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CAPITOLO 4 L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA POLVERI SOTTILI (PM 10 ) PREMESSA In questo capitolo verrà descritta la situazione dell’inquinamento atmosferico nella provincia di Verona con particolare riguardo a due inquinanti: polveri sottili e biossido di azoto. La diffusione dell’inquinamento atmosferico legato alla presenza di polveri sottili o PM10 e le conseguenze sulla salute sono da parecchi anni oggetti di studio da parte della comunità scientifica e di dibattito da parte dei media e del pubblico in generale. Come verrà descritto nel seguito la presenza di polveri sottili in aria è dovuta all’immissione nell’atmosfera di diversi tipi di sostanze che in seguito a reazioni chimiche e a processi di coagulazione danno origine a quel mix di inquinanti che viene raggruppato sotto il nome di “PM10”. Oggetto di questo capitolo non saranno solo le polveri sottili ma anche il biossido di azoto, in quanto è uno dei principali costituenti della parte secondaria del PM10 ed è esso stesso un inquinante con effetti rilevanti sulla salute umana. Contribuisce, inoltre, alla formazione di ozono, ai processi di acidificazione ed eutrofizzazione: può quindi essere considerato un “tracciante” dell’inquinamento atmosferico. Numerosi studi hanno evidenziate le ricadute sulla salute umana legate alla presenza in aria di concentrazioni di inquinanti al di sopra dei limiti di legge: nell’ultima parte del capitolo verranno quindi introdotti alcuni indicatori di impatto che descrivono i possibili effetti sulla salute legati alla presenza di polveri sottili e biossido di azoto. LE POLVERI SOTTILI – PM 10 Con il termine PM10 si indica la frazione di particolato aereodisperso di diametro aerodinamico inferiore a 10 micrometri: si tratta della frazione di particelle che sono in grado di superare laringe e faringe, arrivando quindi nella parte toracica del sistema respiratorio umano. Il particolato atmosferico, rispetto agli altri inquinanti, è caratterizzato da una notevole complessità sia dal punto di vista della composizione chimica, sia dal punto di vista fisico. È costituito, infatti, da un insieme eterogeneo di particelle solide o liquide, di dimensioni variabili da pochi nanometri o 100 micrometri. La sua composizione chimica include solfati, nitrati, ione ammonio, cloruro di sodio, carbone amorfo, composti organici e diversi minerali. Sia la composizione chimica che la grandezza sono strettamente collegate alle sorgenti ed a loro volta queste caratteristiche determinano l’impatto del particolato sulla salute umana. Si distingue in una parte primaria, che deriva direttamente dall’emissione di diverse fonti antropogeniche e non, ed in una parte secondaria legata a reazioni chimiche e di coagulazione in atmosfera fra diversi costituenti. Il processo attraverso il quale si forma la parte secondaria del particolato viene chiamato “nucleazione”: con questo termine si indica la condensazione di molecole poco volatili in particelle solide o liquide. Dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico le componenti secondarie più importanti sono originate: 1. dal processo di ossidazione del biossido di zolfo in solfati, 2. dall’ossidazione degli ossidi di azoto in nitrati, 3. dalla neutralizzazione dell’ammoniaca in ione ammonio, 4. dall’ossidazione in atmosfera di composti organici volatili (per la massima parte idrocarburi) in composti organici secondari. Il comportamento delle particelle nell’atmosfera e all’interno del sistema respiratorio umano è in gran parte determinato dalle loro proprietà fisiche e dalla loro grandezza.

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CAPITOLO 4 L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA POLVERI SOTTILI (PM10) PREMESSA In questo capitolo verrà descritta la situazione dell’inquinamento atmosferico nella provincia di Verona con particolare riguardo a due inquinanti: polveri sottili e biossido di azoto. La diffusione dell’inquinamento atmosferico legato alla presenza di polveri sottili o PM10 e le conseguenze sulla salute sono da parecchi anni oggetti di studio da parte della comunità scientifica e di dibattito da parte dei media e del pubblico in generale. Come verrà descritto nel seguito la presenza di polveri sottili in aria è dovuta all’immissione nell’atmosfera di diversi tipi di sostanze che in seguito a reazioni chimiche e a processi di coagulazione danno origine a quel mix di inquinanti che viene raggruppato sotto il nome di “PM10”. Oggetto di questo capitolo non saranno solo le polveri sottili ma anche il biossido di azoto, in quanto è uno dei principali costituenti della parte secondaria del PM10 ed è esso stesso un inquinante con effetti rilevanti sulla salute umana. Contribuisce, inoltre, alla formazione di ozono, ai processi di acidificazione ed eutrofizzazione: può quindi essere considerato un “tracciante” dell’inquinamento atmosferico. Numerosi studi hanno evidenziate le ricadute sulla salute umana legate alla presenza in aria di concentrazioni di inquinanti al di sopra dei limiti di legge: nell’ultima parte del capitolo verranno quindi introdotti alcuni indicatori di impatto che descrivono i possibili effetti sulla salute legati alla presenza di polveri sottili e biossido di azoto. LE POLVERI SOTTILI – PM10 Con il termine PM10 si indica la frazione di particolato aereodisperso di diametro aerodinamico inferiore a 10 micrometri: si tratta della frazione di particelle che sono in grado di superare laringe e faringe, arrivando quindi nella parte toracica del sistema respiratorio umano. Il particolato atmosferico, rispetto agli altri inquinanti, è caratterizzato da una notevole complessità sia dal punto di vista della composizione chimica, sia dal punto di vista fisico. È costituito, infatti, da un insieme eterogeneo di particelle solide o liquide, di dimensioni variabili da pochi nanometri o 100 micrometri. La sua composizione chimica include solfati, nitrati, ione ammonio, cloruro di sodio, carbone amorfo, composti organici e diversi minerali. Sia la composizione chimica che la grandezza sono strettamente collegate alle sorgenti ed a loro volta queste caratteristiche determinano l’impatto del particolato sulla salute umana. Si distingue in una parte primaria, che deriva direttamente dall’emissione di diverse fonti antropogeniche e non, ed in una parte secondaria legata a reazioni chimiche e di coagulazione in atmosfera fra diversi costituenti. Il processo attraverso il quale si forma la parte secondaria del particolato viene chiamato “nucleazione”: con questo termine si indica la condensazione di molecole poco volatili in particelle solide o liquide. Dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico le componenti secondarie più importanti sono originate:

1. dal processo di ossidazione del biossido di zolfo in solfati, 2. dall’ossidazione degli ossidi di azoto in nitrati, 3. dalla neutralizzazione dell’ammoniaca in ione ammonio, 4. dall’ossidazione in atmosfera di composti organici volatili (per la massima

parte idrocarburi) in composti organici secondari. Il comportamento delle particelle nell’atmosfera e all’interno del sistema respiratorio umano è in gran parte determinato dalle loro proprietà fisiche e dalla loro grandezza.

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Nella figura 1 è riportata schematicamente la distribuzione in grandezza del particolato aerodisperso: la grandezza delle particelle va da pochi nanometri di diametro a 100 µm, la stessa grandezza media di un capello umano. Particelle così grosse sedimentano in fretta e non possono essere inalate: in genere vengono fermate all’altezza del naso e della bocca. Le particelle più significative dal punto di vista dell’impatto sulla salute sono, appunto, quelle di diametro pari o inferiore a 10 µm, che possono penetrare in profondità nell’albero respiratorio.

Figura 4-1: diagramma che sintetizza le modalità di formazione e la distribuzione in grandezza del particolato aereodisperso.

Le particelle più piccole, di dimensioni inferiori a 50 nanometri, si formano per processi di nucleazione in atmosfera o vengono prodotte direttamente da processi di combustione come quelli che avvengono all’interno delle caldaie degli impianti termici domestici ed industriali e dei motori a combustione. Queste particelle hanno una vita media breve poiché si trasformano facilmente in particelle più grandi e si depositano sulle superfici grazie alla loro natura altamente diffusiva. Le particelle di dimensioni da 50 nanometri a 1 micrometro vengono generate da processi di condensazione di vapore e di coagulazione di particelle più piccole. Le loro dimensioni inibiscono una loro ulteriore crescita perché non coagulano rapidamente come le particelle più fini, ed inoltre, barriere diffusive si oppongono alla loro crescita per condensazione. Inoltre, sono troppo leggere per depositarsi velocemente sotto l’effetto della forza di gravità e quindi la loro vita media in atmosfera è lunga, può variare da 7 a 30 giorni. Le particelle più grosse, di diametro superiore ad 1 µm sono tipicamente generate da processi meccanici quali l’erosione del terreno operata dal vento, l’aerosol marino, attività industriali che prevodono macinazione, scavi. La concentrazione di polveri sottili in aria è determinata da un insieme molto complesso di fattori: le caratteristiche fisico – chimiche del particolato già descritte, l’orografia del terreno e le condizioni meteorologiche. Per questo motivo negli ultimi anni, ARPAV, oltre a condurre il monitoraggio della qualità dell’aria tramite centraline

Polvere trasportata dal vento

Spray marino

Particelle vulcaniche

Particelle fini

Condensazione di

vapori caldi via chimica per composti

a bassa volatilità Generazione meccanica

dilavamento

Crescita per coagulazione

Nuclei transienti accumulazione

Part. grossolane

Diametro (µm)

nucleazione omogenea

Particelle primarie

Crescita per

condensazione

sedimentazione

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fisse, che costituisce uno dei compiti istituzionali dell’Agenzia, ha intrapreso delle indagini mirate con lo scopo di approfondire la conoscenza di questo fenomeno. Nel seguito verranno riportati in sintesi i risultati dell’attività di ARPAV, in particolare del Dipartimento di Verona, nel campo dell’inquinamento atmosferico ad polveri sottili. Attualmente sono in funzione due postazioni fisse di misura della concentrazione di PM10: a Verona – Corso Milano e a Verona Cason. La prima è una stazione di “traffico” nella quale si effettua il monitoraggio dell’inquinamento atmosferico che caratterizza situazioni urbane a elevata densità abitativa, presso strade con flussi elevati di veicoli. La seconda si trova in una zona suburbana ed è quindi una stazione in cui viene misurata la concentrazione degli inquinanti che caratterizza il fondo urbano. Nel seguito verranno riportati l’andamento stagionale delle concentrazioni di PM10 e di NO2 presso le due stazioni fisse di rilevamento. Il biossido di azoto è infatti un importante indicatore della stato di salute dell’aria che respiriamo. Si tratta di un gas inodore che deriva dalla reazione in aria fra ossidi di azoto e ossigeno, è un importante precursore del PM10 secondario, è coinvolto nella produzione di ozono e nella formazione di piogge acide. A partire da novembre 2003 il dipartimento ARPAV di Verona ha iniziato a condurre delle campagne di misura della qualità dell’aria in diversi comuni della Provincia di Verona. Tali campagne prevedono un monitoraggio della durata di 3-4 settimane nel periodo invernale ed un monitoraggio della stessa durata nel periodo estivo. Lo scopo principale è caratterizzare la distribuzione della concentrazione degli inquinanti, con particolare riguardo alle polveri sottili, sul territorio provinciale. I siti di monitoraggio sono stati individuati in modo da caratterizzare il più possibile l’esposizione della popolazione. Sono stati quindi esclusi siti cosiddetti “hot spot”, ovvero in prossimità di strade ad alto flusso di traffico o di incroci, nei pressi di insediamenti industriali. Sono stati preferiti siti in zone residenziali o in prossimità del centro abitato in zone dove si prevede una futura espansione edilizia.

Figura 4-2: campionatore di PM2.5 presso la centralina di Corso Milano (VR), a sx il filtro in posizione di misura, a dx il campionatore completo di testa di prelievo

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SCHEDA 4. 1: ANDAMENTO STAGIONALE DEL PM10 Tipologia di informazione: indicatore di stato Disponibilità di dati: ottima Premessa L’andamento mensile della concentrazione di PM10 risente della variazioni stagionale dei principali parametri meteorologici, in particolare dell’altezza dello strato di rimescolamento, ovvero dell’altezza della porzione di atmosfera più direttamente a contatto con il suolo, in cui avviene la dispersione degli inquinanti.

Rappresentazione grafica Nel grafico sono riportati i valori medi mensili delle concentrazioni di PM10 rilevati presso le stazioni di Verona - Corso Milano e Verona – Cason, con frequenza giornaliera. Nell’istogramma è riportata anche la deviazione standard mensile media.

0.0

20.0

40.0

60.0

80.0

100.0

120.0

140.0

160.0

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

PM

10 (

µµ µµg

/mc)

0.0

20.0

40.0

60.0

80.0

100.0

120.0

140.0

160.0

Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic

PM

10 (

ug

/mc)

Commento La concentrazione di PM10 ha un andamento stagionale con valori più bassi registrati nei mesi estivi di luglio e agosto, mentre concentrazioni più alte si hanno in gennaio, febbraio e marzo; singolare come questo ultimo mese presenti valori medi superiori a dicembre. La deviazione standard nei mesi invernali è maggiore rispetto a quelli estivi a seguito della forte escursione invernale nelle concentrazioni medie giornaliere.

Corso Milano

Cason

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SCHEDA 4. 2: ANDAMENTO STAGIONALE DEL NO2 Tipologia di informazione: indicatore di stato Disponibilità di dati: ottima Premessa La misura della concentrazione in aria del biossido di azoto è un importante indicatore del livello di inquinamento atmosferico. Gli ossidi di azoto sono coinvolti nel processo di formazione dell’ozono, nei processi di eutrofizzazione e acidificazione. Inoltre, cosituiscono uno dei principali precursori del PM10. La stazione di Cason misura i valori di concentrazione caratteristici del fondo urbano, i valori rilevati presso la stazione di Corso Milano risentono della presenza di fonti emissive tipicamente urbane quali il traffico veicolare e, durante i mesi invernali, il riscaldamento.

Rappresentazione grafica Nel grafico sono riportati i valori medi mensili delle concentrazioni di biossido di azoto rilevati, con frequenza oraria, presso le stazioni di Verona - Corso Milano e Verona – Cason nel periodo 2002-2005. Nell’istogramma è riportata anche la deviazione standard mensile media.

0.0

10.0

20.0

30.0

40.0

50.0

60.0

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80.0

90.0

Gen

naio

Feb

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Otto

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Nov

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e

Dic

embr

e

µg/m

3

C.so Milano Cason

Commento L’andamento mensile della concentrazione di biossido di azoto risente della variazioni stagionale dei principali parametri meteorologici. I mesi invernali sono caratterizzati da una minore capacità dispersiva dell’atmosfera e sono quindi quelli in cui è maggiore la concentrazione di biossido di azoto. Inoltre, nel periodo invernale aumentano le fonti di emissione di questo inquinante la cui origine è legata ai processi di combustione di combustibili fossili. La presenza del traffico veicolare fa sì che i valori registrati presso la stazione di Corso Milano siano elevati anche nel periodo estivo. I valori registrati presso la stazione di Cason rappresentano il contributo legato alle sorgenti esterne all’ambito urbano: le concentrazioni variano da un minimo di 20 µg/m3 in agosto, in cui l’attività produttiva ed il traffico veicolare sono ridotti, ad un massimo di 51 µg/m3 in gennaio.

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SCHEDA 4. 3: DISTRIBUZIONE SPAZIALE DEL PM10 Tipologia di informazione: indicatore di stato Disponibilità di dati: buona Premessa I dati di concentrazione di PM10 sono stati elaborati e confrontati con quelli rilevati nello stesso periodo presso le stazioni fisse della rete di monitoraggio. Dall’analisi statistica è stata ricavata la media annuale e il 90° percentile. Su base annua il 90% dei dati corrisponde a 330 giorni. Il DM 60/02 prevede che il limite per la protezione della salute dagli effetti acuti, pari a 50 µg/m3, non debba essere superato per più di 35 giorni l’anno, che corrisponde al 10% delle misure di concentrazione giornaliere di PM10. Se il 90° percentile è superiore a 50 µg/m3, questo comporta che per più di 35 giorni in un anno venga superato il limite per la protezione della salute dagli effetti acuti. Rappresentazione grafica Per ogni comune in cui è stata condotta la campagna di monitoraggio viene riportato il valore della media annuale e del 90° percentile, ottenuti dall’analisi statistica. Nel caso dei comuni di Verona, Boscochiesanuova e Sant’Anna d’Alfaedo sono riportati i valori ottenuti direttamente dai dati di misura.

