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Campo de’fiori · Riano, Ostia, Nettuno, Anzio, Fregene e nei migliori locali di Roma, in tutte le stazioni MET.RO. Spedito a tutti gli abbonati in Italia e all’estero, inviato

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Campo de’ fiori 3

Campo de’ fiori è distribuito a Civita Castellana, Corchiano, Fabrica di Roma, Vignanello, Vallerano, Canepina, Vasanello, Soriano Nel Cimino,Vitorchiano, Bagnaia, Viterbo, Montefiascone, Carbognano, Caprarola, Ronciglione, Sutri, Capranica, Cura di Vetralla, Blera, Monte Romano,

Tarquinia, Civitavecchia, Orte, Gallese, Magliano Sabina, Collevecchio, Tarano, Torri in Sabina, Calvi nell’Umbria, Stimigliano, Poggio Mirteto,Otricoli, Narni, Terni, Amelia, Nepi, Castel Sant’Elia, Monterosi, Anguillara, Trevignano, Bracciano, Canale Monterano, Mazzano, Campagnano,Sacrofano, Olgiata, Faleria, Calcata, S.Oreste, Nazzano, Civitella San Paolo, Torrita Tiberina, Rignano Flaminio, Morlupo, Castelnuovo di Porto,Riano, Ostia, Nettuno, Anzio, Fregene e nei migliori locali di Roma, in tutte le stazioni MET.RO. Spedito a tutti gli abbonati in Italia e all’estero,

inviato ad Istituzioni Culturali e sedi Universitarie italiane e straniere, a personaggi politici, della cultura, dello sport e dello spettacolo.

Le immagini propostedalla TV e dai giornaliin questi giorni, cifanno vedere un popo-lo di vacanzieri cheaffolla località di mare,di collina e di monta-gna in Italia e all’este-ro e comunica spensie-ratezza e voglia di eva-sione, ma se riuscissi-mo a fare una ripresapanoramica su tutti inostri connazionali,vedremmo uno stuoloenorme di esclusi, diassenti ingiustificati.Dove sono quei nonni che hanno corsotutto l’anno dietro ai capricci dei nipotini,quelle vecchie coppie sempre pronte adaiutare ora un figlio ora l’altro, le personeindigenti, i ragazzi disabili che sono stati ilvessillo da sbandierare tutto l’anno e tuttequelle persone che per molto meno sonodefinite comunque diverse, bordline? Sono

proprio questi gli esclusi dalle interviste edalle statistiche! Sono l’isola che non c’è! Nel mese deldivertimento ad ogni costo, anche i giova-ni più sensibili abbandonano gli amicimeno fortunati per non avere zavorra allaloro euforica irrequietezza. Ecco allora cheun popolo di emarginati si cimenta con lasolitudine che li trascina nella disperazio-ne, nell’apatia, nella depressione, con latristezza ed i disagi di un interminabileAgosto e, tanto più vengono proposteimmagini di vacanzieri spensierati ed alle-gri, tanto più la frustrazione cresce e cre-sce la tentazione di arrendersi. Tra queste

categorie anomale, improduttive, quasiingombranti, i vecchi stanno probabilmen-te realizzando il sogno del Dott. Faust,avendo allungato la vita media a settan-totto anni, per l’uomo e ottantatre, per ladonna, ma non sono presi per niente inconsiderazione e, nonostante la denatali-tà, che dovrebbe indurre ad un rapidorimodellamento dello stato sociale, essientrano in una fase di limbo, senza peso,senza scopo, vuota, che inizia dal giornodel pensionamento e finisce con l’ultimoviaggio. Gli altri undici mesi dell’anno nonpromettono poi molto di più, ma Agosto èil peggiore ed allora, anziché parlare solodelle avventure rosa dei calciatori e delleveline, di Briatore e del suo Billionaire, deimatrimoni della Falchi, della De Grenet edella separazione di Sabrina Ferilli, nonpossiamo invece parlare dell’isola dellafelicità dove tutti, proprio tutti, ricchi epoveri, padri e figli, nonni e nipoti, ragazzidiversi, scherzano, ridono e si divertonoinsieme ? Sandro Anselmi

Sandro Anselmi

Il Coraggiodi

CostanzoTra tanti gossipe favole d’esta-te, ho letto conil magone unarticolo di Mau-rizio Costanzosul Messaggerodi Domenica 21Agosto che tito-lava in primapagina: “Quantoè duro Agostocon un figliodepresso”.Premetto di es-sere affascinato dalla insuperabile profes-sionalità del grande Costanzo, ma nonmeno dalla sua profonda sensibilità neiconfronti dei diversi in genere. Ho sempreseguito con interesse e commozione letante trasmissioni che ha dedicato intera-mente a loro. Ero stato anche tentato dicontattare le redazioni dei suoi programmiper essere invitato assieme ai miei ragaz-zi dell’ A.N.F.F.A.S. e coronare così un lorogrande sogno, ma poi, un po’ per man-canza di coraggio, un po’ forse per lapovertà degli argomenti che avremmopotuto portare, non l’ho ancora fatto.L’articolo racconta della storia di unamadre che rivolge a Costanzo la suadisperazione per il figlio caduto gravemen-te in depressione e verso il quale la pove-rina si sente impotente e, oramai sola peraver perso anche il marito, cerca dispera-tamente aiuto. Il coraggio di aver inserito un articolo cosìprofondo in mezzo a tanto “rosa” e “mine-stra riscaldata” di tutta la stampa vacan-ziera, fa molto onore alla testata gior-nalistica ed ancor più al grandeMaurizio Costanzo.

Sandro Anselmi

AGOSTO(NON) TUTTI IN VACANZA

Non ho ancora

fatto la pubblicità

su Campo de’ fiori !!!

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Campo de’ fiori4

Gabriele Lavia è natoa Milano nel 1942.Attore e regista distraordinario talento,tra i più importanti econosciuti, vivifica l’ar-te fisicamente, nellarecitazione del teatroimpegnato e dramma-tico. Bisogna ricordarela sua collaborazionecon Giorgio Strehlerper “Edipo re” di

Sofocle e “Re Lear” di Shakespeare. Hadiretto e interpretato testi di Schiller, Kleist,Cechov e Dostoevskij. Il suo debutto cine-matografico si è avuto con “Metello” nel1970, mentre nel 1983 ha diretto il suoprimo lungometraggio “Il Principe diHomburg” per il quale ha vinto il Nastro d’Argento come migliore regista esordiente.Il pezzo è stato, in seguito, trasposto anchein teatro. Ultimamente recita, talvolta, afianco del figlio Lorenzo, talento recitativopromettente. Seguo questo straordinarioattore dal lontano 1982, quando lo vidi, perla prima volta, a teatro, con “I masnadieri”di Schiller, affiancato da Monica Guerritoree Umberto Orsini. Rimasi particolarmenteaffascinata dalla sua interpretazione di unpersonaggio, Franz Moor claudicante egobbo. Da non tralasciare che il pezzo durava la“bellezza” di quattro ore, che, peraltro, nonsentii affatto! Sempre incredibile ed ecce-zionale, il grande attore che diventa un tut-t’uno con ogni suo personaggio. Ha unaspiccata capacità mimica e vocale, che loporta, di volta in volta, a “trasfigurarsi” neipiù svariati individui che popolano il mondoletterario. Anime torve, lacerate nello spiri-

to, malvagie, sof-ferenti, ciniche,vendicative. E’una sorta di resi-stenza fisica oltreche di maestositàrecitativa. Unadelle caratteristi-che dei pezzimessi in scena daLavia è che sulpalco, spesso, rit-roviamo i mede-simi oggetti comecarillon, cavalluc-ci, ed altri anco-ra, già usati inprecedenti rap-presentaz ion i .L’ultima “fatica”della stagioneteatrale 2004-2005, che lo havisto protagoni-sta è stato “ilsogno di un uo-mo ridicolo” diDostoevskij. Lavia ha deciso dire in te rp re ta requesto soliloquio,dopo essere statoimpossibilitato arecitare con Ma-riangela Melatoin “Chi ha pauradi VirginiaWoolf?”, per uninfortunio dell’at-trice. Eccezionalee grande questastraordinaria rappresentazione, consideran-do che l’attore recita, per un’ora e quaran-ta, scalzo e legato con una camicia di forza.“Il sogno di un uomo ridicolo” analizzaquelle che sono le tematiche del pensiero diDostoevskij, la lotta irrisolta tra “brama dicredere” e le “ragioni contrarie” un tormen-to verso la religione, un percorso introspet-tivo, umano e sociale. Frattura fra realtà, spesso meschina e mal-vagia, e il mondo ai primordi, come l’attorelo rivede, dominato dalla purezza, dallamorale, dall’incanto per la bellezza dellanatura. C’è un alone, una forza demoniacache contamina questo mondo surreale.Lotta tra il bene e il male, privazione dellaperfezione. Fisicamente dolore, sofferenzae morte. Moralmente trasgressione e pec-cato. Il bene e il male è legato all’agire del-l’uomo, alla sua capacità di scelta. Il male è imputato all’uomo che lo favoriscecoscientemente, perché a prima vista è piùallettante del bene. Nell’opera ogni moto

dell’animo suscita il proprio opposto, ansiadi sublime e fascino dell’abiezione, orgoglioe umiltà, volontà di ferire e brama di ferir-si. Lavia esalta in maniera sublime gli statidi una coscienza lacerata. La scenografiaesalta il tormento: grigia, livida, tetra, dovesi aggira un essere umano straziato dallafatica di vivere.

E’ sempre un’emozione profonda assisterealle sue interpretazioni! Ogni volta si rice-vono sensazioni nuove da parte di questoartista, che ha saputo dare, al teatro italia-no, un grande “salto” di qualità. Ho, inoltre,avuto modo di conoscere, personalmente, ilgrande interprete e , seppur “provato” daquesto pezzo così singolare, aveva ancoralo spirito e la voglia di scherzare con i suoinumerosi ammiratori che erano ad atten-derlo fuori dal camerino. Nonostante il tempo a disposizione scar-seggiasse, si è perfino fatto scattare unafoto in accappatoio!

Gabriele Lavia: maestro del teatro italianoUna vita “spesa” per l ‘ arte in ogni sua forma

della Dott.ssaLoredana Filoni

Monica Guerritore e Gabriele Lavia

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Campo de’ fiori6

Il “Villaggio Italia” si trova a Roma neipressi del Parco dell’ Aniene. E’ immersonel verde e possiede un grazioso laghetto.E’ una delle tante strutture adibite ad ospi-tare le innumerevoli serate dell’ “estateromana”. Qui, tra ristoranti etnici e stands,si alternano, per il quarto anno consecuti-vo, cantanti, attori, cabarettisti. E’ duranteuna di queste serate che incontro il notoattore comico romano, Antonio Giuliani.Da una quindicina di anni calca le scenedei teatri, con un consenso sempre mag-giore. A testimoniare questo, il “tuttoesaurito” dei suoi spettacoli e, in partico-lare di questo show “Sono stato nominato”in uno spazio pensato per circa 5000 per-sone! Lui se lo merita! E’ un one-manshow di circa due ore e mezza , senzaintervallo.Prima di iniziare lo spettacolo mi ha con-cesso questa simpatica intervista.

Signor Giuliani, dov’è nato?Sono nato a Roma, l’ 11 Gennaio 1967.E’ sposato?Si. Da quattro anni, con Alessia e nonabbiamo ancora figli.Come è iniziata la sua carriera?Le rispondo come generalmente faccio contutti i suoi colleghi: con la verità. Fin dabambino avevo questa sorta di predisposi-zione per la battuta, la comicità, i travesti-menti. Poi, con il crescere, solo “d’età”,perché la gente non vede, dato che èun’intervista, che l’altezza è quello che è,

ho iniziato a lavorare in un cantiere. Ognitanto facevo delle imitazioni e, la cosacuriosa è che la pausa, prevista dalle12:00 alle 13:00, si era “allungata” dalle12:00 alle 15:00., cioè non lavorava piùnessuno! Io mi mettevo lì, mi travestivo,facevo delle gags, imitazioni, finché gliarchitetti mi licenziarono. Allora ho dovutodecidere se continuare quel lavoro, cheera diventato un po’ “difficile” dato che siera sparsa la voce di questo ragazzo chefaceva il comico sul cantiere, nonostantefossi molto bravo in quel mestiere. Così hodeciso di fare il comico.Si è ispirato a qualcuno?Diciamo che io non ho avuto maestri. Nonper vantarmi, ma perché ho iniziato condelle imitazioni di Alberto Sordi, AldoFabrizi e Peppino De Filippo, i miei miti daragazzo. Crescendo però, penso che se haiun maestro e cerchi di copiarlo, si facciapoca strada, anche perché il pubblico lovede e lo capisce. Quando scrivi e inizi ainventarti le battute, capisci se sei “surrea-le”, “demenziale” o altro. Così se imiti uncomico “surreale” e tu hai un diversogenere di comicità, non ha senso. Questolo capisci con il tempo. Diciamo che i mieimaestri “virtuali” sono i tre che ho nomi-nato.Attualmente, oltre questa tournéeestiva, sta lavorando anche ad altro?Questo è uno spettacolo che và in tournéeogni estate, ma ogni anno viene comple-tamente rinnovato. Sarò in tournée fino al20 Settembre. Toccherò tutto il Lazio, laCalabria, la Puglia, la Toscana e laSardegna. Inoltre sto girando un film, conla regia di Pingitore, dal titolo “Domani èun’altra truffa” con Leo Gullotta, AidaYespica, Eva Grimaldi, Paolo Triestino etanti altri, che uscirà a metà Gennaio. Poisto iniziando a scrivere una nuova com-media. A Novembre, per tre settimane, al‘Parioli’, riprenderò la commedia delloscorso anno “Bravi a letto” che è andatamolto bene. Lei cosa preferisce, cinema o teatro?Sicuramente il teatro, perché il contattocon la gente è totalmente diverso. Io nonho fatto tantissimo cinema, però quelloche metti sul set, la voglia di fare, o unapiccola battuta, uscita all’improvviso, cheha fatto ridere tutti e ti ha reso contento,tutto questo ha un tempo determinato. Ecosì quella battuta, nella quale avevimesso l’anima, non c’è più, perché il filmdeve durare non più di due ore. Questo èil problema di cinema e televisione. In tea-

tro, invece, una commedia ha, si un inizioed una fine, ma, come si dice a Roma, ‘mela canto e me la sono’, l’ho scritta io eposso farla durare anche qualche minutoin più.Ha un aneddoto da raccontare?Ricordo un episodio che ora, a ripensarci,ci rido su, ma, all’epoca, fu molto imba-razzante. Nei primi tempi della mia carrie-ra, le mie serate consistevano in una esi-bizione di venti minuti. Salivo sul palco conuna valigetta, nella quale c’erano occhiali eparrucche per fare dei piccoli travestimen-ti. Al termine di una di queste serate, chesi era svolta a Passoscuro, vicino Roma,quattordici o quindici anni fa, presil’Aurelia per tornare a casa. Era l’una dinotte. Ad un certo punto mi fermano icarabinieri. Scendo e mi chiedono di apri-re il cofano. Vedendo la valigetta mi dico-no di aprirla. Notando quattro parrucche,una decina di paia di occhiali scuri e, inpiù, una pistola giocattolo, che usavo perimitare un personaggio di Verdone, mi inti-mano di alzare le mani e mi perquisiscono.‘Morale della favola’, per convincerli chenon ero un delinquente, ho dovuto fargliventi minuti di spettacolo sull’Aurelia.Questi due carabinieri che, inizialmenteavevano appoggiato me sul cofano dellamacchina, si sono poggiati a loro voltaperché ridevano come pazzi.

continua a pag. 45...

Antonio Giuliani un comico dal cuore tenero

intervista con lo show-man romano in tourneè estiva con lo spettacolo “Sono stato nominato”della Dott.ssa Loredana Filoni

la Dott.ssa Filoni con Antonio Giulianifoto: Francesco Antenore

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Campo de’ fiori 9

ALGOL 3Il fascino della stella variabile

caratterizzato da una selezione composi-ta, frutto di una “contaminazione creati-va”, in fase di scrittura, generatasi dalcontributo delle idee provenienti datutti i componenti della band, titolari,cia-scuno, di proprie esperienze in termini diascolti musicali e precedenti partecipa-zioni in altre formazioni…...in dipendenzadi ciò, una produzione rock “screziata” diheavy rock/power metal -rock progressivoad ampio spettro , con segni di prog.Italiano degli anni ’70 e accenni di “arie”dall’aroma “folk”, tracce di popmusic, caratterizzano, con pre-ziosi risultati, il “sideralproject”ALGOL 3 ! La testa d’arieteper l’inizio dell’ arrembaggiodegli “ALGOLIANI” alle nostreorecchie è rappresentato dalbrano “IL SUONO”, introdottoda un enfatico preludio di vocecon sottofondo di tastiera chesfocia in un vigoroso attaccoche potrebbe ricordare “Tieyour mother down” dei Queen(annata ’76) ………. ma ilbrano prende altre strade, conun alternanza di tempi, qua-lificati ora da brevi passaggi quasi allamaniera di danza popolare ora da unritmo pesantemente scandito da batte-ria e basso quasi fossero il complessomeccanico di “ biella-,manovella e pisto-ne” a pieno regime …. il tutto reso consuoni ad alto contenuto “ferroso”, duri,abilmente sovrastati dalla espressiva,potente, melodiosavoce di, omeglio del…GRANDE,Mr. TONY MINER-BA ,superbo“segnalevocale” diALGOL 3 ! “Ormai è la fine “…scandisce Tony nelrefrain di“ L E T T OFREDDO”ma siamo soloal secondo rou-nd di questointeressantecd ……ancora unbrano variegato neitempi, con una stro-fa sorretta da undrumming serrato edun’ apertura anthemica sul ritor-nello che mi stuzzica un ricordo

degli “slanci” dei CULT /Ian Ashbury….ma anche qui è solo un microepisodio,perché il pezzo è interessante per la strut-tura d’insieme …..pre finale pirotecnicocon la chitarra solista spiegata e sorret-ta da una ritmica incalzante, finale arpeg-giato dal tono malinconico . La varietà diidee ed intriganti soluzioni negli arrangia-menti sono la caratteristica dei brani diALGOL 3 e, quindi ,giù ancora da “L’I-STINTO” (3.a traccia) in poi orecchie tesea cogliere le “trame musicali “ tessute da

questi ragazzi che dimostrano una caratu-ra tecnica e una forza compositiva di squa-dra…..rimarchevoli ! Mostratetevi, dun-que, “ALGOLIANI”, abbassate le vostreemissioni per il breve volger di 4 righe eforniteci le coordinate …..MarcantonioQuinto e Gianfranco Caruso, “addetti allepulsazioni”,rispettivamente alla bat-

teria/percussioni e al bas-so, Gianluca Mar-cantonio e Tony

Miolla, “indefessi dis-boscatori cosmici”

con i loro “raggi strin-gati”, le loro ascie...

insomma chia-miamole semplicen-

te…chitarre, IvanoGreco , “ceri-

moniere”, addettoalla creazione – ges-

t ione-manteni-mento delle “at-mosfere musicali

d e l l ’ a s t r o ”in dipendenza

delle sue manipola-zioni tastieristiche.

