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1 A. JOOS / TEOLOGIE A CONFRONTO / VOLUME I (SPLP41SB) PARTE IV. L INIZIO O LA FINE NEL PERCORSO STORICO SEZIONE A. LA GENUINITÀ ECCLESIALE ORIGINARIA: L EUCARISTIA. CAPITOLO II LA SORGENTE DELLA GENUINITÀ EUCARISTICA Nella eucaristia esiste tutta la Chiesa, da essa scaturisce e in essa trova il suo fondamento 1 . L'eucaristia è primariamente assemblea concreta e viva, che esprime e realizza tutta la Chiesa 2 . Non è dunque la comunione globale della Chiesa che forma e crea l'eucaristia, ma è l'eucaristia, nella sua concretezza locale, che costituisce la Chiesa 3 . Il segno distintivo della Chiesa è l'eucaristia, nodo di tutte le sue dimensioni di vita 4 . Segno centrale, l'eucaristia è pan-sacramento, senza linúti precísi posti dall'uomo 5 . Molti anzi, tutti- in uno solo, tale è la natura dell'eucaristia 6 . L'essere insieme significa eucaristia, così come significa Chiesa 7 . L'essere insieme significava originariamente due cose essenziali: prima di tutto era l'intera comunità locale che formava un'unica assemblea nella celebrazione comune dell'eucaristia (senza che questo sia da attribuire al primitivismo iniziale o alla mancanza di una sufficiente organizzazione) 8 , inoltre non era una persona índividualizzata che articolava intorno a l'assemblea 9 . Con-celebrata da tutti, ogni membro partecipava alla frazione del pane. La comunità era considerata come «conficiens eucharistiam», non come «chi assiste» all'eucaristia 10 . 1 . / N. Afanas'ev, (La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 143: «Là dove c'è l'assemblea eucaristica c'è la Chiesa, perché là c'è Cristo. Non ci può essere Chiesa senza assemblea eucaristica, e non ci può essere assemblea eucaristica che non manifesti la pienezza e l'unità della Chiesa. È da lì che tutta la struttura e l'ordinamento sorge, dall'assemblea eucaristica, nella quale si trova tutto il fondamento dell'organizzazione ecclesiale» (n. t.); . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 408: «L'Eglise de Dieu est là où il y a l'assemblée eucharistique, et là où il y a l'assemblee cucharistique, là est la plénitude de I'Eglise de Dieu. En rejetant la notion de partie, l'ecclésiologie eucharistique exclut la notion d'Eglise universelle dont la notion de partie constitue un élément constructif». 2 . / N. Afanas'ev, (La mensa del Signore), 1952, . 81: «L assemblea eucaristica è la rivelazione della Chiesa in tutta la sua pienezza e in tutta la sua unità, anzi l assemblea eucaristica è l espressione della vita nella Chiesa. Se eliminiamo la comunione eucaristica, che cosa rimane della vita della Chiesa? » (n. t.). 3 . / N. Afanas'ev, Una Santa, in «Irénikon», 1963, nº 4, p. 453: «C'est, au contraire, l'expression de la thèse fondamentale de l'ecclésiologie eucharístique: l'Eglise est là où est l'assemblée eucharistique. On peut aussi formuler cette thèse d'une autre façon: là où est l'eucharistie, là est l'Eglise de Dieu, et là où est l'Eglise de Dieu, là est l'eucharistie . Il s'ensuit que l'assemblée eucharistique est le signe distinctif empirique de l'Eglise. Ceux qui prennent part à l'assemblée eucharistique d'une Eglise locale, appartiennent à cette Eglise. Donc, les limites empiriques de l'Eglise sont détermínées par les limites de l'assemblée eucharistíque». 4 . / N. Afanas'ev, (La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 145: « L'assemblea eucaristica, come manifestazione della Chiesa, era il centro della vita ecclesiale di ogni chiesa locale ... ». 5 . / N. Afanas'ev, (Sacramenta et sacramentalia), in , 1950 n VIII, . 31: «E questo pan-sacramento che non conosce limiti precisi, si realizza nel mondo e nell'umanità, al di là del mondo e al di là di tutta l'umanità, e perciò è adesso e per sempre, nei secoli dei secoli, la forza indistruttibile defl'Incamazione e l'inseparabile ispirazione dello Spirito Santo». 6 . / N. Afanas'ev, (La mensa del Signore), 1952, . 19: «L'assemblea eucaristica è la riunione di tutti in un unico posto per un unico scopo. Quest'assioma sorge dalla natura stessa dell'Eucaristia istituita da Cristo. Cristo non ha senso senza la Chiesa, come il Messia non ha senso senza il popolo messianico. Il popolo di Dio in Cristo, è radunato da Dio in Cristo, nel suo Corpo, che è la Chiesa. Questa riunione del popolo di Dio si realizza ogni volta nella divina Eucaristia». 7 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 31: «En tant qu'assemblée eucharistique 'epi to auto' (Ac. II, 47) est, dans un certain sens, identique à l'Eglise: c'est pourquoi l'un des termes peut étre rempiacé par l'autre». 8 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 67: «Dans l'Eglise ancienne, en tout cas pendant les deux ou trois premiers siècles, il n'existait qu'une seule assemblée eucharistique dans chaque Eglise locale. C'est un fait historique indubitable. On ne saurait l'expliquer en disant que l'organisation ecclesiale était insuffisamment développée». 9 . / N. Afanas'ev, (La mensa del Signore), 1952, . 54: «Nelle prime assemblee della Chiesa Gerosolimitana, al momento della celebrazione eucaristica presieduta da Pietro, non c'era differenza fra gli Apostoli e gli altri credenti, in quanto al grado della loro partecipazione alla celebrazione Il posto preso dagli uni e dagli altri membri dell'assemblea eucaristica non era solo l'espressione dell'unica differenza 'secondo la dignità' di certi uomini fra gli altri membri dell'assernblea. Il posto significava servizio ed il servizio risultava dalla volontà divina» (n. t.). 10 . / N. Afanas'ev, (La mensa del Signore), 1952, . 53: «Nell'assemblea eucaristica non c'erano d'altronde 'presenti', ma solo partecipanti ad essa. Come nelle cene giudaiche questa partecipazione era doppia: tutti insieme compivano il servizio per Dio in Cristo, e tutti si accostavano alla tavola del Signore. L'eucaristia è servizio ministeriale, realizzato dalla Chiesa, e perciò era ministero comune a tutti quelli che vi prendevano parte attraverso l'unico che presiedeva l'assemblea»; . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 259: «This con-celebration by the lalty is effective and real, not ceremonial. In the liturgy the laity are not passive -for those whom God bas appointed to the ministry of the royal priesthood cannot be passive. On the contrary, they participate actively; the liturgical acts are performed by the head of the Church with the con-celebration of the laity. The priesthood belongs to God's people as a whole, and every member plays an active part in the liturgv as co-minister with his bishop».

CAPITOLO II LA SORGENTE DELLA GENUINITÀ EUCARISTICA · in tutta la sua pienezza e in tutta la sua unità, ... al di là del mondo e al di là di tutta l'umanità, e perciò è adesso

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A. JOOS / TEOLOGIE A CONFRONTO / VOLUME I (SPLP41SB) PARTE IV. L INIZIO O LA FINE NEL PERCORSO STORICO

SEZIONE A. LA GENUINITÀ ECCLESIALE ORIGINARIA: L EUCARISTIA.

CAPITOLO II LA SORGENTE DELLA GENUINITÀ EUCARISTICA

Nella eucaristia esiste tutta la Chiesa, da essa scaturisce e in essa trova il suo fondamento 1. L'eucaristia è primariamente assemblea concreta e viva, che esprime e realizza tutta la Chiesa 2. Non è dunque la comunione globale della Chiesa che forma e crea l'eucaristia, ma è l'eucaristia, nella sua concretezza locale, che costituisce la Chiesa 3. Il segno distintivo della Chiesa è l'eucaristia, nodo di tutte le sue dimensioni di vita 4. Segno centrale, l'eucaristia è pan-sacramento, senza linúti precísi posti dall'uomo 5. Molti anzi, tutti- in uno solo, tale è la natura dell'eucaristia 6. L'essere insieme significa eucaristia, così come significa Chiesa 7. L'essere insieme significava originariamente due cose essenziali: prima di tutto era l'intera comunità locale che formava un'unica assemblea nella celebrazione comune dell'eucaristia (senza che questo sia da attribuire al primitivismo iniziale o alla mancanza di una sufficiente organizzazione) 8, inoltre non era una persona índividualizzata che articolava intorno a sé l'assemblea 9. Con-celebrata da tutti, ogni membro partecipava alla frazione del pane. La comunità era considerata come «conficiens eucharistiam», non come «chi assiste» all'eucaristia 10.

1 . / N. Afanas'ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 143: «Là dove c'è l'assemblea eucaristica c'è la Chiesa, perché là c'è Cristo. Non ci può essere Chiesa senza assemblea eucaristica, e non ci può essere assemblea eucaristica che non manifesti la pienezza e l'unità della Chiesa. È da lì che tutta la struttura e l'ordinamento sorge, dall'assemblea eucaristica, nella quale si trova tutto il fondamento dell'organizzazione ecclesiale» (n. t.); . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 408: «L'Eglise de Dieu est là où il y a l'assemblée eucharistique, et là où il y a l'assemblee cucharistique, là est la plénitude de I'Eglise de Dieu. En rejetant la notion de partie, l'ecclésiologie eucharistique exclut la notion d'Eglise universelle dont la notion de partie constitue un élément constructif». 2 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 81: «L assemblea eucaristica è la rivelazione della Chiesa in tutta la sua pienezza e in tutta la sua unità, anzi l assemblea eucaristica è l espressione della vita nella Chiesa. Se eliminiamo la comunione eucaristica, che cosa rimane della vita della Chiesa? » (n. t.). 3 .

/ N. Afanas'ev, Una Santa, in «Irénikon», 1963, nº 4, p. 453: «C'est, au contraire, l'expression de la thèse fondamentale de l'ecclésiologie eucharístique: l'Eglise est là où est l'assemblée eucharistique. On peut aussi formuler cette thèse d'une autre façon: là où est l'eucharistie, là est l'Eglise de Dieu, et là où est l'Eglise de Dieu, là est l'eucharistie . Il s'ensuit que l'assemblée eucharistique est le signe distinctif empirique de l'Eglise. Ceux qui prennent part à l'assemblée eucharistique d'une Eglise locale, appartiennent à cette Eglise. Donc, les limites empiriques de l'Eglise sont détermínées par les limites de l'assemblée eucharistíque». 4 .

/ N. Afanas'ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 145: « L'assemblea eucaristica, come manifestazione della Chiesa, era il centro della vita ecclesiale di ogni chiesa locale ... ». 5 . / N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 31: «E questo pan-sacramento che non conosce limiti precisi, si realizza nel mondo e nell'umanità, al di là del mondo e al di là di tutta l'umanità, e perciò è adesso e per sempre, nei secoli dei secoli, la forza indistruttibile defl'Incamazione e l'inseparabile ispirazione dello Spirito Santo». 6 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 19: «L'assemblea eucaristica è la riunione di tutti in un unico posto per un unico scopo. Quest'assioma sorge dalla natura stessa dell'Eucaristia istituita da Cristo. Cristo non ha senso senza la Chiesa, come il Messia non ha senso senza il popolo messianico. Il popolo di Dio in Cristo, è radunato da Dio in Cristo, nel suo Corpo, che è la Chiesa. Questa riunione del popolo di Dio si realizza ogni volta nella divina Eucaristia». 7 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 31: «En tant qu'assemblée eucharistique 'epi to auto' (Ac. II, 47) est, dans un certain sens, identique à l'Eglise: c'est pourquoi l'un des termes peut étre rempiacé par l'autre». 8 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 67: «Dans l'Eglise ancienne, en tout cas pendant les deux ou trois premiers siècles, il n'existait qu'une seule assemblée eucharistique dans chaque Eglise locale. C'est un fait historique indubitable. On ne saurait l'expliquer en disant que l'organisation ecclesiale était insuffisamment développée». 9 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 54: «Nelle prime assemblee della Chiesa Gerosolimitana, al momento della celebrazione eucaristica presieduta da Pietro, non c'era differenza fra gli Apostoli e gli altri credenti, in quanto al grado della loro partecipazione alla celebrazione Il posto preso dagli uni e dagli altri membri dell'assemblea eucaristica non era solo l'espressione dell'unica differenza 'secondo la dignità' di certi uomini fra gli altri membri dell'assernblea. Il posto significava servizio ed il servizio risultava dalla volontà divina» (n. t.). 10 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 53: «Nell'assemblea eucaristica non c'erano d'altronde 'presenti', ma solo partecipanti ad essa. Come nelle cene giudaiche questa partecipazione era doppia: tutti insieme compivano il servizio per Dio in Cristo, e tutti si accostavano alla tavola del Signore. L'eucaristia è servizio ministeriale, realizzato dalla Chiesa, e perciò era ministero comune a tutti quelli che vi prendevano parte attraverso l'unico che presiedeva l'assemblea»; . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 259: «This con-celebration by the lalty is effective and real, not ceremonial. In the liturgy the laity are not passive -for those whom God bas appointed to the ministry of the royal priesthood cannot be passive. On the contrary, they participate actively; the liturgical acts are performed by the head of the Church with the con-celebration of the laity. The priesthood belongs to God's people as a whole, and every member plays an active part in the liturgv as co-minister with his bishop».

2

1º CRISTO, EUCARISTIA, CHIESA: GENUINITÀ DALLASSEMBLEA O

UNIVERSALISMO ECCLESIASTICO

Cristo-Chiesa-Eucaristia, l'indissociabilità appare palese 1. Ma siamo abituati a considerare la sudetta congiunzione nella sua linearità 'discendente': Cristo o tutto in tutti, la Chiesa o tutti in Cristo e l'Eucaristia o tutti nella Chiesa... Non l'Eucaristia o tutti nella Chiesa ma l'Eucaristia o tutta la Chiesa che sorge da essa 2, tale sarebbe il capovolgimento che ci propone il nostro autore. L'Eucaristia è 'pienezza' dalla quale sorge la totalità ecclesiale. O, cioè, l'Eucaristia non è una 'parte' della integralità della Chiesa 3. Il paradosso dello sviluppo storico della Chiesa si manifesta nel fatto che più si ripeteva l'essere insieme eucaristico dei cristiani, più il vero senso eucaristico s'indeboliva giungendo perfino a certi frazionamenti, sempre più accentuati, sotto le spinte individualistiche 4. Ne seguì la disgregazione ecclesiale della dottrina eucaristica. Non attuando più, nella realtà espressiva, l'essenza dell'essere Chiesa, l'eucaristia fu ridotta a diventare un segno nella Chiesa, piuttosto che il segno della Chiesa. Dal concretissimo dell'eucaristia si passò all'idea di comunione eucaristica come partecipazione individualizzata al sacrificio 5. La comunione cucaristica venne poi articolata attorno al segno di unione: il vescovo 6. Il segno di conferma e di garanzia -di pieno potere e di piena partecipazione ecclesiale- divenne il sacramento dell'imposizione delle mani 7. L'itinerario del segno eucaristico (come dinamica storica) sembra particolarmente interessante nel suo processo di indebolimento nello spostamento di accento all'interno di una stessa dinamica di simbolismo. Esso ricorda, in qualche modo, gli spostamento d'accento nel linguaggio. La riflessione, di proposito o intuitivamente, fa eco alla presa di coscienza recente e globale sui processi antropologici di segno. Il segno eucaristico si frazionò ulteriormente nella sua forma espressiva e nelle sue concrete implicazioni. Aggiunte e correttivi volevano spesso essere dei ricuperi dell'antico significato, che già stava scivolando verso restrizioni nel senso e nell'impatto. Il «fermentum» (particella eucaristica della celebrazione episcopale mandata a tutte le eucaristie della stessa città) ha voluto ricuperare l'attuazione della pienezza di unità nell eucaristia 8. Così anche la «Statio Urbis» 9 (spostamento del vescovo che presiede nei diversi luoghi della stessa città) ha tentato di rivalorizzare l'unità delle diverse celebrazioni.

1 . / N. Afanas'ev,

(Due idee sulla Chiesa universale), in , 1934 n 45, . 26-29; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 82. 2 . / N. Afanas'ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo) 1971, 143; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 82. 3 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l'ecclésiologie, in Istina , 1957 n 4, p. 408. 4 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, pp. 32-33: «Il est vrai, sous l'influence de l'individualisme hellénique, le principe 'koiné pantes' s'avéra scandaleux pour la mentalité du monde hellénistique. Déjà St. Paul eut à lutter contre l'individualisme des Corinthiens qui avait abouti à toutes sortes d'altérations de la vie de l'Eglise»; . / N. Afanas'ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971,58-59.

5 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 42: «L'unité organique de l'eucharistie a été rompue, et il s'en est détaché un acte sacramentel séparé - la communion. Tel a été la seconde désintégration de l'eucharistie provoquée par la ségrégation de son aspect sacrificiel. Le sacrifice s'accomplit pour les membres isolés de l'Eglise lorsqu'ils en ressentent le besoin». 6 .

/ N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 67: «Une crise eit lieu dans l'ecclésiologie, lorque par la force des choses, il se trouva, dans une seule et méme Eglise locale, non plus un seul, mais plusieurs centres liturgiques, dans lesquels l'eucharistie était célébrée par des presbytres. A strictement parler, l'assemblée eucharistique cessa d'étre le signe de l Eglise locale: c'est l'évéque qui devint ce signe». 7 . / N. Afanas'ev, (

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971) L'Eglise du Saint-Esprit, Paris 1975 (traduzione francese del testo russo), pp. 223-224: «La théologie plus tardive deplaça le centre de gravité, qui était l'eucharistie, sur le sacrement de l'ordre. Les apôtres procédaient, il est vrai, à des ordinations; mais ils le faisaient en vertu, non pas de leur autorité sur les égiises qu'ils avaient fondées, mais de leur ministère d'édification des églises locales»; p. 223: «La théologie dogmatique moderne tant orthodoxe que catholique situe la différence fondamentale entre les ministères de l'évéque et du presbytre dans le pouvoir qu'a l'évéque de conférer le sacrement de l'ordre. Le droit d'ordonner implique la notion du pouvoir légal de l'évêque, dont il représente la manifestatíon. L'évéque procède à l ordination dans les límites de cette partie de l'église universelle qui lui est confiée». 8 .

/ N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 38: «Pendant un certain temps, on fit des tentatives pour sauvegarder l'unité de l'assemblée eucharistique malgré la pluralità empirique des assemblées: tel fut le but de la pratique romaine du 'fermentum'. Néanmoins, ces tentatives ne purent pas ralentir le processus de morcellement de l'assemblee eucharistique. Lorsqu'il se forma, dans l'église locale, plusieurs assemblées eucharistiques, elles cessèrent d'étre la manifestation de l'Eglise de Dieu en Christ. Chaque assemblée n'était plus une assemblée 'koiné pantes' et ne réunissait plus qu'une partie des fidèles, des membres de l'église épiscopale». 9 .

/ N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 68: «Nous savons que la 'Statio Urbis' était l'assemblée eucharistique de toute l'Eglise de Rome, présidée par son évèque. On a commencé à célébrer la 'Statio Urbis' lorsque, à côté du centre liturgique principale, le centre épiscopal, se formèrent, dans les limites de l'Eglise de Rome, des centres complémentaires, dans lesquels la célébration de la liturgie avait été confiée à des presbytres».

3

L'individualizzazione dell'eucaristia ha potuto svilupparsi, partendo dafl'indebolimento di un elemento ecclesiale fondamentale: l'assemblea 1. Pienezza di comunicazione che costituisce la pienezza di segno: la linea di riflessione si protrae progressivamente. Si discerne in queste osservazioni- la recente presa di coscienza del segno-legame come realtà fondamentale e vera consistenza del segno. De-universalizzare il sistema eucaristíco per ritrovare la primaria originalità della realtà espressa: in questo senso l'ecclesiologia eucaristica contrasta necessariamente con l'ecclesiologia universalísta. Fare dell'Eucaristia una 'parte' della Chiesa significa erigere un universalismo ecclesiale in termini di superiorità sulla dinamica eucaristica. Opporre 'parte' e 'pienezza' è un malinteso complessivo riguardo al mistero 2. La pienezza di totalità si coglie nella attuazione concreta, nell'assemblea 3, non in una astrazione strutturalmente universalista. Senza l'eucaristia non c'è Chiesa 4. Ecco dunque come comincia l'operazione afanas'eviana di 'genuinizzazione' della sorgente eucaristica. La chiave del criterio 'locale' non è un campanilismo spinto all'estremo, ma piuttosto l'intento di non integrare l'Eucaristia nel gioco umanamente scontato delle 'superiorità'. L'assemblea è il 'centro', non l'individuo, neanche l'individuo cristico (come ci veniva ricordato prima da Solov'ëv: non è Cristo il 'centro' ma l'umanità spirituale [cfr la figura dell Anticristo]). Questa centralità va poi liberata dalla inevitabile faciloneria intellettuale che la vede come 'piramide di assemblee': da quelle 'inferiori' a quelle 'superiori'. Non c'è una 'super-assemblea' come non c'è un 'superuomo' che possano insegnarci qualcosa su Cristo o sulla Chiesa. Siamo in presenza di una questione non solo ecclesiologica ma anche teologica fondamentale. L'Eucaristia pone il problema della 'totalità di pienezza' anche riguardo al 'male' come 'totalità sgretolata'. Se il 'bene' non è una 'forza superiore', bisognerà riferire la pienezza non al '«massimo» della sintesi' ma nel '«minimo» della genuinità vissuta'... La questione non è, ovviamente, di esaltare o rifiutare un 'centro ministeriale' ecclesiastico, ma questo subentrerà ulteriormente nella meditazione del nostro autore. La concretizzazione primaria della Chiesa è l'Eucaristia, i 'limiti empirici' dell'Eucaristia sono i 'limiti' della Chiesa 5. L'Eucaristia è 'vita in Cristo' il cui 'segno' si esprime come partecipazione multiforme di tutti. Il 'segno' eucaristico consiste nella unibilità della dimensione di mistero con la dimensione empirica della Chiesa. Il 'segno' costituisce la non separabilità dell'espressione percepibile con la relazionalità più tascendentale. La non-separabilità eucaristica sarà la sua consistenza di 'segno' che non esclude la 'ricapitolatività' simbolica (di cui infra). L'Eucaristia sarà, pertanto, 'segno-sorgente' 6 non individuale e non 'piramidalizzabile' della scommessa divino-umana. La non-eroicità trova -a questo punto- la sua conferma antropologica: cioè nella insiemabilità del mistero con la sua dimessa concretizzazione, o anche nella non 'idealizzabilità' della figura o della 'sagoma' o della 'maschera' (larva) individualizzata. Segno-senza-limiti: l'Eucaristia è assemblea localissima senza -però- essere rinchiusa nella sua 'manifestazione' spicciola o di un dato momento e di un dato luogo 7.

1 .

/ N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, pp. 41-42: «La disparition du facteur assemblée a abouti à la désintégration ultérieure de l'Eucharistie. De nos jours, la communion des fidèles se fait d'habitude pendant la liturgie, mais elle

peut se faire en debors d'elle. Même au cas où la communion a lieu pendant la liturgie, elles ne sont pas organiquement liées l'une à l'autre: à l'église orthodoxe, la communion peut avoir lieu après la fin de l'eucharistie, à l'église catholique, avant le commencement de la messe».

. / N. Afanas'ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo) 1971,

57: «Dalla comprensione di 'ekklesia' sparì un suo elemento essenziale: l'assemblea. Infatti, non ci sono assemblee, ma atti sacramentali, compiuti da persone consacrate. L'attuale pratica della 'concelebrazione' nella liturgia sembra una delle conseguenze della dottrina sulla 'consacrazione'. Secondo la pratica attuale, i sacerdoti nella concelebrazione partecipano effettivamente nella realizzazione dei sacramenti. I sacramenti possono essere compiuti e sono celebrati da un solo consacrato, ma poesono anche essere celebrati da alcuni consacrati». 2 Si ricorda, a proposito della 'parte' e della totalità che S. Tommaso sottolinea come 'la parte' ed 'il tutto' siano "una stessa cosa" (S. Thom. II-II, q. 61 a. 2 ad 2) . Questo accenno viene fatto nell'enciclica 'sociale di Leone XIII, "Rerum novarum", Roma 1891, n 27 numerazione dell'edizione del 1971). Contrasta con le tergiversazioni dell'enciclica di cent'anni dopo, la "Centesimus annus" sull'accettabilità della organicità del Corpo ecclesiale ma non delle 'molecole sociali': vedere in A. Joos, La "Rerum novarum" ed il passaggio da una società di produzione ad una civiltà di comunicazione, in AA. VV., Atti del convegno, Roma 1991, pp. . 3 .

/ N. Afanas'ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 57-58, 93-94, 145; . / N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 31; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 452. 4 . / N. Afanas'ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 47; . / N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 29, 31; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 81. 5 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 453; idem,

, in

, 1957 XI, . 34; . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, pp. 15, 22-31. 6 . / N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 31 (notare gli espliciti riferimenti alla riflessione bulgakoviana). 7 . / N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 31.

4

Se esiste una spaccatura tragica nell'Eucaristia, essa non consiste nella divisione tra 'espressione' ed 'interiorità', né tra 'individualità' e 'comunitarietà', ma tra 'creazione nuova' e 'l'eone antico' 1. Questo divario è un divario 'interno' allo svolgimento eucaristico. Proprio in questo consiste la sacramentalità totale della Chiesa 2, o cioè della sua 'eucaristicità' radicale, o anche la 'pienezza nella ristrettezza locale' ed anzi, 'la pienezza nelle segmentazioni del tempo' senza che la ripetizione possa essere presentata come gradualità e parzialità ove la completezza si intende quale 'integralità' delle parti 3. L'organicità eucaristica concretizza questa insiemità insegregabile del particolarissimo con l'inesauribile pienezza. La 'completezza integrale' porterà al noto 'integralismo' dove la priorità formale avrà sempre prevalenza normativa sull'irrecintabile sorgente di pienezza. La 'completezza di integralità' esemplifica 'l'eone antico' che si ritrova nella 'completezza' della 'perfezione' e della superiorità 'eroicamente individualizzabile'. L'integralismo di completezza e di perfezione si ritroverà nelle correnti di salvaguardia, come per esempio- nell approccio balthasariano di tipo estetico (vedere volume III, parte I, A). L'insiemità eucaristica 'è' l'insiemità stessa della Chiesa tutta 4. La sacramentalità totale dell'Eucaristia è tale in quanto l'Eucaristia è 'sobranie' o 'assemblea' 5. La relazionalità stessa dell'assemblea è la sorgente diretta della disponibilità di coinvolgimento e di ministerialità di tutti 6. L'ultima Cena istituisce la Chiesa multisacramentale nella condivisione totale dell'esperienza comune 7. Dall'essere 'accanto' e 'con' Cristo 8, si passerà a diventare 'Chiesa' nell'ultima Cena, per diventare Eucaristia piena nella Pentecoste 9. Dalla promessa ancora enigmatica (Mtt. XVI, 18), l'ultima Cena esemplifica il tenore costitutivo dell'"essere insieme" 10. In essa si istituisce la ecclesialità stessa e la sacramentalità cristiana 11. La 'fraternità' apostolica si trova confermata e sancita da questa "cena" (del tipo della 'sciaburah' -amichevole convivio): la 'frazione del pane' attua la fraternità apostolica che diventerà 'l'essere insieme della Pentecoste' 12. L'eucaristia fa gli apostoli: la comunione sorge dall'essere insieme (non vice versa) 13. L'"epi to auto" (At. 2, 47) è l'assemblea: "Il Signore aggiungeva ogni giorno a 'epi to auto' coloro che erano salvati" 14.

QUALE UNITÀ NEL 'CORPO DI CRISTO'?

Nell'insiemità dell'assemblea si concretizza il "Corpo di Cristo", l'eucaristia "è" Cristo nel suo Corpo: non vi sono -dunque- due 'identità', quella di Cristo e quella della Chiesa. Tali identità appartengono alla frammentazione 'empirica' dell'esperienza 15. L'unità ecclesiale non è la 'somma' delle

1 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, p. 32. 2 . / N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 20-28. 3 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 468. 4 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 19. 5 .

/ N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n

VIII, . 32; . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, p. 11.

6 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 15; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 177, 182. 7 . / N. Afanas'ev, Le sacrement de l'assemblée, in Le Messager orthodoxe , 1964 n 27-28, p. 35; . / N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 20. 8 . / N. Afanas'ev, Le monde dans l'Ecriture Sainte, in Irénikon , 1969 n 1, p. 9. 9 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 20; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 188; ; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 30; .

