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1 Trionfi di sovrani Ferrara, 1452: Borso d’Este, signore, oltre che di quella città, anche di Modena e Reg- gio, ospita Federico III d’Asburgo, venuto in Italia per farsi incoronare imperatore a Roma: da lui, in compenso per l’ospitalità ricevuta, ottiene il titolo di duca, trasformando in tal modo la sua signoria in un principato formalmente riconosciuto. Un anno più tardi, Borso fa la sua entrata a Reggio, per ricevere omaggio alla sua nuo- va dignità ducale. Il rituale dell’entrata in città, seguito da una folla di cittadini reverenti, è fastoso e complesso. Immediatamente fuori delle mura, il duca e il suo seguito sono accolti da un grandioso macchinario che sorregge un baldacchino sostenuto da angeli, sotto il quale appare un figurante in veste di san Prospero, patrono di Reggio; più in basso, su una piattaforma mobile, altri due figuranti abbigliati da angeli chiedono al santo lo scettro e le chiavi della città, per consegnarli al duca. Dietro a questo macchinario s’avanza un’impalcatura trai- L e monarchie dell’Europa moderna capitolo 6 Albrecht Dürer, Il grande carro trionfale di Massimiliano I, 1518-22 Gli apparati scenici usati per gli ingressi trionfali dei sovrani nelle città erano spesso simili, anche in contesti cronologicamente e geograficamente distanti fra loro.

capitolo 6 Le monarchie dell’Europa moderna · dei molti riti di passaggioche costellano la storia del-le civiltà: un individuo (in questo caso il principe di una Le monarchie

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1 Trionfi di sovrani

� Ferrara, 1452: Borso d’Este, signore, oltre che di quella città, anche di Modena e Reg-gio, ospita Federico III d’Asburgo, venuto in Italia per farsi incoronare imperatore aRoma: da lui, in compenso per l’ospitalità ricevuta, ottiene il titolo di duca, trasformandoin tal modo la sua signoria in un principato formalmente riconosciuto.

Un anno più tardi, Borso fa la sua entrata a Reggio, per ricevere omaggio alla sua nuo-va dignità ducale. Il rituale dell’entrata in città, seguito da una folla di cittadini reverenti,è fastoso e complesso.

Immediatamente fuori delle mura, il duca e il suo seguito sono accolti da un grandiosomacchinario che sorregge un baldacchino sostenuto da angeli, sotto il quale appare unfigurante in veste di san Prospero, patrono di Reggio; più in basso, su una piattaformamobile, altri due figuranti abbigliati da angeli chiedono al santo lo scettro e le chiavi dellacittà, per consegnarli al duca. Dietro a questo macchinario s’avanza un’impalcatura trai-

Le monarchie dell’Europa moderna

capitolo 6

Albrecht Dürer, Il grande carro trionfale di Massimiliano I, 1518-22

Gli apparati scenici usati per gli ingressi trionfali deisovrani nelle città erano spesso simili, anche incontesti cronologicamente e geograficamentedistanti fra loro.

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nata da cavalli nascosti, che sorregge un trono; dietro al trono sta un tableau vivant («qua-dro vivente»), cioè una rappresentazione composta da attori che, immobili, interpretanoruoli specifici; in questo caso è messa in scena l’allegoria della Giustizia, attorniata da quat-tro anziani legislatori, circondati – a loro volta – da sei angeli che sorreggono delle bandie-re e da due file di cavalieri in armatura, anch’essi dotati di bandiere. Superate altre raffi-gurazioni allegoriche, Borso arriva davanti alla chiesa di S. Pietro: dall’alto della facciataun figurante in veste di san Pietro, sostenuto da una corda coperta di ghirlande, spicca ilvolo, per giungere fino a lui e depositare sulla sua testa una corona d’alloro. Infine, dopoaver seguito il servizio religioso, che viene celebrato nel duomo, il duca, all’uscita dallachiesa, viene invitato a prender posto su un alto trono dorato, mentre da un edificio vici-no altri tre figuranti abbigliati da angeli si calano per portargli dei rami di palma, simbolodi pace. Con ciò, le autorità cittadine, mentre rendono omaggio al suo potere, gli offronoil loro intimorito augurio per il futuro.

� È un’istantanea piuttosto impressionante, questa che stiamo osservando: ci parla di unacittà, un tempo sede come molte altre di un libero comune, che ora si piega servilmente difronte al suo principe.

Questo, però, non è un episodio isolato. Tra il XV e il XVIII secolo non c’è luogo d’Eu-ropa che non assista a rituali pubblici di questo genere: duchi, principi, re, col loro segui-to, entrano nelle città tra ali di folla, accolti da apparati festivi sempre più complessi, vol-ti a magnificare la loro sovranità.

Descrizioni e immagini di questo tipo ci ricordano che nell’Europa tardomedievale si èverificato un netto spostamento nella bilancia dei poteri: allora, attraverso le innumerevo-li crisi che abbiamo precedentemente esaminato [� 2-4], tra i vari tipi di regime politicoin competizione, uno solo finisce per imporsi come dominante, perché capace di porreradici profonde e di assicurarsi un seguito stabile e duraturo: la monarchia.

� I successi di questo specifico sistema politico possono essere esaminati da tre differen-ti punti di osservazione:

a. in molte parti d’Europa si assiste all’ampliamento dei poteri territoriali e poli-tici di diverse dinastie monarchiche preesistenti, che si fanno fondatrici di Stati destinati –in alcuni casi – a un lungo e importante futuro;

b. sul trono imperiale si impone una dinastia (la casa d’Asburgo) che, se non rie-sce a rivitalizzare veramente le istituzioni imperiali, tuttavia sa sfruttarle magnificamenteper un’impressionante ascesa politico-dinastica;

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c. nella Penisola italiana nessuno Stato di grosse dimensioni è in grado di impor-si sugli altri, il che apre un gravissimo vuoto di potere, nel quale si inseriscono le grandimonarchie europee (Francia, Spagna, Impero), che trasformano per molti decenni la peni-sola in uno dei loro principali terreni di scontro politico-militare; tuttavia, anche in un con-testo come quello italiano, che si avvia a essere politicamente sempre più marginale, si assi-ste al superamento delle istituzioni repubblicane di derivazione comunale, che – salvopoche eccezioni – vengono cancellate da principati monocratici di varia natura.

Mutamenti di questo genere comportano una notevole serie di trasformazioni nella car-ta geopolitica d’Europa. Per leggerne le direttrici e, più in generale, per capire le ragionidel successo della forma monarchica, occorre tenere presenti alcuni aspetti strutturali delpotere regio che, se non tutti inventati in questi anni, vengono tuttavia perfezionati pro-prio in epoca rinascimentale, fino a definire l’essenza profonda della regalità nell’Europadell’Età moderna; si tratta di pratiche, rituali, modalità di organizzazione che rivelano lacoesistenza di quattro distinte concezioni del potere regio: la concezione sacrale, quellapatrimoniale, quella amministrativa e infine quella contrattuale.

Ciascuna di queste concezioni implica una diversa maniera di immaginare le relazioniche legano il sovrano ai suoi sudditi, ed èper questo motivo che occorre osservarle inmodo distinto.

2 La concezione sacrale della regalità

� Tanto nel Medioevo quanto nell’Età moderna il potere monarchico si considera deri-vato in primo luogo dal volere di Dio, e solo in secondo luogo dal consenso del popolo.Questo secondo elemento – teoricamente e giuridicamente presente nella definizione deipoteri monarchici – è tuttavia largamente messo in ombra dai rituali di regalità che tendo-no invece a presentare il sovrano non come una persona qualunque, ma come un sogget-to dotato di qualità e poteri soprannaturali, semidivini, sacri.

Il rituale funebre e l’incoronazione di un re sono, da questo punto di vista, due momen-ti essenziali per il forte significato simbolico che a essi viene attribuito.

� La morte di un sovrano è sempre un momento delicato per una monarchia; la succes-sione deve avvenire senza scosse, in modo da garantire perfetta continuità agli assetti digoverno. Le cose non sempre corrono lisce, specie se il re non ha lasciato un sovrano legit-timo. Ma anche quando il successore legittimo c’è, esiste comunque un tempo intermediofra la morte di un re e l’incoronazione del successore in cui si crea un vuoto di potere.

