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Anno Accademico 2016/2017
Calore e temperatura: un progetto didattico per la scuola primaria e la scuola dell'infanzia
Relatore
Samuele Straulino
Candidata
Margherita Pasqui
Scuola di Studi Umanistici
e della Formazione
Corso di Laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della
Formazione Primaria
Indice
Introduzione………………………………………………………..……………..................... 3
Capitolo 1. L’insegnamento scientifico nella scuola primaria e nella scuola dell’infanzia…....5
1.1. Galileo e il metodo scientifico sperimentale……………………………………................5
1.2. Jean Piaget: lo sviluppo mentale nell’infanzia…………………………………………...10
1.3. Il metodo scientifico in ambito educativo: John Dewey…………………………………14
1.4. La conferenza di Woods Hole sull’insegnamento scientifico nelle scuole primarie……..18
1.5. Il coinvolgimento degli alunni nell’apprendimento delle scienze.…………………..…..24
1.6. Il ruolo delle scienze nella scuola primaria……………………………………………....26
1.7. La scuola dell’infanzia e la didattica delle scienze…………………………..............…..27
Capitolo 2. Il calore e la temperatura: gli aspetti scientifici e le strategie didattiche ..............31
2.1. Gli stati fisici della materia ……………………………………...................................... 31
2.2. I passaggi di stato …………………................................................................................. 35
2.3. La temperatura e il funzionamento del termometro ………………………......................38
2.4. Il calore ……………………………………..............................................................…...42
2.5. La didattica scolastica: un’introduzione per strutturare i progetti didattici ………..........44
Capitolo 3. I progetti didattici nella scuola primaria e nella scuola dell’infanzia ………..…..54
3.1. Scuola primaria: premessa e scelta dell’argomento …………………………............…..54
3.2. Analisi del contesto: classe V B della scuola primaria Federigo Tozzi ………………….55
3.3. Primo incontro: la somministrazione del questionario preliminare ……………..............61
3.4. Secondo incontro: trasformazione termica nei tre stati della materia …………………...68
3.5. Terzo incontro: la dilatazione termica allo stato solido e allo stato liquido ……………..76
3.6. Quarto incontro: l’equilibrio termico e la conservazione della massa negli scambi di
calore..................................................................................................................................…...85
3.7. Il progetto didattico nella scuola dell'infanzia.............................................................…..90
3.8. Progettazione dell'unità di competenza..............................................................................92
1
3.9. Primo incontro: la temperatura....................................................................................…..93
3.10. Secondo incontro: espansione termica allo stato gassoso..............................................102
3.11. Terzo incontro: il gioco del fuoco.............................…….............................................106
Capitolo 4. Valutazione e analisi dei due progetti didattici…….............................................110
4.1. Premessa: la valutazione scolastica ………………………………………………….....110
4.2. Scuola primaria: la prova di verifica ……………………...............................................112
4.3. Scuola dell’infanzia: la valutazione degli obiettivi di apprendimento.............................126
4.4. Analisi e confronto finale dei due progetti didattici.........................................................130
Conclusioni.……………………………………………………………………....................135
Bibliografia.……………………………………………………………………....................137
2
Introduzione
Il mio lavoro di tesi si propone di esaminare due progetti didattici sui concetti di calore e
temperatura, realizzati nella classe quinta della scuola primaria Federigo Tozzi e nella sezione
dei bambini di cinque anni dell’Istituto Comprensivo Statale F. Tozzi n° 4, a Siena.
La decisione di realizzare questi progetti nasce dall'interesse personale per le discipline
scientifiche e dall’osservazione sulla didattica delle scienze svolta nelle scuole durante il mio
percorso universitario. Negli anni di tirocinio diretto ho appurato che spesso i contenuti
scientifici sono trasmessi dai docenti come nozioni da memorizzare, spesso estrapolate dai
libri di testo, con una impostazione didattica tradizionale (utilizzando perlopiù lezioni
frontali). Gli alunni non sono coinvolti in esperienze laboratoriali e non si pone attenzione alle
strategie didattiche ritenute più indonee per le discipline scientifiche.
L’obiettivo di questa tesi è quello di proporre agli alunni contenuti che fanno parte della loro
quotidianità ma che raramente sono affrontati nella scuola primaria e nella scuola
dell'infanzia. Ho realizzato due progetti didattici con l'intento di promuovere un modo di
pensare e di rapportarsi alla realtà caratteristico del fare scienza, con il particolare riferimento
al metodo scientifico sperimentale.
L'elaborato è composto da quattro capitoli: i primi due capitoli analizzano i riferimenti
scientifici, didattici e pedagogici su cui si è basato lo sviluppo dei due progetti. Gli ultimi due
capitoli illustrano la preparazione e la realizzazione delle attività fino alla valutazione degli
apprendimenti e dei risultati finali.
Il primo capitolo analizza l'insegnamento scientifico da un punto di vista pedagogico e
nell'ottica del metodo scientifico sperimentale. Inizialmente viene fornito un quadro storico
che ripercorre alcune tappe che hanno portato alla strutturazione della didattica in ambito
scientifico, con un particolare riferimento alla figura di Galileo Galilei. Nei paragrafi
successivi è messo in evidenza il legame tra l'esperienza concreta e lo sviluppo delle
conoscenze scientifiche dei bambini, in relazione al loro sviluppo cognitivo.
Il secondo capitolo descrive i concetti di calore e temperatura da un punto di vista teorico e
scientifico, analizzando e spiegando le principali leggi che riguardano i contenuti proposti
nelle attività. L'ultima parte del secondo capitolo esamina le strategie didattiche ritenute più
3
idonee per la realizzazione dei due progetti: l'attenzione è posta sulla relazione tra l'esperienza
dei bambini e il metodo scientifico: questo può fornire loro le competenze necessarie per lo
sviluppo di una formazione scientifica di base.
Il terzo capitolo analizza l’esperienza dei due progetti didattici, le motivazioni della
realizzazione, l’analisi dei due contesti, la definizione degli obiettivi e i mezzi con cui
raggiungerli. Ogni passaggio è stato documentato, utilizzando le foto fatte durante le attività,
le immagini degli esperimenti e le elaborazioni personali degli alunni (scritte, iconiche o
verbali) sui contenuti affrontati.
L’ultimo capitolo affronta l’aspetto della valutazione di entrambi i percorsi, descrivendo gli
strumenti utilizzati per valutare l’apprendimento iniziale e finale degli alunni e per verificare
l’efficacia e l’efficienza formativa delle proposte didattiche.
4
Capitolo 1. L’insegnamento scientifico nella scuola primaria e nella scuola
dell’infanzia
Grazie all’esperienza del tirocinio ho potuto constatare che l’insegnamento scientifico è una
procedura complessa, perché sono molti gli elementi che concorrono alla sua efficacia: la
scelta dei contenuti e dei metodi, il linguaggio utilizzato, il tempo a disposizione all’interno
dell’orario scolastico, la formazione degli insegnanti. Ci sono poi altri aspetti di cui è
importante parlare, per tentare di fornire un quadro più organico all’educazione scientifica
nella scuola primaria e nella scuola dell’infanzia, come la funzione attribuita dalla pedagogia
all’insegnamento scientifico.
In questo capitolo esaminerò alcuni di questi aspetti, con la consapevolezza che è difficile
fornire un quadro completo per la molteplicità di contributi offerti dagli studiosi nell’ambito
della didattica delle scienze.
1.1. Galileo e il metodo scientifico sperimentale1
1.1.1. La vita di Galileo e le sue opere più importanti
Galileo nasce a Pisa nel 1564, dove studia e poi insegna matematica. Si trasferisce
successivamente a Padova, dove apprezza il rispetto della Repubblica veneta per la libertà di
pensiero. Trasferitosi a Firenze, su invito del granduca Cosimo II, nel 1616 viene chiamato a
Roma e ammonito dal Cardinale Bellarmino del Sant’Uffizio perché aveva sostenuto, nella
lettera a Cristina di Lorena, la teoria di Copernico e la distinzione tra il mondo della teologia e
il mondo della scienza. Nel 1623, nonostante l’ammonizione, Galilei prosegue i suoi studi e
pubblica Il Saggiatore, nel quale descrive le comete e in cui espone importanti considerazioni
di carattere metodologico.
Nel 1632, incoraggiato dall’elezione di Urbano VIII, egli pubblica il Dialogo sopra i due
massimi sistemi, in cui discute dei due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano;
la teoria di Copernico viene presentata come ipotesi matematica, non necessariamente
corrispondente alla realtà.
1Le argomentazioni del paragrafo sono riprese principalmente dai testi: Berlolt Brecht, Vita di Galileo, Bertolt Brecht, Einaudi Editore, 2014. Alberto Righini, Galileo: tra scienza, fede e politica, Editrice Compositori, Bologna, 2008. Ludovico Geymonat, Galileo Galilei, Einaudi, Torino, 1883.
5
Nella prefazione Galileo scrive:
ho preso nel discorso la parte Copernicana, procedendo in pura ipotesi matematica cercando per
ogni strada artifiziosa di rappresentarla superiore.
La pubblicazione del testo, avvenuta nonostante le ammonizioni precedenti, ebbe come
conseguenza l’abiura e la condanna al carcere a vita. Nella sua casa di Arcetri, scrive il suo
trattato scientifico, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze,
attinente alla meccanica e i movimenti locali.
1.1.2. L’affermazione del nuovo metodo scientifico e di pensiero
In Galileo Galilei è centrale la battaglia per la libertà della scienza e per l’affermazione di un
nuovo metodo scientifico, aperto al ragionamento e all’osservazione dei fatti. Questo metodo
assumerà una portata che andrà ben al di là del campo strettamente scientifico e diventerà un
modo nuovo di pensare e di ragionare, costituendo una vera e propria rivoluzione per la
cultura del tempo. Galilei si rese conto della portata innovativa del suo metodo e ritenne
decisiva la battaglia per fare in modo che esso si affermasse e diffondesse. Questo si identifica
in particolare nel valore pedagogico del suo Dialogo: sceglie di scrivere in volgare anziché in
latino perché tutti possano capire e discutere gli argomenti trattati. Egli riteneva che la scienza
non fosse prerogativa di pochi: per questo scrive un testo in forma di dialogo, e non di trattato
6
o saggio, proprio perché si capisca che la scienza nasce dallo scambio di opinioni. Nel dialogo
tre personaggi discutono e mettono a confronto le proprie posizioni: Simplicio (autentico
aristotelico), Salviati e Sagredo, che inclinano in misura diversa per il sistema copernicano.
Galileo fa di tutto perché la Chiesa approvi la pubblicazione del Dialogo: solo così esso potrà
influire sulle persone che erano sotto l'influenza della Chiesa.
La battaglia di Galilei per l’affermazione del nuovo metodo scientifico si svolge su due fronti:
La battaglia contro l’autorità religiosa: Galilei espone nelle lettere copernicane a Cristina di
Lorena e a don Benedetto Castelli la tesi dei due linguaggi differenti in cui sono scritte la
Natura e la Bibbia, entrambe derivanti da Dio.
La battaglia contro l’aristotelismo dominante nella cultura dell’epoca. Galileo aveva stima per
Aristotele, ma disprezzo per gli aristotelici. Proprio Galilei afferma: Io mi rendo sicuro che se
Aristotele tornasse al mondo egli riceverebbe me tra i suoi seguaci, in virtù delle mie poche
contraddizioni, ma ben concludenti, molto più che moltissimi altri che, per sostenere ogni
detto suo vero per vero, vanno esplicando dai suoi testi, concetti che mai non gli sariano
caduti in mente. E quando Aristotele vedesse le grandi novità scoperte in cielo dov'egli
affermò quello essere inalterabile et immutabile perché niuna alterazione vi si era allora
veduta, indubitabilmente egli, mutando opinione, direbbe ora il contrario.2
1.1.3. Le scoperte di Galileo
Galileo fece alcune scoperte che misero in crisi la concezione aristotelica del movimento:
Scoperta dell’isocronismo del pendolo: le oscillazioni si svolgono nello stesso tempo,
indipendentemente dalla loro ampiezza.
Intuizione teorica del principio d’inerzia (Primo principio della dinamica):
contraddiceva la teoria aristotelica.
Studio del moto di caduta dei gravi: tutti i corpi cadono nel vuoto con la stessa
accelerazione.
Principio di relatività galileiano, che anticipa il principio di relatività di Einstein.
2De Luise, Farinetti, Lezioni di storia della filosofia, Zanichelli editore, 2010, Unità 2 - lettura 8.
7
La teoria aristotelico-tolemaica dell’universo, fondata sull’idea geocentrica e sulla differente
struttura del mondo celeste rispetto alla Terra, veniva messa in crisi da altre scoperte di
Galileo in ambito astronomico:
Osservazione di profonde irregolarità (montagne, crateri, depressioni) sulla superficie
della Luna.
Scoperta delle macchie solari.
Scoperta dei satelliti di Giove.
Scoperta delle fasi di Venere.
Osservazione di molte stelle nella via Lattea non visibili a occhio nudo.
A Galileo non interessava trovare la causa del fenomeno, ma descrivere nel modo più chiaro
possibile il suo andamento: non voleva cercare il perché, ma il come. Rispetto alla scienza che
cercava di individuare le quattro cause aristoteliche (formale, materiale, efficiente e finale),
egli si dichiara soddisfatto se riuscirà a individuare solo quella efficiente, che dà conto del
come avviene il fenomeno ed è anche la più certa da controllare e verificare.
Galilei rifiuta il finalismo, ovvero la ricerca del senso di un fenomeno e della sua forma o
essenza, e cerca di spiegare solo l’andamento dei processi naturali; smette di cercare il perché
la natura operi in un certo modo e cerca di descrivere solo il come.
1.1.4. Il rifiuto delle affermazioni non verificabili
Al rifiuto del finalismo, inteso come spiegazione che non può essere verificata
scientificamente, possiamo collegare l’idea di Galilei per cui è scientifico solo ciò che di fatto
è verificabile; un’affermazione né dimostrata né dimostrabile non ha diritto ad essere
scientifica.
Non basta intuire e formulare ipotesi ma occorre dimostrare e per dimostrare ci vogliono
strumenti precisi. Dopo aver intuito che i gravi cadono con la stessa accelerazione
indipendentemente dal peso, Galileo non si limitò ad affermare che i corpi di peso diverso
cadono nel vuoto nello stesso modo, ma cercò di offrirne una descrizione e dimostrazione
rigorosa che non fosse basata su semplici impressioni e supposizioni. Il ricorso a strumenti di
misurazione precisi ci porta a sottolineare l’importanza del rigore nell’osservazione dei
fenomeni. Evidentemente esso non può essere ottenuto attenendosi a impressioni e sensazioni
8
soggettive, ma bisogna rifarsi a elementi oggettivi e misurabili. Da qui la scelta di Galileo di
privilegiare gli aspetti quantitativi e misurabili rispetto a quelli qualitativi: i primi sono
oggettivi e dunque uguali per tutti e misurabili, i secondi invece dipendono solo dal soggetto e
come tali non si prestano ad essere utilizzati come criterio che metta d’accordo tutti.
1.1.5. Il metodo di Galileo
Gli studiosi descrivono il metodo di Galileo come un metodo che consta essenzialmente di
due momenti:
1. un momento osservativo-induttivo
2. un momento ipotetico-deduttivo
Questi due momenti non vanno pensati in una relazione strettamente cronologica, uno dopo
l’altro, ma dialettica, cioè in una relazione di coesistenza, intreccio e influenza reciproca.
Galilei concentra il suo pensiero in una frase che scrive più volte nelle sue lettere: pare che
quello degli effetti naturali che la sensata esperienza ci pone dinanzi agli occhi o le
necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in
dubbio…3
Il concetto, riassunto nella formula sensate esperienze e certe dimostrazioni, è poi diventato il
simbolo del metodo galileiano: le dimostrazioni certe sono quelle della geometria e della
matematica, mentre le sensate esperienze sono le esperienze dei nostri sensi e anche quelle
che facciamo in laboratorio con gli esperimenti. Per Galileo la matematica non è solo uno
strumento per studiare la natura, ma costituisce la struttura stessa del mondo, che è regolato da
leggi matematiche. Secondo Galileo, dunque, se si vuole studiare e capire il mondo, bisogna
usare la matematica. Ecco il brano del Saggiatore in cui egli esprime questo concetto: La
filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli
occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la
lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i
caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a
intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro
labirinto.
3 Galilei, Lettera a don Benedetto Castelli, Pisa, 1613.
9
Le esperienze utilizzate per verificare le ipotesi matematiche consistono nell’osservare i fatti e
nel controllare direttamente le cose di cui si parla. Va però precisato che l’esperienza utilizzata
per la verifica delle ipotesi ha le seguenti caratteristiche:
Non si tratta dell’esperienza immediata, cioè del senso comune, ma di un’esperienza
potenziata (ad esempio l’uso di strumenti come il cannocchiale), problematizzata e
sottoposta alla sollecitazione di esperimenti che la costringano a rivelare la natura
delle cose osservate. È il ragionamento che inventa e predispone l’esperimento in
funzione dell’ipotesi da verificare e ne segue lo sviluppo, utilizzando e ideando gli
strumenti tecnici di controllo. È un’esperienza prolungata e sistematica, non casuale e
discontinua, in modo tale che emergano delle regolarità certe nell’osservazione dei
fenomeni.
Si tratta di un’esperienza che talvolta avviene solo a livello mentale. È il caso di alcuni
esperimenti mentali cui Galilei ricorre nelle sue ricerche. Questi esperimenti, se non
possono essere direttamente effettuati, possono comunque avere una verifica indiretta
nelle loro conseguenze e contribuiscono a scoprire le leggi che governano la natura e
che valgono in tutti i casi, non solo per quelli immaginati dallo scienziato per i suoi
scopi di ricerca.
1.2. Jean Piaget: lo sviluppo mentale nell’infanzia
La più importante teoria sullo sviluppo mentale del bambino è quella elaborata da Jean Piaget
(1896-1980). Egli ha dimostrato sia la differenza tra il pensiero del bambino e quello
dell'adulto è di tipo qualitativo e che il concetto di intelligenza è strettamente legato al
concetto di adattamento all'ambiente. Piaget afferma che l'intelligenza «è un prolungamento
del nostro adattamento biologico all'ambiente; l'uomo non eredita solo delle caratteristiche
specifiche del suo sistema nervoso e sensoriale, ma anche una disposizione che gli permette di
superare questi limiti biologici imposti dalla natura.»4
Piaget ha scoperto che la conoscenza del bambino si basa sulla relazione del soggetto con ciò
che lo circonda, nel senso che il soggetto interagisce con gli oggetti che ha a disposizione e li
trasforma. In particolare ha proposto due processi che caratterizzano ogni adattamento:
4 Cfr. M. Autieri, R. Calvino, G. Pianura, M. Sannipoli, A10 Filosofia delle scienze umane, 2016, p.98.
10
l'assimilazione e l'accomodamento. Si ha assimilazione quando una persona utilizza qualcosa
del suo ambiente per un'attività che fa già parte del suo repertorio e che non viene modificata:
questo processo predomina nella prima fase di sviluppo. Nella seconda fase invece prevale
l'accomodamento, non appena il bambino può svolgere un'osservazione attiva sull'ambiente
tentando di dominarlo. Le vecchie risposte si modificano con eventi ambientali mutevoli: ad
esempio, se il bambino si accorge che un oggetto da battere per terra è difficile da
maneggiare, cercherà di coordinare meglio la presa dell'oggetto. Anche l'imitazione è una
forma di accomodamento, infatti il bambino modifica sé stesso in relazione agli stimoli
dell'ambiente. Un buon adattamento all'ambiente si realizza quando assimilazione e
accomodamento sono ben integrati tra loro.
Le ricerche di Piaget, inoltre, affermano che si possono distinguere quattro stadi di sviluppo
intellettuale del bambino.
Lo stadio senso-motoria dello sviluppo (0-2 anni).
La prima fase di sviluppo del bambino è quella che inizia nel periodo prescolare,
terminando intorno ai cinque - sei anni di età. In essa, il lavoro mentale del bambino
consiste nello stabilire dei rapporti tra l’esperienza e l’azione e il suo interesse è
finalizzato a prendere possesso del mondo attraverso l’azione stessa. La prima infanzia
va dalla manifestazione del linguaggio fino al momento in cui il bambino impara a
utilizzare i simboli. In questa fase preparativa alle età successive, la maggiore
conquista simbolica del bambino consiste nella rappresentazione del mondo esterno
per mezzo di simboli, fondata su processi di semplice generalizzazione. In questa fase
il bambino non è ancora capace di distinguere i fini dai mezzi necessari per
raggiungerli; infatti, quando non riesce ad affrontare la realtà, egli tenta di farlo grazie
agli accomodamenti intuitivi, ovvero i procedimenti caratterizzati da prove ed errori, e
non con procedimenti fondati sulla riflessione. Ciò che è assente in questa fase di
sviluppo è il concetto di reversibilità: ad esempio, se un oggetto cambia forma, ancora
il bambino non afferra l’idea che esso possa essere riportato alla sua forma originale.
Per questa assenza, quindi, il bambino non può comprendere alcune delle idee che
sono alla base della matematica e della fisica: possiamo ricordare, ad esempio, la legge
fisica secondo cui un oggetto conserva la propria massa, nonostante le trasformazioni
11
della sua forma.5
Lo stadio pre-operatorio dello sviluppo (2-6 anni).
Nella seconda fase dello sviluppo il bambino si trova in età scolastica e, in
opposizione a quella precedente che riflette un carattere esclusivamente attivo, questa
ha proprietà più operative e pratiche. Quando parliamo di operazione intendiamo un
particolare tipo di azione che può compiersi in modo diretto attraverso la
manipolazione di oggetti oppure interiormente (quando si elaborano sul piano mentale
i simboli che rappresentano le cose e i loro rapporti). L’operazione è un modo di
collocare nella mente del bambino i dati riguardanti il mondo reale e di trasformarli,
organizzarli e selezionarli per la risoluzione di un determinato problema. Ogni
modalità che utilizziamo per interpretare un fenomeno rappresenta il risultato di
un’operazione e il pensiero di un bambino è determinato dal suo modo di mettere
insieme le proprie osservazioni. Le operazioni concrete, sebbene siano guidate dalla
logica dei rapporti causa-effetto, sono i mezzi capaci di strutturare la realtà solo nel
momento immediato. Il bambino è capace di dare una struttura a ciò che incontra
esplorando la realtà, ma non è ancora capace di affrontare prontamente tutte le
possibilità che non gli sono di fronte in modo concreto o delle quali non ha già fatto
esperienza.6
Lo stadio operatorio concreto dello sviluppo (6-12 anni).
Secondo Piaget lo stadio operatorio concreto è una delle fasi più importanti per la
quantità è la qualità delle sue operazioni. L’età dei 6 anni coincide con l’inizio della
scolarizzazione: questo comporta un profondo cambiamento nella vita sociale,
intellettiva ed affettiva del bambino. Nel periodo pre-operatorio, la funzione del
linguaggio non aveva come obiettivo la comunicazione. Nel periodo operatorio
concreto, al contrario, si rimane colpiti dalla concentrazione individuale e dalla reale
collaborazione nello svolgere un’attività comune. Il bambino dopo i 7 anni è in grado
di collegare, coordinare e dissociare le sue azioni da quelle degli altri. Non vi è più un
tentativo di comunicazione, ma vere e proprie discussioni e le conversazioni diventano
5 Cfr. Jerome S. Bruner, Il processo educativo, Dopo Dewey, Armando Editore, pp. 58-59.
6 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. cit., pp. 59-60.
12
effettive comunicazioni reciproche. Quindi il bambino spiega il proprio pensiero ed è
in grado di riflettere in modo critico su di esso. Scompare l’egocentrismo del
linguaggio e del pensiero cognitivo e tutte le condotte impulsive precedenti.
L’interazione sociale con i coetanei permette al bambino di riesaminare il suo pensiero
e di confrontarlo con quello degli altri. Inizia dunque la riflessione, che è ancora un
linguaggio interiore, al contrario della discussione sociale che è invece una riflessione
esteriore.
Lo stadio operatorio formale dello sviluppo (dai 12 anni in poi)
Questo stadio è caratterizzato dalla capacità di eseguire operazioni formali: significa
che il bambino comincia ad utilizzare le idee nello stesso modo con cui prima
utilizzava gli oggetti. Fondamentale differenza è che le prime sono molto più flessibili
e manipolabili e possono dar luogo a sintesi o a ipotesi completamente nuove e
diverse. Il bambino piccolo è solamente un osservatore esterno, incapace di riflettere
sugli eventi. Egli pensa concretamente e non collega mai le proprie soluzioni a teorie
generali che ne manifesterebbero i principi. Ciò che, al contrario, colpisce
nell’adolescente, è il suo interesse per problemi inattuali e ciò che stupisce è la sua
facilità nell’elaborare teorie astratte. Il mondo è per lui pieno di teorie e di progetti su
se stesso e sulla vita. Quindi, mentre il bambino si occupa per lo più del presente, di
ciò che è oggetto della sua esperienza immediata, l’adolescente estende la sfera della
sua attività concettuale all’ipotetico, al futuro, a ciò che è lontano nello spazio. Il
passaggio dal pensiero concreto a quello formale, chiamato anche ipotetico-deduttivo,
è un passaggio graduale. Fino a questo momento le operazioni del pensiero si
basavano esclusivamente sulla realtà, sugli oggetti tangibili e da lui direttamente
percepibili, oggetti che potevano essere manipolati e sottoposti ad esperienze concrete.
Ma nel momento in cui il pensiero si libera dalla realtà, nasce l’immaginazione, nasce
la rappresentazione degli oggetti assenti, che equivale alla rappresentazione del reale.7
Fatta conoscenza di come possano essere così diverse le due fasi di sviluppo intellettuale del
bambino, mi sono concentrata sulle metodologie didattiche più efficaci da utilizzare in
relazione all’età dei bambini della scuola primaria e della scuola dell’infanzia nell’ambito
7 Cfr. Jean Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi Editore, 2000.
13
dell’insegnamento scientifico.
1.3. Il metodo scientifico in ambito educativo: John Dewey
Per attuare una didattica efficace, è necessario che ogni insegnante sappia come (con quali
strategie e metodologie) e quando affrontare determinati contenuti in relazione allo sviluppo
cognitivo e all’età degli alunni; inoltre è molto importante capire quali siano gli elementi più
importanti su cui un insegnante deve porre attenzione.
Per questi motivi è opportuno studiare le teorie di impronta pedagogica del Novecento e citare
in modo particolare John Dewey (Burlington 1859 - New York 1952). Ciò che più ha colpito
il mio interesse è che egli estese il metodo scientifico anche nell’ambito dei problemi umani:
sia morali che educativi. In questo paragrafo limiterò la mia attenzione all’ambito
esclusivamente educativo, oggetto della presente trattazione.
Il testo di Dewey, Democrazia ed educazione (1916), sintetizza due degli aspetti principali del
suo pensiero: il suo impegno politico e la sua riflessione pedagogica. Per quanto riguarda la
sua riflessione pedagogica, ricordiamo che Dewey ha sviluppato una prospettiva denominata
strumentalismo. Secondo tale teoria, la ragione non è una facoltà di tipo contemplativo, che
genera una conoscenza fine a sé stessa, ma è uno strumento operativo che consente un
esercizio attivo del pensiero, volto a riconoscere, ipotizzare e sperimentare soluzioni creative
rispetto ai problemi pratici che ci troviamo a risolvere; tutto questo grazie anche all’utilizzo
del metodo scientifico. Quest’ultimo, come specifica Dewey, «va inteso primariamente come
modello e ideale dell’intelligente esplorazione e sfruttamento delle possibilità implicite
nell’esperienza».8 Si tratta, cioè, di realizzare delle riflessioni ordinate sulla pratica per
apprendere da essa e riuscire ad agire in modo razionale, coerentemente con le finalità che ci
proponiamo, tenendo adeguatamente conto delle specifiche situazioni e dei contesti entro i
quali si è implicati. Nel discorso di Dewey, la ragione svolge una funzione evolutiva, di
progressivo adattamento all’ambiente sociale e naturale e di trasformazione dell’ambiente
stesso. Tra il soggetto e l’ambiente vi uno scambio interattivo che modifica entrambi e
impedisce di concepire i due termini separatamente. Considerando che l’ambiente cambia
continuamente, l’equilibrio tra l’uomo e la natura, così come quello tra l’individuo e la società
8 Cfr. John Dewey, Esperienza e educazione, Milano: Raffaello Cortina Editore, (1938) 2014, p. 79.
14
è sempre problematico, per cui va ogni volta ricostruito in modo nuovo, tramite il pensiero e il
ragionamento critico.
Nel libro Democrazia e educazione (1965), Dewey afferma che l’esperienza presuppone una
combinazione tra un elemento attivo e uno passivo: in senso attivo è un continuo sperimentare
e mettere in pratica una certa azione, mentre in senso passivo è un subire. Il soggetto agisce
sull’ambiente e poi subisce le conseguenze del suo stesso agire. L’esperienza consiste proprio
nella capacità di cogliere il rapporto tra l’azione e i suoi effetti, così da poter modificare
l’azione stessa, ampliando il proprio orizzonte.
