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STATISTICA (canale B) - Scienze Politiche Luiss – Guido Carli – A.A. 2014-2015 Prof. Pierpaolo D’Urso ® Cap. 12. Introduzione alla probabilità - Introduzione: Probabilità e Statistica: problema diretto e problema inverso - Esperimenti causali - Spazio campionario ed eventi - Operazioni su insiemi - Probabilità: definizione e interpretazione - Calcolo delle probabilità - Probabilità condizionata - Indipendenza

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Cap. 12. Introduzione alla probabilità

- Introduzione: Probabilità e Statistica: problema diretto e problema inverso - Esperimenti causali - Spazio campionario ed eventi - Operazioni su insiemi - Probabilità: definizione e interpretazione - Calcolo delle probabilità - Probabilità condizionata - Indipendenza

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Probabilità e Statistica: problema diretto e problema inverso Come abbiamo scritto in precedenza: “La Statistica è la disciplina che elabora i principi e le metodologie che presiedono al processo di rilevazione e raccolta dei dati, alla rappresentazione sintetica e alla interpretazione dei dati stessi e, laddove ve ne siano le condizioni, alla generalizzazione delle evidenze osservate” (Cicchitelli, 2012). Tutto ciò che è stato detto nell’ambito della statistica descrittiva riguarda la sola parte in blu della definizione precedenze (escludendo quindi la parte in rosso).

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La parte che analizzeremo -ossia il calcolo delle probabilità e l’inferenza statistica- si differenzia nettamente dalla statistica descrittiva perché ha come oggetto “l’analisi di dati ottenuti da un campione casuale e si pone come obiettivo quello di dare “validità generale” alle informazioni desunte dal campione” (Cicchitelli, 2014).

Quindi questa parte si riferisce alla parte in rosso della definizione di Statistica. Infatti nell’inferenza statistica, i dati del campione –che possono provenire da un’indagine campionaria o essere il risultato di un esperimento- vengono utilizzati non per descrivere il campione stesso, ma per trarre indicazioni valide per l’intera popolazione, ossia la totalità delle unità statistiche da cui il campione casuale proviene.

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L’Inferenza statistica ha come base il Calcolo delle probabilità.

Esempio (Sondaggio di opinione con cui si vuole conoscere la percentuale dei votanti che sono propensi a votare per il partito A in una prossima tornata elettorale)

Popolazione = insieme degli aventi diritto al voto.

Obiettivo: determinazione di una caratteristica della popolazione, la percentuale di coloro che intendono votare per il partito A.

Sia considerato un campione casuale estratto dalla popolazione.

È del tutto naturale considerare come base della valutazione della percentuale incognita della popolazione la percentuale osservata nel campione.

Problema: ma con quale livello di affidabilità?

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Supponiamo di conoscere la percentuale nella popolazione.

In tal caso è possibile determinare la probabilità che nel campione la percentuale assuma questo o quel valore.

Quindi la probabilità può essere usata per stabilire quale sarà presumibilmente la percentuale osservabile in un potenziale campione.

Ma il nostro problema è diverso: al contrario, disponiamo della percentuale nel campione e vogliamo trarre conclusioni sulla percentuale non nota nella popolazione.

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Schematicamente quindi:

• con la probabilità si risolve il problema diretto: conoscendo le caratteristiche della popolazione si “prevedono” le caratteristiche del campione casuale (popolazione � campione);

• con l’inferenza statistica si risolve il problema indiretto: dalle caratteristiche del campione osservato “si risale” a quelle della popolazione da cui il campione proviene (campione � popolazione).

Considerando quindi il precedente ESEMPIO, supponiamo di conoscere che la percentuale nel campione cada, con probabilità molto elevata, in un intervallo ristretto intorno alla percentuale nella popolazione. Questa informazione ci autorizza ad assumere con fiducia la percentuale nel campione come stima della percentuale nella popolazione.

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Sinteticamente: “con l’inferenza statistica si intende dare una risposta al quesito come e con quale precisione si possano determinare le caratteristiche della popolazione alla luce delle informazioni contenute nel campione casuale estratto da tale popolazione. Ma per fare questo, è necessario conoscere le rgole del calcolo delle probabilità [che permettono di descrivere il comportamento potenziale dei dati del campione]” (Cicchitelli, 2014).

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ESEMPIO Supponiamo che la Popolazione sia raffigurata con un’urna contenente palline bianche e nere e poniamo l’attenzione su “proporzione delle palline bianche”

allora:

il problema diretto (di natura probabilistica) consiste nell’assegnare la probabilità all’evento che la proporzione di palline bianche in un campione casuale appartenga ad un dato intervallo; il problema indiretto (di natura statistica) consiste nello stabilire quale sia verosimilmente la proporzione di palline bianche nell’urna conoscendo la proporzione di palline bianche in un campione casuale estratto dall’urna. Per risolvere il problema indiretto è necessario saper risolvere il problema diretto. Ecco perche la Statistica (inferenziale) ha bisogno del Calcolo delle probabilità!

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Esperimenti casuali

Distinguiamo: • esperimenti deterministici: esperimenti che, replicati nelle

medesime condizioni, danno luogo agli stessi risultati;

• esperimenti casuali: esperimenti che danno luogo a risultati diversi, quale che sia l’impegno con il quale il ricercatore tenta di rendere eguali le condizioni iniziali. Quindi un esperimento si dice casuale quando: - tutti i possibili risultati sono determinabili a priori; - il risultato di una particolare prova è incerto; - l’esperimento è ripetibile, almeno dal punto di vista concettuale,

sotto identiche condizioni sperimentali. Classici esempi di esperimenti casuali sono i giochi di sorte (lancio di dadi, estrazioni di palline da urne, etc.).

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Spazio campionario ed eventi

���� Def. Definiamo eventi elementari i singoli risultati possibili di un esperimento casuale (lancio di dadi, estrazioni di palline da urne, etc.); ad esempio, i punti da 1 a 6 nel lancio di un dado; testa o croce nel lancio di una moneta; ciascuna carta nell’estrazione di una carta da un mazzo.

���� Def. La totalità (l’insieme) degli eventi elementari derivanti da un dato esperimento casuale ossia l’insieme di tutti i possibili risultati di un esperimento casuale si dice spazio campionario S (o spazio degli eventi).

���� Def. Definiamo evento un qualsiasi aggregato (insieme) di eventi elementari, ossia un qualsiasi sottoinsieme dello spazio campionario S; ad esempio, una data somma (ad esempio, 8) nel lancio di 2 dadi. ���� Def. Due eventi si dicono incompatibili o disgiunti se non possono verificarsi contemporaneamente.

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Consideriamo l’esperimento che consiste nel lanciare un dado e osservare le facce che si presentano.

Esempio 1: spazio campionario ed eventi

� Evento “uscita di un numero pari” A={2,4,6}

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Consideriamo l’esperimento che consiste nell’estrazione di carte da gioco e nell’osservare le facce che si presentano.

Esempio 2: spazio campionario ed eventi

� Evento “uscita di un cinque” A={ }

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Esempio 3: spazio campionario ed eventi

Esperimento del lancio di due dadi.

