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Anno Accademico 2016/2017 Calore e temperatura: un progetto didattico per la scuola primaria e la scuola dell'infanzia Relatore Samuele Straulino Candidata Margherita Pasqui Scuola di Studi Umanistici e della Formazione Corso di Laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della Formazione Primaria

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Anno Accademico 2016/2017

Calore e temperatura: un progetto didattico per la scuola primaria e la scuola dell'infanzia

Relatore

Samuele Straulino

Candidata

Margherita Pasqui

Scuola di Studi Umanistici

e della Formazione

Corso di Laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della

Formazione Primaria

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Indice

Introduzione………………………………………………………..……………..................... 3

Capitolo 1. L’insegnamento scientifico nella scuola primaria e nella scuola dell’infanzia…....5

1.1. Galileo e il metodo scientifico sperimentale……………………………………................5

1.2. Jean Piaget: lo sviluppo mentale nell’infanzia…………………………………………...10

1.3. Il metodo scientifico in ambito educativo: John Dewey…………………………………14

1.4. La conferenza di Woods Hole sull’insegnamento scientifico nelle scuole primarie……..18

1.5. Il coinvolgimento degli alunni nell’apprendimento delle scienze.…………………..…..24

1.6. Il ruolo delle scienze nella scuola primaria……………………………………………....26

1.7. La scuola dell’infanzia e la didattica delle scienze…………………………..............…..27

Capitolo 2. Il calore e la temperatura: gli aspetti scientifici e le strategie didattiche ..............31

2.1. Gli stati fisici della materia ……………………………………...................................... 31

2.2. I passaggi di stato …………………................................................................................. 35

2.3. La temperatura e il funzionamento del termometro ………………………......................38

2.4. Il calore ……………………………………..............................................................…...42

2.5. La didattica scolastica: un’introduzione per strutturare i progetti didattici ………..........44

Capitolo 3. I progetti didattici nella scuola primaria e nella scuola dell’infanzia ………..…..54

3.1. Scuola primaria: premessa e scelta dell’argomento …………………………............…..54

3.2. Analisi del contesto: classe V B della scuola primaria Federigo Tozzi ………………….55

3.3. Primo incontro: la somministrazione del questionario preliminare ……………..............61

3.4. Secondo incontro: trasformazione termica nei tre stati della materia …………………...68

3.5. Terzo incontro: la dilatazione termica allo stato solido e allo stato liquido ……………..76

3.6. Quarto incontro: l’equilibrio termico e la conservazione della massa negli scambi di

calore..................................................................................................................................…...85

3.7. Il progetto didattico nella scuola dell'infanzia.............................................................…..90

3.8. Progettazione dell'unità di competenza..............................................................................92

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3.9. Primo incontro: la temperatura....................................................................................…..93

3.10. Secondo incontro: espansione termica allo stato gassoso..............................................102

3.11. Terzo incontro: il gioco del fuoco.............................…….............................................106

Capitolo 4. Valutazione e analisi dei due progetti didattici…….............................................110

4.1. Premessa: la valutazione scolastica ………………………………………………….....110

4.2. Scuola primaria: la prova di verifica ……………………...............................................112

4.3. Scuola dell’infanzia: la valutazione degli obiettivi di apprendimento.............................126

4.4. Analisi e confronto finale dei due progetti didattici.........................................................130

Conclusioni.……………………………………………………………………....................135

Bibliografia.……………………………………………………………………....................137

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Introduzione

Il mio lavoro di tesi si propone di esaminare due progetti didattici sui concetti di calore e

temperatura, realizzati nella classe quinta della scuola primaria Federigo Tozzi e nella sezione

dei bambini di cinque anni dell’Istituto Comprensivo Statale F. Tozzi n° 4, a Siena.

La decisione di realizzare questi progetti nasce dall'interesse personale per le discipline

scientifiche e dall’osservazione sulla didattica delle scienze svolta nelle scuole durante il mio

percorso universitario. Negli anni di tirocinio diretto ho appurato che spesso i contenuti

scientifici sono trasmessi dai docenti come nozioni da memorizzare, spesso estrapolate dai

libri di testo, con una impostazione didattica tradizionale (utilizzando perlopiù lezioni

frontali). Gli alunni non sono coinvolti in esperienze laboratoriali e non si pone attenzione alle

strategie didattiche ritenute più indonee per le discipline scientifiche.

L’obiettivo di questa tesi è quello di proporre agli alunni contenuti che fanno parte della loro

quotidianità ma che raramente sono affrontati nella scuola primaria e nella scuola

dell'infanzia. Ho realizzato due progetti didattici con l'intento di promuovere un modo di

pensare e di rapportarsi alla realtà caratteristico del fare scienza, con il particolare riferimento

al metodo scientifico sperimentale.

L'elaborato è composto da quattro capitoli: i primi due capitoli analizzano i riferimenti

scientifici, didattici e pedagogici su cui si è basato lo sviluppo dei due progetti. Gli ultimi due

capitoli illustrano la preparazione e la realizzazione delle attività fino alla valutazione degli

apprendimenti e dei risultati finali.

Il primo capitolo analizza l'insegnamento scientifico da un punto di vista pedagogico e

nell'ottica del metodo scientifico sperimentale. Inizialmente viene fornito un quadro storico

che ripercorre alcune tappe che hanno portato alla strutturazione della didattica in ambito

scientifico, con un particolare riferimento alla figura di Galileo Galilei. Nei paragrafi

successivi è messo in evidenza il legame tra l'esperienza concreta e lo sviluppo delle

conoscenze scientifiche dei bambini, in relazione al loro sviluppo cognitivo.

Il secondo capitolo descrive i concetti di calore e temperatura da un punto di vista teorico e

scientifico, analizzando e spiegando le principali leggi che riguardano i contenuti proposti

nelle attività. L'ultima parte del secondo capitolo esamina le strategie didattiche ritenute più

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idonee per la realizzazione dei due progetti: l'attenzione è posta sulla relazione tra l'esperienza

dei bambini e il metodo scientifico: questo può fornire loro le competenze necessarie per lo

sviluppo di una formazione scientifica di base.

Il terzo capitolo analizza l’esperienza dei due progetti didattici, le motivazioni della

realizzazione, l’analisi dei due contesti, la definizione degli obiettivi e i mezzi con cui

raggiungerli. Ogni passaggio è stato documentato, utilizzando le foto fatte durante le attività,

le immagini degli esperimenti e le elaborazioni personali degli alunni (scritte, iconiche o

verbali) sui contenuti affrontati.

L’ultimo capitolo affronta l’aspetto della valutazione di entrambi i percorsi, descrivendo gli

strumenti utilizzati per valutare l’apprendimento iniziale e finale degli alunni e per verificare

l’efficacia e l’efficienza formativa delle proposte didattiche.

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Capitolo 1. L’insegnamento scientifico nella scuola primaria e nella scuola

dell’infanzia

Grazie all’esperienza del tirocinio ho potuto constatare che l’insegnamento scientifico è una

procedura complessa, perché sono molti gli elementi che concorrono alla sua efficacia: la

scelta dei contenuti e dei metodi, il linguaggio utilizzato, il tempo a disposizione all’interno

dell’orario scolastico, la formazione degli insegnanti. Ci sono poi altri aspetti di cui è

importante parlare, per tentare di fornire un quadro più organico all’educazione scientifica

nella scuola primaria e nella scuola dell’infanzia, come la funzione attribuita dalla pedagogia

all’insegnamento scientifico.

In questo capitolo esaminerò alcuni di questi aspetti, con la consapevolezza che è difficile

fornire un quadro completo per la molteplicità di contributi offerti dagli studiosi nell’ambito

della didattica delle scienze.

1.1. Galileo e il metodo scientifico sperimentale1

1.1.1. La vita di Galileo e le sue opere più importanti

Galileo nasce a Pisa nel 1564, dove studia e poi insegna matematica. Si trasferisce

successivamente a Padova, dove apprezza il rispetto della Repubblica veneta per la libertà di

pensiero. Trasferitosi a Firenze, su invito del granduca Cosimo II, nel 1616 viene chiamato a

Roma e ammonito dal Cardinale Bellarmino del Sant’Uffizio perché aveva sostenuto, nella

lettera a Cristina di Lorena, la teoria di Copernico e la distinzione tra il mondo della teologia e

il mondo della scienza. Nel 1623, nonostante l’ammonizione, Galilei prosegue i suoi studi e

pubblica Il Saggiatore, nel quale descrive le comete e in cui espone importanti considerazioni

di carattere metodologico.

Nel 1632, incoraggiato dall’elezione di Urbano VIII, egli pubblica il Dialogo sopra i due

massimi sistemi, in cui discute dei due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano;

la teoria di Copernico viene presentata come ipotesi matematica, non necessariamente

corrispondente alla realtà.

1Le argomentazioni del paragrafo sono riprese principalmente dai testi: Berlolt Brecht, Vita di Galileo, Bertolt Brecht, Einaudi Editore, 2014. Alberto Righini, Galileo: tra scienza, fede e politica, Editrice Compositori, Bologna, 2008. Ludovico Geymonat, Galileo Galilei, Einaudi, Torino, 1883.

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Nella prefazione Galileo scrive:

ho preso nel discorso la parte Copernicana, procedendo in pura ipotesi matematica cercando per

ogni strada artifiziosa di rappresentarla superiore.

La pubblicazione del testo, avvenuta nonostante le ammonizioni precedenti, ebbe come

conseguenza l’abiura e la condanna al carcere a vita. Nella sua casa di Arcetri, scrive il suo

trattato scientifico, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze,

attinente alla meccanica e i movimenti locali.

1.1.2. L’affermazione del nuovo metodo scientifico e di pensiero

In Galileo Galilei è centrale la battaglia per la libertà della scienza e per l’affermazione di un

nuovo metodo scientifico, aperto al ragionamento e all’osservazione dei fatti. Questo metodo

assumerà una portata che andrà ben al di là del campo strettamente scientifico e diventerà un

modo nuovo di pensare e di ragionare, costituendo una vera e propria rivoluzione per la

cultura del tempo. Galilei si rese conto della portata innovativa del suo metodo e ritenne

decisiva la battaglia per fare in modo che esso si affermasse e diffondesse. Questo si identifica

in particolare nel valore pedagogico del suo Dialogo: sceglie di scrivere in volgare anziché in

latino perché tutti possano capire e discutere gli argomenti trattati. Egli riteneva che la scienza

non fosse prerogativa di pochi: per questo scrive un testo in forma di dialogo, e non di trattato

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o saggio, proprio perché si capisca che la scienza nasce dallo scambio di opinioni. Nel dialogo

tre personaggi discutono e mettono a confronto le proprie posizioni: Simplicio (autentico

aristotelico), Salviati e Sagredo, che inclinano in misura diversa per il sistema copernicano.

Galileo fa di tutto perché la Chiesa approvi la pubblicazione del Dialogo: solo così esso potrà

influire sulle persone che erano sotto l'influenza della Chiesa.

La battaglia di Galilei per l’affermazione del nuovo metodo scientifico si svolge su due fronti:

La battaglia contro l’autorità religiosa: Galilei espone nelle lettere copernicane a Cristina di

Lorena e a don Benedetto Castelli la tesi dei due linguaggi differenti in cui sono scritte la

Natura e la Bibbia, entrambe derivanti da Dio.

La battaglia contro l’aristotelismo dominante nella cultura dell’epoca. Galileo aveva stima per

Aristotele, ma disprezzo per gli aristotelici. Proprio Galilei afferma: Io mi rendo sicuro che se

Aristotele tornasse al mondo egli riceverebbe me tra i suoi seguaci, in virtù delle mie poche

contraddizioni, ma ben concludenti, molto più che moltissimi altri che, per sostenere ogni

detto suo vero per vero, vanno esplicando dai suoi testi, concetti che mai non gli sariano

caduti in mente. E quando Aristotele vedesse le grandi novità scoperte in cielo dov'egli

affermò quello essere inalterabile et immutabile perché niuna alterazione vi si era allora

veduta, indubitabilmente egli, mutando opinione, direbbe ora il contrario.2

1.1.3. Le scoperte di Galileo

Galileo fece alcune scoperte che misero in crisi la concezione aristotelica del movimento:

Scoperta dell’isocronismo del pendolo: le oscillazioni si svolgono nello stesso tempo,

indipendentemente dalla loro ampiezza.

Intuizione teorica del principio d’inerzia (Primo principio della dinamica):

contraddiceva la teoria aristotelica.

Studio del moto di caduta dei gravi: tutti i corpi cadono nel vuoto con la stessa

accelerazione.

Principio di relatività galileiano, che anticipa il principio di relatività di Einstein.

2De Luise, Farinetti, Lezioni di storia della filosofia, Zanichelli editore, 2010, Unità 2 - lettura 8.

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La teoria aristotelico-tolemaica dell’universo, fondata sull’idea geocentrica e sulla differente

struttura del mondo celeste rispetto alla Terra, veniva messa in crisi da altre scoperte di

Galileo in ambito astronomico:

Osservazione di profonde irregolarità (montagne, crateri, depressioni) sulla superficie

della Luna.

Scoperta delle macchie solari.

Scoperta dei satelliti di Giove.

Scoperta delle fasi di Venere.

Osservazione di molte stelle nella via Lattea non visibili a occhio nudo.

A Galileo non interessava trovare la causa del fenomeno, ma descrivere nel modo più chiaro

possibile il suo andamento: non voleva cercare il perché, ma il come. Rispetto alla scienza che

cercava di individuare le quattro cause aristoteliche (formale, materiale, efficiente e finale),

egli si dichiara soddisfatto se riuscirà a individuare solo quella efficiente, che dà conto del

come avviene il fenomeno ed è anche la più certa da controllare e verificare.

Galilei rifiuta il finalismo, ovvero la ricerca del senso di un fenomeno e della sua forma o

essenza, e cerca di spiegare solo l’andamento dei processi naturali; smette di cercare il perché

la natura operi in un certo modo e cerca di descrivere solo il come.

1.1.4. Il rifiuto delle affermazioni non verificabili

Al rifiuto del finalismo, inteso come spiegazione che non può essere verificata

scientificamente, possiamo collegare l’idea di Galilei per cui è scientifico solo ciò che di fatto

è verificabile; un’affermazione né dimostrata né dimostrabile non ha diritto ad essere

scientifica.

Non basta intuire e formulare ipotesi ma occorre dimostrare e per dimostrare ci vogliono

strumenti precisi. Dopo aver intuito che i gravi cadono con la stessa accelerazione

indipendentemente dal peso, Galileo non si limitò ad affermare che i corpi di peso diverso

cadono nel vuoto nello stesso modo, ma cercò di offrirne una descrizione e dimostrazione

rigorosa che non fosse basata su semplici impressioni e supposizioni. Il ricorso a strumenti di

misurazione precisi ci porta a sottolineare l’importanza del rigore nell’osservazione dei

fenomeni. Evidentemente esso non può essere ottenuto attenendosi a impressioni e sensazioni

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soggettive, ma bisogna rifarsi a elementi oggettivi e misurabili. Da qui la scelta di Galileo di

privilegiare gli aspetti quantitativi e misurabili rispetto a quelli qualitativi: i primi sono

oggettivi e dunque uguali per tutti e misurabili, i secondi invece dipendono solo dal soggetto e

come tali non si prestano ad essere utilizzati come criterio che metta d’accordo tutti.

1.1.5. Il metodo di Galileo

Gli studiosi descrivono il metodo di Galileo come un metodo che consta essenzialmente di

due momenti:

1. un momento osservativo-induttivo

2. un momento ipotetico-deduttivo

Questi due momenti non vanno pensati in una relazione strettamente cronologica, uno dopo

l’altro, ma dialettica, cioè in una relazione di coesistenza, intreccio e influenza reciproca.

Galilei concentra il suo pensiero in una frase che scrive più volte nelle sue lettere: pare che

quello degli effetti naturali che la sensata esperienza ci pone dinanzi agli occhi o le

necessarie dimostrazioni ci concludono, non debba in conto alcuno esser revocato in

dubbio…3

Il concetto, riassunto nella formula sensate esperienze e certe dimostrazioni, è poi diventato il

simbolo del metodo galileiano: le dimostrazioni certe sono quelle della geometria e della

matematica, mentre le sensate esperienze sono le esperienze dei nostri sensi e anche quelle

che facciamo in laboratorio con gli esperimenti. Per Galileo la matematica non è solo uno

strumento per studiare la natura, ma costituisce la struttura stessa del mondo, che è regolato da

leggi matematiche. Secondo Galileo, dunque, se si vuole studiare e capire il mondo, bisogna

usare la matematica. Ecco il brano del Saggiatore in cui egli esprime questo concetto: La

filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli

occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la

lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i

caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a

intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro

labirinto.

3 Galilei, Lettera a don Benedetto Castelli, Pisa, 1613.

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Le esperienze utilizzate per verificare le ipotesi matematiche consistono nell’osservare i fatti e

nel controllare direttamente le cose di cui si parla. Va però precisato che l’esperienza utilizzata

per la verifica delle ipotesi ha le seguenti caratteristiche:

Non si tratta dell’esperienza immediata, cioè del senso comune, ma di un’esperienza

potenziata (ad esempio l’uso di strumenti come il cannocchiale), problematizzata e

sottoposta alla sollecitazione di esperimenti che la costringano a rivelare la natura

delle cose osservate. È il ragionamento che inventa e predispone l’esperimento in

funzione dell’ipotesi da verificare e ne segue lo sviluppo, utilizzando e ideando gli

strumenti tecnici di controllo. È un’esperienza prolungata e sistematica, non casuale e

discontinua, in modo tale che emergano delle regolarità certe nell’osservazione dei

fenomeni.

Si tratta di un’esperienza che talvolta avviene solo a livello mentale. È il caso di alcuni

esperimenti mentali cui Galilei ricorre nelle sue ricerche. Questi esperimenti, se non

possono essere direttamente effettuati, possono comunque avere una verifica indiretta

nelle loro conseguenze e contribuiscono a scoprire le leggi che governano la natura e

che valgono in tutti i casi, non solo per quelli immaginati dallo scienziato per i suoi

scopi di ricerca.

1.2. Jean Piaget: lo sviluppo mentale nell’infanzia

La più importante teoria sullo sviluppo mentale del bambino è quella elaborata da Jean Piaget

(1896-1980). Egli ha dimostrato sia la differenza tra il pensiero del bambino e quello

dell'adulto è di tipo qualitativo e che il concetto di intelligenza è strettamente legato al

concetto di adattamento all'ambiente. Piaget afferma che l'intelligenza «è un prolungamento

del nostro adattamento biologico all'ambiente; l'uomo non eredita solo delle caratteristiche

specifiche del suo sistema nervoso e sensoriale, ma anche una disposizione che gli permette di

superare questi limiti biologici imposti dalla natura.»4

Piaget ha scoperto che la conoscenza del bambino si basa sulla relazione del soggetto con ciò

che lo circonda, nel senso che il soggetto interagisce con gli oggetti che ha a disposizione e li

trasforma. In particolare ha proposto due processi che caratterizzano ogni adattamento:

4 Cfr. M. Autieri, R. Calvino, G. Pianura, M. Sannipoli, A10 Filosofia delle scienze umane, 2016, p.98.

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l'assimilazione e l'accomodamento. Si ha assimilazione quando una persona utilizza qualcosa

del suo ambiente per un'attività che fa già parte del suo repertorio e che non viene modificata:

questo processo predomina nella prima fase di sviluppo. Nella seconda fase invece prevale

l'accomodamento, non appena il bambino può svolgere un'osservazione attiva sull'ambiente

tentando di dominarlo. Le vecchie risposte si modificano con eventi ambientali mutevoli: ad

esempio, se il bambino si accorge che un oggetto da battere per terra è difficile da

maneggiare, cercherà di coordinare meglio la presa dell'oggetto. Anche l'imitazione è una

forma di accomodamento, infatti il bambino modifica sé stesso in relazione agli stimoli

dell'ambiente. Un buon adattamento all'ambiente si realizza quando assimilazione e

accomodamento sono ben integrati tra loro.

Le ricerche di Piaget, inoltre, affermano che si possono distinguere quattro stadi di sviluppo

intellettuale del bambino.

Lo stadio senso-motoria dello sviluppo (0-2 anni).

La prima fase di sviluppo del bambino è quella che inizia nel periodo prescolare,

terminando intorno ai cinque - sei anni di età. In essa, il lavoro mentale del bambino

consiste nello stabilire dei rapporti tra l’esperienza e l’azione e il suo interesse è

finalizzato a prendere possesso del mondo attraverso l’azione stessa. La prima infanzia

va dalla manifestazione del linguaggio fino al momento in cui il bambino impara a

utilizzare i simboli. In questa fase preparativa alle età successive, la maggiore

conquista simbolica del bambino consiste nella rappresentazione del mondo esterno

per mezzo di simboli, fondata su processi di semplice generalizzazione. In questa fase

il bambino non è ancora capace di distinguere i fini dai mezzi necessari per

raggiungerli; infatti, quando non riesce ad affrontare la realtà, egli tenta di farlo grazie

agli accomodamenti intuitivi, ovvero i procedimenti caratterizzati da prove ed errori, e

non con procedimenti fondati sulla riflessione. Ciò che è assente in questa fase di

sviluppo è il concetto di reversibilità: ad esempio, se un oggetto cambia forma, ancora

il bambino non afferra l’idea che esso possa essere riportato alla sua forma originale.

Per questa assenza, quindi, il bambino non può comprendere alcune delle idee che

sono alla base della matematica e della fisica: possiamo ricordare, ad esempio, la legge

fisica secondo cui un oggetto conserva la propria massa, nonostante le trasformazioni

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della sua forma.5

Lo stadio pre-operatorio dello sviluppo (2-6 anni).

Nella seconda fase dello sviluppo il bambino si trova in età scolastica e, in

opposizione a quella precedente che riflette un carattere esclusivamente attivo, questa

ha proprietà più operative e pratiche. Quando parliamo di operazione intendiamo un

particolare tipo di azione che può compiersi in modo diretto attraverso la

manipolazione di oggetti oppure interiormente (quando si elaborano sul piano mentale

i simboli che rappresentano le cose e i loro rapporti). L’operazione è un modo di

collocare nella mente del bambino i dati riguardanti il mondo reale e di trasformarli,

organizzarli e selezionarli per la risoluzione di un determinato problema. Ogni

modalità che utilizziamo per interpretare un fenomeno rappresenta il risultato di

un’operazione e il pensiero di un bambino è determinato dal suo modo di mettere

insieme le proprie osservazioni. Le operazioni concrete, sebbene siano guidate dalla

logica dei rapporti causa-effetto, sono i mezzi capaci di strutturare la realtà solo nel

momento immediato. Il bambino è capace di dare una struttura a ciò che incontra

esplorando la realtà, ma non è ancora capace di affrontare prontamente tutte le

possibilità che non gli sono di fronte in modo concreto o delle quali non ha già fatto

esperienza.6

Lo stadio operatorio concreto dello sviluppo (6-12 anni).

Secondo Piaget lo stadio operatorio concreto è una delle fasi più importanti per la

quantità è la qualità delle sue operazioni. L’età dei 6 anni coincide con l’inizio della

scolarizzazione: questo comporta un profondo cambiamento nella vita sociale,

intellettiva ed affettiva del bambino. Nel periodo pre-operatorio, la funzione del

linguaggio non aveva come obiettivo la comunicazione. Nel periodo operatorio

concreto, al contrario, si rimane colpiti dalla concentrazione individuale e dalla reale

collaborazione nello svolgere un’attività comune. Il bambino dopo i 7 anni è in grado

di collegare, coordinare e dissociare le sue azioni da quelle degli altri. Non vi è più un

tentativo di comunicazione, ma vere e proprie discussioni e le conversazioni diventano

5 Cfr. Jerome S. Bruner, Il processo educativo, Dopo Dewey, Armando Editore, pp. 58-59.

6 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. cit., pp. 59-60.

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effettive comunicazioni reciproche. Quindi il bambino spiega il proprio pensiero ed è

in grado di riflettere in modo critico su di esso. Scompare l’egocentrismo del

linguaggio e del pensiero cognitivo e tutte le condotte impulsive precedenti.

L’interazione sociale con i coetanei permette al bambino di riesaminare il suo pensiero

e di confrontarlo con quello degli altri. Inizia dunque la riflessione, che è ancora un

linguaggio interiore, al contrario della discussione sociale che è invece una riflessione

esteriore.

Lo stadio operatorio formale dello sviluppo (dai 12 anni in poi)

Questo stadio è caratterizzato dalla capacità di eseguire operazioni formali: significa

che il bambino comincia ad utilizzare le idee nello stesso modo con cui prima

utilizzava gli oggetti. Fondamentale differenza è che le prime sono molto più flessibili

e manipolabili e possono dar luogo a sintesi o a ipotesi completamente nuove e

diverse. Il bambino piccolo è solamente un osservatore esterno, incapace di riflettere

sugli eventi. Egli pensa concretamente e non collega mai le proprie soluzioni a teorie

generali che ne manifesterebbero i principi. Ciò che, al contrario, colpisce

nell’adolescente, è il suo interesse per problemi inattuali e ciò che stupisce è la sua

facilità nell’elaborare teorie astratte. Il mondo è per lui pieno di teorie e di progetti su

se stesso e sulla vita. Quindi, mentre il bambino si occupa per lo più del presente, di

ciò che è oggetto della sua esperienza immediata, l’adolescente estende la sfera della

sua attività concettuale all’ipotetico, al futuro, a ciò che è lontano nello spazio. Il

passaggio dal pensiero concreto a quello formale, chiamato anche ipotetico-deduttivo,

è un passaggio graduale. Fino a questo momento le operazioni del pensiero si

basavano esclusivamente sulla realtà, sugli oggetti tangibili e da lui direttamente

percepibili, oggetti che potevano essere manipolati e sottoposti ad esperienze concrete.

Ma nel momento in cui il pensiero si libera dalla realtà, nasce l’immaginazione, nasce

la rappresentazione degli oggetti assenti, che equivale alla rappresentazione del reale.7

Fatta conoscenza di come possano essere così diverse le due fasi di sviluppo intellettuale del

bambino, mi sono concentrata sulle metodologie didattiche più efficaci da utilizzare in

relazione all’età dei bambini della scuola primaria e della scuola dell’infanzia nell’ambito

7 Cfr. Jean Piaget, Lo sviluppo mentale del bambino, Einaudi Editore, 2000.

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dell’insegnamento scientifico.

1.3. Il metodo scientifico in ambito educativo: John Dewey

Per attuare una didattica efficace, è necessario che ogni insegnante sappia come (con quali

strategie e metodologie) e quando affrontare determinati contenuti in relazione allo sviluppo

cognitivo e all’età degli alunni; inoltre è molto importante capire quali siano gli elementi più

importanti su cui un insegnante deve porre attenzione.

Per questi motivi è opportuno studiare le teorie di impronta pedagogica del Novecento e citare

in modo particolare John Dewey (Burlington 1859 - New York 1952). Ciò che più ha colpito

il mio interesse è che egli estese il metodo scientifico anche nell’ambito dei problemi umani:

sia morali che educativi. In questo paragrafo limiterò la mia attenzione all’ambito

esclusivamente educativo, oggetto della presente trattazione.

Il testo di Dewey, Democrazia ed educazione (1916), sintetizza due degli aspetti principali del

suo pensiero: il suo impegno politico e la sua riflessione pedagogica. Per quanto riguarda la

sua riflessione pedagogica, ricordiamo che Dewey ha sviluppato una prospettiva denominata

strumentalismo. Secondo tale teoria, la ragione non è una facoltà di tipo contemplativo, che

genera una conoscenza fine a sé stessa, ma è uno strumento operativo che consente un

esercizio attivo del pensiero, volto a riconoscere, ipotizzare e sperimentare soluzioni creative

rispetto ai problemi pratici che ci troviamo a risolvere; tutto questo grazie anche all’utilizzo

del metodo scientifico. Quest’ultimo, come specifica Dewey, «va inteso primariamente come

modello e ideale dell’intelligente esplorazione e sfruttamento delle possibilità implicite

nell’esperienza».8 Si tratta, cioè, di realizzare delle riflessioni ordinate sulla pratica per

apprendere da essa e riuscire ad agire in modo razionale, coerentemente con le finalità che ci

proponiamo, tenendo adeguatamente conto delle specifiche situazioni e dei contesti entro i

quali si è implicati. Nel discorso di Dewey, la ragione svolge una funzione evolutiva, di

progressivo adattamento all’ambiente sociale e naturale e di trasformazione dell’ambiente

stesso. Tra il soggetto e l’ambiente vi uno scambio interattivo che modifica entrambi e

impedisce di concepire i due termini separatamente. Considerando che l’ambiente cambia

continuamente, l’equilibrio tra l’uomo e la natura, così come quello tra l’individuo e la società

8 Cfr. John Dewey, Esperienza e educazione, Milano: Raffaello Cortina Editore, (1938) 2014, p. 79.

14

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è sempre problematico, per cui va ogni volta ricostruito in modo nuovo, tramite il pensiero e il

ragionamento critico.

Nel libro Democrazia e educazione (1965), Dewey afferma che l’esperienza presuppone una

combinazione tra un elemento attivo e uno passivo: in senso attivo è un continuo sperimentare

e mettere in pratica una certa azione, mentre in senso passivo è un subire. Il soggetto agisce

sull’ambiente e poi subisce le conseguenze del suo stesso agire. L’esperienza consiste proprio

nella capacità di cogliere il rapporto tra l’azione e i suoi effetti, così da poter modificare

l’azione stessa, ampliando il proprio orizzonte.

