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Review Cardiopatia ipertensiva e insufficienza cardiaca con normale frazione di eiezione ventricolare sinistra. Ruolo dell’ecocardiografia convenzionale e di quella avanzata nella valutazione della disfunzione ventricolare sinistra Giancarlo Gambelli a, * , Michele Paradiso b , Elisabetta Amici c , Antonio Terranova d , Paolo G. Pino d , Pio Caso e a Cardiologo, Roma b UOC Riabilitazione Neuromotoria ‘‘Lepanto’’, Ospedale San Giovanni Battista, ACISMOM, Roma c UOC Cardiologia Riabilitativa, Policlinico Luigi Di Liegro, Roma d Cardiodiagnostica Non Invasiva, UOC Cardiologia I, Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini, Roma e UOC Cardiologia, Ospedale Monaldi, AORN Ospedali dei Colli, Napoli Ricevuto il 29 novembre 2011; accettato il 17 febbraio 2012; disponibile online il 14 aprile 2012 Riassunto Introduzione: La cardiopatia ipertensiva si manifesta con adattamenti strutturali e funzionali del miocardio che conducono, specie nelle donne di eta ` >65 anni, verso l’insufficienza cardiaca prevalentemente di tipo diastolico. Obiettivi: La frazione di eiezione ventricolare sinistra (FE), considerata lo specchio effettivo della funzione sistolica, rappresenta invece un indicatore meno strettamente correlato a tale complesso rimodellamento, responsabile della molteplicita ` degli aspetti clinici. Soprattutto, non appare corretto affidare al solo valore del 50% di FE il significato discriminante tra funzione conservata e non conservata. Considerazioni critiche di tipo anatomico e funzionale sulla struttura dei ventricoli, sul loro modo di contrarsi e rilasciarsi, supportano la necessita ` di riconsiderare l’eccessiva valorizzazione di tale parametro. Conclusioni: La moderna ecocardiografia, con il Doppler tessutale e con lo speckle tracking, puo ` fornire i mezzi per oggettivare e quantificare questa revisione. # 2012 Societa ` Italiana di Ecografia Cardiovascolare. Pubblicato da Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati. Parole chiave: Ipertrofia miocardica; Morfologia cardiaca; Insufficienza cardiaca con normale frazione di eiezione; Doppler tessutale; Ecocardiografia speckle tracking. Abstract: Hypertensive heart disease and heart failure with normal left ventricular ejection fraction. Role of conventional and advanced echocardiography in the assessment of left ventricular dysfunction Introduction: Hypertensive heart disease is manifested by structural and functional adaptations of the myocardium that lead to heart failure, mainly diastolic, especially in women older than 65 years. Objectives: The ejection fraction of the left ventricle, which is considered an image of systolic function, represents instead an indicator less closely related to the complex ventricular remodeling, responsible for the variety of clinical aspects of hypertensive heart disease. Above all, it seems to be incorrect that the boundary between function ‘‘preserved’’ or ‘‘not preserved’’ is reflected only in the value of the ejection fraction of 50%. Anatomical and functional considerations of the structure of the ventricles and of the way in which they contract and release, suggest a need to reconsider the excessive value that is currently ascribed to this parameter. Conclusions: Modern echocardiography with tissue Doppler and speckle tracking, may provide the means to objectively evaluate and quantify this new point of view. # 2012 Societa ` Italiana di Ecografia Cardiovascolare. Published by Elsevier Srl. All rights reserved. Key words: Myocardial hypertrophy; Heart morphology; Heart failure normal ejection fraction; Tissue Doppler imaging; Speckle tracking echocardiography. www.elsevier.com/locate/jcecho Disponibile online all’indirizzo www.sciencedirect.com Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 * Corrispondenza. E-mail: [email protected] (G. Gambelli). 2211-4122/$ see front matter # 2012 Societa ` Italiana di Ecografia Cardiovascolare. Pubblicato da Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati. doi:10.1016/j.jcecho.2012.02.001

Cardiopatia ipertensiva e insufficienza cardiaca con normale frazione di eiezione ventricolare sinistra. Ruolo dell’ecocardiografia convenzionale e di quella avanzata nella valutazione

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Page 1: Cardiopatia ipertensiva e insufficienza cardiaca con normale frazione di eiezione ventricolare sinistra. Ruolo dell’ecocardiografia convenzionale e di quella avanzata nella valutazione

Review

Cardiopatia ipertensiva e insufficienza cardiaca con normale frazione

di eiezione ventricolare sinistra. Ruolo dell’ecocardiografia convenzionale

e di quella avanzata nella valutazione della disfunzione

ventricolare sinistra

Giancarlo Gambelli a,*, Michele Paradiso b, Elisabetta Amici c, Antonio Terranova d,Paolo G. Pino d, Pio Caso e

a Cardiologo, Romab UOC Riabilitazione Neuromotoria ‘‘Lepanto’’, Ospedale San Giovanni Battista, ACISMOM, Roma

c UOC Cardiologia Riabilitativa, Policlinico Luigi Di Liegro, Romad Cardiodiagnostica Non Invasiva, UOC Cardiologia I, Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini, Roma

e UOC Cardiologia, Ospedale Monaldi, AORN Ospedali dei Colli, Napoli

Ricevuto il 29 novembre 2011; accettato il 17 febbraio 2012; disponibile online il 14 aprile 2012

Riassunto

Introduzione: La cardiopatia ipertensiva si manifesta con adattamenti strutturali e funzionali del miocardio che conducono, specie nelle donne

di eta >65 anni, verso l’insufficienza cardiaca prevalentemente di tipo diastolico.

Obiettivi: La frazione di eiezione ventricolare sinistra (FE), considerata lo specchio effettivo della funzione sistolica, rappresenta invece un

indicatore meno strettamente correlato a tale complesso rimodellamento, responsabile della molteplicita degli aspetti clinici. Soprattutto, non

appare corretto affidare al solo valore del 50% di FE il significato discriminante tra funzione conservata e non conservata. Considerazioni critiche di

tipo anatomico e funzionale sulla struttura dei ventricoli, sul loro modo di contrarsi e rilasciarsi, supportano la necessita di riconsiderare l’eccessiva

valorizzazione di tale parametro.

Conclusioni: La moderna ecocardiografia, con il Doppler tessutale e con lo speckle tracking, puo fornire i mezzi per oggettivare e quantificare

questa revisione.

# 2012 Societa Italiana di Ecografia Cardiovascolare. Pubblicato da Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.

Parole chiave: Ipertrofia miocardica; Morfologia cardiaca; Insufficienza cardiaca con normale frazione di eiezione; Doppler tessutale; Ecocardiografia speckle

tracking.

Abstract: Hypertensive heart disease and heart failure with normal left ventricular ejection fraction. Role of conventional and advancedechocardiography in the assessment of left ventricular dysfunction

Introduction: Hypertensive heart disease is manifested by structural and functional adaptations of the myocardium that lead to heart failure,

mainly diastolic, especially in women older than 65 years.

Objectives: The ejection fraction of the left ventricle, which is considered an image of systolic function, represents instead an indicator less closely

related to the complex ventricular remodeling, responsible for the variety of clinical aspects of hypertensive heart disease. Above all, it seems to be

incorrect that the boundary between function ‘‘preserved’’ or ‘‘not preserved’’ is reflected only in the value of the ejection fraction of 50%.

Anatomical and functional considerations of the structure of the ventricles and of the way in which they contract and release, suggest a need to

reconsider the excessive value that is currently ascribed to this parameter.

Conclusions: Modern echocardiography with tissue Doppler and speckle tracking, may provide the means to objectively evaluate and quantify this

new point of view.

# 2012 Societa Italiana di Ecografia Cardiovascolare. Published by Elsevier Srl. All rights reserved.

Key words: Myocardial hypertrophy; Heart morphology; Heart failure normal ejection fraction; Tissue Doppler imaging; Speckle tracking echocardiography.

www.elsevier.com/locate/jcecho

Disponibile online all’indirizzo www.sciencedirect.com

Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90

* Corrispondenza.

E-mail: [email protected] (G. Gambelli).

2211-4122/$ – see front matter # 2012 Societa Italiana di Ecografia Cardiovascolare. Pubblicato da Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.

doi:10.1016/j.jcecho.2012.02.001

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1. Introduzione

Parlando di cardiopatia ipertensiva si e inteso, e ancora si

intende, l’associazione fra un dato funzionale (ipertensione

arteriosa sistemica) e un parametro organico (ipertrofia dei

miociti del ventricolo sinistro), che rappresenta il danno

d’organo abbinato affinche tutto l’insieme venga considerato

un’entita patologica.

In realta, tutto cio oggi appare riduttivo, dal momento che le

ricerche dell’ultimo decennio hanno aperto nuovi, ampi

orizzonti all’entita patologica in questione e nuovi collega-

menti clinici.

L’ipertrofia dei miociti, non solo ventricolari ma anche

atriali, rappresenta soltanto un aspetto della cardiopatia

ipertensiva, cui invariabilmente si associano iperplasia dei

fibroblasti stromali e loro trasformazione in miofibroblasti,

aumento e ispessimento del collagene interstiziale e periva-

scolare nel miocardio atriale e ventricolare, riduzione della

densita capillare intramiocardica, ispessimento parietale

arteriolare del sistema coronarico, sclerosi degli apparati

valvolari mitralico e aortico, aumentata rigidita del sistema

vascolare arterioso in generale, aortico-toracico e addominale

in particolare.

Si tratta, quindi, di un substrato strutturale ben piu

complesso e variegato, che rende ragione della molteplicita

degli aspetti clinici, sia di esordio sia di sviluppo nel tempo,

della cardiopatia ipertensiva: aritmie, insufficienza cardiaca

acuta, dissecazione aortica, infarto miocardico, ma anche lenta

e progressiva evoluzione di valvulopatie o di insufficienza

cardiaca.

