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  • Roberto Calasso

    LEDITORIACOME GENERE LETTERARIO

    Traduzione di Andrea Filippi

    Adelphianawww.adelphiana.it16 novembre 2001

  • Vorrei parlarvi di qualcosa che generalmente si dper sottinteso, ma che poi si rivela niente affattoovvio: larte di pubblicare libri. E prima vorrei sof-fermarmi un istante sulla nozione di editoria in s,perch mi sembra che sia avvolta da una notevolequantit di equivoci. Se si chiede a qualcuno: checos una casa editrice| la risposta abituale, e an-che quella pi ragionevole, la seguente: si trattadi un ramo secondario dellindustria nel quale sitenta di fare denaro pubblicando libri. E che cosadovrebbe essere una buona casa editrice| Una buo-na casa editrice sarebbe se mi concessa la tau-tologia quella che si suppone pubblichi, per quan-to possibile, solo buoni libri. Quindi, per usare unade$nizione sbrigativa, libri di cui leditore tende aessere $ero, piuttosto che vergognarsene. Da que-sto punto di vista, una tale casa editrice dif$cilmen-te potrebbe rivelarsi di particolare interesse in ter-mini economici. Pubblicare buoni libri non ha maireso spaventosamente ricco nessuno. O, per lo me-no, non in misura comparabile a ci che pu acca-dere fornendo al mercato acqua minerale o com-

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  • puter o borse di plastica. A quanto pare unimpre-sa editoriale pu produrre guadagni notevoli sol-tanto a condizione che i buoni libri siano sommer-si fra molte altre cose di qualit assai differente. Equando si sommersi, pu facilmente accadere diannegare e cos sparire del tutto. Sar poi bene ricordare che leditoria in numeroseoccasioni ha dimostrato di essere una via rapida esicura per sperperare e prosciugare patrimoni so-stanziosi. Si potrebbe persino aggiungere che, in-sieme con roulette e cocottes, fondare una casa editri-ce sempre stato, per un giovane di nobili natali,uno dei modi pi ef$caci per dissipare la propriafortuna. Se cos, ci si chiede come mai il ruolodelleditore abbia attratto nel corso dei secoli uncos alto numero di persone e continui a essereritenuto affascinante, e per certi versi misterioso,anche oggi. Ad esempio non dif$cile accorgersiche non c titolo pi agognato da certi potentidelleconomia, i quali spesso se lo conquistano let-teralmente a caro prezzo. Se tali persone potesse-ro affermare che pubblicano verdure surgelate, an-zich produrle, presumibilmente ne sarebbero fe-lici. Si pu allora giungere alla conclusione che, ol-tre a essere un ramo degli affari, leditoria semprestata una questione di prestigio, se non altro perchsi tratta di un genere di affari che al tempo stesso unarte. Unarte in tutti i sensi, e sicuramente u-narte pericolosa perch, per esercitarla, il denaro un elemento essenziale. Da questo punto di vistasi pu benissimo sostenere che ben poco cam-biato dai tempi di Gutenberg.