Dewey ha sperimentato un nuovo modo di praticare l’educazione: parliamo dell’educazione

nuova o educazione progressiva. Quest’ultima ha portato ad un’ampia discussione sia a livello

educativo, sia nelle concrete pratiche scolastiche e formative. Tramite tale modello

pedagogico, Dewey ha proposto di rinnovare radicalmente la scuola rendendola più

democratica, mettendo al centro del processo di insegnamento gli interessi primari dell’alunno

con i suoi bisogni, le sue esigenze, le sue motivazioni. Inoltre ha sottolineato quanto è

importante costruire intorno al bambino un ambiente di apprendimento che stimoli

attivamente le sue capacità cognitive, affettive, sociali, culturali, quindi la creatività,

l’intelligenza, il pensiero, la manualità e il desiderio di imparare. In questa prospettiva, anche

nell’ambito pedagogico risulta essenziale il riferimento a una teoria dell’esperienza. Educare

per Dewey significa infatti accrescere continuamente il campo di esperienza dei soggetti

attraverso l’esperienza stessa: «l’educazione è svolgimento dentro, mediante e per

l’esperienza.»9

L’esperienza è sia il fine che il mezzo dell’educazione. L’educazione è autentica se genera

esperienze di qualità, capace di vivere nel futuro dei soggetti, sollecitandone una crescita e un

progressivo arricchimento esistenziale. Ciò diviene possibile se l’organizzazione delle attività

e il metodo educativo che l’insegnante utilizza permettono di instaurare una relazione

autentica tra il fare e il riflettere, tra l’agire e l’osservare gli effetti dell’azione. Infine Dewey

promuove l’integrazione di due principi che, a suo parere, costituiscono la base per ogni

apprendimento basato sull’esperienza:

1. la transazione: lo scambio interattivo fra individuo e ambiente. Sarà compito

9 Cfr. John Dewey, Op. cit., p. 14.

15

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dell’insegnante regolare questo scambio tramite la progettazione e l’organizzazione di

un certo ambiente di apprendimento;

2. la continuità: l’idea che qualsiasi attività che si propone agli alunni deve ricondursi

alle loro esperienze e capacità pregresse e allo stesso tempo dovrà portare a nuovi

spazi di pensiero e di azione.

Un altro aspetto importante da sottolineare è che Dewey sottolinea la superiorità della

democrazia. La condizione fondamentale per la realizzazione della democrazia è lo sviluppo

di un processo educativo libero e condiviso. Quest’ultimo, infatti, si basa proprio sulla libertà

degli individui, l’uguaglianza e la fratellanza. E questi valori sono anche i tre elementi su cui

si basa, nella ricerca scientifica, il metodo sperimentale: la libertà della ricerca, l’esigenza di

verificare ogni ipotesi e la collaborazione tra i ricercatori. La particolarità è che Dewey

trasferisce il metodo anche nell’ambito educativo, che dovrà assumere un atteggiamento

scientifico, basandosi sulla libera indagine e sulla discussione con gli altri.

In ultima analisi, possiamo affermare che l’intenzione di Dewey è quella di formare un

cittadino che abbia una capacità di pensiero e spirito critico, che sia dotato di una mentalità

moderna, scientifica ed aperta alla collaborazione.10

Si comprende nel libro che la soluzione dei problemi della vita quotidiana non è diversa da

quella richiesta dai problemi di ordine scientifico: la teoria dell'indagine riflette il modo con

cui gli uomini pensano, e quindi risolvono i loro problemi. La relazione tra i mezzi e i fini,

descritta dalla logica, è la stessa per ogni tipo di ricerca: da quella di senso sociale, a quella in

ambito educativo, fino alla ricerca scientifica.

Stabilita l'esistenza di un unico modello d'indagine per la soluzione di qualsiasi problema,

Dewey distingue, nel processo di ricerca, cinque momenti principali:

1. la situazione indeterminata: questa è la fase iniziale di ogni ricerca, che è sempre una

situazione indeterminata, incerta e dubbiosa. La situazione non è data da un da evento

singolo, né da un gruppo di eventi, ma dalla loro connessione in un contesto

complessivo;

2. la posizione di un problema: prendendo coscienza dell’indeterminatezza della

situazione, l'uomo cerca una via d'uscita da questa situazione, che da indeterminata

10 Cfr F. Cambi, Manuale di storia della pedagogia, Laterza, 2009, p. 457.

16

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diventa problematica. Questo passaggio presuppone la capacità di individuare, nella

confusione iniziale degli elementi, il problema da risolvere;

3. la determinazione di un problema-soluzione: le ipotesi. In questo terzo momento del

processo, la persona che si trova ad affrontare un problema formula un'ipotesi, una

possibilità di soluzione che Dewey chiama un'idea. La procedura del problema è

basata sull’osservazione della situazione; l'ipotesi è l'anticipazione di cosa accadrà

quando verranno eseguite determinate operazioni per risolvere il problema stesso;

4. il ragionamento: l'atto complesso del ragionamento comporta l'elaborazione

dell'ipotesi e la verifica sperimentale delle conseguenze dedotte dall'ipotesi;

5. la costruzione del giudizio: il giudizio è i1 risultato finale dell'indagine. AI termine

delle fasi descritte sopra, la persona che indaga è in grado di affermare la conclusione

dell'indagine: sarà un’affermazione che i logici nominano giudizio finale. ma che

Dewey preferisce chiamare con il termine di asseribilità garantita (warranted

asseribility). Questo principio sostiene che l'opinione riguardante un oggetto reale è

vera quando questa trova giustificazione nel fatto che è ampiamente condivisa e

comunicata agli altri.

Se un’indagine inizia con un dubbio, poi terminerà con lo stabilire condizioni che potranno

eliminare ogni necessità di dubbio. La ricerca si conclude quando si è raggiunto qualcosa di

sistemato e di ordinato. Per Dewey, la ricerca è un processo continuativo e durevole in ogni

campo nel quale viene attuata.11

11 Cfr. De Luise Farinetti, Lezioni di storia della filosofia, 2010, unità 6.

17

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1.4. La conferenza di Woods Hole sull’insegnamento scientifico nelle scuole

primarie12

Circa trentacinque scienziati, uomini di cultura e pedagogisti si riunirono nel 1959 a Capo

Cod per studiare metodi innovativi sui sistemi organizzativi e didattici circa l’insegnamento

scientifico nelle scuole primarie e secondarie.

L’assemblea, durata dieci giorni, era stato promossa dall’Accademia Nazionale delle Scienze:

il comitato pedagogico aveva preso in esame il problema relativo ad una migliore diffusione

della conoscenza scientifica in America e, quindi, vi era l’intenzione di determinare quali

potessero essere i processi di apprendimento più idonei da proporre agli studenti per quanto

concerne il contenuto e il metodo della scienza.

L’incontro fu programmato poiché, in quel momento, si stava delineando un interesse

generale circa la creazione di nuovi programmi e metodi di insegnamento delle scienze;

inoltre fu necessario perché vi era l’esigenza di una valutazione su quanto era già stato attuato

negli anni precedenti; quindi era indispensabile pensare ai migliori orientamenti per il

futuro.13

Fisici, matematici, biologi e chimici furono i più impegnati nella stesura dei nuovi

programmi, interessati alla redazione di nuovi libri di testo per la scuola primaria e

secondaria. C’era grande fermento: per esempio a Cambridge, nel Massachusetts, si stava

elaborando un corso ideale di fisica per studenti di scuola secondaria, nel quale erano

impegnati non soltanto gli autori dei testi scolastici e i produttori dei film, ma anche

personalità di risonanza mondiale nel campo della fisica teorica e sperimentale: in molti centri

gli insegnanti venivano appositamente preparati a questo nuovo modo di insegnare la fisica da

colleghi più esperti.14

I pedagogisti, gli educatori e gli psicologi riesaminavano i metodi di insegnamento e si

rendevano sempre più propensi a nuove modalità di apprendimento scientifico.

L’Accademia Nazionale delle Scienze fu impegnata in una discussione finalizzata a facilitare

uno stretto rapporto tra gli scienziati delle università e gli insegnanti delle scuole primarie.

12 Jerome S, Bruner, traduzione di Antonello Armando, Dopo Dewey. Il processo di apprendimento nelle due culture, 1970.

13 Id., p.33.

14 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit, p.34.

18

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Alla Conferenza parteciparono numerose personalità15, tra cui molti psicologi che avevano

dedicato le loro ricerche analisi dell’intelligenza, dei processi di apprendimento, della

memoria, del ragionamento e della motivazione. Questa fu la prima volta in cui gli psicologi

si riunirono con i maggiori scienziati per discutere sui problemi relativi all’insegnamento

delle varie discipline. Insieme organizzarono i nuovi programmi tenendo conto non solo dei

recenti progressi scientifici e culturali, ma riflettendo anche sulle nuove idee circa

l’esperienza educativa; sempre pensando alla didattica della fisica, è interessante nominare il

programma proposto, per questa disciplina, per la scuola secondaria, redatto dal Physical

Science Study Committee. Il Physical Science Study Committee (PSSC) fu un comitato

scientifico istituito presso il Massachusetts Institute of Technology di Boston nel 1956, con lo

scopo di sottoporre a revisione l'insegnamento della fisica nella scuola secondaria superiore.

Produsse testi scolastici e film che ebbero molta fortuna negli anni seguenti anche in Italia. In

parte questi sussidi vengono utilizzati ancora oggi, a sessanta anni di distanza.

L’obiettivo principale della Conferenza è stato offrire una presentazione completa delle

materie in questione, riesaminando il processo di apprendimento e la sua importanza per

l’educazione.

Gli studiosi si divisero in cinque gruppi di lavoro, ognuno dei quali analizzava uno di questi

aspetti:

Il ritmo di svolgimento di un programma

I mezzi dell’insegnamento

Le motivazioni dell’apprendimento

Il ruolo dell’intuizione nell’apprendimento e nel ragionamento

I processi conoscitivi nell’apprendimento

La relazione finale della Conferenza è stata riportata e spiegata nel dettaglio da Bruner nel suo

libro: Dopo Dewey. In questo capitolo è utile soffermarsi sui nodi concettuali di maggiore

interesse per l’insegnamento e l’apprendimento scientifico, in relazione alla psicologia e alla

15La Conferenza fu diretta da Jerome S. Bruner, insegnante di psicologia presso l’Università di Harvard e vi parteciparono molti studiosi ed esperti tra cui: C. Allendoerfer (matematica); R. Alpert (psicologia); E. Begle(matematica); J. Blum (storia); C. R. Carpenter (psicologia); J. B. Carroll (pedagogia); H. Chauncey (pedagogia); D. Cole (storia); L. Cronbach (psicologia); G. Finlay (fisica); J. H. Fischer (pedagogia); J. H. Flory (cinematografia); F. L. Friedman (fisica); R. M. Gagne (psicologia); P. C. Rosenbloom (matematica); R. M. Whaley (fisica); J. Zacharias (fisica), etc.

19

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pedagogia. Innanzitutto, spiega Dewey, il principale valore di ogni acquisizione di conoscenza

è la sua utilità nel futuro.

Uno dei fenomeni per cui questo è possibile è il transfert specifico dell’addestramento: la sua

utilità sembra però limitata a ciò che di solito indichiamo con il termine apprendistato.

Un transfert (o transfer) nell'apprendimento si verifica quando una determinata acquisizione

precedente è in grado di influenzare un apprendimento successivo da parte del medesimo

individuo. Ad esempio, se il fatto di avere imparato a guidare una macchina rende più agevole

per quella persona l'apprendimento delle modalità di guida di un trattore, si può dire che per

quel soggetto si è verificato un transfer positivo.

Bruner propone anche una seconda modalità per finalizzare l’apprendimento alla maggiore

efficienza dell’attività nel futuro: il transfert non specifico dell’addestramento. Questo

consiste nell’apprendere un’idea generale, che poi verrà utilizzata come base per riconoscere i

problemi che si presentano in seguito come casi particolari. Il processo educativo è inteso

come una procedura in continuo ampliamento e approfondimento della conoscenza, sulla base

di idee fondamentali e generali. Dewey vuole sottolineare che un bambino può essere capace

di applicare un’idea ad una nuova situazione, soltanto quando avrà chiara la natura generale

del fenomeno con cui ha a che fare. Solo così avrà la possibilità di ampliare le sue conoscenze

e sarà in grado di applicare le nuove idee ai nuovi problemi che gli si presenteranno.16

Per stabilire ciò che si deve insegnare ai bambini della scuola primaria circa l’aritmetica o le

scienze, è necessario l’aiuto di chi ha raggiunto un adeguato e alto livello di conoscenza e di

competenza in questi specifici campi. La padronanza dei concetti fondamentali di una

disciplina non implica solo la comprensione dei principi generali, ma anche la capacità e la

predisposizione nell’apprendimento, nell’indagine, nell’intuizione, nell’immaginazione e,

soprattutto, nella possibilità di risolvere in autonomia i problemi. «Come un fisico possiede

una fede personale nell’ordine più profondo della natura, e la convinzione che tale ordine

possa essere scoperto, così un giovane studente di fisica ha bisogno di porsi in un analogo

atteggiamento, se vuole che il suo apprendere risulti valido e significante nel suo pensiero.» 17

16 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit., p. 58.

17 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit., p. 60.

20

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Nel dicembre del 1951 il College of Education, il College of Engineering e il Dipartimento di

Matematica dell’Università dell’Illinois (UICSM) collaborarono alla creazione della nuova

pedagogia per la high school mathematics. Da quel momento l’università ha sviluppato molti

materiali didattici per l’apprendimento della matematica nella fascia di età dai 7 ai 12 anni,

per l’utilizzo sperimentale in tutto il paese. Questi hanno sottolineato l’importanza della

scoperta nell’insegnamento, lavorando sulla costruzione di metodi che permettono allo

studente di scoprire in modo autonomo una particolare operazione matematica o scientifica.

Alcuni esperimenti sugli studi sociali fatti dallo Harvard Cognition Porject hanno dimostrato

che il metodo della scoperta autonoma non resta limitato a discipline quali la matematica e la

fisica, ma anche a quelle di natura umanistica. Un esempio tratto dal libro Dopo Dewey

riguarda lo studio della geografia sociale proposto ad una sesta elementare: negli Stati sud-

orientali fu richiesto di localizzare le città principali della regione su una carta dove erano

segnate la conformazione fisica e le risorse naturali, ma non i nomi delle località. Ne derivò

una discussione che portò rapidamente alla considerazione di una varietà di teorie sulle

condizioni che si richiedono per l’esistenza di una città; così, per esempio su Chicago,

l’attenzione si concentrò sui trasporti fluviali e sulla confluenza dei tre laghi. Il grado di

interesse e la capacità di ragionamento si dimostrarono superiori alla norma, così come la

reazione degli alunni ai quali per la prima volta vi rivelava che l’ubicazione di una città

costituiva un problema la cui soluzione impegnava pienamente il pensiero. Fu di utilità reale

soprattutto per gli alunni provenienti dai centri urbani, per i quali il fenomeno della città non

aveva mai costituito un problema.

Presentare fenomeni fisici in modo che risultino insieme interessanti, esatti e comprensibili,

richiede un profondo ragionamento da parte dell’insegnante; le spiegazioni semplici e chiare

sono spesso più facili da comprendere di quelle che risultano complicate e anche imprecise.

Tutti coloro che si sono interessati alla stesura dei nuovi programmi riconoscono che il

rendere interessante un argomento non esclude la possibilità di presentarlo in modo

approfondito: una spiegazione esauriente e precisa è spesso anche la più interessante.

Secondo Bruner, l’insegnamento dovrebbe iniziare dall’intuizione della struttura

fondamentale delle discipline facendo in modo che l’alunno ne prenda consapevolezza

progressivamente, creando schemi mentali che gradualmente arricchirà. L’apprendimento

21

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strutturale non vede una singola materia a sé stante ma tramite le tre fasi fondamentali in cui

si esplica: prassico-manipolativa, iconico-rappresentativa e simbolica-verbale-numerica,

strutture congiunte delle singole materie.

Dewey parla di almeno quattro condizioni necessarie all’insegnamento strutturale delle

materie:

La comprensione delle strutture rende più interessante una disciplina; ciò non vale

solo per la fisica e la matematica, ma anche per le discipline umanistiche.

Una nozione viene rapidamente dimenticata se non è inserita in un contesto strutturale;

un dettaglio si conserva nella memoria grazie all’uso di una sua rappresentazione

semplificata; ad esempio, uno scienziato non cerca di ricordarsi le distanze percorse

dai corpi cadenti in determinati campi di gravitazione, o in diversi periodi di tempo,

ma conserva nella memoria una formula, che gli permetterà di ricostruire i casi

particolari dai quali quella formula (ricordata più facilmente) è derivata. Per questo noi

tutti ricordiamo una formula, ma anche un dettaglio che implica il significato di un

evento, o una sintesi che esprime una serie di avvenimenti, o una caricatura o un

dipinto che conservano un’entità o un concetto.18

Riconoscere che un determinato fenomeno è un aspetto particolare di un caso più

generale significa comprendere strutturalmente (transfert dell’addestramento).

Ricercare la continuità fra la scuola primaria e la scuola secondaria per superare le

difficoltà nel passaggio.

1.4.1. Il problema delle scienze come oggetto di discussione nella Conferenza

In vista di un apprendimento più omogeneo, gli insegnanti e gli scienziati presenti alla

Conferenza hanno discusso di questo problema: «Le idee basilari comuni a tutte le discipline

scientifiche, devono essere isolate o integrate in ogni area delle scienze?» Tra queste idee

facciamo riferimento alla categorizzazione, alle unità di misura e alla necessità della

definizione delle grandezze in termini operativi.

Ci sono degli aspetti generali, sia nella scienza che nella letteratura, che possono essere

18 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit., pp. 64-65.

22

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insegnati e appresi nelle prime classi e che possono essere di notevole utilità per

l’apprendimento successivo; ad esempio: la relazione tra le cose che sono in rapporto tra di

loro per causa ed effetto, e non isolate. A questo proposito l’insegnante potrebbe preparare e

organizzare giochi per le scuole dell’infanzia, volti a rendere l’alunno capace di riconoscere il

modo in cui le cose si influenzano e sono connesse a vicenda.

Ciò che mi ha particolarmente incuriosito è stato il lavoro svolto da una docente universitaria

di Ginevra: la professoressa Bärbel Inhelder. Bärbel Inhelder (San Gallo, 1913-1997) è stata

docente di psicologia infantile nell'Istituto di scienze dell'educazione dell'Università di

Ginevra; fu una strettissima collaboratrice di J. Piaget, con cui condusse studi di grande

importanza fino al 1983. La professoressa ha elaborato i metodi più efficaci per far sì che

l’allievo attraverso le varie fasi dello sviluppo intellettuale, apprenda più rapidamente e in

maniera più efficace la matematica e la fisica. Nel memorandum che lei stessa preparò per la

Conferenza, affermò che le forme più elementari del ragionamento logico, matematico,

geometrico o fisico, si basano sul principio dell’invariabilità delle quantità: significa che

l’intero non cambia, qualunque sia la disposizione delle sue parti, la variazione della sua

forma o la sua posizione nello spazio e nel tempo. Questo principio non descrive un dato a

priori della mente e neanche il prodotto di mere osservazioni empiriche, è il bambino che

scopre il principio nelle modalità paragonabili alle scoperte scientifiche.

Dobbiamo sempre tenere presente che il bambino, soprattutto se molto piccolo, non si rende

ancora conto che gli interi numerici, le dimensioni spaziali e le quantità fisiche restano

costanti: a lui sembrano dilatarsi o contrarsi a seconda di come si agisce su di esse.19

La psicologa ci fornisce alcuni esempi su come possiamo aiutare i bambini ad afferrare più

facilmente il concetto dell’invariabilità. Ad esempio spiega il riconoscimento e il

trasferimento di due liquidi che possiedono lo stesso volume in due recipienti di grandezza e

lunghezza diversi, affermando che l’insegnante proverà a spiegare al bambino che esiste

un’equivalenza tra i due recipienti e potrà farlo tramite una dimostrazione: avendo a

disposizione, inizialmente, la stessa quantità d’acqua per entrambi, in due contenitori diversi,

potrebbe riempire prima l’uno e poi l’altro, scoprendo che possiedono la stessa quantità di

liquido.

19 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit., p. 64.

23

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Un metodo di insegnamento deve tenere conto dei processi naturali del pensiero, perché solo

così il docente potrà guidare l’alunno alla scoperta dei principi scientifici. Progressivamente

un bambino comincia a comprendere che un qualsiasi cambiamento può essere annullato

mentalmente grazie ad un’operazione inversa (ad esempio, l’addizione per mezzo della

sottrazione). Spesso il bambino focalizza nei fenomeni un solo aspetto per volta e questo può

rendere difficile la sua comprensione: da insegnanti, possiamo sempre provare a utilizzare

degli accorgimenti che facilitino la sua comprensione, cercando di avere una visione più

globale dei fenomeni.20

1.5. Il coinvolgimento degli alunni nell’apprendimento delle scienze

I modelli microscopici sono importanti nella cultura scientifica moderna, ma ciò non significa

che si possa esporre immediatamente ai bambini più piccoli spiegazioni basate sull’esistenza

delle particelle senza tenere conto del loro sviluppo psico-cognitivo e intellettuale.

Il problema di come possiamo favorire il coinvolgimento degli alunni nell’apprendimento

delle scienze è sempre stata una sfida per gli insegnanti; in particolare il riferimento è per i

bambini di età compresa tra i 3 e gli 8 anni, per i quali l’apprendimento ottimale avviene

facendo scienza. L’interesse può essere considerato come un fattore importante che potrebbe

favorire il coinvolgimento: in questo senso dobbiamo lavorare su fattori quali l’identità

personale, lo scopo e la consapevolezza del significato dell’oggetto di studio, poiché

influenzano molto il coinvolgimento dei bambini nelle scienze.21

L’importanza del concetto di esperienza come fare scienza può essere compresa nel contesto

della filosofia di Dewey (1934), in cui viene fatta una distinzione tra esperienza ordinaria e

un’esperienza. Quest’ultima è un’esperienza olistica e appagante, nel senso che i sentimenti, i

pensieri e le azioni formano un tutt’uno.

Un aspetto estremamente interessante da sottolineare del pensiero di Dewey è quanto viene

espresso sull’esperienza, che può giocare quattro ruoli diversi nel processo di apprendimento

delle scienze:

20 Cfr. Jerome S. Bruner, Op. Cit., p. 66.

21Cfr. Federico Corni e Tiziana Altiero, Innovazione nella didattica delle scienze nella scuola primaria edell’infanzia: al crocevia fra discipline scientifiche e umanistiche, Atti Del Convegno Modena e ReggioEmilia, 30 novembre - 1 dicembre 2012.

24

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1. aiuta gli studenti ad imparare come lavorare nella lezione di scienze;

2. aiuta gli studenti a collegare le loro esperienze quotidiane/informali con le esperienze

scientifiche in aula;

3. aiuta gli studenti ad utilizzare il linguaggio in modo efficace per comunicare le

esperienze nel tempo con l’uso di parole specifiche;

4. è parte integrante dei fatti e dei ragionamenti logici della scienza.

Quindi la domanda da porsi è: «come possiamo aiutare i bambini ad avere esperienze

significative e nel contesto delle scienze a scuola?». La risposta potrebbe essere: «cercare di

fornire loro attività che hanno maggiori probabilità di portare verso esperienze pienamente

olistiche e interdisciplinari, che si legano quindi anche alle altre discipline.» Possiamo pensare

all’italiano, promuovendo lo studio di concetti scientifici attraverso la narrazione di una storia

o la descrizione scritta e orale degli esperimenti osservati, ad esempio, oppure attività che

connettono la produzione artistica (disegni, rappresentazioni, etc.) alle scienze, ma anche

altre attività come il gioco esplorativo.22

Nell’esperienza umana dobbiamo sempre distinguere la realtà, ovvero i fenomeni, da che cosa

pensiamo della realtà, quindi le categorie e i concetti, e come esprimiamo ciò che pensiamo

della realtà, attraverso le parole. Per costruire il senso che attribuiamo alla nostra esperienza

ed esprimerlo attraverso le parole, possiamo rappresentarlo con un’analogia. Nell’esperienza

umana un fenomeno viene immediatamente differenziato, riconosciuto e organizzato in

quanto stupore. Lo stupore viene poi dotato di contenuto in relazione all’esperienza fatta e in

relazione al significato messo a disposizione dal codice linguistico utilizzato.

Lo stupore viene poi descritto attraverso un testo, in relazione all’esperienza concreta fatta in

un determinato tempo e luogo.

È quindi anche il testo a dare un significato all’esperienza: per questo è didatticamente

importante, anche nell’apprendimento delle scienze, la descrizione: descrivere e far

descrivere. 23

22 Cfr. Federico Corni e Tiziana Altiero, Op. cit., p.38

23 Cfr. Federico Corni e Tiziana Altiero ,Op. cit., p.74.

25

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1.6. Il ruolo delle scienze nella scuola primaria

«Qual è il ruolo delle scienze per gli alunni della scuola primaria, oggi?»

Mi sono posta questa domanda e ho provato ad analizzare il modello di riferimento per gli

insegnanti di oggi: le Indicazioni Nazionali per il curricolo, redatte nel 2012.

Nel documento sono indicate le otto competenze chiave, gli obiettivi generale del sistema

educativo e formativo italiano. Tra queste troviamo la competenza in campo scientifico: essa

si riferisce alla capacità e alla disponibilità ad usare l’insieme delle conoscenze e delle

metodologie possedute per spiegare il mondo che ci circonda sapendo identificare le

problematiche e traendo le conclusioni che siano basate su fatti comprovati.24

Nella formazione di base, l’area matematico-scientifico-tecnologica comprende argomenti di

matematica, di scienze dell'uomo e della natura, di tecnologia sia tradizionale sia informatica;

nella presentazione dell’area si afferma che: «si tratta di discipline che studiano e propongono

modi di pensare, artefatti, esperienze, linguaggi, modi di agire che oggi incidono

profondamente su tutte le dimensioni della vita quotidiana, individuale e collettiva: è perciò

necessario che la formazione si confronti in modo sistematico anche con l’esperienza comune

di ragazzi e adulti.» Le indicazioni per l’area scientifica presentano alcune caratteristiche che

proverò a spiegare di seguito: le conoscenze matematiche, scientifiche e tecnologiche mettono

in stretto rapporto il pensare e il fare, provando ad offrire gli strumenti più idonei per

sviluppare negli alunni una capacità critica nella comprensione dei fenomeni naturali, nei

concetti e negli artefatti costruiti dall’uomo.

Grande importanza viene attribuita al linguaggio, non solo per i termini specifici delle

discipline in sé, ma anche per la verbalizzazione e la comunicazione delle esperienze, gli

scambi dei punti di vista tra gli alunni, la condivisione dei risultati. Inoltre è suggerita una

metodologia di laboratorio e, nella scuola dell’infanzia, attività legate al gioco.

Lo studio delle scienze attua una metodologia basata sul coinvolgimento diretto, individuale e

di gruppo con i fenomeni, in quanto rafforza e sviluppa la comprensione e la motivazione,

attiva il lavoro operativo e aiuta ad individuare problemi significativi a partire dal contesto da

esplorare. Per tutti questi motivi, l’insegnamento delle scienze richiede un ambiente

24Cfr. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Indicazioni Nazionali per il curricolo dellascuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, settembre 2012. p. 12.

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particolare e tempi adeguati per osservare e sperimentare.

Il curricolo presenta due percorsi: quello delle scienze naturali e quello delle scienze

sperimentali, a partire già dai primi anni di scuola. Ciò che è interessante sottolineare, e che

viene confermato nel documento stesso, è che molte altre dimensioni sono comuni alle

discipline scientifiche: osservare i fenomeni nel loro verificarsi, sia nell’esperienza quotidiana

sia in situazioni di laboratorio, descrivere e registrare con i dati quanto e come si osserva,

dando forma agli esperimenti attraverso linguaggi appropriati. Ma importante è anche

interpretare i fatti attraverso modelli teorici, anche schematici, fare previsioni riguardo a

quanto può accadere attraverso le ipotesi, per poi controllare la loro attendibilità. Tutto questo

avvicina il bambino all’osservazione e al metodo scientifico, attraverso l’impostazione

fenomenologia: ogni percorso didattico deve svilupparsi sulla base di fatti osservati e

sperimentati e non limitarsi alle mere descrizioni dei libri di testo.

1.7. La scuola dell’infanzia e la didattica delle scienze

Nella scuola dell’infanzia è sempre più importante porre al centro dell’apprendimento la

relazione tra tutto ciò che è azione ed esperienza, la conoscenza e il linguaggio. I bambini

fanno conoscenza del mondo attraverso il corpo, mediante osservazioni, percezioni, azioni

sulle cose al fine di trasformarle e modificarle. Per questo, l’apprendimento è pensato in un

continuo scambio tra risposte dei bambini e domande delle insegnanti.25

Provando a spiegare in modo dettagliato che cos’è la conoscenza del mondo, possiamo dire

che, innanzitutto, conoscere presuppone un approccio aperto e problematizzante. Per chi si

occupa di insegnamento e di apprendimento, questa idea di conoscenza comporta una

didattica centrata su un atteggiamento di ricerca aperta a tutte le soluzioni possibili, uno

sguardo ai diversi punti di vista, un procedere più per domande che per risposte

precostituite.26 L’insegnante, partendo da questo presupposto, deve procedere per domande

aperte e porre problemi su cui i bambini si possano confrontare. L’insegnante può intervenire

sui pensieri dei bambini per indirizzarli positivamente, approfondire, offrire chiarimenti,

25 V. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Indicazioni Nazionali per il curricolo dellascuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, settembre 2012.

26 Cfr. Federico Corni e Tiziana Altiero, Op. Cit., p. 141.

27

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predisponendo il contesto dell’apprendimento nel modo più adeguato. La discussione di

gruppo, il confronto, la difesa delle proprie posizioni è un aspetto fondamentale

dell’approccio alla conoscenza. Al centro vi è il bambino che fa esperienza del mondo a

partire da ciò che è vicino a lui: e fa esperienza toccando, manipolando e trasformando

l’ambiente circostante.