Proprio a quest’ultimo proposito, nuove informazioni di

ordine anatomico sulla morfologia cardiaca e nuovi contributi

dell’ecocardiografia speckle tracking suggeriscono possibili

interpretazioni innovative della genesi ed evoluzione

dell’insufficienza cardiaca nel contesto della cardiopatia

ipertensiva.

2. Epidemiologia della cardiopatia ipertensiva

L’incremento cronico dei valori pressori e alla base della

cardiopatia ipertensiva che si manifesta con un progressivo

rimodellamento funzionale e strutturale cardiovascolare.

Questa condizione puo condurre, attraverso un continuum,

allo scompenso cardiaco, decorrendo per lungo tempo con una

sintomatologia clinica modesta o del tutto assente1.

L’ipertensione arteriosa rappresenta la causa piu frequente,

assieme alla cardiopatia ischemica, di insufficienza cardiaca

nella popolazione generale2. Nello studio di Framingham, in

oltre due decenni di osservazioni, l’ipertensione arteriosa e

risultata predittiva di insufficienza cardiaca nel 12% della

popolazione3. La disfunzione diastolica puo presentarsi preco-

cemente rispetto all’alterazione della funzione sistolica e, negli

ultimi anni, la sua prevalenza e in continuo aumento, con

un’incidenza maggiore nelle donne e nei pazienti di eta superiore

a 75 anni4. Tale incremento potrebbe essere posto in relazione

con l’aumento di prevalenza di ipertensione arteriosa, diabete

mellito e fibrillazione atriale, conseguente al progressivo

aumento dell’eta media, associato a una relativa stabilita di

prevalenza della cardiopatia ischemica5.

Lo studio di Framingham, nel sottogruppo sottoposto a

esame ecocardiografico di routine, ha dimostrato che anche i

pazienti con disfunzione diastolica asintomatica hanno un

elevato rischio di scompenso cardiaco e di morte6. Sebbene si

ritenga comunemente che l’insufficienza ventricolare sistolica

si accompagni a una peggiore prognosi, recenti studi hanno

dimostrato che l’incidenza delle riospedalizzazioni7 e i costi

dell’assistenza ai pazienti con insufficienza cardiaca diastolica8

tendono a eguagliare quelli dei pazienti con insufficienza

cardiaca e ridotta frazione di eiezione (FE).

La morbilita e la mortalita dei pazienti con insufficienza

cardiaca e ridotta FE e gradualmente migliorata negli ultimi due

decenni, mentre la prognosi dei pazienti con insufficienza

cardiaca e funzione sistolica conservata non ha subito

significativi cambiamenti nel medesimo periodo di tempo5.

Sorprendentemente, la mortalita dei pazienti con insufficienza

cardiaca e conservata funzione sistolica ricoverati in ambiente

ospedaliero e simile a quella dei pazienti con disfunzione

sistolica, anche se studi su coorti di pazienti non ospedalizzati

indicano che in questa popolazione la sindrome e caratterizzata

da una minore mortalita9.

3. Aspetti morfologici

Gli aspetti istologici del rimodellamento cardiaco nel corso

di ipertensione arteriosa sono rappresentati dall’ipertrofia dei

miociti e dalla fibrosi miocardica a seguito della risposta

adattativa al sovraccarico di pressione, con conseguente

disfunzione diastolica e sistolica. Tuttavia, negli studi di

intervento farmacologico, i pazienti con insufficienza sistolica

possono manifestare miglioramenti non rilevabili in quelli con

insufficienza cardiaca diastolica, a dimostrazione dei differenti

meccanismi fisiopatologici che sostengono queste alterazioni

miocardiche5–10.

Argomenti strutturali, funzionali e di biologia molecolare

avvalorano la teoria che l’insufficienza cardiaca si manifesti ed

evolva con due differenti fenotipi: uno con riduzione della

frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) e l’altro con

normale LVEF e specifici meccanismi responsabili della

disfunzione diastolica del ventricolo sinistro11.

Nei pazienti con disfunzione sistolica prevalgono l’ipertrofia

eccentrica e la progressiva dilatazione del ventricolo sinistro, in

contrasto con l’ipertrofia e il rimodellamento concentrico dei

pazienti con insufficienza diastolica12. Differenze sono rilevabili

anche a livello ultrastrutturale. I pazienti con insufficienza

diastolica hanno cardiomiociti con un diametro maggiore del

50% e una maggiore densita di miofilamenti e collagene rispetto

ai pazienti con insufficienza sistolica11. Nell’insufficienza

diastolica sono evidenziabili anche differenze funzionali nei

cardiomiociti isolati. In vitro si osserva una maggiore tensione a

riposo, che contribuisce in vivo a una significativa rigidita

miocardica13. Anche la proteina costituente del citoscheletro, la

titina, e espressa in un’isoforma (la N2B) caratterizzata da una

compliance minore nell’insufficienza diastolica rispetto alla

sistolica11. Inoltre, nei pazienti ipertesi con insufficienza

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diastolica, si osserva una diminuita degradazione della matrice, a

causa di una down-regulation delle metalloproteinasi (MMP) e di

una up-regulation degli inibitori tessutali delle MMP14.

Nello Strong Heart Study15, i pazienti affetti da diabete

mellito hanno mostrato alterazioni della funzione sistolica e un

alterato pattern di rilasciamento ventricolare, indipendente-

mente dall’eta, dalla pressione arteriosa e dalla massa

ventricolare16. Il diabete mellito aggrava la disfunzione

diastolica nei pazienti ipertesi e il fenomeno sembra essere

piu pronunciato nell’uomo rispetto alla donna17. In questi

pazienti, il quadro istologico e caratterizzato da una maggiore

deposizione di tessuto connettivo interstiziale rispetto ai

pazienti affetti solo da diabete o da ipertensione arteriosa18.

4. Medicina di genere

Grande attenzione viene rivolta dall’attuale letteratura

cardiologica all’esistenza di importanti differenze associate

all’essere uomo o donna nell’andamento e nel risultato finale di

un processo di rimodellamento cardiaco per varie condizioni

patologiche, dal semplice invecchiamento in assenza di

cardiopatia al sovraccarico di pressione o volume, all’apoptosi,

al danno ischemico19. Tutte queste segnalazioni sono unidi-

rezionali, nel senso cioe che le donne, rispetto agli uomini,

sviluppano modelli morfologici reattivi meglio finalizzati al

mantenimento di una funzione cardiaca piu efficiente. Si

prenderanno in considerazione, qui di seguito, solo quegli

aspetti che appaiono strettamente connessi con la cardiopatia

ipertensiva.

4.1. Invecchiamento senza cardiopatia associata

E stato calcolato in studi autoptici20 che, mentre nella donna,

con il trascorrere degli anni, il peso del cuore e il peso e volume

dei miociti si mantengono pressoche invariati, nell’uomo si

osserva una progressiva perdita di peso del cuore, calcolato

nell’entita di 1 g/anno di eta, cui corrisponde la perdita di 64

milioni di miociti/anno. In compenso il volume dei miociti

maschili cresce di 158 mm3/anno nel ventricolo sinistro e di

167 mm3/anno nel ventricolo destro, il che non si verifica nelle

donne. Si ipotizza un adattamento reattivo alla perdita di miociti

per apoptosi, che nei maschi si manifesta con frequenza 3-4 volte

maggiore, siano essi uomini21 o mammiferi superiori22.

4.2. Sovraccarico di pressione

Nella risposta adattativa a un sovraccarico di pressione,

analogo in termini di gradiente transvalvolare aortico e di area

valvolare aortica, le donne, rispetto agli uomini, sviluppano

un grado maggiore di ipertrofia e di adattamenti geometrici

(spessori parietali, volumi) favorevoli del ventricolo sinistro23–27.

Analoghe differenze di rimodellamento fra maschi e femmine

sono state riscontrate in altri modelli sperimentali di sovraccarico

di pressione, come il bendaggio aortico, su animali28, o in

popolazioni di ratti spontaneamente ipertesi29. Inoltre, le

femmine mantenevano una buona riserva contrattile, a differenza

dei maschi, nei cui miociti e stata riscontrata una maggiore

componente di catene pesanti di miosina e una piu bassa

espressione di adenosin-trifosfato (ATP) nel reticolo sarcopla-

smatico. Un dato particolarmente interessante a conferma

proviene dalla gonadectomia dei ratti30, che induce una riduzione

della funzione cardiaca e un incremento dell’isoforma V3 della

miosina lenta nelle catene di miosina b.

Altra recentissima conferma a questo diverso rimodellamento

cardiaco femminile per ipertensione cronica viene dalla

cardiologia molecolare transgenica. Barrick et al.31 hanno

lavorato su topi RenTgMK che mostrano una severa cardiopatia

ipertensiva mediata dall’angiotensina II. Privando i geni di questi

topi della proteina 3 capace di modificare l’attivita recettoriale

(RAMP3) per interagire con l’adrenomedullina, vasodilatatore

cardioprotettivo regolato dagli estrogeni, hanno ottenuto topi

RenTgMK:RAMP3–/–. Entro i 6 mesi di osservazione, i topi non

modificati andavano incontro a cardiopatia ipertrofica con buona

funzione sistolica; i topi maschi modificati geneticamente

andavano incontro a dilatazione cardiaca con ridotta funzione

sistolica, insufficienza cardiaca, apoptosi miocardica e attiva-

zione Akt. Tutte queste manifestazioni erano invece assenti nel

gruppo femminile dei topi modificati.

4.3. Sovraccarico di volume

Rohde et al.32 al hanno dimostrato che, nelle condizioni di

sovraccarico di volume per insufficienza aortica, il cuore della

donna si rimodella con volumi inferiori e massa miocardica

maggiore rispetto a quanto avviene negli uomini per

comparabile gravita di rigurgito aortico. Sul piano sperimentale

analoghi risultati sono stati ottenuti da Gardner et al.33

dimostrando nei cuori femminili di ratti una maggiore ipertrofia

concentrica con funzione ventricolare meglio conservata.

