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NOTIZIARIOTRIMESTRALE DI STORIA, ARTE, CULTURA, ECONOMIA E VITA SOCIALE - Direzione e Amministrazione: SAVONA - Piazza Brandale, 2. ANNO XLI - NUMERO 4/2014 - Direttore: Carlo Cerva. - Dir. resp.: Fabio Sabatelli. Stampa: Marco Sabatelli Editore, Savona - Aut. Trib. Savona - N.217 del 21-12-73 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, Direzione Commerciale Business Savona. BUON NATALE! BUON ANNO! Il Consiglio Direttivo ed il Presidente porgono ai Soci ed alle loro Famiglie, ai Savonesi tutti, alle Autorità, a Coloro che savonesi non sono e vivono tra noi, i più fervidi AUGURI DI OGNI BENE, DI PACE.

BUON NATALE! BUON ANNO! - campanassa.it 4 A Campanassa.pdf · AUGURI DI OGNI BENE, DI PACE. 2 A Campanassa N.4/2014 ... Contatta la segreteria della Associazio-ne e iscriviti come

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NOTIZIARIO TRIMESTRALE DI STORIA, ARTE, CULTURA, ECONOMIA E VITA SOCIALE - Direzione e Amministrazione: SAVONA - Piazza Brandale, 2. ANNO XLI - NUMERO 4/2014 - Direttore: Carlo Cerva. - Dir. resp.: Fabio Sabatelli.Stampa: Marco Sabatelli Editore, Savona - Aut. Trib. Savona - N. 217 del 21-12-73 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, Direzione Commerciale Business Savona.

BUONNATALE!

BUONANNO!

Il ConsiglioDirettivo

ed il Presidenteporgono ai Soci edalle loro Famiglie,ai Savonesi tutti,

alle Autorità,a Coloro

che savonesinon sono e vivono

tra noi, i piùfervidi

AUGURI DIOGNI BENE,

DI PACE.

A Campanassa N.4/20142

VITA DELL’ASSOCIAZIONE

Gruppo Storico“A Campanassa”Città di SavonaVuoi far parte del gruppo

storico “A Campanassa”Città di Savona? Contatta lasegreteria della Associazio-ne e iscriviti come Figuran-te, Armigero o Musicante,parteciperai alla vita delGruppo e sfilerai nelle piùimportanti rappresentazionistoriche. Tel. 019-821379,oppure al 347-9800982.

Compagniateatrale dialettale“A Campanassa”Città di Savona

protagonisti cercansiVuoi entrare nel fantastico

mondo del Teatro dialettale? LaCompagnia Dialettale “A Cam-panassa” Città di Savona, lanostra Compagnia, ti aspetta perun provino.

Telefonare al lunedì o al gio-vedì pomeriggio delle ore 16,00alle ore 18,00 al n. 019-821379,3479800982, 3393209981

NUOVI SOCIBolla DinoBottino NicolòConte GaetanoFroro PatriziaGallo AlessiaNicolini LuanaPastorino FrancoSmits Maria CatharinaVallarino MarilenaVallerga StefanoVenturelli LorenzoVichi Francesco

Il Consiglio Direttivo e ilPresidente porgono ai nuovisoci il più cordiale benvenutonella nostra famiglia.

SOCI DEFUNTIMartinengo Maria TeresaTorcello Robaldo Giovanna

Il Consiglio Direttivo e ilPresidente porgono alla fami-glia le più sentite condoglianze. Gruppo di studio

“Amixi d’u dialettu”della “A Campanassa”

Gli amici del dialetto chesi riuniscono 2 volte al mesesotto la guida del prof. EzioViglione per imparare lagrafia sabazia, per approfon-dire curiosità lessicali, perpronunciare correttamente ildialetto di “Letimbria”, percondividere le proprie pro-duzioni, attendono nuoviamici (soci) per viveremomenti gioiosi nello spi-rito dei padri.

Tel. 019-821379

Iscrizionialla “A Campanassa”

Chi desidera associarsi, può recarsi presso la sede del-l’Associazione, P.zza del Brandale 2, nei giorni di lunedìe giovedì, dalle ore 16 alle ore 18,00.

A.A.A. ATTENZIONEQuota sociale

La “A Campanassa”, per vivere, conta soprattuttosulla quota annuale versata puntualmente dagli asso-ciati di Euro 20 (venti).

Ai soci che non l’hanno ancora fatto, e che certamentehanno a cuore la nostra Associazione, chiediamo di met-tersi in regola. Numero C/C postale 13580170 A Cam-panassa Associazione Savonese.

Si può adempiere a quello che è un preciso obbligoverso l’Associazione anche direttamente presso lasegreteria o presso il “Touring Club Italiano” in viaVerzellino 64 r.

L’Assemblea della CONSULTA LIGURE te-nutasi Domenica 15 giugno 2014 nel Salone dirappresentanza della Scuola Politecnica in Geno-va ha rinnovato le cariche sociali.

Su proposta della Giunta l’Assemblea, all’una-nimità ha eletto le seguenti persone che, previa-mente contattate, avevano tutte accettata la can-didatura:- Presidente: Franco Salvadori dell’associazioneA compagna.

- Vice Presidenti: Caterina Maggi dell’associazione Vecchia Alassio eVinicio Raso dell’associazione Genuensis.- Sovrintendente culturale: prof. Franco Gallea.- Giunta: Giorgio Fedozzi (Ass. Ca de Puio), Mino Casabianca (Fa-mija sanremasca).- Per la provincia di Savona: Dante Mirenghi (A Campanassa) e Pieri-no Ratto (3 C Celle Ligure).- Per la provincia di Genova: Franco Bampi (A Compagna), MinoSanguineti (O Castello).- Per la provincia di La Spezia, Anto Enrico Canale (O Leudo), Ber-nardo Ratti (Soc. Marittima di mutuo soccorso di Lerici).

Nell’occasione veniva deciso di rinviare a successiva Assembleal’elezione dei revisori dei conti, dei quattro probiviri, del tesoriere edel segretario generale.

A Campanassa N.4/2014 3

VITA DELL’ASSOCIAZIONE

GASTRONOMIA ROSTICCERIA

Via San Lorenzo 42 r - Savona - Tel. 019/848110 - Nuova Gestione

Aperto anche la domenica mattinaCucina Ligure e Nazionale - Ravioli di nostra produzione - Fritto misto di pesce

Paella Valenciana - Lumache Vignaiole - Buridda - Trippe - Cous CousProdotti di alta qualità - Servizio Catering

EUREKAEUREKA già Danilo

CALENDARIO ATTIVITÀDICEMBRE 2014

GENNAIO, FEBBRAIO,MARZO, APRILE 2015

13 Dicembre Sabato - Santa Lucia ore 17.00 Inaugurazione 40ª Mostra del Presepe d’Arte nella Ceramica.Palazzo dell’Anziania Presentazione Lünäju 2015 (vedi pag. 4).

Accompagnamento musicale del Maestro Ivano Nicolini.

20 Dicembre Sabato ore 17.00 Concerto di Natale del Maestro Ivano Nicolini.Palazzo dell’Anziania Omaggio ad Olga Giusto.

21 Dicembre Domenica ore 10.00 Corteo storico dal Brandale a P.zza Sisto IV.P.zza Sisto IV Cunfögu.Palazzo Comunale “A Campanassa Ringrazia” (vedi pag. 5).

11 Gennaio Domenica ore 15.00 Visita al complesso del Brandale.ore 17.00 Presentazione del libro:

Palazzo dell’Anziania Sisto IV - Giulio II Papi savonesi (vedi pag. 37).Concerto Associazione Pro Musica Antiqua.

17 Gennaio Sabato Iniziano le Sejann-e cunviviäli 2015 (vedi pag. 13).

17 Gennaio Sabato Presentazione dei libri di Pier Guido Quartero (vedi pag. 37).

18 Gennaio Domenica Carnevale - Arriva Re Cicciolin (vedi pag. 10).Il Sindaco gli consegna le chiavi della Città.

31 Gennaio Sabato Scadenza termini partecipazioneconcorso di poesia “Beppin da Cà” (vedi pag. 29).

15 Febbraio Domenica Carnevale - Re Cicciolin riporta le chiavi della Città al Sindaco.

18 Marzo Mercoledì Memori dell’antico impegno, al Santuario, con il Vescovo diSavona-Noli ed il Sindaco di Savona, oltre a ttanti amicidi Savona e fuori Savona.

10 Aprile Venerdì Savona Libero Comune - 824º Anniversario - Corteo Storicoal suono della Campanassa - Lettura dell’Editto.

LÜNÄ•JU

2015Anche quest’anno si presenta pun-

tuale in edicola il Lünäju 2015. Èdedicato a “I nostri èrbi”. Per chinon consce il dialetto ed è curioso disapere di cosa si tratta, non resta cheleggere in basso.

Il Lünäju 2015 si presenta anchequest’anno puntuale in edicola, nellaconsueta veste. Prosegue il ciclo dedi-cato a Sann-a da scruvì (Savona dascoprire), che per il prossimo anno sirivolge ad un argomento originale edinteressante i nostri èrbi (i nostri al-beri). Scorrono così nelle varie paginededicate ai dodici mesi dell’anno glialberi storici, le specie particolari o lepiante secolari che il più volte passa-no inosservati anche a chi transita tut-ti i giorni davanti ad essi. È un invitoad andarli a ricercare questi alberi, aprendere coscienza della loro impor-tanza per la nostra vita e per l’equili-brio della natura.

Tra gli altri il gelso, il falso pepe, lapalma, il cedro, l’ulivo, il pino, ilgingko biloba. Qualcuno è lungo lavalle del Letimbro, come i secolarifaggi del Ravè, tra San Bartolomeo eNaso di Gatto o i pini domestici aMarmorassi che, visibili da grande di-stanza, hanno dato il nome alla locali-tà. Gli altri sono quasi tutti in città, ingiardini parchi, strade o piazze, alProlungamento, in via Verdi, in piaz-za del Popolo, in piazza Saffi, in piaz-za del Brandale.

Ma il Lünäju, come sempre, non èsolo questo. Ed ecco allora le poese indialetto, dedicate naturalmente aglialberi, le ricette tipiche savonesi, iproverbi, il calendario con le fasi lu-nari, i santi, le principali ricorrenze ele fiere di Savona e dintorni.

Uno strumento prezioso per chi nonvuole perdersi neanche un giorno del2015 e conoscere tutto il verde dellacittà.

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“A CAMPANASSA RINGRAZIA 2014”A DELIA POLLERO ZUCCHI

Il Consiglio Direttivo dell’Associazione “A Campanassa”, nella Sua riunione del 30 Ottobre 2014ha deliberato l’assegnazione del riconoscimento “A Campanassa ringrazia” a Delia Pollero Zucchi

Delia Zucchi e il Nataledi Giovanni Farris

La conoscenza che ho di Delia Zuc-chi è data essenzialmente dal legamedi amicizia e stima che si è instauratodopo che “A Campanassa” ha ospita-to alcuni miei articoli, pertanto, la-sciando ad altri il commento esteticodella sua attività artistica, intendo li-mitarmi ad alcune impressioni perso-nali. Ben poco conosco della sua bio-grafia, e quasi nulla della sua attivitàin campo associativo, che nella suaesistenza dovette essere stata moltointensa. Quest’ultima affermazionetrova la sua convalida in un lontanoricordo. Nel 1984 lo Zonta Club si ri-volse a me perché lo aiutassi a realiz-zare in Savona l’Università della Ter-za Età. Accettai volentieri, in quantovidi, in questa iniziativa, un eventoculturale importante per la città. Lasede era l’asilo delle Piramidi in Cor-so Mazzini. Oltre a organizzare i corsidi insegnamento, occorreva anche ge-stirli con una segreteria ed una co-stante presenza. Fu in questa occasio-ne che notai come proprio Delia fossequella che più si prodigava per l’ini-ziativa. Da queste premesse Delia,ringraziando Dio, ancora in piena ef-ficienza, mi appare in un’icona fiabe-sca, pertanto l’incipit non può essereche quello classico:

C’era una volta...Il suo nome era Delia Zucchi. Il suo

cuore materno era così grande cheavrebbe voluto abbracciare tutti ibambini del mondo. Non potendolofare manipolò creta e vetro così daavere a propria disposizione un eserci-to di angeli, sotto la guida dell’arcan-gelo Raffaele, perché proteggessero ibimbi, con le loro ali di cielo. Ma tuttoquesto non bastava. Il bimbo ha biso-gno di amore materno. Perché non an-dare dalla Mamma di tutti gli uomini estare accanto a Lei per continuare asollecitare questo amore? Cercò un

angusto ambiente, come la garitta diuna scolta, sulla stupenda piazza delSantuario di Savona.

La gente più disparata l’avvicinò. Ilsuo sorriso comunicava un vero scin-tillio di vita ed alimentava amicizia econfidenza. L’avresti definita un’au-tentica artista del cuore. Ormai andareal Santuario, per chi la conosceva, si-gnificava non tornare a casa, senzaprima fare un passo per andare a tro-varla. Appariva doveroso, ma era an-che un po’ una garanzia per entrare nelsuo cuore, così vicino alla Vergine.Spesso pellegrini sconosciuti, intiriz-ziti dal freddo come passeri, entravanonel suo studio di ceramiche per trova-re un minimo di caldo. Non ne resta-vano delusi. Il suo sorriso e la suagentilezza erano le chiavi infallibiliper ogni incontro. Talvolta accanto adun momento di serenità il pellegrino,soffocato dai dispiaceri, sentiva la ne-cessità di aprirle il cuore. Lei lo ascol-tava con attenzione e con una tale be-nevolenza da fargli capire che soffrivacon lui. Con spontanea empatia riusci-va a trasmettergli quella pace interioreche fino a quel momento non avevatrovato.

Il momento centrale di tutta la suavisione di vita e quindi di tutte le sueopere era il Natale. Delia istintiva-mente sentiva che l’alba magica delNatale apriva le sue porte azzurre adun nuovo mondo. Col Natale il suosguardo riusciva a sorprendere congioia le cose e le persone come se fos-sero al loro primo mattino. Insommacon la “letizia” del cuore, d’improntatipicamente francescana, Delia cerca-va di liberare le creature dai loro con-dizionamenti alienanti per riportarlealla loro genuina identità. I personaggidel Natale (i pastori) non sono legatiperciò ad alcun ceto sociale né hannouna particolare appartenenza politica,sono uomini e basta, la Sacra Famigliaè custodita dalla spontanea vegetazio-ne di un bosco dove rami ed alberi,gioiosamente partecipi, si inchinanoalla nascita di Gesù oppure la stessastella, comparsa misteriosamente nelcielo, trasforma i fasci luminosi dellasua coda in una mistica tenda a prote-zione del Mistero, il calore dell’am-biente è assicurato, secondo la tradi-zione francescana, dagli animali (ilbue e l’asino). Le trasformazioni uma-ne (edifizi, palazzi, chiese) sono postein lontananza come sfondo quasi adaccentuare la loro stridente contrappo-sizione alla semplicità del Natale. In-somma il Natale è la trasformazionedell’universo in una originaria ed inaf-ferrabile luce, garantita da una Mam-ma che aveva saputo, colloquiandocon l’angelo, assecondare i passi diDio. Quale regalo più bello che invia-re questo messaggio ovunque?

I presepi in ceramica di Delia hannoriempito il mondo. Li trovi nelle loca-lità più impensate. Quanta la sua gioiaquando nel maggio del 2007 un suopresepio giunse a far parte del MuseoInternazionale di Betlemme! Ma i pre-sepi non le apparvero sufficienti permanifestare la gioia di un evento così

importante per l’umanità ed inventò“Le mie cartoline di Natale”, ossiaformelle a soggetto natalizio realizzatesecondo una sua tecnica particolare, dainviare agli amici e da regalare agliavventori del suo Studio. Inoltre, ac-canto ai presepi artistici, sentiva comeun dovere allestire direttamente unpresepio all’interno del Santuario. Delresto il Santuario non era un perpetua-re il Mistero della nascita di Gesù? IlSantuario infatti attesta che la Madon-na è ancora lì. Una vera mamma aspet-ta sempre i suoi figli. Non la puoiprendere per mano, eppure la senti vi-cina, ti conforta e ti guida. Mi capitò,alcuni giorni prima di Natale, di passa-re dalla Piazza del Santuario. La serataera rigida. Sapevo di trovare Delia im-pegnata all’interno del Santuario. Miaccolse con la giovialità di sempre.Mentre il marito si provava a creareeffetti di luce capaci d’incantare l’in-tera scena del presepio, ella mi indica-va felice la collocazione studiata dellediverse figurine di sua creazione, isimboli, che riflettevano la sua visio-ne di vita, ed una festa di angeli cheavevano libero accesso ovunque.Sembravano fuggiti dal Paradiso pervenire a curiosare sulla terra. Delia liprendeva in mano, li guardava sorri-dendo: “No, non sono fuggiti dal cie-lo, sono venuti tra noi perché noi nonci dimenticassimo del cielo”. Dicendoqueste parole accarezzava le loro ali,quasi a voler trasformare la ceramicain teneri e delicati colori dai quali ap-parissero chiare trasparenze di un can-dore lucente.

Uscii dal Santuario. Sotto un cieloterso l’aria, per quanto rigida, mi avvol-geva soave, ricca di percezioni. Nellapiazza deserta mi sembrava di coglierevoci senza suono. Forse si trattava dav-vero di un lieve brusio di angeli.

G.F.

I Presepi“Nel percorso artistico di Delia Zucchi sono da rilevare le numeroseopere ispirate al tema fortemente suggestivo del Presepio: opere origi-nali, fresche, raffinate, scevre quindi del tutto delle trattazioni formali,manierate o sorpassate. Sono presepi completi, gruppo in cui i perso-naggi “vivono” insieme la poesia del grande mistero, sono singole fi-gure policrome, in terracotta patinata o in delicato smalto bianco ma-dreperlato, dove angeli in preghiera, docili animali leggendari, tuttiprotagonisti di una notte a Betlemme, ormai lontana nel tempo, masempre attuale. Troviamo nelle sue opere gli inconfondibili segni diuna profonda interiorità, di una individualità stilistica derivata dallostudio, dalle ricerche, dall’amore che diffonde il luminoso ed eternocanto della pace”. Renato Bruno

La Natura“La sua sensibilità artistica sa cogliere il linguaggio della natura, cheinterpreta, trasforma e racconta nelle sue sculture: un grande sole lu-

minoso, un ammiccante spicchio di luna, un frutteto in primavera co-me un fitto bosco invernale, una coloratissima foglia come delicati ra-mi d’oro riescono ad affascinarci avvolgendoci nella loro magica at-mosfera”.

Mariano ZordanIl Mare

“Le opere scultoree di Delia Zucchi create in refrattario e vetro, porta-no l’eco del mare. Sono fossili quali conchiglie, stelle marine, vertebredi pesci sbalzati in oro su terra bianca. Ed è subito “visione di poe-sia”.Ma echi del mare lanciano pure i gabbiani in volo, la torpedine e ilpolpo, la medusa e le alghe. In vetro e terra, palpabili nelle dense tra-sparenze, emanano l’odore salmastro della vita sottomarina.È attraverso queste forme, questi colori che Delia svela il suo amoreper il mare, per la propria città, per i luoghi lontani con i quali si sco-pre in sintonia. E lo svela, donando e ricevendo quell’immensa gioiache solo l’arte sa dare”. Franca Maria Ferraris

A Campanassa N.4/20146

“THIS”, DISSE LO STORICO DELL’ARTE

UNA NATIVITÀDI GIOVANNI MAZONE

PER LA CHIESA DI SAN GIACOMOdi Massimiliano Caldera

Poche opere d’arte della nostracittà possono evocare il Natale co-me la Natività al centro del politti-co Boccalandro di Giovanni Mazo-ne, oggi nella Pinacoteca: sarà l’e-sibizione festosa di ori che risplen-dono dappertutto – sulle aureole,sulle cornici, sul manto della Ver-gine, sui broccati, sulle architetture– con diverse intonazioni e lavora-ti in modo diverso, ora a fingereun’oreficeria, ora a imitare un tes-suto prezioso; sarà l’intensità smal-tata dei colori che brillano in tuttele tavole con azzurri di lago, rossiscintillanti, gialli chiarissimi, verdiprofondi e vellutati; sarà infine lasolennità compunta ma affettuosadei personaggi intorno alla figuradel Bambino. Resta il fatto chequest’immagine – luccicante comeuna vetrina natalizia della Rina-scente negli anni del boom econo-mico – è da sempre familiare ai sa-vonesi ed è spesso comparsa neibiglietti d’auguri, nei calendari allapagina di dicembre o nei numerinatalizi delle riviste e dei giornalilocali. Del resto proprio per la suaaccattivante apparenza, la palaBoccalandro è diventata ancheun’immagine-simbolo del primoRinascimento in Liguria: sospesotra il fasto ancora gotico delle gu-glie e dei trafori e le più moderneproposte del Quattrocento – il log-giato aperto sul paesaggio vasto eluminoso, la puntuale, realistica re-stituzione delle superfici, la quietacalma dei protagonisti – il dipintodi Mazone è certo più facilmenteaccessibile di quel roccioso capola-voro che è la Crocifissione di Do-nato de’ Bardi, per restare nelle sa-le del museo, o di quell’altro in-quietante enigma rappresentatodall’Annunciazione di Carlo Brac-cesco al Louvre che, come un’av-venturiera incontrata sull’Orient-Express, porterà sempre con sé l’ir-risolto mistero della sua vera iden-tità e della sua vera origine. La Na-tività di Mazone con la sua piace-vole e diretta chiarezza, è un moti-vo ‘easy listening’, come direbberogli esperti di musica pop. Intelli-gente, però, e soprattutto straordi-nariamente orecchiabile.