Dewey ha sperimentato un nuovo modo di praticare l’educazione: parliamo dell’educazione
nuova o educazione progressiva. Quest’ultima ha portato ad un’ampia discussione sia a livello
educativo, sia nelle concrete pratiche scolastiche e formative. Tramite tale modello
pedagogico, Dewey ha proposto di rinnovare radicalmente la scuola rendendola più
democratica, mettendo al centro del processo di insegnamento gli interessi primari dell’alunno
con i suoi bisogni, le sue esigenze, le sue motivazioni. Inoltre ha sottolineato quanto è
importante costruire intorno al bambino un ambiente di apprendimento che stimoli
attivamente le sue capacità cognitive, affettive, sociali, culturali, quindi la creatività,
l’intelligenza, il pensiero, la manualità e il desiderio di imparare. In questa prospettiva, anche
nell’ambito pedagogico risulta essenziale il riferimento a una teoria dell’esperienza. Educare
per Dewey significa infatti accrescere continuamente il campo di esperienza dei soggetti
attraverso l’esperienza stessa: «l’educazione è svolgimento dentro, mediante e per
l’esperienza.»9
L’esperienza è sia il fine che il mezzo dell’educazione. L’educazione è autentica se genera
esperienze di qualità, capace di vivere nel futuro dei soggetti, sollecitandone una crescita e un
progressivo arricchimento esistenziale. Ciò diviene possibile se l’organizzazione delle attività
e il metodo educativo che l’insegnante utilizza permettono di instaurare una relazione
autentica tra il fare e il riflettere, tra l’agire e l’osservare gli effetti dell’azione. Infine Dewey
promuove l’integrazione di due principi che, a suo parere, costituiscono la base per ogni
apprendimento basato sull’esperienza:
1. la transazione: lo scambio interattivo fra individuo e ambiente. Sarà compito
9 Cfr. John Dewey, Op. cit., p. 14.
15
dell’insegnante regolare questo scambio tramite la progettazione e l’organizzazione di
un certo ambiente di apprendimento;
2. la continuità: l’idea che qualsiasi attività che si propone agli alunni deve ricondursi
alle loro esperienze e capacità pregresse e allo stesso tempo dovrà portare a nuovi
spazi di pensiero e di azione.
Un altro aspetto importante da sottolineare è che Dewey sottolinea la superiorità della
democrazia. La condizione fondamentale per la realizzazione della democrazia è lo sviluppo
di un processo educativo libero e condiviso. Quest’ultimo, infatti, si basa proprio sulla libertà
degli individui, l’uguaglianza e la fratellanza. E questi valori sono anche i tre elementi su cui
si basa, nella ricerca scientifica, il metodo sperimentale: la libertà della ricerca, l’esigenza di
verificare ogni ipotesi e la collaborazione tra i ricercatori. La particolarità è che Dewey
trasferisce il metodo anche nell’ambito educativo, che dovrà assumere un atteggiamento
scientifico, basandosi sulla libera indagine e sulla discussione con gli altri.
In ultima analisi, possiamo affermare che l’intenzione di Dewey è quella di formare un
cittadino che abbia una capacità di pensiero e spirito critico, che sia dotato di una mentalità
moderna, scientifica ed aperta alla collaborazione.10
Si comprende nel libro che la soluzione dei problemi della vita quotidiana non è diversa da
quella richiesta dai problemi di ordine scientifico: la teoria dell'indagine riflette il modo con
cui gli uomini pensano, e quindi risolvono i loro problemi. La relazione tra i mezzi e i fini,
descritta dalla logica, è la stessa per ogni tipo di ricerca: da quella di senso sociale, a quella in
ambito educativo, fino alla ricerca scientifica.
Stabilita l'esistenza di un unico modello d'indagine per la soluzione di qualsiasi problema,
Dewey distingue, nel processo di ricerca, cinque momenti principali:
1. la situazione indeterminata: questa è la fase iniziale di ogni ricerca, che è sempre una
situazione indeterminata, incerta e dubbiosa. La situazione non è data da un da evento
singolo, né da un gruppo di eventi, ma dalla loro connessione in un contesto
complessivo;
2. la posizione di un problema: prendendo coscienza dell’indeterminatezza della
situazione, l'uomo cerca una via d'uscita da questa situazione, che da indeterminata
10 Cfr F. Cambi, Manuale di storia della pedagogia, Laterza, 2009, p. 457.
16
diventa problematica. Questo passaggio presuppone la capacità di individuare, nella
confusione iniziale degli elementi, il problema da risolvere;
3. la determinazione di un problema-soluzione: le ipotesi. In questo terzo momento del
processo, la persona che si trova ad affrontare un problema formula un'ipotesi, una
possibilità di soluzione che Dewey chiama un'idea. La procedura del problema è
basata sull’osservazione della situazione; l'ipotesi è l'anticipazione di cosa accadrà
quando verranno eseguite determinate operazioni per risolvere il problema stesso;
4. il ragionamento: l'atto complesso del ragionamento comporta l'elaborazione
dell'ipotesi e la verifica sperimentale delle conseguenze dedotte dall'ipotesi;
5. la costruzione del giudizio: il giudizio è i1 risultato finale dell'indagine. AI termine
delle fasi descritte sopra, la persona che indaga è in grado di affermare la conclusione
dell'indagine: sarà un’affermazione che i logici nominano giudizio finale. ma che
Dewey preferisce chiamare con il termine di asseribilità garantita (warranted
asseribility). Questo principio sostiene che l'opinione riguardante un oggetto reale è
vera quando questa trova giustificazione nel fatto che è ampiamente condivisa e
comunicata agli altri.
Se un’indagine inizia con un dubbio, poi terminerà con lo stabilire condizioni che potranno
eliminare ogni necessità di dubbio. La ricerca si conclude quando si è raggiunto qualcosa di
sistemato e di ordinato. Per Dewey, la ricerca è un processo continuativo e durevole in ogni
campo nel quale viene attuata.11
11 Cfr. De Luise Farinetti, Lezioni di storia della filosofia, 2010, unità 6.
17
1.4. La conferenza di Woods Hole sull’insegnamento scientifico nelle scuole
primarie12
Circa trentacinque scienziati, uomini di cultura e pedagogisti si riunirono nel 1959 a Capo
Cod per studiare metodi innovativi sui sistemi organizzativi e didattici circa l’insegnamento
scientifico nelle scuole primarie e secondarie.
L’assemblea, durata dieci giorni, era stato promossa dall’Accademia Nazionale delle Scienze:
il comitato pedagogico aveva preso in esame il problema relativo ad una migliore diffusione
della conoscenza scientifica in America e, quindi, vi era l’intenzione di determinare quali
potessero essere i processi di apprendimento più idonei da proporre agli studenti per quanto
concerne il contenuto e il metodo della scienza.
L’incontro fu programmato poiché, in quel momento, si stava delineando un interesse
generale circa la creazione di nuovi programmi e metodi di insegnamento delle scienze;
inoltre fu necessario perché vi era l’esigenza di una valutazione su quanto era già stato attuato
negli anni precedenti; quindi era indispensabile pensare ai migliori orientamenti per il
futuro.13
Fisici, matematici, biologi e chimici furono i più impegnati nella stesura dei nuovi
programmi, interessati alla redazione di nuovi libri di testo per la scuola primaria e
secondaria. C’era grande fermento: per esempio a Cambridge, nel Massachusetts, si stava
elaborando un corso ideale di fisica per studenti di scuola secondaria, nel quale erano
impegnati non soltanto gli autori dei testi scolastici e i produttori dei film, ma anche
personalità di risonanza mondiale nel campo della fisica teorica e sperimentale: in molti centri
gli insegnanti venivano appositamente preparati a questo nuovo modo di insegnare la fisica da
colleghi più esperti.14
I pedagogisti, gli educatori e gli psicologi riesaminavano i metodi di insegnamento e si
rendevano sempre più propensi a nuove modalità di apprendimento scientifico.
L’Accademia Nazionale delle Scienze fu impegnata in una discussione finalizzata a facilitare
uno stretto rapporto tra gli scienziati delle università e gli insegnanti delle scuole primarie.
12 Jerome S, Bruner, traduzione di Antonello Armando, Dopo Dewey. Il processo di apprendimento nelle due culture, 1970.
13 Id., p.33.
14 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit, p.34.
18
Alla Conferenza parteciparono numerose personalità15, tra cui molti psicologi che avevano
dedicato le loro ricerche analisi dell’intelligenza, dei processi di apprendimento, della
memoria, del ragionamento e della motivazione. Questa fu la prima volta in cui gli psicologi
si riunirono con i maggiori scienziati per discutere sui problemi relativi all’insegnamento
delle varie discipline. Insieme organizzarono i nuovi programmi tenendo conto non solo dei
recenti progressi scientifici e culturali, ma riflettendo anche sulle nuove idee circa
l’esperienza educativa; sempre pensando alla didattica della fisica, è interessante nominare il
programma proposto, per questa disciplina, per la scuola secondaria, redatto dal Physical
Science Study Committee. Il Physical Science Study Committee (PSSC) fu un comitato
scientifico istituito presso il Massachusetts Institute of Technology di Boston nel 1956, con lo
scopo di sottoporre a revisione l'insegnamento della fisica nella scuola secondaria superiore.
Produsse testi scolastici e film che ebbero molta fortuna negli anni seguenti anche in Italia. In
parte questi sussidi vengono utilizzati ancora oggi, a sessanta anni di distanza.
L’obiettivo principale della Conferenza è stato offrire una presentazione completa delle
materie in questione, riesaminando il processo di apprendimento e la sua importanza per
l’educazione.
Gli studiosi si divisero in cinque gruppi di lavoro, ognuno dei quali analizzava uno di questi
aspetti:
Il ritmo di svolgimento di un programma
I mezzi dell’insegnamento
Le motivazioni dell’apprendimento
Il ruolo dell’intuizione nell’apprendimento e nel ragionamento
I processi conoscitivi nell’apprendimento
La relazione finale della Conferenza è stata riportata e spiegata nel dettaglio da Bruner nel suo
libro: Dopo Dewey. In questo capitolo è utile soffermarsi sui nodi concettuali di maggiore
interesse per l’insegnamento e l’apprendimento scientifico, in relazione alla psicologia e alla
15La Conferenza fu diretta da Jerome S. Bruner, insegnante di psicologia presso l’Università di Harvard e vi parteciparono molti studiosi ed esperti tra cui: C. Allendoerfer (matematica); R. Alpert (psicologia); E. Begle(matematica); J. Blum (storia); C. R. Carpenter (psicologia); J. B. Carroll (pedagogia); H. Chauncey (pedagogia); D. Cole (storia); L. Cronbach (psicologia); G. Finlay (fisica); J. H. Fischer (pedagogia); J. H. Flory (cinematografia); F. L. Friedman (fisica); R. M. Gagne (psicologia); P. C. Rosenbloom (matematica); R. M. Whaley (fisica); J. Zacharias (fisica), etc.
19
pedagogia. Innanzitutto, spiega Dewey, il principale valore di ogni acquisizione di conoscenza
è la sua utilità nel futuro.
Uno dei fenomeni per cui questo è possibile è il transfert specifico dell’addestramento: la sua
utilità sembra però limitata a ciò che di solito indichiamo con il termine apprendistato.
Un transfert (o transfer) nell'apprendimento si verifica quando una determinata acquisizione
precedente è in grado di influenzare un apprendimento successivo da parte del medesimo
individuo. Ad esempio, se il fatto di avere imparato a guidare una macchina rende più agevole
per quella persona l'apprendimento delle modalità di guida di un trattore, si può dire che per
quel soggetto si è verificato un transfer positivo.
Bruner propone anche una seconda modalità per finalizzare l’apprendimento alla maggiore
efficienza dell’attività nel futuro: il transfert non specifico dell’addestramento. Questo
consiste nell’apprendere un’idea generale, che poi verrà utilizzata come base per riconoscere i
problemi che si presentano in seguito come casi particolari. Il processo educativo è inteso
come una procedura in continuo ampliamento e approfondimento della conoscenza, sulla base
di idee fondamentali e generali. Dewey vuole sottolineare che un bambino può essere capace
di applicare un’idea ad una nuova situazione, soltanto quando avrà chiara la natura generale
del fenomeno con cui ha a che fare. Solo così avrà la possibilità di ampliare le sue conoscenze
e sarà in grado di applicare le nuove idee ai nuovi problemi che gli si presenteranno.16
Per stabilire ciò che si deve insegnare ai bambini della scuola primaria circa l’aritmetica o le
scienze, è necessario l’aiuto di chi ha raggiunto un adeguato e alto livello di conoscenza e di
competenza in questi specifici campi. La padronanza dei concetti fondamentali di una
disciplina non implica solo la comprensione dei principi generali, ma anche la capacità e la
predisposizione nell’apprendimento, nell’indagine, nell’intuizione, nell’immaginazione e,
soprattutto, nella possibilità di risolvere in autonomia i problemi. «Come un fisico possiede
una fede personale nell’ordine più profondo della natura, e la convinzione che tale ordine
possa essere scoperto, così un giovane studente di fisica ha bisogno di porsi in un analogo
atteggiamento, se vuole che il suo apprendere risulti valido e significante nel suo pensiero.» 17
16 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit., p. 58.
17 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit., p. 60.
20
Nel dicembre del 1951 il College of Education, il College of Engineering e il Dipartimento di
Matematica dell’Università dell’Illinois (UICSM) collaborarono alla creazione della nuova
pedagogia per la high school mathematics. Da quel momento l’università ha sviluppato molti
materiali didattici per l’apprendimento della matematica nella fascia di età dai 7 ai 12 anni,
per l’utilizzo sperimentale in tutto il paese. Questi hanno sottolineato l’importanza della
scoperta nell’insegnamento, lavorando sulla costruzione di metodi che permettono allo
studente di scoprire in modo autonomo una particolare operazione matematica o scientifica.
Alcuni esperimenti sugli studi sociali fatti dallo Harvard Cognition Porject hanno dimostrato
che il metodo della scoperta autonoma non resta limitato a discipline quali la matematica e la
fisica, ma anche a quelle di natura umanistica. Un esempio tratto dal libro Dopo Dewey
riguarda lo studio della geografia sociale proposto ad una sesta elementare: negli Stati sud-
orientali fu richiesto di localizzare le città principali della regione su una carta dove erano
segnate la conformazione fisica e le risorse naturali, ma non i nomi delle località. Ne derivò
una discussione che portò rapidamente alla considerazione di una varietà di teorie sulle
condizioni che si richiedono per l’esistenza di una città; così, per esempio su Chicago,
l’attenzione si concentrò sui trasporti fluviali e sulla confluenza dei tre laghi. Il grado di
interesse e la capacità di ragionamento si dimostrarono superiori alla norma, così come la
reazione degli alunni ai quali per la prima volta vi rivelava che l’ubicazione di una città
costituiva un problema la cui soluzione impegnava pienamente il pensiero. Fu di utilità reale
soprattutto per gli alunni provenienti dai centri urbani, per i quali il fenomeno della città non
aveva mai costituito un problema.
Presentare fenomeni fisici in modo che risultino insieme interessanti, esatti e comprensibili,
richiede un profondo ragionamento da parte dell’insegnante; le spiegazioni semplici e chiare
sono spesso più facili da comprendere di quelle che risultano complicate e anche imprecise.
Tutti coloro che si sono interessati alla stesura dei nuovi programmi riconoscono che il
rendere interessante un argomento non esclude la possibilità di presentarlo in modo
approfondito: una spiegazione esauriente e precisa è spesso anche la più interessante.
Secondo Bruner, l’insegnamento dovrebbe iniziare dall’intuizione della struttura
fondamentale delle discipline facendo in modo che l’alunno ne prenda consapevolezza
progressivamente, creando schemi mentali che gradualmente arricchirà. L’apprendimento
21
strutturale non vede una singola materia a sé stante ma tramite le tre fasi fondamentali in cui
si esplica: prassico-manipolativa, iconico-rappresentativa e simbolica-verbale-numerica,
strutture congiunte delle singole materie.
Dewey parla di almeno quattro condizioni necessarie all’insegnamento strutturale delle
materie:
La comprensione delle strutture rende più interessante una disciplina; ciò non vale
solo per la fisica e la matematica, ma anche per le discipline umanistiche.
Una nozione viene rapidamente dimenticata se non è inserita in un contesto strutturale;
un dettaglio si conserva nella memoria grazie all’uso di una sua rappresentazione
semplificata; ad esempio, uno scienziato non cerca di ricordarsi le distanze percorse
dai corpi cadenti in determinati campi di gravitazione, o in diversi periodi di tempo,
ma conserva nella memoria una formula, che gli permetterà di ricostruire i casi
particolari dai quali quella formula (ricordata più facilmente) è derivata. Per questo noi
tutti ricordiamo una formula, ma anche un dettaglio che implica il significato di un
evento, o una sintesi che esprime una serie di avvenimenti, o una caricatura o un
dipinto che conservano un’entità o un concetto.18
Riconoscere che un determinato fenomeno è un aspetto particolare di un caso più
generale significa comprendere strutturalmente (transfert dell’addestramento).
Ricercare la continuità fra la scuola primaria e la scuola secondaria per superare le
difficoltà nel passaggio.
1.4.1. Il problema delle scienze come oggetto di discussione nella Conferenza
In vista di un apprendimento più omogeneo, gli insegnanti e gli scienziati presenti alla
Conferenza hanno discusso di questo problema: «Le idee basilari comuni a tutte le discipline
scientifiche, devono essere isolate o integrate in ogni area delle scienze?» Tra queste idee
facciamo riferimento alla categorizzazione, alle unità di misura e alla necessità della
definizione delle grandezze in termini operativi.
Ci sono degli aspetti generali, sia nella scienza che nella letteratura, che possono essere
18 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit., pp. 64-65.
22
insegnati e appresi nelle prime classi e che possono essere di notevole utilità per
l’apprendimento successivo; ad esempio: la relazione tra le cose che sono in rapporto tra di
loro per causa ed effetto, e non isolate. A questo proposito l’insegnante potrebbe preparare e
organizzare giochi per le scuole dell’infanzia, volti a rendere l’alunno capace di riconoscere il
modo in cui le cose si influenzano e sono connesse a vicenda.
Ciò che mi ha particolarmente incuriosito è stato il lavoro svolto da una docente universitaria
di Ginevra: la professoressa Bärbel Inhelder. Bärbel Inhelder (San Gallo, 1913-1997) è stata
docente di psicologia infantile nell'Istituto di scienze dell'educazione dell'Università di
Ginevra; fu una strettissima collaboratrice di J. Piaget, con cui condusse studi di grande
importanza fino al 1983. La professoressa ha elaborato i metodi più efficaci per far sì che
l’allievo attraverso le varie fasi dello sviluppo intellettuale, apprenda più rapidamente e in
maniera più efficace la matematica e la fisica. Nel memorandum che lei stessa preparò per la
Conferenza, affermò che le forme più elementari del ragionamento logico, matematico,
geometrico o fisico, si basano sul principio dell’invariabilità delle quantità: significa che
l’intero non cambia, qualunque sia la disposizione delle sue parti, la variazione della sua
forma o la sua posizione nello spazio e nel tempo. Questo principio non descrive un dato a
priori della mente e neanche il prodotto di mere osservazioni empiriche, è il bambino che
scopre il principio nelle modalità paragonabili alle scoperte scientifiche.
Dobbiamo sempre tenere presente che il bambino, soprattutto se molto piccolo, non si rende
ancora conto che gli interi numerici, le dimensioni spaziali e le quantità fisiche restano
costanti: a lui sembrano dilatarsi o contrarsi a seconda di come si agisce su di esse.19
La psicologa ci fornisce alcuni esempi su come possiamo aiutare i bambini ad afferrare più
facilmente il concetto dell’invariabilità. Ad esempio spiega il riconoscimento e il
trasferimento di due liquidi che possiedono lo stesso volume in due recipienti di grandezza e
lunghezza diversi, affermando che l’insegnante proverà a spiegare al bambino che esiste
un’equivalenza tra i due recipienti e potrà farlo tramite una dimostrazione: avendo a
disposizione, inizialmente, la stessa quantità d’acqua per entrambi, in due contenitori diversi,
potrebbe riempire prima l’uno e poi l’altro, scoprendo che possiedono la stessa quantità di
liquido.
19 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit., p. 64.
23
Un metodo di insegnamento deve tenere conto dei processi naturali del pensiero, perché solo
così il docente potrà guidare l’alunno alla scoperta dei principi scientifici. Progressivamente
un bambino comincia a comprendere che un qualsiasi cambiamento può essere annullato
mentalmente grazie ad un’operazione inversa (ad esempio, l’addizione per mezzo della
sottrazione). Spesso il bambino focalizza nei fenomeni un solo aspetto per volta e questo può
rendere difficile la sua comprensione: da insegnanti, possiamo sempre provare a utilizzare
degli accorgimenti che facilitino la sua comprensione, cercando di avere una visione più
globale dei fenomeni.20
1.5. Il coinvolgimento degli alunni nell’apprendimento delle scienze
I modelli microscopici sono importanti nella cultura scientifica moderna, ma ciò non significa
che si possa esporre immediatamente ai bambini più piccoli spiegazioni basate sull’esistenza
delle particelle senza tenere conto del loro sviluppo psico-cognitivo e intellettuale.
Il problema di come possiamo favorire il coinvolgimento degli alunni nell’apprendimento
delle scienze è sempre stata una sfida per gli insegnanti; in particolare il riferimento è per i
bambini di età compresa tra i 3 e gli 8 anni, per i quali l’apprendimento ottimale avviene
facendo scienza. L’interesse può essere considerato come un fattore importante che potrebbe
favorire il coinvolgimento: in questo senso dobbiamo lavorare su fattori quali l’identità
personale, lo scopo e la consapevolezza del significato dell’oggetto di studio, poiché
influenzano molto il coinvolgimento dei bambini nelle scienze.21
L’importanza del concetto di esperienza come fare scienza può essere compresa nel contesto
della filosofia di Dewey (1934), in cui viene fatta una distinzione tra esperienza ordinaria e
un’esperienza. Quest’ultima è un’esperienza olistica e appagante, nel senso che i sentimenti, i
pensieri e le azioni formano un tutt’uno.
Un aspetto estremamente interessante da sottolineare del pensiero di Dewey è quanto viene
espresso sull’esperienza, che può giocare quattro ruoli diversi nel processo di apprendimento
delle scienze:
20 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit., p. 66.
21Cfr. Federico Corni e Tiziana Altiero, Innovazione nella didattica delle scienze nella scuola primaria edell’infanzia: al crocevia fra discipline scientifiche e umanistiche, Atti Del Convegno Modena e ReggioEmilia, 30 novembre - 1 dicembre 2012.
24
1. aiuta gli studenti ad imparare come lavorare nella lezione di scienze;
2. aiuta gli studenti a collegare le loro esperienze quotidiane/informali con le esperienze
scientifiche in aula;
3. aiuta gli studenti ad utilizzare il linguaggio in modo efficace per comunicare le
esperienze nel tempo con l’uso di parole specifiche;
4. è parte integrante dei fatti e dei ragionamenti logici della scienza.
Quindi la domanda da porsi è: «come possiamo aiutare i bambini ad avere esperienze
significative e nel contesto delle scienze a scuola?». La risposta potrebbe essere: «cercare di
fornire loro attività che hanno maggiori probabilità di portare verso esperienze pienamente
olistiche e interdisciplinari, che si legano quindi anche alle altre discipline.» Possiamo pensare
all’italiano, promuovendo lo studio di concetti scientifici attraverso la narrazione di una storia
o la descrizione scritta e orale degli esperimenti osservati, ad esempio, oppure attività che
connettono la produzione artistica (disegni, rappresentazioni, etc.) alle scienze, ma anche
altre attività come il gioco esplorativo.22
Nell’esperienza umana dobbiamo sempre distinguere la realtà, ovvero i fenomeni, da che cosa
pensiamo della realtà, quindi le categorie e i concetti, e come esprimiamo ciò che pensiamo
della realtà, attraverso le parole. Per costruire il senso che attribuiamo alla nostra esperienza
ed esprimerlo attraverso le parole, possiamo rappresentarlo con un’analogia. Nell’esperienza
umana un fenomeno viene immediatamente differenziato, riconosciuto e organizzato in
quanto stupore. Lo stupore viene poi dotato di contenuto in relazione all’esperienza fatta e in
relazione al significato messo a disposizione dal codice linguistico utilizzato.
Lo stupore viene poi descritto attraverso un testo, in relazione all’esperienza concreta fatta in
un determinato tempo e luogo.
È quindi anche il testo a dare un significato all’esperienza: per questo è didatticamente
importante, anche nell’apprendimento delle scienze, la descrizione: descrivere e far
descrivere. 23
22 Cfr. Federico Corni e Tiziana Altiero, Op. cit., p.38
23 Cfr. Federico Corni e Tiziana Altiero ,Op. cit., p.74.
25
1.6. Il ruolo delle scienze nella scuola primaria
«Qual è il ruolo delle scienze per gli alunni della scuola primaria, oggi?»
Mi sono posta questa domanda e ho provato ad analizzare il modello di riferimento per gli
insegnanti di oggi: le Indicazioni Nazionali per il curricolo, redatte nel 2012.
Nel documento sono indicate le otto competenze chiave, gli obiettivi generale del sistema
educativo e formativo italiano. Tra queste troviamo la competenza in campo scientifico: essa
si riferisce alla capacità e alla disponibilità ad usare l’insieme delle conoscenze e delle
metodologie possedute per spiegare il mondo che ci circonda sapendo identificare le
problematiche e traendo le conclusioni che siano basate su fatti comprovati.24
Nella formazione di base, l’area matematico-scientifico-tecnologica comprende argomenti di
matematica, di scienze dell'uomo e della natura, di tecnologia sia tradizionale sia informatica;
nella presentazione dell’area si afferma che: «si tratta di discipline che studiano e propongono
modi di pensare, artefatti, esperienze, linguaggi, modi di agire che oggi incidono
profondamente su tutte le dimensioni della vita quotidiana, individuale e collettiva: è perciò
necessario che la formazione si confronti in modo sistematico anche con l’esperienza comune
di ragazzi e adulti.» Le indicazioni per l’area scientifica presentano alcune caratteristiche che
proverò a spiegare di seguito: le conoscenze matematiche, scientifiche e tecnologiche mettono
in stretto rapporto il pensare e il fare, provando ad offrire gli strumenti più idonei per
sviluppare negli alunni una capacità critica nella comprensione dei fenomeni naturali, nei
concetti e negli artefatti costruiti dall’uomo.
Grande importanza viene attribuita al linguaggio, non solo per i termini specifici delle
discipline in sé, ma anche per la verbalizzazione e la comunicazione delle esperienze, gli
scambi dei punti di vista tra gli alunni, la condivisione dei risultati. Inoltre è suggerita una
metodologia di laboratorio e, nella scuola dell’infanzia, attività legate al gioco.
Lo studio delle scienze attua una metodologia basata sul coinvolgimento diretto, individuale e
di gruppo con i fenomeni, in quanto rafforza e sviluppa la comprensione e la motivazione,
attiva il lavoro operativo e aiuta ad individuare problemi significativi a partire dal contesto da
esplorare. Per tutti questi motivi, l’insegnamento delle scienze richiede un ambiente
24Cfr. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Indicazioni Nazionali per il curricolo dellascuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, settembre 2012. p. 12.
26
particolare e tempi adeguati per osservare e sperimentare.
Il curricolo presenta due percorsi: quello delle scienze naturali e quello delle scienze
sperimentali, a partire già dai primi anni di scuola. Ciò che è interessante sottolineare, e che
viene confermato nel documento stesso, è che molte altre dimensioni sono comuni alle
discipline scientifiche: osservare i fenomeni nel loro verificarsi, sia nell’esperienza quotidiana
sia in situazioni di laboratorio, descrivere e registrare con i dati quanto e come si osserva,
dando forma agli esperimenti attraverso linguaggi appropriati. Ma importante è anche
interpretare i fatti attraverso modelli teorici, anche schematici, fare previsioni riguardo a
quanto può accadere attraverso le ipotesi, per poi controllare la loro attendibilità. Tutto questo
avvicina il bambino all’osservazione e al metodo scientifico, attraverso l’impostazione
fenomenologia: ogni percorso didattico deve svilupparsi sulla base di fatti osservati e
sperimentati e non limitarsi alle mere descrizioni dei libri di testo.
1.7. La scuola dell’infanzia e la didattica delle scienze
Nella scuola dell’infanzia è sempre più importante porre al centro dell’apprendimento la
relazione tra tutto ciò che è azione ed esperienza, la conoscenza e il linguaggio. I bambini
fanno conoscenza del mondo attraverso il corpo, mediante osservazioni, percezioni, azioni
sulle cose al fine di trasformarle e modificarle. Per questo, l’apprendimento è pensato in un
continuo scambio tra risposte dei bambini e domande delle insegnanti.25
Provando a spiegare in modo dettagliato che cos’è la conoscenza del mondo, possiamo dire
che, innanzitutto, conoscere presuppone un approccio aperto e problematizzante. Per chi si
occupa di insegnamento e di apprendimento, questa idea di conoscenza comporta una
didattica centrata su un atteggiamento di ricerca aperta a tutte le soluzioni possibili, uno
sguardo ai diversi punti di vista, un procedere più per domande che per risposte
precostituite.26 L’insegnante, partendo da questo presupposto, deve procedere per domande
aperte e porre problemi su cui i bambini si possano confrontare. L’insegnante può intervenire
sui pensieri dei bambini per indirizzarli positivamente, approfondire, offrire chiarimenti,
25 V. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Indicazioni Nazionali per il curricolo dellascuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, settembre 2012.
26 Cfr. Federico Corni e Tiziana Altiero, Op. Cit., p. 141.
27
predisponendo il contesto dell’apprendimento nel modo più adeguato. La discussione di
gruppo, il confronto, la difesa delle proprie posizioni è un aspetto fondamentale
dell’approccio alla conoscenza. Al centro vi è il bambino che fa esperienza del mondo a
partire da ciò che è vicino a lui: e fa esperienza toccando, manipolando e trasformando
l’ambiente circostante.
Attraverso domande stimolanti si possono costruire percorsi di esplorazione di cui i bambini
sono i protagonisti e in cui l’insegnante ha un ruolo di guida, conducendoli verso
approfondimenti sempre maggiori e possibilità di astrazione sempre più elevate.