� Evento “somma uguale 7” A={ (1,6),(2,5), (3,4), (4,3), (5,2), (6,1)}

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S

A_A

Operazioni su insiemi

AB

S

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Operazioni su insiemi

S

AB

S

A B

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Riprendiamo l’Esempio 1. Sia A l’evento “il risultato è un numero pari” ed E l’evento “il risultato è un numero maggiore o uguale a 4”. Allora:

A = {2, 4, 6}; E = {4, 5, 6}

� Insiemi COMPLEMENTARI: Ā = {1, 3, 5}; Ē = {1, 2, 3}

� Insiemi UNIONE: A ∪ E = {2, 4, 5, 6} ; Ā ∪ E = {1, 3, 4, 5, 6}

� Insiemi INTERSEZIONE: A ∩ E = {4, 6}; Ā ∩ E = {5}

� Insiemi DISGIUNTI: A ∩ Ā = ∅∅∅∅ ; E ∩ Ē = ∅∅∅∅

Illustrazione grafica dell’evento A ∩ E

Esempio 4: operazioni su insiemi

2 4 6 5

A E

S

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Probabilità: definizione e interpretazione

La probabilità è una funzione d’insieme (infatti il suo dominio non è costituito da punti dell’asse reale ma da insiemi), P(·), definita nello spazio campionario S, che gode delle seguenti proprietà (assiomi delle probabilità):

1. P(S) = 1;

2. P(A) ≥ 0, per ogni A;

3. P(A1 ∪ A2 ∪ ...) = P(A1) + P(A2) + ... per ogni successione di eventi di S a due a due incompatibili.

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La proprietà 1 afferma che la probabilità che si verifichi l’evento certo ossia che si verifichi uno qualsiasi degli eventi elementari dello spazio campionario è pari a 1. La proprietà 2 afferma che la probabilità di un evento è sempre non negativa. La proprietà 3 afferma che se si hanno due o più eventi che non presentano risultati in comune, la probabilità che si verifichi uno qualsiasi di essi è pari alla somma delle loro probabilità.

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� P(∅) = 0, essendo ∅ l’insieme vuoto, detto anche evento impossibile;

� P(A) ≤ 1, per ogni A;� P(Ā ) = 1 - P(A), per ogni A (regola

dell’evento complementare);� P(A1 ∪ A2) = P(A1) + P(A2) - P(A1 ∩ A2), dove

A1 e A2 sono due eventi qualsiasi (regola della somma).

N.B.: queste proprietà si deducono formalmente dagli assiomi di probabilità.

Probabilità: ulteriori proprietà

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Interpretazione della probabilità

• Impostazione classica. La probabilità di un evento A è il rapporto tra il numero dei casi favorevoli al verificarsi di A e il numero totale dei casi possibili, ammesso che questi siano ugualmente probabili.

• Impostazione frequentista. Alla base dell’interpretazione frequentista c’è la cosiddetta legge empirica del caso: in una serie di prove di un dato esperimento, ripetuto un grande numero di volte in circostanze il più possibile simili, ciascuno degli eventi possibili si manifesta con una frequenza che è pressappoco uguale alla sua probabilità. L’approssimazione cresce ordinariamente al crescere del numero delle prove.

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Si ha pertanto la seguente definizione: La probabilità P(A) dell’evento A è il limite della frequenza relativa con cui A si verifica in una lunga serie di prove ripetute sotto le stesse condizioni.

Da questo punto di vista la probabilità è quindi una frequenza relativa. Questa impostazione presuppone che l’esperimento sia ripetibile.

• Impostazione soggettivista. La probabilità di un evento è il grado di fiducia che un individuo, sulla base delle conoscenze possedute in un determinato momento, assegna al verificarsi dell’evento.

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Quando gli eventi elementari sono ugualmente probabili, quando cioè pi = 1/N, (i = 1, 2, …, N), la probabilità dell’evento A è

dove n(A) è il numero degli eventi elementari contenuti in A.

Calcolo delle probabilità

NAnAP )()( =

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Riprendiamo l’Esempio 1 e calcoliamo le probabilità degli eventi: A “il risultato è un numero pari”, E “il risultato è un numero maggiore o uguale a 4”, A∪B: “il risultato è un numero pari o un numero maggiore o uguale a 4”. È facile stabilire che:

� P(A) = 3/6 = 0,5� P(E) = 3/6 = 0,5� P(A∪B) = P(A) + P(E) − P(A∩E) = 3/6 + 3/6 − 2/6 = 4/6

Esempio 5: calcolo delle probabilità

N.B.: Per il calcolo della probabilità di A∪B, abbiamo applicato la regola della somma.

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B: “estrarre un asso o una regina o un re”.

È facile stabilire che:� P(A) = 4/52 = 0,077� P(B) = 4/52 + 4/52 + 4/52 = 12/52 = 0,231.

Esempio 6: calcolo delle probabilità

Riprendiamo l’Esempio 2 e calcoliamo le probabilità degli eventi: A: “estrarre un 10”;

N.B.: Per il calcolo della probabilità di B, Abbiamo applicato il terzo assioma del calcolo delle probabilità.

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È facile stabilire che:

� P(A) = 5/36 = 0,139;

� P(B) = 28/36 = 0,833;

� P(C) = 3/36 = 0,083.

Esempio 7: calcolo delle probabilità

Riprendiamo l’Esempio 3 e calcoliamo le probabilità degli eventi: A: “la somma dei numeri è 6; B: “la differenza dei numeri, in valore assoluto, è

minore o uguale a 3”; C: A ∩ B.

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Esempio 8: calcolo delle probabilità

Consideriamo l’esperimento il cui spazio campionario è composto da 8 A e 5 B:

S = {A, A, A, A, A, A, A, A, B, B, B, B, B}.

Qual è la probabilità che estraendo a sorte tre elementi si verifichino 2 A e 1 B?_______________

I casi favorevoli al verificarsi dell’evento sono pari al numero dei gruppi che si possono formare con 13 elementi prendendone 3 alla volta. Questo numero è dato da:

.28623

111213313

××=

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Esempio 8: calcolo delle probabilità(continuazione)

Con la stessa logica, il numero dei casi favorevoli è dato dal prodotto

In definitiva, la probabilità dell’evento è:

.14015

1278

15

28

×=

.,490286140

=

N.B.: Spesso il numero dei casi favorevoli e quello dei casi possibili si determinano applicando le formule del calcolo combinatorio: disposizioni, permutazioni e combinazioni.

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Se A e B sono due eventi dello spazio campionario S e P(A) > 0, allora la probabilità condizionata di B dato A è definita come

Dalla relazione precedente ricaviamo

Nota come legge del prodotto.

Probabilità condizionata

.)(

)()|( AP

BAPABP

∩=

),|()()( ABPAPBAP =∩

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Esempio 9: calcolo delle probabilità

Gli iscritti a un corso di laurea magistrale in Economia e gestione aziendale hanno nell’85% dei casi una laurea di primo livello di tipo economico aziendale. Le donne iscritte con una laurea di primo livello di tipo economico rappresentano il 65% dei casi. Sapendo che è stato estratto a sorte uno studente con laurea di primo livello di tipo economico aziendale, qual è la probabilità che sia una donna?_______________

Indicando con E l’evento “laurea di primo livello di tipo economico” e con D l’evento “lo studente estratto è una donna”, la probabilità i questione è

.76,085,065,0

)E(P)ED(P)E|D(P ===

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Esempio 10: calcolo delle probabilità

In una concessionaria di auto usate, il 70% delle macchine hanno l’aria condizionata (AC) e il 40% hanno un lettore CD(CD); il 20% hanno entrambi.Calcolare la probabilità che una macchina abbia il lettore CDdato che ha l’aria condizionata.