Rispetto al cuore maschile, sembrerebbe che l’adattamento

del cuore femminile al sovraccarico di volume consista

essenzialmente nel minor grado di dilatazione ventricolare.

Da questi dati emerge, quindi, il concetto che tra le femmine

i rimodellamenti ventricolari ai sovraccarichi di pressione o

volume sviluppano piu frequentemente le condizioni strutturali

e funzionali favorenti il quadro di insufficienza cardiaca con FE

conservata, per il maggiore incremento dell’ipertrofia ven-

tricolare accompagnata da disfunzione diastolica.

5. Evoluzione della cardiopatia ipertensiva

nell’insufficienza cardiaca

La comparsa e lo sviluppo di insufficienza cardiaca

abitualmente si possono manifestare dopo un evento acuto

(per esempio, dopo un infarto miocardico acuto) oppure dopo

che si e instaurato gradualmente un sovraccarico di volume o di

pressione.

In ogni caso e necessario che si stabilisca per un certo

periodo di tempo, non necessariamente molto lungo, una

disfunzione del ventricolo sinistro, cui il sistema cardiova-

scolare e l’intero organismo rispondano con una serie di

modificazioni funzionali e morfologiche idonee, o quantomeno

tendenti, a ristabilire quell’equilibrio turbato. Alla lunga, pero,

esse innescano una serie di ulteriori adattamenti, che

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caratterizzano la progressione della malattia e favoriscono la

comparsa di sintomi, per lo piu riconducibili a una riduzione

delle portata cardiaca per diminuzione della LVEF34. Il quadro

clinico dell’insufficienza cardiaca, quindi, si sviluppa per gradi

proprio sulla base di una perversa evoluzione dei meccanismi di

adattamento reclutati nella prima fase, sia a livello di

rimodellamento geometrico strutturale ed emodinamico del

ventricolo sinistro, sia a livello di rimodellamento neuro-

ormonale di tipo tanto autocrino (effetto da cellula su cellula)

quanto paracrino (effetto da cellula su spazi intercellulari).

Negli ultimi anni, pero, e proprio nel campo delle

cardiopatie ipertrofiche primitive e soprattutto secondarie, e

andato aumentando il numero di segnalazioni di insufficienza

cardiaca in cui non si riscontra una riduzione della LVEF;

segnalazioni che, come si e visto, ormai raggiungono il 50% di

tutte le insufficienze cardiache5–7.

Si e cosı cominciato a distinguere, dalla forma abituale di

insufficienza cardiaca con ridotta frazione di eiezione (Heart

Failure with Reduced Ejection Fraction, HFREF), un’altra

forma di insufficienza cardiaca con frazione di eiezione

conservata (Heart Failure with Normal Ejection Fraction,

HFNEF). Il confine fra queste due forme e stato arbitrariamente

stabilito in una FE del 50%.

Nonostante alcune delle prime descrizioni cliniche di

insufficienza cardiaca a funzione sistolica conservata risalgano

alle osservazioni di Topol et al.35 e di Dougherty et al.36,

l’insufficienza cardiaca diastolica come entita nosologica

distinta e stata messa in discussione da alcuni autori. In

particolare Caruana et al.37 sottolineano come la presenza di

una sintomatologia riferibile a insufficienza cardiaca, nei

pazienti con disfunzione diastolica isolata, debba essere

attentamente differenziata da patologie concomitanti, quali

obesita, pneumopatie croniche o cardiopatia ischemica che,

particolarmente nei soggetti anziani, possono essere alla base di

manifestazioni cliniche in grado di ‘‘mimare’’ un’insufficienza

cardiaca diastolica.

Inoltre, il postulato che la funzione sistolica possa essere

‘‘normale’’ sulla base della FE e stato smentito dall’impiego di

nuove, sofisticate tecniche di ecocardiografia. In particolare Yip

et al.38 hanno dimostrato l’esistenza di un continuum tra

funzione ventricolare sistolica normale e alterata in pazienti

con insufficienza cardiaca diastolica e ipertrofia ventricolare

sinistra, rilevando un iniziale deficit della funzione sistolica

mediante Doppler tessutale dell’anulus mitralico in apicale 4

camere per lo studio dello strain longitudinale. Altri autori39

hanno dimostrato in pazienti diabetici una disfunzione

subclinica delle contrattilita.

Senza addentrarsi nella discussione clinica stringente e

ancora non risolta, si vuole ricordare che l’insufficienza

cardiaca con FE conservata e stata assimilata all’insufficienza

cardiaca diastolica e che nella diagnosi strumentale l’ecocar-

diografia svolge un ruolo fondamentale.

6. Disfunzione diastolica del ventricolo sinistro

La disfunzione diastolica del ventricolo sinistro e un evento

patologico ben conosciuto, ma la metodologia del suo studio e

sempre complessa, poliparametrica, soprattutto quando si vuole

raggiungere una quantificazione riproducibile del disturbo. Cio

influisce, poi, sulle casistiche degli studi che mirano a obiettivi

epidemiologici in cui ci si deve confrontare su grandi numeri.

Come nel caso, appunto, della ‘‘insufficienza cardiaca con FE

conservata’’, che alcuni cardiologi preferirebbero denominare

‘‘insufficienza cardiaca diastolica’’ per evitare la possibile

inclusione erronea di insufficienze mitraliche emodinamica-

mente rilevanti40,41.

In ogni caso va ben sottolineato che la disfunzione

diastolica42 e solo una parte, per quanto determinante,

dell’insufficienza cardiaca diastolica, che si completa con

sue caratteristiche cliniche, evolutive e strutturali. La disfun-

zione diastolica e definita da un preciso comportamento

emodinamico caratterizzato dalla rallentata caduta della

pressione protodiastolica intraventricolare sinistra e da un

alterato riempimento ventricolare olodiastolico. Tale compor-

tamento, pero, non e esclusivo dell’insufficienza cardiaca

diastolica ma si ritrova anche in altre patologie, quali le

cardiomiopatie ipertrofiche primitive e secondarie, non in fase

di insufficienza cardiaca, o almeno non ancora.

I fattori che regolano il funzionamento del muscolo cardiaco

in questa fase del ciclo cardiaco sono fondamentalmente tre.

Il primo fattore e il rilasciamento miocardico protodia-

stolico, detto anche attivo perche avviene con consumo

energetico per scambi metabolici intra/extracellulari43, che e

condizionato dalle variabili di carico emodinamico e di

frequenza cardiaca, battito per battito. In esso si distingue

una prima fase isovolumetrica, durante la quale si verifica il

crollo della pressione intraventricolare sinistra fin sotto i valori

di partenza, ma senza apertura della mitrale44,45. Questa

avviene solo quando la pressione atriale sinistra supera quella

ventricolare; in quel preciso istante inizia la seconda fase

protodiastolica di riempimento ventricolare rapido. Il parame-

tro di funzione diastolica ventricolare, derivante dalla

misurazione del rilasciamento isovolumetrico non condizio-

nato da carichi emodinamici e frequenza cardiaca, e ottenibile

dalla costante di tempo ‘‘t’’ di una curva esponenziale idonea a

riprodurre la caduta pressoria intraventricolare connessa al

rilasciamento miocardico protodiastolico e si ricava solo da un

esame emodinamico.

Gia negli anni Ottanta Brutsaert et al.46,47 misero a punto

l’interpretazione fisiopatologica della disfunzione protodiasto-

lica, durante la quale si manifestano le alterazioni del

rilasciamento ventricolare che gli autori le condensarono nella

‘‘teoria del triplo controllo del rilasciamento’’46. Questo

sarebbe infatti regolato principalmente da tre fattori:

a) la risposta miocardica a carichi di lavoro emodinamico

aggiuntivi al postcarico fisiologico di base, i quali possono

comparire sia durante la fase sistolica (carichi in contrazione)

sia durante la fase protodiastolica (carichi in rilasciamento).

Se precoci in contrazione, tali carichi aumentano la forza e la

durata della contrazione miocardica, e prolungano la fase

contrattile rallentando il rilasciamento protodiastolico. Se

tardivi in contrazione o precoci in rilasciamento, essi

anticipano e accelerano la fase di rilasciamento miocardico

protodiastolico. Un ruolo importante per tale modulazione

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G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–9078

della risposta contrattile e di rilasciamento in risposta alla

temporizzazione dei carichi emodinamici e riconducibile alla

composizione in isoforme miosiniche dei cardiomiociti

ipertrofici, che contengono maggiori concentrazioni

dell’isoforma V3, responsabile di contrazioni piu potenti,

ma anche piu lente a rilasciarsi48;

b) l’inattivazione dei legami sistolici tra actina e miosina in

seguito a ritardata o scoordinata sequestrazione degli ioni

calcio nel reticolo sarcoplasmatico dei miociti alla fine della

sistole43;

c) la non uniformita spaziale e temporale dei fenomeni di

rilasciamento nella massa miocardica ventricolare sinistra,

legati sia al carico emodinamico distrettuale, sia ai

movimenti ionici intracitoplasmatici, sia alla rigidita

distrettuale del tessuto interstiziale46.

Il secondo fattore determinante la funzione diastolica

ventricolare sinistra e dato dalla rigidita di camera ventricolare;

il terzo dalla rigidita miocardica. Entrambi costituiscono le

determinanti passive del fenomeno diastolico49,50 e interven-

gono per tutta la sua durata. La loro valutazione e complessa e

richiede l’impiego di parametri invasivi: la costruzione di curve

pressione/volume ventricolari sinistre per la rigidita di camera;

la relazione stress-strain parietale ventricolare per la rigidita

miocardica. A quest’ultimo scopo e dedita anche una recente

tecnologia che misura direttamente la resistenza

all’allungamento del singolo miocita prelevato con biopsia

miocardia11.

E ovvio che tale complessita di valutazioni strumentali

ostacoli sul piano operativo ricerche con casistiche numerose e

la stessa routine clinica. Si e cercato quindi di ottenere dati, sia

pure meno precisi ma di semplice rilevamento con metodiche

non-invasive, l’ecocardiografia in primis.