Commento: Le zone grigie individuano le aree di concentrazione omogenea del PM10. Nella zona di pianura a Sud della città e nei comuni della cintura di Verona le concentrazioni di PM10 superano i limiti previsti dal DM 60/02. Anche le zone di fondovalle, (si veda ad. es. la Val d’Alpone) sono a rischio di superamento per il PM10. Solo i comuni della montagna veronese mostrano concentrazioni inferiori ai limiti.

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LA CARATTERIZZAZIONE CHIMICA DEL PARTICOLATO AERODISPERSO Dal punto di vista chimico i principali componenti delle polveri sottili sono costituiti da:

1. solfati originati principalmente dall’ossidazione in atmosfera del biossido di zolfo. In piccola parte vi può essere una componente primaria legata a minerali come il gesso;

2. nitrati, presenti normalmente come nitrato di ammonio prodotto dalla neutralizzazione di acido nitrico con lo ione ammonio o come nitrato di sodio derivante dalla reazione fra cloruro di sodio e acido nitrico con formazione di acido cloridrico.

3. ione ammonio normalmente sotto forma di nitrato di ammonio o solfato di ammonio.

4. cloro e sodio principalmente di origine marina. 5. carbone elementare, derivante dalla combustione di combustibili fossili o

biomasse 6. composti organici di origine primaria da fonti industriali e da traffico, di origine

secondaria dovuta all’ossidazione di composti organici volatili 7. componenti minerali, legati alla composizione della crosta terrestre in cui sono

presenti magnesio, silicati, calcio, alluminio, ferro. 8. acqua, infatti gli elementi solubili in acqua come il nitrato ed il solfato di

ammonio, il cloruro di sodio trattengono l’acqua presente nell’atmosfera. I normali processi di misura prevedono che il deposito di polvere su filtro rimanga in un ambiente con umidità relativa pari al 40% - 50% prima della misura. Nonostante questo una parte dell’acqua trattenuta dalle particelle di polvere rimane e costituisce una delle componenti delle polveri.

Fra i componenti minori delle polveri vi sono metalli in traccia come piombo, cadmio, nickel, mercurio, zinco, manganese etc. di origine industriale e composti organici come gli idrocarburi policiclici aromatici. Questi ultimi formano una vasta famiglia di composti alcuni dei quali molto volatili. Sono costituiti da due o più anelli aromatici condensati e derivano dalla combustione incompleta di numerose sostanze organiche. In una determinata area urbana, industriale o rurale si può caratterizzare la composizione chimica del particolato misurando la concentrazione degli anioni e cationi inorganici solubili in acqua con l’utilizzo della cromatografia ionica. Il Dipartimento ARPAV di Verona ha effettuato questa analisi sui filtri in fibra di vetro campionati in diverse località della provincia: per favorire il passaggio in soluzione dei diversi ioni da determinare, i filtri sono stati immersi in acqua ultrapura, sono stati quindi esposti agli ultrasuoni. L’estratto è stato poi filtrato e analizzato con cromatografo ionico. In tal modo è possibile rivelare la presenza di numerose specie ioniche che non esauriscono comunque la complessa composizione del PM10. In particolare tramite tale analisi non è possibile rivelare in quale forma molecolare si presentino le diverse sostanze, né individuare tutti i composti organici. Nei grafici seguenti una parte della massa del PM10 viene classificata come ND (non determinata): sotto questa dicitura si raggruppano tutte le specie chimiche che l’analisi ionica non è riuscita a rivelare. Sono stati analizzati i filtri delle stazione automatiche fisse di Verona Cason (stazione di background urbano), Verona Corso Milano (stazione di traffico urbano), nonché quelli di campagne di misura condotte con il mezzo mobile in numerose località della provincia (Pescantina, Sona, Nogara, Sanguinetto, Domegliara, San Pietro di Morubio, Bussolengo). Ciò ha consentito di effettuare il confronto sia tra le analisi delle due stazioni fisse per individuarne le caratteristiche, sia il confronto tra quelle fisse e quelle del mezzo mobile per evidenziare l’influenza di particolari sorgenti locali (lavorazione marmi, concerie ecc).

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SCHEDA 4. 4: CARATTERIZZAZIONE CHIMICA DEL PM 10 A VERONA Tipologia di informazione: indicatore di stato Disponibilità di dati: buona Premessa: E’ stata effettuata da aprile 2005 fino a gennaio 2006 la caratterizzazione ionica sul particolato raccolto su filtri di cellulosa presso le stazioni di background urbano di Verona-Cason e di traffico urbano di Verona-Corso Milano. Le specie ioniche analizzate sono state: sodio, potassio, calcio, magnesio, ammonio, cloruri, solfati, nitrati

Rappresentazione grafica Grafico a torta dei contributi percentuali in massa delle specie ioniche analizzate. La parte indicata con ND (non determinato) comprende la frazione carboniosa costituita da carbonio elementare e carbonio organico nonché elementi di origine crostale a base di silicio.

Analisi ionica del PM10 a Cason nel 2005

ND59%

NH4+8%

Cl0% SO4

10%

NO320%

Mg0%

Ca2%

K0%

Na1%

ND70%

Ca2%K

0%Na1%

NO314%

SO48%

Cl0%

NH4+5%

Mg0%

Analisi ionica del PM10 a C.so Milano nel 2005

Commento In entrambe le stazioni le specie chimiche maggiormente presenti sono costituite da nitrati, solfati e ione ammonio. A Cason risultano più elevate le percentuali dei nitrati (20%) e dello ione ammonio (8%), questo è compatibile con la localizzazione “rurale” della centralina. A Corso Milano la parte ND, costituita in gran parte da composti organici e carbonio elementare, è presente in percentuale più elevata rispetto a Cason: ciò può essere correlato alla presenza di un flusso consistente di traffico veicolare.

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SCHEDA 4.5: CARATTERIZZAZIONE CHIMICA DEL PM10 IN PROVINCIA Tipologia di informazione: indicatore di stato Disponibilità di dati: buona Premessa I filtri di prelievo delle poveri sottili prelevati durante le campagne di monitoraggio condotte in diverse località della provincia veronese sono stati sottoposti ad analisi ionica. Come esempio dei risultati ottenuti sono posti a confronto i dati relativi alla stazione fissa di Cason e ai comuni di Pescantina e Domegliara caratterizzati da una presenza significativa di attività di cava e lavorazione del marmo. Rappresentazione grafica Grafico a torta dei contributi percentuali in massa delle specie ioniche analizzate. La parte indicata con ND (non determinato) comprende la frazione carboniosa costituita da carbonio elementare e carbonio organico nonché elementi di origine crostale a base di silicio.

25 maggio - 8 giugno 2005

ND42%

NO317%

SO418%

<1%

Ca8%

K2%

Na10%

Cl1%

NH4+2%

PESCANTINA

25 maggio - 8 giugno 2005

NO323%

SO411%

ND54%

Na2%

Ca2%

Mg0% <1% Cl

NH4+8%

K0%C

ASON

Dal 5 novembre al 7 novembre 2005

ND82%

Cl0%

NH4+0%

SO46%

Na0%

K0%

Ca9%

Mg0%

NO33%

DOMEGLIARA

Dal 5 novembre al 7 novembre 2005

ND71%

NO38%

SO414%

Na0%

K0%

NH4+7%

Cl0%

Mg0%

Ca0%

CASON

Commento I valori di concentrazione delle polveri sottili nei periodi analizzati non differiscono significativamente fra il sito di monitoraggio e la stazione fissa di Verona Cason. Varia in modo significativo la presenza percentuale di alcune specie ioniche. In particolare in ambedue le località (Pescantina e Domegliara) è presente in percentuale superiore a Cason il calcio legato probabilmente all’attività di lavorazione dei marmi. Altre differenze si notano nelle concentrazioni relative di sodio, solfati, nitrati e ione ammonio.

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APPROFONDIMENTO 4.1: EPISODI ACUTI DI CONCENTRAZIONE IONICA E SITUAZIONE METEO L’analisi delle varie specie ioniche effettuata nel corso del 2005 sul PM10 misurato giornalmente presso le centraline di Verona Corso Milano e Cason ha evidenziato in alcuni giorni la presenza di ioni in concentrazioni più significative rispetto alla media. E’ stata allora analizzata la situazione meteorologica a scala sinottica sia come configurazione barica dei centri d’azione dominanti, sia come campo anemologico, correlando situazioni meteorologiche ricorrenti con la presenza percentuale massima di alcune specie ioniche.

Nella seguente tabella sono riportate, in corrispondenza dei massimi relativi di concentrazione di diverse specie ioniche, sia la situazione meteorologica sintetica, sia il tipo di flusso di vento a scala sinottica (100-1000 km). I diversi colori raggruppano masse d’aria e tipi di vento tra loro simili.

Tabella 1: correlazione fra massimi relativi di concentrazione di alcuni elementi e situazione meteorologica

La situazione meteorologica connessa al monitoraggio di valori percentualmente elevati di ioni Na, Cl, Ca, Mg è stata caratterizzata prevalentemente da componenti avvettive dovute a flussi sciroccali compresi tra sud-est ed est. La presenza di ioni calcio può essere legata alla risalita dai quadranti meridionali di sabbia e pulviscolo sahariano. Le masse d’aria che attraversano l’Adriatico si arricchiscono di aerosol marino spiegando così la maggiore presenza di ioni Na e Cl in caso di componenti avvettive da est e sud-est. La presenza di calme di vento è invece associata a picchi di potassio, ione ammonio e nitrati; in tali casi non essendoci quindi una componente avvettiva su larga scala, si ritiene che i valori elevati di tali specie chimiche possano essere legati a sorgenti emissive di origine locale.

Ioni con massimi di

concentrazione Situazione meteorologica Tipo di vento

Na Anticiclone su medio-atlantico Est - Sud Est

Depressioni Mediterraneo / Nord-Europa Scirocco

Ca Anticiclone in Atlantico Est

Depressione in Italia Scirocco orografico

Mg Depressioni Europa centrale Est - Sud Est

Europa orientale / Italia centrale Scirocco

Cl Anticiclone Europa centrale Sud Est

Depressione Golfo ligure Scirocco

SO4 Depressione Europa settentrionale/centrale Sud-Ovest

Anticiclone Italia / Europa orientale Libeccio

K Depressione nord Europa / Italia centrale NH4+ Anticiclone Mediterraneo meridionale/blocco NO3 Nessuna figura barica primaria sull'Italia/blocco

Calma di vento

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APPROFONDIMENTO 4.2: GI IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI NEL PARTICOLATO ATMOSFERICO Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono costituenti ubiquitari del particolato atmosferico. Sono prodotti dalla combustione incompleta e dalla pirolisi dei combustibili fossili e di altri materiali organici di origine naturale o antropogenica. Nell’aria urbana e industriale sono generalmente di origine antropogenica. L’abbondanza dei singoli IPA dipende oltre che da sorgenti locali anche dalle condizioni meteorologiche. I veicoli a motore, l’industria e gli impianti industriali sono sospettati essere i maggiori fattori dell’inquinamento regionale da IPA. Numerosi studi hanno dimostrato che gli IPA nel materiale particolato sospeso delle aree urbanizzate derivano principalmente dagli scarichi dei veicoli. Il Dipartimento Provinciale di Verona ha iniziato uno studio sperimentale sulla speciazione degli idrocarburi policiclici aromatici nel particolato. fine. Sono stati presi in considerazione diversi siti, uno relativo alla città di Verona presso la stazione di rilevamento di Corso Milano e altri in diversi comuni della Provincia. Lo scopo è quello di caratterizzare l’area urbana ad elevato volume di traffico (circa 15.000 veicoli al giorno) e le zone residenziali dei comuni della provincia. Sono stati confrontati sia i valori medi nel PM10 degli IPA totali che quelli dei singoli componenti nel periodo estivo e invernale. Come inverno si considera il periodo novembre-febbraio mentre l’estate va da giugno ad agosto. La distribuzione stagionale degli IPA è controllata da una combinazione di fattori di emissione, condizioni di dispersione e meccanismi chimici. Questo bilancio dipende dalla importanza relativa dei processi di degradazione e delle fonti di emissione. In generale si ha una maggiore concentrazione di IPA in inverno rispetto l’estate con un rapporto di concentrazione degli IPA totali inverno/estate pari a 10. Vi è anche un’influenza notevole legata alla variazione dei principali parametri meteorologici: in questo primo studio non è stata approfondita la correlazione tra livelli di IPA ed eventi meteorologici rilevanti. La concentrazione di alcuni composti marker e il loro rapporti possono dare alcune informazioni circa l’impatto di differenti fonti di alcuni inquinati atmosferici. Studi dimostrano che campioni raccolti in tunnel sono arricchiti in benzo[g,h,i]perilene e coronene caratteristici delle vetture a benzina mentre gli scarichi dei diesel sono ricchi di fluorantene, crisene, e pirene. Altri studi stabiliscono che antracene (ANT), fenantrene (PHE), fluorantene (FLT) e pirene (PYR) sono caratteristici della combustione della legna mentre antracene, fenantrene, fluorantene, pirene e benzo [a]antracene e crisene sono caratteristici della combustione del carbone. Il rapporto INP/BGP (benzo[ghi]perilene+INP (indeno [1,2,3-cd]pirene) è 0.18 per le emissioni di combustione della benzina e > 0.3 per quelle del diesel.

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SCHEDA 4.6: IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI (IPA) NEL PARTICOLATO NELL’AREA URBANA DI VERONA Tipologia di informazione: indicatore di stato Disponibilità di dati: buona Premessa Nel periodo marzo 2005-luglio 2006 è stata analizzata la composizione di idrocarburi policiclici aromatici nel articolato fine (PM10) prelevato presso la stazione di rilevamento di Corso Milano a Verona. I componenti analizzati sono: PI (pirene), BaA (benzoantracene), CR (crisene), BbFA (benzo(b)fluorantene), BkFA(benzo(k)fluorantene), BaP (benzo(a)pirene), DbahA (dibenzo(ah)antracene), BghiP (benzo(ghi)perilene), IcdP (indeno(cd)pirene), DbaePI (dibenzo(ae)pirene). Rappresentazione grafica Composizione percentuale degli idrocarburi policlici aromatici rilevati sul particolato fine campionato presso la stazione di rilevamento di Corso Milano a Verona. Nellas tabella sono riportati i valori di concentrazione di diversi IPA rilevati nel periodo estivo e nel periodo invernale in ng/m3.

IPA (estate)

PYR16%

BAA8%

CHR10%

BBF14%

BKF6%

BAP8%

DBA9%

BGP13%

INP11%

DBP5%

IPA (inverno)

PYR15%

BAA13%

CHR13%BBF

13%

BKF6%

BAP12%

DBA3%

BGP11%

INP10%

DBP4%

PI BaA CR BbFa BkFa BaP DbahA BghiP IcdP DbaeP IcdP/

(IcdP+BghiP) BaP/

(BaP+CR) IPA TOT

INVERNO

2.0 1.8 1.8 1.8 0.8 1.6 0.5 1.5 1.3 0.5 0.5 0.5 13.7

ESTATE

0.2 0.1 0.1 0.2 0.1 0.1 0.1 0.2 0.2 0.1 0.4 0.4 1.4 Commento La presenza di IPA nel articolato è fortemente influenzata dai parametri meteorologici: in inverno la concentrazione di IPA totali è circa 10 volte superiore a quella rilevata nel periodo estivo. In quest’ultimo periodo molti parametri risultano al di sotto della soglia di rilevazione. Il rapporto fra la concentrazione di indeno(cd)pirene e di indeno(cd)pirene+ benzo(ghi)terilene, nel periodo invernale, è superiore a 0.3 indicando così una probabile prevalenza delle emissioni diesel su quelle a benzina come contributo determinante nella composizione degli idrocarburi nel particolato.

