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CAPITOLO VI ANALISI STRUTTURALE DEL TESTO BREVE 6.1. Problemi generali nello studio intralinguistico dei testi La teoria che ho esposto nel capitolo precedente un quadro dei fenomeni intralinguistici molto ampio: benché essi possano essere ricondotti ad una unitarietà di funzioni e processi, appaiono, anche, forme strutturali specifiche dell’espressività del testo, che la mente ricerca inconsapevolmente per adeguare nel modo migliore un progetto ideativo alla disponibilità della lingua. Ogni testo, possiamo supporre, è una soluzione concreta della potenzialità intralinguistica, di cui attualizza sia strutture formali di tipo generale, sia di tipo particolare, le più idonee alla definizione del processo mentale che attrae il poeta. I fenomeni intralinguistici sono perciò, come ho segnalato nei primi capitoli, forme strutturali descrivibili solo approssimativamente negli aspetti generali, derivando da intenzionalità specifiche, sollecitate dalle possibilità della lingua ad offrire soluzioni all’organizzazione formale e semantica del testo. Il riconoscimento di queste strutture richiede, per la loro ampiezza, una sensibilità che si forma nello studio di molti testi, ciascuno dei quali permette di individuare caratteristiche tipiche o particolari. Il problema non è in realtà semplice, per la varietà stessa dei testi poetici: la loro minore o maggior lunghezza può riflettersi nella coerenza delle reti intralinguistiche; la loro diversa organizzazione in rima o in versi liberi può comportare inoltre differenti processi generativi, influenzati dalla cooperazione delle strutture formali. I fenomeni semantici e formali in poesia, infine, suggeriscono la necessità di un loro riscontro in prosa, per accertarne sia la disponibilità sia la diversa coerenza. Tutti questi problemi sono affrontati in questa seconda parte del libro solo parzialmente, per la loro ampiezza e complessità, e ne accenno brevemente. Lo studio intralinguistico, come ho spesso detto, ha in genere maggior facilità d’applicazione nel testo breve, e questo è il motivo per cui ho ritenuto utile darne altri

CAPITOLO VI - anagramsandpoetry.org intralinguistica...  · Web viewLa convergenza del flusso di anagrammi su «inutile» segnala la natura simbolica del sonetto, l’irrimediabile

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CAPITOLO VI ANALISI STRUTTURALE DEL TESTO BREVE

6.1. Problemi generali nello studio intralinguistico dei testi

La teoria che ho esposto nel capitolo precedente dà un quadro dei fenomeni intralinguistici molto ampio: benché essi possano essere ricondotti ad una unitarietà di funzioni e processi, appaiono, anche, forme strutturali specifiche dell’espressività del testo, che la mente ricerca inconsapevolmente per adeguare nel modo migliore un progetto ideativo alla disponibilità della lingua. Ogni testo, possiamo supporre, è una soluzione concreta della potenzialità intralinguistica, di cui attualizza sia strutture formali di tipo generale, sia di tipo particolare, le più idonee alla definizione del processo mentale che attrae il poeta. I fenomeni intralinguistici sono perciò, come ho segnalato nei primi capitoli, forme strutturali descrivibili solo approssimativamente negli aspetti generali, derivando da intenzionalità specifiche, sollecitate dalle possibilità della lingua ad offrire soluzioni all’organizzazione formale e semantica del testo.

Il riconoscimento di queste strutture richiede, per la loro ampiezza, una sensibilità che si forma nello studio di molti testi, ciascuno dei quali permette di individuare caratteristiche tipiche o particolari. Il problema non è in realtà semplice, per la varietà stessa dei testi poetici: la loro minore o maggior lunghezza può riflettersi nella coerenza delle reti intralinguistiche; la loro diversa organizzazione in rima o in versi liberi può comportare inoltre differenti processi generativi, influenzati dalla cooperazione delle strutture formali. I fenomeni semantici e formali in poesia, infine, suggeriscono la necessità di un loro riscontro in prosa, per accertarne sia la disponibilità sia la diversa coerenza. Tutti questi problemi sono affrontati in questa seconda parte del libro solo parzialmente, per la loro ampiezza e complessità, e ne accenno brevemente.

Lo studio intralinguistico, come ho spesso detto, ha in genere maggior facilità d’applicazione nel testo breve, e questo è il motivo per cui ho ritenuto utile darne altri esempi, come in questo capitolo: essi, più di altri, illuminano sulla varietà, ma anche sulla somiglianza, delle forme strutturali generative. Alcuni di questi testi brevi permettono anche di approfondire meglio temi particolari del simbolismo poetico, assimilabili a tensioni oniriche tipiche del sogno, come vedremo nel capitolo successivo. Altri problemi del

testo breve possono essere chiariti nello studio delle strutture semantiche e formali della poesia classica, di cui dò alcuni esempi nel capitolo VIII.

La possibilità di rintracciare procedimenti simili, e di verificarne l’aderenza allo sviluppo tematico di ogni singolo testo, credo possa facilitare la comprensione dei problemi posti dall’analisi del testo poetico lungo, o dallo studio delle strutture logico-matematiche, o dall’analisi del testo in prosa, discussi in appositi capitoli. Ho potuto presentare ognuno di questi argomenti solo con alcuni esempi, che penso possano dare, anche se provvisoriamente, un quadro sufficientemente completo della ricchezza dei fenomeni intralinguistici, e di alcune loro somiglianze strutturali riscontrabili in tipi diversi di testi.

Questa ampia varietà di processi, pur delineando una fondamentale unitarietà, permette l’osservazione di molti tipi di fenomeni, ciascuno dei quali offre un campo privilegiato di studio del testo:

-L’organizzazione della struttura tematica e semantica.

-L’organizzazione della struttura formale. -L’organizzazione delle tensioni allitterative e

timbriche. -L’organizzazione delle funzioni generative. -L’organizzazione delle reti simboliche e

metaforiche.

In genere nessuno di questi punti è esplorabile del tutto isolatamente dagli altri, se non per la necessità di inaugurare dei procedimenti d’analisi volta a volta meglio definibili in un opportuno campo d’indagine. L’analisi di un testo dovrebbe, anzi, ritenersi conclusa quando tutti i punti precedenti siano stati adeguatamente indagati: l’ultimo, in particolare, riassume la funzionalità del testo solo nel confronto delle altre strutture (tematiche, semantiche, generative, allitterativo-timbriche), che ne sono il supporto funzionale. Ma questo tipo di analisi non può essere sempre completata in tutti i livelli, per la ricchezza stessa delle strutture esplorabili. L’utilizzo dei vari criteri di studio (soprattutto la bipartizione) ne permette però talvolta un’analisi più semplice: molte ridondanze cooperano infatti in una poesia, e spesso le più significative sono già sufficienti a darne una comprensione adeguata.

