il principale paesaggista americano dell’epoca, stimò che tra l’Aprile ed il Dicembre del 1840 il cimitero fu visitato da 30.000 persone. Per gli Europei

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che visitavano gli Stati Uniti, Mount Auburn rappresentava una attrattiva pari alle cascate del Niagara. La popolarità di Mount Auburn, e lo spirito di festa dei visitatori divennero tale da costringere l’associazione promotrice a proibire alcune attività che vi avevano luogo, quali il tiro con la pistola, i rinfreschi e picnic, e qualunque attività che producesse rumori molesti.Il successo di Mount Auburn mostrava chiaramente la necessità della creazione di parchi pubblici nei centri urbani. Andrew Jackson Downing, nel 1848 fu il primo a farsi promotore di questa necessità rifacendosi all’esempio di Birkinhead e di altri parchi Inglesi che aveva visitato. Downing, nato nel 1815 era cresciuto a contatto con la fiorente scuola di pittura paesaggista dell’Hudson River, e del movimento naturalista, ed aveva coltivato interessi sia scientifici che artistici. Dai suoi viaggi in Europa trasse elementi di paragone tra i grandi parchi urbani delle principali città europee, frequentati, secondo quanto scrive anche da 50.000 persone al giorno, e la pressoché totale mancanza di verde delle città americane. Egli lasciò molti scritti, tra cui Theory and Practice of Landscape Gardening oltre ad una profonda influenza sugli ambienti culturali americani, quando morì, molto giovane nel 1852. Tra le principali opere da attribuire al Downing fu senza dubbio, l’avere persuaso la città di New York della necessità di creare un grande parco urbano.L’opera del Downing fu proseguita da Frederick Law Olmsted, ingegnere, anch’egli conoscitore delle città europee ed abile paesaggista, che non a caso divenne il progettista di Central Park. La discussione per un parco pubblico a New York si era protratta fin dalla fine del 1700, e verso la metà del settecento si erano susseguite varie proposte per al costituzione di parchi da un minimo di 15 ettari ad un massimo di 85, tutte molto criticate dal Downing che sosteneva, in luce della probabile futura estensione della città un parco di almeno 250 ettari. La capacità persuasiva dei sostenitori del concetto di un grande parco fu infine dimostrata dall’acquisto da parte della città di un area di 350 ettari. Il terreno oggi tra la 59sima e la 110ma strada si trovava allora al margine settentrionale della città. La scelta di dimensioni così estese era dettata ai paesaggisti americani, dallo studio dei parchi europei, di cui la maggior parte doveva la propria estensione al fatto che era in origine una riserva di caccia. Olmsted in uno dei suoi scritti ricorda che i parchi europei per la caccia dovevano essere sufficientemente grandi per:” provvedere habitat adeguati alla selvaggina. Poi ci si accorse che la gente vi trovava piacere indipendentemente dalla attrazione per la caccia......e si ritiene che il piacere sia fino ad un certo punto legato allo scenario”.Al momento dell’acquisto del terreno Olmsted era trentaquattrenne ed editore di una rivista. Un incontro casuale con un membro della commissione per il parco, gli aprì la strada alla nomina di sovrintendente per Central Park nel 1857. La commissione decise in seguito di assegnare previa concorso la progettazione del parco. Il concorso indetto per il 1858, fu vinto da Olmsted e dal suo collaboratore, l’architetto Calvert Vaux, inglese, che già aveva collaborato con il Downing. L’Olmsted combinò le sue conoscenze naturalistiche ed agronomiche con la sua ammirazione per i canoni estetici romantici, nel creare un frammento di paesaggio naturale, che si avvantaggiava delle condizioni esistenti dell’areaLe aree paludose vennero tramutate in laghi, in pittoresco contrasto con zone di roccia emergente. Mentre le zone più alte maggiormente ricche di suolo, vennero trasformate in prati, circondati da bosco. L’illusione di trovarsi in piena campagna fu completata, eliminando l’impatto estetico delle strade trasversali che lo attraversano, facendole passare ad un livello più basso rispetto al piano del parco, e nascondendo con fitti impianti di grandi alberi, gli edifici circostanti. La gerarchia dei viali carrozzabili, equestri e pedonali, disposti su tre diversi livelli è considerata una delle idee più brillanti dell’Olmsted. Particolare cura venne data dal progettista alla disposizione della vegetazione. Nel piano preliminare egli divise il parco in quattro principali quadranti Per il primo quadrante dalla 59 sima alla 79 sima strada, caratterizzato dal terreno più sconnesso, e dalle rocce emergenti, egli scelse “ le forme più