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SCHEDA 4.7: IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI (IPA) NEL PARTICOLATO IN PROVINCIA DI VERONA Tipologia di informazione: indicatore di stato Disponibilità di dati: buona Premessa Nel corso dell’anno 2005 sono state condotte numerose campagne di misura in diverse località della Provincia. Oltre ai parametri tradizionali sono state rilevate le concentrazioni di polveri sottili ed è stata determinata la concentrazione dei principali idrocarburi policlici aromatici. Rappresentazione grafica Nella tabella sottostante sono riportati i risultati delle analisi di idrocarburi policlici aromatici su filtri di polveri sottili campionati nel periodo invernale in ng/m3 . Località PI BaA CR BbFa BkFa BaP DbahA BghiP IcdP DbaeP IPA

TOT IcdP/

(IcdP+BghiP) BaP/

(BaP+CR) Castel d'Azzano 0.80 1.40 1.75 1.95 0.78 1.73 0.33 1.47 1.67 0.60 12.48 0.53 0.50

DOMEGLIARA 2.85 3.17 3.67 4.15 1.69 3.45 0.71 2.92 3.25 1.67 27.53 0.53 0.49 MOZZECANE 1.37 3.01 3.37 4.87 1.66 3.39 0.59 2.89 2.91 1.64 25.70 0.50 0.50

NOGARA 0.97 3.63 4.09 5.92 2.24 4.16 0.75 3.74 3.96 2.10 31.56 0.51 0.50

RONCANOVA 0.78 2.93 3.30 4.85 1.70 3.33 0.60 2.78 3.38 1.75 25.38 0.55 0.50

S.Giovanni Lup. 1.69 2.13 3.28 3.31 1.46 3.05 0.63 3.45 2.95 1.13 23.06 0.46 0.48

S.Pietro di Morubio

1.30 1.43 1.73 2.08 0.99 2.14 0.51 1.98 1.79 0.84 14.76 0.48 0.55

S.Pietro Morubio Bonavicina

0.68 1.31 1.65 2.28 1.06 2.30 0.35 1.71 2.29 0.69 14.31 0.57 0.58

SANGUINETTO 0.65 1.72 1.85 3.24 1.33 2.58 0.59 3.08 2.88 1.42 19.35 0.48 0.58

SANT'ANNA D.F. 0.65 0.67 0.94 1.35 0.57 1.02 0.23 1.16 1.21 0.58 8.38 0.51 0.52

Sommacampagna 0.57 1.74 1.55 2.69 1.00 1.54 0.34 1.58 1.99 0.94 13.93 0.56 0.50

Verona, via Marin Faliero

0.71 2.17 3.24 2.77 1.27 2.50 0.36 2.00 2.66 0.70 18.39 0.57 0.44

media 1.3 2.1 2.5 3.2 1.3 2.5 0.5 2.3 2.5 1.2 19.4 0.5 0.5 Commento I valori di IPA totali nel periodo invernale variano da un minimo di 8 ng/m3 ( Sant’Anna d’Alfaedo) ad un massimo di 32 ng/m3 (Nogara). I valori più bassi si registrano in località “remote” della provincia situate ad una certa altitudine, in cui anche i valori di concentrazione di polveri sottili sono decisamente inferiori a quelli rilevati in pianura. Nelle località della cintura urbana di Verona e nelle località di pianura le concentrazioni rilevate sono confrontabili con quelle rilevate presso la stazione di Verona - Corso Milano. Anche in provincia il rapporto fra la concentrazione di indeno(cd)pirene e di indeno(cd)pirene+ benzo(ghi)terilene, nel periodo invernale, è superiore a 0.3 indicando così una probabile prevalenza delle emissioni diesel su quelle a benzina come contributo determinante nella composizione degli idrocarburi nel particolato.

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APPROFONDIMENTO 4.3: STIMA DELLA COMPONENTE SECONDARIA DEL PM10 Il PM10 presente in atmosfera può essere diviso in due categorie principali in funzione della sua origine. La frazione prodotta direttamente dai processi di combustione (motori a combustione, impianti di riscaldamento, industriali etc.) e di usura meccanica (dei freni degli pneumatici e del manto stradale, ma anche da attività di cava e di lavorazione industriale) viene detta primario e costituisce in realtà solo una piccola parte del totale. Attraverso una serie di processi chimico-fisici altri inquinanti presenti nell’aria (precursori) possono condensare ed aggregarsi a formare quello che viene chiamato PM10 secondario e che costituisce il contributo principale alla concentrazione. La nucleazione passa principalmente per l’ossidazione in atmosfera di ossidi di azoto e di zolfo e per la reazione di questi con lo ione ammonio (un contributo minore è dato dall’ossidazione di composti organici) fino a formare un particolato molto fine (diametro inferiore a 0.05 µm) che successivamente aumenta in poche ore a causa di fenomeni di condensazione fino a diametri di circa 1 µm. La frazione di particolato con diametro inferiore a 1 µm (primario e secondario) è quella che rimane nell’aria più a lungo e costituisce più di metà del PM10. Un tentativo di stima della frazione di secondario si può tentare attraverso una formula empirica proposta da De Leeuw1 ottenuta mettendo in relazione la concentrazione osservata di PM10 con quelle di tre inquinanti che prendono parte nella formazione del secondario: ossidi di azoto, ossidi di zolfo e ammoniaca. A questi inquinanti viene attribuito un coefficiente che può essere interpretato (anche se manca un nesso causale in senso stretto e si tratta di una valutazione statistica) come la quantità di PM10 secondario prodotto per quantità di inquinante immessa in atmosfera. Naturalmente il risultato di questa formula presenta un certo margine d’errore poiché descrive un comportamento medio, che non tiene conto delle particolari condizioni meteorologiche di una zona né del fatto che tipicamente i tre inquinanti utilizzati non vengono prodotti nelle stesse zone: mentre ad esempio gli ossidi d’azoto sono un prodotto della combustione e vengono principalmente emessi nelle zone molto trafficate e nei centri urbani (riscaldamento domestico e commerciale), l’ammoniaca viene prodotta principalmente nelle zone agricole (allevamenti). In questa formula, inoltre, non viene considerato il contributo alla formazione del secondario dato dagli altri inquinanti organici (principalmente dagli idrocarburi policiclici aromatici). In dettaglio: PM10tot = PM10primario + 0.88 * NOx + 0.54 * SO2 + 0.64 * NH3 Sulla scorta di questa formula e basandosi sulle emissioni nel territorio della provincia dei quattro inquinanti di cui sopra fornite nell’inventario delle emissioni [vedi approfondimento n. 4.4] e riportate in Tabella 4-2, si può fornire una stima del PM10 secondario, che risulta rappresentare oltre il 90% del totale (figura 4.3). Nella figura 4.4 è riportato graficamente il contributo delle emissioni di ammoniaca, ossidi di zolfo e di azoto alla formazione del articolato secondario, per ogni comune della provincia.

1 De Leeuw Environmental science and policy 5 pp135-145 (2002)

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Tabella 4-2: emissioni annuali totali della provincia di Verona in tonnellate

PM10 SOx NOx NH3 Stima del PM10 secondario 2573 1715 18463 16952 28023

Figura 4-3: contributo percentuale al PM10 totale delle principali specie inquinanti emesse in provincia di Verona (anno di riferimento 2000 – elaborazione Dipartimento di Verona)

PM10 primario8%

secondario da SOx3%

secondario da NOx54%

Secondario da NH335%

Figura 4-4: contributo percentuale alla formazione del PM10 totale dovuto alle emissioni annuali di PM10 primario, ossidi di zolfo, di azoto e di ammoniaca nei diversi comune della provincia di Verona (anno di riferimento 2000 elaborazione Dipartimento di Verona)

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LA COMPONENTE NATURALE DELLE POLVERI SOTTILI Fra i componenti naturali delle polvere sottili, polveri e spore fungine costituiscono un particolare sottoinsieme per le implicazione sulla salute umana, a cui viene dedicato uno specifico approfondimento. I malati allergici sono giunti ormai al 20% della popolazione e sono in continuo aumento. Il polline contiene delle sostanze, dette antigeni, che stimolano il sistema immunitario a produrre particolari anticorpi: le immunoglobuline della classe E(IgE). L’incontro tra antigeni pollinici e specifici anticorpi IgE dà inizio ad una complessa serie di fenomeni che scatena la reazione allergica. Compaiono cosi i sintomi della "pollinosi": lacrimazione, prurito, arrossamento delle congiuntive, starnuti ripetuti, prurito al naso, secrezione acquosa abbondante e congestione con sensazione di naso chiuso. Oltre ai pollini anche le spore fungine rappresentano un notevole interesse nel campo allergenico, infatti i funghi liberano delle micotossine, sostanze che provocano irritazione ad occhi, naso, faringe, e sono causa frequente di cefalea, astenia, tosse secca, prurito, asma e altre acute difficoltà nella respirazione. I pollini I pollini sono la struttura della pianta contenente gli organi maschili preposti per la riproduzione (gameti) che hanno il compito di fecondare l’ovulo contenuto nei fiori. Alcuni pollini possono essere responsabili di disturbi allergenici. Essi sono prodotti da piante anemofile, che affidano, cioè, il loro polline al vento, perché raggiunga i fiori lontani anche decine di chilometri. I pollini hanno un diametro perlopiù inferiore ai 40-50 millesimi di millimetro (µm), sono quindi invisibili ad occhio nudo e possono essere trasportati a grande distanza. A seconda della diversa specie di pianta i granuli pollinici compaiono in periodi ed in quantità differenti. Le caratteristiche climatiche e meteorologiche dei luoghi di crescita delle piante; influenzano la produzione e il trasporto del polline dalla pianta al luogo di arrivo.

Figura 4-5: a sinistra granulo pollinico della famiglia delle betulacee, al centro granulo pollinico della famiglia delle pinacee, a destra granulo pollinico del pioppo, da non confondere con i caratteristici pappi lanosi dello stesso albero che non provocano allergie.

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Le spore fungine I funghi sono organismi eterotrofi: si nutrono, cioè, della materia organica proveniente dal ciclo vitale di altri organismi vegetali o animali, la decompongono e la restituiscono al terreno o all’acqua sotto forma di materiale inorganico. L’elevata resistenza alle condizioni ambientali più estreme (-6°, +50° C) o ad ambienti chimici sfavorevoli ne consente una larga propagazione. I funghi, come le piante, sono provvisti di strutture necessarie alla loro riproduzione: le conidiospore (più comunemente chiamate spore). Queste piccole particelle si staccano dal micelio (insieme di sottili filamenti che costituiscono il corpo del fungo) disperdendosi nell’aria. Attualmente

l’Alternaria è il genere di maggiore interesse clinico e ambientale, perché le sue spore si ritrovano nell’ambiente per buona parte dell’anno solare con una massima emissione nel periodo estivo e autunnale. Monitoraggio L’idea di considerare i pollini e spore fungine come elemento di osservazione per la descrizione dello stato dell’ambiente nasce presso l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (A.R.P.A.V.) nel 1999, con la finalità di proporre una metodologia in grado di definire relazioni tra ambiente e salute. ARPAV effettua il monitoraggio di pollini (la quasi totalità dei quali è prodotta da piante anemofile che hanno bisogno di grandi quantità di polline per effettuare la fecondazione) e spore fungine, allergenici aerodispersi, da metà gennaio a metà novembre con cadenza settimanale. I dati sono rilevati con frequenza giornaliera da stazioni meccaniche capta spore installate presso presidi ospedalieri o sedi di amministrazioni pubbliche a copertura dell’intero territorio veneto. I dati sono espressi in granuli di polline, o numero di spore fungine, per metro cubo di aria. Ogni settimana, inoltre, vengono emessi bollettini di sintesi integrati dal commento del medico allergologo. Nella provincia di Verona l’Arpav ha installato 3 stazioni di rilevamento: Inoltre è presente un’altra stazione presso il policlinico di Borgo Roma gestita dalla Università degli studi di Verona. Vengono riconosciuti i pollini di 15 famiglie di piante arboree ed erbacee ed alcuni generi rilevanti dal punto di vista allergenico: Betulaceae (Alnus e Betulla); Compositae (Ambrosia, Artemisia e Altri (Taraxacum) ); Corylaceae ( Corylus e Carpinus/Ostrya); Fagaceae (Castanea, Fagus e Quercus); Graminaceae; Oleaceae (Olea, Fraxinus e Ligustrum); Plantaginaceae; Urticaceae; Cupr./Taxaceae; Cheno-Amaranthaceae; Ulmaceae; Platanaceae; Acearaceae; Pinaceae; Salicaceae ( Populus e Salix). Inoltre vengono riconosciute le spore fungine dell’Alternaria.

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Figura 4-6: le stazioni di monitoraggio dei pollini in provincia di Verona

Verona Legnago attiva dal 2003 (VR02)

Verona – Bardolino attiva dal 2005 (BR01)

Verona centro attiva dal 2004 (VR03)

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L’analisi delle serie storiche delle concentrazioni di polline e spore fungine rilevate presso il dipartimento ARPA di Verona, ha permesso di effettuare alcune considerazionii:

• I valori di concentrazione di granuli pollinici e di spore dipende in parte dalle diverse condizioni atmosferiche.

• Un piccolo aumento di temperatura generalmente può anticipare la liberazione di pollini allergenici e provocarne un aumento, anche importante.

• La pioggia agisce invece in modo negativo sulla diffusione del polline e delle spore facendo precipitare molte delle particelle aerosospese.

• Il vento agisce sulla diffusione, e a seconda della direzione e dell’intensità può portare ad un maggiore o minor afflusso di particelle dalle zone di produzione.

• L’umidità è un parametro di difficile interpretazione, infatti seppure non è stata riscontrata una correlazione significativa, influenza ed è influenzata dagli altri fattori meteorologici e quindi di conseguenza è una variabile che determina la concentrazione pollinica.

Tuttavia, sebbene i parametri meteorologici influenzino la concentrazione di polline in aria, i valori rilevati dipendono anche da un elevato numero di altre variabili, quali la fenologia della pianta stessa ( che può oscillare a seconda dell’annata), la distribuzione disomogenea sul territorio di piante appartenenti, anche all’interno della stessa famiglia, a diverse specie e quindi con un periodo di fioritura talvolta molto vario. Anche i valori di temperatura minima e massima, eventi di gelata, siccità o grandine nella stagione precedente o immediatamente prima al periodo di fioritura possono influenzare notevolmente le concentrazioni polliniche; è quindi molto difficile effettuare una previsione precisa ed attendibile sull’andamento pollinico della stagione. Perciò i bollettini pubblicati settimanalmente da ARPAV (sul sito http://www.arpa.veneto.it/bollettini/htm/allergenici.asp) diventano di fondamentale importanza per la conoscenza del ciclo pollinico, nonché l’unico strumento attualmente utilizzato dai medici allergologi per impostare adeguate terapie per i pazienti che soffrono di allergie ai pollini e alle spore fungine.

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SCHEDA 4.8: ANDAMENTO POLLINICO Tipologia di informazione: indicatore di stato Disponibilità di dati: buona Premessa L’andamento della concentrazione pollinica segue un determinato ciclo per ogni specie vegetale, tuttavia analizzando il totale dei pollini notiamo una maggior concentrazione nel periodo compreso fra marzo e maggio, con valori più elevati in aprile. Rappresentazione grafica Nel grafico sono riportati i valori giornalieri del totale delle concentrazioni di pollini rilevati presso le stazioni di Verona Centro (VR03) – Bardolino Calmasino (BR01) – Legnago (VR02). Sono stati presi in considerazione gli ultimi tre anni.