Definire l’organizzazione intralinguistica del testo appare dunque l’oggetto di studio ideale per accedere ai processi disponibili alla mente intralinguistica: ne ho indicato i molti limiti realistici, e le semplificazioni necessarie per affrontarne la complessità. Le possibilità pratiche dell’esplorazione del testo poetico, e l’utilità del metodo intralinguistico riguardano perciò le procedure più duttili per l’analisi, che ora riprendo con gli esempi di questo capitolo.

6.2. Il nucleo generativo iniziale de «Il cigno» di Mallarmé

Consideriamo il sonetto di Mallarmé «Il cigno», la sua poesia forse più celebre, ma ache più misteriosa, caratterizzata nel suo esordio da un soggetto solo allusivo del suo successivo sviluppo tematico, l’avverbio «aujourd’hui»:

1 Le vierge, le vivace et le bel aujourd'hui2 va-t-il nous déchirer avec un coup d'aile ivre3 ce lac dur oublié que hante sous le givre4 le transparent glacier des vols qui n'ont pas fui!

5 Un cygne d'autrefois se souvient que c'est lui6 magnifique mais qui sans espoir se délivre7 patir n'avoir pas chanté la région où vivre8 quand du stérile hiver a re splendi l'ennui

9 tout san col secouera cette bIanche agoniel0 par l'espace infligée à l'oiseau qui le nie11 mais non l'horreur du sol où san plumage est pris.

12 Fantòme qu'à ce lieti san pur éclat assigne,13 il s'immobilise au songe froid de mépris14 que vet parmi l'exil inutile le Cygne.

L’analisi di questo testo (per R≥3) offre molti esempi di una particolare condensazione di processi formali e generativi1. Il più importante di essi è il flusso di linee che ha origine dalla prima lettera, e confluisce nell’ultimo verso su «inutile»: se inoltre si utilizza come grafia «Cigne» al posto di «Cygne» il flusso perviene esattamente a fine testo. Il flusso di linee è perciò formalmente rilevante, unificando inizio e fine del sonetto, ed è anche significativo statisticamente per la sua particolare densità generativa, rarissima. Questa cooperazione tra aspetti formali e statistici del flusso di linee sollecita perciò subito a considerare come principale nucleo generatore l’inizio del testo, il sintagma «Le vierge, le vivace», da cui dipendono 9 dei 23 anagrammi del primo verso. Osserviamone il sistema completo, che comprende due anagrammi di 9 e 8 lettere:

1 Il programma di analisi anagrammatica è limitato attualmente alla ricerca delle sole ricombinazioni delle lettere: del sonetto, perciò, è esplorata solo la componente combinatoria grafemica. I processi mostrati in queste pagine suggeriscono una chiara significatività delle reti grafemiche: rinvio ad uno studio successivo 1'analisi della componente fonetica. Cfr. anche la nota 11 del cap. V.

I due principali anagrammi pervengono su «givre» (brina), segnalando subito l’importanza del tema del ghiaccio che è dominante nel sonetto e nelle stesse confluenze del flusso: vi appartengono gli altri due anagrammi su «hiver» e «glacier», che insieme all’anagramma su «région» rinviano allo spazio invernale, ghiacciato, del lago in cui il cigno è prigioniero. Un altro importante tema del sonetto, la difficoltà-impossibilità a liberarsi dalla prigionia, appare definito dagli anagrammi su «déchirer, aile ivre, délivre», a cui è riferibile anche «vivre». Subito associabile a «vierge» è «sterile», per la comune impossibilità a generare: questa relazione evidenzia, in «delivre» anche il significato di «partorire», indicando il tema di una nascita simbolica negata al cigno imprigionato. Nel sistema non ha apparente significato il rinvio a «souvient», nè i due temi principali, per quanto coerenti, sono semanticamente riconducibili al sintagma iniziale. La natura pluritematica del flusso diviene però chiara quando si esplora la densità intralessicale di «Le vierge, le vivace», in cui operano più parole incluse. È lo stesso sistema anagrammatico, nel suo ordine generativo, che guida alla comprensione di questo sistema intralessicale.

Il primo anagramma, il più grande, che giunge su «le givre le» ha origine da «LE VIERGE LE»: in questo sintagma la risegmentazione «L’EVIER GELÉ« evidenzia gelé=gelato, congruente semanticamente con il seme «ghiaccio» sottinteso in «givre». L’intero significato di évier gelé, «acquaio gelato», può perciò essere subito riferito al tema dominante del sonetto, il lago giacciato, dando ragione degli anagrammi che rinviano alla brina, al ghiaccio, e alla regione invernale. Anche il secondo tema è però attribuibile ad un’inclusione generativa. Il secondo anagramma del flusso, che giunge su «aile ivre» e «delivre», ha origine da LEVIER: il significato di levier, «leva», può quindi essere interpretato come il connotatore intralinguistico che confluisce nel colpo d’ala con cui il cigno cerca di liberarsi. Dal punto di vista intralinguistico la compenetrazione dei due sistemi intralessicali «l’evier gelé» e «levier» è la fonte generativa più evidente del

contrasto tematico tra prigionia e liberazione, che ha il principale rilievo nel sonetto.

Una terza relazione intralessicale, inclusa in «vierge», pur meno evidente, risulta infine altrettanto importante per la comprensione del sonetto. In v-IER-ge infatti la segmentazione «ier» corrisponde, a meno della lettera «h», all’avverbio temporale «hier»: questa influenza intralinguistica giustifica il verbo «souvient» nelle confluenze del flusso, per il comune riferimento al passato; ma, soprattutto, permette di comprendere perché proprio l’avverbio temporale «aujourd’hui» sia il soggetto dell’aggettivo «vierge». La trasformazione di «hier» nel suo opposto avverbiale regge la relazione grammaticale aggettivo-soggetto tra «vierge» e «aujourd’hui» del primo verso: questo nascosto contrasto tra oggi e ieri mantiene pertanto con «souvient» l’importante tema del sonetto, il ricordo, unificandolo al tema oppositivo prigionia-libertà.

Ugualmente, questa relazione grammaticale giustifica anche il processo che dà origine successivamente al cigno come soggetto definitivo del sonetto. Di «souvient» è infatti soggetto, nel piano dell’enunciato, il «cygne d’autrefois»; «d’autrefois» conferma l’avverbio «hier» incluso in «vierge», e questo rinvio avverbiale pone perciò in rapporto «vierge» con «cygne», segnalando la relazione strutturale identificatoria tra il primo soggetto del sonetto, «le vierge aujourd’hui» e il secondo soggetto, il «cygne d’autrefois»: essa è, nel piano grammaticale, mantenuta dall’opposizione «aujourd’hui-d’autrefois», mentre nel piano intralinguistico è mantenuta dalla identità «hier-d’autrefois».