7. Ruolo dell’ecocardiografia convenzionale nel

paziente iperteso

L’esame ecocardiografico nel paziente iperteso e finalizzato

a studiare la morfologia, la geometria e la funzione sistolica e

diastolica delle camere cardiache, in particolare del ventricolo

sinistro.

Come definito da un documento della Societa Italiana di

Ecografia Cardiovascolare pubblicato nel 200551, si devono

considerare alcuni parametri indispensabili e altri utili in

situazioni particolari.

7.1. Massa ventricolare sinistra

E un parametro indispensabile. Le linee guida della

European Society of Hypertension e della European Society

of Cardiology del 200752 ribadiscono l’importanza del danno

d’organo in fase subclinica. Per il cuore questo danno e

rappresentato da un incremento della massa ventricolare

sinistra rilevata con l’ecocardiografia attraverso il calcolo

dell’indice di Massa Ventricolare Sinistra (LVMi), i cui valori

normali sono � 115 g/m2 nell’uomo e � 95 g/m2 nella donna.

L’esame ecocardiografico permette di misurare con buona

accuratezza la massa ventricolare sinistra mediante la formula

di Devereux et al.53 partendo da alcune misure monodimen-

sionali: spessore diastolico del setto interventricolare, della

parete posteriore del ventricolo sinistro e diametro diastolico

del ventricolo sinistro. Le misure monodimensionali sono

ottenute sulla guida dell’immagine bidimensionale a livello

dell’asse minore del ventricolo sinistro, corrispondente al

margine libero dei lembi mitralici in diastole. Si utilizza la

sezione longitudinale standard. Quando non sia possibile

ottenere un allineamento adeguato, in alternativa puo essere

utilizzata la misura lineare ottenuta direttamente sull’immagine

bidimensionale in trasversale. Se disponibile puo essere

impiegato l’anatomical M-mode54. Se la cardiopatia ipertensiva

e complicata da cardiopatia ischemica o da vizi valvolari severi,

e preferibile che la stima della massa ventricolare sinistra sia

effettuata usando le formule bidimensionali.

Quando misurare: la misurazione in telediastole va

considerata sul piede dell’onda R o, preferibilmente, sul frame

successivo alla chiusura mitralica o su quello in cui le

dimensioni ventricolari sono piu grandi. La sistole va

considerata in corrispondenza del massimo spostamento

all’indietro del setto. In caso di anomalia cinetica franca del

setto (per esempio, per presenza di blocco completo della

branca sinistra) si considera il massimo movimento in avanti

della parete posteriore.

Dove misurare: la misurazione monodimensionale e

effettuata seguendo il metodo ‘‘leading edge to leading edge’’

secondo la Penn convention. Recentemente, in rapporto al

miglioramento della definizione delle strutture cardiache, con

la possibilita di stimare piu precisamente gli spessori parietali, e

stato proposto di misurare diametri e spessori parietali definiti

dalla reale interfaccia tessuto-sangue54. Va segnalato, pero, che

l’introduzione dell’imaging in seconda armonica, se da una

parte migliora l’identificazione dei bordi endocardici, dall’altra

tende a sovrastimare sistematicamente gli spessori parietali e a

sottostimare i diametri interni del ventricolo sinistro55. E percio

importante, confrontando esami successivi dello stesso

paziente, valutare se siano stati eseguiti con imaging in

fondamentale o in seconda armonica. I dati della letteratura

considerano misurazioni eseguite utilizzando l’imaging in

fondamentale, dal momento che mancano ancora i valori di

normalita basati sull’uso della seconda armonica.

E importante che ogni laboratorio valuti la propria variabilita

interosservatore e intraosservatore; per essere attendibili, le

variazioni di stima della massa devono essere inferiori al 20%

su esami eseguiti e valutati dallo stesso operatore.

E riportata di seguito la formula per il calcolo della massa

secondo quanto proposto da Devereux:

Massa VSin ¼ 0; 8 ½1; 04ðVSinTd þ SIVTd þ PVPTdÞ3

� ðVSinTdÞ3� þ 0; 6 g

dove VsinTd = diametro ventricolare sinistro in telediastole;

SIVTd = setto interventricolare in telediastole; PVPTd = parete

ventricolare posteriore in telediastole; 1, 04 = fattore di corre-

zione per la densita miocardica.

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G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 79

Per il calcolo della massa basata sulle misurazioni

bidimensionali, si utilizzano la formula area-lunghezza e il

modello dell’ellissoide tronco, secondo quanto descritto e

proposto nel 1989 dall’American Society of Echocardiography

nel documento sulla quantificazione del ventricolo sinistro56.

Il valore assoluto della massa ventricolare sinistra, espresso

in grammi, va corretto o per l’altezza elevata a 2,7 (in caso di

soggetto in sovrappeso-obeso) o per la superficie corporea negli

altri casi57.

7.2. Geometria ventricolare

E un parametro indispensabile. Si ottiene rapportando la

massa indicizzata allo spessore parietale relativo (RWT)

ottenuto con la formula:

RWT ¼ WTd=LVRd

ðspessore medio parietale ventricolare in telediastole=raggio

del ventricolo sinistro in telediastoleÞ : valore normale : 0; 42

� 0; 45

In base alla normalita o meno dello spessore parietale

relativo e alla presenza o meno di aumento della massa

indicizzata (> 95 g/m2 per le donne; > 115 g/m2 per gli

uomini) si riconoscono quattro diversi tipi di geometria

ventricolare58:

� normale (massa ventricolare sinistra normale e RWT

normale);

� rimodellamento concentrico (massa ventricolare sinistra

normale e RWT aumentato);

� ipertrofia ventricolare sinistra eccentrica (massa aumentata e

RWT ridotto);

� ipertrofia ventricolare sinistra concentrica (massa aumentata

e RWT aumentato).

La diversificazione dei tipi di geometria ventricolare nei

soggetti ipertesi consente una migliore discriminazione

prognostica: l’ipertrofia concentrica e il modello geometrico

con il peggiore impatto prognostico.

7.3. Funzione sistolica

Lo studio della funzione sistolica ventricolare sinistra e

relativamente semplice e rapido. Si basa essenzialmente su

valutazioni morfologiche e relative misurazioni delle sezioni

ventricolari (aree e segmenti), derivanti dallo spostamento del

confine endocardio/sangue alla fine della sistole, rispetto alla

sua posizione iniziale, valutata nella telediastole (onda R

dell’elettrocardiogramma) del ciclo cardiaco precedente, sia in

M-mode (fractional shortening, D%) sia in 2D mono o

biplanare (FE).

Negli anni Novanta si era constatato che lo studio della

funzione sistolica ventricolare sinistra, soprattutto nelle pareti

ispessite, era meglio rappresentato dal comportamento della

zona centroparietale; tuttavia, la laboriosita del calcolo ha

riservato il metodo a studi di elite.

Piu recentemente si e cercato di derivare un ulteriore

parametro indiretto di valutazione dal comportamento delle

velocita Doppler del flusso protodiastolico transmitralico e

dalla contemporanea velocita di spostamento dell’anello

mitralico, per risalire in modo approssimativo alla pressione

intraventricolare sinistra telediastolica, indirettamente regolata

dalla validita della funzione sistolica. La correlazione esiste,

ma essenzialmente per i valori estremi del rapporto.

7.4. Fractional shortening e frazione di eiezione

Sono parametri indispensabili. Per valutare la funzione

sistolica si utilizzano il calcolo del fractional shortening con

metodica monodimensionale, ovvero la percentuale di accor-

ciamento del diametro ventricolare sinistro telediastolico alla

fine della sistole subito successiva (D%), e il calcolo della FE

con metodica bidimensionale utilizzando la formula di

Simpson:

½Vol ¼ ðA1 þ A2 þ A3 þ . . . þ AnÞ � H�

dove A1 + A2 + A3 +. . .+ An sono le superfici dei piani di

scansione sovrapposti all’interno della cavita ventricolare sini-

stra e H e la distanza tra il piano valvolare mitralico e l’apice del

ventricolo.

ovvero sottraendo il volume ventricolare telesistolico da

quello precedente telediastolico, indicizzando per quest’ultimo

e moltiplicando per 100:

FE ¼ ðEDV � ESVÞ=EDV � 100�

dove EDV ed ESV sono, rispettivamente, il volume teledia-

stolico e il volume telesistolico.

Ovviamente la formula biplanare, ossia con calcolo eseguito

sulle due sezioni longitudinali ortogonali (apicale 4 camere e

apicale 2 camere), fornisce dati piu precisi, ma e comunque

ritenuta accettabile anche la valutazione solo in 4 camere.

7.5. Accorciamento centroparietale

E un parametro non indispensabile ma utile. Negli ultimi

anni e stato proposto, per la valutazione della funzione

ventricolare, un metodo che si basa sulle modificazioni che

avvengono, in sistole, nella regione centrale della parete

miocardica. Shimizu et al.59 dimostrarono per primi che il

miocardio parietale poteva essere suddiviso in due strati, uno

subendocardico e uno subepicardico: la regione centrale

rifletteva la dinamica di parete, mentre lo strato subendocardico

quella di cavita. E apparso chiaro che un piu accurato indice di

funzione ventricolare era legato al calcolo della cinetica della

regione centroparietale. L’accorciamento centroparietale (Mid-

wall Fractional Shortening, MFS) allo stato attuale non viene

misurato routinariamente.

MFS ¼ ðVSTd þ 1/2HTdÞ

� ðVSTs þ 1/2HTsÞ=ðVSTd þ 1/2HTdÞ � 100

dove VSTd e VSTs stanno rispettivamente per diametro ven-

tricolare sinistro telediastolico e telesistolico; HTd corrisponde

alla somma dello spessore del setto e della parete posteriore in

telediastole.