Il mese di Agosto è un periodo dell’annoparticolarmente propizio per l’osservazionedelle stelle….naso all’insù , dai primi al 20del mese, il cielo è tracciato da traiettorieluminose definite da frammenti di meteo-riti in uscita dalla costellazione di Perseoche la tradizione popolare appella in variomodo ma ci piace ,in particolare,la descri-zione romantica che le indica come le“lacrime di San Lorenzo”. Nello stessocielo, a ore 3 minuti 8, gradi 40 e minuti57, 93 anni luce da noi ( ! ! !) , compresanella costellazione di Perseo a sua voltadisposta tra quelle di Andromeda eCassiopea, c’è una “piccola grande stella”o meglio due stelle che “giocano” adoccultarsi creando un effetto di luminositàvariabile : ALGOL ,la “testa del demonio”,la stella del “fantasma”, il “demone lucci-cante” , la “stella di satana”….una stella datemere piuttosto che da osservare ! Unastro che minava il radicato concetto deinostri avi relativamente all’ eterna staticitàdell’universo….oggi, è conclamato chetutto l’universo è in evoluzione…Algolresta nella sua “duale” composizione ,lastella “variabile” per eccellenza ! Molto piùprossimi alla nostra quotidianità ci sonocinque ragazzi provenienti dalla terra diBasilicata,precisamente dalla provincia diMatera,che hanno tratto ispirazione dalsuddetto astro per identificarsi nel firma-mento musicale : ladies & gentlemen,ecco a voi ,dunque ALGOL 3 !“Il gioco è iniziato….il suono è arri-vato ! ….è l’incipit d’assalto contenutonei primi secondi di “rotazione” del loroesordio musicale……..gli ALGOL 3 princi-piano a “pulsare” la loro musica nell’uni-verso discografico con la realizzazione,allafine del 2002, di un cd di 35 minuti daltitolo “IL SUONO”, un lavoro costituito da7 composizioni cantate in Italiano , regi-strato in regime di autoproduzione a bas-sissimo budget ed in tempi strettissimi,anzi di più : soli 4 giorni per completaretutte le fasi classiche di una produzione

discografica(!) ……..macon evidentibenefici effet-ti sulla pre-stazione arti-stica finaledella band!Questi ragaz-zi pestanod u r o….Davveroun buond e b u t t o ,

continua a pag. 22

di Carlo Cattani

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01100 Viterbo - P.zza Verdi, 2/A - Tel./Fax 0761.347651 e-mail: [email protected] Centro Commerciale Tuscia - Tangenziale Ovest - Tel. 0761.390013 e-mail: [email protected] Vallerano (VT) - Via Don Minzoni, 58 - Tel./Fax 0761.751551 e-mail: [email protected] Civita Castellana (VT) - Via Giovanni XXIII, 28-28A - Tel./Fax 0761.517951 e-mail: [email protected] Roma -Centro Commerciale Casilino - Via Casilina, 1011 - Tel. 06.23260306, Fax 06.23279988 e-mail: [email protected] Porto D’Ascoli (AP) - Centro Commerciale Portogrande - Via Pasubio, 144 - Tel./Fax 0735.753665e-mail: [email protected] Bari - Centro Commerciale Carrefour - Viale L. Pasteur, 6 - Tel./Fax 080.5382652 e-mail: [email protected]

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Campo de’ fiori 11

USA, 2005; regia diRobert Rodriguez,Frank Miller; inter-preti: Bruce Willis,Jessica Alba, CliweOwen, Benicio DelToro, RosarioDawson,

Mickey Rourke; sceneggiatura: FrankMiller; fotografia: Robert Rodriguez; pro-duzione: Frank Miller, Robert Rodriguez,Elizabeth Avellan; produzione: BuenaVista; durata: 2h e 4’.Il background della truculenta metropoliSin City è contrassegnato da un iperbolicochiaroscuro che sferra scudisciate di crudaviolenza verso lo sguardo voyeuristicodello spettatore, inchiodato atterrito allasua poltrona. Lo stile contrappuntisticodell’intero lungometraggio reca in calce lafirma del disegnatore americano FrankMiller, autore dell’intera saga che dal 1991miete successi di vendita nell’ambito delmercato fumettistico. Nel seguente filmd’effetti speciali, il regista texano RobertRodriguez ha fatto confluire tre dei settevolumi che compongono l’intera epopea diSin City (per la precisione Sin City, Big FatKill, That Yellow Bastard. L’episodioAll’inferno e ritorno, in primis affibbiatoalla verve attoriale di Johhny Depp, è statosuccessivamente cancellato dalla sceneg-giatura e vedrà possibilmente la luce solonel sequel).Nella fumosa città del peccato, perfettoarchetipo scenico di film noir anni ’40, sep-pure con succulenti spunti di derivazioneespressionistica, si aggirano le bieche esi-stenze di disillusi eroi, consapevoli dellaloro condizione di perdenti. Infatti, il pub-blico si trova di fronte: al poliziotto gene-roso afflitto da disfunzioni cardiache

(Bruce Willis), al playboy dal volto tormen-tato (Cliwe Owen), al galeotto deviato psi-chicamente, ma risoluto a vendicare l’uni-ca donna che lo abbia amato (MickeyRourke), e, infine ad una banda di sadicheprostitute rivestite di pelle. Scintillante il cast costituito da star e star-lette, in bilico fra un polveroso declino euna rapida ascesa. Vibrante l’interpretazio-ne del redivivo Mickey Rourke, che perguadagnarsi la sua parte ha dovuto sotto-stare quotidianamente a due ore e qua-ranta minuti di seduta al trucco prima delleriprese, in modo da valorizzare un profilopiù mascolino. Strabiliato dai miracoli delmake up, anche l’attore Benicio Del Toro siè prestato allo stesso trattamento per l’ap-plicazione dei due pezzi principali: la fron-te-naso e la mascella-mento. Per quantoriguarda le protagoniste femminili dellapellicola, queste donne si pongono decisa-mente agli antipodi rispetto alle angelichepresenze decantate nella Vita Nuova diDante; anzi, sono per lo più attrici adole-scenti appropriatamente poco vestite, inmodo da evidenziare le loro giunonichecurve. Decisamente efficace la tecnica utilizzatadal filmaker Rodriguez per riprendere illungometraggio. Infatti, egli si avvale di undigitale ad alta definizione, che oltre adessere in grado di assecondare la sua fan-tasia, gli permette di ridurre considerevol-mente le spese di produzione (per altro,immediatamente recuperate già a partiredal primo week end di programmazione,sugli schermi americani). Inoltre, bisognaanche menzionare un altro artificio sceni-co a cui il regista ha fatto ricorso: banden-do le panoramiche sensazionali, ha direttola recitazione degli attori, imponendo aidivi patinati di Hollywood di masticare leloro battute, avendo alle spalle unicamen-te un green screen; vale a dire un anoni-mo telo monocromo, sostituito, in fase dimontaggio, da uno sfondo adeguato. Arendere ancora più preziosa ogni filigrana-ta inquadratura di Sin City ha concorsoanche un preciso gioco di luce-ombra, tesoad isolare ogni oggetto, indispensabile neltratteggiare la psiche del personaggio,come ad esempio le cicatrici di cui si fregiail lurido volto di Mickey Rourke.Naturalmente, sia la critica nostrana, chequella d’oltreoceano ha puntato sull’identi-tà iperviolenta di quest’opera, cercandomoralisticamente di mettere al bando ilseguente film; ma, sarebbe forse più utilee indubbiamente più doveroso, verso l’au-tore Frank Miller, estrapolare il lungome-

diMaria Cristina Caponi

SIN CITY

traggio dal contesto dei tipici film d’intrat-tenimento a base di testosteroni e, calarlonella dimensione extratemporale e finzio-nale, tipica dei racconti a fumetti.Certamente non è possibile catalogarlocome un prodotto adatto a qualsiasi tar-get; unico consiglio per lo spettatore che siaccinge a recarsi al cinema: munirsi di unabuona dose d’ironia e lasciarsi travolgeredai personaggi del plot per due ore e quat-tro minuti. Tranquillizzatevi, vi aspetta poiun sereno ritorno alla realtà.

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Campo de’ fiori 13

Soltanto alla finedell’Era Repub-blicana Traste-vere comincia acoprirsi di edifici ecase di abitazionedestinate, preva-lentemente, alavoratori e picco-li commerciantiquì attirati dalleattività economi-che collegate alTevere ed è in

quest’epoca che il Rione si trasforma in unimmenso quartiere abitato da vasai, operaidelle manifatture del cuoio e dell’avorio, eba-nisti, mugnai dei molini ad acqua, fornaciaidelle fabbriche di laterizi, facchini dei nume-rosi magazzini e depositi. La viabilità sullasponda destra del Tevere era garantita dadue strade assai antiche entrambe dirette alPonte Sublicio, il primo ponte che la Storiadell’Urbe ricordi e, a partire da questo punto,divergevano la Via Campana in direzione sude la Via Aurelia in direzione ovest. La prima di queste strade dirigeva verso lesaline alla foce del Tevere per costituire, piùtardi, il primo tratto della Via Portuensis;assai meglio riconoscibile è oggi il tracciatodella Via Aurelia poichè corrisponde esatta-mente all’attuale Via della Lungaretta. Questo Rione ha conservato nel corso deisecoli le sue originarie caratteristiche, ovve-rosia l’aspetto e il carattere di povertà e diprovvisorietà che lo ha sempre distinto dalresto della città e che ne ha determinatoanche la tipologia delle costruzioni e la dispo-sizione della rete viaria; un ammasso disordi-nato di case e casupole distribuite lungo ungroviglio di vie e viuzze con, in mezzo, le pri-mitive Chiese di Santa Maria in Trastevere eSan Crisogono. Con l’avvento di Papa GiulioII, Giuliano della Rovere, 1503 - 1513, ven-nero ultimati due assi viari la cui costruzioneera stata iniziata da Papa Alessandro VI,Rodrigo Borgia, 1494 - 1503, corrispondentiall’attuale Via della Lungara e Via della Scala;con l’apertura di queste strade il Rione si tra-sforma e Santa Maria in Trastevere, su cuiesse convergono, diviene il centro dello stes-so. Caratteristica questa,che si accentua con lacostruzione di un ulterioreasse viario corrispondenteall’attuale Via SanFrancesco a Ripa volutoda Papa Paolo V, CamilloBorghese, 1605 - 1621.Malgrado l’apertura diqueste nuove strade ilRione mantiene, nel corsodei secoli successivi, quelcarattere popolare poichénon diviene mai residenzadi Cardinali, non vengonoedificate chiese sontuosenè palazzi per la grandearistocrazia papalina, tut-to ciò fino a quando, nel

corso del XIX secolo, viene costrui-to Ponte Garibaldi e realizzato ilViale di Trastevere per congiunge-re Via Arenula con la Stazione fer-roviaria. In questo, che è uno deipiù bei quartieri di Roma, nel mesedi luglio si celebra una festa dedi-cata alla Madonna che, a partiredagli anni venti del secolo scorso,diventa la Festa de noantri in con-trapposizione a voantri che abitatein altri quartieri. Le origini della festa sono avvoltenella leggenda si racconta, infatti,che dopo una furiosa tempesta neipressi della foce del Tevere alcunipescatori, a metà di luglio di unanno imprecisato, pescando sullerive del Tevere, raccolsero nel fiume unacassa al cui interno giaceva una preziosaStatua della Madonna in legno di cedro edestasiati dalla bellezza della Vergine, siaffrettarono a trasferirla nella Chiesa diSant’Agata dove ancora oggi risiede. Da quel giorno, il sabato successivo alla festadel Carmelo, viene celebrata quella che è lamaggiore festa religiosa e popolare supersti-te a Roma; la Statua della Madonna fiumaro-la viene portata in processione dalla chiesa incui risiede attraverso le strade del Rione finoa raggiungere la Chiesa di San Crisogonodove rimane esposta per otto giorni per poifare ritorno, con un’altra solenne processio-ne, nella Chiesa di Sant’Agata. La processione era organizzata anticamentedalla Compagnia dei Vascellari, artigiani cheplasmavano i boccali di coccio e le broccheper servire il vino nelle osterie; oggi è appan-naggio di trenta confratelli dell’ Arciconf-raternita del SS. Sacramento e di SantaMaria del Carmelo che, con un tradizionalesaio bianco, portano la Statua della Vergineattraverso le strade del quartiere. L’improntafestaiola della celebrazione, un tempo carat-terizzata dalla presenza dei Vascellari e dailoro boccali colmi di vino, non è andata per-duta infatti alla festività della Vergine siaffianca la Festa de noantri alla quale parte-cipa tutto il quartiere con bancarelle, merca-tini e Osterie che dispongono i tavolini lungole strade aperte a tutti i visitatori, manifesta-

zioni e teatri ambulanticapaci di attirare l’atten-zione dei turisti moltospesso ignari della ricor-renza cristiana, numerosi ivenditori di cocomeri egrattachecche. Un giornale inglese harecentemente pubblicatoun articolo con il qualeavverte il lettore che qua-lora avesse voglia di vede-re qualcosa di eccitante edoriginale non può che assi-stere alla festa religiosache si tiene in un quartie-re di Roma nota anche conil nome di Festa de noan-tri; in questa occasione

Trastevere si trasfor-ma in un gigantescaTrattoria all’aperto do-ve si consumano quin-tali di alimenti ed etto-litri di bevande e dovecantanti e stornellatoriforniscono l’intratteni-mento. Peraltro, èbene ricordare comequesto Rione sia pas-sato alla storia ancheper la presenza dellesue antiche Trattoriedivenute sempre piùconosciute e frequen-tate pur non potendo,molte di queste, van-

tare illustri origini in quanto sorte come sem-plice ricovero per i marinai del vicino Porto diRipa Grande che vi si recavano per mangiarequalcosa in tutta semplicità. E’ ancora doveroso ricordare la figuradell’Oste trasteverino che, con la sua costan-te presenza, l’innata simpatia e, naturalmen-te la sua cucina, ha contribuito non poco adincentivare la presenza di gran parte degliArtisti la cui frequentazione, nello scorsosecolo, è testimoniata dai loro nomi chefanno bella mostra sulle pareti di questi loca-li inorgogliendo, va da sè, gli attuali proprie-tari. Dice il Poeta: “…qui è dove l’òmo se conosce,ar foco / qui ar fornello un talento che scu-trina / la prima scola in terra è la cucina / erpiù stimato personaggio è er coco…”Molte di questi locali hanno avuto l’onore e ilprivilegio di essere citati da quell’innamoratodi Roma in generale e delle Osterie in parti-colare, che fu Hans Barth; dopo le alternefortune degli inizi del 900’, anche grazie allasensibilità e lungimiranza di quegli Osti que-ste Osterie perdettero via via quella loro par-ticolare trasandatezza per acquisire nuovadignità derivante, in alcuni casi, dall’esseredivenuti privilegiati luoghi di ritrovo di Artistie Intellettuali. Peraltro questa festività, proprio per il modocome è oggi gestita, si è nel tempo trasfor-mata, tanto che, accanto agli eventi religiosi,si alternano spettacoli, iniziative culturali epasseggiate tra banchetti di dolciumi, giocat-toli e piccole curiosità, viene criticata da unaparte degli stessi romani. Si è osservato, che non interessa che la festasia una esposizione di bancarelle con i solitiarticoli da festa paesana, o che si tenga il purelettrizzante concertino della fanfara deiBersaglieri o che sia, insomma, una fiera dipaese piuttosto squallida. Piacerebbe, inve-ce, che a tutto ciò si potesse unire la rievo-cazione delle belle feste romane di non moltotempo addietro quali, per esempio, il Lago aPiazza Navona o a Piazza Farnese oppurequalche bella Processione con i Sacconi o ilPalio delle bufale o qualunque altra cosa chepossa servire per fare risorgere la Roma de‘na vorta, sia pure per pochi giorni o, addirit-tura, per lo spazio di un mattino.

Roma che se n’è andata: luoghi, figure,personaggi

Trastevere e la festa de noantri

di Riccardo Consoli

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Campo de’ fiori14

Il Karate-Dooffre al giova-ne praticantel’opportunitàdi raggiunge-re un armoni-co equilibriotra corpo emente; inesso ritrovia-mo infattitutte le com-ponenti psico-motorie es-

senziali. La grande ricchezza del bagagliotecnico comprende, oltre alla razionale gin-nastica preparatoria (taiso), esercizi indivi-duali (Kihon e Kata) e a coppie (Kumite).I primi insegnano al bambino come sfrutta-re al meglio le potenzialità del proprio corpoe gli permettono di acquisire fiducia in sestesso grazie al continuo superamento diquelli che considerava limiti invalicabili. Coni secondi il bambino impara a gestire i rap-porti interpersonali, a riconoscere nel com-pagno una persona a lui uguale e diversa, acreare con una combinazione di solidarietàe collaborazione un clima di amicizia e pro-fondo rispetto. Con il passare del tempo la mentalità acqui-sita durante le sedute di allenamento vienefortemente interiorizzata fino a diventareregola di vita. E’ facile quindi comprenderecome i valori enfatizzati nella pratica di que-sta disciplina possano essere sfruttati inogni momento della propria vita per affron-tare lo studio, i rapporti interpersonali eogni tipo di ostacolo con la serenità chederiva dalla fiducia nei propri mezzi e con il

rispetto per se stessi e per gli altri, sicuroindice di una profonda maturità interiore. Lalezione per bambini, si svolgerà in un climain cui tutte le opportunità di apprendimen-to sono inserite in un contesto di gioco e didivertimento; il bambino in tal modo non èforzato ad acquisire comportamenti chenon siano quelli propri della sua età, per cuil’apprendimento è gioioso e solo in minimaparte indirizzato ad un fine strettamentespecifico.Il bambino che pratica Karate percepisce gliaspetti esteriori, gioca sostanzialmente, nonsi pone particolari obiettivi, così noi utilizze-remo il Karate per fargli acquisire una per-fetta padronanza del corpo, sviluppando lapropriocezione, le capacità coordinative, masoprattutto per favorire il rapporto con glialtri e lo sviluppo della capacità di socializ-zazione. Il Karate è dimostrato da tempoche allena le doti di autocontrollo, di volon-tà e di correttezza. E’ una disciplina chevalorizza i principi morali e fisici, affina l’e-ducazione, l’irrobustimento del corpo e svi-luppa le capacità di concentrazione e volon-tà. Ai bambini viene insegnata, inoltre, lacorretta postura del tronco, che previene ecura processi di deformazione della colonnavertebrale; non vengono forzate le articola-zioni e, nonostante l’acquisizione di un’otti-ma elasticità, non vi è mai prevalenza dialcuni gruppi muscolari su altri (premessaindispensabile per una crescita fisica corret-ta). Dal momento che le capacità di coordina-zione e la rapidità si sviluppano fortementein questo primo periodo di vita, risulta difondamentale importanza favorirne lo svi-luppo con programmi adeguati. Ciò acquista

un significato educativo primario

poiché è stato dimostrato che un bambinoben coordinato ha un rapporto con l’am-biente molto più sereno ed equilibrato eduna sicurezza e fiducia in se stesso, chel’accompagneranno per tutta la vita.

CARTA DEI DIRITTI DEL BAMBINO SANCI-TA DALL’UNICEF

…il Bambino ha il diritto … -Di divertirsi e giocare come un bambino -Di fare sport -Di beneficiare di un ambiente sano -Di essere trattato con dignità -Di essere allenato e circondato da perso-ne qualificate -Di eseguire allenamenti adatti ai propriritmi -Di misurarsi con giovani che abbiano lestesse probabilità di successo-Di praticare sport nella massima sicurezza -Di partecipare a competizioni adeguate -Di avere tempi di recupero -Di non essere un campione

il KARATE e i bambini

il M.Carlo Mercuri

DAL 1° SETTEMBRE SONO APERTE LE ISCRIZIONI PER L’ANNO 2005/2006DAL 1° SETTEMBRE SONO APERTE LE ISCRIZIONI PER L’ANNO 2005/2006

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Campo de’ fiori 15

Via della Repubblica, 6Civita Castellana (VT)

Tel e Fax0761.51.32.17

e-mail:[email protected]

Capranica, antico centro del Viterbese sullaVia Cassia, in direzione di Viterbo, conservapoco fuori del centro urbano antico, unachiesa di rara e suggestiva bellezza notacome Madonna del Piano, perché l’area sicui sorge fu sede di grazie e miracoli avve-nuti nel lontano 1558.Di tutte le realizzazioni poste nei varicentri del viterbese e attribuite alVignola, la paternità dell’opera inesame è stata scientificamente accer-tata grazie a dei documenti rinvenuti inimportanti archivi.Il primitivo nucleo originario della chiesamariana, di impianto e derivazione france-scana – una vasta aula rettangolare ad unicanavata absidata - edificata dallaConfraternita Laica dei Cacciatori, diventafamosa nel 1558 “per grazie e miracoli”,tanto che il Cardinale Ranuccio Farnese,governatore di Capranica, visita la chiesa ela affida ai Padri Agostiniani, che decidono diricostruire l’edificio religioso con nuoveforme e vestigia, affidando il progetto alcelebre architetto Jacopo Barozzi detto ilVignola, già al servizio dei Farnese.Il 6 Agosto 1559, il priore della Confraternitapresenta alla comunità di Capranica il primi-tivo progetto del Vignola: una chiesa a pian-ta centrale, a doppia abside, con una gran-de cupola centrale e collegata ad un con-vento.I lavori della chiesa iniziano nel 1560, men-tre le opere di realizzazione del complessoconventuale inizieranno soltanto nel 1589. I lavori di edificazione si protarranno dal1560 al 1585, non senza difficoltà tecniche edi finanziamento, secondo una consuetudinetipica della fabbriche del tempo. Nell’Aprile del 1630, compaiono delle peri-colose lesioni sulla volta della cupola e delcornicione esterno, ma non vengono presialcuni provvedimenti.Il 3 dicembre 1631, l’edificio vignolesco crol-la definitivamente e la ciesa viene comunqueprontamente ricostruita nella forma attuale,certo in tono e forme minori, ma conservan-do la facciata, l’unico elemento super-stite della fabbrica vignolesca, rimastaintatta nel crollo del 1631.Nella composizione della facciata, il Vignolautilizza tre campate, di cui quella centralepiù grande, intervallate da quattro parastejoniche, sorreggenti un cornicione a doppiafascia modanata, con scritta centrale, e sor-montato da un timpano triangolare, di chia-ra derivazione classica.Presenta, inoltre, il vano rettangolare contimpano triangolare del portale di accessocon finestra inginocchiata superiore e duefinestre cieche negli specchi laterali.L’intero sistema poggia su di un modesto sti-lobate.