Per cancellare ogni incertezza e allontanare ogni pericolosa ambizione, i teorici monar-chici inventano una soluzione rituale piuttosto particolare, condensata nell’idea di un dop-pio corpo del re [� tema in discussione 2.1]. Secondo questa immagine, un re possiede uncorpo naturale e un corpo politico: il primo è sottoposto alle vicissitudini della vita e dellamorte; il secondo, invece, è immortale. Molto chiaramente ciò che si vuol dire è che la mo-narchia come istituzione è immortale; e per meglio fissare questa idea – in Inghilterra sindal 1327 (morte di Edoardo II), in Francia sin dal 1422 (morte di Carlo VI) – si mette in sce-na un rituale funebre durante il quale viene esposto un manichino in cera o in legno del so-vrano, ricoperto degli attributi regali, che viene servito e accudito come se si trattasse della

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lavorasultestoCerchia nel testo i simboli del potere monarchico.

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persona viva, mentre il corpo nudo del sovranomorto viene deposto in una bara avvolto in unsemplice sudario. Il rituale – che dura sino allaproclamazione del nuovo re – significa che lamorte fisica di un re non equivale alla morte po-litica dell’istituzione: e con ciò l’atmosfera di sa-cralità che si vuole costruire intorno alla figuradel sovrano arriva fin quasi a sfidare la morte.

� Proprio perché chiude definitivamente la fa-se di interludio inauguratasi con la morte di unsovrano, il rito della consacrazione e dell’inco-ronazione, che ha luogo qualche tempo dopo laproclamazione del nuovo re, ha un’importanzaassolutamente cruciale nel sancire formalmen-te e simbolicamente il passaggio di sovranità.

Per avere efficacia, il rito ha bisogno di unamessa in scena teatrale di grande spettacolarità:un corteo che accompagna il nuovo sovrano nelluogo deputato, che è sempre una chiesa; l’af-follarsi di una gran massa di popolo che osservala sfilata, ne attende lo svolgimento, ne saluta ilcompimento; l’entrata in chiesa e l’incontro conil vescovo (nel caso dei re) o con il papa (nel ca-so dell’imperatore), che sono le autorità religio-se incaricate di celebrare la cerimonia.

Quando il futuro re ha preso posto, con ilsuo seguito, nella chiesa destinata al rito, il rito può avere inizio. Certo può variare colmutare dei contesti, ma in linea generale esso è aperto da una serie di giuramenti che impe-gnano il futuro sovrano alla protezione della Chiesa, del suo popolo, della sua terra e a nonalienare i poteri della corona. Si ha poi l’unzione del sovrano: uno speciale olio santo vie-ne usato per ungere la testa, il petto, le spalle, le braccia e infine le mani del futuro regnan-te: è uno dei passaggi più significativi, perché la vera consacrazione avviene attraverso que-sta specifica operazione (simile, peraltro, a quella usata per l’ordinazione dei vescovi). Orail re è qualcosa di diverso, di non più totalmente uma-no: è diventato una figura veramente sacra.

La fase successiva è quella dell’attribuzione dei sim-boli di regalità: una tunica, uno scettro, un anello e poil’ultimo, il più importante, la corona, che viene postasulla testa del re o dell’imperatore dalle mani dell’auto-rità religiosa. A quel punto il sovrano può sedersi sultrono, mentre l’acclamazione della folla non si fa atten-dere e saluta con entusiasmo il compimento del rituale.

� A che serve una così elaborata messa in scena? È unodei molti riti di passaggio che costellano la storia del-le civiltà: un individuo (in questo caso il principe di una

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Corteo funebre di Carlo VI di Francia[Bibliothèque Nationale, Parigi]

Alla morte del re Carlo VI di Francia un corteo funebre porta per le viedella città il feretro del sovrano, su cui giace la sua effigie modellata suun manichino di cera: il manichino è abbigliato con le vesti reali edesibisce tra le mani i simboli del potere.

leparoledellaStoriaRITI DI PASSAGGIO L’espressione è stata co-niata dall’antropologo francese Arnold Van Gen-nep (1873-1957) nel suo libro I riti di passaggio(1909). Van Gennep sostiene che in ogni società lefasi della vita di ciascun individuo siano scandite daspeciali momenti di cambiamento: tali sono la na-scita e la morte, l’ingresso nella pubertà o nella vi-ta attiva, l’acquisizione di una specifica funzione.Tali passaggi sono – spesso – sottolineati da ritualiappositi, che vogliono sancire l’abbandono di unaprecedente condizione e l’acquisizione di un nuo-vo status (tipici sono, per esempio, i riti dell’investi-tura a cavaliere, o a sacerdote, o a magistrato e, perl’appunto, a sovrano).

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casa regnante, normalmente il primogenito) passa da uno stato di «normale umanità», pri-ma della cerimonia, a uno stato di pieno potere derivatogli dall’esser diventato qualcos’al-tro, il padre del suo popolo; ma anche un simbolo, un soggetto dotato di quel prestigiosacrale che lo avvicina a un ecclesiastico, a un santo perfino, come leggiamo nel Trattatodella consacrazione di Jean Golein.

In determinati casi l’idea della santità regale si è tradotta in particolari miti attraverso cui si è radicatanell’immaginario collettivo di generazioni e generazioni la falsa convinzione che alcuni sovrani posse-dessero il potere di compiere miracoli in virtù della grazia divina ricevuta attraverso l’unzione con unospeciale olio santo: è il caso dei sovrani francesi e inglesi che sin dal XIII secolo sono ritenuti capaci dicompiere un miracolo particolare, ovvero quello di guarire una malattia – l’adenite tubercolare (volgar-mente detta «scrofola») – attraverso l’imposizione delle mani sui rigonfiamenti che quella malattia pro-voca sul collo dei malati. La storia di questo presunto potere miracoloso è stata narrata in un grandelibro della storiografia del XX secolo, I re taumaturghi. Studi sul carattere sovrannaturale attribuito allapotenza dei re particolarmente in Francia e in Inghilterra, che Marc Bloch ha pubblicato nel 1924 [�tema in discussione 2.1].C’è un aspetto della malattia, spiega Bloch, che fa capire come mai si sia sviluppata questa particolarecredenza: la malattia raramente è mortale e non di rado attraversa fasi nelle quali autonomamente re-cede, anche senza bisogno di particolari cure. Questa la base funzionale, che rende plausibile la creden-za. Ma in realtà, osserva Bloch, solo pochi malati, delle centinaia e a volte migliaia di coloro che sono toc-cati dai re nel corso di un anno, guariscono per davvero. Non importa: la notizia delle guarigioni fa pre-mio sugli insuccessi; e di coloro che restano malati si dirà che lo sono perché hanno ricontratto il morbodopo esser stati toccati, o perché non hanno seguito un’adeguata condotta di vita. In breve: per centi-naia di anni i sudditi dei re francesi e inglesi vogliono credere al potere miracoloso che il rituale della con-sacrazione ha dato ai loro sovrani; ed è proprio l’unzione ciò che ne fa degli individui sacri.Lo spiega bene un trattatello dedicato al rituale della consacrazione scritto da un frate carmelitano,Jean Golein (1330 ca.-1403).

doc

Il mio temutissimo sovrano e signore1 [...] fu consacra-to re di Francia il giorno della Santa Trinità dal mio si-gnore l’arcivescovo di Reims, Jean de Craon nell’anno13602. Perché, sebbene anche gli imperatori di Roma edi Costantinopoli siano unti ed anche alcuni re come ilre di Gerusalemme3, quello di Spagna, quello d’Inghil-terra e quello di Ungheria [...], Carlo V, come i suoi pre-decessori, è stato unto non con un olio preparato dal-l’arcivescovo o da uno speziale, ma con il santo olio ce-lestiale che è nella santa ampolla che è conservata e cu-stodita a Saint Remi a Reims, che è quella che fu porta-ta dal cielo dalle mani degli angeli4 per ungere i nobili edegni re di Francia più nobilmente e più santamente diqualunque re, sia dei tempi antichi che dei nuovi. E perquesto il re di Francia è chiamato il nobilissimo e cristia-nissimo difensore della fede e della chiesa, e non ricono-sce alcun sovrano temporale sopra di sé. [...]

[Per questo], quando il re è unto e consacrato [...],coloro che sono affetti dalla malattia della scrofola, sesono toccati dalla mano del re, unta con l’olio della san-ta ampolla, ne vengono guariti e sanati. [...]

[Prima della consacrazione, tuttavia, si procede alrituale della consegna dei simboli della regalità.]

Allora si mette sull’altare [della cattedrale di Reims] lacorona reale e la spada e il suo fodero, gli speroni d’oro,e lo scettro d’oro e la verga d’oro [ecc.]. Il fatto di met-tere questi gioielli reali sull’altare dimostra che ogni inse-gna di nobile regalità deve venire da Dio. La coronasignifica che nella maestà reale [si trova] la vera lealtà.Poiché essa è rotonda, senza fine né inizio, allo stessomodo la nobiltà regia è senza imperfezione né interruzio-ne; e si deve portare sulla testa perché ciò significa che ilre domina su tutti e amministra la giustizia senza favori-re una parte piuttosto che un’altra. [...]

