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(1) Questo capitolo si basa su De Filippis 2002; De Filippis e Salvatici 2003. 9 1. Il Gatt L’Organizzazione mondiale del commercio, meglio nota con l’acronimo inglese Wto (World Trade Organization) è l’istituzione internazionale che ha sostituito il Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade) come sede in cui negoziare le regole del commercio fra le nazioni e in cui dirimere le relative controversie. Il Gatt e il Wto sono due entità ben distinte: mentre il Gatt era un semplice accordo, sia pure molto articolato, che dettava un insieme di regole provvisorie, il Wto è una vera e propria istituzione, assai più strutturata sul piano normativo; mentre il Gatt riguardava solo il com- mercio dei beni, gli accordi Wto coprono beni, servizi e diritti di proprietà intellettuale, inglobando al proprio interno anche il Trattato Gatt. Il Gatt venne siglato a Ginevra nel 1947 da 23 paesi come un pacchetto combinato di accordi commerciali e concessioni tariffarie. Esso non fu pen- sato come un organismo dotato di personalità giuridica, capace di esprime- re una volontà sovranazionale e di svolgere azioni che impegnassero tutti i paesi membri; piuttosto, venne creato con l’intenzione di predisporre uno strumento contrattuale flessibile e provvisorio, nell’attesa della definizione di una disciplina del commercio internazionale più complessiva e della nascita di una istituzione con cui gestirla. Il Gatt si sviluppò gradualmente, tramite otto cicli (o round) di nego- ziazioni multilaterali fra le parti contraenti (box 1.1), sino alla firma del- l’atto finale relativo all’ottavo ciclo di negoziati commerciali, l’Uruguay round, avvenuta a Marrakech nell’aprile del 1994, e alla contestuale nasci- ta del Wto. Capitolo 1 LA NASCITA DEL WTO (1)

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(1) Questo capitolo si basa su De Filippis 2002; De Filippis e Salvatici 2003.

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1. Il Gatt

L’Organizzazione mondiale del commercio, meglio nota con l’acronimoinglese Wto (World Trade Organization) è l’istituzione internazionale cheha sostituito il Gatt (General Agreement on Tariffs and Trade) come sede incui negoziare le regole del commercio fra le nazioni e in cui dirimere lerelative controversie. Il Gatt e il Wto sono due entità ben distinte: mentre ilGatt era un semplice accordo, sia pure molto articolato, che dettava uninsieme di regole provvisorie, il Wto è una vera e propria istituzione, assaipiù strutturata sul piano normativo; mentre il Gatt riguardava solo il com-mercio dei beni, gli accordi Wto coprono beni, servizi e diritti di proprietàintellettuale, inglobando al proprio interno anche il Trattato Gatt.

Il Gatt venne siglato a Ginevra nel 1947 da 23 paesi come un pacchettocombinato di accordi commerciali e concessioni tariffarie. Esso non fu pen-sato come un organismo dotato di personalità giuridica, capace di esprime-re una volontà sovranazionale e di svolgere azioni che impegnassero tutti ipaesi membri; piuttosto, venne creato con l’intenzione di predisporre unostrumento contrattuale flessibile e provvisorio, nell’attesa della definizionedi una disciplina del commercio internazionale più complessiva e dellanascita di una istituzione con cui gestirla.

Il Gatt si sviluppò gradualmente, tramite otto cicli (o round) di nego-ziazioni multilaterali fra le parti contraenti (box 1.1), sino alla firma del-l’atto finale relativo all’ottavo ciclo di negoziati commerciali, l’Uruguayround, avvenuta a Marrakech nell’aprile del 1994, e alla contestuale nasci-ta del Wto.

Capitolo 1

LA NASCITA DEL WTO (1)

Capitolo 1

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Box 1.1I round negoziali del Gatt

Anno Luogo/nome N. paesi Principali questioni affrontate

1947 Ginevra 23 Tariffe

1949 Annecy 18 Tariffe

1951 Torquay 38 Tariffe

1956 Ginevra 26 Tariffe

1960-61 Dillon 26Tariffe, riconoscimento della Ceee della relativa unione doganale

Tariffe, barriere non tariffarie,1964-67 Kennedy 62 anti-dumping,

trattamento differenziato dei Pvs

1973-79 Tokyo 102 Tariffe, barriere non tariffarie

1986-94 Uruguay 125Istituzione del Wto, tariffe, agricoltura,servizi, diritti di proprietà intellettuale

Nei primi anni di esistenza del Gatt lo sforzo negoziale si concentròsoprattutto sulla riduzione della protezione daziaria dei prodotti manifattu-rieri. In particolare, i primi round ottennero risultati apprezzabili in terminidi abbassamento delle tariffe su tali prodotti che, all’epoca, risultavano inmedia assai elevate (2). Il Dillon round rappresentò un momento di transizio-ne e segnò, principalmente, il riconoscimento della nascita della ComunitàEconomica Europea e degli aggiustamenti tariffari collegati alla creazionedi una tariffa esterna comune dei paesi ad essa aderenti. A partire dalKennedy round, inaugurato a Ginevra il 4 maggio 1964, al quale partecipa-rono più di 60 paesi, la riduzione dei dazi ebbe luogo sulla base di “formu-

(2) Le tariffe (o dazi) sono tasse applicate da un paese sulle importazioni di un determinatoprodotto. Possono essere espresse come un ammontare monetario per quantità importata(dazio specifico) oppure come una percentuale del prezzo all’importazione (dazio ad valo-rem). Le tariffe negoziate in seno al Gatt (e successivamente nel Wto) sono “consolidate”,nel senso che i loro valori massimi sono incorporati nei prospetti dei paesi firmatari degliaccordi commerciali. Il principio del “consolidamento” impone che le tariffe possano esse-re innalzate al di sopra di tali valori massimi solo con il consenso di tutti i paesi firmatari.

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le” (3) e per la prima volta si affrontò la questione delle cosiddette “barrierenon tariffarie” (Bnt) (4). Il Kennedy round è stato rilevante anche per i risultatiottenuti dai Paesi in via di sviluppo (Pvs): l’accordo generale venne modifi-cato con l’introduzione di una serie di articoli in base ai quali fu riconosciutala possibilità di non applicare, nell’ambito dei rapporti commerciali fra paesisviluppati e Pvs, il principio di non discriminazione (box 1.2). Questa modifi-ca fu molto importante per i Pvs, in quanto consentì loro di essere in parteesentati dagli obblighi di liberalizzazione concordati a livello multilaterale, eaprì la strada ai vari programmi di trattamento preferenziale adottati neglianni successivi.

Il Tokyo round, svoltosi dal 1973 al 1979, con ben 102 paesi partecipanti,confermò nella sostanza l’impostazione del round precedente, affrontando

(3) Al contrario dell’approccio domanda-offerta, seguito nei primi quattro round negoziali - inbase al quale ciascun paese predisponeva un prospetto di domanda, contenente le riduzionitariffarie desiderate da parte degli altri contraenti, e un prospetto di offerta, contenente leconcessioni accordabili - un approccio per formule definisce un obiettivo di riduzione per-centuale delle tariffe che ciascun paese è tenuto ad applicare ad ogni prodotto, spostando latrattativa su un obiettivo generale e rendendo meno efficace l’intervento dei singoli gruppidi pressione legati a settori o prodotti particolari (Anania e De Filippis 1996).