Nel timpano sommitale troviamo un finestro-ne circolare, in asse con la croce superiore,che conclude visivamente l’intero sistema. Il Vignola utilizza, dunque, nella progettazio-ne della facciata un modello classico, quellodel fronte di un tempio greco, secondo unaconsuetudine tipica delle chiese del rinasci-mento maturo.Nella stessa si rivela, inoltre, il magistraleutilizzo del tufo a faccia-vista, composto ablocchi rettangolari su letti di malta cementi-zia esigua e lineare.Se la facciata, opera autografa del Vignola, èl’elemento chiaro e leggibile, di difficile rico-struzione risulta l’impianto tipologico origina-rio, purtroppo andato distrutto nel crollo del1631.Nell’articolazione tipologica originaria,secondo alcuni rilievi della chiesa eseguiti nelXVI secolo, il Vignola utilizza una pianta cen-trale ad asse longitudinale, chiaramentecostituita da un quadrato di base con dueabsidi semicircolari poste lungo una dellemediane e con lo spazio architettonico inter-no che si caratterizza all’esterno con quattropronai nelle facciate, formati da quattro e seiparaste joniche, rispettivamente sui lati cortie lunghi.

Altra caratteristica formale della facciata è lapresenza di due piedistalli rettangolari, postiin corrispondenza delle due paraste laterali,tanto da far pensare a un Attico superiore,forse andato distrutto nel 1631 e non piùricostruito, oppure basi di sculture dedicate aSanti della chiesa.Con il crollo della chiesa nel 1631, la piantacircolare viene sostituita con un impianto,quello attuale, ad un’unica navata con seicappelle rettangolari, non comunicanti – treper ogni lato – con un’abside terminale sucui si colloca l’altare maggiore.L’unica navata presenta il mirabile soffittoligneo a cassettoni, con rilievi in oro e riqua-dri dipinti con motivi a grottesca.La chiesa della Madonna del Piano è conPalazzo Farnese, il massimo capolavoro delVignola, che tante opere ha lasciato nelviterbese che attendono di essere scientifica-mente studiate.Simbolo di devozione religiosa, con ilSantuario della Madonna del Ruscello aVallerano, e’ il più importante centro maria-no dell’area dell’ Alto Lazio.

Prof. Arch. Enea Cisbani

Capranica - la chiesa dellaMadonna del Piano (1559)

Architetto Jacopo Barozzi detto Il Vignola (1507-1573)

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Campo de’ fiori 17

E arrivata una scuola di danza

Con l’entusiasmo di dare ai giovani la possi-bilità di studiare la danza, nelle varie tecni-che e discipline, in modo professionale equalificato, il 15 Settembre aprirà a CivitaCastellana la Honey Dance, un’autentica

scuola di danza, diretta dal Maestro TuccioRigano e che vedrà, come insegnanti, nomiillustri del mondo ballettistico, quali lo stesso

Tuccio Rigano, Fabrizio Bartoli,Annamaria Perilli e Roberto Procaccini.La scuola ha come scopo di promuovere lavera danza, arte del movimento e dell’e-spressione del corpo, e di insegnare agli

allievi i valori della perseveranza, concentra-zione e disciplina, sempre fondamentali e

necessari in ogni campo. L’ambiente scolasti-co è nato e pensato esclusivamente per la

danza, con una pavimentazione tecnica adat-ta al tipo di studio, con grandi sale climatiz-zate, angolo biblioteca e cineteca, dove gliallievi potranno studiare teoria guardando

video di repertorio ballettistico e discutendole varie fasi e le varie tecniche con l’inse-

gnante. Nel corso dell’anno lavoreranno alfianco degli insegnanti e degli artisti ospiti,come i ballerini professionisti dell’ AID –

Roma. All’interno della scuola è stata, inol-tre, costituita una compagnia di balletto,

Comapagnia di Balletto Honey, formatada insegnanti ed allievi dei corsi avanzati,che porterà in scena rappresentazioni ed

opere di danza e che darà la possibilità agliallievi di danzare con ballerini professionisti,con lo scopo di dar loro una valida formazio-

ne professionale. La scuola Honey Dance,associata con la FEDERDANZA A.I.D.A.F.

AGIS, potrà rilasciare regolari diplomi, validianche per un eventuale futuro lavoro. Ognianno verrà inoltre assegnata una borsa di

studio. Dal 19 al 30 Settembre la HoneyDance offrirà lezioni gratuite di prova diclassico, pas de deux, moderno, Hip Hop e

propedeutica. Il fatto che a Civita Castellananasca una vera scuola di danza, con docentiprofessionisti e di chiara fama, è affascinante

e stimolante soprattutto per quei bambiniche vogliono incontrare, per la prima volta, ilmondo della danza e che, con un’ottima for-mazione e disciplina, scopriranno, nei virtuo-sismi dei loro corpi, l’eleganza dei movimenti

e le più intime emozioni che solo questadisciplina può dare. Ci auguriamo che la

scuola possa ottenere un forte consenso eche, negli anni, porti lei stessa un contributoalla cittadina di Civita Castellana: … la nasci-

ta di una stella della danza.

TuccioRiganosi è diplomato bal-lerino professioni-

sta nel 1970dopo aver fre-quentato corsialla scuola di danzadel Teatro dell’Opera di Roma.A soli quattordici anni già esordiva in ruoli

solistici nel corpo di ballo dello stessoTeatro e a diciannove anni diveniva Primoballerino. Dal 1972 ha sempre interpreta-to ruoli da protagonista in tutto il reperto-rio ballettistico del Teatro della Capitale.Tra i balletti interpretati con grande suc-cesso di critica e di pubblico ricordiamo:Don Chisciotte, Schiaccianoci, Il Lago dei

Cigni, Carmen, Giselle, La BellaAddormentata, Cenerentola, La Fille malgardée, Romeo e Giulietta, Coppelia, LesSilphides, Excelsior. Inoltre ha danzato

ruoli principali anche in balletti del reper-torio Blanchiniano: Apollon Musagete,Sinfonia in Do, I 4 Temperamenti e in

tutto il repertorio moderno, neoclassico econtemporaneo. Dal 1977 ha iniziato la

carriera di libero professionista danzandoin quasi tutti i teatri italiani e come Etoileospite in grandi compagnie straniere, trale quali: London Festival Ballet (1976-1977), American Ballet Theatre of NewYork (1978). Tuccio Rigano ha lavoratocon grandi coreografi e maestri comeA.M. Molloss, L. Massine. S. Lifar, Y.

Grigorovich, M. Renault, Y. Kalijusny, Z.Prebil ed altri. Ha danzato in coppia ed incast con grandi danzatori di fama mon-diale: R. Nurejev, V.Vassiliev, F. Bujones,E. Maximova, N. Makarova, C. Fracci, P.

Bortoluzzi, E. Terabust e tanti altri. Per lasua carriera ha ricevuto svariati premi e

riconoscimenti, tra i più importanti:Premio A. De Curtis, Premio Davide diDonatello, Il Sagittario d’oro, Il Premio

Positano per la danza ed altri. Dal 1981 sidedica all’insegnamento ed alla coreogra-fia e nel 2000 ha ottenuto la cattedra diPas de Deux all’ Accademia

Nazionale di Danza a Roma.

Fabrizio Bartoli intraprende glistudi di danza classica, dall’età diundici anni, presso l’Accademia

Nazionale di Danza di Roma. Nel1987 incontra il Maestro Victor

Litvinov che ne intuisce le poten-zialità e, sotto la sua guida, lo

induce a proseguire gli studi ed ilperfezionamento presso il

National Ballett of Canada.L’esperienza canadese e l’inse-

gnamento del MaestroLitvinov consentono a Fabrizio

Bartoli di entrare a far parte del Ballett deMarseille diretto da Roland Petit, che in quegli anni

presentava la sua nuova versione della BellaAddormentata che venne poi rappresentata in tutta

Europa. Vince il premio del ConcorsoInternazionale Vignale Danza, entra a far parte

della compagnia Teatro Regio di Torino, in qualitàdi primo ballerino. Nel 1993 viene chiamato dal

coreografo Franco Miseria e partecipa al program-ma televisivo di RAI 2 “Serata d’Onore” dove

riscuote un grande successo. Per tutto il 2004,viene invitato da Lorca Massine, autore e coreogra-

fo del celebre balletto Zorba il Greco, a far partedella compagnia Teatro Wielki dell’Opera di

Varsavia. Nella compagnia Bartoli interpreta inqualità di “etoile” tutti i ruoli del repertorio classico

e partecipa al tour internazionale di “Zorba ilGreco”, interpretando il ruolo di “John” a lato di

figure come lo stesso Massine, Raffaele Paganini euna serie di storiche performances a Parigi (Palaisde Congres), Rio de Janeiro (Teatro Municipal),San Paulo (Teatro Central) e Buenos Aires (Luna

Park Palacio) con Vladimir Vassiliev e la conduzionedel grande Maestro e Direttore Mlkis Theodorakis.Nel 1995 riceve il premio “Danza Si” come nuova

promessa della danza italiana. Nel 1997 entra,come primo ballerino stabile, al Grand Theatre deGenève, dove rimane per tre stagioni. Nel 2000

Fabrizio Bartoli inizia la sua attività di insegnante didanza classica e apre, a Roma, un suo spazio delquale è Direttore e responsabile del settore classi-co. Nelle ultime due stagioni è stato maestro ospi-te della compagnia “Notre Dame de Paris” duranteil periodo di permanenza a Roma della compagniastessa. Dal 2005 è impegnato come primo balleri-

no in coreografie di Tuccio Rigano ed insegna pres-so l’ AID di Roma (corsi per professionisti).

Anna Maria Perilli ha studiatodanza classica e jazz presso la scuoladi danza “Balletto Oggi”, diretta da

Mariella Rana. Ha poi perfezionato isuoi studi con Bryan Poer e Tuccio

Rigano per la danza classica,Susanna Feltrami per il contempo-raneo e Silvio Oddi per la danza

jazz. Ha partecipato a diversi stagescon maestri di dichiarata fama mondiale.

Vince il premio per il miglior livello tecnico nellacategoria jazz al Concorso Nazionale “Star of

Tomorrow” a Bari ed una borsa di studio presso ilMusic Art & Show di Milano. Nel Dicembre 1998

ha vinto il Concorso Nazionale “Stars-Print” aFiuggi ed il premio per la migliore Coreografia da

lei eseguita al Concorso Nazionale “Trofeo StefaniaRotolo” a Palermo. Ha partecipato ad alcuni pro-grammi televisivi tra i quali “Uno Mattina”, su RaiUno, è stata solista nella Compagnia di Silvio Oddi

nello spettacolo “Odissea” nelle stagioni 2001-2002, nella Compagnia Euroballetto nel 2003-2004,nella Compagnia Nazionale del Balletto dal 2003 adoggi e nella Compagnia Danz’Art diretta da Franco

Franchi nella stagione 2004-2005. Anna MariaPerilli si dedica all’insegnamento in alcune impor-tanti scuole di danza, tra le quali l’ AID di Roma.

Roberto Procacciniha studiato danza

all’Accademia Nazionale diDanza a Roma, alla Scuola

di Ballo Teatro dell’Opera, allaScuola di Ballo di Franco Miseria ed infinesi dedica ad un lungo perfezionamento diHip-Hop. Partecipa a trasmissioni televisi-ve come Casaraiuno, Mattina in Famiglia

e Nessun Dorma (un programma conPaola Cortellesi); è presente in Videoclip

per Paola Cortellesi e in un Video perCeline Dion; è solista nel corpo di ballo inTour con Massimo Ranieri e in serate con

la cantante Anna Betz. Gira dei Videonegli Stati Uniti per il cantante Lionel

Ritchie con coreografie di LucaTommasini, partecipa a tour di Claudio

Baglioni, Mara Venier e Fiorella Mannoia.Ottiene il primo posto in diversi concorsinazionali ed internazionali di Hip-Hop edè vincitore del premio “Migliore promessa

2004 settore professionisti”.

Calendario lezioni dimostrative:

-Lunedì 19 e 26 Settembre Lezione diClassico e Popedeutica

-Martedì 20 e 27 Settembre Lezione di Pasde Deux

-Mercoledì 21 e 28 Settembre Lezione diModern Jazz

-Giovedì 22 e 29 Settembre lezione di HipHop

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In una delle tante forre che circondano CivitaCastellana, nel punto in cui si congiungono idue piccoli fiumi Rio Purgatorio e RioMaggiore, dove ora a far da padrona è unaricca ed intrecciata vegetazione, che custodi-sce gelosamente i ricordi ed i vissuti di untempo lontano, esiste una vecchia mola, unavolta fonte di vita di una grande famiglia.Per accedervi bisogna uscire dal centro stori-co, scendere per Via Porta Posterula, unadelle quattro vecchie porte d’accesso allacittà e, superata la stessa, percorrere unabreve “tagliata” etrusca, fino alla congiunzio-ne dei due fiumi. L’antica mola apparteneva alla famigliaMidossi, ma era più nota come “La mola de’Biscotto”, soprannome attribuitogli dagli abi-tanti civitonici a riprendere quello della fami-

glia stessa. Essa eracomposta daifratelli Fran-cesco e Um-berto e dalleloro rispettivefamiglie.I figli di Fran-cesco eranoIlio, Celeste eLiliana, quellidi Umbertoerano Felice(che da sem-pre, insiemeai suoi figli,esercita l’atti-vità di panet-tiere nel cen-tro storico),Ulderico eEdgarda eper tutti, in-distintamen-

te, perfino per i figli di quest’ ultimi, esiste unsegno di riconoscimento … … quello diappartenere alla “casata dei … Biscotto”. Lamola sembra sia stata costruita dai nonni diFrancesco e Umberto ed aveva varie funzio-ni. L’attività principale era quella della maci-na del grano, ma esisteva un’altra piccolamola in cui venivano macinati i colori chesarebbero serviti per i prodotti ceramici delleindustrie civitoniche. Infine veniva svolto illavoro di torchiatura delle olive per la produ-zione di olio.Lungo la forra che ospitava la “mola de’Biscotto” si aprivano profonde grotte che, intempo di guerra, furono il rifugio di questafamiglia per scampare ai bombardamenti.Il ricordo della guerra è ancora vivo nellamente di Ilio, il figlio di Francesco. Egli ricor-

da benissimo quando le bombe riuscirono araggiungere la forra e la paura gli stringeancora il cuore nel ripensare al giorno in cuiuna di esse, scoppiandogli vicino, lo riempì diterra e ne restò quasi soffocato. I fiumi che alimentavano la mola, seppur pic-coli, erano ricchi di pesce e questo, insiemeal ricavato della mola e a quello che riusciva-no a scambiare con la farina, era il sostenta-mento di tutta la famiglia. Spesso le famiglie più povere del paese,distrutte dalla miseria e dalla guerra, si reca-vano presso la mola a chiedere un po’ di fari-na, che non veniva mai negata, nonostanteci fossero già tante bocche da sfamare all’in-terno della famiglia stessa.Ma il componente più importante della fami-glia Midossi era l’ asino. Questo serviva asvolgere tutti i lavori di fatica e, per la lungasalita che conduce al paese, veniva caricatodi sacchi pesantissimi di farina, tanto che lapovera bestia si fermava spesso, ostinandosia non voler più proseguire il suo cammino,nonostante fosse sollecitato continuamenteper mezzo di un frustino. Ancora oggi, quan-do si vede una persona piagata per qualsiasimotivo gli si dice “hai 99 piaghe come l’asinodi Biscotto”, proprio in riferimento alle solle-citazioni fisiche che l’asino doveva subire.Lungo questa forra si viveva la vita quotidia-na, i bambini vi andavano a giocare, gli uomi-ni vi coltivavano i loro orti. Oggi non esistepiù niente di ciò che era un tempo, la forra èdivenuta ricettacolo di immondizia e sporci-zia. Eppure in questi luoghi c’è tutto il nostropassato, tutta la nostra cultura. Peccato che non si sia mai pensato di recu-perare questi bellissimi spazi immersi nellanatura, per creare percorsi che potrebberoessere molto educativi, anche per le nuovegenerazioni, per evitare che la nostra storiarimanga sepolta nel passato.

Cristina Evangelisti

Amarcord ‘a mola de’ Biscotto

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Campo de’ fiori 19

Il personaggio misteriosoVi invitiamo ad indovinare il personaggio misterioso ripro-dotto nella foto sotto.I primi cinque che lo identificheranno e ne daranno comu-nicazione in redazione, avranno diritto a ricevere un premioofferto dalla Profumeria Paolo e Concetta:

Protegge i tuoi valoriSilvia Malatesta - Via S. Felicissima, 25

01033 Civita Castellana (VT)Tel.0761.599444 Fax 0761.599369

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Ma si, nella vita quotidiana quantevolte vorremmo dare un calcio atutto e a tutti, liberarci dai “lacci” checi costringono (co…stringono) aduna esistenza sempre più program-mata, lontana da quell’improvvisa-zione che la renderebbe più appetibi-le alle papille gustative così nasco-ste, ma così presenti nella nostra lin-gua. E allora, giunti alla tracimazioneinevitabile di questo contenitorearrugginito, raccogliamo tutte lerimanenti energie, ed apriamo leparatie di quella diga così particolarenella sua struttura, che è la nostravita. Voglio andar via, andarmene peruna settimana, lontano dalla pazza

folla, riscoprire me stesso, fare comemi pare. Chi di noi non lo ha mai pen-sato? Tutti, ma chi lo ha fatto vera-mente? Pochi… Non è facile, perché iltrovarsi all’improvviso fuori dai cano-ni che da sempre regolano e scandi-scono il ritmo della nostra quotidiani-tà, ci fa sentire impauriti e spaesati.Ma ecco che, dopo l’incertezza inizia-le, prendi il coraggio a due mani, tiabbandoni al tuo istinto e……, comin-ci a guardarti intorno. Metti unozoom davanti ai fenomeni che lanatura ti propone: ti emozioni all’al-ba, quando vedi spuntare la palla difuoco che viene ad illuminare la tuagiornata che si era persa nel buio

della notte. Ti rattristi al tramontoquando quella palla, calando all’oriz-zonte, lascia spazio alle antichepaure di ogni essere vivente. Ti stailiberando dall’ingranaggio che pertroppo tempo ha stritolato i tuoi sen-timenti, stai riscoprendo (ri…sco-prendo) il valore della tua vita. Unavita finora etichettata, marchiata dalcodice a barre del consumismo, comeun prodotto da supermercato, cheprelievi direttamente dallo scaffale.Poi, vai direttamente alla cassa velo-ce, dove non fai la fila, e non paghinulla perché porti tra le mani un pro-dotto senza prezzo.

