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apolitano ha dato l’incarico con- dizionato a Bersani: farà il gover- no se dimostrerà di avere i voti necessari al Senato. E’ una scelta per molti aspetti obbligata. Appare quasi certo che il segretario Pd non abbia le condizioni per farcela. Quello che succederà dopo non è dato saperlo. Solo il Pdl invoca un governo di coalizione. Lo fa per un duplice calcolo. Se la proposta passa alzerà il prezzo per assicurare al suo leader l’impunità, se falli- sce potrà presentarsi alle elezioni come forza responsabile che ha a cuore le sorti del paese, puntando a lucrare voti su tale immagine. Per contro il Pd non può allearsi con il Pdl, anche se più di uno al suo interno lo vorrebbe. D’Alema l’ha confessato alla riunione di direzione, ma non si può. La presenza di Berlusconi non lo consente, pena rassegnarsi ad un lento, ma poi non tanto, declino. D’altro canto con cinismo, ma con una logica compren- sibile, il Movimento 5 stelle, non può votare un governo quale che sia, pena contraddire “l’arrendetevi, siete circonda- ti” e perdere la credibilità conquistata come forza antisistema. Da ciò le formule strane: governo di minoranza che si cerca la maggioranza in parlamento, governo di scopo oppure governo del presidente. Difficile che si possa andare al voto a breve. Napolitano non può sciogliere il Parlamento, verrà sostituito dopo il 15 aprile e il nuovo pre- sidente entrerà in carica solo dopo il 15 maggio. A meno di non votare a luglio è risibile che le elezioni si possano fare prima dell’autunno. Uno straccio di governo quindi alla fine nascerà, almeno per varare una legge elettorale senza la quale il rischio è che il risultato del 23-24 febbraio si ripeta e certifichi in modo ine- quivocabile la crisi del sistema; svolto tale compito si potrà tornare a votare. Due riflessioni, comunque, sono opportu- ne. La prima è che i cittadini sono preoc- cupati per il loro futuro e vorrebbero un governo destinato a durare almeno qual- che anno; la seconda è che avanza nei confronti dell’establishment politico, ban- cario, finanziario, tecnocratico, manage- riale un odio inestinguibile che si riflette nel voto ai 5 stelle e che non sembra esse- re un dato transeunte, destinato ad esau- rirsi in qualche mese. La situazione non è priva di rischi. Si sot- tovaluta quanto è avvenuto tra il novem- bre-dicembre 2011 e il febbraio 2013. La scelta del Presidente Napolitano di non andare ad elezioni, ma di promuovere un governo tecnico, ricattando l’insieme del sistema politico, in realtà ha provocato una torsione fortissima del sistema, modi- ficando la costituzione materiale della Repubblica. Per dirla con Marco Revelli Napolitano ha nei fatti mutuato dalla Costituzione della Repubblica di Weimar l’articolo 48, quel- lo sullo stato di emergenza, per cui il Presidente della Repubblica aveva la possi- bilità di intervenire e di sospendere molti diritti politici e civili. Tale articolo aveva fatto affermare a Carl Schmitt - eminente giurista nazista - che la sovranità era nelle mani di chi aveva la possibilità di decreta- re lo stato d’emergenza. Nel caso italiano l’arbitro è divenuto il sovrano ed ha assunto come referenti le tecnocrazie, le élite nazionali ed europee. Tecnicamente si potrebbe definire una sorta di colpo di Stato pulito. Il problema è che tale eve- nienza può ripetersi sotto l’urto della crisi economica e degli effetti speculativi che l’incertezza politica mette in moto. Certo l’epilogo inglorioso del governo Monti - ultimo caso la vicenda dei due marò che prima si rifiuta di rispedire in India e poi vengono rimandati nel subcontinente asiatico - depotenzia la portata del feno- meno, ma c’è da attendersi nuove forzatu- re destinate ad aggravare la crisi ormai endemica del sistema istituzionale. D’altro canto appare evidente che la sini- stra fa finta di aver capito, ma in realtà non ha affatto compreso la lezione degli elettori. Il Pd si dimena cercando di sfug- gire alla realtà. Un esempio sono le con- clusioni di Bottini al direttivo regionale umbro a proposito delle amministrative del prossimo anno, in cui salomonica- mente si confermano le alleanze tradizio- nali, raccogliendo beninteso il segnale del voto. Le ricette politiche, poi, sono le stesse: diminuire a tutti costi la spesa pub- blica e rivedere il welfare. Dove sta la novità? La sinistra-sinistra è morta. Né in sede nazionale né regionale si registrano reazio- ni. Non un’assemblea di valutazione del voto promossa da Rivoluzione civile o da Sel. Dichiarazioni allineate e coperte di Vendola, condite semmai dal dolore delle persone, dalla tragedia sociale, ecc. In altre epoche avremmo promosso noi un’assemblea sui risultati elettorali, ma nella situazione attuale la contesa elettora- le non è alla portata della sinistra-sinistra e non vale la pena di discuterne se non per autoflagellarsi. Serve anche a poco rivendicare che “l’avevamo detto”. E’ utile, invece, discutere sulla prospettiva, ed abbiamo l’intenzione di farlo, promuo- vendo occasioni di dibattito. Nel frattem- po - lo diciamo ai compagni smarriti e depressi, non certo ai loro dirigenti che continuano ad aggirarsi, inutili morti viventi, in assessorati ed assemblee elettive - “calma e gesso”. Se non si cercano scor- ciatoie forse è possibile ricominciare a fare politica. commenti Prete traditore Il sorpasso Uno e bino L’acqua coi canestri Tutti insieme appassionatamente Villa Palma d’oro Elaborazione del lutto 2 politica Il destino di un Presidente 3 di Renato Covino Stato e classe nel capitalismo maturo 4 di Roberto Monicchia Guerra d’acciaio di Fabrizio Ricci Nel baratro 5 di Miss Jane Marple Voti alle stelle 6 di Franco Calistri dossiercinquestelle Le cicale e il Grillo 7 Per cominciare. Rifuti zero 8 di Marco Vulcano La rete non basta 9 di S.D.C. Basta alle deleghe in bianco 10 di Matteo Aiani società Veleni e vergogne di P.L. Il venticello malizioso soffia ancora 11 di Camilla Todini Edilizia insostenibile 12 di Anna Rita Guarducci cultura La spinta morale della cultura 13 di Salvatore Lo Leggio Lo sguardo sugli altri 14 di Alessandro Portelli Weimar senza principe 15 di Roberto Monicchia Libri e idee 16 marzo 2013 - Anno XVIII - numero 3 in edicola con “il manifesto” Euro 0,10 mensile umbro di politica, economia e cultura copia omaggio mensile umbro di politica, economia e cultura in edicola con “il manifesto” La terra dei cachi ra prevedibile che l’elezione del nuovo Papa, che ha scelto di chia- marsi Francesco, riaccendesse l’or- goglio umbro. D’altronde in una regione che fatica sempre di più a darsi una identità che, come periodicamente confermano diversi indicatori economici, sente più delle altre i morsi della crisi, ci si attacca a tutto, anche al nome scelto da un gesuita che, come egli stesso ha dichiarato, viene dalla “fine del mondo”. L’ultimo rapporto econo- mico e sociale dell’Aur, presentato pochi giorni fa, ci racconta una regione che ha perso il carattere della “medianità”, allonta- nandosi dal modello rappresentato da Marche e Toscana, e che scivola sempre più verso sud: -1,7% la perdita reale di Pil all’anno nel periodo 2008-2011; -1,4% annua la contrazione dei consumi delle famiglie, con il 2011 che è stato l’anno più tragico. Dal punto di vista produttivo al continuo calo del manifatturiero corrispon- de la tenuta del terziario non avanzato: turismo e commercio. Della disoccupazione crescente, meglio tacere. Analoghe indica- zioni provengono dal rapporto trimestrale delle Camere di commercio di Perugia e Terni relativo a fine 2012. Ora, che c’entra tutto questo con il Papa? C’entra, nel senso che da più parti, in que- sti giorni, si sono levate voci di gaudio sulla possibilità di sfruttare l’inaspettata occasio- ne per incrementare il turismo religioso in Umbria. E i nostri politici e amministratori hanno subito rimodellato il loro lessico su quello papale e “accoglienza” è diventata, d’un tratto, la parola più pronunciata. A godere di più, guarda caso, sono stati i pro- motori della candidatura di “perugiassisi“ a capitale della cultura 2019, sindaci in testa, che già sognano moltitudini di pellegrini. Utili idioti con cui rimpinguare le vuote casse pubbliche. Buoni a coprire i buchi del minimetrò e dell’aeroporto di cotanto nome. Senza offendere il sentimento reli- gioso di tanti, che pure non ci appartiene, guardiamo con una certa preoccupazione allo scenario che si prospetta. Non vorrem- mo che per rilanciare l’Umbria qualcuno pensasse sul serio di farne, tornando ad un oscuro passato, la terra dei Papi. Intanto assomiglia sempre di più, come cantava qualcuno, alla “terra dei cachi”. E N Calma e gesso

Calma e gesso La terra de ica h€¦ · non può sciogliere il Parlamento, verrà sostituito dopo il 15 aprile e il nuovo pre - sidente entrerà in carica solo dopo il 15 maggio

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Page 1: Calma e gesso La terra de ica h€¦ · non può sciogliere il Parlamento, verrà sostituito dopo il 15 aprile e il nuovo pre - sidente entrerà in carica solo dopo il 15 maggio

apolitano ha dato l’incarico con-dizionato a Bersani: farà il gover-no se dimostrerà di avere i voti

necessari al Senato.E’ una scelta per molti aspetti obbligata.Appare quasi certo che il segretario Pdnon abbia le condizioni per farcela.Quello che succederà dopo non è datosaperlo. Solo il Pdl invoca un governo dicoalizione. Lo fa per un duplice calcolo.Se la proposta passa alzerà il prezzo perassicurare al suo leader l’impunità, se falli-sce potrà presentarsi alle elezioni comeforza responsabile che ha a cuore le sortidel paese, puntando a lucrare voti su taleimmagine. Per contro il Pd non puòallearsi con il Pdl, anche se più di uno alsuo interno lo vorrebbe. D’Alema l’haconfessato alla riunione di direzione, manon si può. La presenza di Berlusconi nonlo consente, pena rassegnarsi ad un lento,ma poi non tanto, declino. D’altro cantocon cinismo, ma con una logica compren-sibile, il Movimento 5 stelle, non puòvotare un governo quale che sia, penacontraddire “l’arrendetevi, siete circonda-ti” e perdere la credibilità conquistatacome forza antisistema.Da ciò le formule strane: governo diminoranza che si cerca la maggioranza inparlamento, governo di scopo oppuregoverno del presidente. Difficile che sipossa andare al voto a breve. Napolitanonon può sciogliere il Parlamento, verràsostituito dopo il 15 aprile e il nuovo pre-sidente entrerà in carica solo dopo il 15

maggio. A meno di non votare a luglio èrisibile che le elezioni si possano fareprima dell’autunno. Uno straccio digoverno quindi alla fine nascerà, almenoper varare una legge elettorale senza laquale il rischio è che il risultato del 23-24febbraio si ripeta e certifichi in modo ine-quivocabile la crisi del sistema; svolto talecompito si potrà tornare a votare.Due riflessioni, comunque, sono opportu-ne. La prima è che i cittadini sono preoc-cupati per il loro futuro e vorrebbero ungoverno destinato a durare almeno qual-che anno; la seconda è che avanza neiconfronti dell’establishment politico, ban-cario, finanziario, tecnocratico, manage-riale un odio inestinguibile che si riflettenel voto ai 5 stelle e che non sembra esse-re un dato transeunte, destinato ad esau-rirsi in qualche mese.La situazione non è priva di rischi. Si sot-tovaluta quanto è avvenuto tra il novem-bre-dicembre 2011 e il febbraio 2013. Lascelta del Presidente Napolitano di nonandare ad elezioni, ma di promuovere ungoverno tecnico, ricattando l’insieme delsistema politico, in realtà ha provocatouna torsione fortissima del sistema, modi-ficando la costituzione materiale dellaRepubblica. Per dirla con Marco Revelli Napolitano hanei fatti mutuato dalla Costituzione dellaRepubblica di Weimar l’articolo 48, quel-lo sullo stato di emergenza, per cui ilPresidente della Repubblica aveva la possi-bilità di intervenire e di sospendere molti

diritti politici e civili. Tale articolo avevafatto affermare a Carl Schmitt - eminentegiurista nazista - che la sovranità era nellemani di chi aveva la possibilità di decreta-re lo stato d’emergenza. Nel caso italianol’arbitro è divenuto il sovrano ed haassunto come referenti le tecnocrazie, leélite nazionali ed europee. Tecnicamentesi potrebbe definire una sorta di colpo diStato pulito. Il problema è che tale eve-nienza può ripetersi sotto l’urto della crisieconomica e degli effetti speculativi chel’incertezza politica mette in moto. Certol’epilogo inglorioso del governo Monti -ultimo caso la vicenda dei due marò cheprima si rifiuta di rispedire in India e poivengono rimandati nel subcontinenteasiatico - depotenzia la portata del feno-meno, ma c’è da attendersi nuove forzatu-re destinate ad aggravare la crisi ormaiendemica del sistema istituzionale.D’altro canto appare evidente che la sini-stra fa finta di aver capito, ma in realtànon ha affatto compreso la lezione deglielettori. Il Pd si dimena cercando di sfug-gire alla realtà. Un esempio sono le con-clusioni di Bottini al direttivo regionaleumbro a proposito delle amministrativedel prossimo anno, in cui salomonica-mente si confermano le alleanze tradizio-nali, raccogliendo beninteso il segnale delvoto. Le ricette politiche, poi, sono lestesse: diminuire a tutti costi la spesa pub-blica e rivedere il welfare. Dove sta lanovità? La sinistra-sinistra è morta. Né in sedenazionale né regionale si registrano reazio-ni. Non un’assemblea di valutazione delvoto promossa da Rivoluzione civile o daSel. Dichiarazioni allineate e coperte diVendola, condite semmai dal dolore dellepersone, dalla tragedia sociale, ecc. Inaltre epoche avremmo promosso noiun’assemblea sui risultati elettorali, manella situazione attuale la contesa elettora-le non è alla portata della sinistra-sinistrae non vale la pena di discuterne se nonper autoflagellarsi. Serve anche a pocorivendicare che “l’avevamo detto”. E’utile, invece, discutere sulla prospettiva,ed abbiamo l’intenzione di farlo, promuo-vendo occasioni di dibattito. Nel frattem-po - lo diciamo ai compagni smarriti edepressi, non certo ai loro dirigenti checontinuano ad aggirarsi, inutili mortiviventi, in assessorati ed assemblee elettive- “calma e gesso”. Se non si cercano scor-ciatoie forse è possibile ricominciare a farepolitica.

commentiPrete traditore

Il sorpasso

Uno e bino

L’acqua coi canestri

Tutti insieme appassionatamenteVilla Palma d’oroElaborazione del lutto 2

politicaIl destino di un Presidente 3di Renato Covino

Stato e classe nel capitalismo maturo 4di Roberto Monicchia

Guerra d’acciaio di Fabrizio Ricci

Nel baratro 5di Miss Jane Marple

Voti alle stelle 6di Franco Calistri

dossiercinquestelleLe cicale e il Grillo 7Per cominciare. Rifuti zero 8di Marco Vulcano

La rete non basta 9di S.D.C.

Basta alle deleghein bianco 10di Matteo Aiani

societàVeleni e vergogne di P.L.

Il venticello malizioso soffia ancora 11di Camilla Todini

Edilizia insostenibile 12di Anna Rita Guarducci

culturaLa spinta moraledella cultura 13di Salvatore Lo Leggio

Lo sguardo sugli altri 14di Alessandro Portelli

Weimar senza principe 15di Roberto Monicchia

Libri e idee 16

marzo 2013 - Anno XVIII - numero 3 in edicola con “il manifesto” Euro 0,10

mensile umbro di politica, economia e cultura

copia omaggio

mensile umbro di politica, economia e cultura in edicola con “il manifesto”

La terradei cachi

ra prevedibile che l’elezione delnuovo Papa, che ha scelto di chia-marsi Francesco, riaccendesse l’or-

goglio umbro. D’altronde in una regioneche fatica sempre di più a darsi una identitàche, come periodicamente confermanodiversi indicatori economici, sente più dellealtre i morsi della crisi, ci si attacca a tutto,anche al nome scelto da un gesuita che,come egli stesso ha dichiarato, viene dalla“fine del mondo”. L’ultimo rapporto econo-mico e sociale dell’Aur, presentato pochigiorni fa, ci racconta una regione che haperso il carattere della “medianità”, allonta-nandosi dal modello rappresentato daMarche e Toscana, e che scivola sempre piùverso sud: -1,7% la perdita reale di Pilall’anno nel periodo 2008-2011; -1,4%annua la contrazione dei consumi dellefamiglie, con il 2011 che è stato l’anno piùtragico. Dal punto di vista produttivo alcontinuo calo del manifatturiero corrispon-de la tenuta del terziario non avanzato:turismo e commercio. Della disoccupazionecrescente, meglio tacere. Analoghe indica-zioni provengono dal rapporto trimestraledelle Camere di commercio di Perugia eTerni relativo a fine 2012. Ora, che c’entra tutto questo con il Papa?C’entra, nel senso che da più parti, in que-sti giorni, si sono levate voci di gaudio sullapossibilità di sfruttare l’inaspettata occasio-ne per incrementare il turismo religioso inUmbria. E i nostri politici e amministratorihanno subito rimodellato il loro lessico suquello papale e “accoglienza” è diventata,d’un tratto, la parola più pronunciata. Agodere di più, guarda caso, sono stati i pro-motori della candidatura di “perugiassisi“ acapitale della cultura 2019, sindaci in testa,che già sognano moltitudini di pellegrini.Utili idioti con cui rimpinguare le vuotecasse pubbliche. Buoni a coprire i buchi delminimetrò e dell’aeroporto di cotantonome. Senza offendere il sentimento reli-gioso di tanti, che pure non ci appartiene,guardiamo con una certa preoccupazioneallo scenario che si prospetta. Non vorrem-mo che per rilanciare l’Umbria qualcunopensasse sul serio di farne, tornando ad unoscuro passato, la terra dei Papi. Intantoassomiglia sempre di più, come cantavaqualcuno, alla “terra dei cachi”.