/ N. Afanas'ev, Le sacrement de l'assemblée, in Le Messager orthodoxe , 1964 n

27-28, p. 31; . / N. Afanas'ev, Le monde dans l'Ecriture Sainte, in Irénikon , 1969 n 1, pp. 8-9.

10 . / N. Afanas'ev, Le sacrement de l'assemblée, in Le Messager orthodoxe , 1964 n 27-28, pp. 33-35 (con la critica alla posizione di O. Cullmann che sposta la promessa all'ultima Cena); . / N. Afanas'ev,

(L'apostolo Pietro e il vescovo di Roma), ), in in

, 1955 nº 10, . 7-32. 11 . / N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 20. 12 .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo),

1971, . 222; .

/ N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 42; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 46-48.

13 .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo),

1971, . 188-190, 207-208; .

/ N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 30; .

/ N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 22, 71, 73. 14 . / N. Afanas'ev, Le sacrement de l'assemblée, in Le Messager orthodoxe , 1964 n 27-28, p. 31. 15 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, pp. 11, 15-16; .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 59, 188; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 89.

5

assemblee eucaristiche e non si attua pienamente in un 'vertice' eucaristico centrale; è -invece- l'assemblea in quanto tale che vive la sua pienezza eucaristica (anticamente percepita come assemblea 'locale' e come unicità 'locale' delle persone e famiglie in una sola assemblea eucaristica) 1. Il 'corpo' non è un meccanismo organizzativo di continuità della presenza o la materializzazione della presenza in termini di 'realtà', ma la 'corpificazione' creatrice di insiemità secondo i momenti ed i luoghi, senza farne un sistema stabilito 2. La non partecipazione all'assemblea significa 'non corpificazione', senza che ciò vada inteso come 'affiliazione o esclusione' 3, o che vi sia 'dovere' o 'permesso' di assistenza 4. Nell'eucaristia si esauriva la pienezza nella quale si costituiva la Chiesa 5. Quella unicità non significava -ovviamente- una limitatezza dello sviluppo della vita ecclesiale per mancanza di capacità organizzativa 6. L'eucaristia non è -dunque- un tassello della ristrutturazione del mondo o della convivenza umana. Essa non si presenta come un 'modo superiore' di ritrovarsi tra persone umane. Essa non è uno 'strumento' per uno 'scopo' superiore... La linea di intuito sul mistero di Cristo presso altri autori slavi orientali trova qui un suo riflesso ecclesiologico-eucaristico. Ma vi è di più... L'assemblea non si concepiva a modo di 'vertice' o anche 'secondo la dignità' -dando pre-eminenza a certe persone su altre nella individualizzazione di queste particolari 'superiorità' 7. La 'con-celebrazione' non indica la gerarchizzazione, ma la priorità della partecipazione comune 8. La 'con-celebrazione' non significa -cioè- 'fissare il posto preciso di ognuno nello «spazio eucaristico»': ecco ciò che si chiarirà ulteriormente con la prospettiva florenskijana sul 'tempo' e lo 'spazio' (vedere cap. 5). La gerarchizzazione procede da una esagerata 'spazializzazione' della prospettiva ecclesiale ed eucaristica (Afanas'ev parlerà piuttosto di criteri 'fenomenologici' che restringono la dinamica divina). La 'con-celebrazione' contrasta con la individualizzazione in un doppio modo: la comune proclamazione della "blagodarenie" (preghiera d'azione di grazie) e l'assenza di "preghiere segrete" del solo 'sacerdote' 9. Tutta l'assemblea consumava il 'Corpo e Sangue' come fanno oggi i soli 'consacrati' 10. Non c'erano dei 'presenti', ma solo dei 'partecipanti' all'eucaristia nel ministero multiforme di tutti 11. Il fondamento 'giuridico' di una con-celebrazione riservata ai soli 'consacrati' non trova un suo fondamento nelle sorgenti ecclesiali più genuini della dinamica eucaristica 12. Invece, nel compiere l'eucaristia, tutti concelebravano 'come uno solo' e 'con uno solo': colui che presidieva e che svolgeva il ruolo di guida come Cristo all'Ultima Cena, e cioè colui che serviva 'a capo' della Chiesa 13. Tale dovrebbe essere il senso del canone del concilio di Nicea sulla presidenza unica dell'eucaristia 14. Il servizio di guida, cioè quello del vescovo, non era la 'struttura sopra l'assemblea' ma la consistenza di coesione della veracità di vita ecclesiale partecipata da tutti 15. Lo 'stile' di presenza del vescovo corrisponde a quello di Cristo:

1 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, p. 11; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 452.

2 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 407; . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, p. 11; ; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 27. 3 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 72, 75. 4 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 52; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 72. 5 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 10, 30. 6 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 67; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 24.

7 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 15; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 54. 8 .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo),

1971, . 37, 49, 58-59, 88; .

/ N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 258. 9 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 44, 47-48. 10 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 45. 11 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 144; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 53, 76, 83. 12 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 59. 13 .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo),

1971, . 6-7, 144, 238, 260; .

/ N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 258; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 50-11, 60, 65. 14 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 35-38. 15 . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 23; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 54 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 453.

6

animare e guidare 1. Questa unità non è né segmentazione fissa né anarchismo carismatico 2. L''organizzazione' sorge dallo Spirito (non da una strutturazione secondo importanze e dignità): organizzazione organica, organizzazione 'innervata' 3. Dall'organicità nasce il criterio di continuità, nella complementarietà dei doni dello Spirito, dei ministeri e servizi 4. Ecco che Afanas'ev ci introduce a ciò che verrà ulteriormente prospettato da Florenskij (cfr volume II, parte V): il contesto nel quale si iscrive la 'continuità' e le 'successioni'. Per il nostro autore, è una questione di configurazione organica, non una questione di meccanismo 'storico' o 'temporale'.

L'EUCARISTIA ED IL FRAZIONAMENTO INDIVIDUALIZZANTE

La comunicazione effettiva di tutti nell'assemblea forma l'unità di una doppia realtà: la vita e la funzione, o cioè ispirazione e ministero 5. Il servizio, che opera e realizza l'assemblea articolata, coincide con la vita stessa dell'assemblea eucaristica, della Chiesa. Perciò tutti vivono come Chiesa e servono come Chiesa. I doni vitali dello Spirito Santo non sono particelle spirituali, entità frazionare e chiuse in se stesse, ma costituiscono una medesima rete comunicativa tra Spirito e assemblea viva 6. Nell'Amore comune si sviluppa il ministero comune, diversificato nelle molteplici funzioni del Popolo di Dio 7. L'esercizio delle funzioni organiche nella Chiesa si attua attraverso il consenso dell'assemblea. Questo consenso non è opinione di individui, espressa con procedure accuratamente organizzate 8. Il consenso nell'attuazione del ministero o dell'unica vita multiforme della Chiesa nello Spirito Santo, il più delle volte, è tacito o implicito. L'articolazione del segno - assemblea eucaristica - nasce da un consenso più ampio e più profondo, che non si può individualizzare o formalizzare in certi modi obbligati. Il consenso o approvazione costruttiva del Popolo di Dio agli orientamenti della dinamica ecclesiale, è comprensibile solo nella concretezza dell'ecclesiologia eucaristica. Questo consenso deve essere riproposto come criterio di «receptio» per i concili, e perfino riguardo ai concili ecumenici 9. La

1 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 17; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 17. 2 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 20. 3 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 20. 4 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 226, 230. 5 . / N. Afanas'ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo) 1971, . 83: «La vita e il ministero nella Chiesa sono identici, come lo Spirito attraverso il quale e nel quale vive la Chiesa, è il suo principio dinamico. Dove c'è lo Spirito, là è anche la Chiesa e il servizio »;

. / N. Afanas'ev, The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, nº 3, p. 256; «Life in the Church, to which every Christian is called, is a permanent ministry in which the Christian serves God through the Church, and serves the Church ítself. In the Church, life and ministry are one and the same, because in the Church, the Holy Spirit, by which and in which the Church lives, forms the principle of activity. Where the Spirit is, there is life also, and hence action and ministry». 6 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in «La Pensée Orthodoxe», 1968, XIII, p. 19: «Le même Esprit par lequel nous entrons dans l'Eglise et par lequel nous demeurons dans l'Eglise, donne à chacun des dons spéciaux. Ces dons ne sont pas donnés pour eux-mêmes, mais pour le ministère dans l'Eglise, qui se compose de membres abreuvés de l Esprit»; .

/ N. Afanas'ev, Le Pouvoir de l'Amour, in «Le Messager Orthodoxe», 1967, nº 39, p. 22: «Chaque ministère est basé sur la grâce, et, la grâce étant unique, tous les ministères sont identiques quant à leur nature; ils se différencient cependant d'après les dons de la gráce. La différence des dons crée la diversità des ministères, dont la valeur dépend de leur importance pour la vie ecclesiale». 7 . / N. Afanas'ev, The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, nº 3, p. 257:: «The ministry of the Laity is the manifestation of the Ministry of the whole people of God. The laity serves in the Church when the whole of God's people serves. Hence in the Church nothing is done without the people, for the Church is the people, takes part in everything that the laity, as members of God's people, take part in everything that happens in the Church, but they do so in accordance with the ministry to whích God's people is called»;

. / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 176 : «L'Amore è il carisma generale di tutto il popolo di Dio, senza il quale non ci può essere ministero nella Chiesa». 8 .

/ N. Afanas'ev, The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, nº 3, p. 260: «The words 'consent' and 'reception' do not mean that the people expressed its personal opinion or desire concerning the acomplisment of this or the other church act. The church authorities were not dependent upon the faithful's will, which had not enough authority of its own to take action. The Church does not live and act through the will of men, but through the will of God. Consent and acceptance mean that in accordance with the testimony of the Church the bishops teach and govern according to tbc will of God». 9 .

/ N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962,, p. 338: «Si la théologie orthodoxe introduit l'idée de la réception, c'est là un témoignage de ce que l'Eglise orthodoxe a conservé le souvenir de l'ecclésiologie primitive eucharistique, où la réception trouve son unique raison d'être et où les décisions d'une Eglise locale doivent être reçues par les autres Eglises, qui sont chacune une Eglise de Dieu en Christ. Voilà pourquoi, dans cette ecclésiologie, la réception est un témoignage de l'Eglise sur l'Eglise»; pp. 338-339: «Quand la théologie orthodoxe introduit l'idée de la réception, empruntée à l'ecclésiologie eucharistique, elle est inévitablement aux prises avec une série de problèmes, auxquels elle ne peut pas donner de réponse. Que veut dire 'réception' dans le contexte de l'ecclésiologie universelle. Si l'on insiste sur la réception, n'arriverait-on pas à reconnaître que des parties de l'Eglise universelle sont placées plus haut que le concile oecuménique, qui est manifestation de toute l'Eglise universelle?».

. / N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, p. 191: «Le concile oecuménique, dont les décisions étaient soumises à la réception, était l'organe de l'Eglise universelle, organe qui possédait

7

partecipazione effettiva si articola e si esprime nel consenso, un consenso che non escluderà a priori momenti di confronto e di tensione. Il consenso nasce, per così dire, dalla stessa eucaristia. Esso non è una programmazione sistematica. In questa presa di coscienza si dielinea la percezione sulla vera natura del segno: collegamento vivo che compie una comunícazione nell'accettazione di tutti. Il segno-legame prevale sul segno-qualcosa dietro al quale c'è un'altra cosa: un contenuto. L'orientamento non speculativo appare caratteristico di questo momento di approfondimento. In tal senso, l'ecclesiologia eucaristica si inserisce, quasi spontaneamente, nel flusso delle correnti del XX secolo. Il tessuto elementare della vita ecclesiale, manifestato od espresso, trova qui un saldo ancoraggio di concretezza e di immediatezza. Il segno realizza la propria ragion d'essere nel consenso sollecitato e dato: legame prettamente eucaristico. In questo consenso offerto ed accolto, tramite il «tutti, sempre, dovunque, in uno solo, per la stessa cosa», l'intero cammino ecclesiale diventa concretamente significativo. Come mai ha potuto verificarsi il frazionamento eucaristico e la sua segmentazione quale la conosciamo oggi? La Scrittura ce ne dà -forse- esemplificazione convincente 1? Nella sua genuinità l'eucaristia ricapitola e progetta l'impegno, il coinvolgimento ed il ruolo di ognuno 2. Il 'dono' per eccellenza sorge come carisma generale e totale, nella pienezza non frazionata del 'sacerdozio universale' dei credenti, di cui è organicamente depositario il popolo di Dio 3. Lo sguardo storico ha purtroppo individualizzato l'interpretazione dell'evento ecclesiale nelle sue sorgenti 4. Ritrovare la genuinità ecclesiale non significa negare la storia, ma vuol dire ritrovare la trasparenza iniziale nella limpida semplicità delle prime scelte abbozzate 5. L'operazione di restringimento individualistico ha delineato l'insiemità come anarchismo carismatico e ha trattato il dono complessiva dello Spirito come una entità a se, al di sopra dell'assemblea 6. Il consenso della Chiesa nelle sue assemblee doveva necessariamente trovare una sua ritmica ed un suo coordinamento, nella pratica corrente delle assemblee e tra le assemblee, dato lo stato peccaminoso e non ideale dell'uomo e del cristiano: da lì nacque un diritto 7. Il consenso e la «receptio» hanno dovuto essere progressivamente regolati nel corso della storia ecclesiale, come appare chiaramente nella legislazione nicena 8. Il pericolo dello sviluppo di una regolamentazione sempre più folta si traduce nella teologia delle due Chiese: la Chiesa visibile e la Chiesa invisibile, con il conseguente distacco dei due livelli e l'attribuzione di un proprio strato di ecclesialità visibile con particolari leggi e principi 9.

EUCARISTIA/SACRIFICIO/SACRIFICATORE: DALLA VITTIMA ALLA SACERDOTALITÀ, IMPLICITA TRASFORMAZIONE DELLA SCOMMESSA CRISTICA

l'autorité suprême. Cette réception ne pouvait pas être un acte des Eglises locales, parce qu'elles n'étaient que des parties de l'Eglise universelle: ce devait être uniquement un acte de l'Eglise universelle dans son intégralité». 1 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 11, 21. 2 . / N. Afanas'ev, (Ecclesiolgia), (roneotip.), 1968, . 1; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 6, 83, 87, 143-144; . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 263; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, 1948 nº VI, . 10-12; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 87. 3 . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 256; . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, p. 22; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, 1948 nº VI, . 9, 12, 17; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 3-4, 10-12, 16, 36, 108, 176, 222, 244. 4 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 33. 5 . / N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n 66, pp. 116, 126; . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, p. 3; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo),

1971, . 8, 185, 283. 6 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 32; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 90, 139-142, 283. 7 .

/ N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in «Le Messager orthodoxe», 1967 nº 39, p. 8: «Le droit existe dans l'Eglise terrestre, parce que la nature pécheresse de l'homme ne se manifeste pas seulement dans sa vie empirique, mais aussi dans l'Eglise qui possède sa propre écorce empirique liée à son existence sur terre. La grâce de Dieu suffit à l'Eglise du ciel, mais l'Eglise terrestre a besoin du droit». 8 .

/ N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 318: «La tendance fondamentale de la législation nicéenne consistait en ce que le concile s'efforçait de remplacer l'idée pré-nicéenne de la réception par celle du droit ou du moins de limiter par le droit l'action de la réception ecclesiale La réception ecclesiale se manifestait de la façon la plus marquante dans l'élection des évêques et dans l'excommunication des évêques, du clergé et des laïcs. Il n'est donc guère étonnant que le concile de Nicée ait consacré à cette question toute une serie de décisions». 9 .

/ N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in «Le Messager orthodoxe», 1967 nº 39, p. 8: «La doctrine des deux Eglises: la visible et l'invisible, résultat inévitable de la formation dans l'Eglise d'une couche empirique avec ses propres princípes et ses propres lois, est une tentation fatale pour la pensée théologique».

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Ciò che hanno reiteratamente puntualizzato altri autori russi riguardo al vittimismo che finisce

col diventare meccanismo di dominio sotterraneo e sornione, Afanas'ev lo prospetta in chiave più limitatamente eucaristica. Anche qui riappare la 'Vittima' ed il 'Sacrificio', nella ritualità della struttura e del concetto eucaristici. Anche qui, si modifica una visuale dal di dentro senza esaurirsi in controversie e polemiche che si fermano alle critiche o alla sola denuncia di 'difetti' nella prospettiva ecclesiale di tale o tale Tradizione. Se, riguardo alla persona di Cristo-Vittima, sembra sopratutto l'arcaismo religioso ad aver inciso, qui pare parallelamente aver avuto il suo impatto l'arcaismo autoritario della gestione socio-politica dell'umanità: l'Impero 1. Con la complessità della organizzazione ecclesiastica vennero inseriti concetti civili nella riflessione sulla specificità ecclesiale. Dall'idea di pienezza si passò a quella di estensione mondiale, dalla partecipazione radicale si passò a quella di una classe ministeriale distinta, dall'unità 'corpificata' nell'assemblea si passò a quella concepita sulla base dei legami di tutti sotto un solo responsabile di diritto, dalla complementarietà ci si inoltrò verso la strutturazione a tutto campo... La 'sacrificalità' sarà l'aspetto più marcante della individualizzazione e del restringimento della prospettiva eucaristica: il sacrificio è inanzitutto qualcosa compiuto "per" o in funzione di un "bisogno", o "a favore di"... 2. Sacrificio, sacrificatore, frutto o potere del sacrificio... ecco la dinamica di una disintegrazione dell'originarietà cristiana. La vittimizzazione permette di smorzare la 'partecipazione': si compie il gesto per alcuni, poi per qualcuno, poi senza partecipazione comune 'su ordinazione', magari in un tempio vuoto 3. La 'comunione al sacrificio' si fa -in occidente- anche fuori della celebrazione comune (prima o dopo) 4. La "proskomidia" o prima parte della liturgia eucaristica orientale si incentra sulla sacrificalità: il memoriale non è più quello dell'ultima Cena, ma quello dell'istituzione del sacrificio del Nuovo Testamento 5.

MINISTERO, CONTINUITÀ, DIVERSITÀ

I ministeri sono complementari nella loro diversità intrinseca, tale è la loro 'continuità': diversità di vocaboli, diversità di impegni e competenze, per uno stesso tipo di servizio -quello di guida eucaristica dell'assemblea 6. Il ministero apostolico non è un 'potere superiore sulla comunità', ma il contributo irripetibile di porre le fondamenta delle assemblee nella diversità dei doni 7. Il ministero di profezia sorge dal dono comune al sacerdozio di tutti i credenti, esprimendo il 'senso ecclesiale' tramite il dialogo tra profeta e popolo, dal riconoscimento dell'assemblea e con capacità itinerante verso le Chiese 8. Il ministero di guida ha una sua specificità funzionale dal consenso dell'assemblea, come testimonianza concorde, senza che ciò sia 'sacerdozio' ma attuato come 'carisma di guida dell'assemblea' 9. Né i i termini né la configurazione di questo ministero è uniforme: dagli apostoli, ai 'sette', ai presbiteri, ai vescovi, agli igumeni... tanti sono i modi di evocare questa presidenza senza superiorità 10.

1 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 8, 281; . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, pp. 3-4; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 114-116. 2 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 42; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 70. 3 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 38. 4 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, pp. 40-41. 5 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 39. 6 .

/ N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 30; .

/ N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n 66, p. 114; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 168. 7 .

/ N. Afanas ev,, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in Le Messager orthodoxe , 1965 n

29-30, pp. 7-8; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 88, 112-115, 121, 167. 8 .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 67, 91-92, 96, 106-107, 126-129, 134-135, 138, 182-183. 9 . / N. Afanas'ev, (Ecclesiolgia), (roneotip.), 1968, . 12-54; . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, pp. 260-261; idem, Tainstv i tainodejstvija (Sacramenta et sacramentalia), op. cit., str. 27; .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 14-15, 61, 66, 144-146, 149, 178, 233. 10 ; .

/ N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 41; .

/ N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 256; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 7, 87, 102, 157, 161, 163-167, 170-171, 176, 180, 183, 191-197, 202-206, 208, 212-214, 218, 221, 225-227, 233-234, 238-250, 253-259, 261, 272, 275, 278.

9

Il cammino storico ha potuto precisare il servizio stesso, ma i 'tre gradi' dell'ordine sacerdotale è una classificazione non essenziale 1. Nella sua varietà concreta, il servizio di presidenza includeva la guida pastorale e l'insegnamento 2.

ITINERARIO DI UNO SGRETOLAMENTO

L'indebolimento della coscienza di assemblea eucaristica, concentrando il coordinamento di vita ecclesiale, dall'assemblea sulla persona del vescovo, ha fatto di quest'ultimo il criterio di regolamentazione e di definizione riguardo all'esistenza e alla vita di ogni Chiesa locale, cioè di ogni Chiesa concreta 3. Il consenso diventa un consenso tra vescovi 4. Il vescovo ha il potere di impegnarsi per il consenso complessivo delle assemblee. Viene così posto il problema della legittimità del potere nella Chiesa 5. L'infiltrazione del potere nello sviluppo della configurazione ecclesiale delinea una certa dualità, di stato e di statuto, nell'esistenza della Chiesa: lo statuto invisibile e visibile. Cresce l'autonomia del visibile nell'articolazione della propria configurazíone di vita, regolata e sistematizzata, nel quadro della esperienza umana. Dal segno-assemblea si arriva all'assemblea segnata in una struttura esternamente inamovibile. Si stacca l intensità interna dell'assemblea (la sua vita spirituale di fede e carità nella speranza) dall'organizzazione, che veniva imposta da un luogo all'altro. Il segno fisso si allontana dal suo contenuto. La funzionalità segue i suoi percorsi autonomi e si ingessa in forme, che possono facilmente indurirsi e diventare poco flessibili. Un ritmo di espressione ecclesiale si stabilisce, in tal modo, e, partendo dalla assemblea-eucaristia, si allarga e cresce in diverse direzioni. La realtà espressiva centrale vive e si muove, ma deve pure mantenere una propria unità o coerenza. Vi è e vi deve essere una reale comunione per poter esprimere e comunicare: questa comunione era originariamente l'unità eucaristica 6. L'eucaristia esprimeva l'unità, in tutta la sua ricchezza e profondità, e al di là delle disparità di luogo e di tempo 7. L'unità non è semplicemente organizzativa o formale, ma non è neppure unicamente interna o spirituale: i due aspetti sono collegati nel passaggio vivo, che solo l'eucaristia può operare, perché essa è, allo stesso tempo, espressione e profondità del mistero 8.

Il primo passo della svalutazione eucaristica cominciò con la praxis riduttiva della 'con-celebrazione' da parte di tutta la comunità radunata, mettendo in forse il fondamento chiamato

1 .

/ N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n

66, p. 119; .

/ N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 68; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo),

1971, . 163, 171, 184. 2 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 5-7, 63, 82, 94, (100-200), 108, 147, 155, 219. 3 .

/ N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un théologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, p. 188: «Donc, pour Cyprien, l'épiscopat est la manifestation de l'Eglise elle-même. L'expression célèbre de Cyprien que l'on cite si souvent, avec plus ou moins d'à propos, l Eglise est dans l'évêque et l'évêque est dans l'Eglise a justement ce sens là. L'Eglise est dans l'épiscopat, parce qu'elle se manifeste par lui dans la réalité empirique, mais aussi l'épiscopat est dans l'Eglise car autrement l'Eglise ne pourrait pas se manifester par lui»; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, «Irénikon» 1965, n. 4, p. 451: «D'autre part, les limites de l'Eglise locale sont définies par celles du pouvoir de l'évêque. Seuls appartiennent à l'Eglise locale ceux qui sont avec l'évêque, c'est-à-dire ceux qui sont sous son pouvoir». 4 .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, «Irénikon» 1965, n. 4, p. 451: «En effet, selon Cyprien l'évêque est le signe de l'appartenance d une Eglise locale à la 'catholica': non pas l'évêque lui-même, mais l'évêque faisant partie de la 'multiplicité unie par la concorde' des évêques». 5 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l'ecclésiologie, in «Istina», 1957 nº 4, p. 402: «L'important n'est pas de savoir comment doit se distribuer le pouvoir sur toute l'Eglise et à qui il doit appartenir; l'important est de savoir si le pouvoir existe et s'il doit exister». 6 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in «La pensée orthodoxe», 1968 nº XIII, p. 10: « Koinonia' est la communion réelle avec le Corps et le Sang du Christ. L'Eglise est un 'Corps', pas comme l'unité organique des membres de l'Eglise entre eux, mais comme l'unique Corps du Christ dans l'assemblee eucharistique. La réalité du pain manifeste la pleine réalité du Corps du Christ, et 'l'unité du pain' (un seul pain -eis artos-) manifeste l'unité du corps (en soma)». 7 . / N. Afanas'ev, L'Eucharistie, principal lien entre catholiques et orthodoxes, in «Irénikon», 1965, nº 3, pp. 338-339: «Quand nous prenons part à une assemblée eucharistique, nous sommes unis avec tous ceux qui en ce moment prennent part à une assemblée eucharistique, et ce, non seulement aux assemblées de l'Eglise orthodoxe, mais aussi à celles de l'Eglise catholique, car partout et toujours une seule et même eucharistie est accomplie: le Christ est 'le même hier, aujourd'hui, éternellement'. Voilà pourquoi l'eucharistie n'est pas seulement un lien entre l'Eglise catholique et l'Eglise orthodoxe, mais aussi la manifestation de l'unité de ces Eglises». 8 . / N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts, 1969 n 66, p. 115: «Aucune forme ecclésiastíque n'épuise le mystère de l'Eglise, elle constitue sculement son approche, elle-même relative au moment historique. C'est pourquoi il est impossible d'absolutiser un mode d'organisation de la vie de l'Eglise car ce serait confondre avec l'immuable son expression nécessairement empirique et relative»; .

/ N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in «Le Messager orthodoxe», 1967 nº 39, p. 8: «La doctrine de la catholicité de l'Eglise nous dit que son unité est absolue: il n'y a pas d'Eglise visible et invisible, celeste et terrestre, il n'y a que l'unique Eglise du Christ qui, dans la plénitude de son unité, existe ou demeure dans chaque Eglise locale avec son assemblée eucharistique. En employant les termes mentionnés plus haut, on peut dire que l'Eglise invisible se manifeste pleinement dans l'Eglise visible, et que l'Eglise visible manifeste l'invisible».

10

'sacerdozio di tutti i credenti' 1. La pretesa di una segmentazione iniziale dell'eucaristia in 'eucaristie domestiche' sembra essere un mito non provato 2. Eppure, più passa 'il tempo' (più si ripetono le eucaristie), più svanisce il senso dell'«essere insieme» tutti, sempre, in uno solo 3. Subentra 'l'obblio' di questa 'insiemizzazione', e ciò viene percepito oggi come 'peccato' introdottosi nella dinamica di vita ecclesiale 4. L'apostolo Paolo cercà di reagire contro questa inclinazione individualizzante del mondo ellenistico 5. Questo 'peccato-dimenticanza' appare come lo scontro tra rivelazione cristiana ed individualismo greco-classico, per il quale l'insiemizzazione non era che uno scandalo insensato 6. Florenskij ricorderà questo processo di 'degrado' insito nel cammino storico del 'tempo', secondo certi intuiti umani e religiosi (vedere cap. 5). Afanas'ev discerne -invece- in esso una dimensione 'spaziale', tra ambiti -cioè- culturali coesistenti (pur non dimenticando l'elemento di 'ripetitività' nel tempo che porta con se l'offuscmento della 'memoria iniziale). Più che una questione di 'prosecuzione nel tempo', per Afanas'ev, il malinteso nasce da una voglia di 'classificazione' (di segmentazione, di gerarchizzazione), molto più 'spaziale', tra «membri consacrati» e «membri non consacrati»: ecco la ragione dell'involuzione verificatasi 7. Ecco dove subentra un richiamo di sapore 'magico': potere dei 'consacrati' sull''eucaristia' 8. Anche lo 'spazio' liturgico viene diviso tra 'consacrati' e 'laici' 9. Si torna ad un contesto vetero-testamentario 10. Per Florenskij, ciò si chiamerà 'cutanizzazione' dell'intuito cristiano (vedere cap. 5). La 'segmentazione cutanea' si ferma a quella esteriorità dalla quale si agisce 'magicamente' sugli impulsi interiori!! La prima individualizzazione fu quella che fece scivolare l'insiemità eucaristica nell'individuo episcopale come segno suo di 'unità' 11. Con questo criterio si incentra l'unità intorno al 'vescovo residenziale' (con i suoi 'ausiliari' o 'vescovi titolari') 12. La 'spazializzazione' diventa -dunque- il contesto nel quale si sancisce la legittimità ecclesiale. Anzi, sarà dalla 'residenzialità' che si dedurrà anche la 'legittima successione'. Ecco dove appare meglio quanto il 'tempo' (per Florenskij) sia fatto dipendere dallo 'spazio', eppure sembra che sia lo 'spazio' a riferirsi al 'tempo' come una delle sue dimensioni (vedere cap. 5). Dal 'segno dell'essere insieme' si passò al 'segno dell'imposizione delle mani' come conferma di unità 13. Svanisce la rilevanza prioritaria del battesimo di fronte all''unzione' e alla 'consacrazione' 14. Il fermentum

doveva garantire l'insiemità tramite la particella 'consacrata dal vescovo' poi portata nelle varie assemblee 'particolari' 15. Poi sarà il vescovo stesso, celebrando le varie eucaristie -nella statio Urbis - che si farà 'attuatore' dell'unità, particolarmente a Roma 16. Sotto l'egida del vescovo l'eucaristia non fu più 'segno dell'essere Chiesa' ma diventò 'segno nella Chiesa' -uno tra i tanti 17. Si fa strada l'idea di 'assistere' passivamente all'eucaristia come 'solennità' (per ridare lustro e tirare su le celebrazioni banalizzate) 18. La 'comunione' diventa un

1 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 56, 169; . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 259. 2 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 26. 3 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 58-59. 4 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 89. 5 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 12, 25. 6 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, pp. 32-33. 7 .