(4) Con la diminuzione dell’impatto dei dazi doganali sulle esportazioni delle merci, infatti,divenne evidente che altri tipi di ostacoli, basati sulle quantità o su regolamentazioni tecni-che, potevano notevolmente limitare gli scambi internazionali.

Box 1.2Il principio di non discriminazione

Il principio del commercio senza discriminazioni si sostanzia principalmente nelle clausole della“Nazione più favorita” (Npf) e del “Trattamento nazionale” (Tn).

Secondo la clausola Npf, se un paese offre alle importazioni provenienti da un altro Stato un tratta-mento favorevole (ad esempio un’aliquota doganale più bassa) deve fare lo stesso nei confronti di tuttigli altri paesi aderenti all’accordo. La clausola Npf acquista una particolare valenza in ambito multilate-rale perché contribuisce a “consolidare” gli impegni di liberalizzazione (non solo per l’accesso al mer-cato ma anche in tema di sostegno interno e di competitività delle esportazioni): infatti, estendendo atutti ogni concessione che un paese è disposto a fare in un dato momento ad un dato partner, si rendepiù difficile l’eventuale cammino inverso, in quanto per ritirare le concessioni fatte sarebbe necessario ilconsenso di tutti i paesi aderenti all’accordo.

La clausola Tn impedisce la discriminazione, all’interno di un dato paese, fra prodotti e servizinazionali e prodotti e servizi esteri, ai quali ciascun paese deve assicurare lo stesso trattamento.

Capitolo 1

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nuovamente la questione delle barriere commerciali non tariffarie. Durante inegoziati proseguì l’impegno per la progressiva riduzione delle tariffe, e ciòconsentì di ottenere un taglio medio pari a circa un terzo dei dazi doganalinei paesi sviluppati. Su altre questioni, come quella del commercio agricolo,il Tokyo round non raggiunse risultati altrettanto soddisfacenti. Furono pre-disposti, tuttavia, una serie di trattati sulle barriere non tariffarie (noti come“codici”) che, in alcuni casi, chiarificavano l’interpretazione di articoli Gattgià esistenti, in altri tentavano di regolamentare aspetti del tutto nuovi. Icodici rappresentano un’eccezione al principio del multilateralismo, poichéfurono sottoscritti solo da una parte dei membri del Gatt (principalmente ipaesi industrializzati) e per questo tali codici vengono definiti “plurilatera-li”, sottolineando la differenza rispetto alla natura multilaterale degli impe-gni sottoscritti da tutti i paesi membri.

2. L’Uruguay round

2.1 La struttura degli accordi sottoscritti

L’Uruguay round è stato l’ultimo round organizzato nell’ambito del Gatt,in quanto l’accordo finale che ne è scaturito ha sancito la nascita del Wto.Si è trattato del più grande round negoziale mai svolto fino a quel momen-to: è durato sette anni e mezzo, ha coinvolto 125 paesi e ha affrontato quasitutti i settori del commercio di beni e servizi e dei diritti di proprietà intel-lettuale.

L’Accordo che nel 1994 concluse l’Uruguay round è composto da unaserie di documenti e allegati relativi ai seguenti punti: il Trattato istitutivodel Wto; i Trattati di base (Gatt, Gats e Trips) contenenti i principi e lenorme generali su cui basare la liberalizzazione commerciale; gli impegnidei singoli paesi ad abbassare i dazi doganali e le altre barriere commerciali(schedules); infine, le procedure per risolvere le dispute.

Accanto ai tre accordi principali ve ne furono altri riguardanti normativedi natura tecnica, burocratica o legale volte a ridurre gli ostacoli al com-mercio:• l’Accordo sulle barriere tecniche al commercio, relativo ai prodotti indu-

striali, per assicurare che i regolamenti, gli standard e in generale tutte le

La nascita del Wto

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procedure di verifica e certificazione delle merci non creassero ostacoliimmotivati al commercio;

• l’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie, relativo ai prodotti agricoli;• l’intesa circa il nuovo meccanismo di risoluzione delle dispute (Dispute

Settlement Understanding - Dsu) (v. paragrafo 4);• l’Accordo per la revisione delle politiche commerciali (Trade Policy

Review - Tpr ) (box 1.3).

Box 1.3L’Accordo per la revisione delle politiche commerciali (Tpr)

Il Tpr affida al Consiglio generale il compito di procedere ad una revisione periodica delle politichecommerciali dei paesi membri, allo scopo di verificarne la coerenza con gli impegni sottoscritti e al finedi migliorare la trasparenza del sistema. Si è stabilito che la frequenza della revisione dipenda dalledimensioni del paese: i quattro maggiori paesi esportatori (Ue, Usa, Giappone e Canada, i cosiddettiQuad) vengono sottoposti a revisione ogni due anni; i successivi 16 paesi, in termini di quota del com-mercio mondiale, ogni quattro anni; i rimanenti ogni sei o più anni. Le revisioni devono prendere inconsiderazione le politiche e i regolamenti commerciali, ma anche il livello di sviluppo del paese el’ambiente economico esterno in cui esso si trova ad operare.

Inoltre, furono siglati altri accordi in materia di: licenze di importazione(le procedure devono essere semplici e trasparenti, l’eventuale introduzionedi nuovi meccanismi deve essere notificata al Wto e vi deve essere ampiacircolazione delle informazioni sui criteri adottati per la distribuzione dellelicenze); valutazione delle merci in dogana e ispezioni pre-imbarco (si cercadi introdurre regole giuste, uniformi e neutrali per valutare le merci); regoledi origine (al fine di rendere chiaro da dove proviene una merce, si vincola-no i membri ad adottare regole trasparenti, che non distorcano o limitino ilcommercio internazionale); investimenti esteri (i paesi non possono violareil principio del trattamento nazionale e le misure in questione non possonointrodurre o indurre restrizioni quantitative sulle importazioni).

Il più corposo risultato dell’Uruguay round fu la lista degli impegni voltia estendere il principio del consolidamento delle tariffe e a ridurre le tariffedi importazione sulle merci: i paesi sviluppati si impegnarono per un tagliodel 40% delle tariffe sui prodotti industriali, da una media del 6,3% a unamedia del 3,8%. La percentuale di prodotti industriali importati su cui gra-

Capitolo 1

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vavano tariffe maggiori del 15% scese dal 7% al 5% nei paesi sviluppati, edal 9% al 5% negli altri. Anche il numero di prodotti soggetti al consolida-mento delle tariffe aumentò sensibilmente per effetto degli accordidell’Uruguay round, arrivando a coprire il 99% dei prodotti nel caso deipaesi sviluppati e il 73% nel caso dei paesi in via di sviluppo. Fu previstoinoltre che nel giro di 10 anni anche i prodotti tessili fossero considerati allastregua delle altre merci industriali, ricadendo pertanto sotto la regolamenta-zione Gatt.

