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il Ducato Periodico dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino Urbino, aprile 2014 Distribuzione gratuita Poste Italiane Spa-Spedizione in a.p. - 70% - DCB Pesaro dossier Cagliari: un porto dai mille problemi Cinque milioni di euro buttati al vento con il terminal crociere costruito e mai utilizzato, il presidente dell’autorità portuale rimosso dal proprio in- carico e il piano regolatore portuale annullato dal presidente della Re- pubblica. Sono solo parte dei problemi che negli ultimi anni hanno colpi- to il porto di Cagliari. Un bagliore di speranza arriva dal team di Luna Ros- sa che per tre anni si allenerà proprio nel capoluogo sardo. Giovanna Olita

Cagliari: un porto dai mille problemi

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Lavoro di fine corso di Giovanna Olita

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il DucatoP e r i o d i c o d e l l ’ I s t i t u t o p e r l a f o r m a z i o n e a l g i o r n a l i s m o d i U r b i n o

Urbino, aprile 2014

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Cagliari: un portodai mille problemi

Cinque milioni di euro buttati al vento con il terminal crociere costruito emai utilizzato, il presidente dell’autorità portuale rimosso dal proprio in-carico e il piano regolatore portuale annullato dal presidente della Re-pubblica. Sono solo parte dei problemi che negli ultimi anni hanno colpi-to il porto di Cagliari. Un bagliore di speranza arriva dal team di Luna Ros-sa che per tre anni si allenerà proprio nel capoluogo sardo.

Giovanna Olita

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Una barca lasciata per anni in mez-zo al mare in balia delle onde e delvento. Non è il racconto di un filmné di un romanzo. È la storia delporto di Cagliari, una storia cheoscilla tra alti e bassi, proprio co-

me una barca trasportata dalla corrente. Non-ostante l’ottima posizione al centro del mar Me-diterraneo infatti, il porto non è mai riuscito adecollare. Ha avuto periodi più felici che peròper vari motivi sono durati pochi anni. Il porto ha faticatoa crescere sia dalpunto di vista degliscambi commer-ciali sia per il tra-sporto passeggeri.I motivi principalisono due: I finan-ziamenti che han-no sempre tardatoad arrivare e i fon-dali poco profondi(una media di pocopiù di 7 metri). Giàa metà del 1800 ot-tenne un ricono-scimento impor-tante: venne iden-tificato come portodi prima classe, as-sieme ad altri setteitaliani. Questaclassificazione de-terminò nuovotraffico commer-ciale nello scaloche però mostrò le carenze delle sue strutture.Carenze che vennero messe ancora più in evi-denza con l’apertura del canale di Suez nel 1869,quando Cagliari si trovò totalmente imprepara-ta alla nuova ondata commerciale.Cagliari fu l’ultimo tra i porti di prima classe a ri-cevere finanziamenti che arrivarono solo nel1883. Nonostante questo, lo scalo mantenne lapropria classificazione grazie alla posizione piùche favorevole nel Mediterraneo. Alla fine dell’800 lo scalo non solo era ancorascarsamente attrezzato per competere con glialtri porti, ma riusciva a mala pena a soddisfarele esigenze dei commercianti dell’Isola.Con l’arrivo del nuovo secolo i problemi noncambiarono. La situazione però diventò dram-matica con lo scoppio della prima guerra mon-diale. Quasi tutte le linee di collegamento ven-nero sospese e il traffico di merci e passeggerisubì un enorme calo. Nel 1921, grazie anche allacostituzione dell’ente autonomo portuale (cheperò venne soppresso nel ’23 dal fascismo), ri-uscì di nuovo ad avere i numeri del periodo pre-bellico.Nel 1925, nonostante i limiti imposti dal fasci-smo, più della metà dell’intero traffico maritti-mo dell’Isola si svolgeva nello scalo cagliaritano.Con la grande crisi del 1929 nel porto di Cagliarisi registrò un calo del 20% circa tra passeggeri emerci in entrata e in uscita. Sempre nel ’900 si dovettero fare i conti con unaltro problema: la scarsità di profondità dei fon-dali. Fu necessario provvedere subito allo scavo,prima che venisse deliberata l’inutilizzabilitàdello scalo. Per scarsità di fondi però furono as-segnati i finanziamenti per i lavori in una sola zo-na del porto. Intorno agli anni ’30 si registrò un piccola cre-scita dei traffici commerciali che crollò negli an-ni ’40 con l’entrata in guerra dell’Italia. Duranteil conflitto mondiale lo scalo cagliaritano diven-tò uno degli obiettivi degli anglo-americani chenel febbraio del 1943 bombardarono e distrus-sero la città, colpendo anche il porto. I giorni piùdevastanti furono due: il 26 febbraio alle 15.30una ventina di B17 volò sui tetti della città scari-cando 50 tonnellate di bombe e distruggendo al-cune delle strutture simbolo come il Teatro civi-co, il bastione di Saint Remy e numerosissimechiese e palazzi della zona storica. Il bollettinodel giorno parlava di 73 morti e 286 feriti. Duegiorni dopo, domenica 28 febbraio, alle 12.55, 85

aerei scaraventarono 583 bombe su Cagliari.L’incursione avvenne senza alcun preavviso: lesirene d’allarme non funzionavano per assenzadi energia elettrica. Due ore di bombardamentiche devastarono la città e distrussero il porto e lastazione ferroviaria. Secondo le cifre ufficiali ilgiorno morirono 200 persone. Lo scalo venne riaperto ai primi di marzo, perpermettere alla popolazione di ricevere i beni diprima necessità, ma il 31 marzo ci fu un nuovobombardamento degli Alleati, che volevano co-

sì impedire la ri-presa della rego-lare attività delporto. L’8 settem-bre – con la firmadell’armistizio -l’Isola uscì defini-t ivamente da lconflitto. Uno deiprimi problemi darisolvere fu quellodi rendere funzio-nale lo scalo por-tuale. La storia va avantima i problemi nonfiniscono. L’Isolacontinua ad esse-re mal collegatacon il resto d’Ita-lia. Ancora oggi lenavi passeggerida Cagliari sonolimitate alle tratteper Civitavecchia,Palermo, Trapanie Napoli.