/ N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, pp. 262-263;; .

/ N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 11-12; . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 38; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 15, 46-47, 231-239, 257. 8 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 41; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 56-57. 9; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 5; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 41-44. 10 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 145. 11 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, pp. 67-72. 12 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, pp. 68-72. 13 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, .167. 14 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, .19, 25, 34. 15 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 263-264; . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 38; . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 68;

. / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 27. 16 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, pp. 65-68. 17 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 42; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 70. 18 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 59.

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atto di pietà individuale, di stile sacrificale, al quale bisogna 'prepararsi' spiritualmente 1. L'assemblea diventa una 'assemblea mistica' con gli angeli, in opposizione all'attuazione dell'insiemità di tutti, con tutti, per tutti 2. Si dividono sempre più formalmente 'consacrati' e 'non consacrati', sia in oriente sia in occidente 3. Dalla 'consacrazione' alla sacrificalità, la linearità si abbozza nel cammino storico. Il gesto comune dell'essere insieme si offusca con l'accentramento della celebratività in mani ad alcuni 4. La 'consacrazione' acquista uno statuto statico-ontologico che radica la sua 'superiorità' sull'assemblea 5. Il 'sacro' produce il 'sacro', il popolo laico è 'sterile': tutto diventa una questione di 'potere sacrale' 6. Da questo 'potere' sorgerà la necessità di radicarlo nella legittimità apostolica, nella nota 'successione apostolica' 7. L'unità ecclesiale diventa 'comunione' tra tutti i vescovi, con una 'eucaristia universale': dalla "Statio Urbis" si passerà alla "Statio Orbis", siamo già nell'ambito dell'«ecclesiologia universalista» 8. L'individualizzazione si compirà poi nell'accentramento dell'unità 'universale' in un 'centro individuale': il 'vescovo universale' 9. Visto che 'l'assemblea universale' non permette una partecipazione piena, si introduce il 'principio di rappresentanza' in mano ad alcuni ed a nome di tutti 10. L'eucaristia celebrativa universale troverà la sua forma 'planetaria' nel "congresso eucaristico" 11.

LA VIA VERSO L'UNIVERSALISMO

Per l'apostolo Paolo la Chiesa di Dio che si trova a... significa la pienezza riconosciuta ad ogni assemblea eucaristica 12. Nella "Didachè" e nella sistematizzazione gnostica, poi ulteriormente nel montanismo, nasce ciò che diventerà l'orientamento universalistico 13. Clemente romano valorizzò la figura del "proigumenos": primo tra i presbiteri 14, però non in funzione di un diritto o potere, ma come testimonianza a nome di un consenso da una Chiesa all'altra 15. L'autorità della testimonianza della Chiesa di Roma non si fonda su un 'potere' ma sull'autorità che il consenso conferisce all'operato di una Chiesa 16. Ignazio di Antiochia fa di ogni presbitero anziano un tipo di 'sommo sacerdote' fisso, meno ispirato all'Antico Testamento che alla prima presidenza di Pietro a Gerusalemme 17. La preminenza degli apostoli ereditata dai presbiteri di Gerusalemme diventa una tipologia applicabile ad ogni comunità locale: il primo presbitero ricapitola il ministero di tutti nell'"agape" (cioè l'assemblea eucaristica locale e concreta) 18. Nella misura in cui l'"agape" sarà interpretato come "corpo della Chiesa universale" si arriverà facilmente all'idea del 'presbitero supremo' o del 'vescovo universale': il

1 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 69, 82, 91. 2 .

/ N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore),

1952, . 71; .

/ N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 39. 3 . / N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n 66, p. 124;; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 6-8; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, .. 57, 61, 67. 4 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 56. 5 . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 255; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 19. 6 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 38-39, 97, 167. 7 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 241, 251-253, 264, 273-274, 276. 8 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, pp. 73-75. 9 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, pp. 68-69. 10 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 74. 11 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, pp. 74-75. 12 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 408; . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, pp. 3, 7. 13 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 418; ; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 60; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 16; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 89-93, 130-134, 258. 14 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 265-266. 15 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 115, 217, 229-232, 252-254, 270. 16 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 412-413; .

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, in

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(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 197-198, 244-255, 262-263.

12

Papa romano 1. Ma, per Ignazio la pienezza dell'"agape" rimane l'eucaristia; la preminenza di una Chiesa -invece- nasce dalla priorità di testimonianza non da un 'potere spirituale' nelle relazioni vicendevoli tra Chiese-assemblee 2. Per Policarpo, dal contesto eucaristico dell'assemblea viene dato ulteriore risalto alla via del consenso mutuo tra le Chiese (particolarmente in quanto alla Chiesa di Roma) ed al fatto che un rifiuto di consenso non possa significare 'esclusione della Chiesa' in genere. Non si mette avanti un 'potere di primato' 3. Segue la stessa linea il "Pastore di Erma" 4, e la prospettiva di Ireneo 5. Anche qui la testimonianza di consenso dà autorità all'operato ecclesiale: tale è il senso della potentior principalitas , ricorso di testimonianza a una Chiesa in caso di crisi e non 'sottomissione a regole e dottrine' 6. Nell'assemblea 'presbitero' e 'vescovo' sono ancora termini intercambiabili 7. Tertulliano passa dalla configurazione di diversità dei ministeri alla divisione dell'assemblea sulla base del 'potere' ecclesiastico, che appartiene ai 'spirituali': i profeti 8. Si traccia già -qui- una prospettiva universalista 'spirituale', ma non in convergenza con l'impero ecumenico (Cesare, diventato cristiano, non sarebbe più Cesare) 9. Ippolito insiste sulla peculiarità ministeriale ma non su 'gradi' dovuti alla 'consacrazione 10. Cipriano passa dall'idea di Chiesa concreta a quella di Chiesa in genere: la Chiesa universale nel contesto dell'impero dove ogni cellula particolare si concepisce come parte o frazione dell'universalità geografica 11. La questione venne a galla con gli apostati ed il divieto di partecipare all'eucaristia. La ragione dell'esclusione non è più quella della comunione mutua, ma di una 'parte' staccata dall'insieme (l'universalità, non la pienezza eucaristica): si diventa 'non Chiesa' 12. Non più l'assemblea esprimerà l'unità ma l'individualità del vescovo né sarà il 'segno' e tramite il suo 'potere' ci si collega alla 'Chiesa cattolica' 13. Tutto rimane -intanto per Cipriano- funzione del consenso e della partecipazione del popolo, e la stessa unità dei vescovi si esprime come "concors numerositas": coesione di tutti ma senza 'capo' messo linearmente al vertice della costruzione 'conica' universale 14. Il problema che sorge con Cipriano consiste nel passaggio dalla comprensione dell'episcopato come

1 . / N. Afanas'ev,

(Due idee sulla Chiesa universale), in , 1934 n 45, . 27; . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 404-405; . / N. Afanas ev,

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, 1957 XI, . 22, 31-32, 37, 44; ; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 46; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 251, 254, 263. 2 . / N. Afanas'ev,

(Due idee sulla Chiesa universale), in , 1934 n 45, . 25-26; . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 413-414; . / N. Afanas ev,

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, 1957 XI, . 19, 36-38; ; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, pp. 47-48, 55; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 167. 3 ; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, pp. 56-57; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 461-462. 4 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 249. 5 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 415-417. 6 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 414-415; ; .

/ N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, pp. 49-55. 7 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 213, 252. 8 . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 258; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 13 .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 1, 128, 131, 141.

. / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp.403-404; . / N. Afanas'ev, Le monde dans l'Ecriture Sainte, in Irénikon , 1969 n 1, p. 30; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 33. 10 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 228-229. 11 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 403; ; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, pp. 18, 61; .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 440, 449.

12 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 403-404, 417, 419; . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 40; ; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, pp. 12-18; . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n

39, pp. 4-7; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 73; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 441-442, 444, 457, 459-460; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo),

1971, . 282-284. 13 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 404; ; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 16; . / N. Afanas ev,, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in Le Messager orthodoxe , 1965 n 29-30, p. 15; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 451; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 252. 14 Vedere anche N. B. J. D. Zizioulas, La communauté eucharistique et la catholicité de l'Eglise, in Istina , 1969 n 1, p. 77 nota n 5; . / N. Afanas'ev,

(Due idee sulla Chiesa universale), in , 1934 n 45, . 18-19 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 404-405; ; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 16; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 449-450; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 64-65.

13

servizio d'amore ecclesiale a quello di potere cristallizzato nel diritto di legalità ripreso dalla convivenza politica imperiale 1. Questo sistema venne ripreso tanto in occidente quanto in oriente con gravi conseguenze. Il Papa romano lo fece individualmente suo premettendo la confluenza di tutto l'episcopato nella sua persona. Tommaso d'Aquino ne fece la teoricizzazione definitiva 2.

EUCARISTIA: ALDILÀ DEL VERTICISMO, LA PARTECIPAZIONE RADICALE

Nello Spirito, si costituisce l'assemblea come organismo vivo nel quale 'tutti sono in tutto per tutti, sempre' 3. La gestione della vita ecclesiale sorge da questa compenetrazione divino-umana nella partecipazione eucaristica prioritariamente multipersonale nella sua organicità 4. Ogni frazionamento avrà conseguenze spirituali, dottrinali, disciplinari 5. La ministerialità non nasce da una 'struttura' verticizzata in cui l'organizzazione predispone il ruolo di ognuno. Invece, sarà la compartecipazione dalla quale prenderanno forma gli impegni vitali: ricapitolazione e progetto di tutto ciò che la vita ecclesiale possa implicare nel suo percorso 6. Perciò, il ministero 'è' la vita ecclesiale e la vita ecclesiale emerge dallo Spirito nella sua multiforme dinamicità 7. Il dono propositivo dello Spirito è fonte di coinvolgimento a tutti i livelli ed in tutte le dimensioni dell'esperienza umana: la grazia -cioè- crea la ministerialità 8. E` dal dono dello Spirito che nasce l'appartenenza organica alla vita ecclesiale, aldilà di decisioni empiriche di protagonisti ecclesiastici 9.

LA PARTECIPAZIONE DI TUTTI

Il 'sacerdozio universale dei credenti' è la continuazione del sacerdozio levitico dell'Antico Testamento condiviso da tutta la Chiesa, realizzando l'unico sacerdozio di Cristo 10. La pienezza intrinseca del dono si diversifica in modalità multiforme di attuazione nei ministeri assunti e trasmessi 11. Alcuni ministeri vennero considerati più impegnativi per la continuità ecclesiale: i ministeri particolari 12. Il ministero rimane però quello di tutta la Chiesa 13. Ecco ciò che il Grande Inquisitore non potrà mai accettare: il ministero è 'suo' e questo proprio 'in nome di Cristo'. Non vi potrà essere che sottomissione del popolo di Dio, per il quale 'serve' il senso del peccato. Ma, ci farà comprendere Dostoevskij, perdendo il contatto relazionale con il popolo di Dio, egli lo perde finalmente con Cristo

1 . / N. Afanas'ev,

(Due idee sulla Chiesa universale), in , 1934 n 45, . 19, 28-29; . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 406; . / N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, pp. 14-18; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 443, 449-450. 2 Idem, Dva idej vselenskoj Tserkvi (Due idee sulla Chiesa universale), op. cit., str. 20; . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 418; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 443. 3 . / N. Afanas'ev, (Ecclesiolgia), (roneotip.), 1968, . 1; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 12. 4 .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 140-143; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 12. 5 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, .. 88. 6 . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 55; . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 263; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 6, 87, 143-144; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 10-11. 7 . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 256; .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 81-84. 8 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 12-16, 40-41, 85, 98; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 11; . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, p. 22; . / N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 17. 9 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, p.19; . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 261; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 5-6, 21, 138, 270. 10 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 10-12, 36, 222, 242-244. 11 .

/ N. Afanas'ev, (Ecclesiolgia), (roneotip.), 1968, . 1-3; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 16, 86. 12 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 84, 162. 13 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, p. 17; . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 256; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 15, 24, 37, 85.

14

(vedere cap. 1). Il ministero è partecipazione personalizzata 1. L'elezione a un ministero non significa una "scelta" ma una testimonianza sull'operato del Signore nello Spirito tramite i suoi doni 2. La vocazione personale è anche testimonianza dello Spirito in coloro che la accolgono 3. La persona, però, matura e risponde dentro di una comunità: la Chiesa del luogo 4. Anche qui, troviamo le radici 'cristologiche' delle sviste ecclesiali evocate dalla meditazione sull'Anticristo (vedere cap. 2). Il principio 'a se stante', per l'Imperatore universale, è proprio la 'scelta' confermata dalle 'elezioni'. Per lui vi è identità tra scelta e trasposizione della scelta nell'individuo eletto: lui stesso. Egli acquista così ogni potere e nessuno sarà intitolato a metterlo in dubbio. Per Florenskij, questa illusione corrisponde all'illusione di poter 'trasferire' ogni aspetto dello 'spazio' a una sua 'rappresentazione fedele' in senso -per esempio- pittorico. Non c'è questo trasferimento fuori dall'illusione (vedere cap. 5). Sia l'Inquisitore, sia l'Imperatore vivono di illusione su se stessi e sulla loro esperienza. Essi hanno 'spazializzato' ciò che il mistero prospetta nella 'libera verità'. Ecco l'interesse della 'parabola' russa cristiana di questi autori per farci 'sentire' la portata di certi approcci teorici... Se non c'è trasferimento punto per punto di 'potere e potenza', nessuno potrà dirsi superiore o presentarsi come 'capo' al di sopra degli altri fratelli e sorelle 5. Non si tratta di una diversità di natura, di dignità o di importanza, ma bensì funzionale 6. Una persona, pure scelta o eletta, o guida dell'assemblea eucaristica non è neppure 'rappresentante' di essa 7. Queste tattiche 'democratiche' non combaciano con l'organicità dell'assemblea eucaristica nell'insiemità ecclesiale 8. La presidenza eucaristica si riferisce a tutti gli altri ministeri, non vice versa. La relazionalità mutua manifesta la veracità nella non superiorità 9. Il ministero di guida rimane un servizio-chiave dell'insiemità, non un "potere", né una 'potestà' nel senso socio-politico umano 10. Anche il ministero apostolico è un dono proprio, non un potere, e non costituiva un 'colleggio' nel senso che gli dà la convivenza culturale 11. Dal potere si arriva alla 'successione' di legittimità di questo potere. Si vede bene come questa successione dei 'vescovi residenziali' sia un tentativo di far sparire l'incognita del 'tempo' di cui Florenskij ha sottolineato il senso di disagio nell'esperienza umana (vedere cap. 5 delle convergenze teologiche, volume II). La successione toglie il rischio dell'obblio in una lista che annulla il possibile 'degrado' nel tempo. Si fa risalire tutto agli apostoli e si equipara adirittura la successione fino al loro stesso 'insediamento'; eppure, sia che gli apostoli hanno un servizio unico, sia che essi non hanno chiamato altri nel modo in cui si è poi teoricizzata la 'successione' 12. Il peggio appare, però, nella individualizzazione della 'successione', da Pietro ai suoi 'successori individuali' i Papi romani, contrapposto alla successione 'collegiale' dei vescovi 13. Vi è -ciònonostante- un altro modo di 'vedere' la successione: secondo l'ottica di Cipriano, nella loro concordia tutti i vescovi occupano la cattedra di Pietro nella convergente presidenza dell'assemblea eucaristica 14. Tale sarebbe

1 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 97-100 2 . / N. Afanas'ev, (Ecclesiolgia), (roneotip.), 1968, . 12-39; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 99. 3 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 100-101. 4 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 17, 62, 85, 107-108. 5 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, pp. 17, 19; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 16. 6 Ibidem, str. 16. 7 . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 262. 8 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 67, 223. 9 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, p. 20; . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, pp. 260, 263; .

/ N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 115, 116; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 40, 238. 10 . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 34; . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, p. 15; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 14-15; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 144, 176. 11 ; .

/ N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 30; .

/ N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n 66, p. 114; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 88, 167-168. 12 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 267-271. 13 ; .

/ N. Afanas ev, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchatel 1960, p. 36; .

/ N. Afanas ev,, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in Le Messager orthodoxe , 1965 n 29-30, pp. 9-10; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 276-277. 14 .

/ N. Afanas ev,, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in Le Messager orthodoxe , 1965 n

29-30, pp. 9-10; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 272.

15

una via di uscita 'simbolico-effettiva' per la dinamica chiamata di 'successione apostolica' 1. Se vogliamo riprendere le chiavi florenskijane, si dovrebbe dire 'né spazialità, né temporalità' come illusoria clessificazione (consacrati e non consacrati) o come continuità illusoriamente garantita (contro il degrado), ma una 'simultaneizzazione' simbolica di tutte le 'presidenze' eucaristiche, come la si potrebbe 'vedere' dalla prospettiva iconica (vedere cap. 5) dove le ristrettezze del 'tempo' e dello 'spazio' non diventano 'principi' interpretativi unici ed uniformi per la via ecclesiale. Tale sarebbe la 'simultaneizzazione' di tutti nella figura di Pietro, sciogliendo le premesse di 'potere', di 'individualità', di 'superiorità'.

2

QUALE ARTICOLAZIONE DELLA GENUINITÀ DELL ASSEMBLEA NEI SUOI SEGNI ECCLESIALI

La difficoltà riguardo all espressione ecclesiale originaria sembra essere stata la comprensione del retto e giusto riferimento all'asgemblea e all'articolazione delle assemblee, in funzione di questo stesso riferimento: partendo cioè dal ministroguida, vescovo, concilio e primato. L'individualizzazione della autorità, come potere nelle mani del vescovo, ha portato all'universalizzazione strutturale, regolata dal concilio, la cui manifestazione suprema è il concilio ecumenico, con la complicazione implicita di una ecumenicità molto difficilmente realizzabile nella concreta partecipazione di tutti in uno solo 2. Aggiungendo a tutto questo la problematica imperiale della direzione del concilio ecumenico 3, si arriva linearmente e logicamente alla necessità di una nuova individualizzazione all'interno del concilio: al potere cioè del primato 4. Come per l'eucaristia, la nuova individualizzazione mette in pericolo l'esistenza stessa della realtà conciliare, trovando una via più efficace di strutturazione universalista nell'individualizzazione pontificale 5.

VERTICISMO DI POTERE, VERTICISMO DI DIRITTO

Il diritto significa: regolare il potere secondo criteri oggettivi generali 6. Il potere è la capacità di costringere esternamente (dal di fuori del suo consenso) l'altro 7. L'insieme legislativo forma l'intreccio delle 'garanzie' della convivenza civile, secondo principi 'universali-oggettivi' 8. Il diritto tende a

1 Idem, Apostol Petr i rimskij episkop (L'apostolo Pietro e il vescovo di Roma), op. cit., str. 22-26; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 264. 2 .

/ N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 333: «Même si nous comprenons le terme 'oecuménique' dans le sens qu'il avait à l'époque romaine, nous devons admettre qu'il n'y a jamais eu de conciles oecuméniques. Les évêques de toute l «oekouméné», et d'autant plus de l'univers tout entier n'ont jamais assisté à un concile». 3 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962,, p. 319: «Dès le tout début, les conciles oecuméniques se considéraient comme l'autorité suprême en ce qui concerne les affaires de l'Eglise; cependant cette autorité ne découlait pas des conciles eux-mêmes, mais de l'empereur qui les convoquait, qui définissait leur composition et les questions à discuter. Lorsque l'Empire eut disparu, les conciles oecuméniques disparurent eux aussi de la vie de l'Eglise»; p. 332: « La théologie orthodoxe a toujours insisté sur le rôle de l'empercur par rapport au concile oecuménique, ce qui a toujours été une cause de controverse entre la théologie orthodoxe et la théologie catholique, controverse qui, semble-t-il, est actuellement teminée. Maintenant, cela n'a plus d'importance». 4 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 19-20: «Chose plus importante encore, les conciles, en tant que manifestation de l'unité de l'épiscopat, présupposent la primauté à l'intérieur du corps épiscopal. Sans cette primauté, qui convoquerait les conciles? Telle est la question que Cyprien ne s'est pas posée. La doctrine de Cyprien sur les conciles a été achevée sans lui et ceci dans une forme qu'il n'aurait pas pu prévoir: c'est l'Eglise d'Empire qui l'a achévée, et le concile des évêques est devenu le concile de l'Empire. Le principe conciliare ne peut jouer contre la primauté: non seulement il ne l'exclut pas, mais au contraire il la présuppose». 5 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 21-22: «Le déclin du principe conciliaire aboutit à un autre type d'ecclésiologie universelle, qu'on pourrait appeler 'pontificale'. En occident, c'est dejà de bonne heure qu'on peut trouver des traces de cette ecclésiologie»; p. 22: «Le pape est supérieur au concile; donc, le principe conciliaire est supprímé. Les conciles, s'ils ont lieu, cessent d'étre des conciles au vrai sens du mot et deviennent des organes consultatifs de l'évéque de Rome»; p. 24: «Nous assistons vraiment à la naissance d'une ère nouvelle dans l'Eglise catholique, à la naissance d'une ecclésiologíe universo-pontificale. Ce nouveau type d'ecclésiologie est le résultat du développement normal de l'ecclésiologie universelle et son aboutissement: d'autre part, on peut y voir un retour à l'ecclésiologie ancienne quoique très changée et méme altérée». 6 . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, pp. 5, 10-15. 7 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 303. 8 . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, p. 10; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 285-291.

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presentarsi come un principio 'superiore', in un certo modo ad auto-deificarsi 1. La questione di un diritto canonico non può essere staccata da quella del diritto in quanto tale, traducendo l'iniziativa divina in termini di 'azione legislativa' 2. Nel diritto si subordina il mistero di pienezza ai codici empirici della gestione umana 3. La dimensione non empirica della vita ecclesiale viene retta sia dagli imperativi del potere sia dalla sistematizzazione del diritto 4. Nasce la 'dottrina delle due Chiese: quella visibile e quella invisibile 5. L'unico 'potere' ipotizzabile è quello dell'Amore, vissuto come sacerdozio universale dei fedeli 6. Sarà dunque questo Amore condizionato dal diritto ed articolato come potere che diventa sacrificalità? In ogni caso, la responsabilità pastorale non significa una 'delega' di potere divino, trasmessa individualmente dagli apostoli a dei successori 7. Per il Nuovo Testamento il Regno ed il potere non presentano possibilità di analogia o di convergenza 8. Indebolendosi il senso dell'Amore ecclesiale vissuto nell'assemblea, l'analogia con la vita civile si disegnò tramite la coesione di potere regolata dal diritto 9. Eppure, il diritto si avverò insostituibile, a causa della condizione peccaminosa dell'umanità: la Chiesa convive col diritto ma non si ispira dal diritto 10. Non si 'costringe' all'Amore col potere e non si 'canalizza' l'Amore col diritto: se vi è potere pastorale e diritto gerarchico, essi sono di natura prettamente pragmatico-organizzativi 11. Le disposizioni canoniche esprimono ed attuano l'organicità della vita ecclesiale, prospettando delle vie di creatività al di dentro della dinamica ecclesiale 12. Questa creatività realizza l'incorporazione della Chiesa nel tempo, testimoniando della relatività della storia 13. L'inventiva canonica non è di equiparare la vita ecclesiale alle norme del potere civile nel diritto, ma di trovare vie di inserimento ecclesiale nelle situazioni storiche in continuo cambiamento 14. Ecco che si apre la chiave florenskijana sulla 'libertà' come 'trasgressione' dal soggiogamento di tutto ad un unico, ristretto linguaggio umano (vedere volume II, parte V). Purtroppo dall' è sembrato bene allo Spirito Santo e a noi , che significava semplicemente il consenso ecclesiale, si passò ad un sistema conciliare dove tutto doveva svolgersi come legislazione dettata da un potere superiore 15. Ecco un'altra fonte di 'sacrificalità' nella interpretazione dei rapporti con Dio, ridotto ad essere 'potere' per eccellenza... Il dialogo tra oriente ed occidente ecclesiali non dovrebbe limitarsi alla 'distribuzione' dei poteri (così controversa) ma alla questione stessa di un potere regolato dal diritto 16.

DALL'ASSEMBLEA AI CONCILI

L'istituzione conciliare non corrisponde alla genuinità dell'assemblea eucaristica. Essa risale a Cipriano, specialmente come mezzo di opposizione più autorevole alla testimonianza giudicata erronea

1 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . str. 297. 2 . / N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n 66, pp. 111-112, 121-123; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 288, 296-297. 3 . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, p. 18; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 82; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 140, 286-287, 292. 4 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 283, 299, 303. 5 . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, pp. 8-9. 6 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 299-300. 7 .

/ N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n

39, p. 19; .

/ N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 21-22; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 82, 104, 272, 295. 8 . / N. Afanas'ev, Le monde dans l'Ecriture Sainte, in Irénikon , 1969 n 1, pp. 11-12, 17, 22, 25; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 284, 288, 293. 9 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 6, 64, 296. 10 . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, p. 8; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 287, 291-292. 11 .

/ N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n

39, pp. 16, 19, 21-23; .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 294. 12 . / N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n 66, pp. 114, 120, 123, 125-127. 13 . / N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n 66, pp. 121, 123; . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, p. 3. 14 . / N. Afanas ev, Le pouvoir de l'amour, in Le Messager orthodoxe , 1967 n 39, pp. 4-5. 15 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, pp. 336, 338-339; . / N. Afanas'ev,

(Sacramenta et sacramentalia), in

, 1950 n VIII, . 27. 16 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 402.

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da parte di una Chiesa (in questo caso la testimonianza erronea della Chiesa di Roma) 1. Il 'concilio ecumenico' -poi- nasce con l'impero cristianizzato, e scompare anche con esso. La sua ecumenicità 'legale' proviene dalla decisione imperiale 2. Dal primo concilio di Nicea, il consenso mutuo delle assemblee viene sostituito dalla legislazione limitativa sulla 'receptio' 3. Una volta introdotto il principio universalistico dell'impero, il concilio ecumenico raduna 'le parti' della Chiesa per stabilire 'regole universalmente valide' promulgate dalla massima autorità 4. Ovviamente, il concilio implica anche una idea di primato (in quanto alla sua convocazione, ed alla promulgazione delle sue decisioni) 5. Eppure il principio del primato svuota, finalmente, l'adunanza conciliare della sua capacità ultima di legiferare 6. Vi sono però due difficoltà di fondo riguardo alla capacità 'ecumenica' di questi concili di legiferare: sia a livello conciliare, sia a livello primaziale 7. La infallibilità giuridica dei concili presume che le sue decisioni siano accettate immediatamente come 'vere'. Ma storicamente, ciò non fu il caso. Sorsero molte lotte e vari contrasti 8. Pertanto questa infallibilità, in quanto formalizzazione giuridica di decisione e di formulazione, si situa nell'ambito empirico della Chiesa, nel suo svolgimento storico, inevitabilmente relativo. La verifica storica non va scartata su ciò che sia stato il processo di accettazione delle decisioni di concili ecumenici 9. Se l'infallibilità viene posto come questione sulla 'verità' e non come 'legittima definizione', essa appartiene alla Chiesa tutta 10. La testimonianza alla verità vienne offerta dalla Chiesa stessa, non dalla struttura conciliare. La base del riconoscimento di una decisione conciliare o l'autorità di un ministro è il consenso ecclesiale, non il principio del potere o del diritto 11. La contestualità conciliare o sinodale suscita una doppia confusione nella coscienza ecclesiale odierna. D'una parte essa fa coincidere 'autorità' e 'potere' nella 'legalità' ecclesiastica ufficiale 12. La seconda confusione identifica nella persona dell'individuo episcopale che partecipa al concilio la qualità di 'presidente' con quella di 'rappresentante qualificato' in senso giuridico per la sua 'diocesi' 13. Il concilio di Mosca del 1917 ne fu un esempio lampante 14. Poi, lo stesso fatto della esitazione ortodossa attuale circa quale 'autorità legale' possa riunire un concilio panortodosso viene illustrato dal proggetto della convocazione di un "Grande e Santo Concilio" per tutta l'ortodossia 15. Nella visuale solov'ëviana si percepisce nella stessa parabola quanto sia senza via di uscita la premessa della 'legalità'

1 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 417; idem, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, op. cit., p. 8. 2 . / N. Afanas'ev,

(Due idee sulla Chiesa universale), in , 1934 n 45, . 21-23; . / N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, p. 189. 3 .