La firma, vergata in un’elegante,limpida minuscola gotica, è scrittain un cartiglio di sapore fiammingoattaccato sulla parete della capan-na, subito accanto al capo di Maria:ci dice tutto sul suo autore e sullacittà di origine, Alessandria: l’os-servatore, anche il più disattento,non può tralasciarla. Gli storici del-l’arte, rassicurati, respirano: nonc’è da lottare sullo sdrucciolevoleterreno dell’attribuzione come learmi, sempre a doppio taglio, dellaconnossiurship. Non ci si deveneppure sforzare in faticose rico-struzioni storiche per sapere daquale chiesa provenga e per qualecommittente sia stata fatta. Per no-stra fortuna, sappiamo quasi tuttosulla sua origine e sulle vicendeche l’hanno portata nelle sale delmuseo: è stata dipinta per l’altare

della cappella di una famiglia di fa-coltosi mercanti – i Boccalandro –nella chiesa di San Giacomo di Sa-vona, dove la segnalano sia le cro-nache antiche, sia Carlo GiuseppeRatti nella sua ‘Descrizione’ delleRiviere (1780). La chiusura al cul-to della chiesa, soppressa dalle leg-gi napoleoniche, determina la dis-persione di tutto l’imponente cor-redo di dipinti antichi che rendeva-no la chiesa una meravigliosa anto-logia della pittura del Rinascimen-to in Liguria. La pala di GiovanniMazone finisce ricoverata (mi siperdoni il troppo facile jeu demots) presso gli Ospizi dove,smontata in un magazzino, la vedeTommaso Torteroli, deprecando ilsuo abbandono e il suo stato diconservazione con la sua solitaveemente, mazziniana oratoria:

sceglie di riprodurla con una lito-grafia nelle tavole dei suoi ‘Monu-menti di Pittura, Scultura e Archi-tettura della città di Savona’(1847), la prima, vera monografiadedicata al patrimonio artistico cit-tadino. Rimontata – non manca al-l’appello nessuno degli scompartidipinti che la componevano masoltanto il baldacchino scolpito so-pra la tavola centrale – entra a farparte della Pinacoteca fin dalla suaapertura nel 1868 e la segue in tut-ti i suoi travagliati spostamenti. Èrestaurata nel 1898 da uno dei piùcelebri restauratori italiani del mo-mento, il modenese Venceslao Bi-goni che ricostruisce con impecca-bile, filologica attenzione le partimancanti della cornice, fa rifioriredi guglie e pinnacoli la cimasa econsolida la superficie pittorica,sollevata e in alcuni punti, lacuno-sa. Da quel momento – citata e fo-tografata come una vedette – entrain tutta la bibliografia sul Rinasci-mento italiano, dalla ‘Storia del-l’Arte’ di Venturi agli indici di Be-renson, dai saggi di Longhi allegrandi mostre del dopoguerra finoai repertori, repertorioni e reperto-rietti dedicati alla pittura a Genova.Finisce ovviamente nella sopraco-perta a colori del lussuoso catalogodella Pinacoteca, uscito nel 1975.È stato, sia detto per inciso, il mioprimo libro d’arte, regalatomi daimiei nonni, un po’ perplessi all’i-dea di affidare nelle mani di unbambino un volume che costaval’augusta somma di 20.000 lire(s’era nel 1980, era una bella ci-fra).

Una qualche incertezza c’è sulladata del polittico che non conoscia-mo direttamente ma che dobbiamoricavare per via stilistica, attraver-so il confronto con opere sicura-mente datate di Giovanni Mazone:gli studi sul pittore normalmentecollocavano l’opera negli anni ot-tanta del Quattrocento. In realtà, inquel momento il pittore alessandri-no stava iniziando a dipingere inmodo molto differente: la sua bot-tega era diventata un grande portodi mare, ricco di traffici e di perso-ne: avevano iniziato ad aiutarlo

Incisore attivo a Savona, La Natività, da T. Torteroli, Monumenti di Pittura, Scultura eArchitettura della Città di Savona, Savona 1848.

A Campanassa N.4/2014 7

personalità di spicco e dotate diuna propria, riconoscibile cifra sti-listica, come Nicolò Corso e il fi-glio Antonio che portavano le no-vità della pittura mediterranea equelle lombarde. S’era prepotente-mente affacciata una nuova gene-razione di artisti da Milano e daPavia che faceva arrivare tanto illinguaggio eccitante e moderno de-gli scultori della Certosa e dei pit-tori ferraresi, quanto le nuove, ver-tiginose sperimentazioni prospetti-che di Bramante. Era tornato, inforze, Vincenzo Foppa che, a que-st’altezza cronologica, non era piùun giovane straordinariamente sen-sibile e intelligente come al tempodel suo primo soggiorno ligure(circa il 1460) ma era diventato or-mai il protagonista assoluto dellapittura nel ducato di Milano, capa-ce di governare e di rimodellaretutte queste moderne tendenzeespressive.

Gli spazi per il ‘Rinascimentoumbratile’, per far sopravvivere lecolorate eleganze del tardogotico,si stavano dunque restringendogiorno per giorno: i committenti – iDoria e i della Rovere in testa –s’orientano con sempre maggiordecisione verso il classicismo rina-scimentale, guardando verso la Mi-lano sforzesca e le altre corti pada-ne. Molto presto spingeranno il lo-ro sguardo anche in direzione diRoma e di Firenze. Giovanni Ma-zone cerca allora di circondarsi digiovani collaboratori, capaci di se-guire questi mutamenti, cui affida-re l’esecuzione di interi elementidei grandi polittici senza preoccu-parsi troppo dell’uniformità stilisti-ca dell’insieme, come osserviamo,dentro la stessa sala del museo,nella pala Pozzobonello (anch’essagià in San Giacomo). Del resto, ipittori lombardi del Rinascimentoerano abituati – per portare a termi-ne rapidamente le commissioni – alavorare in squadra, in ‘associazio-ni temporanee d’impresa’. Non èquesto il caso della pala Boccalan-dro, salda e compatta in ogni suaparte: Giovanni Mazone procede,nel suo minerale e colorato univer-so di forme, senza inquietudini esenza tentennamenti, concependole figure come grandi sculture poli-

crome e dorate incasellate nellecornici, avvolte nella luce zenitalee uniforme del pieno Quattrocento.Dunque dobbiamo cercare altri di-pinti di Giovanni Mazone, databili,che si possano avvicinare al nostro:gli assomiglia molto il grande po-littico dell’Annunciazione per lachiesa domenicana di Santa Mariadi Castello che quasi certamente èstato eseguito prima del 1469; iconti tornano anche con un’altrapala d’altare, di cui sopravvivonosolo le tavole principali, oggi alWalker Art Museum di Liverpool:il dipinto che raffigura San Bene-detto in trono e Santi, si trovava inorigine nella cappella fondata daPaolo Doria nel 1474 nell’abbaziadel Boschetto, sopra Cornigliano; ilegami sono anche evidenti con laquarta pala eseguita da Mazone perSan Giacomo, il polittico con ilNoli me tangere nella cappella Fa-zio, datato 1477 e oggi purtroppoesiliato, dopo le tempeste napoleo-niche, fra i frivoli pizzi del museodi Alençon: quest’ultima opera haperò una carpenteria volutamentearcaica, quasi trecentesca, che puòtrarre in inganno ma, guardandocon attenzione, si vedrà che le fi-

gure hanno, rispetto alla pala Boc-calandro, una tensione espressivapiù moderna e i panneggi presenta-no un andamento più teso, più ac-cartocciato. Dobbiamo allora pen-sare che il dipinto sia stato esegui-to fra la fine degli anni sessanta e lametà degli anni settanta, cioè circadieci anni prima di quando si pen-sava. Abbiamo un’altra conferma,magari documentaria? Sì, se si cer-ca con pazienza nelle strade di Sa-vona: Carlo Varaldo ha individua-to, murato sulla facciata della casadi via Cripi 15, il serravolta dellacappella dei Boccalandro, eviden-temente rimosso durante il XIX se-colo nel corso dei lavori di trasfor-mazione della chiesa di San Giaco-mo per adattarla a usi militari (lasistemazione di una scala internadeterminò la distruzione della vol-ta della cappella). Il pezzo reca ladata del 1473: siamo dunque inperfetta coincidenza con quanto cidicono i dati dello stile per il polit-tico della Natività.

La famiglia committente era cosìricca e ambiziosa da potersi per-mettere un sacello nella chiesaconventuale più moderna e presti-giosa della città. Grazie all’entu-

siasmo devozionale per San Ber-nardino da Siena e all’attività di fi-gure come i beati Amedeo Mendesda Silva ed Angelo Carletti da Chi-vasso (ispiratore e promotore deiMonti di Pietà), i Francescani del-l’Osservanza, tra Lombardia, Pie-monte e Liguria, varano tra la me-tà del Quattro e gl’inizi del Cin-quecento, una serie imponente dinuovi insediamenti, quasi semprequalificati da importanti opered’arte, che ottengono da subitol’appoggio dei ceti dirigenti urba-ni: basti pensare a San Nazaro del-la Costa a Novara (con CristoforoMoretti), a San Bernardino adIvrea (con Giovanni Martino Span-zotti), a San Bernardino di Albenga(con Giovanni Canavesio e i Bia-sacci), all’Annunciata di Borno(con Giovan Pietro da Cemmo), aSanta Maria degli Angeli a Cuneo(con i Biasacci e, più tardi, Defen-dente Ferrari), a Santa Maria delleGrazie a Varallo (con GaudenzioFerrari), a Santa Maria degli Ange-li a Lugano (con Bernardino Lui-ni), a San Bernardino a Caravaggio(con Fermo Stella). Per non parlaredei conventi distrutti come SanGiacomo della Vernàvola a Pavia(dove lavorano Vincenzo Foppa eZanetto Bugatto) o Santa Maria de-gli Angeli a Casale Monferrato(dove dipingono Gandolfino daRoreto e i fratelli Volpi).

Proprio il San Giacomo – l’ulti-ma grande chiesa medievale rima-sta in piedi a Savona – rischia di fa-re, nell’incuria generale, la triste fi-ne delle chiese osservanti di Casa-le e di Pavia: è quindi urgente e im-procrastinabile provvedere a un in-tervento di restauro che recuperi,oltre agli spazi conventuali già inparte crollati, l’intero volume dellachiesa, avviando anche una campa-gna d’indagini stratigrafiche perrecuperare quanto rimane delle an-tiche pitture murali testimoniateancora nell’Ottocento, sul modellodi quanto si sta facendo in questianni nell’ex-chiesa di San Marco aVercelli che ha rivelato, intatti, in-teri cicli di affreschi quattrocente-schi.

Auguri di buon Natale e di feliceanno nuovo.

M.C.

Serravolta della cappella Boccalandro, 1473, Savona, via Crispi 15 (dalla chiesa diSan Giacomo).

Auguri

A Campanassa N.4/20148

CONSULTA CULTURALE SAVONESE

Sarà possibile discuterlo, perfe-zionarlo e modificarlo, dopo che èstato impostato senza la consulen-za della “Consulta Comunale peril Priamàr”?

E-mail della “Consulta Cultu-rale Savonese” inviata in data 7novembre 2014 al Vice-sindaco diSavona e al Presidente della“Consulta Comunale per il Pria-màr”

OGGETTO: Consulta ComunalePriamàr e ipotesi progettuali dellaSocietà ORSA.2000 per l’Ostellodel Priamàr e per aree limitrofe alPriamàr

Gent.mi Signori Vice-Sindaco ePresidente Delegato della ConsultaComunale per il Priamàr, dal sito In-ternet del Comune di Savona e daigiornali quotidiani apprendiamo chel’11 novembre p.v. la Seconda Com-missione Consiliare discuterà delCrescent2 (e quindi anche delle ipo-tesi progettuali di ORSA.2000 perl’Ostello e aree limitrofe) e che entroil 18 novembre la pratica di varianteurbanistica verrà discussa in Consi-glio Comunale (che esaminerà quin-di anche le ipotesi progettuali in og-getto).

Evidenzio che sarebbe opportunoe necessario che la pratica sia ac-compagnata da pareri e proposte del-la Consulta Comunale per il Priamàr,per quanto riguarda le ipotesi proget-tuali di ORSA.2000 relative all’O-stello del Priamàr e alle aree limitro-fe alla Fortezza, tenuto soprattuttoconto del Regolamento della Con-sulta per il Priamàr approvato piùvolte dal Consiglio Comunale (an-che da quello tuttora in carica).

Come noto, a fine luglio fu con-vocata una riunione di tale Consulta,ma pochi giorni prima del giornoprefissato la riunione fu annullata acausa dell’indisponibilità dei pro-gettisti di ORSA.2000 ad essere pre-senti.

Da oltre tre mesi l’argomento pareessere caduto in oblìo ...ma pensia-mo che sia sempre attuale...

Cordiali saluti.

Per la Consulta CulturaleSavonese

il presidenteRinaldo Massucco

E-mail di risposta inviata alla“Consulta Culturale Savonese”dal Consigliere Comunale Ing.Carlo Frumento, Presidente dele-gato della “Consulta Comunaleper il Priamàr”, in data 7 novem-bre 2014.Gent.mo Presidente

con la presente, in qualità di Presi-dente delegato della Consulta Comu-nale Priamar, Le confermo che l’11Novembre p.v la Seconda Commis-sione Consiliare discuterà della pro-posta di variante allo strumento Ur-banistico Attuativo (SUA) “Com-plesso del Crescent” e che entro il 18

Novembre la pratica di variante ur-banistica verrà discussa in ConsiglioComunale. Le ipotesi progettuali rela-tive all’Ostello del Priamar e dellearee limitrofe alla Fortezza non sonooggetto di deliberazione in quantol’argomento farà parte di un progettoesecutivo che, a mio parere, dovrà es-sere oggetto dii preventiva discussio-ne della Consulta Comunale Priamarcon l’Ufficio Urbanistico di questaAmministrazione e con i progettistiincaricati da Orsa 2000.

Pertanto la Sua preoccupazione inmerito al fatto che l’argomento “puòessere caduto in oblio...” non ha mo-

tivo di esistere dal momento chel’incontro della Consulta con i tecni-ci sopra citati, dopo alcuni problemiorganizzativi, è stato fissato per ilgiorno 26/11 alle ore 15:00 in SalaRossa, naturalmente sperando chenon ci siano altri contrattempi.

Cordiali salutiCarlo Frumento

In data 26 novembre 2014 il Pre-sidente Frumento ha convocatouna riunione della “Consulta Co-munale per il Priamàr”, con ogget-to: “Interventi sul complesso mo-numentale del Priamàr finalizzatial recupero dell’Ostello della Gio-ventù”, alla quale hanno partecipatotre dei quattro esperti nominati dalSindaco (Marcella Boero, Carlo Cer-va, Rinaldo Massucco), il membro didiritto designato dalla MinoranzaConsiliare (Daniela Pongiglione), ilVice-sindaco Livio Di Tullio, il Fun-zionario comunale Geom. RodolfoTopi, l’Amministratore Delegato di“Orsa.2000” (ing. Gianfranco Gaiot-ti), l’arch. Giovanni Parodi, progetti-sta di “ORSA.2000”, e i consigliericomunali Giampiero Aschiero e Pie-ro Fresco. E’ stato precisato chequanto elaborato da “ORSA.2000”costituisce solo uno “studio di fatti-bilità”. I rappresentanti di “OR-SA.2000” hanno dichiarato la pro-pria disponibilità a collaborare conla “Consulta Comunale per il Pria-màr” per prendere in considerazionescelte progettuali per il futuro recu-pero funzionale dell’Ostello che po-tranno anche essere diverse da quelleattualmente presentate. Bisogneràperò vedere se questo sarà veramentepossibile e se (al di là della disponi-bilità del consigliere Frumento e del-le dichiarazioni di “ORSA.2000”) ilVice-sindaco e la Giunta comunalesaranno effettivamente disponibili atenere in giusta considerazione i pa-reri e le proposte della “Consulta Co-munale per il Priamàr”.

Lo “studio di fattibilità” di “OR-SA.2000” è stato infatti condottosenza la partecipazione di tale organotecnico comunale, ma probabilmentein stretto contatto con Membri del-l’Amministrazione comunale. Que-sta, almeno, è l’impressione riportatanel corso dell’incontro del 26 no-vembre.

PROGETTO DI “ORSA.2000”PER L’OSTELLO DEL PRIAMÀR

Il progetto elaborato da “ORSA.2000” prevede un ingresso all’Ostello dall’esternoposto alla distanza di quasi 200 metri dalla viabilità cittadina, con una passerella lun-ga 18 metri che scavalcherebbe il fossato. Le due fotografie riproducono il “rende-ring” del progetto, visto da Est e visto da Ovest; la freccia rossa evidenzia come sa-rebbe invece più comodo e funzionale (e meno costoso) un accesso esterno molto piùaccessibile e molto più vicino a corso Mazzini, che riutilizzi l’antico accesso esternodel bastione di S. Bernardo, tuttora esistente (posto alla stessa quota della strada edel fossato, non avrebbe bisogno di passerelle a scavalco del fossato!)

A Campanassa N.4/2014 9

CONSULTA CULTURALE SAVONESE

Dopo cinquant’anni di disinte-resse e di abbandono pareva pro-prio che lo scorso anno l’Ammini-strazione comunale di Savonaavesse deciso di cambiare musica,sulla scia di una proposta fatta alComune dalla Sezione Imprendi-tori edili dell’Unione Industriali diSavona: il 27 febbraio 2013, condelibera n. 42 della Giunta, erastato approvato un protocollo d’in-tesa tra i due Enti “volto all’atti-vazione delle azioni di collabora-zione reciproca e continuativa peril recupero e la valorizzazione delcomplesso monumentale quattro-centesco della chiesa e del con-vento di San Giacomo (un gioiellorinascimentale della nostra Città)al fine di ricevere un progetto direcupero finalizzato all’ottenimen-to di risorse all’uopo destinate edavviare con celerità le azioni ne-cessarie alla formalizzazione dellarichiesta del contributo otto permille dell’Irpef di cui all’art. 47della legge 122/1985”.

Il progetto, finanziato dall’Unio-ne Industriali (redatto dall’arch.Giorgio Rossini, ex-Soprintenden-te ai Beni Architettonici e Paesag-gistici della Liguria, insieme conalcuni collaboratori, era stato mes-so a disposizione gratuita del Co-mune di Savona, che l’aveva ap-provato con delibera di Giunta n.48 del 5 marzo 2013.

Disponendo finalmente di unprogetto (la cui assenza nei quat-tro anni precedenti aveva sistema-ticamente impedito di attuare isuggerimenti dati fin dal 2009 alComune dalla Soprintendenza), il14 marzo 2013 il Sindaco di Sa-vona aveva quindi potuto inoltrarealla Presidenza del Consiglio deiMinistri (Dipartimento per il Co-ordinamento Amministrativo) unadomanda per ottenere un contri-buto per il restauro dell’ex-chiesadi S. Giacomo (per un importo di

due milioni e trecentododicimilaeuro).

Nel 2013 si era poi saputo che ilGoverno aveva espresso parerenon favorevole, con l’assurdo pre-testo che tale complesso monu-mentale risultava vincolato dal1935 solo ai sensi della legge364/1909, ma non della successivalegge1089/1939.

D’accordo tra la Giunta comu-nale, l’Unione Industriali e l’arch.Rossini si era quindi deciso che ilComune di Savona avrebbe ripre-sentato nel 2014 la richiesta di fi-nanziamento, attivando prima pertale complesso l’emissione di unnuovo vincolo da parte della Dire-zione Regionale Ligure per i BeniCulturali.

In queste ultime settimane ilconsigliere comunale al quale il 13febbraio 2013 il Sindaco Berrutiaveva attribuito l’incarico di “atti-vità di collaborazione col Sindacoe col Vicesindaco in merito allospecifico compito di recupero evalorizzazione del Complesso di S.Giacomo” ha invece scoperto chenel 2014 tale domanda non è stata

ripresentata (disattendo tutti gliimpegni presi in sede politica) eche neppure è stata predisposta ladocumentazione da avviare allaDirezione Regionale Beni Cultura-li. Una sua interpellanza presenta-ta in Consiglio Comunale il 27 no-vembre u.s. ha ricevuto risposteevasive da parte del Vice-sindaco

(responsabile della pratica, insie-me coi funzionari del Servizio“Politiche e Progetti Innovativi”):pare che non si sia provvedutoperchè gli “Uffici comunali” sonooberati di lavoro.

Con questo bel risultato solo nelprossimo anno 2015 il Comune diSavona potrà ripresentare la do-manda di finanziamento alla Presi-denza del Consiglio, se gli Ufficicomunali avranno finalmente tro-vato il tempo di predisporre la do-cumentazione necessaria: si saràcomunque sprecato inutilmente unaltro anno.

Ma calma, non c’è fretta: in findei conti da quasi vent’anni ilcomplesso è dichiarato pericolantedal Comune di Savona, nessunopuò accedere a vedere non solo ildegrado, ma anche il gioiello cheSan Giacomo potrebbe rappresen-tare per Savona (...intanto, nel2009 è crollata l’intera ala Nord-Est del chiostro quattrocente-sco...).

L’Amministrazione comunale sideciderà ad attivarsi seriamente so-lo dopo nuovi presumibili crolli?

COSA (NON) FA IL COMUNEDI SAVONA PER SAN GIACOMO?

di Rinaldo Massucco

Chiesa di S. Giacomo: particolare del progetto di restauro (arch. Giorgio Rossini).

A Campanassa N.4/201410

CARNEVALE

Giuseppe Veirana, di Sua MaestàCicciolin, re del Carnevale di Sa-vona.

Segue la sfilata per le vie cittadi-ne (Via Paleocapa, Corso Italia)con arrivo verso le ore 17,30 allaCasa Comunale, ove si svolge lacerimonia di consegna delle chiavidella Città da parte del sig. Sinda-co alla presenza delle autorità cit-tadine. Proclamazione, quindi, del-l’inizio ufficiale del Carnevale coninvestitura di Sua Maestà Cicciolina Maschera Ufficiale di Savona.Ore 18,00

Giro per il centro cittadino ditutte le maschere e accoglienza daparte dei commercianti.Ore 19,00

Ritorno in Campanassa.Poi a cena con Cicciolin.

CONSEGNA DELLE CHIAVIDELLA CITTÀ DI SAVONAALLA MASCHERASAVONESE“CICCIOLIN”

PROGRAMMAOre 15,30

Ritrovo delle maschere parteci-panti davanti alla Campanassa Ore 16,00

Arrivo dal mare, davanti alloscaletto della Torretta, a bordo delveliero “Rosetta” comandato da

CICCIOLIN

Domenica 15 febbraio 2015Carnevale-sfilata per le vie

cittadine, poi alla casa comu-nale.

Domenica 18 gennaio 2015,Cicciolin arriverà dalmare accolto dal Presidentee dai componenti del ConsiglioGrande della “A Campanassa”,da numerose maschere amichee dalla Cittadinanza savonese.Come ogni anno si recherà inComune per ricevere dal Sinda-co le chiavi della Città e dareinizio alle manifestazioni diCarnevale.

A l’è rivä a primavèja! A ciü bèlla stagiùn de l’annu! Ghe sun iraggi ceppi d’u sù, gh’ è l’erbetta fresca int’i prè, e insce ’n rammude ’n èrbu ch’u caccia e primme gemme u gh’è ’n niu picìn cun ’napasuetinn-a ch’a cova tegnamente a sö niä.

Föa da-u niu, insc’ou rammu, u gh’è u cunpagnu, cun fä militare-scu, elmettu in testa e sc-ciöppu in spalla, ch’u fa bunn-a guärdia.

A ’n çertu puntu, inpruviza, se vedde a sàguma de ’n falchettu cugîa surva...

L’ouxelìn u piggia a mira, u spära, e u falchettu u cazze.Doppu ’n po’, un ratìn u çerca de rampignäse insce l’erbu, ma a

sentinella, attenta a tüttu, ou vedde, a spära ’n culpu... perìculu ces-sóu!

Morale?...Quande u gh’è l’amù.... l’ouxellu u tîa!

Agostino Astengo

Primavèja Ma se te piggiuI sun pasè ciü de çinqueçent’anni,ma a stoja (a) pö ripéttise, ti ou sè.Gh’è gente che (a) sübisce e chi fa dannie chi u va in cà di ätri a mette i pé,e gìa che te regìa con l’urganettu,a cuntä de foue, seja e matìn,ma quandu pö m’indormu drentu a-u lettu,me sögnu u mè nunettu, u mè Giulìn,che da luntàn (u) diva: “Nu ghe pensä,da Zena nu te fä ciü subacä!”