CD No Cd TotaleAC 0,2 0,5 0,7No AC 0,2 0,1 0,3Totale 0,4 0,6 1

.,,,

)()()|( 2860

7020==

∩=

ACPACCDPACCDP

_______________

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Esempio 11: legge del prodotto

Il 35% degli addetti di una società commerciale è favorevole al cambiamento del piano sanitario nazionale. Il 29% degli addetti favorevoli al nuovo piano sanitario sono favorevoli a un nuovo orario di lavoro. Qual è la probabilità che un addetto, estratto a sorte, sia favorevole sia al nuovo piano sanitario che al nuovo orario di lavoro?

Sia S l’evento: “addetto favorevole al nuovo piano sanitario”; Sia O l’evento: “addetto favorevole al nuovo orario di lavoro” .La probabilità cercata è allora

.,,,)()|()( 10150350290 =×==∩ SPSOPSOP

_______________

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Indipendenza Consideriamo

)|()()( ABPAPBAP =∩ e supponiamo che

)()|( BPABP = . Ciò significa che la probabilità dell’evento B non è modificata dall’informazione che l’evento A si è verificato. Si dice allora che B è indipendente da A e si può scrivere:

)()()( BPAPBAP =∩ . D’altra parte, se vale la relazione precedente, da )|()()( ABPAPBAP =∩ si deduce che

)()|( BPABP = .

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Si osserva inoltre che l’uguaglianza

)()|( BPABP = implica l’analoga uguaglianza

)()|( APBAP = potendosi scrivere

).()()()|()( BPAPBPBAPBAP ==∩ Dunque, se B è indipendente da A, anche A è indipendente da B. In tal modo possiamo dare la seguente definizione di eventi indipendenti

Definizione Due eventi A e B si dicono indipendenti se e solo se:

).()()( BPAPBAP =∩

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CD No Cd TotaleAC 0,2 0,5 0,7No AC 0,2 0,1 0,3Totale 0,4 0,6 1

AC e CD sono indipendenti?

Sappiamo che: P(AC∩CD) = 0,2; P(AC)=0,7; P(CD) = 0,4. Da cui

P(AC∩CD) = 0,2 ≠ P(AC)P(CD) = 0,28.

Pertanto, i due eventi NON sono indipendenti.

Esempio 12: indipendenza

Riprendiamo l’Esempio 10.

_______________

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Cap. 13. Variabili casuali

- Variabili casuali - Variabili casuali discrete: definizioni - Variabili casuali continue: definizioni; quantili - Variabili casuali doppie discrete: definizioni; indipendenza; combinazioni lineari di due variabili casuali

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Variabili casuali Per variabile casuale (v.c.) si indica una quantità il cui valore dipende dall’esito di un esperimento casuale.

Dizioni equivalenti a v.c. sono variabile aleatoria (v.a.) e variabile stocastica.

Attraverso la v.c. X operiamo quindi la traduzione dei risultati dell’esperimento casuale nel campo dei numeri reali.

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���� Def. Una variabile casuale (v.c.) X è una funzione definita sullo spazio campionario S che associa un numero reale X(e)=x ad ogni evento elementare e dello spazio campionario S.

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Variabili casuali discrete

���� Def. Una v.c. X si dice discreta se può assumere un numero finito o un’infinità numerabile di valori.

Lo schema con cui si associano ai valori di X i rispettivi livelli di probabilità va sotto il nome di distribuzione di probabilità:

X

probabilità

x1 . . xi

.

.

p1 . . Pi

.

. 1

xi, sono i possibili valori di X e pi sono le rispettive probabilità, cioè pi =P(X= xi), i=1,2…

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Si ha quindi che

���� Def. La regola che associa ai valori di X i livelli di probabilità si definisce funzione di probabilità:

f(x) = P(X=x)

che gode delle seguenti proprietà:

La rappresentazione grafica della funzione di probabilità si effettua mediante un sistema di assi cartesiani, ponendo sull’asse delle ascisse i valori di X e su quello delle ordinate le corrispondenti probabilità, usualmente raffigurate con aste.

∑ =≥x

xfxxf 1)( , ogni per,0)(

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Esempio 2: variabile casuale discreta

Una lotteria prevede che il giocatore estragga una pallina da un’urna contenente 10 palline numerate da 1 a 10. Ai numeri sono associate le somme sotto indicate:

Come si vede la funzione di probabilità soddisfa ai due requisiti sopra indicati:

Numeri Vincitada 1 a 4 50da 5 a 7 100da 8 a 9 200

10 400

Valore di X Probabilità f (x)50 0,4

100 0,3200 0,2400 0,1

Totale 1,0

da cui si ottiene la v.c.→

,, xxf ogni per0)( ≥

.)()()()(∑ =+++=x

ffffxf 140020010050)(

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Esempio 3: grafico a barre di una variabile casuale discreta

Nella figura che segue è rappresentata graficamente la distribuzione di probabilità trattata nell’Esempio 2. Si tratta di un grafico a barre.

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Un modo alternativo di descrivere una v.c. discreta è attraverso la funzione di ripartizione.

���� Def. La funzione di ripartizione associa ad ogni x la somma delle probabilità corrispondenti a x e a tutti i valori inferiori

F(x)= P(X ≤ x)

La rappresentazione grafica della funzione di ripartizione dà luogo a un grafico a gradini.

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Esempio 4: variabile casuale discreta

Con riferimento all’Esempio 2, la funzione di ripartizione è riportata nella tabella che segue e rappresentata dal grafico affiancato alla tabella.

Il grafico mostra i livelli di probabilità associati ai valori di X come incrementi che subisce la funzione in corrispondenza di tali valori.

Valore di X Probabilità F(x)50 0,4

100 0,7200 0,9400 1,0

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� Si chiama media o valore atteso o speranza matematica o expectation della v.c. discreta X, e la si denota con µ o con E(X), il numero dato da

� Sia X una v.c. e sia µ ⊥E(X) la sua media. Si chiama varianza di X, e la si denota con s 2 o Var(X), la quantità

� La radice quadratica della varianza va sotto il nome di deviazione standard.

Media, varianza e deviazione standard

∑=x

xxfµ ).(

∑ −=x

xfµxσ ).()( 22

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Esempio 5: media e varianza di una variabile casuale discreta

Calcoliamo la media , la varianza e la deviazione standard della distribuzione di probabilità di cui all’Esempio 3.

� Media:

� Varianza:

� Deviazione standard:

1301040020200301004050 =×+×+×+×==∑ ,,,,)()(x

xxfxE

301301004013050 2222 ,)(,)()()( −+−=−=∑x

xfµxσ100111013040020130200 22 .,)(,)( =−+−+

3610510011 ,. ==σ

Valore di X Probabilità50 0,4

100 0,3200 0,2400 0,1

Totale 1,0

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� È utile talora considerare la trasformazione

La quantità che ne deriva è chiamata variabile casuale standardizzata

� Ogni v.c. standardizzata ha media 0 e varianza 1.