Si tratta, come si può vedere, di un sistema intralessicale di grande densità, che conviene riprendere brevemente per la sua complessità generativa, in grado di chiarire più punti della teoria intralinguistica.

6.3. Cooperazione formale e tematica nel flusso

Il flusso di questo sistema ha infatti molti aspetti, formali e tematici, che permettono di definire l’organizzazione strutturale di quasi l’intero testo:

1. Formalmente il nucleo sostiene il completo sistema delle rime in «ivre»: proprio questo processo, già da solo, segnala la sua importanza. Con meno evidenza il nucleo origina, con la relazione semantica «hier-aujourd’hui», anche la parola che termina il primo verso, inaugurando il sistema formale nel suo primo arresto. Questo particolare aspetto formale e semantico del primo verso suggerisce anche in «aujourd’hui» una possibile tensione generativa semantica, come mostrerò tra poco.

2. Il nucleo è soprattutto semantico, e la particolare condensazione intralessicale spiega il principale

sviluppo del sonetto, il cui esordio «Le vierge, le vivace...» è di difficile comprensione. Tre relazioni semantiche cooperano fondamentalmente in un sistema di opposizioni interne al nucleo. Nel piano grammaticale il sintagma «Le vierge le vivace» ha come semi principali la vita e il movimento, ma nel piano intralinguistico si oppone ad essi il gelo dell’acqua: questo primo sistema semantico oppositivo - la vita bloccata nel ghiaccio - appare perciò la fonte metaforica del cigno prigioniero nel ghiaccio. Un secondo sistema oppositivo, tra LEVIER e L’EVIER GELÉ, connota la tensione al movimento e lo sforzo di liberazione del cigno. Il cigno diviene simbolo del passato e del ricordo per una terza opposizione, tra hier, incluso in «vierge», e il soggetto «aujourd’hui».

3. Quest’ultima opposizione opera in senso grammaticale, indicando la relazione aggettivo-soggetto del primo verso: è anche anaforica, mantenendo, nel sistema lessicale «hier-aujourd’hui-d’autrefois», la relazione «vierge-cygne», che identifica i due soggetti del testo. Questo particolare processo rivela il forte predominio del sistema intralinguistico, in grado di sostituire quello grammaticale nei legami di continuità sintattica.

4. La cooperazione tra le reti semantiche del nucleo è il processo strutturale che regge nel progressivo sviluppo testuale lo spostamento dal piano metaforico iniziale a quello successivo simbolico: il «vergine bell’oggi» prefigura il cigno, ma nell’anticipazione di un sistema semantico riferito al passato, alla vitalità prigioniera, che solo il piano intralinguistico trattiene come condensazione del processo ideativo che poi si svolge nel testo assumendo il suo pieno significato. Il testo ha come confluenza del flusso di linee «inutile»: in questo vertice viene riassunto uno dei significati del nucleo, la compenetrazione di due tensioni semantiche opposte, di cui il sonetto è la descrizione dell’impossibile soluzione.

Questo ampio sviluppo ha molti riscontri nelle reti testuali. Ad esempio la continuità identificatoria tra «vierge» e «d’autrefois» è rilevabile anche nel sistema di anagrammi che dipendono dall’avverbio:

«D’autrefois», come «vierge», conduce a «sterile»; la compenetrazione originaria di «vierge» e «gelè» sostiene il rinvio a «froid»; il legame sintagmatico «cygne d’autrefois» genera il legame semantico con «oiseau». In questo tipo di flusso possiamo osservare la cooperazione tra sistema semantico profondo e intralinguistico, che travalica in modo sistematico

l’organizzazione lessicale: solo per il legame identificatorio con «vierge», il sistema diviene interpretabile; questo preciso riferimento identificatorio è dichiarato nell’esordio del nuovo soggetto «Un cygne d’autrefois se souvient que c’est lui», che rinvia al primo soggetto.

Il legame generativo tra ricordo e gelo è evidenziabile soprattutto nell’aggettivo «oublié», in cui la parola inclusa «lié» ne influenza il sistema di dipendenze anagrammatiche. Del suo flusso mostro qui gli anagrammi principali, mentre altri possono essere osservati in uno schema successivo:

Due anagrammi rinviano a «immobilise» e «delivre» segnalando l’implicazione semantica di «lié», e l’anagramma su «aile ivre» indirizza al colpo d’ala volto a lacerare il legame costrittivo: in «oub-LIÉ» la compenetrazione di ricordo e immobilità è riferita al lago ghiacciato (ce lac dur oub-LIÉ), e ciò permette di rintracciare la trasformazione semantica intralinguistica dell’iniziale «vi-(H)IER GELÉ» del nucleo generativo.

6.4. Il criterio generativo inverso

Il sonetto, come possiamo constatare, è ricco di processi intralinguistici significativi e ne mostro altri utili anch’essi a comprendere le particolari tensioni che possono sovradeterminare in più modi un testo poetico.

Il criterio generativo inverso, ad esempio, porta ad un’importante chiarificazione strutturale: la maggior densità anagrammatica finale, come possiamo vedere nello schema seguente, gravita su «inutile», e proprio il flusso di anagrammi che vi confluisce permette di osservare come la bipartizione operi nell’organizzazione del testo. L’anagramma che perviene su «inut-ILE» conclude un’ampia linea permutativa che ha origine da «aile ivre», transitando per «oub-LIÉ«: essa continua perciò il sistema appena studiato. L’influenza semantica attribuita a LIÉ è rilevabile anche nell’anagramma che da «ex-IL I-inutile» rinvia ancora a «immob-ILI-se».

La linea permutativa generata da «aile ivre» è la più

importante del sonetto, e raccoglie su «inutile» altre connotazioni significative da «sterile» e «ennui», oltre che il riferimento a «ce lieu», il lago dell’inutile esilio. La convergenza del flusso di anagrammi su «inutile» segnala la natura simbolica del sonetto, l’irrimediabile prigionia del cigno: la forza di questa costrizione è, come abbiamo visto, nell’origine stessa del processo generativo, che alla fine del testo raggiunge con «immobilise» il suo culmine.

Preminenti sono contemporaneamente, nel flusso, gli aspetti formali: la grande linea permutativa percorre in più punti il sistema delle rime, di cui coglie i tratti terminali di ben cinque versi. Questa particolare intenzionalità formale è soprattutto messa in evidenza dai tre anagrammi centrali di «inutile», che rinviano a tre delle quattro rime in «ui», «ennui, lui, fui». La predominante tensione rivolta al sistema delle rime che inaugura il sonetto permette di comprendere come il flusso pervenga anche su aujourd’hui: l’anagramma che giunge su «en-NUI/T-out» vi ritaglia la parola sovrainclusa NUIT, rinviando perciò con l’opposizione JOUR-NUIT a «aujourd’hui», alla fine del primo verso. Quest’ultimo processo intralinguistico - una rima semantica - rivela anche l’importante nucleo generativo semantico posto alla fine del primo verso, e che si ritrasforma in «ennui»:

«Vivace» e «jour» si invertono, rispettivamente, in «ennui» e «nuit», contraendosi in «ENNUIT»; la trasformazione oppositiva dà ragione del significato di «a resplendi l’ennui», in cui il verbo regge un oggetto semanticamente congruente non nel piano grammaticale, ma in quello intralinguistico, come

metafora della sterile luce dell’inverno, raffigurata nella notte.