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  • Eppure, se passiamo con lo sguardo su cinque se-coli di editoria provando a pensare leditoria stes-sa come unarte, subito vediamo af$orare paradossidi ogni genere. Il primo potrebbe essere questo:in base a quali criteri si pu giudicare della gran-dezza di un editore| Su questo punto, come era so-lito dire un mio amico spagnolo, no hay bibliogra-fa, non c bibliogra$a. Si possono leggere studimolto dotti e minuziosi sullattivit di certi editori,ma molto di rado ci si imbatte in un giudizio sullaloro grandezza, come invece normalmente avvie-ne quando si tratta di scrittori o pittori. Di che maisar fatta, allora, la grandezza di un editore| Cer-cher di rispondere alla domanda con qualche e-sempio. Il primo, e forse il pi eloquente, ci ripor-ta alle origini delleditoria. Con la stampa acca-duto un fenomeno che si sarebbe ripetuto pi tar-di con la nascita della fotogra$a. Sembra che a que-ste invenzioni siamo stati iniziati da maestri chehanno immediatamente raggiunto una inarrivabi-le eccellenza. Se si vuole capire lessenziale della fo-togra$a, basta studiare lopera di Nadar. Se si vuo-le capire che cosa pu essere una grande casa edi-trice, basta dare unocchiata ai libri stampati daAldo Manuzio. Fu lui il Nadar delleditoria. Fu ilprimo a immaginare una casa editrice in terminidi forma. E qui la parola forma va intesa in mol-ti e disparati modi. In primo luogo la forma de-cisiva nella scelta e nella sequenza dei titoli dapubblicare. Ma la forma riguarda anche i testi cheaccompagnano i libri, nonch il modo in cui il li-bro si presenta in quanto oggetto. Perci include

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  • la copertina, la gra$ca, limpaginazione, i caratte-ri, la carta. Aldo medesimo era solito scrivere sottoforma di lettere o epistulae quei brevi testi intro-duttivi che sono i precursori non solo di tutte lemoderne introduzioni, pre- e postfazioni, ma an-che di tutti i risvolti di copertina, i testi di presen-tazione ai librai e le pubblicit di oggi. Fu quello ilprimo accenno al fatto che tutti i libri pubblicatida un certo editore potevano essere visti come a-nelli di ununica catena, o segmenti di un serpen-te di libri, o frammenti di un singolo libro forma-to da tutti i libri pubblicati da quelleditore. Que-sto, ovviamente, il traguardo pi audace e ambi-zioso per un editore, e tale rimasto da cinquecen-to anni. E se vi sembra che si tratti di unimpresaimpraticabile, baster ricordare che anche la lette-ratura, se non cela nel suo fondo limpossibile, per-de ogni magia. Qualcosa di analogo credo possadirsi delleditoria o almeno di questo particolaremodo di essere editore che certamente non sta-to praticato molto spesso nel corso dei secoli, matalvolta con risultati memorabili. Per dare unideadi ci che pu nascere da questa concezione del-leditoria, accenner a due libri stampati da AldoManuzio. Il primo fu pubblicato cinquecentodueanni fa con lastruso titolo Hypnerotomachia Poliphili,che signi$ca Battaglia damore in sogno. Ma diche si trattava| Era quello che oggi si chiamerebbeun primo romanzo. Oltretutto di autore scono-sciuto (e a tuttoggi enigmatico), scritto in una sor-ta di linguaggio immaginario, una specie di Finne-gans Wake composto soltanto di miscugli e ibrida-

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  • zioni di parole latine e italiane. Unoperazione piut-tosto azzardata, si direbbe. Ma che aspetto aveva illibro| Era un volume in folio, illustrato da magni-$che incisioni che costituivano una perfetta con-troparte visiva del testo. Il che ancora pi azzar-dato. Ma a questo punto dobbiamo aggiungerequalcosa: secondo la stragrande maggioranza de-gli appassionati di libri, questo il pi bel libro maistampato. Il che pu essere veri$cato da ciascunodi voi, se mai vi capitasse in mano una copia diquella edizione o anche, alla peggio, un buon fac-simile. Quel libro era ovviamente un colpo di ge-nio, unico e irripetibile. E nel crearlo leditore eb-be un ruolo capitale. Ma non dovete pensare cheManuzio fosse grande solo come approntatore ditesori per i biblio$li dei secoli a venire. Il secondoesempio che lo riguarda va in una direzione deltutto diversa: tre anni dopo la Hypnerotomachia, nel1502, Manuzio pubblic unedizione di Sofoclein un formato che egli volle de$nire parva forma,piccola forma. Ecco qui una fotocopia del fron-tespizio e della prima pagina. Come potete vede-re, il primo tascabile della storia, il primo paper-back. Alla lettera, il primo libro che si poteva in$la-re in una tasca. Inventando un libro di simile for-mato Manuzio trasform i gesti che accompagna-no la lettura. Cos latto stesso di leggere mut inmodo radicale. Osservando il frontespizio potreteammirare leleganza del carattere greco corsivoche qui venne usato per la prima volta e in seguitodivent un prezioso punto di riferimento. PerciManuzio fu capace di raggiungere due risultati op-posti: da una parte creare un libro come la Hypne-