0

200

400

600

800

1000

1200

gen-04 ago-04 feb-05 set-05 mar-06 ott-06date

gra

nu

li/m

3

VR03 BR01 VR02

Commento I valori della stazione di Bardolino Calmasino sono molto superiori a quelli delle altre stazioni (possiamo comunque considerare solo il 2006) probabilmente poiché si trova in un territorio di aperta campagna e di conseguenza sono presenti un maggior numero di piante molte delle quali arboree. I periodi di maggior concentrazione sono gli stessi per le tre postazioni. I valori di Legnago e Verona risultano tra loro paragonabili. L’andamento è lo stesso per le tre stazioni, quindi i massimi di concentrazione pollinica si hanno nello stesso periodo in tutte e tre le stazioni.

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SCHEDA 4.9: ANDAMENTO ALTERNARIA Tipologia di informazione: indicatore di stato Disponibilità di dati: buona Premessa Il riconoscimento delle spore di Alternaria è iniziato più tardi rispetto al rilevamento pollinico, poiché solo ultimamente ci si è resi conto che assumeva un’importanza notevole nel campo delle allergie e che il problema aveva subito un aumento sensibile negli ultimi anni. L’andamento dell’ Alternaria è più complicato rispetto a quello delle piante poiché essendo una spora fungina non presenta un ciclo stagionale paragonabile al polline. Osserviamo che ha una presenza modesta da maggio fino ad inizio novembre con un picco massimo a settembre. Rappresentazione grafica Nel grafico sono riportati i valori giornalieri delle concentrazioni di spore fungine presso le stazioni di Verona Centro (VR03) – Bardolino Calmasino (BR01) – Legnago (VR02). Anche per questo valore sono stati presi in considerazione gli ultimi tre anni

0

500

1000

1500

2000

2500

12/06/2004

20/09/2004

29/12/2004

08/04/2005

17/07/2005

25/10/2005

02/02/2006

13/05/2006

21/08/2006

date

spo

re/m

3

BR01 VR03 VR02

. Commento Nei tre anni considerati i picchi massimi di concentrazione oscillano anche significativamente, tuttavia nello stesso anno notiamo una coincidenza temporale nelle varie stazioni, anche se alcune presentano concentrazioni maggiori di altre. Complessivamente notiamo una maggiore concentrazione a Legnago (in parte circondato da campagna e in parte da territorio cittadino), il motivo non è ancora del tutto chiaro ma una possibile ipotesi possiamo trovarla nel particolare clima delle basse veronesi. Il clima umido, infatti, favorisce la produzione di spore di Alternaria, inoltre, anche la coltivazione estensiva di mais, soia e frumento può essere sorgente di Alternaria. Si può notare, inoltre, che l’andamento delle spore nell’ultimo anno si discosta dagli ultimi due (concentrazioni molto più basse), anche se non possiamo ancora ritenere conclusa la stagione; questo potrebbe essere dovuto alle particolari condizioni meteorologiche del mese di agosto (temperature molto inferiori alla media e precipitazioni elevate che ne hanno impedito la diffusione nell’aria).

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IL CONTRIBUTO DEI DIVERSI SETTORI ALL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO Le attività umane contribuiscono in diverso grado all’immissione in atmosfera di sostanze inquinanti. Per predisporre adeguati piani di risanamento è indispensabile quantificare il contributo dei diversi settori (industriale, commerciale, domestico, trasporto). A tal fine è stata elaborata a livello internazionale una metodologia standard per la creazione degli “inventari delle emissioni”. Un inventario consiste in “una serie organizzata di dati relativa alla quantità di inquinanti introdotti in atmosfera da sorgenti naturali e/o da attività antropiche” (DM 20 maggio 1991): si tratta quindi di uno strumento complesso che non si esaurisce in un serie di dati relativi alla quantità di inquinanti immessi in atmosfera in una data zona per la presenza di date attività. È invece uno strumento dinamico che deve permettere di conoscere e di aggiornare le conoscenze relative alle quantità di inquinanti emesse da tutte le principali attività umane e fenomeni naturali a diverse scale spaziali. La realizzazione dell’inventario delle emissioni è iniziata in ambito europeo, alla metà degli anni ‘80, con il progetto Corinair (COoRdination-INformation-AIR) (CE, 1985) finalizzato all'armonizzazione, alla raccolta ed all'organizzazione di informazioni coerenti sulle emissioni in atmosfera nella comunità europea. Lo scopo prioritario del progetto CORINAIR consisteva nella standardizzazione degli algoritmi di calcolo tramite la definizione e catalogazione delle sorgenti emissive da un lato e l’attribuzione dei relativi fattori di emissione dall’altro. Successivamente con la nascita dell’agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) le attività di gestione e coordinamento della tematica “emissioni in aria” sono state affidate ad uno specifico Centro Tematico sulle Emissioni in Atmosfera (ETC/AE, oggi ETC/ACC), finanziato e coordinato dall'Agenzia. Uno dei mandati fondamentali dell’ETC/AE è la redazione e l’aggiornamento periodico della Guida agli inventari di emissione in atmosfera (EEA, 1999), che costituisce uno dei riferimenti metodologici indispensabili per la redazione di qualsiasi tipo di inventario. L'inventario delle emissioni realizzato nell'ambito del progetto Corinair costituisce la più completa, consistente e trasparente fonte di informazioni sulle emissioni in atmosfera a livello europeo ed ha già prodotto stime per tutti i Paesi coinvolti, Italia inclusa. L'inventario delle emissioni costituisce uno strumento fondamentale per la gestione delle problematiche relative all’inquinamento dell’aria. Fornisce, infatti,

• un supporto, insieme ai modelli di dispersione, per la valutazione e la gestione della qualità dell’aria ambiente affiancando le misure effettuate dalle reti di monitoraggio e, laddove i livelli degli inquinanti lo consentano, sostituendo le misure stesse;

• uno strumento per la pianificazione territoriale sia per quanto riguarda l’identificazione delle aree “a rischio”, sia per programmare la distribuzione di nuove sorgenti;

• i dati di input ai modelli matematici di dispersione per calcolare le concentrazioni al suolo di inquinanti in atmosfera;

Rende, inoltre, possibile l’elaborazione di scenari di intervento (simulazioni ottenute tramite modifiche ai dati di input al calcolo delle emissioni) al fine di ridurre l’incidenza di uno o più inquinanti in un’area soggetta a studio; permette la realizzazione di una banca dati a cui attingere per assolvere ad obblighi di legge quali la stesura di Piani Urbani Traffico, Valutazione Impatto Ambientale, Piani Risanamento, ecc.; consente la valutazione, attraverso il supporto di modelli matematici ad hoc, del rapporto costi/benefici sia delle politiche di controllo che di intervento. Nel seguito verranno riportate le stime emissive per la provincia di Verona per due inquinanti: PM10 (parte primaria) e ossidi di azoto che rappresentano uno dei principali precursori delle polveri sottili.

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APPROFONDIMENTO 4.4: L’INVENTARIO DELLE EMISSIONI Il contributo delle attività antropiche all’inquinamento atmosferico può essere valutato stimando il contributo emissivo delle singole attività. Uno degli strumenti utilizzati per queste valutazioni è rappresentato dall’ inventario delle emissioni. Per “inventario” si intende una raccolta coerente dei valori delle emissioni ripartite per:

• attività (es. produzione di energia elettrica, trasporti, allevamenti); • unità territoriale (es. regione, provincia, comune); • periodo di tempo (es. anno, mese, ora); • combustibile utilizzato (es. benzina, gasolio, metano); • tipo di inquinante (es. NOx, CO); • tipo di emissione (es. puntuali, diffuse, ecc.).

L’inventario nazionale è stato realizzato dall’APAT e dal CTN – ACE (Centro tematico Nazionale Aria ed Emissioni) utilizzando la metodologia “top-down”. Secondo questo approccio si utilizzano le elaborazioni statistiche di dati disponibili, che riguardano generalmente porzioni di territorio più vaste rispetto alla scala spaziale di interesse. Attraverso un processo di “disaggregazione”, cioè di ripartizione delle emissioni calcolate per una realtà territoriale più ampia, si ottiene la stima al livello territoriale richiesto (ad. es. da nazionale a regionale e provinciale). Per raggiungere tale obiettivo si individuano, rispetto a ciascun processo emissivo, una o più variabili surrogate di disaggregazione (cosiddette variabili proxy dell’attività emissiva). Queste variabili, scelte tra gli indicatori statistici a disposizione per la scala spaziale di interesse, devono essere quanto più possibile correlate al processo emissivo considerato al fine di ottenere dei risultati aderenti alla realtà. La stima delle principali sorgenti emissive su base comunale è stata ottenuta dall’Osservatorio Aria dell’ARPAV sulla base dell’inventario nazionale e provinciale elaborato dall’APAT e dal CTN – ACE. A partire dall’inventario nazionale delle emissioni, attraverso la conoscenza delle cosiddette variabili surrogate costituite sulla base di dati statistici ottenuti da diverse fonti quali ISTAT, ACI, ARPAV (numero di addetti delle industrie, composizione del parco macchine circolante, uso del territorio etc..) si è ottenuta attraverso diversi passaggi la stima provinciale e la stima comunale. È necessario sottolineare come aumentando il grado di disaggregazione (da nazionale a regionale a provinciale fino a comunale) aumenta l’incertezza associata alla stima. Nel seguito si prenderanno in considerazione le emissioni di PM10 primario e le emissioni di ossidi di azoto che sono fra i principali precursori del PM10 secondario, per i principali macrosettori. I macrosettori previsti dalla classificazione CORINAIR sono: 1 Combustione, energia e industria di trasformazione: comprende le attività di

produzione di energia 2 Impianti di combustione non industriale: comprende le attività legate al

riscaldamento degli edifici residenziali, del terziario, commerciali, agricoli. 3 Combustione nell’industria manifatturiera: vengono incluse tutte le attività

industriali che prevedono l’utilizzo di macchine termiche per la produzione di energia o vapore, per i processi di combustione con contatto come nell’industria dei metalli ferrosi e non, del vetro, della carta…..

4 Processi produttivi (combustione senza contatto): include le emissioni legate alle materie prime e ai prodotti dell’industria petrolifera, della carta, alimentare, chimica….

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5 Estrazione e distribuzione di combustibili fossili ed energia geotermica 6 Uso di solventi ed altri prodotti contenenti solventi: include le attività di

verniciatura, sgrassaggio, pulizia a secco, sintesi e lavorazione di prodotti chimici, stampa….

7 Trasporto su strada 8 Altre sorgenti e macchinari mobili: comprende le emissioni dovute al traffico

ferroviario, aereo, ai mezzi agricoli ed industriali, ai mezzi di navigazione 9 Trattamento e smaltimento rifiuti: si riferisce alle emissioni che avvengono

nelle discariche, negli inceneritori di rifiuti, nella produzione di compost… 10 Agricoltura: le emissioni legate all’allevamento, alla fertilizzazione, all’uso di

pesticidi, al rogo di sterpaie….. 11 Altre emissioni ed assorbimenti: comprende tutte quelle attività non antropiche

che generano emissioni quali attività fitologica di piante, arbusti ed erba, fulmini, emissioni spontanee di gas, emissioni dal suolo, vulcani, combustione naturale, ecc. e quelle dovute alle attività antropiche ad esse collegate

Nella nostra analisi è stato effettuato il seguente raggruppamento:

• traffico (corrispondente al macrosettore 7 della classificazione CORINAIR) • domestico (corrispondente al macrosettore 2 della classificazione

CORINAIR) • industria (raggruppa i macrosettori 1, 3, 4, 5 e 6 della classificazione

CORINAIR) • altro (comprende i macrosettori 8, 9, 10, 11 della classificazione CORINAIR)

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SCHEDA 4.10: EMISSIONI DI OSSIDI DI AZOTO IN PROVINCIA DI VERONA Tipologia di informazione: indicatore di pressione Disponibilità di dati: buona Premessa È stata utilizzata la stima comunale delle emissioni di ossidi di azoto ottenuta dall’Osservatorio Aria di ARPAV dalla disaggregazione dell’inventario regionale elaborato da APAT-CTN ACE. I dati si riferiscono all’anno 2000 e sono stati raggruppati in 4 settori principali come spiegato nella scheda di approfondimento n. 4.2 Rappresentazione grafica Per ogni comune le emissioni di ossidi di azoto sono rappresentate con un diagramma a torta che individua i contributi percentuali dei diversi macrosettori.

Commento: I trasporti su strada contribuiscono, in quasi tutti i comuni della provincia a più del 50% delle emissioni di ossidi di azoto. Complessivamente le emissioni annue di ossidi di azoto in provincia di Verona sono pari a 18463 tonnellate di cui 11373 t, pari al 62% del totale, legate al trasporto su strada.

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SCHEDA 4.11: EMISSIONI DI POLVERI SOTTILI – PARTE PRIMARIA IN PROVINCIA DI VERONA Tipologia di informazione: indicatore di pressione Disponibilità di dati: buona Premessa È stata utilizzata la stima comunale delle emissioni di polveri sottili – parte primaria - ottenuta dall’Osservatorio Aria di ARPAV dalla disaggregazione dell’inventario regionale elaborato ad APAT-CTN ACE. I dati si riferiscono all’anno 2000 e sono stati raggruppati in 4 settori principali come spiegato nella scheda di approfondimento n. 4.2. Rappresentazione grafica Per ogni comune le emissioni di polveri sottili sono rappresentate con un diagramma a torta che individua i contributi percentuali dei diversi macrosettori.

Commento: I trasporti su strada contribuiscono, in quasi tutti i comuni della provincia a più del 30% delle emissioni di polveri sottili. Complessivamente le emissioni annue di polveri sottili – parte primaria - in provincia di Verona sono pari a 2573 tonnellate di cui 919 t, pari al 40% del totale, legate al trasporto su strada.

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IL TRAFFICO La provincia di Verona, con un parco macchine pari a 523.428 autoveicoli circolanti e una popolazione di 860.796 abitanti, ha un rapporto popolazione – autovetture pari a 1.6 (dati aggiornati al 2004). Un rapporto inferiore a quello veneto, dove si conta un auto ogni 1,7 persone, dato in linea con la media italiana. Nei paesi Europei il rapporto è mediamente più alto, pari a 2: solo il Lussemburgo conta un numero di autoveicoli per abitante superiore a quello italiano, con un rapporto popolazione/autovetture pari a 1.57. All’estremo opposto l’Irlanda con un rapporto popolazione-autoveicoli pari a 2.64.2 Oltre a ciò è necessario considerare gli oltre 174.900 motocicli, i 55.000 furgoni e i 16.000 mezzi pesanti immatricolati nella nostra provincia. Dal 2002 al 2004 il parco macchine complessivo ha subito un incremento del 6%. Si è avuta, inoltre, una progressiva sostituzione dei veicoli più vecchi con veicoli nuovi, rispondenti alle più stringenti norme europee sulle emissioni. Nonostante ciò, come appare dall’analisi riportata nella tabella seguente, rimane ancora elevato il numero di veicoli non catalizzato (pre Euro), sia leggeri che pesanti.