Ma se te piggiu (a) inpì de scöggi u mä,demuì castelli, spustä a mè Sann-a in là,e çentu turi davanti a-u “Cü d’e bö”l’han rinsinìe, ean proppiu lì da-u mö...Riveddu Sann-a tütta çircundäda bèi palassi a spêgiäse in mäe alùa me sentu cumme remesciä,me piggia a futta e a cuè de cartelä.

E se quarcùn te dixe: “(Ti) pärli troppu,e sciurinä ste cose (u) nu sta ben,(u) ne se raxiunn-a cu-u sennu d’u doppu,a ese acumudante (u) te cunvén!”Ma se te dan d’i gran cäsci int’a ganba,e pö cuntinuan, nu a finiscian ciü,e foscia nu ti pö balä ’na sanba,da-a ture ti ei vuriesci caciä zü,ti te cunporti cum’u fäva u Gnollu,mi sun de Sann-a e gh’ho a testa ’nsc’ou collu!

Giorgio CoggiolaTratta da: Canti Liguri - E Non -Proprietà stampa UniSabazia - CID - Vado Ligure

A Campanassa N.4/2014 11

CUNFÖGU

L’artista Alida Sini al lavoro.

Il grande vaso in fase di lavorazione, il piccolo vaso ed il piatto,dedicati ai 90 anni della “Campanassa”.

Mirabili realizzazioni della Fornace Studio Ernan di AlbisolaSuperiore. Si possono ammirare in anteprima nella vetrina di

Taftà in Piazza della Maddalena

A Campanassa N.4/201412

PERCHÉ UNA CHIESA CARMELITANADEDICATA A S. PIETRO?

di Adele SannaCome abbiamo ricordato sul nu-

mero precedente de “A Campa-nassa” (pagg. 15-16), la chiesaconventuale dei Frati CarmelitaniScalzi sita a Savona in via Untoriae attualmente dedicata a S. Pietroera stata costruita tra il 1664 e il1682 ed era stata in origine intito-lata alla Beata Vergine Maria delMonte Carmelo, anche se impro-priamente veniva talvolta indicatacome “Chiesa di S. Anna”, proba-bilmente perché era stata fondatadai Frati provenienti dal conventogenovese di S. Anna.

Nel 1797 gli effetti della rivolu-zione francese e delle vittorioseguerre napoleoniche si fecero sen-tire anche in Liguria: la Repubbli-ca oligarchica di Genova vennesostituita dalla “Repubblica De-mocratica Ligure”, che adottò pa-recchi dei provvedimenti già attua-ti in Francia dopo la rivoluzionedel 1789, tra i quali la soppressio-ne degli ordini religiosi.

Anche il convento carmelitanodi Savona seguì questa sorte.

A seguito di questi eventi, conuna legge del 21 maggio 1799 ilgoverno della Repubblica Ligureconcesse all’autorità ecclesiasticadi trasferire la sede della Parroc-chia di S. Pietro dalla vecchia e fa-tiscente chiesa omonima alla chie-sa carmelitana e di utilizzare unaparte del soppresso convento comeabitazione del Parroco, mentre ifrati carmelitani si disperdettero(alcuni restarono nel loro cenobioin una difficile convivenza con ilparroco, altri andarono a stabilirsialtrove o presso parenti, altri anco-ra entrarono nel clero secolare o sisecolarizzarono).

L’antica chiesa parrocchiale diS. Pietro “il vecchio” si trovavaaccanto alla torre del Brandale (ilfianco e l’abside sono tuttora visi-bili, altre parti sono inglobate nel-l’edificio che fronteggia il Palazzodell’Anzianìa, tra via Pia e viaOrefici): dopo la Cattedrale, era la

più antica Parrocchia savonese.Nel XII secolo era stata sede diimportanti atti pubblici e dal 1543al 1556 aveva svolto la funzione dicattedrale, quando il duomo di Sa-vona (S. Maria di Castello) fuchiuso al culto e inglobato nellaFortezza costruita dalla Repubbli-ca di Genova sul Priamàr (solo nel1556 il Vescovo e i Savonesi ebbe-ro una nuova cattedrale, con l’e-sproprio della chiesa conventualedi S. Francesco).

Nel 1799 la Parrocchia di S. Pie-

tro si trasferì quindi nella nuovasede di via Untoria. Questo com-portò alcuni cambiamenti all’inter-no della chiesa, tuttora visibili: fi-no al cornicione rimase la decora-zione “alla carmelitana”, mentre lavolta venne decorata con affreschifiguranti episodi della vita di S.Pietro. Al centro del catino lostemma dell’Ordine Carmelitanovenne sormontato dalla tiara ponti-ficia, che andò a sostituire la coro-na della Vergine del Carmelo.

Dopo la sconfitta di Napoleone,

il Congresso di Vienna del 1815stabilì l’annessione del territoriodell’antica Repubblica Ligure alRegno di Sardegna (sotto Casa Sa-voia, col Piemonte). Le leggi delperiodo rivoluzionario venneroabrogate e i Carmelitani savonesipoterono così ritornare nel loroconvento, ma iniziò un contenzio-so tra i frati ed il parroco.

Il Padre Provinciale espose aiSuperiori di Roma la difficoltà incui si trovavano i frati di Savona,costretti ad assumere la cura delleanime, cosa che era proibita dalleloro Costituzioni. Chiese pertantola dispensa, che venne concessa“nel caso in cui non si possa farealtrimenti”. Ottenuto il permessodell’Ordine, in data 23 maggio1822 il Padre Provinciale chiese al-la S. Congregazione romana comeci si dovesse comportare, secondole leggi canoniche, nel rapporto delconvento con la parrocchia addettaalla chiesa dei religiosi e da essiamministrata. La S. Congregazioneordinò che la parrocchia venisseconfermata all’allora economo ecurato don Alessandro Chiappe,ma fosse concesso ai frati l’utilizzodella chiesa per le sacre funzioni,senza pregiudizio e impedimentodi quelle parrocchiali. In seguito,però, Papa Pio VII stabilì che lacura delle anime fosse esercitata inperpetuo dai Padri Carmelitani, dalmomento in cui fosse vacante perqualsiasi motivo la parrocchia. Per-tanto il 23 dicembre 1835, dopo lamorte dell’Arciprete del clero se-colare, don Alessandro Chiappe, funominato Parroco di San Pietro ilprimo Arciprete Carmelitano, Pa-dre Leopoldo di San Gerolamo,che il 20 aprile 1836 prese posses-so del suo nuovo incarico.

Malgrado il ritorno dei Carmeli-tani, la dedicazione della Chiesanon ritornò alle origini, ma man-tiene tuttora nel suo nome il ricor-do degli avvenimenti degli ultimidue secoli. A.S.

L’altar maggiore e il presbiterio della chiesa di S.Pietro (nel catino l’affresco del sa-vonese Lazzaro De Maestri, raffigurante la predicazione di S. Pietro).

Osteria con cucina • Via Pia 15r. • SavonaDelgrande Giorgio

DOMENICA E LUNEDÌ CHIUSO

A Campanassa N.4/2014 13

Appuntamenti annuali, entrati nella tradizione dei savonesi, caratterizzati dalla valorizzazione della nostra cucina tipica. Sono comprese tra IL 17 GENNAIO EIL 17 FEBBRAIO, periodo di Carnevale, si sospendono nel periodo della Quaresima, riprendono DAL 6 APRILE AL 31 MAGGIO. Il piatto proposto quest’anno è“PESCIU AZÜRRU in tütte e mainee”, oltre ad un menù tipico ligure.

E SEJANN-E CUNVIVIÄLI 2015

“VINO E FARINATA” di Delgrande GiorgioVia Pia 15 r. SavonaAntipasti: Farinata di grano e ceci, Sardine ripie-ne al forno. Primo: Merluzzo al verde con patate.Secondi: Alici fritte, Bistecche di acciughe pana-te. Dessert: Dolce della casa o frutta. Bevande:Vino e acqua.Mercoledì 21 gennaio. Mercoledì 28 gennaio.Mercoledì 11 febbraio. CENA ORE 20

FARINATA D’AUTOREVia Verdi 22/24 r. Savonatel. 019.800084 - cell. 348.9259117Antipasto: Sarde ripiene con verdure grigliate.Primi: Farinata con baccalà, Minestrone. Secon-do: Baccalà al forno a legna con verdure. Dessert:Dolce della casa. Bevande: 1/4 vino o bibita,acqua.Tutti i mercoledì dei due periodi.

CENA ORE 20

RISTORANTE “BARBAROSSA”di Accinelli SergioVia Niella 36 r. Savonatel. 019.814804 - cell. 347.3107872Antipasti: Panissette fritte, Torta pasqualina, Frit-tatina di porri, Farinata di ceci con carciofi, Focac-cia al formaggio. Primo: Ravioli di nasello, pomo-dorini e timo. Secondi: Fritto di baccalà, sardinespinate impanate, acciughe ripiene, ciciarelli (sedisponibili). Dessert: Torta di noci con crema ebicchierino di vino dolce. Bevande: Vino sfuso,acqua e caffè.Giovedì 22 gennaio. Giovedì 29 gennaio.Giovedì 5 febbraio. Giovedì 12 febbraio.Martedì 17 febbraio. Giovedì 16 aprile.Giovedì 23 aprile. Mercoledì 29 aprile.Giovedì 7 maggio. Giovedì 14 maggio.

CENA ORE 20

RISTORANTE “NAZIONALE”di Ciocca A.F. e M. sncVia Astengo 55 r. Savona tel. 019.851636Antipasti: Tris di acciughe nostraline, Sardineripiene, Filetti di “Laxaerti” marinati. Primo:Maccheroncini con “Palamita” e pesto di rucola.Secondo: Totani infarinati e fritti. Dessert: Dolcedella casa. Bevande: Vino, acqua e caffè.Sabato 31 gennaio. Sabato 14 febbraio.Sabato 25 aprile. CENA ORE 20

RISTORANTE LA BARCACCIA s.a.s.Corso C. Colombo 46 r. Savona tel. 019.812973Antipasti: Acciughe marinate, Polpette di acciughe,Frittelle di merluzzo, Panissa con rucola in salsa diacciughe. Primi: Spaghetti alla corsara, Spaghetticon le sarde. Secondi: Frittura mista di pesce,Pesce azzurro grigliato. Dessert: a scelta. Bevande:1/4 litro di vino, acqua e caffè.Martedì 20 gennaio. Venerdì 23 gennaio.Martedì 27 gennaio. Venerdì 30 gennaio.Martedì 3 febbraio. Venerdì 6 febbraio.Martedì 10 febbraio. Venerdì 13 febbraio.Martedì 17 febbraio. Venerdì 10 aprile.Martedì 14 aprile. Venerdì 17 aprile.Martedì 21 aprile. Martedì 28 aprile.Martedì 5 maggio. Venerdì 8 maggio.Martedì 12 maggio. Venerdì 15 maggio.Martedì 19 maggio. Venerdì 22 maggio.Martedì 26 maggio. Venerdì 29 maggio.

CENA ORE 20

RISTORANTE “BAGNASCIUGA”(vicino alla “Sporcacciona”)Via Nizza 97/A Savona cell. 392.5833585Primo: Spaghetti alla chitarra con acciughe e finoc-chietto. Secondo: Stoccafisso mantecato (brand decujùn). Dessert: Dolce della casa. Bevande: 1/4

vino sfuso, 1/2 acqua e caffè.Sabato 17 gennaio. Venerdì 23 gennaio.Venerdì 30 gennaio. Venerdì 6 febbraio.Venerdì 13 febbraio. Martedì 17 febbraio.Venerdì 10 aprile. Venerdì 17 aprile.Mercoledì 22 aprile. Mercoledì 29 aprile.Mercoledì 6 maggio. Mercoledì 13 maggio.Mercoledì 20 maggio. Mercoledì 27 maggio.

CENA ORE 20

RISTORANTE SOCIETÀF.B.C. VELOCE 1910Via Tissoni Savonacell. 328.3646306 (Giorgio Levo)Antipasto: Acciughe ripiene e brand de cujùn. Pri-mo: Ravioli di baccalà o spaghetti al sugo di stoc-cafisso. Secondo: Acciughe fritte o stoccafisso conpatate. Dessert: Dolce. Bevande: 1/4 di vino,acqua e caffè.Tutti i martedì dei due periodi.

CENA ORE 20

RISTORANTE “DAI CHICCI”di Cane Renato & C. sasP.le Eroe dei due Mondi 2 r. Savonacell. 334.3565509Antipasto: Acciughe ripiene. Primo: Linguine conacciughe olive e capperi. Secondo: Baccalà al ver-de. Dessert: Dolce. Bevande: 1/4 di vino, acqua ecaffè.Sabato 17 gennaio. Martedì 20 gennaio.Venerdì 23 gennaio. Mercoledì 28 gennaio.Sabato 31 gennaio. CENA ORE 20Antipasto: Brand de cujùn. Primo: Ravioli dipesce con sugo di merluzzo e olive. Secondo:Sgombro con piselli in umido. Dessert: Dolce.Bevande: 1/4 di vino, acqua e caffè.Martedì 3 febbraio. Venerdì 6 febbraio.Martedì 10 febbraio. Venerdì 13 febbraio. Lunedì 16 febbraio. CENA ORE 20Antipasto: Acciughe marinate. Primo: Spaghetticon sugo di baccalà. Secondo: Stoccafisso conpatate in umido. Dessert: Dolce. Bevande: 1/4 divino, acqua e caffè.Martedì 7 aprile. Venerdì 10 aprile.Mercoledì 14 aprile. Sabato 18 aprile.Martedì 21 aprile. Venerdì 24 aprile.Giovedì 30 aprile.Antipasto: Crocchette di pesce. Primo: Farfallecon merluzzo e piselli. Secondo: Baccalà al verdecon patate. Dessert: Dolce. Bevande: 1/4 di vino,acqua e caffè.Domenica 3 maggio. Giovedì 7 maggio.Domenica 10 maggio. Mercoledì 13 maggio.Sabato 16 maggio. Mercoledì 20 maggio.Domenica 24 maggio. Giovedì 28 maggio.

CENA ORE 20

RISTORANTE FUORIDALLERIGHEVia Pia 118 r. Savona tel. 019.4501094PRIMO PERIODO: Antipasto: Antipasto misto“Fuoridallerighe”. Primo: Spaghetti alle acciughee cannella oppure Zimino di ceci. Secondo: Insala-ta di baccalà alla ligure oppure Torta di verdure.Dessert: Dolce della casa (2 scelte). Bevande: 1/4 divino, 1/2 acqua e caffè.Tutte le domeniche dal 17 gennaio al 17 febbraio.

CENA ORE 20SECONDO PERIODO: Antipasto: Antipasto misto“Fuoridallerighe”. Primo: Trofie ai carciofi e bac-calà oppure trofie ai carciofi e liquirizia. Secondo:Involtini di sgombro con julienne di stagioneoppure Polpettone di Verdure alla ligure. Dessert:Dolce della casa (2 scelte). Bevande: 1/4 di vino, 1/2

acqua e caffè.Tutte le domeniche dal 6 aprile al 31 maggio.

CENA ORE 20

RISTORANTE DOMINIO MAREdi Felisatti GiorgioLocalità San Sebastiano 6 Bergeggi (SV)tel. 019.2570300 - cell. 348.0916047Antipasti: Brand de cujùn, Sarde in Saor. Primi:Spaghetti con le acciughe, Zuppa di ceci e baccalà.Secondi: Baccalà con prugne, uvetta e pinoli tosta-ti, Sgombri con piselli. Dessert: Dolce. Bevande:1/4 di vino, acqua e caffè.Tutti i martedì e giovedì dei due periodi.

CENA ORE 20

RISTORANTE “VILLA NOLI”di Saccato L. & C s.a.s.Via Cimavalle 57 Santuario (SV) tel. 019.879154Antipasti: Frittura in cartoccio di acciughe impanate,Panissetta aromatizzata, Cuculli e verdure di stagio-ne. Primi: Crespelle di ceci con carciofi, quagliata esalsa di noci. Secondo: Filetto di baccalà a mo’ diCappon Magro. Dessert: Stroscia di Pietrabruna conil nostro gelato alla crema. Bevande: 1/4 di vino,acqua e caffè.Tutti i giovedì e venerdì del primo periodo.

CENA ORE 20Tutti i venerdì del secondo periodo.

CENA ORE 20Tutti i sabato del secondo periodo.

PRANZO

RISTORANTE CLUB NAUTICODI SAVONA S.r.l.Piazza D’Alaggio 3 r. Savonatel. 019.8485276 - cell. 335.7553686Antipasti: Tris di antipasti: Brand de cujùn, Acciu-ghe fritte, Calamari brasati al balsamico. Primo:Spaghetti con le acciughe o Trofiette con spada ezucchine o Testaroli al pesto. Secondo: Baccalàcon capperi, olive, cipolle di Tropea e pomodorofresco o Filetto di pescato al forno. Dessert: Dolcedella casa. Bevande: 1/4 di vino, acqua e caffè.Tutti i martedì dei due periodi.

CENA ORE 20

TRATTORIA “GIARDINO” di Giordano SaraVia C. Briano 5 Valleggia (SV) tel. 019.881157Antipasti: Acciughe marinate, Acciughe alla bar-babietola, Polpette di pesce azzurro. Primi: Brododi ceci all’acciuga, Tagliatelle al tonno, Macchero-ni con le sarde. Secondi: Sarde ripiene arrosto,Sgombro con piselli al forno, Tonno saporito alcartoccio. Dessert: Dolce della casa. Bevande:Vino, acqua e caffè.Sabato 17 e Sabato 31 gennaio.Sabato 7 e Sabato 14 febbraio.Sabato 2 e Sabato 23 maggio.

CENA ORE 20

TRATTORIA FARINATADA MARCO “SUTTURIVA”Via Piave 5 Albisola Superioretel. 019.480803 - cell. 333.4643283Antipasti: Sarde impanate, Gamberi in salsa rosa.Primo: Caserecci al ragù di sgombro. Secondo:Farinata con stoccafisso e carciofi. Dessert: Dolcealla carta. Bevande: Vino sfuso della casa in caraf-fa, acqua e caffè.Mercoledì 21 gennaio. Mercoledì 28 gennaio.Mercoledì 4 febbraio. Mercoledì 11 febbraio.Mercoledì 8 aprile. Mercoledì 15 aprile.Mercoledì 22 aprile. Mercoledì 29 aprile.Mercoledì 6 maggio. Mercoledì 13 maggio.Mercoledì 20 maggio. Mercoledì 27 maggio.

CENA ORE 20

TRATTORIA DEL MOLINOdi Rossello GiovanniPiazza Cairoli 1 Ellera-Albisola Superiore (SV)tel. 019.49043 - cell. 340.7704763Antipasti: Misti con pesce azzurro. Primi: Taglia-telle al baccalà, Pansotti con salsa di noce. Secon-di: Pesce azzurro al forno, Buridda di stoccafisso.Dessert: Misto del Molino. Bevande: Vino Elleri-no bianco e rosato, acqua e caffè.Tutti i venerdì dei due periodi.

CENA ORE 20

TRATTORIA LA PERGOLAdi Brignone GiorgioVia Torcello 3 r. Valleggia-Quiliano (SV)tel. 019.882541 - cell. 347.2367123Antipasti: Focaccia di patate, Acciughe marinatecon salsa al basilico, Stoccafisso brand de cujùn.Primo: Trofie con pesto di alici e olive oppureRisotto con cavolo nero e acciughe salate. Secon-di: Fiore di nasello al vapore con salsa verde, Ver-dura di stagione. Dessert: Dolce della casa delgiorno. Bevande: Vino sfuso della casa fino a 1/4 apersona, acqua e caffè.Venerdì 23 gennaio. Venerdì 30 gennaio.Venerdì 10 aprile. Venerdì 17 aprile.Venerdì 8 maggio. Venerdì 15 maggio.

CENA ORE 20

TRATTORIA IN CIASSA di Zoni FrancescaVia della Rovere 27 Albisola Superiore (SV)tel. 019.488660 - cell. 347.2932144Antipasti: Torta di bietole con prescinseua, Focac-cina di patate con salame, tomino e olive taggia-sche, Verdure ripiene di stagione, Sarde e acciu-ghe impanate alle erbette, Brand de cujùn. Primi:Ravioli di boraggine e erbette alle noci e ragù,Tortelli di baccalà con pomodoro fresco e olivetaggiasche. Secondo: Coniglio alla ligure concontorno di stagione, Baccalà accomodato, Cimaalla genovese con insalatina di stagione.Dessert: Dolce della casa. Bevande: 1/4 di Vino,1/2 acqua e caffè.Tutti i mercoledì dei due periodi.

CENA ORE 20

HOSTARIA “IL SALE DEL MATTO”Via IV Novembre 12 r Savona tel. 019.804842Antipasti: Frittelle di stoccafisso, Novellame bian-co con zucchine. Primo: Fusilli fatti in casa con leacciughe oppure Pasta con le sarde (secondo dis-ponibilità di pesce fresco). Secondo: Sarde ripienesu lettuccio d’insalatina oppure Filetto di sgombrial forno oppure Acciughe alla ligure (secondo dis-ponibilità di pesce fresco). Dessert: Dolce dellacasa a scelta. Bevande: Vino, acqua e caffè.Tutti i venerdì dei due periodi.

CENA ORE 20

OSTERIA ITALIAVia Cimavalle 50 Santuario (SV)cell. 327.3653538Antipasto: Misto della casa. Primo: Pasta conpesce azzurro. Secondo: Buridda di stoccafissocon contorno di stagione. Dessert: Bavarese aifrutti di bosco. Bevande: 1/4 di vino, acqua e caffè.Tutti i giorni (escluso lunedì).

PRANZO E CENA

OSTERIA “MOLINI” di Giusto P. e Mameli D.Via Molini 1 r. Quiliano (SV)cell. 366.9344638Antipasti: Friscio di baccalà, Torta di erbette,Trippa con patate, Sardine ripiene. Primi: Gnoc-chi allo stocco al profumo di pesto, Pasta e fagio-li. Secondi: Tomaselle con verdurine, Cima allaligure. Dessert: Schiumette all’antica, Crostataalla marmellata e amaretti. Bevande: 1/4 di vinodella casa e acqua.Tutti i mercoledì dei due periodi.