1. Il mio... signore: si tratta di Carlo V(1364-80).2. 1360: in realtà Carlo V viene incoro-nato il 19 maggio 1364.

3. re di Gerusalemme: si riferisce alla fi-gura biblica di Saul.4. che fu... angeli: su questa leggen-da, creata alla fine del IX secolo, si

basa la convinzione del potere tauma-turgico dell’olio conservato nella Cat-tedrale di Reims.

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Fatte queste cose, e messo il crisma5 sull’altare in uncontenitore consacrato, l’arcivescovo deve preparare lasanta ampolla sull’altare e ne deve trarre, su un ago d’oro,qualche goccia dell’olio inviato dal Cielo, e mescolarla congrande diligenza con il crisma che è stato preparato perungere il re. Questo già citato crisma sta a simboleggiarel’unzione che lo spirito santo inviò agli apostoli il giornodella Pentecoste [...]. La mescolanza dell’olio dell’ampol-la e del crisma sta a rappresentare l’unione della qualità re-gale e sacerdotale [...]. Per questo si devono mescolarequesti due unguenti con la massima attenzione e ne deveungere il re con grande devozione. E da ciò deriva che egliè il re più degno e più gloriosamente unto di ogni altro eche è privilegiato su tutti per via della divina unzione, in-viata dal Cielo.

E quindi, quando la camicia del re è stata aperta, eglisi pone in ginocchio per ricevere l’unzione più umilmen-te e in più grande devozione. [...]

Una volta che il re sia stato consacrato, il cancelliere,se è presente, o l’arcivescovo, in sua assenza, devonochiamare i pari6 per ordine, prima i laici e poi gli eccle-siastici, e mentre costoro si pongono in piedi e in cerchio,l’arcivescovo pone la corona sulla testa del re [...] mentredice: Ricevi la corona del Regno in nome del Padre e delFiglio e dello Spirito Santo. [...] Dopodiché l’arcivescovodeve condurre il re per la mano attraverso la chiesaaccompagnato dai pari fino al suo trono, dove deve farlosedere dicendo questa formula: Sta e conserva la condizio-ne che per trasmissione paterna hai ottenuto per diritto ere-ditario. [...] Dunque lo fa sedere, tenendolo per mano, ecosì il re è insediato7.

5. crisma: balsamo mescolato a oliobenedetto.6. pari: cioè i più grandi nobili del re-

gno.7. insediato: cioè, fisicamente sedutosul trono e simbolicamente pervenu-

to nel pieno possesso di tutti i suoipoteri.

Unzione del sovrano,metà del XIII sec.[da Ordo du sacre,Bibliothèque Nationale,Parigi]

Le miniature dell’Ordocostituiscono il primo cicloiconografico che descriveil ritualedell’incoronazione del redi Francia, nella fase in cuiassume i caratteri chesaranno conservati fino alXIX secolo. Questospecifico manoscritto èstato consultato perorganizzarel’incoronazione diFrancesco I (1515) e diEnrico IV (1594).

Una guarigionemiracolosa, XV sec.

La miniatura racconta di unaguarigione miracolosaavvenuta sulla tomba di sanLuigi e attesta il poteresovrannaturale attribuito adalcuni sovrani. Nel 1270Luigi IX, appena giunto inTunisia a capo dell’ottavacrociata, morì di peste; suofratello Carlo d’Angiò, re diSicilia, ne fece trasportare lasalma in Francia. Poco tempodopo il re, del quale già invita si diceva possedessepoteri curativi, fu fatto santoe i suoi resti furono sepoltinella chiesa di Saint-Denis,nei pressi di Parigi, per essereofferti al culto dei pellegrini.

� Non tutte le dinastie regie sono in grado di esibire, come quella francese e quella ingle-se, presunti poteri miracolosi; ma tutte fanno ogni sforzo possibile per circondare la per-sona del sovrano, le sue istituzioni e in definitiva la sua forza di un’aura sacrale, attraver-so il rito della consacrazione e dell’incoronazione.

È tuttavia bene sottolineare anche un altro aspetto che il rituale apertamente mette inscena: la sacralità regale deriva dall’intervento di intermediari ecclesiastici, il papa o ivescovi, che – officiando i rituali di consacrazione – si frappongono fra Dio e il sovrano.

[da Richard A. Jackson, The «Traité du Sacre» of Jean Golein, in «Proceedings of the American Philosophical Society», 1969, vol. 113,n. 4, pp. 308-9; 312; 314; 316; 318]

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Questo passaggio del rituale ha già aperto, nei secoli precedenti, scontri durissimi fraPapato e Impero, fra Papato e monarchie; il primo interpretando il rituale come segno del-la superiorità che spetta alle gerarchie ecclesiastiche sulle autorità laiche; gli altri metten-done in risalto la mediazione puramente strumentale e asserendo l’origine direttamentedivina del potere regio. Questa seconda opinione riesce a imporsi nella misura in cui gliimperatori o i re sono in grado di affermare la loro forza (politica o militare) sulla Chiesa.Ma non c’è dubbio che nella maggior parte delle monarchie l’equilibrio resta precario e lasacralizzazione del potere, importantissima come fondamento dell’istituzione monarchi-

ca, non può avvenire che attraverso la pre-senza di rappresentanti del potere ecclesia-stico, capaci di farsi mediatori tra divino eterreno.

3 La concezione patrimoniale della regalità

� Il matrimonio di un re, la nascita dei piccoli principi, la morte del sovrano e la succes-sione dell’erede al trono sono eventi ben noti a chiunque tutt’oggi segua sulla stampa o intelevisione le vicende delle dinastie ancora regnanti in grandi Stati come la Gran Bretagnao in minuscoli fazzoletti di terra come il Principato di Monaco. L’attenzione speciale chesi continua a dedicare a questi eventi, abituali e perfino banali quando toccano l’esperien-za di famiglie ordinarie, deriva da una questione oggi assai poco rilevante, eppure crucia-le nel Medioevo e nell’Età moderna.

Quei passaggi, normalmente considerati privati, hanno per le famiglie regnanti ancheun rilievo pubblico (e quindi politico), poiché allora si considera che la corona, intesa comesovranità e come territorio geografico su cui essa si esercita, sia – in qualche modo – par-te del patrimonio personale delle dinastie regnanti.

È questa la ragione per cui vicende in apparenza marginali (matrimoni, nascite, mortidi singole persone) hanno invece un grande rilievo nella politica europea. Un matrimo-

lavorasultestoSottolinea e numera a margine del testo le fasi previste dalrito della consacrazione e dell’incoronazione del sovrano.

Albrecht Dürer, Il corteo trionfale per il matrimonio di Maria di Borgogna con Massimilianod’Asburgo, 1516-18

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All’inizio del 1477 il duca di Borgogna, Carlo il Temerario (1467-77), muore senza lasciare figli maschi;il Ducato di Borgogna, le Fiandre e gli altri territori posti sotto la sua sovranità passano dunque a suafiglia Maria (1477-82) [� 7.1-2]. Intanto il re di Francia, Luigi XI (1461-83), avanza pretese sulle terre delDucato, procedendo a un tentativo di occupazione. Anche per difendersi dall’aggressione, il 19 agosto1477 Maria sposa Massimiliano d’Asburgo (1493-1519), figlio dell’imperatore Federico III [� 3.5], concui, peraltro, erano in corso trattative matrimoniali sin dal 1469. Un mese dopo il matrimonio Mariaredige un atto di donazione, scritto in latino e pensato per garantire a Massimiliano la piena sovranitàsulle terre appartenenti al Ducato di Borgogna.Il documento notarile che registra le volontà di Maria tratta i domìni della corona alla stregua di una pro-prietà privata: del resto la «donazione» redatta da un notaio è un tipico documento di diritto privato, an-che se in questo caso le disposizioni hanno un evidente rilievo pubblico e sono così influenti da determi-nare l’aggregazione delle terre del Ducato di Borgogna al patrimonio ereditario degli Asburgo.

doc

Lascito di Donna Maria per il duca Massimiliano d’Au-stria, suo consorte

Maria, per grazia di Dio duchessa d’Austria, Borgogna,Brabante, Lorena, Stiria, Carinzia, Carniola, Limburgo,Lussemburgo, Gheldria, contessa di Fiandra, Asburgo,Tirolo, Pfirt, Borgogna, Artois, Olanda, Zelanda, Namure Zutphen, contessa palatina di Hennegau, margravia delSacro Impero a Burgau, langravia in Alsazia, signora diFrisia, della marca di Sclavonia, di Pordenone, di Salins edi Mecheln1. A perenne memoria di quanto è avvenuto.