Tabella 4-3: numero di veicoli immatricolati in provincia di Verona suddiviso in categorie. Fonte: ACI - anno 2004

autovetture Veicoli comm. leggeri Veicoli pesanti motocicli PreEuro 121341 19562 7216 119179 Euro 1 93616 10350 1642 55725 Euro 2 155337 10064 4471 Euro 3 153134 14761 2619 In particolare la percentuale di furgoni non catalizzati sul totale è diminuita dal 47% dell’anno 2002 al 36% dell’anno 2004. Rimangono ancora circa 20.000 veicoli commerciali leggeri non rispondenti alla normativa Euro. La situazione veronese non si discosta in modo significativo dalla situazione media italiana: dall’Annuario statistico 2006 edito dall’ACI si ricava la durata media delle autovetture è pari a 14 anni, inoltre, il 34 % del parco autoveicolare ha più di 10 anni di età. Nonostante il lento, progressivo svecchiamento del parco veicolare il traffico rimane una delle cause principali dell’inquinamento atmosferico nella nostra provincia. Nel seguito verranno riportati gli indicatori di pressione relativi alle emissioni di polveri primarie e ossidi di azoto dovuti al traffico veicolare nella provincia. E’ stata, inoltre, valutata la variazione dell’apporto di inquinanti legata alle modifiche del parco macchine nel periodo 2002-2004. I dati relativi alle emissioni da traffico sono stati ottenuti dall’inventario delle emissioni redatto da APAT e dall’Osservatorio Aria di ARPAV e applicando la metodologia COPERT ai risultati delle indagini sul traffico condotte dalla Provincia di Verona negli anni 2001-2005.

2 ACI – Annuario statistico 2006.

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SCHEDA 4.12: MODIFICHE DEL PARCO MACCHINE IN PROVINCIA DI VERONA Tipologia di informazione: indicatore determinante Disponibilità di dati: ottima – fonte: ACI, elaborazioni ARPAV DAP VR Premessa Nel periodo 2002-2004 il numero di veicoli immatricolati in provincia di Verona è passato da 725.400 unità a 769.017 con un incremento del 6%. Non solo il numero di veicoli circolanti, ma anche la composizione del parco macchine (tipologia di veicolo, cilindrata, tipo di alimentazione) influenza direttamente la quantità e la tipologia di emissioni in atmosfera. Per questo motivo la composizione del parco macchine può essere considerato un indicatore dei determinanti che portano alla formazione delle fonti di pressione sull’ambiente (in questo caso emissioni in atmosfera).

Rappresentazione grafica Nel primo grafico è riportato il numero di veicoli immatricolati nel periodo 2002-2004 suddiviso per categoria. Nel secondo grafico è riportato il numero di veicoli leggeri immatricolato nel periodo 2002-2004 suddiviso per tipo di motorizzazione.

Veicoli immatricolati nella provincia di Verona

0

100

200

300

400

500

600

2002 2003 2004

veic

oli (

mig

liaia

)

Leggeri Motocicli Furgoni Pesanti

Autovetture immatricolate nella provincia per categoria

0

50

100

150

200

2002 2003 2004

veic

oli (

mig

liaia

)

ECE, PRE ECE, Conventional EURO I EURO II EURO III

Commento Nel corso degli ultimi 3 anni si è avuto un aumento del parco macchine, seguito da un complessivo “svecchiamento” dei veicoli. Le categorie veicolari che hanno subito un maggiore incremento sono stati i motocicli e i veicoli commerciali leggeri (+15% circa). Gli autoveicoli sono aumentati del 2,4% e i mezzi pesanti del 5%. Significativo è l’aumento delle immatricolazioni degli autoveicoli diesel (+35%), mentre il numero di autoveicoli a GPL e metano subisce una flessione (-18%). La quota di autovetture che rispondono alla normativa Euro 1,2 o 3 è salita da 337.000 a 400.000: rimane però un 23% (pari a 120.000 veicoli) di autovetture con più di 14 anni di età.

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SCHEDA 4.13: EMISSIONI LEGATE AL PARCO VEICOLI CIRCOLANTE IN PROVINCIA DI VERONA Tipologia di informazione: indicatore di pressione Disponibilità di dati: buona Premessa Le modifiche del parco macchine circolante hanno un effetto diretto sulla quantità e la tipologia di emissioni inquinanti in atmosfera. Sono state calcolate le emissioni, per Km di strada percorso, dovute al parco veicolare circolante nella provincia negli anni 2002, 2003 e 2004. E’ stata poi calcolata la variazione percentuale delle emissioni complessive di quattro inquinanti principali: benzene, monossido di carbonio,ossidi di azoto e polveri sottili (parte primaria).

Rappresentazione grafica Nel grafico è riportata la variazione percentuale delle emissioni complessive di benzene, monossido di carbonio,ossidi di azoto e polveri sottili (parte primaria) dovute al parco macchine circolante in provincia di Verona negli anni 2002, 2003 e 2004. Le emissioni dell’anno 2002 sono state poste pari a 100.

Variazione percentuale

82

84

86

88

90

92

94

96

98

100

102

104

2002 2003 2004

% r

isp

etto

al

2002

NOx

PM10

CO

C6H6

Commento Le modifiche della composizione del numero di veicoli circolanti hanno comportato una riduzione significativa delle emissioni di benzene (-9%) e di monossido di carbonio (-11%). Più contenuta la riduzione degli ossidi di azoto (-3%). Le emissioni di polveri sottili, parte primaria, sono aumentate dell’1%: ciò è da imputare principalmente all’aumento consistente dei veicoli diesel. Le autovetture alimentate a gasolio, che rappresentavano nel 2002 il 21% del totale, sono passate da 110.000 a 150.000 unità, diventando il 29% degli autoveicoli circolanti. Le emissioni di poveri sottili di una vettura diesel di recente immatricolazione sono circa 4 volte superiori a quelle di un autovettura a benzina di pari cilindrata.

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SCHEDA 4.14: EMISSIONI DI OSSIDI DI AZOTO DOVUTE AL TRAFFICO VEICOLARE IN PROVINCIA DI VERONA Tipologia di informazione: indicatore di pressione Disponibilità di dati: buona Premessa È stata utilizzata la stima comunale delle emissioni di ossidi di azoto dovute al traffico veicolare ottenuta dall’Osservatorio Aria di ARPAV dalla disaggregazione dell’inventario regionale elaborato da APAT-CTN ACE. I dati si riferiscono all’anno 2000. Le emissioni totali del singolo comune sono state divise per l’estensione totale della superficie del comune ottenendo così le emissioni annue in tonnellate per Km2. Rappresentazione grafica I comuni vengono rappresentati con colori diversi in base al rapporto fra l’emissione media annua per Km2 del singolo comune e l’emissione media annua provinciale per Km2., pari a 3.9 t/a per Km2. Nella legenda sono riportati i valori delle emissioni corrispondenti alla scala colore e fra parentesi il corrispondente rapporto con il valor medio provinciale.

Commento: La densità di emissione maggiore (superiore al valor medio provinciale) caratterizza i comuni situati sull’asse centrale Est-Ovest, attraversati dall’autostrada Brescia-Padova e da altre arterie di grande traffico quali la statale 11, la statale 5 e la strada provinciale 4 della Valpolicella. Anche i comuni situati sulla direttrice Verona-Rovigo hanno densità emissive elevate legate a strade quali la strada statale 434. In particolare il comune di Verona, di Casteldazzano e di San Giovanni Lupatoto hanno densità emissive superori a 4 volte la media provinciale

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SCHEDA 4.15: EMISSIONI DI PM10 PRIMARIO DA TRAFFICO IN PROVINCIA DI VERONA Tipologia di informazione: indicatore di pressione Disponibilità di dati: buona Premessa È stata utilizzata la stima comunale delle emissioni di polveri sottili primarie dovute al traffico veicolare ottenuta dall’Osservatorio Aria di ARPAV dalla disaggregazione dell’inventario regionale elaborato da APAT-CTN ACE. I dati si riferiscono all’anno 2000 ed alla sola parte primaria del PM10. Le emissioni totali del singolo comune sono state divise per l’estensione totale della superficie del comune ottenendo così le emissioni annue in tonnellate per Km2. Rappresentazione grafica I comuni vengono rappresentati con colori diversi in base al rapporto fra l’emissione media annua per Km2 del singolo comune e l’emissione media annua provinciale per Km2., pari a 1 t/a per Km2. Nella legenda sono riportati i valori delle emissioni corrispondenti alla scala colore e fra parentesi il corrispondente rapporto con il valor medio provinciale.

Commento: La densità di emissione maggiore (superiore al valor medio provinciale) caratterizza i comuni situati sull’asse centrale Est-Ovest, attraversati dall’autostrada Brescia-Padova e da altre arterie di grande traffico quali la statale 11, la statale 5 e la strada provinciale 4 della Valpolicella. Anche i comuni situati sulla direttrice Verona-Rovigo hanno densità emissive elevate legate a strade quali la strada statale 434. In particolare il comune di Verona, di Casteldazzano e di San Giovanni Lupatoto hanno densità emissive superori a 4 volte la media provinciale. Bussolengo, Pescantina, San Pietro in Cariano e San Bonifacio hanno densità emissive superiori al doppio del valor medio provinciale.

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APPROFONDIMENTO 4.5: LA RILEVAZIONE DEL TRAFFICO IN PROVINCIA DI VERONA Nel corso degli anni 2001-2005 la Provincia di Verona – Settore Traffico – ha condotto un’estesa campagna di rilevazione dei flussi veicolari sulle principali arterie provinciali. Il risultato è rappresentato graficamente in figura 1, come flusso giornaliero di veicoli equivalenti. Per calcolare i veicoli equivalenti si considera un veicolo pesante pari a 3 veicoli leggeri. Le strade maggiormente interessate dai flussi di traffico, oltre alle autostrade, sono la strada statale 11(SR) Padana Superiore, la strada provinciale 12 Dell'Aquilino, la strada statale 62 Della Cisa e la strada provinciale 27A Napoleonica. In particolare si registra un flusso consistente di veicoli pesanti sulle strade SP 7 Padovana, SS 11(SR) Padana Superiore e SP 27A Napoleonica con più di 900 veicoli pesanti al giorno.

Figura 4-7: flusso di traffico veicolare sulle principali arterie provinciali, la scala colori differenzia le strade in base al numero di veicoli equivalenti giornalieri transitanti

Nei grafici seguenti sono riportate le emissioni di NOX e PM10 (parte primaria) in t/anno per Km per ogni arteria considerata. Oltre alle autostrade, che contribuiscono annualmente con 160 tonnellate/anno di ossidi di azoto per Km e circa 6 tonnellate anno di polveri sottili per Km, le arterie che danno origine a alle maggiori emissioni sono quelle che collegano l’Est e l’Ovest della provincia (come la statale 11) e quelle

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che collegano la parte Nord con il Sud. Come la SP 7 Padovana, la SP 27 A Napoleonica. Questo spiega come mai i comuni che presentano la maggiore densità emissiva di ossidi di azoto e PM10 primario prodotto dal traffico siano proprio quelli il cui territorio è attraversato da queste arterie (si veda l’indicatore delle schede 4.13 e 4.14).

Figura 4-8: emissioni di ossidi di azoto e PM10 primario dovute al traffico veicolare su alcune delle principali arterie della provincia in t/a per Km

NOx (t/a) per Km

0 20 40 60 80 100 120

SP 39B Della BovaSP 53 Della salette

SP 25 MantovanaSP 3 Mediana

SP 50B Di TrevenzuoloSP 38 Porcilana

SP 18 Legnaghese sinistraSP 500 Del Colognese

SP 20 Dell'Adige e del TartaroSP 2 Legnaghese destra

SP 6 Dei LessiniSP 11 Della Val d'Adige

SS 10(SR) Padana InferioreSP 19 Ronchesana

SS 12 Dell'Abetone e del BrenneroSS 249(SR) Gardesana Orientale

SP 17 Della Val D'AlponeSP 10 Della val d'Illasi

SP 29B Di San PerettoSP 1 tangenziale SUDSP 4 Della Valpolicella

SP 26 MorenicaSP 5 Verona Lago

SP 7 PadovanaSS 11(SR) Padana Superiore

SP 12 Dell'AquilinoSS 62 Della Cisa

SP 27A NapoleonicaA22 AUTO BRENNERO

A4 AUTOSTRADA SERENISSIMA

PM10 (t/a) per Km

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4

SP 39B Della BovaSP 53 Della salette

SP 25 MantovanaSP 3 Mediana

SP 50B Di TrevenzuoloSP 38 Porcilana

SP 18 Legnaghese sinistraSP 500 Del Colognese

SP 20 Dell'Adige e del TartaroSP 2 Legnaghese destra

SP 6 Dei LessiniSP 11 Della Val d'Adige

SS 10(SR) Padana InferioreSP 19 Ronchesana

SS 12 Dell'Abetone e del BrenneroSS 249(SR) Gardesana Orientale

SP 17 Della Val D'AlponeSP 10 Della val d'Illasi

SP 29B Di San PerettoSP 1 tangenziale SUDSP 4 Della Valpolicella

SP 26 MorenicaSP 5 Verona Lago

SP 7 PadovanaSS 11(SR) Padana Superiore

SP 12 Dell'AquilinoSS 62 Della Cisa

SP 27A NapoleonicaA22 AUTO BRENNERO

A4 AUTOSTRADA SERENISSIMA

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APPROFONDIMENTO 4.6: EMISSIONI DA TRAFFICO VEICOLARE – LA RISOSPENSIONE Un fattore che contribuisce alla concentrazione finale nell’aria ma di difficile valutazione è la risospensione, dovuta al traffico, del PM10 depositato sulle strade, provocata dalle turbolenze create dai veicoli e dall’azione degli pneumatici sul fondo stradale. Sebbene tale fenomeno non produca nuovo PM10 ma si limiti a re-immettere in atmosfera quello già prodotto questa andrebbe considerata a tutti gli effetti al pari di un’emissione. Si tenga presente che l’intervallo di tempo in cui il PM10 si deposita – dopo aver percorso anche distanze considerevoli - dipende principalmente dalle sue dimensioni: si va da poche ore per la frazione più grossa (con un diametro aerodinamico > 1µm) fino a anche decine di giorni per la frazione più fine. Anche se il problema della risospensione colpisce in modo più pesante regioni diverse dalla nostra (esemplare il caso dei paesi nordici in cui l’uso frequente di pneumatici chiodati logora il manto stradale aumentando il particolato al suolo e le concentrazioni al bordo strada fino a costituire l'80% del PM10 totale) ci sono indicazioni del fatto che possa rappresentare una percentuale significativa – ed omessa dagli inventari delle emissioni - del PM10 primario. Inoltre va osservato che l’importanza relativa di questa fonte di pressione aumenta mano a mano che l’innovazione tecnologica e le nuove normative riducono le emissioni dirette dovute alla combustione. A titolo di esempio si osservi che il UK National Atmospheric Emissions Inventory (NAEI) ha stimato per il 2001 che la risospensione dovuta al traffico nel Regno Unito abbia re-immesso in atmosfera 19000 tonnellate di PM10, circa due terzi delle 30000 tonnellate prodotte direttamente dal trasporto su strada come gas di scarico. Altre 5000 tonnellate sono prodotte in Gran Bretagna, secondo le stime NAEI, dall’usura di freni, pneumatici e fondo stradale. Analoghe valutazioni condotte in Francia e Germania hanno stimato il contributo della risospensione come significativamente maggiore di quello dato dai gas di scarico. Purtroppo i tentativi effettuati per misurare direttamente i fattori di emissione relativi alla risospensione sono per ora molto pochi e hanno fornito risultati assai contrastanti: si va da 0.8 a 780 mg/km per un veicolo leggero e da 14.4 a 7800 mg/km per un mezzo pesante 3 4. Per un confronto si tenga presente che in media un auto emette sotto forma di gas di scarico circa 65 mg/km di polveri sottili primarie A queste difficoltà di tipo sperimentale si deve aggiungere che ad oggi non è ancora chiaro entro che limiti la risospensione sia legata all’entità del flusso di traffico; è stata avanzata l’ipotesi che sia sufficiente un numero limitato di veicoli per risollevare completamente il particolato, rendendo trascurabile l’effetto di un flusso maggiore. L’US Environmental Protection Agency ha prodotto una metodologia per stimare le emissioni di PM10 da traffico non provenienti dai gas di scarico (abrasione di freni, pneumatici, fondo stradale e risospensione) in seguito modificata da Rauterberg-Wulff5 per adattarla alla situazione tedesca. In quest’ultima metodologia si associano ad un veicolo leggero o pesante dei valori di emissione - per risospensione - per chilometro percorso. Tali valori dipendono unicamente dalle condizioni tipiche del traffico: velocità di percorrenza, percentuale della giornata con assenza di traffico, presenza di semafori. Per le automobili e i veicoli commerciali leggeri le emissioni variano da un minimo di 22 mg/vkm (mg prodotti da un veicolo nel percorrere un chilometro) per le autostrade ad un massimo di 90 mg/vkm per le strade urbane. Per i mezzi pesanti

3 Abu-Allaban et al. Atmospheric Environment Vol. 37(1) pp 5283-5293 (2003)

4 Luhana et al.European commission DG TrEn 5th Framework PARTICULATES Project (2004)

5 Rauterberg-Wulff Report produced for the Senate Department of Urban development Environmental Protection and Technology. Berlin Technical University

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nelle stesse condizioni si va da 200 mg/vkm a 800 mg/vkm. I valori maggiori relativi alle strade urbane dipendono dal fatto che l’efficienza nella risospensione aumenta al crescere della velocità, diminuendo in modo drastico il particolato che si deposita ad esempio sulle autostrade. Va ricordato infine che il contributo al totale dato dalla risospensione contribuisce solo al PM10 primario, laddove i gas di scarico – ricchi di ossidi di azoto - contribuiscono alla concentrazione in atmosfera anche attraverso l’emissione di precursori del secondario. A titolo d’esempio nella seguente tabella si fornisce una stima della risospensione, basata sui fattori di emissione dell’US EPA – nella versione modificata per la situazione tedesca - e confrontata con le emissioni dovute ai gas di scarico e all’abrasione, per tre situazioni di traffico: l’autostrada A4 Serenissima, la Strada Provinciale 4 della Valpolicella e Corso Milano. Nell’ipotesi che i coefficienti utilizzati nello studio tedesco siano applicabili anche al caso veronese si ottiene un contributo significativo della risospensione all’emissione totale di polveri sottili dovuta al traffico in tutte e tre le situazioni, urbana, extraurbana e autostradale. In particolare nel caso di Corso Milano, un’arteria cittadina caratterizzata da un flusso elevato di veicoli leggeri, il contributo della risospensione risulterebbe determinante nel definire il totale delle emissioni legate la traffico veicolare.

