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Cardiopatia ipertensiva e insufficienza cardiaca con normale frazione
di eiezione ventricolare sinistra. Ruolo dell’ecocardiografia convenzionale
e di quella avanzata nella valutazione della disfunzione
ventricolare sinistra
Giancarlo Gambelli a,*, Michele Paradiso b, Elisabetta Amici c, Antonio Terranova d,Paolo G. Pino d, Pio Caso e
a Cardiologo, Romab UOC Riabilitazione Neuromotoria ‘‘Lepanto’’, Ospedale San Giovanni Battista, ACISMOM, Roma
c UOC Cardiologia Riabilitativa, Policlinico Luigi Di Liegro, Romad Cardiodiagnostica Non Invasiva, UOC Cardiologia I, Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini, Roma
e UOC Cardiologia, Ospedale Monaldi, AORN Ospedali dei Colli, Napoli
Ricevuto il 29 novembre 2011; accettato il 17 febbraio 2012; disponibile online il 14 aprile 2012
Riassunto
Introduzione: La cardiopatia ipertensiva si manifesta con adattamenti strutturali e funzionali del miocardio che conducono, specie nelle donne
di eta >65 anni, verso l’insufficienza cardiaca prevalentemente di tipo diastolico.
Obiettivi: La frazione di eiezione ventricolare sinistra (FE), considerata lo specchio effettivo della funzione sistolica, rappresenta invece un
indicatore meno strettamente correlato a tale complesso rimodellamento, responsabile della molteplicita degli aspetti clinici. Soprattutto, non
appare corretto affidare al solo valore del 50% di FE il significato discriminante tra funzione conservata e non conservata. Considerazioni critiche di
tipo anatomico e funzionale sulla struttura dei ventricoli, sul loro modo di contrarsi e rilasciarsi, supportano la necessita di riconsiderare l’eccessiva
valorizzazione di tale parametro.
Conclusioni: La moderna ecocardiografia, con il Doppler tessutale e con lo speckle tracking, puo fornire i mezzi per oggettivare e quantificare
questa revisione.
# 2012 Societa Italiana di Ecografia Cardiovascolare. Pubblicato da Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.
Parole chiave: Ipertrofia miocardica; Morfologia cardiaca; Insufficienza cardiaca con normale frazione di eiezione; Doppler tessutale; Ecocardiografia speckle
tracking.
Abstract: Hypertensive heart disease and heart failure with normal left ventricular ejection fraction. Role of conventional and advancedechocardiography in the assessment of left ventricular dysfunction
Introduction: Hypertensive heart disease is manifested by structural and functional adaptations of the myocardium that lead to heart failure,
mainly diastolic, especially in women older than 65 years.
Objectives: The ejection fraction of the left ventricle, which is considered an image of systolic function, represents instead an indicator less closely
related to the complex ventricular remodeling, responsible for the variety of clinical aspects of hypertensive heart disease. Above all, it seems to be
incorrect that the boundary between function ‘‘preserved’’ or ‘‘not preserved’’ is reflected only in the value of the ejection fraction of 50%.
Anatomical and functional considerations of the structure of the ventricles and of the way in which they contract and release, suggest a need to
reconsider the excessive value that is currently ascribed to this parameter.
Conclusions: Modern echocardiography with tissue Doppler and speckle tracking, may provide the means to objectively evaluate and quantify this
new point of view.
# 2012 Societa Italiana di Ecografia Cardiovascolare. Published by Elsevier Srl. All rights reserved.
Key words: Myocardial hypertrophy; Heart morphology; Heart failure normal ejection fraction; Tissue Doppler imaging; Speckle tracking echocardiography.
www.elsevier.com/locate/jcecho
Disponibile online all’indirizzo www.sciencedirect.com
Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90
* Corrispondenza.
E-mail: [email protected] (G. Gambelli).
2211-4122/$ – see front matter # 2012 Societa Italiana di Ecografia Cardiovascolare. Pubblicato da Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati.
doi:10.1016/j.jcecho.2012.02.001
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 75
1. Introduzione
Parlando di cardiopatia ipertensiva si e inteso, e ancora si
intende, l’associazione fra un dato funzionale (ipertensione
arteriosa sistemica) e un parametro organico (ipertrofia dei
miociti del ventricolo sinistro), che rappresenta il danno
d’organo abbinato affinche tutto l’insieme venga considerato
un’entita patologica.
In realta, tutto cio oggi appare riduttivo, dal momento che le
ricerche dell’ultimo decennio hanno aperto nuovi, ampi
orizzonti all’entita patologica in questione e nuovi collega-
menti clinici.
L’ipertrofia dei miociti, non solo ventricolari ma anche
atriali, rappresenta soltanto un aspetto della cardiopatia
ipertensiva, cui invariabilmente si associano iperplasia dei
fibroblasti stromali e loro trasformazione in miofibroblasti,
aumento e ispessimento del collagene interstiziale e periva-
scolare nel miocardio atriale e ventricolare, riduzione della
densita capillare intramiocardica, ispessimento parietale
arteriolare del sistema coronarico, sclerosi degli apparati
valvolari mitralico e aortico, aumentata rigidita del sistema
vascolare arterioso in generale, aortico-toracico e addominale
in particolare.
Si tratta, quindi, di un substrato strutturale ben piu
complesso e variegato, che rende ragione della molteplicita
degli aspetti clinici, sia di esordio sia di sviluppo nel tempo,
della cardiopatia ipertensiva: aritmie, insufficienza cardiaca
acuta, dissecazione aortica, infarto miocardico, ma anche lenta
e progressiva evoluzione di valvulopatie o di insufficienza
cardiaca.
Proprio a quest’ultimo proposito, nuove informazioni di
ordine anatomico sulla morfologia cardiaca e nuovi contributi
dell’ecocardiografia speckle tracking suggeriscono possibili
interpretazioni innovative della genesi ed evoluzione
dell’insufficienza cardiaca nel contesto della cardiopatia
ipertensiva.
2. Epidemiologia della cardiopatia ipertensiva
L’incremento cronico dei valori pressori e alla base della
cardiopatia ipertensiva che si manifesta con un progressivo
rimodellamento funzionale e strutturale cardiovascolare.
Questa condizione puo condurre, attraverso un continuum,
allo scompenso cardiaco, decorrendo per lungo tempo con una
sintomatologia clinica modesta o del tutto assente1.
L’ipertensione arteriosa rappresenta la causa piu frequente,
assieme alla cardiopatia ischemica, di insufficienza cardiaca
nella popolazione generale2. Nello studio di Framingham, in
oltre due decenni di osservazioni, l’ipertensione arteriosa e
risultata predittiva di insufficienza cardiaca nel 12% della
popolazione3. La disfunzione diastolica puo presentarsi preco-
cemente rispetto all’alterazione della funzione sistolica e, negli
ultimi anni, la sua prevalenza e in continuo aumento, con
un’incidenza maggiore nelle donne e nei pazienti di eta superiore
a 75 anni4. Tale incremento potrebbe essere posto in relazione
con l’aumento di prevalenza di ipertensione arteriosa, diabete
mellito e fibrillazione atriale, conseguente al progressivo
aumento dell’eta media, associato a una relativa stabilita di
prevalenza della cardiopatia ischemica5.
Lo studio di Framingham, nel sottogruppo sottoposto a
esame ecocardiografico di routine, ha dimostrato che anche i
pazienti con disfunzione diastolica asintomatica hanno un
elevato rischio di scompenso cardiaco e di morte6. Sebbene si
ritenga comunemente che l’insufficienza ventricolare sistolica
si accompagni a una peggiore prognosi, recenti studi hanno
dimostrato che l’incidenza delle riospedalizzazioni7 e i costi
dell’assistenza ai pazienti con insufficienza cardiaca diastolica8
tendono a eguagliare quelli dei pazienti con insufficienza
cardiaca e ridotta frazione di eiezione (FE).