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  • rotomachia Poliphili che non avrebbe mai avuto ugua-li, ed quasi larchetipo del libro unico. Dallaltra,creare un libro del tutto diverso, come il Sofocle,che invece sarebbe stato copiato milioni e milionidi volte ovunque, $no a oggi. Non dir di pi su Aldo Manuzio perch gi vedopro$larsi una domanda nella vostra mente, do-manda che si potrebbe formulare cos: Bene, tut-to ci affascinante e appartiene alle glorie delRinascimento italiano, ma che cosa ha a che vede-re con noi e con gli editori di oggi, sommersi dal-la marea crescente di cd-rom, siti internet, e-booke dvd per non parlare degli svariati incestuosiconnubi tra tutti questi congegni| Se avrete la pa-zienza di seguirmi ancora per qualche istante, cer-cher di dare una risposta a questa domanda usan-do qualche altro esempio. Infatti, se vi dicessi sen-za mezzi termini che a mio avviso un buon editoredei giorni nostri dovrebbe semplicemente tentaredi fare quel che faceva Manuzio a Venezia nellan-no primo del sedicesimo secolo, voi potreste pen-sare che stia scherzando mentre non scherzo af-fatto. Cos vi parler di un editore del ventesimosecolo proprio per mostrarvi come abbia agito e-sattamente in quel modo, anche se in un contestodel tutto diverso. Si chiamava Kurt Wolff. Era ungiovane tedesco, elegante, ricco, ma neppure trop-po. Voleva pubblicare nuovi scrittori di alta qualitletteraria. Cos invent per loro una collana di li-bretti piuttosto inconsueti, di formato verticale,chiamata Der Jngste Tag, Il giorno del giudi-zio, un titolo che oggi sembra del tutto appro-

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  • priato a una collana di libri a cui capit di uscirein Germania per lo pi durante la prima guerramondiale. Se date unocchiata a questi libri di co-lore nero, snelli e austeri, con le etichette incolla-te sopra, come su quaderni di scuola, forse vi verrda pensare: cos che dovrebbe presentarsi un

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  • libro di Kafka. E in effetti vari dei racconti di Kafkavennero pubblicati in questa collana. Fra questi Lametamorfosi, nel 1917, con una bella etichetta az-zurra e una cornice nera. Allepoca Kafka era ungiovane scrittore poco conosciuto ed estremamen-te discreto. Ma, leggendo le lettere che Kurt Wolffgli scriveva, vi renderete conto immediatamente,dal suo tatto squisito e dalle delicate premure, cheleditore semplicemente sapeva chi era il suo corri-spondente.Kafka, per altro, non era certo il solo giovane scrit-tore pubblicato da Kurt Wolff. In quello stesso 1917,anno piuttosto turbolento per leditoria, Kurt Wolffraccolse in un almanacco, che aveva per titolo VomJngsten Tag, testi di alcuni giovani autori. Ecco quilalmanacco ed ecco alcuni degli autori: Franz Blei,Albert Ehrenstein, Georg Heym, Franz Kafka, ElseLasker-Schler, Carl Sternheim, Georg Trakl, Ro-bert Walser. Sono i nomi dei giovani scrittori che,in quellanno, si trovarono riuniti sotto il tetto delmedesimo giovane editore. E quegli stessi nomi,nessuno escluso, rientrano nella lista degli autoriessenziali che un giovane oggi deve leggere se vuo-le sapere qualcosa della letteratura in lingua tede-sca nei primi anni del ventesimo secolo.A questo punto la mia tesi dovrebbe apparire ab-bastanza chiara. Aldo Manuzio e Kurt Wolff non fe-cero nulla di sostanzialmente differente, a distanzadi quattrocento anni luno dallaltro. Di fatto pra-ticavano la stessa arte delleditoria bench que-starte possa passare inosservata agli occhi dei pi,editori inclusi. E questarte pu essere giudicata in