Vi è un rapporto stretto tra esperienza, conoscenza e linguaggio: quest’ultimo permette di
descrivere ciò che si vede e di dare voce alle proprie percezioni. Poi, attraverso i segni e le
rappresentazioni, i bambini formulano le proprie ipotesi; l’insegnante deve essere fiducioso
nel fatto che i bambini possano affrontare anche temi piuttosto complessi, addentrarsi in
percorsi che mirano a certi livelli di approfondimento, se opportunamente motivati e
condotti27.
In un percorso di scienze con i bambini della scuola dell’infanzia, ritengo che l’aspetto da
privilegiare sia quello percettivo, in quanto lo scopo è quello di mettere in evidenza le
relazioni che si stabiliscono tra il corpo e il mondo esterno. L’intento è quello di fare in modo
che gli stimoli raccolti dai sensi si trasformino, nei bambini, in stimoli verso il mondo esterno,
che permettono di ragionare e di capire. È quindi importante aiutare i bambini a osservare,
notare, riconoscere e descrivere ciò che hanno intorno e le sensazioni che derivano dal
toccare, dal guardare e dal manipolare un oggetto.
1.7.1. La conoscenza del mondo nella scuola dell’infanzia
Dopo un’introduzione al curricolo per la scuola dell’infanzia, le Indicazioni nazionali del
2012 analizzano alcuni aspetti significativi legati all’infanzia.
Innanzitutto, il campo di esperienza che ha maggiore affinità con l’apprendimento scientifico
è quello relativo alla conoscenza del mondo. L’ambito scientifico rappresenta una forma di
conoscenza che si può rintracciare e scoprire sia nei fenomeni naturali, sia nelle attività
dell’uomo; per questo motivo tale campo di esperienza risulta fondamentale per i bambini
27 Cfr. Federico Corni e Tiziana Altiero, Op. Cit., p. 146.
28
della scuola dell’infanzia. Il bisogno specifico del bambino tra i 3 e i 5 anni è quello di
esplorare la realtà, di osservare, interrogare e comprendere le regole della vita quotidiana e
della natura attorno a lui. Nelle Indicazioni, le insegnanti sono portate a proporre attività e
contenuti legati all’ambito scientifico, non più ritenuti difficili per la scuola dell’infanzia, ma
che possano essere proposti in modo adeguato al livello cognitivo dei bambini e all’età di
sviluppo del bambino. Le proposte didattiche devono partire da un bisogno e da una curiosità
del bambino stesso: dobbiamo considerare che la curiosità è la principale spinta che promuove
l’apprendimento. Per stimolare la curiosità, possiamo pensare non solo a giochi ed
esplorazioni con oggetti, ma anche a idee e domande stimolanti. Un bambino curioso si
coinvolge attivamente nella progettazione, nella manipolazione, nella formulazione di
domande e nell’osservazione dei risultati dell’esperienza.
Se osserviamo la quotidianità troviamo innumerevoli situazioni stimolanti per un bambino: ad
esempio, tutte le esperienze con l’acqua che richiamano il galleggiamento. Le attività che
potremo proporre al bambino coinvolgono la sua azione sia sul piano concreto che sul piano
mentale tramite la preparazione, la misurazione, la riflessione e la comunicazione dei risultati
sugli esperimenti svolti. Il bambino deve riconoscere nel compito una spinta motivazionale
che lo porta a voler scoprire e capire di più. Negli esperimenti e nelle discussioni non
dobbiamo dimenticare l’importanza del gruppo, poiché rappresenta un’importante occasione
per confrontarsi, comunicare, osservare, discutere.
Il ruolo dell’insegnante è sempre fondamentale: egli deve sostenere la sperimentazione,
incoraggiare e mostrare i possibili problemi che si possono incontrare. Lo scopo del campo di
esperienza la conoscenza del mondo è dunque quello di fissare le basi per sviluppare nei
bambini un senso di rispetto per il mondo, un atteggiamento attivo nei confronti delle scienze,
che consenta di organizzare le proprie esperienze attraverso azioni consapevoli quali
raggruppare, comparare, contare, ordinare, prevedere, organizzare. Tutto questo potrà essere
poi rappresentato in modalità spontanee e creative: disegno, parole, gesti. È necessario che i
docenti abbiano le giuste competenze per creare occasioni di apprendimento orientate e
strutturate, per favorire nei bambini l’organizzazione di ciò che stanno scoprendo, facendo
crescere in loro l’esigenza di osservare in modo sempre più accurato i fatti del mondo,
confrontando le proprie ipotesi con le interpretazioni proposte dagli adulti e cooperando con
29
gli altri bambini.
L’educazione scientifica inizia quando il bambino comprende che attraverso la sua azione può
scoprire il mondo che lo circonda: soffiando per formare delle bolle di sapone, costruendo i
castelli nella sabbia, mescolando lo zucchero o il sale con l’acqua: così facendo agisce,
osserva i cambiamenti e trae le proprie conclusioni spontanee.28
28Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Op. cit.
30
Capitolo 2. Il calore e la temperatura: gli aspetti scientifici e le strategie
didattiche
2.1. Gli stati fisici della materia29
Secondo la teoria microscopica della materia, ogni corpo è costituito da particelle (molecole),
unite tra loro da forze di interazione che ne determinano lo stato di aggregazione. La materia
si può trovare in natura in quattro diversi stati: solido, liquido, aeriforme, plasma.
Quest’ultimo è ritenuto il quarto stato di aggregazione della materia, ma, non essendo
presente sulla Terra, rimane per molti versi poco conosciuto.
Lo stato gassoso è caratterizzato da una grande mobilità delle sue particelle, che tendono a
occupare tutto il volume a loro disposizione. Gas e vapori non hanno, quindi, né una forma né
un volume proprio e sono comprimibili.
Nello stato liquido le particelle sono più libere di muoversi e per questo sono soggette a forze
di attrazione reciproca e, spesso, anche a interazioni intermolecolari - legami tra molecole -
29Le argomentazioni del capitolo relative agli aspetti scientifici sono riprese essenzialmente dagli appunti delle
lezioni di fisica sperimentale tenute dal Prof. Samuele Straulino e dal seguente testo: Ugo Amaldi, La fisica diAmaldi, Idee ed esperimenti, volume 2, Zanichelli editore, 2007. Altri approfondimenti, le foto e lerappresentazioni sono state prese dal sito Zanichelli editore; collegamento: http://online.scuola.zanichelli.it/.
31
abbastanza forti, tendendo a disporsi in strati sovrapposti, adattandosi alla forma del
recipiente che li contiene.
Lo stato solido è il più stabile: gli atomi sono disposti in maniera ordinata, per effetto di forti
interazioni e legami elettrostatici, non possono cambiare la posizione che occupano: questa
caratteristica porta il solido ad avere forma e volume propri.
2.1.1. Stato aeriforme
Per studiare un gas dobbiamo racchiuderlo in un contenitore: un palloncino, ad esempio. Lo
stato di un gas è descritto da quattro grandezze:
1. la massa m del gas, che possiamo misurare con una bilancia di precisione;
2. il volume V, che determiniamo in modo indiretto;
3. la temperatura T, che misuriamo con un termometro;
4. la pressione p, che misuriamo con un manometro.
Mediante fonti di calore o l’uso di frigoriferi, possiamo cambiare la temperatura del gas e
potremo variare anche la sua pressione. Questi interventi provocano una trasformazione del
gas stesso.
2.1.2. Stato liquido
Nei liquidi la disposizione delle molecole è disordinata, quasi come nei gas, ma il loro numero
per unità di volume è molto simile a quello dei solidi, caratteristica che li rende praticamente
incomprimibili. A differenza dei solidi, nei liquidi le molecole non sono fortemente unite tra
loro; ciò permette al liquido di possedere una certa fluidità, che varia a seconda della
viscosità.
Possiamo mettere in evidenza due caratteristiche principali dei liquidi:
1. il liquido assume la forma del suo contenitore e si deforma in base alle forze che
agiscono su di esso;
2. il volume del liquido, a temperatura e pressione costanti, invariato
(incomprimibilità).
32
Nonostante tra le molecole di un liquido agiscano forze attrattive di media intensità, esse
godono di una certa mobilità; questo permette al liquido di avere un volume proprio ma di
assumere la forma del recipiente che lo contiene.
Tra le più importanti proprietà dello stato liquido troviamo:
la viscosità: è la resistenza allo scorrimento. Un aumento della temperatura produce
una riduzione della viscosità di un liquido, e un suo aumento nei gas. Per spiegare la
viscosità si consideri un liquido come composto da strati sovrapposti, tra i quali si
esercitano vincoli che producono questa specie di attrito interno.
la tensione di vapore: alcune particelle sulla superficie di un liquido possono avere
energia necessaria per evaporare. Se il contenitore è aperto, le molecole che evaporano
si allontanano e il volume del liquido lentamente diminuisce; se, viceversa, il
contenitore è chiuso, le molecole che evaporano riempiono lo spazio disponibile e
alcune, urtando la superficie, finiscono per ritornare allo stato liquido. Con il tempo la
velocità di evaporazione eguaglierà quella di condensazione, determinando una
condizione di equilibrio dinamico: i due processi avranno uguale velocità e il vapore
sarà saturo. La pressione esercitata dal vapore è detta tensione di vapore. La tensione
di vapore è direttamente proporzionale alla temperatura: quando la tensione di vapore
è uguale alla pressione esterna, avremo l’ebollizione. La tensione di vapore aumenta
con l'aumentare della temperatura perché aumenta la quantità di vapore che si forma e
che preme sulla superficie dell'acqua.
33
2.1.3. Lo stato solido
Lo stato solido è caratterizzato da una forte coesione delle particelle che costituiscono la
materia e da una resistenza alle variazioni di forma e di volume. In una sostanza che si trova
allo stato solido, le forze che intervengono tra le sue componenti sono molto intense, tanto da
permettere soltanto moti di vibrazione, senza spostamenti reciproci delle particelle. In questo
stato, le molecole si posizionano solitamente secondo un reticolo cristallino. In base alle
condizioni assunte dalle particelle del solido, distinguiamo due tipologie di sostanze solide:
cristalline: quando le particelle sono disposte in modo ordinato nello spazio e secondo
un modello preciso, chiamato reticolo cristallino, che si ripete con regolarità. I solidi
cristallini hanno una precisa temperatura di fusione: il passaggio dallo stato solido a
quello liquido avviene a una temperatura definita;
amorfe: in questo caso le particelle sono disposte in maniera disordinata. Queste
sostanze non hanno una temperatura di fusione ben precisa.
34
Nella maggior parte dei casi, la materia allo stato solido è caratterizzata da una struttura
cristallina; l’unica eccezione è rappresentata dai materiali detti amorfi, come il vetro, che dal
punto di vista strutturale somiglia più ai liquidi che ai solidi.
Un cristallo è una struttura che riproduce la disposizione degli atomi del solido, cioè il suo
reticolo cristallino.
I cristalli si formano per solidificazione graduale di sostanze disciolte in un liquido o per
sublimazione di un gas. Le caratteristiche di una struttura cristallina dipendono dalla
composizione del fluido, dalla rapidità e dalle condizioni del processo di solidificazione,
legate a fattori come temperatura e pressione.
2.2. I passaggi di stato
La materia sul nostro pianeta può trovarsi in tre stati di aggregazione diversi: solido, liquido,
gas.
Il passaggio da uno stato all’altro è chiamato cambiamento di stato e di seguito sono indicati i
cambiamenti di stato che può subire una sostanza:
fusione (dal solido al liquido) e solidificazione (dal liquido al solido);
evaporazione (dal liquido al gas) e condensazione (dal gas al liquido);
sublimazione (dal solido al gas) e brinamento (dal gas al solido).
Durante un qualsiasi cambiamento di stato, la temperatura della sostanza non varia. Per
esempio, mentre il ghiaccio fonde, la temperatura resta fissa a 0 °C e mentre l’acqua bolle la
temperatura rimane a 100 °C. 30
30 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 107.
35
2.2.1. Evaporazione e condensazione
L’evaporazione, o vaporizzazione, è il passaggio dallo stato liquido allo stato gassoso e
avviene mediante l’assorbimento di calore da parte del liquido che cambia stato. Molti liquidi,
compresa l’acqua, evaporano anche a temperatura ambiente. L’evaporazione avviene sulla
superficie del liquido, mentre nel caso dell’ebollizione il passaggio dallo stato liquido a quello
di vapore interessa tutta la massa del liquido.
Il calore latente di evaporazione è la quantità di calore assorbita da una massa di liquido che si
trova già alla temperatura di ebollizione, per farla passare completamente allo stato gassoso; è
proporzionale alla massa m del liquido.
Il passaggio inverso dell’evaporazione è la condensazione: essa avviene alla stessa
temperatura dell’ebollizione, con cessione di calore.
Tutti i liquidi evaporano spontaneamente a qualsiasi temperatura: non esiste una temperatura
precisa di vaporizzazione. Questo processo è:
accelerato dall’aumento della temperatura, perché con esso aumenta l’agitazione
termica delle molecole;
favorito dall’ampiezza della superficie del liquido a contatto con l’ambiente esterno e
dalla ventilazione (spostando le molecole già evaporate, impedisce alle stesse di
tornare allo stato liquido).
Un vapore in equilibrio con il suo liquido si dice vapore saturo. Le particelle allo stato di
vapore esercitano una pressione sulla superficie del liquido sottostante, che è chiamata
tensione o pressione di vapore saturo. L’aumento della temperatura fa aumentare la tensione
di vapore saturo e, se aumenta la tensione di vapore saturo, aumenta anche la quantità di
liquido che evapora.31
31 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 111-112.
36
2.2.2. L'ebollizione
L’ebollizione non è un fenomeno spontaneo, ma forzato: avviene solo quando forniamo al
liquido un’opportuna quantità di energia termica, il calore, dall’esterno. La temperatura di
ebollizione dipende dalla pressione esterna: se la pressione è più bassa (ad esempio in alta
montagna) è inferiore, mentre aumenta se la pressione è più alta (ad esempio in una pentola a
pressione).
L’ebollizione riguarda tutta la massa del liquido e non solo gli strati superficiali: in un liquido
che si sta riscaldando si formano, in basso, bolle che salgono verso l’alto, arrivano in
superficie e poi si raffreddano. Le parti più fredde scendono poi verso il basso e, riscaldandosi
nuovamente, ritornano verso l’alto. Questi movimenti, detti moti convettivi, continuano finché
tutto il liquido non raggiunge la sua temperatura di ebollizione. Durante tutta l’ebollizione,
cioè durante tutto il passaggio delle molecole dallo stato liquido a quello aeriforme, la
temperatura non aumenta, si ha cioè una sosta termica, perché l’energia somministrata
produrrà la rottura dei legami chimici e non determinerà un ulteriore aumento dello stato di
agitazione delle molecole e quindi della temperatura del liquido. 32
2.2.3. Fusione e solidificazione
La fusione avviene mediante l’assorbimento di calore da parte del corpo che cambia stato. Il
corpo solido viene riscaldato e la sua temperatura aumenta, finché raggiunge la temperatura di
fusione Tf; a questo punto il solido comincia a fondersi. Se al corpo viene fornito ulteriore
calore, la fusione prosegue a temperatura costante Tf; tutto il calore che il corpo assorbe viene
utilizzato per separare le molecole. Quando il corpo è completamente fuso, un ulteriore
assorbimento di calore da parte del corpo stesso provoca un aumento di temperatura.
La solidificazione è il passaggio dallo stato liquido allo stato solido; avviene alla stessa
temperatura della fusione; per esempio: il ghiaccio fonde a 0 °C e l’acqua solidifica a 0°C.
Durante la solidificazione, un liquido fornisce calore. Il calore latente di solidificazione
32 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 111.
37
rappresenta il calore che la massa di liquido fornisce durante il cambiamento di stato. Il calore
latente di solidificazione è numericamente uguale al calore latente di fusione.33
2.3. La temperatura e il funzionamento del termometro
Per descrivere lo stato termico di un sistema si fa riferimento alla temperatura. È la grandezza
fisica che misura oggettivamente la sensazione di caldo e di freddo di un determinato corpo:
se un oggetto è più caldo rispetto a un altro si trova a una temperatura superiore.
La temperatura (t) è quella proprietà della materia che può essere misurata con uno strumento
chiamato termometro. I termometri più comuni sfruttano il fenomeno della dilatazione
termica: il fatto che, in generale, i corpi si dilatano (ovvero aumentano il proprio volume)
quando la loro temperatura aumenta e, viceversa, si contraggono (diminuiscono il proprio
volume) quando la loro temperatura diminuisce.
In Italia e in molti altri Paesi si utilizza la cosiddetta scala Celsius: fu ideata nel 1742 dal
fisico e astronomo svedese da cui prende il nome. Celsius immerse un capillare contenente
mercurio in un sistema acqua/ghiaccio fondente: il livello del mercurio corrispondeva ad una
temperatura a cui egli attribuì il valore zero. Celsius immerse lo stesso capillare in acqua
bollente: al nuovo livello raggiunto dal mercurio assegnò il valore cento. Celsius divise poi
l’intervallo in 100 parti uguali: ognuna di queste rappresentava la variazione unitaria di
temperatura che oggi è chiamata grado Celsius (°C). La scala termometrica centigrada di
Celsius può essere prolungata anche sopra e sotto le due tacche di riferimento; la suddivisione
della scala rimane sempre uguale, a meno che il liquido utilizzato nel termometro, a queste
temperature, mantenga le proprie caratteristiche. Per esempio, con il mercurio si possono
misurare temperature comprese tra - 35 °C e 350 °C, e con l’alcol temperature comprese
nell’intervallo tra - 110 °C e 78 °C.
La costruzione di una scala termometrica deve passare attraverso l’individuazione di due
punti fissi, facilmente riproducibili, caratterizzati ciascuno da una temperatura precisa e
costante alla quale viene assegnato un valore arbitrario. In molti Paesi anglosassoni è ancora
in uso la scala termometrica ideata nel 1724 dal fisico tedesco Daniel Gabriel Fahrenheit. I
33 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 107-109.
38
sistemi di riferimento scelti per la costruzione della scala Fahrenheit sono diversi da quelli di
Celsius.
L’immagine seguente mostra un termometro a mercurio prodotto dalla ditta Dollond, una
bottega inglese di strumenti scientifici fondata nel 1752. Il termometro è ora conservato al
Museo Galileo di Firenze, il quale conserva una delle raccolte di strumenti scientifici più
rilevanti al mondo.
Possiamo dire, quindi, che la temperatura è la grandezza fisica che si misura con termometro.
Per arrivare a questa definizione sfruttiamo due fenomeni:
1.il fenomeno della dilatazione termica, che incontriamo spesso in natura: ad esempio, un
palloncino di gomma gonfio d’aria, lasciato al sole, diventa più grande; messo invece in
frigorifero, diventa più piccolo;
2.il fenomeno chiamato equilibrio termico, la condizione in cui due sistemi fisici, messi in
contatto, raggiungono una stessa temperatura che poi non si modifica nel tempo: il
39
termometro misura sempre la propria temperatura che, all’equilibrio termico, è anche quella
del corpo (acqua ghiacciata, vapore…) con cui è in contatto.34
2.3.1. Agitazione termica e temperatura
Qualunque sia lo stato di aggregazione, le molecole sono in continuo movimento; si dice che
sono in agitazione termica. La temperatura è un indice dello stato di agitazione termica,
ovvero ci dà informazioni su quanto sono «agitate» le molecole: più grande è l’agitazione
termica, maggiore è la temperatura di una sostanza. Per esempio, gli atomi di un cucchiaio
caldo vibrano più velocemente degli atomi dello stesso cucchiaio freddo, così come le
molecole dell’aria contenute in una stanza calda si muovono più velocemente delle molecole
di aria di una stanza fredda.
Le sensazioni di caldo e freddo che la nostra pelle trasmette al cervello sono qualitative e
soggettive. Per avere informazioni oggettive sullo stato termico di una sostanza, dobbiamo
misurare la sua temperatura mediante il termometro.
2.3.2. La dilatazione termica nei liquidi e nei solidi
In genere, le sostanze si dilatano quando la temperatura aumenta e si contraggono quando la
temperatura diminuisce.
Consideriamo un corpo solido per il quale una delle dimensioni sia molto più grande delle
altre due; dal punto di vista termico quel corpo (che ha la forma di asta o sbarretta) subisce
una dilatazione soprattutto nella direzione della lunghezza e si parla di dilatazione lineare.
34 Cfr. Amaldi, Op. cit., p. 4.
40
Indichiamo con l0 la lunghezza iniziale di un corpo, per esempio un filo di ferro, e con T
0 la
sua temperatura iniziale. Lo scaldiamo finché la lunghezza diventa l alla temperatura T:
l’aumento di lunghezza è dunque Δl = l – l0, l’aumento di temperatura ΔT = T – T
0 . I risultati
delle prove sperimentali indicano che l’allungamento Δl:
1. è direttamente proporzionale alla lunghezza iniziale l0 del corpo;
2. è direttamente proporzionale alla variazione di temperatura ∆T subita dal corpo;
3. dipende dalla sostanza di cui è composto il corpo.
Queste proprietà possono essere riassunte nella legge della dilatazione lineare:
Per la dilatazione volumica dei solidi vale una legge analoga, che possiamo riassumere nella
legge di dilatazione volumica:
Per ogni materiale il coefficiente di dilatazione volumica è circa tre volte più grande del
coefficiente di dilatazione lineare.
Poiché k e V0 sono grandezze positive, se ∆T è negativo, anche ∆V è negativo. Ne deriva che
una diminuzione di temperatura provoca una diminuzione di volume.
In generale, anche i liquidi si dilatano con l’aumentare della temperatura e seguono la stessa
legge di dilatazione volumica dei solidi. I liquidi, però, hanno coefficienti di dilatazione
volumica maggiori di quelli dei solidi: ciò dipende dal fatto che nei liquidi le forze di
coesione molecolari sono più deboli rispetto a quelle dei solidi. Infatti, le molecole di un
liquido possono scivolare le une sulle altre e occupare nuove posizioni.
41
L’acqua è l’unico liquido che presenta un comportamento anomalo rispetto al fenomeno della
dilatazione termica: fra 0 °C e 4 °C, mentre la temperatura aumenta, il volume dell’acqua
diminuisce. Per temperature superiori ai 4 °C l’acqua si comporta come gli altri liquidi.
2.4. Il calore
Per aumentare la temperatura di una sostanza dobbiamo fornire ad essa calore. Tuttavia, nel
1850 il fisico James Prescott Joule dimostrò che è possibile riscaldare l’acqua anche
svolgendo un lavoro meccanico; occorrono 4180 J di lavoro per aumentare di 1 °C la
temperatura di 1 kg di acqua. Il calore rappresenta, come il lavoro, una forma di energia.
Il rapporto fra il calore assorbito da una sostanza e il suo aumento di temperatura si chiama
capacità termica (C).
Sperimentalmente si verifica che, quanto più grande è la massa che viene scaldata, tanto
maggiore è l’energia necessaria per aumentare la sua temperatura di un grado, cioè la capacità
termica è direttamente proporzionale alla massa: C=mc. La costante c è una grandezza che
caratterizza ogni sostanza. Essa prende il nome di calore specifico. Il calore specifico
rappresenta la quantità di energia che la massa di 1 kg di sostanza deve acquistare perché la
sua temperatura aumenti di 1° C.35
Quando due sostanze a diversa temperatura sono poste a contatto, una certa quantità di calore
passa dal corpo più caldo a quello più freddo e dopo un tempo t i due corpi raggiungono la
stessa temperatura, detta di equilibrio. Il valore della temperatura di equilibrio dipende sia
35 Cfr. Amaldi, Op, cit., pp. 43-44.
42
dalle masse delle sostanze, sia dal loro calore specifico, sia da eventuali dispersioni di calore
verso l’ambiente. 36
2.4.1. La propagazione del calore: isolanti e conduttori
Il calore tende spontaneamente a propagarsi sia all’interno di un corpo solido sia all’interno di
un fluido, sebbene in modo diverso. Il meccanismo di propagazione del calore, tipico delle
sostanze solide, prende il nome di conduzione. Ad esempio, gli atomi di una forchetta a
contatto con la fiamma vibrano molto velocemente; le vibrazioni sono trasmesse agli atomi
vicini che a loro volta le trasmettono a quelli più vicini e così via. Il risultato di questo
processo è uno spostamento di energia dalla parte più calda del solido a quella più fredda.
Gli atomi vibrano intorno alle loro posizioni di equilibrio, ma non si spostano da una parte
all’altra della forchetta; quindi non c’è spostamento di materia. Le sostanze che conducono
bene il calore si chiamano conduttori termici: i metalli, per esempio, sono buoni conduttori
termici. Le sostanze che conducono male il calore vengono dette isolanti termici, come il
legno, il polistirolo, il sughero, etc.37
36 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 49.
37 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 53.
43
2.5. La didattica scolastica: un’introduzione per strutturare i progetti didattici 38
In questo paragrafo ci occuperemo di dare un quadro generale al concetto di didattica,
fornendo una descrizione sullo studio delle strategie didattiche più idonee che ho utilizzato
per strutturare i due progetti di ambito scientifico.
Se proviamo a dare una definizione di didattica, potremo dire che la didattica è il complesso
di teorie e pratiche che sono connesse all’insegnamento e che operano nel contesto della
scuola.
È interessante soffermarsi su questa affermazione:
La didattica come ambito disciplinare non si limita a perseguire un approccio puramente descrittivo o
teorico-interpretativo: svolge anzi un ruolo predittivo, formulando indicazioni su come si debba agire
per conseguire i risultati desiderati. 39
Il Prof. Calvani e i collaboratori affermano quanto sia importante sottolineare il ruolo
problematico e critico della didattica: un atteggiamento di problematicismo critico può
aiutarci anche in vista di un ragionamento di tipo logico e scientifico.
Dalla citazione possiamo rilevare quanto sia importante che l’approccio didattico non debba
basarsi sulle tipiche e tradizionali lezioni trasmissive, bensì offrire un insieme di conoscenze e
criteri decisionali e orientati all’agire e al fare.
Se ci riferiamo, infatti, alla didattica intesa nella sua accezione tradizionale - la didattica
scolastica - possiamo individuare una struttura con quattro componenti costitutive:
un soggetto erogatore della conoscenza (il formatore, l’insegnante o l’educatore);
un soggetto acquisitore della conoscenza (lo studente);
una conoscenza come oggetto di acquisizione;
un’attività di trasposizione che mette in relazione le tre componenti indicate sopra;
il setting in cui le azioni si svolgono è uno spazio chiuso (aula scolastica).40
38Le argomentazioni relative alle strategie didattiche utilizzate nei due progetti sono riprese principalmente daltesto di Antonio Calvani, Giovanni Bonaiuti e Maria Ranieri: Fondamenti di didattica, Teoria e prassi deidispositivi formativi, Carocci editore, 2007.
39Cfr. Calvani, Op. cit., pp. 13-14.
40Cfr. Calvani, Op. cit., p. 16.
44
Ciò che fa riflettere è il fatto che la conoscenza è posseduta. gestita e trasmessa in gran parte
dal soggetto erogatore (l’insegnante) e il setting in cui si svolgono le azioni è uno spazio
chiuso, l’aula scolastica.
Nella società attuale l’ambito didattico è sottoposto a sollecitazioni sociali e culturali che
conducono ripensare la sua struttura costitutiva.
Dovendo svolgere questo cambiamento, la didattica ha tenuto in considerazione alcune
modifiche o integrazioni rispetto agli elementi tradizionali.
I fattori principali di cambiamento sono quattro:
1. Ampliamento dei campi: oggi possiamo parlare di lifelong learning, nell’ottica di una
formazione destinata ad accompagnarci per tutto l’arco della vita.
2. Distinzione dei momenti e dei ruoli: le fasi essenziali dell’agire didattico possono
trovarsi separate nello spazio e nel tempo ed anche trattate da soggetti diversi
(tradizionalmente era l’insegnante stesso a decidere e conseguentemente agire
nell’aula).
3. Carattere distributivo della conoscenza: la conoscenza non è necessariamente (almeno
interamente) posseduta dal soggetto erogatore, può anzi essere distribuita in una
molteplicità di risorse (archivi, siti, software..); una modalità nuova di apprendimento
può essere la conoscenza che proviene e si crea dalla collaborazione tra allievi ed il
ruolo del docente.
4. Spostamento del focus dall’istruire all’apprendere: questo significa che l’ambito della
didattica si amplia verso l’educazione continua e include l’attenzione sul soggetto che
apprende (l’alunno) e sui dispositivi che possono favorire un processo di costruzione
autonoma.41
La didattica ha un ruolo molto importante di mediazione, gestendo la trasmissione del sapere
in modo critico con azioni progettuali, attuative, valutative e negoziativo - simboliche.
Un aspetto da non sottovalutare è l’ambiente di apprendimento, che deve essere
opportunamente strutturato: qui entra in gioco la fase attuativa e gestionale del processo
didattico, ovvero tutto il complesso di azioni effettuate in un determinato lasso di tempo dagli
insegnanti. In questa fase i formatori svolgono questa funzione con interventi concreti e
41 Cfr. Calvani, Op. cit., p.16.
45
negoziali attraverso la conduzione, il sostegno, il mantenimento del clima e la conduzione
delle relazioni interpersonali.
2.5.1. La struttura della didattica
Provando a descrivere l’agire didattico nel dettaglio, possiamo in primis affrontare il discorso
relativo alla struttura della didattica, ovvero di cosa è composta e articolata e come possiamo
descriverla.