La morbilita e la mortalita dei pazienti con insufficienza
cardiaca e ridotta FE e gradualmente migliorata negli ultimi due
decenni, mentre la prognosi dei pazienti con insufficienza
cardiaca e funzione sistolica conservata non ha subito
significativi cambiamenti nel medesimo periodo di tempo5.
Sorprendentemente, la mortalita dei pazienti con insufficienza
cardiaca e conservata funzione sistolica ricoverati in ambiente
ospedaliero e simile a quella dei pazienti con disfunzione
sistolica, anche se studi su coorti di pazienti non ospedalizzati
indicano che in questa popolazione la sindrome e caratterizzata
da una minore mortalita9.
3. Aspetti morfologici
Gli aspetti istologici del rimodellamento cardiaco nel corso
di ipertensione arteriosa sono rappresentati dall’ipertrofia dei
miociti e dalla fibrosi miocardica a seguito della risposta
adattativa al sovraccarico di pressione, con conseguente
disfunzione diastolica e sistolica. Tuttavia, negli studi di
intervento farmacologico, i pazienti con insufficienza sistolica
possono manifestare miglioramenti non rilevabili in quelli con
insufficienza cardiaca diastolica, a dimostrazione dei differenti
meccanismi fisiopatologici che sostengono queste alterazioni
miocardiche5–10.
Argomenti strutturali, funzionali e di biologia molecolare
avvalorano la teoria che l’insufficienza cardiaca si manifesti ed
evolva con due differenti fenotipi: uno con riduzione della
frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) e l’altro con
normale LVEF e specifici meccanismi responsabili della
disfunzione diastolica del ventricolo sinistro11.
Nei pazienti con disfunzione sistolica prevalgono l’ipertrofia
eccentrica e la progressiva dilatazione del ventricolo sinistro, in
contrasto con l’ipertrofia e il rimodellamento concentrico dei
pazienti con insufficienza diastolica12. Differenze sono rilevabili
anche a livello ultrastrutturale. I pazienti con insufficienza
diastolica hanno cardiomiociti con un diametro maggiore del
50% e una maggiore densita di miofilamenti e collagene rispetto
ai pazienti con insufficienza sistolica11. Nell’insufficienza
diastolica sono evidenziabili anche differenze funzionali nei
cardiomiociti isolati. In vitro si osserva una maggiore tensione a
riposo, che contribuisce in vivo a una significativa rigidita
miocardica13. Anche la proteina costituente del citoscheletro, la
titina, e espressa in un’isoforma (la N2B) caratterizzata da una
compliance minore nell’insufficienza diastolica rispetto alla
sistolica11. Inoltre, nei pazienti ipertesi con insufficienza
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–9076
diastolica, si osserva una diminuita degradazione della matrice, a
causa di una down-regulation delle metalloproteinasi (MMP) e di
una up-regulation degli inibitori tessutali delle MMP14.
Nello Strong Heart Study15, i pazienti affetti da diabete
mellito hanno mostrato alterazioni della funzione sistolica e un
alterato pattern di rilasciamento ventricolare, indipendente-
mente dall’eta, dalla pressione arteriosa e dalla massa
ventricolare16. Il diabete mellito aggrava la disfunzione
diastolica nei pazienti ipertesi e il fenomeno sembra essere
piu pronunciato nell’uomo rispetto alla donna17. In questi
pazienti, il quadro istologico e caratterizzato da una maggiore
deposizione di tessuto connettivo interstiziale rispetto ai
pazienti affetti solo da diabete o da ipertensione arteriosa18.
4. Medicina di genere
Grande attenzione viene rivolta dall’attuale letteratura
cardiologica all’esistenza di importanti differenze associate
all’essere uomo o donna nell’andamento e nel risultato finale di
un processo di rimodellamento cardiaco per varie condizioni
patologiche, dal semplice invecchiamento in assenza di
cardiopatia al sovraccarico di pressione o volume, all’apoptosi,
al danno ischemico19. Tutte queste segnalazioni sono unidi-
rezionali, nel senso cioe che le donne, rispetto agli uomini,
sviluppano modelli morfologici reattivi meglio finalizzati al
mantenimento di una funzione cardiaca piu efficiente. Si
prenderanno in considerazione, qui di seguito, solo quegli
aspetti che appaiono strettamente connessi con la cardiopatia
ipertensiva.
4.1. Invecchiamento senza cardiopatia associata
E stato calcolato in studi autoptici20 che, mentre nella donna,
con il trascorrere degli anni, il peso del cuore e il peso e volume
dei miociti si mantengono pressoche invariati, nell’uomo si
osserva una progressiva perdita di peso del cuore, calcolato
nell’entita di 1 g/anno di eta, cui corrisponde la perdita di 64
milioni di miociti/anno. In compenso il volume dei miociti
maschili cresce di 158 mm3/anno nel ventricolo sinistro e di
167 mm3/anno nel ventricolo destro, il che non si verifica nelle
donne. Si ipotizza un adattamento reattivo alla perdita di miociti
per apoptosi, che nei maschi si manifesta con frequenza 3-4 volte
maggiore, siano essi uomini21 o mammiferi superiori22.
4.2. Sovraccarico di pressione
Nella risposta adattativa a un sovraccarico di pressione,
analogo in termini di gradiente transvalvolare aortico e di area
valvolare aortica, le donne, rispetto agli uomini, sviluppano
un grado maggiore di ipertrofia e di adattamenti geometrici
(spessori parietali, volumi) favorevoli del ventricolo sinistro23–27.
Analoghe differenze di rimodellamento fra maschi e femmine
sono state riscontrate in altri modelli sperimentali di sovraccarico
di pressione, come il bendaggio aortico, su animali28, o in
popolazioni di ratti spontaneamente ipertesi29. Inoltre, le
femmine mantenevano una buona riserva contrattile, a differenza
dei maschi, nei cui miociti e stata riscontrata una maggiore
componente di catene pesanti di miosina e una piu bassa
espressione di adenosin-trifosfato (ATP) nel reticolo sarcopla-
smatico. Un dato particolarmente interessante a conferma
proviene dalla gonadectomia dei ratti30, che induce una riduzione
della funzione cardiaca e un incremento dell’isoforma V3 della
miosina lenta nelle catene di miosina b.
Altra recentissima conferma a questo diverso rimodellamento
cardiaco femminile per ipertensione cronica viene dalla
cardiologia molecolare transgenica. Barrick et al.31 hanno
lavorato su topi RenTgMK che mostrano una severa cardiopatia
ipertensiva mediata dall’angiotensina II. Privando i geni di questi
topi della proteina 3 capace di modificare l’attivita recettoriale
(RAMP3) per interagire con l’adrenomedullina, vasodilatatore
cardioprotettivo regolato dagli estrogeni, hanno ottenuto topi
RenTgMK:RAMP3–/–. Entro i 6 mesi di osservazione, i topi non
modificati andavano incontro a cardiopatia ipertrofica con buona
funzione sistolica; i topi maschi modificati geneticamente
andavano incontro a dilatazione cardiaca con ridotta funzione
sistolica, insufficienza cardiaca, apoptosi miocardica e attiva-
zione Akt. Tutte queste manifestazioni erano invece assenti nel
gruppo femminile dei topi modificati.