Durante l’Uruguay round furono rinegoziati alcuni articoli del Gattriguardanti le eccezioni al principio del consolidamento delle tariffe e allaloro applicazione non discriminatoria a tutti i partner commerciali. Su que-sto fronte, tre furono gli accordi di maggiore interesse:• l’Accordo sulle misure anti-dumping, in base al quale, per reagire alle

pratiche di dumping (5) delle imprese di paesi terzi, un paese può introdur-re un “dazio compensativo” all’importazione - ovvero una soprattassarispetto al normale dazio doganale, pari alla differenza tra il prezzo appli-cato nel mercato interno e quello applicato nel paese di esportazione -qualora riesca a dimostrare l’effettiva esistenza del dumping e del dannoarrecato ai produttori nazionali;

• l’Accordo sui sussidi e le misure compensative, che, nel disciplinare l’usodei sussidi e le azioni che si possono intraprendere per controbilanciarne glieffetti, prevede che un paese possa eventualmente applicare dazi compen-sativi sull’importazione del prodotto sussidiato che si ritiene leda gli inte-ressi dei produttori nazionali, con procedure simili a quelle anti-dumping;

• l’Accordo sulle misure di salvaguardia, che, nel permettere ai produttoridi richiedere azioni di salvaguardia al proprio governo in caso di reali opotenziali danni all’industria nazionale dovuti a improvvisi aumenti delleimportazioni, prevede che un paese possa imporre temporanee restrizioniquantitative alle importazioni.Due accordi sono di specifico interesse per l’agricoltura: l’Accordo sul-

l’agricoltura (v. paragrafo 2.2) e l’Accordo sull’applicazione delle misuresanitarie e fitosanitarie (Sps) (v. paragrafo 2.3).

(5) Il dumping avviene quando un prodotto viene esportato sotto costo o comunque ad un prez-zo sensibilmente più basso di quello che vige normalmente sul mercato interno del paeseesportatore. Ciò configura un comportamento di concorrenza sleale e quindi giustifica unareazione del paese danneggiato, in difesa dei propri produttori.

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2.2 L’Accordo agricolo dell’Uruguay round

L’Accordo sull’agricoltura fu uno dei principali risultati dell’Uruguayround: benché infatti, in linea di principio, le regole del Gatt fossero giàapplicate anche ai prodotti agricoli, nei fatti questi avevano a lungo rappre-sentato un’eccezione alla liberalizzazione degli scambi.

Con l’Accordo sull’agricoltura i paesi membri si sono assunti impegnispecifici in tre aree distinte (i cosiddetti tre “pilastri” dell’Accordo): • accesso al mercato (semplificazione e riduzione delle barriere all’importa-

zione dei prodotti agricoli);• sussidi all’esportazione (graduale riduzione, anche se con alcune eccezio-

ni, dei sussidi all’esportazione);• sostegno interno (limitazione delle sovvenzioni concesse alle produzioni

agricole).Gli impegni specifici assunti da ciascun paese sono stati descritti in detta-

glio nei singoli prospetti (schedules), uno per ogni paese, allegati all’Accor-do e parte integrante di quest’ultimo. L’Accordo ha previsto un periodo diprogressiva implementazione a partire dal 1995: sei anni per i paesi svilup-pati, nove per i paesi in via di sviluppo.

Tra gli altri elementi dell’Accordo sull’agricoltura si ricordano: • l’articolo 20, relativo all’avvio di un nuovo negoziato entro il 2000: con

esso si sancì l’impegno ad avviare già all’inizio del 2000 un nuovo nego-ziato agricolo con «l’obiettivo di lungo periodo di una progressiva esostanziale riduzione del sostegno e della protezione», tenendo in dovutoconto l’esperienza acquisita con l’applicazione dell’Accordo sull’agricol-tura e gli effetti da esso provocati (6);

• il “trattamento speciale e differenziato” (Tsd) riservato ai Pvs: con esso sidefinirono impegni meno gravosi per i Pvs e un periodo di tempo piùlungo per soddisfarli; inoltre, per i Pvs più poveri, l’Accordo non definìsostanzialmente alcun impegno;

• la cosiddetta “clausola di pace”: con essa i paesi membri del Wto si impe-gnarono a non avviare dispute per nove anni - a partire dal 1° gennaio1995 - sulle misure non conformi alle regole generali del Wto rese (tem-

(6) È proprio sulla base di questo articolo che il nuovo negoziato agricolo è stato avviato nono-stante il fallimento della Conferenza ministeriale di Seattle del 1999.

Capitolo 1

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poraneamente) legittime dall’Accordo sull’agricoltura, come ad esempio isussidi all’esportazione.Soprattutto quest’ultimo punto assume particolare rilievo: la “clausola di

pace”, infatti, da un lato offriva un congruo margine di tempo per rinegoziareun nuovo accordo alla scadenza dell’Uruguay round; dall’altro aveva l’obietti-vo di esercitare una certa pressione affinché tale negoziato non andasse troppoper le lunghe, fissandone la scadenza implicita alla fine del 2003. A tal riguar-do, è importante notare che nonostante il negoziato non si sia concluso neitempi previsti, e non sia intervenuta nessuna proroga degli accordi dell’Uru-guay round o nessun nuovo accordo entro il 1° gennaio 2004, non si sono regi-strate fino ad ora dispute sulle misure commerciali adottate dai paesi in viola-zione degli obblighi previsti nell’Accordo sull’agricoltura in occasione dellascadenza della clausola di pace, probabilmente per una sorta di implicito gen-tleman agreement. Resta tuttavia la possibilità che alcuni paesi minaccino diricorrere al meccanismo di soluzione delle dispute (v. paragrafo 4), per ottene-re una compensazione del danno subito a seguito delle misure adottate dal 1°gennaio 2004, e ciò costituirebbe una potente arma negoziale nelle loro mani.

All’indomani della firma dell’Accordo fu subito evidente che esso avevagenerato un insieme di vincoli molto importanti sul piano dei principi mafortemente edulcorati sul piano concreto: comunque non in grado di condur-re in tempi brevi ad una liberalizzazione significativa del commercio agrico-lo né, tanto meno, tali da imporre la modifica sostanziale delle politiche disostegno e protezione indirizzate al settore da parte dei paesi sviluppati. Cisi riferisce ad una serie di elementi, quali:• la fissazione di “periodi base” (1986-88) fortemente retrodatati rispetto

all’inizio del periodo d’implementazione dell’Accordo e tali da sovrasti-mare i livelli di partenza del sostegno e della protezione, rispetto ai qualisono stati calcolati gli impegni di riduzione;

• il consolidamento di tariffe di base “annacquate”, anche grazie a proce-dure di “tarifficazione” (7) poco trasparenti, la cosiddetta “tarifficazione

(7) La tarifficazione (nel testo inglese, tariffication) consiste nella sostituzione delle barrierenon tariffarie all’importazione (restrizioni quantitative sulle importazioni, prelievi variabili,prezzi minimi all’importazione, limitazioni delle importazioni attraverso l’allocazionediscrezionale di licenze, misure non tariffarie poste in essere attraverso agenzie pubbliched’importazione e restrizioni volontarie delle importazioni) con tariffe ad esse equivalenti intermini di volume di importazioni.