Dagli anni 2000 iniziano ad arrivare le primagrandi navi da crociera. Riemerge subito e conmaggiore forza il problema dei fondali troppobassi. Le navi sono costrette ad attraccare al mo-lo Rinascita, dove fino a pochi anni fa i passeg-geri erano obbligati a sbarcare vicino alle navimercantili.Nonostante i limiti e i problemi del porto, se-condo i dati diffusi dall’autorità portuale, il bi-lancio del primo semestre 2013, confrontato conquello del primo semestre 2012, è positivo. C’èstata una forte crescita del numero di passegge-ri in entrata e in uscita: dai 78.741 (di cui 31.279crocieristi) del primo semestre 2012 si è passatiai 137.526 (di cui 74.871 crocieristi) del primo se-mestre 2013. Non è cresciuto invece il numerodelle merci in entrata e in uscita che si è mante-nuto più o meno costante, facendo registrare uncalo dell’1,93%.

C’ERA UNA VOLTA...

Un porto che fatica a decollareLe difficoltà principali: fondali bassi e lunghe attese per i finanziamenti

La nota positiva: forte crescita dei passeggeri in arrivo e in partenza. 58.785 in più rispetto al 2012

Fondato dai Fenici, sviluppatosi con i Cartaginesi prima e con i Romani poi, il porto di Cagliari conta più di2000 anni di storia. Grazie alla sua posizione al centro del mar Mediterraneo, lo scalo divenne un puntostrategico per il controllo delle coste e acquistò un ruolo importante per gli scambi commerciali.I Fenici, attratti proprio dalla posizione favorevole, utilizzavano Cagliari come punto di appoggio per la rottaverso la Penisola Iberica, grande fornitrice di metalli. All’epoca (e fino all’età romana), come è emerso daalcune ricerche archeologiche, probabilmente non veniva usato quello che oggi è il porto della città mal’attuale laguna di Santa Gilla che allora era un grande golfo con un fondale di 50 metri. Oggi la profondi-tà si è ridotta drasticamente, non supera il metro e questo processo, secondo gli studiosi, sarebbe statoaccelerato proprio dai Fenici e dalle loro opere di deforestazione, che praticarono per creare dei campidestinati alla cerealicoltura.Successivamente i Cartaginesi, spinti dalla vicinanza tra la Sardegna e Cartagine, fecero diventareCagliari – già nel VI secolo a.C - uno dei porti principali della rete commerciale mediterranea. Con iCartaginesi inoltre lo scalo divenne un punto di appoggio per le navi che dalla penisola Iberica raggiunge-vano Marsiglia.Dopo la conquista dei Romani, tra la prima e la seconda guerra punica, il porto mantenne un ruolo impor-tante per gli scambi commerciali: grano, sale, argento, piombo e rame erano i prodotti maggiormenteesportati, mentre venivano importate le materie lavorate. Ma il porto venne anche scelto come base logi-stica dalla flotta. La posizione centrale consentiva alle armate di controllare il Mediterraneo meridionale,le coste africane, spagnole e italiane.La decadenza dello scalo cagliaritano coincise con quella dell’impe-ro romano. Le coste della Sardegna, senza più il controllo dei Romani, divennero terreno di scontro diVandali, Ostrogoti e Bizantini.

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DOSSIER

In basso e sullapagina di sini-stra due fotod’epoca delporto di Cagliari. A sinistra unafoto recente delporto

Piano regolatore portuale, si torna al 1968U n porto senza un Piano regolatore portuale (Prp) è impossibile da immagi-

nare. Se non altro perché la legge 84 del 1994 prevede che «i porti, o specifi-che aree portuali di rilevanza economica internazionale, nazionale, regio-

nale e interregionale» ne seguano le linee guida. Il Porto di Cagliari da mesi va avanti senza un piano regolatore portuale o meglio,con uno risalente al 1968. Il 26 novembre 2013 il Capo dello Stato Giorgio Napoli-tano ha infatti annullato il Prp di Cagliari, accogliendo così il ricorso straordinariopresentato dall’avvocato Efisio Busio in rappresentanza di alcune società portua-li e di un privato. Il Prp precedente risale al 1968. In sostanza, annullando quello approvato nel 2010si è tornati indietro di 46 anni. Per capire come si è arrivati a questa decisione è ne-cessario fare una premessa: il Piano regolatore portuale, una volta scritto, deve es-sere approvato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, dopodiché deve esseresottoposto alla procedura per la valutazione ambientale strategica (Vas) e deve es-sere approvato dalla Regione. Nel 2010, anno dell’emanazione del Prp di Cagliari,è stato saltato un passaggio. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici aveva riman-dato il testo alla Regione chiedendo che venissero effettuate delle modifiche. La Re-gione, adeguatasi alle osservazioni, non aveva rifatto la valutazione ambientalestrategica (già eseguita prima di inviare il testo al Consiglio) dopo aver inserito lenuove modifiche.

“Il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici - si legge nella sentenza del 26novembre- deve necessariamente precedere la valutazione ambientale strategica”.Per gli ultimi quattro anni sono state seguite in sostanza le linee guida di un Pianoregolatore portuale non a norma o per lo meno approvato irregolarmente. Qualisaranno le conseguenze della decisione del Presidente della Repubblica (che peruna serie di contrattempi è stata riferita con più di due mesi di ritardo all’avvoca-to Busio)? Che cosa ne sarà dei lavori effettuati al porto dal 2010 a oggi? Da febbraio (mese in cui la decisione di Napolitano è stata riferita allo stesso Bu-sio, il legale rappresentante delle società portuali) sono passati altri mesi, ma i la-vori nei cantieri del porto sembrano proseguire regolarmente. I ritardi però si so-no fatti sentire: la prima settimana di marzo si sarebbero dovute aprire le buste perl’assegnazione dell’appalto per il terminal dei maxi yacht, ma dei nomi dei con-correnti nessuna traccia.Certo è che senza un Piano regolatore portuale sarà difficile veder partire tutti i pro-getti (come ad esempio la realizzazione del terminal per Maxi yacht) che il com-missario straordinario del porto Vincenzo Di Marco e il suo predecessore Piergior-gio Massidda, -rimosso dall’incarico dopo una sentenza del Consiglio di Stato- sierano prefissati. A tutto questo si aggiunge il fatto che al porto manca anche il pre-sidente dell’autorità portuale. In attesa del nuovo eletto, Di Marco non può fareprogetti a lungo termine perché il suo mandato dovrebbe scadere tra pochi mesi.