Tabella 4-3: emissioni dovute al traffico veicolare in tre arterie veronesi esemplificative delle situazioni urbane, extraurbane e autostradale, suddivise per i tre contributi scarico, abrasione e risospensione, in Kg giornalieri per Km

A4

(kg/giorno*km) SP 4 Valpolicella (kg/giorno*km)

C.so Milano (kg/giorno*km)

leggeri pesanti tot. leggeri pesanti tot. leggeri pesanti tot.

Scarico 2.85 5.09 7.94 0.47 0.08 0.55 0.84 0.14 0.98

Abrasione 0.99 1.37 2.36 0.30 0.02 0.32 0.42 0.04 0.46

Risospensione 0.27 3.48 3.74 0.08 0.05 0.13 1.63 0.25 1.88

Figura 4-9: confronto fra le emissioni dovute al traffico veicolare in tre arterie veronesi esemplificative della situazione urbane, extraurbane e autostradale, suddivise per i tre contributi scarico, abrasione e risospensione, in Kg giornalieri per Km

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

A4 SP 4 Valpolicella C.so Milano

Kg

/Km

*gio

rno

Scarico Abrasione Risospensione

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SCHEDA 4.16: EMISSIONI DI OSSIDI DI AZOTO DOVUTE ALL’ ATTIVITÀ INDUSTRIALE Tipologia di informazione: indicatore di pressione Disponibilità di dati: buona Premessa È stata utilizzata la stima comunale delle emissioni di ossidi di azoto dovute all’attività industriale (macrosettori 3, 4, 5, 6) ottenuta dall’Osservatorio Aria di ARPAV dalla disaggregazione dell’inventario regionale elaborato ad APAT-CTN ACE. I dati si riferiscono all’anno 2000. Le emissioni totali del singolo comune sono state divise per l’estensione totale della superficie del comune ottenendo così le emissioni annue in tonnellate per Km2. Rappresentazione grafica I comuni vengono rappresentati con colori diversi in base al rapporto fra l’emissione media annua per Km2 del singolo comune e l’emissione media annua provinciale per Km2., pari a 0.7 t/a per Km2. Nella legenda sono riportati i valori delle emissioni corrispondenti alla scala colore e fra parentesi il corrispondente rapporto con il valor medio provinciale.

Commento: La densità di emissione maggiore (superiore al valor medio provinciale) caratterizza i comuni dell’arera urbana di Verona, della Val d’Adige e della zona sud della provincia. In particolare i comuni di San Giovanni Lupatoto, Grezzana, Colognola ai Colli, Pescantina Sant’Ambrogio, Cavaion, Affi Dolcè e del distretto del marmo hanno densità emissive superori a 4 volte la media provinciale

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SCHEDA 4.17: EMISSIONI DI PM10 PRIMARIO DOVUTE ALL’ ATTIVITÀ INDUSTRIALE Tipologia di informazione: indicatore di pressione Disponibilità di dati: buona Premessa È stata utilizzata la stima comunale delle emissioni di polveri sottili dovute all’attività industriale (macrosettori 3, 4, 5, 6) ottenuta dall’Osservatorio Aria di ARPAV dalla disaggregazione dell’inventario regionale elaborato da APAT-CTN ACE. I dati si riferiscono all’anno 2000. Le emissioni totali del singolo comune sono state divise per l’estensione totale della superficie del comune ottenendo così le emissioni annue in tonnellate per Km2. Rappresentazione grafica I comuni vengono rappresentati con colori diversi in base al rapporto fra l’emissione media annua per Km2 del singolo comune e l’emissione media annua provinciale per Km2., pari a 0.2 t/a per Km2. Nella legenda sono riportati i valori delle emissioni corrispondenti alla scala colore e fra parentesi il corrispondente rapporto con il valor medio provinciale.

Commento: La densità di emissione maggiore (superiore al valor medio provinciale) caratterizza i comuni dell’area urbana di Verona, della Val d’Adige e della zona sud della provincia. In particolare i comuni di San Giovanni Lupatoto, Grezzana, Colognola ai Colli e del distretto del marmo hanno densità emissive superori a 4 volte la media provinciale

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SCHEDA 4.18: EMISSIONI DI OSSIDI DI AZOTO DOVUTE AL RISCALDAMENTO Tipologia di informazione: indicatore di pressione Disponibilità di dati: buona Premessa È stata utilizzata la stima comunale delle emissioni di ossidi di azoto legate al settore domestico (macrosettore 2) ottenuta dall’Osservatorio Aria di ARPAV dalla disaggregazione dell’inventario regionale elaborato da APAT-CTN ACE. I dati si riferiscono all’anno 2000. Le emissioni totali del singolo comune sono state divise per l’estensione totale della superficie del comune ottenendo così le emissioni annue in tonnellate per Km2. Rappresentazione grafica I comuni vengono rappresentati con colori diversi in base al rapporto fra l’emissione media annua per Km2 del singolo comune e l’emissione media annua provinciale per Km2., pari a 0.5 t/a per Km2. Nella legenda sono riportati i valori delle emissioni corrispondenti alla scala colore e fra parentesi il corrispondente rapporto con il valor medio provinciale.

Commento: La densità di emissione maggiore (superiore al valor medio provinciale) caratterizza i comuni dell’area urbana di Verona. In particolare i comuni di San Giovanni Lupatoto, Casteldazzano, Bussolengo, Affi, Peschiera, San Giovanni Ilarione.

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SCHEDA 4.19: EMISSIONI DI PM10 PRIMARIO DOVUTE AL RISCALDAMENTO Tipologia di informazione: indicatore di pressione Disponibilità di dati: buona Premessa È stata utilizzata la stima comunale delle emissioni di PM10 (parte primaria) legate al settore domestico (macrosettori 2) ottenuta dall’Osservatorio Aria di ARPAV dalla disaggregazione dell’inventario regionale elaborato da APAT-CTN ACE. I dati si riferiscono all’anno 2000. Le emissioni totali del singolo comune sono state divise per l’estensione totale della superficie del comune ottenendo così le emissioni annue in tonnellate per Km2. Rappresentazione grafica I comuni vengono rappresentati con colori diversi in base al rapporto fra l’emissione media annua per Km2 del singolo comune e l’emissione media annua provinciale per Km2., pari a 0.1 t/a per Km2. Nella legenda sono riportati i valori delle emissioni corrispondenti alla scala colore e fra parentesi il corrispondente rapporto con il valor medio provinciale.

Commento: La densità di emissione maggiore (superiore a due volte il valor medio provinciale) caratterizza i comuni dell’area urbana di Verona ed alcuni comuni della Lessinia e del lago di Garda

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APPROFONDIMENTO 4.7: EMISSIONI DA RISCALDAMENTO – L’UTILIZZO DI BIOMASSE LEGNOSE La necessità di reperirire fonti energetiche alternative e di rispondere agli obbiettivi di Kyoto di riduzione delle emissioni di gas serra ha fatto sì che negli ultimi anni le biomasse hanno acquistato quote crescenti del mercato dell’energia. Considerando solo la biomassa legnosa emerge l’alta incidenza dell'utilizzo della legna da ardere in Italia valutata intorno al 5,4 Mtep. Quest'ultimo valore è frutto di un'indagine statistica sulle famiglie italiane promosso dall'Enea. Tale utilizzo rappresenta l'83% circa del consumo totale nazionale di legna e derivati, seguito dai residui di lavorazione utilizzati in impianti industriali per la produzione di calore (15% circa).

Tabella 4- 4 : Consumo di energia da legna ed assimilati per tipo di applicazione in Italia (Ktep) Fonte: La situazione energetico-ambientale del Paese - Rapporto 2000 – Enea -ASTER, CESEN, CESVIT e Commissione Europea DG TREN – Programma Energie – Progetto OPET

1993 1996 1999 Legna da ardere (stima da indagine campionaria ENEA CIRM) 5417 5417 5417 Legna ed assimilati in impianti per teleriscaldamento 0 8 10 Legna ed assimilati in aziende per produzione di calore 946 946 946 Legna ed assimilati in impianti per generazione di elettricità (e calore) collegati alla rete elettrica

62 92 131

Totale 6424 6463 6504 Dal punto di vista ambientale l’utilizzo di legna per il riscaldamento, sotto forma di cippato o pellets, produce emissioni di particolato (per la maggior parte si tratta di PM10), ossidi di azoto, monossido di carbonio, ossidi di zolfo. Fra i costituenti minori si annoverano IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e composti organici volatili. Le emissioni di CO2 sono in genere elevate, ma non contribuiscono all’aumento della CO2 presente nell’atmosfera in quanto vengono compensate dall’azione fotosintetica delle biomasse verdi.

Figura 4-10: la combustione della legna di un albero rilascia all’incirca la stessa quantità di CO2 assorbita dall’albero stesso durante il suo ciclo vitale

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Vi è in generale un elevato grado di incertezza nel valutare il contributo della combustione di legna (riscaldamento domestico, forni a legna, uso agricolo) alle emissioni di PM10. La combustione di legname produce infatti notevoli quantità di particolato, inconveniente in parte compensato da basse emissioni di ossidi di azoto (principale precursore del secondario). La quantità e qualità delle emissioni è strettamente legata al tipo di combustione. Negli ultimi 20 anni le caldaie a legna hanno subito una notevole evoluzione tecnologica, passando dai vecchi sistemi a caricamento manuale alle moderne e sofisticate caldaie ad elevato contenuto tecnologico, dotate di dispositivi di controllo automatici, ed in grado di soddisfare da sole il fabbisogno energetico delle unità abitative con rendimenti termici che possono raggiungere il 90%. Le caldaie moderne infatti bruciano combustibili legnosi di alta qualità, come i pellets, il cippato e gli scarti di lavorazione, con emissioni paragonabili a quelle dei sistemi convenzionali a gas e gasolio Come si vede dalla tabella 4-5 l’utilizzo di caminetti o stufe convenzionali o catalitiche, alimentate con legna da ardere o combustibile derivato dalla legna quali i pellets da origine a emissioni molto diverse.

Tabella4-5:: emissioni di inquinanti in Kg per tonnellata di combustibile secco, legate a diverse modalità di combustione di legname. (Fonte: EPA -2Compilation of Air Pollutant Emission Factors, Volume 1: Stationary Point and Area Sources)

Inquinante Kg/t

caminetto Stufe convenzionali

Stufe catalitiche

Stufe a pellets

Stufe in ceramica

PM10 17.3 15.3 10.2 2.1 - 4.4 2.8 NOx 1.3 1.4 1 6.5 - CO 126.3 115.4 102.2 20 - 26 74 IPA 0.008 0.365 0.207 0.00012 -

Un ulteriore fonte di incertezza deriva dalla scarsa conoscenza dell’utilizzo di legna nella provincia. Purtroppo non sono ad oggi disponibili delle stime accurate del consumo di legname e materiale legnoso. Il Servizio Forestale Regionale di Verona stima che il legname di latifoglie tagliato da privati nel 2003 ammonti a 25858 m3 , cui vanno aggiunti 4100 m3 tagliati dal Servizio Forestale Regionale, per un totale di circa 18000 tonnellate6 che vengono utilizzato come legna da ardere. A questo va aggiunto il quantitativo che non viene prodotto nel territorio provinciale. Nel “Rapporto Energia Ambiente 2003” dell’ENEA il consumo di legna per il riscaldamento domestico in Italia per il 1999 è stimato in 151301 TJ, che porterebbe a un consumo provinciale di circa 115000 tonnellate, un ordine di grandezza superiore al dato fornito dal Servizio Forestale Regionale. Sempre l’ENEA stima in 2.515.537 tonnellate il mercato nazionale della legna da ardere, che corrisponderebbe a 36500 t vendute in ambito provinciale. Inoltre, sembra assodato che le statistiche ufficiali sottostimino il quantitativo di legna utilizzato dalle famiglie, sempre l’ENEA stima infatti che circa il 50% dei consumatori ottenga la legna da forme di autoapprovvigionamento. In questo rapporto si è tentata una stima delle emissioni derivanti dall’utilizzo di legna per usi residenziali utilizzando i fattori di emissione riportati nel “Manuale dei fattori di emissione nazionali” Centro Tematico Nazionale Atmosfera Clima ed Emissioni in Aria, Gennaio 2002 e i dati sul consumo di legna riportate dall’ENEA e dal Servizio Forestale Regionale. Nella tabella 4-6 sono riportati i risultati delle stime effettuate: è stata calcolata sia l’emissione di PM10 primario che il contributo al PM10 secondario legato all’emissione di ossidi di azoto. Come si nota questo secondo contributo è

6 Stima basata su una densità media di 0.6 tonn/m3.

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contenuto. Fino a che non saranno disponibili dati ufficiali più attendibili sul consumo di legna le stime di emissioni saranno inevitabilmente approssimative. Ulteriori approfondimenti volti a capire quanto incide il consumo di legna e derivati a livello provinciale sono pertanto necessari. Va, inoltre, sottolineato come la maggior parte dell’utilizzo di legna per riscaldamento si ha nelle zone montane, zone in cui la concentrazione di PM10 è meno elevata, anche grazie ad effetti di tipo meteorologico ed orografico.

Tabella 4- 6:: emissioni di diversi inquinanti, in tonnellate per anno legate all’utilizzo di legna per uso residenziale su dati di consumo ENEA (a sinistra) e del Servizio Forestale Regionale (a destra)

fattori emiss.