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isitando il quarto piano delBroletto dove si è consu-mata la tragedia che il 6

marzo scorso è costata la vita aDaniela Crispolti e MargheritaPeccati, per mano dell’imprendi-tore omicida-suicida AndreaZampi, il segretario della CgilSusanna Camusso ha lamentatoche “non è emersa la solidarietàche ci saremmo aspettati per levittime che stavano facendo ilproprio lavoro”. Ed ha aggiunto:“E’ per questo che occorre ragio-nare insieme per cercare di riequi-librare il giudizio del Paese rispet-to ai lavoratori pubblici”. Neigiorni seguenti alla strage ci ècapitato di ascoltare in autobus undialogo del seguente tenore:“Poverette che fine hanno fatto!”“Certo che quello lì poteva pren-dersela con l’Assessore…” “Solo?Avrebbe fatto bene ad andare inconsiglio regionale e farli fuoritutti quei ladri!”. Forse le cose nonstanno proprio come le vedeCamusso, nel senso che il disprez-zo e l’odio per “la casta” sono benpiù forti del discredito di cui sof-frono i dipendenti pubblici. O,

meglio, il secondo è diretta conse-guenza dei primi. D’altronde il presidente dellalocale sezione della Corte deiConti Alberto Avoli, alla vigiliadella inaugurazione dell’anno giu-diziario, ha confermato, se mai vene fosse stato bisogno, l’immaginedi un sistema pubblico regionaleben poco virtuoso. Se è vero che lapovertà di risorse presenti sul ter-ritorio determina l’assenza digrandi fenomeni di corruzione, siè comunque consolidata neltempo una deprecabile praticaclientelare, accettata da chi nebeneficia e sempre più mal sop-portata da chi ne è escluso. Le risposte della politica non sisono fatte attendere. La presidenteMarini, presente il giorno seguen-te alla inaugurazione, ha replicatoalle accuse, difendendo l’operatodella pubblica amministrazione,impegnata - a suo dire - a garanti-re ai cittadini l’erogazione dei ser-vizi essenziali nonostante i ripetutitagli. Dal canto suo Boccali, cheha preferito disertare la manifesta-zione, in qualità di presidentedell’Anci umbra, ha riposto per

lettera, dichiarando inaccettabilela tesi che le cose in Umbriavanno “benino” solo perché man-cano i grandi appalti. Ecco noi pensiamo che con que-sto genere di risposte non si vadada nessuna parte. Se nelle ore aridosso della tragedia la levata discudi e, soprattutto, la difesa deidipendenti, prima ancora chequella del sistema, è apparsa natu-rale, quasi doverosa, ci aspettiamomolto di più per il futuro. Ciattendiamo una riflessione seriache ponga al centro non solo enon tanto la questione del malaf-fare, quanto piuttosto la necessitàdi una profonda riforma del siste-ma che garantisca ai cittadiniquella efficienza e trasparenza chea gran voce richiedono. Solo inquesto modo il rapporto tra i cit-tadini e la pubblica amministra-zione potrà essere recuperato. Soloin questo modo le colleghe e i col-leghi di Daniela e Margherita, chele hanno viste morire sotto i loroocchi e che oggi sono costretti aricorrere al supporto di una équi-pe di psicologi, potranno elabora-re il lutto. E tutti noi con loro.

Tutti insiemeappasionatamente

i è tenuta il 14 marzo scorso a Terni la cerimo-nia d’inaugurazione della via intitolata alle“Vittime delle foibe”, promossa dall’ammini-

strazione municipale. Presenti l’assessore alla toponoma-stica Marco Malatesta, il vicepresidente del consigliocomunale Carlo Orsini, Casapound e l’Anpi. Tutti inpace sotto allo stesso drappo, fortemente voluto dall’al-lora rappresentanza comunale di An. Il vicepresidentedell’Anpi ternana, Fulvio Pellegrini, esprime in uncomunicato la “netta e ferma condanna degli ispiratori,dei mandanti e degli esecutori dei delitti ed onora tuttele vittime delle foibe istriane”. Una decisa condannadella resistenza jugoslava all’aggressione dell’Italia fascistaa cui si aggiunge - quasi per tradizione - quella del fasci-smo e del nazismo. Orsini può ben parlare di “un climapolitico che col passare degli anni si è liberato dialcune scorie, fino a raggiungere una visione storica piùlucida e obiettiva”. Pare di capire, dunque, che il rifiutodi equiparare la vicenda delle foibe ai massacri del nazi-fascismo sia un retaggio di cui liberarsi e che il forte sen-timento antifascista di una città come Terni sia destinatoa morire assieme alla memoria storica degli ultimi parti-giani in vita. Certo è che la sezione ternana costituisceuna grande, vergognosa eccezione rispetto all’Anpinazionale. Come scrive in un comunicato la ReteTernana Antifascista, l’Anpi “nella nostra città sembraessere la cinghia di trasmissione delle decisioni istituzio-nali, […] più che affermare i valori della resistenza e lalotta contro il nazifascismo apre a bieche operazioni diribaltismo e di revisionismo storico di matrice nazionali-sta”.

Villa Palma d’oroa cinquecentesca villa degli Spada sembra esse-re il grimaldello per realizzare a Terni una delleoperazioni immobiliari più rilevanti degli ulti-

mi anni. La partita si gioca su due tavoli che si intende

unificare. Il primo è Villa Palma, finita nel classicogroviglio societario: acquistata nel 2007 per 4,9 milio-ni di euro da Spoleto credito e servizi - holding checontrolla Bps - attraverso una sua controllata, Scsgestioni immobiliari, che a sua volta controllaProgresso Holding, proprietaria di Villa Palma edautorizzazioni. Il secondo afferisce ai tre lotti diMaratta di cui è proprietaria Edilstart, controllata daProgresso Holding. Agli inizi Villa Palma doveva essere la sede di un cen-tro di ricerca europeo sul cancro che opera a Marattacon magri finanziamenti. Il tempo trascorre, cala l’o-blio, le condizioni della villa peggiorano e si apre unlungo contenzioso giudiziario fra Scs e l’impresa edile3C Costruzioni che blocca ogni intervento. La conclusione il 26 ottobre 2012 con la liquidazionedella 3C.Di lì a poco Villa Palma torna sul mercato con unpiano già approvato: gli acquirenti restaurano villa eparco per riconsegnarli alla città, in cambio di una lot-tizzazione già approvata per 40mila mc (area residen-ziale di 20mila mq, centro sportivo, palazzetto dellosport, interventi di viabilità e opere di urbanizzazio-ne). L’intento è di rendere il progetto ancora più appe-tibile, così Scs inserisce in un unico pacchetto, VillaPalma ed i tre lotti commerciali di Maratta per la rea-lizzazione del centro direzionale-commerciale di30mila mq, dove sorgeranno Decathlon, Pittarello edun’altra attività ancora ignota. La richiesta totale pare sia di 9 milioni e la trattativacon la holding di Gaetano Malavolta è ben avviata,tanto che l’imprenditore marchigiano incontra ancheil sindaco Di Girolamo. Il primo passo è del 28dicembre 2012: Bps concede a Malavolta un contocorrente ipotecario di 1,8 milioni per l’acquisto pro-prio della Edilstart. La Soprintendenza tuona per la tutela della villa, iprogetti suscitano rilievi, ma l’assessore all’urbanisticaMalatesta glissa. Infatti, si insiste su una zona,Maratta-via Bramante, già congestionata dal traffico egli edifici da costruire a Villa Palma, di oltre duepiani, cozzano con le prescrizioni per le zone pede-montane. Bisogna fare presto, le concessioni d’oro per icentri commerciali scadono, mentre Villa Palma puòattendere.

Prete traditoreClamoroso: don Matteo, l’improbabile prete investigatore interpreta-to da Terence Hill lascia Gubbio con la sua bicicletta e pedala allavolta di Spoleto, nuova location della nona stagione della fiction.Salvo ripensamenti dell’ultima ora così ha deciso Matilde Bernabeidella società produttrice Lux Vide, dopo una serie di incontri conamministratori e associazioni spoletine. L’ennesima tegola peril distratto sindaco di Gubbio Guerrini, troppo impegnato a risolvereil puzzle della sua giunta. Soddisfazione per i locali carabinieri chemal sopportavano la quotidiana invadenza del prete.Preoccupazione in Regione per il pericoloso focolaio che può provo-care l’ennesima guerra di campanile.

Il sorpassoSecondo uno studio del professor Emanuele Padovanidell’Università di Bologna, realizzato per la banca dati Aida dellapubblica amministrazione, Terni occupa il decimo posto tra le cittàpiù indebitate d’Italia con 2078 euro di debito pro capite. La pocoinvidiabile classifica è guidata da Parma con 4.684 euro seguita daTorino con 4.575 euro. Finalmente un sorpasso nei confronti diPerugia.

Uno e binoSuccesso a Foligno per il Ciac, Centro Italiano Arte Contemporaneavoluto dalla ex governatrice Lorenzetti e alla cui direzione artisticasiede l’avvocato Italo Tomassoni. La recente mostra del fotografoEdward Weston ha registrato più di 3 mila presenze in soli duemesi, più di quelli che visitano annualmente i musei Burri di Città diCastello. Singolare molteplicità di ruoli giocati in commedia dalnostro: come se un allenatore allenasse contemporaneamenteRoma e Lazio o Milan e Inter. Dato che Tomassoni siede anche nelconsiglio della Fondazione Burri, sono in molti a sperare che dopoaver promosso l’arte a Foligno si ricordi di promuoverla anche aCittà di Castello dove da anni è conosciuto principalmente come“impegnatissimo” avvocato della Fondazione.

L’acqua coi canestriAvvertendo la situazione di grave crisi, il consigliere comunaleClaudio Bazzarri annuncia la propria iscrizione al Pd, tornando all’ori-gine dopo varie peripezie a sinistra. Bazzarri deve essersi ricordatodi una sua famosa espressione, usata molti anni fa per commenta-re una (altra) sconfitta elettorale del Pci: “Arcogliemo l’acqua coicanestri”. Evidentemente l’acqua sale ancora, e si cerca di saliresulla barca più solida. Sarà un calcolo giusto?

AmmonitaNel travagliato esordio parlamentare del M5S uno spazio se lo èguadagnato anche l’umbra Tiziana Ciprini. Nell’ansia di comunicareai grillini umbri il nome di Roberto Fico come candidato alla presi-denza della Camera ha diffuso la notizia prima del Grande FratelloSupremo. Ovviamente è stata bacchettata. Poi oscurata da quei par-lamentari che hanno votato Grasso senza autorizzazione. Ma un car-tellino giallo nei primi minuti di gioco condiziona le prestazioni deimigliori giocatori. Occhio al rosso.

Previsione azzardataEntusiasmo umbro per l’elezione del “papa nero”, il gesuitaBergoglio, al seggio di Pietro. Dalla governatrice Marini ai sindaci,dalle parrocchie ai francescani del Sacro Convento di Assisi è tuttoun osanna per Francesco. Neanche una parola di conforto per la sfil-za di bischerate del vaticanista folignate del “Corriere dell’Umbria”che prima ha chiesto alla colomba dello spirito santo di indicareGiuseppe Detori come papa, pur sapendolo italiano e cardinale soloda un anno, poi alla colomba del campanile della cattedrale locale diistituire un comitato trasversale per sostenere il folignate Betori. Sivede che lo spirito santo era distratto.

il piccasorci

2comme n t imar zo 2013

Il piccasorci - pungitopo secondo lo Zingarelli - é un modesto arbusto che a causa delle sue foglie duree accuminate impedisce, appunto, ai sorci di risalire le corde per saltare sull’asse del formaggio. Larubrica “Il piccasorci”, con la sola forza della segnalazione, spera di impedire storiche stronzate e,ove necessario, di “rosicare il cacio”.

il fatto

Elaborazione del lutto

V

S

L

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eorges Simenon non è solo l’inven-tore del commissario Maigret, ma èanche un raffinato scrittore di

romanzi non polizieschi. Tra questi ultimi cen’è uno che si intitola Il Presidente.L’atmosfera del romanzo cumula la sacralitàdel ruolo che il protagonista custodisce unavolta ritiratosi dalla politica e la malinconiaper la consapevolezza della fine imminente.Si dice che l’ispiratore della storia diSimenon fosse Georges Clemenceau che dadeputato di estrema sinistra radical-socialistatrasmigrò verso posizioni più moderate e,divenuto ministro dell’interno, represse conenergia gli scioperi operai del 1906. Dal1917 fu presidente di un gabinetto di guerrasegnalatosi per la durissima repressione diogni velleità pacifista e d’ogni ipotesi di “tra-dimento” e gestì la pace di Versailles.Clemenceau si ritirò dalla vita politica a 79anni nel 1920, dopo essere stato sconfittonelle elezioni per la presidenza dellaRepubblica francese. Alla stessa età, mesepiù mese meno, invece, Giorgio Napolitanoviene eletto Presidente della Repubblica ita-liana. Il soprannome del politico franceseera “la tigre”, quello di Napolitano è “ilmolle”. Tuttavia, a parte le differenze, a finecorsa entrambi sono storicamente deglisconfitti. Clemenceau impose alla Germaniacondizioni di pace durissime che aprirannola porta al secondo conflitto mondiale.Napolitano - più modestamente - si è fattogarante di un sistema politico corrotto e aldeclino, ergendosi a suo puntello in nomedi un’Europa piegata alle ideologie liberiste ealla pratiche diplomatiche e tecnocraticheche ne hanno segnato la nascita e il percor-so.

Un comunista “atipico”?Napolitano ha compiuto i primi passi dellasua carriera politica sotto l’egida di SalvatoreCacciapuoti, il segretario stalinista dellaFederazione partenopea del Pci, e, soprattut-to, di Giorgio Amendola. Non gli si cono-scono strappi. E’ accurato, diligente e,soprattutto, cauto. Nel 1956 afferma che icarri armati sovietici avevano represso la sol-levazione operaia ungherese per difendere lalibertà. Dopo la morte di Togliatti e l’elezio-ne di Longo a segretario dopo l’XI congresso- quello dello scontro con Ingrao, accusatodi usare il dissenso per mettere in discussio-ne l’unità del gruppo dirigente - divienecoordinatore della segreteria e membrodell’Ufficio politico. Sembra destinato a suc-cedere a Longo, ma al XII congresso gliverrà preferito come vicesegretario con pienipoteri Enrico Berlinguer. Ciò non toglie checontinui la sua carriera nel Pci anche senzacompiti direttamente operativi.

Dalla destra comunista al migliorismoIl punto di svolta è la morte di GiorgioAmendola. Napolitano eredita il ruolo dicapo della destra del Pci, quella che puntaalla socialdemocratizzazione del partito,all’ingresso nell’Internazionale socialista, abuoni rapporti con il Psi craxiano, allaresponsabilità nei confronti dell’interessenazionale, che significa moderazione salaria-le, rinuncia ai diritti acquisiti dai lavoratori(considerati insopportabile massimalismo

“operaistico”), rifiuto della “diversità” ber-lingueriana e della questione morale. E’ inquesto periodo che comincia ad affermarsi,in riferimento alla destra comunista, il ter-mine migliorista, che designa chi accetta ilcapitalismo come è, senza metterlo indiscussione, proponendosi al più di miglio-rarlo. La scelta di avvicinamento al Psi si esaurisceper due motivi. Il primo è il crollo del murodi Berlino e la decisione di Occhetto dicambiare nome al partito: il segretario pensache se il comunismo è fallito anche le politi-che socialdemocratiche sono in crisi. Ilsecondo è determinato nel 1992-1993 datangentopoli, con l’incriminazione, la lati-tanza e la condanna di Craxi e la sparizionedel Psi. Il termine socialista e socialdemocra-tico non hanno, almeno in Italia, più corso.A poco serve la costituzione della correnteriformista del Pds, di cui Napolitano è for-malmente il capo. Non ci crede neppure luie, del resto, la sua natura non gli rende con-geniali posizioni decise, come sempre prefe-risce lavorare per linee interne, evitando rot-ture. Proprio in quegli anni un suo sodale,Napoleone Colajanni, esprimerà su di lui ungiudizio tranchant: “Il coraggio non sa nem-meno dove sta di casa”. Più tardi risulteràchiaro che neppure il socialismo democrati-co soddisfa più l’ansia revisionista diNapolitano, che rapidamente virerà verso unliberalismo di stampo progressista, disponi-bile a discutere con i moderati ed i conserva-tori, assumendo come suo maestro IsaiahBerlin. Lo spiega efficacemente a PaoloFranchi, biografo del presidente, RinoFormica, che attribuisce a Napolitano un’at-

titudine presente nella nomenclatura del Pcisecondo cui “l’inflessibilità del comunistaconsiste nella capacità di oscillare allo stessoritmo della linea del partito”. Non basta.Formica si domanda: “E quando non cisono più né la linea né il partito, come fa adoscillare un figlio dell’aristocrazia intellet-tuale napoletana, di formazione crociana,togliattiano di destra più ancora che amen-doliano? Gli restano due ancoraggi soltanto,ma molto forti. Il primo se lo è conquistatoin prima persona, sulla scia di GiorgioAmendola: ed è l’Europa. Quanto al secon-do, […] almeno in parte glielo ha lasciato ineredità […] Palmiro Togliatti: ed è il costitu-zionalismo liberale”.

Il Presidente E’ alla luce di questi presupposti che va lettoil settennato appena trascorso. A Napolitanola socialdemocrazia non basta, bisogna arre-trare ancora e tornare al liberalismo. Ciòspiega, in linea di continuità con il suo pas-sato, l’ansia di unità ideale tra le diverseforze politiche, l’ossessione delle forme che

spesso lo opporrà a Silvio Berlusconi, cui siaggiunge la rivalutazione di Craxi nel 2009:a suo dire il segretario socialista non puòessere giudicato alla luce delle sue vicendegiudiziarie, ma va considerato un grande,lungimirante, leader politico. La sua praticadi cerchiobottista è confermata già neldiscorso di insediamento, in cui afferma cheva riconosciuto a fondamento della repub-blica il “significativo e decisivo apporto dellaResistenza, pur senza ignorare zone d’om-bra, eccessi e aberrazioni”. L’uomo delRisorgimento cui fa riferimento è il modera-to Cavour. D’altro canto pesa la volontà e laconvinzione che l’Europa vada conservatacosì com’è, subendo anche politiche econo-miche recessive, rispondendo positivamentealle ingiunzioni della Commissione e dellaGermania. L’incarico a Monti e al suogoverno di “tecnici” è dettato da queste con-vinzioni e dall’idea che la sovranità popolarevada indirizzata a sostegno delle élite lungi-miranti e competenti, i veri agenti del cam-biamento o, meglio, dell’equilibrio del siste-ma che è sostanzialmente immodificabile.Da ciò la coazione a ripetere la stagione vis-suta nella sua gioventù, ossia quella dell’u-nità nazionale, indipendentemente dal con-testo in cui si opera. All’interesse nazionale, che coincide con ilrafforzamento dell’Unione europea, vannosacrificati redditi, speranze, garanzie sociali eper far ciò occorre la solidarietà delle mag-giori forze politiche. Peccato che tra esse cisia il partito di Berlusconi; che Monti - mal-grado l’appoggio del Presidente, delle can-cellerie dei principali paesi del continente,delle tecnocrazia europei - lasci un paeseprostrato e immiserito e non sia riuscitonella missione impossibile di rafforzare ilpolo dei moderati, rinunciando a quel ruolodi riserva della Repubblica che Napolitanogli aveva ritagliato addosso; che il Pd - graziealla sua opera oltre che per propri demeriti -sia rimasto a marcire nell’appoggio al gover-no tecnico per quattordici mesi, perdendo leelezioni; che la vittoria della nebulosa 5 stel-le abbia decretato ufficialmente la fine degliequilibri della II repubblica. Ciò nonostanteil Presidente continua a predicare l’unità trale principali forze politiche per il bene delpaese e nelle prossime settimane, ne siamoquasi certi, farà di tutto per proseguire inaltre forme, ma con gli stessi obiettivi l’espe-rienza del Governo Monti. Per fortuna hapoco tempo. Il 15 aprile si voterà per ilnuovo presidente e Napolitano lascerà l’in-carico. Di fronte a chi invoca un suo secon-do mandato ha ragionevolmente invocato leragioni della carta d’identità. E’ vecchio, ègiusto che si riposi e, soprattutto, che smettadi fare danni.