La nascita del Wto

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sporca”, con la quale si intende il modo spesso discutibile con cui ipaesi hanno calcolato il livello delle tariffe di base, sovrastimandole inmodo sistematico. Il conseguente “annacquamento” delle tariffe di baseha finito, ovviamente, col vanificare gran parte dell’effettiva portataliberalizzatrice degli impegni per la loro successiva riduzione (v. capi-tolo 3);

• l’ampia libertà lasciata ai paesi di gestire le quote d’importazione a tariffaridotta, in modo da onorare il vincolo da esse imposto facendovi ricadereaccordi bilaterali già esistenti;

• una definizione molto lasca della Misura aggregata di sostegno (Mas,indicatore che misura il sostegno complessivo concesso da un determina-to paese al settore agricolo) attraverso l’introduzione di una serie di ecce-zioni ed esenzioni tra cui la clausola de minimis, che consente di non con-teggiare nella Mas le misure di sostegno che hanno un costo limitatorispetto al valore della produzione agricola;

• la creazione della cosiddetta “scatola blu”, che nella sostanza ha rappre-sentato un’esenzione ad hoc per Usa e Ue e ha messo al riparo dagliobblighi di riduzione fette cospicue del sostegno concesso ai propri pro-duttori agricoli da parte dei due paesi (v. capitolo 5) (8).Nonostante tutte queste limitazioni, va comunque sottolineato che l’Ac-

cordo agricolo, al di là degli impegni dei singoli paesi contenuti nelle sche-dules, ha rappresentato un risultato di grande importanza per il futuro dellerelazioni internazionali in campo agricolo: non tanto per gli effetti concretied immediati in termini di liberalizzazione del commercio agricolo, quantopiuttosto per aver segnato una svolta nei principi della normativa interna-zionale che disciplina l’agricoltura e per aver tracciato la strada, lungo laquale non sarà possibile fare marcia indietro, della futura evoluzione deinegoziati.

(8) Sulla base dell’Accordo, le politiche di ciascun paese sono classificate in “scatole” didiverso colore: la scatola verde (segnale di “via libera”) contiene le politiche poco o pernulla distorsive del commercio internazionale e, dunque, pienamente consentite senzalimitazioni; la scatola gialla (“avanti con cautela”) contiene le politiche il cui sostegno èammesso ma soggetto ad obblighi di riduzione; la scatola blu comprende alcune politicheche, pur essendo solo parzialmente disaccoppiate, sono comunque esenti dagli obblighidi riduzione del sostegno previsti dall’Accordo sull’agricoltura del 1994 (si veda anche ilcapitolo 5).

Capitolo 1

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2.3 Gli altri accordi dell’Uruguay round

Come si è ricordato, una delle novità dell’Uruguay round fu che i trattatisottoscritti con la sua conclusione non riguardarono solo il commercio deibeni, cioè le questioni già affrontate dal Gatt, ma anche il commercio deiservizi (Gats) e dei diritti di proprietà intellettuale (Trips).

Il Gats (General Agreement on Trade in Services, ovvero Accordo genera-le sul commercio dei servizi) è il primo insieme di regolamenti multilaterali,giuridicamente vincolanti, che riguardano lo scambio internazionale di servi-zi. Il Gats, in analogia con la struttura del Gatt, comprende un testo principa-le che enuncia gli obblighi e i principi generali, più una serie di allegati checontengono i regolamenti per i diversi settori e gli impegni specifici dei sin-goli paesi in materia di accesso ai mercati. Inoltre, il Gats ha predisposto la li-sta delle deroghe, ovvero dei casi in cui ad alcuni paesi, sia pure in via prov-visoria, è consentito di non applicare il principio di non discriminazione. IlGats copre tutti i tipi di servizi: la fornitura transfrontaliera (servizi forniti daun paese a un altro); il consumo all’estero (servizi usufruiti in un paese este-ro) e la presenza commerciale (società di servizi che stabiliscono propri uffi-ci in un paese estero e individui che si spostano all’estero per fornirvi servi-zi). Gli impegni dei singoli paesi a liberalizzare i mercati di determinati ser-vizi sono il fulcro del Gats e sono elencati nei prospetti (schedules).

Il Trips (Trade Related Aspects on Intellectual Property Rights, ovveroTrattato sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale) ha unduplice oggetto: da un lato i brevetti, il design industriale e di circuiti inte-grati, le indicazioni geografiche e i marchi di fabbrica (che devono essereregistrati per essere protetti); dall’altro i diritti d’autore e i segreti industriali(che sono protetti automaticamente, senza obblighi di registrazione e divul-gazione del contenuto). Il Trips costituisce un tentativo di riunire sotto rego-lamenti internazionali comuni i diversi modi in cui questi diritti vengonocommercializzati e tutelati nel mondo, offrendo anche la possibilità di risol-vere controversie commerciali attraverso il sistema Wto di composizionedelle dispute. Di particolare interesse per l’agricoltura, all’interno del Trips,sono le indicazioni geografiche (vedi il capitolo 6).

Di specifico interesse per l’agricoltura è l’Accordo sull’applicazione dellemisure sanitarie e fitosanitarie (Sps) che specifica i modi in cui i paesi pos-sono assicurare la salubrità alimentare, limitando la possibilità che una defi-

La nascita del Wto

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nizione strumentale degli standard sia utilizzata per proteggere i produttorinazionali. Tale accordo richiede l’applicazione dei principi della nazione piùfavorita e del trattamento nazionale alle misure sanitarie e fitosanitarie,favorendo l’uso di standard internazionali: ai paesi è infatti consentito di sta-bilire propri standard, ma vengono incoraggiati ad adottare, laddove esista-no, linee guida internazionali quali il Codex Alimentarius della Fao per iprodotti alimentari o gli standard dell’Ufficio internazionale di epizooticaper i prodotti zootecnici oppure ancora le norme definite dalle organizzazio-ni che operano nel quadro della convenzione internazionale per la protezio-ne delle piante.

L’Accordo Sps parte dal presupposto che le misure nazionali vadanoapplicate solo per quanto è necessario a proteggere la salute dell’uomo,degli animali e delle piante e richiede che tali misure siano basate su principiscientifici, ossia mantenute solo se esistono sufficienti prove scientifichedella loro necessità. Ne consegue che, nel caso in cui un paese voglia adotta-re propri standard più stringenti di quelli internazionali, deve esistere unavalutazione oggettiva del rischio che li renda appropriati, oppure il paesedeve fornire una giustificazione scientifica della propria scelta. L’Accordoprevede anche indicazioni sulle procedure di controllo, ispezione e approva-zione. Infine, esso impone ai paesi di comunicare tempestivamente ognivariazione della normativa nazionale sanitaria e fitosanitaria e di crearepunti informativi accessibili ai paesi terzi.

3. Il Wto e le sue istituzioni

Con la firma dell’Atto finale dell’Uruguay round è stato creato il Wtoche, sebbene presenti notevoli elementi di continuità con il Gatt, costituisceun’importante novità nella regolamentazione dei rapporti commerciali inter-nazionali. In pratica il Wto ha incorporato il precedente Trattato generalesulle tariffe e il commercio, che si occupava dello scambio delle merci, e loha affiancato al nuovo Trattato generale sul commercio dei servizi (Gats) eal Trattato sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale(Trips). Il Wto riunisce i tre accordi generali entro un singolo insieme diregolamentazioni e sotto un unico ombrello istituzionale che, a differenza diquanto accadeva in passato con il Gatt, non opera solo in occasione dei

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negoziati ma è una struttura permanente, dotata di propri organi di gestionee di un efficace meccanismo di soluzione delle dispute.