Attraverso domande stimolanti si possono costruire percorsi di esplorazione di cui i bambini

sono i protagonisti e in cui l’insegnante ha un ruolo di guida, conducendoli verso

approfondimenti sempre maggiori e possibilità di astrazione sempre più elevate.

Vi è un rapporto stretto tra esperienza, conoscenza e linguaggio: quest’ultimo permette di

descrivere ciò che si vede e di dare voce alle proprie percezioni. Poi, attraverso i segni e le

rappresentazioni, i bambini formulano le proprie ipotesi; l’insegnante deve essere fiducioso

nel fatto che i bambini possano affrontare anche temi piuttosto complessi, addentrarsi in

percorsi che mirano a certi livelli di approfondimento, se opportunamente motivati e

condotti27.

In un percorso di scienze con i bambini della scuola dell’infanzia, ritengo che l’aspetto da

privilegiare sia quello percettivo, in quanto lo scopo è quello di mettere in evidenza le

relazioni che si stabiliscono tra il corpo e il mondo esterno. L’intento è quello di fare in modo

che gli stimoli raccolti dai sensi si trasformino, nei bambini, in stimoli verso il mondo esterno,

che permettono di ragionare e di capire. È quindi importante aiutare i bambini a osservare,

notare, riconoscere e descrivere ciò che hanno intorno e le sensazioni che derivano dal

toccare, dal guardare e dal manipolare un oggetto.

1.7.1. La conoscenza del mondo nella scuola dell’infanzia

Dopo un’introduzione al curricolo per la scuola dell’infanzia, le Indicazioni nazionali del

2012 analizzano alcuni aspetti significativi legati all’infanzia.

Innanzitutto, il campo di esperienza che ha maggiore affinità con l’apprendimento scientifico

è quello relativo alla conoscenza del mondo. L’ambito scientifico rappresenta una forma di

conoscenza che si può rintracciare e scoprire sia nei fenomeni naturali, sia nelle attività

dell’uomo; per questo motivo tale campo di esperienza risulta fondamentale per i bambini

27 Cfr. Federico Corni e Tiziana Altiero, Op. Cit., p. 146.

28

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della scuola dell’infanzia. Il bisogno specifico del bambino tra i 3 e i 5 anni è quello di

esplorare la realtà, di osservare, interrogare e comprendere le regole della vita quotidiana e

della natura attorno a lui. Nelle Indicazioni, le insegnanti sono portate a proporre attività e

contenuti legati all’ambito scientifico, non più ritenuti difficili per la scuola dell’infanzia, ma

che possano essere proposti in modo adeguato al livello cognitivo dei bambini e all’età di

sviluppo del bambino. Le proposte didattiche devono partire da un bisogno e da una curiosità

del bambino stesso: dobbiamo considerare che la curiosità è la principale spinta che promuove

l’apprendimento. Per stimolare la curiosità, possiamo pensare non solo a giochi ed

esplorazioni con oggetti, ma anche a idee e domande stimolanti. Un bambino curioso si

coinvolge attivamente nella progettazione, nella manipolazione, nella formulazione di

domande e nell’osservazione dei risultati dell’esperienza.

Se osserviamo la quotidianità troviamo innumerevoli situazioni stimolanti per un bambino: ad

esempio, tutte le esperienze con l’acqua che richiamano il galleggiamento. Le attività che

potremo proporre al bambino coinvolgono la sua azione sia sul piano concreto che sul piano

mentale tramite la preparazione, la misurazione, la riflessione e la comunicazione dei risultati

sugli esperimenti svolti. Il bambino deve riconoscere nel compito una spinta motivazionale

che lo porta a voler scoprire e capire di più. Negli esperimenti e nelle discussioni non

dobbiamo dimenticare l’importanza del gruppo, poiché rappresenta un’importante occasione

per confrontarsi, comunicare, osservare, discutere.

Il ruolo dell’insegnante è sempre fondamentale: egli deve sostenere la sperimentazione,

incoraggiare e mostrare i possibili problemi che si possono incontrare. Lo scopo del campo di

esperienza la conoscenza del mondo è dunque quello di fissare le basi per sviluppare nei

bambini un senso di rispetto per il mondo, un atteggiamento attivo nei confronti delle scienze,

che consenta di organizzare le proprie esperienze attraverso azioni consapevoli quali

raggruppare, comparare, contare, ordinare, prevedere, organizzare. Tutto questo potrà essere

poi rappresentato in modalità spontanee e creative: disegno, parole, gesti. È necessario che i

docenti abbiano le giuste competenze per creare occasioni di apprendimento orientate e

strutturate, per favorire nei bambini l’organizzazione di ciò che stanno scoprendo, facendo

crescere in loro l’esigenza di osservare in modo sempre più accurato i fatti del mondo,

confrontando le proprie ipotesi con le interpretazioni proposte dagli adulti e cooperando con

29

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gli altri bambini.

L’educazione scientifica inizia quando il bambino comprende che attraverso la sua azione può

scoprire il mondo che lo circonda: soffiando per formare delle bolle di sapone, costruendo i

castelli nella sabbia, mescolando lo zucchero o il sale con l’acqua: così facendo agisce,

osserva i cambiamenti e trae le proprie conclusioni spontanee.28

28Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Op. cit.

30

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Capitolo 2. Il calore e la temperatura: gli aspetti scientifici e le strategie

didattiche

2.1. Gli stati fisici della materia29

Secondo la teoria microscopica della materia, ogni corpo è costituito da particelle (molecole),

unite tra loro da forze di interazione che ne determinano lo stato di aggregazione. La materia

si può trovare in natura in quattro diversi stati: solido, liquido, aeriforme, plasma.

Quest’ultimo è ritenuto il quarto stato di aggregazione della materia, ma, non essendo

presente sulla Terra, rimane per molti versi poco conosciuto.

Lo stato gassoso è caratterizzato da una grande mobilità delle sue particelle, che tendono a

occupare tutto il volume a loro disposizione. Gas e vapori non hanno, quindi, né una forma né

un volume proprio e sono comprimibili.

Nello stato liquido le particelle sono più libere di muoversi e per questo sono soggette a forze

di attrazione reciproca e, spesso, anche a interazioni intermolecolari - legami tra molecole -

29Le argomentazioni del capitolo relative agli aspetti scientifici sono riprese essenzialmente dagli appunti delle

lezioni di fisica sperimentale tenute dal Prof. Samuele Straulino e dal seguente testo: Ugo Amaldi, La fisica diAmaldi, Idee ed esperimenti, volume 2, Zanichelli editore, 2007. Altri approfondimenti, le foto e lerappresentazioni sono state prese dal sito Zanichelli editore; collegamento: http://online.scuola.zanichelli.it/.

31

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abbastanza forti, tendendo a disporsi in strati sovrapposti, adattandosi alla forma del

recipiente che li contiene.

Lo stato solido è il più stabile: gli atomi sono disposti in maniera ordinata, per effetto di forti

interazioni e legami elettrostatici, non possono cambiare la posizione che occupano: questa

caratteristica porta il solido ad avere forma e volume propri.

2.1.1. Stato aeriforme

Per studiare un gas dobbiamo racchiuderlo in un contenitore: un palloncino, ad esempio. Lo

stato di un gas è descritto da quattro grandezze:

1. la massa m del gas, che possiamo misurare con una bilancia di precisione;

2. il volume V, che determiniamo in modo indiretto;

3. la temperatura T, che misuriamo con un termometro;

4. la pressione p, che misuriamo con un manometro.

Mediante fonti di calore o l’uso di frigoriferi, possiamo cambiare la temperatura del gas e

potremo variare anche la sua pressione. Questi interventi provocano una trasformazione del

gas stesso.

2.1.2. Stato liquido

Nei liquidi la disposizione delle molecole è disordinata, quasi come nei gas, ma il loro numero

per unità di volume è molto simile a quello dei solidi, caratteristica che li rende praticamente

incomprimibili. A differenza dei solidi, nei liquidi le molecole non sono fortemente unite tra

loro; ciò permette al liquido di possedere una certa fluidità, che varia a seconda della

viscosità.

Possiamo mettere in evidenza due caratteristiche principali dei liquidi:

1. il liquido assume la forma del suo contenitore e si deforma in base alle forze che

agiscono su di esso;

2. il volume del liquido, a temperatura e pressione costanti, invariato

(incomprimibilità).

32

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Nonostante tra le molecole di un liquido agiscano forze attrattive di media intensità, esse

godono di una certa mobilità; questo permette al liquido di avere un volume proprio ma di

assumere la forma del recipiente che lo contiene.

Tra le più importanti proprietà dello stato liquido troviamo:

la viscosità: è la resistenza allo scorrimento. Un aumento della temperatura produce

una riduzione della viscosità di un liquido, e un suo aumento nei gas. Per spiegare la

viscosità si consideri un liquido come composto da strati sovrapposti, tra i quali si

esercitano vincoli che producono questa specie di attrito interno.

la tensione di vapore: alcune particelle sulla superficie di un liquido possono avere

energia necessaria per evaporare. Se il contenitore è aperto, le molecole che evaporano

si allontanano e il volume del liquido lentamente diminuisce; se, viceversa, il

contenitore è chiuso, le molecole che evaporano riempiono lo spazio disponibile e

alcune, urtando la superficie, finiscono per ritornare allo stato liquido. Con il tempo la

velocità di evaporazione eguaglierà quella di condensazione, determinando una

condizione di equilibrio dinamico: i due processi avranno uguale velocità e il vapore

sarà saturo. La pressione esercitata dal vapore è detta tensione di vapore. La tensione

di vapore è direttamente proporzionale alla temperatura: quando la tensione di vapore

è uguale alla pressione esterna, avremo l’ebollizione. La tensione di vapore aumenta

con l'aumentare della temperatura perché aumenta la quantità di vapore che si forma e

che preme sulla superficie dell'acqua.

33

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2.1.3. Lo stato solido

Lo stato solido è caratterizzato da una forte coesione delle particelle che costituiscono la

materia e da una resistenza alle variazioni di forma e di volume. In una sostanza che si trova

allo stato solido, le forze che intervengono tra le sue componenti sono molto intense, tanto da

permettere soltanto moti di vibrazione, senza spostamenti reciproci delle particelle. In questo

stato, le molecole si posizionano solitamente secondo un reticolo cristallino. In base alle

condizioni assunte dalle particelle del solido, distinguiamo due tipologie di sostanze solide:

cristalline: quando le particelle sono disposte in modo ordinato nello spazio e secondo

un modello preciso, chiamato reticolo cristallino, che si ripete con regolarità. I solidi

cristallini hanno una precisa temperatura di fusione: il passaggio dallo stato solido a

quello liquido avviene a una temperatura definita;

amorfe: in questo caso le particelle sono disposte in maniera disordinata. Queste

sostanze non hanno una temperatura di fusione ben precisa.

34

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Nella maggior parte dei casi, la materia allo stato solido è caratterizzata da una struttura

cristallina; l’unica eccezione è rappresentata dai materiali detti amorfi, come il vetro, che dal

punto di vista strutturale somiglia più ai liquidi che ai solidi.

Un cristallo è una struttura che riproduce la disposizione degli atomi del solido, cioè il suo

reticolo cristallino.

I cristalli si formano per solidificazione graduale di sostanze disciolte in un liquido o per

sublimazione di un gas. Le caratteristiche di una struttura cristallina dipendono dalla

composizione del fluido, dalla rapidità e dalle condizioni del processo di solidificazione,

legate a fattori come temperatura e pressione.

2.2. I passaggi di stato

La materia sul nostro pianeta può trovarsi in tre stati di aggregazione diversi: solido, liquido,

gas.

Il passaggio da uno stato all’altro è chiamato cambiamento di stato e di seguito sono indicati i

cambiamenti di stato che può subire una sostanza:

fusione (dal solido al liquido) e solidificazione (dal liquido al solido);

evaporazione (dal liquido al gas) e condensazione (dal gas al liquido);

sublimazione (dal solido al gas) e brinamento (dal gas al solido).

Durante un qualsiasi cambiamento di stato, la temperatura della sostanza non varia. Per

esempio, mentre il ghiaccio fonde, la temperatura resta fissa a 0 °C e mentre l’acqua bolle la

temperatura rimane a 100 °C. 30

30 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 107.

35

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2.2.1. Evaporazione e condensazione

L’evaporazione, o vaporizzazione, è il passaggio dallo stato liquido allo stato gassoso e

avviene mediante l’assorbimento di calore da parte del liquido che cambia stato. Molti liquidi,

compresa l’acqua, evaporano anche a temperatura ambiente. L’evaporazione avviene sulla

superficie del liquido, mentre nel caso dell’ebollizione il passaggio dallo stato liquido a quello

di vapore interessa tutta la massa del liquido.

Il calore latente di evaporazione è la quantità di calore assorbita da una massa di liquido che si

trova già alla temperatura di ebollizione, per farla passare completamente allo stato gassoso; è

proporzionale alla massa m del liquido.

Il passaggio inverso dell’evaporazione è la condensazione: essa avviene alla stessa

temperatura dell’ebollizione, con cessione di calore.

Tutti i liquidi evaporano spontaneamente a qualsiasi temperatura: non esiste una temperatura

precisa di vaporizzazione. Questo processo è:

accelerato dall’aumento della temperatura, perché con esso aumenta l’agitazione

termica delle molecole;

favorito dall’ampiezza della superficie del liquido a contatto con l’ambiente esterno e

dalla ventilazione (spostando le molecole già evaporate, impedisce alle stesse di

tornare allo stato liquido).

Un vapore in equilibrio con il suo liquido si dice vapore saturo. Le particelle allo stato di

vapore esercitano una pressione sulla superficie del liquido sottostante, che è chiamata

tensione o pressione di vapore saturo. L’aumento della temperatura fa aumentare la tensione

di vapore saturo e, se aumenta la tensione di vapore saturo, aumenta anche la quantità di

liquido che evapora.31

31 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 111-112.

36

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2.2.2. L'ebollizione

L’ebollizione non è un fenomeno spontaneo, ma forzato: avviene solo quando forniamo al

liquido un’opportuna quantità di energia termica, il calore, dall’esterno. La temperatura di

ebollizione dipende dalla pressione esterna: se la pressione è più bassa (ad esempio in alta

montagna) è inferiore, mentre aumenta se la pressione è più alta (ad esempio in una pentola a

pressione).

L’ebollizione riguarda tutta la massa del liquido e non solo gli strati superficiali: in un liquido

che si sta riscaldando si formano, in basso, bolle che salgono verso l’alto, arrivano in

superficie e poi si raffreddano. Le parti più fredde scendono poi verso il basso e, riscaldandosi

nuovamente, ritornano verso l’alto. Questi movimenti, detti moti convettivi, continuano finché

tutto il liquido non raggiunge la sua temperatura di ebollizione. Durante tutta l’ebollizione,

cioè durante tutto il passaggio delle molecole dallo stato liquido a quello aeriforme, la

temperatura non aumenta, si ha cioè una sosta termica, perché l’energia somministrata

produrrà la rottura dei legami chimici e non determinerà un ulteriore aumento dello stato di

agitazione delle molecole e quindi della temperatura del liquido. 32

2.2.3. Fusione e solidificazione

La fusione avviene mediante l’assorbimento di calore da parte del corpo che cambia stato. Il

corpo solido viene riscaldato e la sua temperatura aumenta, finché raggiunge la temperatura di

fusione Tf; a questo punto il solido comincia a fondersi. Se al corpo viene fornito ulteriore

calore, la fusione prosegue a temperatura costante Tf; tutto il calore che il corpo assorbe viene

utilizzato per separare le molecole. Quando il corpo è completamente fuso, un ulteriore

assorbimento di calore da parte del corpo stesso provoca un aumento di temperatura.

La solidificazione è il passaggio dallo stato liquido allo stato solido; avviene alla stessa

temperatura della fusione; per esempio: il ghiaccio fonde a 0 °C e l’acqua solidifica a 0°C.

Durante la solidificazione, un liquido fornisce calore. Il calore latente di solidificazione

32 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 111.

37

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rappresenta il calore che la massa di liquido fornisce durante il cambiamento di stato. Il calore

latente di solidificazione è numericamente uguale al calore latente di fusione.33

2.3. La temperatura e il funzionamento del termometro

Per descrivere lo stato termico di un sistema si fa riferimento alla temperatura. È la grandezza

fisica che misura oggettivamente la sensazione di caldo e di freddo di un determinato corpo:

se un oggetto è più caldo rispetto a un altro si trova a una temperatura superiore.

La temperatura (t) è quella proprietà della materia che può essere misurata con uno strumento

chiamato termometro. I termometri più comuni sfruttano il fenomeno della dilatazione

termica: il fatto che, in generale, i corpi si dilatano (ovvero aumentano il proprio volume)

quando la loro temperatura aumenta e, viceversa, si contraggono (diminuiscono il proprio

volume) quando la loro temperatura diminuisce.

In Italia e in molti altri Paesi si utilizza la cosiddetta scala Celsius: fu ideata nel 1742 dal

fisico e astronomo svedese da cui prende il nome. Celsius immerse un capillare contenente

mercurio in un sistema acqua/ghiaccio fondente: il livello del mercurio corrispondeva ad una

temperatura a cui egli attribuì il valore zero. Celsius immerse lo stesso capillare in acqua

bollente: al nuovo livello raggiunto dal mercurio assegnò il valore cento. Celsius divise poi

l’intervallo in 100 parti uguali: ognuna di queste rappresentava la variazione unitaria di

temperatura che oggi è chiamata grado Celsius (°C). La scala termometrica centigrada di

Celsius può essere prolungata anche sopra e sotto le due tacche di riferimento; la suddivisione

della scala rimane sempre uguale, a meno che il liquido utilizzato nel termometro, a queste

temperature, mantenga le proprie caratteristiche. Per esempio, con il mercurio si possono

misurare temperature comprese tra - 35 °C e 350 °C, e con l’alcol temperature comprese

nell’intervallo tra - 110 °C e 78 °C.

La costruzione di una scala termometrica deve passare attraverso l’individuazione di due

punti fissi, facilmente riproducibili, caratterizzati ciascuno da una temperatura precisa e

costante alla quale viene assegnato un valore arbitrario. In molti Paesi anglosassoni è ancora

in uso la scala termometrica ideata nel 1724 dal fisico tedesco Daniel Gabriel Fahrenheit. I

33 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 107-109.

38

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sistemi di riferimento scelti per la costruzione della scala Fahrenheit sono diversi da quelli di

Celsius.

L’immagine seguente mostra un termometro a mercurio prodotto dalla ditta Dollond, una

bottega inglese di strumenti scientifici fondata nel 1752. Il termometro è ora conservato al

Museo Galileo di Firenze, il quale conserva una delle raccolte di strumenti scientifici più

rilevanti al mondo.

Possiamo dire, quindi, che la temperatura è la grandezza fisica che si misura con termometro.

Per arrivare a questa definizione sfruttiamo due fenomeni:

1.il fenomeno della dilatazione termica, che incontriamo spesso in natura: ad esempio, un

palloncino di gomma gonfio d’aria, lasciato al sole, diventa più grande; messo invece in

frigorifero, diventa più piccolo;

2.il fenomeno chiamato equilibrio termico, la condizione in cui due sistemi fisici, messi in

contatto, raggiungono una stessa temperatura che poi non si modifica nel tempo: il

39

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termometro misura sempre la propria temperatura che, all’equilibrio termico, è anche quella

del corpo (acqua ghiacciata, vapore…) con cui è in contatto.34

2.3.1. Agitazione termica e temperatura

Qualunque sia lo stato di aggregazione, le molecole sono in continuo movimento; si dice che

sono in agitazione termica. La temperatura è un indice dello stato di agitazione termica,

ovvero ci dà informazioni su quanto sono «agitate» le molecole: più grande è l’agitazione

termica, maggiore è la temperatura di una sostanza. Per esempio, gli atomi di un cucchiaio

caldo vibrano più velocemente degli atomi dello stesso cucchiaio freddo, così come le

molecole dell’aria contenute in una stanza calda si muovono più velocemente delle molecole

di aria di una stanza fredda.

Le sensazioni di caldo e freddo che la nostra pelle trasmette al cervello sono qualitative e

soggettive. Per avere informazioni oggettive sullo stato termico di una sostanza, dobbiamo

misurare la sua temperatura mediante il termometro.

2.3.2. La dilatazione termica nei liquidi e nei solidi

In genere, le sostanze si dilatano quando la temperatura aumenta e si contraggono quando la

temperatura diminuisce.

Consideriamo un corpo solido per il quale una delle dimensioni sia molto più grande delle

altre due; dal punto di vista termico quel corpo (che ha la forma di asta o sbarretta) subisce

una dilatazione soprattutto nella direzione della lunghezza e si parla di dilatazione lineare.

34 Cfr. Amaldi, Op. cit., p. 4.

40

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Indichiamo con l0 la lunghezza iniziale di un corpo, per esempio un filo di ferro, e con T

0 la

sua temperatura iniziale. Lo scaldiamo finché la lunghezza diventa l alla temperatura T:

l’aumento di lunghezza è dunque Δl = l – l0, l’aumento di temperatura ΔT = T – T

0 . I risultati

delle prove sperimentali indicano che l’allungamento Δl:

1. è direttamente proporzionale alla lunghezza iniziale l0 del corpo;

2. è direttamente proporzionale alla variazione di temperatura ∆T subita dal corpo;

3. dipende dalla sostanza di cui è composto il corpo.

Queste proprietà possono essere riassunte nella legge della dilatazione lineare:

Per la dilatazione volumica dei solidi vale una legge analoga, che possiamo riassumere nella

legge di dilatazione volumica:

Per ogni materiale il coefficiente di dilatazione volumica è circa tre volte più grande del

coefficiente di dilatazione lineare.

Poiché k e V0 sono grandezze positive, se ∆T è negativo, anche ∆V è negativo. Ne deriva che

una diminuzione di temperatura provoca una diminuzione di volume.

In generale, anche i liquidi si dilatano con l’aumentare della temperatura e seguono la stessa

legge di dilatazione volumica dei solidi. I liquidi, però, hanno coefficienti di dilatazione

volumica maggiori di quelli dei solidi: ciò dipende dal fatto che nei liquidi le forze di

coesione molecolari sono più deboli rispetto a quelle dei solidi. Infatti, le molecole di un

liquido possono scivolare le une sulle altre e occupare nuove posizioni.

41

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L’acqua è l’unico liquido che presenta un comportamento anomalo rispetto al fenomeno della

dilatazione termica: fra 0 °C e 4 °C, mentre la temperatura aumenta, il volume dell’acqua

diminuisce. Per temperature superiori ai 4 °C l’acqua si comporta come gli altri liquidi.

2.4. Il calore

Per aumentare la temperatura di una sostanza dobbiamo fornire ad essa calore. Tuttavia, nel

1850 il fisico James Prescott Joule dimostrò che è possibile riscaldare l’acqua anche

svolgendo un lavoro meccanico; occorrono 4180 J di lavoro per aumentare di 1 °C la

temperatura di 1 kg di acqua. Il calore rappresenta, come il lavoro, una forma di energia.

Il rapporto fra il calore assorbito da una sostanza e il suo aumento di temperatura si chiama

capacità termica (C).

Sperimentalmente si verifica che, quanto più grande è la massa che viene scaldata, tanto

maggiore è l’energia necessaria per aumentare la sua temperatura di un grado, cioè la capacità

termica è direttamente proporzionale alla massa: C=mc. La costante c è una grandezza che

caratterizza ogni sostanza. Essa prende il nome di calore specifico. Il calore specifico

rappresenta la quantità di energia che la massa di 1 kg di sostanza deve acquistare perché la

sua temperatura aumenti di 1° C.35

Quando due sostanze a diversa temperatura sono poste a contatto, una certa quantità di calore

passa dal corpo più caldo a quello più freddo e dopo un tempo t i due corpi raggiungono la

stessa temperatura, detta di equilibrio. Il valore della temperatura di equilibrio dipende sia

35 Cfr. Amaldi, Op, cit., pp. 43-44.

42

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dalle masse delle sostanze, sia dal loro calore specifico, sia da eventuali dispersioni di calore

verso l’ambiente. 36

2.4.1. La propagazione del calore: isolanti e conduttori

Il calore tende spontaneamente a propagarsi sia all’interno di un corpo solido sia all’interno di

un fluido, sebbene in modo diverso. Il meccanismo di propagazione del calore, tipico delle

sostanze solide, prende il nome di conduzione. Ad esempio, gli atomi di una forchetta a

contatto con la fiamma vibrano molto velocemente; le vibrazioni sono trasmesse agli atomi

vicini che a loro volta le trasmettono a quelli più vicini e così via. Il risultato di questo

processo è uno spostamento di energia dalla parte più calda del solido a quella più fredda.

Gli atomi vibrano intorno alle loro posizioni di equilibrio, ma non si spostano da una parte

all’altra della forchetta; quindi non c’è spostamento di materia. Le sostanze che conducono

bene il calore si chiamano conduttori termici: i metalli, per esempio, sono buoni conduttori

termici. Le sostanze che conducono male il calore vengono dette isolanti termici, come il

legno, il polistirolo, il sughero, etc.37

36 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 49.

37 Cfr. Amaldi, Op, cit., p. 53.

43

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2.5. La didattica scolastica: un’introduzione per strutturare i progetti didattici 38

In questo paragrafo ci occuperemo di dare un quadro generale al concetto di didattica,

fornendo una descrizione sullo studio delle strategie didattiche più idonee che ho utilizzato

per strutturare i due progetti di ambito scientifico.

Se proviamo a dare una definizione di didattica, potremo dire che la didattica è il complesso

di teorie e pratiche che sono connesse all’insegnamento e che operano nel contesto della

scuola.

È interessante soffermarsi su questa affermazione:

La didattica come ambito disciplinare non si limita a perseguire un approccio puramente descrittivo o

teorico-interpretativo: svolge anzi un ruolo predittivo, formulando indicazioni su come si debba agire

per conseguire i risultati desiderati. 39

Il Prof. Calvani e i collaboratori affermano quanto sia importante sottolineare il ruolo

problematico e critico della didattica: un atteggiamento di problematicismo critico può

aiutarci anche in vista di un ragionamento di tipo logico e scientifico.

Dalla citazione possiamo rilevare quanto sia importante che l’approccio didattico non debba

basarsi sulle tipiche e tradizionali lezioni trasmissive, bensì offrire un insieme di conoscenze e

criteri decisionali e orientati all’agire e al fare.

Se ci riferiamo, infatti, alla didattica intesa nella sua accezione tradizionale - la didattica

scolastica - possiamo individuare una struttura con quattro componenti costitutive:

un soggetto erogatore della conoscenza (il formatore, l’insegnante o l’educatore);

un soggetto acquisitore della conoscenza (lo studente);

una conoscenza come oggetto di acquisizione;

un’attività di trasposizione che mette in relazione le tre componenti indicate sopra;

il setting in cui le azioni si svolgono è uno spazio chiuso (aula scolastica).40

38Le argomentazioni relative alle strategie didattiche utilizzate nei due progetti sono riprese principalmente daltesto di Antonio Calvani, Giovanni Bonaiuti e Maria Ranieri: Fondamenti di didattica, Teoria e prassi deidispositivi formativi, Carocci editore, 2007.

39Cfr. Calvani, Op. cit., pp. 13-14.

40Cfr. Calvani, Op. cit., p. 16.

44

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Ciò che fa riflettere è il fatto che la conoscenza è posseduta. gestita e trasmessa in gran parte

dal soggetto erogatore (l’insegnante) e il setting in cui si svolgono le azioni è uno spazio

chiuso, l’aula scolastica.

Nella società attuale l’ambito didattico è sottoposto a sollecitazioni sociali e culturali che

conducono ripensare la sua struttura costitutiva.

Dovendo svolgere questo cambiamento, la didattica ha tenuto in considerazione alcune

modifiche o integrazioni rispetto agli elementi tradizionali.

I fattori principali di cambiamento sono quattro:

1. Ampliamento dei campi: oggi possiamo parlare di lifelong learning, nell’ottica di una

formazione destinata ad accompagnarci per tutto l’arco della vita.

2. Distinzione dei momenti e dei ruoli: le fasi essenziali dell’agire didattico possono

trovarsi separate nello spazio e nel tempo ed anche trattate da soggetti diversi

(tradizionalmente era l’insegnante stesso a decidere e conseguentemente agire

nell’aula).

3. Carattere distributivo della conoscenza: la conoscenza non è necessariamente (almeno

interamente) posseduta dal soggetto erogatore, può anzi essere distribuita in una

molteplicità di risorse (archivi, siti, software..); una modalità nuova di apprendimento

può essere la conoscenza che proviene e si crea dalla collaborazione tra allievi ed il

ruolo del docente.

4. Spostamento del focus dall’istruire all’apprendere: questo significa che l’ambito della

didattica si amplia verso l’educazione continua e include l’attenzione sul soggetto che

apprende (l’alunno) e sui dispositivi che possono favorire un processo di costruzione

autonoma.41

La didattica ha un ruolo molto importante di mediazione, gestendo la trasmissione del sapere

in modo critico con azioni progettuali, attuative, valutative e negoziativo - simboliche.

Un aspetto da non sottovalutare è l’ambiente di apprendimento, che deve essere

opportunamente strutturato: qui entra in gioco la fase attuativa e gestionale del processo

didattico, ovvero tutto il complesso di azioni effettuate in un determinato lasso di tempo dagli

insegnanti. In questa fase i formatori svolgono questa funzione con interventi concreti e

41 Cfr. Calvani, Op. cit., p.16.

45

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negoziali attraverso la conduzione, il sostegno, il mantenimento del clima e la conduzione

delle relazioni interpersonali.

2.5.1. La struttura della didattica

Provando a descrivere l’agire didattico nel dettaglio, possiamo in primis affrontare il discorso

relativo alla struttura della didattica, ovvero di cosa è composta e articolata e come possiamo

descriverla.