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G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–9080

7.6. Rapporto E/E’

Lo studio del rapporto E/E’ (E = velocita protodiastolica del

flusso transmitralico; E’ = velocita protodiastolica dell’anulus

mitralico a livello della porzione basale del setto interven-

tricolare) fornisce un parametro che consente di stimare

indirettamente il livello della pressione telediastolica ventri-

colare sinistra. Un valore di questo rapporto fino a 8 sarebbe

indice di una valida attivita contrattile miocardica; superiore a

15 sarebbe indice di una condizione di progressiva insufficienza

cardiaca. I valori intermedi, per altro di piu frequente riscontro

in una popolazione con sospetta insufficienza cardiaca,

richiederebbero il conforto di ulteriori parametri funzionali.

7.7. Funzione diastolica

Lo studio della funzione diastolica e complesso e utilizza

molteplici parametri60,61. Il Doppler pulsato del flusso

transmitralico, studiato in afflusso, viene valutato in condizioni

basali e durante manovra di Valsalva. I parametri piu

frequentemente usati sono:

� la velocita di picco E;

� la velocita di picco A;

� il rapporto E/A;

� il tempo di decelerazione di E.

Inoltre, si valuta il tempo di rilasciamento isovolumetrico

(IVRT) su una curva spettrale (preferibilmente con Doppler

pulsato) del flusso in posizione intermedia tra il tratto di afflusso e

quello di deflusso del ventricolo sinistro (IVRT = tempo tra la

fine del flusso aortico e l’inizio del flusso mitralico). Il Doppler

pulsato mitralico viene inoltre correlato con il Doppler pulsato

della vena polmonare superiore destra e con il Doppler pulsato

tessutale dell’anello mitralico, media delle stime eseguite a

livello settale e laterale. Quest’ultimo studio permette l’analisi

della funzione longitudinale sisto-diastolica del ventricolo

sinistro che, entro certi limiti, e relativamente indipendente

dalle condizioni di carico ventricolare. Anche la propagazione

diastolica del flusso in ventricolo, studiata con Monocolor, viene

utilizzata per una definizione della funzione diastolica. Tutti i

metodi sono finalizzati a diagnosticare un’eventuale disfunzione

diastolica di grado I (alterato rilasciamento), di grado II

(pseudonormalizzazione) o di grado III-IV (restrittivo reversibile

o irreversibile, rispettivamente).

Utilizzando questi parametri si ottengono ‘‘modelli’’ eco-

cardiografici indicativi di vari gradi di disfunzione diastolica.

Primo grado: alterato rilasciamento del ventricolo sinistro.

Rappresenta il primo grado di disfunzione diastolica ed e

caratterizzato da una riduzione della velocita del flusso

transmitralico (ridotta velocita della componente protodiasto-

lica, onda E) e da un prolungamento della fase di riempimento

precoce (aumento del tempo di decelerazione, DT). E

caratterizzato da:

� velocita onda E < onda A;

� rapporto E/A < 1;

� DT > 240 ms;

� IVRT > 70 m;

Secondo grado: aspetto pseudonormale. Rappresenta una

disfunzione diastolica piu avanzata rispetto all’alterato

rilasciamento. Viene chiamato pseudonormale in quanto il

rapporto E/A e > 1. Questo comportamento e legato

all’aumentata pressione atriale sinistra, che in protodiastole

facilita e velocizza il flusso transmitralico. E caratterizzato da:

� velocita onda E > onda A;

� rapporto E/A 1-1,5 (rapporto E/A < 1 dopo Valsalva);

� DT 160-200 ms;

� IVRT > 70 ms;

� rapporto E’/A’ al Doppler tessutale pulsato (TDI) del setto

interventricolare < 1;

� differenza tra la durata dell’onda A mitralica e dell’onda A in

vena polmonare > 80 ms.

Terzo e quarto grado: aspetto restrittivo.Rappresenta una

disfunzione diastolica severa. L’elevata pressione atriale

sinistra determina un’apertura mitralica rapida e a elevata

velocita (ridotto tempo di rilasciamento isovolumetrico ed

elevata velocita dell’onda E mitralica), mentre l’elevata

pressione ventricolare sinistra determina un rapido livellamento

dei valori pressori con rapida riduzione del flusso tra atrio e

ventricolo (riduzione del tempo di decelerazione dell’onda E).

E caratterizzato da:

� velocita onda E molto elevata e molto superiore all’onda A;

� rapporto E/A > 1,5;

� DT < 120 ms;

� IVRT < 70 ms;

� rapporto E’/A’ al TDI del setto sottoanulare mitralico > 1 ma

con velocita diastoliche molto basse.

La differenziazione tra pattern reversibile e irreversibile si

basa sulle modificazioni indotte dalla terapia.

Molto importante nel soggetto iperteso risulta pertanto

essere la valutazione ecocardiografica della dimensione

dell’atrio sinistro, non solo campionando il suo diametro

antero-posteriore (parasternale asse lungo sinistro), ma anche la

sua area in proiezione 4 camere apicale e i diametri

longitudinale (piano mitralico-parete atriale superiore) e

trasverso (setto interatriale e parete laterale dell’atrio sinistro).

7.8. Indice di performance miocardica globale (IPM)

Proposto da Tei et al.62, non e un parametro indispensabile,

ma possiede il pregio di esprimere un valore globale di funzione

cardiaca, sia sistolica sia diastolica. Si calcola rapportando la

durata dell’attivita cardiaca isovolumetrica, diastolica e

sistolica, alla durata della fase espulsiva:

IPM ¼ IVRT þ IVCT=TEVS

dove IVRT e IVCT sono, rispettivamente, i tempi di rilascia-

mento e contrazione isovolumetrici e TEVS e la durata della

fase espulsiva ventricolare sinistravalore normale 0,39 � 0,05

La disfunzione sistolica, responsabile di un allungamento di

IVCT e di una riduzione della fase espulsiva, conduce a valori

progressivamente piu alti dell’indice. Analogamente avviene

per la disfunzione diastolica, a causa dell’allungamento di

IVRT. Se usato per il ventricolo destro, questo indice globale di

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G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 81

funzione cardiaca identifica bene condizioni di ipertensione

polmonare con un aumento del suo valore normale, che per il

cuore destro e 0,28 � 0,0463.

L’ecocardiografia tradizionale, comunque, non ha solo

un’applicazione diagnostica, ma riveste un ruolo importantis-

simo anche nella verifica delle modificazioni morfologiche e

funzionali indotte da un adeguato trattamento farmacologico.

Tutto cio diventa ancor piu interessante e importante in un

settore come quello dell’insufficienza cardiaca, in cui ripetuti

trial hanno dimostrato che farmaci sicuramente benefici nella

cura della HFREF – come ACE-inibitori, antagonisti del

recettore dell’angiotensina II, b-bloccanti – non mostrano

altrettanta efficacia nel trattamento della HFNEF64.

In realta, le attese dalla terapia farmacologica in generale

dipendono dalla possibilita di interferire con le specifiche

alterazioni strutturali e funzionali. Nel caso della HFNEF gli

obiettivi da raggiungere da parte di un farmaco e su cui agire

riguardano: ipertrofia dei miociti, rottura e cambiamento della

matrice extracellulare miocardica verso il rimodellamento

concentrico, elevata tensione e rigidita a riposo dei miociti

stessi per ridotta fosforilazione della titina, viraggio metabo-

lico miocardico da glicidico a trigliceridico con formazione di

radicali liberi intracellulari65. Ecco allora emergere i nuovi

interessi verso gli inibitori della 5-fosfodiesterasi per ridurre

l’ipertrofia miocardica e l’ipossia microvascolare subendo-

cardica65,66, verso l’alagebrium (ALT-711)65,66 per combat-

tere la deposizione miocardica e perivascolare degli AGE

(Advanced Glycation End products) che aumentano la rigidita

miocardica e vasale, verso il pioglitazone per migliorare il

controllo glicemico e il rapporto fosfocreatina/ATP intracel-

lulare, stante l’elevata prevalenza dei diabetici tra i pazienti

con HFNEF.

Ricerca farmacologica che poi va testata sul campo, proprio

attraverso le valutazioni ricordate poco sopra della massa

ventricolare sinistra (con la consapevolezza dell’implicita

approssimazione del 10%), delle dimensioni cavitarie e degli

spessori parietali, dei rapporti E/A transmitralici ed E’/A’ al

TDI, del rapporto E/E’, del profilo Doppler delle vene

polmonari, dell’IVRT, del DT della E mitralica, dello stesso

indice globale di Tei.

8. Ruolo dell’ecocardiografia avanzata nel paziente

iperteso

Le anomalie della funzione ventricolare sistolica e diastolica

rilevabili con metodiche ecocardiografiche tradizionali sono di

frequente riscontro nei pazienti ipertesi, in particolare se

l’ipertensione e presente da molti anni o se il paziente e

anziano. Peraltro, non e chiara la relazione tra anomalie della

funzione ventricolare e loro successiva evoluzione fino alla

comparsa clinica dell’insufficienza cardiaca sistolica e/o

diastolica.

Nel corso degli anni sono state sviluppate numerose tecniche

per lo studio della meccanica ventricolare ma, di fatto,

solamente due sono applicate nell’ambito degli studi clinici.

Una tecnica si fonda sullo studio Doppler delle velocita

tessutali (TDI), l’altra si fonda sullo Speckle Tracking (ST)

basato su misure di spostamento, ed entrambe permettono di

ricavare numerose informazioni sulla funzione miocardica67.