Totale al 23 marzo 2013: 2246 euro

sottoscrivi per micropolis

3 p o l i t i c amar zo 2013

L’incrollabile moderatismo di Giorgio Napolitano

Il destino di un PresidenteRenato Covino

G

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ll’inizio degli anni ‘70,sollecitato da un lato daglieffetti della lunga crescita

economica del dopoguerra, dal-l’altro dalle rivolte “antisistemi-che” che scuotevano dall’interno edall’esterno l’occidente capitalisti-co, il dibattito teorico nella sini-stra si fece molto acceso e grandefu lo sforzo di “aggiornare” lecategorie interpretative del marxi-smo alle trasformazioni dellastruttura del capitalismo contem-poraneo. Non estraneo alla sini-stra storica, tuttavia è nelle mul-tiformi correnti del “marxismooccidentale”, rivitalizzate dal rap-porto coi movimenti e variamentecollegate ai nuovi gruppi dellasinistra rivoluzionaria, che questodibattito è più approfondito e piùlegato alle urgenze politiche.Le lotte di liberazione del terzomondo sollecitano il dibattito sul-l’estensione, la forza e l’eventualecrisi dell’imperialismo; l’irromperedei movimenti studenteschi e diforme inedite di mobilitazioneoperaia generano interminabilidiscussioni sulla definizione delleclassi e dei soggetti rivoluzionari;la crescita del welfare e in generaledel ruolo degli apparati statali èvalutata nella duplice direzione distrumento di integrazione subal-terna e trasformazione della natu-ra dello stato. Le elaborazionidi questo pe-riodo hannoun carattereinconfondibi-le, che oggiappare moltodatato nell’a-nalisi specificae insieme indi-ce di un rap-porto tra ela-borazione eazione politicadi cui si senteun’acutissimamancanza.Esempio tra ipiù importantidi questo di-battito è il la-voro di NicosPo u l a n t z a s ,s o c i o l o g ogreco attivo inFrancia neglianni ‘70, che sisviluppa attor-no a tre nucleidi analisi: ilruolo dello sta-to nel modo di produzione capita-listico, la definizione e l’articola-zione delle classi sociali, l’evolu-zione dell’imperialismo e i suoi

riflessi sugli stati nazionali e sulrapporto centro-periferia.Criticando interpretazioni ridutti-ve di Lenin e seguendo suggestio-ni che da Althusser riconducono aGramsci, Poulantzas approfondi-sce la nozione di classe sociale,rifiutandone una definizione sta-tica e su base esclusivamente eco-nomica e analogamente analizzalo stato nel capitalismo come un

organismo benpiù articolatodi un semplicestrumento didominio. Né leclassi né lo sta-to esistono al-

trimenti che come espressione delmodo di produzione capitalistico.Tuttavia, da un lato il modo diproduzione va visto - secondo lastruttura - come frutto di un’inte-razione tra fattori economici, poli-tici, e ideologici; dall’altro - dalpunto di vista dinamico - occorresottolineare che a ogni modo diproduzione corrispondono secon-do la congiuntura, formazionipolitico-sociali variabili e in equi-librio instabile. Ne deriva che lostato non ha solo il compito didifendere con gli strumentirepressivi e la politica economicail potere di classe dei capita-

listi. Altrettanto importante è ilruolo di riproduzione dei rapportisociali di produzione, sia nell’indi-viduazione delle funzioni, sia nellaloro formazione, sia infine nelgarantire che il funzionamentodella legge del profitto non impe-disca un certo grado di coesionesociale, a sua volta necessaria allariproduzione allargata del mododi produzione. In questo senso,nel capitalismo maturo assumonocrescente importanza gli apparatiideologici e il sistema dell’istruzio-ne, che divengono momenti cru-ciali del conflitto di classe.

Seguendo la mede-sima impostazio-ne, Poulantzas af-fronta la questionedelle classi sociali,la cui definizioneva riferita tanto alprocesso di pro-duzione quanto aquello di riprodu-zione. Non solo èquindi inefficacedefinire le classisolo in base alloro reddito, vaanche superata ladistinzione trasituazione diclasse e posizionedi classe, ovverotra classe in sé eclasse per sé,

attingendo ad unavalutazione chetenga insieme gliaspetti economici,politici e ideolo-gici. Su questabase Poulantzascalibra alcunedefinizioni riferi-

te agli anni ‘70, cogliendo in par-ticolare le contraddizioni propriedelle borghesie nazionali inseritein posizione subalterna nella cate-na internazionalista e l’equipara-zione dei colletti bianchi del ter-ziario moderno alla piccola bor-ghesia tradizionale del commer-cio.Uno spazio specifico è dedicatoall’evoluzione dell’imperialismo,in particolare analizzando il rap-porto tra centro e periferia, equello tra Usa ed Europa. A parti-re dalla seconda guerra mondialela conformazione del capitalismointernazionale vede il prevalere delcapitale monopolistico nei paesidel centro, il cui dominio sullaperiferia avviene sempre di piùattraverso l’esportazione di capita-li piuttosto che di merci. Quantoalle relazioni tra Usa ed Europa, laconstatazione della crescita deicapitali statunitensi nelle impresedel vecchio continente, non portaad aderire alla tesi - sostenuta daPaul Sweezy - della tendenzialenascita di un “superimperialismo”;piuttosto, lo sviluppo generato daicapitali americani in Europaaumenta la concorrenza tra le duesponde dell’Atlantico, nonché gliattriti tra ruolo nazionale e collo-cazione internazionale delle diver-se borghesie.Lo sforzo di andare oltre l’econo-micismo, prendendo in considera-zione anche gli aspetti politici edideologici del sistema capitalistico,tende, all’opposto a caricare, dieccessiva importanza le potenzia-lità di lotta espresse dai movimen-ti: è un limite che Poulantzas con-divide con la maggioranza della“nuova sinistra”, alla ricerca conti-nua di nuovi “soggetti rivoluzio-nari”, che porterà fino al rifiuto oall’indifferenza verso i “rapporti diproduzione”. Sotto questa luce si può leggerel’evoluzione di molti movimentidegli anni ‘70, a cominciare daquello italiano del ‘77, fino allaattuale identificazione tra “cam-biamento” e società civile, consi-derata un unicum senza distinzio-ni interne.D’altra parte questo tipo di letturaha il merito di indicare in anticipoquella tendenza alla frammenta-zione del corpo sociale e al bloccodei meccanismi di integrazioneideologica da parte degli apparatidello stato, che esploderanno contutta la loro forza a seguito dellaristrutturazione capitalistica dopola crisi del 1973, aprendo con-traddizioni e linee di frattura ine-dite, rispetto alle quali la sinistrapolitica si muoverà in perenneritardo.

4p o l i t i c amar zo 2013

Lezioni dalla crisi

Stato e classinel capitalismo maturo

Roberto Monicchia

A

Bibliografia breve

Per un inquadramento generalecfr. Perry Anderson, Il dibattitonel mar xismo occidentale,Roma-Bari 1977; GöranTherborn, Il mar xismo comescienza sociale, in Storia delmarxismo. IV. Il marxismo oggi,Torino 1982, pp. 359-402.Nicos Poulantzas (1936-1979),compiuti gli studi in Grecia, si ètrasferito in Francia dove dal1968 ha insegnato Sociologiaall’Università Parigi VII I .Seguace di Louis Althusser, si èoccupato in particolare del pro-blema dello stato, delle classisociali e delle dittature fascistein Europa (Grecia, Spagna,Por togallo). Tra le sue operevanno ricordate Potere politicoe classi sociali, Roma 1971;Fascismo e dittatura. La TerzaInternazionale di fronte alfascismo, Milano 1971,Classi sociali e capitalismooggi, Milano 1975, Il poterenella società contemporanea,Roma 1979.

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ino a ieri era un tabù;oggi, nel pieno di unacris i economica senza

precedenti, tornare a parlare diintervento pubblico in settoristrategici dell’industria, come lasiderurgia, è possibile. Lo fa datempo, ad esempio, la FiomCgil, e lo fa anche a Terni, dovela siderurgia italiana ha uno deisuoi pezzi pregiati, lo stabilimen-to di viale Brin che produceacciai speciali, già proprietà dellatedesca Thyssen Krupp e attual-mente nelle mani della multina-zionale finlandese Outukumpuche, però, è in procinto di ceder-lo a sua volta.L’Ast, insomma, è a un bivio enelle prossime settimane si deci-derà il suo futuro e quello dimigliaia di famiglie ternane.“Questa non è più una battaglia,questa è la guerra”, ha avvertitoil segretario generale della Fiomdi Terni, Claudio Cipolla, che loscorso 8 marzo ha chiamato araccolta tutti i delegati dellacategoria per un’iniziativa in cuidiscutere del passato, del presen-te e soprattutto del futuro dellas iderurgia nel la Conca.Un’iniziativa articolata, condottadal giornalista Marco Torricelli eospitata in una bella struttura delcentro Caos, spazio culturalericavato dall’ex fabbrica chimicaSiri, un pezzo di quella città nonpiù industriale, che è diventataman mano, anche nel sentire cit-tadino, predominante. Ma atten-zione, ha avvertito nel suo inter-vento Renato Covino, “questaresta una città industriale; lodimostra il fatto che le tantediversificazioni che sono statetentate nel corso degli anni non

sono mai andate a buon fine”. Eal lora, sost iene Covino, o s idifende e si rilancia l’apparatoindustriale (e con esso la “cittàindustriale”, combattendo la cre-scente “sol itudine operaia”)oppure il declino è inevitabile. Ma come si può potenziare unsettore che è sostanzialmentematuro (nell’acciaio le grandiinnovazioni sono già state porta-te)? Bisogna agire sulle verticaliz-zazioni e sulla commercializza-zione dei prodotti. Aspetti che,come ha sottol ineato ancheClaudio Carnieri, presidentedell’Aur, costituiscono una debo-lezza dell’intera struttura produt-tiva dell’Umbria, che vive soprat-tutto di domanda interna, e chequelle esportazioni che riesce afare (ben sotto la media naziona-le) le fa per il 40% grazie proprioall’acciaio ternano. Eppure, laricerca in innovazione nel settoredell’acciaio in Italia è pressochéscomparsa: è qui, secondoCarnieri, che va cambiata strada,tornando ad attrezzarsi perchél’industria e in essa la siderurgia,siano considerati settori realmen-te strategici.Il Piano del lavoro della Cgildell’Umbria ha proprio questoobiettivo - ha osservato LuciaRossi, segretaria regionale delsindacato - e non a caso la que-stione dell’acciaio trova in essouno spazio centrale. Ma la Cgilavverte una grande preoccupa-zione, quella del vuoto politico edell’incertezza sul futuro, che fasì che, mentre gli altri governieuropei si muovono con deter-minazione a difesa dei loro inte-ressi, gli interessi italiani e umbrinon siano invece adeguatamente

protetti.Ecco perché è importante cheanche in questa fase di passaggiola Fiom nazionale incalzi i lgoverno sulla vertenza Terni. “Abbiamo chiesto al ministerodello Sviluppo Economico cheentro la fine di marzo ci convo-chi - ha detto Gianni Venturi,coordinatore nazionale del setto-re siderurgia per la Fiom Cgil - enon per un incontro puramenteinformativo, ma per avere gli ele-menti necessari per poter espri-mere un nostro giudizio fonda-to”. Alla Fiom infatti non piac-ciono le ipotesi che continuano acircolare circa l’interessamentoper il sito ternano di soggetti conscarsa vocazione industriale.Intanto, però, “un risultato loabbiamo portato a casa”, hadetto concludendo l’iniziativa ilsegretario nazionale RosarioRappa, “quello di aver riportatotutti a dire che la siderurgia è unsettore strategico per il Paese,cosa che nell’ultimo ventenniosembrava essere venuta meno”.In questo ambito, in cui peraltrola domanda tiene nonostantetutto, le acciaierie ternane costi-tuiscono, secondo Rappa, un“punto di eccellenza industriale”.“Il fatto è che, nella crisi globale,un grande paese manifatturierocome l’Italia non può sopravvi-vere a spinte e controspinteesterne senza tornare a dotarsi diuna sua propria politica indu-striale efficace e credibile. E’quindi necessario - è la conclu-sione di Rappa e della Fiom -aprire con urgenza una riflessio-ne che sia capace di pensare inmodo esplicito anche a nuoveforme di intervento pubblico”.

5p o l i t i c amar zo 2013

Fiom: il futuro dell’Ast dipende dall’intervento pubblico

Guerra d’acciaioFabrizio Ricci

F

Gli ultimi dati sulla cassa integra-zione in deroga in Umbria sonoimpressionanti. Dall’inizio del2013 le domande delle aziendesono 2.025 a zero ore e 8.200 aorario ridotto. In tutto diecimilalavoratori, per i quali servirebbero11,35 milioni di euro; ciò signifi-ca che in soli 45 giorni sono giàstati bruciati i fondi assegnatiall’Umbria per un trimestre. Perdi più occorre considerare che lerichieste sono attualmente in fasedi istruttoria, in attesa del decretodi ripartizione del Ministero delLavoro. Ciò significa che fino ache i nominativi dei lavoratorinon arriveranno all’Inps, i cassain-tegrati non vedranno un euro.Diecimila lavoratori senza redditofinché il governo non emanerà idecreti attuativi della legge di sta-bilità. Ciò rende la situazioneinsostenibile per il tessuto im-prenditoriale umbro, costituito ingran parte da piccole e medieimprese, che non hanno i requisitiper richiedere ammortizzatorisociali diversi dalla cassa in dero-ga. Nonostante i soldi siano sul piat-to; nonostante le continue solleci-tazioni da tutte le parti sociali,nonostante Fornero avesse conve-nuto a inizio febbraio, con la con-ferenza delle Regioni, di liberare lerisorse previste per gli ammortiz-zatori in deroga, ad oggi siamo difronte al nulla di fatto. Con que-sto atteggiamento il governo si staassumendo una grave responsabi-lità, aumentando l’esasperazionedi chi resta senza reddito e ilrischio di conflitto sociale.Una soluzione è stata trovata: ildenaro degli ammortizzatorisociali che lo Stato tarda a versareai lavoratori lo anticipano le ban-che. E più cassintegrati ci sono,più le banche guadagnano, secon-do una quota che varia secondo iltasso d’interesse fissato da ogniistituto di credito. Per bancaIntesa, ad esempio, la cosiddetta“anticipazione sociale” costa 35euro su un importo di 1.500 euro,per una durata di sette mesi ad untasso annuale del 4,03 per cento.Per Mps il riferimento è l’ Euribora tre mesi (adesso attorno allo0,30%), ma nella realtà il tassoapplicato si decide all’istruttoriadella pratica. In Unicredit, invece,non si riesce ad avere nemmenoun foglietto illustrativo. In ogni caso, in assenza di fidoscattano interessi, a seconda dellebanche, tra il 14 e il 22 per cento.L’anticipazione, come spiega ildettaglio informativo alla clienteladi Intesa, prevede l’apertura di“un conto corrente e di un’apertu-ra di credito per sostenere il lavo-ratore in cigs o in cigd quale anti-cipo delle somme che l’Inps ver-serà”. Un prodotto bancario,insomma, studiato nei dettagli per

lucrare sui ritardi dello Stato. La vicenda risale al 2009, quandol’Associazione bancaria italiana,Confindustria e i sindacati stilaro-no un accordo per “la convergen-za delle azioni ed il rafforzamentodella collaborazione tra gli attorisociali per dare una mano ai lavo-ratori in attesa del pagamentodiretto da parte dell’Inps”. Daallora l’intesa è stata periodica-mente rinnovata e le banche coin-volte anticipano, per un massimodi sette mesi, un’indennità nonsuperiore ai 900 euro mensili,come spiega una nota dell’Abi.Così l’anticipazione sociale, dasupporto dei lavoratori, si sta tra-sformando in un piccolo businessbancario.Per i lavoratori è difficile farefronte ad attese che, al di là deiquattro mesi di coda provocati dalministro del Welfare, possonoarrivare anche a sei mesi per lacassa straordinaria mentre perquella in deroga le tempistichevariano da regione a regione: inUmbria la media è di due mesi.

E d’altra parte i cassintegrati,almeno sulla carta, un lavoro cel’hanno. Stanno sicuramente peg-gio i disoccupati. A questo propo-sito, nella recente drammaticaindagine Istat l’Umbria risultaessere la regione più colpita traquelle del centro nord. Il tasso didisoccupazione della nostra regio-ne arriva, nel quarto trimestre del2012, all’11,4% (in un anno +4,1%), gli occupati diminuisconoda 368 a 362 mila (scompaionoquasi 22 posti di lavoro al giorno)e chi cerca lavoro passa da 26 a 39mila unità.Insomma, per l’occupazioneumbra il 2012 è stato un annodurissimo. E le previsioni per il2013 sono ancora peggiori.Bisogna infatti considerare chel’Istat considera i cassintegratioccupati e proprio dalla scadenzadi molte cig deriva il boom deidisoccupati degli ultimi mesi. Unfenomeno che si farà sentire anchenei prossimi mesi e che, secondole stime, porterà nel 2013 il tassodi disoccupazione umbro tra il12% e il 13%.

Peggiorano i datidell’occupazione in Umbria

Nel baratroMiss Jane Marple

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l 24 e 25 febbraio scorsi poco più del56% del complesso degli elettoriumbri ha confermato la scelta elettora-

le compiuta nel 2008, il resto ha cambiatoopzione, votando per un’altra lista, astenen-dosi, o tornando al voto. Il Movimento 5stelle attrae consensi soprattutto dagli elet-tori che nel 2008 avevano votato per i par-titi di centrosinistra, mentre la lista Montipesca prevalentemente all’interno dell’elet-torato di centrodestra. Si conferma unasostanziale impermeabilità tra i due polimaggiori, centrodestra e centrosinistra, e siassiste ad un interessante fenomeno didisobbedienza elettorale da parte di coloroche nel 2008 avevano votato Idv ed oraoptano per tutte le formazioni politichesalvo per Rivoluzione civile, al cui internosi collocava l’Idv. A differenza del 2008, asinistra fa molto meno presa il meccanismodel voto utile, con Sel e Rivoluzione civileche recuperano consensi nell’elettorato delPartito democratico. Aumenta l’astensioni-smo, ma colpisce soprattutto le forze dicentrodestra. Tra i giovani trionfa Grillo.Questi, in sintesi, i principali risultati del-l’analisi dei flussi elettorali umbri, compiutadal Dipartimento di economia, finanza estatistica dell’Università di Perugia in colla-borazione con l’Agenzia Umbria ricerche.L’indagine non si basa su interviste dirette,come nel caso dei cosiddetti Exit Polls, masull’analisi dei risultati ufficiali, sezione persezione, di un campione ragionato dicomuni (Perugia, Terni, Foligno, Città diCastello, Spoleto ed Orvieto), trattati conmetodi statistici.