4.3. Sovraccarico di volume
Rohde et al.32 al hanno dimostrato che, nelle condizioni di
sovraccarico di volume per insufficienza aortica, il cuore della
donna si rimodella con volumi inferiori e massa miocardica
maggiore rispetto a quanto avviene negli uomini per
comparabile gravita di rigurgito aortico. Sul piano sperimentale
analoghi risultati sono stati ottenuti da Gardner et al.33
dimostrando nei cuori femminili di ratti una maggiore ipertrofia
concentrica con funzione ventricolare meglio conservata.
Rispetto al cuore maschile, sembrerebbe che l’adattamento
del cuore femminile al sovraccarico di volume consista
essenzialmente nel minor grado di dilatazione ventricolare.
Da questi dati emerge, quindi, il concetto che tra le femmine
i rimodellamenti ventricolari ai sovraccarichi di pressione o
volume sviluppano piu frequentemente le condizioni strutturali
e funzionali favorenti il quadro di insufficienza cardiaca con FE
conservata, per il maggiore incremento dell’ipertrofia ven-
tricolare accompagnata da disfunzione diastolica.
5. Evoluzione della cardiopatia ipertensiva
nell’insufficienza cardiaca
La comparsa e lo sviluppo di insufficienza cardiaca
abitualmente si possono manifestare dopo un evento acuto
(per esempio, dopo un infarto miocardico acuto) oppure dopo
che si e instaurato gradualmente un sovraccarico di volume o di
pressione.
In ogni caso e necessario che si stabilisca per un certo
periodo di tempo, non necessariamente molto lungo, una
disfunzione del ventricolo sinistro, cui il sistema cardiova-
scolare e l’intero organismo rispondano con una serie di
modificazioni funzionali e morfologiche idonee, o quantomeno
tendenti, a ristabilire quell’equilibrio turbato. Alla lunga, pero,
esse innescano una serie di ulteriori adattamenti, che
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caratterizzano la progressione della malattia e favoriscono la
comparsa di sintomi, per lo piu riconducibili a una riduzione
delle portata cardiaca per diminuzione della LVEF34. Il quadro
clinico dell’insufficienza cardiaca, quindi, si sviluppa per gradi
proprio sulla base di una perversa evoluzione dei meccanismi di
adattamento reclutati nella prima fase, sia a livello di
rimodellamento geometrico strutturale ed emodinamico del
ventricolo sinistro, sia a livello di rimodellamento neuro-
ormonale di tipo tanto autocrino (effetto da cellula su cellula)
quanto paracrino (effetto da cellula su spazi intercellulari).
Negli ultimi anni, pero, e proprio nel campo delle
cardiopatie ipertrofiche primitive e soprattutto secondarie, e
andato aumentando il numero di segnalazioni di insufficienza
cardiaca in cui non si riscontra una riduzione della LVEF;
segnalazioni che, come si e visto, ormai raggiungono il 50% di
tutte le insufficienze cardiache5–7.
Si e cosı cominciato a distinguere, dalla forma abituale di
insufficienza cardiaca con ridotta frazione di eiezione (Heart
Failure with Reduced Ejection Fraction, HFREF), un’altra
forma di insufficienza cardiaca con frazione di eiezione
conservata (Heart Failure with Normal Ejection Fraction,
HFNEF). Il confine fra queste due forme e stato arbitrariamente
stabilito in una FE del 50%.
Nonostante alcune delle prime descrizioni cliniche di
insufficienza cardiaca a funzione sistolica conservata risalgano
alle osservazioni di Topol et al.35 e di Dougherty et al.36,
l’insufficienza cardiaca diastolica come entita nosologica
distinta e stata messa in discussione da alcuni autori. In
particolare Caruana et al.37 sottolineano come la presenza di
una sintomatologia riferibile a insufficienza cardiaca, nei
pazienti con disfunzione diastolica isolata, debba essere
attentamente differenziata da patologie concomitanti, quali
obesita, pneumopatie croniche o cardiopatia ischemica che,
particolarmente nei soggetti anziani, possono essere alla base di
manifestazioni cliniche in grado di ‘‘mimare’’ un’insufficienza
cardiaca diastolica.
Inoltre, il postulato che la funzione sistolica possa essere
‘‘normale’’ sulla base della FE e stato smentito dall’impiego di
nuove, sofisticate tecniche di ecocardiografia. In particolare Yip
et al.38 hanno dimostrato l’esistenza di un continuum tra
funzione ventricolare sistolica normale e alterata in pazienti
con insufficienza cardiaca diastolica e ipertrofia ventricolare
sinistra, rilevando un iniziale deficit della funzione sistolica
mediante Doppler tessutale dell’anulus mitralico in apicale 4
camere per lo studio dello strain longitudinale. Altri autori39
hanno dimostrato in pazienti diabetici una disfunzione
subclinica delle contrattilita.
Senza addentrarsi nella discussione clinica stringente e
ancora non risolta, si vuole ricordare che l’insufficienza
cardiaca con FE conservata e stata assimilata all’insufficienza
cardiaca diastolica e che nella diagnosi strumentale l’ecocar-
diografia svolge un ruolo fondamentale.
6. Disfunzione diastolica del ventricolo sinistro
La disfunzione diastolica del ventricolo sinistro e un evento
patologico ben conosciuto, ma la metodologia del suo studio e
sempre complessa, poliparametrica, soprattutto quando si vuole
raggiungere una quantificazione riproducibile del disturbo. Cio
influisce, poi, sulle casistiche degli studi che mirano a obiettivi
epidemiologici in cui ci si deve confrontare su grandi numeri.
Come nel caso, appunto, della ‘‘insufficienza cardiaca con FE
conservata’’, che alcuni cardiologi preferirebbero denominare
‘‘insufficienza cardiaca diastolica’’ per evitare la possibile
inclusione erronea di insufficienze mitraliche emodinamica-
mente rilevanti40,41.
In ogni caso va ben sottolineato che la disfunzione
diastolica42 e solo una parte, per quanto determinante,
dell’insufficienza cardiaca diastolica, che si completa con
sue caratteristiche cliniche, evolutive e strutturali. La disfun-
zione diastolica e definita da un preciso comportamento
emodinamico caratterizzato dalla rallentata caduta della
pressione protodiastolica intraventricolare sinistra e da un
alterato riempimento ventricolare olodiastolico. Tale compor-
tamento, pero, non e esclusivo dell’insufficienza cardiaca
diastolica ma si ritrova anche in altre patologie, quali le
cardiomiopatie ipertrofiche primitive e secondarie, non in fase
di insufficienza cardiaca, o almeno non ancora.
I fattori che regolano il funzionamento del muscolo cardiaco
in questa fase del ciclo cardiaco sono fondamentalmente tre.
Il primo fattore e il rilasciamento miocardico protodia-
stolico, detto anche attivo perche avviene con consumo
energetico per scambi metabolici intra/extracellulari43, che e
condizionato dalle variabili di carico emodinamico e di
frequenza cardiaca, battito per battito. In esso si distingue
una prima fase isovolumetrica, durante la quale si verifica il
crollo della pressione intraventricolare sinistra fin sotto i valori
di partenza, ma senza apertura della mitrale44,45. Questa
avviene solo quando la pressione atriale sinistra supera quella
ventricolare; in quel preciso istante inizia la seconda fase
protodiastolica di riempimento ventricolare rapido. Il parame-
tro di funzione diastolica ventricolare, derivante dalla
misurazione del rilasciamento isovolumetrico non condizio-
nato da carichi emodinamici e frequenza cardiaca, e ottenibile
dalla costante di tempo ‘‘t’’ di una curva esponenziale idonea a
riprodurre la caduta pressoria intraventricolare connessa al
rilasciamento miocardico protodiastolico e si ricava solo da un
esame emodinamico.