CENA ORE 20

TRATTORIA “SAN ROCCO”Via Restagno 1 Altare (SV)tel. 019.58256PRIMO PERIODO. Antipasti: Tartare di sgombro fre-sco su verdure marinate, Brand de cujùn all’extra-vergine, Focaccine di patate con battuta di lardoaromatizzato. Primo: Picagge al pesto. Secondi:Tortino di acciughe, patate e maggiorana, Con-torno di stagione. Dessert: Il nostro dolce.Bevande: vino della casa, minerali e caffè.Sabato 17 gennaio. Sabato 24 gennaio.Sabato 31 gennaio. Giovedì 5 febbraio.Giovedì 12 febbraio. Venerdì 13 febbraio.Lunedì 16 febbraio. CENA ORE 20SECONDO PERIODO. Antipasti: Frittatine con lup-polo selvatico, Tonno di gallina con verdure, Roto-lini di acciughe con ricotta, timo e maggiorana.Primo: Tagliatelle con ragout di coniglio. Secondi:Bagnun di acciughe, Contorno di stagione. Des-sert: Il nostro dolce. Bevande: vino della casa,minerali e caffè.Lunedì 6 aprile. Domenica 12 aprile.Domenica 19 aprile. Domenica 26 aprile.Domenica 3 maggio. Domenica 10 maggio.Domenica 17 maggio. Domenica 24 maggio.Domenica 31 maggio.

CENA ORE 20

LA LOCANDA DEL CONTADINO“MARINO”di Bergamaschi GianlucaVia Nizza 268 r. Zinola (SV)cell. 377.6885738Antipasti: Sformatino di carciofi tiepido in misti-canza di mare. Primo: Ravioli di baccalà conpomodorini, olive taggiasche e pinoli. Secondo:Acciughe ripiene e fritte su delicata insalatina.Dessert: Dolce del giorno fatto dalla nonna.Bevande: 1/4 di vino, 1/2 acqua e caffè.Tutti i lunedì, mercoledì e giovedì dei due periodi.

CENA ORE 20

GIARDINO DEL SOLEVia G. Bove 61 r Savonatel. 019.862177Antipasti: Tortino con sarde e patate, Acciughemarinate, Insalata di baccalà con pomodorini e oli-ve. Primo: Tagliolini con acciughe e pomodorini.Secondo: Frittura mista di pesce e verdure.Dessert: Dolce. Bevande: Vino, acqua e caffè.Sabato 17 gennaio. Venerdì 13 febbraio.Lunedì 6 aprile. Domenica 31 maggio.

CENA ORE 20

OSTERIA “LA FARINATA”Via Bonini 3 Savonacell. 335.6644130Antipasto: Frittelle di baccalà. Secondo: Stocca-fisso e bacilli. Dessert: Dolce della casa. Bevande:1/4 di vino, acqua e caffè.Mercoledì 21 gennaio. Mercoledì 8 aprile.Antipasto: Tortino di acciughe. Primo: Pennette allealici. Secondo: Frittura di acciughe. Dessert: Dolcedella casa. Bevande: 1/4 di vino, acqua e caffè.Mercoledì 4 febbraio. Mercoledì 13 maggio.Primo: Trofie con pesto, patate e fagiolini. Secondo:Stoccafisso in umido. Dessert: Dolce della casa.Bevande: 1/4 di vino, acqua e caffè.Mercoledì 11 febbraio.Mercoledì 27 maggio.

CENA ORE 20

€ 22 a persona,bevande comprese.BUON APPETITO!

È gradita la prenotazione

A Campanassa N.4/201414

Sorella dei poveri è la finestra,dà loro i beni più grandi: il sole ela strada. Solo così riescono a tra-sformare i loro tuguri in castellifatati. Da casa a casa e dalla casaalla strada, fili di sguardi tessonragne tenaci; e non v’è occhiatache impegni, o lasci pensoso chipassa, più di quella che sfreccia,socchiudendo la persiana, la fan-ciulla che si ritrae. E se poco mon-do scopre il povero dalla finestra,quanto meno tanto più evocatore.Il mare non è mai grande come do-ve di lui parla solo la battima chenon raggiunge la barca; l’estatenon è mai così intensa come quan-do la compendia una cicala, unafrasca che sopravanza una cinta...

Dopo la morte della mammauno dei momenti più attesi per ilpiccolo Camillo (aveva cinque an-ni) era la sera. Il babbo, nella stan-za che s’oscurava, in faccia alla fi-nestra faceva sedere sulle ginoc-chia i propri figli, Camillo e la so-rella, Lina, e contava i lumi di cuisi punteggiava la collina, facendo agara a chi vedeva primo. Al matti-no, appena i primi raggi del solecomparivano dalla spia della per-siana, il padre saltava su a spalan-care finestre. L’aveva fatta lui, avederlo, la bella giornata. In realtàesprimeva la gioia di poter assiste-re ad un sortilegio, che ancora unavolta si rinnovava: i pini stagliatinetti sul barbaglio del mare, lag-giù; il bosco di pini parasole, gre-mito di pigne appese come pipi-strelli; le siepi polverose, gli ac-quitrini, i ginepri accesi di cocco-le. Le passeggiate in campagnacompletavano il sortilegio. Lungolo stradale tra Varazze e Invrea, neiboschi, si trovavano curiosi fioricon corolle azzurre gradevoli alpalato. Un giorno il padre, dietroun muretto di campagna, indicò aisuoi figli un luogo zeppo di viole.

cevano la loro comparsa momentifino a ieri creduti eterni, oggi di-ventati estranei come all’albero lafoglia caduta. Gli uccelli migratorisfrecciavano sul mare intenti a se-guire la loro rotta, noncuranti diciò che stava loro attorno. Da bim-bo non capiva questa indifferenza,ora mettevano nel suo cuore lievitidi rivolta. Se nella notte un cantodi ubriachi gli giungeva all’ orec-chio, d’impeto si levava su dai li-bri, si sporgeva fuori della finestrae si lasciava investire dal vento,che lo invitava a bere quel cantocome un vino forte:

Più d’una volta sulla fredda ardesiaal vento che passava nei capelli

alla pioggia che m’inzuppava il visoio piansi delle lacrime insensate.Nel 1905 Camillo Sbarbaro si

trasferì a Savona per frequentareil Liceo “Chiabrera”. Prima abitòin un appartamento in via Paleoca-pa, in seguito si stabilì alla Villettanel villino Foglia. La vista del por-to dalle alture della città acuì ilsuo desiderio di fuga. Fabbricava,con dei sentito dire affastellati in-sieme, infantili carte geografiche. Imiti del mondo classico non basta-vano a conciliarlo con le paretidella sua casa che sentiva semprepiù sorde. Nella notte il battitodella sveglia si confondeva conl’illusione del sogno. Se tuttaviaun mignolo era sufficiente a farcrollare il sogno, la sveglia invecepersisteva inarrestabile col suobattito. Lo Sbarbaro colse in quelbattito l’essenza dell’uomo, an-ch’egli pezzo d’orologeria con-dannato all’inevitabile ripetizionedel vivere:

Vedo allora che nulla nella vitaè buono e nulla è triste, ma che tutto

è da accettare nello stesso modo;e penso che convenga rassegnarsi

ché tutto eguaglia la necessitàOppresso da tanto fatalismo si

La meraviglia di Camillo fu tal-mente grande da conservarne il ri-cordo per tutta la vita. Infanzia, ve-loce corsa tra scuole marinate, pie-ne di fiori, di voli di uccelli, con amarzo il canto del cuculo e le pri-mavere nei boschi umidi: “Ne tor-navo stordito. L’uva saccheggiatanottetempo nell’orto del nonno.Arrampicato alla vite, chiotto, milasciavo inondare dalla soavità delgrappolo sotto lo stellato fitto”.

Venne l’adolescenza. Condanna-to allo studio, Camillo iniziò adodiare le pareti domestiche. La suairrequietezza sorprese il padre, co-

sì da fargli credere di aver accantoa sé un figlio fino a quel momentosconosciuto. Camillo nella stanzaera come il paralitico che vede ilmondo tutto bello fuori di lì. Allasera, riprendendo le abitudini del-l’infanzia, si fermava a lungo allafinestra, osservava i fiochi lumidella città, le persiane silenziose il-luminate, le finestre buie apertenella notte, l’imposta che si lagna...Talvolta sorde nenie cantate sottocasa da un qualche giramondo gliaprivano orizzonti di avventura edi sbaraglio. Quel canto era un urtoal cuore. La memoria trasaliva, fa-

Ricordando i cento anni di “Pianissimo” di Camillo Sbarbaro*

LA FINESTRA EL’“ESTROSO FANCIULLO”

di Giovanni Farris

Del Buonodal 1860

SAVONA - VADO LIGURE - SASSELLO - TELEFONO 019.850405

A Campanassa N.4/2014 15

sentì come in una prigione priva difinestre, irrespirabile. Neppure gliservì ripetere l’antico rito al cantodegli ubriachi. Le lacrime, benlontane da quelle che gli rigavanoil volto da ragazzo, ormai eranoscarse e sciocche. Irriconoscibilea se stesso, nella sua solitudine,prese coscienza dello sdoppiamen-to del suo io. Quell’altro suo ioche sempre l’accompagnava, glidiede la sensazione di camminarecome un sonnambulo, solo, senzaessere visto, quasi rasentasseun’altra vita, e poter osservare sul-la strada, con occhi aperti edestranei, i passanti: fronti calve divecchi, inconsapevoli occhi dibimbi, facce consuete di nati a fa-ticare e a riprodursi, facce volpinestupide beate, facce ambigue dipreti, pitturate facce di meretrici,ciascuno, occupato dall’attimo chepassa, portando con sé la condan-na d’esistere. Gli abissi di silenzioche avvolgevano questi condanna-ti sorridenti rendeva ingannevolel’amicizia. Queste sue convinzionigli procuravano alla sera, affac-ciandosi alla finestra, un panoramaspettrale. Tutto gli appariva immo-bile, di una statuaria freddezza. Lacittà di pietra, immensamente va-sta e vuota, le sue vie simmetrichee deserte, le case mute: abitante

unica, la Necessità, che conduce icarri e suona le ore. Forse mi va-do mineralizzando. Già il mio oc-chio è di vetro, da tanto non pian-go; e il cuore un ciottolo pesante.La notte gli disvela questo lentoma inarrestabile processo:

Mi desto dal leggero sonnonel cuore della notte.

Tace intornola casa come vuota e laggiù brillasilenzioso coi suoi lumi un porto.

Ma sì freddi e remoti son quei lumie sì grande è il silenzio nella casache mi levo sui gomiti in ascoltoLaggiù, i lumi del porto, culla di

sogni, sono così freddi e remoti dasottolinearne la morte. Si tratta diun porto dove le navi non hannopiù rotta, non salpano più per chisa dove, marciscono sotto losguardo vigile di oscuri moli, gela-te mura di cimitero. Una sensa-zione di vertigine lo coglie. Il da-vanzale della finestra dà a piccosul vuoto. Sull’orlo del burrone sifa strada una disperata invocazio-ne del soprannaturale, quando, im-provvisa, dal silenzio afoso dellanotte, balza la facile melodia di unorganetto. Il sangue ritorna nellevene, il corpo, percorso da brividi,vibra, l’ incubo si allontana, il ven-to porta via con sé le tenebre, bal-coni di frescura si aprono. Il mon-

do ritorna ad una dimensione.Stanze dimenticate nell’oscuro pa-lazzo dell’infanzia si aprono. Levertigini si allontanano, i tetti d’ar-desia gelidi di luna si sbriciolanoper lasciar posto al familiare odored’erba, alle campagne prostrate dalsole e rallegrate dal canto delle ci-cale, allo stormir d’alberi, al correrd’acque, ai cieli tersi invernali. Atutte le cose buone della terra:

Terra tu sei per me piena di gra-zia, finché vicino a te mi sentirò co-sì bambino... Toccare l’erba come sitocca un capo di bambino... prendercongedo dalla dolce terra... dolcecosì non mi sarà mai parsa...

La notte non costruisce più fan-tasmi da incubo, ma riporta lontanianeliti di quando, ragazzi, si sorri-deva al buio, si attendeva l’albaper salpare, per realizzare le spe-ranze che opprimevano il cuore,per abbracciare l’aria quasi a volerstringere a sé tutto il mondo. Benibalenati e perduti, per essi ancoraconta essere nati. La fragile sogliad’aria della finestra,spalancata, liaccoglie lieta, mentre lontano siperde il segreto tradimento dell’u-niverso:

La finestra che ho aperto pervoi mi parrà di richiuderla nelmondo. Oggi ancora il mio cuoreviene con voi. Domani ripasseretee non vi riconoscerò.

G.F.

* Questa “preda sbarbariana” è la nonrisposta a chi mi aveva chiesto, in oc-casione del centenario di Pianissimo,di scrivere come appare Savona dallealture della Villetta.

Pubblichiamo, in occasionedel centenario di “Pianissimo”,il Testamento di Sbarbaro. Perquanto conosciuto dagli studiosinei suoi termini essenziali, il te-sto non ci pare sia mai comparsonella sua forma integra. “Il ver-bale di pubblicazione del Testa-mento olografo del defunto si-gnor Sbarbaro Pietro vulgo Ca-millo deceduto in Savona il 30ottobre 1967 a rogito NotaioMario Zanobini di Savona in da-ta 7 febbraio 1968... registrato aSavona il 13 febbraio” si trovatrascritto nella Conservatoriadei Registri Immobiliari di Savo-na al n. 813/68 (Il documento celo ha indicato il Sig. AugustoRoascio, che ringraziamo).

MIO TESTAMENTOTutto quello che è mio diven-

ta proprietà di mia sorella; com-preso l’erbario, del quale essafarà l’uso che crede. Dell’edito-re Vanni Scheiwiller (Milano,via Melzi d’Eril 6) è la proprie-tà letteraria dei libri miei che hapubblicato e pubblicherà, cosìcome di libri miei pubblicatipresso altri Editori. I dirittid’autore, a cura di Vanni Schei-willer, dovranno invece essereversati alla “Cassa Nazionale diAssistenza e Previdenza fra gliScrittori Italiani” (Roma, viadei Sansovino). Chiedo di esse-re sepolto nella terra in cassa dilegno senza cerimonie e senzadiscorsi.

Spotorno, 27 agosto 1961Camillo Sbarbaro

www.averla.it

Auguri

A Campanassa N.4/201416

I PRIMI ANNI DELLA “A CAMPANASSA”A novant’anni dalla fondazione emergono dai giornali i primi passi

dell’Associazione nella Savona degli anni Venti del Novecentodi Giovanni Gallotti

Il nuovo Podestà Paolo AsseretoL’anno 1927, si aprì per l’Associa-

zione A Campanassa, con una presa diposizione sulla nomina del nuovo Po-destà, il marchese Paolo Assereto, tral’altro consigliere dell’associazione.Fu inviata l’undici gennaio, una letteraal capo del governo, Benito Mussolini,nella quale l’associazione si dichiara-va entusiasta per la scelta e venne af-fisso, un manifesto sulle mura dellacittà, che esprimeva la stessa approva-zione.

Un memoriale dei sociIl 22 gennaio fu pubblicato sul gior-

nale l’Indipendente, un memoriale fir-mato da cinquanta soci, nel quale era-no avanzate alcune richieste, che laSocietà doveva far presenti al Comu-ne. Tra queste l’esecuzione del pianoregolatore, alcune correzioni al quadroguida, che esisteva in piazza del Popo-lo, ad uso dei forestieri che giungeva-no in città, la realizzazione della fo-gnatura generale dell’abitato, l’apertu-ra di una succursale dell’ufficio posta-le a Villapiana, la cessione al Comunedella fortezza del Priamàr, la sistema-zione della stazione Letimbro, la rea-lizzazione di una linea tramviaria perLavagnola, la costruzione di una se-conda linea di funivie Savona - SanGiuseppe e, dulcis in fundo, la soprae-levazione della torre del Brandale perriportarla all’altezza originale. L’arti-colo si concludeva però in modo scon-solato: “Di fronte all’apatia deplore-vole di gran parte della cittadinanzaed alla indifferenza di molti soci, nonrisulta che A Campanassa abbia ri-sposto”.

Il nuovo Consiglio DirettivoPochi giorni dopo, il 29 ed il 30

gennaio, nella sede di piazza del Bran-dale, si svolsero le elezioni per il nuo-vo Consiglio Direttivo. Era possibilevotare dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle17. Il Cittadino del 22 gennaio lanciòun appello ai suoi lettori: “Considera-ta l’importanza dei problemi inerentila nostra Savona, che il nuovo Consi-glio dovrà trattare, si spera che lagran massa dei soci accorrerà alle ur-ne, dando, con ciò, prova di attacca-mento alla propria città natale”. Fuanche affisso, a cura dell’associazione,

un manifesto sui muri della città, sulquale, dopo aver indicato gli orari diapertura delle urne, si poteva leggere:“È necessario che i soci accorranonumerosi alle urne e sorreggano in talmodo il nuovo Consiglio Direttivo diplebiscitario consenso che gli siasprone e ausilio nell’opera proficuada svolgere per il bene di Savona”.Come componenti del Consiglio furo-no eletti: Arturo Acquarone, OresteAdami, Ernesto Astengo, Paolo Asten-go, Flaminio Becchi, Luigi Brilla, Ge-rolamo Camerano, Emanuele Canepa,Giovanni Damonte, Francesco Fava,Antonio Garasssino, Marco Genta,Maurizio Marrone, Carlo Martinengo,Gio Batta Musso, Filippo Noberasco,

Andrea Pertusio, Nicolò Pessano,Emilio Randaccio, Colombo Tarò,Giuseppe Tissoni, Sensitto Sguerso,Ferdinando Vacca, Giacomo Vallarinoe Francesco Varaldo. Come revisoridei conti, risultarono eletti Dante Ara-gno, Francesco Bruzzone e EnricoViarni. La sera del 5 febbraio, il nuovoConsiglio si riunì per la prima volta edelesse presidente Francesco Varaldo.

Omaggio al vescovo RighettiNegli stessi giorni, fu nominato ve-

scovo di Savona Pasquale Righetti e laA Campanassa espresse anche a lui ilsuo compiacimento ed omaggio. Il ve-scovo rispose dichiarandosi, tra l’altro:“... sentitamente grato all’Ill.mo sig.

Presidente della simpatica e beneme-rita società A Campanassa dell’omag-gio e del saluto inviatogli a nome del-la Società stessa”. Monsignor Righetticosì concluse la sua lettera: “Plaudead ogni sua nobile iniziativa ispirataai più puri ed alti sentimenti morali,civici e patriottici e augura alla Socie-tà, custode e vindice delle memori edelle glorie cittadine, prosperità e in-cremento sempre maggiore, mentre sudi esso implora le divine benedizioni”.

Una gara per le figurine dei presepiAntesignana dell’attuale “Mostra del

presepe d’arte nella ceramica”, giuntaquest’anno alla quarantesima edizione,si può considerare questa iniziativa chela A Campanassa lanciò alla fine di set-tembre del 1927. La Società inviò aifabbricanti di ceramiche una circolareche dopo aver esaltato questa antica ar-te e le sue tradizioni così si esprimeva:“La Campanassa intesa a conservare,a rinnovare le antiche tradizioni e amantener fattive quelle industrie chesono peculiari della nostra Terra, indi-ce per la prossima ricorrenza di santaLucia, la festa tradizionale dei Presepie dei Pastori, 13 dicembre p.v., una ga-ra tra i nostri fabbricanti”. Il regola-mento prevedeva la realizzazione di di-versi tipi di opere: pastori isolati, pasto-ri a gruppi, pastori montati, figurine mi-stiche e tutto ciò che poteva avere unarelazione con il presepe. Ogni ditta po-teva concorrere con uno o più modelliper ogni tipo. I premi ai lavori migliori,consistevano in due medaglie d’oro,due medaglie d’argento e quattro dibronzo, tutte accompagnate da un di-ploma. Le opere presentate, furonoesposte nelle vetrine dei principali ne-gozi della città, diventando poi proprie-tà della A Campanassa. Sui giornalidelle settimane successive non si fa pe-rò riferimento ai risultati di questa gara.

Il giorno di ColomboIl 12 ottobre 1927, la A Campanassa

pubblicò un numero unico dedicato al-lo scopritore dell’America, mentre ladomenica successiva, 16 ottobre uncorteo partì alle 9 da piazza del Bran-dale e si recò in Municipio per portareuna corona di alloro al busto del gran-de navigatore.(4 - fine) G.G.

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A Campanassa N.4/2014 17

PALAZZO SANSONIVisita a palazzo Sansoni in via Pia, dimora storica che ospitò,

all’inizio della sua prigionia savonese papa Pio VIIdi Laura Arnello

In via Pia, nel tratto che va dapalazzo della Rovere verso ilBrandale, si trova un luogo digrande importanza storica per Sa-vona. Si tratta di palazzo Sansoni,un edificio di origine mediovale,probabilmente risalente al XIII se-colo, quando venne costruito ilportico che scavalca via Pia. NelRegistro della Caratata, riisalenteal 1530, il palazzo viene indicatocome di proprietà di RaimondoSansoni per un valore di mille lire.Al piano terra del palazzo, all’an-golo tra via Pia e via Sansoni, sipuò osservare un interessanteesempio di una loggia medievale,chiusa probabilmente nel Cinque-cento, sostenuta da un pilastro ot-tagonalea fasce bianche e nere econ un bellissimo capitello. La co-struzione fu ristrutturata tra ilXVIII e il XIX secolo. In epocanapoleonica il palazzo fu l’abita-zione del sindaco di Savona, ilmaire Egidio Sansoni. Il grandeappartamento collocato al primopiano dell’edificio, ospitò papa PioVII (1800-1823) nei primi giornidella sua prigionia savonese. Il Pa-pa vi giunse il 17 agosto 1809 e virimase fino al 23 agosto, quandofu trasferito nel palazzo vescovile,sede della sua prigionia fino al 9giugno 1812. L’appartamento,molto ampio, circa 400 metri qua-drati, è composto da un atrio, ungrande salone, alcune stanze, unacappella ed un sottottetto. L’atrio,molto semplice, è suddiviso in duevani aperti ognuno da due porte,sormontate da nicchie ovali conte-nenti busti in marmo probabilmen-te di vescovi. Dall’atrio si accedeall’ambiente più ricco ed interes-sante, il grande salone, il cuiaspetto è molto cambiato dall’epo-ca di Pio VII. Ha uno splendido

pavimento alla veneziana, le paretie il soffitto ottagonale sono intera-mente decorate con stucchi bian-chi e gialli intensi. Le pareti sonosuddivise da colonnine ioniche eaperte da cornici riccamente bor-date in stucco, all’interno dellequali un tempo si trovavano alcunetele, mentre attualmente vi sonopannelli ceramici in laggioni bian-co blu o policromi raffiguranti ve-dute della città, opera di FrancescoLottero, artista scomparso recente-mente. Le altre cornici, compresaquella al centro del soffitto sonostate occupate da telai ricoperti distoffa. Al centro di una parete sitrova un caminetto di marmo, de-corato all’interno da laggioni liscie a cuenca che parrebbero sette-centeschi, ma potrebbero anche es-sere un’imitazione realizzata piùdi recente. L’aspetto originale delsalone si può osservare in una fotopubblicata sul volume Pio VII inSavona, stampato nella secondaedizione nell’anno 1936, opera deicanonici Domenico e FrancescoMartinengo. Nella cornice centra-le, sopra al caminetto, lo si osservanell’antica foto, era posto un ritrat-to di Pio VII, dipinto nel 1810 daGaspare Domenico Rastellino, al-lievo di Paolo Gerolamo Brusco.Restaurato prima del 1938, fu do-nato al Vescovado nel 1960 daGiuseppe Tissoni. Oggi è collocatonella sala del Trono, negli apparta-menti di Pio VII, sulla parete a de-stra. Dall’altro lato della stanza sitrova un altro ritratto del Ponteficeopera del Brusco. A differenza delBrusco che ha raffigurato il Papamagro ed emaciato ed ha rappren-sentato gli arredi originali, di quel-la stanza, vale a dire il trono verdee il baldacchino bianco, il Rastelli-no ha realizzato un ritratto ideale

Salone.