/ N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 318: «La tendance fondamentale de la législation nicéenne consistait en ce que le concile s'efforccait de remplacer l'idée prénicéenne de la réception par celle du droit ou du moins de limiter par le droit l'action de la réception ecclésiale. La réception ecclésiale se manifestait de la façon la plus marquante dans l'election des évêques et dans l'excommunication des évêques, du clergé et des laïcs. Il n'est donc guère étonnant que le concile de Nicée ait consacré à cette qi!estion toute une série de décisions». 4 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 338.; . / N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, pp. 189, 191. 5 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 19-22. 6 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 22. 7 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 332; . / N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, pp. 186-192. 8 .

/ N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 334: «J aborde maintenant la question la plus importante. Si le concile oecuménique est par lui-même infaillible, ses décisions doivent être automatiquement et immédiatement acceptées. C'est justement cela qui n'avait pas lieu: autour de l'acceptation des décisions des conciles, il se passait d'habitude des luttes. L'idée de la réception était le facteur essentiel de la vie ecclésiale pendant la période pré-ricéenne». 9 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 332: «En tant que doctrine, la théorie de l'infaillibilité concerne la vie empirique de l'Eglise et non pas ce qui est en elle éternel et supratemporel. Voilà pourquoi l'aspect historique de ce problème ne peut pas être écarté, si seulement on ne néglige pas la vie historique de l'Eglise». 10 .

/ N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 334: «Je ne veux pas entrer ici dans les détails du problème de l'infaillibilité, et je me borne à indiquer que, la question ainsi posée, l'infaillibi!ité n appartient pas au concile, mais à l'Eglise. Une pareille opinion correspond le mieux il l'esprit de l'enseignement de l'Eglise orthodoxe, parce que la question est ainsi transférée de la catégorie «infaillibilité» dans celle de «vérité». Est infaillible ce qui est vrai, et la vérité appartient à l'Eglise»; . / N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, pp. 184-187. 11 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 334: «Il n'est donc pas étonnant que l'opinion selon laquelle les décisions du concile oecuménique doivent être recues par l'Eglise trouve une audience plus large dans la théologie orthodoxe. D'après la doctrine de la réception c'est l'Eglise qui témoigne de la vérité des décisions conciliaires, et non pas le concile lui-même»; . / N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, p. 186. 12 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 330. 13 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 328; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 79. 14 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, pp. 317-318, 323-324, 327-328. 15 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 20-21.

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o della 'legittimità'. Essa non caratterizza l'anticristo ma lo mette in una situazione di non permettergli la bensi minima comprensione del contesto evangelico (vedere cap. 2). Il malinteso renderà possibile l'insinuarsi della 'beffa' o della falsificazione anticristica. La questione non è di valutare il potere ed il diritto come un 'bene' o come un 'male', ma di sapere se, nel caso ecclesiale esso sia un 'bene benefico' o un 'bene malefico'. L'imperatore universale vuol dare una legittimità cristiana nel suo 'concilio universale', superando le diversità tra Petr, Ioann e Pauli. Il problema è, però che la difficoltà non si risolve a questo livello 'cutaneo' (come dirà Florenskij). Egli vive nell'illusorietà, tramutandosi in una illusione 'ottica' sul modo, i mezzi ed i scopi della sua gestione pan-universale... Finalmente, la sua appare soprattutto una mancanza di 'intelligenza', nel senso della saggezza profonda che non si ferma alle apparenze 'epidermiche' dell'esperienza. Perciò, sarà soltanto nella 'Saggezza' totale che la visualità piena si potrà ristabilire.

LE RECENTI CONSIDERAZIONI INNOVATIVE SULLA 'COLLEGIALITÀ'

Per ovviare agli inconvenienti di un primato esageratamente iperbolizzato, si è tentato, in occidente, di mettere avant il criterio della 'collegialità dei vescovi' 1. L'idea del collegio richiama alla configurazione del 'collegio degli apostoli'. Con ciò, si affermano però tre presupposti: 1 gli apostoli formavano un 'collegio' nel senso giuridico attuale, 2

a 'capo' degli apostoli era stato insediato un personaggio superiore, Pietro, 3 il 'primo' collegio ha potuto trasferire 'per successione' i suoi poteri al 'collegio dei successori' 2. Se si può apprezzare l'intento di una tale interpretazione retroattiva, la maniera in cui si presenta appare assai più vulnerabile. Il sistema di collegialità include in unguale misura l'incertezza ed i punti deboli delle sue stesse premesse. La prima è senz'altro quella di presentare il 'collegio' apostolico non come una libera fraternità ma come una struttura di pari intendimento che si ascrive giuridicamente -oggi- a tali entità 3. Non ha -poi- molto senso di contestualizzare Pietro come 'capo universale' quanto si guarda alla fraternità apostolica 4. Infine, l'affermazione di una 'successione collegiale' da una struttura all'altra rimane più problematica che qualsiasi altra teoria sulla 'successione apostolica' 5. I tre accenni di cui appena sopra mostrano come si offusca la sincerità e verità d'intento con la sistematica giuridica 6. Non è, però, il diritto che offre le vie di uscita per la dinamica evangelica, ma si trova che nel diritto è il Vangelo stesso che viene ridimensionato 7. Tutti i problemi si riscontrano, difatti nelle applicazioni pratiche e concrete del 'principio' di collegialità 8. La genuinità ecclesiale di semplicità nella partecipazione viene appesantita da un sistema universalistico che integra tutte le incognite amministrative e burocratiche del 'sistema' di ricambio che viene così proposto 9. Nell'attuale contesto, la sinodalità non risolve -sia in oriente, sia in occidente- né la questione della partecipazione

1 . / N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, p. 11. 2 . / N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, p. 7: «La doctrine sur la collégiailité de l'épiscopat est simple et claire. Elle est fondée sur deux idées. Les apôtres formaient un collège, dont l'apôtre Pierre était le chef. Le Christ a investi ce collège du nouvoir suprême dans l Eglise, dans tous les domaines. Ce pouvoir suprême sur toute l'Eglise a passé des apôtres aux évêques qui, à leur tour, forment un collège ayant l'évêque de Route à sa tête». 3 . / N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, p. 13: «La valeur de la doctrine de la collégialité provient de son idée fondamentale qui n'est pas toujours liée à la forme dans laquelle elle est exprimée». 4 .

/ N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, p. 11; . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 70.

5 . / N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, p. 8: «Ouant à la thèse sur le collège épiscopal, elle soulève encore plus de doutes. Il faudrait savoir tout d'abord, par quel moyen le collège des évêques, en succéclant an collège apostolique, a occupé sa place. Du point de vue historique, il est impossible de déterminer ii quel moment cet événement s est produit». 6 . / N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, p. 7: «Pour savoir si cette thèse est juste, il faut tout d'abord établir si le collège des apôtres et le collège des évêques ont existé» ; «La notion de collège est une notion juridique. Comme on le sait, le droit a pénétré dans l'Eglise et existe dans l'Eglise jusqu'à présent. Quel que soit le jugement qu'on porte sur ce fait, il est impensable d'introduire l'élément juridique dans l'époque de la vie terrestre du Christ, et surtout de définir juridiquement les relations des apôtres entre eux ainsi que les relations entre les apôtres et le Christ». 7 . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 70. 8 . / N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, pp. 10-14. 9 . / N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, p. 14: «La doctrine sur la collégialité des évêques se trouve entièrement dans la ligne de l'ecclésiologie universelle qui est actuellement l'apanage commun de l'ecciésiologie tant catholique qu'orthodoxe».

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di tutti alla concordia ecclesiale né la questione del peso amministrativo esagerato nell'esercizio dell'autorità a servizio della Chiesa 1.

L'INCERTEZZA DEL PRIMATO

L'affermazione del primato non è una questione esclusivamente occidentale, ma anche orientale. Si sa che la Chiesa ortodossa lo ha sviluppato in termini di Chiesa nazionale, autocefale, con alla testa un patriarca 2. Progressivamente la funzione patriarcale, dal primo posto che aveva fra diversi metropolitani e vescovi 3, venne interpretata come una paternità episcopale -idea nata e sviluppatasi nella tradizione slava- arrivando così allo statuto del super-vescovo 4. Di li l'insieme dei diritti riconosciuti -al patriarca di Costantinopoli di convocare un Concilio ecumenico 5. La questions della -ipartizione del potere ecclesiastico universale è fonte di discordia fra Chiesa cattolica e ortodossa 6. Partendo da ciò che è stato già detto -vale a dire il correlativo sviluppo di universalizzazione dei principi di diritto e di individualizzazione nell'esercizio del potere - il sistema del primato papale rimane il più logico 7. Il primato, causa di divisione, rimane sopratutto un problema giuridico, non tanto di dottrina 8. Il primato di potere ecclesiastico, a sua volta, fa scomparire il pieno potere episcopale, che trovava la sua consistenza nell'individualizzazione dell'assemblea in riferimento alla persona del vescovo. Rimane così un solo vescovo di tutta la Chiesa, il vescovo di Roma 9. Il controsenso appare, peraltro, con uguale chiarezza nella formula «primus inter pares» 10. Perciò, il problema riguardo all'interpretazione della situazione della Chiesa di Roma e del suo vescovo rimane aperto 11. Invece di parlare di primato, bisognerebbe parlare di priorità della Chiesa di Roma. L'idea di priorità, contrariamente all'idea di primato basata sul potere ecclesiastico, è basata sul concetto di grazia 12. La priorità, per di più, non si formula primariamente come individualizzazione in una persona, ma

1 . / N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, p. 12. 2 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 21; .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 239. 3 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 11, 21; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 240. 4 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 11. 5 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 21; .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la Primauté à la lumière de l'ecclésiologie, «Istina», 1957, nº 4, p. 402. 6 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la Primauté à la lumière de l'ecclésiologie, «Istina», 1957, nº 4: «Si nous nous demandons autour de quoi dans le domaine de la primauté, tourne principalement la discussion entre catholiques et orthodoxes, nous devons constater que la question de l'exégèse de Mt. XVI, 18 joue un rôle bien secondaire surtout pour ce qui est des orthodoxes. La discussion porte stirtout sur la notion du pouvoir dans l'Eglise»; .

/ N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, p. 187; . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 9. 7 .

/ N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, pp. 191-193 ; .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p, 18, p. 24: «Nous pouvons maintenant tirer les premières conclusions. L'ecclésiologie universelle, unique, porte en elle la doctrine d'un chef unipersonnel de l'Eglise. Il faut admettre qu'en partant de l ecclésiologie universelle, la doctrine de la primauté est absolument indiscutable». 8 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon, 1963 n 4, p. 468: « Il n'y a pas de doute que, parmi les causes des divergences dogmatiques, la doctrine de la primauté de l'évéque de Rome et la doctrine de l'infaillibilité sont de loin les plus importantes: les théologiens sont d'accord à ce sujet. Et cependant, il est inconcevable que l'on puisse voir dans ces doctrines la cause essentielle de la division. le sais que je risque de soulever des objections, et même de provoquer de l'irritation, car je dois dire qu'à mon point de vue cette cause n'est pas une raison ecclésiale, mais une cause juridique, et en fin de compte ce n est qu une raison apparente, parce que dans l Eglise il n existe pas de pouvoir basé sur le droit». 9 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 24: «En outre, dans l'ecclésiologie universo-pontificale, la doctrine de la primauté, quel que soit le sens que nous lui donnions, disparaît en réalité, car la primauté presuppose la multiplicité des évêques parmi lesquels l'un détient ia primauté»; . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, p. 71: «Si le pape (ou quelqu'un d'autre) est l'unique évêque de toute l'Eglise universelle, il ne peut y avoir d'autres évêques dans l'Eglise. Tous les évéques qui existent cessent d'être et, à strictement parler, ils occupent la situation des anciens presbytres, qui formaient le 'presbytérium' auprès de l'évêque. Ils diffèrent des autres persbytres en ce qu'ils regoivent des fonctions administratives spécíales. Ce changement, aussi grand qu'il soit, ne peut pas avoir d'importance pratique particulière». 10 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 21: «La théologie orthodoxe considère le patriarche comme étant le 'primus inter pares' parmi les évêques. En fait, cette formule, par ailleurs généralement admise, est erronée, et il serait difficile d'en trouver la justification dans l'histoire d'une Eglise orthodoxe». 11 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 9: «Personne ne nie aujourd'hui la situation prioritaire de Rome, mais la question est de savoir quelle était cette situation et quelle en était la nature reste entière. Autrement dit, la discussion est engagée sur la prímauté de l'Eglise de Rome, mais on ne soulève pas la question de la primauté en elle-même». 12 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 62: «La priorité est un concept basé sur l'idée de la grâce, c'est un don de grâce que Dieu donne à l'une des Eglises locales, et qui consiste dans le don de témoigner au nom de l'Eglise de ce qui se passe dans l'Eglise elle-même. Ceci démontre que tout se passe 'dans' l'Eglise, et non pas 'en dehors' de l'Eglise ou 'sur' elle. Voilà pourquoi la priorité, en tant que don du témoignage, ne peut pas être pleinement expliquée par des raisons empiriques».

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come concretizzazione in una Chiesa locale -riflesso del segno-assemblea- 1. Questa priorità è una elezione divina, un dono e un compito proprio di una Chiesa 2. Ciò che succede nell'espressione d; vita ecclesiale ha qualche attinenza con l'espressione religiosa più ampia. Non vi può essere cioè un'espressione se non concordata, articolata e riferita a ciò che essa esprime, attraverso una coerenza dei segni orientati verso una priorità di impatto. Il problema della priorità potrebbe essere, in tal senso, un eco del problema del segno-primo o della parola-prima, intorno alla quale si va poi organizzando l'insieme dell'espressione, e si attua la totalità delle relazioni. La de-universalizzazione che porta alla riconcretizzazione della vita ecclesiale implica un segno-primo concretissimo, nel quale si articolino i segni-vitali, cioè le assemblee eucaristiche. La riconcretizzazione della vita religiosa, a un altro livello, potrebbe porre la questione della necessità di una prima-parola nell'espressione stessa della fede. Senza questa prima-parola, la coerenza del consenso articolato non può verificarsi. Sarà Dio-Verbo questa prima-parola? Senz'altro, la riflessione eucaristica ha un suo significato per quanto riguarda una più ampia espressione di fede nel nostro tempo. Se prima la funzione patriarcale significava un 'primo posto' tra diversi metropolitani 3, essa venne ulteriormente interpretata come una 'paternità episcopale' -idea nata e sviluppatasi nella tradizione slava orientale- sfociando così alla definizione di una statuto di super-vescovo 4. Da questa immagine mentale venne -poi- riconosciuto al patriarca di Costantinopoli il diritto di convocare un concilio ecumenico 5. Nella visuale universalistica, quale si è sviluppata con la cristianizzazione dell'impero, il sistema del primato è certo quello più logico 6. Se ci si mette sulla scia della traducibilità del cammino rivelativo in termini di diritto, esso appare come legittimo potere. Questo potere è quello trasmesso a Pietro 7, considerato come 'capo' della Chiesa di Gerusalemme che in questo momento iniziale è l'unica Chiesa esistente 8. Pietro diventa però capo universale quando -invece- la Chiesa di Gerusalemme diventa Chiesa particolare 9. La guida di ogni assemblea dovrà, pertanto confluire nella guida universale, unico riferimento alla pienezza ecclesiale 10. Sia la pienezza ecclesiale dell'assemblea eucaristica, sia quella rinviata al ministro guida dell'assemblea scompaiono per trasferirsi come pienezza unipersonale nell'individuo del capo unico ed universale di tutta la Chiesa 11. Certo, l'interrogativo centrale di questa visuale torna ad essere quella sul legame da causa ad effetto che si possa discernere tra l'indicativo dato da Cristo nell'immagine del nome petra e l'accentramento di ogni potere 12. Poi, ci si chiede come abbia potuto essere inclusa l'idea di 'organizzazione universale' nella vita ecclesiale sorta a Gerusalemme con la Pentecoste 13. E ancora, in quale misura una individualità, pur sia quella di Pietro, possa comprendere in se la pienezza dei 'poteri ecclesiastici' 14. Se

1 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 62: «Ceci explique que dans le cadre de l'ecclésiologie universelle, la primauté appartiene à l'un des évêques, qui est à la tête de l'Eglise universelle, tandis que dans le cadre de l'ecclésiologie eucharistique la priorité appartient à l'une des Eglises locales, et ce n'est que par cette dernière qu'elle appartient à son évêque». 2 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la Primauté à la lumière de l'ecclésiologie, «Istina», 1957, nº 4, p. 411: «Humainement parlant, nous ne pouvons pas expliquer pourquoi la parole d'une Eglise locale peut avoir la valeur la plus grande, sinon décisive. S'il est vrai que le témoignage est un don de Dieu, la primauté dans la concorde des Eglises est une élection de Dieu qui ne peut être entièrement comprise par nous, mais devant laquelle, comme devant la volonté de Dicu, nous devons nous incliner». 3 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 11, 21; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 240. 4 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 11. 5 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 402; idem, L'Eglise qui préside dans l'amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, p. 21. 6 . / N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, pp. 191-193; . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 18, 24. 7 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 36-37. 8 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 36-38, 43. 9 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 44, 62. 10 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 25. 11 . / N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, p. 187; . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 23-24: «Et nous ne devons pas être étonnés de voir que peu à peu ce que les évêques ont été autrefois dans leurs diocèses, aujourd hui ce sera le pape qui prendra cette mission en main, car il ne serait pas bon pour l'Eglise et pour le monde que entre tous les évêques et dans chaque évêché il y ait des positions différentes et quelqijefois contradictoires. Si, l'Eglise veut rester une dans le monde qui s'unifie, il faut que la papauté parle souvent et qu elle dirige tout»; .

/ N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, p. 11; . / N. Afanas'ev, Statio Orbis, in «Irénikon », 1962, nº 1, pp. 69-74. 12 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 402. 13 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 37-38. 14 . / N. Afanas'ev,

(L'apostolo Pietro e il vescovo di Roma), ), in in

, 1955 nº 10, . 17-30.

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si guarda -invece- alla pienezza dell'assemblea eucaristica nell'Amore ecclesiale, tenendo conto della complementarietà nella uguaglianza, l'unica possibile preminenza sarà quella di un 'dono specifico' dello Spirito Santo ad una Chiesa nell'insieme della concordia tra tutte le assemblee, dono non umanamente circoscrivibile e spiegabile 1. Quando si parla di 'dono specifico', si intende una qualità particolare d'Amore ecclesiale 2. Come 'dono specifico' vi può essere quello della irripetibile priorità a servizio di tutte le Chiese 3. La 'receptio' della Chiesa rivestita di priorità è inderogabile nel consenso tra tutte le assemblee e consiste nel dialogo, nella partecipazione e nel mutuo consentire 4. Tale dono consiste in una testimonianza della Chiesa su se stessa, ed è la testimonianza di più insostituibile qualità che conferisce autorità specifica ad una Chiesa 5. Come conferma della concordia, la priorità di una Chiesa conferisce al proprio vescovo un ruolo di primo piano riguardo al consenso tra tutte le Chiese-assemblee 6. Il consenso mutuo potrà superare l'errore di giudizio e di azione sia nella Chiesa rivestita di priorità, sia nelle Chiese che rispondono al consenso dato e sollecitato 7. Ecco che ritroviamo, in questa prospettiva della coscienza slava orientale, il cammino descritto da Solov'ëv nella sua parabola sull'anticristo, particolarmente nella testimonianza data dai tre personaggi ai quali si riferiscono le grandi tradizioni cristiane (Pëtr, Ioann e Pauli) 8. Tutto il confronto con l'imperatore universale si risolverà nella loro concorde testimonianza, aldilà del 'numero' di aderenti alla loro posizione nel 'concilio universale' nella sua ambiguità di potere e di compromesso . Sarà anche da questa concordia di testimonianza dei tre testimoni rimasti incrollabili che si potrà essere 'redivivi'. Il 'superuomo', invece, intende raccogliere nella sua individualità ed attorno al suo potere ogni consenso e concordia. La questione, qui, non è quella di una innimicizia irrevocabile tra l'imperatore universale e responsabili ecclesiali. Ci sembra che l'autore ci suggerisca piuttosto che egli -l'imperatore universale- non riesca a capire che il suo 'potere' per quanto accettabile, non potrà 'integrare' tutta l'esperienza umana e cristiana. Tutto si gioca su una confusione di fondo nella mente eccelsa ed illuminata del protagonista... Il criterio di priorità nell'Amore ecclesiale, espresso nella testimonianza di consenso ed al quale viene riconosciuta particolare autorità, rende inutili i 'principi' di potere legale sulle altre Chiese-assemblee 9. Diventa anche superfluo il sistema di diritto universalizzato e reso immutabile 10. Appare inoltre irrilevante il concetto di 'onore-dignità' (frutto del potere legittimo e della potesta legale) 11. Infine, non c'è neanche bisogno della individualizzazione in un singolo personnaggio della norma ecclesiale universalizzata di verità 12. La Chiesa d'oriente aveva per prima dato spazio a questo consenso, prendendo coscienza del ruolo della Chiesa che presiede nella carità : priorità cioè della Chiesa di

1 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 410-411; .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 31-32, 34. 2 . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 34; .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 31; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 470; .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 297-303. 3 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 32-35. 4 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 411-412, 419-420; . / N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, pp. 197-199; .

/ N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 34; . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 46, 48, 55; . / N. Afanas'ev, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, in «Le Messager orthodoxe», 1965 nº 29-30, pp. 13-15; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 472. 5 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 411, 414; .

/ N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, pp. 197-199 .

/ N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 38; . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 35, 54-55; idem, Réflexions d'un orthodoxe sur la collégialité des évêques, op. cit., p. 15. 6 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 419; . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 39. 7 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 411; . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 33. 8 Cfr il testo di Solov ëv commentato altrove: . / V. Solov'ëv,

/ I tre dialoghi,

1954 / Torino 1975. 9 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 410-412; .

/ N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, p. 198; .

/ N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 34. 10 . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 34; . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, pp. 32-33. 11 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 32. 12 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 34.

22

Roma 1. Tornando a questo criterio di consenso, la Chiesa di Roma potrà tornare ad esercitare la propria testimonianza nell'autorità d'Amore sollecitata da tutti 2.

3

LA SCOMMESSA DELL ECCLESIOLOGIA EUCARISTICA PER LA

RICONCILIAZIONE TRA LE CHIESE

Per riproporre una giusta espressione di vita ecclesiale nel mondo, bisogna ripartire dal concetto di Chiesa come ekklesia, e cioè l'assemblea del popolo convocata da Dio per servirlo 3. Un tale concetto comprende la visione dell'ecclesiologia eucaristica: la Chiesa è là dove è l'assemblea del popolo di Dio chiamato da Lui per servirlo 4. Di fronte a questo concetto si situa quello dell'ecclesiologia universale, che fa della Chiesa un organismo unico e strutturato, di cui fanno parte tutte le Chiese locali 5. Le due ecclesiologie differiscono sul modo, di concepire il coordinamento dell'espressione ecclesiale, coordinamento basato sull'autorità del potere ecclesiastico o sulla priorità di discernimento nella grazia di Dio con pieno riferimento all'unica potestà accettabile, quella di Cristo sulla sua Chiesa 6. Le due ecclesiologie concordano sul fatto di un'unica guida necessaria alla vita ecclesiale, l'ecclesiologia eucaristica non individualizza però la guida ecclesiale nel potere di una sola persona 7. L'individualizzazione, in questa visione, è'fonte di separazione ai diversi livelli di realtà 8. Individualizzare vuol dire tirare fuori dall'insieme, mettendo l'individuo in qualche modo al di sopra o al di fuori dell'insieme. La prospettiva dell'individualizzazione si rispecchia sorprendentemente in modo inverso nella riflessione barthiana. La separazione radicale sarebbe forse il risultato di una sistematica individualizzazione propria del pensiero universalista dell'occidente? Si tratterebbe meno dell'immediatezza del riflesso evangelico, quanto di un dato tipicamente culturale e legato a una mentalità europea. La tensione tra l'ecclesiologia eucaristica e l'ecclesiologia universale dell'impero ha lasciato le sue tracce fino ad oggi, principalmente nella teologia ortodossa, in qualche modo, incompiuta, quasi paralizzata nell'impossibile scelta tra le due ecclesiologie e divisa nell'adesione

1 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 471. 2 . / N. Afanas'ev,

(L'apostolo Pietro e il vescovo di Roma), ), in in

, 1955 nº 10, . 27-30; . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 419; . / N.

Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, pp. 97-201; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 471.

3 . / N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 34: «Nous ne savons pas non plus ni où, ni quand, ni par qui, le mot grec 'ekklesia' avait été employé pour la première fois, mais certainement le choíx de ce mot avait été providentiel. Son sens direct devait répondre à ce qui existait dejà à l'époque où les chrétiens entendirent le mot 'ekklesia'. L'Eglise est l'assemblée du peuple, convoquée par Dieu lui-même, et les chrétiens, ce sont ceux que Dieu convoque pour le servir dans cette assemblée». 4 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 453: «Cétait, au contraire, l'expression de la thèse fondamentale de l'ecclésiologie eucharístique: l'Eglise est là où est l'assemblée eucharistique. On peut aussi formuler cette thèse d'une autre façon: là où est l'eucharistie, là est l'Eglise de Dieu, et là, où est l'Eglise de Dieu, là est l'eucharistie. Il s'ensuit que l'assemblée eucharistique est le signe distinctif empirique de l'Eglise. Ceux qui prennent part à l'assemblée eucharistique d'une Eglise locale, appartiennent à cette Eglise. Donc, les limites empiriques de l'Eglise sont déterminées par les limites de l'assemblee eucharistique ». 5 . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 11: «Selon l'ecclésiologie universelle, l'Eglise est un organismo unique, dans lequel est inclus chaque unité ecclesiale, quelle qu elle soit, et, tout d'abord, celle à la tête de laquelle se trouve l'évêque». 6 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 61-62: «Autrement dit, l'ecclésiologie universelle et l'ecclésiologie eucharistique conçoivent différemment la question de la direction de l'Eglise: la première conçoit cette direction du point de vue du droit, et la seconde du point de vue de la grâce. L'idée de la primauté inhérente à l'ecclésiologie universelle est une idée seconde par rapport à l'ecclésiologie eucharistique; le concept de la primauté est, en effet, le même que celui de la priorité, mais il est compris sous l'angle du droit». 7 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 61-62: «Malgré toute la différence qui existe entre ces deux types d'ecclésiologies, elles, concordent en ce qu'elles admettent toutes deux l'idée de la direction unique de l'Eglise. Dans le cadre de l'ecclésiologie uníverselle un pouvoir unique et personnel, basé sur le droit, se trouve étre une nécessíté. On ne pcut pas construire l'ecclésiologie universelle sans reconnaître l'idée de la primauté: on ne pourrait le faire que dans des buts polémiques. Quant à savoir si la primauté doit appartenir à l'évêque de Rome ou non, c'est là une toute autre question». 8 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 459: «Selon l'ecclésiologie universelle, l'évêque, en tant que principe de l'unité de l'église locale, n'est pas inclus dans l'assemblée cucharistique, mais il est considéré par lui-même, parce que cette ecclésiologie le détache de l'assemblée eucharistíque. Cette différence, insignifiante à première vue, a eu des conséquences énormes, pour l'organisation ecclesiale, et surtout pour la notion de l'unité de l'Eglise »; p. 440: « Actuellement l'ecclésiologie universelle est le système prédominant en matière d'ecclésiologie. Selon ce système, l'Eglise qui existe dans la réalité empirique est considérée comme étant un organismo unique, qui est le Corps mystique du Christ. Dans cette méme réalité empirique cct organismo se présente, comme étant divisé en parties, les églises locales, c'est-à-díre les communautés de fidèles ayant à leur tête un évêque. Ce qui veut dire que la somme des églises locales manifeste, dans la vie empirique, l'Eglise une et unique».