La didattica è distinta in una parte dichiarativa e una parte procedurale:

la parte dichiarativa ha un carattere descrittivo, definendo i termini e i concetti e

stabilendo opportune relazioni tra di essi: riguarda il cosa;

la parte procedurale riguarda le conoscenze che si traducono in indicazioni operative

(azioni) indicando a noi insegnanti come dobbiamo comportarci negli ambiti

interessati: è quindi orientata all’azione e riguarda il come.42

A partire dagli anni cinquanta del secolo scorso, si è potuto costruire storicamente l’apparato

concettuale della didattica, sia sulla conoscenza dichiarativa, sia sulla conoscenza

procedurale. Per quanto riguarda la conoscenza procedurale, abbiamo a che fare con un

sapere costituito da sequenze di decisioni orientate al conseguimento di un fine, mantenendo

comunque un certo grado di flessibilità al suo interno.

Inoltre, possiamo dire che non esiste una distinzione rigida tra le conoscenze dichiarative e

procedurali: molte conoscenze hanno una natura dichiarativa, ma rappresentano anche un

invito all’azione. La citazione seguente può spiegare questa affermazione più nel dettaglio:

Termini del tipo obiettivo didattico, tassonomia, valutazione formativa, curricolo, ambiente per apprendere, entrano a far parte di ciò che possiamo chiamare più propriamente conoscenza dichiarativa di natura lessicale; un corretto uso di questi termini è preliminare alla comprensione dei

fenomeni da analizzare ed allo scambio reciproco delle conoscenze.43

La didattica si presenta dunque come un sistema di decisioni che sono sempre orientate ad un

fine: si muove da un problema e da un’esigenza verso una meta stabilita. A questo proposito

42 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 20.

43 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 20.

46

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sono stati sviluppati dispositivi - strumenti teorici e applicativi che includono conoscenze

dichiarative e procedurali.

I dispositivi teorici riguardano le conoscenze possedute sui fattori che influenzano

l’apprendimento e i modi di facilitarlo; i dispositivi didattici applicativi comprendono le

strategie didattiche impiegabili.

Se parliamo di strumenti progettuali, ci riferiamo ai modelli di organizzazione dell’attività

didattica: questi danno luogo. ad esempio, a quei dispositivi orientati alla valutazione.

Nella tabella seguente sono riassunti tutti i dispositivi che abbiamo citato.

Dispositivi formativi teorici Modelli di apprendimento e dell’istruzione

Dispositivi formativi didattici Strategie didattiche

Dispositivi formativi progettuali e

attuativi

Dispositivi di valutazione: profitto, processo,

progetto44

2.5.2. La dimensione negoziale - simbolica della didattica

Se vogliamo descrivere nello specifico ogni caratteristica della didattica, possiamo iniziare

parlando della sua dimensione negoziale - simbolica.

Il processo didattico assume il carattere di un’attività negoziale: può trattarsi di una

conversazione oppure un gioco manipolatorio. In questo complesso agire vi è una parte

finalizzata, svolta da chi ha il controllo (l’insegnante) e una parte emergente, meno

controllabile (svolta dall’allievo).

Nell’agire didattico è molto importante la mediazione, in quanto consente una situazione di

imprevedibilità da parte degli allievi che l’insegnante si trova di fronte. Tutto ciò che il

formatore può aver strutturato nel suo intervento didattico, può sfociare in comportamenti

indesiderati, ma che talvolta possono giocare a favore degli obiettivi prefissati.

Nella sua dimensione negoziale, ci sono tre componenti interconnesse, ma di cui possiamo

fare alcune distinzioni:

1. un complesso di azioni ha un carattere comunicativo, condizionato cioè dai formati

della trasmissione ed interazione: la voce, il corpo e la comunicazione mediata;

44 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 22.

47

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2. una parte della comunicazione ha connotazione cognitiva, avendo lo scopo di

conservare la curiosità, l’attenzione, mantenere la tensione problematica: in particolare

riguarda i contenuti e il loro trattamento;

3. la terza dimensione è quella socio-relazionale, in quanto si generano interazioni, si

definiscono i ruoli e le aspettative: gran parte dei significati trasmessi (come ci

comportiamo, cosa ci aspettiamo, la percezione di noi stessi e degli altri) resta

implicita e partecipare significa essere accolto, riconosciuto, apprezzato. Allo stesso

tempo i comportamenti veicolano regole e suggeriscono una sorta di accordo su cosa

si può/deve fare, cosa si auspica o meno.45

Queste sequenze di azioni, ruoli e funzioni rappresentano il cuore della mediazione didattica e

dobbiamo sempre tenere presente che le concrete interazioni formative possono prendere

pieghe inaspettate rispetto ai copioni prefissati dall’insegnante.

2.5.3. Dimensione metodologica - conoscitiva

Un secondo punto fondamentale del processo didattico riguarda il modo in cui si produce ed

acquisisce un sapere didattico. Infatti:

la didattica in sé deve essere in grado di produrre conoscenze e principi capaci di una trasferibilità e

stabilità. 46

In una grande varietà di contesti sempre diversi, quello che dobbiamo fare è spostare la nostra

attenzione su una possibile conoscenza in rapporto a tipologie situazioni di riferimento. Per

questo, l’insegnante che vuole proporre ai suoi alunni determinati contenuti con strategie e

metodologie diverse, dovrà documentarsi a fondo per selezionare quella che è risultata più

efficace.

Sappiamo che la conoscenza trae dall’esperienza la sua origine, come da Dewey in poi è stato

sottolineato: gran parte dell’apprendimento deriva dalla pratica. Le persone affrontano

situazioni simili, cercano in modo naturale di selezionare le procedure e le soluzioni che si

45 Cfr. Calvani, Op. cit., p 23.

46 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 24.

48

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sono rivelate più efficaci. L’apprendere dall’esperienza può essere arricchito e amplificato,

integrando particolari momenti e metodologie che consentano di dare all’esperienza

individuale maggiore consapevolezza.

Come insegnanti possiamo pensare a vari gradi e livelli per il miglioramento del nostro agire

didattico:

Selezione di buone pratiche: ci riferiamo a forme di conoscenza convenzionalmente

definite, cui si perviene attraverso un processo di ragionevole condivisione nella

comunità professionale a partire da esperienze comunemente note. Un singolo attore o

ricercatore può, attraverso la sua pratica, proporre una teoria o ipotesi che egli reputa

valida, ma in tale forma rimane un prodotto anche soggettivo e privo di validazione

sociale. Il suo modello e l’applicazione dovrebbero essere sottoposti in modo più

sistematico a comparazione con situazioni analoghe. Se questo avviene, è anche

possibile che da questa raccolta e comparazione critica si individuino i fattori che

spingono ad una revisione del modello, o ad una sua diversa strutturazione e da più

esperienze considerate positivamente può emergere una sorta di meta-modello

(individuazione di una base di buone pratiche).

Valutazione storico-critica: i bilanci criticamente fondati e prodotti da una valutazione

critica comparativa di molteplici esperienze indicano conoscenze con un grado

accettabile di affidabilità e trasferibilità, differenziandole così da altre a connotato più

personale.

Individuazione di un corpus di principi e conoscenze generali: i punti di debolezza

della didattica tradizionale, come la confusione frequente tra cornice ideologica di

riferimento ed evidenze argomentative e/o empiriche, sono oggetto di ampio dibattito

critico. E dobbiamo fare riferimento al fatto che se è ingenuo ritenere che esistano

conoscenze sempre valide, non lo è altrettanto affermare che esistono conoscenze e

principi di maggiore trasferibilità che hanno maggiore probabilità di risultare più

efficaci di altri in un più vasto numero di contesti.47

47 Cfr. Calvani, Op. cit., pp. 26-27.

49

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Da queste riflessioni è utile soffermarsi sull’expertise didattica, anche se è solo parzialmente

descrivibile. In generale possiamo dire che un professionista, nel nostro caso parliamo

dell’insegnante,può diventare o diventa esperto se riesce a:

1. acquisire le evidenze già offerte dalla ricerca;

2. valutare le implicazioni culturali di carattere sociale, culturale, etico, delle varie

ipotesi perseguibili, prospettando diversi scenari possibili;

3. riconoscere gli elementi strutturalmente caratterizzanti la situazione e la sua possibile

evoluzione nel tempo;

4. elaborare, se richiesto, un progetto articolato criticamente, che tenga conto di possibili

fattori di disturbo e di evenienze alternative;

5. esplicitare criteri valutativi e scelte ideologiche sottese rendendo trasparenti le

decisioni operative eventuali;

6. definire e scegliere livelli di affidabilità adeguati che si intendono garantire nella

valutazione dei risultati;

7. selezionare tecniche e mezzi opportuni, motivandoli a seconda delle circostanze e dei

dati conoscitivi disponibili dalla ricerca.48

Infine, è importante promuovere nella didattica gatteggiamento problematico e critico,

orientato a tenere sempre aperto il confronto con più soluzioni possibili, con potenzialità

alternative, distinguendo i problemi secondo le diverse prospettive e con forte sensibilità al

contesto.

2.5.4. La scelta delle strategie didattiche

All’interno di questo quadro ho selezionato le strategie didattiche più idonee per i progetti

didattici pensati per la didattica della fisica in una scuola dell’infanzia e una scuola primaria.

Per strategie didattiche, in generale, intendiamo le unità fondamentali che entrano a far parte

dei modelli d’istruzione. Per classificare le strategie non possiamo utilizzare un unico criterio

condiviso: le varie tipologie possono essere raccolte attraverso un’attenta analisi, fare o meno

48 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 29.

50

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leva sul ruolo attivo del docente, del discenti o su altri sostegni esterni quali tutor, compagni,

libri, supporti tecnologici, etc. 49

Nell’intervento didattico dobbiamo scegliere quelle più opportune, nella consapevolezza che

ogni contesto richiede una soluzione ad hoc e che non esiste uno stile unico e ottimale per

l’istruzione.

Nella scelta delle strategie didattiche per i due progetti proposti, nell’ottica di promuovere il

metodo scientifico sperimentale, ho ritenuto più opportune e affini all’insegnamento

scientifico, quelle che elencherò di seguito. Il riferimento al metodo scientifico sperimentale è

inteso anche con il fine di proporre strategie che si basino soprattutto sull’allenamento ad un

ragionamento di tipo logico.

La discussione.La discussione consiste in uno scambio e confronto di idee tra l’insegnante e gli

studenti e tra gli studenti. Questa si basa su un processo dialettico attuato attraverso il

dialogo e la tecnica del domandare e sollevare dubbi in chiave problematizzante. È

solitamente considerata come un elemento da integrare ad una normale lezione; in

realtà può essere usata anche in combinazione con altre strategie, ad esempio, in una

attività di gruppo basata su un problem solving. Nella discussione il ruolo del docente

cambia: da istruttore a facilitatore. Egli non trasmette conoscenze, ma supporta lo

studente in attività cognitive quali pensare, ragionare e argomentare. La discussione

consente dunque un maggior coinvolgimento degli studenti, facilitando i processi di

scoperta. Le condizioni favorevoli per una discussione partecipata sono il senso di

auto-controllo e la forte motivazione da parte dei partecipanti.50

L'apprendimento di gruppo.

Gli apprendimenti di gruppo includono sia le forme di apprendimento cooperativo -

collaborativo, sia quelle di reciprocità tra pari.

La formazione dei gruppi può avvenire a caso, per interesse, per livelli di abilità o per

integrazione di competenze diverse. In generale, più ampio è il gruppo, più ampia è la

49 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 59.

50 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 62.

51

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gamma di interessi, esperienze e abilità che possono entrare in gioco; parallelamente,

maggiori sono le abilità di cooperazione e di coordinamento necessarie.

Con soggetti piccoli, con scarso controllo, gruppi superiori a 3 - 4 componenti sono

difficilmente capaci di autogestirsi. Il gruppo-coppia assicura una maggiore

partecipazione: è un ottimo modo per iniziare e per stimolare i soggetti a rendersi

reciprocamente utili.

Anche se cooperare e collaborare sono entrambe attività orientate al conseguimento di

un risultato comune, comportano processi differenti: per cooperazione intendiamo

un’organizzazione strutturalmente più rigida con ruoli ed obiettivi più definiti, come

un lavoro di squadra; la collaborazione è più aperta, meno strutturata.

Nella scuola parliamo prevalentemente di apprendimento cooperativo, dovendo

strutturare e definire ruoli ed obiettivi.51

Il problem solving e la scoperta guidata.

Il problem solving riguarda tutte le situazioni in cui il soggetto avverte un problema

tra la situazione reale ed una situazione desiderata e la mente si attiva per il suo

superamento. Il problema che stimola alla formulazione di ipotesi e a successivi

tentativi di verifica è al centro anche della tradizione del pedagogista Dewey, dando

vita anche ad orientamenti didattici basati sull’apprendimento per scoperta o per

insight (intuizione illuminante). La scoperta guidata è una strategia che prevede di

lasciare aperti solo determinati spazi problematici, alleggerendo il carico su altri

aspetti che vengono invece esplicitati. Non è possibile fornire una rappresentazione

uniforme del processo di soluzione di un problema perché esistono diverse tipologie di

problemi, differenti modalità di presentarli o rappresentarli e anche specifiche

modalità di risolverli in rapporto alle capacità del soggetto. Anche il processo di

soluzione del problema può variare da soggetto a soggetto a seconda del grado di

familiarità con la tipologia di problema, della conoscenza del dominio in questione,

dello stile cognitivo del soggetto e delle sue capacità di esercitare un controllo

cognitivo sul processo. Da questo dipende la possibilità da parte del soggetto di

51 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 64.

52

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formulare rappresentazioni mentali appropriate, selezionare piani adeguati di

soluzione del problema, identificare e superare gli ostacoli.

Ogni situazione richiederà una differente strategia cognitiva per la soluzione del

problema, come anche l’allestimento di differenti attività didattiche. 52

2.5.5. Gli aspetti comunicativi, cognitivi e gestionali

La didattica, nella sua concretezza di azioni e interazioni tra insegnanti e allievi, è un campo

molto complesso in cui convergono una pluralità di elementi; consideriamo la didattica sotto

tre punti di vista fondamentali:

1. l’ambito comunicativo: riguarda i formati della comunicazione e dell’interazione

(verbale e non verbale, testuale - multimediale, mediata dal computer) tra docente e

allievi e tra allievi;

2. ambito simbolico, cognitivo ed epistemologico: comprende le rappresentazioni

individuali e collettive che influiscono sui processi cognitivi-apprenditivi, le strategie

discorsive attuate dall’insegnante per mantenere la tensione problematica, la curiosità

e l’attenzione, nonché le azioni volte ad adattare, trasformare e riconfigurare i saperi;

3. ambito gestionale: riguarda l’insieme delle pratiche messe in atto per garantire il

mantenimento di condizioni propizie all’apprendimento e che riguardano

l’organizzazione di spazi, tempi e attività, la gestione della condotta e delle relazioni

interpersonali e sociali.

Ogni atto di insegnamento e apprendimento costituisce un atto di comunicazione; ciò che

distingue una qualsiasi comunicazione da una comunicazione orientata alla formazione sta nel

fatto che quest’ultima ha un’intenzionalità vincolata al conseguimento di certi fini ed è situata

all’interno di un contesto caratterizzato da sue norme proprie e specifiche routine. 53

52 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 65.

53 Cfr. Calvani, Op. cit., p. 89-90.

53

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Capitolo 3. I progetti didattici nella scuola primaria e nella scuola

dell’infanzia

3.1. Scuola primaria: premessa e scelta dell’argomento

In questi anni di tirocinio diretto ho preso coscienza del fatto che tutto ciò che i bambini

imparano a scuola in ambito scientifico si limita ad una conoscenza mnemonica e passiva dei

fenomeni. Anche nella mia esperienza di studentessa avevo vissuto esperienze simili. Questo

mi ha portato ad analizzare le Indicazioni Nazionali del 2012 per cercare maggiori

informazioni sulle strategie da usare in classe e gli obiettivi di apprendimento specifici per

ogni fascia di età. Le indicazioni evidenziano chiaramente che è indispensabile proporre ai

bambini esperienze ricavate dalla quotidianità e che è importante lavorare attraverso un

metodo che si basi sull’osservazione dei fatti e dei fenomeni, rafforzando il loro spirito di

ricerca e di interpretazione. Come futura insegnante mi sono così posta l’obiettivo di

sperimentare nuove strategie didattiche.

Ho conseguito la maturità scientifica nel 2012 e, parallelamente, ho sempre amato il mondo

dell’insegnamento fino a che non è diventato la mia passione. L’incrocio tra l’interesse per le

discipline scientifiche - in particolare sono affascinata da tutto ciò che è possibile spiegare con

l’osservazione diretta - e la didattica mi hanno agevolata nella scelta del lavoro di tesi. In

seguito all’esame di fisica sperimentale, infatti, mi sono appassionata molto di più a questa

disciplina e ho iniziato a interrogarmi su un possibile argomento da presentare in classe agli

alunni.

Con il docente abbiamo pensato di svolgere il progetto sia nella scuola dell’infanzia che nella

scuola primaria in modo da sperimentare l’applicabilità del metodo scientifico su due livelli

diversi, sia dal punto di vista anagrafico che cognitivo, potendo verificarne le differenze, le

peculiarità e le analogie.

I due progetti nascono come lavoro di tesi effettuato presso l’Istituto Federigo Tozzi, a Siena.

La dirigente della scuola mi ha affidato a due nuove tutor scolastiche e ho svolto il tirocinio in

una classe quinta primaria e in una sezione di cinque anni nella scuola dell’infanzia.

Analizzando i possibili argomenti da proporre, ho scelto di lavorare con i bambini su aspetti e

concetti molto comuni nella loro esperienza quotidiana e concreta: il calore e la temperatura.

54

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Essendo fenomeni piuttosto familiari, in realtà ci sono molti equivoci ed errori - nei bambini

così come negli adulti - nell’esprimere questi concetti; spesso la temperatura è associata e

confusa con il calore.

Il mio progetto nasce dalla volontà di verificare in quale misura sussistono effettivamente

queste idee sbagliate e provare a proporre un percorso che permetta ai bambini di

riorganizzare le idee attraverso un nuovo metodo di lavoro: il metodo scientifico sperimentale.

3.2. Analisi del contesto: classe V B della scuola primaria Federigo Tozzi

Il primo progetto è stato realizzato nella scuola primaria con la classe V B composta da 25

alunni, di cui 10 femmine e 15 maschi. Nel gruppo-classe sono presenti tre bambini di

nazionalità non italiana: una bambina della Georgia, un bambino cinese ed una bambina di

origini indiane.

La prima impressione è di una classe eterogenea, in quanto ogni alunno ha raggiunto un

livello diverso di apprendimento e ognuno di loro possiede un personale approccio alla

materia in questione. Complessivamente è un gruppo-classe che si presenta molto disponibile

ad apprendere, salvo le eccezioni di tre alunni che si dimostrano meno coinvolti nello

svolgimento usuale delle lezioni. Nel complesso gli alunni si presentano, comunque, ad un

buon livello di preparazione in tutte le discipline.

Il tirocinio diretto nella scuola primaria è iniziato a metà novembre 2016 e si è concluso a

metà aprile 2017 e la mia tutor scolastica - l’insegnante di matematica, scienze, inglese e

musica - si chiama Laura Toti. Laura mi ha accompagnato in tutto il percorso, supportandomi

nelle scelte e dandomi consigli sempre adeguati per quanto concerne la dimensione gestionale

della classe e sulla scelta delle strategie didattiche più efficaci da adottare con gli alunni.

Con Laura abbiamo potuto discutere del mio progetto partendo dall’analisi delle pre-

conoscenze degli alunni sugli argomenti in questione; l’anno precedente - in quarta primaria -

il lavoro è stato svolto trattando i seguenti argomenti:

L’acqua: le soluzioni, la tensione superficiale, la capillarità, il principio dei vasi

comunicanti

Costituzione della materia: gli stati di aggregazione

Definizione di temperatura: accenni sul termometro

55

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Metodo scientifico

Dilatazione termica nei metalli

Propagazione del calore: conduzione e irraggiamento

Buoni e cattivi conduttori

Laura mi ha spiegato che gli argomenti sono stati affrontati seguendo la strategia usuale di

una lezione frontale ed euristica, basata quindi sulla trasmissione delle informazioni seguendo

il libro di testo e approfondimenti scritti sul quaderno, ma senza la trattazione degli stessi ad

un livello sperimentale e/o pratico.

Prendendo in considerazione gli argomenti già svolti dalla classe, ho pensato di approfondire

alcuni aspetti, cercando di ampliare le loro conoscenze attraverso dimostrazioni ed

esperimenti e proponendo agli alunni attività adeguate al loro livello cognitivo.

3.2.1. Progettazione dell’unità di competenza

Attraverso la proposta del professore Davide Capperucci sulla costruzione dell’unità di

competenza, ho ideato il mio progetto suddividendolo in più fasi di lavoro. Progettare per

competenze significa ideare percorsi di apprendimento specifici che abbiano l’obiettivo di far

raggiungere agli alunni conoscenze e abilità con un approccio che valorizzi la centralità

dell’esperienza. La stessa dicitura, unità di competenza, dà conto del fatto che una

competenza non può essere acquisita una volta per tutte, e neppure completamente. Quello

che fa la scuola è lavorare attorno alla maturazione in progress di aspetti, o componenti, della

competenza stessa, puntando al raggiungimento di descrittori che rimandano a forme

apprenditive complesse, composite e multifattoriali quali sono appunto le competenze. La

progressione delle competenze è espressa dal fatto che ciascun descrittore rappresenta al

tempo stesso un prodotto-traguardo di quella specifica età o classe di riferimento, ma anche

un punto di partenza per acquisizioni successive di difficoltà superiore. Il concetto di unità

rimanda ad un’idea di competenza intesa come dispositivo complesso che richiede un

percorso costruttivo da definirsi in itinere con tutti gli aggiustamenti e le modifiche del caso.

Esso si connota in termini di apprendimento significativo, autentico e progressivo, ma anche

situato, in quanto riferito direttamente alle potenzialità del soggetto e alle risorse del contesto.

La competenza pertanto può essere considerata come un traguardo a lungo termine che

56

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prevede livelli di expertise diversi e crescenti, raggiungibili mediante specifiche unità di

lavoro, dotate di una loro autonomia, sequenzialità e interconnettività.54

Ogni passo del percorso preparato poteva essere soggetto a modifiche successive o in corso

d’opera, in base alle particolari esigenze degli alunni.

Le tabelle di seguito sono state create prendo in considerazione le Indicazioni Nazionali del

2012.

Competenzeda promuovere al termine

della classe quinta

- L’alunno esplora i fenomeni con un approccio scientifico: conl’aiuto dell’insegnante, dei compagni, in modo autonomo, osserva

e descrive lo svolgersi dei fatti, formula domande, anche sullabase di ipotesi personali, propone e realizza semplici esperimenti;

-Individua nei fenomeni somiglianze e differenze, fa misurazioni,registra dati significativi, identifica relazioni spazio/temporali;

- Individua aspetti quantitativi e qualitativi nei fenomeni, producerappresentazioni grafiche e schemi di livello adeguato, elabora

semplici modelli;

- Espone in forma chiara ciò che ha sperimentato, utilizzando unlinguaggio appropriato;

- Trova da varie fonti (libri, internet, discorsi degli adulti, ecc.)

informazioni e spiegazioni sui problemi che lo interessano.55

Obiettivi di apprendimentoal termine della classe

quinta

- Cominciare a riconoscere regolarità nei fenomeni e a costruirein modo elementare il concetto di energia.

- Individuare, nell’osservazione di esperienze concrete, alcuniconcetti scientifici quali: dimensioni spaziali, peso, peso specifico,

forza, movimento, pressione, temperatura, calore, ecc.

56- Osservare e schematizzare alcuni passaggi di stato, costruendosemplici modelli interpretativi e provando ad esprimere in forma

grafica le relazioni tra variabili individuate (temperatura infunzione del tempo, ecc.).

Disciplina Fisica - Scienze.

54Cfr. D. Capperucci, C. Cartei, Curricolo e intercultura. Problemi, metodi e strumenti, 2010, p. 191.

55Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, pp. 54-55.

56Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, pp. 55-56.

57

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Obiettivi Contenuti Attività Strategie Strumenti Durata

Conoscere gli statifisici della materia esaperne individuare

le caratteristicheprincipali.

Conoscere edistinguere i concetti

di calore etemperatura.

Concetti ditemperatura ecalore; le fasidel metodoscientifico; ipassaggi distato della

materia; gli statifisici dellamateria.

Presentazione delprogetto e

somministrazionedel questionario.

Discussioneguidata;Lavoro

individuale.

Cartellonidimostrativi;documentocartaceo:

questionariopreliminare.

Circa un’ora.

Capire il movimentodelle molecole

all’interno dei corpi(solidi, liquidi egassosi) posti acontatto con unafonte di calore.

Trasformazionetermica nei gas;la dilatazionetermica neisolidi e nei

liquidi.

Dimostrazioneattraverso gli

esperimenti dellatrasformazionetermica nei tre

stati della materia.

Esplorazione ediscussionicooperative;

Metodoscientifico;lavoro di

rielaborazioneindividuale e/o

collettiva.

Cartellonidimostrativi;

post-it;video

dimostrativi;materiali

necessari per gliesperimenti.

Circa 4 ore.

Individuare,nell’osservazione diesperienze concrete,le grandezze che si

mantengono costantie quelle che variano

quando forniamocalore ad un corpo.

L’equilibriotermico; la

conservazionedella massa neitrasferimenti di

calore.

Esperimentoguidati sulla

dimostrazionedella

conservazionedella massa neitrasferimenti di

calore in funzionedel tempo.

Discussioneguidata;

apprendimento digruppo;

esplorazione ediscussionicooperative;

Metodoscientifico;

problem solving;lavoro di

rielaborazioneindividuale e

collettiva.

Materialinecessari per gli

esperimenti.Tabella cartacea;

Circa 2 ore emezzo.

Individuare e saperdistinguere le

principalicaratteristiche del

calore e dellatemperatura;

spiegare e conoscerealcuni fenomeni

collegati al calore ealla temperatura.

Tutti i contenutidelle attivitàprecedenti.

Somministrazionedella prova di

verifica;Discussione sulleimpressioni e suciò che è stato

appreso.

Valutazione everifica.Lavoro

individuale.Discussionecollettiva.

Fogli cartacei:prova di verifica.

Circa 2 ore.

58

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Accordi con altre discipline Matematica; Italiano; Arte e immagine, Tecnologia.

Raccordi con altre competenzepreviste al termine della scuola

primaria:

Italiano:- L’allievo partecipa a scambi comunicativi

(conversazione, discussione di classe o di gruppo)con compagni e insegnanti rispettando il turno eformulando messaggi chiari e pertinenti, in un

registro il più possibile adeguato alla situazione.- Ascolta e comprende testi orali “diretti” otrasmessi dai media cogliendone il senso, le

informazioni principali e lo scopo.57

Matematica:- Ricerca dati per ricavare informazioni e

costruisce rappresentazioni (tabelle e grafici).Ricava informazioni anche da dati rappresentati in

tabelle e grafici.- Costruisce ragionamenti formulando ipotesi,

sostenendo le proprie idee e confrontandosi con il

punto di vista di altri.58

Arte e immagine:- L’alunno utilizza le conoscenze e le abilità relativeal linguaggio visivo per produrre varie tipologie di

testi visivi e rielaborare in modo creativo leimmagini con molteplici tecniche, materiali e

strumenti.59

Tecnologia:- Conosce e utilizza semplici oggetti e strumenti di

uso quotidiano ed è in grado di descriverne lafunzione principale e la struttura e di spiegarne il

funzionamento.- Si orienta tra i diversi mezzi di comunicazione edè in grado di farne un uso adeguato a seconda delle

diverse situazioni.60

57Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, p. 30.

58Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, p. 49.

59Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, p. 60.

60Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, pp. 66-67.

59

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Raccordi con le competenzechiave di cittadinanza previste

al termine dell’obbligo diistruzione:

Profilo delle competenze al termine del primo ciclodi istruzione:

- Le conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche dell’alunno gli consentono di

analizzare dati e fatti della realtà e di verificarel’attendibilità delle analisi quantitative e statistiche

proposte da altri. Il possesso di un pensierorazionale gli consente di affrontare problemi esituazioni sulla base di elementi certi e di avereconsapevolezza dei limiti delle affermazioni che

riguardano questioni complesse che non si prestano

a spiegazioni univoche.61

I contenuti specifici che ho affrontato con gli alunni sono stati i seguenti:

Concetti e definizioni di temperatura, calore e propagazione del calore

La trasformazione termica nei gas: l’espansione; la dilatazione termica nei solidi e nei

liquidi

La temperatura di equilibrio - o equilibrio termico - e la conservazione della massa nei

trasferimenti di calore

Ho scelto questi argomenti con l’intento di proporre alla classe attività per le quali fosse stato

possibile fare osservazioni dirette attraverso gli esperimenti.

Ponendo in relazione il livello cognitivo e l’età degli alunni ho deciso di far esplorare loro i

concetti di temperatura e calore attraverso situazioni più complesse, come la trasformazione

termica o la temperatura di equilibrio. Attraverso questi semplici esperimenti è possibile

differenziare i concetti di temperatura e calore, riuscendo a coglierne le caratteristiche

attraverso l’osservazione diretta e l’indagine concreta.

Il progetto si è suddiviso in più attività facenti riferimento al metodo scientifico sperimentale,

o metodo induttivo, il quale si articola in tappe ben precise e ripetute ciclicamente:

Osservazione→ Ipotesi → Ipotesi da verificare → Esperimenti per verificare l’ipotesi →

Raccolta dei dati e osservazioni → Interpretazione e conclusioni: elaborazione di una legge.