Sottotetto.

Salone.

A Campanassa N.4/201418

del Pontefice. Il caminetto di pa-lazzo Sansoni era chiuso da un pa-liotto in legno e tela con un’iscri-zione dedicata al Papa. Le altrecornici contenevano alcune tele, almomento non rintracciabili; non sisa se esistano ancora, se siano sta-te asportate o coperte, a tale pro-posito sarebbe necessario effettua-re qualche ricerca. Sulla parete adestra di quella con il caminetto èriconoscibile una scena campestrecon un cavallo ed una carrozza,mentre nell’ovale sul soffitto, sem-pre nell’antica foto, si individuauna raffigurazione del Carro delSole. Dal vano interno al portico,si può godere un bello scorcio suvia Pia e di qui si accede ad altresale. Due, molto semplici si affac-ciano su via Orefici accanto ad es-se una cappella riccamente decora-ta con stucchi, oggi gravementedeteriorati e scrostati per l’umidi-tà. Qui, Pio VII celebrò Messa in-dossando, secondo la tradizione,una semplice cotta in pizzo conbordure verdi che oggi è in posses-so delle monache CarmelitaneScalze di Santa Teresa, il cui mo-nastero si trova in via Firenze ed

alle quali fu donato. Si tratta diuna comunità di monache di clau-sura alle quali il Papa fu molto le-gato, poichè il suo confessore ilvenerabile Bartolemeo Menocchioera un carmelitano. Il Papa ebbemodo di visitarle durante la suaprigionia, quando il monastero sitrovava nella zona dell’attuale viaVenezia. Da una scaletta, in preca-rie condizioni, si accede al sotto-tetto, molto deteriorato. Le stanze,collocate a sinistra del salone, nondecorate e con interessanti pavi-menti alla veneziana, si affaccianosu via Sansoni. L’intero apparta-mento è oggi in condizioni moltocritiche e necessita di importantilavori di ristrutturazione. I pro-prietari hanno intenzione di ven-derlo ad una assocazione o ad unmecenate che sappia e abbia lapossibilità di valorizzare l’impor-tante dimora, legata alla storia sa-vonese, per conservarla e renderlafruibile, inserendola in un percor-so di valorizzazione insieme conaltri luoghi, parte integrante delpatrimonio storico ed artistico del-la città.

L.A.

Cappella del Papa.

Cappella del Papa.

Salone.

Salone.

Salone.

A Campanassa N.4/2014 19

Camice.

Salone.

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A Campanassa N.4/201422

“A BARACCHETTA D’I GELÄTI”Il chiosco dei gelati

di Giorgio MiraAlcuni di noi, che hanno qual-

che anno in più, ricordano certa-mente che in “Ciassa Mentäna”,come l’abbiamo sempre chiamata,anche se ufficialmente è PiazzaAurelio Saffi, si trovava un chio-sco di bibite e caramelle variemantenuto in esercizio da un si-gnore che camminava aiutandosicon i bastoni per un blocco rigidodelle anche. Quel signore era miononno, nonno Carlo, anche se tuttilo conoscevano per Attilio.

In un primo tempo il chiosco erasituato all’estremità della piazzadove ora inizia Via Brignoni, inseguito, per motivi di viabilità,venne spostato nell’angolo oppo-sto: dove Via Cavour incrociavaVico Monturbano, il quale andavaa collegarsi con Via Piave; e suquell’angolo rimase per molti annifinchè non venne definitivamenterimosso, ed è in questa posizioneche tutti ce lo ricordiamo.

Il titolo mette in evidenza i gelatima quella non era la sola o la piùimportante attività del chiosco. Ibambini di allora si ricordano cer-tamente con più affetto: “i pume-letti”, “i pescetti”, “e stringhe”, “urecanissu” e molte altre ghiottone-rie a buon mercato, facilmente ac-cessibili per gli acquirenti di allora.

Nel periodo invernale non man-cavano mai le caldarroste come,nel periodo estivo, non mancava ilcitrato: un cucchiaio sciolto in unbicchiere di acqua fresca ed eccopronto “u bag na näzu” comescherzosamente veniva chiamato.

L’acqua fresca richiama allamente il frigorifero di allora: unacapace cassa di legno foderata al-l’interno di lamiera con sul fondouna serpentina formata dal tubo nelquale scorreva l’acqua e, sopra aquesta serpentina, veniva appoggia-ta una lista di ghiaccio, portatagiornalmente da “u Bruno d’a giaç-ça” che con il suo motocarro goc-ciolante faceva il giro di tutta la cit-tà rifornendo di liste di ghiaccio ipubblici esercizi. Attorno al ghiac-cio venivano poste le bottigliettedalle varie bibite in uso: gazzose,aranciata, chinotti, bitter, ecc.

Numerosi erano i contenitori invetro ripieni delle più svariate e co-lorate caramelle che attiravano glisguardi desiderosi dei piccoli pas-santi, per non parlare delle tavolet-te di “croccante” che attiravano an-che gli adulti con i denti buoni.

Il gelato usciva da un magazzinosito in Vico Monturbano dove ilnonno aveva sistemato una mac-china adatta a produrlo: un conte-nitore di rame circondato da pezzidi ghiaccio, una piccola pala permescolare gli ingredienti e il tuttoposto in rotazione da cinghie e pu-

legge che affascinavano il mio cu-rioso sguardo di bambino. I conte-nitori con i vari gusti venivano poisistemati nel carretto apposito ecircondanti naturalmente da ghiac-cio.

Il carretto dei gelati ricorda unconcorrente del nonno: “U Pierìn”che aveva il suo chiosco in Via S.Lorenzo, angolo Via Zunini. “UPierìn” però aveva, per sua fortu-na, le gambe buone e quindi non silimitava al chiosco ma spingeva ilsuo carretto nella zona di Villapia-na e arrivava sino a Lavagnola do-ve il suo grido: “geläti!” risuonavaper le strade, richiamo che è anchericordato in una bella poesia diVirginia Marchetti Ottonello.

Il nonno abitava in Via Piave an-golo Via Paolo Boselli dove ancheio ho abitato per molti anni. Gliappartamenti erano situati sopral’osteria di Devalle, una pescheria

e un bar, il tutto ora sostituito dalpalazzo dell’OVS. Data la vicinan-za, non gli occorreva molto, mal-grado i bastoni, a compiere il tra-gitto da casa al chiosco passando oper Via Piave, davanti alla pastic-ceria Torcello e alla vicina promu-feria e poi su per il vicolo, oppureattraversando Via Piave e, dopoaver comperato il giornale dell’e-dicola che si trovava proprio difronte alla pescheria, costeggiaretutto il muro di cinta di un cortiledove era situato un negozio difrutta e verdura e raggiungere inbreve tempo l’angolo di VicoMonturbano.

La piazza era naturalmente piùtranquilla, non c’era il carosello dioggigiorno, e i bambini potevanotranquillamente prenderne posses-so. Per i trasporti ci pensavano an-cora i Fratelli Varaldo con i lorocarri trainati da cavalli e, una vol-ta al giorno, passava l’autobotteche, con i getti d’acqua, lavava lestrade.

Si correva su per le scalette diVico Monturbano e si arrivava sul-le “muntagnette” ai piedi degliScolopi, dove parecchie galline,con uno spaghetto attaccato allazampa, razzolavano nell’erba allaricerca di mangime.

Eravamo certamente molto piùpoveri di adesso, di conseguenzacon meno pretese e ci accontenta-vamo ed eravamo felici con poco.Ma non lasciamoci prendere dairimpianti, oggi abbiamo molto dipiù in tutti i sensi, quello che nonabbiamo, e che umanamente ciporta a dire che erano tempi mi-gliori, è la spensieratezza dellagioventù.

G.M.

Auguri di

Buone Feste

Piazza Saffi - Le frecce indicano la baracchetta.

A Campanassa N.4/2014 23

Giusto Franco, pianista e compositorenato a Savona nel 1939, ha iniziato lostudio della musica e del pianoforte ingiovanissima età con la M.a Tina Franzi-no. Ha proseguito gli studi con il M.oLeandro Criscuolo diplomandosi al Con-servatorio Statale di Musica “N. Pagani-ni” di Genova sotto la guida del M.oVincenzo Silvio Giauni.

Ha conseguito il diploma magistrale,l’abilitazione all’insegnamento dellamusica ed il diploma di composizionealla “Accademia Musicale Genovese”.

E’ stato docente all’Istituto MagistraleStatale “G. Della Rovere” di Savona.

Ha esordito come pianista della can-tante RAI-TV Luciana Gongales e nel1957 ha fondato un complesso con ilquale si è esibito – in Italia ed all’estero– in qualità di pianista-cantante.

Dal 1963 è iscritto alla Siae-Sez. Mu-sica-in qualità di “compositore” ed “au-tore della parte letteraria”. E’ iscritto al-l’Uncla di Milano.

Nel 1966 ha partecipato come autoreal 3° Disco per l’estate RAI-TV con lacanzone “La doccia” (D’Anzi Editore) enello stesso anno ha vinto il Festival del-la canzone italiana a Nizza (Francia) conla canzone “Mai più crederò”.

Nel 1967 ha vinto il 2° Recital dellacanzone italiana a Vienna con la canzo-ne “Quando piangono gli angeli” (testodi Mario Traversi).

Membro di giuria in concorsi nazio-nali,ha tenuto e tiene conferenze di mu-sicologia e lezioni-concerto.

Ha pubblicato il libro “Invito all’a-scolto della musica classica” (EditriceLa Stampa”).

Ha al suo attivo molte composizioniper pianoforte, per strumenti vari, perquartetto d’archi e per orchestra, pubbli-cate da note Case Editrici nazionali edestere ed incise da noti interpreti.

Ha insegnato ed insegna all’Universi-tà della terza età di Savona (oggiUniSv).

Ha organizzato (dal 1993 al 1996)presso il salone di Villa Cambiaso in Sa-vona stagioni concertistiche (nel mese diluglio).

Ha fondato nel 1994 l’AssociazioneCulturale “De Musica” ed è direttore ar-tistico del Concorso Nazionale di Com-posizione Pianistica, organizzato dallamedesima Associazione.

Ha inciso tre LP (per la Bang Bang diMilano) ed un CD (per la Xenam di Ro-ma) di sonorizzazione (pianoforte-clavi-cembalo-organo) per la RAI-TV ed alcu-ne sue composizioni sono inserite in co-lonne sonore di films e documentari cul-turali.

Sue opere didattiche (Edizioni Carra-ra) sono in adozione presso Conservatoristatali e Scuole private.

A seguito della tragedia dell’11 set-tembre 2001, ha composto un “Adagioper Archi” (inviato al M.° Salvatore Ac-cardo ed al Sindaco di New York).

In occasione del Natale 2005 ha com-posto cinque brani per pianoforte, che hainviato al Papa Benedetto XVI, riceven-do risposta ed apprezzamento dalla Se-greteria di Stato del Vaticano.

Nella primavera 2006 ha curato dueAntologie pianistiche per conto dellaMusicaurea Edizioni Musicali con branidi noti Autori contemporanei.

Fisaconcerto (Tema dal Concerto perFisarmonica classica)

In data 3 giugno il maestro EnnioMorricone ha scritto una lettera di ap-prezzamento per le composizioni, nellaquale dice testualmente “per quello chepuò confortarmi nel parere che le espri-mo mi sembrano eccellenti”.

Sempre nel mese di giugno 2009 ilconcertista M.° Pino Briasco ha revisio-nato per chitarra classica le composizio-ni “Malinconia”, “Magic island”, “Cha-grin”, “Romanza”, “Pensiero intimo” e“Omaggio”.

Il 3 settembre 2009 A Genova-pressola sede dell’Accademia Musicale Geno-vese – è stata consegnata una targa (Di-rettore artistico il M.° Vincenzo SilvioGiauni) con la seguente motivazione “AlMaestro Giusto Franco per la valenza ar-tistica”.

Sempre nel 2009 sono andati in pro-grammazione due film (dei quali hascritto ed inciso la colonna sonora) eprecisamente: “335 voci per non dimen-ticare” (Rai-Tv & Mediaset-Film Storia)e “Shuudoujo Nawaj” (Japan-TV).

Ha pubblicato le composizioni “Prelu-dio”,“Pensiero intimo”, “Omaggio a Pi-no Briasco” (per chitarra classica); “Mo-vie music”, “Chopin tribute” (per piano-forte): “Conciencia” (per bandoneon eorchestra – nel repertorio del quintetto“Letras de tango” – prima esecuzioneassoluta al teatro Chiabrera di Savonal’8 maggio).

Sempre nel 2010 ha fondato il GiustoFranco Trio (Francesco Barone al con-trabbasso - Fabrizio Poggi alla batteria)con un repertorio basato prevalentemen-te di rivisitazioni di brani famosi deigrandi autori classici (Beethoven, Cho-pin, Liszt, Brahms, Satie, etc.) arrangiatiin chiave jazz.

Il debutto è avvenuto al teatro Saccodi Savona l’11 aprile 2010.

Per ricordare il giorno della memoria(27 gennaio) ha scritto una Elegia perarchi, inviata alla Comunità ebraica diRoma.

Nel 2011 – in occasione del 150°Anniversario dell’unità d’Italia – hascritto (su testo dello scrittore MarioTraversi) un valzer “Buon CompleannoItalia”, inviata al Presidente GiorgioNapolitano.

A villa Cambiaso (SV) l’8 luglio Giu-sto Franco Trio in Concerto.

Del concerto è stato realizzato il dvded il cd.

AL teatro Sacco di Savona il 1° otto-bre ha eseguito – con il pianista Eugeniode Luca – il ciclo di tutte le composizio-ni pianistiche di GianFranca Irrera.

Al teatro Chiabrera di Savona il 20novembre Giusto Franco Trio (GiustoFranco: piano, Francesco Barone: con-trabbasso, Marco Canavese: batteria) èstato ospite del memorial dedicato alM.° Romano Scorza.

Del concerto è stato realizzato il dvded il cd.

A dicembre 2011 ha inciso due CDpiano solo ed un CD Trio.

Sempre a dicembre ha pubblicato do-dici composizioni pianistiche classicjazz (produzione De Musica).

A gennaio 2012 ha inciso un CD (Pia-no solo) dal titolo “Giusto Franco playsGiusto Franco”.

Nel giugno del 2007 il pianista fioren-tino M.° Giuseppe Fricelli ha eseguito aVienna “Nocturnes” (una serie di afori-smi dedicati dal compositore savonesealla nipotina Ginevra).

Nel marzo del 2008 ha composto perpianoforte la “Sonata-Fantasia Italia”,che ha inviato – con dedica – al Presi-dente della Repubblica Italiana GiorgioNapolitano, ricevendo risposta ed ap-prezzamento.

Il 6 settembre 2008 – in occasione deldecennale della morte di Frank Sinatra –è stato invitato (assieme al cantante Ful-vio La Cognata) dalla Regione Liguria aLumarzo (Ge) per un grande spettacolocommemorativo presentato da Giorgio

Calabrese (RAI 3).Il 14 settembre 2008 (sempre in com-

memorazione del grande Frank Sinatra)si è esibito a Lugano (CH) – Concertoconclusivo della settimana musicale:di-rezione artistica del M.° Giancarlo Mon-terosso – come pianista accompagnatoredel cantante Fulvio La Cognata e comesolista (interpretando prima una parafra-si concertistica della celeberrima canzo-ne “My way” e dopo una sua composi-zione dal titolo “L’isola dei coralli” (Ra-dio Svizzera).

Nel mese di marzo 2009 ha pubblica-to (Musicaurea Edizioni Musicali):

Tema da concerto (dal Concerto perpianoforte e Orchestra in la min. op. 96)

Una vita per la musica

GIUSTO FRANCO

Tra mille e più città una sola è nel mio cuore, Savona.

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Della nativitai de lo nostroSegnor Jexu Criste.

Or è nato l’agnelo,Criste pin de dozeza;ogni homo s’aparegiea receivero cum amore.

Ogni homo s’aparegiemonto devotamentia receiver lo doce Cristenato novelamenti;

lasciamo le peccaee seam obedientia li soi comandamenti,che ello è lo nostro redentore.

Or som compij li iornide lo parto de Marie:sempre stagando vergenella ea partoria

uno doce fantinetoche lo mondo è in bairia.Preghemora tuta viaper ogni peccatore.

La Vergen gloriosapinna de ogni belleza,guardando a lo so fijoaveiva grande allegreza.

Ella no aveiva drapini robe de richeza:de povera robetafasciava lo Creatore.

Ancoi si è compio lo tempochi tanto è desideratoet li santi profetil’aveivan anonciao:

lo doce Jexu Cristein Bethlem si è nato,li angeli si àn cantatocanti di grande allegreza.

Gloria a Deo in celoli angeri van cantando,et alla bona gentein terra paxe anonciando;

li pastor si veivanlor bestie guardando:Criste van cercando,chi è nato salvatore.

Li pastor trovan Criste,chi in lo presepio iaxe.L’angelo glorioxomandao da Deo veraxe,

che li peccai perdona,allo mondo si da paxe,li nostri cor abraxede lo so doce amore.

Or amemo docementiquesto nostro Re novelo,chi per noi è nato in terrasi como poverello:

ello non à richezeni servo ni donzelo;lo bo e l’asinellosi ge fan grande honore.

N.B.

TraduzioneDella natività di di nostroSignore Gesù Cristo.(Lauda in volgare ligure delXIV secolo)

La produzione letteraria liguretra il XIII e il XIV secolo è co-stituita quasi esclusivamente dapreghiere, inni, composizionipoetiche di carattere sacro, natedalla fantasia popolare e recitatein volgare, più semplice del Lati-no usato nelle chiese come lin-gua ufficiale, ma di difficilecomprensione da parte dei fedeli.

Queste composizioni, nate nel-l’Italia centrale, chiamate “lau-di”, si diffusero velocemente aseguito della predicazione deifrati Francescani e Domenicani,ma ancor più, delle compagniedei Flagellanti, che portavanoun’aria di rinnovamento spiritua-le nella chiesa. Le nostre Confra-ternite adottarono questo rinno-vamento e, nel giro di pochi an-ni, ognuna aveva una propriaraccolta di preghiere in volgare,sia tradotte, sia composte diretta-mente in volgare ligure, da reci-tare e cantare in diverse circo-stanze festive. Prevalentemente icomponimenti intendevano glo-rificare i Santi protettori delleConfraternite, la Madonna, ilNatale, ma soprattutto la Setti-mana Santa.

Visto che allora pochi eranoalfabetizzati, quella laudi sonostate tramandate dai Confratellisolo oralmente: così, col passa-re dei secoli, gran parte di que-sto patrimonio poetico popolareè scomparso senza lasciare trac-cia.

Di seguito si trascrive una lau-da ispirata al Natale: non ha for-ma di preghiera, ma è il serenoracconto dell’evento e contienel’esortazione a venerare il Bam-bino venuto tra noi per portarepace e amore. I versi sottolinea-no, inoltre, la povertà sia di Ma-ria che di Gesù: certamente unacritica alle ricchezze e agli sper-peri del mondo ecclesiastico diallora.

A componimenti di questo tipo

si può far risalire la vasta tradi-zione popolare delle poesie nata-lizie in dialetto.

Della natività di di nostroSignore Gesù Cristo.

Oggi è nato l’agnello, Cristopieno di dolcezza: tutti si appre-stino a riceverlo con amore. Tuttisi apprestino molto devotamentea ricevere il dolce Cristo che ènato or ora; lasciamo il peccato emostriamoci ubbidienti ai suoicomandamenti, perché egli è ilnostro redentore. Ora sono com-piuti i giorni del parto di Maria:rimanendo vergine ella ha parto-rito un dolce fanciullo che ha po-tere sul mondo. Preghiamolacontinuamente per i peccatori.La Vergine gloriosa piena diogni bellezza, guardando il suofigliolo provava una gran gioia.Non aveva panni né ricche vesti:con un povero abitino fasciava ilCreatore. Oggi si è compiuto iltempo tanto atteso che i santiprofeti avevano annunciato: ildolce Gesù Cristo è nato a Bet-lemme, gli angeli hanno cantatocanti di grande gioia. Gli angelivanno cantando gloria a Dio nelcielo e annunciano la pace in ter-ra alle persone di buona volontà;i pastori vegliano custodendo illoro bestiame: vanno in cerca diCristo, il Salvatore che è nato. Ipastori trovano Cristo che giacenel presepe. L’angelo gloriosomandato dal vero Iddio, che per-dona i peccati e dà la pace almondo accenda i nostri cuori delsuo dolce amore. Amiamo dun-que dolcemente questo nuovo re,che per noi è nato sulla terra co-me un poveretto: egli non ha ric-chezze, né servi, né valletti; ilbue e l’asinello gli rendono gran-de onore.

BIBLIOGRAFIA

Fiorenzo Toso - La letteratura ligure ingenovese e nei dialetti locali - Le mani -Novembre 2009.Gianni de Moro - Storia e tradizione neicanti della Settimana Santa - Confrater-nita dei Disciplinati di San Pietro - PortoMaurizio - 1982.

U RECANTU D’I “AMIXI D’U DIALETTU”

“DELLA NATIVITAI DE LONOSTRO SEGNOR JEXU CRISTE”.

(Lauda in vulgäre lìgüre d’u XIV sécculu)di Nadia Belfiore

A prudusiùn leteräja lìgüretra u XIII e u XIV sécculu a l’èfèta quèxi sulu da preghee, in-ni, cunpusisiuìn in puexìa atemma säcru, nasciüe d’a-afantaxìa pupuläre e reçitè invulgäre, ciü senciu d’u Latìndövióu int’e gexe cumme len-gua ufiçiäle, ma ch’u l’ea difìç-çile da capì p’â gente cumüne.

Queste cunpusisiuìn, nasciüe’nte l’Italia de mezu, ciamè“laudi”, se sun spanteghè

in pocu tenpu lanpretüttu, aséguitu d’a predicasiùn d’i frat-ti Françeschén e Dumenichén,ma ancùn de ciü, d’e cunpagnìed’i Batüi, che purtävan ’n’äjanöva ’nt’u spirtu d’a Gexa. Enostre Cazaççe han cügìu sturinövamèntu e, inte pochi anni,ognünn-a a gh’äva ’na proppiarecügèita de orasiuìn, scìa tra-düte, scìa scrite direttamente invulgäre lìgüre, da reçitä e cantäin divèrse ocaxuìn festive. Desólitu sti cunpunimenti i cantä-van gloja a-i Santi prutetuì d’eCazaççe, a-a Madonna, a Denà,ma primma de tüttu a-a Seti-mann-a Santa.