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  • entrambi i casi con gli stessi criteri, il primo e lul-timo dei quali la forma: la capacit di dare formaa una pluralit di libri come se essi fossero i capi-toli di un unico libro. E tutto ci avendo cura u-na cura appassionata e ossessiva della veste di ognivolume, del modo in cui esso viene presentato. Ein$ne anche e non certo il punto di minore im-portanza di come quel libro pu essere vendutoal pi alto numero di lettori.Circa quarantanni fa Claude Lvi-Strauss proposedi considerare una delle attivit fondamentali delgenere umano vale a dire lelaborazione di miti come una forma particolare di bricolage. Dopo tut-to i miti sono costituiti di elementi gi pronti, mol-ti dei quali derivanti da altri miti. A questo puntosuggerisco sommessamente di considerare anchelarte delleditoria come una forma di bricolage. Cer-cate di immaginare una casa editrice come un uni-co testo formato non solo dalla somma di tutti i li-bri che vi sono stati pubblicati, ma anche da tuttigli altri suoi elementi costitutivi, come le copertine,i risvolti, la pubblicit, la quantit di copie stampa-te e vendute, o le diverse edizioni in cui lo stessotesto stato presentato. Immaginate una casa edi-trice in questo modo e vi troverete immersi in unpaesaggio molto singolare, qualcosa che potresteconsiderare unopera letteraria in s, appartenen-te a un genere speci$co. Un genere che vanta isuoi classici moderni: ad esempio i vasti domini diGallimard, che dalle tenebrose foreste e dalle pa-ludi della Srie Noire si estendono agli altopianidella Pliade, includendo per anche varie gra-

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  • ziose citt di provincia o insediamenti turistici chetalvolta assomigliano ai villaggi Potmkin di carta-pesta eretti in questo caso non per la visita diCaterina ma per una stagione di premi letterari. Eben sappiamo che, quando giunge a espandersi inquesto modo, una casa editrice pu assumere uncerto carattere imperiale. Cos il nome Gallimardsuona $n nei lembi pi remoti dove si spinge la lin-gua francese. O, su un altro versante, potremmo tro-varci nelle vaste tenute dellInsel Verlag, che dannolimpressione di essere appartenute per lungo tem-po a un illuminato feudatario che ha lasciato in$nele sue propriet ai pi devoti e provati intendenti...Non voglio insistere oltre, ma gi vedete che inquesto modo si potrebbero concepire mappe mol-to dettagliate.Considerando le case editrici in questa prospetti-va, apparir forse pi chiaro uno dei punti pi mi-steriosi del nostro mestiere: perch un editore ri$u-ta un certo libro| Perch si rende conto che pub-blicarlo sarebbe come introdurre un personaggiosbagliato in un romanzo, una $gura che rischie-rebbe di squilibrare linsieme o di snaturarlo. Unsecondo punto riguarda il denaro e le copie: se-guendo questa linea si sar costretti a prendere inconsiderazione lidea che la capacit di far leggere(o, per lo meno, comprare) certi libri un elemen-to essenziale della qualit di una casa editrice. Ilmercato o la relazione con quello sconosciuto,oscuro essere che viene chiamato il pubblico la prima ordalia delleditore, nellaccezione me-dioevale del termine: una prova del fuoco che pu

