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Lo spazio sociale
L’installazione “A wall is a screen” (2008)
“In breve, gli spazi si sono moltiplicati, spezzettati e diversificati. Ce n’è oggi di tutte le taglie e di tutti i tipi, per tutti gli usi e funzioni. Vivere significa passare da uno spazio
all’altro, cercando il più possibile di non impigliarsi.”
Georges Perec, Espèces d’espaces (1974)
“Ogni società produce, dà forma e utilizza il proprio spazio, vale a dire ha una propria pratica spaziale. Le
relazioni di produzione danno poi origine a delle rappresentazioni dello spazio (ad esempio quelle di
scienziati, planners, urbanisti, ingegneri sociali), mentre altri codici ancora creano degli spazi di rappresentazione (ad
esempio lo spazio direttamente vissuto attraverso immagini e simboli ad esso associati, e dunque lo spazio
degli abitanti e degli utenti).”
Henri Lefebvre, La production de l’espace (1974) (adattato)
La raccolta differenziata dei rifiuti
Una mappa di zonizzazione funzionale
“Un codice spaziale non è solo un mezzo per leggere o per interpretare lo spazio: piuttosto, è un mezzo per vivere
in quello spazio, per comprenderlo e per produrlo ... Un codice spaziale è un insieme di elementi verbali e non
verbali.”
Henri Lefebvre, La production de l’espace (1974)
“Lo spazio sociale potrà venire esplorato nella sua particolarità quanto più esso smetterà di essere
indistinguibile dallo spazio mentale (come definito dai filosofi e dai matematici) da un lato, e dallo spazio fisico
(come definito dall’attività pratico-sensoriale e dalla percezione della ‘natura’) dall’altro. Ciò che vorrei
mostrare è che tale spazio sociale non è costituito né da una collezione di oggetti o da un aggregato di dati
sensoriali, né da un vuoto riempito di vari contenuti, e che esso è irriducibile a una ‘forma’ imposta sui fenomeni, sulle
cose, sulla materialità fisica.”
Henri Lefebvre, La production de l’espace (1974)
“Non ci troviamo di fronte semplicemente a uno spazio sociale, ma a una molteplicità illimitata o a un insieme non numerato di spazi sociali, a cui ci riferiamo genericamente come ‘spazio sociale’ ... Nessuno spazio sociale scompare attraverso i processi di crescita e sviluppo: la dimensione mondiale non abolisce quella locale ... Gli spazi sociali si
interpenetrano e si sovrappongono.”
Henri Lefebvre, La production de l’espace (1974)
Un’opera di Banksy sul muro della West Bank (2007)
“Ogni essere umano è circondato da una sfera invisibile la cui dimensione può variare a seconda delle diverse
direzioni e delle diverse persone a cui si rivolge; e nessuno può penetrarla senza distruggere il sentimento che
l’individuo ha del proprio valore personale.”
Georg Simmel, Sociologia (1908)
La testata di Zinedine Zidane a Materazzi durante la finale del campionato del mondo del 2006 a Berlino...
“Nulla l’uomo teme di più che essere toccato dall’ignoto. Vogliamo vedere ciò che si protende dietro di noi, o almeno classificarlo. Di notte o in qualsiasi tenebra il
timore suscitato dall’essere toccati inaspettatamente può crescere fino al panico ... Tutte le distanze che gli uomini
hanno creato intorno a sé sono dettate dal timore di essere toccati. Ci si chiude nelle case, in cui nessuno può entrare, e solo là ci si sente relativamente al sicuro ... La ripugnanza di essere toccati non ci abbandona neppure
quando andiamo fra la gente. Il modo in cui ci muoviamo per la strada, fra molte persone, al ristorante, in treno, in
autobus, è dettato da quel timore.”
Elias Canetti, Masse und Macht (1960)
“Il mio corpo, nella sua interezza, non è per me un insieme di organi giustapposti nello spazio. Io tengo in un unico e indiviso possesso e conosco la posizione di ciascuna delle mie membra attraverso uno schema corporeo in cui esse
stanno avvolte ... In senso preciso, questo termine significa che il mio corpo mi appare come una postura in vista di un certo compito attuale o possibile. In effetti, la sua spazialità
non è, come quella degli oggetti esteriori o delle ‘sensazioni spaziali’, una spazialità di posizione, ma una
spazialità di situazione.”
Maurice Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception (1945)
“La parola ‘qui’ applicata al mio corpo non designa una posizione determinata rispetto ad altre posizioni o coordinata esterne, ma l’installazione delle prime
coordinate, l’ancoraggio del corpo attivo in un oggetto, la situazione del corpo di fronte ai suoi compiti ... In ultima analisi, se il mio corpo può essere una ‘forma’ e se può trovarsi davanti delle figure privilegiate su degli sfondi neutri, è solo in quanto esso è polarizzato dai propri
compiti, in quanto esiste verso di essi, raccogliendoli su di sé per raggiungere il proprio fine, e lo ‘schema corporeo’ non è altro che un modo di esprimere il fatto che il mio corpo
è al mondo.”
Maurice Merleau-Ponty, Phénoménologie de la perception (1945)
FrancescaWoodman, Untitled Providence (1975-78)