Vistu che alùa pochi sävanleze e scrive, quelle laudi sunstète tramandè da-i Cunfrajellisulu a vuxe: cuscì, cu’u pasäd’i sécculi, u ciü tantu de stupatrimonniu pupuläre u l’è spa-rìu sensa lasciä segnnu.

A lauda de Denà ch’a vegnedoppu a nu l’è ’na preghea, maa l’è un serén cuntìn d’u fètu ea invitta a venerä u Banbìn ve-gnüu da nujätri pe purtä päxe eamù. I vèrsci mettan anche inevidensa a puvertè de Maìa ede Gexü: de següu a l’è ’na crì-tica a-e richesse e a-u zgre jud’a Gexa de alùa.

A questu tipu de orasiuìn u sepö fä muntä a grande tradisiùnpupuläre d’e puexìe natalissie indialettu.

A Campanassa N.4/2014 27

U RECANTU D’I “AMIXI D’U DIALETTU”

A mè Santa LüçìaInt’a preistoja, ch’u sajeva quan-

d’ea figetta mì, a nu se ciamävaancùn “fea”, dîmu sulu: “andem-mu a Santa Lüçìa”.

E andämu a Santa Lüçìa pe catäe balette pe l’èrbu de Denà, chel’ean de vreddu culuróu e decuróu,çernendu e ciü bèlle cun giüdìççiu,döviàndu ’n cavagnìn de vìmini:poche, pe sustituì quelle che s’eanrutte l’annu primma.

Se catävan anche e strisce d’ar-zentu perché e vege ean vegnüeneigre e brütte.

Poi se pasävan in rasegna e sta-tuette d’i pastuì, de tèra, p’ou pre-zeppiu: u se catäva sulu ’n pastùpe annu, da zunze a-i ätri vegi decà, che gh’ävan zà ’n numme.

Me sajeva fermä ataccu a-i ban-chetti pe de ùe, sensa stä a sentì imugugni de mè mamà o de mè sö.

A-a fin, ’n toccu de turùn e eninçöe caramelè che piaxeivantantu a mè muè. Tüttu in mezu a-u

prufümmu duçe d’u süccou fiou.Doppu, tra spunciuìn e pesunè,

ben atenti a nu runpì ninte, u se ri-väva a-a gêxétta pe ’n’urasiùn e peçende ’na candeja.

Santa Lüçìa a l’ea cuscì: ban-chetti de balette e pastuì, turùn epóvee damùe de latta e de legnupe-i figiö.

U gh’ea ’na tradisiùn: e zuenettescapävan da-i zuenotti pe nu fäsepigiä a baletè ’nsc’â testa (e balet-te ean pinn-e de seröja) o, foscia,fävan finta de scapä crîàndu, prop-piu pe fäse curì aprövu: u zögu ul’ea stu chì.

Oua ch’a l’è ’na “fea”, che poi asajeva ’n mèrcóu cumme tanti ätri,Santa Lüçìa a l’ha pèrsu a sö ma-gìa, a magìa d’e cose picinn-e epóvee, d’e cose lüxènti, de l’oudùduçe d’u süccou, a magìa de l’atei-za e de l’infansia.

Gianna Buzzoni

CapudannuTante cose cäe pe u növu annu,ch’u segge sulu pin de giurni megiu!...Çerchemmu da scurdäselu u malannuch’u n’ha anguscióu pe tüttu l’annu vegiu.

’Na votta l’ègua, ’na votta a sicitè...A tèra a l’ha tremóu ’nte tanti stäti...Sun morti, ’nte sta nostra çiviltè,tanti figiö picìn apenn-a näti!...

E pe nu spaventä nu diggu u rèstu,ognùn u pense ’n po’ a-i malanni sö!...Tantu u purtiä anche st’annu növi guäi...

Ch’u migliure ou speremmu a San Scilvestru,ma se nu çe scangemmu drentu a-u cönu sèrve mancu fäse augüri cäi.

Edoardo Travi

U CunföguL’è tradisiùn antiga medieväleche a duméniga primma de Natäleu se çende ’nta Ciassa Cumunäleramme d’oufoggiu e ’n çeppu furestäle.

Alùa i çitadìn, da l’Abóu guidè,van a porze aa ciü äta Auturitèl’invitu a travagiä cun onestèpe u ben e pe u zviluppu da çitè.

E quandu e sciamme s’isan scutizanduse leva un crìu d’â gente che mîàndua çèrca de savéi, induvinandu,se bun l’annu sajà ch’u sta rivandu.

Pö da-u Cunfögu van tütti a sc-ciancä,cumme portabèn da péndiselu in cà,quärche rametta zà meza brüxä...E l’annu növu ben u cuminsià.

Edoardo Travi

Un paize antigu pendavéiUn paize de sögnu, nu senciu a truväe che nu savieva se grande o picìn,se què Avalón de Murgäna e Merlìno Camelot d’a gran Toua Riunda,ma ch’u se tröva ’nt’u Daudecing.Paize de poca gente, vegia e növia,ch’ascì ch’a gh’agge migèa de strumenti,a nu sa cusse fäsene e a nu i dövia:de gente ch’a pä a stagghe ’nsce l’atentisulu a-i penscei d’u muì e d’u pasä,p’ei què da cà a nu anbisce e luntananse:paigiu a chi u gh’agge cäri e ascì de bärche,ma nisciün ätru lögu duv’andä:né vìa pe tèra, né lasciandu a spunda;e, ascì ch’a l’agge curasse e armamenti,nu sacce cuntra chi pueili döviä.Restìa a-u zgreju, què i ciü sparagnìn:finn-a a döviä ascì i spaghetti grupè,l’ea specialista ’nt’u fä da mangiä,senpre de modda a-i vestii e a-i rôbìn,tranquilla ’n cà e pâxùza int’e üzànse;ma fèrma a stä a sentì da ogni vilaggiuu fuù d’i chén e u gurghezä d’i galli,che nu ghe rivan pö da gran distanse.Tant’è sta gente lì a ghe invegia e a möe,sensa mäi primma havéi ’ntrapreizu u viaggiu,né in bärca o surva i cäri a quattru röe,p’andä a scangiäse vìxite e regalli.

Essiu d’A Ciann-a(Ezio Viglione)Un paese antico per davvero

Un paese di sogno, non facile da trovaree che non saprei se grande o piccolo,se simile ad Avalon di Morgana e Merlinoo a Camelot della gran Tavola Rotonda,ma che si trova nel Tao-tè-ching;paese di poca gente, vecchia e giovaneche, benché possegga migliaia di strumenti,non sa che cosa farsene e non li adopera:di gente che pare stia continuamente attentasoltanto a pensieri di morte e del dover defungere:a motivo dei quali non ha desiderio di allontanarsi da casasimile a chi abbia carri e pure delle barche,ma in nessun altro luogo in cui andarené per via di terra, né lasciando la sponda,e, benché abbia corazze e armamenti,non sappia contro a chi poterli adoperare;contraria allo spreco al pari dei più grandi risparmiatori,fino ad usare pure le cordicelle annodate,era ricercata nel far da mangiare,sempre alla moda dei vestiti da uomo e da donna,tranquilla dentro casa e pacifica nelle usanze,ma accidiosa nello stare ad ascoltare da ogni villaggioil furioso abbaiare dei cani e il gorgheggiare dei galliche non gli arriva poi da gran distanza;tant’è la gente lì ci invecchia e muore,senza mai prima aver intrapreso il viaggio– né in barca né sui carri a quattro ruote –per andare a scambiar visite e regali.

Ezio Viglione

Augüriu de NatäleVuriè che e note de ’na pasturälepuressan diventä tante stelinn-ede pende a-u vostru èrbu de Natäletra a neive de cutùn ee lanpadinn-e.E quelle pö ciü bèlle e ciü sünànti’nte ’na stella cumeta ei trasfurmièda fä reze da-i angei cantantiche surva d’u prezeppiu sun vuè.Anche vuriè che tütta questa lüxea valichesse tère e munti e mäe a purtesse ’nsc’ê äe d’un nostru ventuu cän salüu crióu a viva vuxepe quelli che distante sun da càche possan fä Natäle a cö cuntentu.

Edoardo Travi

NatäleSt’annu se ripette pe Natäle ancùna fèsta ch’a regorda de stä ’n päxee pe rinuvä a vegia tradisiùnbrindiemu cu’u muscätu e u panetùn.Ma, pe piaxéi, nu stémmuse a scurdäde catä st’annu un panduse in ciüperchè l’àggimu armenu da mandäa chi l’è restóu p’â stradda sensa cà.Standu setè tranquilli ataccu a-u fögupensemmu ch’a nu va davéi a penn-ade odiäse e de masäse föa de lögu.Basta ch’u tremme a tèra un p ·etinìnche andemmu tütti quanti a ingrasciä l’èrbae alùa u finisce u nostru prezumìn.

Edoardo Travi

A Campanassa N.4/201428

Esìudu, scritù grecu, u ne cuntache 4000 anni primma ch’u nasces-se Cristu, u sù, de giurnu, u l’ea tra-scinóu da Apullu ch’u traversäva uçé cun un cäru tióu da quattru caval-li sarvèghi.

Apullu u l’ea puè de Fetunte che,cumme tütti i figgi, de tantu in tan-tu, u ne cunbinäva ünn-a e u sö ve-giu u duvèiva intervegnì pe risiste-mä e cose.

Un giurnu ch’u zügäva cun Èpafu,figgiu de Zeus, u cuminça a rateläsecun l’amigu e Èpafu, pe fälu ingelu-zì, u ghe dixe che Apullu u nu ghevö bèn tantu quantu Zeus u ne vö alé e, pe questu mutivu, i duì figiövegnan a-e man. Fetunte, cianzen-du, u va da Climene, sö muè, che,pe fälu cuntèntu, a ghe prumettequalunque cosa u vögge. Fetunte upiggia a-u volu l’ocaxùn. Da tenpuun gh’avèiva un dexideju: muntä in-sc’ou cäru d’u sù a-u postu de söpuè. A muè a çèrca de fälu raxunä ea stessa cosa u fa u puè, ma Fetunteu nu se da pe vintu e u insciste cuscì

tantu che cu’u cö strèitu Apullu uacunsènte a däghela vinta. U puè, inanscêtè, u fa e ürtime racumanda-siuìn i cavalli sun sarvèghi, han bi-zögnu de ’na man forte e de ’na vu-xe deciza.

Fetunte u se sustituisce a-u puè,ma i cavalli da l’ungia d’ou s’acor-zan che ’n’ätra man a tegne e cin-ghie. Chinn-an versu a tèra cummed’e saette e brüxian munti, ciann-e ea pelle d’i abitanti de l’Africa.Apullu u mîa ma u nu pö intervegnì.U puè de tütte e divinitè, Zeus, ra-gióu, u manda un fürmine a Fetuntech’u cazze int’u sciümme Eridàn. EElìadi, sö de Fetunte, sun disperè,cianzan u frè e Zeus, pe nu vedde uduù d’e zuene, u e trasfurma inpioppi; e tante ägrime versè diven-tan guççe d’anbra. Anche u re d’iLìgüri: Cicno, amigu de Fetunte, ul’è tantu scunvoltu da l’acadüu, ch’une möe. Zeus, pe pietè, ou trasfurmain cignu e a-a sö segunda morte uandià a furmä a Custelasiùn d’uCignu.

TRADUZIONELa leggenda dell’ambra

Esiodo, scrittore greco, ci raccon-ta che, 4000 anni prima della nasci-ta di Cristo, il Sole, di giorno, eratrascinato da Apollo che attraversa-va il cielo con un carro tirato daquattro focosi cavalli.

Apollo era padre di Fetonte che,come tutti i figli, di tanto in tanto, necombinava una e il suo vecchio dove-va intervenire per risistemare le cose.

Un giorno che giocava con Epafo,figlio di Zeus, comincia a bisticciarecon l’amico e Epafo, per farlo inge-losire, gli dice che Apollo non glivuole così tanto bene quanto Zeusne vuole a lui e, per questo motivo, idue ragazzi vengono alle mani. Fe-tonte, piangendo, va da Climene,sua madre, che, per farlo contento,gli promette qualunque cosa voglia.Fetonte prende al volo l’occasione.Da tempo aveva un desiderio: saliresul carro del Sole al posto di suo pa-dre. La madre cerca di farlo ragio-nare e la stessa cosa fa il padre, maFetonte non si dà per vinto e insiste

così tanto che con il cuore strettoApollo acconsente a dargliela vinta.Il padre, in angoscia, gli fa le ultimeraccomandazioni: i cavalli sono fo-cosi, hanno bisogno di una manoforte e di una voce decisa. Fetonte sisostituisce al padre, ma i cavalli dal-l’unghia d’oro si accorgono cheun’altra mano tiene le redini. Plana-no sulla terra come saette, brucianomonti, pianure e la pelle degli abi-tanti dell’Africa. Il padre di tutti glidei , Zeus, adirato, scaglia un fulmi-ne su Fetonte che cade nel fiumeEridano. Le Eliadi, sorelle di Feton-te, sono disperate, piangono il fra-tello e Zeus, per non vedere il dolo-re delle giovani, le trasforma inpioppi; le tante lacrime versate di-ventano gocce d’ambra. Anche il redei Liguri: Cicno, amico di Fetonte,è talmente sconvolto dall’accadutoche ne muore. Zeus, per pietà, lotrasforma in cigno e, alla sua secon-da morte, andrà a formare la Costel-lazione del Cigno. S.B.P.S.: I Liguri, nell’antichità, avevano il mono-polio del commercio dell’ambra in tutto ilMediterraneo.

A STOJA DE L’ANBRA(Vernàculu de Chigèn)

di Simonetta Bottinelli

U RECANTU D’I “AMIXI D’U DIALETTU”

Nuova sede

Via Montenotte, 84/r - Savona - Tel. 019.9481139 - 340.2627071

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A Campanassa N.4/2014 29

XXIV CONCORSO PROVINCIALE DI POESIA DIALETTALE

II Regionale

“Beppin da Cà” (Giuseppe Cava) Scadenza: mezzanotte del 31 gennaio 2015

L’Associazione savonese “A Campanassa”, al fine di valorizzare e divulgare l’uso del dia-letto (come lo si parla nelle diverse località della Liguria), indice il XXIV Concorso diPoesia Dialettale “Beppin da Cà”, riservato a tutti i poeti dialettali che si esprimano in unadelle parlate locali della Regione Liguria.

Quest’anno Il Concorso in Vernacolo presenta due SEZIONI:

SEZ. A: RISERVATA A TUTTI I POETI LIGURI, SENZA DISTINZIONE DI PRO-VINCIA;

SEZ. B: GRATUITA RISERVATA ALLE CLASSI DELLA SCUOLA ELEMENTA-RE DELLA PROVINCIA DI SAVONA (si richiede una sola poesia o filastrocca perclasse, in lingua italiana con il vincolo dell’inserimento di almeno tre termini in dialettosabazio evidenziati nel bando; quest’anno il tema sarà: “La mia Scuola”)

Il Gruppo di Studio “Amixi d’u dialettu” metterà a disposizione un esperto per eventualichiarimenti in proposito.

Vegia Sann-aVegnindu filóu da-u Piluccu,chinandu pö a Lavagnöa,rivu ’nt’a Ciann-a;lì (a) gh’ea a mè Scöa,ma a “Scärpa e Magnàn” (a) nu gh’è ciü:gh’han fètu palassi e turette,de sprescia te l’han caciä zü.Me fèrmu un mumentu pensuzu,riveddu a mè zuventü.

Vegia Sann-asentu u prufümmu d’u mä.

A-e Furnäxe i pescuéiche tîävan e réi.’N’arbanèlla’na ciappae dùe anciùesuttu sä.’Nt’a Ciassa d’u Rèu se fäva u mèrcóu.A mesc-ciüa’nt’a cavagna(ti) purtävia cà l’ôu.O vegetta picinn-a

te sentu vixinn-a,e mi nu te possulasciä.Ma u tenpu (u) te scappa zvèltu,ti çèrchi de méttighe un fren.E forse te calanma ti ti e serénte pä d’ese senpre ’n figiö.Da-u sciümme i fävan butigge,gh’han fètu ’n supèrmèrcóu;ti passi a-u de là d’u Letinbru’nsce ’n punte che l’ègua a l’ha sfundóu.Balunè cu’a seröjape Santa Lüçìa;un turùn,dùe ninçöe,pö tantaalegrìa.Gh’ea San Pé ’nt l’Unzajae d’i antighi Cascè:dùe muàggee tréi gattisun sulu restè.

Giorgio Coggiola

Tratta da: Canti Liguri - E Non -Proprietà stampa UniSabazia - CID - Vado Ligure

A Campanassa N.4/201430

IL REBUS DI BORZONESiamo nei pressi di Lavagna, in Liguria. Sant’Andrea è un’abbazia che

sa di storia, ma orientata oggi all’ascolto della Parola.Qualche incertezza permane sulle origini del luogo sacro.

di Paolo MiraLa storia dell’abbazia ligure di

Sant’Andrea di Borzone, neipressi di Lavagna inizia “uffi-cialmente” nel 1120 con una bol-la di papa Callisto II, ma tantisono gli indizi che fanno pensarea una sua origine molto più anti-ca. Dalla storia sappiamo che,nel luogo in cui sorge l’attualecomplesso, i bizantini eressero altempo della “guerra gotica”, nel-la prima metà del VI secolo, unbaluardo difensivo a presidio diun collegamento viario tra la ri-viera e la pianura Padana.

Quando e da chi sulle rovinedella fortezza bizantina fu edifi-cata la chiesa di Sant’Andreacon l’annesso monastero conti-nua a rimanere motivo di incer-tezza e discussione. Il primodocumento scritto, infatti – co-me accennato – è la bolla ponti-ficia del 1120, nella quale Calli-sto II confermava il possessodel cenobio di Borzone all’ab-bazia di San Pietro in Ciel d’O-ro di Pavia.

La tradizione locale indica ilnostro monastero come fonda-zione dell’abbazia piacentina diSan Colombano di Bobbio; tutta-via la mancanza di Borzone ne-gli antichi documenti bobbiesi ela sua presenza nella bolla papa-le tra le dipendenze pervenute al-l’abbazia pavese – essa pure co-lombiniana per dotazione di reLiutprando – proporrebbero unaretrodatazione della sua erezioneforse alla prima metà dell’VIIIsecolo, a opera dello stesso relongobardo.

Nella seconda metà del XII se-colo, venuti a mancare i monacicolombiniani, l’arcivescovo diGenova Ugo della Volta, nel1184, decise di restaurare ilcomplesso ormai cadente e chia-mò la congregazione benedettinafrancese di “La Chaise Dieu”.Accettata la donazione, i bene-dettini garantirono la loro pre-senza a Borzone fino agli esordidel XVI secolo. Nel 1535 l’ab-bazia divenne commenda, realtàche durò fino al 1847. Tra gliabati commendatari vi furono fi-gure di spicco come il cardinaleMichele Ghislieri, il futuro papaSan Pio V. Dopo le soppressioniBorzone divenne chiesa parroc-chiale, nel 1910 fu dichiarata

monumento nazionale, mentredal 2000 si sta procedendo a undelicato intervento di restaurodell’intero complesso, al fine didare vita a una Casa di preghierae accoglienza, un luogo dellospirito alla cui base stanno l’a-scolto della Parola e la preghie-ra, l’accoglienza, il silenzio e lasolitudine, l’essenzialità e lagratuità.

«La chiesa abbaziale – spiegapadre Attilio Fabris, responsabiledella Casa di preghiera, oltre cheprofondo conoscitore della storiadel cenobio – è un vero gioielloartistico e un monumento fra ipiù importanti del patrimoniostorico e architettonico ligure. Lamuratura esterna e interna dellafacciata e dei fianchi corrispon-de, con poche modifiche, a quel-la originaria, probabilmente del-l’VIII-IX secolo, giocata sullabicromia dei due materiali di co-struzione impiegati – pietra emattone – e sulle ritmate propor-zioni del doppio ordine di arca-telle cieche, che ininterrottamen-te la percorrono, dando un’im-pressione di grande armonia eraffinatezza nonostante la pover-tà dei materiali».

L’austerità architettonica è in-gentilita all’interno da opere digrande rilievo artistico. Al centrodel presbiterio, vi è l’altare mag-giore, opera in stucco risalentealla prima metà del XVIII seco-lo, sormontato da un grande cro-cifisso coevo, attribuito allascuola del Maragliano, uno deipiù importanti scultori in legno,donato all’abbazia dall’alloracardinale Spina, vescovo di Ge-nova, in qualità di abate com-mendatario. Sul lato sinistro delpresbiterio vi è, invece, un beltabernacolo in ardesia datato il1513.

Pregevoli anche gli altari dellanavata: quello dedicato a San-t’Anna del 1755, con una statuaseicentesca che la raffigura, equello di Maria Vergine, com-missionato nel 1644 dall’abateGaspare Gazzolo, con una scul-tura in marmo raffigurante laVergine con il Bambino.

Nella parete absidale, era untempo collocato – oggi al museodiocesano di Chiavari – un gran-de polittico, opera del pittore di

A Campanassa N.4/2014 31

COME RAGGIUNGERE BORZONEL’abbazia di Sant’Andrea di Bor-

zone si trova in Liguria e, più preci-samente, in Val Sturla, nei pressi diLavagna. È facilmente raggiungibileutilizzando l’autostrada Genova-Li-vorno, uscendo al casello di Lavagna.Si prosegue, quindi, per 10 km in di-rezione Carasco-Borzonasca e giuntia Borzonasca, deviando a destra, conaltri 3 km di strada si sale all’abba-zia di Borzone. Quest’ultimo tratto èpercorribile in auto, ma per i più vo-lenterosi anche a piedi, in quanto ipullman sono impossibilitati a salirea causa delle misure ristrette dellastrada. Responsabile dell’abbazia edella Casa di preghiera Sant’Andreaè padre Attilio Fabris, che può esserecontattato al numero 0185.340056.

Per ulteriori informazioni e appro-fondimenti storico-artistici è possibi-le consultare il sito: www.abbazia-borzone.it.

origine milanese Carlo Bracce-sco, realizzato nel 1484. Accantoalla chiesa, sorge, infine, la pos-sente torre campanaria che pre-senta una muratura di circa unmetro di spessore; incastonata inessa si trova un’importante lapi-de, un tempo forse collocata al-l’interno della chiesa, che recita:«MCCXLIII abbas gerardus decucurno natus fecit fieri has ec-clesia et turrem», certamente adocumentare importanti lavori diammodernamento voluti nel1243 dall’abate Gerardo di Co-gorno, nella medesima epoca dicostruzione della vicina e famosabasilica di San Salvatore dei Fie-

schi a Lavagna.Per chi è disposto a un’ultima

fatica, dopo aver ammirato il ci-presso plurisecolare del sagrato,annoverato tra le piante monu-mentali della Liguria con i suoicinque-sei secoli di vita, va se-gnalato il misterioso Volto mega-litico di Gesù Cristo, in localitàRocche di Borzone. Si tratta diun grande masso, scoperto nel1965, che raffigura un voltoumano dell’altezza di circa 7metri.