Variabili casuali standardizzate

σµ−

=XZ

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� Una v.c. si dice continua se può assumere tutti i valori di un determinato intervallo di numeri reali.

� Una v.c. continua viene descritta tramite la funzione di densità.

� Una funzione f (x) è una funzione di densità se è non negativa e se l’area che essa sottende è pari a 1:

� La probabilità che X assuma valori all’interno di un qualsiasi intervallo (a, b) è

� La distribuzione di probabilità di una v.c. continua può essere rappresentata tramite la funzione di ripartizione definita come la probabilità che la v.c.assuma valori inferiori o uguali a x:

F(x)= P(X = x).Dal punto di vista grafico, il valore he la funzione diripartizione assume per un dato x è uguale all’areasottesa alla funzione di densità a sinistra di x.

Variabili casuali continue

∫ =∀≥2

1

1 0l

ldxxfxxf .)(;,)(

∫=<<b

adxxfbXaP .)()(

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La media e la varianza di una v.c. continua sono espresse dagli integrali

hanno la stessa struttura delle formule viste per le v.c. discrete (considerando che l’integrale è una “somma nel continuo”)

Media e varianza

,)()( ∫=2

1

El

ldxxxfX

∫ −=2

1

2Varl

ldxxfµxX )()()(

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Quantili

Consideriamo una v.c. continua X. Fissato un livello di probabilità, p, si chiama quantile di livello p la quantità xp in corrispondenza della quale la funzione di ripartizione assume il valore p. In simboli, xpsoddisfa l’equazione

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� Dato uno spazio campionario S, si chiama variabile casuale doppia discreta la coppia di v.c. casuali discrete (X, Y), che si ottiene associando a ogni evento elementare dello spazio campionario una coppia di numeri reali (x, y)

� È possibile assegnare a ogni coppia (x, y) una probabilità espressa dalla funzione di probabilità congiunta

che gode delle due ovvie proprietà:

Variabili casuali doppie discrete

),(),( yYxXPyxf ===

∑∑ =≥x y

yxfyxf ,1),(;0),(

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Lancio di tre monete: sia X il “Numero di realizzazioni dell’evento Testa” e Y il “Numero di variazioni di sequenza”

Esempio 14: variabili casuali doppie discrete

Spaziocampionario

X Y

TTT 3 0TTC 2 1TCT 2 2

CTT 2 1CCT 1 1CTC 1 2TCC 1 1CCC 0 0

X Y Totale

0 1 2

0 0,125 0 0 0,125

1 0 0,250 0,125 0,3752 0 0,250 0,125 0,375

3 0,125 0 0 0,125

Totale 0,250 0,500 0,500 1,000

� Associazione di coppie di numeri agli eventi elementari dello spazio campionario

� Probabilità delle coppie di numeri (x, y) stabilite in base alla tabella accanto

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Distribuzione doppia di probabilità

� Quando ci si riferisce alla tabella a doppia entrata con cui si fa corrispondere a ciascuna coppia (x, y) la pertinente probabilità si usa l’espressione distribuzione doppia di probabilità.

� La funzione di probabilità congiunta si rappresenta su un sistema di tre assi cartesiani: i punti del piano rappresentano le coppie (x, y), mentre con la terza coordinata si rappresentano le probabilità associate ai singoli punti del piano

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Funzioni di probabilità marginali

� Data la funzione di probabilità congiunta f (x, y), è possibile pervenire alle funzioni di probabilità delle singole v.c., dette funzioni di probabilità marginali, nel modo seguente

� La media e la varianza della distribuzione marginale di X sono date da

� In modo analogo, possiamo scrivere la media e la varianza e della distribuzione marginale di Y.

� Data una distribuzione doppia di probabilità descritta dalla funzione di probabilità congiunta f (x, y), si chiama covarianza la quantità

∑∑ ======x

Yy

X yxfyYPyfyxfxXPxf ).,()()();,()()(

)()();( 22 xfxxfx Xx

XXXx

X ∑∑ −== µσµ

),())(( yxfµyµx Yx

Xy

XY ∑∑ −−=σ

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Coefficiente di correlazione lineare di Bravais

Consideriamo una distribuzione doppia di probabilità descritta dalla funzione di probabilità congiunta f (x, y). Il coefficiente di correlazione lineare di Bravais tra X e Y è dato da

ρ assume valori nell’intervallo [–1, 1]YX

XY

σσσ

ρ =

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Combinazioni lineari di due variabili casuali

Date le variabili casuali X e Y con distribuzione di probabilità congiunta f (x, y), è utile definire la variabile casuale combinazione lineare di X e Y che si ottiene dalla somma

dove a1 e a2 sono due costanti numeriche qualsiasi.

YaXaW 21 +=

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Media e varianza di una combinazione lineare

� Siano X e Y due v.c. discrete descritte dalla funzione di probabilità congiunta f (x, y). Sia W = a1X + a2Y una

� combinazione lineare delle due v.c. La media e la varianza di W sono espresse da:

;YXW µaµaµ 21 +=

.XYYXW σaaσaσaσ 2122

222

12 2++=

YaXaW 21 +=

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Cap. 14. Alcuni particolari modelli probabilistici

- Distribuzione di Bernoulli - Distribuzione Binomiale - Distribuzione Normale - Approssimazione della Binomiale alla Normale

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Distribuzione di Bernoulli Consideriamo un esperimento casuale i cui esiti sono i due eventi incompatibili

A e A . Esempio: lancio di una moneta, dove si hanno gli eventi

A = “Testa” A =”Croce”.

La singola esecuzione di un tale esperimento va sotto il nome di prova bernoulliana.

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Per convenzione associamo il numero 1 all’evento A indicato con il termine “successo” il numero 0 all’evento A indicato con il termine “insuccesso”.

Sia p la probabilità di A (1-p) la probabilità di A .

La v.c. conseguente che assume il valore 0 con probabilità (1-p) e il valore 1 con probabilità p è chiamata v.c. di Bernoulli.

���� Def. La v.c. di Bernoulli è una v.c. discreta descritta dalla seguente funzione di probabilità:

.1,0,)1()( 1 =−= − xppxf xx

���� Def. La valor medio e la varianza della v.c. binomiale sono date da:

).1()(Var;)(E pnpXnpX −==

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Distribuzione binomiale Supponiamo di effettuare n volte l’esperimento bernoulliano e di trovarci nelle seguenti condizioni:

• ripetizione dell’ esperimento bernoulliano (prove ripetute) • costanza della probabilità dell’evento “successo” nelle successive

prove • indipendenza delle prove

(la costanza della probabilità di “successo” e l’ indipendenza delle prove sono dovute al fatto che l’estrazione è con ripetizione). Chiameremo distribuzione binomiale la distribuzione di probabilità della v.c. “numero di successi in n prove indipendenti su un esperimento bernoulliano”.

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���� Def. La v.c. binomiale è una v.c. discreta descritta dalla seguente funzione di probabilità:

xnx p)(pxn

f(x) −−

= 1 x=0,1,2,…,n

Osservazione. Si osserva che x)!(nx!n!

xn

−=

[ove n!=n⋅(n-1) ⋅ (n-2) ⋅….⋅2⋅1

è detto fattoriale] è il cosiddetto coefficiente binomiale.

���� Def. Il valor medio e la varianza della v.c. binomiale sono rispettivamente:

E(X)=np var(X)=np(1-p).