Il non voto e il ritorno al votoIl primo dato preso in esame è quello del“partito del non voto”, che indica chi non èandato al seggio, le schede bianche e leschede nulle. Il totale, tra il 2008 ed il2013, è passato da 125.000 a circa 158.000unità. Circa l’80% degli astenuti nel 2008ha continuato ad astenersi nel 2013, con-fermando il partito del non voto comequello a più alto tasso di fedeltà. Si sonopoi aggiunti circa 42.000 nuovi astenuti,provenienti per oltre il 60% dai partiti delcentrodestra (circa 22.000 da Pdl e Lega,4500 da La Destra, Forza nuova, Partitoliberale).L’astensionismo colpisce anche l’Udc, cheperde in questo modo l’8,6% dell’elettora-to 2008 e, in maniera meno accentuata, ilcentrosinistra, con il Partito democratico(al cui risultato è in questa analisi unitoquello del Centro democratico) che lasciaall’astensione il 3,2% del suo elettorato2008 (poco meno di 8.000 elettori) e conil 9% circa di elettori della vecchia SinistraArcobaleno (poco meno di 2.000) che aquesto giro restano a casa. Decidono dinon partecipare al voto intorno ai 5.000elettori dei quasi 20.000 raccolti nel 2008da altre liste di sinistra e centrosinistra,come Partito socialista, Partito comunistadei lavoratori, Sinistra critica, Per il benecomune ed Unione dei consumatori.Sono invece 30.000 gli elettori umbri,astenutisi nel 2008, tornati a votare. Diquesti oltre 16.000, pari al 53,3%, hannopremiato il Movimento 5 stelle. Buonoanche il recupero di Sel (circa 4.000 voti supoco meno di 17.000, quasi un quarto del

totale). Poco significativo, invece, quello delPartito democratico, meno di 4.000 votipari al 2,3% del risultato ottenuto, e delPdl, meno di 3.000 voti (2,5%). In conclu-sione l’astensionismo colpisce sopratuttoPdl e Lega che, tra voti in uscita e voti inentrata, hanno un saldo negativo di 18.000unità, molto meno il Partito democratico,che perde solo 4.000 voti.

Il Movimento 5 stelleVenendo ai risultati delle singole liste, i datievidenziano con estrema chiarezza la naturatrasversale del voto al Movimento 5 stelleche, tuttavia, in Umbria pesca soprattuttonell’elettorato di centrosinistra. Infatti, dei143.000 voti ottenuti alla Camera pocomeno di 84.000 (ovvero il 58%) derivanoda elettori che nel 2008 avevano dato illoro voto a liste di sinistra. Di questi circa63.000 provengono dal Partito democrati-co, pari a oltre il 26% del suo elettorato2008. Significativi sono anche i flussi dallaSinistra arcobaleno (7.600 voti, pari al 40%dell’elettorato 2008), dall’Italia dei valori(5.000 voti, 30,8%) e dalle altre formazionidi centrosinistra e sinistra (oltre 8.000 voti,al 40%). Molto più contenuti i flussi prove-nienti dal centrodestra, attorno ai 40.000voti, di cui 33.000 dal Pdl e 3.000dall’Udc. Va sottolineato che sia a destra che a sini-stra il Movimento 5 stelle recupera sensibil-

mente dalle formazioni minori che nel2008 si collocavano intorno o in competi-zione con i due poli maggiori. A tale propo-sito va ricordata la polemica suscitata dall’e-sclusione in extremis del socialista Rometti(nel 2008 il Ps ottenne circa 10.000 voti)dalla lista del Pd, che ha creato fortimomenti di tensione tra le due forze politi-che, fino alla minaccia di rottura del pattonazionale. Ciò ha sicuramente influito sul-l’elettorato socialista umbro, tradizional-mente pronto a mobilitarsi laddove vi sonocandidati propri, altrettanto pronto a diri-gere altrove il voto quando viene menoquesta condizione.

Il centrosinistra e la sinistra Il Pd (insieme al Centro democratico) tra il2008 ed il 2013 cala da 250.000 a poco piùdi 170.000 voti. Un risultato più che delu-dente, frutto della emorragia verso ilMovimento 5 stelle, solo molto parzialmen-te compensata da flussi in ingresso di elet-tori che nel 2008 avevano votato per altreliste di sinistra o di centrosinistra. L’appelloal voto utile ha funzionato molto meno chein passato: meno di un migliaio sono glielettori della ex Sinistra arcobaleno ad avervotato Pd e circa 5.000 quelli delle altreliste di centrosinistra, al cui interno sonocompresi i già menzionati 10.000 votisocialisti. Meno di 3.000 voti vengonorecuperati dall’Idv, buona parte dei quali

dovrebbero essere andati al Centro demo-cratico (che annovera esponenti uscitidall’Idv in polemica con l’adesione aRivoluzione civile). Di scarso rilievo i votiprovenienti dal blocco di centrodestra, atestimoniare la persistente impermeabilitàtra i due blocchi principali. Interessante è quanto accade a sinistra. Sel eRivoluzione civile ricevono dal Pd circa4.000 voti a testa, pari al 25% del risultatodi Sel e al 30% di quello di Rc: una sorta divoto utile all’incontrario. Gli elettori 2008della Sinistra arcobaleno si sono orientatimolto più su Rivoluzione civile (6.700 voti,circa la metà del risultato complessivo) chesu Sel (poco più di 1.000 voti). Buono èinvece il recupero di Sel dal non voto (circa4.000 voti, la stessa cifra del Pd). Singolareè la totale liquefazione dell’elettorato 2008Idv (circa 16.000 voti), che non segue l’in-dicazione di Rivoluzione civile (pratica-mente nullo il flusso verso Ingroia), prefe-rendo Sel (a cui vanno 5.000 voti, il 31%del risultato finale della lista) e la lista diGrillo, ma anche il Pd/Cd e la lista Monti.

Il centrodestra e MontiPdl e Lega Nord, rispetto al 2008, perdonometà dei consensi, passando da quasi195.000 voti a circa 106.000. Assieme al non voto (21.800 voti) e allalista 5 stelle (oltre 33.000 voti), il flusso piùconsistente si è diretto verso la lista Monti(in queste analisi considerata assieme a Fareper fermare il declino): oltre 30.000 voti,più del 15% dell’elettorato 2008. L’altroflusso di una certa consistenza in uscita daPdl e Lega, 12.000 voti pari al 6,4% delrisultato 2008, è diretto alle formazioniminori del centrodestra.Se il Movimento 5 stelle ha pescato a pienemani nell’elettorato di sinistra e centrosini-stra il consenso ottenuto da Scelta civica diMonti, come già sottolineato, proviene inlarga parte dal centrodestra, infatti circa il66% dei consensi ottenuti viene da elettori2008 di Pdl e Lega. I bassi consensi ottenuti da Udc e Futuro elibertà trovano spiegazione nella scarsacapacità di trattenere i voti Udc del 2008,che in vanno in larga parte all’alleata listaMonti, ma prendono anche la via delMovimento 5 stelle, del non voto o delvoto al Pdl.

Il voto dei giovaniUn ultimo aspetto preso in considerazioneè quello relativo ai 49.000 giovani tra i 18ed i 25 anni che potevano votare solo allaCamera. In questo segmento la lista del comicogenovese trionfa con il 42,3%, mentre nel2008 il 46,8% dei voti giovanili era andatoalla coalizione Pd/Idv, oggi scesi al 15,5%.Crolla il voto giovanile per il centrodestra,dal 41,0% al 10,8%, mentre qualchepunto viene recuperato sia da Sel che daRivoluzione civile che assieme portano acasa il 6,3% (la Sinistra arcobaleno avevaottenuto l’1,3%). Secondo le stesse stime, il 20,3% del votogiovanile sarebbe andato al raggruppamen-to di centro e a Fare per fermare il declino.In sintesi, in questa tornata elettorale i gio-vani si orientano verso liste nuove, penaliz-zando i maggiori partiti tradizionali.

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I flussi elettorali nell’analisi Aur e Università

Voti alle stelleFranco Calistri

I

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Necessità di un’analisiCicale di sinistra friniscono: “E’ un fasci-sta”; altre, sempre di sinistra, sentenziano:“E’ una nostra costola”; il cicalone capodella destra afferma: “il Movimento 5 stelleè come Scientology”. Si prosegue con accu-se di autoritarismo, di qualunquismo, diantipolitica pregiudiziale, cui si aggiunge ildileggio per l’inesperienza. Qualcunoadombra il dubbio che prima o poi i grillinisi venderanno al miglior offerente. A partela simpatia o meno per il movimento del-l’ex comico genovese, forse un gruppo chealla sua prima uscita diventa la forza politi-ca più votata dagli italiani meriterebbequalche attenzione in più, una analisi meno episodica ed impressionista. “Micropolis” inizia così da questo numeroun viaggio nell’universo 5 stelle in Umbria.Le domande sono: da dove vengono? Comesi organizzano? Come si autorappresentano?Che intenzioni hanno per le prossime ele-zioni amministrative? Con quali programmisi presenteranno? Quali sono i rapporti coni movimenti? E’ nostra intenzione condurre questainchiesta senza alcun pregiudizio, come siconviene quando ci si occupa di un fattonuovo e, per alcuni aspetti, destinato asconvolgere la vita politica nazionale e loca-le. Non è però inutile mettere qualchepunto fermo e offrire qualche elemento didibattito, per evitare equivoci e neutralitàinopportune.

I grillini sono di sinistra?Il Movimento 5 stelle può essere ascrittoalla famiglia politica della sinistra?Norberto Bobbio sosteneva che la sinistra èquella corrente politica che della triade“libertà, fraternità e eguaglianza” accentual’ultimo termine, che si propone di realiz-zare l’eguaglianza. Siamo sempre stati scetti-ci su questa definizione minimale del filo-sofo torinese. Senza un soggetto ed un contenuto socialeforte, che fondi il passaggio da una societàdiseguale ad una di eguali, il progetto dellasinistra si presenta al più come una buonaintenzione. Nel momento in cui il soggetto,che nella tradizione socialista era il proleta-riato industriale, non è politicamente intel-ligibile, anche se socialmente esistente,appare evidente che la sinistra perde i suoifondamenti o perlomeno deve ricostruirli,pena compiere il passaggio inverso rispettoa quello di Marx, regredendo dalla scienzaall’utopia. Il Movimento 5 stelle non sipone questo problema. Ma non è il solo. IlPd non parla da decenni del ruolo del lavo-ro nel cambiamento, la questione è semmaicreare lavoro quale che sia; la sinistra-sini-stra parla di lavori, ponendoli tutto sullostesso piano (proletariato industriale, nuoveprofessioni, lavoro autonomo); gli ideologidella sinistra estrema (Toni Negri e Hardt)hanno coniato il concetto di moltitudine. Igrillini stanno in questo universo comebuona parte di coloro che si dicono di sini-stra. L’unica differenza rispetto agli altri èche, a ragione, non ritengono che quantoaffermano vada qualificato come di sinistra.

La pratica della democraziaCiò pone il secondo nodo di discussione,

ossia quello della democrazia diretta. Inrealtà il tema, che oggi scandalizza tutti,non è nuovo. Nella tradizione politica delmovimento operaio era compendiato nelvecchio adagio secondo cui lo stato vienesussunto nella società civile. E tuttavia ciònon è privo di mediazioni. Nella tradizionelaburista e riformista queste erano assicuratedalle organizzazioni sociali ed economichedei lavoratori (sindacati, cooperative, circoliricreativi e sportivi, ecc.), che costituivano ilsostrato della rappresentanza. Forme diorganizzazione delle classi subalterne chepraticavano una società futura e la proietta-vano nello stato. Nella tradizione rivoluzio-naria la rappresentanza diretta era modella-ta sulle componenti in cui si articolava ilproletariato (la comune parigina, i sovietdegli operai, dei contadini, dei soldati nellarivoluzione russa). In Italia nelle particolarifasi di effervescenza sociale tali forme sonotornate ad affermarsi (i consigli di fabbricanel 1919-1920 e poi nel 1969, le assembleedegli studenti nel 1968, ecc.), configuran-dosi come forme di potere alternativo aquello dello stato. Oggi, dato un corposociale gelatinoso, il referente è il cittadinosenza qualificazioni. Si ritorna così alla rivo-luzione francese e, del resto, la stessa collo-cazione grillina nell’aula parlamentare negliscranni in alto rende evidente questa ascen-denza. Non sfuggirà a nessuno che le frazio-ni più radicali della Convenzione prendeva-no il nome di Montagna da una collocazio-ne simile.La questione diviene allora che i 5 stelleconfigurano un’ipotesi democratico-radicalea base interclassista. In ciò i rischi di popu-lismo, plebiscitarismo, autoritarismo, maanche di trasformismo. Non a caso nellastoria italiana l’unica fase in cui i partitiavevano scarsissimo peso nella vita parla-mentare, è stata quella liberale. I parlamen-tari seguivano l’onda del momento e tra-smigravano senza problemi da uno schiera-mento all’altro. Per contro gli altri partiti si oppongono innome della scelta di rafforzare gli esecutivi edi caratterizzarsi come élite, espressione diuna autonomia della politica che richiedeuna verifica solo nel momento elettorale.

Il leaderismoSi dice che Grillo abbia fondato un “partitopersonale”. A parte il ruolo che i leaderhanno in tutta la storia del novecento, restail fatto che il pulpito da cui proviene la pre-dica non è certamente autorevole. Tutti i partiti hanno una caratterizzazionepersonale, ne ha scritto in modo convincen-te Mauro Calise che ne ha studiato, sul fini-re degli anni novanta del secolo scorso, lagenesi e la fenomenologia. Appare del restoovvio che nel momento in cui le leggi elet-torali prevedono l’elezione diretta, almeno alivello locale, di sindaci, presidenti di pro-vince e regioni, ciò porti ad un esasperatapersonalizzazione. Quello che in questo caso è anomalo è cheil leader non si faccia eleggere, mantengauna sua alterità nei confronti delle istituzio-ni: è un male o un bene?

Il programmaPer ultimo il programma. Tolte le suggestio-

ni della decrescita felice, da cui peraltrotutta la sinistra-sinistra risulta essere affasci-nata, e generici accenni ad un nuovomodello di produzione e di consumo, nonc’è un progetto definito di società e, dicia-mo noi, non ci può essere. Sulla decrescita abbiamo può volte scritto,dicendo che semmai la questione è quella diun modello di sviluppo e di società diverso,ovvero, absit inuria verbis, socialista. Ciòsignifica molte cose su cui non è il caso didilungarsi. Ritornando però ai 5 stelle, il loro program-ma si configura come un elenco di misurein buona parte condivisibili, che tuttaviasenza un retroterra definito si trasformanoin un riformismo disarticolato e frammen-tario. E’ insomma una trasposizione in sedepolitica delle rivendicazioni dei movimenti,che ricorda le tesi, ormai da tutti dimenti-cate, dell’Internazionale situazionista. Matutto ciò, a ben vedere, non è molto diversoda quello che almeno nell’ultimo decennioha detto e fatto la sinistra-sinistra. Grillosemmai ha reso più attraente e divertente la“narrazione”, più aggressivo il messaggio,più radicale la prospettiva.Il tutto si condisce e si compendia in untermine ambiguo, quello di comunità,ormai usato a sproposito e proposito adestra e sinistra. Solo che la comunità sifonda su obiettivi singoli e parziali, su inte-ressi più o meno legittimi e per tenersiassieme ha bisogno di cementi ideologiciviscidi, di miti, a volte di nemici esternispesso inventati ed impalpabili (la banca, lafinanza, i poteri forti e, in qualche caso, gliimmigrati).

Il carattere rivoluzionarioInsomma il Movimento 5 stelle è un movi-mento riformista-radicale che postula formedi democrazia diretta senza dare ad esse uncontenuto sociale e senza prospettarne leforme di organizzazione, rischiando dicadere in forme di populismo plebiscitario.Sta tutto all’interno della disgregazionesociale di cui si nutre e di cui è effetto. Intal senso è esterno allo schema destra-sini-stra così come noi abbiamo cercato di deli-nearlo, ma è tutto interno alle ideologieantagoniste affermatesi in questo inizio disecolo. Eppure si configura, nonostante ilsuo non sconvolgente riformismo, come unmovimento capace di mettere definitiva-mente in crisi gli assetti politico istituziona-li repubblicani. I motivi sono due. Il primo è rappresentatodal fatto che i 5 stelle sono l’unica forzapolitica che ha preso atto della immodifica-bilità del sistema politico tramite l’auto-riforma dei partiti e si candida a sostituire lecorrose classi dirigenti sia del centrodestrache del centrosinistra. Il secondo è che inun paese come l’Italia anche ragionevoli,auspicabili e moderate riforme - qualoravengano perseguite con decisione e coeren-za - rappresentano un momento di rotturaper così dire “rivoluzionaria”. Da questo punto di vista Grillo e i suoiseguaci sono tecnicamente un movimentorivoluzionario. Tutto ciò mostra il fallimento della sinistrae la necessità di ricostruirla, ma questo è unaltro discorso.

7 d o s s i e rmar zo 2013

Viaggio nel movimentoche ha scompaginato il quadro politico

Le cicale e il Grillo

cinquestelle

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8 d o s s i e rmar zo 2013

o scenario inaugurato dalla recentetornata elettorale apre, anche aTerni, una fase indubbiamente

nuova, che tuttavia sorprende solo i cosid-detti “esperti della politica”, la cui unicacompetenza pare essere, a questo punto,quella di sbagliare costantemente ogni pre-visione. Sembrano lontani anni luce i tempi in cuiSel irrideva le parlamentarie di Grillo conl’appellativo di “condominiali”, sottolinean-done ironicamente il minor numero di per-sone coinvolte rispetto a quelle del centrosi-nistra. Le facce incredule degli amministra-tori comunali che si aggiravano nei pressi dipalazzo Spada all’indomani del voto, vere eproprie rappresentazioni viventi de L’Urlodi Munch, dimostrano, meglio di qualun-que analisi, come la spaesata classe politicaternana non riesca più - ammesso che vi siamai riuscita - a capire la realtà che la circon-da. Del resto non è una novità: lo scriviamoda tempo.La novità è che il Movimento 5 stelle è ilsecondo partito della città, raccogliendocirca nove volte quello che ha raccolto Sel,che pure esprime un assessore in giuntacomunale, e oltre dieci volte quello che haraccolto la lista di Ingroia, che di assessorine conta addirittura tre. Come se nonbastasse, di fronte a un Pd che, comemostra Ilvo Diamanti, ottiene consensi per-lopiù tra i pensionati, i penta-stellati diTerni hanno un elettorato prevalentementegiovane, con una differenza di risultati traCamera e Senato di circa cinque mila voti,molti in una città di 113 mila abitanti.Intorno alla metà di marzo abbiamo parte-cipato ad un’assemblea pubblica delMovimento 5 stelle. Una riunione aperta atutti e trasmessa anche in streaming, convo-cata per ragionare, discutere, ma soprattut-to spiegare agli interessati come funzionaquesto soggetto politico.L’assemblea, tenuta in una sala messa adisposizione gratuitamente dalla TessilTerni, è introdotta da una brevissima pre-sentazione affidata a Marco Marongiu, atti-vista del movimento, durata non più di dueminuti. Un tavolo, un pc, un maxischermoe un microfono. Gli interventi sono brevied espongono le modalità di funzionamen-to del movimento, riepilogano le attivitàpassate e quelle presenti, fanno il punto sulfuturo. Le quasi cento persone presenti insala, perlopiù cittadini incuriositi, non tuttielettori a cinque stelle, domandano, interlo-quiscono, intervengono.Come in ogni presentazione che si rispetti, iprimi interventi degli stellati ricostruisconola storia del movimento a Terni, attivo dal2006 e nato sulla piattaforma web meet up.Persone qualsiasi, desiderose di impegnarsiin prima persona su temi ambientali, chedalle riunioni via web passano rapidamentea quelle “fisiche”, anch’esse chiamate meetup, “perché la rete è solo lo strumento, mala comunicazione è esattamente la stessa”. Il primo evento pubblico del 5 stelle terna-no è stato il “V Day”, nel 2007. Una piazzastrapiena, convocata sulle parole d’ordine“Parlamento pulito” e “diversa gestione deirifiuti, senza inceneritori e discariche”. Untema, quello della gestione dei rifiuti, che a