Alessandro Soli

Una vacanza particolareUna vacanza particolare

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Campo de’ fiori20

Nel varcare la soglia deldelizioso ristorante diMonterosi (VT), sorto il1° Agosto 1994, si ha lasensazione di essere acasa propria. Candelesu ogni tavolo, unmeraviglioso camino,un bar, vari “ricordi” diviaggio dei signoriRoberto Lippi e MariaGabriella Aita (i pro-prietari), la cura di ogniminimo particolare cela rendono davveroamabile. La cosa chepiù aggrada il nostropalato è il tipo di cucina

che la signora M.Gabriella cura personal-mente, in ogni suo aspetto, sia dal puntodi vista salutistico, sia da quello “visivo”,che non guasta. Qui si servono piatti sem-pre nuovi, di volta in volta ed a secondadel periodo dell’anno. E’ una cucina di altaqualità e genuinità. I prodotti sono tutti diprimissima scelta: pomodori, olio extravergine di

oliva, sale iodato. Inoltre, i signori Lippi,hanno eliminato le tradizionali friggitrici,sostituendole con il forno a raggi infraros-si (da non confondersi con il forno amicroonde): si bagnano i prodotti con l’o-lio e si cucinano in questo forno. Il risulta-to è ottimo! Le varie specialità hanno

spesso, comebase, i funghi porci-ni dei vicini MontiCimini ed il tartufo di Norcia. Da provare i “cuori, baci eabbracci”: ravioli di formaggio con aggiun-ta di miele e gorgonzola, il tutto guarnitocon spinaci freschi. E che dire delle“Spianarelle del Ferro di Cavallo” con fun-

ghi porcini e pancetta affumica-ta…!?! Una vera delizia!Per quanto concerne le carni,

sono tutte nazionali, marem-mane per la precisione, ecce-zion fatta per l’en-trecote che èargentina (ottimaanche questa). Chi optasse per lapizza qui trova il

suo regno! Vari tipi,ma, soprattutto, “tag-lie forti”: la pizza “nor-

male” è già più che abbon-dante, se poi si vuole “esagera-re” c’è la maxi-pizza (tre volte ilpeso di quella normale). Da sot-tolineare che i piatti vengonopreparati tutti al momento!Ottima carta dei vini, circa set-tanta, per tutti i gusti e tutte letasche.

L’ambiente è tranquilloe fresco, d’estate.

I signori Lippi molto cordiali e ospitali. Si cena al lume di candela. I coperti sonosessanta. Il riposo settimanale si effettuadi Mercoledì e Giovedì. Il ristorante è provvisto, a pochi metri, diun ampio parcheggio.

Per una cena romantica, fra amici, di affa-ri, ricorrenze varie, è un luogo da “gusta-re” fino in fondo!

Una gloriosa tradizione gastronomica chiamata

Il Ferro di Cavallo

a cura diLoredana Filoni eFrancesco Antenore

i signori Roberto e Maria Gabriella

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Una stella appena nata è già piena di lucedi Sandro Anselmi

L’associazione Una mano al tuo ospedaleonlus, è nata il 10 Marzo 2005 su lodevoleiniziativa di alcuni promotori medici di base,medici ospedalieri, personale paramedico esemplici cittadini. I suoi soci fondatori sono: Donato DiDonato, Gino Giuseppe Giuri, ComincioFaggiani, Marco Granatelli, Andrea Brunelli,Calogero (Carlo) Drogo, Enrico Simoni, MaraSprega, Adalgisa Ricci, Rocco Fersini,Fabrizio Pinardi, Gaspare (Guido) Milazzo,Costante Patrizi, Mario Sardi, Ugo Baldi,Luciano Caregnato. Il Presidente è Luciano Caregnato, ilPresidente Onorario Sua Eccellenza Mons.Divo Zadi Vescovo, il Vicepresidente

Carlo Drogo. Gli scopi dell’associazionesono: 1) promuovere ogni tipo di iniziativa finaliz-zata a migliorare l’assistenza degli utenti chesi rivolgono all’ospedale di Civita Castellana;2) promuovere iniziative per il miglioramen-to della struttura alberghiera, della diagno-stica strumentale e di laboratorio. Come mi riferisce l’amico Carlo Drogo, atti-vissimo vicepresidente, la campagna di sen-sibilizzazione verso la cittadinanza, fra l’altroarricchita da riuscitissimi eventi-spettacolo,ha dato già numerosi e tangibili risultati, e laprodigalità di diverse aziende locali ha giàarricchito l’ospedale di preziose attrezzature.E’ doveroso ricordare nella catena di solida-

rietà, il primo e secondo circolo didattico, laCoop Tirreno, L’UPAV-CNA, la CeramicaCielo, la Ceramica Sanitas, la Mobil10, laditta Zeppilli Luciano, la Ceramica Catalanocon la sua donazione di ottantaquattrocomodini porta vivande, la Ceramica Simascon i ventiquattro letti a snodo regolabili e laditta Colavene con i quarantotto letti semprea snodo regolabili completi di accessori.Vanno aggiunte le centinaia di cittadini chehanno contribuito all’acquisto di varie attrez-zature ed arredi per alcuni reparti dell’ospe-dale. Drogo aggiunge che la disponibilità e lacollaborazione degli operatori dell’Andosilla,ha reso fin d’ora possibile un miglioramentodell’assistenza ai malati ed agli utenti dell’o-spedale stesso e mi confida che le prossimesfide saranno l’acquisto dell’apparecchiaturaper la risonanza magnetica, l’istallazione dicondizionatori d’aria nel pronto soccorso edegli apparecchi TV nelle sale di attesa neivari reparti, oltre il completamento dell’arre-do delle camerette (costo di un solo letto €830,00 più IVA !!). Tutti questi miglioramenti possono scongiu-rare la chiusura o il ridimensionamento delnostro ospedale, attorno al quale ruotanoben tredici comuni che, perciò, dovrannoessere coinvolti. Una mano al tuo ospedale continuerà alavorare per raggiungere sempre importantiobiettivi grazie alla solidarietà delle aziende,delle istituzioni, delle attività economiche edi tutti i cittadini. La sede è a Civita Castellana Piazza Matteottin. 26, nei locali gentilmente concessi da SuaEccellenza Mons. Divo Zadi Vescovo e aper-ta nel pomeriggio dalle ore 18 alle ore 20 ,Tel. 0761.513273. Auguriamo tutto il meglioad Una mano al tuo ospedale e ringrazia-mo il suo vicepresidente Carlo Drogo.

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Campo de’ fiori22

L’Angolo misterioso

Via M.Masci,19Civita Castellana (VT)

T.0761.513182 Ab.T.0761.517601

Nella foto sopra è riprodotta una viadi Civita Castellana. I primi tre che laidentificheranno e ne daranno comu-nicazione in redazione, avranno dirit-to a ricevere un premio offerto dalla

Vinicola Mancini

Pillole di sapienza popolare

Perché si dice: “…consolar-si con l’aglietto” ?Questo detto è di chiarostampo contadino e…le sueorigini sono da ricercarsinel medioevo, quandopeste e carestie scandivano

il trascorrere del tempo.Alle porte dell’anno mille, i popoli italicivivevano per lo più di pastorizia ed agri-coltura e non era raro vedere i raccoltidevastati dalle intemperie o dalle ferociscorribande dei predoni, molto frequentiin quel periodo. I contadini, a causa della loro naturalevulnerabilità, erano i primi a pagare leconseguenze di questa “epoca buia” e,spesso, ridotti alla miseria, non avevanonulla da mangiare. Gli unici prodotti dicui la terra non risultava essere avara,erano il grano, da cui ricavavano il panee l’aglio, pianta molto resistente allecondizioni meteorologiche estreme.Questa povera gente, spesso, per ren-dere gustoso quel pane che non lasciavatracce del suo sapore nei palati affama-ti, usava strofinarlo con dell’aglio.In questo modo sembrava di mangiarequalcosa di “diverso”. Anche oggi questodetto indica il rassegnarsi ad una disgra-zia pensando che sarebbe potuto anda-re peggio.

Dott. Ing. Erminio Quadraroli

...continua da pag. 9

Con “OSSESSIONE” ……..la “Stella” accentua lasua emissione ; un brano di presa ,che si “infila”nelle circonvoluzioni cerebrali , con un riff inizia-le di chitarra ben affilato ,la successiva entratadell’ugola, dal tono graffiante, di Mr .Minerba ,emittente di un immaginario arco vocale in dis-solvenza sull’entrata della “cavalcata forsennata “che caratterizza l’intero brano ,chitarre a sostegno ritmico ,tastiere a diffondere profondità,batteria e basso a pieni giri…….visualizzo, come fosse unvideo clip , un Tony Minerba,capelli al vento ,abile “surfer spa-ziale” , intento a virare stretto e adribblare asteroidi : bella disce-sa….. sonora ! Seguono “UOMINI”, un brano dall’avvio lento e seve-ro , dalla sofferta introduzionedella parte vocale , che ,a breve,decolla ed è , al solito , sospinto da tutta la “mer-canzia creativa multitempo ” strutturata dalla“formazione Lucana” ! Un apertura affidata alpiano –chitarra e voce, un’atmosfera tesa ,in cre-scendo , segna l’avvio della penultima traccia ,“SALITA” . Conclude la prima fatica di ALGOL 3,una nostalgica ,intensa,minimale ballad , piano evoce , “JANNEY “ , dedicata a una “LEI” persasinelle orbite del “pianeta droga” . Di seguito all’u-scita de “IL SUONO ” aumentano le occasioni perascoltare dal vivo la band ma si inserisconosituazioni di crisi a destabilizzare la line-up chesarà soggetta a degli avvicendamenti . La vigiliadelle registrazioni del secondo capitolo musicale diALGOL 3 , si presenta , pertanto , inquieta.Tuttavia , in pochi giorni ,tra settembre e ottobredel 2004, i ragazzi risolvono i loro problemi di for-

mazione e si chiudono in studio per effettuare lesessions di registrazione di quello che sarà il nuovocd dal titolo “EMOTIVAMENTE” …… sempreall’insegna di un’autoproduzione e autofinanzia-mento. La realizzazione che ne consegue , con-ferma ed amplia i motivi di interesse del loro pro-getto musicale .Cinque brani ,30 minuti di “nuoveemissioni” , che stigmatizzano la qualità dell’ese-cuzione strumentale , le capacità canore di Tony

Minerba , la meticolosità profusanegli arrangiamenti, gli influssi digeneri già avvertiti nel “SUONO”, la descrizione di melodie a“presa rapida” che consentonoun più facile approccio anche daparte di un pubblico a “ gradazio-ne metallica moderata ” mavoglioso di “sollecitazioni sonore”dalla dinamica più ardita e di clas-se ….. testi ….. da “gente con latesta” che,come nel precedente cdtestimoniano un impegno della

scrittura da parte di Tony Minerba , verso i territo-ri del disagio e del malessere sociale ,con racconti“sui generis” o riferibili a situazioni “vicine” . Comediceva SENECA …”non c’è una via facile dalla terraalle stelle” ……. ma i ragazzi di ALGOL 3 hannopiazzato ,con la loro “sporca dozzina di brani” ,degli ottimi catarifrangenti ai bordi della “longway to the top” ! Formazione attuale : Tony Minerba : voce.Gianluca Quinto : chitarre. Marco Santarcangelo :basso. Ivano Greco : tastiereMarcantonio Quinto: batteria

Per contatti : belf [email protected] pubblicati :“IL SUONO” – 2003 (autoproduzione) “EMOTIVAMENTE” – 2005 (autoproduzione)

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Cari amicila storia di Noel si arricchisce sempre più di nuove avventure.

Conservate gli inserti e... buona letturadai vostri Cecilia e Federico

Soggetto e testo: Sandro Anselmi

continua sul prossimo numero ... ...

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Gli studi pionieristicinel settore della far-macologia in Italiadevono molto a dueillustri figli di CivitaC a s t e l l a n a :Giuseppe Cola-santi ed AttilioBonanni. Il primo èstato uno scienziatodi chiara fama, un

grande studioso e ricercatore, un docenteuniversitario di prestigio, il fondatore e ilDirettore dell’Istituto di FarmacologiaSperimentale dell’Università di Roma. Ilsecondo, prima di diventare anche lui unostudioso e un ricercatore di notevole rilie-vo e un prestigioso docente universitario,è stato un’allievo tra i più promettenti diGiuseppe Colasanti.Ma Attilio Bonanni, oltre ad essere un suovalidissimo allievo, era anche un suo con-cittadino, provenendo come il suo maestroda quella stessa terra falisca. GiuseppeColasanti fu anche il fondatore della rivista“Archivio di Farmacologia Sperimentale “sulla quale pubblicò un numero altissimodi studi, sia suoi quanto dei suoi allievi, trai quali figurava per l’appunto quel brillantegiovane originario come lui di CivitaCastellana. Di quest’ultimo, a differenzadel suo maestro, forse tra i civitonici c’è unqualche ricordo maggiore, in quanto sullaPiazza del Duomo, in pieno centro storico,si affaccia Palazzo Bonanni, mentre unastrada, situata in una delle primissimezone di espansione urbana, porta da oltremezzo secolo il suo nome. Invece diGiuseppe Colasanti i civitonici, con tuttaprobabilità, hanno un ricordo più sbiaditoo, addirittura fino a qualche tempo fa, nes-sun ricordo . Infatti, se non fosse stato perun suo profilo biografico, scritto dal dotto-re Valerio Conti di recente per il grandepubblico e perché alcune Scuole Superioridi Civita Castellana sono state a lui dedi-cate, quasi sicuramente la grande maggio-ranza dei civitonici avrebbe continuato adignorare l’esistenza di questo suo illustreconcittadino. Per tali ragioni, pertanto,vediamo di tracciare un breve profilo diquesto, in parte, ancora sconosciuto

Giuseppe Colasanti, mentre di AttilioBonanni, ne parla, in questo stesso nume-ro, il Prof. Arch. Enea Cisbani. Giuseppe Colasanti vide i suoi natali aCivita Castellana il 20 Gennaio 1846. Adappena ventidue anni si laureò in medici-na e chirurgia ed iniziò subito con succes-so la sua attività medica, diventando pre-sto aiuto in ambito ospedaliero. Nel 1871,a soli venticinque anni, divenne assistentedi Anatomia Umana. Dal 1874 al 1880 fuassistente di Fisiologia Comparata sotto ladirezione del Professor Francesco Boll chedivenne suo grande estimatore ed amico.Come sottolinea Valerio Conti nel suo inte-ressante profilo biografico del grandescienziato, “la sua vera passione era laricerca scientifica e in particolare gli studibiologici”. Infatti, fu proprio in questocampo che acquistò una grande fama nonsolo in Italia ma anche all’estero. La far-macologia sperimentale compì grandipassi in avanti dalla metà dell’Ottocento aiprimi decenni del Novecento. Non a caso,questo era il periodo in cui egli perfezionòi suoi studi e si impegnò a fondo in ricer-che e attività di alto livello scientifico.Soggiornò per diversi anni a Vienna, aBonn ed a Strasburgo e la sua opera ed isuoi studi ben presto, nel settore della far-macologia sperimentale, si rivelarono digrande importanza. Notevole fu l’attività di studio e di ricercacompiuta a Strasburgo nei suoi due anni dipermanenza presso l’Istituto diFarmacologia Sperimentale, nel quale fu alungo direttore il grande scienziato e ricer-catore Osvald Schmiedeberg. Qui venivano studiosi da tutto il mondo equando ritornavano nelle sedi di loroappartenenza, vi portavano i risultati pre-ziosi delle sue idee e delle sue intuizioni.Tra questi c’era Giuseppe Colasanti che,attraverso i suoi studi sperimentali e le suericerche, ben presto divenne famoso nelmondo scientifico a livello internazionale.Indubbiamente, la sua permanenza aStrasburgo fu decisiva per i suoi lavori diricerca. Tra questi grande risonanza ebbela sua scoperta della formazione dell’acidourico nell’organismo umano. Quando rien-trò in Italia Giuseppe Colasanti diventò

Professore Ordinario di Fisiologia eFarmacologia a Camerino e, successiva-mente, primo Professore Straordinario diBiochimica, allora denominata “ChimicaFisiologica”, una cattedra nuova ma rile-vante che tenne per oltre un decennio. Tutte le sue ricerche furono originali ecreative e segnarono una tappa importan-te nell’evoluzione della scienza farmacolo-gica. Grande suo merito fu quello di spe-rimentare i nuovi farmaci di sintesi conmetodologia moderna. Nel 1900 venivachiamato ad inaugurare l’anno accademicoall’Università di Roma, privilegio riservatosolo ai professori più famosi ed illustri. Questo stava a dimostrare gli alti traguar-di raggiunti come scienziato. Giuseppe Colasanti morì a Roma il 2Gennaio 1903 e lasciò tutti i suoi beni aigiovani ricercatori dell’Istituto da lui fon-dato e diretto per poter continuare glistudi da lui iniziati. Giuseppe Colasantinutrì un grande affetto per CivitaCastellana, la sua città natale dove ritor-nava nei momenti liberi dai suoi tantiimpegni di studio, ricerca ed insegnamen-to. A volte vi veniva in compagnia diquell’Attilio Bonanni, anche lui originario diCivita Castellana, suo allievo di grandicapacità e talento che – a sua volta – saràun notevole ricercatore e un apprezzatodocente universitario, nonché maestro diPietro Di Mattei, scomparso nel 1994 all’e-tà di novantotto anni, un altro grandescienziato nel campo della farmacologia inItalia.

Due grandi scienziati italianidi origine civitonica

a cura delProf. Michele Abate

Giuseppe Colasanti

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Campo de’ fiori 25

Associazione Accademia Internazionale D’Italia (A.I.D.I.)www.campodefiori.biz www.campodefiorionline.it

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ci è stato segnalato, da alcuni operatori commerciali di essere staticontattati per l’inserzione pubblicitaria delle loro attività su Campo

dè fiori, da persone a noi sconosciute. Comunichiamo pertanto che lepersone incaricate a qualsiasi titolo, da Campo dè fiori, dovranno

essere munite di autorizzazione su carta intestata, debitamente firma-ta dal direttore e contenente i dati anagrafici dell’incaricato stesso.L’incaricato dovra inoltre esibire un documento di riconoscimento.

Campo dè fioriè la più grande vetrina per i tuoiaffari. La pubblicità su Campo dèfiori arriva e “porta bene” ed entra

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L’angolo ... cin cin di Letizia Chilelli

..continua dal n. 19 di Campo de’ fiori

Sangiovese di Aprilia Questo vino è uncaratteristico “rosato” della zona Pontina chederiva da uve Sangiovese per il 95%, conpiccole aggiunte di vitigni complementarilocali. La zona di produzione comprende l’interoterritorio di Aprilia e, in parte, di Cisterna,Latina e Nettuno. Nel bicchiere il vino si pre-senta di colore rosato limpido, l’odore ècaratteristico dell’uva Sangiovese, il sapore èsecco ma alcolico e di buon corpo. E’ un vinoassai duttile, largamente usato, da tuttopasto. E’ consigliabile in particolare sugliantipasti anche robusti e sulle minestre inbrodo o asciutte, ma va anche sul pesce inumido, oppure sui fritti di mare. Trebbiano di Aprilia Questo piacevolebianco completa la triade dei vini di Aprilia. Siottiene da uve Trebbiano Toscano eTrebbiano Toscano Giallo, più altre qualità diuve minori. Al bicchiere si presenta dicolore giallo paglierino piuttosto scari-co, l’odore vinoso è caratteristico deltrebbiano laziale. Al gusto è delicato,armonico e alcolico, tendente talvoltaall’amabile. E’ indicato con i frutti dimare e le insalate di pesce, con lezuppe di pesce, le uova e le omelettes;si adatta inoltre alle minestre asciuttenon troppo salate.Castelli Romani Ci troviamo nellazona attorno a Roma e parte della pro-vincia di Latina. Questi vini incarnano la tipica produzio-ne di queste zone che ci regalano vinipiacevoli e freschi. Le tipologie chepossiamo trovare sono i CastelliRomani Bianco, Rosso e Rosato,l’Amabile e il Frizzante, che servono peresaltare al meglio le doti del vino sem-plice e serbevole, con profumi fruttatiabbinati quindi, a preparazioni di cuci-na locale, magari durante una spensie-rata gita fuori porta con l’occhio che siperde tra le bellezze dei CastelliRomani.Colli Albani Ci troviamo in provincia diRoma. Le tipologie sono Secco,Abboccato, Amabile, Dolce, Novello,

Spumante e Superiore. Quindi come vediamola produzione avviene su larga scala. Al bic-chiere si presenta di colore giallo paglierino,al naso è poco intenso e fruttato, con gustofresco, poco caldo e debole di corpo. Lo pos-siamo abbinare ad antipasti di mare, frittomisto e lumache di San Giovanni. Colli Lanugini La zona di produzione com-prende il comune di Genzano e parte diLanuvio in provincia di Roma. Le tipologiesono Secco o Amabile e Superiore. Il colore è giallo paglierino, intenso e frutta-to. Al gusto è fresco, di buona struttura chelascia sul finale un retrogusto ammandorlatoche lo rende adatto ad abbinamenti conprimi piatti della cucina di mare, verdure epesci di lago o a ravvivare la colorata e famo-sa festa dell’Infiorata.Frascati La zona comprende il comune diFrascati e zone limitrofe, tutte in provincia diRoma. Questo vino è tra i più famosi del mondo edè stato rivalutato negli ultimi anni. Ha un

colore giallo paglierino più o meno intensocon sfumature dorate. Al naso è fruttato e floreale. Al palato è equi-librato con note di freschezza, discreta strut-tura ed adeguata persistenza gusto olfattiva.Si abbina a piatti della cucina locale. Marino Si produce a Marino, CastelGandolfo e Roma. Questo vino è famoso poi-ché durante la festa dell’uva che si tiene pro-prio a Marino, la prima Domenica di Ottobre,esce dalla Fontana dei Mori come se fosseacqua. Al bicchiere si presenta di un colore giallopaglierino, al naso mostra profumo pocointenso, floreale e fruttato. Al palato è abba-stanza fresco, poco caldo e di media struttu-ra. Si abbina ai carciofi alla giudia, filetti dibaccalà fritti e crostini con provatura e alici.Velletri Ci troviamo nei comuni in provinciadi Roma e di Latina.In questa denominazione si trova il Rosso piùimportante delle zone dei Castelli Romani,ottenuto da Sangiovese e Montepulciano. Il

colore è rosso rubino, tendente algranato nel tipo Riserva, con profu-mo intenso e fruttato che con l’invec-chiamento raggiunge note speziate. Al gusto è secco, caldo e abbastanzatannico e di corpo, con una lungapersistenza gusto olfattiva. Il Velletri Rosso si abbina con salumivari, abbacchio e capretto, sia alforno che brodettati e fegatelli dimaiale. Il Velletri Bianco ha scarsa personali-tà con profumo poco intenso, florea-le e fruttato. Il gusto è fresco, pococaldo, di medio corpo che rende que-sto vino gradevole in abbinamento aminestre di verdura, carciofi alla mat-tuccela e zucchine ripiene. Come hodetto all’inizio del nostro incontro,elencare tutti i vini è impossibile,spero però di avervi dato dei buonisuggerimenti per andare alla scoper-ta di queste meravigliose bottiglie eperché nò, di “sperimentare” tutti ivini che sa offrirci la nostra regione.(per la descrizione dei vini, bibliogra-fia: “Il Vino Italiano” EdizioniAssociazione Italiana Sommelier”)

MELONE GOLOSONE

Quando il caldo è opprimente,mangia frutta per il corpo e per la mente.