La didattica è distinta in una parte dichiarativa e una parte procedurale:
la parte dichiarativa ha un carattere descrittivo, definendo i termini e i concetti e
stabilendo opportune relazioni tra di essi: riguarda il cosa;
la parte procedurale riguarda le conoscenze che si traducono in indicazioni operative
(azioni) indicando a noi insegnanti come dobbiamo comportarci negli ambiti
interessati: è quindi orientata all’azione e riguarda il come.42
A partire dagli anni cinquanta del secolo scorso, si è potuto costruire storicamente l’apparato
concettuale della didattica, sia sulla conoscenza dichiarativa, sia sulla conoscenza
procedurale. Per quanto riguarda la conoscenza procedurale, abbiamo a che fare con un
sapere costituito da sequenze di decisioni orientate al conseguimento di un fine, mantenendo
comunque un certo grado di flessibilità al suo interno.
Inoltre, possiamo dire che non esiste una distinzione rigida tra le conoscenze dichiarative e
procedurali: molte conoscenze hanno una natura dichiarativa, ma rappresentano anche un
invito all’azione. La citazione seguente può spiegare questa affermazione più nel dettaglio:
Termini del tipo obiettivo didattico, tassonomia, valutazione formativa, curricolo, ambiente per apprendere, entrano a far parte di ciò che possiamo chiamare più propriamente conoscenza dichiarativa di natura lessicale; un corretto uso di questi termini è preliminare alla comprensione dei
fenomeni da analizzare ed allo scambio reciproco delle conoscenze.43
La didattica si presenta dunque come un sistema di decisioni che sono sempre orientate ad un
fine: si muove da un problema e da un’esigenza verso una meta stabilita. A questo proposito
42 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 20.
43 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 20.
46
sono stati sviluppati dispositivi - strumenti teorici e applicativi che includono conoscenze
dichiarative e procedurali.
I dispositivi teorici riguardano le conoscenze possedute sui fattori che influenzano
l’apprendimento e i modi di facilitarlo; i dispositivi didattici applicativi comprendono le
strategie didattiche impiegabili.
Se parliamo di strumenti progettuali, ci riferiamo ai modelli di organizzazione dell’attività
didattica: questi danno luogo. ad esempio, a quei dispositivi orientati alla valutazione.
Nella tabella seguente sono riassunti tutti i dispositivi che abbiamo citato.
Dispositivi formativi teorici Modelli di apprendimento e dell’istruzione
Dispositivi formativi didattici Strategie didattiche
Dispositivi formativi progettuali e
attuativi
Dispositivi di valutazione: profitto, processo,
progetto44
2.5.2. La dimensione negoziale - simbolica della didattica
Se vogliamo descrivere nello specifico ogni caratteristica della didattica, possiamo iniziare
parlando della sua dimensione negoziale - simbolica.
Il processo didattico assume il carattere di un’attività negoziale: può trattarsi di una
conversazione oppure un gioco manipolatorio. In questo complesso agire vi è una parte
finalizzata, svolta da chi ha il controllo (l’insegnante) e una parte emergente, meno
controllabile (svolta dall’allievo).
Nell’agire didattico è molto importante la mediazione, in quanto consente una situazione di
imprevedibilità da parte degli allievi che l’insegnante si trova di fronte. Tutto ciò che il
formatore può aver strutturato nel suo intervento didattico, può sfociare in comportamenti
indesiderati, ma che talvolta possono giocare a favore degli obiettivi prefissati.
Nella sua dimensione negoziale, ci sono tre componenti interconnesse, ma di cui possiamo
fare alcune distinzioni:
1. un complesso di azioni ha un carattere comunicativo, condizionato cioè dai formati
della trasmissione ed interazione: la voce, il corpo e la comunicazione mediata;
44 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 22.
47
2. una parte della comunicazione ha connotazione cognitiva, avendo lo scopo di
conservare la curiosità, l’attenzione, mantenere la tensione problematica: in particolare
riguarda i contenuti e il loro trattamento;
3. la terza dimensione è quella socio-relazionale, in quanto si generano interazioni, si
definiscono i ruoli e le aspettative: gran parte dei significati trasmessi (come ci
comportiamo, cosa ci aspettiamo, la percezione di noi stessi e degli altri) resta
implicita e partecipare significa essere accolto, riconosciuto, apprezzato. Allo stesso
tempo i comportamenti veicolano regole e suggeriscono una sorta di accordo su cosa
si può/deve fare, cosa si auspica o meno.45
Queste sequenze di azioni, ruoli e funzioni rappresentano il cuore della mediazione didattica e
dobbiamo sempre tenere presente che le concrete interazioni formative possono prendere
pieghe inaspettate rispetto ai copioni prefissati dall’insegnante.
2.5.3. Dimensione metodologica - conoscitiva
Un secondo punto fondamentale del processo didattico riguarda il modo in cui si produce ed
acquisisce un sapere didattico. Infatti:
la didattica in sé deve essere in grado di produrre conoscenze e principi capaci di una trasferibilità e
stabilità. 46
In una grande varietà di contesti sempre diversi, quello che dobbiamo fare è spostare la nostra
attenzione su una possibile conoscenza in rapporto a tipologie situazioni di riferimento. Per
questo, l’insegnante che vuole proporre ai suoi alunni determinati contenuti con strategie e
metodologie diverse, dovrà documentarsi a fondo per selezionare quella che è risultata più
efficace.
Sappiamo che la conoscenza trae dall’esperienza la sua origine, come da Dewey in poi è stato
sottolineato: gran parte dell’apprendimento deriva dalla pratica. Le persone affrontano
situazioni simili, cercano in modo naturale di selezionare le procedure e le soluzioni che si
45 Cfr. Calvani, Op. cit., p 23.
46 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 24.
48
sono rivelate più efficaci. L’apprendere dall’esperienza può essere arricchito e amplificato,
integrando particolari momenti e metodologie che consentano di dare all’esperienza
individuale maggiore consapevolezza.
Come insegnanti possiamo pensare a vari gradi e livelli per il miglioramento del nostro agire
didattico:
Selezione di buone pratiche: ci riferiamo a forme di conoscenza convenzionalmente
definite, cui si perviene attraverso un processo di ragionevole condivisione nella
comunità professionale a partire da esperienze comunemente note. Un singolo attore o
ricercatore può, attraverso la sua pratica, proporre una teoria o ipotesi che egli reputa
valida, ma in tale forma rimane un prodotto anche soggettivo e privo di validazione
sociale. Il suo modello e l’applicazione dovrebbero essere sottoposti in modo più
sistematico a comparazione con situazioni analoghe. Se questo avviene, è anche
possibile che da questa raccolta e comparazione critica si individuino i fattori che
spingono ad una revisione del modello, o ad una sua diversa strutturazione e da più
esperienze considerate positivamente può emergere una sorta di meta-modello
(individuazione di una base di buone pratiche).
Valutazione storico-critica: i bilanci criticamente fondati e prodotti da una valutazione
critica comparativa di molteplici esperienze indicano conoscenze con un grado
accettabile di affidabilità e trasferibilità, differenziandole così da altre a connotato più
personale.
Individuazione di un corpus di principi e conoscenze generali: i punti di debolezza
della didattica tradizionale, come la confusione frequente tra cornice ideologica di
riferimento ed evidenze argomentative e/o empiriche, sono oggetto di ampio dibattito
critico. E dobbiamo fare riferimento al fatto che se è ingenuo ritenere che esistano
conoscenze sempre valide, non lo è altrettanto affermare che esistono conoscenze e
principi di maggiore trasferibilità che hanno maggiore probabilità di risultare più
efficaci di altri in un più vasto numero di contesti.47
47 Cfr. Calvani, Op. cit., pp. 26-27.
49
Da queste riflessioni è utile soffermarsi sull’expertise didattica, anche se è solo parzialmente
descrivibile. In generale possiamo dire che un professionista, nel nostro caso parliamo
dell’insegnante,può diventare o diventa esperto se riesce a:
1. acquisire le evidenze già offerte dalla ricerca;
2. valutare le implicazioni culturali di carattere sociale, culturale, etico, delle varie
ipotesi perseguibili, prospettando diversi scenari possibili;
3. riconoscere gli elementi strutturalmente caratterizzanti la situazione e la sua possibile
evoluzione nel tempo;
4. elaborare, se richiesto, un progetto articolato criticamente, che tenga conto di possibili
fattori di disturbo e di evenienze alternative;
5. esplicitare criteri valutativi e scelte ideologiche sottese rendendo trasparenti le
decisioni operative eventuali;
6. definire e scegliere livelli di affidabilità adeguati che si intendono garantire nella
valutazione dei risultati;
7. selezionare tecniche e mezzi opportuni, motivandoli a seconda delle circostanze e dei
dati conoscitivi disponibili dalla ricerca.48
Infine, è importante promuovere nella didattica gatteggiamento problematico e critico,
orientato a tenere sempre aperto il confronto con più soluzioni possibili, con potenzialità
alternative, distinguendo i problemi secondo le diverse prospettive e con forte sensibilità al
contesto.
2.5.4. La scelta delle strategie didattiche
All’interno di questo quadro ho selezionato le strategie didattiche più idonee per i progetti
didattici pensati per la didattica della fisica in una scuola dell’infanzia e una scuola primaria.
Per strategie didattiche, in generale, intendiamo le unità fondamentali che entrano a far parte
dei modelli d’istruzione. Per classificare le strategie non possiamo utilizzare un unico criterio
condiviso: le varie tipologie possono essere raccolte attraverso un’attenta analisi, fare o meno
48 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 29.
50
leva sul ruolo attivo del docente, del discenti o su altri sostegni esterni quali tutor, compagni,
libri, supporti tecnologici, etc. 49
Nell’intervento didattico dobbiamo scegliere quelle più opportune, nella consapevolezza che
ogni contesto richiede una soluzione ad hoc e che non esiste uno stile unico e ottimale per
l’istruzione.
Nella scelta delle strategie didattiche per i due progetti proposti, nell’ottica di promuovere il
metodo scientifico sperimentale, ho ritenuto più opportune e affini all’insegnamento
scientifico, quelle che elencherò di seguito. Il riferimento al metodo scientifico sperimentale è
inteso anche con il fine di proporre strategie che si basino soprattutto sull’allenamento ad un
ragionamento di tipo logico.
La discussione.La discussione consiste in uno scambio e confronto di idee tra l’insegnante e gli
studenti e tra gli studenti. Questa si basa su un processo dialettico attuato attraverso il
dialogo e la tecnica del domandare e sollevare dubbi in chiave problematizzante. È
solitamente considerata come un elemento da integrare ad una normale lezione; in
realtà può essere usata anche in combinazione con altre strategie, ad esempio, in una
attività di gruppo basata su un problem solving. Nella discussione il ruolo del docente
cambia: da istruttore a facilitatore. Egli non trasmette conoscenze, ma supporta lo
studente in attività cognitive quali pensare, ragionare e argomentare. La discussione
consente dunque un maggior coinvolgimento degli studenti, facilitando i processi di
scoperta. Le condizioni favorevoli per una discussione partecipata sono il senso di
auto-controllo e la forte motivazione da parte dei partecipanti.50
L'apprendimento di gruppo.
Gli apprendimenti di gruppo includono sia le forme di apprendimento cooperativo -
collaborativo, sia quelle di reciprocità tra pari.
La formazione dei gruppi può avvenire a caso, per interesse, per livelli di abilità o per
integrazione di competenze diverse. In generale, più ampio è il gruppo, più ampia è la
49 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 59.
50 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 62.
51
gamma di interessi, esperienze e abilità che possono entrare in gioco; parallelamente,
maggiori sono le abilità di cooperazione e di coordinamento necessarie.
Con soggetti piccoli, con scarso controllo, gruppi superiori a 3 - 4 componenti sono
difficilmente capaci di autogestirsi. Il gruppo-coppia assicura una maggiore
partecipazione: è un ottimo modo per iniziare e per stimolare i soggetti a rendersi
reciprocamente utili.
Anche se cooperare e collaborare sono entrambe attività orientate al conseguimento di
un risultato comune, comportano processi differenti: per cooperazione intendiamo
un’organizzazione strutturalmente più rigida con ruoli ed obiettivi più definiti, come
un lavoro di squadra; la collaborazione è più aperta, meno strutturata.
Nella scuola parliamo prevalentemente di apprendimento cooperativo, dovendo
strutturare e definire ruoli ed obiettivi.51
Il problem solving e la scoperta guidata.
Il problem solving riguarda tutte le situazioni in cui il soggetto avverte un problema
tra la situazione reale ed una situazione desiderata e la mente si attiva per il suo
superamento. Il problema che stimola alla formulazione di ipotesi e a successivi
tentativi di verifica è al centro anche della tradizione del pedagogista Dewey, dando
vita anche ad orientamenti didattici basati sull’apprendimento per scoperta o per
insight (intuizione illuminante). La scoperta guidata è una strategia che prevede di
lasciare aperti solo determinati spazi problematici, alleggerendo il carico su altri
aspetti che vengono invece esplicitati. Non è possibile fornire una rappresentazione
uniforme del processo di soluzione di un problema perché esistono diverse tipologie di
problemi, differenti modalità di presentarli o rappresentarli e anche specifiche
modalità di risolverli in rapporto alle capacità del soggetto. Anche il processo di
soluzione del problema può variare da soggetto a soggetto a seconda del grado di
familiarità con la tipologia di problema, della conoscenza del dominio in questione,
dello stile cognitivo del soggetto e delle sue capacità di esercitare un controllo
cognitivo sul processo. Da questo dipende la possibilità da parte del soggetto di
51 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 64.
52
formulare rappresentazioni mentali appropriate, selezionare piani adeguati di
soluzione del problema, identificare e superare gli ostacoli.
Ogni situazione richiederà una differente strategia cognitiva per la soluzione del
problema, come anche l’allestimento di differenti attività didattiche. 52
2.5.5. Gli aspetti comunicativi, cognitivi e gestionali
La didattica, nella sua concretezza di azioni e interazioni tra insegnanti e allievi, è un campo
molto complesso in cui convergono una pluralità di elementi; consideriamo la didattica sotto
tre punti di vista fondamentali:
1. l’ambito comunicativo: riguarda i formati della comunicazione e dell’interazione
(verbale e non verbale, testuale - multimediale, mediata dal computer) tra docente e
allievi e tra allievi;
2. ambito simbolico, cognitivo ed epistemologico: comprende le rappresentazioni
individuali e collettive che influiscono sui processi cognitivi-apprenditivi, le strategie
discorsive attuate dall’insegnante per mantenere la tensione problematica, la curiosità
e l’attenzione, nonché le azioni volte ad adattare, trasformare e riconfigurare i saperi;
3. ambito gestionale: riguarda l’insieme delle pratiche messe in atto per garantire il
mantenimento di condizioni propizie all’apprendimento e che riguardano
l’organizzazione di spazi, tempi e attività, la gestione della condotta e delle relazioni
interpersonali e sociali.
Ogni atto di insegnamento e apprendimento costituisce un atto di comunicazione; ciò che
distingue una qualsiasi comunicazione da una comunicazione orientata alla formazione sta nel
fatto che quest’ultima ha un’intenzionalità vincolata al conseguimento di certi fini ed è situata
all’interno di un contesto caratterizzato da sue norme proprie e specifiche routine. 53
52 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 65.
53 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 89-90.
53
Capitolo 3. I progetti didattici nella scuola primaria e nella scuola
dell’infanzia
3.1. Scuola primaria: premessa e scelta dell’argomento
In questi anni di tirocinio diretto ho preso coscienza del fatto che tutto ciò che i bambini
imparano a scuola in ambito scientifico si limita ad una conoscenza mnemonica e passiva dei
fenomeni. Anche nella mia esperienza di studentessa avevo vissuto esperienze simili. Questo
mi ha portato ad analizzare le Indicazioni Nazionali del 2012 per cercare maggiori
informazioni sulle strategie da usare in classe e gli obiettivi di apprendimento specifici per
ogni fascia di età. Le indicazioni evidenziano chiaramente che è indispensabile proporre ai
bambini esperienze ricavate dalla quotidianità e che è importante lavorare attraverso un
metodo che si basi sull’osservazione dei fatti e dei fenomeni, rafforzando il loro spirito di
ricerca e di interpretazione. Come futura insegnante mi sono così posta l’obiettivo di
sperimentare nuove strategie didattiche.
Ho conseguito la maturità scientifica nel 2012 e, parallelamente, ho sempre amato il mondo
dell’insegnamento fino a che non è diventato la mia passione. L’incrocio tra l’interesse per le
discipline scientifiche - in particolare sono affascinata da tutto ciò che è possibile spiegare con
l’osservazione diretta - e la didattica mi hanno agevolata nella scelta del lavoro di tesi. In
seguito all’esame di fisica sperimentale, infatti, mi sono appassionata molto di più a questa
disciplina e ho iniziato a interrogarmi su un possibile argomento da presentare in classe agli
alunni.
Con il docente abbiamo pensato di svolgere il progetto sia nella scuola dell’infanzia che nella
scuola primaria in modo da sperimentare l’applicabilità del metodo scientifico su due livelli
diversi, sia dal punto di vista anagrafico che cognitivo, potendo verificarne le differenze, le
peculiarità e le analogie.
I due progetti nascono come lavoro di tesi effettuato presso l’Istituto Federigo Tozzi, a Siena.
La dirigente della scuola mi ha affidato a due nuove tutor scolastiche e ho svolto il tirocinio in
una classe quinta primaria e in una sezione di cinque anni nella scuola dell’infanzia.
Analizzando i possibili argomenti da proporre, ho scelto di lavorare con i bambini su aspetti e
concetti molto comuni nella loro esperienza quotidiana e concreta: il calore e la temperatura.
54
Essendo fenomeni piuttosto familiari, in realtà ci sono molti equivoci ed errori - nei bambini
così come negli adulti - nell’esprimere questi concetti; spesso la temperatura è associata e
confusa con il calore.
Il mio progetto nasce dalla volontà di verificare in quale misura sussistono effettivamente
queste idee sbagliate e provare a proporre un percorso che permetta ai bambini di
riorganizzare le idee attraverso un nuovo metodo di lavoro: il metodo scientifico sperimentale.
3.2. Analisi del contesto: classe V B della scuola primaria Federigo Tozzi
Il primo progetto è stato realizzato nella scuola primaria con la classe V B composta da 25
alunni, di cui 10 femmine e 15 maschi. Nel gruppo-classe sono presenti tre bambini di
nazionalità non italiana: una bambina della Georgia, un bambino cinese ed una bambina di
origini indiane.
La prima impressione è di una classe eterogenea, in quanto ogni alunno ha raggiunto un
livello diverso di apprendimento e ognuno di loro possiede un personale approccio alla
materia in questione. Complessivamente è un gruppo-classe che si presenta molto disponibile
ad apprendere, salvo le eccezioni di tre alunni che si dimostrano meno coinvolti nello
svolgimento usuale delle lezioni. Nel complesso gli alunni si presentano, comunque, ad un
buon livello di preparazione in tutte le discipline.
Il tirocinio diretto nella scuola primaria è iniziato a metà novembre 2016 e si è concluso a
metà aprile 2017 e la mia tutor scolastica - l’insegnante di matematica, scienze, inglese e
musica - si chiama Laura Toti. Laura mi ha accompagnato in tutto il percorso, supportandomi
nelle scelte e dandomi consigli sempre adeguati per quanto concerne la dimensione gestionale
della classe e sulla scelta delle strategie didattiche più efficaci da adottare con gli alunni.
Con Laura abbiamo potuto discutere del mio progetto partendo dall’analisi delle pre-
conoscenze degli alunni sugli argomenti in questione; l’anno precedente - in quarta primaria -
il lavoro è stato svolto trattando i seguenti argomenti:
L’acqua: le soluzioni, la tensione superficiale, la capillarità, il principio dei vasi
comunicanti
Costituzione della materia: gli stati di aggregazione
Definizione di temperatura: accenni sul termometro
55
Metodo scientifico
Dilatazione termica nei metalli
Propagazione del calore: conduzione e irraggiamento
Buoni e cattivi conduttori
Laura mi ha spiegato che gli argomenti sono stati affrontati seguendo la strategia usuale di
una lezione frontale ed euristica, basata quindi sulla trasmissione delle informazioni seguendo
il libro di testo e approfondimenti scritti sul quaderno, ma senza la trattazione degli stessi ad
un livello sperimentale e/o pratico.
Prendendo in considerazione gli argomenti già svolti dalla classe, ho pensato di approfondire
alcuni aspetti, cercando di ampliare le loro conoscenze attraverso dimostrazioni ed
esperimenti e proponendo agli alunni attività adeguate al loro livello cognitivo.
3.2.1. Progettazione dell’unità di competenza
Attraverso la proposta del professore Davide Capperucci sulla costruzione dell’unità di
competenza, ho ideato il mio progetto suddividendolo in più fasi di lavoro. Progettare per
competenze significa ideare percorsi di apprendimento specifici che abbiano l’obiettivo di far
raggiungere agli alunni conoscenze e abilità con un approccio che valorizzi la centralità
dell’esperienza. La stessa dicitura, unità di competenza, dà conto del fatto che una
competenza non può essere acquisita una volta per tutte, e neppure completamente. Quello
che fa la scuola è lavorare attorno alla maturazione in progress di aspetti, o componenti, della
competenza stessa, puntando al raggiungimento di descrittori che rimandano a forme
apprenditive complesse, composite e multifattoriali quali sono appunto le competenze. La
progressione delle competenze è espressa dal fatto che ciascun descrittore rappresenta al
tempo stesso un prodotto-traguardo di quella specifica età o classe di riferimento, ma anche
un punto di partenza per acquisizioni successive di difficoltà superiore. Il concetto di unità
rimanda ad un’idea di competenza intesa come dispositivo complesso che richiede un
percorso costruttivo da definirsi in itinere con tutti gli aggiustamenti e le modifiche del caso.
Esso si connota in termini di apprendimento significativo, autentico e progressivo, ma anche
situato, in quanto riferito direttamente alle potenzialità del soggetto e alle risorse del contesto.
La competenza pertanto può essere considerata come un traguardo a lungo termine che
56
prevede livelli di expertise diversi e crescenti, raggiungibili mediante specifiche unità di
lavoro, dotate di una loro autonomia, sequenzialità e interconnettività.54
Ogni passo del percorso preparato poteva essere soggetto a modifiche successive o in corso
d’opera, in base alle particolari esigenze degli alunni.
Le tabelle di seguito sono state create prendo in considerazione le Indicazioni Nazionali del
2012.
Competenzeda promuovere al termine
della classe quinta
- L’alunno esplora i fenomeni con un approccio scientifico: conl’aiuto dell’insegnante, dei compagni, in modo autonomo, osserva
e descrive lo svolgersi dei fatti, formula domande, anche sullabase di ipotesi personali, propone e realizza semplici esperimenti;
-Individua nei fenomeni somiglianze e differenze, fa misurazioni,registra dati significativi, identifica relazioni spazio/temporali;
- Individua aspetti quantitativi e qualitativi nei fenomeni, producerappresentazioni grafiche e schemi di livello adeguato, elabora
semplici modelli;
- Espone in forma chiara ciò che ha sperimentato, utilizzando unlinguaggio appropriato;
- Trova da varie fonti (libri, internet, discorsi degli adulti, ecc.)
informazioni e spiegazioni sui problemi che lo interessano.55
Obiettivi di apprendimentoal termine della classe
quinta
- Cominciare a riconoscere regolarità nei fenomeni e a costruirein modo elementare il concetto di energia.
- Individuare, nell’osservazione di esperienze concrete, alcuniconcetti scientifici quali: dimensioni spaziali, peso, peso specifico,
forza, movimento, pressione, temperatura, calore, ecc.
56- Osservare e schematizzare alcuni passaggi di stato, costruendosemplici modelli interpretativi e provando ad esprimere in forma
grafica le relazioni tra variabili individuate (temperatura infunzione del tempo, ecc.).
Disciplina Fisica - Scienze.
54Cfr. D. Capperucci, C. Cartei, Curricolo e intercultura. Problemi, metodi e strumenti, 2010, p. 191.
55Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, pp. 54-55.
56Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, pp. 55-56.
57
Obiettivi Contenuti Attività Strategie Strumenti Durata
Conoscere gli statifisici della materia esaperne individuare
le caratteristicheprincipali.
Conoscere edistinguere i concetti
di calore etemperatura.
Concetti ditemperatura ecalore; le fasidel metodoscientifico; ipassaggi distato della
materia; gli statifisici dellamateria.
Presentazione delprogetto e
somministrazionedel questionario.
Discussioneguidata;Lavoro
individuale.
Cartellonidimostrativi;documentocartaceo:
questionariopreliminare.
Circa un’ora.
Capire il movimentodelle molecole
all’interno dei corpi(solidi, liquidi egassosi) posti acontatto con unafonte di calore.
Trasformazionetermica nei gas;la dilatazionetermica neisolidi e nei
liquidi.
Dimostrazioneattraverso gli
esperimenti dellatrasformazionetermica nei tre
stati della materia.
Esplorazione ediscussionicooperative;
Metodoscientifico;lavoro di
rielaborazioneindividuale e/o
collettiva.
Cartellonidimostrativi;
post-it;video
dimostrativi;materiali
necessari per gliesperimenti.
Circa 4 ore.
Individuare,nell’osservazione diesperienze concrete,le grandezze che si
mantengono costantie quelle che variano
quando forniamocalore ad un corpo.
L’equilibriotermico; la
conservazionedella massa neitrasferimenti di
calore.
Esperimentoguidati sulla
dimostrazionedella
conservazionedella massa neitrasferimenti di
calore in funzionedel tempo.
Discussioneguidata;
apprendimento digruppo;
esplorazione ediscussionicooperative;
Metodoscientifico;
problem solving;lavoro di
rielaborazioneindividuale e
collettiva.
Materialinecessari per gli
esperimenti.Tabella cartacea;
Circa 2 ore emezzo.
Individuare e saperdistinguere le
principalicaratteristiche del
calore e dellatemperatura;
spiegare e conoscerealcuni fenomeni
collegati al calore ealla temperatura.
Tutti i contenutidelle attivitàprecedenti.
Somministrazionedella prova di
verifica;Discussione sulleimpressioni e suciò che è stato
appreso.
Valutazione everifica.Lavoro
individuale.Discussionecollettiva.
Fogli cartacei:prova di verifica.
Circa 2 ore.
58
Accordi con altre discipline Matematica; Italiano; Arte e immagine, Tecnologia.
Raccordi con altre competenzepreviste al termine della scuola
primaria:
Italiano:- L’allievo partecipa a scambi comunicativi
(conversazione, discussione di classe o di gruppo)con compagni e insegnanti rispettando il turno eformulando messaggi chiari e pertinenti, in un
registro il più possibile adeguato alla situazione.- Ascolta e comprende testi orali “diretti” otrasmessi dai media cogliendone il senso, le
informazioni principali e lo scopo.57
Matematica:- Ricerca dati per ricavare informazioni e
costruisce rappresentazioni (tabelle e grafici).Ricava informazioni anche da dati rappresentati in
tabelle e grafici.- Costruisce ragionamenti formulando ipotesi,
sostenendo le proprie idee e confrontandosi con il
punto di vista di altri.58
Arte e immagine:- L’alunno utilizza le conoscenze e le abilità relativeal linguaggio visivo per produrre varie tipologie di
testi visivi e rielaborare in modo creativo leimmagini con molteplici tecniche, materiali e
strumenti.59
Tecnologia:- Conosce e utilizza semplici oggetti e strumenti di
uso quotidiano ed è in grado di descriverne lafunzione principale e la struttura e di spiegarne il
funzionamento.- Si orienta tra i diversi mezzi di comunicazione edè in grado di farne un uso adeguato a seconda delle
diverse situazioni.60
57Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, p. 30.
58Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, p. 49.
59Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, p. 60.
60Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, pp. 66-67.
59
Raccordi con le competenzechiave di cittadinanza previste
al termine dell’obbligo diistruzione:
Profilo delle competenze al termine del primo ciclodi istruzione:
- Le conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche dell’alunno gli consentono di
analizzare dati e fatti della realtà e di verificarel’attendibilità delle analisi quantitative e statistiche
proposte da altri. Il possesso di un pensierorazionale gli consente di affrontare problemi esituazioni sulla base di elementi certi e di avereconsapevolezza dei limiti delle affermazioni che
riguardano questioni complesse che non si prestano
a spiegazioni univoche.61
I contenuti specifici che ho affrontato con gli alunni sono stati i seguenti:
Concetti e definizioni di temperatura, calore e propagazione del calore
La trasformazione termica nei gas: l’espansione; la dilatazione termica nei solidi e nei
liquidi
La temperatura di equilibrio - o equilibrio termico - e la conservazione della massa nei
trasferimenti di calore
Ho scelto questi argomenti con l’intento di proporre alla classe attività per le quali fosse stato
possibile fare osservazioni dirette attraverso gli esperimenti.
Ponendo in relazione il livello cognitivo e l’età degli alunni ho deciso di far esplorare loro i
concetti di temperatura e calore attraverso situazioni più complesse, come la trasformazione
termica o la temperatura di equilibrio. Attraverso questi semplici esperimenti è possibile
differenziare i concetti di temperatura e calore, riuscendo a coglierne le caratteristiche
attraverso l’osservazione diretta e l’indagine concreta.
Il progetto si è suddiviso in più attività facenti riferimento al metodo scientifico sperimentale,
o metodo induttivo, il quale si articola in tappe ben precise e ripetute ciclicamente:
Osservazione→ Ipotesi → Ipotesi da verificare → Esperimenti per verificare l’ipotesi →
Raccolta dei dati e osservazioni → Interpretazione e conclusioni: elaborazione di una legge.
Nella prima fase di ogni attività mi sono proposta di consegnare specifiche domande e/o
concetti stimolo, proponendo agli alunni di osservare i fenomeni e fornire delle semplici
ipotesi nel piccolo e/o grande gruppo, poi verificate attraverso gli esperimenti.
Negli esperimenti l’obiettivo è quello di immaginare e capire meglio ciò che stiamo
61Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, pp. 10-11.