L’aspetto formale più evidente del flusso di «inutile» è pertanto l’influenza sul sistema delle rime in «ui», complementare a quello di «vierge» sulle rime in «ivre»; il flusso contemporaneamente interessa anche altre rime segnalando l’importanza strutturale di questa inversione generativa. L’aspetto formale riguarda anche la «rima semantica» che sostiene intralinguisticamente la rima aujourd’hui-ennui: l’esilio inutile ha come riferimento soprattutto il legame con «ennui», nel contrasto con la vita e la bellezza di «aujourd’hui», e nel nascosto richiamo all’opposizione giorno-notte.

La bipartizione opera dunque, all’inverso, attraverso più livelli formali e semantici: la generatività di un nucleo terminale dell’ultimo verso; l’influenza strutturale-formale sul primo sistema delle rime; il rinvio, con una rima semantica al nucleo terminale del primo verso. Tutti questi processi indicano la tensione strutturale che organizza anticipatamente il testo: nella sua conclusione ha perciò massimo rilievo il Cigno, che «vierge» prefigura intralinguisticamente nell’inizio.

6.5 Il nucleo oppositivo e lo sviluppo oscillatorio semantico

La struttura del sonetto è, come possiamo vedere dal punto di vista di questa teoria, un’organizzazione iperdensa di determinazioni semantiche riferibili al nucleo iniziale, regolate da più opposizioni interne. La loro reciproca dipendenza nel nucleo sostiene lo sviluppo attraverso altre opposizioni che si diffondono nel testo: tra queste è ora rilevabile con evidenza l’influenza della radice ign 2 (fuoco) in «c-ygne», che contrappone calore e gelo come ulteriore legame anaforico tra «vierge» e «cygne». Benché la natura dell’intero processo non sia adeguatamente rappresentabile, essendo soprattutto mentale, ne dò lo schema principale che lo inaugura:

Il sistema di opposizioni sollecita la continua oscillazione semantica avvertibile nel sonetto, che ritraduce la tensione contraddittoria che lo genera. Molti eventi simbolici si addensano perciò nel testo, e sono tutti rinconducibili al nucleo iniziale: nella mente 2 IGN è radice, nella lingua francese, di un ampio sistema lessematico riferito al fuoco: ignè, ignifere, ignifuge, ignition, ecc.

del poeta il sistema lessicale, come ho mostrato, non è infatti riferibile al solo piano grammaticale, ma segue soprattutto il flusso semantico intralinguistico, che organizza una complessa rete di relazioni identificatorie e trasformative.

Di questo intreccio dò alcuni ulteriori esempi. Nel terzo verso «ce lac dur» è il soggetto che vive sotto il ghiaccio: il suo flusso anagrammatico verso l’alto ha come chiara referenza «le bel aujourd’hui», il primo soggetto del sonetto:

Nel duro lago si ritrasforma perciò subito il nucleo

semico del gelo incluso nel nucleo iniziale, che ha come soggetto grammaticale il giorno, cui rinvia il flusso anagrammatico. Se del sintagma «Le bel aujourd’hui» osserviamo ora il completo sistema generativo possiamo vedere anche come sostenga interamente la trasformazione di vita in morte, rinviando al biancore dell’agonia e all’orrore:

Tramite questo processo il primo soggetto

metaforico «le bel aujourd’hui» diviene subito fonte della progressiva amplificazione del nucleo originario nel testo: questo sviluppo confluisce perciò nella drammatica prigionia del cigno, il soggetto grammaticale del sonetto.

La densità del nucleo opera su più sistemi contemporaneamente, e questa particolare compenetrazione si riflette generativamente in molti punti del testo: essa sostiene, all’inizio, sistemi lessicali come «transparent glacier des vols», «sans espoir se delivre», in cui cooperano semi come «movimento, arresto, ghiaccio». La struttura del nucleo è internamente dominata da contrasti semantici, e una duplice inversione semica regge perciò, come abbiamo visto, in «a replendi l’en-NUIT» il riferimento alla vita; soprattutto, l’opposizione tra alto e basso sostiene nascostamente il contrasto tra la luminosità aerea del giorno e la vita sotto il ghiaccio, di cui «delivre» è l’evento liberatorio connotato come impossibile nascita.

6.6. Il simbolismo del sonetto

Non vi è, come ho detto, soluzione alla densità semantica fissata nel nucleo iniziale, le cui tensioni contraddittorie si riverberano oscillatoriamente nelle molte strutture del testo. Ma nel centro del sonetto un complesso evento simbolico, riferito al canto, ne traspone il significato in un piano semantico diverso. Un ampio sistema di anagrammi confluisce da «le transparent glacier» su «pas chanté la region», generando il flusso che giunge su «resplendi», «blanche agonie» e poi su «par l’espace»; questo sistema evidenzia la maggior tensione anagrammatica del testo:

«Transparent, resplendi, espace» sono i referenti

che gravitano su «pas chantè la region»: mentre il piano grammaticale enuncia l’assenza del canto, esso ha il massimo rilievo nel piano semantico di questi richiami testuali, il cui vertice è nella trasparenza del ghiaccio; per questo il canto rinvia alla bianca agonia, che ha nel ghiaccio il suo referente. Come ora possiamo vedere, il nucleo intralinguistico che ha nel gelo la sua più importante fonte generativa sostiene simbolicamente anche il canto. L’arresto di vita nel gelo è anche il suo arresto, e la percezione della trasparenza e dello splendore sostituisce il canto come evento dominante del sonetto: questo confluire del processo semantico in una pura tensione percettiva visiva è, possiamo concludere, la soluzione proposta dal testo. Ma qual è il suo significato?