P.M.

(Da il Segno nel Mondo)

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A Campanassa N.4/201432

LA RETE SCIABICA: STRUTTURA,COMPOSIZIONE E PARTICOLARI

di Carlo AstengoLa rete sciabica è costituita da tre

elementi fondamentali:- le corde, lunghe 100 m annodatetra loro, variavano da quattro a 12elementi;- le due reti laterali (bande), lunghecirca 190 metri cadauna, erano co-stituite da tre tipologie diverse dimaglia;- la manica (manega o saccu), era iltratto terminale ed era collegata al-le bande.

Le cordeErano costituite da canapa appo-

sitamente lavorata e ritorta, erano ilrisultato di una lavorazione che ini-ziava dai fili (fiärse); tre fili varia-mente ritorti formavano i trefoli. Itrefoli ritorti formavano i legnoli(lignö) e più legnoli avvolti a spira-le, formavano la corda.

Le corde avevano un diametro dicirca 1,8 cm ed una lunghezza di100 metri, mentre sino ai primi de-cenni del secolo scorso erano lun-ghe 80 metri.

I pescatori fornacini utilizzavanoda 4 a 12 corde per lato (banda).

Il numero di corde variava a se-conda del tipo di pesce in transitonel periodo, dalla zona scelta in cuioperare la cala (caä), dalla stagionee dal tipo di pesce da pescare: zerri(zerli), novellame (pignuetti), avan-notti delle sarde (gianchetti).

Questi tipi di pesce abbondavanosul litorale savonese in quanto tro-vavano condizioni complessiva-mente favorevoli.

L’aggiunta delle corde iniziavacollegando la prima (l’ünn-a) aibastoni di inizio bande, mentre lecorde successive si univano tra lorocon il nodo “bandiera” o “scotta”detto gruppu de gassa.

Alle corde, distanziati di circa150 metri, si annodavano i gavitelli(natùin) a forma piramidale, alticirca 40 cm e composti da più su-gheri (natte), a forma quadra, so-vrapposti e collegati a un capo cor-da detto “braso”, lungo circa 1,5metri.

I gavitelli annodati alle corde la-to levante e ponente tenevano solle-vate le corde dal fondale e permet-tevano al capobarca di osservare iltiro simmetrico delle reti (bande),in modo che l’inizio manica si ac-costasse a riva in modo corretto.

Il capobarca, laddove necessarioper eventuali aggiustamenti al tirodelle corde, segnalava alla squadra(tregiä) di levante o di ponente, diallentare o aumentare il tiro, per ri-pristinare il corretto allineamento.

Oltre ai gavitelli, veniva collegatoalla prima corda e sui due lati, inprossimità dei bastoni (bastuìn), unbarilotto di legno (barì), alto circa 45cm, del diametro di circa 30 cm. ed il

relativo bracciolo di circa 1,5 m.I barilotti avevano la funzione di

evitare lo sfregamento dei bastonisul fondale ed erano il riferimentodell’inizio delle reti.

Per calare da bordo la sciabica, siimpegnavano 4 persone, compresoil capobarca.

Le corde dalla riva erano tirate da6-8 persone per lato: uomini, don-ne, ragazzi, mediante l’utilizzo del-la “cengia”, indossata a tracolla.

Il recupero delle corde tirate a ri-va veniva effettuato di solito dadonne esperte ad “addugliare” (rac-cogliere in cerchi sovrapposti laspirale), chiamato “fä e corde”,mediante il quale venivano formatidei cilindri cavi alti circa un metro.

Il tempo necessario a completareuna cala era di circa due ore. Dinorma, nel periodo estivo si opera-vano due o tre cale, mentre in quel-lo invernale due.

Le bandeSono due e iniziano dai bastoni,

del diametro di circa 5 cm, lunghicirca 55 cm. I bastoni sono il mez-zo che unisce la prima corda alla re-te di inizio bande. Alle estremitàdei bastoni sono legate le corde dicanapa (chiamate anche lime), de-nominate “bremmi”.

Le bande sono composte da tre ti-pologie di rete, sono lunghe com-plessivamente 190 m. ed assumonouna forma triangolare da 0,5 a 9 m.di pescaggio massimo, convergonounendosi alla manica e formandoun corpo unico.

Nella rete delle bande le magliesi estendono a forma di rombo, tra-mite una equilibrata tensione deipiombi e sugheri sostenuti dallecorde, denominate “bremmi”.

Nelle bande il primo tratto di re-te, lunga circa 130 m. era prodottomanualmente con filo di canapacon l’ausilio di tavolette di legno divarie misure, che determinavano lalunghezza della maglia da nodo anodo.

Le prime 3-4 maglie iniziano dalbastone e sono lunghe 30 cm, men-tre le successive si infittiscono au-mentando il loro numero sino a 5maglie a palmo, permettendo cosìun pescaggio di 9 metri.

La seconda rete, cucita alla pri-ma, è costituita da filo di cotonechiamata “mappi”, lunga 35 metri,è prodotta industrialmente con ap-positi telai. La rete formata da circa900 maglie del “15” a “palmo”,permette un pescaggio di circa 9metri.

La terza rete denominata “casa-letti”, cucita alla seconda, è lungacirca 25 m. ed è formata da 1100maglie, più fitte, del “17/18” a“palmo” e permette un pescaggio

di circa 10 metri.Nella stagione di transito (pasag-

giu) delle sarde e delle alici, il pe-sce rimaneva intrappolato (in-ma-giè) in parte nelle bande.

Alle estremità superiore e infe-riore delle reti di cotone (mappi ecasaletti), veniva annodata manual-mente, nodo per nodo, una doppiamaglia di rinforzo, alla quale veni-va cucita una striscia di rete più ro-busta, con maglie più rade alta cir-ca 15 cm, chiamata “sarzùn daciungiu e da natta”.

Questa rete “sarzùn” veniva, asua volta, cucita alle corde “brem-mi”, con passate di filo robusto,chiamate “unsè”, distanziate tra lo-ro di circa 17 cm ed assicurate allacorda con nodo detto di “doppiocollo”.

L’intervallo, di circa 17 cm, de-terminava anche nella rispettivacorda la distanza dei piombi e deisugheri.

Ad eccezione di alcuni metri ini-ziali sollevati dai barilotti, la corda,compreso il tratto ad inizio manica,fluttuava lievemente sul fondale ma-rino, senza il rischio di deturparlo.

Nel primo tratto della rete banda,lungo circa 130 metri, i sugheri so-no formati da rettangoli di circa15x10x2,5 cm e nel lato maggioredue fori permettono di legarli allacorda.

Per la rete “mappi” e “casalet-ti”, i sugheri sono formati da duedischetti del diametro di 7 cm, del-lo spessore di 2 e con un foro cen-trale di 2 cm vengono infilati nel“bremme”.

Le corde “bremmi” delle bandecon sughero e piombo, seguonosenza interruzione da bastone a ba-stone, sino all’apertura della gola o“ corona”, dove vengono collegate,per mezzo della griglia “grixela”,alla manica “mànega” superiore“speùn” ed inferiore “ferzu”.

Le bande di circa 190 m. veniva-no raccolte in cerchi sovrappostidel diametro di circa 50 cm, ingruppi di 6-7 per ogni lato di bandae chiamate “möe”.

La manicaLa manica era la componente più

importante della sciabica. La fune o“bremme” da piombo, si disponevaadagiata sul fondale formando unsemicerchio del diametro di circa 5m , che si propagava verso riva, ab-binata alla corda di levante e di po-nente.

Su entrambi i “bremmi” all’im-boccaturadella manica, oltre a so-stenere sugheri e piombi, venivacomposta la griglia (grixela) utile acollegare la rete superiore della ma-nica (speùn) con la rete inferiore(fèrsu).

Le due fiancate della manica era-no costituite dal prolungamentodelle reti (casaletti) appositamenteadattate ed assumevano il nome di“scelè”.

La chiusura della manica era co-stituita da una rete fitta detta “te-stäja”, lunga 6 metri e larga 1 me-tro.

Le fiancate che formavano il tra-pezio “cune” erano lunghe 2,5 m. ealte da 2 a 1 m. circa.

Nella grande rete sciabica “rèi”,le misure della manica erano circa19 m. totali di lunghezza, 4 metri dilarghezza, con un tratto terminale aforma trapezoidale (per crearemaggiore volume) di rete più fittalunga 2,5 m. e larga da 4,5 a 6 m.

La gola della manica raggiunge-va in altezza circa 10 m. d’aperturae terminava gradualmente fino a 1metro.

La manica iniziava dalla gola el’equilibrata tensione dei piombi edei sugheri, le permettevano di as-sumere una forma “a volta policen-trica”, simile all’imboccatura diuna galleria.

Sulla corda o “bremme”, eranoinseriti una serie di sugheri che for-mavano la volta (gua), sulla cuisommità erano disposti una serie disugheri rotondi detti “maestra”(mestra).

Nell’area delle Fornaci, per le ca-ratteristiche batimetriche del fonda-le marino, la maestre affiorava insuperficie in corrispondenza di cir-ca 10 m. di profondità ed a circa380 m. dalla battigia.

La parte superiore ed inferioredella manica “grixela”, era la partepiù complessa della sciabicaed eracostituita da cotone robusto, pro-dotta manualmente con maglie divarie misure (scîuin).

La griglia doveva sostenere lamaggiore tensione e carico di tuttala rete sciabica.

Questo tipo di pesca veniva prati-cato su tutte le coste sabbiose e neitratti di insenature trasformatisi incalette.

Esistono a questo riguardo testi-monianze del passato su litografie,stampe, fotografie che dal XV se-colo raffigurano scene di pesca sul-la costa savonese.

Significativa quella del celebregesuita savonese Orazio Grassi,astronomo e matematico, che nel1626 lasciò un’accurata testimo-nianza topografica della città di Sa-vona, con scene di pesca con scia-bica e tremaglio.

C.A.

(“Dai Gussi dae Bärche” di C. Astengoe L. Cerisola)

Fine della terza parte

A Campanassa N.4/2014 33

LA DONAZIONE DELLA BIBLIOTECASCIENTIFICA DI RENZO MANTERO

di Mario Igor Rossello

Renzo Mantero, oltre a creare elasciare una Scuola di Chirurgiadella mano che è sempre un riferi-mento per tutto il mondo che si in-teressa di questa specialità, ha la-sciato una enorme raccolta di testi,riviste, documentazioni scientifi-che, un patrimonio culturale di va-lore inestimabile e unico, che nonpoteva andare disperso. Grazie allasensibilità e generosità della vedo-va Sig.ra Bragantini, l’intera Bi-blioteca scientifica di Renzo Man-tero è stata così donata con Attonotarile al Direttore del Centro re-gionale di Chirurgia della manointitolato al Maestro scomparso.Ricoprendo tale ruolo ho quindi ri-cevuto in custodia questo patrimo-nio, e nell’occasione del censi-mento dei testi contenuti nella bi-blioteca, ho avuto modo di riper-correre la lunghissima storia scien-tifica ed umana di Renzo Mantero,e successivamente di noi, suoi suc-cessori ed eredi, testimoniata nelcorso di tanti anni da questastraordinaria raccolta, che si com-pone di ben 964 volumi tutti dedi-cati alla Chirurgia e Riabilitazionedella mano.

Si inizia dai testi sacri che sono ipilastri della Chirurgia, dell’Orto-pedia e della Chirurgia Plastica ingenerale, scritti nel periodo tra ledue guerre mondiali dai più grandiChirurghi dell’epoca, SterlingBunnel a New York, Tranquilli-Leali e Dogliotti in Italia, Skoog inSvezia.

Della letteratura del primo dopo-guerra, a partire dal 1947, trovo leraccolte delle esperienze maturateda persone come Guy Pulverftaf eGraham Stack, in Inghilterra, Mer-le D’Aubigne in Francia, DieterBuck-Gramko in Germania, tuttiovviamente in lingua originale,dove vengono poste le basi fonda-

mentali della nascente Chirurgiadella mano specialistica, fino alleprimissime edizioni, anno 1958(avevo un anno!) delle dispensedei Corsi di Marc Iselin a Parigi, eovviamente dei successivi aggior-namenti: erano gli anni in cui Ren-zo Mantero, allora ventottenne, gi-rava per i pochi Centri di Chirur-gia della mano europei per impara-re dai maggiori Maestri dell’epocai segreti della difficile arte di rico-struire una mano offesa. I concetticontenuti in quelle pubblicazioniancora oggi sono non solo validi,ma indispensabili per comprendereil razionale del trattamento dellamano. E poi, negli anni ’60, i testidi Claude Verdan di Losanna, ditutti gli esponenti della Scuolaamericana: Adrian Flatt, JamesHunter, James Strickland, GrahamLister, Edward Flynn, dove allatecnica si affiancano e primi reso-conti sulle esperienze consolidatedai risultati. Negli anni ’70 la tec-nologia inizia a farla da padrone,con la comparsa delle prime prote-

si efficienti descritte nei volumi diAlfred Swanson, e soprattuttol’avvento della microchirurgia, de-scritta nei testi dell’austriaco Han-no Millesi, ideatore della ricostru-zione dei nervi periferici, di Mor-ton Spinner e Lee Dellon da NewYork, O’Brien e Sidney Sunder-land da Melbourne, Kenya Tsu-geda Osaka e Giorgio Brunelli diBrescia, del francese Guy Foucher,ideatore di un gran numero di lem-bi vascolarizzati ancora oggi am-piamente utilizzati per riparare leperdite di sostanza cutanea. Nonmancano però opere più conven-zionali sulla malattia di Dupuytrenancora oggi fondamentali, come ilavori del parigino Raoul Tubianae dell’australiano John Hueston. Epoi tutta la letteratura degli anni’80 sulle malformazioni congenite,vera passione di Renzo Mantero,nei testi dei modenesi Augusto Bo-nola e Alessandro Caroli, degliamericani Adrian Flatt e Pat Mac-kinnon, sul trattamento delle para-lisi, soprattutto descritte dal genio

argentino di Eduardo Zancolli edallo scozzese Edward Lamb. Ne-gli anni ’90 l’interesse scientificosi è poi spostato sulla biomeccani-ca del polso e della mano, ed eccoquindi i testi di riferimento princi-pali su questa materia ancora ogginon del tutto definita, i ponderosivolumi di Kirk Watson e BernardMorrey, l’uno americano e l’altroinglese, e tutta la letteratura suimoderni concetti riabilitativi, l’usodei nuovi tutori dinamici, dei fran-cesi Dominique Thomas, Jean Le-vame e dell’americana EvelynMackin.

Naturalmente ho ricordato solouna piccola parte dell’enorme rac-colta di testi provenienti da ogniangolo del mondo di cui sono oracustode, essendo impossibile sof-fermarsi su tutti nessuno dei qualiè da considerarsi meno importante.Su tutti questi testi infatti abbiamopassato notti a studiare, a confron-tare le fonti, addentrarci nella bi-bliografia per poter a nostra voltaprodurre la vasta mole di opereche la nostra Scuola ha prodotto in50 anni di esperienza, opere per lequali siamo noti in tutto il mondoe che oggi ci permettono di essereautorevoli referenti preso tutte lesedi scientifiche più accreditate.

Parafrasando Isaac Newton dob-biamo quindi riconoscere di averpotuto guardare lontano perchésiamo saliti sulle spalle dei gigan-ti, ma questa “salita” a sua volta ciè stata resa possibile dalla lungi-miranza, dall’intelligenza e dallagrande passione di Renzo Mante-ro, che non ringrazierò mai abba-stanza non solo per avermi inse-gnato l’arte della Chirurgia dellamano, ma, e soprattutto, per aver-mi mostrato la via per la cono-scenza.

M.I.R.

FONDAZIONE SAVONESE PERGLI STUDI SULLA MANO

trattoria

giardinodi Giordano Sara

Via C. Briano, 5 - 17047 Valleggia (SV) - Tel. 019.88.11.57

Domenica chiuso

A Campanassa N.4/201434

LA CHIRURGIA GENERALEDEL SAN PAOLO DI SAVONA

intervista di Delia Zucchi

Sono più di 9 anni che il Dr. An-gelo Schirru dirige la ChirurgiaGenerale dell’Ospedale San Paolodi Savona.

Dr. Schirru da quando è alSan Paolo?

Sono contento di poter ripercor-rere le tappe della mia “avventu-ra” a Savona che è iniziata, insie-me al mio ex Primario Dr. PaoloCavaliere, al Dr. Ingravalieri e alDr. Auxilia, nel luglio 1989 quan-do abbiamo “fondato” a Valloriala 2° Divisione di Chirurgia (aquel tempo si chiamavano Divi-sioni e c’era il Primario, mentreadesso sono Direttore della Strut-tura Complessa di Chirurgia Ge-nerale dell’Ospedale San Paolo).

Ricordo i primi anni vissuti astretto contatto di gomito con laChirurgia di Renzo Mantero, concui abbiamo avuto sempre rappor-ti ottimi, e ricordo anche quandonell’aprile del 1995 Renzo Mante-ro, a cui va il mio omaggio affet-tuoso, ha deciso di dedicarsiesclusivamente alla Chirurgia del-la Mano: da quella data la Chirur-gia Generale di Savona è diventa-ta unica.

Come è cambiata in questi an-ni la chirurgia del San Paolo?

Erano tempi quelli – il 1989 –ancora “primordiali”, la chirurgiaera infatti sostanzialmente quelladei nostri Maestri, il mio si chia-mava Mario Battezzati, con cuiho condiviso da studente e da neolaureato – come strumentista e co-me assistente volontario – alcunemigliaia di interventi chirurgici,moltissimi dei quali eseguiti allaClinica della Riviera, a tutti i Sa-vonesi ben nota.

La chirurgia degli anni ’70 e’80 aveva fatto passi da gigante ri-spetto alla fine dell’800, quandonasceva la chirurgia moderna permerito di scoperte scientifiche ec-cezionali e della attività di Chirur-ghi eccelsi come Billroth, Halsted,Kocker, di cui sarebbe interessan-te – ma questo non è l’argomentoattuale – ripercorrere brevementela storia.

Quando sono approdato a Savo-na la chirurgia era ancora moltoinvasiva e demolitiva soprattuttosul seno e sull’intestino, mentre learmi della gastroenterologia e del-l’oncologia erano poco efficaci.

Ricordo pertanto molto bene iltrauma per tutto il mondo chirur-gico quando venimmo a cono-scenza dei primi interventi in la-paroscopia – senza grossi tagli

ma con semplici 3 o 4 buchini –.Tutti i chirurghi si trovarono im-provvisamente smarriti e a un bi-vio: continuare testardamente sul-la vecchia strada o percorrere –con tante incognite – questa nuo-va via minimamente invasiva peril paziente.

Quindi fu una vera e propriarivoluzione nella Chirurgia?

E’ assolutamente vero: il “dis-orientamento” fu generale e duròanni. Litigi, contrapposizioni,muro contro muro. Ammetto cheanche io all’inizio – eravamo nel1990 – rimasi scettico, ma rapida-mente intuii che la strada giustaera proprio la mini invasività.

Iniziai così un percorso di ap-prendimento – facilitato dalla miaattività di endoscopia digestiva edi laparoscopia presso l’Ospedaledi Fossano – che mi impegnò se-riamente ma – chi mi conosce be-ne lo sa – fu entusiasmante.

Quindi la chirurgia laparosco-pica come è arrivata a Savona?

All’inizio per noi neofiti è statoveramente un salto nel buio. Ri-cordo le continue prove al simula-tore, la chirurgia sperimentale in-sieme alla nuova generazione di“Maestri” di chirurgia laparo-scopica – anche se essi stessi era-no in fase di apprendimento lapa-

giovani Specializzandi – i primiinterventi venivano fatti con tec-nologia e strumenti che adesso so-no “preistorici”: l’attenzione e laprudenza erano addirittura supe-riori rispetto agli interventi tradi-zionali.

Ma come veniva consideratadai Pazienti questa Chirurgia“nuova”?

I Pazienti a cui proponevo, neiprimi periodi pioneristici, l’inter-vento laparoscopico – era il 1993e il 1994 – mi guardavano scetticie quasi increduli, infatti quasi nes-suno sapeva cosa fosse la laparo-scopia! Alla fine davano tutti il lo-

roscopico! –, lo studio universita-rio presso l’Università di Nizza.Finalmente arriva il 6 novembre1992 – data “storica” per me e, so-prattutto, per l’Ospedale di Savo-na – quando eseguo la prima co-lecistectomia totalmente laparo-scopica – fra le primissime in Li-guria.

Ricordo bene la grande faticadelle prime operazioni – che at-tualmente considererei “facili” –ma soprattutto la soddisfazione ela “sorpresa” di scoprire dettaglianatomici, ingranditi e magnificatisul monitor, che non avevamomai potuto vedere in chirurgia tra-dizionale.

Oltretutto – come dico ai miei

ro consenso – è vero – ma perce-pivo molto bene che era un con-senso al Chirurgo piuttosto che al-la tecnica innovativa.

Ma intorno al 94-95 le cose co-minciano a cambiare: i pazientiintraprendono una specie di “pas-sa parola” con familiari e amicisulla bontà del proprio decorsopostoperatorio. Più del mondochirurgico e dell’industria, che hainvestito ingenti risorse in questachirurgia altamente tecnologica,sono stati proprio i Pazienti a de-cretare il successo della tecnicalaparoscopica, contribuendo a farnascere il concetto di “culturamini invasiva”.

Quali sono gli interventi chefate in laparoscopia?

Primo punto: le operazioni chi-rurgiche in laparoscopia sono deltutto identiche a quelle tradiziona-li ad “addome aperto”. Pertantol’intervento laparoscopico può es-sere convertito in sicurezza e inqualsiasi momento, se necessario,in chirurgia tradizionale.

Fatte queste premesse, in lapa-roscopia facciamo interventi dichirurgia gastroenterologica: so-prattutto la colecistectomia, la ap-pendicectomia, la resezione delcolon e del retto, la asportazionedella milza ed altri sullo stomacoe sull’intestino.

Ma in laparoscopia – fra i primiin Italia – facciamo anche moltiinterventi d’urgenza per peritoniteda perforazione di ulcera, diverti-colite complicata, occlusioni daaderenze ecc.

Dal 2005 ci “aiuta” anche il Ro-bot da Vinci, inizialmente dona-toci dalla Fondazione “de Mari”.

Cosa è il Robot?Il robot, in sintesi, è uno stru-

mento laparoscopico sofisticatoche, in particolari interventi, ag-giunge alcuni vantaggi alla chirur-gia laparoscopica “tradizionale”come una visione tridimensionaleo una maggiore mobilità internadegli strumenti. Il Robot è partico-larmente utile nei campi operatoridi piccole dimensioni.

C’è ancora spazio per la chi-rurgia tradizionale?

Sicuramente si: la chirurgiamini invasiva non è, infatti, anco-ra applicabile in situazioni neopla-stiche avanzate, se ci sono aderen-ze tenaci, se ci sono processi in-fiammatori molto estesi o una oc-clusione intestinale importante.