60
osservando; l’idea è stata quella di distogliere gli alunni dalle mere frasi scritte sui libri di
testo, spesso ricordate a memoria sul momento, ma dimenticate negli anni successivi.
Lo scopo principale di questa metodologia è che il bambino possa imparare a porre attenzione
in modo critico alle evidenze dei fenomeni, descrivendoli e/o disegnandoli, dopo averne
discusso nel gruppo e con l’insegnante.
Le attività sperimentali, in un’ottica interdisciplinare, promuovono anche lo sviluppo del
linguaggio orale, scritto e iconico, assicurando così lo sviluppo e il potenziamento delle abilità
linguistiche e di comunicazione.
3.3. Primo incontro: la somministrazione del questionario preliminare
23 febbraio 2017
In vista di attività specifiche con gli alunni, ho ritenuto indispensabile accertare il loro livello
iniziale e le pre-conoscenze possedute per due motivi:
1. Sapere quali argomenti è utile ripassare prima di approfondirli e soffermarsi su
eventuali carenze rilevate.
2. Confrontare il livello conoscitivo iniziale - dato dai risultati del questionario - con il
livello finale - dato dalla prova di verifica - e valutare l’efficacia della nuova
metodologia di lavoro.
Ho deciso quindi di preparare un questionario preliminare, costruito su misura per la classe, in
base agli argomenti da loro già affrontati. Prima di consegnare il questionario ho spiegato agli
alunni lo scopo di tale prova, tranquillizzandoli sul fattore valutazione: ho detto loro che non
avrei messo alcun voto o dato alcun giudizio, semplicemente che dopo aver corretto i compiti,
ma ne avremmo discusso insieme. Per rispondere al questionario i bambini avevano a
disposizione circa un’ora di tempo. Alla consegna del questionario mancava soltanto una
bambina, che lo ha svolto singolarmente il giorno successivo.
Di seguito ho riportato solo alcune delle risposte date dagli alunni, quelle che ho ritenuto più
rilevanti per le osservazioni successive.
61
Prima domanda - conosci qualche scienziato?62
Con la prima domanda ho pensato di catturare l’attenzione dei bambini, in modo da non farli
sentire oppressi dalla valutazione: ognuno avrebbe potuto scrivere ciò che riteneva, senza un
voto né un giudizio negativo.
Seconda domanda - le attività di uno scienziato63
Come seconda domanda ho voluto indagare - in forma indiretta - la conoscenza dei bambini
sulle fasi del metodo scientifico. Ho ritenuto indispensabile inserire questa domanda in quanto
le lezioni successive si sarebbero basate proprio su questo metodo di lavoro ed è importante
che i bambini sappiano in quale modalità studieranno un certo fenomeno.
I dati riscontrati sono i seguenti: nella maggior parte dei casi - 19 su 25 - i bambini hanno
62L’immagine mostra la risposta data dall’alunno A.M.
63L’immagine mostra la risposta data dall’alunno E.V.
62
saputo rispondere senza lacune, in particolare fino alla terza fase.
Per quanto riguarda le ultime due fasi ci sono state confusioni su quale delle due avvenisse
per ultima.
Questo mi ha suggerito di elaborare dei cartelloni personalizzati da mostrare alla classe come
ripasso e introduzione del metodo di lavoro.
Terza domanda - gas, solido e liquido64
L’inserimento della terza domanda era indispensabile perché i bambini avrebbero poi dovuto
sperimentare partendo dalla distinzione dei tre stati nella materia.
Le risposte date non hanno rilevato particolari difficoltà e ogni bambino ha risposto sapendo
distinguere correttamente i tre stati della materia, trovando almeno due esempi per ognuno di
essi.
Quarta domanda - la temperatura65
La quarta domanda è quella che ha dimostrato le maggiori difficoltà ed ha confermato i dati
spiegati nel primo paragrafo circa la scelta dell’argomento: nessun bambino ha saputo trovare
il termine adatto - proprietà, caratteristica.. - per definire la temperatura.
Molti hanno scritto che la temperatura è il calore o che la temperatura misura solo i corpi
caldi, tralasciando e non nominando i corpi freddi.
Ho deciso di creare un grafico per mettere in luce quanti dei bambini hanno risposto
correttamente e quanti no. Questo mi è servito, nel momento finale del progetto, per fare un
confronto con la prova di verifica finale, dopo aver lavorato insieme con i bambini su questo
concetto.
64L’immagine mostra la risposta data dall’alunna G.C.
65L’immagine mostra la risposta data dall’alunna M.C.
63
Nessun bambino, come detto sopra, ha specificato che la temperatura è una proprietà di un
corpo che può essere caldo oppure freddo; però alcune risposte si sono avvicinate molto alla
realtà e ho pensato di considerarle comunque esatte ai fini di un giudizio complessivo.
1. La temperatura è la temperatura che abbiamo nel nostro corpo o che c’è in altre cose
come il ghiaccio ad esempio è molto freddo rispetto all’acqua che bolle.
2. La temperatura è quello che è dentro il nostro corpo e può essere fredda e calda.
3. La temperatura è quando un corpo è freddo o caldo.
4. La temperatura è la misurazione di un corpo caldo o freddo attraverso la misurazione
in gradi.
5. La temperatura è quando le molecole si alzano di temperatura o si abbassano. Per
l’appunto quando hai la febbre ti misuri la temperatura per controllare se hai la
febbre.
6. La temperatura è la misura di caldo e freddo che sta in un corpo.
7. La temperatura è quella che c’è nel nostro corpo o quello che è nell’ambiente, il
termometro con il mercurio sale o scende in base alla temperatura spiega quanto
siamo caldi nel nostro corpo o nell’ambiente.
8. La temperatura indica i gradi di un corpo che sia solido liquido e gassoso. La
temperatura si può misurare in gradi Celsius o Fahrenheit.
9. La temperatura indica se un corpo è caldo o freddo e si misura col termometro.
64
Risposta
esat
a
Risposta
incer
ta
Risposta
sbag
liata
0123456789
10
Risposta esattaRisposta incertaRisposta sbagliata
Risposte date
Num
ero
dei b
ambi
ni
10. La temperatura aumenta o diminuisce grazie al calore.
Ho considerato risposte incerte quelle in cui i bambini hanno provare a spiegare correttamente
il concetto, ma poi lo hanno definito con termini sbagliati:
1. La temperatura può essere di vari tipi per esempio: la temperatura corporea, la
temperatura esterna, quella del frigorifero. E quindi è una fonte di energia.
2. La temperatura è quando un corpo ha freddo o ha caldo.
3. La temperatura è il calore che contiene un corpo o un ambiente, da quelli ampi a
quelli stretti. Di solito si differenzia dal calore perché esso è un’alta temperatura che
può raggiungere un corpo.
4. La temperatura è quella forma che ci fa capire ad esempio quando abbiamo la febbre
e quando la nostra temperatura può salire o scendere.
5. La temperatura si misura con il termometro e può essere sopra o sotto lo 0. Noi
abbiamo temperatura e possiamo dimostrarlo quando abbiamo la febbre.
6. La temperatura è la misurazione di un corpo caldo.
Per quanto riguarda le risposte sbagliate, esse sono quelle in cui, per la maggior parte, i
bambini hanno definito il concetto di temperatura eguagliandolo a quello di calore:
1. La temperatura è il calore che è dentro un corpo che si può misurare col termometro.
2. La temperatura è un volume che misura l’ambiente circostante.
3. La temperatura è una fonte di energia per misurare il calore in un ambiente.
4. La temperatura è la misura del calore.
5. La temperatura è il calore che abbiamo nel nostro corpo.
6. La temperatura è quanto calore abbiamo dentro il corpo.
7. La temperatura è il calore di un corpo.
8. La temperatura è la misura del calore in un ambiente.
9. La temperatura misura in gradi quanto calore abbiamo con la febbre.
Quinta domanda - il termometro66
La quinta domanda non ha mostrato particolari problemi nella risposta: ogni bambino conosce
il termometro e sa a che cosa serve. Questo ha dato le basi per il lavoro successivo: sapere
66L’immagine mostra la risposta data dall’alunno F.E.
65
anche come funziona il termometro, dato che nessuno dei bambini ha scritto la relazione che
possiede il termometro con la dilatazione termica.
Sesta domanda - ordini di temperature67
I bambini hanno risposto correttamente alla sesta domanda, salvo qualche eccezione che ha
confuso o invertito l’ordine degli ultimi due corpi: il forno e l’acqua che bolle.
Settima domanda - il calore68
La settima domanda - insieme alla quarta relativa alla temperatura - è quella che ha registrato
il maggior numero di criticità, confermando anche in questo caso come ci siano delle idee di
senso comune sbagliate nei bambini riguardo al concetto di calore.
Soltanto 4 bambini su 25 hanno risposto correttamente, ponendo la crocetta soltanto sull’unica
risposta esatta, la seconda:
Il calore che fornisco ad un corpo fa aumentare la sua temperatura.
67L’immagine mostra la risposta data dall’alunna G.
68L’immagine mostra la risposta data dall’alunna A.
66
Inoltre, per il lavoro successivo, mi sono soffermata in modo particolare sulla terza opzione
delle risposte:
Se pongo in contatto due corpi, uno freddo e uno caldo, il calore passa dal corpo
freddo al corpo caldo.
Posto che può essere una frase ingannevole, ho analizzato i questionari rilevando che 9
bambini su 25 bambini hanno indicato come esatta questa risposta. Non è un numero
particolarmente alto ma ho ritenuto indispensabile che ogni bambino avesse ben chiaro che
cosa rappresenta realmente il calore ed è stato il punto su cui ho maggiormente lavorato nelle
lezioni successive.
Ottava domanda - i passaggi di statoNell’ottava domanda i bambini hanno saputo rispondere correttamente, dimostrando di
conoscere i passaggi di stato e di saperli spiegare ad un livello conoscitivo sufficiente.
La correzione del questionario è stata fatta seguendo questo criterio:
Prima domanda non ha avuto punteggio
Seconda domanda 2 punti se completa, 1 punto se presenti due fasi invertite o in posizionidifferenti, 0 punti se presenti più di due fasi fuori posto
Terza domanda 3 punti se gli esempi sono stati fatti per ogni stato della materia,altrimenti a scalare, 2 o 1.
Quarta domanda 0 punti se incompleta, 1 punto se sufficiente e 2 punti se completa;
Quinta domanda 0 punti se incompleta, 1 punto se sufficiente e 2 punti se completa
Sesta domanda stesso criterio della seconda
Settimana domanda 1 punto se la crocetta è nella risposta esatta, altrimenti 0
Ottava domanda un totale di 4 punti - e così a decrescere - se le risposte per ognipassaggio di stato sono risultate corrette
Arrivando a 16 punti totali, ho creato una scaletta in cui ogni fascia rispetta un determinato
livello di pre-conoscenze:
meno di 4 punti: non adeguato
da 4 a 7 punti: sufficiente
da 8 a 12 punti: buone conoscenze
da 13 a 16 punti: ottime conoscenze
Infine ho voluto creare un grafico che riassumesse i risultati generali del questionario in base
67
al livello di partenza degli alunni.
3.4. Secondo incontro: trasformazione termica nei tre stati della materia
28 febbraio 2017
Dopo aver corretto e analizzato i questionari ho deciso di preparare le lezioni successive
focalizzando l’attenzione sugli argomenti che hanno riscontrato le maggiori criticità:
1. La definizione di temperatura
2. Il concetto di calore
Prima di cominciare con la prima lezione ho consegnato i questionari ai bambini e ho spiegato
loro le maggiori difficoltà rilevate e i punti su cui avremmo lavorato maggiormente.
Nella correzione della prova, fatta oralmente, ho chiesto ai bambini di intervenire e far
presente eventuali dubbi che potevano emergere dalle spiegazioni.
In questa fase i bambini sono stati spesso in silenzio, come mi aspettavo, perché è molto raro
che nelle correzioni di compiti o prove i bambini si mettano in gioco o chiedano chiarimenti
specifici, anche per paura di essere messi in soggezione dagli altri compagni. Io stessa a
scuola, quando avevo dubbi, faticavo a farli presente a tutta la classe, per cui il mio obiettivo
in questa circostanza è stato quello di far presente chiaramente ai bambini gli argomenti più
critici, in quanto li avremmo poi approfonditi nelle lezioni successive.
Come introduzione alla lezione ho spiegato ai bambini la modalità con cui avremmo lavorato
insieme: erano abituati a lavorare sul libro di testo, quindi ho ritenuto opportuno soffermarmi
68
1
4
8
12
Livello di preconoscenze degli alunni
inadeguatosufficientebuonoottimo
su questo punto.
Partendo dalla domanda presente nel questionario riguardante le fasi del metodo scientifico ho
pensato di preparare quattro cartelloni che sintetizzassero le informazioni più significative.
Attraverso una scambio comunicativo con gli alunni, ho spiegato il metodo cercando di
catturare dai bambini le informazioni da loro già possedute e provando a farli intervenire il
più possibile.
I cartelloni illustrano le fasi del metodo scientifico, in ordine cronologico:
Il metodo scientifico
1° fase: osservazione
2° fase: ipotesi
3° fase: esperimento
4° fase: elaborazione di una legge
Così ho iniziato a parlare...
Allora ragazzi, questa è la parte introduttiva della lezione, per cui vi illustrerò il metodo di
lavoro che utilizzeremo per lavorare insieme: il metodo scientifico. Ne avete mai sentito
parlare? I bambini hanno dato diverse risposte: molti hanno ricordato Galileo, altri hanno
accennato a Redi. La maggior parte del gruppo sapeva già che il primo a mettere in pratica il
metodo scientifico fu Galileo Galilei e abbiamo aperto una discussione dialogata in cui sono
emersi i punti principali: qualcuno ha parlato di “osservazione di un fenomeno”, richiamando
l’espressione presente nel questionario, e abbiamo dato una prima definizione di fenomeno: è
un determinato avvenimento, una cosa o un elemento che vogliamo osservare.
Bambini, e se vi dicessi che anche noi stiamo per osservare un fenomeno come ha fatto
Galileo? Ho notato nei bambini una certa curiosità: avevano già visto le borse che avevo
portato con gli strumenti al loro interno, ma non avevano ancora idea di come avremmo
lavorato!
Abbiamo ragionato insieme sul fatto che, dopo aver osservato un fenomeno, a questo segue
una particolare domanda che ci poniamo, l’ipotesi. Che cos’è l’ipotesi? Siamo giunti a
definire l’ipotesi come una particolare previsione che facciamo per scoprire che cosa succede
nel fenomeno che stiamo osservando.
E cosa facciamo per verificare l’ipotesi? Un bambino ha risposto: facciamo delle prove!
69
Dopo aver accennato alla parola esperimento, tutti i bambini hanno capito che avremmo fatto
degli esperimenti e ho notato in loro un particolare entusiasmo.
Mi sono soffermata sulla fase aggiuntiva della raccolta dei dati, non presente nei cartelloni,
chiedendo loro che cosa potremmo fare per raccogliere i dati e le risposte sono state piuttosto
eterogenee, arrivando comunque alla conclusione che, prima di arrivare ad una legge finale,
avremo dovuto tirare delle somme, ragionare e scrivere qualcosa sugli esperimenti osservati.
Tutti concordi che alla fine, se l’ipotesi è confermata, va elaborata una legge universale -
posto che uno scienziato prova più volte un esperimento per verificare che sia davvero una
legge assoluta - ho annunciato ai bambini di prepararsi per la nostra prima sperimentazione.
Ho trovato i bambini molto curiosi e allo stesso tempo volenterosi di esplorare i fenomeni
attraverso le ipotesi e gli esperimenti. Ho spiegato loro anche la modalità di lavoro: ho
presentato un blocchetto di post-it, che è servito in quanto la discussione guidata nel metodo
di lavoro propone una fase di ipotesi ed una fase di tesi; attraverso una discussione e decisione
unanime, insieme ai bambini abbiamo scritto le loro osservazioni in riferimento alle ipotesi e
alle tesi per ogni fase.
Il modo che ho ritenuto più opportuno per mostrare ai bambini come si comporta il calore -
riuscendo quindi anche a percepirne le differenze con la temperatura, punto critico emerso nel
questionario preliminare - è stato quello di sperimentare e fare esperienza di questo concetto
attraverso semplici esperimenti, trasferibili alla realtà quotidiana. Ho deciso quindi di
preparare tre esperimenti riguardanti le trasformazioni della materia provocate dal calore.
Con queste semplici esperienze i bambini possono raggiungere gli obiettivi prefissati nella
griglia di progettazione e in particolare scoprono che:
il calore è una forma di energia che entra in gioco in certe trasformazioni;
il calore fa aumentare la temperatura di un corpo;
a causa del calore le molecole del corpo iniziano a muoversi più velocemente e ad
allontanarsi le une dalle altre, provocando quindi l’espansione del corpo stesso.
Prima di ogni attività abbiamo analizzato e ricordato le caratteristiche principali di ogni stato
della materia, attivando le pre-conoscenze, avendo appurato dal questionario che le loro
conoscenze in merito erano state raggiunte adeguatamente da tutta la classe.
Le tre lezioni sono state condotte avendo cura di far osservare e partecipare a turno alcuni
70
alunni come “assistenti”. Dopo ogni esperienza i bambini hanno avuto la possibilità di
scrivere e disegnare sul proprio quaderno le loro rielaborazioni personali e/o di gruppo sugli
argomenti trattati insieme: questo ha permesso loro di apprendere a caldo i concetti. Questa è
una modalità inversa da quella utilizzata abitualmente: la definizione di un concetto non è
data subito dall’insegnante, ma viene elaborata dopo un’attenta esplorazione dei fenomeni.
3.4.1. Espansione termica dello stato gassoso: l’esperimento con il palloncino
La prima esperienza fatta ha riguardato lo stato gassoso: questo perché, insieme al docente,
abbiamo pensato che a livello visivo fosse più semplice e immediato da capire, in vista degli
esperimenti, più complessi, successivi.
Prima di iniziare ho chiesto ai bambini di descrivere un corpo gassoso facendo qualche
esempio e soffermandosi anche sulle componenti del corpo, le molecole. Ho trovato i bambini
molto preparati nelle risposte: nonostante abbia ricevuto inizialmente le risposte da due
bambini soltanto, ho cercato di distribuire le domande su tutto il gruppo, facendo parlare tutti.
Abbiamo ricordato tra i gas in particolare l’ossigeno e l’azoto. In aggiunta i bambini hanno
richiamato alla memoria che le molecole dei gas si muovono liberamente in spazi molto ampi.
Siamo poi giunti a considerare che il gas non ha un volume proprio, come può avere un corpo
solido, ma occupa il volume di ciò che lo contiene.
Dopo questa fase orale introduttiva abbiamo proseguito la lezione lavorando attraverso le fasi
del metodo scientifico. Ho annunciato quindi ai bambini: Adesso osserveremo che cosa
succede quando poniamo un corpo gassoso a contatto con un corpo più caldo che può fornire
calore. Ho preso dalla mia borsa, fino ad allora riposta a terra e chiusa in modo tale da non
confondere i bambini e non anticipare niente, i materiali necessari per osservare il nostro
fenomeno.
Materiali: una bottiglia di vetro vuota da 1 litro, un palloncino sgonfio, una bacinella, un
bollitore elettrico.
Già dopo aver mostrato i materiali i bambini hanno iniziato a percepire quello che poteva
succedere; prima ancora di scrivere le nostre ipotesi, infatti, qualcuno ha anticipato: il
palloncino si gonfia con l’acqua calda!
Questo può essere indicatore del fatto che sono esperienze trasferibili alla quotidianità, ma
71
sono comunque convinta che ancora in quel momento non sapessero precisamente il motivo
per cui questo poteva succedere.
Abbiamo elaborato un’ipotesi comune data dalle pre-conoscenze e dalle idee degli alunni e,
dopo averla scritta sul post-it, abbiamo attaccato le nostre impressioni sul cartellone.
Ipotesi: l’aria contenuta nel palloncino si espande, quindi il palloncino si gonfia.
Essendo tutti concordi nel ritenere giusta la nostra ipotesi - l’aria contenuta nel palloncino a
contatto con il l’acqua calda si gonfia - abbiamo verificato l’ipotesi con l’esperimento:
Procedimento: Ho inserito il palloncino sul collo della bottiglia, ponendola dentro la
bacinella vuota. Dopo aver scaldato l’acqua con il bollitore elettrico, ho iniziato a
versarla dentro la bacinella. L’effetto è stato immediato e lo stupore dei bambini si è
subito fatto sentire.
Una sola osservazione rilevata: ho riscaldato l’acqua dentro il bollitore in un angolo
dell’aula, in modo tale da non provocare eventuali pericoli per i bambini ma questo ha
causato un’attesa per il riscaldamento (anche se l’operazione è durata pochi minuti) e
quindi una conseguente mancanza di attenzione da parte degli alunni.
72
Raccolta dei dati: dopo aver osservato il fenomeno, abbiamo ragionato sul fatto che il
palloncino si gonfia perché l’aria contenuta nella bottiglia si espande. Abbiamo quindi
confermato la nostra ipotesi e poi osservato che, se lasciato a temperatura ambiente, il
palloncino si sgonfia: l’aria raffreddandosi, si contrae.
Ho notato con piacere che un bambino ha proposto e anticipato, prima ancora che lo facessi io
stessa, di porre la bottiglia sulla cattedra per poter osservare il successivo raffreddamento (lo
abbiamo, infatti, verificato alla fine della discussioni successive).
Dopo queste osservazioni ho fatto ragionare i bambini sul ruolo delle molecole
nell’espansione avvenuta e ho mostrato loro un video69 che esprime e chiarisce, a livello
microscopico, questo fenomeno.
I bambini, confrontando la loro definizione iniziale di corpo gassoso con la rappresentazione
del movimento delle molecole mostrata nel video, hanno potuto osservare e capire come il
fenomeno sia in relazione con il movimento delle molecole.
Vedendo come le molecole piano piano si stavano allontanando l’una dall’altra provocando
l’espansione del palloncino, abbiamo provato ad elaborare la conclusione, scrivendola nel
post-it ed inserendola nell’apposito cartellone: ho spiegato ai bambini che questo fenomeno si
chiama espansione termica ed ho chiesto loro di riflettere su questo termine prima di
69Collegamento: http://www.middleschoolchemistry.com/multimedia/chapter1/lesson5.
73
elaborare la legge.
Elaborazione della legge. Trasformazione di un corpo allo stato gassoso (l’aria) posto
a contatto con un corpo caldo: avviene l’espansione termica, provocata dal
movimento più veloce delle molecole.
Dopo aver elaborato in modo sintetico e sistematico la legge, ho proposto ai bambini di
stendere un elaborato, personale e/o di gruppo, sul fenomeno appena osservato.
Ognuno ha avuto massima libertà di scelta, sia per quanto riguarda la possibilità di svolgere
l’elaborato autonomamente o con i compagni, sia per quanto riguarda la struttura e la stesura
della descrizione a livello organizzativo.
I bambini sono sembrati molto entusiasti nel voler descrivere l’esperienza appena fatta.
Inoltre, in piccoli gruppi e a turni, parallelamente alla scrittura dell’elaborato, ho riproposto
l’esperimento, in modo tale da far assimilare meglio il concetto a livello visivo e per spiegare
nuovamente e singolarmente i concetti osservati a chi avesse avuto domande o dubbi.
74
3.4.2. Rielaborazione personale o di gruppo dei contenuti
Durante la scrittura degli elaborati ho dato consigli e indicazioni ai bambini, notando
soprattutto una lieve criticità: nello spiegare il movimento delle molecole è stato difficile per
loro riuscire a mettere insieme le parole giuste. Molti hanno associato l’espansione termica
del corpo all’espansione delle molecole, nonostante nella spiegazione orale sapessero spiegare
bene che si trattava in realtà del movimento più veloce delle stesse provocato dal calore
assorbito. Ho quindi deciso di soffermarmi su questo punto, provando a far ragionare i
bambini su possibili terminologie associate al movimento veloce delle molecole, come ad
esempio:
le molecole si distaccano tra loro
le molecole si muovono più velocemente ed urtano le pareti del corpo
le molecole si allontanano
La lezione si è conclusa durando dopo circa due ore e mezza, ho deciso quindi di rimandare le
due esperienze sulla dilatazione termica al giorno successivo.
75
Abbiamo quindi concluso la prima lezione ponendoci questa domanda: che cosa succederà se
mettiamo a contatto un corpo solido e un corpo liquido con una fonte di calore?
3.5. Terzo incontro: la dilatazione termica allo stato solido e allo stato liquido
3.5.1. Stato solido: l’esperimento di Gravesande
1 marzo 2017
Conclusa l’esperienza con lo stato gassoso, i bambini erano ansiosi di provare altri
esperimenti anche con lo stato solido e lo stato liquido. Ho deciso di proseguire partendo dallo
stato solido, in quanto ritenevo che le esperienze da proporre fossero più immediate.
Prima di cominciare la lezione ho ritenuto opportuno fare ai bambini domande che
richiamassero alla memoria ciò che era stato fatto il giorno precedente, in modo da attivare le
loro pre-conoscenze. Seguendo lo stesso procedimento fatto per introdurre l’esperienza con lo
stato gassoso, ho chiesto quindi ai bambini di descrivere un corpo solido facendo qualche
esempio e soffermandosi sulle componenti del corpo, le molecole. Abbiamo menzionato tra i
corpi solidi anche oggetti presenti nell’aula stessa, come un banco o un quaderno. Abbiamo
poi aggiunto una differenza sostanziale tra lo stato solido e lo stato gassoso, che riguarda
proprio la struttura fisica e molecolare. Infatti i solidi sono così compatti ed hanno forma e
volume proprio perché le loro molecole sono praticamente quasi immobili.
Dopo questa fase orale introduttiva la lezione è proseguita seguendo le fasi del metodo
scientifico. Che cosa succede quando poniamo un corpo solido a contatto con una fonte di
calore? Per questa esperienza ho annunciato ai bambini di avere con me degli strumenti molto
speciali, perché provenienti direttamente dal laboratorio universitario di fisica, prestati dal
mio professore. Da questa semplice affermazione gli alunni hanno mostrato volti molto
curiosi e questo per loro può essere stato motivo di maggiore interesse.
Ho mostrato ai bambini i due strumenti necessari per poter svolgere questo esperimento, un
famoso esperimento chiamato “L’anello di Gravesande”. Ho detto loro che Gravesande fu uno
scienziato piuttosto famoso, ma non ho approfondito per non disperdere troppo l’attenzione.
Materiali: L’anello di Gravesande, una sfera di metallo e un accendino.
Dopo aver visto i materiali, come è successo per lo stato gassoso, i bambini hanno subito
pensato ad una proposta di ipotesi: dopo aver scaldato la sfera, questa si dilata.
76
Abbiamo quindi pensato, discusso e scritto nel post-it la nostra ipotesi da verificare.
Ipotesi: la sfera di metallo aumenta il proprio volume e non riesce più a passare
attraverso l’anello.
Essendo tutti concordi nell’affermare che la sfera di metallo avrebbe aumentato il proprio
volume, non riuscendo più a passare attraverso l’anello dopo essersi scaldata, lo abbiamo
subito verificato.
Prima di tutto ho mostrato ai bambini che, a temperatura ambiente, la sfera passa
perfettamente e senza alcuna difficoltà attraverso l’anello.
Procedimento: dopo aver riscaldato con il fuoco dell’accendino, fonte di calore, per
circa 3 minuti, la sfera di metallo, abbiamo provato a far passare la sfera attraverso l'anello,
senza successo. Anche in questo caso l’attesa relativa al riscaldamento può essere motivo di
disturbo e distrazione, ma la curiosità e la pazienza dei bambini hanno impedito che questo
avvenisse.
Osservazioni: la nostra ipotesi è stata confermata e abbiamo notato che la sfera è aumentata di
volume, non riuscendo più a passare attraverso l’anello. Un'ulteriore prova la abbiamo avuta
con il raffreddamento della sfera: allontanata la fonte di calore, il volume della sfera è tornato
in pochi minuti al valore iniziale e la sfera è riuscita di nuovo a passare attraverso l'anello.
Abbiamo svolto l’esperimento più volte, provando a chiederci se anche in questo caso - come
successo per i corpi allo stato gassoso - il calore avesse aumentato la velocità delle molecole
del solido. La risposta è stata affermativa all’unanimità; abbiamo quindi osservato il secondo
77
video70 dimostrativo sul distanziamento delle molecole anche per lo stato solido.
La fase finale dell’esperienza è consistita nell’elaborazione della legge: insieme ai bambini
abbiamo provato a formulare le conclusioni e, dopo averle scritte sul post-it abbiamo
continuato a completare il nostro cartellone. Insieme ai bambini abbiamo chiarito che, in
questo caso, possiamo parlare di uno specifico fenomeno chiamato dilatazione termica.
Elaborazione della legge. Dilatazione termica allo stato solido: la sfera di metallo, a
contatto con una fonte di calore, si è dilatata a causa del movimento più veloce delle
molecole.
In seguito all’esperienza ci sono stati molti chiarimenti rispetto al concetto di calore: ho fatto
notare ai bambini, con opportune domande-stimolo, come il calore non fosse qualcosa che
resta all’interno del corpo ma che serve proprio per scaldarlo e i bambini stessi hanno
aggiunto: quando la sfera si raffredda è perché non c’è più la fonte di calore a contatto!
Concordi, quindi, che il calore è l’energia che scalda un corpo più freddo, ho percepito -
perlomeno attraverso queste prime osservazioni in itinere - che il gruppo iniziasse già a
differenziare i concetti di temperatura e calore.
Prima di riprovare l’esperimento e di dare la consegna ai bambini sull’elaborato personale,
come avvenuto per lo stato gassoso, ho ritenuto opportuno proseguire con l’esperimento sullo
stato liquido, essendo entrambi riferibili al fenomeno di dilatazione termica.