Poiché l’illustrissimo signor nostro, cui si deve sommotimore e rispetto, il signore Massimiliano, duca d’Au-stria, Borgogna ecc., conte di Fiandra e di Tirolo ecc., ilnostro amatissimo consorte, ci tratta con amor coniuga-le e devoto affetto, e poiché è disposto per la difesa e ilrecupero di tutta la nostra eredità e del nostro comunedominio ad affrontare le alterne vicende della guerra e adesporsi ai pericoli della guerra contro tutti i nostri nemi-ci2, rendiamo noto ai presenti e ai futuri che Noi, consi-derando l’elevatezza del valore e della magnanimità del-la sua stirpe, intendendo mostrargli gratitudine per il suo

amore, riconoscere i pericoli, cui egli si espone, e [volen-do] contemporaneamente accrescere di giorno in giornola sua benevolenza verso di Noi, i domìni e i sudditi,abbiamo dato, concesso, donato a questo nostro signore,cui si deve sommo timore e rispetto, il signore Massimi-liano, i beni seguenti (qualora nel tempo di sua vita mori-remo senza figli3 pur continuando ad essere unita a luinel vincolo del matrimonio) e ancora glieli diamo e con-cediamo in caso di morte, convalidati da questo docu-mento, con nostra sicura cognizione e speciale grazia:tutti i principati e domini, tutti i nostri possedimenti, nes-suno escluso, mobili e immobili, presenti e futuri, confe-rendogli piena facoltà di amministrarli a suo genio, ditrarne frutto e di fare qualunque cosa gli piaccia per sé,per gli eredi e successori, per quelli che ora e in futuroavranno la stessa facoltà. Gli concediamo inoltre la facol-tà [di compiere] azioni utili e dirette e di entrare in pos-sesso di questi principati, signorie e beni valendosi dellasua autorità, superiore a quella di ogni altro, e dei suoipieni poteri.

Promettiamo sulla nostra parola di principessa di con-siderare giuridicamente valida, accetta e incontrovertibi-

1. Maria... Mecheln: Maria si defini-sce con i titoli che le derivano dallanascita e dal matrimonio con Massi-miliano.

2. per la difesa... nemici: allude allaguerra, già in corso, contro Luigi XI, redi Francia, per il controllo delle terre delDucato.

3.qualora... figli: Massimiliano e Mariaavranno due figli, Filippo e Margherita,che saranno inclusi da Maria tra i bene-ficiari della donazione.

nio, infatti, può comportare mutamenti geopolitici considerevoli, quando la principessache va in sposa porti con sé una dote che include un regno e la sovranità su di esso; perquesto stesso motivo, la morte di un re o di una regina può provocare mutamenti altret-tanto notevoli, se quella morte comporta il passaggio per eredità di terre e del potere diregnare su di esse, come accade, per esempio, alla morte di Maria di Borgogna, avvenu-ta nel 1482, quando si devono applicare le clausole che lei stessa ha stabilito nel 1477 inun fondamentale atto di donazione da lei compiuto a favore di suo marito, Massimilianod’Asburgo.

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106 UNITÀ 2 Il potere e il sapere nel Rinascimento

le la suddetta donazione in caso di morte, di non agire oprocedere contro di essa da parte nostra o di qualsiasialtro. Rimane tuttavia bene inteso che avremo liberafacoltà di approntare documenti, redigere codicilli e fartestamento, istituire eredi, legati e fedecommessi per sco-pi di pietà fino alla somma di duecentomila fiorini rena-ni4. E se avremo lasciato qualcosa a titolo di eredità, lasci-to o fedecommesso, il signor nostro Massimiliano, primanominato, sarà tenuto a concederlo agli eredi, ai titolaridei lasciti o fedecommessi, e dovrà adempiere al nostrotestamento.

Affinché poi la suddetta donazione abbia maggior for-za giuridica, supplichiamo e preghiamo il vostro serenis-simo signore, padre e suocero, il signor vostro Federico,col favore della divina clemenza imperatore dei Romani5,di autorizzare e di confermare per scritto questa nostradonazione. Preghiamo pertanto i titolari dei vostri lasci-ti o fedecommessi, qualora ve ne dovranno essere, e ordi-niamo perentoriamente ai nostri cari e fedeli consiglierie tesorieri, ai responsabili dei conti (che hanno l’incaricodi prendere disposizioni in materia di tutte le nostrefinanze e di amministrarle), agli altri magistrati e ai nostriufficiali o ai loro rappresentanti e a qualsiasi di essi, pre-sente e futuro, nonché agli altri sudditi nostri, per quelche a loro compete, di fare in modo che il suddetto signor

nostro, cui si deve sommo timore e rispetto, il signoreMassimiliano e i suoi eredi, successori e quelli che ora ein futuro avranno pieni poteri, usino e godano libera-mente e pacificamente questa nostra donazione per gra-zia nostra e in caso di morte, e non permettano che si ten-ti qualcosa contro questa disposizione o che vi si appor-ti qualche modifica. [...]

Questo documento firmato di nostro pugno abbiamovoluto sia convalidato con l’apposizione del nostro sigilloaffinché rimanga perennemente in vigore. Dato nella cit-tà di Bruges, il 17 settembre nell’anno del Signore 1477.

Maria Margherita6

di mia propria mano di mia propria mano

Questa donazione è stata eseguita nel modo anzidet-to, e io, Georg von Hessler, protonotaio dell’apostolicae imperiale maestà, qui di mio pugno lo attesto, alla pre-senza di testimoni, cioè della illustrissima signora du-chessa Margherita, che [lo] ha sottoscritto, e del signorcavaliere Honoris de Irlariis [?] e di altri. Trattato e av-venuto nel giorno, nel tempo e luogo sopra indicato.

[da I Propilei. Grande Storia Universale Mondadori, VI, Il Rinasci-mento. Le grandi civiltà extraeuropee, a cura di Golo Mann e Au-gust Nitschke, Mondadori, Milano 1973]

4. Rimane... renani: Maria vuol direche si riserva la possibilità di fare un te-stamento che preveda lasciti o dona-zioni a privati, o a chiese, o a conventi,abitudine ampiamente diffusa al-l’epoca. Questo è uno dei punti in cuimeglio si vede come Maria non riescaa fare una vera distinzione tra i suoi

poteri di duchessa sovrana e i suoi pos-sedimenti privati (le sue risorse finan-ziarie, per esempio), che vengono trat-tati alla stessa stregua, nella cornicedello stesso documento.5. il signor vostro... Romani: si trattadell’imperatore Federico III, padre diMassimiliano.

6. Margherita: si tratta di Margheritadi York; sorella di Edoardo IV, re d’In-ghilterra; è la terza moglie di Carlo ilTemerario (il matrimonio viene cele-brato nel 1468) ed è la matrigna diMaria che, a sua volta, è figlia di Isa-bella di Borbone, seconda moglie diCarlo, morta nel 1465.

� Nella mentalità e nella cultura giuridica dell’epoca si riconosce pure che i diritti patri-moniali del sovrano sulla corona debbano incontrare una limitazione invalicabile, chederiva dalla loro assoluta inalienabilità: ovvero, almeno in linea di principio, un sovranopuò acquistare (per matrimonio, per eredità o in altro modo) territori e potere sovrano,ma non li può vendere o cedere a estranei, cioè a soggetti non inclusi nella genealogia del-la dinastia regale; e ciò perché quei territori e quel potere sono – come si dice all’epoca –res quasi sacrae (beni quasi sacri), e cioè paragonabili alle res sacrae (ovvero all’inaliena-bile patrimonio della Chiesa). La natura sacra dei beni della corona e della sovranità chevi si esercita fa sì che il giuramento cui un sovrano è tenuto al momento della sua consa-crazione includa anche la formula che lo obbliga a non alienare né territori, né poteri.

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4 La concezione amministrativa della regalità

� Proprio nel Ducato di Borgogna del XV se-colo, dove Maria viene allevata, si consolida unadelle più eleganti corti europee, un modello imi-tato da numerose altre monarchie dell’epoca.

Ma che cos’è la corte? È il luogo fisico (reggia,palazzo, residenza temporanea), fino al XVI se-colo spesso mutevole e itinerante, in cui risiedo-no il re e i suoi familiari, insieme con diverse cen-tinaia, a volte addirittura migliaia, di ufficiali,funzionari, servitori.

È un luogo che risente dell’intreccio tra pub-blico e privato, che è proprio della natura dellemonarchie europee: residenza privata, ma an-che luogo in cui si mette in scena il teatro delpotere reale e in cui si esercita effettivamente lasovranità.