Gia negli anni Ottanta Brutsaert et al.46,47 misero a punto
l’interpretazione fisiopatologica della disfunzione protodiasto-
lica, durante la quale si manifestano le alterazioni del
rilasciamento ventricolare che gli autori le condensarono nella
‘‘teoria del triplo controllo del rilasciamento’’46. Questo
sarebbe infatti regolato principalmente da tre fattori:
a) la risposta miocardica a carichi di lavoro emodinamico
aggiuntivi al postcarico fisiologico di base, i quali possono
comparire sia durante la fase sistolica (carichi in contrazione)
sia durante la fase protodiastolica (carichi in rilasciamento).
Se precoci in contrazione, tali carichi aumentano la forza e la
durata della contrazione miocardica, e prolungano la fase
contrattile rallentando il rilasciamento protodiastolico. Se
tardivi in contrazione o precoci in rilasciamento, essi
anticipano e accelerano la fase di rilasciamento miocardico
protodiastolico. Un ruolo importante per tale modulazione
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–9078
della risposta contrattile e di rilasciamento in risposta alla
temporizzazione dei carichi emodinamici e riconducibile alla
composizione in isoforme miosiniche dei cardiomiociti
ipertrofici, che contengono maggiori concentrazioni
dell’isoforma V3, responsabile di contrazioni piu potenti,
ma anche piu lente a rilasciarsi48;
b) l’inattivazione dei legami sistolici tra actina e miosina in
seguito a ritardata o scoordinata sequestrazione degli ioni
calcio nel reticolo sarcoplasmatico dei miociti alla fine della
sistole43;
c) la non uniformita spaziale e temporale dei fenomeni di
rilasciamento nella massa miocardica ventricolare sinistra,
legati sia al carico emodinamico distrettuale, sia ai
movimenti ionici intracitoplasmatici, sia alla rigidita
distrettuale del tessuto interstiziale46.
Il secondo fattore determinante la funzione diastolica
ventricolare sinistra e dato dalla rigidita di camera ventricolare;
il terzo dalla rigidita miocardica. Entrambi costituiscono le
determinanti passive del fenomeno diastolico49,50 e interven-
gono per tutta la sua durata. La loro valutazione e complessa e
richiede l’impiego di parametri invasivi: la costruzione di curve
pressione/volume ventricolari sinistre per la rigidita di camera;
la relazione stress-strain parietale ventricolare per la rigidita
miocardica. A quest’ultimo scopo e dedita anche una recente
tecnologia che misura direttamente la resistenza
all’allungamento del singolo miocita prelevato con biopsia
miocardia11.
E ovvio che tale complessita di valutazioni strumentali
ostacoli sul piano operativo ricerche con casistiche numerose e
la stessa routine clinica. Si e cercato quindi di ottenere dati, sia
pure meno precisi ma di semplice rilevamento con metodiche
non-invasive, l’ecocardiografia in primis.
7. Ruolo dell’ecocardiografia convenzionale nel
paziente iperteso
L’esame ecocardiografico nel paziente iperteso e finalizzato
a studiare la morfologia, la geometria e la funzione sistolica e
diastolica delle camere cardiache, in particolare del ventricolo
sinistro.
Come definito da un documento della Societa Italiana di
Ecografia Cardiovascolare pubblicato nel 200551, si devono
considerare alcuni parametri indispensabili e altri utili in
situazioni particolari.
7.1. Massa ventricolare sinistra
E un parametro indispensabile. Le linee guida della
European Society of Hypertension e della European Society
of Cardiology del 200752 ribadiscono l’importanza del danno
d’organo in fase subclinica. Per il cuore questo danno e
rappresentato da un incremento della massa ventricolare
sinistra rilevata con l’ecocardiografia attraverso il calcolo
dell’indice di Massa Ventricolare Sinistra (LVMi), i cui valori
normali sono � 115 g/m2 nell’uomo e � 95 g/m2 nella donna.
L’esame ecocardiografico permette di misurare con buona
accuratezza la massa ventricolare sinistra mediante la formula
di Devereux et al.53 partendo da alcune misure monodimen-
sionali: spessore diastolico del setto interventricolare, della
parete posteriore del ventricolo sinistro e diametro diastolico
del ventricolo sinistro. Le misure monodimensionali sono
ottenute sulla guida dell’immagine bidimensionale a livello
dell’asse minore del ventricolo sinistro, corrispondente al
margine libero dei lembi mitralici in diastole. Si utilizza la
sezione longitudinale standard. Quando non sia possibile
ottenere un allineamento adeguato, in alternativa puo essere
utilizzata la misura lineare ottenuta direttamente sull’immagine
bidimensionale in trasversale. Se disponibile puo essere
impiegato l’anatomical M-mode54. Se la cardiopatia ipertensiva
e complicata da cardiopatia ischemica o da vizi valvolari severi,
e preferibile che la stima della massa ventricolare sinistra sia
effettuata usando le formule bidimensionali.
Quando misurare: la misurazione in telediastole va
considerata sul piede dell’onda R o, preferibilmente, sul frame
successivo alla chiusura mitralica o su quello in cui le
dimensioni ventricolari sono piu grandi. La sistole va
considerata in corrispondenza del massimo spostamento
all’indietro del setto. In caso di anomalia cinetica franca del
setto (per esempio, per presenza di blocco completo della
branca sinistra) si considera il massimo movimento in avanti
della parete posteriore.
Dove misurare: la misurazione monodimensionale e
effettuata seguendo il metodo ‘‘leading edge to leading edge’’
secondo la Penn convention. Recentemente, in rapporto al
miglioramento della definizione delle strutture cardiache, con
la possibilita di stimare piu precisamente gli spessori parietali, e
stato proposto di misurare diametri e spessori parietali definiti
dalla reale interfaccia tessuto-sangue54. Va segnalato, pero, che
l’introduzione dell’imaging in seconda armonica, se da una
parte migliora l’identificazione dei bordi endocardici, dall’altra
tende a sovrastimare sistematicamente gli spessori parietali e a
sottostimare i diametri interni del ventricolo sinistro55. E percio
importante, confrontando esami successivi dello stesso
paziente, valutare se siano stati eseguiti con imaging in
fondamentale o in seconda armonica. I dati della letteratura
considerano misurazioni eseguite utilizzando l’imaging in
fondamentale, dal momento che mancano ancora i valori di
normalita basati sull’uso della seconda armonica.
E importante che ogni laboratorio valuti la propria variabilita
interosservatore e intraosservatore; per essere attendibili, le
variazioni di stima della massa devono essere inferiori al 20%
su esami eseguiti e valutati dallo stesso operatore.
E riportata di seguito la formula per il calcolo della massa
secondo quanto proposto da Devereux:
Massa VSin ¼ 0; 8 ½1; 04ðVSinTd þ SIVTd þ PVPTdÞ3
� ðVSinTdÞ3� þ 0; 6 g
dove VsinTd = diametro ventricolare sinistro in telediastole;
SIVTd = setto interventricolare in telediastole; PVPTd = parete
ventricolare posteriore in telediastole; 1, 04 = fattore di corre-
zione per la densita miocardica.
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 79
Per il calcolo della massa basata sulle misurazioni
bidimensionali, si utilizzano la formula area-lunghezza e il
modello dell’ellissoide tronco, secondo quanto descritto e
proposto nel 1989 dall’American Society of Echocardiography
nel documento sulla quantificazione del ventricolo sinistro56.
Il valore assoluto della massa ventricolare sinistra, espresso
in grammi, va corretto o per l’altezza elevata a 2,7 (in caso di
soggetto in sovrappeso-obeso) o per la superficie corporea negli
altri casi57.