Nella prima fase di ogni attività mi sono proposta di consegnare specifiche domande e/o

concetti stimolo, proponendo agli alunni di osservare i fenomeni e fornire delle semplici

ipotesi nel piccolo e/o grande gruppo, poi verificate attraverso gli esperimenti.

Negli esperimenti l’obiettivo è quello di immaginare e capire meglio ciò che stiamo

61Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, pp. 10-11.

60

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osservando; l’idea è stata quella di distogliere gli alunni dalle mere frasi scritte sui libri di

testo, spesso ricordate a memoria sul momento, ma dimenticate negli anni successivi.

Lo scopo principale di questa metodologia è che il bambino possa imparare a porre attenzione

in modo critico alle evidenze dei fenomeni, descrivendoli e/o disegnandoli, dopo averne

discusso nel gruppo e con l’insegnante.

Le attività sperimentali, in un’ottica interdisciplinare, promuovono anche lo sviluppo del

linguaggio orale, scritto e iconico, assicurando così lo sviluppo e il potenziamento delle abilità

linguistiche e di comunicazione.

3.3. Primo incontro: la somministrazione del questionario preliminare

23 febbraio 2017

In vista di attività specifiche con gli alunni, ho ritenuto indispensabile accertare il loro livello

iniziale e le pre-conoscenze possedute per due motivi:

1. Sapere quali argomenti è utile ripassare prima di approfondirli e soffermarsi su

eventuali carenze rilevate.

2. Confrontare il livello conoscitivo iniziale - dato dai risultati del questionario - con il

livello finale - dato dalla prova di verifica - e valutare l’efficacia della nuova

metodologia di lavoro.

Ho deciso quindi di preparare un questionario preliminare, costruito su misura per la classe, in

base agli argomenti da loro già affrontati. Prima di consegnare il questionario ho spiegato agli

alunni lo scopo di tale prova, tranquillizzandoli sul fattore valutazione: ho detto loro che non

avrei messo alcun voto o dato alcun giudizio, semplicemente che dopo aver corretto i compiti,

ma ne avremmo discusso insieme. Per rispondere al questionario i bambini avevano a

disposizione circa un’ora di tempo. Alla consegna del questionario mancava soltanto una

bambina, che lo ha svolto singolarmente il giorno successivo.

Di seguito ho riportato solo alcune delle risposte date dagli alunni, quelle che ho ritenuto più

rilevanti per le osservazioni successive.

61

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Prima domanda - conosci qualche scienziato?62

Con la prima domanda ho pensato di catturare l’attenzione dei bambini, in modo da non farli

sentire oppressi dalla valutazione: ognuno avrebbe potuto scrivere ciò che riteneva, senza un

voto né un giudizio negativo.

Seconda domanda - le attività di uno scienziato63

Come seconda domanda ho voluto indagare - in forma indiretta - la conoscenza dei bambini

sulle fasi del metodo scientifico. Ho ritenuto indispensabile inserire questa domanda in quanto

le lezioni successive si sarebbero basate proprio su questo metodo di lavoro ed è importante

che i bambini sappiano in quale modalità studieranno un certo fenomeno.

I dati riscontrati sono i seguenti: nella maggior parte dei casi - 19 su 25 - i bambini hanno

62L’immagine mostra la risposta data dall’alunno A.M.

63L’immagine mostra la risposta data dall’alunno E.V.

62

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saputo rispondere senza lacune, in particolare fino alla terza fase.

Per quanto riguarda le ultime due fasi ci sono state confusioni su quale delle due avvenisse

per ultima.

Questo mi ha suggerito di elaborare dei cartelloni personalizzati da mostrare alla classe come

ripasso e introduzione del metodo di lavoro.

Terza domanda - gas, solido e liquido64

L’inserimento della terza domanda era indispensabile perché i bambini avrebbero poi dovuto

sperimentare partendo dalla distinzione dei tre stati nella materia.

Le risposte date non hanno rilevato particolari difficoltà e ogni bambino ha risposto sapendo

distinguere correttamente i tre stati della materia, trovando almeno due esempi per ognuno di

essi.

Quarta domanda - la temperatura65

La quarta domanda è quella che ha dimostrato le maggiori difficoltà ed ha confermato i dati

spiegati nel primo paragrafo circa la scelta dell’argomento: nessun bambino ha saputo trovare

il termine adatto - proprietà, caratteristica.. - per definire la temperatura.

Molti hanno scritto che la temperatura è il calore o che la temperatura misura solo i corpi

caldi, tralasciando e non nominando i corpi freddi.

Ho deciso di creare un grafico per mettere in luce quanti dei bambini hanno risposto

correttamente e quanti no. Questo mi è servito, nel momento finale del progetto, per fare un

confronto con la prova di verifica finale, dopo aver lavorato insieme con i bambini su questo

concetto.

64L’immagine mostra la risposta data dall’alunna G.C.

65L’immagine mostra la risposta data dall’alunna M.C.

63

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Nessun bambino, come detto sopra, ha specificato che la temperatura è una proprietà di un

corpo che può essere caldo oppure freddo; però alcune risposte si sono avvicinate molto alla

realtà e ho pensato di considerarle comunque esatte ai fini di un giudizio complessivo.

1. La temperatura è la temperatura che abbiamo nel nostro corpo o che c’è in altre cose

come il ghiaccio ad esempio è molto freddo rispetto all’acqua che bolle.

2. La temperatura è quello che è dentro il nostro corpo e può essere fredda e calda.

3. La temperatura è quando un corpo è freddo o caldo.

4. La temperatura è la misurazione di un corpo caldo o freddo attraverso la misurazione

in gradi.

5. La temperatura è quando le molecole si alzano di temperatura o si abbassano. Per

l’appunto quando hai la febbre ti misuri la temperatura per controllare se hai la

febbre.

6. La temperatura è la misura di caldo e freddo che sta in un corpo.

7. La temperatura è quella che c’è nel nostro corpo o quello che è nell’ambiente, il

termometro con il mercurio sale o scende in base alla temperatura spiega quanto

siamo caldi nel nostro corpo o nell’ambiente.

8. La temperatura indica i gradi di un corpo che sia solido liquido e gassoso. La

temperatura si può misurare in gradi Celsius o Fahrenheit.

9. La temperatura indica se un corpo è caldo o freddo e si misura col termometro.

64

Risposta

esat

a

Risposta

incer

ta

Risposta

sbag

liata

0123456789

10

Risposta esattaRisposta incertaRisposta sbagliata

Risposte date

Num

ero

dei b

ambi

ni

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10. La temperatura aumenta o diminuisce grazie al calore.

Ho considerato risposte incerte quelle in cui i bambini hanno provare a spiegare correttamente

il concetto, ma poi lo hanno definito con termini sbagliati:

1. La temperatura può essere di vari tipi per esempio: la temperatura corporea, la

temperatura esterna, quella del frigorifero. E quindi è una fonte di energia.

2. La temperatura è quando un corpo ha freddo o ha caldo.

3. La temperatura è il calore che contiene un corpo o un ambiente, da quelli ampi a

quelli stretti. Di solito si differenzia dal calore perché esso è un’alta temperatura che

può raggiungere un corpo.

4. La temperatura è quella forma che ci fa capire ad esempio quando abbiamo la febbre

e quando la nostra temperatura può salire o scendere.

5. La temperatura si misura con il termometro e può essere sopra o sotto lo 0. Noi

abbiamo temperatura e possiamo dimostrarlo quando abbiamo la febbre.

6. La temperatura è la misurazione di un corpo caldo.

Per quanto riguarda le risposte sbagliate, esse sono quelle in cui, per la maggior parte, i

bambini hanno definito il concetto di temperatura eguagliandolo a quello di calore:

1. La temperatura è il calore che è dentro un corpo che si può misurare col termometro.

2. La temperatura è un volume che misura l’ambiente circostante.

3. La temperatura è una fonte di energia per misurare il calore in un ambiente.

4. La temperatura è la misura del calore.

5. La temperatura è il calore che abbiamo nel nostro corpo.

6. La temperatura è quanto calore abbiamo dentro il corpo.

7. La temperatura è il calore di un corpo.

8. La temperatura è la misura del calore in un ambiente.

9. La temperatura misura in gradi quanto calore abbiamo con la febbre.

Quinta domanda - il termometro66

La quinta domanda non ha mostrato particolari problemi nella risposta: ogni bambino conosce

il termometro e sa a che cosa serve. Questo ha dato le basi per il lavoro successivo: sapere

66L’immagine mostra la risposta data dall’alunno F.E.

65

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anche come funziona il termometro, dato che nessuno dei bambini ha scritto la relazione che

possiede il termometro con la dilatazione termica.

Sesta domanda - ordini di temperature67

I bambini hanno risposto correttamente alla sesta domanda, salvo qualche eccezione che ha

confuso o invertito l’ordine degli ultimi due corpi: il forno e l’acqua che bolle.

Settima domanda - il calore68

La settima domanda - insieme alla quarta relativa alla temperatura - è quella che ha registrato

il maggior numero di criticità, confermando anche in questo caso come ci siano delle idee di

senso comune sbagliate nei bambini riguardo al concetto di calore.

Soltanto 4 bambini su 25 hanno risposto correttamente, ponendo la crocetta soltanto sull’unica

risposta esatta, la seconda:

Il calore che fornisco ad un corpo fa aumentare la sua temperatura.

67L’immagine mostra la risposta data dall’alunna G.

68L’immagine mostra la risposta data dall’alunna A.

66

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Inoltre, per il lavoro successivo, mi sono soffermata in modo particolare sulla terza opzione

delle risposte:

Se pongo in contatto due corpi, uno freddo e uno caldo, il calore passa dal corpo

freddo al corpo caldo.

Posto che può essere una frase ingannevole, ho analizzato i questionari rilevando che 9

bambini su 25 bambini hanno indicato come esatta questa risposta. Non è un numero

particolarmente alto ma ho ritenuto indispensabile che ogni bambino avesse ben chiaro che

cosa rappresenta realmente il calore ed è stato il punto su cui ho maggiormente lavorato nelle

lezioni successive.

Ottava domanda - i passaggi di statoNell’ottava domanda i bambini hanno saputo rispondere correttamente, dimostrando di

conoscere i passaggi di stato e di saperli spiegare ad un livello conoscitivo sufficiente.

La correzione del questionario è stata fatta seguendo questo criterio:

Prima domanda non ha avuto punteggio

Seconda domanda 2 punti se completa, 1 punto se presenti due fasi invertite o in posizionidifferenti, 0 punti se presenti più di due fasi fuori posto

Terza domanda 3 punti se gli esempi sono stati fatti per ogni stato della materia,altrimenti a scalare, 2 o 1.

Quarta domanda 0 punti se incompleta, 1 punto se sufficiente e 2 punti se completa;

Quinta domanda 0 punti se incompleta, 1 punto se sufficiente e 2 punti se completa

Sesta domanda stesso criterio della seconda

Settimana domanda 1 punto se la crocetta è nella risposta esatta, altrimenti 0

Ottava domanda un totale di 4 punti - e così a decrescere - se le risposte per ognipassaggio di stato sono risultate corrette

Arrivando a 16 punti totali, ho creato una scaletta in cui ogni fascia rispetta un determinato

livello di pre-conoscenze:

meno di 4 punti: non adeguato

da 4 a 7 punti: sufficiente

da 8 a 12 punti: buone conoscenze

da 13 a 16 punti: ottime conoscenze

Infine ho voluto creare un grafico che riassumesse i risultati generali del questionario in base

67

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al livello di partenza degli alunni.

3.4. Secondo incontro: trasformazione termica nei tre stati della materia

28 febbraio 2017

Dopo aver corretto e analizzato i questionari ho deciso di preparare le lezioni successive

focalizzando l’attenzione sugli argomenti che hanno riscontrato le maggiori criticità:

1. La definizione di temperatura

2. Il concetto di calore

Prima di cominciare con la prima lezione ho consegnato i questionari ai bambini e ho spiegato

loro le maggiori difficoltà rilevate e i punti su cui avremmo lavorato maggiormente.

Nella correzione della prova, fatta oralmente, ho chiesto ai bambini di intervenire e far

presente eventuali dubbi che potevano emergere dalle spiegazioni.

In questa fase i bambini sono stati spesso in silenzio, come mi aspettavo, perché è molto raro

che nelle correzioni di compiti o prove i bambini si mettano in gioco o chiedano chiarimenti

specifici, anche per paura di essere messi in soggezione dagli altri compagni. Io stessa a

scuola, quando avevo dubbi, faticavo a farli presente a tutta la classe, per cui il mio obiettivo

in questa circostanza è stato quello di far presente chiaramente ai bambini gli argomenti più

critici, in quanto li avremmo poi approfonditi nelle lezioni successive.

Come introduzione alla lezione ho spiegato ai bambini la modalità con cui avremmo lavorato

insieme: erano abituati a lavorare sul libro di testo, quindi ho ritenuto opportuno soffermarmi

68

1

4

8

12

Livello di preconoscenze degli alunni

inadeguatosufficientebuonoottimo

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su questo punto.

Partendo dalla domanda presente nel questionario riguardante le fasi del metodo scientifico ho

pensato di preparare quattro cartelloni che sintetizzassero le informazioni più significative.

Attraverso una scambio comunicativo con gli alunni, ho spiegato il metodo cercando di

catturare dai bambini le informazioni da loro già possedute e provando a farli intervenire il

più possibile.

I cartelloni illustrano le fasi del metodo scientifico, in ordine cronologico:

Il metodo scientifico

1° fase: osservazione

2° fase: ipotesi

3° fase: esperimento

4° fase: elaborazione di una legge

Così ho iniziato a parlare...

Allora ragazzi, questa è la parte introduttiva della lezione, per cui vi illustrerò il metodo di

lavoro che utilizzeremo per lavorare insieme: il metodo scientifico. Ne avete mai sentito

parlare? I bambini hanno dato diverse risposte: molti hanno ricordato Galileo, altri hanno

accennato a Redi. La maggior parte del gruppo sapeva già che il primo a mettere in pratica il

metodo scientifico fu Galileo Galilei e abbiamo aperto una discussione dialogata in cui sono

emersi i punti principali: qualcuno ha parlato di “osservazione di un fenomeno”, richiamando

l’espressione presente nel questionario, e abbiamo dato una prima definizione di fenomeno: è

un determinato avvenimento, una cosa o un elemento che vogliamo osservare.

Bambini, e se vi dicessi che anche noi stiamo per osservare un fenomeno come ha fatto

Galileo? Ho notato nei bambini una certa curiosità: avevano già visto le borse che avevo

portato con gli strumenti al loro interno, ma non avevano ancora idea di come avremmo

lavorato!

Abbiamo ragionato insieme sul fatto che, dopo aver osservato un fenomeno, a questo segue

una particolare domanda che ci poniamo, l’ipotesi. Che cos’è l’ipotesi? Siamo giunti a

definire l’ipotesi come una particolare previsione che facciamo per scoprire che cosa succede

nel fenomeno che stiamo osservando.

E cosa facciamo per verificare l’ipotesi? Un bambino ha risposto: facciamo delle prove!

69

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Dopo aver accennato alla parola esperimento, tutti i bambini hanno capito che avremmo fatto

degli esperimenti e ho notato in loro un particolare entusiasmo.

Mi sono soffermata sulla fase aggiuntiva della raccolta dei dati, non presente nei cartelloni,

chiedendo loro che cosa potremmo fare per raccogliere i dati e le risposte sono state piuttosto

eterogenee, arrivando comunque alla conclusione che, prima di arrivare ad una legge finale,

avremo dovuto tirare delle somme, ragionare e scrivere qualcosa sugli esperimenti osservati.

Tutti concordi che alla fine, se l’ipotesi è confermata, va elaborata una legge universale -

posto che uno scienziato prova più volte un esperimento per verificare che sia davvero una

legge assoluta - ho annunciato ai bambini di prepararsi per la nostra prima sperimentazione.

Ho trovato i bambini molto curiosi e allo stesso tempo volenterosi di esplorare i fenomeni

attraverso le ipotesi e gli esperimenti. Ho spiegato loro anche la modalità di lavoro: ho

presentato un blocchetto di post-it, che è servito in quanto la discussione guidata nel metodo

di lavoro propone una fase di ipotesi ed una fase di tesi; attraverso una discussione e decisione

unanime, insieme ai bambini abbiamo scritto le loro osservazioni in riferimento alle ipotesi e

alle tesi per ogni fase.

Il modo che ho ritenuto più opportuno per mostrare ai bambini come si comporta il calore -

riuscendo quindi anche a percepirne le differenze con la temperatura, punto critico emerso nel

questionario preliminare - è stato quello di sperimentare e fare esperienza di questo concetto

attraverso semplici esperimenti, trasferibili alla realtà quotidiana. Ho deciso quindi di

preparare tre esperimenti riguardanti le trasformazioni della materia provocate dal calore.

Con queste semplici esperienze i bambini possono raggiungere gli obiettivi prefissati nella

griglia di progettazione e in particolare scoprono che:

il calore è una forma di energia che entra in gioco in certe trasformazioni;

il calore fa aumentare la temperatura di un corpo;

a causa del calore le molecole del corpo iniziano a muoversi più velocemente e ad

allontanarsi le une dalle altre, provocando quindi l’espansione del corpo stesso.

Prima di ogni attività abbiamo analizzato e ricordato le caratteristiche principali di ogni stato

della materia, attivando le pre-conoscenze, avendo appurato dal questionario che le loro

conoscenze in merito erano state raggiunte adeguatamente da tutta la classe.

Le tre lezioni sono state condotte avendo cura di far osservare e partecipare a turno alcuni

70

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alunni come “assistenti”. Dopo ogni esperienza i bambini hanno avuto la possibilità di

scrivere e disegnare sul proprio quaderno le loro rielaborazioni personali e/o di gruppo sugli

argomenti trattati insieme: questo ha permesso loro di apprendere a caldo i concetti. Questa è

una modalità inversa da quella utilizzata abitualmente: la definizione di un concetto non è

data subito dall’insegnante, ma viene elaborata dopo un’attenta esplorazione dei fenomeni.

3.4.1. Espansione termica dello stato gassoso: l’esperimento con il palloncino

La prima esperienza fatta ha riguardato lo stato gassoso: questo perché, insieme al docente,

abbiamo pensato che a livello visivo fosse più semplice e immediato da capire, in vista degli

esperimenti, più complessi, successivi.

Prima di iniziare ho chiesto ai bambini di descrivere un corpo gassoso facendo qualche

esempio e soffermandosi anche sulle componenti del corpo, le molecole. Ho trovato i bambini

molto preparati nelle risposte: nonostante abbia ricevuto inizialmente le risposte da due

bambini soltanto, ho cercato di distribuire le domande su tutto il gruppo, facendo parlare tutti.

Abbiamo ricordato tra i gas in particolare l’ossigeno e l’azoto. In aggiunta i bambini hanno

richiamato alla memoria che le molecole dei gas si muovono liberamente in spazi molto ampi.

Siamo poi giunti a considerare che il gas non ha un volume proprio, come può avere un corpo

solido, ma occupa il volume di ciò che lo contiene.

Dopo questa fase orale introduttiva abbiamo proseguito la lezione lavorando attraverso le fasi

del metodo scientifico. Ho annunciato quindi ai bambini: Adesso osserveremo che cosa

succede quando poniamo un corpo gassoso a contatto con un corpo più caldo che può fornire

calore. Ho preso dalla mia borsa, fino ad allora riposta a terra e chiusa in modo tale da non

confondere i bambini e non anticipare niente, i materiali necessari per osservare il nostro

fenomeno.

Materiali: una bottiglia di vetro vuota da 1 litro, un palloncino sgonfio, una bacinella, un

bollitore elettrico.

Già dopo aver mostrato i materiali i bambini hanno iniziato a percepire quello che poteva

succedere; prima ancora di scrivere le nostre ipotesi, infatti, qualcuno ha anticipato: il

palloncino si gonfia con l’acqua calda!

Questo può essere indicatore del fatto che sono esperienze trasferibili alla quotidianità, ma

71

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sono comunque convinta che ancora in quel momento non sapessero precisamente il motivo

per cui questo poteva succedere.

Abbiamo elaborato un’ipotesi comune data dalle pre-conoscenze e dalle idee degli alunni e,

dopo averla scritta sul post-it, abbiamo attaccato le nostre impressioni sul cartellone.

Ipotesi: l’aria contenuta nel palloncino si espande, quindi il palloncino si gonfia.

Essendo tutti concordi nel ritenere giusta la nostra ipotesi - l’aria contenuta nel palloncino a

contatto con il l’acqua calda si gonfia - abbiamo verificato l’ipotesi con l’esperimento:

Procedimento: Ho inserito il palloncino sul collo della bottiglia, ponendola dentro la

bacinella vuota. Dopo aver scaldato l’acqua con il bollitore elettrico, ho iniziato a

versarla dentro la bacinella. L’effetto è stato immediato e lo stupore dei bambini si è

subito fatto sentire.

Una sola osservazione rilevata: ho riscaldato l’acqua dentro il bollitore in un angolo

dell’aula, in modo tale da non provocare eventuali pericoli per i bambini ma questo ha

causato un’attesa per il riscaldamento (anche se l’operazione è durata pochi minuti) e

quindi una conseguente mancanza di attenzione da parte degli alunni.

72

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Raccolta dei dati: dopo aver osservato il fenomeno, abbiamo ragionato sul fatto che il

palloncino si gonfia perché l’aria contenuta nella bottiglia si espande. Abbiamo quindi

confermato la nostra ipotesi e poi osservato che, se lasciato a temperatura ambiente, il

palloncino si sgonfia: l’aria raffreddandosi, si contrae.

Ho notato con piacere che un bambino ha proposto e anticipato, prima ancora che lo facessi io

stessa, di porre la bottiglia sulla cattedra per poter osservare il successivo raffreddamento (lo

abbiamo, infatti, verificato alla fine della discussioni successive).

Dopo queste osservazioni ho fatto ragionare i bambini sul ruolo delle molecole

nell’espansione avvenuta e ho mostrato loro un video69 che esprime e chiarisce, a livello

microscopico, questo fenomeno.

I bambini, confrontando la loro definizione iniziale di corpo gassoso con la rappresentazione

del movimento delle molecole mostrata nel video, hanno potuto osservare e capire come il

fenomeno sia in relazione con il movimento delle molecole.

Vedendo come le molecole piano piano si stavano allontanando l’una dall’altra provocando

l’espansione del palloncino, abbiamo provato ad elaborare la conclusione, scrivendola nel

post-it ed inserendola nell’apposito cartellone: ho spiegato ai bambini che questo fenomeno si

chiama espansione termica ed ho chiesto loro di riflettere su questo termine prima di

69Collegamento: http://www.middleschoolchemistry.com/multimedia/chapter1/lesson5.

73

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elaborare la legge.

Elaborazione della legge. Trasformazione di un corpo allo stato gassoso (l’aria) posto

a contatto con un corpo caldo: avviene l’espansione termica, provocata dal

movimento più veloce delle molecole.

Dopo aver elaborato in modo sintetico e sistematico la legge, ho proposto ai bambini di

stendere un elaborato, personale e/o di gruppo, sul fenomeno appena osservato.

Ognuno ha avuto massima libertà di scelta, sia per quanto riguarda la possibilità di svolgere

l’elaborato autonomamente o con i compagni, sia per quanto riguarda la struttura e la stesura

della descrizione a livello organizzativo.

I bambini sono sembrati molto entusiasti nel voler descrivere l’esperienza appena fatta.

Inoltre, in piccoli gruppi e a turni, parallelamente alla scrittura dell’elaborato, ho riproposto

l’esperimento, in modo tale da far assimilare meglio il concetto a livello visivo e per spiegare

nuovamente e singolarmente i concetti osservati a chi avesse avuto domande o dubbi.

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3.4.2. Rielaborazione personale o di gruppo dei contenuti

Durante la scrittura degli elaborati ho dato consigli e indicazioni ai bambini, notando

soprattutto una lieve criticità: nello spiegare il movimento delle molecole è stato difficile per

loro riuscire a mettere insieme le parole giuste. Molti hanno associato l’espansione termica

del corpo all’espansione delle molecole, nonostante nella spiegazione orale sapessero spiegare

bene che si trattava in realtà del movimento più veloce delle stesse provocato dal calore

assorbito. Ho quindi deciso di soffermarmi su questo punto, provando a far ragionare i

bambini su possibili terminologie associate al movimento veloce delle molecole, come ad

esempio:

le molecole si distaccano tra loro

le molecole si muovono più velocemente ed urtano le pareti del corpo

le molecole si allontanano

La lezione si è conclusa durando dopo circa due ore e mezza, ho deciso quindi di rimandare le

due esperienze sulla dilatazione termica al giorno successivo.

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Abbiamo quindi concluso la prima lezione ponendoci questa domanda: che cosa succederà se

mettiamo a contatto un corpo solido e un corpo liquido con una fonte di calore?

3.5. Terzo incontro: la dilatazione termica allo stato solido e allo stato liquido

3.5.1. Stato solido: l’esperimento di Gravesande

1 marzo 2017

Conclusa l’esperienza con lo stato gassoso, i bambini erano ansiosi di provare altri

esperimenti anche con lo stato solido e lo stato liquido. Ho deciso di proseguire partendo dallo

stato solido, in quanto ritenevo che le esperienze da proporre fossero più immediate.

Prima di cominciare la lezione ho ritenuto opportuno fare ai bambini domande che

richiamassero alla memoria ciò che era stato fatto il giorno precedente, in modo da attivare le

loro pre-conoscenze. Seguendo lo stesso procedimento fatto per introdurre l’esperienza con lo

stato gassoso, ho chiesto quindi ai bambini di descrivere un corpo solido facendo qualche

esempio e soffermandosi sulle componenti del corpo, le molecole. Abbiamo menzionato tra i

corpi solidi anche oggetti presenti nell’aula stessa, come un banco o un quaderno. Abbiamo

poi aggiunto una differenza sostanziale tra lo stato solido e lo stato gassoso, che riguarda

proprio la struttura fisica e molecolare. Infatti i solidi sono così compatti ed hanno forma e

volume proprio perché le loro molecole sono praticamente quasi immobili.

Dopo questa fase orale introduttiva la lezione è proseguita seguendo le fasi del metodo

scientifico. Che cosa succede quando poniamo un corpo solido a contatto con una fonte di

calore? Per questa esperienza ho annunciato ai bambini di avere con me degli strumenti molto

speciali, perché provenienti direttamente dal laboratorio universitario di fisica, prestati dal

mio professore. Da questa semplice affermazione gli alunni hanno mostrato volti molto

curiosi e questo per loro può essere stato motivo di maggiore interesse.

Ho mostrato ai bambini i due strumenti necessari per poter svolgere questo esperimento, un

famoso esperimento chiamato “L’anello di Gravesande”. Ho detto loro che Gravesande fu uno

scienziato piuttosto famoso, ma non ho approfondito per non disperdere troppo l’attenzione.

Materiali: L’anello di Gravesande, una sfera di metallo e un accendino.

Dopo aver visto i materiali, come è successo per lo stato gassoso, i bambini hanno subito

pensato ad una proposta di ipotesi: dopo aver scaldato la sfera, questa si dilata.

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Abbiamo quindi pensato, discusso e scritto nel post-it la nostra ipotesi da verificare.

Ipotesi: la sfera di metallo aumenta il proprio volume e non riesce più a passare

attraverso l’anello.

Essendo tutti concordi nell’affermare che la sfera di metallo avrebbe aumentato il proprio

volume, non riuscendo più a passare attraverso l’anello dopo essersi scaldata, lo abbiamo

subito verificato.

Prima di tutto ho mostrato ai bambini che, a temperatura ambiente, la sfera passa

perfettamente e senza alcuna difficoltà attraverso l’anello.

Procedimento: dopo aver riscaldato con il fuoco dell’accendino, fonte di calore, per

circa 3 minuti, la sfera di metallo, abbiamo provato a far passare la sfera attraverso l'anello,

senza successo. Anche in questo caso l’attesa relativa al riscaldamento può essere motivo di

disturbo e distrazione, ma la curiosità e la pazienza dei bambini hanno impedito che questo

avvenisse.

Osservazioni: la nostra ipotesi è stata confermata e abbiamo notato che la sfera è aumentata di

volume, non riuscendo più a passare attraverso l’anello. Un'ulteriore prova la abbiamo avuta

con il raffreddamento della sfera: allontanata la fonte di calore, il volume della sfera è tornato

in pochi minuti al valore iniziale e la sfera è riuscita di nuovo a passare attraverso l'anello.

Abbiamo svolto l’esperimento più volte, provando a chiederci se anche in questo caso - come

successo per i corpi allo stato gassoso - il calore avesse aumentato la velocità delle molecole

del solido. La risposta è stata affermativa all’unanimità; abbiamo quindi osservato il secondo

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video70 dimostrativo sul distanziamento delle molecole anche per lo stato solido.

La fase finale dell’esperienza è consistita nell’elaborazione della legge: insieme ai bambini

abbiamo provato a formulare le conclusioni e, dopo averle scritte sul post-it abbiamo

continuato a completare il nostro cartellone. Insieme ai bambini abbiamo chiarito che, in

questo caso, possiamo parlare di uno specifico fenomeno chiamato dilatazione termica.

Elaborazione della legge. Dilatazione termica allo stato solido: la sfera di metallo, a

contatto con una fonte di calore, si è dilatata a causa del movimento più veloce delle

molecole.

In seguito all’esperienza ci sono stati molti chiarimenti rispetto al concetto di calore: ho fatto

notare ai bambini, con opportune domande-stimolo, come il calore non fosse qualcosa che

resta all’interno del corpo ma che serve proprio per scaldarlo e i bambini stessi hanno

aggiunto: quando la sfera si raffredda è perché non c’è più la fonte di calore a contatto!

Concordi, quindi, che il calore è l’energia che scalda un corpo più freddo, ho percepito -

perlomeno attraverso queste prime osservazioni in itinere - che il gruppo iniziasse già a

differenziare i concetti di temperatura e calore.