In queste situazioni non rimane

Il Dr. Angelo Schirru.

A Campanassa N.4/2014 35

che la classica chirurgia aperta,anche se un “tentativo laparosco-pico” può e deve essere fatto nellamaggior parte dei pazienti. L’im-portante è che siano efficacementeinformati sulla possibilità che, incasi particolarmente complessi, sidebba finire l’intervento in chirur-gia aperta.

Ecco perché chi, come me, si è“buttato” precocemente nella chi-rurgia laparoscopica lo ha fattosempre senza tralasciare, anzicontinuando a sviluppare, anchela chirurgia tradizionale aperta.

Ma la “vecchia chirurgia” èrimasta ai margini dello svilup-po tecnologico?

Assolutamente no, anzi la“vecchia” e “tradizionale” chirur-gia aperta si è molto evoluta, per-ché si è anch’essa molto avvan-taggiata dello sviluppo tecnologi-co indotto dalla chirurgia laparo-scopica, che ha permesso la co-struzione di più efficaci strumentidi dissezione, taglio ed emostasi.

Prova ne è il fatto che non esi-stono più congressi riservati dichirurgia laparoscopica o robotica,(come succedeva alcuni anni fa)ma solo congressi di chirurgia ge-nerale in cui si analizzano i risul-tati delle diverse opzioni attual-mente a disposizione per il Pa-ziente: endoscopia operativa, ra-diologia interventistica, laparosco-pia, microchirurgia trans anale,chirurgia robotica, radiofrequenza,chirurgia “open” e altre.

E veniamo al 2005, anno in cuiabbiamo detto è diventato Pri-mario o, meglio, Direttore.

E’ vero, dopo tanti anni di AiutoChirurgo, che ho sempre vissutocon la fede nel valore fondamen-tale del servizio pubblico in Sani-tà, nel novembre 2005 sono statonominato dapprima Responsabiledel Reparto e successivamente,dopo concorso pubblico, Direttoredella Chirurgia.

Non nascondo una certa sogge-zione e la preoccupazione perl’importanza e la delicatezza delcompito affidatomi con la consa-pevolezza di essere, tra l’altro,erede di Chirurghi del valore diPaolo Cavaliere, Renzo Manteroe Aldo Scalfi.

Un grande aiuto nel poter adem-piere a questa grande responsabili-tà, se posso concedermi alcunenote personali, lo devo anche aipreziosi insegnamenti di mio pa-dre Enrico, che prima di diventareodontoiatra – attività proseguitada mio fratello Marco – è stato pertanti anni Medico Condotto in unosperduto paese nell’interno dellaSardegna arcaica e pre-turistica.

Quanti racconti appassionatisulla sua attività di Medico e suquella di suo Padre, mio nonnoAngelo, anche lui medico condot-to in un altro sperduto paese sar-do, deceduto per gli esiti di una

ferita procuratasi in trincea duran-te la “inutile strage” del 15-18.Devo dire che il suo lavoro, lonta-no dalle comodità e in isolamento– non era certo la Sardegna turisti-ca attuale! – mi ha sempre fattopensare a una vera “missione”.Da lui ho imparato che il Medicoè Medico tutti i giorni 24 ore su24. Lui, come tutti i suoi Colleghiin Condotte remote e disagiate, la-vorava senza sapere cosa fossero iturni, senza mezzi diagnostici tec-nologici, con poca acqua a dispo-sizione – l’interno della Sardegnasoffriva di grande siccità –, men-tre la vera arma a sua disposizioneera la clinica con visite accurate,spesso ripetute anche diverse volteal giorno.

Il Paziente – tutto il paese – di-ventava amico, era il clima dellaCittadella di Cronin e di tanti ro-manzi con al centro il MedicoCondotto. Clima che anch’io ri-cordo – seppur vagamente – negliultimi mesi che ho vissuto in Sar-degna: avevo quasi 6 anni quandoho lasciato la Condotta di mio Pa-dre per “emigrare” in Liguria.

Dopo alcuni anni a Varazze conla mia famiglia sono stato “adotta-to” da Savona che, devo riconosce-re con gratitudine, mi ha dato tantoe a cui io ho sempre cercato di darea mia volta, con costante impegno.

Con la sua Direzione come hariorganizzato la Chirurgia delSan Paolo?

La mia Direzione, iniziata pocoprima della crisi economica cheha colpito anche la Sanità, ha co-inciso con numerosi cambiamentinella Chirurgia del San Paolo, cli-nici e organizzativi, che tenteròdi riassumere brevemente:

Il Reparto al 2° piano è statointegralmente ristrutturato, com-pletamente climatizzato e dotatoanche di camere a 1 e a 2 letti tut-te con servizi igienici.

Abbiamo avuto una diminuzio-ne progressiva di posti letto or-dinari, attualmente 25, con lacontemporanea nascita di un Re-parto di Day Surgery dove, dal2006, ricoveriamo – noi insiemeagli altri reparti chirurgici – tutti iPazienti che operiamo per Patolo-gie meno complesse.

Abbiamo esteso l’utilizzo del-l’informatica per la parte gestio-nale, per il laboratorio e per la dia-gnostica per immagini, mentre dapochi mesi abbiamo ottenuto lacompleta informatizzazione dellacartella clinica, completamentesviluppata all’interno dell’ASL2.La cartella informatica, ormaicondivisa da tutti i Reparti e anchedai Medici di Famiglia, ci sta for-nendo un grande aiuto nel seguireal meglio i Pazienti.

Nel gennaio 2012 sono arrivati2 Chirurghi dell’Equipe della Chi-rurgia Generale di Cairo Monte-notte, che è stata chiusa e trasfor-mata in Day Surgery multidisci-

plinare. Nel novembre 2012 sonoarrivati altri due Chirurghi in se-guito alla chiusura della ChirurgiaGenerale di Albenga, anche essatrasformata in Chirurgia a medio-bassa complessità.

Quali sono i volumi della vo-stra attività generale a Savona enelle altre sedi?

Mi crea sempre disagio parlaredi numeri in Sanità perché penso –senza retorica – che dietro le fred-de cifre ci sono Pazienti con leloro sofferenze, le loro ansie, leloro speranze.

Cercherò comunque di eviden-ziare il volume di attività dellaChirurgia di Savona che è artico-lato, oltre che su Savona, anche suCairo e su Albenga:

Dal 2012 operiamo a Savona leurgenze che arrivano dalla Val-bormida – con numeri in crescita:30 Pazienti il primo anno, 61 pa-zienti il secondo anno, circa 100pazienti quest’anno.

Ma nel 2012 abbiamo, vicever-sa, iniziato a operare stabilmentea Cairo 4 o 5 volte al mese: ab-biamo eseguito 370 interventi nel2012, 416 interventi nel 2013,mentre quest’anno prevediamo disuperare i 460 pazienti, facendoben 2300 visite presso gli ambula-tori dell’Ospedale di Cairo.

Anche ad Albenga da circa 1anno abbiamo iniziato una attivitàchirurgica stabile con 2 sedute almese.

Ma il “terzo fronte”, quello piùimportante e decisamente più im-pegnativo per la Chirurgia genera-le, è proprio Savona dove abbia-mo alcune novità: abbiamo istitui-to una equipe multidisciplinareper la chirurgia dell’obesità, ab-biamo acquisito nuovi strumenti ecompetenze specialistiche per ladiagnostica “avanzata” delle pato-logie pelviche. Nei tumori dell’ul-timo tratto del colon abbiamo ini-ziato ad effettuare, in affianca-mento alle note tecniche laparo-scopiche e robotiche, interventimicrochirurgici mini invasivi.

Le nostre moderne tecniche,spesso abbinate, ci consentono dilimitare ulteriormente il numero dicolostomie e conseguente “fami-gerato sacchetto”.

Tornando ai numeri, nel 2013 aSavona abbiamo fatto 1900 in-terventi maggiori, soprattuttosull’apparato digerente per patolo-gia maligna e benigna (fra pocoavremo i numeri del 2014), di cuiun grandissimo numero con tecni-che miniinvasive, mentre abbiamoeseguito oltre 10.000 visite ambu-latoriali.

Una quota molto consistente ditali interventi li abbiamo fattid’urgenza e d’emergenza contutti i conseguenti problemi legatial cambiamento di programmazio-ne – sia personale sia di reparto –spesso anche più volte nella stessagiornata.

Oltre alla sala operatoria ave-te altre attività?

Certamente, la nostra attivitànon è solo “operatoria”, infatti sia-mo Centro di Tirocinio, con Do-cenza per la Scuola di Specialitàin Chirurgia di Genova, Centro ditirocinio Nazionale ACOI in Chi-rurgia laparoscopica, mentre peralcuni anni sono stato docente diChirurgia laparoscopica pressol’Università di Torino, siamo inol-tre impegnati nella organizzazionee nella partecipazione a Congressie Corsi di Chirurgia. La mia atti-vità si svolge anche nel Consigliodirettivo della Società Ligure diChirurgia e della Società Italia-na di Chirurgia Laparoscopica(SICE) e nella Rete regionale dichirurgia, che ha lo scopo di ren-dere omogenea e più integratal’attività dei Reparti liguri di Chi-rurgia.

Per finire, come si può ancoramigliorare la Chirurgia?

Innazittutto colgo l’occasionedella vostra intervista per ringra-ziare di cuore i miei Collaboratori,la Capo Sala e tutto Personale in-fermieristico di Reparto e di Salaoperatoria, che ha avuto una parteimportantissima in questa mia“avventura” a Savona.

Rispondo alla domanda: margi-ni di miglioramento ci sono, ec-come.

Già adesso, tramontata la figuradel Chirurgo unico attore sullascena, abbiamo una grande colla-borazione con gli anestesisti, i ga-stroenterologi, gli oncologi e conmolti altri specialisti che di voltain volta sono chiamati su Pazienticomplessi.

Si stanno istituendo Team mul-tidisciplinari che condividano lescelte terapeutiche, con tutte lenumerose opzioni, che abbiamovisto.

Assisteremo in questi prossimianni a un ulteriore sviluppo tecno-logico, con la produzione di stru-menti diagnostici sempre più sofi-sticati ed efficaci, mentre si avràuna ulteriore miniaturizzazionedegli strumenti chirurgici con an-cora minore invasività degli inter-venti.

Ma al di sopra di tutto ci saràsempre l’Uomo, che dovrà usarecon grande giudizio e buon sensole possibilità offerte alla modernae futura tecnologia.

Ai miei Specializzandi ribadiscosempre che i buoni risultati si ot-tengono e si otterranno solo conuna buona preparazione, con unagrande disponibilità, con la pre-cisione del gesto chirurgico abbi-nata a una grande prudenza.

La passione e una grande moti-vazione mi stimolano a migliorareancora, insieme a tutta la miaequipe, la risposta Chirurgica chediamo alla città di Savona.

D.Z.

A Campanassa N.4/201436

A NOSTRA ANTULUGÌAI NOSTRI MAGNIFEGHI - I NOSTRI NUVANTENNI

di Simonetta Bottinelli

Sabato 8 novembre, nella splen-dida sala dell’Angiolina, è statapresentata l’antologia degli Amicidel Dialetto edita Sabatelli.

Da tempo il Gruppo aveva incuore di mettere su carta qualcosache restasse a testimonianza del la-voro svolto in questi anni, qualco-sa che sopravvivesse agli autoristessi. Sicuramente il pomeriggio èstato piacevole: la sala gremita,l’atmosfera affettuosa; il MaestroNicolini, con la versatilità che locontraddistingue, ha spaziato daicantautori liguri, ai pezzi di pro-pria creazione per finire con unasua interpretazione magistrale de“Il Signore delle Cime”.

Il Presidente Cerva, reduce daun incidente che l’ha trattenuto al-cuni giorni in ospedale, ha mostra-to il suo solito “savoir-faire” in-trattenendo brillantemente il nu-meroso pubblico intervenuto. Na-dia Belfiore ha parlato in puro ver-nacolo sabazio estrinsecando leemozioni e spiegando il lavoro dicui si è fatta carico con professio-nalità e competenza.

Simonetta Bottinelli, alla manie-ra di Esopo e Fedro, ha presentatogli autori mettendo in luce difetti epregi. I poeti e/o prosatori, ad unoad uno, alzandosi in piedi, hannoraccolto il meritato applauso delpubblico.

Giacomo De Mitri ci ha regalatoalcune foto ricordo e Giorgio Mi-ra, con la professionalità di sem-pre, ha declamato qualche versoper dare agli intervenuti un assag-gio tangibile del livello dell’anto-logia.

L’Associazione ha colto l’occa-sione per premiare i Magnifeghi,cioè coloro che hanno celebratocon “A Campanassa” la Nozzed’Argento. Erano presenti i Signo-ri Gianpaolo Novaro, giovanissi-mo, e il Signor Gambaretto Ettore,noto Artista Albissolese, che si ècimentato nella difficile impresa dileggere la pergamena in vernacolosabazio.

Il Consiglio Grande ha pensatodi premiare anche i Soci Novan-tenni per inglobarli nel festeggia-mento del 90° Anniversario del-l’Associazione.

Era presente il Signor Lanfran-chi Lodovico che ha stupito e affa-scinato il pubblico con la sua pre-senza giovanile e vivace.

Stella Di Mantua, una frizzantecomponente del Gruppo Storico,con il suo sorriso contagioso, hasponsorizzato l’antologia e il lünäju.

Il toccante pezzo per voce e pia-noforte del Maestro Nicolini inchiusura ha scritto la parola finesotto un pomeriggio degno di esse-re ricordato. S.B

1014-2014: UN DIPLOMA IMPERIALE PER I SAVONESIUn convegno ricorda l’evento e lo colloca nel contesto

della storia e dell’arte italianadi Rinaldo Massucco

Ricorre quest’anno il millenariodel diploma dell’imperatore Enri-co II, che concedeva importantidiritti ai Savonesi: agli “homineshabitantes in castello Saone” (nona tutti, in realtà, ma solo ai mag-giorenti (“maioribus” o “nobilio-ribus”), l’aristocrazia cittadinache affiancava il vescovo di Savo-na e abitava nel castrum ocastello, la città fortificata sulPriamàr).

L’imperatore riconosceva lorobeni, proprietà, diversi diritti (an-che di esenzione da tasse, oltre chedi caccia e di pesca) nel territoriodi loro pertinenza compreso tra ilmare e lo spartiacque ligure-pada-no e stabiliva che in tale area nes-suno (né marchesi, né vescovi, néconti e visconti, né gastaldi, né al-tri funzionari dell’Impero) potesseerigere castelli o torri, né potesse“inquietare” o “molestare” tali“homines”, né richiedere alcunpagamento.

mente il Comune di Savona a tito-lo feudale di tutto il territorio e ditutti i diritti via via acquisiti dal1014 al 1191-1193).

In questo contesto, quindi, ladata del 1191-1193 va consideratala conclusione del lungo processodella costituzione del Comune diSavona, che fu avviata propriodai primi privilegi concessi coldiploma imperiale del 1014 (se neconserva una copia anche nel“Registro della Catena” del Co-mune, presso l’Archivio di Statodi Savona).

Nel millenario del diploma im-periale che concedeva tali impor-tanti diritti ai Savonesi, la SocietàSavonese di Storia Patria organiz-za nei giorni 12 e 13 dicembre unConvegno Storico dal titolo:“1014: verso la nascita del Comu-ne di Savona. Istituzioni, paesag-gi, economie, cultura”.

Con tale Convegno, patrocinatodall’Amministrazione comunale di

Savona, si metterà in luce il qua-dro in cui si sviluppò l’autonomiacomunale savonese, in uno scena-rio di più ampio respiro, nel gran-de contesto delle città medievaliitaliane, con riferimento anche aitemi della religiosità, dell’arte edella cultura.

E’ prevista la partecipazione nonsolo di storici locali e di altre So-cietà storiche, ma anche di ricerca-tori e docenti delle Università diGenova, Milano, Bergamo e Ro-ma e delle Soprintendenze per iBeni Storici e Artistici della Ligu-ria e del Piemonte.

Il Convegno si aprirà venerdì12 dicembre, alle ore 15, sul Pria-màr, nella Sala della “Cappelladel Palazzo del Commissario”,continuerà lì nel pomeriggio eproseguirà poi il giorno successi-vo, sabato 13 dicembre, nella Sa-la Consiliare del Palazzo comu-nale di Savona (alle 9,30, perl’intera mattinata).

La data del 1014 non può essereritenuta quella ufficiale della na-scita del Comune di Savona, che sivenne però sviluppando proprio daallora, evolvendo progressivamen-te fino agli anni 1191-1193, quan-do i Savonesi acquistarono daimarchesi tutti i rimanenti dirittifeudali presenti nel territorio co-munale (acquisti ratificati poi dal-l’imperatore con nuovi diplomiimperiali, che investirono ufficial-

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La Societa A Campanassa, in collaborazione con il Sodalizio Siculo-Savonese L. Pirandello, organizza la presentazione del secondoe del terzo volume della Trilogia Tabarchina di Pier Guido Quartero: L’Eredità di Don Diego e Il Segreto dell’Alchimista.

L’incontro avrà luogo nella sede dell’Associazione,in Piazza del Brandale 2, Sabato 17 Gennaio, alle ore 17.

Interverranno, insieme all’Autore, il Presidente di A Campanassa, Carlo Cerva, il Presidente del Sodalizio Pirandello, Enzo Motta e Ni-cola Vacca, tabarchino.

La presentazione sarà accompagnata da proiezioni di immagini relative a personaggi, luoghi e costumi del mondo tabarchino, genovesee mediterraneo citati nei romanzi, oltre che da letture di alcuni brani.

Presentazionedel libro:

Sisto IV - Giulio IIPapi Savonesi

Domenica 11 Gennaio 2015ore 17,00

A Campanassa N.4/201438

L’ANGOLO DEL JAZZ M.M.

MARCO MELLONIdi Ferdinando Molteni

Marco Melloni ci ha lasciatoqualche tempo fa. Il riserbo cheha circondato la sua scomparsaha impedito ai giornali di ricor-darne, subito, la figura di intel-lettuale ed esperto di musicajazz.

Lo facciamo noi ora sulle pa-gine del periodico che avevaospitato le puntate della suastoria del jazz a Savona.

Marco Melloni si avvicina al-la musica afroamericana nel-l’immediato dopoguerra.

Per circa vent’anni quei suonierano stati messi al bando dalregime e chi voleva ascoltarlidoveva farlo clandestinamente,sintonizzandosi sulle onde diqualche emittente estera.

Finita la guerra Melloni e ungruppo di amici appassionatiautocostruisce un apparecchioradio e finalmente può godereagevolmente del suo amatissi-mo jazz.

Fonda, insieme a loro, unodei primi Hot Club italiani, co-me si chiamavano i club di jazznegli anni Quaranta e Cinquan-ta. La notizia della fondazioneviene data anche dal periodico“Musica Jazz” e Savona, in

fatto di tante immagini che daiprimi tempi arriverà agli ultimianni, passando per la gloriosastagione dei concerti all’audito-rium di Monturbano.

Marco Melloni amava le stel-le del jazz internazionale maanche gli interpreti locali. Fulegato da una lunga amicizia aGino Bocchino, formidabilebatterista cittadino, cui dedicòun libretto pieno di affetto e dinotizie.

La vita di Marco Melloni èstata, dunque, ben spesa. Eraun uomo rispettato che moltoha fatto per la cultura in città.

Negli ultimi tempi, come di-cevamo – proprio sulle colonnedel periodico della Campanassa– aveva deciso di pubblicare apuntate la sua storia del jazz aSavona.

Ha lasciato, oltre che ungrande vuoto, una straordinariacollezione di dischi e cimeli.Speriamo che non venga dis-persa e che possa divenire, co-me lui sicuramente avrebbe vo-luto, patrimonio della comunitàche tanto amava.

F.M.

qualche modo, entra nella sto-ria del jazz nazionale.

Da allora è un crescendo. Ilclub comincia ad organizzareconcerti e a divulgare il verbojazzistico in città.

Sono anni pionieristici ma fe-condi. Cominciano ad arrivare iprimi dischi e gli ascolti si fan-no sempre più raffinati. La col-lezione di Melloni cresce, gior-

no dopo giorno.Non solo. Con grande intuito

da “cronista”, Melloni comin-cia a conservare tutto quelloche riguarda il jazz a Savona:articoli di giornale, locandine,fotografie.

Molti anni dopo quel mate-riale diventerà un libro bellissi-mo, tutto dedicato all’epopeasavonese del jazz. Un racconto

BBaarrbbaarroossssaaRRiissttoorraannttee ppiizzzzeerriiaa

ee ccuucciinnaa ttiippiiccaa

Via Niella, 36 r. - Savona - tel. 019 814804e-mail: [email protected]

Trattoria Tradizionale RegionaleVia Torcello 3 - Quiliano (SV)Tel. 019.882541 - 347 2367123

e-mail: [email protected]

Il cuoco Giorgio(Ü Bacan)

propone piatti tipicidella tradizione ligure

ma non soloÈ disponibile

un menù bimbo e piattiper intolleranze alimentari.È gradita la prenotazione

Marco Melloni con Blythe e Murray.

A Campanassa N.4/2014 39

IERI e OGGI a cura di G.G.

Una piazza Diaz d’annata, in questa immagine a colori, oforse colorata, risalente agli anni Cinquanta. A destra, accantoal palazzo delle Poste, è parcheggiata, unico veicolo, una Sei-cento. Al centro della piazza, transitano tranquillamente nume-rosi pedoni, il traffico non esiste, tra questi una signora congonna rosa a larghe falde, tipica della moda del periodo. Dal-l’abbigliamento dei passanti si capisce che si trattava di unagiornata calda, estiva o primaverile, ma l’orologio ed il datariodel teatro Chiabrera sono illeggibili, altrimenti si potrebbe risa-lire anche al giorno ed all’ora. Sullo sfondo, davanti al teatro,l’edicola ed accanto, una piccola bancarella. Gli autobus sosta-no sulla piazza mentre al posto dell’attuale edificio esiste anco-ra il palazzo ottocentesco dell’albergo Svizzero.

La piazza oggi, non è più la stessa, anche se la facciata delteatro è sempre lì, uguale a sessant’anni fa. Tutto o quasi, quel-lo che gli sta intorno è cambiato. Al posto della Seicento ungrande parcheggio per motorini, mentre la piazza, non è piùtransitata dai pedoni ma da auto e moto. Il grande palazzo otto-centesco non esiste più, sostituito dal moderno edificio proget-tato e realizzato, qualche decennio fa, dallo studio di un grandearchitetto. All’angolo con via dei Mille, invece, tutto è comeprima, salvo il furgone parcheggiato e la struttura dell’edicola,che si è modernizzata. Sulla piazza, non ci sono più gli autobus,sostituiti però da un brutto pavimento di asfalto. Anche il palaz-zo delle Poste è sempre lì, sopraelevato e ristrutturato negli An-ni Sessanta, anche se la foto non lo testimonia.

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Redazione:Laura Arnello, Agostino Astengo, Nadia Belfiore, Francesca Botta,

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