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parziale all'una e all'altra 1. Una valutazione dell'universalizzazione dell'esperienza cristiana ed ecclesiale si trova anche nel far capire come tutte le tradizioni cristiane siano raggiunte da questa tentazione, e come tutte le riflessioni teologiche subiscano il suo richiamo, ridimensionando così le eventuali polemiche che potessero nascere dal continuo tentativo di espressione cristiana nel mondo, in qualsiasi epoca o contesto culturale. Il dramma, che l'ecclesiologia eucaristica mette in luce, potrebbe forse essere espresso nella seguente formulazione: individualizzazione delle comunità e universalizzazione delle individualità! L'attuazione viva dei segni ecclesiali dovrà evitare i due estremi, compresi nella formulazione appena evocata. Il sistema dell'individualizzazione, concentrando la partecipazione ecclesiale nelle mani di uno solo, e organizzandone la gradazione secondo un sistema di poteri ecclesiastici, ha già conosciuto il suo momento di confronto critico nella de-sistematizzazione cristiana della conciliazione ecclesiale (vedere parte III, cap. I, «L'ecclesiologia di 'Sobornost '»). La de-universalizzazione cercherà di opporsi alla seconda tesi del dilemma ecclesiologico. I segni sorgeranno da una rinnovata partecipazione elementare, partendo cioè dalle cose più semplici e più fondamentali. ln questo senso, i confronti teologici attuali possono veramente essere presentati come momenti di riscoperta o di rivalutazione della base o cardine di sostegno, e non tanto come sviluppo ulteriore della speculazione teologica, già in atto da secoli. A chi non si accorge che esistono dei problemi elementari per la mentalità del XX secolo, riguardo all'espressione cristiana, quest'itinerario, con i suoi momenti do confronto, può logicamente apparire come superfluo.

ALL INIZIO, L UNITÀ DI CONSENSO: IL CONSENSO SENZA SOGGIOGAMENTI OVVERO L'ILLUSORIETÀ DELLA 'VITTORIA' DI QUALCUNO NELL'EUCARISTICITÀ DI PIENEZZA

Tutto si gioca sulla qualità e sull'esito dell'"unità" di pienezza che sorge dal mistero di Dio e che raggiunge la scommessa ultima del dono ecclesiale. L'unità sarà una suprema sottomissione al Dio uno ed unico? In tal caso essa apparirà come una 'vittoria' terminale di Dio su tutto ciò che si è opposto a Lui. La Chiesa costituirebbe lo strumento di questa sottomissione di tutto o di questa vendetta contro quanto non si è lasciato convincere o integrare nella finale 'unità'... Afanas'ev pone la questione dell'unità partendo dal movimento ecumenico odierno. Più che una iniziativa di mutua intesa tra le Chiese, esso consiste nell'interrogativo posto alla maturazione cristiana riguardo ai "limiti" della Chiesa 2, cioè là dove essa 'finisce' e dove si muovono gli 'antagonisti' o la 'non Chiesa'... Se vogliamo porre la questione in termini 'dostoevskijani', si potrebbe chiedere a quale livello si verifica la parabola "di Norma il cane e del serpente" (vedere cap. I, il par. su Cristo non vincitore celebre). Questi 'limiti' non possono ignorare che la Chiesa ha una sua dimensione ineludibile chiamata 'invisibile' 3. Frontiere 'visibili' non potranno corrispondere a questo aldilà 'invisibile' del mistero della Chiesa.

L'AUSPICABILE UNITÀ

L'unica compenetrazione del 'visibile' e dell''invisibile' è la pienezza eucaristica: esclusivo "Corpo" di Cristo nell'unità di un solo 'pane' (corpo, dunque, come nodo compenetrato del visibile e dell'invisibile, del materiale e dell'immateriale, non come articolazione di 'membri', 'organi' o 'funzioni') 4. L'unità si realizza in quanto si scioglie la ultima 'irriconciliabilità' e cioè quella tra 'spirito' e 'materia'. Ciò si compie nel 'pane unico', compenetrazione non strumentalizzabile del mondo divino ed umano (non così la organizzazione organica del 'corpo' prospettato quasi come 'meccanismo' dell'azione potente di Dio). L'indivisibilità delle diversità si ricapitolano in questa compenetrazione dell'"hic et

1 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 337: «Ce caractère inachevé de la pensée orthodoxe dans le problème du concile s'explique par un certain conflit entre deux types d'ecclésiologies. La théologie orthodoxe part presque entièrement de l'ecclésiologie universelle qui prédomine actuellement, tandis que la conscience orthodoxe garde toujours le type primitif d'ecclésiologie que j'appelle eucharistique». 2 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, p. 1. 3 . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 31. 4 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, p. 10; idem, Le sacrement de l'assemblée, op. cit., pp. 42-43.

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nunc", nella specificità di parità di ognuno 1. Anzi, l'unità eucaristica o l'Eucaristia come compenetrazione delle diversità è la chiave di volta dove 'cattolici' ed 'ortodossi' si ritrovano aldilà degli stessi allontanamenti tra di loro. Intanto l'Eucaristia non è soltanto un 'legame' che gli unisce ma l'attuazione vissuta della loro unità, anche se gli uni e gli altri mantengono una 'organizzazione' celebrativa distinta 2. Il malinteso sull'unità comincia nella misura in cui si pensi che vi possa essere una somma più 'perfetta' di tutte le eucaristie, che sia 'superiore' alla pienezza dell'assemblea concretamente vissuta 3. La tradizione slava orientale ha tradotto questa sorgente più profonda della vita ecclesiale come 'sobornost'': Chiesa-eucaristia o 'insiemità' eucaristica nel senso della cattolicità di pienezza 4. Questa è una unità concreta nella vita personale di tutti 5. L'amore ecclesiale vissuto si attua nel servizio secondo i vari doni valorizzati da ognuno 6. L'anticristo di Solov'ëv si presenta -invece- come l'individuo nel quale confluiscono tutti i doni, accentratore in se dell'iniziativa divina più che del 'potere' preso in mano a tutti i costi. La questione dell'anticristo appare, pertanto, meno come una questione sul 'male' che una perplessità sul tipo di unità che si voglia prospettare dal di dentro della scommessa ultima. L'anticristo è un Cristo 'monolizzato' e 'monopolizzante' che si realizza -poi- nel tracciato della storia... Ecco dove potrà delinearsi la prospettiva della 'insiemità' o 'sobornost''. Per Afanas'ev, anche questa visuale va considerata criticamente, nel contesto stesso della specificità slava orientale 7. L'unità d'insiemità è, invece, universale grazie alla sua stessa pluralità complessiva 8. L'universalità dell'unità è la sua pluralità, l'insiemità dell'unità è la sua pienezza. L'unità da consistenza alla particolarità di ogni Chiesa in tutti i luoghi e contesti esistenti, nella sua autonomia e indipendenza, diventando nell'amore mutuo interlocutore a pieno titolo d'amore nella sua configurazione non ridotta a un 'pezzo' o un 'elemento' della organizzazione universale 9. La pluralità implica anche la potenzialità del dialogo per uscire da se stessi verso gli altri, cogliendo le loro specificità proprie 10. Questa pluralità non è solo una questione di diversità 'locale' -cioè nello spazio- ma anche pluralità attraverso i tempi, tanto che le forme non vanno assolutizzate in quanto tali 11. Uno dei casi più emblematici riguardo alle variazioni di atteggiamento ecclesiale è quello sulla riconciliazione personale degli eretici e scismatici con la Chiesa 12. La praxis romana aveva stabilito che si imponessero penitenzialmente le mani, riconoscendo il battesimo di chi si riavvicinava alla piena partecipazione di vita ecclesiale 13. Cipriano prescriveva di ribattezzare 14. Atanasio esigeva, per riconoscere un battesimo, che sia stata pronunciata la formula trinitaria, ma Roma accettava qualsiasi battesimo a nome di Cristo 15. Il Iº concilio di Nicea

1 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, pp. 11, 13, 15; .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo),

1971, . 4-5, 86, 254-255; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 13, 18, 27, 87, 90. 2 . / N. Afanas'ev, L'Eucharistie, principal lien entre catholiques et orthodoxes, in «Irénikon», 1965, nº 3, pp. 338-339; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 14-16. 3 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 408-410; .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe , 1968 XIII, p. 36; .

/ N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 32; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 19, 87, 90; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 87. 4 .

/ N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, pp. 316-317; .

/ N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 2, 26. 5 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 294. 6 . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 32; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 176-177. 7 . / N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 316; . / N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, p. 187; cfr B. Schultze, Ekklesiologischer Dialog mit Erzpriester Nikolaj Afanas'ev, op. cit., p. 395. 8 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 409. 9 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 409, 413; .

/ N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 28, 31; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 5. 10 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 411. 11 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 408; . / N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 28; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 115, 118-119. 12 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 17-37. 13 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 17. 14 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 17-18. 15 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 22.

25

decise di riconciliare -poi- i chierici come tali (canone 8, canone 19 / poi al concilio di Costantinopoli, canone 7 e al concilio Trullano canone 95) 1.

LA CRISTALIZZAZIONE DELLE DIVERSITÀ IN CATEGORIE E STRUTTURE CRISTIANE

L'individualizzazione che colpì l'insiemità eucaristica non fu un fenomeno esclusivamente occidentale, ma anche orientale. Essa si insinuò con la sacralizzazione e la divisione dell'assemblea in due 'categorie' con distinto statuto giuridico 2. La via verso il concentramento convergente di tutto nelle mani di un individuo in seno all'assemblea poteva fare il suo cammino. Dall'accentramento e la prevalenza di uno solo, la chiave individuale si affermò. Nella Riforma d'occidente, si assisterà alla reazione contro questo centralismo individualizzante, ma ponendovi di fronte l'autoaffermazione individuale di ognuno 3. Con questa individualizzazione, e con il riferimento di ogni legittimità in termini di potere, l'unità non è più un evento dell'assemblea, ma una faccenda nelle mani di una parte di essa -i suoi ministri responsabili (o l'episcopato) 4. In questa prospettiva l'unità si avvererà impossibile, perché quella 'parte' non riesce -comunque- ad esprimere ed attuare la totalità. Anzi, ciò che non confluisce sotto il suo dominio verrà estromesso in un modo o l'altro. Diventa inevitabile, in questa luce, considerare coloro che non vengono integrati sotto questo 'potere' come fuori della Chiesa e 'non più Chiesa', mettendo avanti il principio dell'"unica vera Chiesa" 5. Visto poi che l'episcopato si presenta come un tutto gerarchicamente articolato, la comunione legale viene condizionata dalla sottomissione all'episcopato universale 6. Un errore dogmatico ed una mancata sottomissione (eresia e scisma) situano i 'colpevoli' fuori della Chiesa 7. Qualsiasi unione ipotizzabile si riduce ad una sottomissione giuridica ed alla conformità con una 'retta dottrina' 8. Salta agli occhi l'intrinseco legame di questo approccio con la visuale violenta sulla 'vittoria' come esito di qualsiasi confronto tra ambito cristiano e cammino del mondo, e di 'vendetta' per tutto quello che non corrisponde alla pianificazione legalmente intrecciata. Tutta la meditazione slava orientale trova qui una sua conferma d'intento, che avrà, nell'intuito sulla 'riconciliabilità' fondamentale della 'Terra' e del 'mondo divino' una sua via di uscita: sarà la via della proposta teantropica sofianica. Per il nostro autore, non qualsiasi divergenza nella dottrina e non qualsiasi dissenso nelle strutture va considerato determinante per valutare l'appartenenza alla Chiesa 9. L'assemblea eucaristicamente insiemizzante offre la priorità d'Amore come chiave o 'criterio' delle mutue relazioni 10. Si tratta della 'verità dell'Amore' e non dell''amore della verità'. Florenskij (vedere cap. 5 delle convergenze teologiche, volume II) svilupperà questa dinamica della 'libera verità' non ristretta alla cultualizzazione venerativa della 'retta conformità'. Nell'Amore, non esiste un legale 'giudizio' o una sanzione di 'condanna' che possa erigersi al di sopra di essa e limitarlo vincolatamente 11. I vari autori che abbiamo presi in considerazione rievocano tutti questo malinteso sulle priorità. Anzi, si potrà chiarire, dalla loro meditazione, che l'amore usato per affermare una prevalenza è la falsificazione più rischiosa dell'amore stesso. La figura dell'anticristo di Solov'ëv ci mostra come viene 'sfigurato' il volto dell'amore... Non condividendo l'atteggiamento di altre assemblee, ciò non significa ipso facto per una assemblea eucaristica l'esclusione dalla vita ecclesiale. Si tratta di una 'ferita' o 'sofferenza', di una 'piaga' si potrebbe dire, con la quale si verifica un distacco dalla

1 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 23. 2 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 403; . / N. Afanas'ev,The Ministry of tbe Laity in the Church, in «The Ecumenical Review», 1958, n. 3, p. 257; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 3, 7. 3 . / N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n 66, p. 124; . / N. Afanas ev,

(Il popolo santo), in

, . 6-8; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 88. 4 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 447, 454. 5 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 446. 6 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 454. 7 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 444-445, 451. 8 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 469. 9 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 407; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 473. 10 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 474. 11 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 457.

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compenetrazione organica e che può portare ad un isolamento di chiusura 1. Nell'Amore, un rifiuto di riconoscimento o di 'receptio', non può che sorgere dalla stessa volontà di Dio, almeno in quanto atto ecclesiale proprio. La storia -invece- ci insegna che queste decisioni furono maggiormente frutto di volontà peccaminosa umana, per ragioni di politica ecclesiale 2. La non-receptio fa parte della stessa dinamica interna della vita inter-ecclesiale, non è un 'castigo' ma una 'cura'. Il fatto di una mancata 'receptio', di un riconoscimento non confermato da parte di una assemblea, anche nel caso di rapporti interrotti, fa parte dell'ambito storico-strumentale della vita ecclesiale e della dimensione empirico-condizionante del cammino cristiano. Esso rimane 'alla superficie' del processo ecclesiale 3.

ORIENTE-OCCIDENTE: QUALE VITTORIA, QUALE SOTTOMISSIONE?

L'allontanamento tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa è una questione 'storica' 4. Le divergenze dogmatiche si sono cristallizzate in una rottura di tipo canonico, perciò alla superficie dell'esperienza ecclesiale 5. La questione tra ortodossi e cattolici è -purtroppo- piuttosto quella della distribuzione del potere ecclesiastico, piuttosto che sulla comprensione dei doni e servizi come 'potere' 6. Sia il problema del primato, sia quello della infallibilità, sono tematiche sulla consistenza del principio legale di diritto come sorgente di vita ecclesiale 7. La riflessione teologica di ognuna delle due Chiese, partendo dalla identificazione della Chiesa universale con la propria Chiesa, ha giudicato la parte separata come un elemento ecclesiale diviso e ormai estraneo dall'unica vera Chiesa 8. Dal punto di vista dell'approccio eucaristico, le assemblee di ambedue le Chiese sono tutte pienamente 'Chiese', prima o dopo la contrapposizione canonica. Una 'separazione' propriamente detta non si è verificata 9. La 'ferita' del mutuo isolamento si protrae, con il ripiegamento su se stesso dei due contesti ecclesiali e con lo 'scivolo' delle mutue suspiggioni ed accuse reciproche 10. Una unione sulla base di principi giuridici non farebbe altro che integrare tutto in un sistema universalista, senza risolvere la cosidetta 'separazione', visto che quest'ultima non c'è. Il problema si muove altrove. E` una questione di mutuo riconoscimento nell'Amore ecclesiale 11. Non si chiede alla Chiesa di Roma l'accantonamento o la rinuncia al dogma 'del primato e dell'infallibilità'. Questi dogmi sono poi essenzialmente 'giuridici'. Essi sono dogmi, ma dogmi 'non ricevuti' dalle altre Chiese. Si chiede -invece- di lasciare da parte ogni oltranzismo per poter ristabilire il 'consenso ecclesiale dato alla Chiesa di Roma' 12. L'eucaristia rigenera, nel processo storico della via ecclesiale, la sua dinamica profonda. Più che altro, il nostro teologo sembra però annunciare una ulteriore meditazione: quella su 'Chiesa' e 'tempo', che verrà portata avanti da P. Florenskij (vedere volume II, parte V). Anzi, nella sua chiave apparentemente così 'locale', si pone l'interrogativo fondamentale del 'luogo' e dello 'spazio' eucaristico, dentro le incognite del tempo. L'incontro d'Amore e la 'verità dell'Amore' sorgono dalla simbolica eucaristica. Non si tratta più di 'kenosis', ma di una indagine dentro della necessaria de-possessione ecclesiale. La Chiesa, aldilà della sua strutturalità, riscopre le promesse eucaristiche, anima di una trasfigurazione ben più ampia. Quasi ci sembra che appaia l'abbozzo di quello che altri russi cristiani hanno intuito come Saggezza, dove l'umanità scopre la relazionalità compenetrante di Amore ecclesiale consumato. La Saggezza

1 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 456. 2 . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 32; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 462-463, 469.

3 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 455-456. 4 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 466. 5 .

/ N. Afanas'ev, L'Eucharistie, principal lien entre catholiques et orthodoxes, in «Irénikon», 1965, nº 3, p. 339; .

/ N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n 66, p. 115. 6 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 401-402; .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 9. 7 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 468. 8 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 444. 9 . / N. Afanas'ev, L'Eucharistie, principal lien entre catholiques et orthodoxes, in «Irénikon», 1965, nº 3, pp. 338-339; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 465-466, 464. 10 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 465. 11 . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 30; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, pp. 469, 474.

12 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in Irénikon , 1963 n 4, p. 470.

27

diventa Amore nel quale Dio stesso ama, aldilà della Sua de-possessione nella ri-conciliazione che riprospetta creativamente l'universo nelle sue ultime potenzialità.

LA RICONCILIAZIONE CRISTIANA NEL CONSENSO TRA LE ASSEMBLEE

Il movimento ecumenico è un movimento ecclesiale. La sua stessa natura però pone un interrogativo: dove finisce o comincia la Chiesa 1? Non si può prendere come base l'unica forma empirica della Chiesa, perché non è identificabile in tutti i suoi particolari con la Chiesa «invisibile» 2. L'unico terreno di convergenza radicale ed esauriente fra manifestazione ecclesiale e pienezza interna è l'Eucarestia vissuta come assemblea dalla quale scaturisce e sorge l'essere Chiesa in modo concreto 3. Tutti insieme, hic et nunc, realizzano la loro unità in Cristo nell'indivisibilità del comune impegno, servendo, nel mutuo dialogo con colui che la presiede 4. Cristo-Eucarestia-assemblea significa unità di tutti i momenti e di tutti i luoghi nella coincidenza

della stessa Eucarestia, al di là di ogni sua ripetizione 5. Unità della Chiesa vuol dire pienezza ecelesiale, qualità espressa in ogni assemblea secondo il modo e la misura della propria vita. Data in pienezza ad ogni assemblea nessun'altra assemblea «aggiunge» qualcosa alla pienezza d'unità, né la somma delle assemblee forma un insieme più 'perfetto' di quello che una Chiesa di un luogo possa esprimere 6. In questo la tradizione slava ha tradotto la natura più profonda della Chiesa-Eucarestia col termine «sobornost » 7: unità personalizzata di tutti 8 nella concretezza della loro vita reale di amore espresso nel servizio secondo i doni valorizzati da ognuno 9. Questa unità aperta alla missione universale 10 non abolisce né la particolarità di ogni Chiesa del luogo 11 né la comune volontà -inclusa nell'amore- di uscire sempre da sé stesso nel dialogo con gli altri 12. La pluralità empirica si può verificare sia nello spazio fra diverse assemblee, sia nel tempo fra la forma di coesione antica e le forme successive 13. La pluralità e la relatività nel tempo, di

1 .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in La pensée orthodoxe, 1968 XIII, p. 1: «Le thème de l'Eglise est le thème essentiel du mouvement oecuménique de nos jcurs, qui, dans son aspect fondamental, est un mouvement ecclésiologique, et dont le but est l'unité de l'Eglise. Ce but exige, avant tout, la solution de la question des limites de l'Eglise, dans la mesure du possible». 2 . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 31. 3 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in «La pensée orthodoxe», 1968 nº XIII, p. 10: «« » est la communion réelle avec le Corps et le Sang du Christ. L'Eglise est un «corps», pas comme l'unité organique des membres de l Eglise entre eux, mais comme l'unique Corps du eucharistique. La réalité du pain manifeste la pleine et réalité du Corps du Christ, et «1 unité du pain» (un seul pain -

) manifeste l'unité du corps (

)». 4 . / N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in «La pensée orthodoxe», 1968 nº XIII, pp. 11, 13, 15; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 13, 18, 27, 87, 90; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 4-5, 86, 254-255. 5 . / N. Afanas'ev, L'Eucharistie, principal lien entre catholiques et orthodoxes, in «Irénikon», 1965, nº 3, pp. 338-339: «Quand nous prenons part à une assemblée eucharistique, nous sommes unis avec tous ceux qui en ce moment prennent part à une assemblée eucharistique, et ce, non seulement aux assemblées de l'Eglise orthodoxe, mais aussi à celles de l'Eglise catholique, car partout et toujours une seule et même Eucharistie est accomplie: le Christ est «le même, hier, aujourd'hui, éternellement». Voilà pourquoi l'Eucharistie n'est pas seulement un lien entre l'Eglise catholique et l'Eglise orthodoxe, mais aussi la manifestation de l'unité de ces Eglises». 6 .

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 408-410; .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise de Dieu dans le Christ, in «La pensée orthodoxe», 1968 nº XIII, p. 36; ; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 87; . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 32; . / N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore), 1952, . 19, 87, 90. 7 .

/ N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, pp. 316-317; .

/ N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 2, 26. 8 . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 294. 9 .

/ N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 176-177; . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 32. 10 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 409: « Dans cette aspircition, elle ne connait pas d'autres frontières que celles qui sont, empiriquement, les limites de l'univers. L'Eglise de Dieu contient en soi une mission universelle qui est le commandement du Christ: «Allez donc, enseignez toutes les nations». Le but de cette inission est la pluralité universelle des églises locales dont chacune apparaît comme l'Eglise catholique». 11 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, pp. 409, 413: «Chaque église aspire hors d'elle-méme à 1 union avec les autres églises, sans renoncer à son autonomie et sans porter atteinte à l'indépendance des autres églises. Elle est l

selon la parole d'Ignace d'Antioche. Elle est l'ainour, car en elle tous sont réunis dans l'ainour pour le Christ el dans l' amour des uns pour les autres. Elle est l'amour, enfin, car chaque église locale constitue pour une autre un objet d'amour»; . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 28, 31; . / N. Afanas ev,

(La Chiesa dello Spirito Santo), 1971, . 5. 12 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 411. 13 .

/ N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in «Contacts», 1969 nº 66, pp. 118-119, 115: «Aucune forme ecclésiastique n'épuise le mystère de l'Eglise, elle constitue seulement son approche, elle-même relative au moment historique. C'est pourquoi il est impossible d'absolutiser un mode d'organisation de la vie de l'Eglise car ce serait confondre avec l'immuable son expression nécessairement empirique et relative»; .

28

disciplina e di dottrina teologica della Chiesa, si manifestarono per esempio in modo chiaro nell'atteggiamento sulla riconciliazione personale degli eretici o dei scismatici 1. La pratica romana riconosceva il battesimo e accoglieva il fratello separato con l'imposizione penitenziale delle mani 2. Cipriano esigeva di ribattezzare la persona 3. Se Atanasio richiedeva la formula trinitaria 4, Roma accettava qualsiasi battesimo in nome di Cristo 5. Il Concilio Niceno I, nel canone 8, decide di riconciliare i chierici separati corne tali 6 (cfr anche il can. 19); lo sviluppo si delinea nel can. 7 del Concilio di Costantinopoli 7 e nel can. 95 del Conilio Trullano 8. La perdita del senso di pienezza d'unità interna dell assemblea locale ebbe la sua inevitabile ripercussione nella vita delle Chiese, e comportò gravi iniplicazioni riguardo alla loro unità 9. Parlando di divisioni, occorre risalire alla fonte della loro origine. L'individualizzazione della vita cristiana si sviluppò prima nel senso di una classificazione dell'assemblea eucaristica in due strati, poi in quello di una sottomissione a principi di universalità astratti logico-giuridici; questo è avvenuto sia nella Chiesa cattolica sia in quella ortodossa 10. Una tale involuzione causò come reazione l'autoaffermazione dell'individuo, negando principi generali e potere ecclesiastico, il che avvenne nelle Chiese e Comunit protestanti 11. Facendo consistere essenzialmente la pienezza di vita ecclesiale nei principi del potere e del diritto ecclesiastico, l'unità fra le Chiese sembra tuttora impossibile. Se la struttura ecclesiastica attua la pienezza della Chiesa ed essa si dichiara una ed unica, tutto quello che

non confluisce in essa, resta fuori della pienezza ecclesiale e deve perciò essere riassimilato in questa stessa struttura 12. Anzi, colui o quelli che restano fuori della Chiesa, privi del collegamento essenziale e vivificante che dà consistenza ecclesiale, non sono più Chiesa 13. Poiché ogni Chiesa con il suo vescovo è parte di un tutto gerarchicamente articolato, la comunione legale di tutto l'episcopato condiziona l'appartenenza alla Chiesa 14. Un errore dogmatico o un rifiuto di sottomissione (eresia e scisma) pone il gruppo al di fuori del collegamento col Vescovo, al di fuori della comunione pan-episcopale che è la Chiesa 15. Qualsiasi unione, in questa prospettiva, si risolve solo con il ritorno alla retta dottrina ed alla dovuta sottomissione giuridica 16. Accettando l'assemblea-Eucarestia come sorgente d'unità, non qualsiasi divergenza nella dottrina e nelle strutture può essere considerata come determinante per giudicare l'appartenenza o no alla Chiesa 17. L'unico 'criterio' decisivo rimane l'Amore ecclesiale situato al di là della conoscenza dottrinale 18. Non c'è alcun

/ N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 408; .

/ N. Afanas'ev, L'Eglise qui préside dans l'Amour, in AA. VV., La primauté de Pierre, Neuchâtel 1960, p. 28. 1 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 17-37. 2 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 17. 3 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 17-18. 4 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 22. 5 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 22. 6 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 23. 7 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 23. 8 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 23. 9 . / N. Afanas'ev,

(Le frontiere della Chiesa), in

, 1949 VII, . 23. 10 .

/ N. Afanas'ev,

(La mensa del Signore),

1952, . 70; .

/ N. Afanas'ev, Le Sacrement de l'Assemblée, in «Le Messager orthodoxe», 1964, nº 27-28, p. 37. 11 .

/ N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in «Contacts», 1969 nº 66, p. 124: «Bien que différentes, les ecclésiologies catholique et orthodoxe présentent, comme je l'ai déjà indiqué plus haut, un point de départ commun. Toutes les deux forment deux espèces différentes d'une seule et même ecclésiologie, que l on peut appeler universo-épiscopale». 12 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, pp. 477, 454: «Donc, d'après cette ecclésiologie, le principe de l'unité de l Eglise réside pas, comme nous l'avons vu, dans l'Eglise elle-même, mais seulement dans un de ses éléments, c'est-à-dire, l'épiscopat. Notons que cet élément, tout en étant le plus essentiel pour l'Eglise, ne la manifeste pas entièrement». 13 .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 446: «L'union par la voie de l'adhésion présuppose la solution préalable de la question de savoir laquelle des deux églises est l'Eglise une, sainte, catholique et apostolique. Le tragique de notre situation ecclesiale est que cette question est résolue depuis longtenips et pour l'une et pour l'autre Eglise. Chacune des deux Eglises se consídère comme la vraie Eglise, et, par conséquent, dans le système de l'ecclésiologie universelle, l'autre, comme je l'ai indiqué plus haut, n'est pas l'Eglise». 14 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 454. 15 .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, pp. 444-445, 451. 16 .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 469. 17 . / N. Afanas'ev, La doctrine de la primauté à la lumière de l ecclésiologie, in «Istina» 1957, nº 4, p. 407; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 473. 18 .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 474: «OQuand l'Amour sera placé plus haut que la connaissance, cette dernière deviendra plus parfaite elle aussi. La connaissance n'est pas contraire à l'Amour, et l'Amour n'exclut pas la connaissance, parce que dans l'Eglise nous concevons par l'Amour. Et lorsque chaque chrétien et tous les clirétiens auront compris tous ensemble que l'Amour est au-dessus de la division et que la division elle-même est un péché devant Dieu, alors la vérité de l'Amour, foulée aux pieds, sera rétablie, et par elle et par sa force, la vérité du dogme sera restaurée elle aussi ».