Prima di riprovare l’esperimento e di dare la consegna ai bambini sull’elaborato personale,

come avvenuto per lo stato gassoso, ho ritenuto opportuno proseguire con l’esperimento sullo

stato liquido, essendo entrambi riferibili al fenomeno di dilatazione termica.

3.5.2. Stato liquido: il funzionamento del termometro

L’ultima esperienza proposta è stata quella riguardante lo stato liquido.

Prima di cominciare, i bambini sapevano già che stavamo per lavorare sullo stato liquido e ho

chiesto loro di descriverlo facendo qualche esempio e soffermandosi sulle componenti del

corpo, le molecole. Abbiamo ricordato liquidi vari, come l’olio o i succhi di frutta.. giungendo

a nominare laghi, mari, fiumi e pioggia, quindi l’acqua! Rispetto alle differenze con solidi e

gas, i bambini hanno risposto che i liquidi si trovano in una posizione intermedia per quanto

riguarda le molecole: infatti esse si muovono più liberamente rispetto ai solidi, ma non così

tanto come i gas.

Abbiamo aggiunto infatti che i liquidi prendono la forma e il volume del recipiente che li

70Video visibile sul sito: http://www.middleschoolchemistry.com/multimedia/chapter1/lesson4.

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contiene, a differenza dei solidi che hanno forma e volume proprio e dei gas che non hanno un

volume definito perché tendono ad occupare lo spazio che hanno a disposizione.

Dopo questa fase orale introduttiva abbiamo proseguito lavorando attraverso le fasi del

metodo scientifico. Adesso osserveremo che cosa succede quando poniamo un liquido, in

questo caso con l’acqua, a contatto con una fonte di calore.

• Materiali: una bottiglia di plastica vuota da mezzo litro, acqua a temperatura ambiente,

colorante alimentare di colore rosso, una cannuccia trasparente, acqua calda all’interno

della bacinella e un tappo di plastica forato con le forbici.

Dopo aver fatto vedere i materiali ai bambini, non è stato immediato per nessuno di loro

elaborare un’ipotesi, in quanto, come avevo previsto, risulta più complesso capire cosa

potrebbe succedere. Per questo è importante soffermarsi e spiegare ogni passaggio

dell’esperienza, senza tralasciare cose che potrebbero sembrare ovvie.

• Preparazione: dopo aver riempito la bottiglietta con acqua a temperatura ambiente, ho

messo dentro di essa due gocce di colorante alimentare, in modo da farla diventare

rossa.

Ho chiuso la bottiglia con il tappo forato e ho fatto passare la cannuccia all’interno di esso,

senza farle toccare il fondo. Il passo successivo è stato quello di scaldare l’acqua con il

bollitore elettrico, ponendola quindi dentro la bacinella trasparente.

Prima di procedere con l’esperimento ho quindi chiesto ai bambini di elaborare l’ipotesi.

Solo per alcuni di loro, due bambini, è stato piuttosto chiaro il passaggio successivo,

nonostante ci fossero ancora molti dubbi e divergenze sulla spiegazione di come questo

poteva avvenire. Queste le ipotesi da loro riportate:

Il calore fa salire l’acqua nella cannuccia.

L’acqua calda fa scaldare la bottiglia e il liquido rosso sale.

Ho provato a far ragionare i bambini su questo aspetto, facendo notare loro che il liquido sale

lungo la cannuccia e questa ci serve per avere un impatto visivo più immediato del fenomeno.

Spiegando quindi che l’acqua è stata colorata proprio per questo motivo, alcuni sono giunti ad

affermare, guidati dalle mie domande-stimolo, che l’acqua potrebbe salire lungo la

cannuccia solo perché, in conseguenza dell’espansione provocata dal calore assorbito, il

tubicino è una via di uscita obbligata.

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Avendo fatto in precedenza due esperimenti che hanno mostrato la trasformazione di un corpo

a causa del contatto con una fonte di calore, i bambini sono giunti alla conclusione che anche

con l’acqua sarebbe potuto succedere lo stesso. Elaborando la nostra ipotesi, la abbiamo poi

scritta sul post-it e completato il cartellone relativo alla fase dell’ipotesi.

Ipotesi: il liquido contenuto nella bottiglia (l’acqua) aumenterà il suo volume e salirà

lungo la cannuccia.

Procedimento: Abbiamo scaldato la bottiglia contenente liquido colorato

immergendola nella bacinella d’acqua ben calda.

Osservazioni: l’effetto, anche in questo caso, è stato immediato: il liquido rosso è

salito dentro la cannuccia quasi immediatamente, dopo essere stato posto in contatto

con la fonte di calore. I bambini erano tutti soddisfatti, avendo confermato

nuovamente l’ipotesi anche per lo stato liquido.

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Dopo aver provato l’esperimento più volte e aver fatto avvicinare i bambini per visionare

meglio il tutto, ho constatato che ancora nessuno aveva associato l’esperimento al

funzionamento del termometro. Li ho sollecitati con una opportuna e semplice domanda-

stimolo: Provate a pensare a cosa è successo all’acqua nella cannuccia: questo esperimento

può ricordarvi qualcosa?

Un bambino, la cui affermazione ha riscosso approvazione nel resto della classe, ha

dichiarato: il termometro!

Molto entusiasta di questa risposta, ho chiesto ai bambini di spiegarmi che cosa succede

quando utilizziamo il termometro e sono emerse molte osservazioni interessanti:

Lo usiamo per capire quanta febbre abbiamo, infatti nel termometro il mercurio sale nel

tubicino trasparente.

Anche il mercurio è rosso, sale come è salita l’acqua rossa nella cannuccia.

Confermando positivamente le loro osservazioni, ho fatto notare loro che con il termometro

misuriamo la temperatura ed è per questo che quando abbiamo la febbre il mercurio - adesso

parliamo di altre sostanze chimiche - si dilata a causa del calore ricevuto dal nostro corpo e

inizia a salire nel tubicino trasparente perché è la sua unica via di uscita.

Da questa raccolta-dati ho notato come i bambini abbiano iniziato a percepire maggiormente

la differenza tra il calore e la temperatura: attraverso questo esperimento è stato chiaro e

percepibile il fatto che la temperatura indica quanto possiamo essere caldi o freddi, quindi è

una nostra caratteristica, mentre il calore fa scaldare un corpo, facendo aumentare la sua

temperatura e provocando un’espansione o una dilatazione.

Tutte queste informazioni sono state elaborate insieme ai bambini a livello orale e anche

grazie a visualizzazioni di immagini tramite la lavagna LIM (ad esempio, l’immagine di un

termometro); poi, con la mia guida, sono state scritte appositamente sui loro quaderni, con il

fine di far apprendere loro questi concetti fondamentali.

Conclusione: l’acqua colorata, quando viene riscaldata, sale verso l’alto nella

cannuccia, perché il suo volume è aumentato grazie al calore ricevuto (abbiamo notato

che invece, se raffreddata, scende verso il basso, perché il volume diminuisce se la

temperatura decresce). Abbiamo posto l’attenzione anche sulle molecole del liquido in

questione, confermando ciò che è stato detto anche per lo stato gassoso e solido. Ho

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quindi proposto ai bambini il terzo video71 dimostrativo proiettandolo alla LIM, per

puntualizzare che cosa succede al movimento delle molecole quando si trovano a

contatto con la fonte di calore.

Abbiamo in definitiva elaborato la legge che ha dimostrato la dilatazione termica allo stato

liquido, completando anche il cartellone della quarta fase.

Elaborazione della legge. Dilatazione termica allo stato liquido: le molecole del

liquido messo a contatto con la fonte di calore si muovono più velocemente: questo

dimostra l’aumento di volume del corpo e la sua dilatazione.

71Video visibile sul sito: http://www.middleschoolchemistry.com/multimedia/chapter1/lesson3#heating_and_cooling_a_thermometer.

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3.5.3. Rielaborazione personale o di gruppo dei contenuti

Dopo le due esperienze fatte sulla dilatazione termica allo stato solido e liquido, ho dato alla

classe la stessa consegna data per lo stato gassoso: provare ad estrapolare personalmente o in

gruppo i concetti principali. Parallelamente a questo, a piccoli gruppi, i bambini hanno avuto

la possibilità di provare nuovamente gli esperimenti, sempre con la supervisione mia o quella

della maestra Laura.

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3.6. Quarto incontro: l’equilibrio termico e la conservazione della massa negli

scambi di calore.72

7 marzo 2017

Sono stata molto soddisfatta dall’accoglienza ricevuta nel momento in cui sono rientrata in

aula: tutti i bambini mi hanno accolto con entusiasmo chiedendomi subito e ripetutamente:

che esperimento facciamo oggi? Inoltre in molti mi hanno comunicato che avevano provato a

fare gli esperimenti anche a casa.

Prima di introdurre i nuovi concetti e la nuova sperimentazione, ho attivato le pre-conoscenze

dei bambini riguardo alla lezione precedente, facendo domande mirate in modo da poter

attuare anche una valutazione in itinere data da un’osservazione specifica e sistematica

riguardo agli argomenti affrontati insieme. I bambini hanno risposto prontamente alle risposte,

risultando molto preparati e dimostrandosi volenterosi di proseguire con il lavoro.

Nell’introdurre la nuova lezione, ho mostrato subito i materiali e gli strumenti con cui

avremmo lavorato, una bilancia e un termometro. Per quanto riguarda la bilancia è stato

necessario chiarire il concetto di peso, specificando che sarebbe più appropriato definirlo

massa. Per quanto riguarda il termometro, abbiamo chiarito il suo funzionamento pensando

all’esperimento fatto nella lezione precedente riguardante lo stato liquido.

Abbiamo dunque appurato che con la bilancia avremmo misurato il peso di qualcosa, con il

termometro la temperatura di qualcosa. Anche in questa lezione abbiamo svolto gli

esperimenti attraverso le fasi del metodo scientifico, specificando l’ipotesi e definendo una

tesi finale, ma non abbiamo utilizzato i cartelloni.

Inoltre ho deciso di far fare ai bambini le misurazioni: quindi, a turni, ognuno ha potuto

misurare qualcosa e trasferire il risultato davanti a tutta la classe.

Materiali: una bottiglietta di plastica da mezzo litro contenente latte a temperatura

ambiente; una bacinella trasparente; acqua riscaldata con il bollitore elettrico.

72Questi due esperimenti sono stati pensati e ideati prendendo spunto dal progetto presente sul sito: http://forum.indire.it/repository_cms/working/export/6536/.

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Per lo svolgimento di questa attività avevo preparato un’apposita tabella in cui avremmo

potuto registrare i dati ricavati con gli esperimenti:

La temperatura dell’acqua calda nella bacinella

La temperatura del latte a temperatura ambiente contenuto nella bottiglietta

Ho inserito poi la voce temperatura dopo … minuti, lasciando vuoti gli spazi riguardanti la

variabile del tempo in quanto sarebbe stato utile, anche per un approccio di tipo problem-

solving, stabilirlo tutti insieme.

In fondo al foglio contenente la tabella, avevo inserito due domande specifiche:

Quanto pesa la bottiglietta contenente il latte, prima di metterla a contatto con l'acqua caldanella bacinella? ....................................................................................................

Quanto pesa la bottiglietta contenente il latte, dopo aver fatto tutte le misurazioni?.....................................................................................................................................…

Dopo aver letto per intero il foglio, ho fatto scaldare l’acqua inserendola nella bacinella e poi

ho posto la bottiglietta contenente il latte all’interno di essa.

La classe è stata concorde nel ritenere che avremmo misurato la temperatura del latte

contenuto nella bottiglia, a temperatura ambiente, e dell’acqua calda nella bacinella.

Confermato che il latte fosse più freddo dell’acqua, ho domandato ai bambini: Che cosa potrà

succedere, secondo voi, dopo aver fatto tutte le misurazioni richieste nella tabella?

Tutti i bambini, dopo un attento ragionamento, sono stati concordi nel ritenere che i due corpi

avrebbero raggiunto la stessa temperatura, anche se alcuni inizialmente non avevano ben

capito la domanda; soltanto iniziando a misurare si sono resi conti del fenomeno.

Prima di iniziare a misurare la temperatura dei due corpi con il termometro, ho chiesto ai

bambini di leggere la prima domanda sotto alla tabella e abbiamo misurato il peso del latte

contenuto nella bottiglietta, prima di metterlo a contatto con la fonte di calore: il peso iniziale

corrisponde a 324,9 grammi.

Ho detto ai bambini di leggere anche la seconda domanda e di provare ad anticipare quello

che sarebbe successo alla fine, facendo un’ipotesi. Le risposte sono state varie, ma molti sono

rimasti in silenzio. Un bambino ha proposto che quando il latte diventa caldo, poi aumenta il

suo peso. Non ho dato una risposta, ho semplicemente affermato che lo avremmo scoperto

attraverso il metodo scientifico, quindi facendo l’esperimento e misurando il suo peso soltanto

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alla fine.

Ipotesi relativa alla misurazione delle due temperature: i due corpi arriveranno ad

avere la stessa temperatura.

Ipotesi relativa al “peso del calore”: il latte, diventato caldo, aumenterà il suo peso.

Abbiamo quindi iniziato a misurare la temperatura dei due corpi, stabilendo di aspettare ogni

volta un tempo di tre minuti. L’attesa è stata, anche in questo caso, la parte più noiosa

dell’attività, ma credo che il risultato finale sia stato poi appagante.

Ho notato nei bambini particolare interesse e curiosità sia nel voler misurare, sia nel contare

ogni volta quanti minuti mancassero per arrivare alla fine. I bambini hanno notato come, con

il passare del tempo, la temperatura del latte stava aumentando mentre quella dell’acqua stava

diminuendo.

Ci sono stati molti spunti di riflessione e soprattutto chiarimenti anche sul concetto di calore:

grazie a questo esperimento i bambini hanno potuto capire ed esplorare che attraverso il

calore, il corpo caldo trasmette la sua energia al corpo più freddo e in questo modo lo riscalda.

Anche in questa attività è stato possibile chiarire la differenza tra calore e temperatura, perché

i bambini hanno appurato che la temperatura è misurata con il termometro e può essere più o

meno alta, mentre il calore è quell’energia che ha fatto aumentare la temperatura del latte.

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Dopo un po' di tempo, i due liquidi sono arrivati ad una temperatura approssimativamente

uguale e siamo giunti alla conclusione che, piano piano, i due corpi avrebbero raggiunto la

stessa temperatura, confermando la nostra ipotesi iniziale.

Soltanto dopo aver fatto tutte le misurazioni ho detto ai bambini che questo fenomeno si

chiama equilibrio termico e si raggiunge temperatura di equilibrio.

Abbiamo ragionato sul termine equilibrio confermando che i due corpi, a temperatura iniziale

diversa, piano piano sono giunti ad avere la stessa temperatura.

Elaborazione della prima legge. Equilibrio termico o temperatura di equilibrio: il

calore passa dal corpo a temperatura più alta al corpo a temperatura più bassa fino a

che i due corpi raggiungono la stessa temperatura.

Dopo aver completato la tabella per quanto riguarda i dati corrispondenti alla temperatura, ho

proposto di pesare la bottiglietta contenente il latte, chiedendo nuovamente ai bambini di

ipotizzare se il peso fosse aumentato, diminuito o rimasto costante.

Sapendo che la temperatura del latte è aumentata, che cosa è successo al suo peso?

Abbiamo pesato il latte nuovamente e abbiamo potuto constatare che il peso è rimasto

costante, con lo stupore negli occhi dei bambini.

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Questo ha portato ad un’attenta discussione guidata con i bambini, ragionando sul fatto che il

calore non fa aumentare il peso di un corpo, aggiungendo quindi un’altra caratteristica

importante alla nozione di calore. I bambini sono stati tutti concordi nel ritenere che, quindi, il

calore non ha un peso: non è quindi un materiale ma è un’energia che è in grado di riscaldare

un corpo.

Elaborazione della seconda legge. Dopo le misurazioni ottenute abbiamo notato che

la temperatura del latte è aumentata ma il peso è rimasto lo stesso. Questo ci spiega

che il calore non fa aumentare il peso di un corpo.

Al termine della lezione, durata circa un’ora e mezza, abbiamo ragionato e approfondito i

concetti e gli argomenti affrontati, facendo elaborare ai bambini un discorso organico che

hanno poi riportato sul loro quaderno.

Come compito a casa, anziché dare i consueti esercizi da svolgere su libri o quaderni, ho

chiesto ai bambini di provare a fare l’esperimento inverso e vedere che cosa sarebbe successo,

confermando o meno il risultato trovato in classe.

Titolo del compito per casa: “Riscaldate la bottiglia contenente il latte e immergetela in una

bacinella con acqua fredda. Che cosa succede alla temperatura dei due corpi? Quanto pesa

il latte prima e dopo tutte le misurazioni?”

Ho annunciato poi ai bambini che nell’incontro successivo avremmo svolto la prova di

verifica.

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3.7. Il progetto didattico nella scuola dell'infanzia

3.7.1. La Fisica nella scuola dell'infanzia: perché è importante?

Il secondo progetto nasce con più timore rispetto al primo: mi sono documentata più volte

prima di effettuarlo perché ho approfondito le mie conoscenze su quanto fosse importante

sperimentare già dalla scuola dell’infanzia. Nel campo di esperienza La conoscenza del

mondo, descritto nelle Indicazioni Nazionali del 2012, è spiegato chiaramente che i bambini

esplorano continuamente la realtà e imparano a riflettere sulle proprie esperienze

descrivendole, rappresentandole e riorganizzandole con diversi criteri. Questo pone le basi per

l’elaborazione dei concetti scientifici che saranno proposti nella scuola primaria: così si

avviano le prime attività di ricerca che portano a risultati più o meno imprevedibili e che

costruiscono nei bambini la necessaria fiducia nelle proprie capacità di capire e di trovare

spiegazioni. È fondamentale che i bambini possano imparare già dalla tenera età a porsi e fare

domande, a dare e chiedere spiegazioni, avviandosi verso un percorso di conoscenza più

strutturato. Come tutte le attività, anche quelle scientifiche si apprendono meglio se iniziate

quando il bambino è molto piccolo: il suo atteggiamento naturale è quello di voler conoscere

il cosa, il come e il perché dell’ambiente che lo circonda. 73

Fare fisica nella scuola dell’infanzia significa sviluppare nei bambini e nelle bambine la

consapevolezza del mondo e avviarli alla pratica di operazioni quali la descrizione, il

confronto, la sperimentazione, le osservazioni, le analogie e le differenze.

Come nella scuola primaria, anche nella scuola dell’infanzia ho proposto attività inerenti i

concetti di calore e temperatura: l’obiettivo è quello di confrontare e valutare, nella fase finale

del lavoro, i risultati raggiunti in entrambi i progetti svolti.

73Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, pp. 21-22.

90

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3.7.2. Analisi del contesto - sezione dei bambini di cinque anni presso la scuola

dell'infanzia Acquacalda, a Siena

Il secondo progetto è stato realizzato nella scuola dell’infanzia con la sezione dei bambini di

cinque anni composta da 22 alunni, di cui 10 femmine e 12 maschi. Nella sezione è presente

una bambina con diagnosi di Sindrome di Autismo ad alto insight-cognitivo e due bambine di

nazionalità non italiana.

Il tirocinio diretto nella scuola dell’infanzia è iniziato a metà aprile 2017 e si è concluso a

metà maggio 2017 e la mia tutor scolastica si chiama Tiziana Vegni. Tiziana è stata un’ottima

tutor in quanto mi ha aiutato molto nelle scelte da fare, dandomi consigli soprattutto nella

dimensione gestionale della sezione.

Quando ho conosciuto i bambini, la prima impressione è stata quella di una sezione

eterogenea, in quanto ognuno possedeva una personale caratteristica cognitiva e caratteriale.

Ho subito notato un alto livello di vivacità ed irrequietezza all’interno della sezione, forse

causato dalla tenera età e dal fatto di non essere ancora, del tutto, disciplinati.

Complessivamente è un gruppo che si presenta molto disponibile ad apprendere e ascoltare,

salvo le eccezioni di due alunni che si dimostrano meno coinvolti e con un alto tasso di

disattenzione. Per le caratteristiche appena descritte ho cercato di preparare molte attività

pratiche e di coinvolgimento degli alunni stessi.

Il percorso abituale che i bambini svolgono con Tiziana è incentrato principalmente su

strategie didattiche quali attività di laboratorio e di gioco esplorativo. L’insegnante propone

spesso ai bambini schede - fotocopiate dal libro adottato dalla sezione - su cui possono

disegnare, colorare, fare collage. Sono spesso proposte attività di gioco per sviluppare la

motricità fine ed è molto importante che i bambini documentino ogni attività svolta con una

propria elaborazione personale, che spesso è un disegno. Prendendo in considerazione lo

svolgimento abituale delle attività e discutendo con Tiziana sulle strategie migliori da

utilizzare con i bambini, ho potuto elaborare il mio progetto.

91

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3.8. Progettazione dell'unità di competenza

Anche per la scuola dell’infanzia ho deciso di strutturare il percorso in più fasi, facendo

riferimento alle Indicazioni Nazionali del 2012.

Campo di esperienza La conoscenza del mondo - oggetti, fenomeni, viventi.

Traguardi per lo sviluppo dellacompetenza (dalle Indicazioni

Nazionali, 2012)

- Il bambino raggruppa e ordina oggetti e materialisecondo criteri diversi, ne identifica alcune proprietà,

confronta e valuta quantità; utilizza simboli perregistrarle; esegue misurazioni usando strumenti alla

sua portata.- Riferisce correttamente eventi del passato recente; sa

dire cosa potrà succedere in un futuro immediato eprossimo.

- Osserva con attenzione il suo corpo, gli organismiviventi e i loro ambienti, i fenomeni naturali,

accorgendosi dei loro cambiamenti.- Si interessa a macchine e strumenti tecnologici, sa

scoprirne le funzioni e i possibili usi.74

Obiettivi Contenuti Attività Strategie Strumenti Durata

Individuare ladifferenza tra glioggetti caldi e gli

oggetti freddi.

Concetto ditemperatura:differenza tracorpi caldi ecorpi freddi.

Gioco stiletaboo:

individuare lacaratteristicadegli oggetticaldi e freddi.Esplorazione -manipolazione

della percezionedi caldo e di

freddo attraversola diversa

temperaturadell’acqua.

Costruzione diun termometro

grafico.

Giocoesplorativo.

Verbalizzazionee discussionecooperativa.

Attivitàindividuale.

Flashcards.Bacinelle conacqua calda eacqua fredda.Termometro.

Cartellonebianco. Fogli

bianchi.

Circa un'ora emezza.

Individuare latrasformazione

dello statogassoso (l'aria)posto a contattocon una fonte dicalore (l'acqua

Espansionetermica allo stato

gassoso.

Esperimento:dimostrazionedell'espansionetermica dell'aria

contenutaall'interno della

bottiglia di vetro.

Esplorazioneguidata con

esperimento ediscussionicooperative.

Attivitàindividuale.

Materialinecessari perl'esperimento:

bottiglia di vetro;palloncinosgonfio;bacinella

Circa un'ora emezza.

74Cfr. Indicazioni Nazionali, pp. 22-23.

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calda). Verbalizzazionee discussione

guidata.

trasparente;bollitoreelettrico.

Individuare lecaratteristiche

del calore.

Concetto dicalore.

Diverse tipologiedi fonti di calore:il sole, il fuoco,l'acqua calda..

Gioco delFuoco.

Verbalizzazionee discussionecooperativa.

Giocoesplorativo.

Attivitàindividuale.

Spazi per ilgioco: giardino

della scuola.

Circa un'ora emezza.

I contenuti che ho affrontato sono i seguenti:

Concetto di temperatura in relazione al termometro: il caldo e il freddo

La trasformazione termica allo stato gassoso: l’espansione dell’aria

Il concetto di calore

L’intento è stato quello di proporre ai bambini attività per le quali fosse possibile fare

osservazioni dirette, esperimenti e giochi esplorativi. Il progetto si è suddiviso in più attività e

in ogni fase ho consegnato specifiche domande e concetti stimolo, proponendo agli alunni di

osservare i fenomeni e fornire delle semplici ipotesi nel piccolo o grande gruppo, poi

verificate attraverso gli esperimenti o l’esperienza concreta.

3.9. Primo incontro: la temperatura

6 aprile 2017

La discriminazione tra il caldo e il freddo è un’esperienza quotidiana nella vita dei bambini,

fin dalla più tenera età. L’obiettivo di apprendimento da far raggiungere agli alunni per questa

prima attività è stato quello di individuare la differenza tra gli oggetti caldi e gli oggetti

freddi. Consapevole che sarebbe stato difficile giungere alla definizione di temperatura, mi

sono soffermata sul riconoscimento e la manipolazione di oggetti caldi e oggetti freddi, per

giungere alla creazione di un termometro grafico.

3.9.1. Gioco esplorativo: il taboo

Come prima attività ho proposto ai bambini un gioco esplorativo: per descrivere qualcosa

avrebbero potuto/dovuto utilizzare anche la caratteristica di caldo o di freddo, che è la

temperatura. Per questo ho pensato al taboo: quindi ho realizzato delle flashcards in cui ho

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disegnato vari oggetti caldi e freddi che un bambino avrebbe dovuto far indovinare agli altri,

senza però nominare l’oggetto visualizzato.

Il giorno dell’incontro ho allestito l’ambiente in modo tale da creare un cerchio sul pavimento

con i bambini: in questo modo ognuno poteva partecipare alla conversazione comune. Io mi

sono posizionata insieme a loro accanto a due bambini ed ho iniziato a spiegare le regole del

gioco. Molti di loro mi hanno guardata con curiosità e qualcuno ha prontamente detto: ma

questo è come il gioco dei “mimi”?

Avevo messo le carte all’interno di un piccolo astuccio che ho posto al centro del nostro

cerchio: il bambino o la bambina che provava a far indovinare la figura avrebbe scelto in

modo casuale la carta, pescando direttamente dall’astuccio.

Abbiamo iniziato a giocare: ho fatto la conta per decidere chi dovesse iniziare e…

Prima flashcard: il gelato.

Matteo ha iniziato a descrivere la carta, inizialmente facendo il gesto e mimando

l’azione di quando si mangia il gelato. Ho prontamente fermato il bambino, dicendo di

ricordarsi le regole del gioco: non dobbiamo mimare, ma provare a descrivere

l’immagine senza dire il nome. Per aiutarlo gli ho consigliato: prova a dire i colori,

prova a dire la forma, prova a dire che sensazione provi quando tocchi questa cosa,

prova a dire quando e dove lo utilizzi, etc. Quindi il bambino ha iniziato ad esporre:

ha tre palline sopra e Laura ha provato a rispondere: è il lecca-lecca! Lui ha

proseguito: sotto è triangolare e si può mangiare. Provando ad aiutarlo, ho suggerito a

Matteo: quale altra caratteristica possiamo aggiungere per farli indovinare? Quando

lo mangiamo che sensazione proviamo? Quindi ha aggiunto: è freddo! Dopo questa

affermazione, Miriam ha indovinato dicendo: è il gelato!

Seconda flashcard: la pizza.

La seconda carta è stata pescata da Miriam in quanto aveva indovinato la prima

flashcard. Inizia la descrizione dicendo subito: è calda. Aggiunge che è anche buona e

i bambini cominciano a fare le loro ipotesi: è la cioccolata calda, è il toast! La

bambina continua dicendo che è tonda e molti suggeriscono: il panino, la ciambella! È

stato importante dare informazioni sui colori, infatti quando Miriam ha affermato che

è rossa e bianca, Michele ha affermato: è la pizza!

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Le due carte sono state poi mostrate ai bambini e posizionate una accanto all’altra nel centro

del pavimento: i bambini, prima che li facessi ragionare io, hanno affermato che le due carte

si contrapponevano per quanto riguarda la differenza tra caldo e freddo.

Il gioco è proseguito e i bambini hanno descritto anche i seguenti oggetti: la cioccolata calda e

il té freddo. Dopo aver posizionato anche queste carte sul pavimento, abbiamo riflettuto sulla

differenza tra gli oggetti caldi e gli oggetti freddi e, quando ho detto ai bambini che avremmo

dovuto finire il gioco per passare ad un’altra attività, tutti erano dispiaciuti perché avrebbero

voluto continuare a giocare ancora: li ho tranquillizzati dicendo che avrei lasciato loro le

carte, in modo da poterci giocare in altri momenti della giornata o nei giorni successivi.

L’attività si è basata molto sulla partecipazione e lo scambio comunicativo tra tutti i bambini.

Il mio ruolo è stato quello di guida, cercando di indirizzarli nel modo più opportuno durante le

descrizioni e le conversazioni.

All’interno dell’obiettivo di apprendimento che ho elaborato attraverso le Indicazioni

Nazionali, ho inoltre analizzato tre aspetti fondamentali che possono collegare questa attività

ai prerequisiti di lettura e scrittura, fondamentali nella scuola dell’infanzia:

Trovare risposte→ che cos’è, di cosa è fatto, etc. Questo obiettivo è importante perché

la lingua si basa proprio sullo stimolo-risposta

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Fare domande, dare e chiedere spiegazioni→ questi due obiettivi di apprendimento

sono propedeutici per usare in modo corretto la lingua; si può parlare infatti di

funzione metalinguistica: le parole che in questo caso rappresentano gli oggetti, in

questo caso) si spiegano con le parole stesse

Dare un nome alle proprietà individuate→ è un obiettivo importante per arricchire il

lessico dei bambini, e quindi è propedeutico alla lingua orale e scritta

3.9.2. Esplorazione - manipolazione del caldo e del freddo

Nell’attività successiva ho fatto esplorare e manipolare ai bambini il caldo e il freddo con due

bacinelle di acqua a temperature diverse: l’acqua calda è stata riscaldata con il bollitore

elettrico, mentre l’acqua fredda è stata presa direttamente dal rubinetto.