(Kg/t) dati ENEA Dati ENEA – solo venduto Dati SFR

Consumo (t) 115414 36483 17974

Nox (t/a) 1.507 174 55 27

SOV (T/a) 11.304 1305 412 203

CO 141.3 16308 5155 2540

PM10 primario (t/a) 4.917 567 179 88

PM10 secondario 1.32616 153 48 24

PM10 tot 6.24316 721 228 112 Se da questa sintetica analisi emerge un problema ambientale legato all’utilizzo di legna o derivati dalla legna in piccole caldaie di tipo domestico che suggerisce cautela nel favorire la diffusione di questi sistemi di riscaldamento, un discorso più approfondito è necessario nella valutazione dell’utilizzo di biomasse a fini energetici in particolare in 1. impianti per la produzione di energia termica eventualmente in cogenerazione, a

partire da combustibile solido (generalmente <5-6 MWt); 2. impianti per la produzione di energia elettrica eventualmente in cogenerazione a

partire da combustibile solido o liquido (2-15 MWe); L'uso delle biomasse in sostituzione dei tradizionali combustibili (es. gasolio, metano) comporta importanti benefici ambientali come la sensibile riduzione della CO2 immessa nell’atmosfera; in particolare gli impianti termici per cogenerazione a biomassa, rispetto a quelli a gasolio, permettono una riduzione della CO2 pari a circa 0,772 kg per KWhelettrico sostituito e pari a circa 0,33 kg per KWhtermico sostituito. Inoltre le biomasse sono praticamente esenti da zolfo (0,01-0,15%) e da cloro (0,01-0,1%). La riduzione di questi inquinanti, variabile anche in rapporto alle caratteristiche fisico chimiche della biomassa impiegata, può essere attuata attraverso una razionale progettazione e gestione degli impianti termici, dove particolare cura andrà rivolta alla regolazione della quantità di aria di combustione immessa in caldaia, al mantenimento di una giusta temperatura di combustione ed al tempo di combustione. Il particolato solido è costituito per lo più da cenere, fuliggine e inquinanti organici che si formano a causa di fenomeni di combustione incompleta ed è emesso all’esterno attraverso il trascinamento da parte dei fumi. Queste particelle di particolato, che possono assorbire sostanze più o meno nocive quali i residui della combustione, sono emesse in quantità variabili da poche decine di mg/kg di combustibile a qualche centinaio di mg/kg. Opportuni sistemi di filtraggio dei fumi, che una dimensione maggiore dell’impianto può rende maggiormente efficaci e convenienti da un punto di vista economico, permettono di ridurre le emissioni a valle dell’impianto.

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STIME DI EFFETTO DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PM10 ED NO2 SULLA MORTALITÀ NATURALE A BREVE TERMINE NELLA CITTÀ DI VERONA.

Nello studio qui presentato viene stimata in dettaglio la mortalità a breve termine legata all’inquinamento atmosferico nella città di Verona Più precisamente viene stimato l’effetto determinato dalla concentrazione degli ossidi di azoto (NO2) e delle polveri sottili (PM10) nella città di Verona, nell’anno 2004, sulla mortalità a breve termine per cause naturali. Poiché questi inquinanti sono assunti come indicatori del mix complessivo di inquinanti presenti nell’aria dell’ambiente urbano, i valori espressi non debbono essere sommati, ma considerati quali stime alternative dell’effetto medio complessivo dell’inquinamento atmosferico, di cui sono surrogati, sulla mortalità a breve termine dei residenti nel Comune di Verona nel loro complesso. Va altresì ricordato che le stime della mortalità a lungo termine sembrano attestarsi su valori pari a 10 (o più) volte quelli calcolati per la mortalità a breve termine. La stima degli effetti sanitari determinati dall’inquinamento atmosferico richiede la preliminare definizione delle condizioni di esposizione all’inquinamento stesso. Come noto tali condizioni non sono affatto uniformi sul territorio e vengono, in linea generale, definite a diversi livelli:

• un livello cosiddetto «di background» esteso, a quanto indicato dalla reportistica tecnica ARPA, ormai all’intera pianura padana, che pare richiedere interventi correttivi di natura istituzionale ‘globale’;

• un livello ascrivibile ad una condizione di inquinamento medio, pur se con ovvie differenze stagionali, dei centri urbani, ben sintetizzato, nel caso di comuni di grandi dimensioni, nei valori indicati nello studio MISA 2;

• un livello, con specifiche fluttuazioni locali, ascrivibile alle situazioni di ‘hot spot’ rilevato frequentemente in strade interessate da elevati flussi di traffico, che presentano i valori di concentrazione degli inquinanti più elevati, ma che non possono peraltro rappresentare la condizione di esposizione media della popolazione dei comuni di cui trattasi.

Con riferimento specifico al problema dell’inquinamento atmosferico nei centri urbani, è necessario, ai fini di una corretta stima degli effetti sanitari, che la valutazione della qualità dell’aria definisca, attraverso le opportune strategie di misura, nonché modellazione e stima basate su inventari o rilevazioni delle fonti di emissione, quali siano i livelli di inquinamento assumibili: - come valore medio di esposizione per l’intera popolazione di riferimento (comune di Verona) - come valori di esposizione attribuibili a zone o ‘spot’ particolari all’interno del territorio comunale. LA VALUTAZIONE DELL’ESPOSIZIONE Il metodo più semplice per valutare l’esposizione della popolazione ad un particolare inquinante è quello di considerare alcune stazioni di controllo (o tutte) presenti in una città, calcolando poi la media aritmetica, sulle stazioni considerate, delle concentrazioni degli inquinanti selezionati per unità di tempo: i valori medi quotidiano ed annuale sono usati come indicatori dell’esposizione dell’intera popolazione. Le polveri, in particolare quelle definite fini ed ultrafini, sono spesso indicate come gli inquinanti maggiormente associati con eventi sanitari avversi, dai sintomi respiratori acuti alla mortalità prematura, e vengono abitualmente utilizzate come indicatori affidabili per lo studio degli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute anche in relazione al loro comportamento, simile a quello di un aeriforme, con distribuzione

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uniforme su aree geografiche molto ampie: in particolare è diffusamente utilizzata la concentrazione media del PM10, che risulta un buon surrogato delle effettive concentrazioni di esposizione al mix di inquinanti presenti nell’aria. Tuttavia lo studio MISA2 ha recentemente evidenziato che gli NO2 sono indicatori probabilmente più rappresentativi dell’effetto sulla salute umana del mix di inquinanti dell’ambiente urbano, rispetto allo stesso PM10 o ad altri inquinanti. Nel presente lavoro si è scelto di utilizzare entrambi questi indicatori. I dati relativi alle concentrazioni di PM10 e di NO2 nella città di Verona nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2004 sono stati forniti dal Dipartimento Provinciale di Verona dell’A.R.P.A. della Regione Veneto. Le stazioni fisse di monitoraggio della concentrazione degli inquinanti nell’aria presenti sul territorio veronese sono sei: due di esse sono situate fuori dall’area urbana (Cason e Torricelle); le altre quattro stazioni sono posizionate in punti rilevanti per il fenomeno dell’inquinamento cittadino veicolare ed industriale. La prima di queste stazioni di monitoraggio è ubicata in centro città (Piazza Isolo), due sono situate vicino a strade, di grande traffico, di penetrazione nella città (Corso Milano e San Giacomo) e la quarta si trova nella Zona Artigianale e Industriale (ZAI) di Verona (via Roveggia). Per l’inquinamento da NO2 si è ritenuto opportuno, per definire il livello medio attendibile di esposizione, utilizzare i valori forniti dalle centraline prese in considerazione dallo Studio MISA2 e più precisamente le centraline situate in Via San Giacomo, Piazza Isolo, Corso Milano e in ZAI (via Roveggia). Per il PM10 è stato invece necessario utilizzare le sole centraline in grado di rilevare questo parametro (Corso Milano e Cason). L’utilizzo di indicatori di inquinamento differenti misurati da un diverso numero di centraline, se da una parte introduce alcuni elementi di variabilità nelle misure e stime, dall’altra consente di valutare la consistenza delle stime stesse al variare dei criteri utilizzati per quantificare il livello di esposizione media della popolazione. LA VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI SULLA SALUTE L’approccio utilizzato, tanto per le stime di esposizione quanto per quelle sugli esiti sanitari, è quello previsto nel software “Air Quality Health Impact Assessment Tool” (AirQ, versione 2.2.2) messo a punto e distribuito dall’ “European Centre for Environment and Health” dell’OMS . I dati utilizzati per l’analisi sono stati i seguenti:

• gli inquinanti considerati sono gli NO2 ed il PM10, relativamente al periodo compreso tra 01/01/2004 e 31/12/2004;

• i soggetti considerati esposti sono i 258.115 residenti in Verona (dati riferiti all’01/01/2004, fonte ISTAT), così suddivisi per sesso: Maschi: 122.671; Femmine: 135.444;

• il valore di incidenza annuale delle morti per causa naturale è quello riportato dal MISA2 ed è pari a 1000 per 100.000 abitanti.

• l’incremento di rischio di morte per cause naturali associato con un aumento nella concentrazione di NO2 e di PM10 di 10 µg/m3 è quello definito dallo studio MISA2 per l’analisi della mortalità a breve termine ed è pari a 0.59 (valore percentuale) per NO2 ed a 0.31 (valore percentuale) per il PM10

I risultati sono riportati nelle schede 4.20 e 4.21. Nelle figure seguenti sono riportate le concentrazioni di PM10 e NO2 di riferimento nello studio epidemiologico e le relative distribuzioni di frequenza.

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Figura 4-11: andamento dei valori delle medie mensili dei valori di PM10 nel comune di Verona da 01/01/2004 al 31/12/2004

PM10 a Verona dal 01/01/2004 al 31/12/2004 (Medie mensili)

0

20

40

60

80

100

120

Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

Mese

µg/

m3

Corso Milano Cason

Figura 4-12: distribuzione di frequenza delle concentrazioni medie giornaliere di PM10 nel comune di Verona da 01/01/2004al 31/12/2004.

PM10 a Verona dal 01/01/2004 al 31/12/2004

0

10

20

30

40

50

60

70

80

< 10

10-1

9

20-2

9

30-3

9

40-4

9

50-5

9

60-6

9

70-7

9

80-8

9

90-9

9

100-

109

110-

119

120-

129

130-

139

140-

149

150-

159

160-

169

170-

179

180-

189

190-

199

200-

249

250-

299

300-

349

350-

399

>=40

0

µg/m3

nu

m. g

iorn

i

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Figura 4-13: andamento dei valori delle medie mensili dei valori di NO2 nel comune di Verona da 01/01/2004 al 31/12/2004.

NO2 a Verona dal 01/01/2004 al 31/12/2004 (medie mensili)

0

10

20

30

40

50

60

70

80

Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre

Mese

µg/

m3

C.Milano P.le Bernardi San Giacomo Z.A.I.

Figura 4-14: distribuzione di frequenza delle concentrazioni medie giornaliere di NO2 nel comune di Verona da 01/01/2004 al 31/12/2004.

NO2 a Verona da 01/01/2004 al 31/12/2004

0

20

40

60

80

100

120

< 1

0

10-1

9

20-2

9

30-3

9

40-4

9

50-5

9

60-6

9

70-7

9

80-8

9

90-9

9

100-

109

110-

119

120-

129

µg/m3

Nu

m. o

re

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SCHEDA 4.20: LE STIME DI EFFETTO DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA PM10 Tipologia di informazione: indicatori di impatto sanitario. Disponibilità di dati: buona Premessa Sulla base dei valori di concentrazione di PM10, riferiti all’anno 2004, sono state effettuate due diverse stime del numero di morti a breve termine per cause naturali attribuibili a tale inquinante indice. Le stime sono conservative, in quanto assumono di non considerare alcun evento ‘in eccesso' al di sotto di un valore predefinito di concentrazione di PM10. Rappresentazione grafica Nella tabella seguente viene riportata la stima delle morti ‘in eccesso’ attribuibili all’esposizione a concentrazioni di PM10 superiori a 30 e 40 µg/m3

Valori di riferimento Valori > 40 µg/m3 Valori > 30 µg/m3

Morti in eccesso per PM10 [I.C.] 13.6 [ 0.0 ; 32.2 ]

18.1 [ 0.0 ; 42.7 ]

Commento La prima stima considera le morti ‘in eccesso’ attribuibili all’esposizione a concentrazioni di PM10 superiori al valore di 40 µg/m3, che si identifica tra l’altro con il limite annuale prescritto dal DM 60/2002 a partire dal 1° gennaio 2005. In questa ipotesi gli eventi in eccesso risultano 13.6 (per un intervallo di confidenza del 95 %:, i valori stimati sono compresi nell’intervallo: 0.0 – 32.2). La seconda stima considera le morti ‘in eccesso’ attribuibili all’esposizione a concentrazioni di PM10 superiori al valore di 30 µg/m3, ragionevolmente considerabile quale ipotetico ‘livello di fondo” in zone libere da inquinamento. In questa ipotesi gli eventi in eccesso risultano 18.1 (per un intervallo di confidenza del 95 %:, i valori stimati sono compresi nell’intervallo: 0.0 – 42.7). Sebbene i rischi relativi per la mortalità a breve termine, stimati da studi basati sull’analisi di serie temporali, siano molto bassi, non va dimenticato che all’inquinamento atmosferico presente nelle aree urbane risulta esposta l’intera popolazione ivi residente e che gli eventuali effetti a lungo termine risulterebbero di almeno un ordine di grandezza superiori; per tale ragione l’impatto sulla salute, espresso in numero di eventi attribuibili all’inquinamento, risulta tutt’altro che trascurabile. Non va infine sottaciuto il fatto che gruppi diversi di cittadini, residenti in determinate zone urbane, possono essere esposti a livelli molto diversi di concentrazione di inquinanti. Nel presente lavoro, infatti, i livelli delle concentrazioni medie annuali di PM10 rilevati dalle centraline poste in Corso Milano e Cason risultano pari rispettivamente a 66 µg/m3 e 41 µg/m3. Ciò pone anche il problema di diversificare le strategie ‘locali’ di intervento con provvedimenti di restrizione e mitigazione dell’esposizione mirati su specifiche aree territoriali, in funzione dei livelli di inquinamento riscontrabili nelle diverse ‘zone’ descritte nelle premesse. Propedeutica a tale strategia ‘modulata’ appare la necessità di definire e mappare, attraverso le campagne di misura previste per legge affiancate dalle opportune stime modellistiche, aree omogenee per livelli di inquinamento da polveri fini od ultrafini ed ossidi di azoto, assunti come indicatori surrogati del mix di inquinanti.