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criterio superiore di 'giudizio' o di 'condanna' che possa regolare o limitare l'Amore ecclesiale 1. L'assemblea che non condivide l'atteggiamento delle altre o di certe altre assemblee, non viene "ipso facto" esclusa dalla vita ecclesiale, ma soffre di isolamento e si chiude in se stessa, staccandosi dal consenso delle altre Chiese-assemblee 2. Se l'Amore nel dono totale manifesta radicalmente la volontà divina, il rifiuto di restare nell'unità d'Amore -negando il consenso ad un'altra assemblea- non esprime la stessa coincidenza fra segno espresso e dimensione interna 3. Il fatto di interrompere le relazioni per mancanza di consenso è un fatto storico strumentale o empirico-condizionale, cioè rimane alla superficie della vita ecclesiale 4. Fra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa, l'assenza di comunione e di consenso è un fatto storico 5. Le divergenze hanno avuto un ruolo in questa separa zione 6. La riflessione teologica delle due parti, partendo dall'identificazione fra vera Chiesa universale e la propria Chiesa ha giudicato la parte separata come elemento ecclesiale diviso dall'unica vera Chiesa 7. Se l'assemblea-Eucarestia viene vissuta come base e pienezza ecclesiale nelle due tradizioni, si può anche dire che l'unità di fondo non è mai stata distrutta fra Chiesa cattolica ed ortodossa 8. Ognuna delle due è Chiesa -nella sua pienezza- però con l'interrtizione da una parte e dall'altra della comunione 9. L'unione promossa attraverso principi di diritto non farà altro che esigere la riunione ad una struttura costruita secondo questi principi e la sottomissione a un sistema universale 10. Non si chiede alla Chiesa di Roma di rinunciare al 'dogma del primato e dell'infallibilità' -dogma essenzialmente giuridico-; si chiede solo di rivederne l'interpretazione occlesiale e di ritrovare in esso la dottrina antica del «consenso ecclesiale dato dalla Chiesa di Roma» 11.

1 .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 457. 2 .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 456. 3 .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, pp. 462-463, 469: «Le refus de «réception» peut ne pas entraîner la rupture de communion entre les églises. En tant qu acte ecclésial, la rupture de communion doit correspondre à la volonté de Dieu; en réalité, dans le courant de l'histoire, la rupture a été pour la plupart du temps le résultat de la volonté pécheresse des hommes, qui agissent pour des considérations de politique ecclésiale»; . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 32. 4 .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, pp. 462, 455-456: «La notion même de la réception indique que les églises locales pouvaient non seulement recevoir ce qui s'accomplissait dans une autre église, mais aussi refuser de le laire envers une ou plusieurs autres églises. En refusant tel ou tel acte ecclésial, les églises locales témoignaient que cet acte ne se passait pas dans l'Eglise de Dieu. Ce refus n'était pas un châtiment, mais exrprimait seulement le désir d'aider une église locale plus faible qui avait toléré des irrégularités en son sein». 5 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 466. 6 . / N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in «Contacts», 1969 nº 66, p. 115; .

/ N. Afanas'ev, L'Eucharistie, principal lien entre catholiques et orthodoxes, in «Irénikon», 1965, nº 3, p. 339: «Il ne faut pas oublier que notre séparation, même si elle a été provoquée par des divergences dogmatiques, a cependant un caractère canonique. Cette séparation reste toujours sur la surface de la vie ecclesiale et n'atteint pas ses profondeurs». 7 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 444. 8 .

/ N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in «Contacts», 1969 nº 66, p.p. 338-339; .

/ N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, pp. 465-466, 464: «Pour l'ecclésiologie eucharistique, l'église orthodoxe et l'église catholique sont toutes deux des Eglises, ou, pour être plus exact, chaque église locale de chacun de ces deux groupes reste une Eglise. que ce soit avant ou après la «séparation ». J'ai mis séparation «entre guillemets», car en réalité il n y a pas eu et il n y a pas de séparation». 9 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 465: «L'Eglise de Dieu restait toujours et reste toujours et unique. La rupture de la communion n'a pas pu provoquer la division de l Eglise qui, de par sa nature, ne peut pas être divisée en parties. On peut donc admettre le terme habituel de «séparation» seulement pour désigner autrement la rupture de communion qui avait provoqué la séparation entre l'église catholique et l'église orthodoxe. Chaque groupe s'est replié sur lui-même, vit de sa propre vie et ne s intéresse pas à l'autre, si ce n'est que pour lutter l'une contre l'autre et s accuser mutellement d'hérésie ». 10 . / N. Afanas ev,

, in

, 1957 XI, . 30; . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, pp. 465, 474: « Le rétablissement de la communion fraternelle entre l'église orthodoxe et l'église catholique dans l'état actuel des choses ne serait pas la négation de la division actuelle, qui serait ainsi considérée comme inexistante, mais serait une victoire sur cette division par la force de l Amour, c'est-à-dire par l'Eglise et grâce à 1'Eglise». 11 . / N. Afanas'ev, Una Sancta, in «Irénikon», 1963 nº 4, p. 470: «Il ne s'agit pas du tout que l'Eglise catholique doive reconnaître sa doctritie du pape comme un «theologoumenon»: le dogme serait resté dogme, mais un dogme no reconnu par d'autres Eglises. Si l on pouvait admettre de côté tout ce qui s'est accumulé autour de cette doctrine et renoncer à toutes les outances, la conscience ecclésiale moderne serait prête à accepter ce que dès le tout début, ce dogme contenait dans l Eglise ancienne. Pour la conscience orthodoxe, la doctrine du pouvoir du pape, y compris le dogme de l'infaillibilité, est une interprétation dogmatique erronée de la doctrine ancienne de l'Eglise et en particulier de celle de la réception».

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CAPITOLO III ESPRIMERE LA GENUINITÀ DELLA VITA

ECCLESIALE

La corrente eucaristica ci offre una sua originalità 1. Fedele al suo metodo 'contradittorio', il padre Afanas ev inverte dall'interno il significato di «universalità» come espressione dell essere Chiesa 2. La Chiesa non è essenzialmente una comunione universalmente partecipata e strutturata; ma l universalità della manifestazione eucaristica di vita ecclesiale, è la Chiesa. Si arriva così alla questione prioritaria: quale è la cosa più importante; l'assemblea eucaristica e concreta, o la struttura di comunione ecclesiastica universale? Se si vuol porre efficacemente e stringatamente questo stesso interrogativo a un cattolico romano, si direbbe: quale è la cosa essenziale per la Chiesa, l'Eucarestia o il Papa? Una risposta non si dà facilmente al dilemma formulato in questi termini. Ci si può chiedere se i due estremi dell'alternativa hanno una tale affinità che possano realmente essere confrontati come due dimensioni necessariamente contradittorie. Sembra che la scelta stessa di prospettiva non debba essere valutata al di fuori del suo ambiente nativo o indipendentemente da ogni legame con la recente tradizione ecclesiologica nata fra i teologi slavi 3. Su questo sfondo si può capire meglio la preoccupazioni centrale del nostro autore. In una delle sue lettere si trova un ac cenno alla sua posizione personale: dialogo critico con le opzioni dell'ecclesiologia della «Sobornost » (cfr supra, parte III, sezione A) 4. In questo senso il correttivo introdotto nell'ecclesiologia slavofila riguarda soprattutto il pericolo che essa può correre di non essere abbastanza fondata, nei suoi principi, sulla dimensione storica della vita ecclesiale. Ci pare che questo sforzo di radicare la riflessione sulla Chiesa nella sacramentalità del segno vissuto rappresenta un contributo di valore alla ricerca sorta in seno ai vari orientamenti nel mondo ecumenico. L'elemento di sacramentalizzazione eucaristica viene anche messo in risalto nello schema conciliare sulla Chiesa e sull'Ecumenismo del concilio Vaticano II 5. Va

1 Una critica della riflessione del p. Afanas ev è stata fatta da B. Schultze, Der Primat Petri und seiner Nachfo!ger nach den Grundsätzen der universellen und der Eucharistischen Ekklesiologie, in «Orientalia christiana periodica», 1965 nº 1, p. 21-52, 2, pp. 277-294. Il R. P. Schultze appoggia la posizione polemica del dr. P. N. Trempelas contro il P. Afanas ev, in « », Atene, 1964, nº 7 pp. 167-168; nº 8, pp. 198-200; nº 9, pp. 235-237; nº 10, pp. 296-298; nº 12, pp. 318-320; nº 13 pp.. 551-353. Cfr. etiam, B. Schultze, S. J., Eucharistie und Kirche in der russischen Theologie deer Gegenwart, in «Zeitschrift für katholische Theologie», 1955, nº 7, pp. 257-300. 2 O. Rousseau, In memoriam: le R. P. Afanassieff, in «Irénikon», 1967 nº 2, p. 296: «Bien que plusieurs de ses tlièses aient été souvent critiquées,même du côté orthodoxe -du moins dans l'ambiance idéologique où elles étaient exprimées- on lui faisait crédit dans ses recherches, dont la dialectique des contraires était finalement considérée comme hypothèse de travail. Sa méthode originale lui venait, d'une part, d'une prenzière fornation de matématicien dont il lui restait des traces et, d'autre part, de son inspiration venant de son coeur ardent, de son expérience de prêtre et de son amour pour l'Eglise une et pour le Christ». 3 Il p. O. Rousseau pone bene il problema spirituale dei russi emigrati alla ricerca d'un criterio d'unità ecclesiale nella loro situazione particolare: O. Rousseau, In memoriam: le R. P. Afanassieff, in «Irénikon», 1967 nº 2, p. 294: «Le problème de l'Eucharistie et de l'Eglise locale devait occuper également durant de longues années les recherches du p. Alanas ev. Ce thème était du reste un de ceux auxquels les russes émigrés, privés de tuout lien avec leur Eglise mère, s'intéressaient le plus»; Colleghiamo la citazione precedente con l'osservazione di G. Wagner, L'unique évèque et son presbvtériutr dans la théologie de l'Orient orthodoxe, in «Concilium», 1972 nº 71, p. 26: «Une ecclésiologie eucharistique doit en vertu d'une nécessité interne. partir de la communauté particulière concrète qui se rassemble en un lieu déterminé pour célébrer l'eucharistie.... Et précisément son existence dans la dispersion, dans la " diaspora ", est pour l Eglise une condition nécessaire de sa mission dans le temps entre l'Ascension retour du Seigneur». 4 B. Schultze, Ekklesiologischer Dialog mit Erzpriester Nikolaj Afanas'ev, in «Orientalia Christiana Periodica», 1967, II, S. 395 (citato sopra); .

/ N. Afanas'ev, Le Concile dans la théologie ortbodoxe, «Irénikon», nº 3, 1962, p. 316: «C est avec ce dernier sens que l'Eglise russe a hérité la traduction slavonne du Credo, et c est ainsi que la conscience ecclésiale russe a adopté cette traduction, sans se demander si elle était exacte ou non»; .

/ N. Afanas'ev, L'infaillibilité de l'Eglise du point de vue d'un tbéologien orthodoxe, in AA. VV., L'infaillibilité de l'Eglise, Chevetogne 1962, p. 187: «Actuellement la doctrine de la Sobornost trouve une très large audience, non seulement parmi les orthodoxes mais aussi en occident. Je ne partage pas cet emballement ». 5 B. Schultze, Ekklesiologischer Dialog mit Erzpriester Nikolaj Afanas'ev, in «Orientalia Christiana Periodica», 1967, II, S.398; G. Lercaro, Ecumenismo, Dialogo tra Chiese sorelle, Roma 1965, p. 35: «Ma la sintesi suprema della costituzione (sulla Chiesa) e cioè il dato verso cui tutto converge e nel quale assume il suo pieno significato- questo il rapporto come essa lo stabilisce, fra la Chiesa e l'eucarestia. Bisogna dire che questo è, sia dal punto di vista teologico che ecumenico, l elemento più importante della costituzione». Ulteriori correlazioni fra Chiesa e Eucarestia sono assai numerosi nella riflessione ecumenica, cfr alcuni recenti documenti: -Istruzione sul culto cucaristico, Eucharisticum Mysterium, del 13-4-1967. Eucaristia centro della vita ecclesiale. Cfr. il rapporto con la Costituzione del concilio Vaticano II sulla Liturgia. Rispetto all'Istruzione è interessante notare in quali termini il «Directorium Oecumenicum » tratta dell'Eucarestia, nº 38ss.), omettendo l'accenno di fondo messo in risalto dal concilio e limitandosi a prescrizioni normative (in «Information Service», 1967, n. 2, pp. 5-13). Si potrebbe trovare invece una significativa valorizzazione dell'Eucaristia nella recente "Instructio" del Segretariato per l'unità dei Cristiani sull ammissione

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parimenti notato che il p. Afanas ev non ignorava i problemi filosofici del suo tempo 1. In questa linea si può avvicinare la sua preoccupazione alle 'esigenze di una riflessione sulla 'realtà vitale, avvertite da certi pensatori attuali 2. Una tale preoccupazione non è certo nuova né esclusiva del p. Afanas ev, ma assume significato particolare come tentativo di 'incarnare' meglio la dottrina dell'ecclesiologia slavofila. Inoltre si può menzionare nella ricerca del p. Afanas ev l'intento di centrare il fondamento della vita ecclesiale non su una struttura individualizzata o su un segno cristallizzato -che diventa da sé criterio di autenticità ecclesiale- ma sulla comunità concreta e essa stessa sacramentalizzata, in quanto base e sorgente di struttura viva e dei Segni ecclesiali dinamici. Il senso dell'«essere insieme», così vivamente sentito e vissuto nella sensibilità slava orientale, segue qui la linea tracciata dalla riflessione slanvofila. Distinguendo fra fondamento di vita e criterio di realtà, il p. Afanas ev tiene conto della differenza di qualità fra realtà e criterio di autenticità ecclesiale. La realtà eucaristica ed il criterio di autenticità possono essere considerati come elementi distinti nella ecclesiale integrale. È forse possibile sbloccare in questo senso il dilemma posto dall'autore: realtà di comunione locale concreta o criterio di comunione universale? L assemblea eucaristica assume in sé l'intento di sacramentalizzazione della vita ecclesiale -realtà originaria fondamentale e fonte di ecclesialità. Si può notare a questo proposito come la simbolica della «Parola» di Dio -punto d'incontro divino-umano di realtà ecclesiale - occupa poco spazio nell insieme dell ecclesiologia del nostro autore. Il contributo del p. Afanas ev, ben radicato nell'orientamento ed intuito della tradizione orientale -con tutta l'originalità del suo pensiero personale. L abbinamento «Eucarestia-Assemblea» trova o ritrova forse in

un altro modo il collegamento con la «Parola»: fede nella Parola di Dio. Si potrebbe avvicinare alla formula afanas evia quella tradizionale di «Sacramentum Fidei», cioè Segno ecclesiale vissuto nella fede. L'intima connessione fra Eucarestia e assemblea cristiana viva (senza però esprimere questo in termini di identità) mette in risalto l'unità fra la fede vissuta nell'assemblea ed il segno ecclesiale essenziale. La fede viene poi vista nella sua adesione comunitaria o compartecipata in quanto assemblea . L elemento comunitario riceve giustamente il suo peso riguardo alla fede ecclesiale, evitando flessioni verso l'individualismo. Non sembra pertanto che la visione ecclesiologica del p. Afanas ev arrivi ad identificare la realtà della Chiesa con quella del Sacramento in quanto Segno considerato in sé si dimentica qui il collegamento ecclesiale vivo: 'Eucarestia-Assemblea' 3. Se si critica l'identificazione e la riduzione della Chiesa all'assemblea eucaristica viva, si può anche criticare il fatto stesso di partire dall'Eucarestia per

degli altri cristiani all'Eucarestia della Chiesa cattolica. Cfr «Information Service», 1972, III, nº 18, pp. 3-4, Instructio de peculiaribus casibus admittendi alios Christianos ad comrrunionem eucharisticam in ecelesia catholica, Civitas Vaticana 1973, pp. 7-9. - Texte de la Commission «Foi et Constitution» sur l'Eucharistie, 1968, nº 6: «Dans l'eucharistie l'Eglise est suprémement elle-même et se trouve unie au Christ dans sa mission». - Accord doctrinal des Dombes stir l'Eucharistie, nº 21: «En se donnant aux communiants, le Christ les rassemble dans l'unité de son corps. C'est dans ce sens que l'on peut dire: si l'Eglise fait l'eucharistie, l'eucharistie fait l'Eglise», 1971. - Déclaration commune entre Anglicans et Catholiques-Romains sur l'Eucharistie, Windsor, septembre 1971, in «Information Service», 1972 nº 16, p. 13: «En trouvant son centre dans l'Eucharistie et en partageant régulièrement le Corps et le Sang du Seigneur, l'Eglise affirme et proclame effectivement sa nature comme Corps du Christ». Si può menzionare nel contesto dell'ecunismo in italia il collegamento significativo tra due temi per convegni ecumenici: riunione di Napoli, SAE, 1972, Comunità locale ed Ecumenismo (Roma. 1973), ed il tema per il Convegno 1973, L'Eucaristia (p. 20) - Segretariato attività ecumeniche. 1 Cfr Biografia, in . / N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts, 1969 n 66, p. 101: «Il lit ou relit les «maîtres à penser» de l'époque parmi lesquels nous trouvons les figures si différentes de Nieszche, Rozanov, Méreikovsky, et du grand Vladinlir Soloviev, philosophe autant que poète. Ce qui l'emmène encore plus loin du sang et de la boue, c'est une autre science rigoureuse et abstraite, et le temps semble moins long, quand il est plongé dans les pages de la Critique de la raison pure». 2 H. Marcuse, L'homme unidimensionnel, Paris, 1968, p. 232: «Dans les conditions repressives où les hommes pensent et vivent, la pensée ou toute forme de pensée ne se bornant pas à une orientation pragmatique à l'intérieur du statu quo ne peut réagir aux faits, ne peut s orienter par rapport aux faits que si elle les démasque. L'expérience a lieu devant un rideau qui la cache: si le monde c'est l'apparence de quelque chose qui se trouve derrière le rideau de l'expérience immédiate, alors, selon les termes de Hegel, ce qu'il y a derrière le rideau, c'est nous-mêmes. Nous-mêmes, non pas en tant que sujets du sens commun comme dans l'analyse linguistique, non pas comme sujets «purifiés» de la démarche scientifique, mais en tant que suiets et objets de la lutte historique que soutient l homme avec la nature et avec la société». 3 Il p. Meyendorff aveva accennato la sua critica al pensiero eucaristico in idem, Orthodoxie et Catholicité, Paris 1965. p. 144: «Une ecclésiologie dite «euchciristique» peut, elle aussi, succomber è une tentation similaire: celle d'identifier l'Eglise aiec la présence sacramentelle au point d'oublier ce que cette présence implique». Vedere anche come l autore imposta la propria visione "eucaristica" in un intervento posteriore: Unità delle Chiese, Unità del genere umano, Fede e Costituzione, riunione di Lovanio, Bologna 1972, p. 86: «L'unità della Chiesa e l'unità dell'umanità non coincideranno perfettamente. In fin dei conti, che nel compimento del regno di Dio e non prima. Solo in questa prospettiva possiamo dire legittimamente che 1'unità della chiesa è una anticipazione dell'unità dell'timanità. Nell'eucarestia, tuttavia, è già possibile intravvedere la realtà stessa di ciò che sarà l'unità futura, la quale non consiste semplicemente nella riconciliazione e nella comunanza fra gli uomini, ma nell'unità in Dio. nella pienezza della verità, nella gioia del regno. In questo senso, l'eucarestia -così come tutto il complesso del culto littirgico che le fa da sfondo- può essere giustamente considerata come il mezzo per sfuggire al determinismo del mondo, alla nostra esistenza animale che si conclude con la morte, alle limitazioni e alle frustazioni che subiamo nel mondo, in quanto cristiani».

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sviluppare il proprio pensiero ecclesiologico, giudicando questo punto di partenza come già al di là della vera 'incarnazione' nella situazione umana così

come e vissuta 1. Rimane dunque da valutare se il

terreno di sacramentalizzazione scelto ottiene il risultato inteso: fondare pienamente l'ecelesiolocia nella storia della salvezza. Fin dove si spinge la spaccatura interna della persona umana e dell'universo al di dentro dell'assemblea-Eucarestia? Nel contesto di realtà ecclesiale e di incarnazione storica dell'ecclesiologia, sopra considerate, bisogna porre a un certo punto l'interrogativo sul senso dei termini: «locale» e «universale». Se questi concetti sembrano abbastanza ovvi e se non hanno bisogno di molte spiegazioni nel discorso comune, l'uso fattone dal p. Afanas ev richiama certe opzioni di fondo. Infatti, la parola «locale» viene spesso collegata ad una idea implicita di «concretamente umano», mentre il termne «universale» si riferisce piuttosto all idea di «strattamente generalizzato». In quale misura, se questi concetti vengono interpretati nel senso qui sopra accennato, si oppone al «locale» nella vita ecclesiale fino al punto di escludersi? Dobbiamo tenere conto, anche qui, del metodo contradittorio del nostro autore: la vera universalità si trova nella massima concretizzazione. Questa

immediata concretezza non diventa 'universale' per mezzo della massima generalizzazione. Questa concretezza esistenziale -la quale intende anche includere nella vita vissuta la relazione viva di complementarietà fra nuclei locali- esclude realmente un livello che esprime gli orientamenti sorti da

tale complementarietà concreta? Agganciando la concretezza locale aìl'idea di originarietà della Chiesa, il p. Afanas ev propone anche un altro accostamento di concetti, cioè l'abbinamento «ripetizione» (dell'Eucarestia) e «stato paccaminoso» (dell'umanità). Tre sono gli aspetti legati alla dimensione di peccato nella storia: frazionamento nel tempo, nello spazio, in regolamenti classificati e legali. Si può trovare, dietro la nostalgia della «Chiesa prima e originale» un accenno già presente in altre riflessioni sulla simbolica del numero «1» nell'antropologia ed ecclesielogia slavofila -con particolare riferimento alla visione del R. P. S. Bulgakov 2. La vera realtà dell'Eucarestia e della Chiesa è situata a un livello tale di «inizio» della storia che ci si può chiedere se questo inizio che ricapitola l'essenza interiore intera non si trovi piuttosto al di là della storia. Forse si può riscontrare qui la tendenza di dare poco spazio creativo alla realtà storica. In questo contesto, i concetti di «storia» e di «elemento empirico» non sono forse troppo intimamente legati e ricevono un senso abbastanza limitativo riguardo al contenuto o all'elemento interiore della vita ecclesiale? La volontà espressa dall'autore di valorizzare radicalmente la storia si attenua in questa ulteriore interpretazione. A questo punto, la riduzione indiretta della sfera di peccato, connessa con le forme di esistenza empirico-giuridico-visibile, può portare a una generalizzazione del male vigente principalmente nell'ambito esterno. Si svalorizza così l'intento di sacramentalizzazione radicale insita come obiettivo dell'ecclesiologia eucaristica. Si pone inoltre in questione la reale unicità e compenetrazione delle dimensioni visibile-invisibile alle quali il p. Afanas ev attribuisce notevole importanza. La Chiesa primitiva è originaria «prima», la quale ricapitola l'essenza della vita ecclesiale. Non sembra inutile menzionare questo metodo simbolico come modo di procedere al di là di una rigida logica. Una applicazione particolare può essere esplicitata nel modo con cui il p. Afanas ev interpreta la successione apostolica: anche là, Pietro primo e unico presidente dell'assemblea di Gerusalemme è ri-espresso in ogni assemblea posteriore: ogni presidente di assemblea cucaristica ri-attualizza Pietro nella propria presidenza eucaristica. Questa ricapitolazione di tutti in uno può essere ritrovata nel modo di presentare e di centrare la realtà dell'Eucarestia nell'insieme della vita ecclesiale. L'Eucarestia, elemento «primo» e primario, nucleo stesso di quello che è la Chiesa, contiene allo stesso tempo tutti gli aspetti che include e li riassume in una unità viva superiore -al di là della propria apparenza. L'escitisività quasi trascendentale della base della vita ecclesiale è stata messa anche qui in risalto secondo un modo di procedere 'contradittorio' o per lo meno di chiara contrapposizione. La pienezza interna di cattolicità di ogni chiesa locale è diversa dalla pienezza di complementarietà fra

1 Cfr la critica fatta al concetto del p. Meyendorff dal pastore Miguez-Bonino, Unità della Chiesa, Unità del genere umano, Bologna 1972, p. 91: «Ed è qui precisamente il mio problema: può essere I'«eucarestia escatologica» il posto nel quale si pone il teologo, dal quale egli può fare teologia? Non è piuttosto un luogo per il quale si può sperare e pregare, un giudizio ed una promessa su tutto il nostro pensiero teologico - un pensi ero che, bisogna confessarlo, si fa in mezzo alle circostanze di questa esistenza mondana e storica, qui, nel tempo, in una eucarestia ed in una chiesa che sono piene di tutte le ambiguità e le tensioni della vita umana comune, soggette ad inevitabile complicazione nelle ideologie, nei determinismi e nelle categorie secolari, in un consapevole o inconsapevole coinvolgimento». 2 A. Joos. «L'homme et son nzystère». Eléments d'anthropologie dans l'oeuvre du père S. Boulgakov, in «Irénikon», 1971 nº 3. pp. 332-361.

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tutte le chiese locali. La cattolicità è qualitativa nella Chiesa. Lo è anche la complementarietà di tutte le chiese locali. Questa pienezza interna si manifesta in una multiformità esterna. La pluralità costatabile di tutte le chiese contiene un valore interiore di complementarietà. La complementarietà converge verso la pienezza interna come qualità della Chiesa empiricamente sparsa nell universo. Arriviamo così a due paralleli: da una parte un gruppo di parole collegate «interna-qualità» e «pienezza-complementarietà»; dall'altra si i concetti «esterno-quantità» e «pluralità-diversità». Ogni parallelo può essere seguito al proprio livello autonomo (interno-esterno). Quale sarebbe la possibilità d'incontro tra i due livelli? Per il nostro autore, l'unico punto di unità interno-esterno è l'assemblea eucaristica. C'è da sottolineare come Afanas ev valuta il fenomeno della profezia nella Chiesa primitiva: per lui sarebbe il primo tentativo di universalizzare a partire da una 'conoscenza' particolare della Parola data agli 'spirituali' al di sopra dell'assemblea in cui vivono. Se il nostro autore sembra giustamente collegare concetto-idea-universalizzazione , egli unisce anche i termini Parola-Verità con concetto-idea .

Forse, il modo con cui il Afanas ev considera il problema dell'infallíbilità -il quale presenterebbe difficoltà principalmente a livello giuridico-, ciò può essere messo in rapporto con l implicito legame tra Parola-concetto e vita-empirica e struttura giuridica. Se da una parte la sacramentalizzazione profonda dell'assemblea è messa in risalto nella riflessione dell'ecclesiologia eucaristica, non sarebbe anche bene integrare l'aspetto di Parola-Verità nella stessa sacramentalizzazione? Arriviamo così alla visione sul diritto e sul potere nella Chiesa. Il diritto nasce dal

potere. Se il potere è inaccettabile nella Chiesa, lo è anche il diritto. Un interrogativo può essere posto per quanto riguarda la genesi descritta del diritto. Il diritto nasce veramente dal potere? 0 concretamente, nella storia ecclesiale, il diritto nasce dalla tradizione vissuta, estesa, confermata e regolata, prolungamento concreto della vita con registrazione di usi e costumi 1? Quello che è stato detto qui sulla «ripetizione» può allora ricevere un valore più positivo e costruttivo, al contrario di quanto il nostro autore sembri temere. Evitiamo così il parallelo: ripetizione - vita empirica

diritto opposto in modo massiccio ai concetti di prima Chiesa originaria - vita interna Amore ecclesiale . La sacramentalizzazione stessa dell'assemblea dovrebbe opporsi a questa divisione in due livelli irriducibili. Infatti, accettando l'assemblea-Eucarestia come realtà sacramentale di base, si sacramen,talizza per il fatto stesso la vita concreta dell'assemblea. In questa prospettiva ci si può chiedere se non è contradittorio escludere il valore «sacramentale» delle disposizioni canoniche nella Chiesa -in quanto regolarizzazione di vita manifestata e ripetuta . Sembra che la scelta stessa del punto focale della realtà ecclesiale impedisca di ridurre il diritto al solo lato «decaduto» o «di situazione peccaminosa» della Chiesa mentre l'Eucarestia sarebbe interamente rigenerata .

1º L'ASSEMBLEA VIVA, GENUINITÀ PRIMARIA MA MINACCIATA DALLA STORIA?