7.2. Geometria ventricolare
E un parametro indispensabile. Si ottiene rapportando la
massa indicizzata allo spessore parietale relativo (RWT)
ottenuto con la formula:
RWT ¼ WTd=LVRd
ðspessore medio parietale ventricolare in telediastole=raggio
del ventricolo sinistro in telediastoleÞ : valore normale : 0; 42
� 0; 45
In base alla normalita o meno dello spessore parietale
relativo e alla presenza o meno di aumento della massa
indicizzata (> 95 g/m2 per le donne; > 115 g/m2 per gli
uomini) si riconoscono quattro diversi tipi di geometria
ventricolare58:
� normale (massa ventricolare sinistra normale e RWT
normale);
� rimodellamento concentrico (massa ventricolare sinistra
normale e RWT aumentato);
� ipertrofia ventricolare sinistra eccentrica (massa aumentata e
RWT ridotto);
� ipertrofia ventricolare sinistra concentrica (massa aumentata
e RWT aumentato).
La diversificazione dei tipi di geometria ventricolare nei
soggetti ipertesi consente una migliore discriminazione
prognostica: l’ipertrofia concentrica e il modello geometrico
con il peggiore impatto prognostico.
7.3. Funzione sistolica
Lo studio della funzione sistolica ventricolare sinistra e
relativamente semplice e rapido. Si basa essenzialmente su
valutazioni morfologiche e relative misurazioni delle sezioni
ventricolari (aree e segmenti), derivanti dallo spostamento del
confine endocardio/sangue alla fine della sistole, rispetto alla
sua posizione iniziale, valutata nella telediastole (onda R
dell’elettrocardiogramma) del ciclo cardiaco precedente, sia in
M-mode (fractional shortening, D%) sia in 2D mono o
biplanare (FE).
Negli anni Novanta si era constatato che lo studio della
funzione sistolica ventricolare sinistra, soprattutto nelle pareti
ispessite, era meglio rappresentato dal comportamento della
zona centroparietale; tuttavia, la laboriosita del calcolo ha
riservato il metodo a studi di elite.
Piu recentemente si e cercato di derivare un ulteriore
parametro indiretto di valutazione dal comportamento delle
velocita Doppler del flusso protodiastolico transmitralico e
dalla contemporanea velocita di spostamento dell’anello
mitralico, per risalire in modo approssimativo alla pressione
intraventricolare sinistra telediastolica, indirettamente regolata
dalla validita della funzione sistolica. La correlazione esiste,
ma essenzialmente per i valori estremi del rapporto.
7.4. Fractional shortening e frazione di eiezione
Sono parametri indispensabili. Per valutare la funzione
sistolica si utilizzano il calcolo del fractional shortening con
metodica monodimensionale, ovvero la percentuale di accor-
ciamento del diametro ventricolare sinistro telediastolico alla
fine della sistole subito successiva (D%), e il calcolo della FE
con metodica bidimensionale utilizzando la formula di
Simpson:
½Vol ¼ ðA1 þ A2 þ A3 þ . . . þ AnÞ � H�
dove A1 + A2 + A3 +. . .+ An sono le superfici dei piani di
scansione sovrapposti all’interno della cavita ventricolare sini-
stra e H e la distanza tra il piano valvolare mitralico e l’apice del
ventricolo.
ovvero sottraendo il volume ventricolare telesistolico da
quello precedente telediastolico, indicizzando per quest’ultimo
e moltiplicando per 100:
FE ¼ ðEDV � ESVÞ=EDV � 100�
dove EDV ed ESV sono, rispettivamente, il volume teledia-
stolico e il volume telesistolico.
Ovviamente la formula biplanare, ossia con calcolo eseguito
sulle due sezioni longitudinali ortogonali (apicale 4 camere e
apicale 2 camere), fornisce dati piu precisi, ma e comunque
ritenuta accettabile anche la valutazione solo in 4 camere.
7.5. Accorciamento centroparietale
E un parametro non indispensabile ma utile. Negli ultimi
anni e stato proposto, per la valutazione della funzione
ventricolare, un metodo che si basa sulle modificazioni che
avvengono, in sistole, nella regione centrale della parete
miocardica. Shimizu et al.59 dimostrarono per primi che il
miocardio parietale poteva essere suddiviso in due strati, uno
subendocardico e uno subepicardico: la regione centrale
rifletteva la dinamica di parete, mentre lo strato subendocardico
quella di cavita. E apparso chiaro che un piu accurato indice di
funzione ventricolare era legato al calcolo della cinetica della
regione centroparietale. L’accorciamento centroparietale (Mid-
wall Fractional Shortening, MFS) allo stato attuale non viene
misurato routinariamente.
MFS ¼ ðVSTd þ 1/2HTdÞ
� ðVSTs þ 1/2HTsÞ=ðVSTd þ 1/2HTdÞ � 100
dove VSTd e VSTs stanno rispettivamente per diametro ven-
tricolare sinistro telediastolico e telesistolico; HTd corrisponde
alla somma dello spessore del setto e della parete posteriore in
telediastole.
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–9080
7.6. Rapporto E/E’
Lo studio del rapporto E/E’ (E = velocita protodiastolica del
flusso transmitralico; E’ = velocita protodiastolica dell’anulus
mitralico a livello della porzione basale del setto interven-
tricolare) fornisce un parametro che consente di stimare
indirettamente il livello della pressione telediastolica ventri-
colare sinistra. Un valore di questo rapporto fino a 8 sarebbe
indice di una valida attivita contrattile miocardica; superiore a
15 sarebbe indice di una condizione di progressiva insufficienza
cardiaca. I valori intermedi, per altro di piu frequente riscontro
in una popolazione con sospetta insufficienza cardiaca,
richiederebbero il conforto di ulteriori parametri funzionali.
7.7. Funzione diastolica
Lo studio della funzione diastolica e complesso e utilizza
molteplici parametri60,61. Il Doppler pulsato del flusso
transmitralico, studiato in afflusso, viene valutato in condizioni
basali e durante manovra di Valsalva. I parametri piu
frequentemente usati sono:
� la velocita di picco E;
� la velocita di picco A;
� il rapporto E/A;
� il tempo di decelerazione di E.
Inoltre, si valuta il tempo di rilasciamento isovolumetrico
(IVRT) su una curva spettrale (preferibilmente con Doppler
pulsato) del flusso in posizione intermedia tra il tratto di afflusso e
quello di deflusso del ventricolo sinistro (IVRT = tempo tra la
fine del flusso aortico e l’inizio del flusso mitralico). Il Doppler
pulsato mitralico viene inoltre correlato con il Doppler pulsato
della vena polmonare superiore destra e con il Doppler pulsato
tessutale dell’anello mitralico, media delle stime eseguite a
livello settale e laterale. Quest’ultimo studio permette l’analisi
della funzione longitudinale sisto-diastolica del ventricolo
sinistro che, entro certi limiti, e relativamente indipendente
dalle condizioni di carico ventricolare. Anche la propagazione
diastolica del flusso in ventricolo, studiata con Monocolor, viene
utilizzata per una definizione della funzione diastolica. Tutti i
metodi sono finalizzati a diagnosticare un’eventuale disfunzione
diastolica di grado I (alterato rilasciamento), di grado II
(pseudonormalizzazione) o di grado III-IV (restrittivo reversibile
o irreversibile, rispettivamente).
Utilizzando questi parametri si ottengono ‘‘modelli’’ eco-
cardiografici indicativi di vari gradi di disfunzione diastolica.