Il Wto comprende attualmente 148 paesi membri e svolge sostanzialmen-te tre tipi di funzioni:• “mercato” o “foro negoziale”, cioè una sede dove i paesi possono scam-

biare impegni relativi ai livelli e alle modalità della propria protezionecommerciale;

• “codice di buona condotta” nei rapporti commerciali internazionali che,essendo definito collettivamente a livello sovranazionale, detta regole dicomportamento ispirate alla massimizzazione del benessere globale;

• strumento per la composizione delle controversie, per garantire sia ilrispetto degli impegni presi nell’ambito del foro negoziale sia l’applica-zione delle regole di comportamento definite a livello collettivo.Da un punto di vista istituzionale il Wto conferma la struttura del Gatt,

con una Conferenza ministeriale di tutti i paesi membri, che è il più impor-tante organo decisionale, un Consiglio generale che rappresenta l’organodecisionale negli intervalli fra una Conferenza e l’altra, e un Segretariato,con a capo un Direttore generale, chiamato a svolgere il lavoro di supportotecnico-amministrativo.

Alla Conferenza ministeriale partecipano tutti i Ministri responsabili peril commercio estero eventualmente coadiuvati da altri Ministri, come adesempio quello dell’agricoltura, direttamente coinvolti nelle trattative delWto. Le Conferenze ministeriali si svolgono almeno una volta ogni due annie dalla nascita del Wto ne sono state convocate sei (box 1.4).

La Conferenza ministeriale Wto si riunì per la prima volta a Singapore nel1996. Gran parte dei lavori, in quell’occasione, vennero dedicati a discuterequestioni relative alla programmazione delle attività del Wto e allo stato diapplicazione degli accordi dell’Uruguay round.

Fra i risultati negoziali raggiunti a Singapore vanno segnalati la definizio-ne dell’Accordo sulla tecnologia informatica (Information Technology Agree-ment) e l’adozione del Piano d’azione (Comprehensive and Integrated Planof Action) per assistere i Pvs nell’accedere ai benefici del sistema multilate-rale di regolamentazione del commercio. A Singapore emerse per la primavolta, da parte di alcuni paesi sviluppati (tra cui l’Ue), l’esigenza di affronta-re la definizione di regole su investimenti, politiche della concorrenza, tra-sparenza negli appalti pubblici e agevolazione del commercio. Tali argo-

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Box 1.4Le Conferenze ministeriali del Wto

Data Luogo Principali temi discussi e risultati negoziali

9-13 dicembre 1996 Singapore “Temi di Singapore”, ossia clausole legateagli standard di lavoro, accordo sulla tecnologia

informatica, piano d’azione per i Pvsin materia di benefici del sistema multilaterale

di regolamentazione del commercio.

18-20 maggio 1998 Ginevra Proposta di avviare un nuovo round negozialeonnicomprensivo (Millennium round), insoddisfazione

dei Pvs sul funzionamento dei meccanismi Wto,rinvio di ogni decisione alla Conferenza di Seattle.

30 novembre- Seattle Proteste della società civile, crescita del dissenso3 dicembre 1999 dei Pvs nei confronti del Wto e loro opposizione

all’avvio del Millennium round, battutad’arresto per il processo di liberalizzazione.

9-14 novembre 2001 Doha Riconoscimento di alcune richieste dei Pvs in materiadi applicazione degli accordi dell’Uruguay round

(Implementation issues), apertura ai Pvs in meritoall’accesso a farmaci tutelati da brevetto

(ratifica di una dichiarazione sulle relazioni traAccordo Trips e salute pubblica),

Doha Development Agenda e avvio di un nuovoround negoziale da concludere entro il 1° gennaio2005 con un atto unico finale (single undertaking).

10-14 settembre 2003 Cancun Nascita del G20, disaccordo sui “temi di Singapore”, mancato accordo finale

e sostanziale fallimento del negoziato.

13-18 dicembre 2005 Hong Kong Fissazione al 30 aprile 2006 della scadenza per ladefinizione delle Modalities relative ad agricoltura eNama, accordo sulla data per l’abolizione dei sussidi

all’esportazione (2013), ratifica dell’approccio diriduzione per fasce del sostegno interno e delle tariffe.

Capitolo 1

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menti vengono da allora identificati come “temi di Singapore”, sui quali fusubito evidente il disaccordo di gran parte dei paesi in via di sviluppo.Anche la discussione sulle clausole legate agli standard di lavoro non fuaccolta con favore dai Pvs, come traspare dalla Dichiarazione ministeriale,in cui venne riportata una blanda raccomandazione ad osservare gli standarddi lavoro riconosciuti a livello internazionale, rinviando per il resto allecompetenze dell’Ilo (International Labour Organization).

La seconda sessione della Conferenza ministeriale, svoltasi a Ginevra nel1998, si collocava ancora nella fase di avvio della nuova organizzazione, e ildibattito su come proseguire l’attività negoziale restò a livello interlocutorio.Da una parte, alcuni paesi membri proposero di impegnarsi nel lancio di unnuovo round negoziale onnicomprensivo, il cosiddetto Millennium round,che estendesse il raggio d’azione del Wto anche a temi ambientali e sociali.Dall’altra, i Pvs non vedevano con favore la ripresa dei negoziati multilate-rali prima che si fosse compiuta una seria e approfondita verifica dello statodi applicazione degli accordi sottoscritti nell’Uruguay round. In tal senso, ilmalcontento dei Pvs cominciò a farsi più evidente: molti di essi lamentava-no la scarsa trasparenza del sistema e la difficoltà a rappresentare i propriinteressi. L’insoddisfazione dei Pvs venne ripresa dalla Dichiarazione finaledella Conferenza ministeriale, in cui si affermò la necessità di dedicare mag-giore attenzione alle specifiche esigenze di tali paesi. Date le marcate diver-genze su come procedere nelle trattative, i membri del Wto rimandaronoogni decisione in materia alla terza sessione della Conferenza ministeriale,tracciando nella Dichiarazione finale il percorso per preparare la successivariunione dei Ministri a Seattle.

La terza sessione si svolse a Seattle nel 1999. Coloro che speravano inun’agevole conclusione del vertice, coronata dal lancio del nuovo ambiziosoround messo in cantiere a Ginevra, si trovarono a fronteggiare due fenome-ni, diversi ma convergenti, che si opponevano entrambi al processo di libe-ralizzazione. Da una parte, si concentrò attorno alla riunione del Wto il mal-contento della multiforme compagine della società civile, che esprimeva unforte dissenso verso il processo di globalizzazione dell’economia mondiale.Dall’altra, prese corpo il disagio dei Pvs nei confronti del ruolo predominan-te dei paesi sviluppati nel processo decisionale del Wto, delle modalità diapplicazione degli accordi già sottoscritti e, in sostanza, di un’istituzioneconsiderata eccessivamente orientata a favorire gli interessi dei paesi svilup-

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pati. Mentre, dunque, il “popolo di Seattle” manifestava il proprio dissenso,i Pvs si opposero fermamente all’avvio di un nuovo round negoziale. IlMillennium round fallì dunque sul nascere e con esso fallì anche il tentativodi lanciare un’ampia agenda di negoziati nella quale sarebbero stati inclusinuovi temi quali, ad esempio, il miglioramento degli standard sociali e dilavoro, la tutela dell’ambiente, la difesa della biodiversità e i temi diSingapore.