Manca la Valutazione ambientale, Napolitano annulla il Prp del 2010

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Soddisfatti, stupiti econtenti: così si defi-niscono i crocieristiapprodati in città perl’inaugurazione delnuovo terminal cro-

ciere. Un evento al quale hannopartecipato non solo i turisti maanche i cittadini curiosi di vede-re l’immensa nuova strutturache sorge al molo Ichnusa. Bar,ristoranti, negozi di souvenir ecentri di informazione turisticaall’interno del terminal sonostati presi d’assalto dalle mi-gliaia di persone sbarcate daidue giganti del mare. Un’areaattrezzata che, non solo offrenuovi servizi ai crocieristi, maha dato lavoro a centinaia digiovani disoccupati.Peccato che tutto questo sia so-lo frutto dell’immaginazione.La realtà infatti è ben diversa: Ilterminal crociere non esiste omeglio, è stato terminato sei an-ni fa, ma ancora oggi è inutiliz-zato. Cinque milioni di euro didenaro pubblico buttati al ven-to per realizzare un’area di circa20 mila metri quadrati cheavrebbe dovuto accogliere i cro-cieristi all’arrivo in città. Unenorme spreco di soldi di cuiforse si è parlato troppo poco. Dal 2008 ad oggi la struttura èstata utilizzata per ospitare ma-nifestazioni d’interesse pubbli-co. Ma perché, nonostante i la-vori siano stati portati a terminee la struttura sia pronta per es-sere utilizzata, le navi da crocie-ra vengono fatte attraccare al

molo Rinascita? Il motivo po-trebbe sembrare inverosimile:la profondità del mare non èsufficiente per far approdare igiganti del mare. Il fondale delmolo Ichnusa infatti non arrivaneanche ai 7 metri, mentre lenavi da crociera hanno un pe-scaggio di almeno dieci metri. Non c’è stato alcun evento cli-matico particolare né si è im-provvisamente abbassato ilmolo, quei sette metri sono sta-ti sempre così e l’allora presi-dente dell’autorità portuale,Nino Granara, ne era consape-vole. Contava sul fatto di poteravviare operazioni di dragaggioper renderlo più profondo.Proprio nell’ottica di effettuarequesti lavori, nel 2010 l’autoritàportuale bandì un gara d’appal-to per assegnare per 15 anni lagestione della struttura. Il tuttocon un canone annuo di 349 mi-la euro. Partecipanti al bando?Nessuno. La gara infatti andòdeserta, ma non c’è da stupirsivisto che si trattava di gestire unterminal crociere dove però lenavi non potevano attraccare.Un anno più tardi il Ministerodell’Ambiente rilascia l’auto-rizzazione per la realizzazionedi scavi per l’abbassamento delfondale. Il costo dell’operazio-ne si aggirerebbe intorno ai 3milioni di euro. A questo puntoperò sorge un nuovo problema:scavando di circa 4 metri (laquantità necessaria per ottene-re una profondità accettabileper le navi da crociera) si scopri-

rebbero le fondamenta del mo-lo. Sarebbe necessario quindiripristinare totalmente la strut-tura, operazione che richiede-rebbe molti milioni in più dei 3previsti. I costi sono insosteni-bili, quindi si decide definitiva-mente di abbandonare l’idea dipoter far attraccare le grandi na-vi al molo Ichnusa. Dopo anni e anni di indecisio-ne, nel 2013 l’ex presidente del-l’autorità portuale di CagliariPiergiorgio Massidda decide dispostare definitivamente l’at-tracco delle crociere al molo Ri-nascita - dove verrà costruito unnuovo terminal - e di aprire unbando pubblico per affidare laconcessione per 25 anni delmolo Ichnusa che verrà trasfor-mato in un approdo per maxi

yacht. Oggi le buste con i nomidei candidati per ottenere l’ap-palto non sono ancora stateaperte. La gara questa volta nondovrebbe andare deserta: «Cidovrebbero essere almeno 4gruppi partecipanti. Tra le altre– dice Piergiorgio Massidda - siè fatta avanti una delle societàpiù grandi al mondo, un colossoche gestisce il 30% di tutte lebarche dai 40 metri fino ai 180 inattività».Il flusso delle navi da crocieranon dipende certamente solodall’avere o meno un attraccoriservato ai giganti del mare. Lodimostrano i dati dei crocieristiin transito in città che nel primosemestre del 2013 (74.871) sonostati più del doppio rispetto alprimo semestre del 2012

(31.279). Per quest’anno però le previsio-ni non sembrano sorridere alporto di Cagliari. La cause se-condo Massidda sono diverse:«C’è stata una diminuzione delnumero di navi. Oltre al disastrodella Concordia, anche altre na-vi – come la Allegra - hanno avu-to problemi. A questo si aggiun-ge che le compagnie stannopuntando di più sull’Asia per-ché lì si è sviluppato un turismomolto più ricco». Bisognerà ancora attendere percapire se e quando il terminalcrociere del molo Ichnusa verràutilizzato per ospitare i maxiyacht evitando così di essere se-gnato nella storia come la piùgrande incompiuta del portodi Cagliari.

Il grande flop da 5 milioni Un progetto impossibile: fondali troppo bassi per ospitare i giganti del mare

Un terminal crociere mai utilizzato. Ora, per salvare il salvabile, si pensa a un approdo per maxi-yacht

In alto e asinistra duevisuali diver-se del termi-nal crocieremai inaugura-to; a destrabarcheormeggiate alporto diCagliari.

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Caso Massidda: il presidente-medico “zero tituli”

«Il presidente è nominato[…] nell’ambito di unaterna di esperti di massi-ma e comprovata quali-ficazione professionalenei settori dell’econo-