Terni ha costituito il principale aggregantedi questa realtà politica fin dalla nascita econtinua a segnarne in modo prevalentel’attività. Più volte, in sala, viene ricordatocome il movimento sia tutt’ora impegnatonella raccolta firme per l’adozione dellastrategia Rifiuti zero - nel 2008 proprio illocale meet up di Grillo invitò a Terni PaulConnett, fondatore di Rifiuti zero - di cuiha anche predisposto un piano attuativo.Stando alle dichiarazioni del “gruppoambiente” che ha lavorato all’elaborazionedel suddetto piano, con Rifiuti zero il costodella gestione dei rifiuti passerebbe dagliattuali 34 mln di euro a 9 mln, con conse-guente drastica riduzione della Tares, latassa sui rifiuti. Dal microfono vengono invitati tutti a par-tecipare alla manifestazione indetta dalComitato no inceneritori per il prossimo 11maggio, sottolineando che si tratta di unainiziativa che con il 5 stelle non c’entranulla, ma condivisibile per la evidentecomunanza di intenti. “Appoggiamo anchealtri movimenti, senza voler mettere il cap-pello. Quello che ci interessa sono le idee ele proposte, non le bandiere”.Lo statuto del M5S, il “non statuto”, è illu-strato all’assemblea dal candidato allaCamera Federico Pasculli, che lo introducecome “il documento che ne racchiude un

po’ tutto il senso”. Grande attenzione è datasia all’importanza di non avere una sedefisica, ma di averne una sul web - il blog diBeppe Grillo - sia all’orizzontalità dell’orga-nizzazione. “Non ci date la delega. Partecipate. Ci atti-viamo quando un cittadino si attiva. Leorganizzazioni gerarchizzate, dice Pasculli,sono sempre preludio di qualcosa che non èaperto a tutti. Al movimento tutti possono aderire, bastanon avere altre tessere, né concorsi penali ocivili. L’iscrizione è possibile solo via web enon esiste la quota di iscrizione, perché lapolitica si fa gratis ed è volontariato a tuttigli effetti. L’unica regola è partecipare:ognuno vale uno e chi non partecipa valezero”.La disciplina sulle candidature è di emana-zione nazionale, ma si sottolinea come que-sta sia comunque l’espressione di quello cheè l’orientamento prevalente dei vari meet upterritoriali. Su un punto non si transige:“chi ha fatto due mandati nelle istituzioni, aqualunque livello, dalla circoscrizione alparlamento, non può essere candidato”. Tragli animatori del meet up ternano c’è anchechi sostiene la necessità di reintrodurre ilvincolo di mandato, “perché la politica nonè un mestiere, e se non sei d’accordo concoloro che ti hanno conferito il mandato ti

dimetti, non fai come De Gregorio oScilipoti”.Il “piano organizzativo”, illustrato daThomas De Luca, che nel movimento sioccupa di comunicazione, si suddivide incinque punti definiti “le cinque stelle delterritorio”: democrazia e bilancio partecipa-to; ambiente e buone pratiche; economiavirtuosa; comunità e sociale; cultura. I gruppi di lavoro, a cui è demandato lostudio e l’elaborazione, funzionano su duelivelli: on line e fisico. “Non c’è una sede fissa, ci riuniamo ovun-que vi sia uno spazio disponibile. Nella faseon line si studia, si elabora e si vota sul dafarsi. Riunioni vere e proprie si fanno soloquando serve”. Al momento le principali proposte elabora-te riguardano, oltre a una diversa gestionedei rifiuti, l’adozione del “metodo Perna”per ridurre gli incendi boschivi, la federa-zione del polo universitario locale, la bonifi-ca dell’area industriale di Papigno, la ridu-zione della bolletta in base a quanto sancitodal referendum del giugno 2011.L’assemblea tocca poi due tra i punti piùspinosi o almeno ritenuti generalmente tali:la figura di Grillo e il rapporto con la stam-pa. “Di Grillo non parliamo quasi mai, diceAngelica Trenta, stellata insegnante preca-ria. Grillo esprime orientamenti nazionali,parole d’ordine. È solo il portavoce di uncomune sentire su cui si sono aggregate per-sone, ma tutto nasce dalle discussioni sulblog, non è elaborato da Grillo eCasaleggio.Sul delicato rapporto coi giornalisti possia-mo testimoniare che non abbiamo avutoalcun tipo di difficoltà nel redigere questacronaca. “Il problema - ci dicono - non ècon i giornalisti, ma è con i poteri che stan-no dietro ai giornali, che rigirano ognidichiarazione per danneggiarci”.Alla fine, buona parte dei presenti in salaassedia il tavolo per iscriversi ai gruppi dilavoro. C’è chi chiede di potersi occuparedegli scempi edilizi di Villa Palma - di cuiparliamo anche in questo numero - chi dicomunicazione e chi, ovviamente, diambiente.Emerge, comunque la si giudichi, un’imma-gine radicalmente diversa da quella dellapolitica tradizionale, a cominciare dall’as-semblea: interventi brevi, insistenza sullanecessità di partecipare e fare, rinuncia alsoporifero intervento introduttivo a favoredi una presentazione lampo, pedissequainsistenza sulla necessità di studiare le cartee i documenti.Il gruppo dei più attivi nell’ultimo anno ècresciuto in numero. Adesso sono circa unatrentina, con un’età media di trent’anni.L’estrazione culturale prevalente, ma nonesclusiva, degli attivisti di Terni è quella deidisillusi di ogni sinistra, che predica visionidel mondo complessive disconosciute allaprova dei fatti. “Il movimento - sottolinea-no - fa esattamente il contrario. Parte daproblematiche materiali, concrete, e magarisi divide sulle visioni complessive. Al nostrointerno abbiamo una suora e un’insegnateanticlericale, che sulle battaglie immediatestanno insieme, ma si dividono sulle que-stioni di fondo”.

Il Movimento 5 stelle si presenta a Terni

Per cominciare. Rifiuti zeroMarco Vulcano

L

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9 d o s s i e rmar zo 2013

Castello delle Forme (Marsciano) venerdì 15marzo, ore 21.In quello che un tempo è stato il feudo diGianfranco Chiacchieroni i seguaci diBeppe Grillo hanno ottenuto alla Cameradei deputati oltre tremila voti, pari al27,2%, un risultato perfettamente in mediacon il dato regionale. Il Pd, rispetto alleprecedenti politiche ne ha persi circa 1500,crollando dal 47,3% al 35,2%. Più conte-nuto il calo delle altre formazioni della sini-stra: Rivoluzione civile e Sel hanno ricevutoinsieme 678 voti (369 e 309) ovvero 134 inmeno di quelli ottenuti nel 2008 dallaSinistra arcobaleno (471) e dall’Idv (341).Questi i numeri, che non cambiano dimolto al Senato. Se l’analisi dei flussi (di cui diamo conto apag. 6) dimostra che in Umbria i grillinihanno sottratto consensi soprattutto al cen-trosinistra, le prime parole che scambiamocon Giorgio Brunori, portavoce del meet updi Marsciano, servono a ribadire che ilmovimento non ha colore politico:“Abbiamo tutti meno di 50 anni ed abbia-mo aderito a partire dalle questioni concre-te senza chiedere a nessuno mai il pedigreeideologico-politico. Per me si tratta dellaprima esperienza di attività politica”.Marco Velloni, classe 1974, al contrario, èdal 2009 consigliere comunale eletto nellalista civica Movimento per la qualità dellavita che, insieme a Rifondazione comuni-sta, aveva appoggiato Sabatino Ranieri, poisconfitto dall’attuale sindaco Pd AlfioTodini. “In passato ho militato inRifondazione, per questo posso dire che ledinamiche interne del movimento sonoall’opposto di quelle dei partiti. Il cittadino,una volta esaurita la sua funzione di eletto-re, non interessa più a nessuno. Durante lalegislatura sei tagliato fuori, non puoi parte-cipare ma solo assistere. Invece nel movi-mento il tuo ruolo è sempre attivo, sei tuche decidi. All’interno del consiglio comu-nale il mio ruolo non può prescindere daquesto principio. Io sono il portavoce deicittadini che mi hanno eletto all’internodell’assemblea e prima di assumere qualun-que decisione devo consultarmi con loro”.Ma tutto questo - chiediamo - non rallentain modo drammatico il percorso decisiona-le? “Effettivamente ci sono dei momenti incui devi assumerti delle responsabilità inprima persona, non puoi certo convocareun’assemblea per decidere di una virgolaall’interno del comma di una legge, ma nonè certo questo che può inficiare il mandatodegli elettori che è quello di non fare alcunaccordo sottobanco. E vi posso assicurareche in consiglio le proposte di inciucio sonoall’ordine del giorno”. Insistiamo sul fatto che ci sono passaggi“tecnici” cruciali, come l’approvazione delbilancio, che mal si conciliano con il meto-do descritto. Risponde Brunori: “Non èvero. L’esperienza di Pizzarotti a Parmadimostra che anche la stesura del bilanciopuò essere fatta senza il venir meno dellapartecipazione. Il bilancio preventivo si èfatto dopo aver sondato, quartiere per quar-tiere, le opinioni dei cittadini”. Cittadino èla parola “rivoluzionaria” che risuona di piùnelle dichiarazioni degli attivisti del 5 stelle.Chiediamo quali siano i rapporti con i tanticomitati che operano sul territorio. “Noi -risponde ancora Brunori - non possiamoche guardare positivamente a tutte quelleforme in cui la partecipazione dei cittadinisi esprime direttamente dal basso. Quindi cimettiamo a disposizione per sostenere quel-le battaglie che condividiamo. E’evidenteche lo stesso non faremmo di fronte arivendicazioni in netto contrasto con inostri principi. Insomma nessuno ci vedràmai sfilare a favore del nucleare”. Dopo questa breve chiacchierata ha iniziol’assemblea. Le persone arrivano alla spic-ciolata. Alla fine saranno circa una quaran-

tina. Non poche per una serata da lupi inuna frazione decisamente eccentrica rispet-to al capoluogo. Per presentare il 5 stelle gliattivisti seguono uno schema consolidato(come testimonia Marco Vulcano per Ternia pag. 8): una breve storia del movimentodalle origini, le regole di adesione e di fun-zionamento interno (il cosiddetto “non sta-tuto”), le proposte in vista delle ammini-strative del prossimo anno. Ciascuno degliattivisti prende la parola per pochi minuti,sufficienti per una breve presentazione per-sonale e per illustrare il punto che gli èstato assegnato. Il primo a parlare è MicheleSpoleti: “Benvenuti. Siamo un’associazionedi cittadini e non un partito. Da noi nonesistono dirigenti ma solo portavoce.Nessuno di noi fa lo stesso lavoro: c’è ilprofessionista, c’è l’operaio. Mi sono iscrit-to al movimento solo a gennaio, disgustatodalla vecchia politica e spinto dall’esigenzadi cambiare. Mi sono subito messo a dispo-sizione per la campagna elettorale. Ho gira-to mezza Umbria e incontrato un sacco digente. E’ stato faticoso ma ne è valsa lapena”. A Marsciano il movimento ha scelto di lan-ciare come prima iniziativa il “box delleidee”. Verranno collocati in alcuni esercizicommerciali, ubicati su tutto il territoriocomunale, delle scatole in cui ciascuno, inmodo anonimo, potrà lasciare un’idea, unaproposta o segnalare un problema.Qualcosa che ricorda molto da vicino i“cahiers de doléances” del 1789. Idee e pro-poste che andranno a far parte del pro-gramma che il M5S presenterà alle prossi-me elezioni. Esiste, tuttavia, anche unluogo di rielaborazione delle proposte rac-colte rappresentato dai “gruppi di lavoro”.Ne sono stati per il momento attivati quat-

tro: ambiente, innovazione tecnologica, cul-tura e turismo, economia. Il principio èquello delle competenze e dell’interesse per-sonale: posso/voglio dare una mano su que-sto tema, mi associo. Tuttavia per partecipa-re ad un gruppo è necessario avere trerequisiti: essere cittadine/i italiani e maggio-renni, essere iscritti al movimento, nonessere iscritti a partiti, movimenti, associa-zioni con finalità in contrasto con il 5 stelleda almeno due anni. Dalla sala si leva unavoce di dissenso rispetto al primo punto:“Come si fa ad escludere i cittadini stranieriche da anni vivono qui? Non è l’integrazio-ne una delle sfide più importanti che abbia-mo davanti?” Giorgio Brunori rispondedicendo che i requisiti, compreso il primo,servono a filtrare le adesioni in modo chepartecipi solo chi sia realmente interessato esia, comunque, elettore attivo e passivo. Larisposta, in realtà, non appare molto con-vincente. “Dopo il successo elettorale, intanti ci cercano, ma spesso è solo curiosità”.Accoglie tuttavia la sollecitazione ad affron-tare il tema della integrazione, magari dedi-candogli proprio uno specifico gruppo dilavoro. Sempre dalla sala qualcuno chiedeche genere di impegno comporti l’adesioneal movimento. La risposta è del genere diquelle che vengono date a chi si avvicina almondo del volontariato o delle associazioni:“Dipende da te, il tempo è tuo. Sta a te sce-gliere come investirlo”. Insomma la rete, che pure continua ad esse-re la cifra caratterizzante il movimento, nonbasta più, di certo non può essere sufficien-te in un territorio dove in troppi punti labanda larga, come lamentano gli stessi atti-visti, rimane una chimera e dove, secondodati Istat del 2012, ci sono 157,1 ultrases-santacinquenni ogni 100 giovani sotto 14

anni. Se è certo che la tenuta del consenso almovimento 5 stelle dipenderà in gran parteda quello che avverrà a Roma, è altrettantocerto che al momento la sua capacità diascolto sul territorio non ha eguali. Nonsappiamo quanto questo possa realmentetradursi in radicamento e forza elettoraleche conduca alla conquista di amministra-zioni. Sta di fatto che la mediazione politicacome l’abbiamo conosciuta è completa-mente saltata e dal momento che la crisieconomica rende sempre più difficile per leforze politiche tradizionali riprodurre mec-canismi clientelari non ci sarebbe da stupir-si se le prossime amministrative segnasseroun vero e proprio sconquasso.

cinquestelle

Marsciano. Il 5 stelle lanciala campagna per le amministrative

La rete non bastaS. D. C.

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guardare il risultato di febbraiosembrerebbe proprio che l’arianuova di Todi che meno di un anno

fa aveva consentito al centrosinistra diriprendersi la città si sia inquinata di nuovo.Berlusconi e soci si sono imposti, infatti,con il 33% dei voti alla Camera e il 34,1%al Senato. Anche qui, però, la vera novità èrappresentata dal Movimento 5 stelle che,nonostante abbia ottenuto un risultato infe-riore alla media regionale, con il 24,9% deiconsensi segue di poco il Pd (28,2%) e ilPdl (26,6%).Abbiamo incontrato Alessandro, uno deimembri maggiormente attivi del gruppoTuderti 5 stelle il quale ce ne offre unospaccato e ci racconta, con un inconsuetoentusiasmo visti i tempi di crisi, la loro rile-vante crescita. “Oggi, ilgruppo dei militantipiù attivi è compostoda circa quindici perso-ne, ci riuniamo ognigiovedì per discutere,fare proposte e siamosupportati dal blog delgruppo tuderte e dallapagina facebook, dovechiunque può interagi-re con noi”. Il senti-mento che accomunagli attivisti è ormainoto: la necessità dicambiamento, lo sde-gno verso un establish-ment inadeguato edautoreferenziale, maanche la voglia di par-tecipare attivamentealla vita politica ed alledecisioni che interessa-no la collettività, per spezzare il meccani-smo della cosiddetta delega in bianco. Tuttoquesto attraverso la creazione di un nuovocontenitore che sia lontano dalla forma edalle deviazioni partitiche, che faccia levasulla partecipazione orizzontale e diffusa,attraverso lo strumento della rete. Il M5S tuderte dal punto di vista socio-pro-fessionale presenta una composizione asso-lutamente eterogenea, dall’operaio al picco-lo imprenditore, dallo studente all’artigianofino al disoccupato; la fascia di età è piutto-sto giovane, compresa nella forbice 20-40,con una netta prevalenza degli uomini.Anche le vecchie appartenenze politichesono trasversali - Alessandro fino al 2007era un tesserato di Rifondazione comunista- e si passa da elementi di destra, specie ex-An, a coloro che militavano nel centrosini-stra, da persone che hanno maturato espe-rienze nell’associazionismo - Legambienteed altre associazioni culturali - sino ai nonvotanti di lungo corso. Alessandro sostieneche l’eterogeneità può costituire un limite,ma anche un punto di forza; l’intento,infatti, è di “superare i vecchi schemi diappartenenza che conducono alla persona-lizzazione, alla formazione di cerchie ristret-te, all’impossibilità sia di un fattivo control-lo che di una partecipazione politica attiva”.La rete, invece, grazie alla comunicazioneorizzontale consente una reale interazione e,anche a fronte della formazione di opinion

leader o di posizioni non condivisibili,garantisce un maggiore controllo attraversoil feedback. In tal modo è possibile smasche-rare comportamenti dannosi ed avere adisposizione un efficace deterrente. L’exploit di consensi è il frutto di un grandeimpegno profuso nel corso della campagnaelettorale, condotta sia attraverso la rete checon una costante presenza in strada. “Sisono avvicinate molte persone perché vedo-no in noi un elemento di speranza e cam-biamento; l’impressione è che abbiamopescato un po’ da tutti i partiti”. Il M5S diTodi ha attratto in particolare i giovani, gliunder 40, più o meno informati ed istruitimentre, tra gli over 40, individui moltoinformati, con spiccato spirito critico ed unlivello di istruzione medio-alto. “La gente si

dimostrava interessata alle questioni nazio-nali, mantenendo sempre un occhio per levicende locali; ci chiedeva informazioni sulprogramma, sulle figure di Grillo eCasaleggio; talvolta affiorava un po’ di diffi-denza per la questione della leadership, maprevaleva la continua richiesta di un refe-rente politico di cui poter avere fiducia el’esortazione a ripulire il parlamento”.Le tematiche maggiormente trattate dalgruppo tuderte in campagna elettorale sonoi cavalli di battaglia del movimento: “ilfinanziamento ai partiti, il taglio dei parla-mentari, la trasparenza, la lotta agli sprechi,l’ambiente, il reddito di cittadinanza ed ilreferendum sull’euro. Sul piano locale,invece, la trasparenza delle istituzioni, lapubblicazione degli stipendi di giunta econsiglieri; la nomina a scrutatori di disoc-cupati e indigenti; destinare i rimborsi elet-torali agli alluvionati a Pian di SanMartino; la richiesta a tutti i gruppi politicidi pubblicare le spese per la campagna elet-torale, perché il M5S si autofinanzia total-mente attraverso offerte, cene e merchandi-sing”.Considerate la composizione del M5S el’attenzione per certi temi, si potrebbe ipo-tizzare che molti voti siano stati drenatidallo schieramento di centrosinistra, tantopiù che le recenti elaborazioni dell’Aur suiflussi elettorali confermano questa impres-sione. I dati per Todi rispetto alle politiche

del 2008 confermano, tuttavia, da un latol’impressione di movimento pigliatutti, dal-l’altro mostrano che il maggior numero divoti sono stati pescati da Pdl e Pd, senzaintaccare granché le ali dello spettro politi-co. Per quanto concerne la strutturazione, ilM5S tuderte, al pari del nazionale, non pre-senta al proprio interno gruppi o qualcosache sia riconducibile alle correnti dei parti-ti; tutti i membri si trovano nel medesimopiano, è un rapporto inter pares dove ognu-no offre il proprio contributo, in riferimen-to alle capacità personali, e la coagulazioneavviene attorno a singole idee e tematicheritenute valide. Da questo punto di vista,“il movimento è aperto a tutti, chiunquepuò partecipare alle riunioni ed avanzare

proposte, sia fisica-mente che via web, mail voto può essereespresso soltanto daimembri. Le decisionivengono prese a mag-gioranza, sono favoritila discussione ed ilconfronto e si cerca digiungere ad un votounanime, smussandole divergenze. Siamoun movimento giova-ne, la strutturazione el’organizzazione sonoancora in costruzioneperché, ad esempio, lostrumento delle parla-mentarie online, otti-mo in sé, ha mostratoqualche falla ed è per-fettibile”.Tra le pieghe del

discorso, emerge una sorta di fede indiscus-sa nei confronti delle figure di Grillo - ilmegafono ed il garante - e di Casaleggio, ilguru, che offre il proprio know-how. Anchequest’ultimo “è garanzia di moralità, poichénon ha mai utilizzato i suoi strumenti pergettare fango come, al contrario, sta avve-nendo al M5S ad opera dei partiti e deimedia nostrani”.In conclusione, la nostra impressione è cheabbiamo dinanzi persone mosse da grandevoglia di cambiamento, pronte ad impe-gnarsi attivamente, portatrici di alcune ideepiù che condivisibili. Si palesano, tuttavia,marcate contraddizioni: Grillo e Casaleggiosono dei primi inter pares; l’adorazione peril duo; la democrazia interna e la tensioneverso un pensiero unico incontestabile; l’ec-cessiva semplificazione, specie quando siriconducono troppe questioni alla dicoto-mia vecchio/nuovo; la gestione del dissensointerno ed esterno e l’onda emotiva, cheagitano gli spettri di una dittatura dellamaggioranza; la coesistenza tra elementi didestra e di sinistra, con relative soluzioni,paiono difficilmente conciliabili, giacché lacategoria della raccolta intorno a provvedi-menti “giusti” è troppo vaga ed indefinita.Anche noi al pari di Grillo ci permettiamodi citare Gaber, quando parlava di gabbianiipotetici, in riferimento - ahinoi - all’esserecomunisti, perché “molti avevano aperto leali, senza essere capaci di volare”.