In questa attività si è presentata una difficoltà di routine del gruppo, in quanto i bambini si

sono alzati tutti in piedi per poter toccare con le mani l’acqua all’interno delle bacinelle, che

avevo lasciato sopra la cattedra. Ho provveduto quindi, anche con l’aiuto di Tiziana, a

richiamarli e farli sedere di nuovo per terra e in cerchio, dicendo loro che sarei passata con

una bacinella alla volta e che avrebbero potuto toccare l’acqua con la punta delle dita.

In questa attività è stato importante far ragionare i bambini su quale senso utilizziamo per

riconoscere la sensazione di freddo e di caldo: il tatto. In una conversazione successiva alla

manipolazione, ho fatto pensare ai bambini a quali altri oggetti possiamo usare nella nostra

vita quotidiana che ci ricordano il caldo e il freddo: molti hanno parlato della borsa dell’acqua

calda, del forno, dei cubetti di ghiaccio e del frigorifero.

Soltanto dopo aver fatto queste considerazioni ho detto ai bambini che la differenza tra caldo

e freddo possiamo definirla come temperatura. Mi sono accorta che non tutti hanno colto

l’affermazione, ma è quello che mi aspettavo in quanto non è un termine frequente nella loro

quotidianità.

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3.9.3. Il termometro grafico

Dopo aver esplorato la sensazione di caldo e di freddo, ho domandato ai bambini: Come

possiamo misurare o capire quanto caldo o freddo sia un oggetto? Inizialmente la domanda è

risultata difficile per molti di loro, soltanto quando ho parlato del corpo umano Laura ha

risposto: con il termometro! Seguiti dalla sua affermazione, tutti poi hanno raccontato le loro

esperienze riguardo alla febbre e alla fronte calda, motivo per cui la mamma fa misurare la

loro temperatura con il termometro. Inoltre avevo portato da casa il mio termometro clinico;

l’ho fatto vedere ad ogni bambino prima che iniziassero a disegnare, lasciandolo poi in loro

visione per tutta la durata dell’attività. Quindi ho preso un cartellone bianco e ho guidato i

bambini alla descrizione del termometro, chiedendo loro se si ricordavano come è fatto e a

cosa può servire. Parallelamente, ho consegnato ai bambini un foglio bianco ciascuno, in

modo da far disegnare anche a loro il proprio termometro personalizzato. Prima di procedere

con la realizzazione del termometro comune, i bambini hanno disegnato e colorato il proprio

termometro.

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Ho iniziato a disegnare il termometro seguendo le indicazioni date dai bambini; però ho

specificato che si deve costruire seguendo una scala ben precisa. Occorre quindi scegliere due

punti di riferimento fissi, uno che rappresenti il punto di partenza della scala - lo zero - e uno

il punto di arrivo, e dividere poi l'intervallo tra i due punti di riferimento in un numero

definito di intervalli - tracciati con piccoli segmenti - in modo che a ciascuno corrisponda una

misura della temperatura. Per i punti di riferimento avevo preparato delle flashcards apposite

(il ghiaccio, il fuoco, etc.). Quindi ho guidato i bambini alla discussione spiegando che il

termometro possiede due punti ben precisi: quello del ghiaccio, posizionando la flashcard

corrispondente nel punto più in basso (0°) e quello dell'acqua bollente nel punto più in alto

(100°). Per queste spiegazioni ho utilizzato termini molto semplici e vicini alla lingua parlata

dei bambini, per esempio per definire l’acqua bollente come il punto massimo ho detto ai

bambini: pensate al fuoco, è qualcosa che non si può toccare perché brucia tantissimo!

Abbiamo preso in considerazione anche un terzo punto di riferimento tale da rappresentare la

metà tra la quantità minima e quella massima: ho chiesto ai bambini di proporre loro una

temperatura intermedia e abbiamo deciso di utilizzare la flashcard corrispondente al bambino

con la febbre, forse perché più vicina alle loro esperienze concrete (rispetto, ad esempio, alla

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flashcard di un deserto).

I tre punti di riferimento sono stati abbinati ad un colore ed una simbologia, decisa e disegnata

sul momento con i bambini. Così ho chiesto loro:

Quale colore possiamo utilizzare per ricordare il caldo rappresentato dall'acqua

bollente? Il rosso? Perché? Ricorda il fuoco? Oppure il giallo? Perché? Ricorda il

sole? Deciso di utilizzare il colore rosso ho colorato, aiutata da alcuni bambini, la

parte superiore del termometro di rosso.

Con quale colore, invece, possiamo ricordare il freddo rappresentato dal ghiaccio? Il

bianco? Ricorda la neve? Oppure il celeste? Ricorda il colore del ghiaccio? Dopo

un’attenta conversazione abbiamo optato per il colore azzurro, colorando così la parte

inferiore del nostro termometro.

Pensiamo al bambino con la febbre che rappresenta il nostro punto a metà del

termometro: quale colore utilizziamo? Ho fatto riflettere i bambini, in questo caso,

sulle varie sfumature dei colori intermedi tra rosso e celeste, decidendo di utilizzare il

colore giallo.

Adesso pensiamo ad un simbolo che possa contenere i colori appena decisi: l'idea è

stata quella di utilizzare una forma rettangolare, in modo da ricordare ai bambini la

forma della linea che indica il numero in gradi sul termometro. Per costruire la

simbologia ho utilizzato e ritagliato un cartoncino rigido dei colori scelti.

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Successivamente sono state prese in considerazione altre flashcards: la loro posizione sul

termometro poteva oscillare in base alla loro temperatura. Ad esempio, mostrata la flashcard

con l'immagine del frigorifero, dopo aver fatto ragionare i bambini, questa è stata posizionata

appena sopra lo 0°. Inoltre abbiamo fatto un ragionamento aggiuntivo circa l'attribuzione di

colori anche per le altre flashcards e abbiamo deciso di utilizzare una sfumatura che parte dal

blu intenso e arriva al rosso intenso.

Per molti bambini non è stato immediato associare il numero espresso in gradi alla

temperatura corrispondente, ma questo non è stato un problema rilevante in quanto

l’essenziale era che tutti comprendessero qualitativamente la scala graduata del termometro:

cioè che in basso si trovano gli oggetti più freddi, e andando verso l’alto gli oggetti diventano

progressivamente più caldi.

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3.9.4. Colora il caldo e il freddo

Per verificare l’obiettivo di apprendimento ho consegnato ai bambini un’esercitazione: avevo

disegnato una serie di immagini che rappresentavano oggetti a temperature molto alte o molto

fredde da colorare seguendo la convenzione per la temperatura scelta insieme nell’attività

precedente, utilizzando quindi i colori rosso e blu e le sfumature intermedie.

3.10. Secondo incontro: espansione termica allo stato gassoso

11 aprile 2017

Il secondo incontro si è focalizzato sul calore, o più precisamente su qualcosa di tanto caldo:

questa è l’espressione che ho utilizzato con i bambini, poiché ritenevo che il termine calore

sarebbe risultato troppo difficile o, comunque, non ancora così presente nelle loro esperienze

quotidiane. Il modo migliore per percepire visivamente l’effetto del calore è quello di

trasferirlo ad un gas, per esempio l’aria. Prima di effettuare l’esperimento dell’espansione

termica, fatto anche alla scuola primaria, è necessario che i bambini conoscano e sappiano che

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cos’è l’aria: per questo, insieme a Tiziana, abbiamo pensato di proporre ai bambini una serie

di attività propedeutiche, ovvero giochi ed esplorazioni concrete.

1. Gonfiare il palloncino e capire che utilizziamo l’aria per farlo

2. Gioco a gruppi o a coppie: soffiare sui palloncini appena gonfiati

3. Soffiare all’interno di una cannuccia e sentire con la mano l’aria che fuoriesce da essa

Le immagini documentano queste attività.

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3.10.1. Esperimento del palloncino: l’espansione termica di un corpo gassoso

Dopo aver effettuato le attività propedeutiche, ho attivato le pre-conoscenze dei bambini

riguardo all’incontro precedente: tutti hanno ricordato le esperienze svolte insieme, in

particolare il gioco e il termometro.

L’obiettivo di questa attività era quello di dimostrare la trasformazione termica dell'aria a

causa dell'aumento di temperatura provocato da una fonte di calore. Infatti: l'espansione dei

gas consiste nell'aumento di volume della sostanza allo stato aeriforme al crescere della

temperatura, se il recipiente lo consente.

Ho presentato i materiali ai bambini: una bottiglia di vetro, un palloncino sgonfio, una

bacinella e un bollitore elettrico.

Prima di effettuare l’esperimento, l'attenzione è stata posta su due aspetti fondamentali:

1. La bottiglia non è vuota, contiene aria all'interno: il palloncino ci serve per far vedere

come l'aria si sta allargando ed espandendo all'interno

2. L'acqua calda corrisponde a ciò che possiamo denominare come contenitore di calore.

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Dopo aver posto la bottiglia dentro l’acqua calda, abbiamo visto che il palloncino si gonfiava,

cioè che l'aria all'interno del palloncino si espandeva. Abbiamo fatto alcune osservazioni: il

palloncino si gonfia a causa del passaggio di calore dall’acqua calda all’aria contenuta nella

bottiglia. Per far comprendere meglio ai bambini ciò che stava succedendo, ho pensato di far

toccare ad ognuno di loro il palloncino e, contemporaneamente, la bacinella che in quel

momento era molto calda: questo ha permesso loro di associare il gonfiarsi del palloncino con

qualcosa di molto caldo. Ho provveduto ad utilizzare termini più semplici e adeguati per l'età

bambini, come ad esempio: l'aria all'interno del palloncino si gonfia, ingrassa, aumenta.

Abbiamo poi dimostrato l'esperimento inverso: mettendo la bottiglia sopra il tavolino a

temperatura ambiente, il palloncino si è sgonfiato.

Ho detto ai bambini che questo grande caldo possiamo chiamarlo calore e qualcuno ha

ricordato l’utilizzo del termine in alcuni contesti, come ad esempio il calore che sentiamo nel

corpo quando è estate e fa molto caldo.

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3.10.2. Disegno dell’esperimento

Dopo l'esperimento ho chiesto ai bambini di disegnare il comportamento del palloncino a

contatto con la bottiglia su un foglio diviso in due parti: sia a temperatura ambiente, e questo

ci indica il prima, sia a contatto con la bottiglia immersa nella bacinella piena di acqua calda,

e ciò rappresenta il dopo. In questa consegna è stato necessario chiarire quale fosse la parte

sinistra e la parte destra del foglio, in quanto alcuni dei bambini non ne avevano ancora la

totale percezione.

3.11. Terzo incontro: il gioco del fuoco

19 aprile 2017

Come ultima attività ho pensato di proporre ai bambini un gioco esplorativo - simile a “Il lupo

mangia frutta” - per capire una proprietà fondamentale del calore: il fatto che si trasmette

sempre da un corpo più caldo a un corpo più freddo. Anche se con una modalità diversa, data

l’età dei bambini, ho ritenuto tale proposta di fondamentale importanza per il fatto che ho

affrontato e insistito su questo argomento anche nella scuola primaria.

3.11.1. Il gioco esplorativo

Essendo una giornata di sole, ho pensato di portare i bambini a giocare fuori nel giardino della

scuola. Prima di giocare ho attivato le pre-conoscenze sulle attività svolte in precedenza e ho

detto loro che avremmo giocato facendo finta di essere qualcosa di tanto caldo che va alla

ricerca di qualcosa di freddo. Ho spiegato quindi le regole del gioco: un bambino ha il ruolo

del fuoco con la funzione di scaldare gli alimenti - gli altri bambini - che si trovano all'interno

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del frigorifero; il fuoco potrà scegliere e chiamare un bambino per volta, attraverso il nome

del cibo corrispondente. I bambini che rappresentano gli alimenti avranno a disposizione una

flashcard, pescata da un contenitore, con il disegno di un alimento: può essere un pesce, un

pollo, un tipo di verdura, etc. Per rappresentare l’area del frigorifero in cui stavano i bambini-

alimento, abbiamo scelto il muretto adiacente al cancello. Con la conta abbiamo scelto il

primo bambino fuoco e gli altri hanno pescato le loro carte.

Inizia il gioco: i bambini stanno in silenzio fino a che il fuoco non chiama il loro nome. Così,

il bambino alimento inizia a correre e il fuoco prova a catturarlo; una volta catturato, sarà

riuscito a scaldare il cibo; quest’ultimo diventa così il nuovo fuoco.

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3.11.2. Disegno e verbalizzazione

Dopo il gioco - ripetuto più volte - ho chiesto ai bambini di disegnare l’esperienza,

descrivendo dietro al disegno la loro verbalizzazione orale sull’attività svolta.

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Capitolo 4. Valutazione e analisi dei due progetti didattici

4.1. Premessa: la valutazione scolastica75

Il processo valutativo è un percorso di analisi molto complesso che consiste nell’attribuzione

di valore a fatti o eventi in relazione agli obiettivi che l’insegnante intende perseguire. Un

progetto didattico ha senso quando intenzionalmente si vogliono perseguire degli obiettivi non

raggiungibili con un’azione immediata e con l’impiego casuale dei mezzi e delle risorse

disponibili: ci troveremmo, altrimenti, di fronte a un operazione meccanica che, per quanto

efficace nell’immediato, potrebbe risultare inadeguata nel lungo termine per il perseguimento

di traguardi più complessi. Per valutare i due progetti didattici ho preso in considerazione tre

criteri specifici:

la trasmissione critica delle conoscenze e delle informazioni;

il controllo dell’adeguatezza del canale comunicativo e dell’approccio metodologico

impiegato;

lo sviluppo e il sostegno della motivazione;

la valutazione delle conoscenze e delle competenze acquisite.

All’inizio di ogni attività formativa occorre sviluppare interventi di verifica capaci di

promuovere una valutazione diagnostica dei prerequisiti cognitivi e affettivo-motivazionali di

ciascuno e di tutti gli alunni del gruppo considerato. In entrambi i gruppi ho potuto verificare

quali fossero le azioni necessarie per garantire a tutti gli alunni il possesso di determinati

prerequisiti, principalmente cognitivi. Grazie alla valutazione formativa in itinere, ho

identificato i punti deboli e i punti forti degli allievi e questo ha reso possibile una base

informativa per il miglioramento della qualità dell’approccio metodologico.

La valutazione sommativa ha invece la funzione di un bilancio conclusivo, non analitico, ma

riferito agli apprendimenti che il progetto didattico ha promosso in ogni alunno.

Gli strumenti di valutazione, di cui mi sono servita, sono distinti in prove orali e prove scritte,

scritto-grafiche e pratico-operative.

Le più importanti considerazioni che ho effettuato per valutare ogni prova di verifica sono:

75Cfr. Domenici, Manuale della valutazione scolastica, Editori Laterza, 1993.

110

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il fatto che una prova è un artificio utilizzato per sollecitare la manifestazione di

abilità, conoscenze e competenze possedute o raggiunte dagli alunni attraverso cui si

strutturano certi saperi registrandone gli esiti, al fine di esprimere giudizi valutativi

sull’efficacia delle attività svolte e di indirizzare opportunamente le azioni successive;

il fatto che una prova di verifica, in quanto strumento, rappresenta un costrutto teorico-

operativo elaborato per poter osservare al meglio gli aspetti della realtà formativa che

più interessano all’insegnante;

il fatto che una prova è un mezzo impiegato per ricavare il più alto numero di

informazioni affidabili sull’apprendimento: una classificazione rigorosa delle prove di

verifica deve tenere conto delle caratteristiche formali che si offrono agli allievi e la

tipologia delle risposto che si richiedono.

Quindi una prova di verifica è un vero e proprio strumento di osservazione e di indagine

conoscitiva e dalla qualità delle risposte deriverà il grado di validità e di attendibilità delle

informazioni ricevute.

I criteri e le procedure utilizzate per l’elaborazione e la messa a punto delle prove oggettive

sono state diverse in base ai due diversi ordini di scuola su cui ho effettuato i progetti

didattici.

La sequenza di operazioni compiuta per quanto concerne la scuola primaria è la seguente:

determinazione degli ambiti disciplinari oggetto di verifica, delle caratteristiche degli

allievi, ossia il livello di difficoltà complessiva della prova;

definizione e analisi degli obiettivi specifici della verifica;

determinazione preventiva della durata della prova;

scelta della tipologia più opportuna degli item da utilizzare;

determinazione dei punteggi da assegnare ad ogni tipo di quesiti a seconda che si

registrino risposte esatte, parziali, sbagliate o omesse.

Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia l’indagine è stata finalizzata ad una osservazione

sistematica a cui ho affiancato strumenti, a mio parere, più idonei per i tipi di attività che

stavo conducendo con i bambini:

registrazione video delle attività

schede di annotazione e di resoconto narrativo111

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L’osservazione sistematica è una procedura che permette di rilevare in certi contesti,

comportamenti, dati e informazioni che, tra i tanti possibili, assumono particolare significato

in relazione a un’ipotesi formulata in base a una teoria interpretativa e condivisa del

fenomeno indagato. Per rendere i dati rilevabili e rilevati validi, attendibili e obiettivi è stato

necessario definire accuratamente che cosa, come e quanto osservare.76

4.2. Scuola primaria: la prova di verifica

14 marzo 2017

Dopo aver effettuato tutti gli incontri previsti, ho elaborato una prova finale per verificare il

raggiungimento degli obiettivi prefissati all’inizio del percorso sia per gli alunni sia per me

come insegnante. Ho deciso di strutturare una prova scritta inserendo domande su tutti gli

argomenti affrontati. Si tratta di 10 domande di cui 4 domande aperte, 1 domanda aperta con

disegno, un compito autentico e 4 domande chiuse. Tra queste ho inserito due domande

relative a temperatura e calore simili a quelle presenti nel questionario preliminare, in modo

da verificare eventuali miglioramenti. Ho aggiunto anche una domanda finale che

riguardava il gradimento dell'attività e richiedeva una riflessione sul

metodo scientifico, metodo di lavoro con cui abbiamo lavorato insieme. Il criterio generale

con cui ho preparato questa prova è stato quello di ideare domande che avessero un

riferimento a ciò che avevamo fatto insieme in classe e rapportato alla quotidianità; questo

perché ho voluto indagare indirettamente se i bambini, attraverso la metodologia svolta,

avessero effettivamente capito in modo più dettagliato gli argomenti affrontati.

Il giorno della prova i bambini erano tutti presenti; ho suggerito di stare tranquilli, dicendo

loro che, in caso di domande o dubbi, io sarei stata sempre lì presente per aiutarli: li ho

tranquillizzati anche sul fatto che fossero tutti argomenti e concetti affrontati insieme nelle

lezioni passate. Ho fatto dividere i banchi e la prova è iniziata, durando circa un’ora e mezza.

76Cfr. Domenici, Op, cit., pp.179-180.

112

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4.2.1. Correzione e analisi delle risposte date in ogni domanda della prova

Per correggere la prova di verifica ho assegnato ad ogni domanda un punteggio specifico, per

un totale complessivo di 30 punti:

Prima domanda 4/5 punti se la risposta è corretta; 3 punti se la rispostaè corretta ma incompleta in parte; 1/ 2 punti se risposta

è incompleta o sbagliata

Seconda domanda 1 punto se la risposta è corretta; 0 punti se la risposta èsbagliata

Terza domanda 1 punto se la risposta è corretta; 0 punti se la risposta èsbagliata

Quarta domanda 3 punti se la risposta è corretta; 2 punti se la risposta ècorretta ma incompleta in parte; 1 punto se la risposta è

incompleta; 0 punti se la risposta è sbagliata

Quinta domanda 4/5 punti se la risposta è corretta; 2/3 punti se larisposta è incompleta; 0/1 punto se la risposta è

sbagliata

Sesta domanda 3 punti se la risposta è corretta; 2 punti se la risposta ècorretta ma incompleta; 0/1 punto se la risposta è

sbagliata

Settima domanda 5 punti se la risposta è corretta; 3/4 punti se la rispostaè corretta ma incompleta; 2 punti se la risposta èincompleta; 0/1 punto se la risposta è sbagliata

Ottava domanda 1 punto se la risposta è corretta; 0 punti se la risposta èsbagliata

Nona domanda 4/5 punti se la risposta è corretta; 3 punti se la rispostaè corretta ma incompleta; 2 punti se la risposta è

incompleta; 1 punto se la risposta è sbagliata

Decima domanda 1 punto se la risposta è corretta; 0 punti se la risposta èsbagliata

Non ho voluto dare un voto numerico da 0 a 10, ma ho seguito il criterio numerico

universitario, dando però ai bambini una valutazione in giudizi ed ho considerato i punteggi

nella modalità seguente:

meno di 18: insufficiente

tra 18 e 20: sufficiente

tra 21 e 27: buono

tra 28 e 30: ottimo

113

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Ho deciso di non attribuire un voto in quanto ho ritenuto più opportuno fare una valutazione

complessiva successivamente, considerando anche le osservazioni in itinere, il lavoro svolto

con gli elaborati personali, gli interventi fatti durante le lezioni e l’interesse dimostrato.

Dopo aver corretto la prova, ho esaminato le risposte date alle singole domande:

Prima domanda: definizione di temperatura

I dati ottenuti sono stati molto positivi: 24 bambini su 25 hanno dato una risposta corretta. Il

criterio per cui ho deciso di dare, ad alcuni, 4 punti anziché 5 è perché ogni valutazione è stata

fatta tenendo conto della diversità delle risposte e quindi dell’impossibilità di avere in realtà

un criterio universale e che valga in ogni contesto. In questo caso ho ritenuto che, tra i 21 che

hanno dato una risposta corretta, in 4 hanno dato una risposta incompleta. Nessuno dei

bambini ha dato una risposta sbagliata.

114

21

31

Risposte alla defnizione di temperatura

Risposta correttaRisposta corretta ma incompleta in parteRisposta incompleta

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Riporto di seguito due esempi di risposte date77:

Considerando che uno dei punti critici del questionario è stato proprio la definizione e il

concetto di temperatura e posto che questa sia, inseme al calore, il nucleo fondante del

progetto, ho creato un grafico in cui fosse evidente il miglioramento ottenuto dai bambini e il

raggiungimento dell’obiettivo prefissato all’inizio.

77Le due immagini mostrano le risposte date dagli alunni C.R. e A.R.

115

Risposta esata Risposta incerta Risposta sbagliata0

5

10

15

20

25

La temperatura

Questionario inizialeProva finale

Risposte date

Num

ero

dei b

ambi

ni

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Seconda domanda - che cos’è il calore?

A questa domanda hanno risposto tutti bene a parte un bambino il quale, però, durante la

correzione della prova ha dimostrato di aver avuto una distrazione nel momento del compito

(a voce mi ha dato la risposta giusta).

È un’energia in transito - in movimento - che si ha quando mettiamo a contatto due corpi a

temperatura diversa: si trasmette sempre dal corpo più caldo al corpo più freddo.

Così come ho fatto per la temperatura, ho deciso di creare un grafico relativo al concetto di

calore, riuscendo a visualizzare meglio il raggiungimento dell’obiettivo da parte dei bambini.

Terza domanda - il volume di un corpo a contatto con una fonte di calore

Anche questa domanda chiusa ha registrato tutte risposte giuste.

3) Che cosa succede generalmente se forniamo calore ad un corpo - gassoso, solido o liquido?

Risposta: il loro volume aumenta.

116

Risposta esata Risposta sbagliata0

5

10

15

20

25

Il calore

Qurstionario inizialeProva finale

Risposte date

Num

ero

dei b

ambi

ni

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Quarta domanda - il movimento delle molecole a contatto con una fonte di calore78

Questa è stata una delle domande più critiche: molti bambini hanno risposto alla domanda

tenendo conto della struttura molecolare nei tre stati della materia, senza far riferimento alla

fonte di calore.

Undici bambini, comunque, hanno dato una risposta corretta; 4 bambini hanno risposto

correttamente ma con qualche imprecisione, sopratutto linguistica; 10 bambini hanno risposto

in modo sbagliato, per i motivi spiegati sopra.

78Le immagini mostrano le risposte date dalle alunne Y.J. e G.C.

117

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Quinta domanda - la dilatazione termica allo stato liquido79

I dati hanno registrato un’ottima percentuale di risposte positive per questa domanda; infatti

17 alunni su 25 hanno risposto in modo corretto, descrivendo l’esperimento svolto in classe.

Dei restanti bambini, 7 hanno dato una risposta molto sintetica anche se giusta, ma senza

nominare l’esperimento, per cui ho deciso di dare o 2 o 3 punti; una bambina ha fatto

confusione con la domanda, descrivendo l’esperimento fatto per lo stato gassoso, dovendo

darle per questo 0 punti.

Sesta domanda - il funzionamento del termometro80

Per quanto riguarda questa domanda ci sono stati bambini che hanno confuso o non capito che

cosa dovevano rispondere. Infatti, durante la correzione, alcuni mi hanno comunicato che,

avendo appena descritto la dilatazione termica nella domanda precedente, non riuscivano a

capire come spiegare questo collegamento. Nonostante questa criticità, comunque, 20 hanno

dato una risposta corretta, alcuni con qualche imprecisione, ad esempio non facendo

riferimento alle molecole o scrivendo la risposta in modo sintetico (ricevendo 2 punti anziché

3); 5 bambini hanno risposto in modo sbagliato, rispondendo con la definizione di calore e

trovando le difficoltà per i motivi spiegati sopra.

79L’immagine mostra la risposta data dall’alunno A.M.

80L’immagine mostra la risposta data dall’alunna A.R.

118

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Settima domanda – l’esperimento di Gravesande81

Nella domanda relativa alla spiegazione, anche con un disegno dimostrativo, dell’esperimento

sulla dilatazione termica allo stato solido, 25 bambini su 25 hanno risposto e disegnato

correttamente.

Quattro bambini hanno risposto o disegnato in modo più sintetico, ricevendo comunque un

punteggio pari a 4.

Un aspetto che ho voluto sottolineare e che è stato tralasciato in alcune risposte date dai

bambini è il riferimento al prima, lasciato senza approfondimento; ho specificato quindi che

la sfera prima di essere riscaldata fosse a temperatura ambiente, aspetto necessario per poter

affermare la conseguenza.

81L’immagine mostra la risposta data dall’alunna A.R.

119

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Ottava domanda - espansione termica del palloncino

Per questa domanda chiusa hanno risposto bene 20 bambini su 25. Durante la correzione del

compito i 5 bambini che hanno risposto si sgonfia anziché si gonfia , mi hanno spiegato che

non erano riusciti a collegare questa domanda al fenomeno dell’espansione termica, cadendo

quindi in errore.

Nona domanda - l’equilibrio termico82

Questa domanda è un compito autentico ed è riferita all’ultima esperienza fatta insieme in

classe. I bambini hanno risposto nella media correttamente, riportando 18 di essi 4 e 5 punti; 3

bambini hanno risposto spiegando il fenomeno ma senza nominarlo, ricevendo quindi 3 punti;

4 bambini hanno risposto dando la definizione ma non spiegando il fenomeno, ricevendo

quindi 1 o 2 punti.

82L’immagine mostra la risposta data dall’alunna M.C.

120

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Decima domanda - il calore ha un peso?

Nell’ultima domanda chiusa 20 bambini hanno risposto correttamente, mentre soltanto in 5

hanno dato la risposta sbagliata; penso che questo sia dovuto essenzialmente ad un errore di

distrazione, in quanto oralmente e facendo riferimento all’esperimento fatto insieme, tutti i

bambini erano convinti del fatto che il calore non avesse un peso, e quindi non fosse una

sostanza ma una forma di energia.

Analizzando complessivamente i punteggi ottenuti dagli alunni ho potuto appurare il

raggiungimento pieno degli obiettivi di apprendimento prefissati all’inizio:

meno di 18, insufficiente: 0 alunni

tra 18 e 20, sufficiente: 3 alunni

tra 21 e 27, buono: 15 alunni

tra 28 e 30, ottimo: 7 alunni

4.2.2. Consegna e valutazione finale

Per la valutazione finale ho considerato diversi fattori. Per ogni alunno ho preso in

considerazione il livello di partenza dato dal risultato del questionario (inadeguato,

sufficiente, buono, ottimo..) e ho messo in relazione questo giudizio con quello della prova di

verifica finale, in modo da poter osservare i miglioramenti o eventuali peggioramenti.

Ho prestato inoltre attenzione ad un’osservazione in itinere delle risposte date nelle

121

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interrogazioni e alla partecipazione (o meno) durante le lezioni svolte insieme.

Per valutare complessivamente ogni alunno, attribuendo ad ognuno di loro una votazione in

decimi, ho creato una tabella in cui ho inserito gli indicatori di cui fare riferimento per

assegnare un punteggio, seguendo criteri ben precisi. Il punteggio complessivo, dato dalla

somma dei criteri, se tutto corrispondente alla votazione maggiore per ogni indicatore, risulta

essere 10; ogni bambino è stato valutato tenendo conto della partecipazione orale e

comunicativa durante le lezioni, dell’elaborato personale o di gruppo e della prova finale.

Indicatori: Criteri per la valutazione:

Articolazione e coerenza argomentativa (scritto eorale)

1: argomenta in modo superficiale2: argomenta in modo mediamente coerente3: argomenta in modo articolato e coerente

Uso del linguaggio specifico (scritto e orale) 1: spesso incompleto1,5: mediamente completo e corretto

2: completo e corretto

Conoscenza dei contenuti (scritto e orale) 1: non sempre completa1,5: completa ma non approfondita

approfondita2: approfondita e completa

Applicazione delle regole e rielaborazione personaledei contenuti (scritto e orale)

1: applica le regole non in modo autonomo e rielaborai contenuti con imprecisioni

2: applica le regole in modo autonomo ma rielabora icontenuti con imprecisioni

3: applica le regole in modo preciso e autonomo erielabora in modo coerente i contenuti

122

A S F G I M A L T R F F J E G I A C C E G F N L M4

5

6

7

8

9

10

Valutazione complessiva degli alunni

Voto degli alunni

Alunni

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Nel grafico ho riportato la valutazione complessiva di ogni alunno: le lettere indicate sull'asse

sono le iniziali dei nomi degli alunni. Il grafico mostra come gli obiettivi prefissati nel

progetto siano stati raggiunti pienamente dagli alunni: sono tutti sopra la sufficienza e il

valore medio è di circa 8,3.