mia dei trasporti e portuale designati rispet-tivamente dalla provincia, dai comuni e dallecamere di commercio, industria, artigianatoe agricoltura». È iniziato tutto da queste po-che righe inserite all’interno dell’articolo 8della legge 84 del 1994. Ma andiamo con ordine. Nel 2011 i comuni diCagliari, Sarroch e Capoterra (il porto li com-prende tutti e tre), la provincia e la Camera dicommercio presentano al ministro dei tra-sporti Altero Matteoli le tre terne con i nomidei candidati alla carica di presidente del-l’Autorità portuale. Il ministro, dopo aver esa-minato le terne, nomina Piergiorgio Massid-da (medico fisiatra, senatore del Pdl e depu-tato alla Camera per tre legislature) e chiedel’intesa – come previsto dalla legge – al presi-dente della Regione che gliela concede.Massidda diventa così presidente dell’autori-tà portuale di Cagliari nel settembre del 2011.A questo punto, Massimo Deiana, attuale as-sessore ai Trasporti della Regione, nonché al-l’epoca ‘avversario’ di Massidda nella corsaalla carica di Pre-sidente, fa ricor-so al Tar contro lanomina di Mas-sidda che, secon-do l’assessore,non avrebbe i re-quisiti richiestidalla legge n. 84.Passa un anno earriva la sentenzadel Tar che re-spinge il ricorsodi Deiana spie-gando che la leg-ge «non richiede-va che il candida-to fosse munitodi specifico titolodi studio, né cheavesse svolto unparticolare per-corso professio-nale imponendo soltanto che l’esperienza sifosse maturata nei settori, anch’essi generi-camente indicati, dell’economia dei traspor-ti portuale».La vicenda non si conclude qui. Deiana deci-de di rivolgersi al Consiglio di Stato che il 26settembre 2013 stravolge la decisione del Tar.La nomina di Massidda viene annullata «perla mancanza - si legge nella sentenza - di unqualsiasi titolo di studio comunque impli-cante il possesso di competenze anche gene-ricamente raccordabili con la materia». Ven-gono inoltre giudicate irrilevanti o per lo me-no troppo brevi le «esperienze quale presi-dente della VIII Commissione Trasporti (permeno di un anno) o di quella dell’analogastruttura presso la Provincia di Cagliari, lequali dunque non potevano certo far presup-porre il conseguimento delle competenzeteoriche e pratiche richieste».Il ministro dei trasporti Maurizio Lupi si tro-va quindi obbligato a rimuovere dall’incaricoil presidente ‘zero tituli’ e a nominare un com-missario straordinario in attesa delle nuoveelezioni. A novembre, dopo due mesi, arriva ladecisione di Lupi che nomina commissario

straordinario lo stesso Massidda. Deiana nonaccetta la decisione del Ministro e denuncia ilprovvedimento alla Procura della Repubblicache inserisce Lupi nel registro degli indagatiper abuso d’ufficio. All’inizio del 2014 la noti-zia si diffonde e viene portata in aula da M5s,Pd, Scelta Civica e Sel che pretendono che ilMinistro torni sui suoi passi e rimuova Mas-sidda dall’incarico di Commissario. Lupi ce-de, fa decadere Massidda e nomina al suo po-sto il comandante della capitaneria di porto,Vincenzo Di Marco, (che dirigerà l’autoritàportuale fino alla nomina del prossimo presi-dente).Ma la vicenda non si è ancora conclusa. Si at-tende infatti la sentenza della Cassazione (al-la quale si è rivolto Massidda) che dovrebbearrivare entro la fine dell’anno e che dovreb-be porre fine definitivamente a questo fatto.Intanto il tribunale dei ministri della Sarde-gna ha archiviato il caso del ministro dei tra-sporti Lupi per cerenza di presupposti «mate-riali e soggettivi».Tutto questo è stato causato da una legge for-se poco chiara o per lo meno troppo generica.Basti pensare al fatto che il Tar e il Consiglio diStato, basandosi sulla stesso identico testo dilegge hanno emesso due sentenze opposte. In nessun articolo si fa riferimento ai titoli

specifici chedeve avere ilpresidente del-l’Autorità por-tuale. Lo stessoMassidda si ap-pella proprio alfatto che «Nellalegge del 94 nonc’è scritto qualè la laurea affi-ne. Perché allo-ra la mia laureanon è valida? InItalia – conti-nua Massidda –ci sono presi-denti delle Au-thority che nonhanno nean-che il diploma,a Bari ad esem-pio c’è France-

sco Mariani che ha la terza media e non-ostante questo è uno dei più capaci».Insomma una legge che fa discutere. Se da unlato Massidda sottolinea il fatto che nel testodella legge non si fa uno specifico riferimentoai titoli di studio, dall’altra Deiana si lamentaper il fatto che la legge non venga rispettata indiversi porti d’Italia dove ci sono presidentiche non hanno la «massima e comprovataqualificazione nel settore».«Le autorità portuali –dichiara MassimoDeiana - sono diventate come una sorta dicollocamento di politici che devono essere‘ricoverati’ da qualche parte. In 20 anni c’èstato tutto il tempo di cambiare il testo dellalegge, potrebbero scrivere che il presidenteha un ruolo di rappresentanza e quindi deveavere una comprovata e riconosciuta capaci-tà politica così si toglierebbe la massima ecomprovata esperienza nel settore e potreb-bero nominare chiunque».L’Assessore dubita che il caso esploso a Ca-gliari possa servire per cambiare le decisioniprese in passato, ma per il futuro, dice «saràdifficile che non facciano attenzione alle no-mine».

Piergiorgio Massidda: “hannotagliato le gambe al porto”

Parla l’ex presidente dell’Autority

Una laurea in medicina ediciassette anni da par-lamentare prima di es-

sere nominato presidente del-l’Autorità portuale nel 2011.Piergiorgio Massidda ancoranon si spiega il verdetto delConsiglio di Stato che ha an-nullato la sua nomina a Presi-dente. «La Cassazione avrà unvalore molto più importante diquello che ha stabilito il Consi-glio di Stato – dice – e se nelmentre dovessero nominareun nuovo presidente, la leggedice che tornerei in carica io».Non si abbatte quindi l’ex capodell’Authority, sperando tutta-via che i progetti avviati venga-no comunque portati a termi-ne dal Comandante della Capi-taneria di porto Vincenzo DiMarco, attuale commissariostraordinario del porto che ri-marrà in carica fino alla nomi-na di un nuovo presidente.«Con Di Marco abbiamo lavo-rato assieme e abbiamo rag-giunto risultati inaspettati. Luiè molto in gamba ma non puòfare progetti a lungo termineperché non si sa per quantotempo dovrà rimanere. Il portoera una macchina che stavacorrendo alla quale hanno bu-cato le ruote».Tra le perdite causate dallasentenza, secondo Massiddac’è anche quella delle navi dacrociera: «Nonostante il caloprevisto per il 2014 per moltiporti italiani, Cagliari era unodi quelli che ne avrebbe risen-tito di meno. Purtroppo però

uno dei momenti in cui si do-veva decidere tutto era la fieradi Singapore che si è tenutadieci giorni dopo la sentenzache mi riguardava. Per due me-si, fino a quando sono stato no-minato commissario da Lupi,io non sapevo dunque cosa do-vevo fare perché c’era una sen-tenza che mi diceva di andarevia, ma nessuno mi diceva ‘te

ne devi andare’».Massidda è convinto di avere ititoli giusti anche perché «ilpresidente dell’Authority deveessere un grande manager coni contatti giusti – dice - e i 17 an-ni da parlamentare mi hannopermesso di avere le giuste co-noscenze politiche. Spesso erasufficiente che facessi una te-lefonata per poter risolvereproblemi».Intanto guarda avanti. Secon-do alcune indiscrezioni pro-prio Massidda potrebbe essereuno dei due nomi che il centro-destra proporrà per le primariein vista delle Comunali del2016.