10d o s s i e rmar zo 2013

A

A Todi il 5 stelle spariglia il quadro politico

Basta alle deleghe in biancoMatteo Aiani

cinquestelle

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11s o c i e t àmar zo 2013

’eolico? Non è tutto oro quello cheluccica. Nel novembre del 2006 unlungo articolo su “micropolis”, Un

venticello malizioso, affrontò il complessoproblema dell’eolico in Umbria ed in parti-colare il tentativo di Sorgenia di installareuna ventina di torri sul Monte Peglia. Quelprogetto venne bocciato, ma oggi, dopo seianni, quel vento torna a spirare ad operadella società Innova Wind srl. Un progettocontro il quale si sono schierate le associa-zioni ambientaliste raccolte nel Comitatotutela monte Peglia, ma anche gli enti loca-li interessati. Tutti contro, tranne la Regione Umbria,con l’astensione di Legambiente regionale.Ancora una volta chi vuole fare affari usaparole come “rinnovabili” e “pulite”, spac-ciando il guadagno di pochi come vantag-gio per tutti. La Innova Wind srl di Napoliha chiesto alla Provincia di Terni, il 27luglio scorso, il rilascio dell’autorizzazioneunica per la costruzione e l’esercizio di unimpianto per la produzione di elettricità dafonte energetica rinnovabile di origine eoli-ca nell’area del Monte Peglia: 18 aereoge-neratori, di cui 10 in località LaMontagnola nel comune di San Venanzo e8 in località Poggio della Cavallaccia nelcomune di Parrano; sono previste inoltreopere connesse alla costruzione e al funzio-namento dell’impianto. Per trasportare le 18 torri alte 150 metridovranno essere aperte strade per i camionspeciali e costruite basi di cemento, occu-pando un’area di 6 ettari. Ci sono poi dueenormi sottostazioni elettriche, diversi chi-lometri di strade per i collegamenti tratorre e torre e altrettanti per gli elettrodot-ti.Boschi, parchi e sentieri, ambite mete delturismo ecosostenibile e sede privilegiata dispecie animali e vegetali, dovrebbero dun-que fare spazio a 18 rumorose torri eolichee a tutto il cemento che ne consegue, inbase ad una concessione della RegioneUmbria. Misteri della sbandierata green eco-

nomy o, meglio, di una sua disinvolta einteressata interpretazione da parte dei suoisostenitori ecodem. Lo scorso 12 marzo, il consigliere regionaledel Pd, Fausto Galanello ha presentatoun’interrogazione su “l’ennesimo caso diun progetto di produzione energetica dafonte rinnovabile totalmente fuori scala ein netto contrasto con il contesto ambien-tale e territoriale”, invitando la Giuntaregionale a stoppare il progetto. Nei mesidi gennaio e febbraio le giunte comunali diSan Venanzo e Parrano hanno espressoparere negativo alla realizzazione dell’im-pianto, ritenendo troppo alto l’impattoambientale e rifiutando l’eventuale passag-gio di una vasta area dalla gestione pubbli-ca a quella privata della società di Napoli. Il Comitato tutela monte Peglia contesta lalogica stessa alla base del progetto, chepunta all’individuazione di zone ventoseprescindendo dal valore naturalistico edambientale del territorio. Anche i cacciatorisi schierano contro la realizzazione dell’im-pianto, perché le pale spaventano e uccido-no gli uccelli in quantità ben maggioredelle doppiette. Tra gli oppositori anche gliesponenti del Movimento 5 stelle che con-testano l’inadeguatezza del progetto per ilmonte Peglia.Dalla parte della Innova Wind srl rimanesolo la Giunta regionale. Rispondendoall’interrogazione di Galanello, l’assessoreSilvano Rometti sottolinea la partecipazio-ne dei comuni tanto alla stesura della rego-lamentazione riguardante l’installazione elo sviluppo delle fonti di energia di produ-zione rinnovabile quanto alla definizionedei criteri localizzativi. Oltre a difendere laregolarità delle procedure, Rometti attaccachi si oppone alla realizzazione degliimpianti: “Se noi pensiamo di sviluppareuna energia da fonti rinnovabili a condizio-ne che si faccia da qualche altra parte, nona casa nostra, penso che lo sviluppo di que-ste fonti sarà molto complicato da portareavanti”.

Il pluridelegato assessore ama mostrarsidisinvolto e sicuro di sé, come nel casodelle centrali a biomasse. Ma in caso diricorsi, pensa di poter nascondere gli atti diindirizzo regionale che considerano ilPeglia un habitat naturale prioritario inquanto zona di nidificazione di uccellirapaci e sede di corridoi per l’avifaunamigratoria? O l’Atlante ornitologico dellaRegione Umbria che prevede “misure spe-ciali di conservazione per l’habitat di 12delle 98 specie di uccelli al fine di garantiresopravvivenza e riproduzione? Lo sa chel’eolico è ormai un affare solo per le societàconcessionarie grazie ai certificati verdi?Che nazioni come la Germania e laDanimarca lo stanno abbandonando? Lo sache cemento selvaggio può mettere a terra

l’economia del turismo verde della zonafiore all’occhiello dell’Umbria, un tempoconsiderata cuore verde d’Italia? Che dopoventi anni circa la rimozione delle torrinon più produttive costa una cifra? Che,come dice Carlo Rubbia “per avere unapporto decisivo dall’eolico occorrerebberocentinaia di migliaia di torri”? Che metter-si contro la volontà della stragrande partedei cittadini porta sfortuna elettorale? Senon lo sa, ora è informato da quel venticellomalizioso.

L

Velenie vergogneP. L.

linio il Giovane, nella lettera aDomizio Apollinare, parla della suavilla in una collina sopra Lama di San

Giustino: “Immagina un grande anfiteatro,quale solo la natura può creare… proveresti ungran diletto se guardassi questa regione dall’altodei colli: ti parrebbe infatti di scorgere non delleterre, ma un quadro dipinto con incredibilemaestria; da tanta varietà, da così felice disposi-zione gli occhi traggono diletto ovunque si posi-no”.Un quadretto idilliaco di cui dopo un millen-nio rimane solo la cornice: le coltivazioniintensive di tabacco hanno avvelenato la valla-ta, una industrializzazione selvaggia l’hacementificata. E molto del materiale per edifi-care case e fabbriche viene dalla cava di Ca’Matra a Pitigliano di San Giustino, autorizzatacirca 20 anni or sono. La cava è a meno di unkm dalla villa di Plinio, da dove appare comeun’enorme fossa nel terreno e a ridosso del tor-rente Lama e del rio Valmontone, sopra ilbacino imbrifero a cui attinge il pozzo delpopoloso centro di Lama. La cava ha resobene alla ditta Saica srl di Città di Castello perquello che riguarda l’estrazione della ghiaia macontinua a rendere bene anche oggi per laricomposizione ambientale, in pratica per rico-prire il buco di 98 mila metri cubi con rifiutiindustriali. Forse la ditta ha esagerato primanell’estrazione di ghiaia poi nel ritombamentodella cava, provocando qualche domanda emolte preoccupazioni. E’ grazie alla preziosaattività del Comitato Salu-ti-amo che il 9marzo scorso la sua attività è stata sospesa peril mancato rispetto di alcuni limiti di legge perl’interramento che impone di conferire duetonnellate di terra per tonnellata di rifiuti.Nella contabilità della ditta sono registrate6.400 tonnellate di fanghi, assente invece lacontabilità della terra e degli inerti. Nella suacertosina e documentata opera di monitorag-gio dell’ambiente e difesa della salute pubbli-ca, il Comitato ha messo a nudo le carenze di

chi doveva vigilare e non lo hafatto. Ora tutti si dicono dispo-nibili a controllare, analizzare,sondare, realizzare mappe geolo-giche, predisporre una nuovaconvenzione con la ditta. Certoè che Comune, Provincia eArpa non hanno fatto una granfigura nella gestione del caso.Due sono i pericoli maggiori:che l’estrazione selvaggia abbiaprivato il terreno del suo natu-rale filtro e che i fanghi, per dipiù non miscelati a dovere,inquinino le falde acquifere. Ifanghi sono scorie di lavorazioniindustriali ed in particolare pul-

per, scarti di cartiere costituiti da fibre cellulo-siche e metalli come cromo, zinco, rame,piombo, manganese e arsenico, mercurio cad-mio. Insomma una bella miscela cancerogenaa due passi da torrenti e pozzi. Inoltre, seinterrati male i fanghi possono produrre meta-no e causare esplosioni. In Umbria ci sonodecine e decine di cave. Non sarà il caso chegli enti preposti si attrezzino meglio per la lororicomposizione ambientale? O preferisconopartecipare alla corrida del dilettante allo sba-raglio? Non sulla pelle dei cittadini, per favore.

P

Eolico sul Monte Peglia

Il venticello maliziososoffia ancoraCamilla Todini

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12 s o c i e t àmar zo 2013

criveva Lucrezio nel De rerum natura(I secolo a.C.): “ Infatti vedi qualsiasicosa dissolversi più in fretta di quanto

impieghi a riformarsi; e dunque tutto ciò cheil lungo infinito succedersi dei giorni dell’inte-ro tempo trascorso abbia sinora infranto, gua-stato, distrutto, non potrebbe mai ricomporsinel tempo che resta”.La sensibilità ambientalista non è un vantoesclusivo dei tempi moderni se ancheLucrezio si preoccupava di sollecitare i suoicontemporanei al rispetto dei ritmi naturalidi rigenerazione delle materie prime. Maallora la popolazione della terra non conta-va i sette miliardi di oggi, e il mondo cono-sciuto da Lucrezio non abbracciava ancoral’intero pianeta. Come accade spesso, tutta-via, le voci del buon senso vengono messe atacere o ignorate, infatti sembra di essereancora fermi al I secolo a.C. Per rallentare ilprelievo di materie prime la normativaeuropea ci ricorda puntualmente almeno lanecessità di procedere nel rispetto dei ritminaturali di rigenerazione. Per quanto riguar-da l’insostenibile prelievo di materie prime,è ormai ampiamente condiviso il fatto chel’edilizia rappresenta un’attività moltoimpattante, specie se condotta nei modiconvenzionali, tanto che la sua incidenzasul consumo energetico complessivo è valu-tata a circa il 40%. Questa consapevolezzaha fatto nascere in Italia, fin dagli anniottanta, azioni di sensibilizzazione per lacostruzione di edifici secondo criteri di eco-logia e sostenibilità in tutte le fasi: siamonel campo della bioedilizia e della bioarchi-tettura.Tra i tanti fattori che contribuiscono all’e-cosostenibilità di un edificio, il consumoenergetico è l’unico esattamente quantifica-bile dalle misurazioni numeriche dei coeffi-cienti, degli indici, delle percentuali. Tuttigli altri aspetti che attengono alla progetta-zione di un edificio risultano più difficil-mente regolamentabili e misurabili: lecaratteristiche del luogo e del terreno dovesi costruisce, il suo microclima, il criterio diprogettazione architettonica, la qualità eco-

logica dei materiali, influiscono anche sullaperformance energetica, oltre che sullasostenibilità economica. Per questo sarebbeopportuno creare la cultura del costruiresostenibile a partire dalle scuole per geome-tri, fino alle università, affinché queste atti-vità, specificatamente legate alla professionedel progettista, raggiungono un modus ope-randi compatibile alla normativa sullaperformance energetica. Il fatto che si pro-ceda ancora, come si fa in molte regioniUmbria compresa, con bandi regionali fina-lizzati ad incentivare le buone pratiche,significa che siamo lontani dall’ordinarietà,nonostante la sensibilizzazione sia comin-ciata venti anni fa. Già nel 1998 venerointrodotti strumenti legislativi di incentivoper le buone pratiche ecologiche nella rico-struzione post sisma in Umbria: furono pra-ticamente ignorati, e servirono solo all’am-ministrazione regionale per rivendicare sen-sibilità in materia.Intanto l’Europa continua a produrre nor-mative e direttive, come la 2010/31/UE,che dovrà essere recepita entro questo mesedi marzo, pena il deferimento alla corte diGiustizia europea, che probabilmente cicomminerà l’ennesima multa. Tale direttiva“prevede la promozione dell’efficienza ener-getica nel quadro dell’obiettivo vincolantedi fare in modo che l’energia da fonti rin-novabili copra il 20 % del consumo energe-tico totale dell’Unione entro il 2020”, eancora “a) entro il 31 dicembre 2020 tuttigli edifici di nuova costruzione siano edificia energia quasi zero”; e “b) a partire dal 31dicembre 2018 gli edifici di nuova costru-zione occupati da enti pubblici e di pro-prietà di questi ultimi siano edifici a energiaquasi zero”. La direttiva definisce così gliedifici a energia quasi zero: “edificio adaltissima prestazione energetica (...). Il fab-bisogno energetico molto basso o quasinullo dovrebbe essere coperto in misuramolto significativa da energia da fonti rin-novabili, compresa l’energia (...) prodotta inloco o nelle vicinanze.” La parte più importante della direttiva, pro-

prio per il suo valore strategico, è quella chepropone la moderazione nell’uso degliimpianti per il raggiungimento del comfortinterno, in particolare gli impianti di condi-zionamento. Indicando l’adozione di misu-re che evitino il surriscaldamento estivocome l’ombreggiamento, la realizzazione diun involucro edilizio dotato di sufficientecapacità termica, l’applicazione delle tecni-che di rinfrescamento passivo, tese a miglio-rare le condizioni climatiche interne e ilmicroclima esterno. Sono dispositivi e tec-niche finalizzati ad incentivare una fonteenergetica colpevolmente trascurata: ilrisparmio energetico. Se concentrassimol’attività edilizia sul patrimonio esistentecon la ristrutturazione statica e l’ottimizza-zione della performance energetica, sarebbepossibile raggiungere contemporaneamentealmeno tre obiettivi molto ambiziosi: recu-pero dei centri storici abbandonati, rispar-mio energetico, risparmio di territorio, chenon verrebbe più urbanizzato per nuoviinsediamenti. Sono tre obiettivi che, acascata, darebbero altri benefici, come lasicurezza in città, se la ristrutturazione fosseseguita da politiche di locazione opportuneper richiamare le famiglie, e dunque il con-trollo sociale; l’energia risparmiata divente-rebbe disponibile per altri usi, le aree intor-no alle città conserverebbero la destinazioneagricola e non sarebbero in perenne attesadi essere trasformate in edificabili. La cittàrisulterebbe più compatta, che è un presup-posto indispensabile per l’ottimizzazionedei servizi anche in funzione del risparmioenergetico. Non ultimo si potrebbe darelavoro al settore dell’edilizia per i prossimiventi anni e formare mano d’opera specia-lizzata, quella che serve per le ristrutturazio-ni.Per realizzare tutto ciò occorrerebbe unaforte volontà politica. Giudicare da quantovisto finora, c’è di che essere pessimisti, manon disperiamo che si possano cambiare lecondizioni. Anche Lucrezio credeva chegrazie al clinamen potessero accadere eventiimprevisti.

S

È urgente ridurre il consumo di energia e suolo

Edilizia insostenibileAnna Rita Guarducci

Chipsin UmbriaDisconnessia MontoneAlberto Barelli

na connessione lenta o ritardinell’attivazione dei servizi inter-net entro certi limiti possono

anche rientrare nella normalità. Ma cheun po’ di pioggia basti per far rimanereisolati i computer e i telefoni fissi degliabitanti di un comune intero ha dell’in-credibile. Eppure succede ormai da annia Montone, dove anche nelle scorse setti-mane la linea internet non ha dato segnidi vita per giorni e giorni, portando all’e-sasperazione, ancora una volta, gli utenti.Ci sembra giusto, allora, dare voce allaloro sacrosanta protesta, contribuendo aportare alla ribalta un caso che, per quan-to unico, resta emblematico per la logicache lo sta determinando. Sì, perché il disservizio è causato dallostato di precarietà della vecchia e obsoletarete di collegamento in rame ma… non èquesto il punto. Se state pensando che lasoluzione al problema sia l’estensione aMontone della rete digitale, vi sbagliate.Una nuova linea in fibra ottica - e qui stail bello - è infatti esistente da anni: è statarealizzata con tutti i crismi, si estende nelsottosuolo per oltre dieci chilometri efinisce alla centrale di Montone.Il fatto è che vi finisce in tutti i sensi:non è mai stata col legata al la rete.Insomma, come ha ribadito la Giunta inuna lettera indirizzata poco prima diNatale al la direzione nazionale diTelecom Italia, quello che doveva esserefatto è stato fatto. E visto che si è trattatodel 90% dell’opera necessaria a garantireun servizio degno di questo nome, l’am-ministrazione ha giustamente sottolinea-to che non si capisce come mai ancoranon si sia provveduto a fare il resto. Sulbanco degli imputati è infatti la Telecomstessa, che non solo continua a soprasse-dere alla realizzazione dell’intervento disua competenza ma, come ha ricordato ilsindaco, non si è neppure mai degnata didare spiegazione sui motivi del ritardo odi comunicare l’esistenza di eventualiostacoli. Dietro a tutto non c’è chissà quale ragio-ne misteriosa, né problemi tecnici diffici-li da comprendere per i non addetti ailavori. La ragione è antica ed è sempre lastessa: semplicemente il numero degliabitanti del piccolo comune umbro ètroppo esiguo per rendere economica-mente conveniente l’intervento. La que-stione, allora, è fino a che punto si conti-nuerà ad accettare che tale logica di mer-cato continui ad essere seguita dall’azien-da di telefonia che di fatto detiene ilmonopolio della gestione della rete.Intanto tutte le speranze sono ripostenella fine dell’inverno e, quindi, dellepiogge. I problemi di saturazione dellalinea rimarranno ma magari per un po’non si dovrà assistere alla chiusura forzatadell’ufficio postale, delle banche e anchele imprese potranno continuare normal-mente nella propria attività come se sitrovassero in un paese normale.Montone, è vero, è la città di BraccioFortebraccio e le sue radici sono tenuteben vive. Ma è una pretesa troppo grandeper i cittadini potersi “risvegliare” nell’eradigitale con internet che funziona?