3.5.2. Stato liquido: il funzionamento del termometro
L’ultima esperienza proposta è stata quella riguardante lo stato liquido.
Prima di cominciare, i bambini sapevano già che stavamo per lavorare sullo stato liquido e ho
chiesto loro di descriverlo facendo qualche esempio e soffermandosi sulle componenti del
corpo, le molecole. Abbiamo ricordato liquidi vari, come l’olio o i succhi di frutta.. giungendo
a nominare laghi, mari, fiumi e pioggia, quindi l’acqua! Rispetto alle differenze con solidi e
gas, i bambini hanno risposto che i liquidi si trovano in una posizione intermedia per quanto
riguarda le molecole: infatti esse si muovono più liberamente rispetto ai solidi, ma non così
tanto come i gas.
Abbiamo aggiunto infatti che i liquidi prendono la forma e il volume del recipiente che li
70Video visibile sul sito: http://www.middleschoolchemistry.com/multimedia/chapter1/lesson4.
78
contiene, a differenza dei solidi che hanno forma e volume proprio e dei gas che non hanno un
volume definito perché tendono ad occupare lo spazio che hanno a disposizione.
Dopo questa fase orale introduttiva abbiamo proseguito lavorando attraverso le fasi del
metodo scientifico. Adesso osserveremo che cosa succede quando poniamo un liquido, in
questo caso con l’acqua, a contatto con una fonte di calore.
• Materiali: una bottiglia di plastica vuota da mezzo litro, acqua a temperatura ambiente,
colorante alimentare di colore rosso, una cannuccia trasparente, acqua calda all’interno
della bacinella e un tappo di plastica forato con le forbici.
Dopo aver fatto vedere i materiali ai bambini, non è stato immediato per nessuno di loro
elaborare un’ipotesi, in quanto, come avevo previsto, risulta più complesso capire cosa
potrebbe succedere. Per questo è importante soffermarsi e spiegare ogni passaggio
dell’esperienza, senza tralasciare cose che potrebbero sembrare ovvie.
• Preparazione: dopo aver riempito la bottiglietta con acqua a temperatura ambiente, ho
messo dentro di essa due gocce di colorante alimentare, in modo da farla diventare
rossa.
Ho chiuso la bottiglia con il tappo forato e ho fatto passare la cannuccia all’interno di esso,
senza farle toccare il fondo. Il passo successivo è stato quello di scaldare l’acqua con il
bollitore elettrico, ponendola quindi dentro la bacinella trasparente.
Prima di procedere con l’esperimento ho quindi chiesto ai bambini di elaborare l’ipotesi.
Solo per alcuni di loro, due bambini, è stato piuttosto chiaro il passaggio successivo,
nonostante ci fossero ancora molti dubbi e divergenze sulla spiegazione di come questo
poteva avvenire. Queste le ipotesi da loro riportate:
Il calore fa salire l’acqua nella cannuccia.
L’acqua calda fa scaldare la bottiglia e il liquido rosso sale.
Ho provato a far ragionare i bambini su questo aspetto, facendo notare loro che il liquido sale
lungo la cannuccia e questa ci serve per avere un impatto visivo più immediato del fenomeno.
Spiegando quindi che l’acqua è stata colorata proprio per questo motivo, alcuni sono giunti ad
affermare, guidati dalle mie domande-stimolo, che l’acqua potrebbe salire lungo la
cannuccia solo perché, in conseguenza dell’espansione provocata dal calore assorbito, il
tubicino è una via di uscita obbligata.
79
Avendo fatto in precedenza due esperimenti che hanno mostrato la trasformazione di un corpo
a causa del contatto con una fonte di calore, i bambini sono giunti alla conclusione che anche
con l’acqua sarebbe potuto succedere lo stesso. Elaborando la nostra ipotesi, la abbiamo poi
scritta sul post-it e completato il cartellone relativo alla fase dell’ipotesi.
Ipotesi: il liquido contenuto nella bottiglia (l’acqua) aumenterà il suo volume e salirà
lungo la cannuccia.
Procedimento: Abbiamo scaldato la bottiglia contenente liquido colorato
immergendola nella bacinella d’acqua ben calda.
Osservazioni: l’effetto, anche in questo caso, è stato immediato: il liquido rosso è
salito dentro la cannuccia quasi immediatamente, dopo essere stato posto in contatto
con la fonte di calore. I bambini erano tutti soddisfatti, avendo confermato
nuovamente l’ipotesi anche per lo stato liquido.
80
Dopo aver provato l’esperimento più volte e aver fatto avvicinare i bambini per visionare
meglio il tutto, ho constatato che ancora nessuno aveva associato l’esperimento al
funzionamento del termometro. Li ho sollecitati con una opportuna e semplice domanda-
stimolo: Provate a pensare a cosa è successo all’acqua nella cannuccia: questo esperimento
può ricordarvi qualcosa?
Un bambino, la cui affermazione ha riscosso approvazione nel resto della classe, ha
dichiarato: il termometro!
Molto entusiasta di questa risposta, ho chiesto ai bambini di spiegarmi che cosa succede
quando utilizziamo il termometro e sono emerse molte osservazioni interessanti:
Lo usiamo per capire quanta febbre abbiamo, infatti nel termometro il mercurio sale nel
tubicino trasparente.
Anche il mercurio è rosso, sale come è salita l’acqua rossa nella cannuccia.
Confermando positivamente le loro osservazioni, ho fatto notare loro che con il termometro
misuriamo la temperatura ed è per questo che quando abbiamo la febbre il mercurio - adesso
parliamo di altre sostanze chimiche - si dilata a causa del calore ricevuto dal nostro corpo e
inizia a salire nel tubicino trasparente perché è la sua unica via di uscita.
Da questa raccolta-dati ho notato come i bambini abbiano iniziato a percepire maggiormente
la differenza tra il calore e la temperatura: attraverso questo esperimento è stato chiaro e
percepibile il fatto che la temperatura indica quanto possiamo essere caldi o freddi, quindi è
una nostra caratteristica, mentre il calore fa scaldare un corpo, facendo aumentare la sua
temperatura e provocando un’espansione o una dilatazione.
Tutte queste informazioni sono state elaborate insieme ai bambini a livello orale e anche
grazie a visualizzazioni di immagini tramite la lavagna LIM (ad esempio, l’immagine di un
termometro); poi, con la mia guida, sono state scritte appositamente sui loro quaderni, con il
fine di far apprendere loro questi concetti fondamentali.
Conclusione: l’acqua colorata, quando viene riscaldata, sale verso l’alto nella
cannuccia, perché il suo volume è aumentato grazie al calore ricevuto (abbiamo notato
che invece, se raffreddata, scende verso il basso, perché il volume diminuisce se la
temperatura decresce). Abbiamo posto l’attenzione anche sulle molecole del liquido in
questione, confermando ciò che è stato detto anche per lo stato gassoso e solido. Ho
81
quindi proposto ai bambini il terzo video71 dimostrativo proiettandolo alla LIM, per
puntualizzare che cosa succede al movimento delle molecole quando si trovano a
contatto con la fonte di calore.
Abbiamo in definitiva elaborato la legge che ha dimostrato la dilatazione termica allo stato
liquido, completando anche il cartellone della quarta fase.
Elaborazione della legge. Dilatazione termica allo stato liquido: le molecole del
liquido messo a contatto con la fonte di calore si muovono più velocemente: questo
dimostra l’aumento di volume del corpo e la sua dilatazione.
71Video visibile sul sito: http://www.middleschoolchemistry.com/multimedia/chapter1/lesson3#heating_and_cooling_a_thermometer.
82
3.5.3. Rielaborazione personale o di gruppo dei contenuti
Dopo le due esperienze fatte sulla dilatazione termica allo stato solido e liquido, ho dato alla
classe la stessa consegna data per lo stato gassoso: provare ad estrapolare personalmente o in
gruppo i concetti principali. Parallelamente a questo, a piccoli gruppi, i bambini hanno avuto
la possibilità di provare nuovamente gli esperimenti, sempre con la supervisione mia o quella
della maestra Laura.
83
84
3.6. Quarto incontro: l’equilibrio termico e la conservazione della massa negli
scambi di calore.72
7 marzo 2017
Sono stata molto soddisfatta dall’accoglienza ricevuta nel momento in cui sono rientrata in
aula: tutti i bambini mi hanno accolto con entusiasmo chiedendomi subito e ripetutamente:
che esperimento facciamo oggi? Inoltre in molti mi hanno comunicato che avevano provato a
fare gli esperimenti anche a casa.
Prima di introdurre i nuovi concetti e la nuova sperimentazione, ho attivato le pre-conoscenze
dei bambini riguardo alla lezione precedente, facendo domande mirate in modo da poter
attuare anche una valutazione in itinere data da un’osservazione specifica e sistematica
riguardo agli argomenti affrontati insieme. I bambini hanno risposto prontamente alle risposte,
risultando molto preparati e dimostrandosi volenterosi di proseguire con il lavoro.
Nell’introdurre la nuova lezione, ho mostrato subito i materiali e gli strumenti con cui
avremmo lavorato, una bilancia e un termometro. Per quanto riguarda la bilancia è stato
necessario chiarire il concetto di peso, specificando che sarebbe più appropriato definirlo
massa. Per quanto riguarda il termometro, abbiamo chiarito il suo funzionamento pensando
all’esperimento fatto nella lezione precedente riguardante lo stato liquido.
Abbiamo dunque appurato che con la bilancia avremmo misurato il peso di qualcosa, con il
termometro la temperatura di qualcosa. Anche in questa lezione abbiamo svolto gli
esperimenti attraverso le fasi del metodo scientifico, specificando l’ipotesi e definendo una
tesi finale, ma non abbiamo utilizzato i cartelloni.
Inoltre ho deciso di far fare ai bambini le misurazioni: quindi, a turni, ognuno ha potuto
misurare qualcosa e trasferire il risultato davanti a tutta la classe.
Materiali: una bottiglietta di plastica da mezzo litro contenente latte a temperatura
ambiente; una bacinella trasparente; acqua riscaldata con il bollitore elettrico.
72Questi due esperimenti sono stati pensati e ideati prendendo spunto dal progetto presente sul sito: http://forum.indire.it/repository_cms/working/export/6536/.
85
Per lo svolgimento di questa attività avevo preparato un’apposita tabella in cui avremmo
potuto registrare i dati ricavati con gli esperimenti:
La temperatura dell’acqua calda nella bacinella
La temperatura del latte a temperatura ambiente contenuto nella bottiglietta
Ho inserito poi la voce temperatura dopo … minuti, lasciando vuoti gli spazi riguardanti la
variabile del tempo in quanto sarebbe stato utile, anche per un approccio di tipo problem-
solving, stabilirlo tutti insieme.
In fondo al foglio contenente la tabella, avevo inserito due domande specifiche:
Quanto pesa la bottiglietta contenente il latte, prima di metterla a contatto con l'acqua caldanella bacinella? ....................................................................................................
Quanto pesa la bottiglietta contenente il latte, dopo aver fatto tutte le misurazioni?.....................................................................................................................................…
Dopo aver letto per intero il foglio, ho fatto scaldare l’acqua inserendola nella bacinella e poi
ho posto la bottiglietta contenente il latte all’interno di essa.
La classe è stata concorde nel ritenere che avremmo misurato la temperatura del latte
contenuto nella bottiglia, a temperatura ambiente, e dell’acqua calda nella bacinella.
Confermato che il latte fosse più freddo dell’acqua, ho domandato ai bambini: Che cosa potrà
succedere, secondo voi, dopo aver fatto tutte le misurazioni richieste nella tabella?
Tutti i bambini, dopo un attento ragionamento, sono stati concordi nel ritenere che i due corpi
avrebbero raggiunto la stessa temperatura, anche se alcuni inizialmente non avevano ben
capito la domanda; soltanto iniziando a misurare si sono resi conti del fenomeno.
Prima di iniziare a misurare la temperatura dei due corpi con il termometro, ho chiesto ai
bambini di leggere la prima domanda sotto alla tabella e abbiamo misurato il peso del latte
contenuto nella bottiglietta, prima di metterlo a contatto con la fonte di calore: il peso iniziale
corrisponde a 324,9 grammi.
Ho detto ai bambini di leggere anche la seconda domanda e di provare ad anticipare quello
che sarebbe successo alla fine, facendo un’ipotesi. Le risposte sono state varie, ma molti sono
rimasti in silenzio. Un bambino ha proposto che quando il latte diventa caldo, poi aumenta il
suo peso. Non ho dato una risposta, ho semplicemente affermato che lo avremmo scoperto
attraverso il metodo scientifico, quindi facendo l’esperimento e misurando il suo peso soltanto
86
alla fine.
Ipotesi relativa alla misurazione delle due temperature: i due corpi arriveranno ad
avere la stessa temperatura.
Ipotesi relativa al “peso del calore”: il latte, diventato caldo, aumenterà il suo peso.
Abbiamo quindi iniziato a misurare la temperatura dei due corpi, stabilendo di aspettare ogni
volta un tempo di tre minuti. L’attesa è stata, anche in questo caso, la parte più noiosa
dell’attività, ma credo che il risultato finale sia stato poi appagante.
Ho notato nei bambini particolare interesse e curiosità sia nel voler misurare, sia nel contare
ogni volta quanti minuti mancassero per arrivare alla fine. I bambini hanno notato come, con
il passare del tempo, la temperatura del latte stava aumentando mentre quella dell’acqua stava
diminuendo.
Ci sono stati molti spunti di riflessione e soprattutto chiarimenti anche sul concetto di calore:
grazie a questo esperimento i bambini hanno potuto capire ed esplorare che attraverso il
calore, il corpo caldo trasmette la sua energia al corpo più freddo e in questo modo lo riscalda.
Anche in questa attività è stato possibile chiarire la differenza tra calore e temperatura, perché
i bambini hanno appurato che la temperatura è misurata con il termometro e può essere più o
meno alta, mentre il calore è quell’energia che ha fatto aumentare la temperatura del latte.
87
Dopo un po' di tempo, i due liquidi sono arrivati ad una temperatura approssimativamente
uguale e siamo giunti alla conclusione che, piano piano, i due corpi avrebbero raggiunto la
stessa temperatura, confermando la nostra ipotesi iniziale.
Soltanto dopo aver fatto tutte le misurazioni ho detto ai bambini che questo fenomeno si
chiama equilibrio termico e si raggiunge temperatura di equilibrio.
Abbiamo ragionato sul termine equilibrio confermando che i due corpi, a temperatura iniziale
diversa, piano piano sono giunti ad avere la stessa temperatura.
Elaborazione della prima legge. Equilibrio termico o temperatura di equilibrio: il
calore passa dal corpo a temperatura più alta al corpo a temperatura più bassa fino a
che i due corpi raggiungono la stessa temperatura.
Dopo aver completato la tabella per quanto riguarda i dati corrispondenti alla temperatura, ho
proposto di pesare la bottiglietta contenente il latte, chiedendo nuovamente ai bambini di
ipotizzare se il peso fosse aumentato, diminuito o rimasto costante.
Sapendo che la temperatura del latte è aumentata, che cosa è successo al suo peso?
Abbiamo pesato il latte nuovamente e abbiamo potuto constatare che il peso è rimasto
costante, con lo stupore negli occhi dei bambini.
88
Questo ha portato ad un’attenta discussione guidata con i bambini, ragionando sul fatto che il
calore non fa aumentare il peso di un corpo, aggiungendo quindi un’altra caratteristica
importante alla nozione di calore. I bambini sono stati tutti concordi nel ritenere che, quindi, il
calore non ha un peso: non è quindi un materiale ma è un’energia che è in grado di riscaldare
un corpo.
Elaborazione della seconda legge. Dopo le misurazioni ottenute abbiamo notato che
la temperatura del latte è aumentata ma il peso è rimasto lo stesso. Questo ci spiega
che il calore non fa aumentare il peso di un corpo.
Al termine della lezione, durata circa un’ora e mezza, abbiamo ragionato e approfondito i
concetti e gli argomenti affrontati, facendo elaborare ai bambini un discorso organico che
hanno poi riportato sul loro quaderno.
Come compito a casa, anziché dare i consueti esercizi da svolgere su libri o quaderni, ho
chiesto ai bambini di provare a fare l’esperimento inverso e vedere che cosa sarebbe successo,
confermando o meno il risultato trovato in classe.
Titolo del compito per casa: “Riscaldate la bottiglia contenente il latte e immergetela in una
bacinella con acqua fredda. Che cosa succede alla temperatura dei due corpi? Quanto pesa
il latte prima e dopo tutte le misurazioni?”
Ho annunciato poi ai bambini che nell’incontro successivo avremmo svolto la prova di
verifica.
89
3.7. Il progetto didattico nella scuola dell'infanzia
3.7.1. La Fisica nella scuola dell'infanzia: perché è importante?
Il secondo progetto nasce con più timore rispetto al primo: mi sono documentata più volte
prima di effettuarlo perché ho approfondito le mie conoscenze su quanto fosse importante
sperimentare già dalla scuola dell’infanzia. Nel campo di esperienza La conoscenza del
mondo, descritto nelle Indicazioni Nazionali del 2012, è spiegato chiaramente che i bambini
esplorano continuamente la realtà e imparano a riflettere sulle proprie esperienze
descrivendole, rappresentandole e riorganizzandole con diversi criteri. Questo pone le basi per
l’elaborazione dei concetti scientifici che saranno proposti nella scuola primaria: così si
avviano le prime attività di ricerca che portano a risultati più o meno imprevedibili e che
costruiscono nei bambini la necessaria fiducia nelle proprie capacità di capire e di trovare
spiegazioni. È fondamentale che i bambini possano imparare già dalla tenera età a porsi e fare
domande, a dare e chiedere spiegazioni, avviandosi verso un percorso di conoscenza più
strutturato. Come tutte le attività, anche quelle scientifiche si apprendono meglio se iniziate
quando il bambino è molto piccolo: il suo atteggiamento naturale è quello di voler conoscere
il cosa, il come e il perché dell’ambiente che lo circonda. 73
Fare fisica nella scuola dell’infanzia significa sviluppare nei bambini e nelle bambine la
consapevolezza del mondo e avviarli alla pratica di operazioni quali la descrizione, il
confronto, la sperimentazione, le osservazioni, le analogie e le differenze.
Come nella scuola primaria, anche nella scuola dell’infanzia ho proposto attività inerenti i
concetti di calore e temperatura: l’obiettivo è quello di confrontare e valutare, nella fase finale
del lavoro, i risultati raggiunti in entrambi i progetti svolti.
73Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, pp. 21-22.
90
3.7.2. Analisi del contesto - sezione dei bambini di cinque anni presso la scuola
dell'infanzia Acquacalda, a Siena
Il secondo progetto è stato realizzato nella scuola dell’infanzia con la sezione dei bambini di
cinque anni composta da 22 alunni, di cui 10 femmine e 12 maschi. Nella sezione è presente
una bambina con diagnosi di Sindrome di Autismo ad alto insight-cognitivo e due bambine di
nazionalità non italiana.
Il tirocinio diretto nella scuola dell’infanzia è iniziato a metà aprile 2017 e si è concluso a
metà maggio 2017 e la mia tutor scolastica si chiama Tiziana Vegni. Tiziana è stata un’ottima
tutor in quanto mi ha aiutato molto nelle scelte da fare, dandomi consigli soprattutto nella
dimensione gestionale della sezione.
Quando ho conosciuto i bambini, la prima impressione è stata quella di una sezione
eterogenea, in quanto ognuno possedeva una personale caratteristica cognitiva e caratteriale.
Ho subito notato un alto livello di vivacità ed irrequietezza all’interno della sezione, forse
causato dalla tenera età e dal fatto di non essere ancora, del tutto, disciplinati.
Complessivamente è un gruppo che si presenta molto disponibile ad apprendere e ascoltare,
salvo le eccezioni di due alunni che si dimostrano meno coinvolti e con un alto tasso di
disattenzione. Per le caratteristiche appena descritte ho cercato di preparare molte attività
pratiche e di coinvolgimento degli alunni stessi.
Il percorso abituale che i bambini svolgono con Tiziana è incentrato principalmente su
strategie didattiche quali attività di laboratorio e di gioco esplorativo. L’insegnante propone
spesso ai bambini schede - fotocopiate dal libro adottato dalla sezione - su cui possono
disegnare, colorare, fare collage. Sono spesso proposte attività di gioco per sviluppare la
motricità fine ed è molto importante che i bambini documentino ogni attività svolta con una
propria elaborazione personale, che spesso è un disegno. Prendendo in considerazione lo
svolgimento abituale delle attività e discutendo con Tiziana sulle strategie migliori da
utilizzare con i bambini, ho potuto elaborare il mio progetto.
91
3.8. Progettazione dell'unità di competenza
Anche per la scuola dell’infanzia ho deciso di strutturare il percorso in più fasi, facendo
riferimento alle Indicazioni Nazionali del 2012.
Campo di esperienza La conoscenza del mondo - oggetti, fenomeni, viventi.
Traguardi per lo sviluppo dellacompetenza (dalle Indicazioni
Nazionali, 2012)
- Il bambino raggruppa e ordina oggetti e materialisecondo criteri diversi, ne identifica alcune proprietà,
confronta e valuta quantità; utilizza simboli perregistrarle; esegue misurazioni usando strumenti alla
sua portata.- Riferisce correttamente eventi del passato recente; sa
dire cosa potrà succedere in un futuro immediato eprossimo.
- Osserva con attenzione il suo corpo, gli organismiviventi e i loro ambienti, i fenomeni naturali,
accorgendosi dei loro cambiamenti.- Si interessa a macchine e strumenti tecnologici, sa
scoprirne le funzioni e i possibili usi.74
Obiettivi Contenuti Attività Strategie Strumenti Durata
Individuare ladifferenza tra glioggetti caldi e gli
oggetti freddi.
Concetto ditemperatura:differenza tracorpi caldi ecorpi freddi.
Gioco stiletaboo:
individuare lacaratteristicadegli oggetticaldi e freddi.Esplorazione -manipolazione
della percezionedi caldo e di
freddo attraversola diversa
temperaturadell’acqua.
Costruzione diun termometro
grafico.
Giocoesplorativo.
Verbalizzazionee discussionecooperativa.
Attivitàindividuale.
Flashcards.Bacinelle conacqua calda eacqua fredda.Termometro.
Cartellonebianco. Fogli
bianchi.
Circa un'ora emezza.
Individuare latrasformazione
dello statogassoso (l'aria)posto a contattocon una fonte dicalore (l'acqua
Espansionetermica allo stato
gassoso.
Esperimento:dimostrazionedell'espansionetermica dell'aria
contenutaall'interno della
bottiglia di vetro.
Esplorazioneguidata con
esperimento ediscussionicooperative.
Attivitàindividuale.
Materialinecessari perl'esperimento:
bottiglia di vetro;palloncinosgonfio;bacinella
Circa un'ora emezza.
74Cfr. Indicazioni Nazionali, pp. 22-23.
92
calda). Verbalizzazionee discussione
guidata.
trasparente;bollitoreelettrico.
Individuare lecaratteristiche
del calore.
Concetto dicalore.
Diverse tipologiedi fonti di calore:il sole, il fuoco,l'acqua calda..
Gioco delFuoco.
Verbalizzazionee discussionecooperativa.
Giocoesplorativo.
Attivitàindividuale.
Spazi per ilgioco: giardino
della scuola.
Circa un'ora emezza.
I contenuti che ho affrontato sono i seguenti:
Concetto di temperatura in relazione al termometro: il caldo e il freddo
La trasformazione termica allo stato gassoso: l’espansione dell’aria
Il concetto di calore
L’intento è stato quello di proporre ai bambini attività per le quali fosse possibile fare
osservazioni dirette, esperimenti e giochi esplorativi. Il progetto si è suddiviso in più attività e
in ogni fase ho consegnato specifiche domande e concetti stimolo, proponendo agli alunni di
osservare i fenomeni e fornire delle semplici ipotesi nel piccolo o grande gruppo, poi
verificate attraverso gli esperimenti o l’esperienza concreta.
3.9. Primo incontro: la temperatura
6 aprile 2017
La discriminazione tra il caldo e il freddo è un’esperienza quotidiana nella vita dei bambini,
fin dalla più tenera età. L’obiettivo di apprendimento da far raggiungere agli alunni per questa
prima attività è stato quello di individuare la differenza tra gli oggetti caldi e gli oggetti
freddi. Consapevole che sarebbe stato difficile giungere alla definizione di temperatura, mi
sono soffermata sul riconoscimento e la manipolazione di oggetti caldi e oggetti freddi, per
giungere alla creazione di un termometro grafico.
3.9.1. Gioco esplorativo: il taboo
Come prima attività ho proposto ai bambini un gioco esplorativo: per descrivere qualcosa
avrebbero potuto/dovuto utilizzare anche la caratteristica di caldo o di freddo, che è la
temperatura. Per questo ho pensato al taboo: quindi ho realizzato delle flashcards in cui ho
93
disegnato vari oggetti caldi e freddi che un bambino avrebbe dovuto far indovinare agli altri,
senza però nominare l’oggetto visualizzato.
Il giorno dell’incontro ho allestito l’ambiente in modo tale da creare un cerchio sul pavimento
con i bambini: in questo modo ognuno poteva partecipare alla conversazione comune. Io mi
sono posizionata insieme a loro accanto a due bambini ed ho iniziato a spiegare le regole del
gioco. Molti di loro mi hanno guardata con curiosità e qualcuno ha prontamente detto: ma
questo è come il gioco dei “mimi”?
Avevo messo le carte all’interno di un piccolo astuccio che ho posto al centro del nostro
cerchio: il bambino o la bambina che provava a far indovinare la figura avrebbe scelto in
modo casuale la carta, pescando direttamente dall’astuccio.
Abbiamo iniziato a giocare: ho fatto la conta per decidere chi dovesse iniziare e…
Prima flashcard: il gelato.
Matteo ha iniziato a descrivere la carta, inizialmente facendo il gesto e mimando
l’azione di quando si mangia il gelato. Ho prontamente fermato il bambino, dicendo di
ricordarsi le regole del gioco: non dobbiamo mimare, ma provare a descrivere
l’immagine senza dire il nome. Per aiutarlo gli ho consigliato: prova a dire i colori,
prova a dire la forma, prova a dire che sensazione provi quando tocchi questa cosa,
prova a dire quando e dove lo utilizzi, etc. Quindi il bambino ha iniziato ad esporre:
ha tre palline sopra e Laura ha provato a rispondere: è il lecca-lecca! Lui ha
proseguito: sotto è triangolare e si può mangiare. Provando ad aiutarlo, ho suggerito a
Matteo: quale altra caratteristica possiamo aggiungere per farli indovinare? Quando
lo mangiamo che sensazione proviamo? Quindi ha aggiunto: è freddo! Dopo questa
affermazione, Miriam ha indovinato dicendo: è il gelato!
Seconda flashcard: la pizza.
La seconda carta è stata pescata da Miriam in quanto aveva indovinato la prima
flashcard. Inizia la descrizione dicendo subito: è calda. Aggiunge che è anche buona e
i bambini cominciano a fare le loro ipotesi: è la cioccolata calda, è il toast! La
bambina continua dicendo che è tonda e molti suggeriscono: il panino, la ciambella! È
stato importante dare informazioni sui colori, infatti quando Miriam ha affermato che
è rossa e bianca, Michele ha affermato: è la pizza!
94
Le due carte sono state poi mostrate ai bambini e posizionate una accanto all’altra nel centro
del pavimento: i bambini, prima che li facessi ragionare io, hanno affermato che le due carte
si contrapponevano per quanto riguarda la differenza tra caldo e freddo.
Il gioco è proseguito e i bambini hanno descritto anche i seguenti oggetti: la cioccolata calda e
il té freddo. Dopo aver posizionato anche queste carte sul pavimento, abbiamo riflettuto sulla
differenza tra gli oggetti caldi e gli oggetti freddi e, quando ho detto ai bambini che avremmo
dovuto finire il gioco per passare ad un’altra attività, tutti erano dispiaciuti perché avrebbero
voluto continuare a giocare ancora: li ho tranquillizzati dicendo che avrei lasciato loro le
carte, in modo da poterci giocare in altri momenti della giornata o nei giorni successivi.
L’attività si è basata molto sulla partecipazione e lo scambio comunicativo tra tutti i bambini.
Il mio ruolo è stato quello di guida, cercando di indirizzarli nel modo più opportuno durante le
descrizioni e le conversazioni.
All’interno dell’obiettivo di apprendimento che ho elaborato attraverso le Indicazioni
Nazionali, ho inoltre analizzato tre aspetti fondamentali che possono collegare questa attività
ai prerequisiti di lettura e scrittura, fondamentali nella scuola dell’infanzia:
Trovare risposte→ che cos’è, di cosa è fatto, etc. Questo obiettivo è importante perché
la lingua si basa proprio sullo stimolo-risposta
95
Fare domande, dare e chiedere spiegazioni→ questi due obiettivi di apprendimento
sono propedeutici per usare in modo corretto la lingua; si può parlare infatti di
funzione metalinguistica: le parole che in questo caso rappresentano gli oggetti, in
questo caso) si spiegano con le parole stesse
Dare un nome alle proprietà individuate→ è un obiettivo importante per arricchire il
lessico dei bambini, e quindi è propedeutico alla lingua orale e scritta
3.9.2. Esplorazione - manipolazione del caldo e del freddo
Nell’attività successiva ho fatto esplorare e manipolare ai bambini il caldo e il freddo con due
bacinelle di acqua a temperature diverse: l’acqua calda è stata riscaldata con il bollitore
elettrico, mentre l’acqua fredda è stata presa direttamente dal rubinetto.