Il cigno del sonetto è interpretato usualmente come simbolo della crisi creativa e umana di Mallarmé, e il grande sistema oppositivo intralinguistico segnala con evidenza la compenetrazione di vita e morte che origina il sonetto. La singolarità del sistema intralinguistico non è però in questo livello interpretativo, che pure appare palese, ma nella forza generativa che una tensione contraddittoria può produrvi, e che certamente rinvia a una drammatica tensione mentale dell’autore: il testo simbolizza in una sorta di sviluppo statico, ricorsivamente oscillatorio nel piano semantico, questa contraddizione, e lo sforzo di risemantizzazione sostiene la tensione allucinatoria che pervade il sistema grammaticale, e che domina quello intralinguistico. Le reti qui analizzate non aggiungono, forse, alcuna chiarificazione sulla natura poetica del

sonetto, che per la sua ricchezza trascende l’organizzazione generativa qui mostrata: ma indicano, dal punto di vista di questa teoria, la grande complessità e coerenza che sostiene intralinguisticamente l’enunciato grammaticale, e che guida il processo trasformativo a partire dal primo nucleo fino alla conclusione su «inutile» e «Cygne». Per questa ricchezza ne riassumo i principali elementi strutturali:

-Il nucleo generatore all’inizio del primo verso. -Il nucleo generatore alla fine del primo verso. -Il flusso di linee tra inizio e fine. -La bipartizione generativa tra inizio e fine del

testo. -L’identità anaforica dei soggetti grammaticali. -L’organizzazione generativa bipartita del sistema

di rime. -Il sistema generale delle opposizioni semantiche. -L’organizzazione generativa dei temi simbolici.

La coerenza dell’intero gruppo di funzioni intralinguistiche che operano in questo testo può perciò essere proposta come un esempio molto evidente di organizzazione intralinguistica, utile a chiarire la densità dei processi che organizzano inconsciamente, ma intenzionalmente, lo sviluppo testuale.

6.7. Il nucleo generativo de «Il girasole»

Il nucleo iniziale del sonetto di Mallarmé, di cui costituisce la predominante fonte generativa, esemplifica forse nel modo più semplice una delle ipotesi di Saussure, l’influenza di nascoste parole «tematiche» nel testo: la sua ricca sovradeterminazione intralessicale è però, in questo tipo di analisi, l’origine di un processo tipicamente strutturale, che dimostra come lo sviluppo della sua densità semantica sia anticipato dallo stesso dispositivo formale che ne accoglie le reti principali. Questo tipo di processo, che caratterizza in modo così palese il sonetto, si manifesta però anche in altri testi, determinandone molte forme generative possibili, anche se non nella tipicità esemplare qui rintracciata; per la sua importanza ne approfondisco il significato nell’analisi intralinguistica.

In genere l’attenzione alle inclusioni lessicali iniziali, come quella del nucleo appena studiato, non riguarda l’esplorazione di un tratto isolato, ma completa il tipo di criterio già visto nello studio del primo verso, potendo rivelare talvolta in modo semplice una delle fonti che inaugurano un ampio sviluppo simbolico. Per questo motivo conviene tenerne conto, sia per la sua importanza teorica, sia per la sua utilità nella

comprensione dell’intero testo: la condensazione di più parole, appare infatti interpretabile come un nucleo semantico auto-generativo, che la mente del poeta adotta per il suo potenziale intrinseco simbolismo, in grado di sostenere più processi tematici. L’analisi della sua struttura intralessicale permette perciò di accedere in genere, e spesso rapidamente, anche all’organizzazione di una parte rilevante del testo.

Possiamo vederne un esempio simile a quello di Mallarmè, ma più semplice, nella seguente poesia di Montale «Portami il girasole» (studiata anch’essa per R≥3), in cui la densità semantica di un nucleo intralessicale e anagrammatico ne permette subito un’analisi sufficientemente completa, poi estendibile a processi intralinguistici meno evidenti:

1 Portami il girasole ch'io lo trapianti2 nel mio terreno bruciato dal salino,3 e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti4 del cielo l'ansietà del suo volto giallino.

5 Tendono alla chiarità le cose oscure,6 si esauriscono i corpi in un fluire7 di tinte: queste in musiche. Svanire8 è dunque la ventura delle venture.

9 Portami tu la pianta che conduce10 dove sorgono bionde trasparenze11 e vapora la vita quale essenza;12 portami il girasole impazzito di luce.

Nella poesia, ad esempio, il diagramma di distribuzione anagrammatica del primo verso segnala un nucleo proprio in corrispondenza del simbolo scelto dal poeta, «il girasole»:

Questa particolare densità, intuitivamente già rivelatrice dell’impor-tanza assegnata inconsciamente dal poeta al soggetto simbolico del testo, attrae perciò subito allo studio del flusso di anagrammi che ne dipendono, come vedremo negli schemi successivi. Il nucleo si rivela però, subito, anche di tipo intralessicale, come si può accertare rapidamente rilevando la sua influenza nel generare il sintagma di fine-testo, «impazzito di luce»; IRA segmenta infatti in g-IRA-SOLE la coppia di parole IRA-SOLE, che appaiono perciò direttamente interpretabili come la fonte della metafora conclusiva: «impazzito» e «di luce» vi ritraducono rispettivamente «ira» e «sole». Questo semplice processo già segnala, inoltre, una bipartizione generativa, che produce la chiusura testuale tramite una rilessicalizzazione intralinguistica, e che può essere accolta come plausibile per la sua significatività formale e semantica.

L’esplorazione attenta del nucleo rivela in realtà un’ampia cooperazione di tensioni generative intralessicali e anagrammatiche. Osserviamo infatti la proiettività anagrammatica, suddividendola per comodità di studio in due flussi: il principale, prodotta da il «girasole», l’altro da «il» e «ch’io lo», parole vicine a «girasole»:

Dei cinque anagrammi del primo flusso due giungono su «del cielo», evidenziando subito la relazione percettiva che fa da sfondo alla poesia, il volgersi al cielo del girasole: pervenendo vicino a «ansietà», vi segnalano anche l’unica altra parola della poesia, l’ansietà, riferibile all’influenza di IRA inclusa in g-IRA-sole; i due anagrammi indicano perciò, oltre al legame girasole-cielo, anche lo sviluppo intralessicale «g-IRA-sole, ansietà, impazzito», che può ora essere assunto come tema metaforico principale. La coerenza del flusso appare evidente: due altri anagrammi pervengono su «chiarità le cose», mostrando la relazione semantica sole-chiarità. L’ultimo, giungendo su «trasparenze», che ha per aggettivo «bionde», ha come riferimento diretto il sole, cui si volge il fiore: questa direzione il poeta fa propria nello sguardo, invocando la pianta che «conduce dove sorgono bionde trasparenze».

La predominanza del tema percettivo, e l’identificazione fattane dal poeta, sono soprattutto chiare nel secondo flusso: quattro anagrammi confluiscono nel terzo verso, definendo il movimento del fiore, rivolto «tutto il giorno agli azzurri specchianti»; ad esso si riferisce l’anagramma su «conduce», che indirizza la visione del poeta verso il sole. La relazione prossimale girasole ch’io, un legame di origine sintagmatica, appare pertanto interpretabile come la fonte identificatoria tra il fiore e il poeta, che nel verbo «conduce» propone una direzione visuale comune; anche l’anagramma che giunge su «volto», denotando umanamente il fiore, ha origine dal legame identificatorio «io lo».