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rigide delle conifere, che ben si accordano con le pittoresche rocce che sono una delle principali caratteristiche del terreno” e quindi richiese:3000 Picea abies500 Larix decidua500 Thuja occidentalis150 Taxodium distichum150 Cedrus atlanticaPer il secondo quadrante, descrivibile come altipiano egli preferì conifere dalle forme meno rigide ed ordinò:300 Pinus strobus150 Pinus sylvestris150 Pinus pinaster150 Pinus cembraIl terzo quadrante era già ricco di vegetazione caducifolia spontanea, mentre per il quarto, tra la95ma e la 106ma strada. L’Olmsted optò per “ gli alberi più grandi e belli del nostro clima”, ed ordinò querce, olmi, faggi, castagni, frassini ed aceri in numero di mille ciascuno per usarli, isolati od in gruppo nelle radure.Il parco riscosse subito un grande successo, ancor prima di essere del tutto completato. Per i suoi primi dieci anni di vita esiste una documentazione del numero di visitatori annui Anno Numero di visitatori1863 4.326.5001864 6.120.1791865 7.593.1391866 7.839.3731867 7.227.8551868 7.089.7981869 7.350.9571870 8.628.8261871 10.764.4111872 10.873.8391873 10.060.159Nel 1871 la media giornaliera di visitatori fu dunque di 30.000 al giorno, quando la popolazione della città era ancora sotto il milione, ed il parco ancora relativamente distante dal centro.La media dei giorni feriali fu di 23.000 di cui 9.000 a piedi e 14.000 a cavallo o in carrozza. Alla domenica si contarono fino a 50.000 pedoni.Oltre che un successo di pubblico il parco si rivelò vantaggioso per la città anche da un punto di vista economico. Nel 1872 si stimò che l’aumento annuale degli introiti fiscali, legati allo sviluppo edilizio e commerciale intorno al parco, superava di 400 milioni di dollari gli interessi sul costo della realizzazione e gestione del parco stesso.Con l’esempio del successo di Central Park, gli americani si persuasero della validità del nuovo concetto di parco urbano, ed il modello fu riprodotto in molte altre cittàL’Olmsted, se non ebbe l’assoluto monopolio nella progettazione dei parchi, certamente fu uno dei progettisti più prolifici, e fu chiamato in numerose città in tutti gli Stati Uniti.Tra le sue opere più famose rimane il Boston Park System, iniziatore del concetto della catena di parchi urbani uniti tra loro a formare un unico ed esteso corridoio verde all’interno della città. Concetto che ancor oggi domina nella progettazione del verde urbano negli Stati Uniti. Altre sue opere furono Prospect park a Brooklyn, e parchi urbani a Detroit, Buffalo e numerose altre città. Contemporaneamente all’Olmsted operarono numerosi altri paesaggisti tra cui, Horace Cleveland, George Kessler, Jens Jensen e Charles Eliot.

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Il Park System fu iniziato dall’Olmsted, con la trasformazione in parco di un’area paludosa e soggetta ad inondazioni da parte del Charles river, la Back Bay Fenns. Quest’area fu collegata da un’arteria verde, la Commonwealth avenue, al settecentesco Common, ed in seguito in direzione opposta fino al Franklin Park, lungo il Muddy River. Nel 1880 era possibile attraversare l’intera città lungo un area verde di larghezza variabile dai 60 ai 500 metri.Nel 1891 un altro architetto paesaggista, Charles Eliot, riuscì a connettere con corridoi verdi il sistema di parchi urbani, ai parchi naturali ed ai grandi cimiteri rurali extraurbani, e varò un programma di protezione di spiagge, zone umide, fiumi, ed aree di bellezza naturale, a fini conservativi e ricreativi, che fu seguito da 12 città del Massachusetts Il movimento dei parchi urbani ebbe dunque una notevole influenza anche al di fuori delle città, come è dimostrato anche dal diretto coinvolgimento di molti architetti paesaggisti, primo fra tutti l’Olmsted nel movimento che portò alla creazione dei Parchi Nazionali. Proprio per promuovere la salvaguardia della valle di Yosemite, Olmsted trascorse parecchio tempo a San Francisco, dove certamente contagiò con la sua influenza stilistica William Hammond Hall, il progettista nel 1872 di Golden Gate Park. La realizzazione di questo parco, il più grande parco urbano degli Stati Uniti, è certamente tra le più interessanti da un punto di vista tecnico, date le caratteristiche dell’area prescelta.Il terreno acquistato dalla città si trovava allora ben al di fuori del centro abitato e consisteva in un area rettangolare di 500 ettari, estesa dall’oceano verso la baia. Era un area di dune di sabbia, continuamente modificata dai forti venti dell’oceano. Hall iniziò la realizzazione del parco con un progetto per l’area più vicina alla città e più riparata dal vento, per la maggiore distanza dall’oceano, e mentre questa zona veniva realizzata, intraprese un programma di impianti di specie pioniere per stabilizzare le dune. Nel 1887 John McLaren un esperto botanico, fu nominato sovrintendente del parco, e completò con successo l’opera di trasformazione delle sterili dune, in 500 ettari di bosco, radure, laghetti, e viali, secondo il progetto di Hall. L’influenza di Olmsted risulta particolarmente evidente nelle soluzioni della viabilità, talvolta simili a quelle adottate in Central park.