In questa attività si è presentata una difficoltà di routine del gruppo, in quanto i bambini si
sono alzati tutti in piedi per poter toccare con le mani l’acqua all’interno delle bacinelle, che
avevo lasciato sopra la cattedra. Ho provveduto quindi, anche con l’aiuto di Tiziana, a
richiamarli e farli sedere di nuovo per terra e in cerchio, dicendo loro che sarei passata con
una bacinella alla volta e che avrebbero potuto toccare l’acqua con la punta delle dita.
In questa attività è stato importante far ragionare i bambini su quale senso utilizziamo per
riconoscere la sensazione di freddo e di caldo: il tatto. In una conversazione successiva alla
manipolazione, ho fatto pensare ai bambini a quali altri oggetti possiamo usare nella nostra
vita quotidiana che ci ricordano il caldo e il freddo: molti hanno parlato della borsa dell’acqua
calda, del forno, dei cubetti di ghiaccio e del frigorifero.
Soltanto dopo aver fatto queste considerazioni ho detto ai bambini che la differenza tra caldo
e freddo possiamo definirla come temperatura. Mi sono accorta che non tutti hanno colto
l’affermazione, ma è quello che mi aspettavo in quanto non è un termine frequente nella loro
quotidianità.
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3.9.3. Il termometro grafico
Dopo aver esplorato la sensazione di caldo e di freddo, ho domandato ai bambini: Come
possiamo misurare o capire quanto caldo o freddo sia un oggetto? Inizialmente la domanda è
risultata difficile per molti di loro, soltanto quando ho parlato del corpo umano Laura ha
risposto: con il termometro! Seguiti dalla sua affermazione, tutti poi hanno raccontato le loro
esperienze riguardo alla febbre e alla fronte calda, motivo per cui la mamma fa misurare la
loro temperatura con il termometro. Inoltre avevo portato da casa il mio termometro clinico;
l’ho fatto vedere ad ogni bambino prima che iniziassero a disegnare, lasciandolo poi in loro
visione per tutta la durata dell’attività. Quindi ho preso un cartellone bianco e ho guidato i
bambini alla descrizione del termometro, chiedendo loro se si ricordavano come è fatto e a
cosa può servire. Parallelamente, ho consegnato ai bambini un foglio bianco ciascuno, in
modo da far disegnare anche a loro il proprio termometro personalizzato. Prima di procedere
con la realizzazione del termometro comune, i bambini hanno disegnato e colorato il proprio
termometro.
97
Ho iniziato a disegnare il termometro seguendo le indicazioni date dai bambini; però ho
specificato che si deve costruire seguendo una scala ben precisa. Occorre quindi scegliere due
punti di riferimento fissi, uno che rappresenti il punto di partenza della scala - lo zero - e uno
il punto di arrivo, e dividere poi l'intervallo tra i due punti di riferimento in un numero
definito di intervalli - tracciati con piccoli segmenti - in modo che a ciascuno corrisponda una
misura della temperatura. Per i punti di riferimento avevo preparato delle flashcards apposite
(il ghiaccio, il fuoco, etc.). Quindi ho guidato i bambini alla discussione spiegando che il
termometro possiede due punti ben precisi: quello del ghiaccio, posizionando la flashcard
corrispondente nel punto più in basso (0°) e quello dell'acqua bollente nel punto più in alto
(100°). Per queste spiegazioni ho utilizzato termini molto semplici e vicini alla lingua parlata
dei bambini, per esempio per definire l’acqua bollente come il punto massimo ho detto ai
bambini: pensate al fuoco, è qualcosa che non si può toccare perché brucia tantissimo!
Abbiamo preso in considerazione anche un terzo punto di riferimento tale da rappresentare la
metà tra la quantità minima e quella massima: ho chiesto ai bambini di proporre loro una
temperatura intermedia e abbiamo deciso di utilizzare la flashcard corrispondente al bambino
con la febbre, forse perché più vicina alle loro esperienze concrete (rispetto, ad esempio, alla
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flashcard di un deserto).
I tre punti di riferimento sono stati abbinati ad un colore ed una simbologia, decisa e disegnata
sul momento con i bambini. Così ho chiesto loro:
Quale colore possiamo utilizzare per ricordare il caldo rappresentato dall'acqua
bollente? Il rosso? Perché? Ricorda il fuoco? Oppure il giallo? Perché? Ricorda il
sole? Deciso di utilizzare il colore rosso ho colorato, aiutata da alcuni bambini, la
parte superiore del termometro di rosso.
Con quale colore, invece, possiamo ricordare il freddo rappresentato dal ghiaccio? Il
bianco? Ricorda la neve? Oppure il celeste? Ricorda il colore del ghiaccio? Dopo
un’attenta conversazione abbiamo optato per il colore azzurro, colorando così la parte
inferiore del nostro termometro.
Pensiamo al bambino con la febbre che rappresenta il nostro punto a metà del
termometro: quale colore utilizziamo? Ho fatto riflettere i bambini, in questo caso,
sulle varie sfumature dei colori intermedi tra rosso e celeste, decidendo di utilizzare il
colore giallo.
Adesso pensiamo ad un simbolo che possa contenere i colori appena decisi: l'idea è
stata quella di utilizzare una forma rettangolare, in modo da ricordare ai bambini la
forma della linea che indica il numero in gradi sul termometro. Per costruire la
simbologia ho utilizzato e ritagliato un cartoncino rigido dei colori scelti.
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Successivamente sono state prese in considerazione altre flashcards: la loro posizione sul
termometro poteva oscillare in base alla loro temperatura. Ad esempio, mostrata la flashcard
con l'immagine del frigorifero, dopo aver fatto ragionare i bambini, questa è stata posizionata
appena sopra lo 0°. Inoltre abbiamo fatto un ragionamento aggiuntivo circa l'attribuzione di
colori anche per le altre flashcards e abbiamo deciso di utilizzare una sfumatura che parte dal
blu intenso e arriva al rosso intenso.
Per molti bambini non è stato immediato associare il numero espresso in gradi alla
temperatura corrispondente, ma questo non è stato un problema rilevante in quanto
l’essenziale era che tutti comprendessero qualitativamente la scala graduata del termometro:
cioè che in basso si trovano gli oggetti più freddi, e andando verso l’alto gli oggetti diventano
progressivamente più caldi.
100
101
3.9.4. Colora il caldo e il freddo
Per verificare l’obiettivo di apprendimento ho consegnato ai bambini un’esercitazione: avevo
disegnato una serie di immagini che rappresentavano oggetti a temperature molto alte o molto
fredde da colorare seguendo la convenzione per la temperatura scelta insieme nell’attività
precedente, utilizzando quindi i colori rosso e blu e le sfumature intermedie.
3.10. Secondo incontro: espansione termica allo stato gassoso
11 aprile 2017
Il secondo incontro si è focalizzato sul calore, o più precisamente su qualcosa di tanto caldo:
questa è l’espressione che ho utilizzato con i bambini, poiché ritenevo che il termine calore
sarebbe risultato troppo difficile o, comunque, non ancora così presente nelle loro esperienze
quotidiane. Il modo migliore per percepire visivamente l’effetto del calore è quello di
trasferirlo ad un gas, per esempio l’aria. Prima di effettuare l’esperimento dell’espansione
termica, fatto anche alla scuola primaria, è necessario che i bambini conoscano e sappiano che
102
cos’è l’aria: per questo, insieme a Tiziana, abbiamo pensato di proporre ai bambini una serie
di attività propedeutiche, ovvero giochi ed esplorazioni concrete.
1. Gonfiare il palloncino e capire che utilizziamo l’aria per farlo
2. Gioco a gruppi o a coppie: soffiare sui palloncini appena gonfiati
3. Soffiare all’interno di una cannuccia e sentire con la mano l’aria che fuoriesce da essa
Le immagini documentano queste attività.
103
3.10.1. Esperimento del palloncino: l’espansione termica di un corpo gassoso
Dopo aver effettuato le attività propedeutiche, ho attivato le pre-conoscenze dei bambini
riguardo all’incontro precedente: tutti hanno ricordato le esperienze svolte insieme, in
particolare il gioco e il termometro.
L’obiettivo di questa attività era quello di dimostrare la trasformazione termica dell'aria a
causa dell'aumento di temperatura provocato da una fonte di calore. Infatti: l'espansione dei
gas consiste nell'aumento di volume della sostanza allo stato aeriforme al crescere della
temperatura, se il recipiente lo consente.
Ho presentato i materiali ai bambini: una bottiglia di vetro, un palloncino sgonfio, una
bacinella e un bollitore elettrico.
Prima di effettuare l’esperimento, l'attenzione è stata posta su due aspetti fondamentali:
1. La bottiglia non è vuota, contiene aria all'interno: il palloncino ci serve per far vedere
come l'aria si sta allargando ed espandendo all'interno
2. L'acqua calda corrisponde a ciò che possiamo denominare come contenitore di calore.
104
Dopo aver posto la bottiglia dentro l’acqua calda, abbiamo visto che il palloncino si gonfiava,
cioè che l'aria all'interno del palloncino si espandeva. Abbiamo fatto alcune osservazioni: il
palloncino si gonfia a causa del passaggio di calore dall’acqua calda all’aria contenuta nella
bottiglia. Per far comprendere meglio ai bambini ciò che stava succedendo, ho pensato di far
toccare ad ognuno di loro il palloncino e, contemporaneamente, la bacinella che in quel
momento era molto calda: questo ha permesso loro di associare il gonfiarsi del palloncino con
qualcosa di molto caldo. Ho provveduto ad utilizzare termini più semplici e adeguati per l'età
bambini, come ad esempio: l'aria all'interno del palloncino si gonfia, ingrassa, aumenta.
Abbiamo poi dimostrato l'esperimento inverso: mettendo la bottiglia sopra il tavolino a
temperatura ambiente, il palloncino si è sgonfiato.
Ho detto ai bambini che questo grande caldo possiamo chiamarlo calore e qualcuno ha
ricordato l’utilizzo del termine in alcuni contesti, come ad esempio il calore che sentiamo nel
corpo quando è estate e fa molto caldo.
105
3.10.2. Disegno dell’esperimento
Dopo l'esperimento ho chiesto ai bambini di disegnare il comportamento del palloncino a
contatto con la bottiglia su un foglio diviso in due parti: sia a temperatura ambiente, e questo
ci indica il prima, sia a contatto con la bottiglia immersa nella bacinella piena di acqua calda,
e ciò rappresenta il dopo. In questa consegna è stato necessario chiarire quale fosse la parte
sinistra e la parte destra del foglio, in quanto alcuni dei bambini non ne avevano ancora la
totale percezione.
3.11. Terzo incontro: il gioco del fuoco
19 aprile 2017
Come ultima attività ho pensato di proporre ai bambini un gioco esplorativo - simile a “Il lupo
mangia frutta” - per capire una proprietà fondamentale del calore: il fatto che si trasmette
sempre da un corpo più caldo a un corpo più freddo. Anche se con una modalità diversa, data
l’età dei bambini, ho ritenuto tale proposta di fondamentale importanza per il fatto che ho
affrontato e insistito su questo argomento anche nella scuola primaria.
3.11.1. Il gioco esplorativo
Essendo una giornata di sole, ho pensato di portare i bambini a giocare fuori nel giardino della
scuola. Prima di giocare ho attivato le pre-conoscenze sulle attività svolte in precedenza e ho
detto loro che avremmo giocato facendo finta di essere qualcosa di tanto caldo che va alla
ricerca di qualcosa di freddo. Ho spiegato quindi le regole del gioco: un bambino ha il ruolo
del fuoco con la funzione di scaldare gli alimenti - gli altri bambini - che si trovano all'interno
106
del frigorifero; il fuoco potrà scegliere e chiamare un bambino per volta, attraverso il nome
del cibo corrispondente. I bambini che rappresentano gli alimenti avranno a disposizione una
flashcard, pescata da un contenitore, con il disegno di un alimento: può essere un pesce, un
pollo, un tipo di verdura, etc. Per rappresentare l’area del frigorifero in cui stavano i bambini-
alimento, abbiamo scelto il muretto adiacente al cancello. Con la conta abbiamo scelto il
primo bambino fuoco e gli altri hanno pescato le loro carte.
Inizia il gioco: i bambini stanno in silenzio fino a che il fuoco non chiama il loro nome. Così,
il bambino alimento inizia a correre e il fuoco prova a catturarlo; una volta catturato, sarà
riuscito a scaldare il cibo; quest’ultimo diventa così il nuovo fuoco.
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3.11.2. Disegno e verbalizzazione
Dopo il gioco - ripetuto più volte - ho chiesto ai bambini di disegnare l’esperienza,
descrivendo dietro al disegno la loro verbalizzazione orale sull’attività svolta.
108
109
Capitolo 4. Valutazione e analisi dei due progetti didattici
4.1. Premessa: la valutazione scolastica75
Il processo valutativo è un percorso di analisi molto complesso che consiste nell’attribuzione
di valore a fatti o eventi in relazione agli obiettivi che l’insegnante intende perseguire. Un
progetto didattico ha senso quando intenzionalmente si vogliono perseguire degli obiettivi non
raggiungibili con un’azione immediata e con l’impiego casuale dei mezzi e delle risorse
disponibili: ci troveremmo, altrimenti, di fronte a un operazione meccanica che, per quanto
efficace nell’immediato, potrebbe risultare inadeguata nel lungo termine per il perseguimento
di traguardi più complessi. Per valutare i due progetti didattici ho preso in considerazione tre
criteri specifici:
la trasmissione critica delle conoscenze e delle informazioni;
il controllo dell’adeguatezza del canale comunicativo e dell’approccio metodologico
impiegato;
lo sviluppo e il sostegno della motivazione;
la valutazione delle conoscenze e delle competenze acquisite.
All’inizio di ogni attività formativa occorre sviluppare interventi di verifica capaci di
promuovere una valutazione diagnostica dei prerequisiti cognitivi e affettivo-motivazionali di
ciascuno e di tutti gli alunni del gruppo considerato. In entrambi i gruppi ho potuto verificare
quali fossero le azioni necessarie per garantire a tutti gli alunni il possesso di determinati
prerequisiti, principalmente cognitivi. Grazie alla valutazione formativa in itinere, ho
identificato i punti deboli e i punti forti degli allievi e questo ha reso possibile una base
informativa per il miglioramento della qualità dell’approccio metodologico.
La valutazione sommativa ha invece la funzione di un bilancio conclusivo, non analitico, ma
riferito agli apprendimenti che il progetto didattico ha promosso in ogni alunno.
Gli strumenti di valutazione, di cui mi sono servita, sono distinti in prove orali e prove scritte,
scritto-grafiche e pratico-operative.
Le più importanti considerazioni che ho effettuato per valutare ogni prova di verifica sono:
75Cfr. Domenici, Manuale della valutazione scolastica, Editori Laterza, 1993.
110
il fatto che una prova è un artificio utilizzato per sollecitare la manifestazione di
abilità, conoscenze e competenze possedute o raggiunte dagli alunni attraverso cui si
strutturano certi saperi registrandone gli esiti, al fine di esprimere giudizi valutativi
sull’efficacia delle attività svolte e di indirizzare opportunamente le azioni successive;
il fatto che una prova di verifica, in quanto strumento, rappresenta un costrutto teorico-
operativo elaborato per poter osservare al meglio gli aspetti della realtà formativa che
più interessano all’insegnante;
il fatto che una prova è un mezzo impiegato per ricavare il più alto numero di
informazioni affidabili sull’apprendimento: una classificazione rigorosa delle prove di
verifica deve tenere conto delle caratteristiche formali che si offrono agli allievi e la
tipologia delle risposto che si richiedono.
Quindi una prova di verifica è un vero e proprio strumento di osservazione e di indagine
conoscitiva e dalla qualità delle risposte deriverà il grado di validità e di attendibilità delle
informazioni ricevute.
I criteri e le procedure utilizzate per l’elaborazione e la messa a punto delle prove oggettive
sono state diverse in base ai due diversi ordini di scuola su cui ho effettuato i progetti
didattici.
La sequenza di operazioni compiuta per quanto concerne la scuola primaria è la seguente:
determinazione degli ambiti disciplinari oggetto di verifica, delle caratteristiche degli
allievi, ossia il livello di difficoltà complessiva della prova;
definizione e analisi degli obiettivi specifici della verifica;
determinazione preventiva della durata della prova;
scelta della tipologia più opportuna degli item da utilizzare;
determinazione dei punteggi da assegnare ad ogni tipo di quesiti a seconda che si
registrino risposte esatte, parziali, sbagliate o omesse.
Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia l’indagine è stata finalizzata ad una osservazione
sistematica a cui ho affiancato strumenti, a mio parere, più idonei per i tipi di attività che
stavo conducendo con i bambini:
registrazione video delle attività
schede di annotazione e di resoconto narrativo111
L’osservazione sistematica è una procedura che permette di rilevare in certi contesti,
comportamenti, dati e informazioni che, tra i tanti possibili, assumono particolare significato
in relazione a un’ipotesi formulata in base a una teoria interpretativa e condivisa del
fenomeno indagato. Per rendere i dati rilevabili e rilevati validi, attendibili e obiettivi è stato
necessario definire accuratamente che cosa, come e quanto osservare.76
4.2. Scuola primaria: la prova di verifica
14 marzo 2017
Dopo aver effettuato tutti gli incontri previsti, ho elaborato una prova finale per verificare il
raggiungimento degli obiettivi prefissati all’inizio del percorso sia per gli alunni sia per me
come insegnante. Ho deciso di strutturare una prova scritta inserendo domande su tutti gli
argomenti affrontati. Si tratta di 10 domande di cui 4 domande aperte, 1 domanda aperta con
disegno, un compito autentico e 4 domande chiuse. Tra queste ho inserito due domande
relative a temperatura e calore simili a quelle presenti nel questionario preliminare, in modo
da verificare eventuali miglioramenti. Ho aggiunto anche una domanda finale che
riguardava il gradimento dell'attività e richiedeva una riflessione sul
metodo scientifico, metodo di lavoro con cui abbiamo lavorato insieme. Il criterio generale
con cui ho preparato questa prova è stato quello di ideare domande che avessero un
riferimento a ciò che avevamo fatto insieme in classe e rapportato alla quotidianità; questo
perché ho voluto indagare indirettamente se i bambini, attraverso la metodologia svolta,
avessero effettivamente capito in modo più dettagliato gli argomenti affrontati.
Il giorno della prova i bambini erano tutti presenti; ho suggerito di stare tranquilli, dicendo
loro che, in caso di domande o dubbi, io sarei stata sempre lì presente per aiutarli: li ho
tranquillizzati anche sul fatto che fossero tutti argomenti e concetti affrontati insieme nelle
lezioni passate. Ho fatto dividere i banchi e la prova è iniziata, durando circa un’ora e mezza.
76Cfr. Domenici, Op, cit., pp.179-180.
112
4.2.1. Correzione e analisi delle risposte date in ogni domanda della prova
Per correggere la prova di verifica ho assegnato ad ogni domanda un punteggio specifico, per
un totale complessivo di 30 punti:
Prima domanda 4/5 punti se la risposta è corretta; 3 punti se la rispostaè corretta ma incompleta in parte; 1/ 2 punti se risposta
è incompleta o sbagliata
Seconda domanda 1 punto se la risposta è corretta; 0 punti se la risposta èsbagliata
Terza domanda 1 punto se la risposta è corretta; 0 punti se la risposta èsbagliata
Quarta domanda 3 punti se la risposta è corretta; 2 punti se la risposta ècorretta ma incompleta in parte; 1 punto se la risposta è
incompleta; 0 punti se la risposta è sbagliata
Quinta domanda 4/5 punti se la risposta è corretta; 2/3 punti se larisposta è incompleta; 0/1 punto se la risposta è
sbagliata
Sesta domanda 3 punti se la risposta è corretta; 2 punti se la risposta ècorretta ma incompleta; 0/1 punto se la risposta è
sbagliata
Settima domanda 5 punti se la risposta è corretta; 3/4 punti se la rispostaè corretta ma incompleta; 2 punti se la risposta èincompleta; 0/1 punto se la risposta è sbagliata
Ottava domanda 1 punto se la risposta è corretta; 0 punti se la risposta èsbagliata
Nona domanda 4/5 punti se la risposta è corretta; 3 punti se la rispostaè corretta ma incompleta; 2 punti se la risposta è
incompleta; 1 punto se la risposta è sbagliata
Decima domanda 1 punto se la risposta è corretta; 0 punti se la risposta èsbagliata
Non ho voluto dare un voto numerico da 0 a 10, ma ho seguito il criterio numerico
universitario, dando però ai bambini una valutazione in giudizi ed ho considerato i punteggi
nella modalità seguente:
meno di 18: insufficiente
tra 18 e 20: sufficiente
tra 21 e 27: buono
tra 28 e 30: ottimo
113
Ho deciso di non attribuire un voto in quanto ho ritenuto più opportuno fare una valutazione
complessiva successivamente, considerando anche le osservazioni in itinere, il lavoro svolto
con gli elaborati personali, gli interventi fatti durante le lezioni e l’interesse dimostrato.
Dopo aver corretto la prova, ho esaminato le risposte date alle singole domande:
Prima domanda: definizione di temperatura
I dati ottenuti sono stati molto positivi: 24 bambini su 25 hanno dato una risposta corretta. Il
criterio per cui ho deciso di dare, ad alcuni, 4 punti anziché 5 è perché ogni valutazione è stata
fatta tenendo conto della diversità delle risposte e quindi dell’impossibilità di avere in realtà
un criterio universale e che valga in ogni contesto. In questo caso ho ritenuto che, tra i 21 che
hanno dato una risposta corretta, in 4 hanno dato una risposta incompleta. Nessuno dei
bambini ha dato una risposta sbagliata.
114
21
31
Risposte alla defnizione di temperatura
Risposta correttaRisposta corretta ma incompleta in parteRisposta incompleta
Riporto di seguito due esempi di risposte date77:
Considerando che uno dei punti critici del questionario è stato proprio la definizione e il
concetto di temperatura e posto che questa sia, inseme al calore, il nucleo fondante del
progetto, ho creato un grafico in cui fosse evidente il miglioramento ottenuto dai bambini e il
raggiungimento dell’obiettivo prefissato all’inizio.
77Le due immagini mostrano le risposte date dagli alunni C.R. e A.R.
115
Risposta esata Risposta incerta Risposta sbagliata0
5
10
15
20
25
La temperatura
Questionario inizialeProva finale
Risposte date
Num
ero
dei b
ambi
ni
Seconda domanda - che cos’è il calore?
A questa domanda hanno risposto tutti bene a parte un bambino il quale, però, durante la
correzione della prova ha dimostrato di aver avuto una distrazione nel momento del compito
(a voce mi ha dato la risposta giusta).
È un’energia in transito - in movimento - che si ha quando mettiamo a contatto due corpi a
temperatura diversa: si trasmette sempre dal corpo più caldo al corpo più freddo.
Così come ho fatto per la temperatura, ho deciso di creare un grafico relativo al concetto di
calore, riuscendo a visualizzare meglio il raggiungimento dell’obiettivo da parte dei bambini.
Terza domanda - il volume di un corpo a contatto con una fonte di calore
Anche questa domanda chiusa ha registrato tutte risposte giuste.
3) Che cosa succede generalmente se forniamo calore ad un corpo - gassoso, solido o liquido?
Risposta: il loro volume aumenta.
116
Risposta esata Risposta sbagliata0
5
10
15
20
25
Il calore
Qurstionario inizialeProva finale
Risposte date
Num
ero
dei b
ambi
ni
Quarta domanda - il movimento delle molecole a contatto con una fonte di calore78
Questa è stata una delle domande più critiche: molti bambini hanno risposto alla domanda
tenendo conto della struttura molecolare nei tre stati della materia, senza far riferimento alla
fonte di calore.
Undici bambini, comunque, hanno dato una risposta corretta; 4 bambini hanno risposto
correttamente ma con qualche imprecisione, sopratutto linguistica; 10 bambini hanno risposto
in modo sbagliato, per i motivi spiegati sopra.
78Le immagini mostrano le risposte date dalle alunne Y.J. e G.C.
117
Quinta domanda - la dilatazione termica allo stato liquido79
I dati hanno registrato un’ottima percentuale di risposte positive per questa domanda; infatti
17 alunni su 25 hanno risposto in modo corretto, descrivendo l’esperimento svolto in classe.
Dei restanti bambini, 7 hanno dato una risposta molto sintetica anche se giusta, ma senza
nominare l’esperimento, per cui ho deciso di dare o 2 o 3 punti; una bambina ha fatto
confusione con la domanda, descrivendo l’esperimento fatto per lo stato gassoso, dovendo
darle per questo 0 punti.
Sesta domanda - il funzionamento del termometro80
Per quanto riguarda questa domanda ci sono stati bambini che hanno confuso o non capito che
cosa dovevano rispondere. Infatti, durante la correzione, alcuni mi hanno comunicato che,
avendo appena descritto la dilatazione termica nella domanda precedente, non riuscivano a
capire come spiegare questo collegamento. Nonostante questa criticità, comunque, 20 hanno
dato una risposta corretta, alcuni con qualche imprecisione, ad esempio non facendo
riferimento alle molecole o scrivendo la risposta in modo sintetico (ricevendo 2 punti anziché
3); 5 bambini hanno risposto in modo sbagliato, rispondendo con la definizione di calore e
trovando le difficoltà per i motivi spiegati sopra.
79L’immagine mostra la risposta data dall’alunno A.M.
80L’immagine mostra la risposta data dall’alunna A.R.
118
Settima domanda – l’esperimento di Gravesande81
Nella domanda relativa alla spiegazione, anche con un disegno dimostrativo, dell’esperimento
sulla dilatazione termica allo stato solido, 25 bambini su 25 hanno risposto e disegnato
correttamente.
Quattro bambini hanno risposto o disegnato in modo più sintetico, ricevendo comunque un
punteggio pari a 4.
Un aspetto che ho voluto sottolineare e che è stato tralasciato in alcune risposte date dai
bambini è il riferimento al prima, lasciato senza approfondimento; ho specificato quindi che
la sfera prima di essere riscaldata fosse a temperatura ambiente, aspetto necessario per poter
affermare la conseguenza.
81L’immagine mostra la risposta data dall’alunna A.R.
119
Ottava domanda - espansione termica del palloncino
Per questa domanda chiusa hanno risposto bene 20 bambini su 25. Durante la correzione del
compito i 5 bambini che hanno risposto si sgonfia anziché si gonfia , mi hanno spiegato che
non erano riusciti a collegare questa domanda al fenomeno dell’espansione termica, cadendo
quindi in errore.
Nona domanda - l’equilibrio termico82
Questa domanda è un compito autentico ed è riferita all’ultima esperienza fatta insieme in
classe. I bambini hanno risposto nella media correttamente, riportando 18 di essi 4 e 5 punti; 3
bambini hanno risposto spiegando il fenomeno ma senza nominarlo, ricevendo quindi 3 punti;
4 bambini hanno risposto dando la definizione ma non spiegando il fenomeno, ricevendo
quindi 1 o 2 punti.
82L’immagine mostra la risposta data dall’alunna M.C.
120
Decima domanda - il calore ha un peso?
Nell’ultima domanda chiusa 20 bambini hanno risposto correttamente, mentre soltanto in 5
hanno dato la risposta sbagliata; penso che questo sia dovuto essenzialmente ad un errore di
distrazione, in quanto oralmente e facendo riferimento all’esperimento fatto insieme, tutti i
bambini erano convinti del fatto che il calore non avesse un peso, e quindi non fosse una
sostanza ma una forma di energia.
Analizzando complessivamente i punteggi ottenuti dagli alunni ho potuto appurare il
raggiungimento pieno degli obiettivi di apprendimento prefissati all’inizio:
meno di 18, insufficiente: 0 alunni
tra 18 e 20, sufficiente: 3 alunni
tra 21 e 27, buono: 15 alunni
tra 28 e 30, ottimo: 7 alunni
4.2.2. Consegna e valutazione finale
Per la valutazione finale ho considerato diversi fattori. Per ogni alunno ho preso in
considerazione il livello di partenza dato dal risultato del questionario (inadeguato,
sufficiente, buono, ottimo..) e ho messo in relazione questo giudizio con quello della prova di
verifica finale, in modo da poter osservare i miglioramenti o eventuali peggioramenti.
Ho prestato inoltre attenzione ad un’osservazione in itinere delle risposte date nelle
121
interrogazioni e alla partecipazione (o meno) durante le lezioni svolte insieme.
Per valutare complessivamente ogni alunno, attribuendo ad ognuno di loro una votazione in
decimi, ho creato una tabella in cui ho inserito gli indicatori di cui fare riferimento per
assegnare un punteggio, seguendo criteri ben precisi. Il punteggio complessivo, dato dalla
somma dei criteri, se tutto corrispondente alla votazione maggiore per ogni indicatore, risulta
essere 10; ogni bambino è stato valutato tenendo conto della partecipazione orale e
comunicativa durante le lezioni, dell’elaborato personale o di gruppo e della prova finale.
Indicatori: Criteri per la valutazione:
Articolazione e coerenza argomentativa (scritto eorale)
1: argomenta in modo superficiale2: argomenta in modo mediamente coerente3: argomenta in modo articolato e coerente
Uso del linguaggio specifico (scritto e orale) 1: spesso incompleto1,5: mediamente completo e corretto
2: completo e corretto
Conoscenza dei contenuti (scritto e orale) 1: non sempre completa1,5: completa ma non approfondita
approfondita2: approfondita e completa
Applicazione delle regole e rielaborazione personaledei contenuti (scritto e orale)
1: applica le regole non in modo autonomo e rielaborai contenuti con imprecisioni
2: applica le regole in modo autonomo ma rielabora icontenuti con imprecisioni
3: applica le regole in modo preciso e autonomo erielabora in modo coerente i contenuti
122
A S F G I M A L T R F F J E G I A C C E G F N L M4
5
6
7
8
9
10
Valutazione complessiva degli alunni
Voto degli alunni
Alunni
Nel grafico ho riportato la valutazione complessiva di ogni alunno: le lettere indicate sull'asse
sono le iniziali dei nomi degli alunni. Il grafico mostra come gli obiettivi prefissati nel
progetto siano stati raggiunti pienamente dagli alunni: sono tutti sopra la sufficienza e il
valore medio è di circa 8,3.