Parla l’assessore regionale ai trasporti

Rimosso dall’incarico dal Consiglio di Stato

Assessore regionale ai tra-sporti - nominato in mar-zo dal neoeletto presiden-

te Francesco Pigliaru - docentedi diritto alla navigazione allafacoltà di Giurisprudenza di Ca-gliari ed ex preside della stessafacoltà. Massimo Deiana è sod-disfatto della decisione presadal Consiglio di Stato che ha ri-baltato la sentenza del Tar ri-muovendo dall’incarico l’ormaiex presidente dell’Autorità por-tuale, Piergiorgio Massidda.Deiana racconta che non è laprima volta che nel capoluogosardo vengono inseriti nelle ter-ne di nomi di persone che «nonhanno la massima e comprova-ta competenza professionalenel settore marittimo e dei tra-sporti». Circa 12 anni fa l’asses-sore minacciò di fare ricorsocontro la candidatura di Valenti-no Martelli, un cardiochirurgoche «con i porti non c’entravanulla. Anche lui aveva fatto ilparlamentare e lo volevano ri-collocare. In quel caso però ionon feci ricorso perché Martellinon fu nominato».Ma è un problema della leggeche non specifica bene quali so-no i requisiti per la nomina delpresidente dell’autorità portua-le? «La legge è chiara – spiegal’assessore - l’errore viene fattoin partenza da chi designa lepersone da inserire tra i possibi-

li candidati. Se infatti alcunipersonaggi non venissero sceltidai Comuni, dalla Provincia edalla Camera di commercio e in-seriti nelle terne, il ministro nonpotrebbe nominarli”.Parlando poi dello stato attualedel porto, Deiana dice: “E’ giàstato fatto molto perché tutte le

attività inquinanti sono statespostate al porto canale e il por-to turistico adesso ospita solo ipasseggeri. Penso però che lenavi da crociera attracchinotroppo lontano. Io le farei attrac-care davanti alla città». Deiana conclude sognando adocchi aperti: «Sarebbe stupendotogliere il traffico da via Roma (lastrada a 8 corsie che divide ilporto dalla città n.d.r) e fareun’unica piazza pedonale. Biso-gnerebbe fare un grande sotto-passaggio dove far transitare iveicoli».

Esperienza insufficiente per dirigere l’Autorità portuale

Massimo Deiana:“Massidda non aveva i titoli”

DOSSIER

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Sono le 8,00 di un lu-nedì e fuori dal Cen-tro servizi lavoro(Csl) di Cagliari, co-me ogni mattina, siforma la fila. Uomi-

ni, donne, giovani e anziani,non c’è distinzione. Tutti incoda per lo stesso motivo: tro-vare un lavoro. Quale? nellamaggior parte dei casi non im-porta, basta che permetta dimettere qualche soldo in tascaa fine mese. Le porte si apronoalle 8,30 e tutti corrono dentronella speranza di trovare qual-che nuovo annuncio affisso inbacheca. A volte le offerte cisono, ma sono sempre troppopoche rispetto alla quantità diaspiranti. Questa è solo una parte deisenza lavoro. Tra gli iscritti alCsl – in due anni sono aumen-tati di oltre 15 mila unità pas-sando da 116.084 a 131.533 –c’è anche chi non si presentatutti i giorni al Centro perchéaspetta di ricevere ‘la chiama-ta’ e contemporaneamente simuove portando a mano ilcurriculum vitae alle aziende.Nelle altre città sarde la situa-zione non è tanto diversa. Iltasso di disoccupazione, se-condo i dati pubblicati dall’I-stat, è cresciuto di altri duepunti percentuali arrivandonel 2013 al 17,5% contro il15,5% del 2012. Un dato chenegli ultimi sette anni è quasiraddoppiato passando dal9.9% del 2007 al 17,5% attuale.I numeri salgono alle stelle sesi prendono in considerazio-ne le fasce d’età dei giovani:tra i 18 e i 29 anni i disoccupa-

ti sono il 44%, mentre sono il29,2% se si considerano i ra-gazzi tra i 25 e i 34 anni.Il problema del lavoro è unproblema nazionale; in alcu-ne regioni i dati sono più cheallarmanti. La Sardegna è laquarta regione italiana pertasso di disoccupazione, nu-meri più elevati si registranosolo in Calabria (22,2%), Cam-pania(21,5%), Sicilia (21%) ePuglia(19,8%).Un piccolo aiuto dovrebbe ar-rivare dal porto di Cagliariche, anche se non potrà risol-vere il problema, in questi an-ni offrirà nuovi posti di lavoro.«Luna Rossa rimarrà qui a Ca-gliari per tre anni – ha dichia-rato Piergiorgio Massidda expresidente dell’Autorità por-tuale - e sicuramente, oltre aifedelissimi del team, ci saran-no nuove assunzioni. Inoltrese andrà a buon fine la realiz-zazione del terminal per i ma-xi yacht anche quello sarà unagrande occasione per i giovanidisoccupati». Si prospettano nuove oppor-tunità quindi che potrebberoevitare a pochi fortunati di do-ver abbandonare la propriaterra per andare a cercare for-tuna altrove.Ogni anno sono tanti i giovanicostretti a lasciare l’Isola perpoter lavorare. Laureati o nonon c’è distinzione. Il lavoromanca per tutti, alcuni si spo-stano nel nord Italia dove l’e-mergenza lavoro si fa sentiredi meno, altri preferisconooptare per l’estero. Secondo idati dell’Aire (anagrafe italia-ni residenti all’estero) relativi