Quanto accadde a Seattle rappresentò una significativa battuta d’arrestoper il processo di liberalizzazione del commercio e rese più complicato l’av-vio di un nuovo round negoziale. Tuttavia nella quarta sessione dellaConferenza ministeriale, svoltasi nel novembre 2001 a Doha, nel Qatar, fuapprovata la Dichiarazione finale che, in virtù dei frequenti riferimenti altema dello sviluppo e alle esigenze dei Pvs, fu ambiziosamente battezzata“Doha Development Agenda” (Dda) (v. capitolo 2). Essa, riunendo in ununico negoziato complessivo i diversi temi in discussione, sancì l’avvio diun nuovo round negoziale che si sarebbe dovuto concludere entro il 1° gen-naio 2005, con un atto unico finale (single undertaking). Un contributo fon-damentale al raggiungimento di un accordo fu il riconoscimento di almenoalcune delle richieste dei Pvs in materia di applicazione degli accordidell’Uruguay round (Implementation issues) e la ratifica di una Dichiara-zione sulle relazioni tra Accordo Trips e salute pubblica. Quest’ultima, inparticolare, rappresentò un importante segnale di apertura ai Pvs, per i qualil’accesso a farmaci tutelati da brevetto costituisce un elemento vitale nellalotta ad Aids/Hiv, tubercolosi, malaria e altre epidemie.

La quinta sessione della Conferenza ministeriale si è tenuta a Cancun nel2003 (v. capitolo 2) e, così come era successo a Seattle, non si è riusciti apervenire ad alcun accordo sui temi all’ordine del giorno.

Negli intervalli tra una Conferenza e l’altra, la funzione di organo decisio-nale è svolta dal Consiglio generale del Wto, che si riunisce a Ginevra, adintervalli regolari (generalmente ogni tre mesi) e può riunirsi in sessioni spe-ciali, se necessario. Il Consiglio generale è formato da rappresentanti - nor-malmente ambasciatori o diplomatici di pari livello - di tutti i paesi membridel Wto e si articola in tre consigli specifici, relativi rispettivamente ai pro-dotti, ai servizi e ai diritti di proprietà intellettuale (ricalcando la tripartizio-ne Gatt - Gats - Trips). I tre consigli specifici hanno il compito di seguirel’applicazione degli impegni assunti dai paesi membri nell’ambito dei tre

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Accordi e prevedono vari comitati e gruppi di lavoro al proprio interno. Adesempio, nell’ambito del Consiglio Gatt esiste il Comitato Agricoltura, chesi riunisce almeno quattro volte l’anno per verificare il rispetto degli impe-gni presi sulla base delle notifiche che gli Stati membri sono obbligati a pre-sentare. Il Comitato ha anche il compito di monitorare i possibili effettinegativi, derivanti dall’applicazione dell’Accordo, sui paesi a più bassolivello di sviluppo e sui Pvs importatori netti di alimenti.

Oltre ai tre consigli specifici, ai loro comitati e gruppi di lavoro, la struttu-ra del Wto si completa con alcuni comitati multilaterali, e relativi gruppi dilavoro, che fanno riferimento direttamente al Consiglio generale, su temi diparticolare rilevanza, quali: commercio e ambiente, commercio e sviluppo,accordi regionali, adesione di nuovi membri, commercio e investimenti,commercio e politiche della concorrenza, commercio e appalti pubblici.Infine, esistono alcuni comitati plurilaterali su tematiche specifiche (com-mercio in aeromobili civili, appalti pubblici, tecnologia informatica), chetengono informati della propria attività il Consiglio generale o il ConsiglioGatt, sebbene gli accordi di loro competenza siano sottoscritti solo da unaparte dei membri Wto.

Il supporto tecnico-amministrativo ai consigli e ai comitati è assicuratodal Segretariato, con a capo un Direttore generale scelto dal Consiglio gene-rale. Il Segretariato svolge inoltre un importantissimo ruolo di supporto giu-ridico nella preparazione e discussione dei casi sottoposti al regime di solu-zione delle controversie.

4. Il meccanismo di risoluzione delle controversie

Il meccanismo di risoluzione delle controversie è considerato uno deirisultati più importanti dell’Uruguay round. Già il Gatt aveva predispostoun’apposita procedura di soluzione delle dispute commerciali tra i paesimembri ma, non essendo dotata né di una scansione temporale né di normeprecise, la sua efficacia è stata molto scarsa. Non a caso, già nel 1966 si eraavvertita l’esigenza di colmare le numerose lacune, avviando una primarevisione del meccanismo, che aprì la strada a successive e ulteriori modifi-che, fino alla chiusura del round e alla firma, nel 1994, della Intesa sullenorme e sulle procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie,

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solitamente indicata con l’acronimo inglese Dsu - Dispute SettlementUnderstanding.

L’obiettivo generale del meccanismo di risoluzione delle controversie ègarantire certezza e prevedibilità al sistema commerciale multilaterale (9);tale meccanismo si applica a tutte le dispute sorte nell’ambito degli accordiratificati in sede Wto.

I casi in cui un paese membro può fare ricorso al sistema per la soluzionedelle controversie sono disciplinati, ancora oggi, dagli articoli XXII e XXIIIdell’Accordo Gatt. In particolare, l’articolo XXIII, al paragrafo 1 affermache uno Stato è autorizzato ad agire qualora ritenga che i benefici derivantidirettamente o indirettamente dall’accordo siano stati annullati o danneggiatidal comportamento di un altro paese, in seguito al mancato rispetto da partedi questo degli obblighi derivanti dagli accordi contemplati, o per l’applica-zione di altre misure, anche se non in contrasto con le norme internazionali,o per qualsiasi altra situazione.

Il Wto ha mantenuto questa impostazione e, pertanto, prevede due tipolo-gie principali di dispute:• il primo tipo, e anche il più diffuso, è il reclamo per violazione degli obbli-

ghi (“violation complaint”), che dà luogo all’annullamento di un benefi-cio o al danneggiamento di uno Stato membro;

• il secondo tipo di reclamo viene definito “non violation complaint” e puòriguardare qualsiasi misura applicata da un altro Stato membro, anche senon in contrasto con gli accordi, purché ciò determini un annullamentodei benefici o un danneggiamento per un altro paese. Questa tipologia didisputa è stata prevista poiché nessun accordo può essere consideratoprivo di lacune ed è pertanto possibile che i benefici derivanti dall’adesio-ne al Wto possano essere intaccati anche da misure con esso coerenti.Sebbene il Wto sia dotato di un meccanismo strutturato di soluzione delle

dispute, è auspicato che ad esso si ricorra solo qualora non risulti possibile in-dividuare una soluzione concordata tra le parti e, anche una volta avviata la

(9) L’articolo 3, paragrafo 2, del Dsu recita: «il sistema di risoluzione delle dispute del Wtocostituisce un elemento centrale nel garantire sicurezza e prevedibilità al sistema commer-ciale multilaterale. I membri riconoscono che esso serve a tutelare i diritti e gli obblighi daessi assunti nell’ambito degli accordi contemplati, e a chiarire le disposizioni esistenti ditali accordi in riferimento alle regole vigenti e all’interpretazione del diritto internazionale.Le raccomandazioni e le decisioni del Dispute settlement body (Dsb) non possono néaumentare né diminuire i diritti e gli obblighi previsti dagli accordi contemplati».

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procedura di aggiudicazione, è sempre possibile e consigliato trovare un’inte-sa che soddisfi entrambe le parti e sia coerente con gli “accordi contemplati”.