E per renderla più gradita,noi gli diamo una condita.Or ora un melone affetta,e puliscilo senza fretta.

In un frullatore mettilo a dadini,aggiungi di marsala pochi cucchiaini.

Unisci del latte e ghiaccio senza abbondare,metti due fragole e inizia a frullare.Dopo che qualche minuto è passato,

versa in un bicchiere tutto il preparato.Tu sei rapito dal suo odore,

prova a sorseggiare e sentirai che sapore!Ora che lo stomaco è allietato e pieno,

chiudi gli occhietti e dormi sereno.

Dott. Ing. Erminio Qaudraroli

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Nel vissuto di unadonna la materni-tà è un evento dienorme portatapsicoaffettiva, dalmomento che inmaniera perma-nente modifica lasua vita aumen-tandone ler e sponsab i l i t à(Cox,1996) ecomporta grandicambiamenti dal

punto di vista fisico, emotivo e sociale. In parti-colare con la nascita del primo figlio, questafase della vita implica una revisione della pro-pria identità e la necessità di rispondere allecostanti richieste del neonato. Nella nostra cul-tura la maternità è considerata un evento esclu-sivamente gioioso; la madre è felice per defini-zione e in questo stato trova la forza per reagi-re ai problemi grazie all’amore verso il neonatoe il suo compagno. E le immagini della materni-tà che ci vengono proposte sono immagini dimadri sorridenti e riposate con in braccio unfiglio angelico. I miti della nostra cultura sullegioie della gravidanza perfetta hanno una forteinfluenza sulle donne, creando spesso aspetta-tive irrealistiche sul parto e sulla maternità. Lemadri che vivono questo tipo di aspettative sisentono delle “fallite” quando sono in difficoltàe questo facilita l’insorgere della depressione.Nella nostra cultura non c’è una grande prepa-razione, né sostegno per le neomamme; in altreculture, al contrario, il diventare madre vienesancito anche con riti di passaggio che assicu-rano il sostegno sociale e rinforzano l’autosti-ma,valorizzando lo status di genitore e dandoun riconoscimento a questa fase di transizionedella vita:il più significativo cambiamento diruolo che la donna vive. Perché quando nasceun bambino, nasce anche una mamma chenecessita di sostegno e di contenimento affetti-vo allo stesso modo del piccolo che ha genera-to.Dal momento che si vengono a trovare in unmomento molto delicato, molte donne dopo ilparto attraversano momenti di scoraggiamentoe di demoralizzazione e il 10-20% delle donnecade nella Depressione post partum. I sinto-mi di quest’ultima si possono presentare findalle prime settimane dopo il parto o nei 5-6mesi successivi e la depressione pervade tutta

Centro di Diagnosi e Terapia Neuropsichiatrica,Psicologica, Logopedica, Psicopedagogica

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a cura della Dott.ssaEmilia GrassettiPsicologa

la giornata. Ecco che allora accudire il propriobambino sembra un compito immane per ilquale non si è mai sufficientemente adeguati eogni pianto del bambino è la conferma dellapropria incapacità.La depressione post partum si compone di unagamma di sintomi, ai quali le madri spesso nonriescono a dare un significato, ma che trovanoopprimenti. In generale esse riportano iseguenti sintomi: *instabilità o sbalzi emotivi *pianti frequenti * lamentele somatiche * man-canza di energie * senso di inadeguatezza epensieri pessimistici * dubbi e timori circa lecapacità di prendersi cura del bambino * senti-menti ambivalenti verso di esso * senso dicolpa, autobiasimo * ansia * sentirsi prive divalore * disturbi del sonno e dell’alimentazione* paura dei contatti esterni,chiusura * perdita diinteresse sessuale * pensieri sulla morte e avolte sul suicidiosintomi che cosi vengono descritti dalle donne:“ogni cosa ha perso il suo colore!…piangereisempre….agli altri interessa solo il mio bambi-no, non come mi sento io!…..perché mi sentocosi male adesso che ho questo bellissimo bam-bino?….Sono stanca,cosi stanca, tutto quelloche faccio è una fatica…..non voglio vederenessuno… non voglio che nessuno mitocchi…sono confusa e annebbiata, sento chesto per esplodere!”E’ importante sottolineare la distinzione fraDepressione post-partum, Maternity blues ePsicosi Post-Partum, cioè gli altri due distur-bi che si collocano dopo la nascita del bambino,differenti per tipologia e gravità dei sintomimanifestati. Il Maternity blues è la cosiddetta“malinconia della puerpera”, un periodo transi-torio e frequente: l’80% delle donne presentainfatti una certa instabilità emotiva durante leprime due settimane dopo il parto. Anche ilmaternity blues è caratterizzato da tristezza,crisi di pianto,stanchezza, irritabilità, ansia neiconfronti del bambino e inadeguatezza, ma latristezza non permane per l’intera giornata,lasciando spazi liberi di sollievo. Il maternityblues è del tutto fisiologico e passeggero e nelgiro di pochi giorni i sentimenti negativi passa-no e la donna può godere appieno della vici-nanza con il suo piccolo. La Depressione Post Partum, invece, presentauna maggiore gravità e durata dei sintomidepressivi tanto che la depressione può essereriscontrata ben oltre i 12 mesi dopo il parto e vaaffrontata con l’aiuto di uno specialista. LaDepressione risulta, invece, essere meno gravedella Psicosi post-partum che richiede un imme-diato intervento psichiatrico. La Psicosi post-partum insorge nella prima settimana dopo ilparto e risulta essere più rara:2 casi su 2000nascite. Le donne con psicosi post-partumhanno un umore e comportamenti gravemente

La depressione post partumdisturbati e presentano in genere confusione,agitazione, allucinazioni, disorganizzazioneestreme e pulsioni infanticide.

Ma quali sono le cause della depressione post-partum? Che segnali fanno prevedere qualisono le donne più a rischio?Il modello eziopatogenetico della depressionepost-partum proposto dal professore Milgrom edai suoi colleghi è di tipo biopsicosociale: inclu-de infatti fattori biologici, come una predispo-sizione ai disturbi premestruali e marcati cam-biamenti ormonali;fattori psicologici,comeesperienze familiari infantili e lo stile di coping ei fattori sociali ,come il ruolo della relazione dicoppia e le aspettative della società. Vengonoidentificati cosi numerosi fattori che entrano ingioco contemporaneamente, rendendo più pro-babile l’insorgere della depressione post par-tum:interagiscono fra loro fattori di vulnerabi-lità e fattori scatenanti. I fattori di vulnerabi-lità che rispecchiano il fatto che alcune donnesono più soggette di altre alla depressione postnatale, possono essere identificati in episodiprecedenti di depressione maggiore e|o nellasindrome premestruale,nelle esperienze familia-ri, in eventi di vita negativi (aborti, perdita di ungenitore..), in una relazione di coppia inadegua-ta. Relativamente ai fattori che scatenano, facilita-no l’insorgenza della depressione post par-tum,questi sono di tre tipi: fattori biologicicome un improvviso e considerevole calo neilivelli di estrogeni dopo il parto, livelli di stresscollegati a eventi difficili (quali travaglio duratoa lungo o parto cesareo, eccessive variazioni dipeso, problemi finanziari) e variabili modera-trici dello stress (sostegno sociale e abilità dicoping). E’particolarmente importante tenerpresente il contributo della valutazione cogniti-va ovvero della percezione e della risonanzache si ha degli eventi di vita. I fattori sociocul-turali relativi alle credenze irrealistiche e ai mitisulla maternità agiscono sulla depressione postnatale anche loro come fattori scatenanti eaggravanti. Una delle caratteristiche più impressionantidella depressione post partum è l’impatto cheessa ha non solo sulla donna, ma anche su suofiglio e sul padre. Dal momento che di fonda-mentale importanza risulta essere la prima rela-zione fra madre e bambino per il successivo svi-luppo del bambino stesso, la depressionematerna interferisce con gli scambi comporta-mentali ed emotivi. E’ grazie a un ambiente basato sull’affidabilità esu un adeguato adattamento della madre aisuoi bisogni che il figlio sviluppa un senso di sépositivo (Winnicott, 1974;Davis e Willbridge,1981).

Continua a pag. 51

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Campo de’ fiori29

Come eravamo‘‘aa ttoommbboollaa ggiiùù ‘‘nn ppiiaazzzzaa

Sono passati gli anni, il consumismo e il pro-gresso hanno ormai cambiato anche le abitudi-ni della gente, ma ci sono alcune tradizioni, perfortuna, che continuano imperterrite a radicarsianche nelle nuove generazioni. Una di queste èl’estrazione della tombola nella piazza principa-le del paese durante le feste patronali. La tom-bola, qui a Civita Castellana è inserita da sem-pre nel programma dei festeggiamenti, unita-mente alla processione delle reliquie dei SSMartiri Marciano e Giovanni, alla Fiera di mercie bestiame, ed allo spettacolo pirotecnico fina-le. Essa veniva estratta come da tradizione ilgiorno della fiera, il 17 Settembre, giorno sceltoad hoc, perché frequentato da una moltitudinedi gente giunta nella nostra cittadina per quel-l’appuntamento di acquisti, che poche volte sipotevano fare durante l’intero anno. Lo scena-rio è rimasto lo stesso : Piazza Matteotti , ilpalco sotto il Palazzo Comunale, il cartellone dilegno con i numeri dipinti da 1 a 90, l’urna con-tenente le palline di legno con incise le cifre chela mano innocente di un bambino estrarrà eporgerà al funzionario comunale, che a suavolta incaricherà “la voce” che avviserà il pub-blico. E qui iniziano ad affiorare i ricordi: primo

fra tutti la“voce” che perdecenni ha ca-ratterizzato leestrazioni delletombole civito-niche.Quella possen-te, chiara eargentina delsor UmbertoCiucani, titola-re del ristoran-te “ Il bersag-liere”, che sen-za microfono ,dalla loggettadel comunescandiva i nu-meri in un mo-

do così originale da renderli quasi unici e vivinello stesso tempo. Anni addietro, circolava unaleggenda metropolitana riguardo alla sua esten-sione vocale: che i numeri venivano addiritturasentiti fino giù all’Ospedale Andosilla, dove imalati potevano seguire l’evento, anch’essimuniti della fatidica cartella. Certamente nonc’era il traffico caotico di oggi, la gente era tuttain piazza, e allora questa, credo, sia più che unaleggenda.Ho finora tralasciato, quasi voluta-mente le emozioni del momento, perché le tro-vate nella poesia pubblicata accanto, da mecomposta in occasione della tombola del 2004,ma permettetemi di aggiungerne altre: la caoti-ca compilazione a mano con tanto di carta car-bone delle cartelle (ora sostituita dalla carta chi-mica, che le copia direttamente), la spasmodicaattesa della folla, impaziente per l’estrazioneche ritarda sempre a causa di errori manuali suiregistri, consegnati in comune e riverificati, legiocate dell’ultimo minuto, che ritardano la con-segna degli stessi. Insomma è sempre stato esarà sempre così, perché questa è la tombola, èuna cosa viva, non è la solita, moderna lotteria,che ti regala forse premi più ricchi ed interes-santi, ma non ti fa vivere l’emozione e la rabbia

tipica di chi ha mancato una cinquina o unatombola per un numero, di chi ha urlato insiemeai vicini di piazza, per farsi sentire di aver vinto,prima dell’estrazione del numero successivo. E’difficile anche per me descrivere quello che siprova, però mi auguro che anche le nuovegenerazioni, trovandosi magari per caso in unpiccolo paese, durante l’estrazione di una tom-bola, pensino a quanto è bello divertirsi senzaricorrere ad un video o ad una tastiera, e comu-nicare la propria gioia urlando e non digitando ilfreddo messaggino sull’ormai superaccessoriatocellulare.

‘A TOMBOLA GIU’ ‘N PIAZZA

‘A tombola più che andro è ‘n’occasionepe’ festeggià, Giovanni co’ Marcianope’ rivedè giù ‘n piazza le personequi pronte co’ ‘e cartelle ‘n mano.

‘O cartellò de legno è sempre quello,co’ i numeri perfetti, scritti ‘n nero,

sarà ‘n po’ vecchio, ma è sempre bello,‘o guardi fisso e pensi: io ce spero!

Poi, se ‘ncomincia, se va pe’ la cinquina:te ‘rrabbi si te scappa quello doppo,

fai lo stesso si te scappa quello prima,-Forza, smucìna, te pijasse ‘n corpo!

E’ stata fatta la cinquina…ce speravi e te dispiace ‘n po’,

fiducioso guardi l’ottantina:-Mò co’ ‘a tombola, me rifò!

Hanno fatto pure tombola, che jella,mò c’è rimasto solo ‘o tombolino,

quasi quasi, vorresti buttà via ‘a cartella,poi ce ripensi, e butti via ‘o stecchino.

Poi’a condanna: senti ‘no strillo de qualcuno,‘a gente che se move da lundano,te ‘ncazzi, perchè ‘nnavi pe’ uno,

evviva Giovanni co’ Marciano!

Alessandro Soli- 5 Settembre 2004

diAlessandro Soli

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Album deCampo de’ fiori30

Anni 50-60 G

iovani civitoniche in gita a Tivoli insieme a Frate M

ariani

1950 civitonici in vacanza a Passoscuro foto del sig. Bruno Fontana

1932- Terzo Cam

peggio Dux anno X

foto del Sig. Oscar A

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annato

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dei ricordiCampo de’ fiori 31

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Campo de’ fiori32Ospiti d’onore, uniti da un

solo intento, trasforma-no Corchiano in una

piccola Cinecittà.Un successo inaspettato,ma sicuramente spera-to, ha riscosso lam a n i f e s t a z i o n e“Sinfonia di So-lidarietà”, che si èsvolta, per la primavolta, a Corchiano trail 23 e il 26 giugno,organizzata dal grup-po Caritas-Unitalsi,

guidato dal parrocodon Claudio Monarca. A

parte qualche incidentedi percorso sempre in

agguato, si è cercato di curare tutto nei minimiparticolari, a partire, ad esempio, dal nomestesso. Il termine sinfonia, infatti, indica l’insie-me dei suoni che si compenetrano per formare

un’unica melodia e,in questo caso,vuole richiamaremetaforicamenteun insieme di per-sone che collabora-no per un unicoobbiettivo: l’esseresolidali. Si è cercatodi coinvolgere tuttiattraverso iniziativegiornaliere cometornei di calcetto eping pong, visite adanziani e ammala-ti, pranzi di solida-

rietà, spettacoli di animazione per i più piccoli,oltre alle serate in musica, che hanno costituito,tuttavia, il fulcro della festa. I festeggiamenti hanno preso il via giovedì 23,con la presentazione dell’ultimo cd, “La vela e ilvento”, di don Giosy Cento, che non ha potu-to portare la sua graditissima presenza tra l’af-fezionato pubblico corchianese, per problemipersonali. A Raffaella D’Ubaldi e MassimilianoIsidori, suoi stretti collaboratori, è toccato l’ar-duo compito di sostituirlo. L’affiatata coppia èstata, senza dubbio, in grado di tener alto il suonome, con brillanti interpretazioni. Ad impreziosire la manifestazione è stata laprima rassegna del premio “Cuore d’orod’Etruria”, di cui sono stati insigniti numerosivolti noti, che si adoperano da sempre ad offri-re il loro aiuto ai meno fortunati. Presentatore

ufficiale della rassegna è stato FabrizioBracconeri. Molti lo ricorderanno nei panni diBruno Sacchi nel telefilm italiano “La III C”, chegli diede la popolarità. Da qualche anno, invece,è impegnato nella trasmissione televisiva diRete Quattro “Forum”, accanto all’instancabilegiudice Sante Licheri. I lettori di Campo de’ fiorilo ricorderanno per una rubrica che lui stessocurava, qualche tempo fa, al suo interno. Una serie di personaggi famosi si sono susse-guiti nelle tre serate.Erika del Grande fratello 5 è stata la primaa salire sul palco per ricevere il premio e rac-contare qualche curiosità sui suoi ex coinquilini.Dopodichè la Alex’s Big Band ha concluso que-sta seconda serata di venerdì. La serata di sabato invece è stata animata dallacompagnia teatrale dell’Oratorio di Bracciano,alle prese con il musical tratto da “Forza venitegente”, che ha accolto largo consenso tra il pub-blico. Il premio “Cuore d’oro d’Etruria”, ormai

collaudato, ha vistoprotagonisti altri per-sonaggi famosi.Primo fra tutti il diret-tore del nostro gior-nale SandroAnselmi, accompa-gnato sul palco dal-l’inseparabile figliaCecilia. Secondo pre-miato della serata èstato Billo, diretta-mente dalla trasmis-sione televisiva diTeo Mammuccari“Mio fratello è

Pakistano”. A chiudere in bellezza la passerellaAnonimo italiano, famoso per la sua fortesomiglianza con Baglioni, in ottima forma, cheha voluto ringraziare e salutare il pubblico condue i brani cantati dal vivo.Durante l’ultima serata “Cuore d’oro d’Etruria” èstato affiancato da un altro prestigioso ricono-scimento: “Cuore d’oro d’Italia”. A ricevere ilconsueto premio, assegnato anche nelle sereprecedenti, sono stati due colleghi e amici diBracconeri: Marco Senise, anche lui nella tra-smissione televisiva “Forum”, dove appoggiaRita Dalla Chiesa nella conduzione e gira fra glispettatori a raccogliere giudizi e Fabio Ferrari,con cui Fabrizio ha iniziato la sua carriera neltelefilm “La III C”, dove l’attore interpretavaChicco, compagno di classe e di avventure diBruno Sacchi.Dulcis in fundo, “Cuore d’oro d’Italia”, con-

ferito a personaggi di un certo calibro. Il primoa ricevere il riconoscimento, sotto gli applausiscroscianti del pubblico, è stato Pino Ferrara,attore e regista di varie commedie teatrali e difilm accanto ai grandi del cinema italiano:Peppino de Filippo, Aldo Fabrizi, Antony Quinn eda ultimo Lino Banfi nella fiction “Un medico infamiglia”, dove grazie al ruolo di Fausto, amicodi vecchia data di nonno Libero, interpretato perl’appunto da Banfi, è stato nominato vice nonnod’Italia. A seguire l’attrice regista di opere tea-

trali che spaziano dal teatro classico al teatrocontemporaneo, compagna nella vita da 19 annidi Carlo Croccolo, Daniela Cenciotti. E ultimo in ordine di tempo, ma non di certo diimportanza, l’attore Carlo Croccolo, che hafatto divertire più di due generazioni con unamiriade di film che lo hanno sempre visto pro-tagonista a fianco di interpreti straordinari comeTotò, di cui fu anche ottimo doppiatore, AldoFabrizi, Nino Taranto, Peppino de Filippo, WalterChiari. Tutti questi vip, incantati dalla tranquilli-tà che si respira a Corchiano, si sono ripromes-si di capitare più spesso a far visita al paese. I

corchianesi sono ben disposti ad ospitarli.Veramente divertente, subito dopo le premia-zioni, il breve spettacolo di cabaret del MagoAlivernini, che ha fatto ridere proprio tutti, giàconosciuto da molti per la sua partecipazione intv con la Compagnia del Bagaglino. Il gruppo musicale Generazione Musica, con ilconcerto “Prospettive di Pace”, ha avviato laserata conclusiva, ricca di ospiti d’onore, allachiusura. Fuochi d’artificio a decretare la fine e suggella-re la buona riuscita della manifestazione. Piùche soddisfatti, sono rimasti tutti gli organizza-tori ed i collaboratori che si augurano di poterripetere ancor più brillantemente l’esperienza ilprossimo anno.