� Soffermiamoci sull’aspetto pubblico dellacorte, che nel complesso è quello più rilevante.Tanto il luogo quanto le persone che la frequen-tano devono essere in grado di dar testimonian-za della natura eccezionale della maestà sovra-na. Questo è il motivo per cui, proprio nelle corti italiane ed europee del Rinascimento(inclusa quella dei pontefici, naturalmente), i più grandi artisti dell’epoca sono chiamati,accolti e stipendiati affinché adornino magnificamente gli edifici riservati all’esercizio delpotere sovrano.

� La corte si configura come uno spazio concepito affinché si mettano in scena le più raf-finate strategie della distinzione, ovvero affinché chiunque vi entri debba constatare l’evi-dente superiorità del sovrano, come di tutti coloro – uomini o donne – che gli gravitano at-torno: sono i cortigiani, ampiamente ritratti da Baldassarre Castiglione nel suo Libro delCortegiano.

Le monarchie dell’Europa moderna capitolo 6 107

Margherita di York alla corte di Carlo il Temerario, XV sec.

Margherita di York, matrigna di Maria di Borgogna, è raffigurata inquesta miniatura nel corso di un banchetto d’onore, a tavola, con lamadre e la sorella di Carlo il Temerario, duca di Borgogna, suo sposo.L’eleganza formale dell’ambiente e delle posture dei convenuti ricordache la corte è anche uno dei luoghi in cui si impongono le «buonemaniere», come cifra distintiva delle élite europee.

Andrea Mantegna, La corte, 1467-74 ca.[Camera degli sposi, Palazzoducale, Mantova]

Il carattere ibrido, pubblico eprivato insieme, di una corteprincipesca è mostrato ancheda questo celebre affrescoche Mantegna esegue per laCamera degli sposi delPalazzo ducale di Mantova: visono ritratti Ludovico IIIGonzaga e sua moglieBarbara di Brandeburgo,oltre alla loro famiglia e alpersonale della corte.

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108 UNITÀ 2 Il potere e il sapere nel Rinascimento

Castiglione nasce nei pressi di Mantova nel 1478; studia a Milano e si forma, come gentiluomo, allacorte di Ludovico il Moro. Svolge poi attività di diplomatico e di militare presso le corti di FrancescoGonzaga a Mantova, di Guidubaldo da Montefeltro e poi di Francesco Maria della Rovere a Urbino, dipapa Clemente VII a Roma. È ancora al servizio del papa, in missione diplomatica in Spagna, quandoviene contagiato dalla peste e muore, nel gennaio del 1529. Castiglione è dunque un uomo che cono-sce benissimo la vita nelle corti, cosicché il suo libro si presenta come una sorta di raffinato ed elabo-rato manuale di comportamento per chi vive a corte, oltre che come un elogio idealizzato del regimemonarchico.Il libro del Cortegiano, pubblicato nel 1528, finge di essere un resoconto della conversazione che avvie-ne ai primi del Cinquecento alla corte di Urbino tra alcuni dei più famosi personaggi dell’epoca, tra cuila duchessa Elisabetta Gonzaga, la principessa Emilia Pio, il cardinal Bibbiena, Pietro Bembo, Giulianode’ Medici e altri ancora.Il cortigiano viene presentato come una persona di estrazione nobiliare, di atteggiamento virile, eser-citato all’arte della guerra; i commenti che vi sono racchiusi richiamano l’attenzione su una funzioneimportante della corte, ovvero quella di fungere da spazio di relazione e di raccordo tra il sovrano euna delle principali componenti delle società per ceti: la nobiltà (I, 14; 17). Torneremo più avanti suicaratteri della nobiltà, e sui rapporti non di rado conflittuali che i vari gruppi che la compongono han-no con i poteri monarchici; per il momento basti ricordare che col passare del tempo l’accesso a cor-te diventa infinitamente più facile per soggetti di estrazione nobiliare che per individui di livello socia-le inferiore.Castiglione poi (III, 9) scrive sulle qualità che devono essere possedute dalle donne ammesse a corte;in questo specifico universo le presenze femminili sono ammesse tanto nelle occasioni cerimoniali,quanto in altri più specifici momenti di vita collettiva. Le ragioni di questa presenza vanno ricercate nelcarattere spurio della corte che è – come si è detto – spazio pubblico, ma anche privato: se è per que-sto secondo aspetto che la presenza delle donne è considerata accettabile, le dame di corte possonotuttavia prender parte anche alle cerimonie pubbliche e, se sono particolarmente abili, ai giochi di pote-re. Del resto, in questo stesso ambiente anche le figure della regalità femminile acquistano uno statu-to insolito rispetto alle donne comuni: madri, mogli, figlie di sovrani possono riuscire a partecipare atti-vamente alla vita di corte, talora anche con funzioni istituzionali riconosciute (di reggenti o perfino diregine in carica).Fin da questo periodo negli ambienti di corte, e – più tardi – negli ambienti aristocratici in generale, lacondizione della donna acquista margini di libertà e di potere impensabili nei contesti normativi dellerepubbliche o delle città: un divario che avrà importanti effetti anche sulle teorie politiche che daran-no sostegno al repubblicanesimo moderno.Infine, dopo aver riassunto le qualità fondamentali del buon cortigiano, si idealizza ciò che ormai è undato di fatto, ovvero il predominio del regime politico monarchico; Castiglione lo fa insistendo sul carat-tere – a un tempo naturale e divino – del regime di uno solo (IV, 5; 19; 22-23).

doc

Voglio adunque1 che questo nostro cortegiano sia natonobile e di generosa famiglia. [...]

Per venire a qualche particularità, estimo che la principa-le e vera profession del cortegiano debba esser quella del-l’arme; la qual sopra tutto voglio che egli faccia vivamen-te2 e sia conosciuto tra gli altri per ardito e sforzato3 efidele a chi serve. E ’l nome4 di queste bone condicioni siacquisterà facendone l’opere in ogni tempo e loco, impe-rò che non è licito in questo mancar mai, senza biasimo

estremo; e come nelle donne la onestà, una volta mac-chiata, mai più non ritorna al primo stato, così la famad’un gentilom che porti l’arme, se una volta in un mini-mo punto si denigra per coardia5 o altro rimproccio6,sempre resta vituperosa al mondo7 e piena d’ignominia.Quanto più adunque sarà eccellente il nostro cortegianoin questa arte, tanto più sarà degno di laude. [...]

Voglio che8 ella abbia cognizion de ciò che questi signo-ri hanno voluto che sappia il cortegiano; e de quelli eser-

1. Voglio adunque...: è il conte Ludovi-co di Canossa il personaggio al qualeCastiglione affida questo discorso sul-la nobiltà del cortigiano.2. vivamente: appassionatamente.

3. sforzato: valoroso.4. ’l nome: la fama.5. coardia: viltà.6. rimproccio: rimprovero.7. vituperosa al mondo: esposta al di-

sprezzo dell’opinione pubblica.8. Voglio che...: è il Magnifico Giulianode’ Medici il personaggio che parladella perfetta donna di corte.

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Le monarchie dell’Europa moderna capitolo 6 109

cizi che avemo detto che a lei non si convengono, voglioche ella n’abbia almen quel giudicio9 che possono averdelle cose coloro che non le oprano10; e questo per sa-per laudare ed apprezzar i cavalieri più e meno, secon-do i meriti. E per replicar in parte con poche parolequello che già s’è detto, voglio che questa donna abbianotizie di lettere, di musica, di pittura e sappia danzar efesteggiare; accompagnando con quella discreta mode-stia e col dar bona opinion di sé ancora le altre avverten-ze che son state insegnate al cortegiano. E così sarà nelconversare, nel ridere, nel giocare, nel motteggiare, insomma in ogni cosa graziatissima; ed intertenerà accom-modatamente11 e con motti e facezie convenienti a leiogni persona che le occorrerà. E benché la continenzia,la magnanimità, la temperanzia, la fortezza d’animo, laprudenzia e le altre virtù paia che non importino allo in-tertenere, io voglio che di tutte sia ornata, non tanto perlo intertenere, benché però ancor a questo possono ser-vire, quanto per esser virtuosa ed acciò che queste virtùla faccian tale, che meriti esser onorata e che ogni suaoperazion sia di quelle composta. [...]

«Il fin12 adunque del perfetto cortegiano, del quale insi-no a qui non s’è parlato, estimo io che sia il guadagnarsiper mezzo delle condicioni attribuitegli da questi signo-ri talmente la benivolenzia e l’animo di quel principe acui serve, che possa dirgli e sempre gli dica la veritàd’ogni cosa che ad esso convenga sapere, senza timor opericulo di despiacergli [...].»