Primo grado: alterato rilasciamento del ventricolo sinistro.
Rappresenta il primo grado di disfunzione diastolica ed e
caratterizzato da una riduzione della velocita del flusso
transmitralico (ridotta velocita della componente protodiasto-
lica, onda E) e da un prolungamento della fase di riempimento
precoce (aumento del tempo di decelerazione, DT). E
caratterizzato da:
� velocita onda E < onda A;
� rapporto E/A < 1;
� DT > 240 ms;
� IVRT > 70 m;
Secondo grado: aspetto pseudonormale. Rappresenta una
disfunzione diastolica piu avanzata rispetto all’alterato
rilasciamento. Viene chiamato pseudonormale in quanto il
rapporto E/A e > 1. Questo comportamento e legato
all’aumentata pressione atriale sinistra, che in protodiastole
facilita e velocizza il flusso transmitralico. E caratterizzato da:
� velocita onda E > onda A;
� rapporto E/A 1-1,5 (rapporto E/A < 1 dopo Valsalva);
� DT 160-200 ms;
� IVRT > 70 ms;
� rapporto E’/A’ al Doppler tessutale pulsato (TDI) del setto
interventricolare < 1;
� differenza tra la durata dell’onda A mitralica e dell’onda A in
vena polmonare > 80 ms.
Terzo e quarto grado: aspetto restrittivo.Rappresenta una
disfunzione diastolica severa. L’elevata pressione atriale
sinistra determina un’apertura mitralica rapida e a elevata
velocita (ridotto tempo di rilasciamento isovolumetrico ed
elevata velocita dell’onda E mitralica), mentre l’elevata
pressione ventricolare sinistra determina un rapido livellamento
dei valori pressori con rapida riduzione del flusso tra atrio e
ventricolo (riduzione del tempo di decelerazione dell’onda E).
E caratterizzato da:
� velocita onda E molto elevata e molto superiore all’onda A;
� rapporto E/A > 1,5;
� DT < 120 ms;
� IVRT < 70 ms;
� rapporto E’/A’ al TDI del setto sottoanulare mitralico > 1 ma
con velocita diastoliche molto basse.
La differenziazione tra pattern reversibile e irreversibile si
basa sulle modificazioni indotte dalla terapia.
Molto importante nel soggetto iperteso risulta pertanto
essere la valutazione ecocardiografica della dimensione
dell’atrio sinistro, non solo campionando il suo diametro
antero-posteriore (parasternale asse lungo sinistro), ma anche la
sua area in proiezione 4 camere apicale e i diametri
longitudinale (piano mitralico-parete atriale superiore) e
trasverso (setto interatriale e parete laterale dell’atrio sinistro).
7.8. Indice di performance miocardica globale (IPM)
Proposto da Tei et al.62, non e un parametro indispensabile,
ma possiede il pregio di esprimere un valore globale di funzione
cardiaca, sia sistolica sia diastolica. Si calcola rapportando la
durata dell’attivita cardiaca isovolumetrica, diastolica e
sistolica, alla durata della fase espulsiva:
IPM ¼ IVRT þ IVCT=TEVS
dove IVRT e IVCT sono, rispettivamente, i tempi di rilascia-
mento e contrazione isovolumetrici e TEVS e la durata della
fase espulsiva ventricolare sinistravalore normale 0,39 � 0,05
La disfunzione sistolica, responsabile di un allungamento di
IVCT e di una riduzione della fase espulsiva, conduce a valori
progressivamente piu alti dell’indice. Analogamente avviene
per la disfunzione diastolica, a causa dell’allungamento di
IVRT. Se usato per il ventricolo destro, questo indice globale di
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 81
funzione cardiaca identifica bene condizioni di ipertensione
polmonare con un aumento del suo valore normale, che per il
cuore destro e 0,28 � 0,0463.
L’ecocardiografia tradizionale, comunque, non ha solo
un’applicazione diagnostica, ma riveste un ruolo importantis-
simo anche nella verifica delle modificazioni morfologiche e
funzionali indotte da un adeguato trattamento farmacologico.
Tutto cio diventa ancor piu interessante e importante in un
settore come quello dell’insufficienza cardiaca, in cui ripetuti
trial hanno dimostrato che farmaci sicuramente benefici nella
cura della HFREF – come ACE-inibitori, antagonisti del
recettore dell’angiotensina II, b-bloccanti – non mostrano
altrettanta efficacia nel trattamento della HFNEF64.
In realta, le attese dalla terapia farmacologica in generale
dipendono dalla possibilita di interferire con le specifiche
alterazioni strutturali e funzionali. Nel caso della HFNEF gli
obiettivi da raggiungere da parte di un farmaco e su cui agire
riguardano: ipertrofia dei miociti, rottura e cambiamento della
matrice extracellulare miocardica verso il rimodellamento
concentrico, elevata tensione e rigidita a riposo dei miociti
stessi per ridotta fosforilazione della titina, viraggio metabo-
lico miocardico da glicidico a trigliceridico con formazione di
radicali liberi intracellulari65. Ecco allora emergere i nuovi
interessi verso gli inibitori della 5-fosfodiesterasi per ridurre
l’ipertrofia miocardica e l’ipossia microvascolare subendo-
cardica65,66, verso l’alagebrium (ALT-711)65,66 per combat-
tere la deposizione miocardica e perivascolare degli AGE
(Advanced Glycation End products) che aumentano la rigidita
miocardica e vasale, verso il pioglitazone per migliorare il
controllo glicemico e il rapporto fosfocreatina/ATP intracel-
lulare, stante l’elevata prevalenza dei diabetici tra i pazienti
con HFNEF.
Ricerca farmacologica che poi va testata sul campo, proprio
attraverso le valutazioni ricordate poco sopra della massa
ventricolare sinistra (con la consapevolezza dell’implicita
approssimazione del 10%), delle dimensioni cavitarie e degli
spessori parietali, dei rapporti E/A transmitralici ed E’/A’ al
TDI, del rapporto E/E’, del profilo Doppler delle vene
polmonari, dell’IVRT, del DT della E mitralica, dello stesso
indice globale di Tei.
8. Ruolo dell’ecocardiografia avanzata nel paziente
iperteso
Le anomalie della funzione ventricolare sistolica e diastolica
rilevabili con metodiche ecocardiografiche tradizionali sono di
frequente riscontro nei pazienti ipertesi, in particolare se
l’ipertensione e presente da molti anni o se il paziente e
anziano. Peraltro, non e chiara la relazione tra anomalie della
funzione ventricolare e loro successiva evoluzione fino alla
comparsa clinica dell’insufficienza cardiaca sistolica e/o
diastolica.
Nel corso degli anni sono state sviluppate numerose tecniche
per lo studio della meccanica ventricolare ma, di fatto,
solamente due sono applicate nell’ambito degli studi clinici.
Una tecnica si fonda sullo studio Doppler delle velocita
tessutali (TDI), l’altra si fonda sullo Speckle Tracking (ST)
basato su misure di spostamento, ed entrambe permettono di
ricavare numerose informazioni sulla funzione miocardica67.
8.1. Doppler tessutale, strain, strain rate
8.1.1. TDI pulsato (PW) e Color (C)
Il TDI-PW permette di studiare le velocita istantanee di
picco del miocardio con un’elevatissima risoluzione temporale
(frequenza di campionamento pari a 250-300 campioni/s)
basandosi su frequenze di campionamento uguali o superiori a
150 frame/s. Per ottenere immagini e, di conseguenza,
misurazioni attendibili occorre seguire le raccomandazioni
delle societa scientifiche nell’acquisizione delle curve di
velocita. Il TDI-PW, al pari delle altre tecniche Doppler, e
attendibile solo se misura il movimento parietale parallelo alla
direzione del fascio ultrasonoro, per cui e ideale nella misura
del movimento miocardico longitudinale poiche le fibre
miocardiche longitudinali sono orientate parallelamente al
fascio nelle sezioni ottenute dalla finestra apicale.