U

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un volume composito quello che,per la cura di Attilio Bartoli Langeli,la Deputazione di Storia Patria per

l’Umbria ha voluto dedicare a PietroScarpellini; dopo la premessa del curatore, cisono un ricordo dello storico dell’arte traccia-to da Enrica Neri Lusanna, un’accuratabibliografia, una galleria fotografica ove la fada padrone, talora accompagnato da un sorri-so, lo sguardo ironico e intelligente che con-nota l’immagine di Scarpellini dalla giovinez-za alla vecchiaia. Il meglio è certamente costi-tuito dal cd che contiene, in forma digitale,146 scritti dello studioso, di varia natura emisura, originariamente pubblicati sul setti-manale “Il Mondo” e sulla rivista “Il Ponte”,le due testate più autorevoli di un milieu cul-turale e politico liberal-democratico, chesenza successo aspirò ad essere “terza forza”tra la “balena bianca” democristiana e i partitidella sinistra di ispirazione marxista e operaia. Il volume in stampa, per agevolare la consul-tazione informatica, fornisce un elenco degliincipit e un indice analitico dei testi, il cuiarco temporale va dal novembre 1954 (unarticolo sul “Mondo” a proposito di una villaromana abbandonata e soffocata da nuovecostruzioni) al dicembre 2009 (uncorposo intervento sul “Ponte” inmerito all’ingordigia clericale edalla subalternità dei cosiddetti“laici”). In quello stesso dicembreScarpellini cominciò la collaborazionea “micropolis”, ove, dopo un primointervento sulla candidatura di Perugia eAssisi a capitale europea della cultura, curòtutti i mesi, fino al luglio successivo, la rubri-ca Umbria da salvare. Quella collaborazioneamichevole, libera e liberale, a un mensiletestardamente marxista è per tutti noi ragioned’orgoglio ed è stato arricchimento per chi haavuto la gioia di un contatto ravvicinato. DiScarpellini apprezzammo il rigore nemico diogni improvvisazione, la volontà di confronto(benché gestisse il suo spazio sul giornale inpiena autonomia, esigeva una discussionepreventiva su temi e contenuti del suo“pezzo”), la cultura profonda e vasta mai esi-bita, l’affabilità e l’arguzia. Dopo la pausaestiva, nel settembre 2010 ci comunicò dal-l’ospedale di dover saltare il numero. Morì sulfinire del mese. Bartoli Langeli, nella sua premessa, cita pro-prio da “micropolis” quella che considera“una bella sintesi di ciò per cui Scarpellinispese la vita”: “Per noi la cultura non ha altraragione se non se stessa; nasce innanzituttocome spinta morale che deve, in primoluogo, obbedire a un’esigenza dello spirito e,nella realtà concreta, servire a tutelare i beniculturali, continuamente minacciati da tantesconsiderate iniziative”. E’ una chiave utileper gli articoli scritti da critico d’arte, ancheper la fedeltà all’idealismo crociano evidentenelle tante recensioni a mostre novecentiste:l’“Arte vera” viene da Scarpellini nettamentedistinta dalla “non arte”, cioè dalle provoca-zioni gratuite o dalle sofisticate teorizzazionicui spesso si connettono inestetiche applica-zioni. Per Scarpellini - con qualche eccezione- sembra valere per il Novecentismo la defini-zione di “fabbrica del vuoto” che Croce usavaper la letteratura: da qui la propensione perartisti dichiaratamente “minori”, meno incli-ni alle mode e al bel gesto e più attenti all’o-nesta fatica del dipingere o dello scolpire.

Minoritas è la categoria scelta da BartoliLangeli per caratterizzare gli scritti per “IlPonte” o per “Il Mondo”, minori in quantooccasionali rispetto, per esempio, alle speciali-stiche monografie su Signorelli, Perugino ePintoricchio: la peculiare minorità cuiScarpellini aspira anche per se stesso “se neinfischia delle etichette imposte dall’industriaculturale” e rifiuta “la formuletta alla moda”per “conservare come un bene prezioso la suapiccola libertà”. Vero e giusto. Questi scritti “minori” diScarpellini sono tuttavia un capolavoro, poi-ché superano di gran lunga i limiti dell’occa-sionalità, dell’eterogeneità e della “leggerezza”stilistica che sovente caratterizzano le raccoltedi articoli. Il Nostro è infatti, prima ancorache storico e critico, scrittore, e scrit-tore eccellente, per una sua pecu-liare capacità di “vedere” e“raccontare”, per lagioia con cui con-duce in giroper sale

e spo-sitive amostrar-ne tesori em a g a g n e ,con cui mettein pagina menedi affaristi, guerredi bottega tra intel-lettuali, imbrogli dipoliticanti, con cuirappresenta l’antica esempre nuova voracità eipocrisia clericale. Lo è perla misura della scrittura, sem-plice ed elegante, dotata diquella grazia e sprezzatura chesono difficili a farsi; e insiemericca, capace di inglobare toscanearguzie, citazioni popolari e dotte,similitudini sorprendenti, funzionaliarcaismi. Una classicità cui fa da cemen-to l’ironia, la capacità di dominare con laparola la materia. L’unitarietà del libro ègarantita anche dalla forte tensione etica cheaccomuna tutti gli scritti. Non c’è distinzionetra quelli di storico e specialista e quelli “civi-li”. La sua lode, in un vecchio articolo(1956), dei pittori “macchiaioli” “una ricercadi schiettezza, una volontà di non fingere, dinon barare al giuoco come oggi si fa dapper-tutto” ben s’accorda - per esempio - ai nume-rosi articoli in cui svela e demistifica trucchi,imbrogli e imbonimenti di politicanti

arruffoni e intellettuali asserviti. Tra i numerosi percorsi tematici che il libro-cd su/di Scarpellini apre due ne trovo parti-colarmente interessanti: uno è l’Umbria dasalvare, titolo della rubrica di “micropolis” eimpegno cinquantennale del Nostro; l’altro itesti più propriamente narrativi, su storieantiche o attuali, alcune delle quali legati allanostra regione, i ritratti del pittore di Terni,Bartoli, o di quello d’Assisi, Francalancia, o lesventure del cinquecentesco CiprianoPiccolpasso, e infine la storia tra sociale, cul-turale e politica delle porte del Duomo

d’Orvieto, un vero gioiello dicostruzione e di stile, una diver-tente ed amara pantomina. Citornerò nei prossimi numeri,con articoli “dedicati”, per-ché credo che contenganonon poche utilità e bellez-ze. Voglio qui accennareinvece a un filo chepercorre gli scritti,brevi o ampi, di“politica cultu-rale” e si ritro-va come unasorta dileit-motiva n c h ei n

t a n t erecensioni di

mostre. Scarpellinimostra un fastidio quasi

insopportabile per la “quan-tità” ed è critico inesorabile di

quelle mostre che di un autore o di unmovimento affastellano opere su opere

mescolando capolavori e opere qualitativecon fondi di magazzino, esercitazioni, quadrie sculture meramente commerciali senza curae senz’anima: “meglio meno, ma meglio”,ripete pertanto ad ogni articolo, involontaria-mente riprendendo il motto caro a Lenin.Analogamente egli trova insensata ai fini cul-turali la moda del “grande evento” che con laquantità e il battage pubblicitario cerca, talo-ra con successo, di attrarre quantità inverosi-mili di visitatori, sottraendo ingenti risorsepubbliche alla cura dei beni culturali e allestrutture culturali in funzione del vantaggioimmediato di talune categorie economiche.

E’ uno dei problemi affrontati in uno deipochissimi testi esplicitamente politici conte-nuti nel cd, un articolo apparso sul “Ponte”dell’ottobre 2007, dal titolo Ma non ci sven-diamo, che a noi appare una sorta di testa-mento politico. Formalmente si tratta di unareplica al “dotto ambasciatore politologoSergio Romano” che aveva spezzato una lan-cia in favore del nuovo Partito democratico edella sua aspirazione a semplificare la scenapolitica italiana. Romano auspicava un progetto analogo nelcentrodestra e lamentava il disinteresse degliintellettuali. Scarpellini si mostrava scetticosu una chiamata alle armi tesa a soffocare “levoci più indipendenti, quelle che non si rico-noscono nei programmi formulati nei varicentri di potere”; e ricorreva, come pezza diappoggio, a un libro importante quello diJulien Benda sulla trahison des clercs, del1927. Ci sono due modi - spiega Scarpellini -che si offrono ai moderni “chierici”, cioè agliintellettuali per tradire la loro missione, quel-lo di arruolarsi negli eserciti e nei gruppi dipotere che si fronteggiano per aiutare i capi agovernare la massa o quello di sottrarsi allecontese, in un proprio mondo, tutt’al piùesprimendo genericamente la propria opinio-ne, ma senza scendere nel vivo degli avveni-menti. Sulla scorta di Benda Scarpellini sug-gerisce al “chierico buono”, l’intellettuale,l’uomo di lettere, lo scrittore di “interveniresui singoli episodi, richiamando su di essi ilmassimo dell’attenzione consentitagli daimezzi di cui dispone, pur conservando nelgiudizio il massimo di obiettività e indipen-denza”: non un rifugio nella torre d’avorio,un continuo, vigile confronto con la realtàquotidiana.Questo ruolo di coscienza critica ha deitratti aristocratici in cui io, ad esempio,non potrei riconoscermi, ma daScarpellini è stato interpretato cononestà e rigore per tutta la vita.Egli, nell’articolo in questione,usa la politica culturale comechiave per demolire la propo-sta di Romano agli intellet-tuali: i due schieramenti

sono entrambi indigeribili e sonoin realtà uno solo, che considera la cul-

tura solo in termini monetari e mercantili,di volta uno spreco da tagliare o un investi-mento fruttifero, non un valore in sé. Dopo una documentata requisitoriaScarpellini conclude con una sorta di profe-zia, che si è già verificata: “Penso che ciò valgaa spiegare l’atteggiamento di delusione, didistacco di molti clercs, uomini che nonvogliono diventare complici, farsi aggiogare alcarro del dio denaro, e mantenere la proprialibertà di giudizio, appunto come voleva ilfilosofo francese ottanta anni fa. Ma intantol’orizzonte si imbuia: non credo che il feno-meno di Beppe Grillo che riempie le piazzecon il suo V-day, e vuole addirittura l’aboli-zione dei partiti, sia da prendere sottogamba,che sia solo una sfuriata passeggera dopo laquale tutto tornerà a essere come prima. È unsintomo, per ora ancora confuso, ma cheprende a scuotere la coscienza degli italiani,che cominciano a divenire consapevoli di unagenerale, profonda situazione di ingiustizia.Gli inventori del Pd dovrebbero tenerneconto”.Non ne hanno tenuto conto.

13 c u l t u r amar zo 2013

È

Un volume ricorda Pietro Scarpellini

La spinta morale della culturaSalvatore Lo Leggio

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o incontrato Valentino Paparellial la f ine del 1972. Aveva 25anni, abitava a Buonacquisto, in

cima alla Valnerina ternana, e si stava lau-reando in antropologia a Perugia conTullio Seppilli con una tesi sulle trasfor-mazioni e la crisi del canto di tradizioneorale in Umbria. Io stavo appena scopren-do la straordinaria ricchezza della musicapopolare e della memoria storica dellaValnerina - le canzoni e le poesie sullaResistenza e sulle lotte operaie di DanteBartolini, il repertorio narrativo e ritualedi Trento Pitotti, le ottave e gli stornelli dilotta di Amerigo Matteucci, l’organetto ele ottave di Pompilio Pileri - e anche perlui fu una rivelazione.Da quel momento, abbiamo lavoratoinsieme. Valentino era attivo politicamen-te (fu anche consigliere comunale del Pciad Arrone) ma era fin da allora una figuraoriginale e concreta di intellettuale mili-tante: la cultura non era una cosa astrattaper lui, ma una forma del lavoro politico,un percorso di trasformazione sociale.Capì subito che la cultura popolare dellaValnerina, i l retroterra rurale delleAcciaierie di Terni, non costituiva sempli-cemente un repertorio folklorico di valen-za storica, ma esprimeva una capacità dicomunicazione dal basso e una memoriastorica anti-egemonica. Così, non ci limi-tammo a documentare la vitalità della cul-tura popolare di quel retroterra ruraledelle Acciaierie di Terni, ma cominciam-mo a organizzare i cantori e i poeti in quelGruppo della Valnerina che Valentino poiportò in tutta Italia e all’estero (in unmemorabile viaggio a Francoforte). Ilrisultato fu un disco che curammo insie-me per i Dischi del Sole, La ValnerinaTernana. Un’esperienza di ricerca-interven-to: uscito nel 1975, lo abbiamo ripropostodue anni fa, arricchito e con un libro cheraccontava questa storia. Ma non era solocultura politica: in tutte le cose, Valentinoci metteva il cuore, e per anni i compagnidella Valnerina furono per noi fratellimaggiori e maestri, gli incontri con loronelle osterie e nelle case momenti di festae di gioia; e per me Valentino diventòmolto più di un fratello. Ricorda Franca,sua moglie, che c’era:“A casa di Dante, Amerigo, Pompilio eTrento, davanti a tanti camini accesi, con ipiccoli bicchieri di vino in mano, perché la‘bevuta’ era d’obbligo, tra compagni (ancheper te che sei astemio!). E le mie chiacchierecon le mogli, le figlie, le loro attenzioni e iloro consigli per me, giovane madre un po’incosciente, che mi portavo dietro Silvia eAlessandro piccolissimi, e con Valentino cari-cavamo in macchina il registratore, l’asta

ingombrante del microfono, gli omogeneiz-zati, il biberon e il cambio dei pannolini.Perché tutte le volte che mi era possibile, avolte anche difficile, volevamo essere insie-me, volevamo condividere con i figli, e lororicantavano ‘Il dodici dicembre a mattina...’[la canzone di Dante Bartolini sui licen-ziamenti del 1952 alla Terni]”. Giorni fa, quando ancora non stava male,mi capitò di fare il suo nome con deiragazzi di Terni: “Paparelli, l’etnomusico-logo?”, dissero. Avevano ragione, ma soloin parte. Certo, da quei giorni inValnerina Valentino non aveva più smessodi cercare e far conoscere la musica dellasua regione. Basta pensare al lavoro davve-ro enciclopedico e accuratissimo del suoL’Umbria cantata, quattro cd di musica eun libro di testi, saggi, supporti criticiuscito nel 2008 che è la sintesi di una vitadi ricerca e di impegno. Valentino eramolto di più di un etnomusicologo: inprimo luogo, perché, nonostante avessetutte le competenze e le carte in regola deimigliori accademici, il suo restava sempreun lavoro di intervento in cui la musicaera il punto di accesso per una conoscenzacritica più ampia e profonda di tutta unacultura. Ma soprattutto perché la passionee lo studio per la cultura popolare eranosolo una faccia di quel diamante poliedri-co e multiforme che è stata la sua vita.Poco dopo la laurea, gli fu affidata la dire-zione dell’Azienda turistica provinciale diTerni. Nel mezzo dell’Umbria, Terni èforse la città con meno riconosciute attrat-tive turistiche. Valentino riuscì a trasfor-marla in meta turistica con l’idea genialedi evocare il culto romantico del suopatrono: accorsero a Terni migliaia di cop-pie di fidanzati che venivano a sposarsinella chiesa di San Valentino, compresecentinaia di fidanzati giapponesi che avolte arrivavano a convertirsi per poterlofare. Ne risultò tutta una campagna suTerni e San Valentino in Giappone, com-presa la produzione di una marca di cioc-colatini “Terni” con l’immagine della basi-lica. Raccontava Valentino, con la legge-rezza ironica che sapeva sempre accompa-gnare a un rigore minuzioso:“Una notte alle tre di notte suona il telefo-no, era il vescovo: ‘Paparelli, mi scusi perl’ora non proprio canonica, ma sa questebizzoche che rompono sempre… Mo’ insom-ma, ‘sti ragazzi [che vengono a sposarsi],come sono con le camere, sono in camera sin-gola?’ ‘Guardi, noi abbiamo preso tuttecamere doppie, perché? La disposizione è chevadano a coppie di maschi e di femmine.Poi, eccellenza, mica mi metto lì a control-lare’. ‘Mo’ ci mancherebbe!’”In quegli anni, Valentino fu anche tra i

promotori e gli organizzatori di UmbriaJazz. Perché, sì la musica popolare, ma perlui contava tutta la musica: tra gli annunciche ne rimpiangevano la scomparsa c’eraquello della società Filarmonica di Terni,di cui fu per anni presidente. Tra le altrecose che riuscì a fare in quegli anni fu diportare a Piediluco il centro remiero dovesi allenava la nazionale di canottaggio. E lìvenne fuori un’altra faccia del diamante:all’intelligenza della mente e alle passionidel cuore Valentino univa anche l’attivitàfisica dello sportivo praticante.Organizzare il centro remiero significò,così, anche darsi lui stesso al canottaggio.Più tardi, me lo ricordo appassionato diwindsurf e, fino all’ultimo, in sella allamotocicletta. Neppure la malattia che gliaveva per un periodo tolto la voce era riu-scita a fermarlo. Ma, più di ogni altracosa, la passione degli ultimi anni, che locondusse alle imprese più incredibili: lamontagna.Il giorno dell’ultimo saluto, in chiesa, conle bandiere del Centro Alpino Italianoaccanto all’altare, l’officiante parlò diValentino soprattutto in rapporto allamontagna: Valentino nelle spedizionisull’Himalaya fino al K2, Valentino istrut-tore di alpinismo al Terminillo… Era unaspetto della sua vita che conoscevo daisuoi racconti e dalle sue foto, del qualenon facevo parte (e mi pareva incredibileche a sessant’anni passati ce la facesseancora senza problemi).Mentre il sacerdote sviluppava l’immaginedella montagna in una commoventemetafora, io pensavo: nessuno, fuori dellasua famiglia, ha davvero conosciutoValentino per intero. Come ne vedevanosolo una parte i ragazzi che lo chiamavano“etnomusicologo”, così ne vedeva solo unaparte il sacerdote che lo conosceva solocome alpinista. Eppure, Valentino musi-cologo e antropologo e Valentino alpinistaera sempre la stessa persona.Arrampicandosi verso il K2 non vedevasolo neve e rocce ma anche persone: “E’un piccolo popolo, quello baltì”, scrivenel libro suggestivo, Il prezzo di un sogno,che racconta quelle esperienze; “Animistiin origine intorno al VI secolo adottano ilbuddhismo tibetano e nel corso del XVIl’islamismo sciita. Nel passaggio dallamaismo alla nuova religione, la polian-dria, praticata in precedenza, lascia ilpasso alla poligamia, anche se va detto chela povertà di quest’area non permette amolti uomini il lusso di avere più di unamoglie”. Ma l’antropologo che vede“popoli” è anche una persona sensibile chevede individui: “Li ho guardati spessodurante questi giorni di salita. Con qual-