8.1. Doppler tessutale, strain, strain rate

8.1.1. TDI pulsato (PW) e Color (C)

Il TDI-PW permette di studiare le velocita istantanee di

picco del miocardio con un’elevatissima risoluzione temporale

(frequenza di campionamento pari a 250-300 campioni/s)

basandosi su frequenze di campionamento uguali o superiori a

150 frame/s. Per ottenere immagini e, di conseguenza,

misurazioni attendibili occorre seguire le raccomandazioni

delle societa scientifiche nell’acquisizione delle curve di

velocita. Il TDI-PW, al pari delle altre tecniche Doppler, e

attendibile solo se misura il movimento parietale parallelo alla

direzione del fascio ultrasonoro, per cui e ideale nella misura

del movimento miocardico longitudinale poiche le fibre

miocardiche longitudinali sono orientate parallelamente al

fascio nelle sezioni ottenute dalla finestra apicale.

Il TDI-C si basa sulla sovrapposizione delle velocita

tessutali codificate con il Color sulla scala dei grigi. Le curve

di velocita sono analizzate in postprocessazione. Per il Color

valgono le stesse precauzioni di allineamento del fascio

segnalate per il pulsato.

Le velocita rilevate con il TDI-PW sono del 10-20%

superiori a quelle rilevate con il TDI-C, ma la possibilita con il

Color di ottenere contemporaneamente la scansione di vari

segmenti del ventricolo sinistro riduce enormemente i tempi di

scansione segmento per segmento necessari con la metodica

pulsata.

Il TDI non discrimina il movimento passivo dalla

deformazione attiva causata dall’accorciamento-allungamento

delle fibre. Si e cercato di superare questo problema utilizzando

tecniche derivate dal TDI.

8.1.2. Strain

Lo strain misura la deformazione tessutale rispetto alla

dimensione iniziale. Durante la contrazione ventricolare il

miocardio si accorcia nelle dimensioni longitudinale e

circonferenziale (strain negativo) e si ispessisce o allunga

nella direzione radiale (strain positivo). Lo strain misura,

percio, la variazione in lunghezza del segmento miocardico

preso in considerazione ed e espresso in percentuale (data dalla

differenza tra la lunghezza iniziale e quella finale). Lo Strain

Rate (SR) e la velocita con cui si verifica la deformazione ed e

espresso in 1/s.

Il TDI e ormai disponibile nella maggior parte delle

apparecchiature e permette una valutazione quantitativa e

obiettiva delle meccaniche ventricolari regionali. Le informa-

zioni ottenibili dalle curve spettrali sono utilizzate per la

valutazione della funzione sistolica e diastolica. Tuttavia

l’angolo-dipendenza, come si e gia detto, permette la

valutazione delle sole velocita parallele al fascio esploratore

e lo strain e SR, dal canto loro, richiedono un lungo training e

una solida esperienza per il corretto riconoscimento e una

successiva interpretazione degli artefatti di cui sono ricche

queste metodiche.

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8.2. Speckle tracking bidimensionale

Lo Speckle Tracking Bidimensionale (ST-2D) e una tecnica

angolo-indipendente utilizzata per la valutazione della funzione

miocardica. Il miocardio, opportunamente insonificato dagli

ultrasuoni, appare come un insieme di ‘‘macchie’’ chiare e

scure (‘‘speckles’’) caratterizzate da una distribuzione casuale

nello spazio. La formazione degli speckle e causata da un

fenomeno di interferenza la cui natura fisica origina dallo

scattering, termine che definisce la diffusione non uniforme

delle onde (diffusione che non segue le leggi della riflessione

degli ultrasuoni) provocata dalla non uniformita del mezzo

attraversato dagli ultrasuoni (nel caso del miocardio, dalla non

uniformita del tessuto muscolare). Lo speckle, in effetti, e un

artefatto che conferisce all’immagine ecocardiografica un

aspetto granulare (Fig. 1) e come tale viene rimosso

nell’ecocardiografia bidimensionale tradizionale per ottenere

immagini piu definite. Le attuali tecnologie permettono, invece,

di sfruttarne le proprieta per studiare la meccanica parietale.

L’algoritmo di ricerca analizza un’area di campionamento,

definita ‘‘kernel’’, agganciandola ed esaminandola fotogramma

dopo fotogramma (‘‘speckle tracking’’) simultaneamente con le

regioni vicine, fornendo cosı informazioni sullo spostamento

locale dal quale si possono derivare parametri di funzione

Fig. 1. (A) Immagine apicale 4 camere in seconda armonica per ecografia

diagnostica. (B) Stessa immagine dallo stesso paziente per analisi con speckle

tracking. E ben evidente la diversa qualita di imaging fra le due tecnologie. Lo

speckle tracking e un algoritmo di postprocessazione che utilizza la routinaria

scala dei grigi digitale, ma sgrana le immagini tessutali.

miocardica (indipendente dall’angolo) quali velocita, strain e

SR (Figg. 2-4). Possono essere anche calcolati vettori di

velocita (Fig. 5), che vengono sovrapposti alle immagini

bidimensionali in movimento, per cui, a differenza del Doppler

Fig. 2. Soggetto normale, calcolo dello strain longitudinale (A) e radiale (B)

con tecnica speckle tracking. Identificata l’area di interesse settale (rosso) e

laterale (giallo), l’algoritmo valuta l’entita percentuale della deformazione

miocardica rispetto alla linea dello zero: (A) verso un accorciamento (strain

negativo), (B) verso un allungamento (strain positivo). Ne deriva un grafico di

deformazione percentuale, negativo o positivo, che e indipendente dalla dire-

zione del fascio di ultrasuoni. La linea rosa indica la media della deformazione

riguardante le due aree di interesse.

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Fig. 3. Ipertrofia miocardica in paziente iperteso con HFNEF. Lo strain

longitudinale (rosso) e quello radiale (giallo) sono valutati alla stessa altezza

rispettivamente sul setto interventricolare e sulla parete laterale, a ulteriore

conferma dell’indipendenza dello strain dall’angolazione del fascio di ultra-

suoni. Si noti la sensibile riduzione relativa dello strain longitudinale rispetto al

radiale, elemento pressoche costante in questo tipo di disfunzione miocardica.

In verde e la traccia dell’elettrocardiogramma di riferimento.

Fig. 4. La deformazione sistolica ventricolare sinistra lungo l’asse longitudi-

nale puo essere studiata anche globalmente in base all’avvicinamento sistolico

fra piano atrioventricolare mitralico e apice. A) Soggetto di controllo.

B) Paziente con HFNEF. Oltre all’entita ridotta della deformazione indicata

dalla strumentazione, si noti come la fase diastolica del rilasciamento mio-

cardico sia sensibilmente rallentata nell’ipertrofia.

G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 83

tessutale, l’analisi di queste velocita vettoriali permette la

misura dello strain in ogni direzione dello spazio rendendone

possibile la valutazione anche selettiva dei vari strati miocardici

(subendocardico, medio-parietale, subepicardico).

In conclusione possono essere ottenute misurazioni di

spostamento (‘‘displacement’’), di velocita, di strain e di ‘‘strain

rate’’. Il global strain puo risultare inaccurato in caso di

omissione di molti segmenti con un tracking subottimale. Oltre

a queste misurazioni, lo speckle tracking permette la

valutazione del twisting e dell’untwisting (torsione).

8.3. Applicazione delle metodiche di studio tessutali

all’ipertensione

L’ipertensione arteriosa sistemica determina un sovracca-

rico pressorio costante del ventricolo sinistro, con aumento

dello stress parietale compensato dallo sviluppo dell’aumento

degli spessori parietali mediante l’ipertrofia. Come si e visto,

nei pazienti ipertesi si puo rilevare un ampio spettro di

modificazioni della geometria ventricolare sinistra.

Lo stress parietale regionale non ha un andamento

omogeneo, in quanto il ventricolo sinistro non ha una forma

sferica; lo stress parietale e maggiore a livello basale, dove la

curvatura del raggio e maggiore. Poiche l’ipertrofia e

direttamente correlata allo stress parietale, il segmento basale

del setto solitamente sviluppa per primo un aumento di spessore

(talvolta assumendo una caratteristica prominenza nella

regione dell’efflusso, particolarmente evidente perche le altre

pareti non sono ancora ipertrofiche). La funzione sistolica in

questa regione settale basale e pressoche normale se valutata

come cinetica, ma la deformazione (valutata sulla lieve

riduzione dello SR sistolico, in quanto lo strain sistolico

solitamente e normale) e alterata, costituendo un segno precoce

di cardiopatia ipertensiva e differenziando, quindi, questa

ipertrofia circoscritta dal cuore d’atleta (SR sistolico super-

normale) e dalla cardiomiopatia ipertrofica (SR sistolico

marcatamente ridotto)68,69.

Molti studi hanno dimostrato come la funzione longitudinale

sia molto sensibile alle modificazioni precoci di funzione

miocardica in quanto le fibre longitudinali hanno un decorso

prevalentemente subendocardico, per cui per prime risentono

dell’ischemia e della fibrosi interstiziale (Figg. 3,4)70,71.

Alcuni studi hanno documentato, in diverse forme di

ipertrofia quali si riscontrano negli ipertesi o nelle cardiomio-

patie ipertrofiche, una correlazione tra il grado di fibrosi

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Fig. 5. Vettori di velocita miocardica parietale. Nel soggetto normale, in sistole (A) i vettori convergono verso il centro della cavita ventricolare indicando il

coordinato movimento parietale finalizzato alla riduzione della cavita stessa, mentre in diastole (B) i vettori divergono contemporaneamente in tutte le pareti a

indicare l’omogeneo rilasciamento parietale. Nel paziente iperteso con ipertrofia ventricolare, FE � 50% e normale durata del QRS nell’elettrocardiogramma, sia in

protosistole (C) sia in protodiastole (D) e evidente lo scoordinamento dei vettori settali, che si muovono in senso eccentrico durante la protosistole e in senso

concentrico ancora in protodiastole, suggerendo che in quella sede, malgrado la ‘‘normalita’’ della FE, sia gia presente una disfunzione miocardica.

G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–9084

miocardica e la disfunzione sistolica longitudinale valutata con

lo strain bidimensionale72,73.