Nel giorno della consegna agli alunni della prova finale, ho spiegato loro il mio sistema di

valutazione in dettaglio ed ho chiamato un bambino alla volta mostrando la griglia e il voto

complessivo raggiunto, dando loro spiegazioni e chiarimenti. Il voto è stato trascritto sul

registro elettronico, alla voce Scienze.

Molto soddisfatta dei risultati raggiunti, ho realizzato un confronto tra le valutazioni iniziali

date dal questionario e la valutazione finale appena citata.

Per avere una comprensione più chiara, ho trasformato i giudizi iniziali in voti, così da poter

avere un confronto migliore.

Quindi:

meno di 4 punti: non adeguato → voto 4/5

da 4 a 8 punti: sufficiente → voto 6/7

da 8 a 12 punti: buone conoscenze → voto 7/8

da 12 a 16 punti: ottime conoscenze → voto 9/10

123

A S F G I M A L T F F F J E G I A C C E G F N L M4

5

6

7

8

9

10

Confronto tra inizio e fine progetto

Valutazione finaleQuestionario iniziale

Alunni

Voto

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Dal grafico si può notare come gli alunni, a parte un solo caso di peggioramento e due casi di

equivalenza tra i due risultati, hanno dimostrato miglioramenti rispetto alla prova iniziale e

questo mi rende pienamente soddisfatta.

4.2.3. Rapporto con l’insegnante di classe

Per la realizzazione dell’intero progetto è stata per me fondamentale la presenza di Laura,

l’insegnante di classe e la mia tutor scolastica. Mi ha accompagnato in questo percorso

aiutandomi fin dalla progettazione iniziale: infatti, grazie ai molti incontri fuori dall’orario

scolastico e nei momenti di pausa - come l’intervallo - abbiamo parlato in particolare

dell’andamento della classe e delle strategie didattiche che avrei potuto usare con i bambini

per una maggiore riuscita sia nella dimensione gestionale che in quella cognitiva e

comunicativa. Laura è stata un’ottima tutor a livello umano in quanto mi ha supportato

durante le prime lezioni, quando avevo timore che qualcosa potesse andare male; ad esempio

prima di incominciare mi incoraggiava dicendo ai bambini: Margherita si è preparata molto

ma ha bisogno anche della vostra concentrazione perché la lezione abbia un seguito positivo,

mi raccomando di stare attenti e di seguirla. Conoscendo bene il gruppo-classe, ha saputo

darmi indicazioni su quali alunni dovessi concentrare di più l’attenzione e quelli che invece

avrebbero avuto meno difficoltà. Grazie anche alla sua presenza i bambini sono stati attenti,

sereni e si sono mostrati interessati agli argomenti da svolgere.

Inoltre Laura mi è stata di grande aiuto per la valutazione in itinere: nei momenti delle

interrogazioni - che ho fatto attraverso domande-stimolo o sulle pre-conoscenze degli

argomenti svolti nelle lezioni precedenti - ha osservato e scritto in un quaderno le annotazioni

più significative. Questo ha permesso poi di discuterne insieme, unendo le osservazioni di

entrambe e decidendo il voto finale per ogni alunno all’unanimità.

Grazie a Laura mi sono sentita parte della classe, come se fossi una sua collega, perché

abbiamo lavorato in team e perché mi ha dato tutto lo spazio e il tempo necessari, non ha fatto

obiezioni sulle mie proposte, si è dimostrata sempre disponibile e quando ha potuto, mi ha

dato ottimi consigli anche sui contenuti di scienze.

124

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4.2.4. Ultima domanda della prova: il gradimento del metodo scientifico

sperimentale

Come ultima domanda ho chiesto ai bambini se la metodologia con cui avevamo affrontato

insieme gli argomenti fosse stata di gradimento oppure no e se, soprattutto, fosse stato utile

indagare i fenomeni con le fasi comprendenti l’ipotesi iniziale e gli esperimenti.

Le risposte ricevute sono state tutte positive, a parte una non-risposta di un bambino che ha

lasciato lo spazio vuoto.

4.3. Scuola dell’infanzia: la valutazione degli obiettivi di apprendimento

Per valutare i bambini di 5 anni, ho preso in considerazione la descrizione del campo di

esperienza La conoscenza del mondo nelle Indicazioni Nazionali del 2012 e mi sono

soffermata su alcuni indicatori:

- la pertinenza degli interventi nel corso della conversazione/discussione

- il grado di impegno nel condurre un’attività assegnata

- la capacità di formulare semplici ipotesi

- la competenza lessicale e semantica

- l’uso adeguato degli indicatori temporali (prima, dopo, ora)

- la capacità di esprimere le proprie opinioni

125

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4.3.1. L'osservazione sistematica dei bambini in itinere

Per la valutazione degli obiettivi di apprendimento mi sono concentrata principalmente sulla

osservazione diretta dei bambini in ogni attività svolta e per farlo ho seguito un criterio base

per ognuna di esse:

1.Il bambino/la bambina durante l’attività ha partecipato in modo:

attivo

passivo

indifferente

Così ho analizzato le osservazioni fatte in ogni incontro, che mostrerò nei tre grafici seguenti.

126

15

3

4

Partecipazione dei bambini nel secondo incontro

Attivo

Passivo

Indifferente

1919

2211

Partecipazione dei bambini durante il primo incontro

AttivoAttivo

PassivoPassivo

IndifferenteIndifferente

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Per verificare l’efficacia dell’intero percorso ho osservato e rilevato se il bambino/la bambina

durante tutte le attività e in particolare nelle conversazioni guidate, gli scambi comunicativi

con i compagni e i giochi esplorativi, ha avuto determinati comportamenti e atteggiamenti.

Per poter effettuare un’analisi complessiva ho distinto i comportamenti positivi da quelli

negativi, riportandoli nei grafici seguenti.

127

E' at

ento/a

Intervie

ne spontan

eamen

te

Intervie

ne se a

iutato da u

n compag

no

Intervie

ne con cu

riosit

à sull'a

rgomen

to

Intervie

ne con orig

inalità

Collabora

con i c

ompagni

0

4

8

12

16

20

Atteggiamenti e comportamenti positivi

Numero di bambini/e

2222

Partecipazione dei bambini nel terzo incontro

AttivoAttivo

PassivoPassivo

IndifferenteIndifferente

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4.3.2. Il significato del disegno infantile

Per la valutazione complessiva ho deciso di basarmi anche sull’elaborazione di disegni da

parte dei bambini. Da un punto di vista evolutivo lo sviluppo del disegno è molto importante:

quando il disegno è scarabocchio, il bambino manifesta nei gesti immediati e improvvisi,

impulsi e tratti temperamentali allo stato puro; in seguito, nel periodo delle prime

rappresentazioni, esprime le emozioni, le scoperte, il suo modo di vedere gli oggetti e gli

esseri viventi.83 L’immagine diventa strumento d’espressione e di comunicazione perché il

bambino scopre che il discorso può essere rappresentato graficamente.

I disegni infantili possono essere esaminati da molte angolazioni: evolutiva, proiettiva,

narrativa, artistica, conoscitiva, etc. Come tali sono modi di espressione ed equivalgono ad un

discorso.84 Per questi motivi ho deciso di utilizzare il disegno come forma espressiva e

narrativa dei bambini, soprattutto per riuscire a cogliere in loro quanto possono esprimere

attraverso la forma grafica le loro percezioni sulle attività svolte, dato che ancora non possono

83Cfr. Anna Oliverio Ferraris, Il significato del disegno infantile di, p. 21.

84Cfr. Anna Oliverio Ferraris,Op. cit., p. 53.

128

Si dist

rae fa

cilmen

te

Parla c

on i compag

ni

Vuole ess

ere pro

tagonist

a

Ripete ciò

che e

ra sta

to già d

eto in

preced

enza

Si rif

uta di in

terve

nire

Non parteci

pa0

4

8

12

16

20

Atteggiamenti e comportamenti negativi

Numero di bambini/e

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farlo attraverso la scrittura.

4.3.3. I disturbi dello Spettro Autistico: modelli e tecniche per la didattica speciale

inclusiva

Per la preparazione del progetto non ho potuto non prendere in considerazione il fatto che

all’interno della sezione ci fosse una bambina con diagnosi di Sindrome di Autismo, sebbene

abbia un alto functioning cognitivo. Quindi ho predisposto l’ambiente in modo tale da

adeguare gli interventi nella sezione attraverso una didattica speciale, individualizzata e

inclusiva. L’esposizione precoce a contesti didattici interattivi potrebbe evidenziare il ruolo

determinante svolto dall’inclusione scolastica per la bambina con alterazioni dello spettro

autistico. Devono essere ricordate le difficoltà associate all’esposizione della bambina con

ASD ai contesti sociali, e particolarmente a quelli in cui sono presenti contemporaneamente

molti bambini, con elevati livelli di rumore ambientale.

La bambina infatti potrebbe sviluppare comportamenti problematici - aggressività, stereotipie,

urla - per segnalare il suo disagio. I principali interventi indispensabili per la realizzazione di

ogni percorso didattico specificamente rivolto al bambino con Disturbi dello Spettro Autistico

sono stati adeguatamente delineati da Cottini (2011), che ha indicato una serie di parole-

chiave per l’integrazione di ogni bambino alle quali dovrebbe essere ispirato l’intervento

educativo. La pianificazione dell’intervento educativo, ad esempio, compone la base

dell’implementazione di ogni strategia didattica: ogni elemento dell’intervento didattico deve

essere pianificato nelle sue componenti essenziali. Un principio organizzatore di base

strettamente associato a quello precedente è la prevedibilità dell’azione educativa: la gestione

del cambiamento che si verifica necessariamente nel contesto didattico presuppone un

costante riferimento alla prevedibilità della situazione educativa da parte del bambino. La

prevedibilità è favorita dall’adozione dello schema visivo e dal riferimento a simboli e/o

agende visive. Anche la flessibilità rappresenta una delle parole-chiave per l’intervento alle

quali è necessario ispirarsi, soprattutto in funzione della necessità di adeguare l’intervento alle

caratteristiche cognitive ed emotive del bambino. Si sottolinea infine il principio

organizzativo relativo alla necessità della modificazione fisica dell’ambiente di

apprendimento, che dovrebbe essere modellato secondo le peculiari caratteristiche della

129

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cognizione del bambino. La modifica del contesto didattico in funzione delle esigenze del

profilo cognitivo correlato al disturbo dello spettro autistico rappresenta uno dei migliori

esempi di potenziamento del contesto ambientale. 85

4.3.4. Rapporto con l’insegnante di classe

Per la realizzazione, l’attuazione e la documentazione del progetto è stata essenziale la

presenza di Tiziana, insegnante della sezione e mia tutor scolastica. Tiziana mi ha dato molti

consigli sulle strategie da attuare con i bambini, in particolare per ciò che concerne la

dimensione gestionale sulla mancanza di attenzione: per questo abbiamo pensato di alternare

conversazioni orali ad attività pratiche, in modo da mantenere gli alunni impegnati nei

compiti e in modo tale da renderli sempre partecipi. Tiziana mi è stata di grande aiuto per

quanto riguarda la fase documentativa: in ogni attività ha realizzato foto e video e questo ha

permesso di rivedere gli alunni e poterli osservare meglio in fase di valutazione. Inoltre,

conoscendo bene il gruppo, mi ha comunicato l’andamento generale della sezione,

avvertendomi che sarebbe stato difficile gestire i bambini. Tiziana mi ha fatto sentire parte

della classe, come se fossi una sua collega: abbiamo collaborato e questo ha permesso uno

svolgimento sereno di tutte le attività.

4.4. Analisi e confronto finale dei due progetti didattici

Ciò che, inizialmente, ho voluto sperimentare nel mio lavoro di tesi è stata la proposta ad

alunni di età e stili cognitivi diversi, gli stessi contenuti, riuscendo nella fase conclusiva ad

esaminarne le differenze, le analogie, i diversi modi di agire, etc. Analizzare in modo

analitico, scientifico e critico i due progetti presentati alle scuole è un compito molto difficile

per me, essendo io stessa l’ideatrice degli stessi. Provando ad esaminare gli aspetti più

rilevanti dell’intero percorso, ho tratto alcune considerazioni utili sia a me stessa in vista di un

miglioramento professionale, sia per promuovere i miei due progetti didattici e fare in modo

che altri insegnanti possano usufruirne o prenderne spunto.

Innanzitutto ritengo necessario sottolineare che, per poter rendere valida una procedura

didattica, ho preso in considerazione principalmente lo stretto rapporto che essa possiede con

85Cfr. Saverio Fontani, I Disturbi dello Spettro Autistico, Percorsi per la didattica inclusiva, pp. 107-112.

130

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gli obiettivi specifici di apprendimento, resi espliciti nei paragrafi del capitolo 4.

È utile poter esprimere un giudizio sull’efficienza e l’efficacia dei progetti didattici proposti; il

parametro di efficacia è quella misura capace di indicare univocamente se l’azione formativa

sviluppata abbia raggiunto o meno gli obiettivi previsti formalmente (nei programmi nazionali

dell’insegnamento, in questo caso le Indicazioni Nazionali del 2012). Il parametro di efficacia

riguarda sia aspetti qualitativi - come la tipologia di conoscenza acquisita da specifici progetti

didattici - sia aspetti quantitativi, come ad esempio il numero di allievi che hanno raggiunto

un determinato standard qualitativo. Il parametro di efficienza è determinato dal rapporto che

intercorre tra le risorse umane e i materiali impiegati e i risultati conseguiti. Per risorse umane

facciamo riferimento alle caratteristiche dei docenti, come la formazione, le innovazioni e le

strategie didattiche impiegate, la qualità delle interazioni con gli alunni, etc; le risorse

materiali sono invece quelle didattico-scientifiche utilizzate, compreso l’uso degli spazi, del

tempo, degli strumenti appositi, etc.

Essendo molto complesso analizzare i due progetti da un punto di vista quantitativo in

relazione ad efficacia ed efficienza, mi sono soffermata su un’analisi perlopiù qualitativa del

percorso totale.

I progetti didattici proposti, sebbene siano stati pensati e differenziati in base al tipo di scuola

e, quindi, all’età dei bambini e alla specifica classe e sezione in cui ho lavorato, sono stati

individuati in base a un’idea condivisa - con le insegnanti - di quali fossero i saperi essenziali

sia per un bambino di 5 anni, sia per un alunno di quinta della scuola primaria che si deve

approcciare e avvicinare alla fisica. Ciò ha richiesto un lavoro di documentazione dei percorsi

sperimentati, decidendo infine di affrontare la differenza tra il concetto di calore e di

temperatura: questa proposta di itinerario si può rintracciare anche nei tradizionali libri di

testo, ma nel mio caso ha avuto come caratteristica principale la sperimentazione in classe e in

sezione.

I miei progetti sono nati da una considerazione sulla formazione dei docenti che, in base alle

ore di tirocinio nelle scuole effettuate in questi anni, non pone particolare attenzione

all’approfondimento dei contenuti scientifici, determinando una loro generalizzazione.

Attraverso il metodo scientifico sperimentale, l’intero percorso ha avuto l’obiettivo di

rimanere ancorato alla realtà quotidiana degli alunni, facilitando l’osservazione diretta di

131

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determinati fenomeni. Leggendo e studiando le Indicazioni Nazionali per il Curricolo del

2012 troviamo l’affermazione di una nuova alleanza tra scienza, storia, discipline

umanistiche, arti e tecnologia, in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo86.

Questo ci spiega come sia importante proporre agli alunni un approccio interdisciplinare e,

infatti, è ciò che ho provato a fare con i due progetti didattici, assimilando il metodo

scientifico alle discipline umanistiche.

I contenuti che ho proposto sono vicini all’esperienza degli alunni, sia di 5 anni che di quinta

primaria, e questo è servito per stimolare in loro la curiosità e a insegnare loro a fare domande

piuttosto che fornire risposte. È stato quindi necessario coinvolgere direttamente ciascun

alunno in esperienze concrete, perché egli possa sviluppare autonomia nello studio e

concorrere allo sviluppo della propria persona. Il metodo scientifico sperimentale utilizzato si

caratterizza per esser fenomenologico: ciò significa che viene individuato e studiato un

fenomeno in linea con le competenze cognitive degli alunni; tale metodo risulta essere

operativo poiché mette in moto una serie di processi che attivano il pensiero logico, insieme

alle competenze linguistico-espressive.

L’analisi critica sulla classe quinta è stata fatta da me e dalla mia tutor scolastica Laura alla

fine del percorso attraverso un’osservazione sistematica ed una revisione di tutto il lavoro

svolto. I ragazzi si sono presentati fin dall’inizio molto incuriositi e questo ha facilitato il mio

stato d’animo. Il fatto che l’aula fosse molto piccola e i banchi disposti a ferro di cavallo, non

è stato un punto a favore per la riuscita di ogni lezione; nonostante questo, però, tutti gli

alunni si sono dimostrati molto attenti e incuriositi dagli esperimenti che stavano osservando.

Il mio compito è stato quello di stimolare, sostenere e gratificare, incoraggiando la

partecipazione di tutti. Dall’osservazione dell’intero progetto didattico è emerso inoltre

l’aspetto inclusivo e interculturale, inteso come arricchimento e aiuto reciproco; anche le

discussioni hanno dimostrato la capacità di promuovere l’inclusione e la partecipazione.

Nelle lezioni svolte gli allievi sono sembrati più motivati a uno sforzo intellettivo maggiore,

in termini di predisposizione a mettersi in gioco e ad apprendere, rispetto ad una lezione

tradizionale.

Per quanto riguarda la sezione dei cinque anni, io e la mia tutor scolastica Tiziana abbiamo

86Cfr. Indicazioni Nazionali, 2012, p. 7.

132

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rilevato quanto sia stato importante sviluppare concetti e abilità di tipo scientifico già a partire

dai 5 anni di età. Questo perché, anche se molto piccoli, i bambini sviluppano e manifestano

comportamenti finalizzati alla conoscenza de realtà che li circonda: una loro caratteristica è

proprio la curiosità volta alla conoscenza, la capacità e la voglia di sperimentare il mondo, di

giocare e mettersi in gioco utilizzando l’ambiente circostante. Il progetto didattico che ho

preparato ha voluto sfruttare questa loro esigenza spontanea per arricchire le potenzialità

presenti, per introdurre elementi di maggiore consapevolezza insieme a nuovi strumenti

metodologici e conoscitivi.

Nella documentazione dei due progetti, descritta nei paragrafi precedenti, si dichiara

espressamente che il porre gli alunni davanti a un determinato fenomeno, presupponendo una

loro interpretazione dello stesso, non genera ansie né preoccupazioni, ma stimola la

partecipazione di tutti, anche di quelli più restii ad affrontare il quotidiano impegno scolastico.

Tra gli elementi qualificanti entrambi i progetti ci sono anche la capacità di rafforzare

l’autostima dei bambini in riferimento alle proprie capacità di pensiero, l’abilità di imparare a

procedere per prove ed errori, tipico del problem solving, atteggiamento indispensabile anche

in tutte le difficoltà quotidiane, capacità di saper ascoltare punti di vista differenti e farli

propri attraverso un’attenta riflessione e la propensione ad aiutare l’altro.

Al di là di quanto è stato possibile osservare nel corso delle lezioni e delle attività in entrambe

le scuole, l’apprezzamento dei bambini è risultato chiaro anche dall’analisi dei dati raccolti

quando è stato chiesto loro di raccontare e scrivere le proprie impressioni.

La mancanza di una tempistica adeguata, forse, ha costituito una criticità, poiché le ore a

disposizione non sono state molte e perché sarebbe stato necessario procedere con maggiori

attività, come prosecuzione dei progetti svolti. Ciò che si lega alla mancanza del tempo è stata

la mancanza di spazi adeguati: per quanto le aule siano ambienti confortevoli, il processo di

acquisizione delle competenze richiede anche la disponibilità di luoghi attrezzati nei quali è

possibile anche manipolare e riprodurre determinati fenomeni in una modalità quanto più vera

possibile. Inoltre, entrambe le scuole non disponevano degli strumenti necessari per poter

realizzare entrambi i progetti: quelli utilizzati li ho portati io stessa e questo non è stato un

problema per me ma può essere un elemento critico per la vita di tutti i giorni in classe o in

sezione.

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Concorde con le tutor, abbiamo appurato come i due progetti abbiano coinvolto gli alunni,

nonostante la loro differenza di età e di livello cognitivo, nel pensare, realizzare, e valutare le

attività che sono state vissute in modo condiviso e partecipato con gli altri.

In conclusione, i due progetti possono aver evidenziato alcuni limiti ma penso che abbiano

anche dimostrato di favorire una progettualità che valorizzi l’apprendimento attraverso

l’agire, e non solo attraverso una mera trasmissione di dati; questo presuppone inoltre un

lavoro di collaborazione e il raggiungimento di obiettivi comuni, adeguati al livello cognitivo

di ogni alunno.

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Conclusioni

In fase conclusiva e da un'attenta analisi dei risultati emersi dalle valutazioni finali, posso

affermare che gli obiettivi prefissati all'inizio dei due progetti sono stati complessivamente

raggiunti da tutti gli alunni.

Per quanto riguarda la scuola primaria possiamo dire che ogni alunno, durante le attività e gli

esperimenti da svolgere sia individualmente che con i compagni, è stato capace di riflettere

criticamente su quanto richiesto, utilizzare gli strumenti necessari in modo adeguato e riuscire

ad osservare e analizzare i contenuti affrontati. Alla fine del percorso la maggior parte dei

bambini ha dimostrato di saper applicare le conoscenze già possedute ai concetti presentati e

di sapersi esprimere utilizzando i nuovi termini specifici. Ogni alunno si è mostrato partecipe

e motivato, volendo arricchire con il proprio contributo personale ogni attività proposta.

Per quanto riguarda il progetto svolto nella scuola dell'infanzia, posso affermare quanto sia

stato significativo sviluppare competenze di tipo scientifico già a partire dai 5 anni di età.

Anche se molto piccoli, i bambini sviluppano e manifestano comportamenti finalizzati alla

realtà che li circonda:

la curiosità volta alla conoscenza;

la capacità e la voglia di sperimentare il mondo;

la voglia di giocare e mettersi in gioco utilizzando l’ambiente circostante.

I contenuti che ho proposto sono vicini all’esperienza di entrambi i gruppi di alunni: questo ha

stimolato la loro curiosità e ha creato in loro un atteggiamento finalizzato a fare domande

piuttosto che fornire risposte. Il metodo scientifico sperimentale mette in moto una serie di

processi che attivano il pensiero logico, promuovendo anche le competenze linguistico-

espressive.

Tra gli elementi che qualificano positivamente entrambi i progetti troviamo:

la capacità di rafforzare l’autostima dei bambini attraverso le proprie capacità di

pensiero;

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l’abilità di imparare a procedere per prove ed errori, tipico della strategia del problem

solving, atteggiamento indispensabile anche in tutte le situazioni quotidiane;

la capacità di saper ascoltare punti di vista diversi e di farli propri attraverso un’attenta

riflessione e uno scambio reciproco di idee.

In conclusione ritengo che i due progetti abbiano valorizzato l’apprendimento degli alunni

attraverso una didattica di tipo laboratoriale, promuovendo le strategie didattiche tipiche

dell'insegnamento scientifico, il problem solving e la scoperta guidata.

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Ringraziamenti

Alla fine di questo lungo percorso è inevitabile ringraziare alcune persone fondamentali per

me. Grazie ai miei genitori, Paola e Maurizio, per avermi permesso di studiare e di portare

avanti la mia passione, aiutandomi nei momenti peggiori con tutto l'appoggio morale,

psicologico e fisico necessario. Grazie per avermi supportata e valorizzata anche nei momenti

migliori, quelli di soddisfazione per un esame o per le prime esperienze fatte a scuola.

Grazie babbo per avermi fatto capire quanto sia importante conoscere, per avermi sempre

spronato a fare di più, per non esserti mai lamentato se qualche volta non capivo i tuoi

suggerimenti, perché se oggi sono così ambiziosa è solo grazie a te.

Grazie mamma perché, anche se fai un lavoro diverso, hai tutte le caratteristiche di una

maestra e io queste caratteristiche le ho prese proprio da te: sei l’insegnante di vita più

preziosa e importante che io abbia mai avuto.

Grazie mamma e babbo per avermi fatto il regalo più bello, dopo due anni dalla mia nascita:

Arianna. Vi ringrazio perché senza mia sorella mi sentirei vuota e persa e vi ringrazio per aver

creato una famiglia così speciale. Grazie a mia sorella Arianna, che è anche la mia migliore

amica e metà del mio cuore sarà sempre destinato a curare i suoi sentimenti. Grazie Ari perché

hai sempre creduto nella mia passione, hai sempre mostrato quanto tu fossi fiera di quello che

stavo studiando e di ciò che volevo diventare da grande. Grazie perché con il tuo appoggio mi

sono sempre sentita più sicura.

Grazie a mio nonno Vincenzo perché mi ha trasmesso l’amore per il ragionamento fin da

piccola, quando provava a spiegarmi i problemi di matematica. Grazie a mia nonna Renata

per essere sempre stata presente in questo mio percorso di studi, premurosa di sapere come

stavano andando gli esami e a che punto fossi con lo studio: grazie nonna per le tue chiamate i

giorni prima degli esami, per i tuoi in bocca al lupo e per tutte le volte che mi hai detto

bravissima. Grazie a mia nonna Viola perché ricordo ancora quando molti anni fa mi disse:

ma sei proprio brava, dovresti fare la maestra!

Grazie a Francesco, la persona migliore che abbia mai incontrato e conosciuto. Da sette anni

mi sopporti e da cinque anni segui la mia passione come se fosse anche la tua; mi hai sempre

dato ottimi consigli e aiutato a livello pratico quando sono stata in difficoltà per gli esami, mi

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hai dato la forza per andare avanti e mi hai trasmesso le tue grandi capacità e conoscenze,

senza mai vantarti di questo. Ti ringrazio per tutte le volte che mi hai consolato nei momenti

peggiori, apprezzandomi e valorizzandomi per l’impegno con cui ho studiato e lavorato in

questi anni. E poi grazie perché so che anche te, in fondo, ami i bambini come me.

Grazie ai genitori di Francesco per avermi supportata nei momenti di stanchezza e di sfogo,

accogliendomi sempre come una di famiglia: grazie infinite ad Alessandra per avermi seguito

in modo appassionato fin dall’inizio del mio percorso, per avermi sempre ascoltata e

incoraggiata nei momenti difficili, per essermi stata vicina come una vera amica.

Grazie a zia Viviana, zio Aldo e i miei cugini Luca e Marco per avermi seguito in modo

appassionato, ascoltandomi e valorizzandomi nei momenti migliori di questo lungo percorso.

Grazie alle mie più care amiche, quelle del cuore: Benedetta, Chiara, Arianna ed Elisa.

Grazie Bene per esserti sempre interessata dei miei esami e del mio tirocinio, il tuo messaggio

di in bocca al lupo nei momenti più importanti non è mai mancato; ti ringrazio perché ti sei

sempre presa cura di me, anche nei momenti di paura e di sconforto più totale.

Grazie Chiara per avermi pensato e ricordato durante gli esami e per avermi sempre dato la

forza, ripetendomi: stai tranquilla, non ti preoccupare.. andrà tutto bene.

Grazie ad Ari ed Eli per esserci sempre state fin dall’inizio e per avermi fatto sorridere e stare

bene nei miei momenti peggiori.

Un ringraziamento particolare va a Chiara, la compagna di corso e l’amica d’infanzia con la

quale ho condiviso questo percorso universitario dall’inizio alla fine: grazie per essermi

sempre stata vicino, per avermi aiutato nei momenti di crisi e per avermi sempre capita.

Grazie alle mie speciali compagne di corso, Claudia, Elisa, Elena e Lara, diventate amiche a

tutti gli effetti, per ogni esame passato insieme, i numerosi progetti da preparare, i momenti di

sconforto e quelli di gioia. Ma grazie soprattutto perché condividiamo la stessa passione e con

voi accanto, in questi anni - quasi - tutto è stato più divertente.

Grazie ai miei colleghi Maddalena e Marko per aver condiviso con me i primi due mesi di

lavoro da insegnante e gli ultimi due mesi di università da studentessa, così intensi e speciali.

Per lo stesso motivo ringrazio tutti i bimbi della 2° B e poi grazie a te Pierfilippo, perché ogni

giorno insieme a te è una bellissima scoperta.

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Ringrazio moltissimo il professore Samuele Straulino, che ha seguito minuziosamente ogni

passo del mio progetto e la stesura della tesi con estrema professionalità e cura.

Grazie a Lucia Donata Nepi, la mia tutor universitaria, perché ha dimostrato stima nei miei

confronti dall’inizio alla fine del mio percorso, rendendomi ogni giorno sempre più

coraggiosa.

Grazie alle mie tutor scolastiche, Laura Toti e Tiziana Vegni, per essere state accoglienti e

disponibili con me durante tutto il progetto svolto a scuola, per avermi dato le giuste

indicazioni e concesso lo spazio e il tempo utili e necessari ai fini di una buona riuscita finale.

Grazie ai miei primi alunni, i ragazzi di quinta e i bambini di 5 anni, perché è grazie a loro se

ho potuto svolgere serenamente le attività, se mi sono sentita importante e se mi sono sentita

maestra a tutti gli effetti.

Infine ringrazio me stessa, perché non avrei mai desiderato un finale diverso da questo.

142