Èil 17 ottobre 2012 e Marco si sta imbar-cando sul volo Cagliari - Londra. Il rien-tro? Non è previsto. Un viaggio che Mar-

co Aresu, un ragazzo di 36 anni di Cagliari, nonpotrà mai dimenticare. «Ho ancora il bigliettodel volo – dice – è stato il primo passo impor-tante della mia vita».Tutto è iniziato nel 2011 quando Marco riceveuna chiamata da una sua amica che gli chie-de: «Ti interesserebbe trasferirti a Londra e fa-re il babysitter al figlio di una coppia di ami-ci?». Marco esita in un primo momento per-ché non ha mai avutoniente a che fare con ibambini, inoltre non sauna parola di inglese.Poi però pensa alle al-ternative e accetta.Quali sono le alternati-ve? Continuare a viverea casa dei genitori sen-za avere un lavoro fisso.Marco ha un anno ditempo per organizzarsiprima di partire. Deci-de di studiare l’inglese,lingua per lui quasisconosciuta fino a quelmomento. Nell’estatedel 2011 riesce a raci-molare un po’ di soldiper la partenza facendo l’animatore per bam-bini durante la stagione estiva. «Non avevo al-tro modo per mettere da parte soldi ancheperché – dice - in Italia o lavori facendo le sta-gioni oppure nei call center». Un anno trascorre in fretta e in men che non sidica arriva il giorno della partenza. Il primoperiodo Marco lo trascorre nella casa dellacoppia di amici nella quale ha vitto e alloggiopagati, più 75 pound (circa 90 euro) ogni 2 set-

timane. A dicembre cambia tutto: la famigliadove lavorava, per una serie di vicissitudini,non può più permettersi un babysitter.Marco si trova improvvisamente senza più untetto sulla testa e si trasferisce in un ostello. Ri-prende a studiare l’inglese e consegna curri-culum; ne distribuisce 110 per l’esattezza pri-ma che gli venga fissata la prima ‘interview’. Ilcolloquio va bene ma Marco riceve contem-poraneamente un’altra risposta dal Wasabi,una catena di ristoranti giapponesi. Gli vienefissata la prova per il 24 dicembre.

Una vigilia di Nata-le alternativa perMarco che fa 8 oredi prova e viene as-sunto. «Ho iniziatoin cucina e per duemesi non ho maiavuto un giorno li-bero. A me andavabenissimo così per-ché mi pagavano aore, quindi più la-voravo più guada-gnavo». In pochimesi Marco crescedi ruolo diventan-do ‘team leader’prima e ‘weekendmanager’ poi. Promozioni che gli

sono valse l’aumento di stipendio. Ma tuttoquesto non basta a Marco. «Dal Wasabi sonoandato via perché volevo cambiare. Ora lavo-ro nella cucina di un Hotel». Non sembra avernessuna intenzione di tornare in Italia, Mar-co, anche se un po’ di nostalgia c’è: «Mi man-ca la mia terra, i miei amici, il cibo e il caloredelle persone - spiega - ma preferisco stare inun posto dove posso costruirmi una vita».

Disoccupazione sardaalle stelle. I giovanifuggono per lavorare

Al porto nuove assunzioni in vista

Marco Aresu: Cagliari-Londra solo andata

al 2012 i sardi emigrati sono103.121. Fare un calcolo com-plessivo però è impossibile;l’anagrafe infatti può tenereconto solo delle persone chehanno cambiato residenza.Dall’analisi emerge che i Paesipiù ‘quotati’ per il trasferimen-to sono la Germania (29.285) ela Francia (24.174), seguite daBelgio e Regno Unito.Proprio in Gran Bretagna si so-no trasferiti Pietroluigi e Va-nessa, marito e moglie di 36 e34 anni. Fino al 2008 conduce-vano una vita tranquilla e pote-vano contare su uno stipendiofisso. Pietroluigi infatti dal2002 lavorava con contratto atempo indeterminato per unasocietà di Cagliari. Nel 2008 ildramma: la cooperativa è unadelle tante costrette a chiuderea causa della crisi. I due giovani si trovano così a

guria. Per qualche mese quindinon riescono neanche più a vi-vere sotto lo stesso tetto.Il 2013 è l’anno della svolta.Pietroluigi si trasferisce a Lon-dra per restare qualche mese evedere com’è lì la situazione la-vorativa. L’inglese non è il suoforte ma dopo aver portato tan-ti curriculum arrivano le primerisposte e i primi lavori. Dopo 7mesi, a settembre Vanessa loraggiunge, trovano una piccolacasa con un giardinetto dovepoter vivere e tenere le loro duecagnette. Oggi lavorano entrambi in duecatene alimentari differenti.«Qui siamo felici e almeno ab-biamo due stipendi fissi che cipermettono di vivere serena-mente. Ci piacerebbe tornarein Sardegna o almeno in Italia -dicono – ma per il momentonon è possibile».

dover affrontare le spese quo-tidiane più quelle del mutuodella casa (acquistata nel2007) con 860 euro mensili didisoccupazione, più circa 6500euro di liquidazione. «Mi ècrollato il mondo addossoquando ho perso il lavoro –racconta Pietroluigi - Vanessanon lavorava e sapevo che sa-rebbe stato difficile trovare unnuovo impiego». Passano cinque anni, ma di unposto fisso nessuna traccia.«Inizialmente ho lavorato conalcune società per vendereprodotti porta a porta, dopodi-ché per due anni ho fatto il cor-riere». Nonostante le difficoltàeconomiche la giovane coppianel 2010 decide di sposarsi.Dopo il matrimonio entrambiper due anni trovano lavoroper la stagione estiva: lei vieneassunta in Sardegna, lui in Li-

Vorrei tornare ma non posso

Gli iscritti all’Aire

I senza lavoro

%donne

Sardi

%uomini

2011 20122010

100.767

54,7%

45,3%

54,5%

45,5%

101.352 103.121

45,7%

54,3%

I dati dell’anagrafe italiana residentiall’estero

uomini

donne

totale

2011 2012 2013

12,8% 15,3% 17,1%

14,6% 15,9% 17,0%

13,5% 15,5% 17,5%

I dati dell’Istat relativi alla disoccu-pazione degli ultimi anni nell’Isola

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Nel porto di Cagliari unadecina di persone vivesulla propria barca, al-cune per scelta altre perobbligo. Giovanni (chepreferisce non dire il

proprio cognome), un uomo di 74 an-ni, è uno di loro e da 10 anni vive sul ‘Gi-ro di Valzer’. La passione per il mare l’-ha sempre accompagnato ma vivercisopra non è stata una scelta ma una ne-cessità.«Dieci anni fa ho divorziato da mia mo-glie – racconta Giovanni - la casa è ri-masta a lei e io avevo solo la mia barcadove poter andare a vivere». Ora tra-scorre le giornate con la sua cagnettaAstra –alla quale dice di voler bene co-me a una figlia - attraccato in un por-ticciolo della città. «È stato difficile abituarsi alla vita inbarca perché ho dovuto rinunciare astare con le mie figlie e a tutte le como-dità di casa, ma adesso sono felice»,racconta Giovanni.Nato a Carloforte,una volta terminati gli studi all’istitutoNautico, si imbarca con una compa-gnia di navigazione. Dopo il primoviaggio Giovanni decide di lasciare illavoro perché ha il sospetto di traspor-ti illeciti. Pochi giorni dopo la nave‘Portogallo’ (così si chiamava) affonda:«Sono stato molto fortunato, mi sareipotuto trovare su quella barca». Dopoquesta vicenda si arruola come milita-re e per sei anni su un rimorchiatore. Ben presto però deve rinunciare al la-voro in mare per non stare troppo di-stante dalla famiglia. Dopo il matrimo-nio, inizia a lavorare alla Saras chimicadi Sarroch (un’industria che sta a pochi