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SCHEDA 4.21: LE STIME DI EFFETTO DELL’INQUINAMENTO ATMOSFERICO DA NO2 Tipologia di informazione: indicatori di impatto sanitario. Disponibilità di dati: buona Premessa Sulla base dei valori di concentrazione di NO2, riferiti all’anno 2004, sono state eseguite due diverse stime del numero di morti a breve termine per cause naturali attribuibili a tale inquinante indice. Rappresentazione grafica Nella tabella seguente viene riportata la stima delle morti ‘in eccesso’ attribuibili all’esposizione a concentrazioni di PM10 superiori a 30 e 40 µg/m3

Valori di riferimento Valori > 40 µg/m3 Valori > 30 µg/m3

Morti in eccesso per NO2 [I.C.] 14.0 [ 6.2 ; 22.2 ]

24.3 [ 10.8 ; 38.5 ]

Commento La prima stima considera le morti ‘in eccesso’ attribuibili all’esposizione a concentrazioni di NO2 superiori al valore di 40 µg/m3, che si identifica tra l’altro con il limite annuale prescritto dal DM 60/2002 a partire dal 1° gennaio 2010. In questa ipotesi gli eventi in eccesso risultano 14 (per un intervallo di confidenza del 95 %:, i valori stimati sono compresi nell’intervallo: 6.2 – 22.2). La seconda stima considera le morti ‘in eccesso’ attribuibili all’esposizione a concentrazioni di NO2 superiori al valore di 30 µg/m3, nell’ipotesi che anche nel caso degli NO2 questo valore possa essere ragionevolmente considerato quale ‘livello di fondo” in zone libere da inquinamento. In tale ipotesi gli eventi in eccesso risultano 24.3 (per un intervallo di confidenza del 95 %:, i valori stimati sono compresi nell’intervallo: 10.8 – 38.5). Il numero di morti in eccesso a breve termine attribuibili all’inquinamento atmosferico occorso nell’anno 2004 nella città di Verona, come risultante dalle stime del presente studio, oltre a non essere affatto trascurabile, deve essere visto come la punta dell’“iceberg” costituito da tutti gli effetti sanitari correlabili all’inquinamento atmosferico. Modifiche anche minime nel livello di esposizione al mix di inquinanti possono avere effetti rilevanti sul numero di eventi sanitari avversi attribuibili all’inquinamento. Va inoltre osservato che – a differenza dei fattori di rischio legati agli ‘stili di vita’ – l’esposizione all’inquinamento atmosferico non è controllabile attraverso comportamenti individuali Non va infine sottaciuto il fatto che gruppi diversi di cittadini, residenti in determinate zone urbane, possono essere esposti a livelli molto diversi di concentrazione di inquinanti. Nel presente lavoro, infatti, i livelli delle concentrazioni medie annuali di NO2 rilevati dalle centraline poste in Corso Milano e Piazzale Bernardi risultano pari rispettivamente a 54 µg/m3 e 44 µg/m3

Quindi, oltre alla realizzazione di strategie di riduzione e mitigazione dell’esposizione ricordate nella scheda precedente, appare necessario che venga approfondita la ricerca sulla valutazione di efficacia degli interventi di mitigazione, al fine di consentire ai decisori di scegliere le strategie combinate ottimali per ottenere significative riduzioni dei livelli di esposizione nelle varie situazioni, con conseguente effettiva riduzione degli effetti sanitari avversi associabili a tali esposizioni

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Le azioni di risposta al problema dell’inquinamento atmosferico In seguito all’emanazione del Decreto Legislativo n. 351/99 ““Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente” è stato assegnato alle Regioni il compito di effettuare una valutazione della qualità dell’aria al fine di identificare e classificare le zone del territorio regionale in base alle differenti criticità rispetto ai valori limite previsti dalla normativa in vigore per gli inquinanti atmosferici. In data 11 novembre 2004, con la Delibera del Consiglio Regionale n. 57, è stato approvato il Piano Regionale di Tutela e Risanamento dell’Atmosfera che identificava, nella Provincia di Verona, cinque comuni a rischio di superamento dei valori limiti per il PM10, stabiliti dal Decreto ministeriale n. 60 del 2002. Tali comuni erano:

1. Verona, 2. Villafranca di Verona 3. San Giovanni Lupatoto, 4. Castel d’Azzano 5. Legnago.

Questi comuni, cosiddetti di fascia A, avevano l’obbligo di individuare ed applicare una serie di provvedimenti (i cosiddetti Piani di Azione) volti a risanare/mitigare l’inquinamento da PM10. I restanti comuni della provincia erano stati classificati di “fascia C” con l’obbligo di sviluppare dei piani di mantenimento allo scopo di porre in essere azioni e provvedimenti che scongiurassero il pericolo di un degrado della qualità dell’aria nel loro territorio. A partire dall’anno 2004 il Dipartimento Provinciale ARPAV di Verona ha iniziato una serie di campagne di misura con il laboratorio mobile con lo scopo di caratterizzare il territorio dal punto di vista della concentrazione di PM10. I risultati di queste campagne hanno contribuito alla definizione di una proposta di aggiornamento della zonizzazione del territorio provinciale. Gli altri elementi conoscitivi, determinanti nella definizione della nuova zonizzazione provinciale, sono rappresentati da:

1. l’archivio delle emissioni sviluppato da APAT e da ORAR-ARPAV che fornisce per ogni comune la stima della densità emissiva di PM10 primario, NOx. NH3, COV, SOx principali componenti del PM10 secondario

2. l’analisi dei dati meteo climatici che caratterizzano la zona oro-climatica di appartenenza

La proposta di ARPAV Dipartimento di Verona è stata poi integrata secondo la metodologia sviluppata dall’Osservatorio Aria di ARPAV che suddivide in base alla densità emissiva i comuni in fascia A, in comuni di fascia A1 agglomerato, A1 provincia e A2 provincia. In particolare la distinzione viene effettuata sulla base delle seguenti soglie emissive: < 7 t/a km2 (Comuni A2 a bassa densità emissiva) > 7 t/a km2 e < 20 t/a km2 (Comuni A1 a media densità emissiva-provincia) > 20 t/a km2 (Comuni A1 ad alta densità emissiva- agglomerato) Come A1 vengono classificati i Comuni che sono causa di inquinamento della qualità dell’aria per se stessi e per i Comuni limitrofi, come A2 quelli che non sono direttamente causa della propria situazione della qualità dell’aria. Sia i Comuni A1 che i Comuni A2 sono comunque appartenenti alla Zona A, ossia è molto probabile che siano presenti problematiche dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico (superamento del VL giornaliero e annuale per il PM10). La distinzione fra comuni in A1 ed A2 deve essere visto come un aiuto o una guida per l’impostazione dei piani di azione e di risanamento che tutti i comuni in fascia A sono tenuti ad adottare.

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SCHEDA 4.22: LA NUOVA ZONIZZAZIONE DELLA PROVINCIA DI VERONA Tipologia di informazione: indicatori di risposta. Disponibilità di dati: buona Premessa La zonizzazione proposta da ARPAV è stata approvata dal Tavolo Tecnico Zonale della Provincia di Verona (TTZ) e dal Comitato di Indirizzo e Sorveglianza (CIS). I comuni in fascia A sono stati suddivisi in due fasce (A1 ed A2) in base alla densità emissiva. Si è, quindi, applicata la distinzione, proposta da ORAR – ARPAV fra comuni che contribuiscono all’inquinamento da PM10 (A1) e comuni che non contribuiscono direttamente, ma che risentono degli effetti di un inquinamento diffuso sul territorio (A2). Rappresentazione grafica rappresentazione grafica dell’estensione della zona A: tratteggiati i comuni che sono stati inseriti in fascia A, in colore (marrone) i comuni, inseriti in fascia A, per i quali sono disponibili misurazioni. La scala colore è stata determinata sulla base della percentuale di superamento del limite annuo per le poveri sottili pari a 40 µg/m3

• non inquinato: concentrazione media annua stimata < limite annuo • inquinamento medio: superamento del limite annuo compreso fra 0 - 20% • inquinamento elevato: superamento del limite annuo compreso fra 20% - 50% • inquinamento elevato: superamento del limite annuo superiore al 50%

Commento L’approvazione della nuova zonizzazione avrà come conseguenza la necessità di sviluppare ed applicare azioni strutturali per la diminuzione dell’inquinamento atmosferico che interessino non più il singolo comune ma aree vaste della provincia

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Negli ultimi anni, si è, inoltre assistito ad un forte impegno da parte delle aziende di trasporto pubblico per diminuire l’impatto dei loro mezzi di trasporto sulla qualità dell’aria. Nel seguito verrà sintetizzato il risultato dello sforzo di ammodernamento dei parchi macchine delle aziende APTV e AMT dal punto di vista della riduzione delle emissioni. Il trasporto pubblico rappresenta una delle risposte prioritarie al problema delle emissioni da traffico. Le due principali aziende di trasporto pubblico di Verona hanno posto in essere un ampio lavoro di rinnovamento dei loro parchi veicolari. Accanto al rinnovamento di questi va aggiunto la tendenza a privilegiare l’uso dei mezzi più nuovi (caratterizzati da motorizzazioni con impatti più contenuti) a scapito dei più vecchi e più inquinanti. Nella tabella 4.7 è riportato il parco mezzi dell’AMT per gli anni 2004, 2005 e 2006 (primo semestre) con l’indicazione del chilometraggio percorso con ogni categoria di mezzi; nel grafico seguente le emissioni prodotte da un autobus nel percorrere un chilometro in funzione della tecnologia di riduzione delle emissioni.

Tabella 4-7: parco mezzi di AMT e relative percorrenze in Km per gli anni 2004 e 2005.

Parco Mezzi Percorrenza [km]

2004 2005 1° SEM

2006 2004 2005 1° SEM

2006

bus Euro 0 (<'88) 0 50 0 0 385,061 0 furgone Euro 0 (<'88 0 1 0 0 400 0

bus Euro 0 (<'88) 85 35 35 3,375,8691,140,365 513,591 furgone Euro 0 (<'88) 1 0 0 38,362 0 0 bus Euro 0 ('88-'93) 33 29 29 1,265,9511,114,126 517,552

furgone Euro 0 ('88-'93) 3 7 7 115,086 315,501 21,094 bus Euro 2 45 45 45 1,758,1941,703,684 665,085

furgone Euro 2 13 13 13 349,086 315,501 166,479 ibrido Euro 2 8 8 8 24,196 51,498 32,799 bus Euro 3 2 2 2 72,237 83,877 36,595

bus EEV 3 57 57 0 1,804,5351,693,293

TOTALE bus attivi a fine periodo 193 196 196 6,998,9816,914,5483,646,488

Nella Figura 4-15 sono rappresentate graficamente le emissioni dei principali inquinanti per ogni tipologia di mezzo in uso presso l’azienda di trasporti municipale veronese, in g/Km: è evidente come gli autobus più recenti a metano (EEV) abbiamo a parità di chilometri percorsi delle emissioni estremamente ridotte anche rispetto agli autobus Euro 3 più recenti, ma alimentati con combustibile tradizionale.

Anche l’Azienda Provinciale di Trasporti (APTV) ha negli ultimi anni modificato in maniera sensibile la composizione del proprio parco mezzi riducendo così le emissioni. Nella scheda 4.24 viene sintetizzato il risultato di tale politica di risposta al problema dell’inquinamento atmosferico.

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Figura 4-15: emissioni di NOx, CO, PM10 e idrocarburi per tipologia di mezzo in g/Km

0

5

10

15

20

25

30

35

bus Euro 0 ('88-'93)

bus Euro 2 ibrido Euro 2 bus Euro 3 bus EEV

g/K

m

NOx CO PM10 HC Oltre all’impegno per migliorare il servizio di trasporto pubblico, per ridurre l’impatto del traffico sulla qualità dell’aria nelle nostre città, è necessario attuare politiche di mobilità sostenibile che disincentivino l’uso del mezzo privato a favore di altre modalità di trasporto a più basso impatto ambientale. Sono, quindi da sottolineare tutte le azioni volte ad incentivare l’uso, ove possibile, di bicicletta e di pedonabilità. Verona ha cercato negli ultimi anni di colamre il gap che la divideva da altre città venete come Padova in cui la rete di percorsi ciclabili è maggiormente sviluppata. Nella mappa seguente sono riportati i percorsi già realizzati e quelli in progettazione, nella scheda 4.25 l’indicatore mostra l’incremento delle piste ciclabili dal 2002 ad oggi.

Figura 16: mappa dei percorsi ciclopedonabili realizzati o in fase di realizzazione nel comune di Verona (Fonte: Ufficio biciclette)

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SCHEDA 4.23: RIDUZIONE DELLE EMISSIONI DEL TRASPORTO PUBBLICO URBANO Tipologia di informazione: indicatori di risposta. Disponibilità di dati: buona (fonte AMT –elaborazioni ARPAV DAP VR) Premessa È stato calcolato il contributo emissivo di ogni categoria di autobus (convenzionali, Euro1, Euro 2 ed Euro3) in base agli specifici fattori di emissione forniti ad AMT ed ai chilometri effettivamente percorsi. Rappresentazione grafica Emissione media di PM10, NOx , CO e HC in g/Km degli autobus componenti la flotta AMT nel periodo 2004-2006

0

5

10

15

20

25

30

35

2004 2005 2006

g/K

m

PM10 CO HC NOx

Commento Il rinnovo del parco mezzi dell’Azienda Municipale Trasporti di Verona ha portato ad un incremento degli autobus alimentati a gas naturale (da 3 nel 2004 a 57 nel giugno 2006) ed a una diminuzione degli autobus convenzionali in servizio (da 85 a 35 nel periodo 2004-2006). Inoltre, l’Azienda ha attuato una politica di razionalizzazione dell’uso dei mezzi che ha portato ad un aumento dei Km percorsi con le nuove motorizzazioni e a una radicale diminuzione dei Km percorsi dai mezzi più vecchi. Questo ha comportato una sostanziale riduzione delle emissioni. Mediamente un automezzo ha emesso nel 2006 circa 5 g. per Km di PM10 primario contro gli 11 g/Km del 2004.

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SCHEDA 4.24: RIDUZIONE DELL EMISSIONI DEL TRASPORTO PUBBLICO EXTRA-URBANO Tipologia di informazione: indicatori di risposta. Disponibilità di dati: buona (fonte APTV –elaborazioni ARPAV DAP VR) Premessa È stato calcolato il contributo emissivo di ogni categoria di corriere (convenzionali, Euro1, Euro 2 ed Euro3) in base agli specifici fattori di emissione ed ai chilometri effettivamente percorsi. Rappresentazione grafica Emissione media di PM10, NOx , CO e HC in g/Km degli automezzi componenti la flotta APTV nel periodo 2002-2006

Emissioni medie (g/km) di un mezzo APTV

0

2

4

6

8

10

12

14

CO COV NOx PM10

g/km

2002 2006

Commento Il rinnovo del parco mezzi dell’Azienda Provinciale Trasporti di Verona ha portato ad un incremento delle corriere con motorizzazione EURO3 passate da 73 nell’anno 2002 a 185 nell’anno 2006. I mezzi convenzionali sono diminuiti da 147 a 102 e gli EURO2 da 74 a 50 nel 2006. Inoltre, le corriere di nuova motorizzazione hanno percorso il 70% dei Km totali percorsi dalla flotta APTV nell’anno 2006. questo ha comportato una riduzione media nel periodo 2002-2006 degli inquinanti pari al 20%.

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SCHEDA 4.25: INCREMENTO DELLE PISTE CICLABILI Tipologia di informazione: indicatore di risposta. Disponibilità di dati: buona (fonte : Comune di Verona-Ufficio biciclette) Premessa Lo sviluppo della cosiddetta “mobilità sostenibile” è il principale mezzo per diminuire il traffico e di conseguenza l’immissione di inquinanti ad esso legati nell’atmosfera. La possibilità di usufruire di mezzi alternativi all’automobile privata, per gli spostamenti quotidiani è fortemente legata, in particolare nell’ambito urbano, allo sviluppo di infrastrutture adeguate che garantiscano in particolar modo la sicurezza. Per questo motivo si è ritenuto significativo monitorare lo stato di avanzamento delle piste ciclabili nel comune di Verona. Rappresentazione grafica Nel grafico è rappresentato il numero di Km di piste ciclabili nell’anno 2002 e nell’anno 2006 (dato aggiornato a ottobre 2006) e i Km di piste ciclabili già progettate, ma non ancora realizzate (barra tratteggiata)

0

5

10

15

20

25

30

piste ciclabili anno2002

piste ciclabili anno2006

piste ciclabili inprogetto

Km

Commento Negli ultimi 4 anni le piste ciclabili nell’ambito comunale di Verona sono passate da 7 Km a 25 Km, con un incremento del 250%. In particolare è doveroso sottolineare, come, nonostante l’estensione delle piste ciclabili sia ancora inferiore a quella presente in altre città italiane come Bolzano o Ferrara in cui da parecchi anni si persegue una politica volta a incentivare la mobilità sostenibile, nondimeno è ora possibile per il ciclista veronese usufruire di percorsi che consentono di raggiungere il centro urbano dai quartieri periferici in sicurezza (si veda la mappa allegata). In particolare gli ulteriori 18 Km di piste ciclabili realizzati congiungono attualmente i quartieri, Golosine e Montorio con il centro città e di Chiedo con la stazione F.S.