L’importanza del contributo della disfunzione longitudinale

alla funzione ventricolare globale e stato messo in discussione,

in quanto la maggior parte della gittata e prodotta

dall’ispessimento delle pareti ventricolari in senso radiale,

con scarso contributo da parte del sottile strato subendocardico.

E probabile che nei pazienti ipertesi in ritmo sinusale il

mancato spostamento dell’anello mitralico verso l’apice

(Fig. 4) (ridotto movimento anulare) possa contribuire a

ridurre la compliance atriale sinistra durante la fase di reservoir.

In uno studio di confronto tra ipertesi e soggetti normali74 e

stato documentato che gli ipertesi avevano velocita minori (sia

al Doppler tessutale sia allo speckle tracking) con una riduzione

della funzione regionale, mentre lo strain globale non era in

media differente tra gli ipertesi e i controlli. Una riduzione dello

strain globale e stata osservata solamente in quei pazienti con il

maggior grado di rimodellamento legato all’ipertrofia che

presentavano anche un depresso midwall shortening.

In un recente studio75 sono stati valutati, utilizzando lo

speckle tracking bidimensionale, lo strain longitudinale, lo

strain radiale e quello circonferenziale in pazienti ipertesi con

diversi tipi di geometria ventricolare e un gruppo di soggetti

normali. Lo studio ha confermato come lo strain longitudinale

fosse ridotto in tutti i pazienti ipertesi76, e in particolare in

quelli con ipertrofia ventricolare sinistra, ma anche come lo

strain radiale fosse aumentato nei pazienti ipertesi con

geometria ventricolare normale e come questo aumento fosse

ridotto nei pazienti con ipertrofia e in quelli con rimodel-

lamento concentrico. L’aumento dello strain radiale negli

ipertesi normali non confermava l’ipotesi precedente di un suo

incremento quale compenso alla disfunzione longitudinale.

Infatti, nello studio di Kouzu et al.75 l’aumento dello strain

radiale non si associava a disfunzione longitudinale e andava

considerato compensatorio all’aumento dell’afterload.

E noto come gli usuali indici Doppler (sia basati sullo studio

del flusso sia sullo studio delle velocita tessutali) che valutano

la funzione diastolica siano carico-dipendenti, in quanto

studiano eventi verificantisi dopo l’apertura mitralica che

rappresentano fasi tardive del rilasciamento ventricolare.

Nell’ambito delle nuove metodiche non invasive che valutano

le fasi piu precoci del rilasciamento ventricolare, la torsione

ventricolare si sta rivelando la piu promettente77.

La rotazione di una sezione trasversale di ventricolo sinistro,

vista dall’apice, e rappresentata dall’angolo che si forma

passando dalla telediastole alla sistole, tra le linee radiali che

Page 12: Cardiopatia ipertensiva e insufficienza cardiaca con normale frazione di eiezione ventricolare sinistra. Ruolo dell’ecocardiografia convenzionale e di quella avanzata nella valutazione

Fig. 6. Valutazione della rotazione globale del ventricolo sinistro normale

utilizzando la tecnica dello speckle tracking. Sezione trasversale dei ventricoli a

livello papillare. Subito dopo il QRS dell’elettrocardiogramma di riferimento

inizia la simultanea e coordinata rotazione antioraria dei vari segmenti.

Fig. 7. Valutazione della rotazione globale del ventricolo sinistro utilizzando la

tecnica dello speckle tracking in soggetto con cardiopatia ipertensiva e ipertrofia

miocardica. Sezione trasversale dei ventricoli a livello papillare. In blu e la

curva dei volumi. L’inizio della rotazione dei vari segmenti appare scoordinato e

sensibilmente ritardato dopo il QRS dell’elettrocardiogramma di riferimento.

G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 85

uniscono il centro di quella sezione alle pareti ventricolari.

L’unita di misurazione della rotazione sono i gradi o radianti

(Fig. 6). La base e l’apice del ventricolo sinistro ruotano in

direzioni diverse. La torsione ventricolare sinistra o ‘‘twist’’

costituisce il gradiente medio longitudinale della differenza tra

la rotazione oraria (torsione antioraria o twisting) e la rotazione

antioraria (torsione oraria o untwisting) dell’apice ventricolare

e della base come visti dall’apice. La rotazione (twisting)

durante la fase di eiezione deforma la matrice delle fibre

oblique subendocardiche permettendo l’accumulo di energia

potenziale, che viene restituita nella fase di controrotazione

(untwisting) contribuendo al rilasciamento diastolico isovolu-

metrico e al riempimento precoce (suzione diastolica).

I termini ‘‘twist’’ e ‘‘torsion’’ si riferiscono allo stesso

fenomeno e sono utilizzati per definire il gradiente base-apice

dell’angolo di rotazione lungo l’asse longitudinale del ventricolo

sinistro, espresso in gradi per centimetro o radianti per metro.

Durante la contrazione isovolumetrica, l’apice ventricolare

sinistro mostra una breve rotazione oraria che si inverte

rapidamente e diventa antioraria durante la fase di eiezione

(Fig. 6). La rotazione antioraria in fase eiettiva e seguita dalla

controrotazione (rotazione oraria) apicale nella fase di diastole

isovolumetrica e in protodiastole. Al contrario dell’apice, la

rotazione della base e di minore entita e con opposta direzione.

Durante la contrazione isovolumetrica vi e una breve rotazione

antioraria, che e seguita da una rotazione oraria durante

l’eiezione e da una rotazione antioraria durante il rilasciamento

isovolumetrico e il riempimento protodiastolico.

Lo speckle tracking permette, oltre allo studio dello strain e

dello SR, anche quello della rotazione e della torsione. Lo

studio della torsione e stato applicato ai pazienti ipertesi78 e fu

rilevato come, sebbene il picco sistolico del twist non fosse

differente, l’untwisting protodiastolico durante il periodo di

rilasciamento isovolumetrico fosse marcatamente ritardato in

parallelo con la severita dell’ipertrofia ventricolare valutata con

la massa indicizzata. Gli autori concludono che tale comporta-

mento dell’untwisting nei pazienti con ipertrofia ventricolare

sinistra puo contribuire allo sviluppo delle anomalie di

rilasciamento ventricolare sinistro (Figg. 5 e 7).

Come si e detto per i parametri dell’ecocardiografia

tradizionale, anche per quelli di strain, twist e untwist, con

l’aumentare dell’esperienza e prevedibile un sempre maggior

coinvolgimento sia per raggiungere una diagnosi sempre piu

raffinata, sia per verificare l’efficacia dei trattamenti farmaco-

logici intrapresi.

9. Insufficienza cardiaca con frazione di eiezione

ventricolare sinistra conservata

Il riconoscimento sul piano clinico di HFNEF non e difficile:

l’associazione di segni e sintomi di insufficienza cardiaca con la

documentazione di FE normale o quasi normale (� 50%)

temporalmente piu vicina possibile all’episodio, ed eventual-

mente di un’ombra cardiaca radiologica non ingrandita e di

alcuni semplici segni ecocardiografici di disfunzione diastolica,

rappresentano indicatori molto forti di questo tipo di

insufficienza cardiaca disgiunta dalla disfunzione sistolica

ventricolare79. Nell’insufficienza cardiaca con FE conservata i

miociti sono piu voluminosi, contenendo maggiore quantita di

filamenti di miosina e actina, e tali filamenti sono piu spessi.

Inoltre la miosina e rappresentata in netta prevalenza dalla sua

isoforma V3, che, rispetto alle isoforme V1 e V2, eroga

contrazioni piu potenti ma piu lente, sia in fase attiva sia in fase

di risoluzione; reperto, questo, peraltro comune a quasi tutte le

forme di ipertrofia miocardica che non siano secondarie a

ipertiroidismo o a intenso allenamento fisico aerobico. La

stessa titina42,80–85, denominata terzo filamento del citoschele-

tro del cardiomiocita, e presente nella sua forma piu rigida, la

N2B, mentre nell’insufficienza cardiaca con bassa FE prevale la

isoforma piu elastica, la N2BA.

Non solo, ma l’attivita sul connettivo interstiziale delle

MMP sembra essere ridotta per maggior efficacia dei rispettivi

inibitori tessutali (TIMP), cosicche viene favorita la formazione

di pareti ventricolari piu spesse e piu rigide86–88.

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G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–9086

Da questo substrato morfologico dell’insufficienza cardiaca

con FE conservata si delineerebbe una funzione ventricolare

sinistra caratterizzata da una valida contrazione sistolica, ma

con problemi notevoli nella fase di rilasciamento diastolico, la

cui quantificazione appare complessa, anche nella scelta dei

parametri piu idonei a graduarne la severita e l’evoluzione verso

la fase terminale di scompenso cardiaco89–96.

Le fibre miocardiche dei fasci subendocardici e subepicar-

dici delle pareti ventricolari sinistre sono disposte obliqua-

mente dal piano atrioventricolare alla punta del cuore, ma

secondo direzioni ortogonali, e il loro accorciamento sistolico

produce un importante ispessimento lungo l’asse radiale97. Tale

effetto viene ancor piu accentuato in caso di rimodellamento

concentrico del ventricolo sinistro con apparentemente normale

spostamento telesistolico dell’endocardio anche quando, in

realta, la funzione contrattile miocardica e gia ridotta. Sarebbe

cosı giustificata la conservazione di una normale FE in presenza

di quadri clinici di insufficienza cardiaca98,99.