chilometri da Cagliari). Lo stipendio èmeno della metà di quello che guada-gnava in mare, ma in questo modo puòtrascorrere più tempo in casa. «Ho lavorato per 25 anni alla Saras pri-ma di ottenere la pensione. Adesso me-tà di quella cifra la devo dare a mia mo-glie e mi restano circa 1000 euro al me-se per vivere». Giovanni però non si la-menta perché riesce tranquillamente asostenere le spese della vita in mare. Lasosta nel porto gli circa 2000 euro al-l’anno senza ulteriori spese aggiuntiveper le bollette.«In Italia non c’è il culto del mare; pergli italiani –spiega Giovanni- è assurdodover rinunciare a una casa per viveresu una barca. Io stesso non avrei maipensato che mi sarei potuto trovare be-ne senza le comodità di casa. Nei paesidel nord Europa ci sono anche tante fa-miglie con bambini piccoli che vivonosul mare». In effetti, anche in un luogocome la Sardegna dove il clima è idealeper condurre questo tipo di vita, è dif-ficile se non impossibile trovare qual-cuno che spontaneamente decida dilasciare le comodità di una casa pertrasferirsi su una barca. Nonostante la scelta obbligata, adessoGiovanni dice di essersi abituato a vi-vere sul mare, tanto che rifiuta le pro-poste delle figlie che lo invitano a tra-sferirsi a casa loro. «Adesso sto benecosì, non sto sempre fermo in porto,spesso esco ancora per andare a pesca-re. Il mare è diventato la mia droga, nonriesco a stargli lontano. E poi - aggiun-ge – perché dovrei vivere in una casa?Le case sono barche fatte male perchénon si muovono».

Essere ancora un lupo di ma-re a 81 anni si può. A dimo-strarlo è Giorgio Casagran-de, un uomo che ha passatola vita in mare e che oggi vi-ve sulla barca ‘Gitana’ at-

traccata in un angolo del porto di Ca-gliari. Di origine veneta, ha frequentato l’isti-tuto Nautico a Venezia prima di inizia-re a navigare. Dopo qualche anno al co-mando di navi mercantili, Casagrandedecide di cambiare lavoro e di andarein Kenya e nel Mar Rosso per creare unservizio charter. «Durante quest’espe-rienza ho guadagnato tanti soldi e hoconosciuto personaggi famosi comeRichard Burton». La vita in mare perquanto la si possa amare può riservaregrandi pericoli: il viaggio di rientro dalKenya – nel 1982 - non fu una passeg-giata a causa dei monsoni (venti tipicidell’Oceano Indiano): «In Kenya miavevano consigliato di non ripartireproprio perché era periodo di monso-ni; ma io sono fatto così, una volta chedecido di partire devo levare l’ancora».Un uomo che lotta solo in mezzo all’O-ceano per impedire che la barca vengarovesciata dalle onde, uno scenario dafilm del terrore che non sembra averlointimorito: «Non si può avere paura inmare - dice - perché la paura ti immo-bilizza e non ti permette di ragionare».Nel 1988 decide di vendere la sua primabarca che l’aveva accompagnato fino aquel momento e ne compra una nuovapiù piccola. Il nuovo acquisto, la barca‘Gitano’ – che diventerà poi ‘Gitana’perché «volevo che il nome della barcafosse femminile» – arriva solo nel 1993.

In questo arco di tempo per non starefermo si mette a fare lo skipper sullebarche altrui.Arriva per la prima volta in Sardegnaquasi per caso proprio con la Gitana.Casagrande però non si ferma e conti-nua a viaggiare tentando per quattrovolte di arrivare nella Terra del fuoco(arcipelago dell’America del sud) sen-za però mai riuscirci. Le motivazionifurono diverse legate non solo a pro-blemi con la barca. Nel 2010, al quartotentativo, dovette arrendersi per moti-vi economici; una nuova legge italiana–istituita alla fine degli anni ’90- impe-diva di ritirare l’assegno sociale fuoridall’Italia. Nonostante i tantissimi sol-di guadagnati navigando durante tuttala sua vita, «già negli anni 70 – spiega -arrivavo a prendere 5000 dollari al me-se, grazie anche al trasporto di merci‘strane’», adesso non gli è rimasto piùniente. «Ho guadagnato un sacco disoldi nella mia vita ma me li sono man-giati tutti. Contavo sull’eredità di unamia zia ricchissima che però non mi ar-rivò mai per alcune vicissitudini di fa-miglia».Oggi Casagrande va avanti grazie al-l’assegno sociale «con cui – spiega - ri-esco a vivere tranquillamente e a met-tere da parte anche un po’ di soldi».L’ormeggio alla banchina del portic-ciolo costa 2500 euro all’anno com-prensivo di posto barca, acqua, luce egas. E alla domanda: «Preferirebbe vi-vere in una casa?» Risponde «No, quel-la di vivere in mare è stata una sceltavoluta e realizzata; qui a Cagliari il cli-ma è perfetto per vivere in mezzo almare”.

Storie di due lupi di mare La vita in barca. Luce, acqua e gas con soli 2.000 euro all’anno

Giovanni e Giorgio sono solo due delle dieci persone che vivono sulle barche al porto di Cagliari

“Difficile abituarsi, maora sono felice”

Il naufrago del ‘Portogallo’

“Vivere sull’acqua èstata una scelta voluta”

A bordo della ‘Gitana’