La conservazione del Paesaggio

F.L. Olmsted - Central Park - New York

Breve storia dei giardini dalle origini al 1800

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La volontà di conservare e tramandare alle generazioni future la qualità estetica dei paesaggi naturali, che portò alla definizione e salvaguardia dei primi parchi nazionali, ebbe un legame strettissimo con il Parks Movement e con le teorie derivate dal Landscape Gardening. La tutela del paesaggio, che oggi ci appare strettamente legata alla tutela delle risorse naturali e alla conservazione della struttura e della funzionalità degli ecosistemi, si originò nell’800 da considerazioni prevalentemente di tipo estetico. Lo sviluppo della conservazione del paesaggio che portò alla tutela delle primi Parchi Nazionali ebbe origini e promotori assai diversi rispetto alla tutela delle risorse naturali. Il movimento romantico che aveva dato origine al landscape garden e a molte altre espressioni artistiche nella letteratura e nella pittura era coinciso con un sostanziale mutamento nella percezione della natura selvaggia e dei grandi paesaggi, che in passato erano stati considerati come ostili o tuttalpiù poco interessanti. Il concetto del viaggio per godere il paesaggio, che nel settecento era riservato a pochi intelettuali, divenne nell’800 estrememente popolare, anche grazie allo sviluppo delle ferrovie. Nel 1841, Thomas Cook, iniziò un’attività che oggi si definirebbe di tour operator, per consentire ai lavoratori della città di visitare la costa e le montagne. Come già detto anche la maggiore diffusione delle scienze naturali stimolò un’ulteriore interesse per i viaggi. Anche in America il mondo intellettuale ed artistico nel 1800 è assai ricco di personalità che rifacendosi alla moda europea iniziarono un’opera di educazione del pubblico nei confronti della qualità e della bellezza del paesaggio naturale. Ruolo importantissimo lo ebbe la Hudson River School of painting ed il suo fondatore Thomas Cole. Nel 1840 il movimento romantico e l’industria turistica ad esso collegata consideravano i paesaggi dell’Hudson River, delle White mountains e del New Hampshire.Le più grandi risorse paesaggistiche si trovavano più ad ovest, in territori da poco colonizzati ed ancora assai difficili da raggiungere. Olmsted venne chiamato in California nel 1863 come soprintendente dei terreni di Fremont ai piedi della Sierra Nevada, non lontano da dove pochi anni prima, si era svolta la grande corsa all’oro. Olmsted sentiva una grande affinità per il paesaggio naturale e selvaggio, che aveva riprodotto in tanti dei suoi lavori e da uomo estrememente attivo qual era si fece coinvolgere nel progetto di salvaguardia di uno dei paesaggio più spettacolari degli Stati Uniti quello della valle di Yosemite.La valle era stata scoperta nel 1851 e aveva subito attratto l’attenzione del pubblico per i suoi incredibili panorami. Il pascolo lo sfruttamento dei boschi, le attività minerarie nemettevano però a rischio la sopravvivenza. Olmsted si batté a lungo per la salvaguardia del paesaggio di Yosemite sostenendo che il poter godere di simili panorami aveva una profonda influenza sull’umanità e che per questo motivo la valle doveva essere conservata e resa accessibile al pubblico. Nel 1864 Olmsted divenne parte di una commissione preposta alla gestione della valle di Yosemite che venne affidata dal governo federale allo stato della California perché ne garantisse un uso pubblico e ricreativo. La relazione ed il piano di azione preparati da Olmsted divennero ispiratori per il lavoro del National Park Service, istituito nel 1916.Nel 1870 un gruppo di esploratori ritornarono dalla regione di Yellowstone nel Wyoming, estremamente colpiti dalle bellezza naturali che vi avevano incontrato. Invece di avanzare diritti sui territori da loro scoperti, come avrebbe consentito la legislazione americana, tesa a favorire la colonizzazione dell’ovest, essi si fecero promotori dell’idea di conservare e proteggere tali bellezze sceniche, perché potessero essere tramandate alle generazioni future. Nel 1872 il parlamento degli Stati Uniti con l’atto di tutela dei territori di Yellowstone creò il primo parco nazionale della storia.Nel favorire la nascita del National Park System, che avvenne solo parecchi anni dopo nel 1916, per garantire la gestione dei territori protetti che ormai erano diventati numerosi, ebbe un forte ruolo, assieme alle associazioni ambientaliste, prime fra tutte il Sierra Club di John Muir, l’industria turistica. In particolare le compagnie ferroviarie, che costruirono