Nel giorno della consegna agli alunni della prova finale, ho spiegato loro il mio sistema di
valutazione in dettaglio ed ho chiamato un bambino alla volta mostrando la griglia e il voto
complessivo raggiunto, dando loro spiegazioni e chiarimenti. Il voto è stato trascritto sul
registro elettronico, alla voce Scienze.
Molto soddisfatta dei risultati raggiunti, ho realizzato un confronto tra le valutazioni iniziali
date dal questionario e la valutazione finale appena citata.
Per avere una comprensione più chiara, ho trasformato i giudizi iniziali in voti, così da poter
avere un confronto migliore.
Quindi:
meno di 4 punti: non adeguato → voto 4/5
da 4 a 8 punti: sufficiente → voto 6/7
da 8 a 12 punti: buone conoscenze → voto 7/8
da 12 a 16 punti: ottime conoscenze → voto 9/10
123
A S F G I M A L T F F F J E G I A C C E G F N L M4
5
6
7
8
9
10
Confronto tra inizio e fine progetto
Valutazione finaleQuestionario iniziale
Alunni
Voto
Dal grafico si può notare come gli alunni, a parte un solo caso di peggioramento e due casi di
equivalenza tra i due risultati, hanno dimostrato miglioramenti rispetto alla prova iniziale e
questo mi rende pienamente soddisfatta.
4.2.3. Rapporto con l’insegnante di classe
Per la realizzazione dell’intero progetto è stata per me fondamentale la presenza di Laura,
l’insegnante di classe e la mia tutor scolastica. Mi ha accompagnato in questo percorso
aiutandomi fin dalla progettazione iniziale: infatti, grazie ai molti incontri fuori dall’orario
scolastico e nei momenti di pausa - come l’intervallo - abbiamo parlato in particolare
dell’andamento della classe e delle strategie didattiche che avrei potuto usare con i bambini
per una maggiore riuscita sia nella dimensione gestionale che in quella cognitiva e
comunicativa. Laura è stata un’ottima tutor a livello umano in quanto mi ha supportato
durante le prime lezioni, quando avevo timore che qualcosa potesse andare male; ad esempio
prima di incominciare mi incoraggiava dicendo ai bambini: Margherita si è preparata molto
ma ha bisogno anche della vostra concentrazione perché la lezione abbia un seguito positivo,
mi raccomando di stare attenti e di seguirla. Conoscendo bene il gruppo-classe, ha saputo
darmi indicazioni su quali alunni dovessi concentrare di più l’attenzione e quelli che invece
avrebbero avuto meno difficoltà. Grazie anche alla sua presenza i bambini sono stati attenti,
sereni e si sono mostrati interessati agli argomenti da svolgere.
Inoltre Laura mi è stata di grande aiuto per la valutazione in itinere: nei momenti delle
interrogazioni - che ho fatto attraverso domande-stimolo o sulle pre-conoscenze degli
argomenti svolti nelle lezioni precedenti - ha osservato e scritto in un quaderno le annotazioni
più significative. Questo ha permesso poi di discuterne insieme, unendo le osservazioni di
entrambe e decidendo il voto finale per ogni alunno all’unanimità.
Grazie a Laura mi sono sentita parte della classe, come se fossi una sua collega, perché
abbiamo lavorato in team e perché mi ha dato tutto lo spazio e il tempo necessari, non ha fatto
obiezioni sulle mie proposte, si è dimostrata sempre disponibile e quando ha potuto, mi ha
dato ottimi consigli anche sui contenuti di scienze.
124
4.2.4. Ultima domanda della prova: il gradimento del metodo scientifico
sperimentale
Come ultima domanda ho chiesto ai bambini se la metodologia con cui avevamo affrontato
insieme gli argomenti fosse stata di gradimento oppure no e se, soprattutto, fosse stato utile
indagare i fenomeni con le fasi comprendenti l’ipotesi iniziale e gli esperimenti.
Le risposte ricevute sono state tutte positive, a parte una non-risposta di un bambino che ha
lasciato lo spazio vuoto.
4.3. Scuola dell’infanzia: la valutazione degli obiettivi di apprendimento
Per valutare i bambini di 5 anni, ho preso in considerazione la descrizione del campo di
esperienza La conoscenza del mondo nelle Indicazioni Nazionali del 2012 e mi sono
soffermata su alcuni indicatori:
- la pertinenza degli interventi nel corso della conversazione/discussione
- il grado di impegno nel condurre un’attività assegnata
- la capacità di formulare semplici ipotesi
- la competenza lessicale e semantica
- l’uso adeguato degli indicatori temporali (prima, dopo, ora)
- la capacità di esprimere le proprie opinioni
125
4.3.1. L'osservazione sistematica dei bambini in itinere
Per la valutazione degli obiettivi di apprendimento mi sono concentrata principalmente sulla
osservazione diretta dei bambini in ogni attività svolta e per farlo ho seguito un criterio base
per ognuna di esse:
1.Il bambino/la bambina durante l’attività ha partecipato in modo:
attivo
passivo
indifferente
Così ho analizzato le osservazioni fatte in ogni incontro, che mostrerò nei tre grafici seguenti.
126
15
3
4
Partecipazione dei bambini nel secondo incontro
Attivo
Passivo
Indifferente
1919
2211
Partecipazione dei bambini durante il primo incontro
AttivoAttivo
PassivoPassivo
IndifferenteIndifferente
Per verificare l’efficacia dell’intero percorso ho osservato e rilevato se il bambino/la bambina
durante tutte le attività e in particolare nelle conversazioni guidate, gli scambi comunicativi
con i compagni e i giochi esplorativi, ha avuto determinati comportamenti e atteggiamenti.
Per poter effettuare un’analisi complessiva ho distinto i comportamenti positivi da quelli
negativi, riportandoli nei grafici seguenti.
127
E' at
ento/a
Intervie
ne spontan
eamen
te
Intervie
ne se a
iutato da u
n compag
no
Intervie
ne con cu
riosit
à sull'a
rgomen
to
Intervie
ne con orig
inalità
Collabora
con i c
ompagni
0
4
8
12
16
20
Atteggiamenti e comportamenti positivi
Numero di bambini/e
2222
Partecipazione dei bambini nel terzo incontro
AttivoAttivo
PassivoPassivo
IndifferenteIndifferente
4.3.2. Il significato del disegno infantile
Per la valutazione complessiva ho deciso di basarmi anche sull’elaborazione di disegni da
parte dei bambini. Da un punto di vista evolutivo lo sviluppo del disegno è molto importante:
quando il disegno è scarabocchio, il bambino manifesta nei gesti immediati e improvvisi,
impulsi e tratti temperamentali allo stato puro; in seguito, nel periodo delle prime
rappresentazioni, esprime le emozioni, le scoperte, il suo modo di vedere gli oggetti e gli
esseri viventi.83 L’immagine diventa strumento d’espressione e di comunicazione perché il
bambino scopre che il discorso può essere rappresentato graficamente.
I disegni infantili possono essere esaminati da molte angolazioni: evolutiva, proiettiva,
narrativa, artistica, conoscitiva, etc. Come tali sono modi di espressione ed equivalgono ad un
discorso.84 Per questi motivi ho deciso di utilizzare il disegno come forma espressiva e
narrativa dei bambini, soprattutto per riuscire a cogliere in loro quanto possono esprimere
attraverso la forma grafica le loro percezioni sulle attività svolte, dato che ancora non possono
83Cfr. Anna Oliverio Ferraris, Il significato del disegno infantile di, p. 21.
84Cfr. Anna Oliverio Ferraris,Op. cit., p. 53.
128
Si dist
rae fa
cilmen
te
Parla c
on i compag
ni
Vuole ess
ere pro
tagonist
a
Ripete ciò
che e
ra sta
to già d
eto in
preced
enza
Si rif
uta di in
terve
nire
Non parteci
pa0
4
8
12
16
20
Atteggiamenti e comportamenti negativi
Numero di bambini/e
farlo attraverso la scrittura.
4.3.3. I disturbi dello Spettro Autistico: modelli e tecniche per la didattica speciale
inclusiva
Per la preparazione del progetto non ho potuto non prendere in considerazione il fatto che
all’interno della sezione ci fosse una bambina con diagnosi di Sindrome di Autismo, sebbene
abbia un alto functioning cognitivo. Quindi ho predisposto l’ambiente in modo tale da
adeguare gli interventi nella sezione attraverso una didattica speciale, individualizzata e
inclusiva. L’esposizione precoce a contesti didattici interattivi potrebbe evidenziare il ruolo
determinante svolto dall’inclusione scolastica per la bambina con alterazioni dello spettro
autistico. Devono essere ricordate le difficoltà associate all’esposizione della bambina con
ASD ai contesti sociali, e particolarmente a quelli in cui sono presenti contemporaneamente
molti bambini, con elevati livelli di rumore ambientale.
La bambina infatti potrebbe sviluppare comportamenti problematici - aggressività, stereotipie,
urla - per segnalare il suo disagio. I principali interventi indispensabili per la realizzazione di
ogni percorso didattico specificamente rivolto al bambino con Disturbi dello Spettro Autistico
sono stati adeguatamente delineati da Cottini (2011), che ha indicato una serie di parole-
chiave per l’integrazione di ogni bambino alle quali dovrebbe essere ispirato l’intervento
educativo. La pianificazione dell’intervento educativo, ad esempio, compone la base
dell’implementazione di ogni strategia didattica: ogni elemento dell’intervento didattico deve
essere pianificato nelle sue componenti essenziali. Un principio organizzatore di base
strettamente associato a quello precedente è la prevedibilità dell’azione educativa: la gestione
del cambiamento che si verifica necessariamente nel contesto didattico presuppone un
costante riferimento alla prevedibilità della situazione educativa da parte del bambino. La
prevedibilità è favorita dall’adozione dello schema visivo e dal riferimento a simboli e/o
agende visive. Anche la flessibilità rappresenta una delle parole-chiave per l’intervento alle
quali è necessario ispirarsi, soprattutto in funzione della necessità di adeguare l’intervento alle
caratteristiche cognitive ed emotive del bambino. Si sottolinea infine il principio
organizzativo relativo alla necessità della modificazione fisica dell’ambiente di
apprendimento, che dovrebbe essere modellato secondo le peculiari caratteristiche della
129
cognizione del bambino. La modifica del contesto didattico in funzione delle esigenze del
profilo cognitivo correlato al disturbo dello spettro autistico rappresenta uno dei migliori
esempi di potenziamento del contesto ambientale. 85
4.3.4. Rapporto con l’insegnante di classe
Per la realizzazione, l’attuazione e la documentazione del progetto è stata essenziale la
presenza di Tiziana, insegnante della sezione e mia tutor scolastica. Tiziana mi ha dato molti
consigli sulle strategie da attuare con i bambini, in particolare per ciò che concerne la
dimensione gestionale sulla mancanza di attenzione: per questo abbiamo pensato di alternare
conversazioni orali ad attività pratiche, in modo da mantenere gli alunni impegnati nei
compiti e in modo tale da renderli sempre partecipi. Tiziana mi è stata di grande aiuto per
quanto riguarda la fase documentativa: in ogni attività ha realizzato foto e video e questo ha
permesso di rivedere gli alunni e poterli osservare meglio in fase di valutazione. Inoltre,
conoscendo bene il gruppo, mi ha comunicato l’andamento generale della sezione,
avvertendomi che sarebbe stato difficile gestire i bambini. Tiziana mi ha fatto sentire parte
della classe, come se fossi una sua collega: abbiamo collaborato e questo ha permesso uno
svolgimento sereno di tutte le attività.
4.4. Analisi e confronto finale dei due progetti didattici
Ciò che, inizialmente, ho voluto sperimentare nel mio lavoro di tesi è stata la proposta ad
alunni di età e stili cognitivi diversi, gli stessi contenuti, riuscendo nella fase conclusiva ad
esaminarne le differenze, le analogie, i diversi modi di agire, etc. Analizzare in modo
analitico, scientifico e critico i due progetti presentati alle scuole è un compito molto difficile
per me, essendo io stessa l’ideatrice degli stessi. Provando ad esaminare gli aspetti più
rilevanti dell’intero percorso, ho tratto alcune considerazioni utili sia a me stessa in vista di un
miglioramento professionale, sia per promuovere i miei due progetti didattici e fare in modo
che altri insegnanti possano usufruirne o prenderne spunto.
Innanzitutto ritengo necessario sottolineare che, per poter rendere valida una procedura
didattica, ho preso in considerazione principalmente lo stretto rapporto che essa possiede con
85Cfr. Saverio Fontani, I Disturbi dello Spettro Autistico, Percorsi per la didattica inclusiva, pp. 107-112.
130
gli obiettivi specifici di apprendimento, resi espliciti nei paragrafi del capitolo 4.
È utile poter esprimere un giudizio sull’efficienza e l’efficacia dei progetti didattici proposti; il
parametro di efficacia è quella misura capace di indicare univocamente se l’azione formativa
sviluppata abbia raggiunto o meno gli obiettivi previsti formalmente (nei programmi nazionali
dell’insegnamento, in questo caso le Indicazioni Nazionali del 2012). Il parametro di efficacia
riguarda sia aspetti qualitativi - come la tipologia di conoscenza acquisita da specifici progetti
didattici - sia aspetti quantitativi, come ad esempio il numero di allievi che hanno raggiunto
un determinato standard qualitativo. Il parametro di efficienza è determinato dal rapporto che
intercorre tra le risorse umane e i materiali impiegati e i risultati conseguiti. Per risorse umane
facciamo riferimento alle caratteristiche dei docenti, come la formazione, le innovazioni e le
strategie didattiche impiegate, la qualità delle interazioni con gli alunni, etc; le risorse
materiali sono invece quelle didattico-scientifiche utilizzate, compreso l’uso degli spazi, del
tempo, degli strumenti appositi, etc.
Essendo molto complesso analizzare i due progetti da un punto di vista quantitativo in
relazione ad efficacia ed efficienza, mi sono soffermata su un’analisi perlopiù qualitativa del
percorso totale.
I progetti didattici proposti, sebbene siano stati pensati e differenziati in base al tipo di scuola
e, quindi, all’età dei bambini e alla specifica classe e sezione in cui ho lavorato, sono stati
individuati in base a un’idea condivisa - con le insegnanti - di quali fossero i saperi essenziali
sia per un bambino di 5 anni, sia per un alunno di quinta della scuola primaria che si deve
approcciare e avvicinare alla fisica. Ciò ha richiesto un lavoro di documentazione dei percorsi
sperimentati, decidendo infine di affrontare la differenza tra il concetto di calore e di
temperatura: questa proposta di itinerario si può rintracciare anche nei tradizionali libri di
testo, ma nel mio caso ha avuto come caratteristica principale la sperimentazione in classe e in
sezione.
I miei progetti sono nati da una considerazione sulla formazione dei docenti che, in base alle
ore di tirocinio nelle scuole effettuate in questi anni, non pone particolare attenzione
all’approfondimento dei contenuti scientifici, determinando una loro generalizzazione.
Attraverso il metodo scientifico sperimentale, l’intero percorso ha avuto l’obiettivo di
rimanere ancorato alla realtà quotidiana degli alunni, facilitando l’osservazione diretta di
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determinati fenomeni. Leggendo e studiando le Indicazioni Nazionali per il Curricolo del
2012 troviamo l’affermazione di una nuova alleanza tra scienza, storia, discipline
umanistiche, arti e tecnologia, in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo86.
Questo ci spiega come sia importante proporre agli alunni un approccio interdisciplinare e,
infatti, è ciò che ho provato a fare con i due progetti didattici, assimilando il metodo
scientifico alle discipline umanistiche.
I contenuti che ho proposto sono vicini all’esperienza degli alunni, sia di 5 anni che di quinta
primaria, e questo è servito per stimolare in loro la curiosità e a insegnare loro a fare domande
piuttosto che fornire risposte. È stato quindi necessario coinvolgere direttamente ciascun
alunno in esperienze concrete, perché egli possa sviluppare autonomia nello studio e
concorrere allo sviluppo della propria persona. Il metodo scientifico sperimentale utilizzato si
caratterizza per esser fenomenologico: ciò significa che viene individuato e studiato un
fenomeno in linea con le competenze cognitive degli alunni; tale metodo risulta essere
operativo poiché mette in moto una serie di processi che attivano il pensiero logico, insieme
alle competenze linguistico-espressive.
L’analisi critica sulla classe quinta è stata fatta da me e dalla mia tutor scolastica Laura alla
fine del percorso attraverso un’osservazione sistematica ed una revisione di tutto il lavoro
svolto. I ragazzi si sono presentati fin dall’inizio molto incuriositi e questo ha facilitato il mio
stato d’animo. Il fatto che l’aula fosse molto piccola e i banchi disposti a ferro di cavallo, non
è stato un punto a favore per la riuscita di ogni lezione; nonostante questo, però, tutti gli
alunni si sono dimostrati molto attenti e incuriositi dagli esperimenti che stavano osservando.
Il mio compito è stato quello di stimolare, sostenere e gratificare, incoraggiando la
partecipazione di tutti. Dall’osservazione dell’intero progetto didattico è emerso inoltre
l’aspetto inclusivo e interculturale, inteso come arricchimento e aiuto reciproco; anche le
discussioni hanno dimostrato la capacità di promuovere l’inclusione e la partecipazione.
Nelle lezioni svolte gli allievi sono sembrati più motivati a uno sforzo intellettivo maggiore,
in termini di predisposizione a mettersi in gioco e ad apprendere, rispetto ad una lezione
tradizionale.
Per quanto riguarda la sezione dei cinque anni, io e la mia tutor scolastica Tiziana abbiamo
86Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, p. 7.
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rilevato quanto sia stato importante sviluppare concetti e abilità di tipo scientifico già a partire
dai 5 anni di età. Questo perché, anche se molto piccoli, i bambini sviluppano e manifestano
comportamenti finalizzati alla conoscenza de realtà che li circonda: una loro caratteristica è
proprio la curiosità volta alla conoscenza, la capacità e la voglia di sperimentare il mondo, di
giocare e mettersi in gioco utilizzando l’ambiente circostante. Il progetto didattico che ho
preparato ha voluto sfruttare questa loro esigenza spontanea per arricchire le potenzialità
presenti, per introdurre elementi di maggiore consapevolezza insieme a nuovi strumenti
metodologici e conoscitivi.
Nella documentazione dei due progetti, descritta nei paragrafi precedenti, si dichiara
espressamente che il porre gli alunni davanti a un determinato fenomeno, presupponendo una
loro interpretazione dello stesso, non genera ansie né preoccupazioni, ma stimola la
partecipazione di tutti, anche di quelli più restii ad affrontare il quotidiano impegno scolastico.
Tra gli elementi qualificanti entrambi i progetti ci sono anche la capacità di rafforzare
l’autostima dei bambini in riferimento alle proprie capacità di pensiero, l’abilità di imparare a
procedere per prove ed errori, tipico del problem solving, atteggiamento indispensabile anche
in tutte le difficoltà quotidiane, capacità di saper ascoltare punti di vista differenti e farli
propri attraverso un’attenta riflessione e la propensione ad aiutare l’altro.
Al di là di quanto è stato possibile osservare nel corso delle lezioni e delle attività in entrambe
le scuole, l’apprezzamento dei bambini è risultato chiaro anche dall’analisi dei dati raccolti
quando è stato chiesto loro di raccontare e scrivere le proprie impressioni.
La mancanza di una tempistica adeguata, forse, ha costituito una criticità, poiché le ore a
disposizione non sono state molte e perché sarebbe stato necessario procedere con maggiori
attività, come prosecuzione dei progetti svolti. Ciò che si lega alla mancanza del tempo è stata
la mancanza di spazi adeguati: per quanto le aule siano ambienti confortevoli, il processo di
acquisizione delle competenze richiede anche la disponibilità di luoghi attrezzati nei quali è
possibile anche manipolare e riprodurre determinati fenomeni in una modalità quanto più vera
possibile. Inoltre, entrambe le scuole non disponevano degli strumenti necessari per poter
realizzare entrambi i progetti: quelli utilizzati li ho portati io stessa e questo non è stato un
problema per me ma può essere un elemento critico per la vita di tutti i giorni in classe o in
sezione.
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Concorde con le tutor, abbiamo appurato come i due progetti abbiano coinvolto gli alunni,
nonostante la loro differenza di età e di livello cognitivo, nel pensare, realizzare, e valutare le
attività che sono state vissute in modo condiviso e partecipato con gli altri.
In conclusione, i due progetti possono aver evidenziato alcuni limiti ma penso che abbiano
anche dimostrato di favorire una progettualità che valorizzi l’apprendimento attraverso
l’agire, e non solo attraverso una mera trasmissione di dati; questo presuppone inoltre un
lavoro di collaborazione e il raggiungimento di obiettivi comuni, adeguati al livello cognitivo
di ogni alunno.
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Conclusioni
In fase conclusiva e da un'attenta analisi dei risultati emersi dalle valutazioni finali, posso
affermare che gli obiettivi prefissati all'inizio dei due progetti sono stati complessivamente
raggiunti da tutti gli alunni.
Per quanto riguarda la scuola primaria possiamo dire che ogni alunno, durante le attività e gli
esperimenti da svolgere sia individualmente che con i compagni, è stato capace di riflettere
criticamente su quanto richiesto, utilizzare gli strumenti necessari in modo adeguato e riuscire
ad osservare e analizzare i contenuti affrontati. Alla fine del percorso la maggior parte dei
bambini ha dimostrato di saper applicare le conoscenze già possedute ai concetti presentati e
di sapersi esprimere utilizzando i nuovi termini specifici. Ogni alunno si è mostrato partecipe
e motivato, volendo arricchire con il proprio contributo personale ogni attività proposta.
Per quanto riguarda il progetto svolto nella scuola dell'infanzia, posso affermare quanto sia
stato significativo sviluppare competenze di tipo scientifico già a partire dai 5 anni di età.
Anche se molto piccoli, i bambini sviluppano e manifestano comportamenti finalizzati alla
realtà che li circonda:
la curiosità volta alla conoscenza;
la capacità e la voglia di sperimentare il mondo;
la voglia di giocare e mettersi in gioco utilizzando l’ambiente circostante.
I contenuti che ho proposto sono vicini all’esperienza di entrambi i gruppi di alunni: questo ha
stimolato la loro curiosità e ha creato in loro un atteggiamento finalizzato a fare domande
piuttosto che fornire risposte. Il metodo scientifico sperimentale mette in moto una serie di
processi che attivano il pensiero logico, promuovendo anche le competenze linguistico-
espressive.
Tra gli elementi che qualificano positivamente entrambi i progetti troviamo:
la capacità di rafforzare l’autostima dei bambini attraverso le proprie capacità di
pensiero;
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l’abilità di imparare a procedere per prove ed errori, tipico della strategia del problem
solving, atteggiamento indispensabile anche in tutte le situazioni quotidiane;
la capacità di saper ascoltare punti di vista diversi e di farli propri attraverso un’attenta
riflessione e uno scambio reciproco di idee.
In conclusione ritengo che i due progetti abbiano valorizzato l’apprendimento degli alunni
attraverso una didattica di tipo laboratoriale, promuovendo le strategie didattiche tipiche
dell'insegnamento scientifico, il problem solving e la scoperta guidata.
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Ruffo G. (2012), Fisica: lezioni e problemi, Zanichelli Editore, Bologna, 2012
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Ringraziamenti
Alla fine di questo lungo percorso è inevitabile ringraziare alcune persone fondamentali per
me. Grazie ai miei genitori, Paola e Maurizio, per avermi permesso di studiare e di portare
avanti la mia passione, aiutandomi nei momenti peggiori con tutto l'appoggio morale,
psicologico e fisico necessario. Grazie per avermi supportata e valorizzata anche nei momenti
migliori, quelli di soddisfazione per un esame o per le prime esperienze fatte a scuola.
Grazie babbo per avermi fatto capire quanto sia importante conoscere, per avermi sempre
spronato a fare di più, per non esserti mai lamentato se qualche volta non capivo i tuoi
suggerimenti, perché se oggi sono così ambiziosa è solo grazie a te.
Grazie mamma perché, anche se fai un lavoro diverso, hai tutte le caratteristiche di una
maestra e io queste caratteristiche le ho prese proprio da te: sei l’insegnante di vita più
preziosa e importante che io abbia mai avuto.
Grazie mamma e babbo per avermi fatto il regalo più bello, dopo due anni dalla mia nascita:
Arianna. Vi ringrazio perché senza mia sorella mi sentirei vuota e persa e vi ringrazio per aver
creato una famiglia così speciale. Grazie a mia sorella Arianna, che è anche la mia migliore
amica e metà del mio cuore sarà sempre destinato a curare i suoi sentimenti. Grazie Ari perché
hai sempre creduto nella mia passione, hai sempre mostrato quanto tu fossi fiera di quello che
stavo studiando e di ciò che volevo diventare da grande. Grazie perché con il tuo appoggio mi
sono sempre sentita più sicura.
Grazie a mio nonno Vincenzo perché mi ha trasmesso l’amore per il ragionamento fin da
piccola, quando provava a spiegarmi i problemi di matematica. Grazie a mia nonna Renata
per essere sempre stata presente in questo mio percorso di studi, premurosa di sapere come
stavano andando gli esami e a che punto fossi con lo studio: grazie nonna per le tue chiamate i
giorni prima degli esami, per i tuoi in bocca al lupo e per tutte le volte che mi hai detto
bravissima. Grazie a mia nonna Viola perché ricordo ancora quando molti anni fa mi disse:
ma sei proprio brava, dovresti fare la maestra!
Grazie a Francesco, la persona migliore che abbia mai incontrato e conosciuto. Da sette anni
mi sopporti e da cinque anni segui la mia passione come se fosse anche la tua; mi hai sempre
dato ottimi consigli e aiutato a livello pratico quando sono stata in difficoltà per gli esami, mi
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hai dato la forza per andare avanti e mi hai trasmesso le tue grandi capacità e conoscenze,
senza mai vantarti di questo. Ti ringrazio per tutte le volte che mi hai consolato nei momenti
peggiori, apprezzandomi e valorizzandomi per l’impegno con cui ho studiato e lavorato in
questi anni. E poi grazie perché so che anche te, in fondo, ami i bambini come me.
Grazie ai genitori di Francesco per avermi supportata nei momenti di stanchezza e di sfogo,
accogliendomi sempre come una di famiglia: grazie infinite ad Alessandra per avermi seguito
in modo appassionato fin dall’inizio del mio percorso, per avermi sempre ascoltata e
incoraggiata nei momenti difficili, per essermi stata vicina come una vera amica.
Grazie a zia Viviana, zio Aldo e i miei cugini Luca e Marco per avermi seguito in modo
appassionato, ascoltandomi e valorizzandomi nei momenti migliori di questo lungo percorso.
Grazie alle mie più care amiche, quelle del cuore: Benedetta, Chiara, Arianna ed Elisa.
Grazie Bene per esserti sempre interessata dei miei esami e del mio tirocinio, il tuo messaggio
di in bocca al lupo nei momenti più importanti non è mai mancato; ti ringrazio perché ti sei
sempre presa cura di me, anche nei momenti di paura e di sconforto più totale.
Grazie Chiara per avermi pensato e ricordato durante gli esami e per avermi sempre dato la
forza, ripetendomi: stai tranquilla, non ti preoccupare.. andrà tutto bene.
Grazie ad Ari ed Eli per esserci sempre state fin dall’inizio e per avermi fatto sorridere e stare
bene nei miei momenti peggiori.
Un ringraziamento particolare va a Chiara, la compagna di corso e l’amica d’infanzia con la
quale ho condiviso questo percorso universitario dall’inizio alla fine: grazie per essermi
sempre stata vicino, per avermi aiutato nei momenti di crisi e per avermi sempre capita.
Grazie alle mie speciali compagne di corso, Claudia, Elisa, Elena e Lara, diventate amiche a
tutti gli effetti, per ogni esame passato insieme, i numerosi progetti da preparare, i momenti di
sconforto e quelli di gioia. Ma grazie soprattutto perché condividiamo la stessa passione e con
voi accanto, in questi anni - quasi - tutto è stato più divertente.
Grazie ai miei colleghi Maddalena e Marko per aver condiviso con me i primi due mesi di
lavoro da insegnante e gli ultimi due mesi di università da studentessa, così intensi e speciali.
Per lo stesso motivo ringrazio tutti i bimbi della 2° B e poi grazie a te Pierfilippo, perché ogni
giorno insieme a te è una bellissima scoperta.
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Ringrazio moltissimo il professore Samuele Straulino, che ha seguito minuziosamente ogni
passo del mio progetto e la stesura della tesi con estrema professionalità e cura.
Grazie a Lucia Donata Nepi, la mia tutor universitaria, perché ha dimostrato stima nei miei
confronti dall’inizio alla fine del mio percorso, rendendomi ogni giorno sempre più
coraggiosa.
Grazie alle mie tutor scolastiche, Laura Toti e Tiziana Vegni, per essere state accoglienti e
disponibili con me durante tutto il progetto svolto a scuola, per avermi dato le giuste
indicazioni e concesso lo spazio e il tempo utili e necessari ai fini di una buona riuscita finale.
Grazie ai miei primi alunni, i ragazzi di quinta e i bambini di 5 anni, perché è grazie a loro se
ho potuto svolgere serenamente le attività, se mi sono sentita importante e se mi sono sentita
maestra a tutti gli effetti.
Infine ringrazio me stessa, perché non avrei mai desiderato un finale diverso da questo.
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