Il TDI-C si basa sulla sovrapposizione delle velocita
tessutali codificate con il Color sulla scala dei grigi. Le curve
di velocita sono analizzate in postprocessazione. Per il Color
valgono le stesse precauzioni di allineamento del fascio
segnalate per il pulsato.
Le velocita rilevate con il TDI-PW sono del 10-20%
superiori a quelle rilevate con il TDI-C, ma la possibilita con il
Color di ottenere contemporaneamente la scansione di vari
segmenti del ventricolo sinistro riduce enormemente i tempi di
scansione segmento per segmento necessari con la metodica
pulsata.
Il TDI non discrimina il movimento passivo dalla
deformazione attiva causata dall’accorciamento-allungamento
delle fibre. Si e cercato di superare questo problema utilizzando
tecniche derivate dal TDI.
8.1.2. Strain
Lo strain misura la deformazione tessutale rispetto alla
dimensione iniziale. Durante la contrazione ventricolare il
miocardio si accorcia nelle dimensioni longitudinale e
circonferenziale (strain negativo) e si ispessisce o allunga
nella direzione radiale (strain positivo). Lo strain misura,
percio, la variazione in lunghezza del segmento miocardico
preso in considerazione ed e espresso in percentuale (data dalla
differenza tra la lunghezza iniziale e quella finale). Lo Strain
Rate (SR) e la velocita con cui si verifica la deformazione ed e
espresso in 1/s.
Il TDI e ormai disponibile nella maggior parte delle
apparecchiature e permette una valutazione quantitativa e
obiettiva delle meccaniche ventricolari regionali. Le informa-
zioni ottenibili dalle curve spettrali sono utilizzate per la
valutazione della funzione sistolica e diastolica. Tuttavia
l’angolo-dipendenza, come si e gia detto, permette la
valutazione delle sole velocita parallele al fascio esploratore
e lo strain e SR, dal canto loro, richiedono un lungo training e
una solida esperienza per il corretto riconoscimento e una
successiva interpretazione degli artefatti di cui sono ricche
queste metodiche.
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–9082
8.2. Speckle tracking bidimensionale
Lo Speckle Tracking Bidimensionale (ST-2D) e una tecnica
angolo-indipendente utilizzata per la valutazione della funzione
miocardica. Il miocardio, opportunamente insonificato dagli
ultrasuoni, appare come un insieme di ‘‘macchie’’ chiare e
scure (‘‘speckles’’) caratterizzate da una distribuzione casuale
nello spazio. La formazione degli speckle e causata da un
fenomeno di interferenza la cui natura fisica origina dallo
scattering, termine che definisce la diffusione non uniforme
delle onde (diffusione che non segue le leggi della riflessione
degli ultrasuoni) provocata dalla non uniformita del mezzo
attraversato dagli ultrasuoni (nel caso del miocardio, dalla non
uniformita del tessuto muscolare). Lo speckle, in effetti, e un
artefatto che conferisce all’immagine ecocardiografica un
aspetto granulare (Fig. 1) e come tale viene rimosso
nell’ecocardiografia bidimensionale tradizionale per ottenere
immagini piu definite. Le attuali tecnologie permettono, invece,
di sfruttarne le proprieta per studiare la meccanica parietale.
L’algoritmo di ricerca analizza un’area di campionamento,
definita ‘‘kernel’’, agganciandola ed esaminandola fotogramma
dopo fotogramma (‘‘speckle tracking’’) simultaneamente con le
regioni vicine, fornendo cosı informazioni sullo spostamento
locale dal quale si possono derivare parametri di funzione
Fig. 1. (A) Immagine apicale 4 camere in seconda armonica per ecografia
diagnostica. (B) Stessa immagine dallo stesso paziente per analisi con speckle
tracking. E ben evidente la diversa qualita di imaging fra le due tecnologie. Lo
speckle tracking e un algoritmo di postprocessazione che utilizza la routinaria
scala dei grigi digitale, ma sgrana le immagini tessutali.
miocardica (indipendente dall’angolo) quali velocita, strain e
SR (Figg. 2-4). Possono essere anche calcolati vettori di
velocita (Fig. 5), che vengono sovrapposti alle immagini
bidimensionali in movimento, per cui, a differenza del Doppler
Fig. 2. Soggetto normale, calcolo dello strain longitudinale (A) e radiale (B)
con tecnica speckle tracking. Identificata l’area di interesse settale (rosso) e
laterale (giallo), l’algoritmo valuta l’entita percentuale della deformazione
miocardica rispetto alla linea dello zero: (A) verso un accorciamento (strain
negativo), (B) verso un allungamento (strain positivo). Ne deriva un grafico di
deformazione percentuale, negativo o positivo, che e indipendente dalla dire-
zione del fascio di ultrasuoni. La linea rosa indica la media della deformazione
riguardante le due aree di interesse.
Fig. 3. Ipertrofia miocardica in paziente iperteso con HFNEF. Lo strain
longitudinale (rosso) e quello radiale (giallo) sono valutati alla stessa altezza
rispettivamente sul setto interventricolare e sulla parete laterale, a ulteriore
conferma dell’indipendenza dello strain dall’angolazione del fascio di ultra-
suoni. Si noti la sensibile riduzione relativa dello strain longitudinale rispetto al
radiale, elemento pressoche costante in questo tipo di disfunzione miocardica.
In verde e la traccia dell’elettrocardiogramma di riferimento.
Fig. 4. La deformazione sistolica ventricolare sinistra lungo l’asse longitudi-
nale puo essere studiata anche globalmente in base all’avvicinamento sistolico
fra piano atrioventricolare mitralico e apice. A) Soggetto di controllo.
B) Paziente con HFNEF. Oltre all’entita ridotta della deformazione indicata
dalla strumentazione, si noti come la fase diastolica del rilasciamento mio-
cardico sia sensibilmente rallentata nell’ipertrofia.
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 83
tessutale, l’analisi di queste velocita vettoriali permette la
misura dello strain in ogni direzione dello spazio rendendone
possibile la valutazione anche selettiva dei vari strati miocardici
(subendocardico, medio-parietale, subepicardico).
In conclusione possono essere ottenute misurazioni di
spostamento (‘‘displacement’’), di velocita, di strain e di ‘‘strain
rate’’. Il global strain puo risultare inaccurato in caso di
omissione di molti segmenti con un tracking subottimale. Oltre
a queste misurazioni, lo speckle tracking permette la
valutazione del twisting e dell’untwisting (torsione).
8.3. Applicazione delle metodiche di studio tessutali
all’ipertensione
L’ipertensione arteriosa sistemica determina un sovracca-
rico pressorio costante del ventricolo sinistro, con aumento
dello stress parietale compensato dallo sviluppo dell’aumento
degli spessori parietali mediante l’ipertrofia. Come si e visto,
nei pazienti ipertesi si puo rilevare un ampio spettro di
modificazioni della geometria ventricolare sinistra.