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  • anche mandare in fumo considerevoli quantit dibanconote. Pertanto, si potrebbe de$nire ledito-ria un genere letterario ibrido, multimediale. Eibrido senza dubbio lo . Quanto al suo mescolar-si con altri media, si tratta di un fatto ormai ovvio.Nondimeno leditoria, in quanto gioco, resta fon-damentalmente quello stesso vecchio gioco cheAldo Manuzio praticava. E un nuovo autore che civiene incontro con un libro astruso per noi mol-to simile al tuttora elusivo autore del romanzo in-titolato Hypnerotomachia Poliphili. Finch questo gio-co durer, sono sicuro che ci sar sempre qualcu-no pronto a giocarlo con passione. Ma se un gior-no le regole dovessero cambiare radicalmente, co-me talvolta siamo indotti a temere, sono altrettan-to sicuro che sapremo convertirci a qualche altraattivit e potremmo anche ritrovarci intorno aun tavolo di roulette, o di cart o di black jack.Vorrei chiudere con unultima domanda e un ulti-mo paradosso. Fino a quali estremi si pu spinge-re larte delleditoria| possibile ancora concepir-la in circostanze in cui vengano tendenzialmente amancare certe sue condizioni essenziali, come ildenaro e il mercato| La risposta sorprendente-mente affermativa. Almeno se guardiamo a unesempio che ci venuto dalla Russia. In piena ri-voluzione dottobre, in quei giorni che furono,nelle parole di Aleksandr Blok, un misto di ango-scia, orrore, penitenza, speranza, quando le tipo-gra$e gi erano state chiuse a tempo indetermina-to e linflazione faceva salire i prezzi di ora in ora,un gruppo di scrittori fra i quali un poeta come

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  • Chodasevic e un pensatore come Berdjaev, non-ch il romanziere Michail Osorgin, che fu poi ilcronista di quegli eventi pensarono bene di lan-ciarsi nellimpresa apparentemente dissennata diaprire una Libreria degli Scrittori, che permettes-se ancora ai libri, e soprattutto a certi libri, di cir-colare. Presto, la Libreria degli Scrittori divenne,nelle parole di Osorgin, lunica libreria a Mosca ein tutta la Russia in cui il primo venuto potesse ac-quistare un libro senza autorizzazione.Ci che Osorgin e i suoi amici avrebbero volutocreare era una piccola casa editrice. Ma le circo-stanze lo rendevano impossibile. Allora usarono laLibreria degli Scrittori come una sorta di doppiodi una casa editrice. Non pi un luogo dove si pro-ducevano libri nuovi, ma dove si tentava di dareospitalit e circolazione ai libri numerosissimi talvolta preziosi, talvolta comuni, spesso spaiati,comunque destinati a essere dispersi che il nau-fragio della storia faceva approdare sul banco delloro negozio. Importante era mantenere in vitacerti gesti: continuare a trattare quegli oggetti ret-tangolari di carta, sfogliarli, ordinarli, parlarne,leggerli negli intervalli fra unincombenza e lal-tra, in$ne passarli ad altri. Importante era costitui-re e mantenere un ordine, una forma: ridotta allasua de$nizione minima e irrinunciabile, questa appunto larte delleditoria. E cos fu praticata aMosca fra il 1918 e il 1922, nella Libreria degliScrittori. Che raggiunse lacme della sua nobile sto-ria quando i fondatori della libreria decisero, vistoche leditoria tipogra$ca era impraticabile, di av-

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  • viare la pubblicazione di una serie di opere in ununico esemplare scritto a mano. Il catalogo com-pleto di questi libri letteralmente unici rimase nellacasa di Osorgin a Mosca e alla $ne andato perso.Ma, nella sua fantomaticit, esso rimane il modelloe la stella polare per chiunque provi a fare ledito-re in tempi dif$cili. E i tempi sono sempre dif$cili.

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  • Questo testo stato letto da Roberto Calasso il 17 ottobre2001 a Mosca, nella sala del Museo di architettura Schu-sev che ospitava una mostra dedicata alla casa editriceAdelphi.

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