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Distribuzione binomiale

Nella figura che segue è rappresentata la distribuzione binomiale per n = 12 e per quattro diversi valori di p: 0,3; 0,5; 0,6; 0,8. Come si vede, la distribuzione è simmetrica quando p = 0,5, è asimmetrica positivamente quando p < 0,5, è asimmetrica negativamente nel caso opposto.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

0,0

0,05

0,10

0,15

0,20

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

0,0

0,05

0,10

0,15

0,20

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

0,0

0,05

0,10

0,15

0,20

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

0,0

0,05

0,10

0,15

0,20

0,25

p = 0,3 p = 0,5

p = 0,6 p = 0,8

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Esempio 1: distribuzione binomiale

In un corso universitario di statistica gli studenti provengono: per il 45% dal liceo scientifico, per il 5% dal liceo classico, per il 32% da istituti commerciali e per il 18% da altre scuole.Supponiamo di estrarre a sorte, con ripetizione, un campione di 8 studenti e di conteggiare il numero di quelli che provengono dal liceo scientifico.

In questo modo si dà luogo a una v.c. binomiale in cui il numero delle prove è 8 e la probabilità di successo è 0,45, la cui distribuzione di probabilità è riportata nella tabella che segue.

Le probabilità si calcolano nel modo seguente:

0 1 2 3 4 5 6 7 80,008 0,055 0,157 0,257 0,263 0,172 0,070 0,016 0,002

x)(xf

.002,045,0!0!8

!8)8(;;055,055,045,0!7!1

!8;008,055,0!8!0

!8)0( 8718 =×

==××

= ff K

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Esempio 2: distribuzione binomiale

Un’azienda dichiara che i tubi di acciaio da essa prodotti presentano un diametro compreso tra 10 mm e 12 mm. È noto, però, che il 4% dell’intera produzione eccede tali specifiche di qualità. Vogliamo calcolare la probabilità che in un campione casuale di 30 tubi, ve ne siano non più di due difettosi.

Indicato con X il numero di tubi difettosi nel campione, possiamo dire che

Pertanto:).30,04,0(bin∼X

)2()1()0()2( =+=+==≤ XPXPXPXP

2822930 96,004,02

3096,004,0

130

96,00

30×

+

=

.8831,02219,03673,02939,0 =++=

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Esempio 3: distribuzione binomiale

Con riferimento al problema dell’Esempio 1, vogliamo calcolare la probabilità che, in un campione di 20, il numero dei pezzi difettosi sia compreso tra 3 e 5 (estremi inclusi). Siamo interessati, inoltre, al valore atteso e alla deviazione standard della v.c.

Indicato con X il numero di tubi difettosi nel campione, possiamo dire che

Pertanto:).20,04,0(bin∼X

)5()4()3()53( =+=+==≤≤ XPXPXPXP

155164173 96,004,05

2096,004,0

420

96,004,03

20×

+

=

.0438,00009,00065,00365,0 =++=

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Esempio 3: distribuzione binomiale(continuazione)

Il numero medio di pezzi difettosi in un campione di 20 è

La deviazione standard è

;80,004,020)(E =×=X

.88,096,004,020 =××=Xσ

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Distribuzione normale

DE MOIVRE, Abraham (1667-1754)

GAUSS, Carl Friedrich (1777-1855)

La banconota di 10 marchi

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Un po’ di storia (fonte: http://cirdis.stat.unipg.it)

La distribuzione NORMALE è la curva più importante e più utilizzata nel calcolo delle probabilità e in statistica, perché è un modello adatto alla descrizione di numerosi fenomeni reali.

Per la sua forma caratteristica viene anche chiamata "curva a campana". Il nome di "curva normale" suggerisce che essa descrive fenomeni che stanno nella "norma" (vedi inseguito nota su termine “normale”).

La Macchina di Galton illustra meccanicamente il fatto che sotto certe condizioni la distribuzione normale è una buona approssimazione della distribuzione binomiale (sostanzialmente il teorema di De Moivre - Laplace) (vedi in seguito).

Sir Francis GALTON (1822-1911)

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La "scoperta" della distribuzione normale si deve a De Moivre (1733) che la ottenne come approssimazione della probabilità che una variabile casuale binomiale con parametro p=1/2 sia compresa fra due valori dati.

Successivamente Laplace (1812) formalizzò e generalizzò i risultati di De Moivre al caso p qualunque.

DE MOIVRE, Abraham (1667-1754)

LAPLACE Pierre-Simon, (1749-1827)

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Mentre gli studi di De Moivre sulla distribuzione normale erano legati al calcolo della probabilità nei giochi d'azzardo, il famoso matematico tedesco Gauss, nella sua Teoria Motus Corporum Coelestium (1809) utilizzò la normale in relazione alle problematiche della teoria degli errori accidentali. Egli ottenne la distribuzione normale come modello della distribuzione degli errori di misura di grandezze astronomiche. In seguito ai suoi studi la curva normale viene chiamata ancora oggi curva Gaussiana. Col passare del tempo aumentò sempre di più l'interesse verso la curva normale e le sue applicazioni in ambito scientifico.

GAUSS, Carl Friedrich (1777-1855)

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In particolare, nella seconda metà dell'800, Quetelet compì numerosi studi riguardo a misurazioni antropometriche e notò che i dati rilevati si distribuivano normalmente attorno alla loro media. In realtà, egli non utilizzò il modello normale per approssimare i dati, bensì una distribuzione binomiale con parametro n molto elevato. Di questa "mancanza" lo rimprovera così Galton:

"Quetelet, apparently from habit rather than theory, always adopted the binomial law of error, basing his tables on a binomial high of power. It is absolutely necessary to the theory of the present paper to get rid of binomial limitations and to consider the law of deviation of error in its exponential form." Galton [1877], p. 289

QUETELET, Lambert Adolphe Jacques (1796 - 1874)

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Sul termine “normale”

La paternità del nome "distribuzione normale" per indicare la distribuzione descritta dalla curva f(x) è da attribuirsi a Charles Sanders Peirce, Wilhelm Lexis e a Francis Galton, che lo coniarono indipendentemente intorno al 1875 [Stigler, 2000]. Il fatto che lo stesso termine sia stato introdotto indipendentemente e nello stesso arco temporale da autori diversi sembra abbastanza singolare, ma potrebbe essere spiegato come un segnale del modo con cui concetti statistici importanti, come quelli di popolazione e di misura, si andavano evolvendo negli anni '70 del secolo XIX. Francis Galton usò una grande varietà di termini per indicare questa curva: legge dell'errore, legge/curva delle deviazioni, distribuzione esponenziale, ed, infine, legge normale.

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Il primo uso del termine "normale" nell'opera galtoniana (Stigler[2000]) si trova nel suo intervento del 9 febbraio 1877 alla riunione della Royal Institution of Great Britain: "produce of peas of the same class deviated normally on either side of their own mean weight" Galton [1877], pag. 292 ("la produzione di piselli della stessa qualità devia normalmente in ambedue le direzioni dal proprio peso medio").