Quivi avendo fatto il signor Ottaviano un poco di pau-sa come per riposarsi, disse il signor Gaspare: «Qualestimate voi, signor Ottaviano, più felice dominio e piùbastante a ridur13 al mondo quella età d’oro di che ave-te fatto menzione, o ’l regno d’un così bon principe, o’l governo d’una bona republica?». Rispose il signor Ot-taviano: «Io preporrei sempre il regno del bon princi-pe, perché è dominio più secondo la natura e, se è lici-to comparar le cose piccole alle infinite, più simile aquello di Dio, il qual uno e solo governa l’universo. [...]

Però14, così come nel cielo il sole e la luna e le altre stel-le mostrano al mondo, quasi come in specchio, una cer-ta similitudine di Dio, così in terra molto più simile ima-gine di Dio son que’ bon prìncipi che l’amano e reveri-

scono, e mostrano ai populi la splendida luce della suagiustizia, accompagnata da una ombra di quella ragioneed intelletto divino; e Dio con questi tali participa dellaonestà, equità, giustizia e bontà sua, e di quegli altri feli-ci beni ch’io nominar non so, li quali rappresentano almondo molto più chiaro testimonio di divinità che la lucedel sole, o il continuo volger del cielo col vario corso del-le stelle.

Son adunque li populi da Dio commessi sotto la15

custodia de’ prìncipi, li quali per questo debbono avernediligente cura, per rendergline ragione come boni vica-ri16 al suo signore, ed amargli ed estimar lor proprio ognibene e male che gli intervenga, e procurar sopra ognialtra cosa la felicità loro».

[Baldassarre Castiglione, Il libro del Cortegiano, a cura di EttoreBonora, Mursia, Milano 1972, pp. 47; 51; 216; 287; 300; 303-4]

9. giudicio: conoscenza.10. oprano: esercitano.11. intertenerà accommodatamente:saprà intrattenere in modo adeguato.

12. Il fin...: è Ottaviano Fregoso a con-cludere sui doveri fondamentali delbuon cortigiano e sul miglior regimepolitico.

13. ridur: ricondurre, riportare.14. Però: perciò.15. commessi sotto la: affidati alla.16. vicari: delegati, sostituti.

Raffaello Sanzio, Ritratto di Baldassarre Castiglione, 1514-15[Musée du Louvre, Parigi]

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Compito dei cortigiani – ci ricorda Castiglione – è offrire buoni consigli ai propri prin-cipi, poiché costoro possano svolgere efficacemente la loro azione di governo: il sugge-rire è particolarmente pertinente, giacché la corte è anche il luogo di prima articolazio-ne del governo e dell’amministrazione degli Stati monarchici. A corte, infatti, si incon-trano i più diretti collaboratori del sovrano, coloro che siedono nel Consiglio della coro-na, o comunque nei principali organi di governo. Certo non tutti i funzionari dell’ammi-nistrazione degli Stati si trovano a corte; figure di grande importanza cominciano a esse-re dislocate stabilmente in varie parti del territorio statale, come lo sono, per esempio, igiudici dei tribunali regi, lo strumento principale dell’amministrazione della giustizia cheemana dal sovrano. Dalla corte rinascimentale comincia dunque a irradiarsi un primiti-vo sistema di funzionari, braccio esecutivo sul territorio delle decisioni e delle volontàdel re.

� Alla corte rinascimentale giungono i rappresentanti di altri Stati in visita temporanea,o permanentemente accreditati. Nasce così la diplomazia, un elemento di significativa no-vità nei rapporti tra gli Stati europei: è una forma organizzativa che all’epoca comporta-va tanto lo svolgimento di missioni ufficiali quanto l’incessante raccolta di informazionipiù o meno riservate da far pervenire al governo di provenienza degli ambasciatori.

La sistematica internazionalizzazione della politica, e con essa il ricorso a costanti con-tatti diplomatici, non serve tanto a sciogliere le tensioni e le rivalità tra gli Stati quanto piut-tosto a comporre sempre mutevoli alleanze aggressive, preludio di guerre che incessante-mente vengono combattute anche in questi decenni; e un esempio impressionante deglieffetti di questa diplomazia di guerra potrà vedersi quando seguiremo le fasi delle «guer-re d’Italia» [� 7.4].

110 UNITÀ 2 Il potere e il sapere nel Rinascimento

Hans Holbein il Giovane, Gli ambasciatori francesi alla corte d’Inghilterra, 1533[National Gallery, Londra]

Oltre a dover restareimpressionati dallamagnificenza delle corti chevisitano, gli ambasciatoridevono presentarsi in modoadeguato al loro rango e alleambizioni dello Stato cherappresentano, così da destareessi stessi ammirazione. Ilquadro, che esalta la qualitàsociale e intellettuale dei dueambasciatori francesi alla cortedi Enrico VIII, contiene diverseraffinate complessità. A sinistraè rappresentato Jean deDinteville, un elegante nobileventinovenne. A destraGeorges de Selve, un brillanteumanista venticinquenne, dapoco nominato vescovo diLavaur. Il cassettone sul quale siappoggiano ospita unacongerie di oggetti chetestimonia della vastità e dellaqualità dei loro interessi. Un

globo celeste; strumentiastronomici; strumentisegnatempo; un globoterrestre; un libro tedesco diaritmetica per mercanti; unliuto e altri strumenti musicali(forse dei flauti).Per terra, tra i due, èrappresentata una formapiuttosto enigmatica. Si trattadi un teschio in anamorfosi,cioè deformato in modo taleche lo si possa riconoscere soloda una determinataangolazione o con l’uso di unalente particolare. La formarichiama, come in uno specchiodeformante e amplificante, lafigurina di un teschio che ornauna spilla posta sul berretto dide Dinteville, l’uomo sullasinistra. Questi simboli (comealtri nel quadro: per esempio,una corda del liuto, che si èrotta), fungono da antidotocontro l’esagerato orgoglio;anche le grandi qualità sociali eintellettuali, di cui i due sonofieri, sono niente in confrontoall’eternità.

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5 La concezione contrattuale della regalità

� Ogni sovrano europeo della prima Età moderna non governa «da solo», in un assolu-to vuoto istituzionale, col mero ausilio del proprio governo, della propria corte e dei pro-pri funzionari; perché ogni sovrano ha degli interlocutori istituzionali con i quali deve con-trattare aspetti più o meno significativi della propria politica [� tema in discussione 1].Questi interlocutori istituzionali sono le assemblee cetuali, ovvero gli organismi collettiviche raccolgono i rappresentanti dei ceti o corpi più importanti presenti sul territorio su cuisi esercita l’autorità del sovrano. In Spagna queste assemblee si chiamano Cortes; in Fran-cia Stati generali; in Inghilterra Parlamento; nell’Impero e nell’Europa centro-orientaleDiete. Le loro modalità organizzative sono varie, ma in linea generale si può dire che espri-mono le istanze dei gruppi sociali più influenti e – nelle varianti più articolate – ospitanoi rappresentanti dei tre corpi principali che, nei secoli precedenti, si sono conquistati ildiritto di manifestare legalmente la propria voce: la Chiesa, le nobiltà, le città:

a. all’interno delle assemblee siedono intanto dei rappresentanti delle istituzioniecclesiastiche (normalmente i vescovi);

b. siedono poi certamente i rappresentanti dei gruppi nobiliari, su cui ora è oppor-tuno un chiarimento: la nobiltà non è un gruppo compatto, né sul piano europeo, né all’in-terno dei singoli Stati. Il termine «nobiltà» identifica un insieme di famiglie che possiedono(normalmente per diritto ereditario) una serie di privilegi giuridicamente riconosciuti dalsovrano: possono essere esenzioni fiscali; oppure diritti speciali o feudali di amministrazio-ne delle proprie terre (tra questi, particolarmente importanti i diritti di gestione dei tribu-nali signorili, i cui magistrati sono nominati dal nobile che vi possieda il diritto di giurisdi-zione); oppure il diritto di accedere alla corte regia; o il diritto di portare armi e di occupar-si della professione delle armi; oppure il diritto di essere giudicati da tribunali speciali.