L'espressione ecclesiale, se vuole salvarsi nel mondo di oggi ed essere fedele alle proprie origini, deve essere de-universalizzata e riconcretizzata. Questo va realizzato, tornando alla prima comunità cristiana, allo stesso modo con cui si torna al Gesù di Nazareth o all'annuncio di Cristo, per ritrovare l'autentica credibilità cristiana del nostro tempo. A questo punto, non si tratta più di sapere verso chi si tende, nella ricerca di fede in seno al mondo moderno, ma di sapere quale è la chiave di espressione fondamentale e complessiva, capace di re-inserire - in una visione articolata - ogni parziale evocazione cristiana. L'ecclesiologia eucaristica si presenta, tenendo conto di ciò che essa intende sottolineare nel pensiero teologico odierno, più come un tentativo per proporre un procedimento di espressività per la comunità cristiana, che una discussione giuridica sullo statuto e sulle strutture della

1 Rileviamo un accenno in questo senso nell'opera stessa del p. Afanas ev, in . / N. Afanas'ev, Les canons et la conscience canonique, in Contacts , 1969 n

66, p.117: «Ainsi le droit canon d'une Eglise locale n'a d'unité ni intérieure ni même extérieure». Si potrebbe contraporre questo all'idea del diritto nella Chiesa ccme «messa in sistema» del «potere ecclesiastico» come uniformizzazione universale.

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Chiesa. Una critica significativa è stata fatta alla chiave di genuinità eucaristica: ci si chiede perché focalizzare l espressione in termini di assemblea eucaristica e non assemblea battesimale 1.

L interesse del prospetto eucaristico sembra però consistere, ulteriormente, in certe valorizzazioni parallele tra la sua riflessione e alcune prospettive sull'espressività umana, particolarmente linguistica. L'insegnamento può essere fruttuoso per i cristiani, in questo momento di perplessità sulla possibilità e l'utilità di una qualsiasi esteriorizzazione di fede, sotto forma di vita ecclesiale (nelle correnti radicali e secolariste). La prospettiva eucaristica ci propone, infatti, un modo rinnovato di rivedere come viene presentata generalmente e normalmente la Chiesa. Il capovolgimento dell'ecclesiologia eucaristica fa dipendere tutta l'espressione ecclesiale dall'eucaristia e non l'eucaristia dall'espressione ecclesiale. L'eucaristia è chiave di espressività ecclesiale. Essa è una fonte, e, se lo è, deve anche implicare una certa dinamica, un movimento interno cioè che può dare vita all'espressione ecclesiale. Perciò, l'eucaristia non potrà essere concepita come qualcosa, dietro alla quale si cela la Presenza. Essa è Presenza viva nell'incontro sostanziale, cioè collegamento vitale tra Cristo, i presenti ed il mondo. L'eucaristia come collegamento vitale è fondamentalmente assemblea, dove i legami intrinseci dell'incontro e della Presenza possono trovare vie di attuazione concreta. Cogliendo quest'aspetto dell'ecclesiologia eucaristica -fondamentale nel pensiero di Afanas ev-, non si può omettere l'accenno ad una certa continuità di pensiero tra legame vivo dell'assemblea come fonte di espressività ed espressione come legame vivo nel segno. Quest'ultima formulazione si richiama alla ricerca linguistica attuale, ed alla riscoperta e re-interpretazíone del segno in tale contesto 2. Il contributo che possiamo ricavare dalla prospettiva linguistica recente fornirà forse un aiuto, là dove il pensiero eucaristico non ha pienamente valorizzato i suoi stessi principi di partenza? I problemi posti dall'ecclesiologia eucaristica sembrano ricapitolarsi soprattutto in una doppia difficoltà maggiore: la genuinità del segno va cercata nella pienezza del primo momento ecclesiale, ma allora ogni avvenire in confronto a questo primo momento sarà un pericolo. Vi sarà una minaccia, un rischio di negatività, là dove tutta la concretezza di partecipazione si attuerà principalmente nella genuinità del segno espresso: con l interrogativo ampiamente considerato dall antropologia linguistica sul segno stesso, segno-legame-significativo o segno-qualcosa-dietro-a-cui-c è-un-contenuto. Il cammino della comunità ecclesiale non potrà esprimersi se non con segni genuini, cioè dal suo primo momento. Là dove l'ecclesiologia eucaristica non riesce -chissà- a dare libertà e dinamismo sufficienti alla sua riflessione, i dati linguistici sui segni ci proporranno forse dei fondamenti per comprendere ed accogliere la possibilità di una armonizzazione tra genuinità e potenzialità d'avvenire nella mutevolezza degli impegni. Si può già intravedere che l'immediatezza di partecipazione nell hic et nunc , nella misura in cui le relazionalità di tempo e di numero appaiono come pericolo e degradazione, avrà un peso notevole nellinterpretazione della genuinità espressiva, anche se il segno-assemblea viene concepito come legame vivo nell'espressione: «tutti sempre, tutti in uno solo, tutti per la stessa cosa» (formulazione del secondo capitolo del libro degli Atti, cfr supra). Chi dice assemblea viva, dice legame autentico tra tutti; chi dice segno espressivo, dice relazione viva: fonte di arricchimento per le coscienze 3. Nella visione classica della Chiesa i segni, anzi il segno dei segni l'eucaristia, non venivano valorizzati sulla base di questo aspetto prettamente dinamico relazionale. Almeno tale sarà la critica che formulerà buona parte di coloro che esaminano l'espressione sacramentale della Chiesa, con sospetto o sfiducia. La visuale sacramentalista implicava la difficoltà della fissità espressiva sacramentale, o anche della fissità nella

1 P. Avis, Anglicanism and Eucharistic Ecclesiology, in «Centro pro Unione», 2006 n° 70, p. 18: «My own way of appropriating eucharistic ecciesiology, in an Anglican context, would attempt to adjust its balance in two ways. First, I would seek to balance the Eucharist with baptism, setting the two dominical sacraments side by side as twin controlling sacramental foci of the Church. The significance of the truth that the Eucharist presupposes baptism and that baptism contains a theological dynamic and momentum that leads to the Eucharist needs to be developed: it is generally reckoned to be under-developed in Orthodoxy. Baptism is immersion into the body of Christ, in union with his death and resurrection, and it is a eucharistic body. The logic of the whole process, the cursus, of Christian initiation should inform and shape our ecclesiology. So I would advocate a eucharistic ecclesiology in which baptism has a more prominent role». 2 Vedere A. Joos, Messaggio cristiano e comunicazione oggi, vol. III, La Rete elementare dei segni, Verona 1988-1992 (6 vol.). 3 F. De Saussure, Cours de Linguistique generare, Paris 1968, p. 98: «Le signe linguistique unit non une chose et un nom, mais un concept et une image accoustique. Cette dernière n'est pas le son matériel, chose purement physique, mais l'empreinte psychique de ce son, la représentation que nous en donne le témoignage de nos sens; elle est sensorielle, et s'il nous arrive de l'appeler 'matérielle', c'est seulement dans ce sens et par opposition à l'autre terme de l'association, le concept, généralement plus abstrait».

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sacralizzazione gerarchica e sacerdotale. L'espressione in segni ecclesiali appariva come singolarmente immobile, per non parlare dei contenuti mentali che questi segni dovevano comunicare. Con l'ecclesiologia eucaristica si riprende da capo il problema dei sacramenti, non dal vertice concettuale, cioè astrattamente dal principio, ma si presta attenzione al come si è attuato il segno eucaristico, nella realtà storica originale della Chiesa primitiva. Si prende cioè in considerazione la base di espressione eucaristica. Non bisogna pertanto cercare qui una dottrina sacramentale completa. Ci sembra, anzi, che l'ecdesiologia eucaristica voglia concentrarsi meno sulla realtà di sacramento, che di espressività ecclesiale genuina. La base di questa espressività sono i legami elementari, basilari, che permettono di sviluppare una espressione articolata. Tali legami elementari sono chiamati, nel pensiero linguistico attuale: i segni. Avvicinando le due prospettive: ecclesiologia eucaristica e linguistica, si delinea una costatazione di parallelismo: il segno è segno in quanto è legame allacciato, e l'assemblea diventa espressione ecclesiale in quanto è legata nella comune concelebrazione e attuazione di tutti in uno per la stessa cosa. Il segno non è una cosa dietro alla quale sta qualcos'altro, ma un indirizzo, un gesto che collega i membri della comunità 1. La riconcretizzazione dell'espressione ecclesiale parte da un certo modo di risituare la realtà fondamentale dell'espressione: il segno vivo. L'espressione ecclesiale possibile oggi non deve partire dalla sola dimensione razionale o conoscitiva dei segno, ma dall'íntensità e dalla consistenza complessiva del legame, in senso ampio e globale. L'ecclesiologia eucaristica ricupera, in un certo modo, la prospettiva non-conoscitiva sviluppata dalla teologia radicale, non come rifiuto assoluto, ma come criterio di adesione, di partecipazione e di espressione più vasto, che la sola problematico di conoscenza razionale. Si conferma così, nel pensiero afanassieviano, l'importanza della relazionalità come fondamento di espressione ecclesiale. Il collegamento non è frutto della decisione isolata di due esseri, nel senso di due entità o individualità, che si propongono di allacciare un legame attraverso il segno. Ogni individualità invece suppone un insieme complessivo -non anarchico ma articolato- dove ciascun membro trova una sua funzione e un suo ruolo, nello scambio di relazioni molteplici 2. Abbiamo un primo avvicinamento alla ricerca sull'assemblea eucaristica viva ed originaria: essa è il segno, legame vivo, che nasce dalla partecipazione concretissima alla convivenza comunitaria. L'assemblea come segno-legame deve necessariamente di-ventare generatrice di altri segni, in una rete espressiva e sempre più incisiva. Se si vive concretamente la partecipazione all'assemblea, l'inserimento in quanto partecipazione farà sorgere dei segni-legami. La ri-concretizzazione riparte da questo terreno elementare, per poi svilupparsi coerentemente. Ogni individualità trova la propria identità nella partecipazione piena ed incondizionata all'assemblea eucaristica. Sarà la relazionalità a creare la consistenza dell'individualità. Il pensiero teilhardiano riscontra qui un eco tipicamente ecclesiale dei suo concetto di relazionalità fondamentale e cosmica (vedere parte II, sezione B, «La cristificazione dell universo»). La nascita linguistica dei segni non proviene da una programmazione prestabilita sui significati e sui significanti; i segni, invece, sorgono dalla partecipazione massimale di tutti «come uno solo», al di là della sistematica e delle gradazioni di potere e di situazioni ecclesiastiche. La desistematizzazione viene accolta come criterio operativo per la sua possibilità di espressione rinnovata (vedere parte III, sezione B, «l ecclesiologia di sobornost »). Dalla relazione primaria -l'assemblea eucaristica- si costituirà una rete di legami espressivi, che porterà la realtà ecclesiale all'aperto. Tutto ciò sembra seguire una via propria, indipendente dalle individualità isolate. La massima concretezza dei primi legami darà tutta la ricchezza espressiva ai segni ecciesíali. Possiamo scorgere di nuovo una preoccupazione di immediatezza là dove convivenza dell'assemblea e

1 L. Renwart, Percbé queste discussioni a proposito dell'Eucaristia, in AA. VV., Eucaristia, aspetti e problemi dopo il Vaticano II, Assisi 1968, p. 9: «Una terza nozione, anch'essa filosofica, ha subito un serio approfondimento, grazie sopra tutto agli studi sulla storia delle religioni e al rinnovamento dela teologia sacramentaria. Si è trovato la piena dimensione umana del segno. Per troppi pensatori tradizionali, il ruolo dei segno concerneva unicamente il campo della conoscenza: il segno non è forse 'ciò che, per il fatto che è conosciuto, conduce alla conoscenza di un'altra cosa'? Senza negare questa funzione, né rigettare le analisi piene di sottigliezza, di cui è stato oggetto, l'antropologia moderna ha rimesso in luce che il segno 'non è anzitutto una cosa, ma un gesto' che qualcuno indirizza a un interlocutore: un ~o è sempre e innanzitutto un 'fare segno'». 2 0. Ducrot, Le Structuralisme en linguistique, in AA. VV., Qu'est ce que le Structuralisme, Paris 1968, pp. 35-36: «Bien plus, la découverte des composants réels d'un langage ne ferait qu'un, selon Saussure, avec celle des relations mutuelles, et finalement avec la reconnaissance d'une organisation linguistique. On ne peut plus comprendre alors le mépris où les historiens tiennent le système sous prétexte qu'ils ont trouvé dans l'élément un objet intelligible, explicable par référence aux éléments des langues apparentées: en fait, le simple repérage de l'élément suppose qu'on ait admis un schéma d'ensemble de la langue. Dans l'élément présupposer le système, cela constitue, selon nous, l'apport propre de Saussure au structuralisme linguistique».

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intensità espressíva dei legami-segni dovrebbero quasi coincidere. La qualità di genuinità sembra intimamente legata a questa immediatezza concreta della vita nell'assemblea cucaristica. Vi è forse qui una scorciatoia parallela tra esperienza dell'assemblea e qualità dell'espressione, così come il pensiero bonhoefferiano proponeva tra il Cristo e la comunità? (vedere parte III, sezione B, «la teologia della secolarizzazione»). Notiamo anche qui il difetto di un dualismo pre-XXº secolo, che opponeva, in modo semplicistico, la qualità alla quantità, come avverrebbe per la forma materiale ed il contenuto razionale? Certo, tra significante e significato -in riferimento alla realtà eucaristica- il pensiero di Afanas ev

considera ogni espressione nella sua pienezza di unità. Ma non ci si può nascondere che -per lui- la moltiplicazione dei legami nelle assemblee e tra le assemblee, porta con sé una inevitabile negatività per l'intensità e l'autenticità espressiva, dalla stessa organizzazione strutturata delle assemblee. La quantità di tempo e la quantità di persone collegate nuocciono in definitiva alla creazione di legami-segni-vivi. La de-universalizzazione non può nascondere una sua fobia per la complessità del tempo e dello spazio. La relazionalità rimane limitata e quasi sospesa fuori dei necessario flusso della storia. L'assemblea-segno ricorda altri elementi paralleli nella dinamica dei linguaggi. Infatti, l'eucaristia vuol dire relazionalità. I legami espressivi nascono da questo focolare vivace. In tal senso, non vengono definiti individualmente uno per uno. Si impongono -per così dire- all'individuo. Il linguaggio umano segue una via corrispondente nella comunicazione tramite i segni. La pluralità di relazioni comunicative forma quella prospettiva più ampia dell'esperienza, che l'essere umano percepisce nella sua configurazione organica, specificando ogni elemento particolare in funzione dell'insieme 1. La configurazione della rete dei segni, nei suoi aspetti specifici, non è frutto di isolata o autonoma decisione e discernimento percettivo dell'individuo, né di una programmazione razionale o di deduzione astratta, ma viene imposta, in qualche modo, dall'insieme della totalità della rete di collegamenti, che parte dal passato e si protrae nei momenti e ai contesti posteriori 2. Frutto dell'insieme e legame nell'insieme, il segno, per essere vivo deve delineare altri segni che continuino le relazioni 3. Il segno si oppone all'esagerato individualismo. Non sono io, cioè, che decido per conto mio dei segni da adoperare. Ciò che si può percepire come de-individualizzazione del concetto ecclesiale, viene rafforzato nella de-individualizzazione di tutto il procedimento espressivo della comunità umana. La de-individualizzazione sfocia nella positiva relazionalità, come cuore della realtà ecclesiale. La relazionalità eucaristica, come assemblea viva, è fonte integrale dell'espressione ecclesiale. La rete di collegamenti, che costituisce il nucleo sostanziale del segno in un linguaggio di segni umani, non si chiude, una volta per tutte, in un quadro universalmente cristallizzato come un contratto sigillato che stabilisce in modo definitivo, le relazioni e i rapporti di ogni individualità, ma si muove invece ridimensionando continuamente e ri-situando ogni segno di fronte alla nuova configurazione 4. Lo sviluppo della rete articolata dei segni è inevitabile, lo spostamento dei rapporti è inesorabile 5. A lungo

1 J. Charon, L'Homme à sa découverte, Paris 1963, p. 71: «Un langage quelconque cherche à organiser cette infinité de relations, suivant un 'système' défini par les postulats et les définitions posés à la base du langage. On effectue ainsi une sorte de 'coupe' dans la Nature. Le langage réduit l'infinité des relations en chaque point à un nombre fini: il est donc ainsi toujours incomplet; mais, par contre, il introduit la possibilité d'une logique, ce qui n'est jamais possible quand on traite d'une infinité de relations dans un milieu continu non organisé. Ceci met alors en lumière le fait suivant: un aspect de l'univers décrit par un langage quelconque n'est nullement un aspect 'absolu' mais dépend essentiellement des prémisses que l'on s'est fixé pour construire le langage qui le décrit»; 0. Ducrot, Le Structuralisme en linguistique, in AA. VV., Qu'est ce que le Structuralisme, Paris 1968, p. 48: «Mais si cbaque signe ne peut être défini, fond et forme, que par 1 opposition à ceux qui constituent son paradigme, il est indissociabie d'eux, et cela dès le début de la recherche linguistique. Les liens qui les unissent ne leur sont donc pas surajoutés». 2 F. De Saussure, Cours de Linguistique generare, Paris 1968, p. 104: «Si par rapport à l'idée qu'il représente, le signifiant apparaît comme librement choisi, en revanche, par rapport à la conununauté linguistique qui l'emploie, il n'est pas libre, il est imposé. La masse sociale n'est point consultée, et le signifiant choisi par la langue, ne pourrait pas être remplacé par un autre». 3 O. Ducrot, Le Structuralisme en linguistique, in AA. VV., Qu'est ce que le Structuralisme, Paris 1968, p. 77: «Tout signe doit être, pour avoir une existence linguistique, l'élément générateur d'une série; il ne sera donc pas défini en tant que tel par cette propriété, mais par la différence sémantique ou phonique qui se répète dans sa série»; vedere: A. Joos, Evangelizzazione e Mentalità moderna, Un Segno per l'Oggi, in «Asprenas», 1977, nº 2, pp. 147-158: idem, Messaggio cristiano e comunicazione oggi, vol. II, La Sorgente dei Linguaggi, Verona 1988-1992 (6 vol.). 4 F. De Saussure, Cours de Linguistique generare, Paris 1968, p. 104: La langue ne peut donc plus être assimilée à un contrat pur et simple, et c'est justement de ce côté que le signe linguistique est particulièrement intéressant à étudier; »; A. De Waflhens, Existence et Signification, Louvain 1958, p. 138: «La parole est une dialectique qui va de l'engagement à la transcendance, du particulier à l'universel et réciproquement. Et c'est pourquoi toute parole appelle une autre parole qui continue l'oeuvre de la première, où celle-ci s'est épuisée sans l'achever. Le langage est entre la pensée et les choses et il doit constamment accepter d'être 'refait' et par l'une et par les autres. Cette perpetuelle nécessité de 'réfection' le condamne aussi à une perpétuelle lutte de lui-même contre lui-même». 5 F. De Saussure, Cours de Linguistique generare, Paris 1968, p. 110: «Une langue est radicalement impuissante à se défendre contre les facteurs qui déplacent d'instant en instant le rapport du signifié et du signifiant».

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andare l'evoluzione del linguaggio può però apparire come alterazione (frutto del tempo che passa) senza sapere il perché di questa alterazione o dei cambiamenti registrati 1. Ciò che per i linguisti appare slittamento normale, e anche utile, diventerà forse slittamento negativo per l'ecclesiologia eucaristica, proprio nella misura in cui pone il primo momento dell'assemblea genuina come punto fermo e intoccabile? Relazionalità vittima del tempo, così si potrebbe caratterizzare il punto di confronto della riflessione sulla genuinità eucaristica cristiana, attraverso una rete di collegamenti significativi con l antropologia odierna dei linguaggi comunicazionali. Persino gli osservatori dei linguaggi considereranno il tempo in qualche modo colpevole, o contenitore di colpevolezza per questi slittamenti (cfr nota citata). Siamo qui in presenza di un approccio specifico sul tempo (al di là della

storia) ed il suo carico disgregante. Ma è davvero così? Un altro pensatore russo invertirà questa predestinazione negativa del tempo: P. Florenskij nella sua prospettiva sofianica (cfr volume II, parte

V). L'alterazione eucaristica si verifica già dopo i primi anni di esistenza della Chiesa: l'individualiz-zazione sembra, necessariamente, far parte del processo di disgregazíone legato al tempo, alla storia. L'universalizzazione, come sistema chiuso e contrattuale -cioè giuridico- è una distorsione quasi predeterminata, nel destino dell'esperienza umana, nella comunicazione e nella sua dinamica di espressione. Valutare il continuo movimento della rete espressiva concerne, da vicino, lo stesso giudizio sulla storia della Chiesa, sulla storia della salvezza e sulla realtà storica stessa. Storia come evoluzione disgregante o storia come lotta ascendente, storia che sceglie o storia che prospetta, su questo punto possiamo discernere il confronto più acuto tra segno e speranza (vedere parte IV, sezione B: «La teologia della speranza»). Una integrale teologia della storia potrà essere proposta come riflessione intermediaria tra segno e pura promessa (vedere volume II, parte IV: «La teologia della storia»). La problematica contemporanea vedrà poi caricarsi di radicalizzazioni nel confronto storico: sia le due storie (della salvezza e profana) sia con una fondamentalizzazione della storia sacra (vedere volume III, sezione A, «La teologia della storia sacra»), sia con una riarticolazione della storia nuova iniziata dopo la fine di una storia cristiana esaurita e chiusa (vedere volume III, , sezione B: «Le teologie apocalittiche neo-religiose».

2º SEGNO E STORIA: ESPRESSIONE COME CONCRETEZZA STORICA O

CONCRETEZZA STORICA CHE SI ESPRIME?

Nella prospettiva eucaristica, la ri-concretizzazione del segno non può effettuarsi partendo da una globalizzazione del segno. Globalizzare il segno sarebbe uniformarlo ad un super-segno, partendo dalla strutturazione esterna. In tale modo si arriverebbe proprio all'universalismo, messo in causa dall'ecclesiologia eucaristica. Un super-segno globale può essere poi facilmente equiparato a un sacramento fondamentale e primordiale, costituito dal globalismo di tutta l'espressione dell esperienza umana uniformizzata 2. Parallelamente alle assemblee eucaristiche, pienezza di relazioni in moltissimi

1 F. De Saussure, Cours de Linguistique generare, Paris 1968, pp. 109-112: «Les causes de continuité (dans le langage) sont 'a priori' à la portée de l'observateur; il n'en est pas de même des causes d'altérations à travers le temps. Il vaut mieux renoncer provisoirement à en rendre un compte exact et se borner à parler en général du déplacement des rapports; le temps altère toute chose; il n'y a pas de raison que la langue échappe à cette loi générale»; p. 111: «Cette évolution est fatale; il n'y a pas d'exemple d'une langue qui y resiste. Au bout d'un certain temps on peut toujours constater des déplacements sensibles»; p. 109: «Quels que soient les facteurs d'altérations, qu'ils agissent isolément ou combinés, ils aboutissent toujours à un déplacement du rapport entre le signffié et le signifiant». 2 K. Rahner, Kirche und Sakramente, Freiburg 1960, S. 22: «Von daher bedeutet uns 'Ursakrament' die eine und bleibende, zeichenhafte, inkarnatorisch strukturierte Präsenz des eschatologischen Heiles Christi, eine Präsenz, in der Zeichen und Bezeichnetes 'unvermischt und ungetrennt' vereint sind: Gnade Gottes im Fleisch einer geschichtlichkirchlichen Greifbarkeit, die darum nicht des durch sie Bezeichneten und Anwesend Gesetzten entleert werden kann, weil sonst die Gnade Christi (der ewig Mensch bleibt) auch nur etwas Vorläufiges und Überholbares wäre, weil wir sonst im Grunde noch im Alten Testament wären»; A. Dulles, Models of tbe Church, New York 1974, p. 63: «The Church therefore is in the first instance a sign. It must signify in a historically tangible form the redeeming grace of Christ. It signifies that grace is relevantly given to men of every age, race, kind and condition. Hence the Church must incarnate itself in every human culture. The Church does not always signify this equally well. It stands under a divine imperative to make itself a convincing sign. It appears most fully as a sign when its members are evidently united to one another and to God through holiness and mutual love, and when they visibly gather to confess their faith in Christ and to celebrate what God has done for them in Christ»; p. 61: A sign couid be a mere pointer to something that is absent, but a sacrament is a 'full sign', a sign of something really present. Hence the Council of Trent could rightly describe a sacrament as 'the visible form of an invisible grace'. Beyond this, a sacrament is an efficacious sign; the sign itself produces or intensifies that of which it is a sign.

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luoghi e momenti, e dalle quali nascono le diverse reti di segni e di collegamenti espressivi, bisognerebbe ripartire dalla visione dinamica del segno e non da un concetto statico, che racchiude tutto in un segno dato e delineato uniformemente. La Chiesa diventerebbe allora un vero linguaggio di Dio nella multiformità di segni, gesti, simboli, ecc Eppure, la teologia afanas eviana non è una semplice teologia della Chiesa-segno, come si riscontra, senza troppa accuratezza (o consapevolezza di ciò che essa pienamente implica) nel vocabolario di diverse teologie attuali. Il segno non racchiude ma apre la possibilità di esprimere e di comunicare; esso è un punto di partenza, non di arrivo, un tentativo in avvio e non una questione conclusa, la concretezza del linguaggio che si cerca e che va avanti e non un meccanismo di trasmissione. Le vie della concretizzazione si rispecchiano nel modo di cogliere, oggi, la specificità del segno nella dinamica dei linguaggi comunicazionali, illustrandone l'intuito che cerca di precisarsi. Nel segno si possono individuare due momenti estremi: punto di offerta e punto di risposta di uno stesso legame vivo e concreto. Questo collegamento permette di conoscere e di dire la realtà. I momenti estremi sono il significante ed il significato: mutuo rinvio, che costituisce il segno 1. La vita dei segni si trova nella loro capacità di rinvio, di riferimento reciproco tra significante e significato e, più ampiamente, tra la realtà avvicinata e la coscienza riflessiva 2. Ciò che cambia, a seconda delle culture, sono le modalità di aggancio delle relazioni e dei rinvii tra realtà e presa di coscienza nella comunità umana. Questa visione ci richiama abbastanza chiaramente alla comprensione dell esperienza umana stessa come relazionalità, cioè sorgente di concretezza iniziale di ogni essere o cosa: la relazione attiva (vedere parte II, sezione B, «La teologia della pan-cristificazione»). Fondamentalmente, come legame vivo e come passaggio dinamico, il segno, con la parola -che è segno privilegiato ed articolato- gode di una sua specifica vita; e, per essere vita, il segno è Azione 3. Si potrebbe forse dire meglio: il segno è impegno. Nella concretizzazione del segno si delinea una via che serpeggia e segue il tracciato e l'attrattiva del massimo impegno (vedere parte V, sezione A, «La teologia della liberazione». Il segno ci impegna, tra i segni non siamo più capaci di non muoverci. Il segno non sta lì neutrale ed oggettivo: è una scommessa. È palese l'intima consonanza tra segno attuato ed intensità esistenziale (vedere parte II, sezione A, «Il Cristo solo annunciato»). Certo, un dilemma sussiste: basta dire il segno per aver agito, o basta fare il segno per aver detto? Qui la riflessione diventa particolarmente intricata. II segno è azione, ma dovendo rimanere trasparente, per realizzare il passaggio rela zionale, non può assumersi la pesantezza materializzata di una azione frammentata. D'altra parte, ponendo l'immediatezza radicale tra segno e azione, e facendo sì che l'azione sia segno, si perde la preziosissima qualità di passaggio nella dinamica complessiva della relazionalità, e si ricade dal collegamento nella mutua originalità verso una identificazione violenta (tra azione impegnativa e segno espressivo). L'immediatezza del segno-azione aggredisce l'interlocutore e impone una volontà predeterminata, senza margine per una personalizzazione della risposta da dare. Soltanto nella prospettiva della relazionalità, come continuo passaggio, si può evitare di far violenza, inserendo l'insieme della comunicazione in un movimento vivo, dove nessuno rimane fermo su un punto fisso da imporre all'altro. La concretezza dell'impegno immediato -sola risposta valida all'invito evangelico- sarà fortemente sottolineata nella teologia della liberazione (vedere parte V, sezione A, «Teologia della liberazione»). Da parte sua, l'affermazione incondizionata dell'Unico consistentemente esistente sarà ribadita, come nucleo del mistero della realtà, dalla teologia barthiana (vedere parte I, sezione A, «L'affermazione solenne di Dio»). Si allacciano così i due estremi del movimento che va e viene nel

Thanks to the sign the really signified achieves an existential depth; it emerges into solid tangible existence. Because of the incarnational structure of the human spirit, every reality of the spiritual order seeks to achieve its proper form of expression, and then lives off the expression it achieves». 1 R. Barthes, Elementi di Semiologia, Torino 1966, p. 44: «La natura del significante suggerisce, grosso modo, le stesse osservazioni fatte a proposito del significato: è un 'relatum', non si può separare la sua definizione da quella del significato». 2 A. Greimas, Du Sens, Paris i971, p. 53: En effet, s'il est, pour ainsi dire, dans la nature des signes de signifier, il ne suffit pas de dire que l objet table a pour contenu 'table' -on ne ferait ainsi que renvoyer les choses aux mots-; il faut s'interroger sur le statut du signe naturel 'en tant que signe'. On s'aperçoit alors que le trait commun des signes naturels est de 'renvoyer' à autre chose qu'à eux-mêmes, mais que cette relation référentielle -tout en pouvant être définie en termes structuraux et alors même qu'en tant que relation, elle peut être considérée comme un invariant- possède des articulations différentes, 'variables' en fonction des communautés culturelles envisagées . 3 L. Diakhaté, Les fondements culturels du Mouvement social africain, in AA. VV., Cahier 5. Socialisation et Reiligion, Paris 1965, p. 79: «Telle est la conception négro-africaine du langage. Un mot n'est pas une gangue compressant fortement un noyau. Un mot a une vie authentique. Il a toutes les facultés humaines de l'Action. II peut se vêtir et se dépouiller, s'ouvrir et éclater. C'est pourquoi, dans mon pays, on dit que le Verbe est Action; Action vers la convergence dans et à travers la multitude».