Altri autori96,100–102 riprendono tali concetti fisiopatologici

e propongono un test ergometrico per smascherare questa

latente insufficienza miocardica, che in termini sistolici e

rivelata da una riduzione dello sviluppo di strain parietale

longitudinale e radiale, una riduzione della velocita di

spostamento sull’asse longitudinale dell’anello mitralico, una

riduzione della rotazione (twist) apicale e della riserva

funzionale sistolica longitudinale. In termini diastolici, invece,

da un ritardato srotolamento (untwisting) miocardico, una

ridotta suzione ventricolare, piu elevate pressioni telediastoli-

che. Su queste linee concordano anche Wang et al.98, per i quali

le differenze fra insufficienza cardiaca sistolica e diastolica

sono, gia a riposo, fondamentalmente riconducibili al

comportamento della deformazione parietale circonferenziale

e al fenomeno dell’arrotolamento sistolico (entrambi normali

nell’insufficienza diastolica e ridotti in quella sistolica), mentre

la deformazione sistolica ventricolare longitudinale appare

compromessa precocemente in ambedue le forme di insuffi-

cienza. Interessante appare il sostegno apportato a queste tesi da

Phan et al.103 con metodi diversi di studio: essi segnalano in

pazienti HFNEF una diminuzione dell’energia miocardica

sviluppata sia durante il rilasciamento attivo sia durante la

contrazione, utilizzando la risonanza magnetica spettroscopica

con 31P e valutando il rapporto creatinfosfato/g-ATP. Inoltre in

quegli stessi pazienti un test ergometrico mostrava una

disfunzione endoteliale responsabile di una sostanziale fissita

del rapporto recupero-elastico-arterioso/recupero-elastico-tele-

sistolico, sia di base sia durante sforzo, per mancata caduta del

primo fattore durante l’esercizio.

E qui s’inserisce un nuovo elemento funzionale: l’intera-

zione del cuore con tutto il sistema vascolare, del resto gia

avanzato da qualche anno come correlazione inversa fra le

velocita tessutali sistoliche e diastoliche al TDI con il

postcarico e con gli indici di resistenza vascolare siste-

mici104–107.

Con cateterismo cardiaco destro e valutazione eco tran-

storacica del rapporto E/E’ a riposo e durante esercizio al

cicloergometro in posizione supina Maderer et al.101 hanno

osservato che, rispetto ai soggetti di controllo, i pazienti

HFNEF raggiungevano valori elevati di pressione capillare

polmonare per carichi di lavoro notevolmente piu bassi a causa

di un aumento delle resistenze vascolari sistemiche e un piu

basso volume di gittata, ma non c’era corrispondenza fra le

pressioni capillari polmonari e il rapporto E/E’. Questi dati, tra

l’altro, confermerebbero che il rapporto E/E’ a riposo risulta piu

alto nei soggetti HFNEF che nei controlli, ma esso non riflette

una correlazione con la pressione capillare polmonare come

avviene nei soggetti HFREF. Verosimilmente intervengono piu

complesse e sottili alterazioni della funzione ventricolare, per

interazione tra un ventricolo di ridotto volume poco distendibile

e un sistema arterioso anch’esso piuttosto rigido.

Lo stesso gruppo di Borlaug, ritornando sull’argomento64,94,

ha fornito ulteriori prove sul collegamento fra disfunzione

endoteliale e disfunzione ventricolare in HFNEF, nel senso che

l’esercizio induceva sia ridotta funzione cardiaca sia ridotta

riserva di vasodilatazione arteriolare periferica. Veniva cosı

dimostrato un collegamento ulteriore fra eventi fisiopatologici

di natura diversa coinvolgenti l’intero sistema cardiovascolare,

e non la sola conseguenza di una disfunzione diastolica.

A questo punto considerare la HFNEF come una pura e

semplice manifestazione di insufficienza cardiaca diastolica

appare effettivamente una soluzione piuttosto semplicistica a

un problema molto complesso che interessa l’intero apparato

cardiovascolare.

10. Conclusioni

Vale comunque la pena ricapitolare i punti fondamentali

della disfunzione diastolica del ventricolo sinistro, perche a

nostro avviso essi disegnano un aggiornamento di morfologia e

di fisiopatologia cardiaca che non puo essere ignorato dal

cardiologo. La pompa ventricolare, infatti, sarebbe costituita da

un’unica larga banda muscolare di fasci disposti obliquamente,

che origina dall’anello valvolare dell’arteria polmonare per

terminare attorno all’orifizio aortico, circondando gli orifizi

atrioventricolari con un movimento a spirale lungo l’asse

longitudinale dei ventricoli. In tal modo i fasci obliqui che la

compongono vengono a sovrapporsi in senso ortogonale nella

formazione del ventricolo sinistro, allorche dopo essere discesi

dalla base alla punta (fasci superficiali subepicardici) si

riflettono su se stessi per risalire (fasci profondi subendocar-

dici) e raggiungere l’ostio aortico108.

La parete miocardica del ventricolo sinistro alla fine sarebbe

formata da fasci di fibre muscolari sovrapposti con orienta-

mento a elica dal piano atrioventricolare del cuore verso la

punta: obliqui verso sinistra i fasci subepicardici, obliqui verso

destra i fasci subendocardici. Il fascio di fibre medio-parietale

ha invece un orientamento circonferenziale97. Questa dispo-

sizione anatomica rende ragione del fatto che la contrazione

sistolica comporti una torsione (twist o arrotolamento) del

ventricolo sinistro sul suo asse longitudinale, che, per effetto

della piu efficace azione dinamica dei fasci obliqui piu esterni

con maggiore raggio di curvatura (subepicardici) sugli interni

con minore raggio di curvatura (subendocardici), viene vista

dall’apice avvenire in senso antiorario nelle porzioni apicali e

in senso orario nelle porzioni basali. I fasci circonferenziali

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G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 87

medio-parietali, invece, contribuiscono a sviluppare in sistole

un importante ispessimento della parete capace di nascondere

un deficit contrattile dei fasci subendocardici e, quindi, di

mascherare una latente o iniziale loro insufficienza contrattile,

come appunto avviene nell’insufficienza cardiaca diastolica

che coinvolge elettivamente i fasci subendocardici al suo

esordio. Si giustificherebbe in questo modo il riscontro di una

FE � 50% in soggetti con segni clinici gia presenti di

insufficienza cardiaca sistolica.

Questa stessa valorizzazione funzionale della stratificazione

dei fasci muscolari che compongono la parete ventricolare

sinistra rende ragione del riscontro strumentale di segni di

disfunzione diastolica in presenza di un’apparentemente

conservata funzione sistolica (almeno finche quest’ultima

valutazione viene effettuata sulla base della sola FE � 50%).

Infatti, la disfunzione dei fasci subendocardici, mascherata in

sistole dalla piu efficace torsione indotta dalla contrazione dei

fasci subepicardici, si manifesta in protodiastole con un

rallentato srotolamento (untwisting) di quelle stesse strutture,

che si trasforma sul piano emodinamico in un ritardato

riempimento ventricolare con perdita del meccanismo di

suzione, cui contribuisce in maniera significativa anche la

funzione meccanica della titina. Questa, infatti, se durante la

sistole viene compressa a dimensioni inferiori a quelle sue

proprie nelle condizioni di riposo, perderebbe progressiva-

mente la normale capacita di ridistendersi di scatto alla fine

della sistole meccanica e avviare la distensione isovolumetrica

dei miociti83.

La comparsa di ipertrofia ventricolare puo inizialmente

anche accentuare i descritti fenomeni di arrotolamento e

srotolamento ventricolare109, ma ben presto cominciano a

manifestarsi gli effetti della connessa disfunzione del

microcircolo coronarico, che invariabilmente accompagna

quasi tutte le forme di ipertrofia miocardica110. Appare quindi

estremamente verosimile che essa sia ancora alla base della

precoce disfunzione contrattile degli strati subendocardici (i piu

esposti della rete capillare intramiocardica per motivi

meccanici). All’ipossia conseguente e riconducibile la varie-

gata quantita di disfunzioni e alterazioni locali intra ed

extramiocitarie sia sistoliche sia diastoliche14,86–88. Con la

comparsa di una disfunzione diastolica i fenomeni di torsione si

riducono e il rallentato srotolamento opera maggiormente sui

parametri di rilasciamento protodiastolico111–113.

Si disegna, cosı, un percorso evolutivo corrispondente al

progressivo interessamento dei fasci muscolari parietali del

ventricolo, dai subendocardici ai subepicardici. Non solo, ma

diventa anche piu facilmente spiegabile perche le velocita anulari

mitraliche lungo l’asse longitudinale, che rispecchiano soprat-

tutto la funzione dei fasci subendocardici, siano ridotte per prime

nei pazienti con HFNEF, sia di base sia durante esercizio114,115.

Il problema, allora, e costituito dalla scelta del parametro

funzionale, la LVEF, che viene considerata lo specchio effettivo

della funzione sistolica, di cui invece rappresenta un indicatore

meno strettamente correlato.

La soluzione del complesso problema fisiopatologico

dell’insufficienza cardiaca con normale FE in chiave esclusi-

vamente di fisiopatologia diastolica appare sicuramente

suggestiva, ma occorre riconoscere che troppi elementi portano

a un coinvolgimento dell’intero apparato cardiovascolare, ove

rimodellamento ventricolare, resistenze periferiche, funzione

endoteliale, rigidita parietale dell’intero apparato vascolare

svolgono ancora un ruolo fondamentale. Ci sembra soprattutto

che il valore di FE � 50%, considerato come elemento

discriminante per identificare come una forma a se stante

l’insufficienza cardiaca con FE conservata, rappresenti un

elemento inadeguato, in quanto facilmente ottenibile anche da

un miocardio gia disfunzionante nella fase sistolica, con

possibilita di ulteriore evoluzione successiva. I dati preliminari

ottenuti con lo speckle tracking sembrano confortanti in questo

senso, ma chiaramente richiedono ancora tante conferme.

Il problema, dunque, e ancora aperto e la ricerca di ulteriori

parametri di valutazione della riserva arteriolare sistemica e

della funzione ventricolare, diastolica e sistolica, in maniera

semplice ma esaustiva, ripetibile e non invasiva, sollecita in

maniera fin troppo esplicita chi si occupa di ecocardiografia

dell’insufficienza cardiaca a insistere nell’applicarsi.

Conflitto di interesse

Gli autori dichiarano di non aver nessun conflitto di interessi.

Finanziamenti allo studio

Gli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti

istituzionali per il presente studio.

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