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nuove linee per portare i turisti fino all’ingresso dei parchi e realizzarono lussuosi alberghi proprio nelle zone più panoramiche degli stessi. Come il caso dell’Ahwanee Hotel a Yosemite Valley in California, o del Lodge su Mount Reinier in Washington.La romanticizzazione del paesaggio naturale e selvaggio, ebbe dunque un’influenza fondamentale non solo sulla pianificazione urbana ma anche sulla gestione del paesaggio e dell’ambiente.Il movimento dei parchi urbani proseguì fino all’inizio del ventesimo secolo, assieme ad un crescente interesse per l’influenza che il verde poteva esercitare sull’ambiente urbano. Numerosissime città istituirono l’Arbor Day, giornata dedicata all’impianto di nuove alberature, da parte dei cittadini, seguite da festeggiamenti. E gli organizzatori di queste manifestazioni si fecero promotori di iniziative di divulgazione dell’importanza del verde urbano, anche se non sempre guidati da conoscenze scientifiche accurate. Nel manuale dell’Arbor Day, edito dal dipartimento dell’educazione dell’Ohio nel 1912, si legge testualmente: “Non dimenticate che un numero adeguato di alberature stradali mitiga l’intenso calore dei mesi estivi, e diminuisce il tasso di mortalità infantile....Non dimenticate che l’aria dei pianterreni e delle cantine è resa meno umida dalla rimozione di eccesso d’acqua nel suolo circostante ad opera di radici e foglie”I principali presupposti che avevano sostenuto il park movement, ed in generale il rinverdimento delle città vennero meno verso gli anni trenta. In primo luogo il progressivo abbandono dei centri verso le aree residenziali periferiche, inserite nel verde, favorito dalla espansione dell’industria automobilistica, privò il parco urbano della sua funzione di sfogo dalla vita cittadina. L’avvento dell’automobile permise più lunghi spostamenti per trovare quell’ambiente naturale che i parchi e le alberature urbane avevano riprodotto artificialmente. In terzo luogo, il concetto di ricreazione, mutò radicalmente nel novecento. I promotori del park movement avevano realizzato i loro progetti per offrire un tipo di

Yosemite Valley - Dichiarata area protetta con atto del governo federale nel 1864

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ricreazione che principalmente consisteva in una contemplazione passiva della natura. Il concetto romantico era che il trovarsi in contatto con la natura, e in un ambiente solitario fosse il miglior antidoto per sfuggire allo stress della città sovrappopolata e malsana, e dunque la miglior forma di ricreazione. L’esercizio fisico, era già considerato, almeno verso la metà dell’ottocento come una appropriata attività per un parco, ma solo all’inizio del novecento assunse il ruolo di principale attività ricreativa. Il grande parco ottocentesco, lasciò il posto ai Playgrounds, aree di limitata estensione, attrezzate per il gioco dei bambini, e per ogni sorta di attività sportiva, dalla ginnastica al nuoto. La struttura dei playgrounds, a differenza dei parchi urbani, non contrastava affatto con la struttura della città, ma ne ripeteva gli schemi, con una viabilità rettilinea, la presenza di edifici, ed una non eccessiva preoccupazione per la presenza di alberi e vegetazione, in genere relegati ai piccoli spazi inutilizzati dalle strutture ricreative.Verso gli anni trenta, anche le considerazioni di carattere climatico ed ambientale, che avevano sostenuto le opere di rinverdimento delle città, furono minate dal progresso tecnologico. In particolare il progresso tecnico nella fabbricazione dei condizionatori d’aria, distolse ogni interesse dall’effetto della vegetazione sul clima.Soltanto in epoca recente, grazie alla riscoperta e ristrutturazione di molti centri urbani, ed ai movimenti ambientalisti degli anni 60 e 70, che hanno profondamente cambiato il rapporto uomo-risorse naturali, è nato un nuovo interesse per la pianificazione del verde urbano. Esso si basa su presupposti che non sono estremamente diversi da quelli dei paesaggisti ottocenteschi, anche se le idee di questi ultimi vengono oggi riesaminate in chiave più scientifica.

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