Il processo generativo, già molto ampio, non è però completo. L’anagramma su musiche, che apparentemente non appartiene a questo sistema semantico, ha a sua volta una giustificazione semplice in un’altra influenza intralessicale, la nota musicale SOL, inclusa in «gira-SOL-e». Questa dipendenza semantica riguarda lo sviluppo tematico centrale della

seconda quartina, concettualmente astratto, l’esaurirsi di corpi in «un fluire di tinte: queste in musiche». Il trasformarsi metaforico del colore in suono appare infatti subito riferibile all’inclusione della nota SOL in SOLE, che può traslitterare il mutare del giorno di «gira-sole» in quello musicale di «gira-SOL»: la densità intralessicale del nucleo traspone dunque l’esaurirsi della luce nel «fluire di tinte», e poi del suono nel «fluire di musiche». Questo processo è ridondante nel testo: il legame luce-musica è presente nella compenetrazione di «NOTE» in «giallino», il colore del girasole (gialli-NO/TE-ndono). L’inclusione originaria SOLE-SOL opera perciò generativamente anche in un altro punto del testo, conservando la sua struttura semantica originaria, e rilessicalizzandosi in una nuova relazione intralinguistica.

L’influenza generativa delle parole incluse nel nucleo è quindi realmente ampia, sostenendo molti tratti dell’enunciato, ed è un esempio semplice di cooperazione del piano intralinguistico con quello sintattico:

Il poeta può estrarre un ampio contenuto tematico dalla struttura semantica intralessicale della parola da lui scelta come soggetto tematico; il nucleo si espande generando intere frasi, e contemporaneamente la componente anagrammatica vincola i sistemi lessicali. Il processo però non è solo generativo, poiché la cooperazione di questi diversi temi produce, nella successione sintattica, anche l’organizzazione simbolica: essa appare di tipo contrastativo, e assume un significato particolare nello sviluppo progressivo del testo. La predestinata fissità del fiore verso il sole genera subito, per l’influenza della parola inclusa IRA, la follia finale con cui il poeta si identifica; ma nella parte centrale il ruotare del sole produce prima il chiarirsi dell’oscurità, e poi l’esaurirsi di colori e suoni: lo svanire della percezione è assunto centralmente come filosofia fatalistica, concettuale, ed è perciò l’opposto tematico della follia cui invita infine il girasole.

Questo particolare tema, nascostamente binario, spiega la tensione generativa del nucleo: essa sostiene il trasformarsi di una meditazione sulla vita in una percezione infine inconsapevole, di cui il girasole è simbolo di mutamento esistenziale e di perdita di senso; per questi motivi il poeta può identificarvisi, assumendolo come soggetto della poesia.

6.8. L’utilizzo del criterio generativo inverso

L’analisi di un nucleo intralinguistico nell’esordio del testo può quindi essere già riassuntivo di una parte preponderante del suo sviluppo, e rivelatore dell’organizzazione simbolica che attrae la mente del poeta. In questa poesia altri processi intralinguistici ne sostengono però, e in modo più ampio, tensioni semantiche e formali utili a comprenderne il significato strutturale rispetto ai criteri di studio di questa teoria. Utilizziamo, ad esempio, anche un secondo importante metodo dell’analisi, la bipartizione generativa, che in genere permette di approfondire come il poeta porti a conclusione lo sviluppo del testo. Il criterio generativo inverso consente di osservare subito come il sintagma finale «impazzito di luce» conservi la struttura simbolica dell’esordio:

«Luce» rinvia a «conduce» e «fluire», i verbi che

hanno origine tematica dal movimento del girasole; ampliando, solo per questa parola, gli anagrammi fino al R=2, si rintraccia anche la linea permutativa che da «lu-CE», transitando per «conduce, le cose oscure, specchianti», porta direttamente al nucleo generativo. Il flusso del sintagma finale ha aspetti formali, interessando in più punti le fine verso. Soprattutto, nel sistema terminale il rinvio da «l-UC-e» a «os-CU-re» e «br-UC-iato» mette bene in evidenza il predominio del tema della luce inaugurato da «gira-sole», ora rilevabile anche nel suo aspetto oppositivo di buio. Questo contrasto sovradetermina anche gli anagrammi dipendenti da «impazzito di»: la luce è evocata da «azzurri» e «tutto il giorno», e il buio ancora da «bruciato».

Il flusso del sintagma finale oscilla ripetutamente su questa opposizione, e conviene osservarne la ridondanza: essa ha come prima confluenza, nel nucleo iniziale, il sole, nel secondo verso l’oscurità di «mio terreno bruciato», poi nel terzo ancora la luce di «tutto il giorno agli azzurri specchianti», infine nel quinto il buio di «le cose oscure». Questa ripetuta inversione appare interpretabile come l’aspetto strutturale, nel simbolismo percettivo inaugurato fin dall’inizio del testo, del ruotare del girasole al muoversi della luce, che dapprima il poeta ha descritto nel fluire di colori:

l’oscillazione semantica luce-buio, confluendo nella conclusione, appare perciò anche il simbolo stesso della follia del fiore «impazzito di luce».

Il nucleo intralinguistico di «girasole» è dunque, in questa poesia, la fonte principale della tensione semantica e tematica, e due criteri d’analisi, del primo verso e inversa, insieme a quello intralessicale, ne individuano un’ampia varietà di processi semantici, già sufficientemente rappresentativi del suo sviluppo. Il testo non è, però, solo utile per chiarire l’effettiva importanza dei nuclei intralessicali: esso offre anche un esempio particolarmente significativo della potenziale complessità del primo verso, che ha altri nuclei oltre a quello fin qui mostrato. La loro cooperazione è il secondo aspetto rilevante della poesia, che ora mostro al lettore perché permette di comprendere quanto ampio possa essere l’apporto strutturale del primo verso in un testo, e quanto sia conveniente, in genere, esplorarne comunque i flussi di anagrammi anche meno appariscenti.