Ermelinda Benedetti

4^giornata

di

solidarietà

per una

sinfonia

foto Giulio Bianca

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Campo de’ fiori 33

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Campo de’ fiori34Questo mesetratterò dell’eru-zione dei primidentini, un tra-guardo significati-vo nello sviluppodel bambino. Lafuoriuscita deidentini del picco-lo, che si chiama-no decidui, puòarrecare dei pic-

coli disagi al bebè e può quindi essere vis-suta, dai genitori, con un po’ di inquietudi-ne. Ma non c’è da drammatizzare, perchéla dentizione è un processo fisiologico. E’normale che il bimbo manifesti dei disagi,dovuti al dolore. Ogni bambino possiededei ritmi personali: i primi dentini possonorimanere nascosti sotto le gengive per set-timane, prima di spuntare, in altri casi pos-sono fuoriuscire repentinamente senzaalcun segnale premonitore. In linea gene-rale, il primo dentino appare fra i tre mesie l’anno di età, con una frequenza maggio-re intorno ai cinque-sei mesi. Quando ildentino sta per spuntare, la gengiva cam-bia aspetto: si gonfia ed è arrossata e, toc-candola, si sente una piccola protuberanzadura, di colore biancastro. L’irritazione èfastidiosa per il piccolo e causa dolore, ren-dendolo irritabile. In questa fase il piccolopuò diventare inappetente, presentare unasalivazione abbondante che è causata dauna sensazione fastidiosa ed un senso diprurito, dovuti allo stiramento delle muco-se gengivali e sente quindi il bisogno di

masticare e mordere per lenire il disagio. Identini da latte sono 20: 4 incisivi, 2 cani-ni, 4 molari per arcata dentaria. Si iniziacon l’eruzione degli incisivi centrali, poiquelli laterali. Tra i dodici e diciotto mesispuntano i primi molari e fra i diciotto eventiquattro mesi i canini. La dentizione ècompleta fra i ventiquattro e trenta mesicon l’eruzione dei secondi molari. I denti siformano già nel feto, nei primi mesi di gra-vidanza, e alla nascita sono già tutti pre-senti. Per alleviare un po’ i fastidi ci sonodiversi rimedi. Innanzitutto, in questoperiodo, è importante giocare molto con luie coccolarlo in modo da distrarlo un po’.Deve inoltre avere sempre qualcosa damordicchiare. Si può, inoltre, massaggiaredelicatamente, le sue gengive, dopo esser-si lavate molto bene le mani, oppure, inalternativa, offrirgli un anello gengivale ingomma, posto precedentemente in frigori-fero a raffreddare, dato che la bassa tem-peratura ha un’azione disinfiammante. Seè già capace di tenere in mano il cibo, pos-siamo dargli, d’estate, un pezzetto di angu-ria fresca e, in altri periodi un po’ di bana-na. In casi gravi si può applicare sulle gen-give del piccolo, una crema od un gel den-tale, da acquistare in farmacia. Questi pre-parati hanno il compito di anestetizzare lie-vemente la zona e favorirne la normalizza-zione. Le cose, invece da NON FARE, in

questo periodo sono le seguenti: limitare almassimo il consumo di zuccheri, le tisanezuccherate ed i dolci sono quindi, nei limitidel possibile, da evitare. Anche il mielerosato, unguento che un tempo si spalma-va sulle gengive irritate, è oggi considera-to cariogeno per i denti. Per favorire ladentizione non vi sono alimenti più indicatidi altri, l’importante è nutrire il piccolo conbuon senso ed equilibrio. Quando il bambi-no ha già qualche dentino, è necessariolavarli tutti i giorni. Si può passare sui den-tini e sulle gengive con una garza, sullaquale è stato spalmato un po’ di dentifricioper bambini. E’ utile somministrare unacerta quantità giornaliera di fluoro, ingocce o compresse. Intorno ai tre anni,quando la dentizione decidua è completa,portiamo il bambino dal dentista. Prima diportarlo, possiamo rendere l’evento menotraumatico, giocando insieme ad esamina-re le rispettive bocche. Infine, abituatelo,quando è in grado di farlo da solo, a lavar-si i denti dopo mangiato. Il modo miglioreper iniziare, è quello di dare voi l’esempio,lavandovi più spesso possibile i dentidavanti a lui. Certamente lui cercherà diimitarvi facendo gli stessi movimenti e, inquesto modo, si abituerà velocemente, adusare lo spazzolino. Comprategliene unocon le setole morbide ed arrotondate.

L’angolo del bebèLa dentizione

della Dott.ssa LoredanaFiloni

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Campo de’ fiori 35

“C’era una volta…”recitano le favole deltempo che fu. Eppureposso raccontarneanch’io una contem-poranea, ma nontroppo.Era il lontano 1923,l’estate bussava ora-mai alle porte e a

Ronciglione stava per sbocciare un fioremeraviglioso: il 17 maggio nascevaFrancesco Marini, da tutti i ronciglionesiricordato come Checco.Un uomo semplice ma di spiccati senti-menti che ha saputo coniugare il durolavoro con il dolce piacere di “verseggiare”.La sua prima poesia intitolata “Ronciglionesotto la neve”, scritta nel 1929 fu un suc-cesso. Questo componimento valse al gio-vane Checco un diploma e medaglia d’oroper meriti di Avanguardista.Sin dalla sua infanzia ebbe la gioia di dedi-carsi alla scrittura, ma ben presto conobbeil crudo significato delle parole “sopravvi-venza” e “ incomprensione”.Costretto dagli eventi a lasciare la scuola,dopo aver conseguito il diploma di quintaelementare, abbandonò il mondo fanciul-lesco fatto di divertimento e spensieratez-za per iniziare a lavorare.All’età di quindici anni lasciò la sua caraRonciglione e i suoi genitori, che da sem-pre si erano opposti alla sua passione per

lo scrivere, per fare fortuna, insieme al fra-tello maggiore, nell’isola di Pantelleria. Daquesta isola così vicina all’Africa, il giovaneFrancesco con cadenza giornaliera, man-dava i suoi versi ai familiari.Il tempo che inesorabile continuava il suocorso, gli fece conoscere la fatica, il distac-co dai cari, e soprattutto l’Amore nei con-fronti di una fanciulla a cui, per timidezza,

comunicò i suoi sentimenti solocon fiochi sguardi e…con quasitutte le sue poesie di gioventùe…non solo.Ben presto diventò uomo, e ilsuo estro creativo lo portò ascrivere una poesia per uncaro amico: “ Il treno se neva”.La fatica, il lavoro e la guerranon indebolirono la sua passio-ne di creare dolci versi, unicostrumento a sua disposizioneper alleviare le sofferenze.Ritornato a Ronciglione, sisposò con Giuseppa Anitori chegli donò quattro gioielli:Mauro, Bruno, Norma eOlimpia.

Arrivò il momento della pensione e la suavoglia di scrivere conobbe una nuovaforza, amplificata da un avvenimentomolto importante: nascosti in soffitta ritro-vò dei rotoli legati con degli spaghi conte-nenti tutte le sue poesie, scritte nel perio-do di lontananza da Ronciglione. In uno viera un biglietto scritto con una calligrafiaamica: “ Come vedi, ti ho conservato tutto!Tua madre”.Quella donna che tanto lo aveva ostacola-to, l’aveva reso la persona più ricca delmondo dimostrandogli che non era statalei ad opporsi alla sua passione, ma glieventi di quegli anni che non avrebberopotuto regalargli una sorte migliore.Questo fu un periodo molto felice per lasua penna. Usando come studio un giardi-no e come poltrona una sedia di giuncointrecciato, scrisse poesie come“Cormorano del Golfo” e “Un giorno” conle quali vinse rispettivamente il “Premiodel ceppo” a Pistoia nel 1991 e il “PremioGiacomo Leopardi” a Roma nel 1994.Nel periodo compreso tra il 1991 e il 1998i successi si moltiplicarono, vincendo il“Roncio D’oro”, il “ Premio GraziaDeledda”, il “Premio Alessandro Manzoni”e ricevette menzioni per altri premi inter-nazionali tedeschi e spagnoli. Poi un giorno…quel treno sul quale pur-troppo nessuno può rifiutarsi di salire,portò via il nostro concittadino Checco chescrisse d’Amore per la sua donna, per isuoi cari, per la sua città natia Ronciglionee…. d’Amore visse.Vogliamo ricordare Francesco Mariniriportando la sua prima poesia, scrittaall’età di 7 anni. Ad essa seguirono altreseimila poesie circa e undici libri:

Ridon dall’alto i merli della roccaOrmai vecchi dai suoi carnevaliNon scordano la sorte che gli toccaCader nel vuoto, in tempi originaliIl verno ora l’è giunto, ecco le neviGraziosi strati, canditi elementiLe torri tinte da quei manti lieviInvitano a mirar con passi lenti Ovunque è bianco, i balconcini, i vasiNel freddo intenso, ormai seccati e spentiE immacolata nel candor ti posi.

L’uomo che... “d’Amore Visse”

di Erminio Quadraroli

Francesco Marini all’età di 16 anni

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I bambini si erano già addormentati dopoaver scorrazzato tutto il pomeriggio in bici-cletta. Il cielo conservava un barlume di chia-rore, roseo, che resisteva stoico all’incederedel buio, regalando pochi ulteriori minuti aquella lunga giornata primaverile, caldaquanto basta per potersi definire piacevole.Le finestre aperte lasciavano entrare il profu-mo del primo sfalcio d’erba dalle campagnevicine e il silenzio nei dintorni veniva rotto, atratti, dallo sfrecciare delle auto che si per-deva in lontananza, o dalle grida dei ragazzi-ni che giocavano a pallone nel cortile dellapalazzina. Tra qualche minuto avrebbero tra-smesso una partita di calcio che si prean-nunciava tiratissima. Il Signor G. guardavadistrattamente la tv allungato sul divano conle mani incrociate dietro la nuca: la sua posi-zione di massimo relax. Era una bellissimaserata di maggio, di quelle che prediligeva inmodo particolare: gli ricordavano i tempidella scuola e la spensieratezza che accom-pagnava le ultime interrogazioni dell’anno,nell’imminenza delle lunghe, liberatorie,vacanze estive. C’erano tutte le condizioniper renderla speciale: non ne ricordava unasimile da almeno due anni a questa parte, daquando era arrivato A., l’ultimo nato. Pensòdi mettersi le cuffie, tanto per isolarsi dalresto del mondo e far capire all’ unica perso-na ancora in grado di spezzare l’idillio di queimomenti (sua moglie), che non aveva asso-lutamente voglia di rinunciarci. Stava proprio,furtivamente, infilando il cavetto alla televi-sione quando, dalla stanza limitrofa, unavoce sbucò da dietro una montagna di pannispiegazzati, lamentando stancamente:“ Mah!Certo che… una volta era diverso..... eridiverso !” <<Porca………!>> bisbigliò G. pernon farsi sentire: gli si era gelato il sangue. Alzò gli occhi al cielo biascicando sommessa-mente altre imprecazioni indicibili, ma si ren-deva conto che ormai solo un miracolo pote-va salvarlo da un’ incombente diatriba casa-linga. Ogni tanto la Signora D. tentava dirimettere in discussione i ruoli che si eranoandati definendo con l’evolversi delle esigen-ze famigliari, specialmente dopo la nascitadei figli: d’altronde a rimetterci era stataquasi esclusivamente lei. Il Signor G. lo sape-va bene, ma non l’avrebbe ammesso neppu-re sotto tortura, continuando a negare l’evi-denza ogni volta che l’ argomento tornavainevitabilmente in gioco. Usava sempre lastessa dialettica: inizialmente la asseconda-va, riconoscendo le possibili difficoltà delcompito di impiegata-moglie-mamma, poi

però portava il ragionamento sulle peculiari-tà fisiche e caratteriali che distinguono isessi. Divagava tra l’ antropologico e l’adula-torio, argomentando :<< Da che mondo èmondo sono le donne ad accudire la casa….se non lo facessero cosa sarebbe della socie-tà, dei valori, della famiglia.....lo ha dettoanche il Papa...... >> e via dicendo. Poi labuttava sull’esortazione, sull’incoraggiamen-to:<<Vedrai, tornerai in splendida forma >>Alla fine, solitamente, concludeva il pateticopredicozzo con un perentorio richiamo aldovere: loro (lui e i figli) avevano bisogno dilei, non c’erano grosse alternative, bisognavatirare dritto. Questa volta però era diverso:non aveva proprio alcuna voglia di ricomin-ciare la commedia, sforzandosi intimamentedi escogitare uno stratagemma qualsiasi per-ché le affermazioni della moglie potesseronon avere seguito. Inizialmente pensò dinon risponderle. Se voleva essere certo dinon finire a litigare (la discussione potevasfuggirgli di mano), se voleva che la mogliecontinuasse tranquillamente a stirare i panni(il completo buono gli serviva assolutamenteper il giorno successivo), ma anche - soprat-tutto - se voleva vedere in santa pace la fina-le di Coppa Uefa, doveva tacere. Forse. Fare finta di niente e sperare che lei, nonricevendo risposta, percepisse la sua ritrosiaal dialogo evitandogli ulteriori menate ? Nò,non se la sentiva di rischiare, non poteva affi-dare le sorti della serata alla -presunta- per-spicacia di sua moglie. Decise di prenderetempo, il pavido, facendogli eco con un inno-cuo quanto ipocrita: “Che… ?!” Lei rincarò, avoce più alta: “Una volta era diverso. Anchetu eri diverso. Nò, anzi, per alcune cose seicambiato e per altre nò: ad esempio sei sem-pre il solito egoista. Sì, per certi versi seisempre lo stesso.” <<Porca………!>> impre-

cò nuovamente, sempre sottovoce. Era uncolpo al cuore. Un pugno nello stomaco. LaSignora D. aveva alzato il tiro e avrebbe dun-que, veramente, sviscerato tutto il suo mala-nimo di lì a qualche minuto. G. sbirciò di sot-tecchi tra i panni spiegazzati per controllarese avesse già sistemato il completo che gliserviva: niente, non c’era ancora arrivata.Guardò l’orologio: mancava ancora qualcheminuto all’inizio dell’incontro. C’era abba-stanza tempo per una risposta che non dove-va suscitare astio (altrimenti poteva scordar-si giacca e pantaloni stirati) ma, soprattutto,non doveva dare spazio a repliche (in casocontrario addio finale di coppa). La situazio-ne era disperata, ma il Signor G. non si ras-segnò, aggrappandosi alla pur remota possi-bilità di salvare la serata, rimise velocementein moto il cervello appannato dalla pubblicitàe chiese alla sua sagacia il meglio di sé. Capìsubito che la complicata questione non pote-va risolversi solo razionalmente, ci voleva dipiù: un mix esplosivo tra arguzia, creatività emalizia. In quei pochi millesimi di secondonella sua mente un turbinio di parole, imma-gini e pensieri si arrovellarono finchè istinti-vamente gli scappò detto: “Anche tu sei cam-biata per alcune cose e per altre no, ma tivoglio bene proprio per questo !” Incredibile!Neanche lui capiva bene come cavolo avessefatto a partorire una scempiaggine simile: gliera venuta così, di getto, anche se, dalla rea-zione della moglie, capì subito che dovevaessere stata una battuta di grande effetto.Lei non rispose continuando a ripassare mec-canicamente il ferro rovente, mettendoci anzimaggior vigore. << L’ho distrutta !>> sidisse G., sempre guardandola di traverso pernon farsi scorgere. La Signora D. era eviden-temente lusingata dall’implicito complimentoche, tra le righe di quella frase, era eccezio-nalmente sfuggito al marito, non se lo sareb-be mai aspettato così diretto, spontaneo,disarmante. Lo salutò prima di andare a dor-mire. << E’ di buon umore >>, gongolavalui, stravaccato sul divano. Avrebbe volutosaltare per la gioia, ma non aveva sensofarlo, per due motivi: primo, perchè avevasolo temporaneamente segnato un punto asuo favore; secondo, più importante, perchèavrebbe senzaltro tradito i motivi più recon-diti che sottendevano l’azzecatissima rispo-sta. Preferì godersi beatamente queimomenti, che comprendevano il completostirato per il giorno dopo e la finale di CoppaUefa, commentando tra sé e sè:<<Per que-sta volta è andata, domani chissà !>>

Le (dis)avventure del Sig. G.Il Casalingo di Gianni Bracci

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Anna Rita Montanari,estetista specializzatanella cura del corpo edel viso, da annimette la propria pro-fessionalità al servi-zio della clientela.Apre in questonumero una rubri-ca dove troveretepiccoli consigli einformazioni sullenovità nel campodell’estetica.

L’estetica oggiriveste un ruolo

sempre più importante. Starebene con se stessi, curare la propria immagine,

è il biglietto da visita con il quale ci presentiamo aglialtri. Per questo è di fondamentale importanza sen-tirsi bene e essere visti con un accento positivo. Ovviamente per far si che questo avvenga c’è biso-gno dell’aiuto di persone qualificate che sappiamosempre valorizzare la nostra immagine e che sappia-no dare i giusti consigli. L’estetista è colei che samigliorare l’aspetto della persona che ha davanti, avolte, con un piccolo gesto, magari cercando di valo-rizzare quei piccoli inestetismi, fino a farli diventarepunti di forza. Al ritorno dalle vacanze, per esempio,l’abbronzatura perde vitalità e spesso ci ritroviamocon il corpo squamato. Per evitare ciò c’è bisogno disfatare alcuni miti. Non è assolutamente vero che lo scrub toglie l’ab-bronzatura, anzi, la mantiene e la rende più brillan-te. Dovrebbe essere fatto al ritorno, sempre con igiusti prodotti e nel modo specifico. La cosa chebisognerebbe sempre fare è rivolgersi a personequalificate che sappiano dare una risposta sensata econcreta ai dubbi, senza incappare nei credo popo-lari, che nella maggior parte dei casi sono falsi. Lostesso discorso vale anche per le giovanissime. Nondovrebbero mai affidarsi al prodotto pubblicizzatoche promette di risolvere ogni problema, per loro cisono prodotti specifici, in base al tipo di pelle. Anche per questo dovrebbero rivolgersi a personeesperte che, prima di consigliare un prodotto, sap-piano fare un’attenta valutazione della pelle. E’importante, in questi casi, diffidare da chi prometteun’immediata soluzione, non esiste un prodottomiracoloso. E’ l’insieme di tante piccole cose che,con i trattamenti, fanno si che il risultato finale siapiù vicino a ciò che la cliente si aspetta. La pulizia, la detersione della pelle sono fondamen-tali, non è giusto lasciarle al caso o sotto l’azione diprodotti non adatti. Ultimamente nel campo dell’e-stetica stanno cadendo molti tabù, forse perché ledonne, ma anche gli uomini, si prendono cura delproprio benessere. La cura del viso e del corpo, fino-ra ritenuta prerogativa delle donne, sta prendendopiede anche fra i maschi. Sotto l’influenza della pubblicità, anche gli uominihanno iniziato a rivedere il rapporto con il propriocorpo e con il proprio aspetto. Gommages, auto-abbronzanti, copriocchiaie, tinture, sono prodotti cheormai gli uomini usano senza complessi. Il look e l’aspetto fisico hanno molta importanzanella società di oggi e i tabù, connessi all’idea di viri-lità al naturale, stanno vacillando, in particolare fra igiovani. Anche se i peli sono simbolo di mascolinità, quandosono eccessivi creano un’immagine negativa sia pergli uomini che per le donne. Oltretutto la depilazionemaschile presenta tre vantaggi da non sottovalutare:è utile nella pratica sportiva, riduce gli odori corporeie solletica il lato narcisistico celato in ogni uomo. Infondo il piacersi, il sentirsi bene, è sempre stato unpunto di forza di tutte le società e culture. Il simbo-lo del bello e del salutare è stato presente in ogniespressione artistica giunta fino a noi.