Dal 1885 in poi il termine "normale" nell'opera di Galton assume un significato sempre più specifico: nel suo intervento al Giubileo della London Statistical Society si legge: "It is usually found that a series of observed values are 'normally' variable, that is to say that they conform with sufficient exactitude for ordinary purposes, to the series of values calculated from the à priori reasonings of the law of Frequency of Error." (Galton [1885]) ("Generalmente si trova che una serie di valori osservati è 'normalmente' variabile, vale a dire che essi si conformano con sufficiente esattezza, per scopi ordinari, alla serie dei valori calcolati a priori ricavabili dalla legge di frequenza degli errori.")

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L'uso del termine "normale", pur diffondendosi dopo il 1885, non diventò subito così comune come lo è oggi. Anche lo stesso Galton continuò ad utilizzare allo stesso tempo termini alternativi.

Fu soprattutto grazie a Karl Pearson, che utilizzò abitualmente il nome di "distribuzione normale" fin dall'inizio della sua attività in statistica, ai primi del '900', che tale locuzione divenne universalmente adottata insieme a "distribuzione gaussiana" o di "distribuzione di Laplace". Forse nella preferenza di Pearson potrebbe aver giocato un ruolo decisivo anche l'intenzione di diminuire le tensioni nei rapporti internazionali di inizio secolo: la sua locuzione aveva il vantaggio di essere "politicamente neutra" rispetto a quelle che associavano la curva degli errori accidentali ad una nazione o a un'altra.

Karl Pearson (1857-1936)

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La v.c. Normale con parametri µµµµ e σσσσ2, che si indica con N(µµµµ, σσσσ2), è descritta su tutto l’asse reale dalla seguente funzione di densità:

,2σ

µ)(xexp2π1f(X) 2

2

−−=

σ

0).(σ σ0 R),µ( µ ;x 22 >+∞<<∈+∞<<∞−+∞<<∞−

Il parametro µµµµ è l’ascissa del punto di massimo (che coincide con il valore centrale, con la mediana e la moda).

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� È simmetrica, avendo come asse di simmetria la retta x = µ ;

� È crescente nell’intervallo (– ∞, µ) e decrescente nell’intervallo (µ, ∞) ;

� Ha due punti di flesso in x = µ – s e x = µ + s ;� È concava (verso il basso) nell’intervallo

(µ – s, µ + s) e convessa altrove;� Ha come asintoto l’asse delle x.

Proprietà della distribuzione normale

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La curva normale è quindi sempre non negativa ha forma simmetrica e campanulare e presenta i 2 rami asintotici rispetto all’asse delle ascisse.

µµµµ-σσσσ µµµµ µµµµ+σσσσ

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Proposizione La media e la varianza della v.c. normale sono date da:

.σVar(X) µ;E(X) 2== (si dimostra considerando il concetto di integrale e il metodo per sostituzione per la media e il metodo per parti per la varianza) Al variare dei parametri µµµµ e σσσσ la curva normale, pur conservando la forma campanulare, assume infinite configurazioni.

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µµµµ è un parametro di posizione

σσσσ è un parametro di forma (dispersione)

µµµµ

µµµµ=1 µµµµ =2 µµµµ=3

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Posizione e forma della curva normale in funzione dei parametri µ e s

Distribuzioni normali: con medie uguali e varianze diverse, grafico a, con medie diverse e varianze diverse, grafico b.

La media individua la posizione della curva lungo l’asse delle ascisse. La varianza determina la concentrazionedella curva attorno alla retta (vedi la figura a). µx =

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Funzione di densità della v.c. normale

La funzione di densità consente di calcolare la probabilità che la v.c. assuma valori all’interno di un qualsiasi intervallo (a, b): tale probabilità è data dall’area sottesa alla curva normale in detto intervallo.

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Probabilità associata ad alcuni intervalli notevoli

Intervallo

Area sottesa

alla

curva(%)

(µ − σ, µ + σ) 68.26%

(µ − 2σ, µ + 2σ) 95.44%

(µ − 3σ, µ + 3σ) 99.72%

(− ∞, ∞) 100.00%

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Funzione di ripartizione della v.c. normale

La funzione di ripartizione della v.c. normale N(µ,σ2) è la probabilità

Graficamente F(x) è rappresentata dall’area sottesa alla curva normale da - ∞ fino a x.

)()( xXPxF <=

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Tramite la funzione di ripartizione è possibile definire la probabilità che la v.c. normale assuma valori all’interno di un qualsiasi intervallo (a,b):

P(a < X < b) = F(b) - F(a). (*) La probabilità cercata è la differenza tra l’area sottesa alla curva normale fino a b e l’area sottesa alla curva fino ad a.

a µ b

Area = P(a <X <b)

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La funzione di ripartizione consente anche di calcolare i quantili della distribuzione normale.

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Variabile casuale normale standardizzata

Per finalità pratiche è opportuno ricondurre le infinite curve normali ad un’unica distribuzione considerando la distribuzione normale con media 0 e varianza 1, ossia la cosiddetta v.c. normale standardizzata N(0, 1). La sua funzione di densità si ricava dalla N(µµµµ,σσσσ2) ponendo µµµµ=0 e σσσσ2=1:

.2

exp2π1f(z)

2

−=

z

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Sia X è una v.c. normale N(µ, σ2). Sia Z la v.c. standardizzata corrispondente, data da Allora la v.c. Z ha distribuzione normale con media 0 e varianza 1. Inoltre, vale l’identità dove Φ(·) è la funzione di ripartizione della v.c. normale standardizzata.

La formula precedente (**) ci dice che l’area sottesa alla curva normale N(µ, σ2) a sinistra di un punto x assegnato è uguale all’area sottesa alla curva normale N(0, 1) (vedi Fig. seguente).

.σµ−

=XZ

,)()(

−Φ=

−<=<=

σµ

σµ xxZPxXPxF (**)

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Dalla v.c. normale N(µ,s 2) alla v.c. N(0,1) e viceversa

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Dalle (*) e (**), la probabilità che una v.c. normale N(µµµµ,σσσσ2) assume un valore nell’intervallo (a,b) è uguale alla probabilità che una v.c. normale N(0,1) assuma un valore compreso nell’intervallo di estremi (a-µµµµ)/σσσσ e (b-µµµµ)/σσσσ.

In particolare, la conoscenza della funzione di ripartizione della N(0,1) è sufficiente per calcolare la probabilità di qualsiasi v.a. X∼∼∼∼N(µµµµ,σσσσ2) mediante una semplice trasformazione:

−=<<

σµaΦ

σµbΦb)XP(a

ove (.)Φ indica la funzione di ripartizione.

Inoltre la (**) ci permette di determinare i quantili di una v.c. normale N(µµµµ,σσσσ2) in base a quelli di una v.c. normale N(0,1).

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Per valori di z negativi, si ha per la simmetria che

0z(z),Φ1z)(Φ ≥∀−=− .

-z 0 z

Φ(-z) 1-Φ(z)

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Per calcolare la probabilità che una v.a. con distribuzione Normale assuma valori in un intervallo, teoricamente dovremmo considerare l’integrale definito della distribuzione Normale (considerando gli estremi dell’intervallo). In pratica, basta standardizzare gli estremi dell’intervallo ed utilizzare le Tavole della Normale.

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Esempio 5: Uso della tavola della normale standardizzata

P(-1,63 < Z < 0,36) = Φ(0,36) - Φ(-1,63) = 0,6406 – (1-0,9484) = 0,5890.