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segno: offerta di un invito non trascurabile (teologia della Parola) e risposta impegnativa al messaggio cristico (teologia della liberazione). Il segno o i segni si realizzano come legami nell'esperienza umana. Essi non sono delle cose che stanno lì, ma legami che nascono dentro di noi, sono cioè realtà della nostra coscienza, del nostro spirito e del nostro cuore, anche della nostra psicologia. Sono fatti e creano la realtà per l'essere umano. All'infuori di questa dinamica umana, del suo uso cioè -nel senso pieno il segno appare morto 1. La concretezza del segno si ricapitola nel passaggio vivo, che esso attua nella coscienza umana. Il segno si presenta come realtà una, a due facce. Non sembra pertanto possibile dissociare il segno dalla realtà o dallo spirito umano che lo concepisce. La vita del segno si trova nella persona e nella creatività della comunità, a tal punto che ogni segno nasce dalla partecipazione complessiva, non nel senso globale, ma nel senso che tutta l esperienza umana vi entra e che vi entrano non gli individui isolati ma collegati. Nel segno nasce già l'impegno che la teologia della speranza richiederà, nella sua volontà di concretizzazione verso l'avvenire (vedere parte IV, sezione B, «Teologia della speranza»). La partecipazione umana, nell'espressione dei suoi segni non può dunque essere frutto di radicale capriccio individuale. La negazione del puro arbitrio individuale deve essere precisata in due sensi: dell'individuo staccato dagli altri individui, degli individui (anche agglomerati) staccati dal loro ambiente, dal mondo in cui vivono. Pertanto, i segni si formano con la tendenza a rispondere, ai vari livelli dell'inserimento umano 2. La dinamica di risposta costituisce, in qualche modo, la persona stessa. Il linguaggio dei segni si presenterà allora come rete di risposte. L essere umano diventa responsabile e, più approfondisce i suoi intuiti, più diventa responsoriale. Forse, in questa cacatteristica, ritroviamo la nota tipica della solenne affermazione di Dio in Barth, come anche in von Balthasar, che eminentemente e liricamente prospettano quest'orientamento (vedere parte I, sezione A, «La solenne affermazione di Dio»; volume II, parte I, sezione A, «La teologia della gloria»). Non meraviglia, d'altra parte, che la teologia della liberazione insista maggiormente sulla responsabilità della persona, cioè sulla capacità e sull'obbligo intrinseco di impegnarsi a dare una risposta coinvolgente. La risposta, nella sua concretezza, contiene pertanto l'elemento che spiccatamente distingue le due teologie, e che meglio le fa convergere. Nascendo nella comunità umana, ove le persone che rispondono allacciano relazioni intorno a se e dentro di se, il segno si impone all'individuo, non in funzione di un sistema universalmente stabilito nella materialità e fissità delle cose, bensì in funzione della stessa concordia umana, della convenzione accettata tra le persone, per esprimersi e comunicare 3. Così si precisa la dialettica tra risposta da dare e convenzione nella risposta data. Il momento di decisione partecipativa riceve una importanza notevole, nella prospettiva del segno da esprimere, o dei segni da progettare. Il convenire, anche silenziosamente, sulla validità di un segno, richiama la visione di concordia implicita che ha tanta importanza nell'ecclesiologia eucaristica. La decisione di concordia si inserisce così nella dinamica di responsabilità, e non costituisce un lusso che la Chiesa si offre in situazioni privilegiate (vedere introduzione generale del volume I, II, III: «I pensieri intermedi»). L'unità di consenso diventa condizione affinché i segni funzionino nella comunicazione del linguaggio-Chiesa. La convenzionalità può indicare uno spazio notevole per la libertà umana, lasciando il suo pieno significato alla responsabilità. Non tutto è prestabilito, ma, nella decisione convenuta per esprimere e comunicare, si trova una soglia verso il nuovo. Nel segno da prospettare possiamo quindi, anche a questo livello, avvertire l'eco della passione del possibile (vedere parte IV, sezione B, «Il progetto di speranza»). Vista

1 L. Wittgenstein, Philosophische Untersuchungen, Frankfurt 1971, S. 128: «Jedes Zeichen scheint 'allein' tot. 'Was' gibt ihm Leben? - Im Gebrauch 'lebt' es. Hat es da den lebenden Atem in sich? - Oder ist der 'Gebrauch' sein Atem?». 2 M. Black, The Labyrinth of Language, New York 1969, p. 199: «In order to cope with this difficulty, writers who think that some form of a casual theory of meaning must be right are apt at this point to invoke the notion of 'disposition to respond'. Thus Charles Stevenson says that the meaning of a sign is «a dispositional property of the sign, where the response, varying with attendant varying circumstances, consists of psychological processes in a hearer, and where the stimulus is his hearing the sign» (Ethics of Language, p. 54). Roughly speaking, the sign is supposed to induce a 'tendency to respond' in some definite way, which may or may not be activated, according to the condition of the sign receiver: if somebody says in a warning tone, 'Hot!' when I am about to touch something, I shall have a tendency (or be disposed) to draw back - whether I in fact do so or not. But such a tendency or 'dispositional property' seems less 'tangible' than might have been hoped». 3 J. Vendryes, Le Langage, Paris 1970, pp. 27-28: «De plus, entre le signe et la chose signifiée, entre la forme linguistique et la matière de la représentation, il n'y a jamais un lien de nature, mais seulement un lien de cinconstance. On a cru longtemps que le fait primitif du langage avait consisté à donner des noms aux choses, c'est-à-dire à créer un vocabulaire Ce qui est essentiel, ce n'est pas d'avoir baptisé des objets de tel ou tel mot, mais d'avoir donné aux mots, par une sorte d'accord tacite entre les sujets parlants, une valeur fiduciaire, de les avoir pris pour objets d'échange, comme on a substitué au paiement en nature l'usage du numéraire ou du papier-monnaie».

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la sua convenzionalità, il segno non appare scritto nella materialità delle cose; dal punto di vista della configurazione naturale vi è nel segno un elemento di arbitrarietà formale, per quanto la sua via di espressione si avveri in qualche modo non-razionalizzata o non sistematicamente e individualmente motivate 1. Non vi è una pianta prestabilita dei segni nella natura, e non vi è una pianta prestabilita dei segni nel sistema razionalizzato della mente. Il fatto di essere immotivati nell'espressione del legame, dà più garanzia riguardo all'autentica funzione del segno, perché nella misura in cui l'espressione è più leggera e più trasparente, il passaggio vivo, nella risposta che il segno dà, viene meglio attuato. Più il segno si appesantisce, nel momento di passaggio (con tante motivazioni mentali rendendolo insostituibile in se stesso), più compromette la sua vera funzione relazionale 2. Il fatto di non essere razionalizzato come necessaria espressione, con motivazioni individuali ed ideologiche, protegge il segno stesso dai pericoli di cambiamenti, per le minime svolte dovute ai motivi o alle opinioni ideologiche 3. Le sistematizzazioni razionalizzanti sembrano avere in questa prospettiva una caratteristica di pesantezza, che facilmente può chiudere i segni in se stessi, intralciando l'espressione e la vera comunicazione. L'eco della de-sistematizzazione risuona abbastanza chiaramente a questo stadio della comprensione del segno (vedere parte III, sezione A, «La conciliarità»). Una seria riflessione su questa arbitrarietà sarà anche fondamentale per cogliere ciò che di genuino e di vitale vi sia nell assemblea eucaristica che si esprime e che vive l epi to auto . Così, il ritualismo ad oltranza appare meglio come intralcio relazionale nel legame di mistero che l eucaristia rende possibile, costituendo la Chiesa. Un ultimo elemento da evocare, nella prospettiva della arbitrarietà espressiva del segno, è la garanzia di continuità che esso dà, da una generazione all'altra 4, al di là dei sistemi mentali di pensiero. In questa continuità, proprio le sistematizzazioni appaiono ad essere le più vulnerabili e le meno sicure. Nella dinamica dell'espressione e comunicazione umana, il segno è allo stesso tempo risposta e iniziativa. Con iniziativa si intende che il segno non va concepito come realtà unica, isolata, ma come molti segni. Il fatto di allacciare un legame, mette in moto la creazione di molti collegamenti: un segno porta con se una serie o una rete di altri segni. Un segno non può essere definito se non in collegamento e correlazione con altri segni 5. In breve, il segno ha significato, solo se integrato nella rete di segni 6. L'oggettività del segno si trova nella sua relazionalità. In questa visione, si ricupera la preoccupazione bultmammiana di trovare l'oggettività nell'incontro -cioè nella relazione esistenziale (vedere parte II, sezione A, «Il Cristo solo annunciato»)-, anche se la visione dell'incontro alla Bultmann non permette di sfruttare tutta la ricchezza del legame. Rete di collegamenti ma non razionalizzazione sistematica, la rete dei segni non è, essenzialmente, un sistema chiuso e

1 F. De Saussure, Cours de Linguistique generare, Paris 1968, p. 100: «Le lien unissant le signifiant au signifié est arbitraire, ou encore, puisque nous entendons par signe le total résultant de l'association d'un signifiant à un signifié, nous pouvons dire plus simplement: 'le signe linguistique est arbitraire'». 2 F. De Saussure, Cours de Linguistique generare, Paris 1968, p. 101: «Le mot 'arbitraire' appelle aussi une remarque. II ne doit pas donner une idée que le signifiant dépend du libre choix du sujet parlant (on verra plus bas qu'il n'est pas au pouvoir de l'individu de rien changer à un signe une fois établi dans un groupe linguistique); nous voulons dire qu'il est 'immotivé', c'est-à-dire arbitraire par rapport au signifié, avec lequel il n'a aucune attache naturelle dans la réalité». 3 F. De Saussure, Cours de Linguistique generare, Paris 1968, p. 101: «On peut donc dire que les signes entièrement arbitraires réalisent mieux que les autres l'idéal du procédé sémiologique; c'est pourquoi la langue, le plus complexe et le plus répandu des systèmes d'expression. est aussi le plus caractéristique de tous; en ce sens la linguistique peut devenir le patron général de toute sémiologie, bien que la langue ne soit qu'un système particulier»; p. 106: «Plus haut, il nous faisait admettre la possibilité théorique d'un changement; en approfondissant, nous voyons qu'en fait, l'arbitraire même du signe met la langue à l'abri de toute tentative visant à la modifier. La masse, fût-elle même plus consciente qu'elle ne l'est, ne saurait la discuter. Car pour qu'une chose soit mise en question, il faut qu'elle repose sur une norme raisonnable». 4 F. De Saussure, Cours de Linguistique generare, Paris 1968, p. 105: «À n'importe quelle époque et si haut que nous remontions, la langue apparaît toujours comme une héritage de l'époque précédente. L'acte par lequel, à un moment donné, les noms seraient distribués aux choses, par lequel un contrat serait passe entre les concepts et les images accoustiques -cet acte, nous pouvons le concevoir, mais il n'a jamais été constate. L'idée que les choses auraient pu se passer ainsi nous est suggérée par notre sentiment très vif de l'arbitraire du signe». 5 0. Ducrot, Le Structuralisme en linguistique, in AA. VV., Qu'est ce que le Structuralisme, Paris 1968, p. 48: «Mais si chaque signe ne peut être défini, fond et forme, que par opposition à ceux qui constituent son paradigme, il est indissociable d'eux, et cela dès le début de la recherche linguistique. Les liens qui les unissent ne leur sont donc pas surajoutés». 6 H. Lefebvre, Le Langage et la Société, Paris 1971, p. 45: «Hegel montre comment les 'signes' utilisés par l'architecte (la colonne grecque, la voûte romane, l'ogive gothique, etc.) n'ont pas de signification par eux-mêmes', mais sont utilisés par l'architecte dans des ensembles, les monuments, ayant un 'sens' qui tend vers l'universalité. Les éléments significatifs font partie d'ensembles signifiants et cependant, pris isolément, n'ont pas de sens. Remarquables indications qui jalonnent notre chemin Dans la voie ouverte par Hegel, sans toujours s'en souvenir, en ayant de ce fait la chance de rejeter son côté spéculatif, la pensée actuelle va plus loin. Elle veut surmonter, avec l'opposition classique du suiet et de l'objet, du rationnel et du réel, celles de l'intelligible et du sensible, du nominalisme (les mots, entre autres les substantifs, ne seraient que 'flatus vocis', sonorités sans contenu) et du réalisme (les mots indiquent des essences, des idées, et les ont pour contenus, pour signifiés). Cet effort de dépassement ne peut pas ne pas nous intéresser au premier chef. Dépasser les anciens 'modèles' de l'intelligibilité, n'est ce pas proposer une intelligibilité nouvelle?».

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razionalizzato. Con la rete di segni entriamo nel vivo della realtà del linguaggio stesso definito come sistema nei diversi orientamenti attuali di riflessione sul linguaggio 1. Si entra, a questo livello, nella dinamica propria del linguaggio nel suo insieme, ampliando la problematica della ri-concretizzazione che nasce dalla considerazione del segno stesso. L'ordinamento dei segni e la loro razionalizzazione sistematica non appaiono del tutto identici, in questo contesto di intrecci, che formano il linguaggio. Gli accenni, che alcuni teologi del XXº secolo propongono sul modo di vedere la stessa eredità storica della nostra epoca, sono da prendere in considerazione come eventuale corollario e come proposta di approfondimento sul tema di questa sponda (vedere: «Introduzione: Dati della storia del XX-XXI secolo»). Rete di collegamenti, la serie di segni si concepisce sempre come una rete aperta, cioè come un insieme vivo di relazioni espresse, di cui una sola parte, relativamente piccola, è stata finora esplicitata 2. Il movimento della rete non è circolare, ma in avanti, animata cioè da una tensione interna verso nuove possibilità espressive, e partendo da ciò che è già stato acquisito. Con particolare limpidezza appare la convergenza. nella differenza, tra il segno attuato e la prospettiva d'avvenire della teologia della speranza -cioè il segno in avanti-, con vergenza nell'apertura d'avvenire: distinzione sul ruolo e sul valore dato all'acquisito. Per il senso attuato l'acquisito si tro verà nella genuinità del primo segno; per il segno in avanti, I'acquisito si troverà invece nell'ultimo compimento. La tensione in avanti può naturalmente mettere in que stione dati acquisiti, cioè segni espressi, se non corrispondono più alla prospettiva di collegamento nello sviluppo della rete. Questo prevedeva la teologia radicale per l'uso e la vita del segno, precisamente della parola Dio (vedere parte I, sezione B, «Il riferimento centrale all'umanità»), diventata irrilevante nel senso che in essa non si verificava più nessun legame espresso e nessuna comunicazione attuata. I segni fanno fondamentalmente parte della storia e dell'umanità seguono il travagliato cammino. La riflessione linguistica fornisce qui una costatazione scientifica, se possiamo dire così, o una descrizione cioè accuratamente controllata sulla dinamica più fondamentale dell'espressività umana dei linguaggi. Due dati costanti appaiono con chiarezza: la moltiplicazione dei segni nel tempo e la loro inesorabile coerente articolazione, per servire da piattaforma alla partecipazione mutua dei membri di una comunità culturale. La complessificazione è inevitabile, il riferimento a questa progressiva complessità viva non può non ricordare, e dare conferma linguistica all'intuito teilhardiano sulla complessificazione (vedere parte II, sezione B, «La teologia della pan-cristificazione»). Tutto l'intento dell'ecclesiologia eucaristica era volto a limitare i danni della complessificazione progressiva della Chiesa. Nonostante il giudizio negativo su questa complessificazione, essa ha avuto il merito di attirare l'attenzione sulla necessaria vigilanza nei suoi riguardi, e soprattutto quello di richiamare cristiani all'utilità di situare con accuratezza la complessificazione. La moltiplicazione dei segni -cioè delle modalità di legami nelle assemblee- non deve diventare un processo automatico, meccanico, formalmente costrittivo, che finirebbe col sommergere la genuinità di espressione. Se l'involucro cresce senza riferimento diretto ai legami espressivi, si svuota e deve essere spezzato. Afanas ev riassume positivamente l'intera operazione bultmanniana (vedere parte II, sezione A, «La teologia esistenziale»). D'altra parte, la complessificazione esterna delle articolazioni sarà aspramente messa in questione dalla teologia della liberazione, nel suo tentativo di ritrovare l autenticità dell'impegno (vedere parte V, sezione A, «La teologia della liberazione»). L'oppressione culturale e sociale sembra defluire, per la sponda liberativa, da una complessità esterna esagerata, che gira su se stessa, e facilmente viene sfruttata da alcuni, che hanno saputo individuarne i mecca nismi, orientandoli al proprio vantaggio e profitto. L intento eucaristico, nell uscire da una storia dei fatti verso una storia nei segni ci porta all assemblea eucaristica come sorgente della rete (come il linguaggio per i segni) relazionale nella fede per una carità

1 O.

Ducrot, Le Structuralisme en linguistique, in AA. VV., Qu'est ce que le Structuralisme, Paris 1968, pp. 42-43: «Toute la démarche de Saussure consiste donc à montrer la reconnaissance de l'organisation présupposée dans celle de l'élément, et l organisation la plus complexe présente implicitement à son tour dans l'organisation la plus simple. Le système linguistique, pour Saussure, n'est pas construit par assemblage d'éléments préexistants; il ne s'agit pas de mettre en ordre un inventaire donné dans le désordre, d'ajuster les pièces d'un puzzle. La découverte des éléments et celle du système constituent une tâche unique». 2 A. Greimas, Du Sens, Paris 1970, p. 110: «De même donc que la structure atomique se conçoit aisément comme une combinatoire dont l'univers actuellement manifesté n'est qu'une réalisation partielle, la structure sémantique, imaginée selon un modèle comparable reste ouverte et ne reçoit sa clôture que de l'histoire».

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d Amore senza limiti né recinti restrittivi. La metodologia dell ecclesiologia eucaristica va incontro a questi dati antropologici fondamentali degli ultimi decenni, ma rimane impigliata nelle difficoltà di interpretare il male nel percorso storico e le modifiche del percorso storico che non sono a priori un male .

3. NEL SEGNO COME RELAZIONALITÀ APERTA, CONVERGENZA

RISCOPERTA DELLA STORIA.

La tappa riflessiva che ci prepone l'ecclesiologia eucaristica non appare immediatamente ovvia. Dalla de-universalizzazione alla ri-concretizzazione, l'itinerario del pensiero si rispecchia in una maturazione antropologica (e, contemporaneamente, la suppone), che sarà in grado di porre in dovuto rilievo le prospettive aperte o confermate da questa fase teologica, in seno ai confronti e alle convergenze del nostro secolo. La concretezza si avvera impegnativa e coinvolge l'intera comunità che modella il segno. Il sistema di segni è pertanto secondo e conseguente alla viva relazionalità del segno che aggancia e si aggancia alla realtà e ad altri segni proiettati. Tutto parte e riparte dalla concretezza d'impegno del nucleo vivo, da cui nascono i segni. Una rete di segni cristiani, troppo sistematizzata o troppo organizzata, è forse già una rete in declino, o in procinto di spezzarsi? Non a caso, l'attenzione del teologo russo si era lasciata assorbire dal primo momento della nascita della Chiesa, del primo momento dell'assemblea eucaristica o del momento di grazia del segno dato, nella sua massima originalità e concretezza. Nell antropologia dei linguaggi si prenderà atto che il primo momento del segno può essere talmente impreciso e poco focalizzato, che esso si distingue adirittura difficilmente nella sua originalità. Il primo momento storico non è di per se un primo momento significativo . In fin dei conti, lo sguardo dell ecclesiologia eucaristica non appare nostalgica del passato, ma appassionata di originalità e di concretezza. Appesantire vuol dire velare, intricare e immobilizzare. La concretezza è vita e la vita è dinamica, la dinamica è aperta al di là di se stessa. Nella caratteristica più spinta di Afanas ev sorge l'orizzonte della convergenza con l'impegno d'avvenire della teologia della speranza, che vuole anche smantellare l'acquisito cristallizzato per immergersi nel divenire. L'ecclesiologia eucaristioa ci offre il suo criterio di de-universalizzazione per avviare la sua interpretazione della vita ec clesiale e della sua espressione come assemblee -segni concreti cioè della Presenza, nella concelebrazione di tutti. Il gesto dell'assemblea prospetta e conferma l'espressione ecclesiale, tutto diventa possibile, nella totale concordia dell'assemblea e delle assemblee, per una ulteriore attuazione della Presenza. Appaiono così gli abbozzi di tanti segni, sorti da una rete di concordia, che vivano e si muovono incessantemente. Il segno non è più corteccia che copre un contenuto e lo fissa inesorabilmente, ma continuo tenativo, nel vivo della comunità, di esprimere, o di

riesprimere secondo il ritmo di concordia delle assemblee, progetti ed abbozzi di concretizzazione della Presenza. Il segno esiste, ma rimane sempre da ricreare, e questa ricreazione non è ripetizione, ma autentica invenzione. Il segno cioè non chiude l'avvenire, ma apre consapevolmente al futuro. Il segno rimane una realtà impegnativa al massimo, proprio nella concretizzazione estrema che deve implicare. II capovolgimento si realizza precisamente in questa qualità, riconosciuta al segno vissuto dall'assemblea. La teologia della liberazione svilupperà, con intransigenza cristiana, gli imperativi dell'impegno nell'attuazione concreta del segno come assemblea eucaristica (vedere parte V, sezione A, «La teologia della liberazione»). Nella concordia dell'assemblea -tutti sempre in Uno solo- i segni possono vivacemente espandersi con originale genuinità. Il fatto di individuare a posteriori dei segni non autentici indica che la concordia, dalla quale sono sorti, non era radicata nella totale unità eucaristica di tutti nel Cristo 1. Segno e storia dei segni, segno e complessificazione della rete dei segni,

1 A. Bandera, La Iglesia ante el Proceso de Liberación, Madrid 1975, p. 245: «La celebración de la eucaristía, o está abierta a todos los hombres y se realiza para cooperar a la salvación de todos, o es un abominable sacrilegio. En la eucaristía, efectivamente, se proclama y se renueva sacramentalmente la inmolación que Jesús hizo di sí mismo, derramando su sangre 'por todos los hombres para el perdón de los pecados'. Una eucaristía en la cual no se puede participar activamente si no es a base de proclamar y avivar el odio contra una clase de personas, cualesquiera que éstas sean, no es eucaristía, porque es

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segno e concretezza di partecipazione, questi tre aspetti rimangono problemi aperti e non risolti, a livello di questa prima sponda, che tenta di sviluppare un criterio per l'espressione cristiana nel nostro tempo.

Le difficoltà che l'ecclesiologia eucaristica ha conosciuto, riguardo al concetto abbastanza negativo della storia, saranno superate dal confronto portato a termine dall'altra sponda: la teologia della speranza. La storia sarà considerata come potenzialità pienamente positiva. L'equilibrio sull'idea di storia sarà poi ricercato, con maggiore applicazione, dal pensiero in termedio: la teologia della storia (vedere: «Introduzione: I pensieri intermedi»). Un criterio fondamentale è stato però acquisito dal pensiero eucaristico: l'espressione, che poggia sulla partecipazione, nasce dai legami vivi che sorgono nell'assemblea eucaristica. Il legame vivo è segno primario e basilare. La visuale eucaristica trova, nella riflessione linguistica, una conferma culturale molto apprezzabile. Il legame vivo deve essere concretissimo ed immediato, per potersi esprimere con piena intensità e creatività. Per ritrovare un criterio espressivo, bisogna ritornare ai momenti di immediatezza e di intensità cristiana, cioè alla Chiesa primitiva. Occorre, così, riscoprire i segni più genuini e spontanei. Ciò che viene o che verrà dopo, non presenterà la stessa qualità di relazione viva. Fermandosi alla spontaneità del segno autentico, l'ecclesiologia eucaristica non sembra notare come la stessa spontaneità potrebbe portare il segno-legame a moltiplicarsi, a farsi più complesso e diversificato: in una parola a creare una rete di collegamenti significativi. I limiti di questa scelta appaiono con chiarezza, confrontando le restrizioni implicate nell'eccle siologia eucaristica con i risultati dello studio linguistico, par ticolarmente sul segno-legame-vivo, dove si avvera che la spontaneità stessa del segno chiama all'esistenza altri segni fino alla costituzione di una rete aperta e in continuo movimento. L'aggancio alla convergenza, che si delinea circa l'espressione cristiana, nasce proprio dal capovolgimento del concetto, riguardo alla consistenza del segno e dei segni. Essi diventano legami concretissimi ed aperti, nei quali si attua la partecipa zione, e permettono una espressione cristiana impegnativa ed incisiva. I segni non si chiudono sulla realtà, ma in essi la reakà si apre a nuove prospettive. I segni non sono astratti, ma possibilità di autentica vita e vitalità. Tra ritualismo del segno eucaristico rubricale formale fuori della vita dell assemblea e segno puramente intelletuale, l antropologia dei linguaggi comunicazionali ci aiuta a risituare l eucaristia nell esperienza viva del popolo di Dio.

C è chi non vede nell ecclesiologia eucaristica una sufficiente spinta missionaria 1. Ma basta prendere in considerazione la chiave antropologica del segno per capire quanto esso è costitutivamente impostato alla proclamazione e all offerta iniziale del messaggio 2. Ciò che poteva essere rimproverato alla ecclesiologia eucaristica, cioè di essere troppo elementare , appare invece una riattuazione credibile della iniziale presenza cristiana in un mondo diasporizzato dove diventare evangelizzatori credibili.

imposible que en tal celebración se haga presente la intención de hacer lo que hizo Jesus y lo que, en su nombre y con su poder, viene haciendo la Iglesia durante tantos siglos. Hablando en terminos estrictamente sacramentales habría que decir semejante eucaristía sería 'nula'». 1 P. Avis, Anglicanism and Eucharistic Ecclesiology, in «Centro pro Unione», 2006 n° 70, p. 18: «Finally, I would want to give the whole approach more of a missiological thrust in terms of evangelisation, seeing baptism and Eucharist as, first, instruments of mission, as they set forth God's redemptive action in Christ, and second, as goals of mission, because evangelisation must necessarily be geared towards, and lead to, initiation into Christ, into the Church as the body of Christ. Here I believe that I would be in tune with the teachings of Vatican II and Paul Vi's Evangelii nuntiandi (1975) and I would be giving eucharistic ecciesiology more of a cutting edge.25 But trying to adapt eucharistic ecclesiology in these ways, to help to find a place and a home for it within the Anglican tradition, one that has been shaped by the Reformation in a way that Orthodoxy has not, may perhaps seem to others to be tuming it into something rather different!». ((1) See further P. Avis, A Ministry Shaped by Mission (London; T. & T. Clark, 2005).) 2 Cfr A. Joos, Messaggio cristiano e comunicazione oggi (antropologia della comunicazione ed inserimento cristiano, in 5 parti: linguaggi, segni, metodologia comunicativa, informazione, simbolica), Iº vol., Capire la sfida comunicativa, [125 pp.]; IIº vol., Alle sorgenti del linguaggio, dalla comunicazione alla fede, [255 pp.]; IIIº vol. Avviare la comunicazione: dai segni comuni alla proposta evangelizzativa, [287 pp.]; IVº vol., Comunicazione-comunione, tra processo 'umanizzante' e scommessa 'divinizzante', [288 pp.], Verona (Il Segno); Vº vol, Informazione-informatica e il domani dell'avventura ecclesiale; VIº vol., I simboli, dalla ricapitolazione alla re-'visione' umana e cristiana, [384 pp.], Verona 1988-1992, (articolo di presentazione in «Pedagogia e vita» a cura di A. Mari, 1993 nº 2).