6.9. Lo studio completo del primo verso

Nel primo verso, infatti, operano congiuntamente altri due nuclei, il primo posto nel verbo «portami», il secondo in «trapianti»; essi cooperano tramite l’anagramma «PORTA-mi --- OTRAP-ianti», e sono perciò interpretabili come un unico nucleo suddiviso nell’inizio e nella fine del verso, nelle posizioni spesso indicate, nello studio di altri testi, come le più significative dal punto di vista strutturale-generativo. Questo particolare legame formale è di fatto il più importante della poesia, e ne chiarisce ulteriormente lo sviluppo simbolico. Osserviamo la linea permutativa che da «portami» giunge su «corpi» e «vapora», e il flusso di anagrammi che da «trapianti» si irraggia nel testo:

La linea indica il legame corpi-vapora, già da solo

rivelatore del principale tema della poesia: «corpi» è la parola che nel testo più rappresenta la vita nel suo aspetto concreto, e «vapora» ne esprime per contrasto lo smaterializzarsi definitivo. La linea segnala dunque con questa fondamentale relazione l’annullarsi della vita, e ne ripete il significato nei due sintagmi che dipendono dalle due parole, «si esauriscono i corpi» e «vapora la vita». Questo stesso tema è sostenuto dal

flusso originato da «trapianti»: «svanire» replica «vapora», e due anagrammi confluiscono su «trasparenze», il referente percettivo di «vapora».

Il legame anagrammatico tra «portami» e «trapianti», sovradeterminato dall’opposizione vita-morte, permette di accedere al più nascosto simbolismo che inaugura il testo. La morte, come possiamo constatare, è evanescenza nella luce e, per contrasto, la vita è materialità di corpi: in questo sistema oppositivo, poiché la morte è data dalla luce, la vita viene protetta dal buio. Questa relazione attribuisce, nel piano anaforico intralinguistico, un importante significato al fiore trapiantato nel terreno bruciato.

Il referente anagrammatico di portami è infatti «corpi», mentre quello grammaticale è «girasole»: questa comune dipendenza rende il fiore, con cui il poeta si identifica, il riferimento anaforico della concretezza del corpo. Il gesto che radica il girasole nel terreno scuro consegna perciò, inizialmente, il fiore - e con esso il corpo - al buio e quindi alla vita, in opposizione alla luce e alla morte verso cui poi confluisce lo sviluppo tematico. In questa struttura possiamo perciò rintracciare, nell’astrattezza di un legame anaforico intralinguistico e di una relazione semantica, il più profondo simbolismo del testo: l’invocazione del poeta a radicare il girasole nel terreno è il desiderio di vita nel suo corpo, che la luce del giorno, col suo progressivo mutare e svanire, trasforma gradualmente in metafora di morte.

L’analisi di questo testo appare pertanto riconducibile anch’esso a una struttura generativa di diversi livelli strutturali tra loro cooperanti, ognuno meglio rilevabile con un opportuno criterio d’analisi. I principali sono il nucleo generatore nel centro del primo verso; la bipartizione generativa tra inizio e fine testo; la bipartizione di un secondo nucleo tra inizio e fine del primo verso; la dipendenza anaforica di «girasole»; il sistema delle opposizioni semantiche binarie; l’organizzazione formale del flusso generativo inverso.

Nel testo ha maggior importanza il nucleo centrale, che pone in massima evidenza la densità intralessicale cui Montale poeta affida il principale sviluppo, di tipo bipartito. La suddivisione del secondo nucleo tra inizio e fine del primo verso pone però in grande rilievo la significatività strutturale di queste due posizioni formali nel verso. I tre nuclei offrono, insieme, un esempio completo del criterio generativo attribuibile all’intero flusso del primo verso, e del tipo di attenzione necessaria ai suoi aspetti qualitativi.

La poesia esemplifica dunque, ma in modo diverso dal sonetto di Mallarmé, la complessità generativa prodotta dalla cooperazione di pochi nuclei intralinguistici, di elevata densità intralessicale e coerenza anagrammatica. Il loro intreccio porta alla

simbolizzazione di un unico tema, dal prevalente aspetto identificatorio: nell’invocazione iniziale il desiderio di vita fa del girasole l’emblema, per il poeta, del radicarsi di una nuova forza vitale; questo desiderio, nel moto del girasole, inaugura il progressivo trasmutare del mondo e il suo svanire; in questo destino il poeta si riconosce, fisso anch’egli alla luce; la dipendenza da quella luce nell’esaurirsi del giorno diviene il simbolo dell’esaurirsi esistenziale, della follia e della morte.

6.10. La struttura generativa di «Non chiederci» di Montale

Il confronto tra le due analisi precedenti chiarisce, pertanto, come aspetti strutturali dei processi generativi, riconducibili a fenomeni di tipo generale, diventino però forme peculiari dell’organizzazione di un certo testo. Modificazioni minime possono indurre sostanziali diversità nella cooperazione tra sviluppo semantico e tematico, e nell’attenzione ai diversi tipi di coordinazione strutturale e formale si situa la possibilità di evidenziare la priorità di un criterio generativo rispetto ad un altro.

L’organizzazione anagrammatica può infatti riguardare simbolismi formali anche meno evidenti di quelli di queste due analisi, e dipendere da nuclei intralessicali assai meno riconoscibili; essi, ciononostante, possono essere altrettanto importanti. Di questo tipo di problemi dò un ulteriore esempio in questa celebre poesia di Montale:

1 Non chiederei la parola che squadri da ogni lato 2 l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco 3 lo dichiari e risplenda come un croco 4 perduto in mezzo a un polveroso prato.

5 Ah l'uomo che se ne va sicuro, 6 agli altri ed a se stesso amico, 7 e l'ombra sua non cura che la canicola 8 stampa sopra uno scalcinato muro!

9 Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,10 sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.11 Codesto solo oggi possiamo dirti,12 ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

La più interessante struttura della poesia, studiata per R≥3, riguarda l’astratta metafora iniziale, «Non chiederci la parola che squadri da ogni lato..», con cui il poeta dichiara la sua incertezza di uomo, e la sua stessa poetica. La particolare importanza della struttura è nella sua origine da un nucleo intralessicale molto ridotto, che solo il flusso anagrammatico della rete permette di rintracciare come nodo generativo. Un altro suo significato, utile alla comprensione delle funzioni semantiche e tematiche dell’anagramma, riguarda il tipo di legami che la mantengono nel testo: essi operano anche su sintagmi ampi dell’enunciato,

connettendoli semanticamente in indirizzi «laterali»; questo particolare vincolo, apparentemente meno preciso, amplia la cooperazione della rete nel testo, determinandone le caratteristiche formali principali. Della struttura ricostruisco per il lettore i flussi principali in tre schemi, a partire da «squadri»:

Quattro sono gli anagrammi che dipendono da «squadri», e due giungono su «domandarci» e «dirti», verbi tematicamente correlati al «Non chiederci». Gli altri due anagrammi giungono su «qualche», indicando nel vicino sintagma «storta sillaba» la contrapposizione all’iniziale «parola che squadri»: questo legame semantico «laterale» è una delle caratteristiche della struttura. Esplorando gli altri anagrammi che gravitano su «qualche storta» possiamo ricostruire, in questo secondo schema, altre parti del flusso:

Da «qualche» dipende l’anagramma di «formula», la risposta che il poeta rifiuta. Da «storta sillaba», un anagramma giunge su «stampa», associabile a «parola» e «sillaba»; due altri anagrammi pervengono su «nostro», indirizzando al sintagma «animo nostro informe» ed evidenziandone il legame semantico con «qualche storta sillaba»: il rinvio da «storta» a «nostro» è anch’esso laterale rispetto a «informe». Un anagramma, infine, giunge su «prato», che per il suo legame con «parola» chiarisce, come mostrerò tra poco, l’origine intralessicale della struttura.