Il meccanismo di risoluzione delle controversie si basa sull’interazione ditre organi distinti, previsti nel Dsu: l’organo di conciliazione, noto comeDsb - Dispute settlement body; il panel di esperti nominato dal Dsb; l’orga-no di appello, noto come Ab - Appellate body.

Il Dsu istituisce l’organo di conciliazione (Dsb), composto dai rappresen-tanti di tutti gli Stati membri del Wto, con la responsabilità di amministrarele norme relative alla gestione delle controversie. Si tratta di un organo poli-tico che decide, di fatto, all’unanimità. In effetti, nella maggior parte dei casil’opposizione di una parte non è sufficiente ad impedire l’adozione delledecisioni, in quanto si applica la regola del cosiddetto “negative consensus”,che rappresenta una delle maggiori novità introdotte dall’Uruguay round. Inbase a tale regola è necessario convincere tutti i membri del Wto ad opporsiad una decisione per impedirne l’adozione. Una situazione del genere è benpoco realistica e per questo si parla spesso di “quasi automaticità” delledecisioni del Dsb, a differenza di quanto accadeva nel Gatt.

Il panel è un organo collegiale composto da tre - eccezionalmente, e surichiesta delle parti, da cinque - persone nominate dal Dsb su proposta delSegretariato generale, scelte tra candidati che spiccano per esperienza ecompetenza in materia di diritto commerciale internazionale e che possonoassicurare piena indipendenza rispetto ai governi degli Stati membri del Wtointeressati alla disputa. Una volta insediatosi, il panel stabilisce un calenda-rio dei lavori che include solitamente due successivi scambi di posizioniscritte tra le parti coinvolte, intervallati da due audizioni, nel corso dellequali le parti in causa esprimono le loro posizioni e rispondono ai quesiti delpanel. Le parti terze possono presentare documenti scritti e prendere partealla prima delle due audizioni.

L’organo di appello (Ab), a differenza del panel, è un organo collegialepermanente, composto da sette membri in carica per quattro anni e rieleggi-bili una sola volta.

Il procedimento di soluzione delle controversie può essere analizzatoindividuando tre stadi successivi: le consultazioni tra le parti; la pronunciadel panel ed eventualmente dell’organo di appello e, infine, l’implementa-zione delle decisioni, che può includere anche l’adozione di contromisure incaso di inadempienza (box 1.5).

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Capitolo 1

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La prima fase si apre con la richiesta formale di avviare le consultazionida parte dello Stato che intende sporgere reclamo. Le consultazioni, insiemecon i “buoni uffici”, la “conciliazione” e la “mediazione” (10), rappresentanouna modalità di risoluzione non giudiziale o diplomatica delle dispute. Essepermettono alle parti di chiarire i fatti ed eventuali fraintendimenti relativa-mente alla questione sollevata. Le parti terze, non direttamente coinvoltenelle consultazioni, possono richiedere di prendervi parte se dimostrano diavere un interesse commerciale sostanziale nei confronti della questionediscussa. Se entro 60 giorni (30 nei casi urgenti, inclusi quelli relativi amerci deperibili) dalla data di ricevimento della richiesta di consultazioninon è possibile trovare un accordo tra le parti, lo Stato che ha dato avvio allaprocedura può chiedere la costituzione di un panel, passando così alla secon-da fase del procedimento, detta anche “aggiudicazione”. La formulazione ditale richiesta riveste un’importanza cruciale, in quanto delimita il contenutoe l’estensione della giurisdizione del panel e illustra la base legale della pro-cedura avviata. Infatti, solo le misure identificate nella richiesta farannoparte dell’indagine del panel e saranno oggetto di una sua pronuncia.

Quindi il panel, dopo aver eventualmente consultato esperti della materiaoggetto della controversia, elabora una relazione intermedia (interim report)che contiene già importanti indicazioni sul suo orientamento in merito allacontroversia. Tale documento può essere ulteriormente rivisto su richiestadelle parti e prelude alla relazione finale, detta solitamente panel report,comprendente una sezione descrittiva ed una di constatazioni, osservazioni eraccomandazioni. Il panel report diventa vincolante solo dopo essere statoadottato dall’organo di conciliazione (Dsb), entro 60 giorni dal suo invio aimembri del Wto. Come si è detto, la decisione è adottata quasi automatica-mente, in quanto la sua bocciatura richiederebbe il consenso di tutti i mem-

(10) Si tratta di procedimenti disciplinati dall’articolo 5, paragrafo 1, del Dsu, avviati spontanea-mente dalle parti qualora esse ritengano opportuno farlo; hanno un carattere riservato elasciano impregiudicati i diritti dell’una e dell’altra parte a procedere con ulteriori azioninell’ambito del sistema per la soluzione delle controversie. I “buoni uffici” consistonoessenzialmente nel fornire supporto logistico per aiutare le parti a condurre le proprie nego-ziazioni in un’atmosfera positiva e produttiva. La “conciliazione” aggiunge la partecipa-zione di una persona estranea alla disputa che può offrire il proprio sostegno nel condurrele negoziazioni. Infine, nel procedimento di “mediazione”, il mediatore non solo partecipaalle discussioni, ma può anche suggerire soluzioni alle parti in causa, senza alcun obbligoper queste di accettare.

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bri. Se, però, una o entrambe le parti avviano la procedura di appello, l’ado-zione del report è sospesa fino a che l’organo di appello (Ab) non si sia pro-nunciato, seguendo una procedura simile a quella del panel.

Una volta che il Dsb ha adottato il panel report o l’Ab report, le disposi-zioni in esso contenute divengono vincolanti. Se una delegazione intendebloccare il processo di adozione di un atto è tenuta ad opporsi formalmentenel corso della riunione del Dsb, per quanto ciò non sia sempre sufficiente.Infatti, il Dsb è obbligato ad adottare i panel report o le decisioni dell’Ab, ameno che non si verifichi un consenso generale per non procedere (“negati-ve consensus”).

La parte perdente è chiamata a conformarsi immediatamente o, in casociò non fosse possibile, entro un “ragionevole periodo di tempo” (11). Se, tra-scorso tale periodo, lo Stato membro non si è pienamente conformato aquanto richiesto si possono aprire apposite negoziazioni per trovare unasoluzione concordata circa un’adeguata compensazione. Non si tratta di verie propri pagamenti ma di concessioni - ad esempio una riduzione tariffaria -che siano equivalenti al danno subito e che, allo stesso tempo, siano coerenticon gli accordi internazionali (12). Se, entro 20 giorni dalla scadenza del“ragionevole periodo di tempo”, le parti non hanno concordato una compen-sazione soddisfacente, lo Stato membro danneggiato può chiedere al Dsb diautorizzare specifiche sanzioni commerciali. Si tratta di misure di ritorsione,che rappresentano la conseguenza più grave del mancato adeguamento allerichieste e che comportano la momentanea sospensione degli obblighi deri-vanti dagli accordi contemplati. Il livello delle sanzioni imposte deve corri-spondere al livello di danno subito dallo Stato membro in questione. Se leparti non riescono ad accordarsi su tale aspetto, può essere richiesto ad unarbitro di pronunciarsi al riguardo, con l’obbligo per le parti di accettare lasua decisione.