Ciò che rende complicato il mondo delle nobiltà è che questi diritti sono posseduti in mo-do vario dalle famiglie nobili; ci sono quelle che possiedono titoli particolarmente prestigio-si, cui si accompagnano molti (se non tutti) i privilegi che si ricordavano prima (e queste so-no le élite nobiliari); e ci sono quelle che ne possiedono solo alcuni, ciò che determina unasorta di stratificazione interna alle nobiltà. Inoltre, le famiglie nobili sono di solito ricche, avolte incredibilmente ricche; ma ce ne sono anche di quelle che, nel corso del tempo, si sonoimpoverite e che possiedono modesti patrimoni terrieri, magari gravati da pesanti debiti. In-somma si tratta di un mondo estremamente complesso, tuttavia avente diritto, attraverso nor-me che variano da Stato a Stato, a una pro-pria rappresentanza nelle assemblee;

c. infine, negli organismi rappre-sentativi possono trovare spazio anche idelegati eletti dalle città o nominati dal rein loro rappresentanza: possono essere ipiù ricchi e autorevoli mercanti; oppuredegli esperti giuristi; oppure i rappresen-tanti delle corporazioni artigiane. Non dirado queste istanze sono tutte quante rap-presentate (quando gliene viene ricono-sciuto il diritto) in difesa di interessi eco-nomici e sociali dinamici e variegati.

Le monarchie dell’Europa moderna capitolo 6 111

I dodici membri del Consiglio cittadino di Tolosa, 1369

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� Che cosa fanno queste assemblee? Essenzialmente, tutte hanno il diritto di discutere lapolitica fiscale del re. Il sovrano, per le sue cerimonie, per la sua amministrazione e ancorpiù – lo vedremo fra un momento – per le sue guerre, ha bisogno di soldi; e questi soldisolo in minima parte possono venire dai beni che egli possiede personalmente. Il re ha dun-que bisogno di imporre ai suoi sudditi dei prelievi di entità variabile a seconda che venga-no applicati agli enti ecclesiastici, alle famiglie nobiliari, alle città, o ai contadini: mentrequesti ultimi, di solito, sono privi di rappresentanze, gli altri corpi possono discutere colre della misura e della ripartizione dei contributi fiscali.

Si tratta, come si può ben capire, di un punto delicato, che comporta non solo contrat-tazioni ma a volte anche veri e propri scontri; e, in una certa misura, una monarchia va con-siderata tanto più potente quanto più riesce a far tacere le assemblee dei suoi ceti e a impor-re la propria politica (in primo luogo quella fiscale).

� Ciò detto, occorre introdurre una seconda considerazione, che serve a distinguere sia leassemblee sia le monarchie. Vi sono assemblee che hanno anche il diritto di eleggere il so-vrano – di solito scegliendolo all’interno di una dinastia; e vi sono assemblee che non pos-siedono questo diritto: in tal caso la successione al trono è di natura esclusivamente eredi-taria.

Diverse monarchie dell’Europa centro-orientale (Polonia, Ungheria, Boemia) appar-tengono al primo tipo; e – in una forma un po’ particolare – vi appartiene anche l’Impe-

ro, poiché, come si ricorderà, l’imperatore è eletto dai set-te grandi elettori designati dalla Bolla d’Oro [� 3.5]. Vice-versa, le monarchie dell’Europa occidentale (Portogallo,Spagna, Francia, Inghilterra, Napoli, Sicilia, Sardegna)appartengono al secondo tipo.

Ne discende che nell’Europa centro-orientale il poteredelle assemblee – dominate soprattutto dalle nobiltà – è no-tevole, a differenza di quello delle monarchie relativamenteridotto, poiché la legittimità del sovrano deriva anche dal-l’elezione dell’assemblea [� 7.3]; nell’Europa occidentale,all’inverso, le monarchie sono più forti e solide, perché nonderivano la loro legittimità dalle assemblee ma solo dal dirit-to divino e dalla discendenza genealogica; non desta troppasorpresa, dunque, che tra XV e XVI secolo

a. in Spagna, Inghilterra e Francia i sovrani sianoeffettivamente in grado di imporsi sulle assemblee e sui ceti(sulle nobiltà in primo luogo, di cui iniziano anche a limita-re con successo i privilegi), creandosi delle strutture di po-tere e di governo autonome (i consigli della corona);

b. in Boemia, Polonia o Ungheria le case regnanticontinuino invece a dover dipendere dalle Diete e dallegrandi famiglie nobiliari (che – di conseguenza – manten-gono essenzialmente intatti i propri privilegi).

� Si osservi infine che, pur essendo un’assemblea priva deldiritto di eleggere il sovrano, il Parlamento inglese esibi-sce fin da questo periodo dei tratti che lo differenziano

112 UNITÀ 2 Il potere e il sapere nel Rinascimento

leparoledellaStoriaPARLAMENTO Anche in Francia esistonoorganismi che hanno lo stesso nome del Par-lamento inglese, ma svolgono funzioni assaidiverse. I Parlamenti francesi nascono nel XIIIsecolo come organi giudiziari, e sono distintidagli Stati generali che, nell’ordinamento del-la monarchia francese, occupano un ruolo as-similabile – con qualche cautela – a quello ri-vestito dal Parlamento nell’ordinamento dellamonarchia inglese. Tra XVI e XVIII secolo i Par-lamenti francesi sono importantissimi organigiudiziari, controllati dai nobili; il possesso diun seggio parlamentare conferisce al titolareanche la qualità nobiliare. Ve ne sono una de-cina, attivi in varie città del Regno di Francia;tra di essi il più importante è il Parlamento diParigi, che svolge la funzione di Suprema Cor-te di giustizia e che, per tale ragione, ha ancheil diritto di registrare gli editti reali e, se neces-sario, di sollevare eccezioni sulla loro legittimi-tà. Il re, tuttavia, può rendere obbligatori glieditti nel corso di una speciale seduta del Par-lamento di Parigi, chiamata lit de justice («let-to di giustizia»). Come si vedrà, i Parlamenti –e quello di Parigi in primo luogo – avranno unruolo significativo nella crisi della monarchiafrancese, che culminerà nella rivoluzione del1789, finché nel 1790 verranno aboliti e sosti-tuiti da Corti di giustizia. Dopo quella data, nellessico politico francese ed europeo il termine«parlamento» indicherà solo ed esclusiva-mente un’assemblea rappresentativa elettivadotata di compiti legislativi.

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piuttosto chiaramente dalle altre assem-blee dei ceti esistenti in Europa occidenta-le. Formatosi a metà del XIII secolo comeorganismo di tipo puramente nobiliare, ilParlamento inglese definisce la sua struttu-ra intorno alla metà del XIV secolo: daallora si articola in due Camere, quella deiLord, dove siedono – per diritto ereditario – i membri primogeniti delle più importantifamiglie nobiliari del regno (i cosiddetti Pari); e quella dei Comuni, dove siedono i rappre-sentanti delle città e delle contee: ai seggi di questa seconda Camera si accede per elezio-ne, secondo norme molto varie da località a località ma tutte regolate dal principio per cuisolo i più ricchi possono votare; non sorprende, dunque, che vi vengano eletti soprattuttomembri della nobiltà meno titolata (la cosiddetta gentry), oltre che prestigiosi non nobili– giuristi o ricchi mercanti, per esempio.

Le prerogative che il Parlamento inglese riesce a conquistare sin dal tardo Medioevosono piuttosto notevoli: come le altre assemblee continentali, anche il Parlamento ha ildiritto di discutere la politica fiscale del re; ma oltre a ciò ha anche il potere di promulga-re le leggi regie e di emanare norme relative alle attività produttive e commerciali: cioè sipropone come un’istituzione che – almeno potenzialmente – ha uno spazio di intervento

normativo maggiore di quello possedutodalle altre assemblee dei ceti. Questi aspet-ti originari avranno un’incidenza enormenella successiva storia politica inglese.

6 La forza delle armi

� Una risorsa assolutamente essenziale all’affermazione del potere regio continua a esse-re la capacità di reclutare eserciti e di usarli per conquistare nuove terre, altri uomini e don-ne, maggiori imposte da introdurre nelle casse dello Stato.

Nel corso del XV secolo si sperimentano forme nuove e più efficaci di organizzazionedegli eserciti [�3.1], che oltre a ricorrere a reparti mercenari cominciano a disporre anchedi unità reclutate tra i sudditi; ma, cosa ancora più importante, l’uso delle armi da fuoco,sporadicamente impiegate già nel XIV secolo, diventa – a metà del Quattrocento – mili-tarmente efficace e capace di una potenza distruttiva prima non immaginata.

Le monarchie dell’Europa moderna capitolo 6 113

Jean Fouquet, Lit de justice,tenuto da Carlo VII nel 1458[Bayerische Staatsbibliothek,Monaco]

Il lit de justice è una sedutaspeciale del Parlamento di Parigi,alla quale partecipano il re con ilsuo cancelliere, i principi disangue e altri membri della corte.Questa occasione istituzionaleserve al sovrano per forzarel’approvazione di editti contestatio per annunciare affari di Stato

che hanno una speciale rilevanza(per esempio, il raggiungimentodella maggiore età del sovrano,le dichiarazioni di guerra, itrattati di pace); in alcunecircostanze, davanti al lit dejustice vengono celebratiprocessi ad aristocratici accusatidi gravi reati. L’espressione lit dejustice deriva dal fatto che ilsedile riservato al re è corredatodi numerosi cuscini, su cui puòsedersi e appoggiare le braccia ei piedi.

lavorasultestoCerchia nei §§ 2-5 un’espressione o una parola-chiave perciascuna delle quattro concezioni del potere regio.