Esplorando nel terzo schema gli anagrammi che dipendono da «informe», «formula», «stampa», possiamo osservare l’ultimo ampliamento significativo del flusso, ma anche la sua chiusura.

Da «la formula che» tre anagrammi giungono su «scalcinato muro»: l’opposizione esattezza-imprecisione sostiene questa relazione che rinvia implicitamente all’esattezza di «squadri»; la stessa opposizione sostiene esplicitamente il legame «informe-formula», che chiude internamente la struttura. Da «formula che», soprattutto, dipende l’anagramma che giunge direttamente su «la parola che squadri», riconducendo all’origine del flusso; questa chiusura è sostenuta anche dall’anagramma di «non domandarci». Un’ultimo rinvio riguarda l’anagramma più prossimo a «stampa»: anch’esso indirizza a «prato», e da questo l’anagramma più concatenato riconduce a «parola».

In quest’ultimo schema possiamo vedere ora l’intero flusso, e il suo significato strutturale:

I vari legami portano a cooperazione i sintagmi dell’enunciato interessati alle parole del testo che più sono associabili, direttamente, o metaforicamente, con «squadri», e cioè «storta, informe, formula, stampa, scalcinato». Questa rete, pertanto, può essere ritenuta il nucleo lessicale che attrae generativamente il poeta per l’ampio sviluppo affidabile nell’intero testo. Osserviamo la complessa cooperazione, nello sviluppo del testo, dei diversi piani semantici:

-«Parola che squadri» e «qualche storta sillaba» costituiscono il sistema metaforico oppositivo originario, che sostiene l’associazione con «stampa», e che riguarda la «poetica» di Montale sulla sua scrittura.

-«Storta sillaba» e «nostro informe» indicano l’identificazione di questa scrittura con la soggettività del poeta.

-Il legame «informe-formula» evidenzia il registro dell’astrazione che traspone «squadri» nell’esattezza definitoria rifiutata dal poeta.

-Il legame «scalcinato-formula» ne esprime il massimo contrasto metaforico nel paesaggio che oppone «squadri» a «scalcinato».

-La parola «stampa» traslittera il suo significato nei semi luce-calore di «canicola»: questo stessi semi compaiono in «lettere di fuoco», contrapposte nel paesaggio alla «storta sillaba secca come un ramo».

Il paesaggio, dunque, appare la proiezione che il poeta ha della concezione della propria scrittura, simbolizzata nel ramo secco, in contrasto con lo splendore del croco.

6.11. La generatività inversa dell’ultimo verso

Questa struttura può essere accolta come un esempio evidente di ricorsività di pochi semi, che si modificano metaforicamente nello sviluppo del testo. La sua particolare natura tematica, in particolare, può essere riferita all’influenza assai plausibile del verbo «ARO» incluso in «p-ARO-la».

Nella rete, infatti, come si è visto, «PRA-to» rinvia a «PAR-ola», ma con un’associazione non semanticamente evidente; «ARO» di «p-ARO-la» però si anagramma in «sicu-RO A-gli altri», nell’aggettivo che connota nella sicurezza «l’uomo che va». La reciproca implicazione di «prato» e «sicuro» da «parola», in cui è incluso «aro», suggerisce pertanto di interpretare l’incedere dell’uomo, con cui il poeta si confronta, come l’atto di chi ara il prato polveroso. Questo moto regolare, ordinato e geometrico, tipico dell’aratura, può dunque essere ritenuto la fonte visuale che produce l’iniziale metafora, che subito implica «p-ARO-la» nell’astratta perfezione geometrica di «parola che squadri da ogni lato».

Il processo generativo, dal punto di visto intralinguistico, appare perciò facilmente riconducibile alla compenetrazione di «ARO» e «parola», da cui il poeta estrae il nucleo fondamentale, l’opposizione tra esattezza e imprecisione, proiettata in un paesaggio di «lettere di fuoco»: esso diviene, per questa ragione, la metafora della propria scrittura informe, storta e secca, contrapposta nella visione a quella di chi vive nella sicurezza e nell’amicizia.

Di questo processo metaforico e simbolico possiamo vedere la conclusione nella confluenza dell’ultimo verso, che presenta un chiaro esempio di generatività inversa, pervenendovi il più ampio sistema anagrammatico del testo. Ne indico quello di rango

R≥4, che mette particolarmente in evidenza il principale contenuto tematico:

Il flusso retrogrado indirizza per due volte da «ciò che» al «non chiederci» iniziale. Il testo esordisce, perciò, avendo come chiaro oggetto del verbo l’ultimo verso, che ne costituisce il completamento sintattico e tematico «non chiederci...ciò che non siamo, ciò che non vogliamo». Soprattutto, la confluenza di «siamo» e «vogliamo» ha come riferimento unitario nei versi e «l’uomo...sicuro agli altri...amico», con cui il poeta non vuole identificarsi: il rinvio da «siamo» ad «amico» è il più denso, e segnala la forza del rifiuto all’amicizia verso sè e gli altri, che «vogliamo» ribadisce nel confronto con l’altrui sicurezza. Nel sistema metaforico del paesaggio, «siamo» rinvia alla contrapposizione tra «come un croco» e «come un ramo», emblemi l’uno dello splendore indesiderato, l’altro dell’animo informe del poeta.

La poesia, nella sua sostanziale semplicità, presenta molte funzioni strutturali tipiche del testo poetico: un nucleo generativo intralinguistico e intralessicale; una bipartizione generativa; uno sviluppo centrale tematico; un’organizzazione metaforica in più piani semantici; un sistema di opposizioni binarie.

Il suo particolare interesse, dal punto di vista di questa teoria, è l’ampiezza della tensione generativa attribuibile all’influenza semantica dell’inclusione di «ARO» in «parola». Essa produce la cooperazione tra due diversi sistemi ideativi, da cui il poeta sviluppa la grande struttura iniziale: la complessità della rete chiarisce come l’organizzazione del testo possa avere origine da un evento intralinguistico minimo, ma come il poeta possa ampliarlo in forme diverse, che possono apparire indipendenti. La struttura mostrata si accresce nell’origine da questa unica fonte, e perciò si chiude ripetutamente su se stessa: essa è contemporaneamente la soluzione del nucleo originario, ma anche l’organizzazione che consente la conclusione, che si radica tematicamente nel centro del testo.