(11) Entro 30 giorni dalla data di adozione del panel report o dell’Ab report, la parte “perdente”informa il Dsb delle sue intenzioni relative alle modalità di attuazione delle decisioni. Il“ragionevole periodo di tempo” per l’implementazione del report può essere proposto dalloStato in questione ed approvato dal Dsb, oppure concordato tra le parti della controversiaentro 45 giorni dalla data di adozione della relazione o ancora stabilito tramite un arbitratovincolante entro 90 giorni dalla data di adozione del report.

(12) Proprio quest’ultima condizione rende difficile l’attuazione del meccanismo di compensa-zione, soprattutto per la presenza della “clausola della nazione più favorita”.

Capitolo 1

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4.1 Dieci anni di applicazione del sistema per la soluzione delle controversie: risultati e proposte di riforma

A poco più di dieci anni dall’entrata in vigore del nuovo sistema di risolu-zione delle controversie, le dispute per cui è stata presentata una richiestaufficiale di consultazioni al Dsb sono più di 330, cioè un numero superiore aquello di tutte le controversie verificatesi durante i 47 anni di esistenza delGatt. Tuttavia, se tale numero da un lato indica il successo del sistema per lasoluzione delle controversie nel Wto, dall’altro va contestualizzato, preci-sando che il Gatt coinvolgeva un minor numero di Stati membri e riguarda-va un numero inferiore di accordi commerciali. In ogni caso, l’utilità delsistema di risoluzione delle dispute e il suo generale apprezzamento sonodimostrati dai dati (box 1.6) (13).

Le richieste di consultazioni, molto incrementate durante i primi tre annidel nuovo meccanismo sino ad un picco di 50 richieste nel 1997, sono dimi-nuite nuovamente fino alle 20 richieste del 2004. Il numero di panel reportha seguito un andamento simile, per quanto i panel report adottati sianomolto meno rispetto alle richieste di consultazioni presentate, a dimostrazio-ne del fatto che il meccanismo delle consultazioni permette effettivamente,in molti casi, di raggiungere un accordo tra le parti senza dover passare allafase di aggiudicazione. Inoltre, è avvenuto che più richieste di consultazionisiano state accorpate in un unico panel, dando luogo quindi ad una sola rela-zione finale.

Per quanto riguarda le decisioni dell’organo d’appello, il loro massimonumero si è avuto nel 1999. Infatti, mentre ogni panel report circolato nel1996 e nel 1997 è stato sottoposto ad una procedura di appello, la percentua-le è sensibilmente diminuita dopo il 2000. Infine, il numero di controversiein materia di adeguamento alle decisioni del Dsb è molto basso, ma com-prende casi importanti come quello relativo al regime preferenziale d’impor-tazione delle banane nell’Unione Europea o quello concernente il divieto diimportare nell’Ue carni bovine trattate con ormoni (14).

(13) Al 30 giugno 2005 le dispute presentate all’organo di conciliazione erano 332. Si veda il do-cumento Wto Wt/Ds/Ov/24 del 15 giugno 2005 (Wto 2005b) e, per gli ultimi aggiornamen-ti, consultare il sito ufficiale (Wto 2005c).

(14) Per una disamina delle controversie citate si veda l’Appendice 4, che descrive le principalidispute in materia agricola.

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Box 1.6L’attività del sistema per la soluzione delle controversiedal 1° gennaio 1995 al 15 giugno 2005

Fase 1 - Le consultazioni

Richieste di consultazione 330

Fase 2 - Le pronunce del panel e dell’organo di appello (Ab)

Panel attivi 27

Panel report e Ab report adottati 89

Soluzioni di accordo reciproco raggiunte 46

Altre dispute inattive o decadute 28

Fase 3 - L’implementazione

Panel attivati per giudicare l’adeguatezza dei provvedimenti adottatidal paese tenuto a conformarsi alle decisioni 6

Panel report e Ab report adottati 12

Arbitrati sul livello delle misure sanzionatorie (articolo 21.5 del Dsu) 16

Autorizzazioni del Wto alla sospensione delle concessioni 15

Dal punto di vista dei soggetti coinvolti, i principali utilizzatori del siste-ma sono stati fino ad oggi gli Stati Uniti e l’Unione Europea (figura 1.1),che da soli hanno presentato quasi la metà di tutti i casi trattati negli ultimi10 anni. Tra i Pvs, Brasile e India risultano essere i più assidui utilizzatoridel sistema per la soluzione delle controversie. Tuttavia, in linea di massima,la presenza dei Pvs ha un peso bassissimo, e ciò rappresenta una grave lacu-na dell’attuale sistema di risoluzione delle dispute nel Wto.

Oltre all’esigua partecipazione dei Pvs, il problema centrale del sistemaper la soluzione delle controversie risiede nel marcato disequilibrio tra larelativa certezza delle decisioni giuridiche e il processo interminabile, e

Capitolo 1

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caratterizzato da continui compromessi, delle decisioni politiche prese inambito Wto (Ehlermann 2002; Zimmermann 2004).

Allo scopo di migliorare il sistema è stata predisposta una revisione delDsu già a partire dal 1997. E ancora prima, nel 1994, una Dichiarazioneministeriale invitava a rivedere i meccanismi di funzionamento del sistemaper la soluzione delle dispute entro la terza Conferenza ministeriale diSeattle (1999). In realtà, tale data non è stata rispettata e neanche le succes-sive scadenze del maggio 2003 e maggio 2004. Attualmente il mandato èstato rinnovato nell’ambito della Dda, ma senza una scadenza precisa, inquanto il negoziato non fa parte del single undertaking.

Sebbene le trattative non abbiano prodotto ancora un accordo, le discus-sioni hanno comunque messo in risalto posizioni interessanti e possibili

Figura 1.1Utilizzo del sistema per la soluzione delle controversie per Stati membri(numero di dispute per Stato membro)

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Parte chiamata in causa

Soggetto promotore della disputa

Fonte: Zimmermann 2005

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soluzioni a numerose questioni tecniche. Tra queste spicca la questione del-l’ammissibilità dei documenti presentati da soggetti del tutto estranei alladisputa. Tali documenti, solitamente definiti “amicus curiae”, sono spessoinviati da organizzazioni non governative, associazioni professionali, singolistudiosi e non sono mai citati nel Dsu. Secondo l’organo di appello, che haadottato un approccio molto pragmatico, il diritto di ricercare informazioni,sancito dal Dsu, permette al panel di accettare e considerare o, in caso, rifiu-tare, le informazioni e i suggerimenti, anche quando pervengano in unaforma inconsueta o non prevista. La questione, in effetti, è molto controver-sa e numerosi Stati membri (soprattutto fra quelli in via di sviluppo) ritengo-no che il Dsu non consenta di accettare i documenti amicus curiae, in quan-to si tratta di controversie tra Stati che non prevedono alcun ruolo per altrisoggetti.

Restano inoltre sul tavolo una serie di proposte, come quella dell’UnioneEuropea volta a trasformare il panel in organo permanente, analogamenteall’organo di appello (Ab); o quella di numerosi Pvs che mira a permetterel’introduzione di misure sanzionatorie a carattere collettivo (15). A questerichieste non è stata ancora data risposta per mancanza di consenso generale,e l’assenza di una precisa scadenza per il raggiungimento dell’accordo lasciapresagire che la situazione non si modificherà in tempi brevi.

(15) Tale proposta punta a risolvere il problema dello scarso peso che le sanzioni adottate dai Pvshanno nei confronti dei paesi sviluppati.