Seconda cifra decimale di z

z 0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06 0,07 0,08 0,09

0,0 0,5000 0,5040 0,5080 0,5120 0,5160 0,5199 0,5239 0,5279 0,5319 0,5359

0,1 0,5398 0,5438 0,5478 0,5517 0,5557 0,5596 0,5636 0,5675 0,5714 0,5753

0,2 0,5793 0,5832 0,5871 0,5910 0,5948 0,5987 0,6026 0,6064 0,6103 0,6141

0,3 0,6179 0,6217 0,6255 0,6293 0,6331 0,6368 0,6406 0,6443 0,6480 0,6517

0,4 0,6554 0,6591 0,6628 0,6664 0,6700 0,6736 0,6772 0,6808 0,6844 0,6879

1,5 0,9332 0,9345 0,9357 0,9370 0,9382 0,9394 0,9406 0,9418 0,9429 0,9441

1,6 0,9452 0,9463 0,9474 0,9484 0,9495 0,9505 0,9515 0,9525 0,9535 0,9545

1,7 0,9554 0,9564 0,9573 0,9582 0,9591 0,9599 0,9608 0,9616 0,9625 0,9633

1,8 0,9641 0,9649 0,9656 0,9664 0,9671 0,9678 0,9686 0,9693 0,9699 0,9706

1,9 0,9713 0,9719 0,9726 0,9732 0,9738 0,9744 0,9750 0,9756 0,9761 0,9767

-5 -3 -1 1 3 5

-5 -3 -1 1 3 5

Area = 0,6406

Area = 0,0516

Vogliamo calcolare la probabilità che la v.c. normale standardizzata, Z, assuma un valore compreso tra -1,63 e 0,36.

Bisogna calcolare le aree sottese alla N(0, 1) fino a 0,36 e fino a -1,63, utilizzando la Tavola C2, qui riprodotta parzialmente, e farne la differenza.

0,36

-1,63

N.B.: Abbiamo applicato la regola Φ(-1,63) = 1 – Φ(1,63)

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Quantili della v.c. normale standardizzata

� Il problema inverso consiste nella determinazione del valore di z a cui corrisponde un livello assegnato, p, della funzione di ripartizione (cioè dell’area sottesa alla curva a sinistra di z):

� Si tratta di trovare il punto sull’asse delle ascisse tale che l’area sottesa alla curva fino a quel punto sia pari al valore assegnato p.

.)()( pzzZP =Φ=<

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Esempio 7: calcolo dei quantili della normale standardizzata

P(Z < z) = Φ(z) = 0,9599 ⇒ z0,96 ≈ 1,75

Seconda cifra decimale di z

z 0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06 0,07 0,08 0,09

0,0 0,5000 0,5040 0,5080 0,5120 0,5160 0,5199 0,5239 0,5279 0,5319 0,5359

0,1 0,5398 0,5438 0,5478 0,5517 0,5557 0,5596 0,5636 0,5675 0,5714 0,5753

0,2 0,5793 0,5832 0,5871 0,5910 0,5948 0,5987 0,6026 0,6064 0,6103 0,6141

0,3 0,6179 0,6217 0,6255 0,6293 0,6331 0,6368 0,6406 0,6443 0,6480 0,6517

0,4 0,6554 0,6591 0,6628 0,6664 0,6700 0,6736 0,6772 0,6808 0,6844 0,6879

1,5 0,9332 0,9345 0,9357 0,9370 0,9382 0,9394 0,9406 0,9418 0,9429 0,9441

1,6 0,9452 0,9463 0,9474 0,9484 0,9495 0,9505 0,9515 0,9525 0,9535 0,9545

1,7 0,9554 0,9564 0,9573 0,9582 0,9591 0,9599 0,9608 0,9616 0,9625 0,9633

1,8 0,9641 0,9649 0,9656 0,9664 0,9671 0,9678 0,9686 0,9693 0,9699 0,9706

1,9 0,9713 0,9719 0,9726 0,9732 0,9738 0,9744 0,9750 0,9756 0,9761 0,9767

Calcoliamo il quantile della normale standardizzata di livello 0,96.

Si prende, all’interno della tabella, il numero più vicino a 0,96.Si trova 0,9599, a cui corrisponde z0,96 ≈≈≈≈ 1,75.

-5 -3 -1 1 3 5

Area = 0,9599

1,75

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Esempio 8: calcolo dei quantili della normale standardizzata

P(Z < z) = Φ(z) = 0,9394 z0,94 ≈ 1,55

Seconda cifra decimale di z

z 0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06 0,07 0,08 0,09

0,0 0,5000 0,5040 0,5080 0,5120 0,5160 0,5199 0,5239 0,5279 0,5319 0,5359

0,1 0,5398 0,5438 0,5478 0,5517 0,5557 0,5596 0,5636 0,5675 0,5714 0,5753

0,2 0,5793 0,5832 0,5871 0,5910 0,5948 0,5987 0,6026 0,6064 0,6103 0,6141

0,3 0,6179 0,6217 0,6255 0,6293 0,6331 0,6368 0,6406 0,6443 0,6480 0,6517

0,4 0,6554 0,6591 0,6628 0,6664 0,6700 0,6736 0,6772 0,6808 0,6844 0,6879

1,5 0,9332 0,9345 0,9357 0,9370 0,9382 0,9394 0,9406 0,9418 0,9429 0,9441

1,6 0,9452 0,9463 0,9474 0,9484 0,9495 0,9505 0,9515 0,9525 0,9535 0,9545

1,7 0,9554 0,9564 0,9573 0,9582 0,9591 0,9599 0,9608 0,9616 0,9625 0,9633

1,8 0,9641 0,9649 0,9656 0,9664 0,9671 0,9678 0,9686 0,9693 0,9699 0,9706

1,9 0,9713 0,9719 0,9726 0,9732 0,9738 0,9744 0,9750 0,9756 0,9761 0,9767

Calcoliamo il quantile della normale standardizzata di livello 0,06.Si prende, all’interno della tabella, il numero più vicino a 1 – 0,06 = 0,94. Si

trova 0,9394, a cui corrisponde z0,94 ≈≈≈≈ 1,75. Da qui si ottiene z0,06 ≈≈≈≈ -1,75

-5 -3 -1 1 3 5

����1,55

⇒ ⇒ z0,06 ≈ �1,55.

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Esempio 9: calcolo delle probabilità per la normale N(µ, σσσσ2)

Lo spessore dei tubi prodotti da una certa azienda ha una distribuzione normale con media con media 8 mm e varianza 15.Vogliamo calcolare la probabilità che un tubo scelto a caso abbia spessore compreso nell’intervallo (6,5, 8,3).

Applichiamo l’equazione

Da cui

.)(

−Φ−

−Φ=

−<

−<

−=<<

σµa

σµb

σµb

σµX

σµaPbXaP

−<

−<

−=<<

1583,8

1585,6)3,85,6(

σµXPXP

.1836,0)6517,01(5319,0)39,0()08,0( =−−=−Φ−Φ=

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Sussistono le relazioni

In pratica la determinazione dei quantili di una v.c. N(µ, s 2) si effettua in due fasi: si determina, prima, il quantile per la v.c. N(0, 1), e, poi, si ricava il quantile voluto, riferito, cioè, alla v.c.N(µ, s 2) utilizzando la seconda delle due equazioni precedenti.