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Tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo in Germania viene realiz-zata la polvere da sparo, un miscuglio di carbone finemente trituratounito a salnitro e zolfo; si tratta di una miscela altamente infiammabileche, posta all’interno di un contenitore resistente, produceun’esplosione di notevole potenza. L’invenzione trova benpresto una sua applicazione nella produzione di armi, spe-cie quando si riescono a mettere a punto affusti tubolariresistenti di metallo cavo (in ghisa, in bronzo e poi in fer-ro), appoggiati su strutture di legno sempre più sofistica-te; nella bocca della canna si introducono il compostoesplosivo e una palla, che inizialmente è di pietra e poi dimetallo; dopodiché si dà fuoco al composto, la cui esplosione proietta violentemente lapalla verso l’esterno.

L’arma da fuoco all’epoca meglio perfezionata è la bombarda, che spara pesanti palle dipietra, uno strumento rivelatosi decisivo nell’assedio di Costantinopoli e nelle ultime fasidella guerra dei Cent’anni.

� L’adozione di armi di questo tipo impone una completa ristrutturazione dell’ediliziadifensiva; in primo luogo, poiché i proiettili hanno un effetto devastante quando usati con-tro le semplici mura verticali, si aumenta lo spessore delle mura con la costruzione di ter-rapieni che le fanno diventare molto più resistenti; e poi si costruiscono mura «bastiona-te», dotate, cioè, di sistemi di protezione che rendono irregolare il tracciato delle mura elo forniscono di strutture proiettate verso l’esterno (i bastioni, appunto), in grado di mini-mizzare ulteriormente il danno prodotto dall’impatto dei proiettili.

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Una bombarda

Esempi di fortificazioni: 1. Giuliano da Maiano e Francesco di Giorgio Martini, Rocca di Sarzanello,lo «spontone», fine XV sec.; 2. Baccio Pontelli e Giuliano da Sangallo, Rocca di Ostia, 1483-86; 3. Giuliano e Antonio da Sangallo, Forte Sangallo a Nettuno, inizio XVI sec., pianta.

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� Insieme con i pezzi di artiglieria pesante si perfezionano anche le armi da fuoco di pic-colo formato, più pratiche e più facilmente utilizzabili dai reparti di fanteria (l’archibugioe poi il moschetto, relativamente più leggero e maneggevole), che sparano palle di più pic-colo calibro, con lo stesso principio dei cannoni di dimensioni maggiori.

Fin dal Trecento, poi, sulle navi da guerra vengono montati piccoli pezzi d’artiglieria, im-piegati nelle operazioni di arrembaggio. Ma a fine Quattrocento la concezione delle navi daguerra cambia. I progressi nella tecnologia bellica consentono di montare intere serie di pez-zi d’artiglieria sulle fiancate di navi più grandi e capienti, il che muta la tecnica di approccio:nel corso del Cinquecento le nuove navi da guerra si usano sempre meno come mezzi per losperonamento e l’arrembaggio della nave nemica, sempre più per il bombardamento siste-matico a distanza, con l’obiettivo di disalberare o affondare le navi attaccate.

� Questa complessa svolta tecnologica ha pesanti conseguenze finanziarie e politiche,poiché il costo per la costruzione e l’acquisto dei cannoni, della polvere da sparo, dellemunizioni, delle nuove architetture militari, delle navi da guerra va ad aggiungersi alle spe-se per il reclutamento e il mantenimento dei soldati (mercenari o regolari che siano): e tut-ta questa serie di operazioni è consentita solo a quelle strutture statali che siano in gradodi garantirsi flussi di finanziamento cospicuo e costante, in primo luogo attraverso il pre-lievo fiscale.

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Il personaggio raffigurato è statoidentificato con Francesco Mariadella Rovere da alcuni storici, mal’identificazione è dubbia. Indubbioè, invece, il senso del simbolismo co-struito da Carpaccio (1460-1526). Ilcavaliere, attento ma sereno, è pron-to a sfoderare la spada per seguire lanorma etica ricordata nel cartiglioche sta ai suoi piedi, a sinistra di chiguarda: Malo mori quam foedari(«Preferisco morire che essere diso-norato»); il senso è rafforzato dallapresenza, in basso a sinistra, dell’er-mellino, all’epoca considerato unsimbolo di purezza e integrità, men-tre il pavone raffigurato sull’elmo delcavaliere che esce dalle mura dellacittà può essere considerato comeun simbolo di immortalità (nel sensoche la fama delle belle azioni com-piute da nobili cavalieri merita di di-ventare immortale).

Vittore Carpaccio, Ritratto di un cavaliere, 1510[Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid]

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La crisi politico-militare cui vanno incontro tra fine Quattrocento e inizio Cinquecentonumerosi Stati di piccole dimensioni (come gli Stati italiani, per esempio) nasce in certamisura anche dalla loro difficoltà di fronteggiare, non solo militarmente ma anche finan-ziariamente, il peso della guerra «moderna», mentre vecchi e nuovi Stati territoriali didimensioni significative si impongono come le nuove potenze sulla scena europea e – inbreve tempo – anche su quella mondiale.

� I mutamenti nella tecnologia bellica, peraltro, mettono in crisi le tradizionali tecnichebelliche «cavalleresche» (uso del cavallo e ricorso alle armi da taglio). Si apre adessoun’evoluzione che porta in direzione di una sorta di «democratizzazione» della guerra,attraverso la quale un artigliere o un semplice fuciliere, soldati che colpiscono da lontano,senza nemmeno vedere in faccia i loro nemici, diventano anche più importanti, con le loroarmi, dei nobili cavalieri. Ciò non toglie, tuttavia, che continui a resistere una tenace fasci-

nazione per una idea «nobile» della violen-za attraverso le armi, illustrata, per esempio,dal Ritratto di un cavaliere di Vittore Car-paccio [� p. 115].

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lavorasultestoSottolinea sul testo le conseguenze della svolta tecnologicarappresentata dall’introduzione delle armi da fuoco.

Tra le varie forme politiche emerse nelcorso del tardo Medioevo una in partico-lare riesce a imporsi sulle altre: la monar-chia. La sua autorità è strutturata attra-verso quattro concezioni della regalità, dacui derivano pratiche, rituali e modi spe-cifici di costruire le relazioni tra sovrano esudditi.

Secondo la concezione sacrale dellaregalità il sovrano è considerato un sog-getto sacro, dotato di una qualità quasidivina, un’idea espressa dai rituali funebririservati ai monarchi così come dai ritualidi consacrazione e di incoronazione deinuovi sovrani.

Il potere di un sovrano sopra il territoriodel suo regno è considerato pure – in unacerta misura – parte integrante del suopatrimonio personale. La concezionepatrimoniale della sovranità spiega

perché i matrimoni o le successioni sianoeventi così importanti: essi possonodeterminare il passaggio di un territoriodalla sovranità di una casa regnante allasovranità di un’altra.

L’intreccio di privato e pubblico, che èproprio della concezione patrimoniale,appare evidente anche nella struttura del-la corte, che è al tempo stesso l’abitazio-ne privata della famiglia del sovrano e illuogo in cui si esercita il potere sovrano;per questo la corte ospita anche i piùdiretti collaboratori del sovrano; inoltre,in questo periodo, il re comincia a conse-gnare a funzionari specializzati (magistra-ti, ambasciatori) il compito di rappresen-tarlo lontano dalla corte. Prende forma, intal modo, una concezione amministra-tiva della regalità.

I sovrani devono governare discutendo le

loro misure (soprattutto quelle fiscali) conle assemblee dei ceti: questo aspettodelinea una concezione contrattualedella regalità, secondo la quale il pote-re del sovrano ha bisogno di fondarsipure su una sorta di patto sottoscritto coni sudditi.

Infine i sovrani non perdono un loro fon-damentale tratto originario, ovvero quel-lo di essere i massimi signori della guer-ra. Solo che ora importanti innovazionitecnologiche (polvere da sparo, armi dafuoco, cannoni, mura bastionate) rendo-no l’equipaggiamento degli eserciti mol-to più costoso di prima e costringono isovrani a chiedere maggiori contributifiscali ai propri sudditi: è un aspetto dellastoria delle monarchie moderne che noncessa di provocare tensioni e conflittiinterni.

sintesi capitolo6

capitolo 6, p. 407 unità 2, p. 417esercizi

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