cuno di loro che conosce un po’ di ingleseho potuto scambiare qualche pensiero.Colpisce che il loro destino sia ancoraquello di semplici strumenti di fatica…” .Viaggia con la macchina fotografica e conil registratore non come un turista macome un ricercatore che non ha mai smes-so di essere tale. Quando ha depositato alCircolo Gianni Bosio il suo archivio dipiù di quarant’anni di ricerca, dalle musi-che e le immagini dell’Umbria cantata sipassava senza fratture a quelle dei riti e deimonasteri dell’Himalaya. Quando l’ho conosciuto, Valentino erapoco più di un ragazzo. In un certo senso,lo è stato fino alla fine: la sua compiutamaturità umana e intellettuale non ha maiinterrotto il suo inesauribile desiderio dicrescere, di conoscere e di fare. Era terna-no fino al midollo, ma aveva il mondointero nel suo orizzonte, e non avevaancora finito di voler imparare. Ma nonaveva ancora finito neanche di voler dare,di voler condividere quello che venivaimparando. Diceva Walt Whitman, “sonovasto, contengo moltitudini”. Ecco, hopensato a quel verso salutando per l’ulti-ma volta Valentino. Conteneva moltitudi-ni, le accoglieva. Ma mentre Whitmanparlava delle sue moltitudini per giustifi-care le sue contraddizioni, Valentino hasempre tenuto la sua molteplicità nel dise-gno di una grande coerenza senza rigidità.C’è qualcosa di profondamente simboliconel fatto che lui, laureando di TullioSeppilli con una tesi sulla musica popola-re, stesse lavorando fino all’ultimo - lette-ralmente, correggendo le bozze sul suoletto in ospedale - a un nuovo lavoro pro-prio sulla raccolta di musica popolareumbra fatta dallo stesso,Seppilli conDiego Carpitella negli anni ’50 (in cui, fral’altro, aveva ritrovato alcune delle vocidel nostro primo lavoro in Valnerina). Eadesso, grazie a sua moglie Franca e aisuoi figli, Silvia e Alessandro, anche que-sto suo lavoro vedrà la luce.Voglio chiudere su una nota personale.Poco tempo prima della sua ultima rica-duta, in un’emergenza che portava la miafamiglia tutti i giorni all’ospedale di Terni,Valentino e Franca ci hanno aperto nonsolo la loro casa come se fosse la nostra,ma i loro cuori. Mio figlio mi raccontavale conversazioni con Valentino, ogni mat-tina, aspettando che l’ospedale aprisse perpoter andare dalla sua compagna e dallasua bambina. Valentino gli raccontava isuoi viaggi, i suoi incontri, le sue ricerche,le sue idee. “Ti apriva un mondo”, unmondo di idee e di possibilità, dice miofiglio. Anche lui non finirà mai di ringra-ziarlo.

14c u l t u r amar zo 2013

H

Un ricordo di Valentino Paparelli, personalità poliedrica

Lo sguardo sugli altriAlessandro Portelli

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sciti poco prima delle elezionipolitiche, i libri di Carlo Galli(Sinistra. Per il lavoro per la demo-

crazia, Mondadori, Milano 2013) e MarcoRevelli (Finale di partito, Einaudi, Torino2013) avvertono il terremoto che scuote ledemocrazie occidentali, fornendo strumentiper una lettura di prospettiva. Nonostantela diversità di approccio (storico-filosofico ilprimo, sociologico il secondo) e di oggetto(la sinistra per Galli, il partito di massa perRevelli), i due saggi convergono nel vederenel presente il compimento di una fase sto-rica: in sintesi, la fine della sinistra del ‘900fa tutt’uno con la dissoluzione della suaorganizzazione, il partito di massa.Galli muove da una distinzione originaria:contrariamente alla destra, che si fondasulla “naturalità” delle differenze sociali, lasinistra confida nella costruzione di unordine sociale giusto, che realizzi l’armoniatra la parte e il tutto, a loro volta declinatecome individuo/società, cittadino/stato,classe/sistema di produzione. Si delineanocosì le due principali correnti della sinistramoderna. Da un lato quella borghese e libe-rale, per cui il soggetto dell’emancipazioneè l’individuo proprietario, che realizza lademocrazia politica allargando progressiva-mente i diritti. A questa logica si affianca esi contrappone, dall’altro lato, la ragionedialettica, che vede nel conflitto fra la parte- la società civile - e il tutto - il modo diproduzione capitalistico - il motore delcambiamento. In quanto “negazione deter-minata” il proletariato può costruire unasocietà di liberi ed eguali: la sinistra di clas-se concepisce il progresso come “oltrepassa-mento”. Proprio per via della sua fiducianella “costruttività” razionale della società,la sinistra è segnata in tutte le sue compo-nenti e in tutta la sua storia da un’irriduci-bile tensione tra contingenza e progetto, traoccasione e necessità, tra spontaneità eorganizzazione. Dentro il percorso dellamodernità si genera anche un pensieronegativo, che nega ogni fondamento,lasciando i soggetti preda di un conflittoirriducibile, da cui non si esce razionalmen-te, ma solo affermando la volontà, il mito,la decisione. Originata da Nietzsche, questacorrente incrocia più volte la sinistra, finoalla biopolitica e al decostruzionismo.La sinistra nel ‘900 si confronta con quattrorivoluzioni: il comunismo, il fascismo, lostato sociale, il neoliberismo. La prima, che“mette in atto” l’oltrepassamento dialettico,si rovescia rapidamente nel suo contrario:negazione della libertà e ipostatizzazionedello stato. Il prestigio del socialismo sovie-tico si riduce alla lotta vittoriosa contro ilfrutto della seconda rivoluzione novecente-sca, il fascismo, che si affida alla potenza delnegativo, della decisione senza fondamento,del potere carismatico. Mentre la sinistra diclasse è segnata a fondo dalle contraddizionidel comunismo, la sinistra liberale e social-democratica guida la terza rivoluzione, che,limitando gli istinti predatori del capitali-smo (che hanno prodotto la catastrofe del‘29), costruisce uno “stato sociale” cheestende alle classi lavoratrici il diritto di cit-tadinanza. La rivoluzione neoliberista del-l’ultimo trentennio ha violentemente sot-

tratto la sfera dell’economico al controllopolitico, rilanciando a livello planetario ildominio della logica proprietaria.L’assolutizzazione del potere capitalisticoche ne deriva genera effetti sociali distrutti-vi, inverando le ipotesi nichilistiche delpensiero negativo.Cresciuto tra fedeltà alla rivoluzione comu-nista e confronto con quella del welfare, ilPci ha svolto la propria peculiare esperienzanel tentativo di mantenere aperta la tensio-ne tra adesione alla democrazia e supera-mento del capitalismo. Insieme a grandisuccessi, la “doppiezza” ha subito duri scac-chi, per essere poi spazzata via dall’urtodella rivoluzione neoliberale, che lascia sulcampo solo frammenti delle diverse sinistre.Per Galli la ricostruzione di una sinistrapolitica forte passa necessariamente per unarinnovata centralità del lavoro. Marco Revelli vede nei dati delle ammini-strative 2012 una situazione “greca”: al crol-lo della destra non corrisponde una veraavanzata del centrosinistra, che si affermaspesso solo grazie a candidati estranei aipartiti. Il vero vincitore è il movimento diGrillo, di cui è già ipotizzabile il boom dellepolitiche. La avanzata crisi di fiducia neipartiti è già evidenziata da due eventi del2011: il referendum sull’acqua e la forma-zione del governo Monti. Nel primo caso icittadini rifiutano di delegare la decisionesui beni comuni; nel secondo l’iniziativa diNapolitano esautora il parlamento: ilmonopolio partitico dello spazio politicoviene così eroso “dall’alto” e “dal basso”. La crisi di fiducia, al di là delle peculiaritàlocali, indica l’esaurimento del ruolo deipartiti di massa del Novecento. Come, dadiverse angolazioni, avevano argomentato ilMichels della “ferrea legge dell’oligarchia”, eil Gramsci del “moderno principe”, esso è ilcorrispettivo politico delle burocrazieamministrative e della fabbrica fordista.Analogamente ad esse, il partito di massa sifonda su centralizzazione, specializzazione,standardizzazione, integrazione verticale difunzioni. Nel periodo di massimo successo,quello dello sviluppo postbellico e del wel-fare, i partiti detengono il monopolio dellasovranità grazie ad una solida fiducia di

militanti ed elettori, particolarmente nellasinistra. Sorto in analogia con la secondarivoluzione industriale, il modello entra incrisi con la terza: i nuovi paradigmi produt-tivi - dall’integrazione verticale all’esterna-lizzazione, dalla standardizzazione alla leanproduction, dalla centralizzazione alla “disse-minazione” - scompongono le basi di massadei partiti, rendendone sempre più volatilela presa su militanti ed elettori. In calo divoti e adesioni, i partiti si trasformano incomitati elettorali o aggregazioni di opinio-

ne, tanto più isolati quanto più difendonoprivilegi di status non più accettati.Pur condividendo le preoccupazioni su pos-sibili derive populistiche e autoritarie,Revelli respinge l’affermazione “non c’èdemocrazia senza partiti”. Quella del parti-to di massa è un’epoca conclusa e comesono esistite in passato forme diverse di rap-presentanza e partecipazione (la democrazia“rappresentativa” classica non prevedeva lamediazione dell’organizzazione), altre sonooperanti adesso: accanto alla democrazia del“pubblico”, che trasforma la politica in unmercato mediatico, emergono le multifor-mi, originali forme di democrazia parteci-pativa di associazioni e movimenti. Come si è detto le analisi di Galli e Revellidelineano una situazione di crisi non episo-dica, particolarmente grave nel nostropaese, la cui situazione sembra evocare leconvulsioni della repubblica di Weimar. Ladivergenza è sulle proposte: se il “principe”di Galli dovrebbe avere i tratti sociali e leforme organizzative del laburismo, Revellipone la questione della sovranità su basiradicalmente nuove. Un’ultima considera-zione: entrambi gli autori hanno partecipa-to alla recente campagna elettorale. Galli,candidato Pd, auspica di trovarvi l’embrio-ne della forza politica laburista che auspica;Revelli, promotore di “Cambiare si può”,non ha aderito alla lista di Ingroia, segnatadai difetti dei declinanti partiti. Le lorodiverse sconfitte ci dicono che nessuno asinistra può stare tranquillo.

15c u l t u r amar zo 2013

La politica e la sinistra secondo Revelli e Galli

Weimar senza principeRoberto Monicchia

U

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Fabio Bettoni, Menotre un fiumeuna val le un ecomuseo ne l laDorsale Appenninica umbra, Iquaderni di “Patrimonio indu-striale”, 5, Crace, Perugia 2012.

La valle del Menotre rappresen-ta un ecosistema particolare. IlMenotre è un fiume breve e tor-tuoso, lungo il suo corso si sonoconcentrate molteplici attivitàeconomiche e manifatturiere dalmedioevo ad oggi. Esso s i configura come unarisorsa che viene controllata,modificata e uti l izzata dagliuomini nel corso dei secoli eche plasma il paesaggio, confi-gurando economie e societàdestinate a durare nel tempo incui si intrecciano permanenze emoderate modernizzazioni .Oggi il paesaggio della valle èsconvolto dalle opere del “qua-dri latero” e l ’ecosistema è arischio. L’eccezionalità del con-

testo e la necessità di conservar-ne i caratteri è la ragione diquesta fatica di Fabio Bettoni.Da ciò nasce la proposta dell’e-comuseo, che l’autore motivacon r icchezza di proposte eabbondanza di dati. Non è unprogetto di oggi, ma che haimpegnato nel tempo studiosi,associazioni ambientaliste e ditutela del territorio, pro loco dipaese. Alle motivazioni che stanno die-tro alla proposta dell’ecomuseo,si aggiungono dati e temi intor-no ai quali costruire le antenneterritoriali che rappresentanol’ossatura dell’allestimento e unatlante del la val le , grazie a lquale è possibile definire gli iti-nerari territoriali, il museo dif-fuso, che rappresentano l’origi-nalità di una proposta di eco-museo.

Ma il libro non è solo una cas-setta degli attrezzi e un suppor-to scientifico indispensabile, èanche uno strumento di batta-glia contro la sordità delle auto-rità locali nei confronti delleistanze che nascono dal territo-rio e dalle comunità. Si intrec-ciano anche in questo caso mol-teplici elementi: dalla mancanzadi fonti di f inanziamento apriorità di politica culturalediscutibili, ma il tratto domi-nante è l’indifferenza e l’incapa-cità di pensare in grande, l’inet-t i tudine a produrre att i , lavischiosità dei percorsi di scelta.Insomma un deficit ammini-strativo che svela un limite cul-turale che impedisce di ripensa-re in modo nuovo le politiche divalorizzazione e salvaguardia delterritorio, che sono anche poli-tiche di sviluppo locale.

Maria Luisa Martella, Una voltaa Perugia. Cronaca di un Caffèdi fine Ottocento, Futura, Peru-gia 2012.

Il volume parte da una piccolascoperta: il primo caffè elegantedi Perugia dopo l’Unità, il CaffèNuovo, aper to nel 1873 daFrancesco Molinelli e situato inpiazza San Lorenzo, oggi IVnovembre, non era collocato -come voleva la tradizione orale -dove oggi si trova il Chocostore,ma nei locali dell’attuale sededella Banca di Mantignana, chein precedenza avevano ospitatoil negozio di antiquariato Ru-fini-Rogari. Maria Luisa Martella porta atale proposito molteplici indizi(mappe catastali, fotografie d’e-poca, documentazione d’archi-vio, ecc.), ma quello che taglia

la testa al toro è la decorazionemuraria realizzata da MatteoTassi nel 1885 che richiama imotivi che lo stesso artista avevautil izzato per le decorazionidella Sala dei Notari , per laquale i l Municipio gli avevaaffidato il restauro. Emerge “laforte consonanza st i l ist ica ed’intonazione con la Sala deiNotari [che] fa del Caffè Nuovoun piccolo scrigno di delizioseminuzie neogotiche perfetta-mente calibrate e brillanti…”.E’ anche l’occasione per risco-prire il profilo del decoratoreche operò nel secondo ottocen-to tra Perugia, Firenze, Roma ele Marche. L’autrice descrive tali percorsicon precisione filologica, masenza inutili pedanterie, cosache rende il volume piacevol-mente leggibile, facendone unpiccolo affresco sul secondoottocento perugino e sui gusti ei costumi di una borghesia citta-dina in via di affermazione. IlCaffè chiuderà nel 1892 ed ilocali ospiteranno, per alcunidecenni, la Farmacia Inglese.

scomparso Bruno Buitoni, ammini-stratore delegato della BuitoniPerugina dal 1976 al 1985.

Apparteneva alla quinta generazione dellafamiglia. Gli storici d’impresa, a propositodel capitalismo familiare, affermano che laprima generazione costruisce, la secondamantiene e consolida, la terza liquida.Anche nel caso Buitoni, pur se in ritardo,la liquidazione è avvenuta. Il perché e ilcome sono abbondantemente noti. Dopol’abbandono nel 1960 del controllo delleaziende del gruppo da parte di GiovanniBuitoni, l’imprenditore che nella primametà del Novecento ne aveva determinatol’affermazione, si accumulano ritardi e scel-te sbagliate. Il processo d’integrazione delgruppo si realizza solo alla fine degli annisessanta con la costituzione della finanziariaIbp, su cui i diversi interessi familiari pesa-no negativamente, determinando una diffi-cile governabilità dell’impresa: l’atto costi-tutivo dell’Ibp, infatti, è congegnato inmodo tale che per avere la maggioranza nelconsiglio di amministrazione è necessarioun accordo fra tre rami della famiglia. Intale situazione il progetto di Paolo Buitoni,amministratore delegato, di costruire ungruppo alimentare impegnato nei diversi

settori di produzione e che colloca il futurodell’impresa in comparti di avanguardiacome la ristorazione collettiva e i precotti,si scontra con resistenze, difficoltà tecnichee organizzative. L’impresa è troppo piccolaper competere con le multinazionali delsettore e troppo grande e diversificata perlimitarsi al mercato nazionale, per nonporsi l’obiettivo di crescere ancora. Controil piano di Paolo Buitoni congiurano lacrisi petrolifera e l’inflazione galoppante,con il conseguente aumento del costo deldenaro. Alla fine quella strategia vieneabbandonata e Paolo sostituito nel 1976dal cugino Bruno, con il quale inizia l’ago-nia del gruppo, conclusa con la cessione

alla Cir di De Benedetti. Solo chi non è informato dei fatti, come ilPresidente della Repubblica, può magnifi-care le capacità innovative di BrunoBuitoni e affermare “che ha contribuitoallo sviluppo dell’industria e alla crescitaeconomica del paese”. La Presidente dellaGiunta regionale gli ha fatto eco sostenen-do che il nostro era “uno degli imprendito-ri che ha maggiormente segnato la storiadell’industria dell’Umbria e di Perugia” eaggiungendo che suo è il merito di averportato “i marchi di Buitoni e Perugina aivertici dei mercati internazionali delle pro-duzioni alimentare e dolciaria”. La realtà èun’altra. Bruno Buitoni non opera con

piglio innovativo, si limita a fare quello chenelle fasi di crisi fanno la maggioranza delleimprese: taglia l’occupazione, vende alcunedelle aziende acquisite negli anni preceden-ti, chiude la rete commerciale diretta (inegozi). Tuttavia la crisi continua a maci-nare, e i bilanci dell’azienda rimangono indeficit: le perdite crescenti della Divisionealimentare Italia non sono compensate daiprofitti di Perugina e delle aziende estere.La cessione del 1985 appare, quindi, unascelta obbligata. Cosa ci sia di innovativo in tutto questorimane un mistero. Si può legittimamenteaffermare che Bruno Buitoni ha operato inun contesto sfavorevole, che non ha fattonulla di diverso da altri imprenditori alivello nazionale ed umbro, che insomma èstato sfortunato e gli si debbano concederele attenuanti generiche e specifiche. Da quia presentarlo come un protagonista dellosviluppo italiano ce ne passa. E’ stato unosconfitto di rango, un protagonista deldeclino dell’Italia industriale, insomma unasorta di “eroe del nostro tempo”. Per dirlacon Schumpeter i pacchetti azionari si ere-ditano, le capacità e le vocazioni imprendi-toriali no. Bruno Buitoni certamente nonle aveva.

16 l i b r i - i d e emar zo 2013

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Francesco Morrone, Enrico Sciamanna, Marco Venanzi,Marco Vulcano.

Chiuso in redazione il 22/03/2013

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