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CIAK SI GIRAdi Roberto Moscioni

“Scudiero, l’ascia...” chiedeva il cavaliereBRANCALEONE al piccolo TACCONE in unadelle scene piu’ divertenti del film, ovveroquella del combattimento tra Brancaleone(V.Gasman) e il Bizantino Teofilatto deiLeonzi (Gian Maria Volonte’) ai piedi di unosplendito Monte Soratte. Qui si svolse unodei duelli più divertenti della storia del cine-ma, quello in cui un intero campo di granoveniva falciato dai maldestri colpi di spada

inferti dai due duellanti, provocando anchel’abbattimento di un povero albero di quer-cia, a colpi d’ascia. Come promesso nellaprima parte di questo articolo, consultabilesu “Campo de Fiori” numero 18, voglio sof-fermarmi su uno dei personaggi del film,ovvero sul piccolo scudiero TACCONE, aliasLUIGI SANGIORGI, cittadino di RONCIGLIO-NE (VT), che venne scelto quasi per caso,per interpretare questo ruolo. Mi sarebbepiaciuto fargli un’intervista personalmente,ma purtroppo non è stato possibile a causadella sua prematura morte, avvenuta nel

1996. Cosi’ per ricordarlo ho incontrato suafiglia CRISTINA che gentilmente mi ha con-cesso una piccola intervista. Arrivato all’in-contro con lei ho subito notato lo stessosguardo profondo del piccolo “Taccone”, cheha suscitato in me un pò di imbarazzo, poilei, timidamente, con gli occhi un pò arros-sati dall’emozione, mi dice di essere felicedi questa intervista e che per lei, tutte levolte che parla di suo padre, l’emozione sirinnova; come dargli torto.Allora Cristina, mi puoi dire come scel-sero tuo padre per questo ruolo? Fu uncaso, era il 1965. Mio padre in quel periodo,lavorava come cameriere in un ristorantevicino al lago di Vico; un giorno, si trovò asua insaputa a servire al tavolo del registaMario Monicelli e dello scenografo PieroGherardi che si fermarono a mangiare inquel ristorante, durante i sopralluoghi per ilfilm Brancaleone. Mio padre era un bambi-no molto vivace e quando nel pomeriggio,finito di lavorare, Monicelli lo vide saltare suun cavallo, senza l’ausilio della sella e delleredini, ebbe la conferma che quel ragazzinoera proprio adatto per interpretare quelruolo. Diventò così la mascotte del film.Dopo questo lavoro, tuo padre recitòper altri film? No, qualche anno dopo glivenne offerto di nuovo il ruolo dello scudie-ro, per il film “Brancaleone alle Crociate” mala cosa non andò in porto.Ti raccontava spesso della sua espe-rienza di attore, oppure preferiva nonparlarne? Si, era molto orgoglioso dellasua esperienza di attore, basti pensare cheogni qual volta trasmettevano il film in TVlui era solito chiamare me e mia madre aqualsiasi ora del giorno; l’importante erasintonizzarsi sul film e raccontarci nuova-mente le sue emozioni. Tuo padre, una volta finito il film,mantenne rapporti di amicizia con glialtri atttori? Si, mantenne contatti soprat-tutto con l’attore UGO FANGARECCI che nelfilm interpretava Mangold. Mi ricordo cheveniva a trovare mio padre molto spesso,poi un giorno, arrivato qui a Ronciglionecome di consuetudine, apprese dai miei

L ’armata Brancaleone...continua da Campo de’ fiori n. 18

Luigi Sangiorgi con Alfio Cantalbiano

da sx Luigi Sangiorgi (Taccone) - Folco Lulli(Pecoro) - Ugo Fangareggi (Mangold) - Carlo

Pisacane (Abacuc)

famigliari, la notizia che il suo vecchio amicodi” ventura” Luigi (Taccone) Sangiorgi, pur-troppo era morto; fu un giorno molto triste.Mario Monicelli seppe della morte dituo padre? Credo di no. Inconfondibilifurono anche le musiche, firmate dal mae-stro Carlo Rustichelli il quale compose perquesto film uno degli inni più famosi della

storia del cinema, ovvero :BRANCA BRANCABRANCA...LEON LEON LEON seguito da unforte fischio e un colpo di grancassa…impossibile non ricordarlo. Dovete sapereche il fischio che sentiamo nelle musichedel film, è il fischio uscito dalla bocca diLuigi Sangiorgi (Taccone). Voglio chiuderequesto articolo immaginando quel piccologruppo di scalmanati, guidati daBrancaleone da Norcia in sella al suo ronzi-no Aquilante color giallo limone, destinatoancora oggi a vagare per sempre alla con-quista di chissà quale altro feudo!!! Chissà se un giorno udiremo ancora urlare:.....AVANTI MIEI PRODI......

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Campo de’ fiori 39

M E S S A G G I

Il 5 Agosto, per la gioia di mamma Cristina e di papà Sandro Fantini, è arrivata

CHIARA tantissimi auguri dalle vostre famiglie e dalla

redazione di Campo de’ fiori

Tantissimi auguridi Buon Compleanno a

Clementina Ricciche ha compiuto

gli anni il 27 Agosto

dal marito Giancarlo, la figlia Jessica e da tutta la redazionedi Campo de’ fiori

Mamma Clementina epapà Giancarlo augurano

Buon Compleanno aJessica Cosimo che ha

compiuto gli anni il 14 Agosto.

Anche noi della redazioneti facciamo tanti auguri

Tantissimi auguri a Mario Raponi e MariaZeppilli che l’11 Agosto hanno festeggiato 60

anni di matrimonio dai figli, il genero, la nuora, inipoti e dal pronipote Stefano. Auguroni da

tutta la redazione.

Tantissimi auguri adAlessandra Armagno che il

5 Agosto ha compiuto gli anni.

Auguri da mamma, papà,Luca e Roberta

e dalla redazione di Campo de’ fiori

Tanti auguri datutti i nipoti azio Ermanno

che il2 Settembre

ha compiuto ilsuo primo

mezzo secolodi vita.

Auguri a zioErmanno da tutta la redazione

Sabato 6 Agosto 2005,presso la Basilica del

Santuario della Verna,ha dato la Sua

Professione di FedeSuor M.Elisa Spettich.Con gli auguri più gran-di della famiglia, cono-

scenti ed amicie da tutta la redazione

di Campo de’ fiori

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Campo de’ fiori42

Storia e Geografia

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Qual’è il fiume piùlungo d’Europa?

i primi tre che la indovinerannoe ne daranno comunicazione inredazione, riceveranno un sim-

patico omaggio offerto da SAMU Informatica

Tutti sanno che la jeepè un mezzo di traspor-to nato durante la 2°guerra mondiale ed èstato progettato moltointelligentemente persoddisfare tutte le esi-genze che si possonoimmaginare in un con-flitto. Trasporto di sol-dati, di armi, di mate-riale e chi più ne ha

più ne metta, insomma di tutto. Addiritturafungeva da locomotore ferroviario con il sup-porto di un particolare carrello. La jeep èstata prodotta ( durante la 2° guerra mon-diale) in centinaia di migliaia di esemplari;non si conosce la cifra esatta ma si aggiraintorno ai seicentomila! Ma veniamo allanostra domanda: perchè a questo mezzo èstato dato il nome di “Jeep”? La parola jeepnon è nient’altro che la pronuncia in slangamericano della sigla composta dalle lettereGP; se pronunciata in italiano diventerebbegipi.Il dialetto civitonico l’ha poi trasformata ingippe. Adesso cercherò di spiegare perchè si

è adottata la sigla GP.Fino a tutti gli anni settanta si è creduto chel’acronimo GP derivasse dalle specifiche diproduzione del mezzo, dettate dal governostatunitense, le quali ordinavano che ilmezzo militare doveva essere prodotto perscopi generali. Siccome in Inglese “ scopigenerali” si traduce in “ general pourpose” lasigla GP è l’acronimo relativo.Da studi più approfonditi, emerse invece chele cose non stavano così. Infatti, a metà deglianni ottanta si scoprì la verità sull’originedella sigla in questione. Innanzitutto bisognapremettere che la Jeep non fu costruita dauna sola casa automobilistica ma da tutte leindustrie allora di una certa consistenza enegli USA se ne potevano già contare unadecina. Tutte le case costruttrici si dovevanoperò attenere scrupolosamente alle specifi-che dettate dal governo.All’occhio inesperto le jeep della 2° guerrasembrano tutte uguali, per gli esperti inve-ce vi sono dei particolari che le distinguono.Non è difficile immaginare che l’industriaautomobilistica che ha prodotto più jeep siastata la FORD, semplicemente perchè era lapiù grande negli USA. Ed è stata proprio la

FORD che ha battezzato questo veicolo conla sigla GP. Ma perchè GP? Siccome laFORD costruiva veicoli per tutte le categoriedi utenti, utilizzava delle sigle per identificarequeste categorie. La sigla era composta da due lettere, e lalettera “G” era dedicata ad identificare i vei-coli ordinati dal governo, “G” sta per GOVER-NAMENTmentre la 2° lettera indicava le specifichetecniche del veicolo. Il veicolo in questioneveniva identificato con una “P” ecco pèrchèGP. Ovviamente anche le case costruttriciminori si dovettero uniformare al nominativoin sigla battezzato dalla FORD.

La Rubrica dei PerchèLa Rubrica dei Perchè

Perchè la fuori strada jeep...si chiama jeep?

di Arnaldo Ricci

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TTeessssuuttiiVia Rio Fratta, 11Civita CastellanaTel. 0761.513946

IInnddoovviinnaa ll’’AArrttiissttaaDi lato è riportata una famosascultura denominata “Mosè”.Sai dire chi l’ha scolpita? I primitre che indovineranno e locomunicheranno in redazione,riceveranno un simpaticoomaggio offerto dal CentroParati di Selli Vittorio

Gentile redazione di Campo de’ fiori,chi vi scrive è una mamma di quattrobambini che si sta preparando adaffrontare un nuovo anno scolasticoche comincerà tra un mese circa, manon è per questioni scolastiche che viscrivo. Lo scorso anno, il primo giorno di scuo-la, è stato ralle-grato, per quan-to riguarda lescuole elemen-tari, da una fes-ticciola con gio-colieri e giochiper bambini, ri-cordo che l’atriodella scuola XXVAprile era stra-colmo di bambi-ni sovreccitati,di genitori, dimaestre e dianimatori mas-cherati. In quel clima di festa, però, ilmio pensiero è volato tristemente aduno stesso primo giorno di scuola che

pochi giorni prima si era svolto, omeglio si sarebbe dovuto svolgere, inuna cittadina come la nostra, con deibambini come i nostri, con una festacome la nostra, ma così non è stato aBeslan.Quel primo giorno di scuola si è tra-sformato in quella strage che tutti noi,

a t t e r r i t i ,a b b i a m oseguito at-traverso latelevisionecon imma-gini stra-zianti dib a m b i n iseduti suesplos iv i ,sotto gliocchi deig e n i t o r id i s pe ra t iche li ave-

vano accompagnati a scuola. Come andò a finire, purtroppo, lo sap-piamo tutti: fu una strage. Non vorreicontinuare a girare il coltello nellapiaga, ma non posso non ricordarmi diquei piccoli angeli, ed è per questo cheho scritto questa piccola poesia perloro. Se vorrete pubblicarla sarà un omaggioper quei piccoli innocenti e per i loroparenti che, in questo periodo, sicura-mente ripenseranno ancor più intensa-mente ai lori angeli scomparsi.

Un grazie di cuore.

F. Poleggi

CI VOLEVA UNA MAMMA

Ci voleva una mamma quel mattinoche ti svegliasse presto e ti stirasse il grem-biulino.Ed il profumo del dolce pronto per la maestraperchè era il primo giorno, un giorno di festa!

Ci voleva una mamma che ti stringesse la manoche per strada sorridesse e ti portasse pianoa ritrovare le facce dei tuoi amici sorridentianche loro pronti, anche loro contenti...

Ma poi tutto è cambiato, sono arrivati all’im-provvisocon le armi in mano e coperti sul viso,tutti vestiti di nero, vestiti di mortee urlavano tutti, troppo forte.

Poi le lacrime, il caldo, la paura, il piantoe sperare che presto finisca tutto quanto,ma hanno portato le bombe e hanno chiuso leportementre il cuore batteva, batteva troppo forte

Non è bastata una mamma a ripararti dall’urtomentre schegge impazzite spaccavano tuttobloccando la vita in quell’ultimo abbraccio,non è bastata una mamma, non è bastato ilcoraggio!

Ci voleva una mamma per abbracciarli tuttiliberarli dal male, liberarli tuttiper portarli su in cielo, dove insieme agli ange-liora giocano felici i bambini di Beslan.

F.POLEGGI

Omaggio ai bambini di Beslan

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In quell’ideale Pantheon cittadino, semmaiun giorno dovesse costituirsi, tante sareb-bero le personalità che hanno dato lustroed importanza a Civita Castellana: Mons. Francesco Maria Tenderini, promo-tore nel 1739 dei restauri del Duomo deiCosmati, Mons. Roberto Massimiliani,Vescovo dal 1948 al 1976 in una fase poli-tica delle più difficili come fu il dopoguer-ra, il Notaio Ulderico Midossi, il Prof.Giuseppe Colasanti, fondatore nel 1893dell’Istituto di Farmacologia a Roma edEnrico Minio, Sindaco di Civita Castellanadal 1948 al 1960 e Senatore della

R e p u b b l i c anella I^ legis-latura che hascritto laCostituzione.Un ruolo cen-trale e di primolivello spetta,senza dubbio,al Prof.Attilio Bon-anni, nato aCivita Castel-lana il 31 Ot-tobre 1869, al-lievo del Cola-santi, insignescienziato edirettore delloIstituto di Far-macologia diRoma dal 1903al 1937, annodella sua mor-te, allora collo-cato nella vec-chia sede di viaPanisperna aRoma.

Nella figura delProf. Bonanni ènecessario dis-tinguere duem o m e n t i :quello pubblicoe cittadino vis-suto a CivitaCastellana neimomenti dipausa e riposonel suo palazzo

di Piazza del Duomo, antistante laCattedrale e quello scientifico, comedocente di Farmacologia Medica pressol’Università di Roma.Nei primi anni del novecento, insieme conil Notaio Midossi, è una figura morale epolitica di riferimento per la vita cittadina.In particolare durante la Prima GuerraMondiale, in una fase sociale cruenta epericolosa, seppe sempre interpretare leistanze della popolazione e farsi portavocedei problemi seppur notevoli presso leautorità governative del tempo.Quando sempre più numerose perveniva-

no le lettere di scomparsa dei giovani civi-tonici nei fronti di guerra, il Prof. Bonanniera vicino alle famiglie e a tal proposito ènecessario citare quanto scrisse alla fami-glia del giovane Francesco Conti, morto a18 anni nella I^ Guerra Mondiale: ……”lacara e dolce immagine di FrancescoConti sarà indelebile nella memoriadi quanti sentono la gravità dell’orache volge ed hanno il culto dell’idea-le. Per i suoi concittadini oramai è il sim-bolo di quella forte e generosa gio-ventù italiana che si batte per lasuprema vittoria della più alta uma-nità e lietamente muore con il nomedell’Italia sulle labbra, con la feded’Italia nel cuore.Nei giorni belli, che i mille e mille eroicon romana virtù preparano, CivitaCastellana non dimenticherà Fran-cesco Conti, la cui nobile vita tuttadedita al dovere ed all’amore dellafamiglia fu troncata il 2 Giugno sulGrappa, il monte sacro degli italiani.”

Fu il promotore del Comitato Cittadino perla realizzazione del monumento ai cadutidella Prima Guerra Mondiale in viaGramsci, chiamando per la sua realizzazio-ne tecnica ed artistica Silvio Canevari, unodei più importanti scultori italiani deltempo.Il palazzo di Piazza del Duomo, con la suaricca biblioteca era convegno di letterati,scienziati ed artisti, specie in estate, quan-do cessata l’attività accademica, rientravaa Civita Castellana per poi ritornare aRoma in Ottobre.Come scienziato, il Bonanni fu l’allievoprediletto del Professore GiuseppeColasanti, nato a Civita Castellana il 20Gennaio 1846, laureatosi a soli 22 anni inmedicina e fondatore dell’Istituto diFarmacologia Sperimentale a Roma (vediarticolo Prof. Michele Abate a pag.24).Alla morte del Colasanti avvenuta nel1903, il Prof. Bonanni ne raccolse l’ereditatecnica e scientifica come direttore delloistituto nella vecchia sede di ViaPanisperna prima del definitivo passaggioalla città universitaria.Con la sua morte, avvenuta l’ 8 Marzo1937, Civita Castellana perse una delle suefigure centrali e di maggior spessore, civi-le e culturale.

Civitonici illustriIl Prof. Attilio Bonanni (1869 - 1937)

del Prof. Arch. Enea Cisbani

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L’oggetto MisteriosoVi invitiamo ad indovinare l’oggetto misterioso riprodotto nella foto di lato. I primi cinque che lo indovineranno e ne daranno comunicazione in redazione, avranno diritto a ricevere un premio offerto dal negozio IL QUADRIFOGLIO di Foggi Antonella.