Dai quantili della N(0,1) ai quantili della N(µ,s 2)

.; σµσ

µzx

xz +=

−=

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Esempio 10: Quantili per la normale N(µ, σσσσ2)

Il peso delle scatole di pelati prodotti da una azienda alimentare è una v.c. normale con media 1.000 g e varianza 17,5. Vogliamo determinare il quantile di livello 0,90.

Fase 1� Calcoliamo il quantile di livello 0,90 per la normale standardizzata,

ottenendo, in base alla tavola C.2,

Fase 2� Applichiamo la seconda delle due equazioni della pagina precedente

Seconda cifra decimale di z

z 0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06 0,07 0,08 0,09

∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼1,2 0,8849 0,8869 0,8888 0,8907 0,8925 0,8944 0,8962 0,8980 0,8997 0,9015

∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼

.36,005.15,1728,1000.190,0 =+=x

z0,90 ≈ Φ�1(0,8997) = 1,28.

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Esempio 11: Quantili per la normale N(µ, σσσσ2)

Il peso delle scatole di pelati prodotti da una azienda alimentare è una v.c. normale con media 1.000 g e varianza 17,5. Vogliamo determinare il quantile di livello 0,05.

Fase 1� Calcoliamo il quantile di livello 0,05 per la normale standardizzata,

ottenendo, in base alla tavola C.2,

Fase 2� Applichiamo la seconda delle due equazioni della pagina precedente

Seconda cifra decimale di z

z 0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06 0,07 0,08 0,09

∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼1,6 0,9452 0,9463 0,9474 0,9484 0,9495 0,9505 0,9515 0,9525 0,9535 0,9545

∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼ ∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼∼

.14,9935,1764,1000.105,0 =−=x

z0,05 ≈ 4Φ41(0,9495) = 4 1,64.

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Quando il numero delle prove, n, è sufficientemente grande e la probabilità di “successo”, p, non è troppo vicina a 0 o a 1, la distribuzione binomiale può essere approssimata con la normale con media e varianza date da:

Ciò è illustrato di seguito tramite un esempio.

Approssimazione della binomiale con la normale

,npµ = ).1(2 pnpσ −=

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Approssimazione della binomiale con la normale

0

0,02

0,04

0,06

0,08

0,1

0,12

Nella figura sottostante sono rappresentate la distribuzione binomiale per n = 50 e p = 0,5 e, in rosso, la normale di media e varianza

Per ogni x, la singola probabilità 255,050 =×=µ

.5,125,05,0502 =××=σdella binomiale è rappresentata da un rettangolo con base unitaria, di estremi ., 2

121 +− xx

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La conseguenza di quanto detto è la seguente. Se n è sufficientemente grande e la probabilità p non è troppo vicina a 0 o a 1, la probabilità che la v.c.binomiale assuma valori nell’intervallo [a, b], estremi inclusi, può essere approssimata con una normale con media np e varianza np (1 – p):

L’approssimazione migliora se si adotta la cosiddetta correzione per continuità.

Approssimazione della binomialecon la normale

−−

−≈≤≤

)()()(

pnpnpa

pnpnpbbXaP

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Con la correzione per continuità l’equazione precedente diviene

.)1(

5,0)1(

5,0)(

−−Φ−

−+Φ≈≤≤

pnpnpa

pnpnpbbXaP

Approssimazione della binomialecon la normale: correzione per continuità

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Consideriamo la distribuzione binomiale rappresentata graficamente in precedenza (n = 50 e p = 0,5) e verifichiamo il grado di approssimazione garantito dalla normale. Prendiamo l’intervallo [15, 18].

� Con la binomiale

� Con la normale

)18()17()16()15()1815( ffffXP +++=≤≤

34163515 5,05,0!34!16

!505,05,0!35!15

!50×

×+×

×=

.0315,05,05,0!32!18

!505,05,0!33!17

!50 32183317 =××

+××

+

Esempio 12: approssimazione della binomiale con la normale

.0312,05,05,050

5,0505,0155,05,050

5,0505,018)1512( =

××

×−−Φ−

××

×−+Φ=≤≤ XP

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Con la normale è possibile approssimare anche la probabilità del singolo valore della v.c. binomiale. Per esempio, se n = 40 e p = 0,6, la probabilità che X = 21 è data da

� Con la binomiale

� Con la normale

.0792,04,06,0!19!21

!40)21( 1921 =××

==XP

Esempio 13: approssimazione della binomiale con la normale

.0806,04,06,040

6,0405,0214,06,040

6,0405,021)21( =

××

×−−Φ−

××

×−+Φ==XP

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Macchina di Galton

La macchina di Galton (detta anche "scatola di Galton", o "quinconce") è un dispositivo inventato da Sir Francis Galton per illustrare meccanicamente il fatto che sotto certe condizioni la distribuzione normale è una buona approssimazione della distribuzione binomiale. Consiste in un piano verticale, sul quale sono piantati perpendicolarmente dei chiodi (o pioli) posizionati secondo la configurazione del quinconce (ossia come la rappresentazione del numero 5 sulla faccia di un comune dado da gioco).

La macchina in un'illustrazione disegnata proprio da Sir Francis Galton

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----------------------------------------------------------------------------------

La disposizione a quinconce si realizza spostando ogni fila di chiodi rispetto alla precedente in modo che i chiodi cadano nel punto di mezzo di quelli della fila sovrastante. In tre file di chiodi si ha in pratica la stessa disposizione dei punti della faccia n. 5 di un dado. Da qui l'altro nome del macchinario: quinconce.

----------------------------------------------------------------------------------

Da una fessura, posta in cima a tale piano, vengono fatte cadere delle palline (le quali, urtando i chiodi, si dirigono verso destra o verso sinistra). Sul fondo sono collocati dei contenitori cilindrici, dove le palline si depositano l'una sull'altra, formando delle pile.

La macchina di Galton esposta

al Museo della Matematica "I Racconti di Numeria" del Comune di Roma

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Al termine dell'esperimento, le altezze di queste pile assumono approssimativamente la forma di una curva a campana, tipica delle variabili casuali normali.

Un modello funzionante di macchina di Galton

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Sovrapponendo un triangolo di Tartaglia alle teste dei chiodi, si può intuire la probabilità con cui una pallina può seguire i diversi percorsi per passare attraverso i chiodi.

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Distribuzione delle palline Se una pallina devia a destra per x volte durante la sua caduta (e a sinistra per i restanti chiodi), allora finirà nel x-esimo contenitore a partire da sinistra se il primo contenitore è denotato col numero 0. Denotando con n il numero di righe di chiodi in una macchina di Galton, il numero di percorsi verso il x-esimo contenitore sul fondo è dato dal

coefficiente binomiale

xn

. Se la probabilità delle deviazioni verso

destra su un chiodo è p (che vale 0,5 in caso di equiprobabilità), la probabilità che la pallina finisca nel x-esimo contenitore è pari a

xnx p)(pxn

−−

1 che è la funzione di probabilità della distribuzione

binomiale. Per n grande la distribuzione binomiale approssima quella normale.

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Esempi http://cirdis.stat.unipg.it/files/macchina_galton/macchina_galton/esperimento.htm

http://www.youtube.com/watch?v=9xUBhhM4vbM

http://www.youtube.com/watch?v=AUSKTk9ENzg

http://www.youtube.com/watch?v=izn7EPuMR9Y