DOSSIER

Page 8: Cagliari: un porto dai mille problemi

il Ducato

8

DOSSIER

“Grande occasione per l’Isola”Vento, sole, mare ma soprattutto la sua

‘Vento di Sardegna’: quattro cose di cuiAndrea Mura non potrebbe mai fare a

meno. La passione per la vela l’ha ereditatadal padre che «non mi obbligava ad allenarmi– dice Andrea - decidevo io se e quando usci-re. L’unico vincolo che mi imponeva era quel-lo di essere promosso a scuola». Nel 1979, a soli 14 anni, vince il primo titoloottenendo il bronzo nel campionato italiano420. Da quel momento in poi si susseguononumerosi successi fino all’85, quando apre la‘Veleria Andrea Mura Design’ senza però maitrascurare l’attività agonistica. Tre anni dopo inizia la sua avventura all’Ame-rica’s Cup. Per quattro anni Andrea lavora coni guru della progettazione. «È stata un’espe-rienza di vita, ho imparato tantissime cose inquel periodo». Ma l’anno della svolta è il 2005quando, a 40 anni, decide di navigare a bordodell’open 50 Vento di Sardegna assieme all’a-mico Guido Maisto, per andare a caccia di re-cord. Nel 2010 partecipa alla Route du Rhum, unaregata transoceanica in solitario che si svolgeogni 4 anni. Porta a casa il titolo, diventandocosì il primo italiano nella storia a vincere laregata. Quest’anno ‘le sarde’ (così lo chiama-no i francesi) parteciperà nuovamente pertentare il bis. Il 2 novembre sarà a Saint Malòin Francia per la partenza, per provare ad ar-rivare primo al traguardo (a Point a Pitre, inGuadalupa) e difendere così il titolo. «È uno

sport che costa un sacco di soldi – dice Andrea– bisogna avere tanta passione per portarloavanti. Solo per iscrivermi alla Route du Rhumdi quest’anno, ho dovuto spendere 6.000 eu-ro. Chi pratica questa disciplina non lo fa persoldi ma per amore della vela». In Italia, a dif-ferenza della Francia dove è lo sport naziona-le, la vela non ha un grande seguito. Le impre-se di Andrea sono spesso sostenute anche dal-la Regione, dal Comune di Cagliari e dalla Ca-mera di Commercio.Il velista sardo conosce bene il mondo dell’A-merica’s Cup, avendolo vissuto alla fine deglianni ’80. Come mai il team Luna Rossa hascelto proprio Cagliari per prepararsi allacompetizione del 2017? «Se loro sono qui–spiega Andrea – è anche merito mio, di GigiBarrella, Antonello Ciabatti e tutti gli altri ve-listi sardi che dagli anni ’80 a oggi, vincendo,hanno fatto pubblicità all’Isola».Anche Andrea è convinto che la presenza delteam sponsorizzato da Prada, porterà tantivantaggi a tutta la Sardegna: «Sicuramente lapresenza di Luna Rossa - dice - garantirà all’I-sola, per i prossimi tre anni, una grande pro-mozione e un immenso via vai di gente; in tut-to il mondo si inizierà a parlare della Sardegnae questo servirà dal punto di vista della pro-mozione turistica, ma non solo. Infine – con-clude Andrea – loro sono una catapulta perquesto sport quindi probabilmente ci sarà unaumento di iscrizioni nelle scuole di vela, dicanoa e di tutti gli altri sport marini ».

Andrea Mura si prepara a una nuova sfida

Una grande occa-sione per il por-to e per la cittàche mette d’ac-cordo Comune,Regione, Came-

ra di commercio e Autorità por-tuale. Il team Luna Rossa pertre anni farà base a Cagliari, do-ve si allenerà in vista della tren-tacinquesima edizione dell’A-merica’s Cup che si terrà nel2017 a San Francisco. «Abbia-mo scelto questa città perché lecondizioni meteo sono idealiper gli allenamenti con i cata-marani – ha spiegato PatrizioBertelli, presidente di LunaRossa Challenge – La città inol-tre offre un’ottima situazionelogistica e ci ha riservato un’ac-coglienza particolarmente ca-lorosa. Siamo molto contentiche, dopo diversi anni all’este-ro, la base del team sia nuova-mente in Italia».I primi passi per il trasferimen-to del gruppoin Sardegnasono s ta t icompiuti loscorso no-vembre. I la-vori non sonoancora ter-minati e, pervedere i pri-mi a l lena-menti del ca-t a m a r a n oguidato dalloskipper Mas-similiano Si-rena, biso-gnerà atten-dere fino a maggio. Intanto ilquartier generale del team –che è stato costruito sul moloSabaudo e occupa una superfi-cie di circa 12 mila metri qua-drati – è quasi terminato: duecapannoni mobili alti sei metriospiteranno le imbarcazioni,mentre altri più piccoli, rigoro-samente bianchi con una stri-scia rossa sui lati, saranno la se-de di uffici, palestre, cucine emensa.Il quartier generale è stato rea-lizzato dai 20 operai dello staff.Per loro e per tutte le altre per-sone che vivranno in città fino

al 2017, sono già stati firmaticirca 80 contratti di affitto:un’intera palazzina più alcuniappartamenti sparsi per tuttala città, dal centro storico finoalla spiaggia. I vantaggi che Cagliari potreb-be e dovrebbe ricavare dallapresenza di Luna Rossa sonotanti: una probabile crescitadel turismo, nuovi posti di la-voro per i giovani sardi e nuoveiscrizioni negli asili nido e nel-le scuole (alcuni componentidel team infatti si muovonocon la famiglia). Tanti sono gli appassionati diquesto sport che da anni nonavevano la possibilità di vederegli allenamenti di Luna Rossain Italia. A prescindere dai ‘fan’della vela, Luna Rossa è co-munque un’enorme occasioneper il turismo. Turismo che giànel 2013 ha fatto registrare se-gnali di crescita. Se infatti nel2012 gli arrivi in provincia furo-

no 510.867e le presen-z e2.299.268,ne l 2013sono staterispettiva-m e n t e6 1 8 . 8 6 3(+21,14%)e 2.677.135(+16,43%).N u m e r iinaspettatic o n s i d e -rando chetra il 2011 eil 2012 ci fu

un calo di arrivi e di presenzedel 10% circa. Luna Rossa po-trebbe essere quindi un enor-me trampolino di lancio nonsolo per Cagliari ma per tuttal’Isola, che potrà godere di unanuova promozione turistica intutto il mondo. Ma quali saran-no i vantaggi per il porto? Nonsarà sufficiente Luna Rossa perrisolvere i problemi, ma è unagrande opportunità per poterrecuperare così una parte deisoldi gestiti male negli ultimianni, come i 5 milioni di eurobuttati all’aria con il terminalcrociere del molo Ichnusa.

Sopra labarca

‘Vento diSardegna’,a destra il

quartieregenerale diLuna rossa,

sotto ilcatamarano

del team,

Luna Rossa sceglie Cagliari Il team rimarrà in città per tre anni per preparsi per l’America’s Cup del 2017

Una piccola-grande speranza: più turismo, nuovi posti di lavoro per i giovani e nuove entrate per il porto