...continua da pag. 6

Vuole dirci qualcosa riguardo lo spet-tacolo “Sono stato nominato”?Sono tre anni che punto molto sul contat-to umano, sull’interagire fra le persone,che spesso manca. Non è che voglia fare il‘Padre Pio’ della situazione, ma, facendoquesto lavoro con successo, mi reputo unfortunato, un privilegiato, potendo averequesta “comunicazione” continua. Vedoche nella vita di tutti i giorni questo con-tatto si è un po’ perso. Con l’avvento deitelefonini, inizialmente, si interagiva, ora,con la moda degli sms ci “sbarazziamo” ditutto e di tutti. E’ come un “liberarsi” dellecose. Poi, noi italiani, popolo molto intelli-gente, parliamo con la televisione! Siamoassorbiti dalla TV in maniera allucinante.Qualunque reality o soap-opera ‘sforni’ latelevisione, viene vista. Poi esce un tipo difilm come “Imperia”, al quale ho parteci-pato, ambientato nel ‘500 e fa solo quattromilioni di spettatori. Questo sta ad indica-re che la TV, fra una decina d’anni, verràfatta esclusivamente dalle persone a casa.Già oggi, i telespettatori, hanno la possibi-lità di telefonare per far vincere o elimina-re un personaggio. In un prossimo futuronon esisteranno più autori, né sceneggia-tori. L’unica trasmissione che non avràmessaggini, né telefonate, sarà il telegior-nale. Immaginatevi come tutto questopreoccupi un’artista, perché se non rientriin questo “calderone” e non passi da unreality ad un altro, non puoi lavorare intelevisione. Me ne rendo conto quandofaccio le “ospitate” in TV: mi dicono cheho tre minuti a disposizione, ma in treminuti neanche si fa in tempo a presentar-si! Io mi sono fatto conoscere da Costanzo

con quattro minuti a disposizione, ma inogni puntata avevo tre monologhi, in tota-le dodici minuti. Conclusione: alla gentepiace ascoltare i problemi degli altri neireality-show, perché chi partecipa a questiprogrammi ha dei ‘problemi’, non lavorapiù, è finito, la gente non và più a vederei suoi spettacoli. Emergono tutti i problemidi un’artista. Quindi, ‘tanto di cappello’ alteatro. Ho sentito dire che parte dei suoiguadagni vanno in beneficenza, a chili devolve?Non è del tutto esatto. Io parlerei più diuno “scambio di merci”. Io mi faccio daredelle cose da alcune persone, senzapagarle, e io do la mia immagine. In unaradio locale dò in prestito la mia voce perpubblicizzare un’azienda molto conosciuta,e con i soldi che gli dovevano, ho presotrecento panettoni, trecento pandori, tre-cento chili di zucchero e caffè e li ho man-dati a Rebibbia nel periodo natalizio, per-ché i detenuti non vengono aiutati molto.Inoltre mi occupo di alcune associazioniinfantili alle quali dono giocattoli, pasta,omogeneizzati. Una volta, casualmente,ho visto che, in un magazzino, gettavanodegli alimenti per bambini sette mesiprima della scadenza, per rinnovare gliscaffali. Li ho presi e li ho portati a bambi-ni bisognosi. Io sono testimonialdell’Associazione Peter-Pan da tre anni. Acasa ho riempito un intero magazzino digiocattoli, che mia moglie non ne può più.A Natale li regalo ai bambini. Onestamentedevo dire che, per i piccoli, tutti sono pro-pensi ad aiutarmi, mentre per i carceratino. Tutti mi hanno detto no ! Così ho coltol’occasione della pubblicità radiofonica dicui parlavo poco fa, per portare un po’ disollievo anche a chi si trova in carcere. Noi

artisti guadagniamo abbastanza per poter-ci permettere una vita agiata, toglierciqualunque ‘sfizio’, acquistare anche duetelefonini al mese, è un’assurdità, ma ècosì. Per chi queste cose non ce l’ha, perchi viene dalla ‘strada’ come me, da unazona un po’ particolare come Primavalle,che trenta anni fa era invivibile, uno comeme può fare molto. Faccio queste coseperché mi vengono naturali. Sono un for-tunato, nel senso che l’ottanta per centodei miei amici ce l’ho ‘sotto terra’, è un’e-spressione brutta ma è così. Chi per AIDS,chi si è suicidato, chi si trova in galera, chiè stato ucciso. Io ed altri pochissimi, cisiamo salvati! Per questo non dimenticoMAI le origini! Tutt’ora abito ancora inperiferia e tanti mi dicono “perché non ticompri una villa fuori?” E’ vero, dico, saràpure più bello e rilassante, magari senti gliuccellini cinguettare al mattino, ma io hovisto miei colleghi isolarsi completamentenella loro villa e ritrovarsi in un bar a dire:“mamma mia che casino in questo bar!”Ma se è un bar, si sa, è movimentato!Questo ti porta a cambiare un po’. Io, aRoma, ho persone che mi citofonano atutte le ore, perché sanno che vivo li, leincontro per strada e tutto questo MISERVE, non potrei mai cambiare.

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Una “Fabrica” di ricordistorie e immagini di Fabrica di Roma

Qualche decennio fa, la maggior parte deltempo libero delle giornate estive si pas-sava nel giardino dell’edificio scolastico,quello di Viale Iannoni Sebastianini dovec’è il monumento ai caduti. Era allora l’u-nico giardino del paese e lì non mancava-no mai i ragazzi per parlare o giocare. Lasera poi si riempivano tutte le panchine,ed anche quei muretti che dovevano esse-re stati probabilmente la base per unarecinzione mai realizzata, venivano usaticome comodi, lunghissimi sedili. Si suonava la chitarra e si cantava ed arri-vavano ragazzi anche da altri paesi, cosanon usuale all’epoca per la scarsità di mac-chine o motorini disponibili. Si arrivavasempre a far tardi infastidendo quelle per-sone che abitavano lì intorno e che, all’in-domani, si sarebbero alzate di buon matti-no per recarsi al lavoro. Molte volte doveva intervenire personal-mente il maresciallo Mario Tirittera che,

grande amico dei giovani, assisteva per unpo’ allo “spettacolo” e poi ci invitava asmettere. Ricordo che mi chiamava poi daparte per dirmi, in maniera scherzosa: “Senon smetti tu, non se ne va nessuno”.Delle storie dell’ “edificio”, dei tanti perso-naggi e degli amori nati e finiti, ne parleròancora, ma adesso voglio ricordare i bagnial Lago di Vico.Non vi si poteva andare spesso perché,quasi sempre, c’era da assolvere agliimpegni di casa, ma quando era possibile,si organizzava magari con la Fiat 600 diPeppe, che portava almeno sette o otto dinoi, e si partiva con le raccomandazioni deigenitori: “State attenti che il Lago di Vico ogni annosi fa un amico” , e poi “Attenti ai mulinel-li”, e poi ancora “Aspettate di fare il bagnoche avete mangiato adesso”. Si arrivavacon l’immancabile chitarra ed un fisiconuovo da esibire, allenato per tutto l’inver-

no e, con la timidezza propria dei tempi edell’età, si guardava di nascosto il corposognato delle amiche, finalmente in costu-me. Poi la voglia di divertirsi prendeva ilsopravvento e, rigorosamente divisi, mapoco distanti dalle ragazze, incominciava-mo a fare tuffi, piramidi umane, e poi, tuttiin cerchio, si cantavano insieme gli ultimisuccessi.Al calar del sole si rientrava rossi e brucia-ti, perché non si usavano ancora le cremesolari e nessuno sapeva dei raggi UV e delbuco dell’ozono, e ti portavi a casa quelprofumo di lago e lo sguardo rapito a quel-la ragazza che magari ti eri illuso t’avessenotato.

Sandro Anselmi

Il lago di Vico - la nostra Copacabana

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a Viterbo con Amore e Nostalgia

La “macchina” di Santa RosaIl 4 Settembre èla festa di SantaRosa da Viterbo,patrona dellacittà e, fra tuttigli eventi orga-nizzati per igiorni dei fes-teggiamenti, c’èil più importantedi tutti, il tra-sporto della

“macchina” con la statua della Santa che sitiene il 3 Settembre. Questa processionedi lunghissima tradizione, è una delle piùsingolari, importanti e belle del mondo allaquale hanno assistito negli anni varie per-sonalità italiane ed estere, tra i quali anchei Reali d’Inghilterra e di Svezia, oltre a variPontefici. La “macchina” di Santa Rosa è un’altissimatorre mobile, meravigliosa simbiosi tra artee tecnologia, portata rigorosamente aspalla per tutto il centro storico dai devoti“facchini”. Sono questi degli uomini forti erobusti, per tradizione solo cittadini diViterbo e Vitorchiano che, dopo esserestati selezionati con durissime prove diforza e resistenza, riescono, anche conl’aiuto della fede, a superare i limiti delleloro possibilità. L’onore di partecipare aquesto “corpo speciale” li rende fieri eduno dei sogni più grandi, è quello di potertramandare ai loro figli il glorioso posto. Questo sodalizio nasce secoli e secoli fa edancora oggi conserva le stesse usanze e glistessi costumi dell’origine. Dopo la benedi-zione in Articulo Mortis , s’infilano di corsasotto il basamento della “macchina” e al“sollevate e fermi” si issano sulle spalle unpeso non inferiore ai cinquanta chili procapite e così percorrono le salite e le disce-se del centro storico viterbese, da PortaRomana alla chiesa di Santa Rosa. Da sot-tolineare l’enorme altezza e la flessibilitàdella “macchina” che contribuiscono nonpoco ad aumentare il carico ed il relativosforzo. La parte più spettacolare ed anchela più pericolosa, è la salita che porta allachiesa della Patrona che viene percorsasenza sosta e di corsa. Enorme l’emozione degli spettatori chesono ammassati ai piedi della salita, nelvedere correre questa torre piena di luci,che sembra cadergli addosso. Le spaven-tose oscillazioni mettono a dura prova laprogettazione e l’esecuzione dell’opera che

flette paurosamente edalfine la “macchina” arri-va nel piazzale antistantela chiesa con il boato deifacchini e l’applauso scro-sciante della folla.

Io nel 1957 ero proprio li,ai piedi della salita, cer-cando di farmi varco frale teste della gente, vistala mia bassa statura perla giovanissima età, erubare quell’emozioneper sempre. Era la primavolta che vedevo il tra-sporto della “macchina”di Santa Rosa e poteifarlo perché zio Mario,allora fidanzato con ziaUrania, era venuto inlicenza a Fabrica. Facevaallora il carabiniere aMontepescali, piccolissi-mo e bellissimo paese inprovincia di Grosseto e lìsi era fidanzato con miazia, tuttora sua amatissi-ma moglie. Io avevo passato quell’e-state proprio aMontepescali, ospite deigenitori di mia zia, edandavamo tutti i giorni,con il pulman, al mare aCastiglione della Pescaia.Tornerò a parlare di que-sti luoghi fantastici e diquesto periodo meravi-glioso della mia vita. Ilmio viaggio di ritorno daMontepescali aveva coin-ciso con l’inizio dellalicenza di mio zio, cosìquei giorni di Settembrefurono un’ inaspettataappendice alle mievacanze. Mi ricordo cheeravamo andati a Viterbo dalla mattina,per visitare la città in festa e, nel pomerig-gio, c’eravamo già avvicinati a Piazza delTeatro, per prendere i posti proprio lì infondo alla salita, da dove poter veder cor-rere la “macchina”. Alla sera venne spenta l’illuminazione pub-blica ed allora, provenendo dal Corso, il“campanile” comparve all’improvviso in

tutta la sua maestosità e lo stupore fuenorme. La folla restò attonita e cercavacon lo sguardo in alto, la sommità della“macchina”, per scorgere Santa Rosa.Dopo una breve pausa, i facchini affronta-rono quell’ultimo sforzo e, con l’aiuto dicorde e di spallette aggiunte, sembravanovolare con la loro Piccola Santa in cielo.

di Sandro Anselmi

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Eccoci di nuovo a parlare dell’antica banda“G. Verdi” di Corchiano, la cui storia siperde nei ricordi. La volta scorsa, dopoaver nominato Storaro, maestro fondatoree il suo immediato successore GiovannettiBaffo, mi ero fermata alle soglie delNovecento, con la speranza di suscitarecuriosità nei più giovani e stimolare il ricor-do dei più anziani. È da lì che voglio ripar-tire. A prendere il comando dell’ormai col-laudato gruppo, fu il maestro SantiniMarcello (1867–1933), corchianese doc,come quasi tutti i suoi successori. La suafigura è molto sentita anche da coloro chenon l’hanno conosciuto direttamente, malo ricordano come il padre di Eutizio, permeglio dire di “Biagio, il bidello dellabanda”, scomparso da poco più di dueanni e a cui tutti ripensano con grandeaffetto per la sua simpatia e la sua sempli-cità. Contemporaneo di Santini fu il mae-stro Leoniddi Leonino (1876-1935). Leparole di coloro che lo hanno conosciuto loritraggono come un uomo solingo e piut-tosto irascibile, ma molto colto e profondoconoscitore di teoria musicale. Nel suoperiodo di carica compose un famosoValzer, che volle intitolare “MariaBabanda”. Tra i due, causa la contemporaneità, iniziòsubito a non scorrere buon sangue. Unforte spirito di competizione animò le pro-

prie carriere di direttori musicali e si trova-rono più volte l’uno contro l’altro. A taleproposito c’è un aneddoto molto curiosoche vale la pena di raccontare. Nelle lorosfide i due non erano certo soli. Il maestroSantini era affiancato dalle sue agguerritesorelle, disposte a tutto pur di difenderlo efarlo eccellere in bravura. Schierate accan-to al maestro Leoniddi le sue di sorelle,pronte a tener testa. Quest’ultime, inpreda alla vena satirica, caratteristica deifescennini, non riuscirono a placare i loroanimi e composero dei versi ironici moltopungenti, dove mettevano in ridicolo alcu-ni componenti del gruppo bandistico loca-le senza, ovviamente, dimenticarsi delmaestro Santini.

‘Ntesi un tafano e mi parea un concertoQuello municipale di CorchianoE Prosperoni li sonava er piattiE la caturba la sonava Ernesto.

Figlio di Pio lo sonava ‘rbassoErsando amore co’ lo scallaletto.E mo parlamo di Santini er maestroChe più struvito di Torquato Tasso.

Lasciando da parte questi simpatici episo-di, Santini e Leoniddi vanno senz’altroricordati per i loro insegnamenti chehanno permesso la formazione di numero-

si allievi, grazie ai quali il prestigio dellabanda aumentava di anno in anno. Tra diloro si possono fare nomi di ottimi solistiper mezzo dei quali, sostenuti dall’aiutodegli altri bravi colleghi, è stato possibileeseguire pezzi, anche d’Opera, piuttostodifficoltosi: Crescenzi Vincenzo detto“Cencio”, suonatore di trombone tenore eper tanti anni capobanda; SbernaMarcello, flicorno soprano; LeoniddiInnocenzo, detto “Cifoletto”, suonatore diottavino e anche lui capobanda per diver-si anni; Spiriti Olivo, detto “Lecca”, addirit-tura suonatore di clarinetto, chitarra emandolino e compositore di numerosi bal-labili, giudicati dei veri gioielli.Dalla scuola dei maestri Santini e Leoniddi,dopo la Prima Guerra Mondiale, uscironoaltri abili e preparati allievi: BenedettiRemo e Bigarelli Guglielmo, entrambi suo-natori di flicorno basso; Piccioni Oscar,tromba solista e Giuseppe Giustozzi, flicor-no baritono solista.Tutti seppero mantenere alto l’onore della“G. Verdi”, fino a che intorno agli anniTrenta, i due maestri in là con gli anni eammalati, a distanza di poco tempo l’unodall’altro, passarono a miglior vita, lascian-do il gruppo orfano di un direttore. Lamancanza venne però ben presto colmata.A rivestire la carica di nuovo direttore fuchiamato un Missionario, Padre GiovanniPiergentili, nativo di Corchiano. Lui, inrealtà, si occupava principalmente di orga-nizzare spettacoli teatrali di carattere reli-gioso, ma allo stesso tempo era un ottimoorganista, per cui capace di ricoprire quelruolo. Il suo lavoro in ogni caso non duròmolto poiché il suo primo dovere, quello dimissionario, lo chiamò in Terra Santa. Aquel punto Eraldo Massucci, un eccellentepianista proveniente da Roma, decise diprendere il posto di Padre Giovanni. Fu unottimo direttore e si affezionò profonda-mente a questo paese, tanto da dedicargliuna serie di marce e una canzone divenu-ta piuttosto popolare: ”Quando che si ven-demmia l’uva bella”. Sotto la sua guida siformarono numerosi altri allievi che anda-vano a sostituire i loro colleghi ormaianziani o comunque ad incrementare ilnumero dei musicanti: Achilli Romano,Fiordelmondo Romolo, Spiriti Giuseppe,Giustozzi Dario, Crescenzi Torello eArrincoli Biagio, per citarne solo alcuni.Ma ci fu lo scoppio della Seconda GuerraMondiale e il conflitto non lasciò certo spa-zio alla musica!

Qui mi voglio fermare, e saprete chi fu arimettere in piedi tutto, dopo questa spia-cevole interruzione, nella terza ed ultimaparte, sul prossimo numero.

Storia di una banda ultracentenariacontinua da Campo de’ fiori n. 19...

di Ermelinda Benedetti

CCoorrcchhiiaannoo

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Campo de’ fiori 51

Campo de’ fiori

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LA DEPRESSIONE POST PARTUM... continua da pag. 28

La madre “sufficientemente buona” reagisce inmaniera sensibile ai segnali del suo bambino,fornisce quindi uno spazio per giocare e percomunicare in maniera creativa e un “ambientedi contenimento” sicuro. Il bambino ha bisognodi sentire che la sua figura di riferimento princi-pale è stabile e affidabile e cosi, mentre il bam-bino con attaccamento sicuro è curioso e social-mente competente, quello con attaccamentoinsicuro è ansioso. Un bambino sicuro è ingrado di esprimere la rabbia, il dolore, la gelo-sia, il risentimento, fiducioso di ricevere dallamadre una risposta comprensiva. Il bambinoinsicuro non ha questa fiducia, perché ha avutospesso esperienza di una madre incapace digestire i suoi stessi sentimenti negativi e chespesso reagisce in maniera esagerata. Unamadre presa dalla sua tristezza non riesce arispondere in maniera pronta alle esigenze del

suo bambino, a instaurare un’interazione gioio-sa e a stimolarlo adeguatamente.E’ importante che la neomamma, qualora sitrovi in difficoltà, riceva insieme al suo compa-gno aiuto psicologico, consigli pratici e materia-le educativo, in modo cosi da poter avere unsostegno fondamentale in questo momentoestremamente delicato e per lei e per lo svilup-po del suo bambino. La neomamma deve esse-re guidata ad aumentare le attività piacevoli,apprendere le abilità di comunicazione, le tecni-che di rilassamento, a contrastare le convinzio-ni erronee e i pensieri disfunzionali e identifica-re punti di forza e risorse.

E’ possibile, comunque, porre quesiti relativiagli interventi terapeutici e diagnostici e rice-vere chiarimenti in proposito, scrivendo all’indi-rizzo e-mail [email protected] o visitando ilsito www.centroceral.com

Non è certo CentralPark, dove i newyorkesifanno il footing mattuti-no, o lo splendido scena-rio di Villa Borghese,presa d’assalto dai roma-ni obesi, per smaltiregrassi e tossine, ma èsemplicemente la localitàCarraccia di CivitaCastellana.

Personalmente ho riscoperto questo luogodopo tantissimi anni, spinto anch’io dallanecessità di fare un po’ di movimento e, per-ché no, regalarmi un’ora di salutare relax. E’un percorso agibile di circa 4 Km, immedia-tamente a ridosso del centro abitato.Ancora in aperta campagna, una campagnafatta di piccoli appezzamenti di terra coltiva-ta con viti e ulivi, dove i proprietari sono viavia passati dal casaletto per gli attrezzi agri-coli a piccole casette, figlie di vari condoni, oa sobrie villette, privilegio di quanti possiedo-no aree più estese. Negli anni ‘60/’70 era unpercorso sterrato, polveroso nel periodo esti-vo e solcato da rigagnoli e pozzangheredurante l’inverno. Ma per chi praticava atleti-ca, come me, rimaneva pur sempre un postodove potersi allenare, data la mancanza dipiste ed impianti sportivi, a parte il campoMadami, da sempre tempio del calcio. Alloraeravamo in pochi, quella zona era quasi disa-bitata e non recintata, e, correndo, doveva-mo difenderci dai latrati minacciosi di innu-merevoli cani sciolti che, vedendoci correre,ci si avventavano contro. Ora i tempi sonocambiati, un discreto manto di asfalto ricoprequesto anello così caratteristico, che si snodatra appezzamenti recintati e curati, ora l’ab-baiare dei cani relega le nostre paure al di làdelle reti e dei cancelli da cui proviene. E’ unfooting, o meglio, una camminata ‘caserec-cia’, perché, a differenza dei cittadini di NewYork, o dei nostri vicini romani, qui ci cono-sciamo un po’ tutti e lo scambio dei salutidurante gli incroci, lungo il percorso, assumeun valore particolare. Infatti ecco arrivare lacasalinga mattiniera con le sue amiche,tutte appesantite da maternità a ripetizione,

con problemi di cellulite non indifferenti, poiqualche giovane che invece di camminare,corre agile, con il suo look rigorosamente fir-mato e, grazie alla sua giovane età, destal’invidia di chi invece correre non può earranca trascinando il suo peso. Addiritturanon è difficile incontrare qualche amministra-tore comunale, al quale vorresti sempre chie-dere qualcosa, ma poi ci rinunci per rispettoal suo momento di relax e, in cuor tuo, speriche quei movimenti che fa all’aria aperta, gligiovino nelle decisioni che poi prenderà die-tro la scrivania. Con passo lento e incertoavanza il cardiopatico per la sua cammina-ta curativa, l’asmatico e il silicotico,costretti a interrompere il loro incedere perfare le varie compensazioni. Insomma è unmondo variegato, è un vero e proprio ritometropolitano, è, come si dice oggi, un avve-nimento cult, che è entrato nella mentalitàdi noi civitonici, forse vedendo proprio leimmagini di Central Park o di Villa Borghese,dove tutti corrono e fanno ginnastica inmodo quasi maniacale, mentre noi, frequen-tatori della Carraccia siamo rimasti e ci sen-tiamo fieri di essere “ruspanti”.

‘a Carraccia La pista di tutti

di Alessandro Soli

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