Lo stress parietale regionale non ha un andamento
omogeneo, in quanto il ventricolo sinistro non ha una forma
sferica; lo stress parietale e maggiore a livello basale, dove la
curvatura del raggio e maggiore. Poiche l’ipertrofia e
direttamente correlata allo stress parietale, il segmento basale
del setto solitamente sviluppa per primo un aumento di spessore
(talvolta assumendo una caratteristica prominenza nella
regione dell’efflusso, particolarmente evidente perche le altre
pareti non sono ancora ipertrofiche). La funzione sistolica in
questa regione settale basale e pressoche normale se valutata
come cinetica, ma la deformazione (valutata sulla lieve
riduzione dello SR sistolico, in quanto lo strain sistolico
solitamente e normale) e alterata, costituendo un segno precoce
di cardiopatia ipertensiva e differenziando, quindi, questa
ipertrofia circoscritta dal cuore d’atleta (SR sistolico super-
normale) e dalla cardiomiopatia ipertrofica (SR sistolico
marcatamente ridotto)68,69.
Molti studi hanno dimostrato come la funzione longitudinale
sia molto sensibile alle modificazioni precoci di funzione
miocardica in quanto le fibre longitudinali hanno un decorso
prevalentemente subendocardico, per cui per prime risentono
dell’ischemia e della fibrosi interstiziale (Figg. 3,4)70,71.
Alcuni studi hanno documentato, in diverse forme di
ipertrofia quali si riscontrano negli ipertesi o nelle cardiomio-
patie ipertrofiche, una correlazione tra il grado di fibrosi
Fig. 5. Vettori di velocita miocardica parietale. Nel soggetto normale, in sistole (A) i vettori convergono verso il centro della cavita ventricolare indicando il
coordinato movimento parietale finalizzato alla riduzione della cavita stessa, mentre in diastole (B) i vettori divergono contemporaneamente in tutte le pareti a
indicare l’omogeneo rilasciamento parietale. Nel paziente iperteso con ipertrofia ventricolare, FE � 50% e normale durata del QRS nell’elettrocardiogramma, sia in
protosistole (C) sia in protodiastole (D) e evidente lo scoordinamento dei vettori settali, che si muovono in senso eccentrico durante la protosistole e in senso
concentrico ancora in protodiastole, suggerendo che in quella sede, malgrado la ‘‘normalita’’ della FE, sia gia presente una disfunzione miocardica.
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–9084
miocardica e la disfunzione sistolica longitudinale valutata con
lo strain bidimensionale72,73.
L’importanza del contributo della disfunzione longitudinale
alla funzione ventricolare globale e stato messo in discussione,
in quanto la maggior parte della gittata e prodotta
dall’ispessimento delle pareti ventricolari in senso radiale,
con scarso contributo da parte del sottile strato subendocardico.
E probabile che nei pazienti ipertesi in ritmo sinusale il
mancato spostamento dell’anello mitralico verso l’apice
(Fig. 4) (ridotto movimento anulare) possa contribuire a
ridurre la compliance atriale sinistra durante la fase di reservoir.
In uno studio di confronto tra ipertesi e soggetti normali74 e
stato documentato che gli ipertesi avevano velocita minori (sia
al Doppler tessutale sia allo speckle tracking) con una riduzione
della funzione regionale, mentre lo strain globale non era in
media differente tra gli ipertesi e i controlli. Una riduzione dello
strain globale e stata osservata solamente in quei pazienti con il
maggior grado di rimodellamento legato all’ipertrofia che
presentavano anche un depresso midwall shortening.
In un recente studio75 sono stati valutati, utilizzando lo
speckle tracking bidimensionale, lo strain longitudinale, lo
strain radiale e quello circonferenziale in pazienti ipertesi con
diversi tipi di geometria ventricolare e un gruppo di soggetti
normali. Lo studio ha confermato come lo strain longitudinale
fosse ridotto in tutti i pazienti ipertesi76, e in particolare in
quelli con ipertrofia ventricolare sinistra, ma anche come lo
strain radiale fosse aumentato nei pazienti ipertesi con
geometria ventricolare normale e come questo aumento fosse
ridotto nei pazienti con ipertrofia e in quelli con rimodel-
lamento concentrico. L’aumento dello strain radiale negli
ipertesi normali non confermava l’ipotesi precedente di un suo
incremento quale compenso alla disfunzione longitudinale.
Infatti, nello studio di Kouzu et al.75 l’aumento dello strain
radiale non si associava a disfunzione longitudinale e andava
considerato compensatorio all’aumento dell’afterload.
E noto come gli usuali indici Doppler (sia basati sullo studio
del flusso sia sullo studio delle velocita tessutali) che valutano
la funzione diastolica siano carico-dipendenti, in quanto
studiano eventi verificantisi dopo l’apertura mitralica che
rappresentano fasi tardive del rilasciamento ventricolare.
Nell’ambito delle nuove metodiche non invasive che valutano
le fasi piu precoci del rilasciamento ventricolare, la torsione
ventricolare si sta rivelando la piu promettente77.
La rotazione di una sezione trasversale di ventricolo sinistro,
vista dall’apice, e rappresentata dall’angolo che si forma
passando dalla telediastole alla sistole, tra le linee radiali che
Fig. 6. Valutazione della rotazione globale del ventricolo sinistro normale
utilizzando la tecnica dello speckle tracking. Sezione trasversale dei ventricoli a
livello papillare. Subito dopo il QRS dell’elettrocardiogramma di riferimento
inizia la simultanea e coordinata rotazione antioraria dei vari segmenti.
Fig. 7. Valutazione della rotazione globale del ventricolo sinistro utilizzando la
tecnica dello speckle tracking in soggetto con cardiopatia ipertensiva e ipertrofia
miocardica. Sezione trasversale dei ventricoli a livello papillare. In blu e la
curva dei volumi. L’inizio della rotazione dei vari segmenti appare scoordinato e
sensibilmente ritardato dopo il QRS dell’elettrocardiogramma di riferimento.
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 85
uniscono il centro di quella sezione alle pareti ventricolari.
L’unita di misurazione della rotazione sono i gradi o radianti
(Fig. 6). La base e l’apice del ventricolo sinistro ruotano in
direzioni diverse. La torsione ventricolare sinistra o ‘‘twist’’
costituisce il gradiente medio longitudinale della differenza tra
la rotazione oraria (torsione antioraria o twisting) e la rotazione
antioraria (torsione oraria o untwisting) dell’apice ventricolare
e della base come visti dall’apice. La rotazione (twisting)
durante la fase di eiezione deforma la matrice delle fibre
oblique subendocardiche permettendo l’accumulo di energia
potenziale, che viene restituita nella fase di controrotazione
(untwisting) contribuendo al rilasciamento diastolico isovolu-
metrico e al riempimento precoce (suzione diastolica).
I termini ‘‘twist’’ e ‘‘torsion’’ si riferiscono allo stesso
fenomeno e sono utilizzati per definire il gradiente base-apice
dell’angolo di rotazione lungo l’asse longitudinale del ventricolo
sinistro, espresso in gradi per centimetro o radianti per metro.
Durante la contrazione isovolumetrica, l’apice ventricolare
sinistro mostra una breve rotazione oraria che si inverte
rapidamente e diventa antioraria durante la fase di eiezione
(Fig. 6). La rotazione antioraria in fase eiettiva e seguita dalla
controrotazione (rotazione oraria) apicale nella fase di diastole
isovolumetrica e in protodiastole. Al contrario dell’apice, la
rotazione della base e di minore entita e con opposta direzione.
Durante la contrazione isovolumetrica vi e una breve rotazione
antioraria, che e seguita da una rotazione oraria durante
l’eiezione e da una rotazione antioraria durante il rilasciamento
isovolumetrico e il riempimento protodiastolico.
Lo speckle tracking permette, oltre allo studio dello strain e
dello SR, anche quello della rotazione e della torsione. Lo
studio della torsione e stato applicato ai pazienti ipertesi78 e fu
rilevato come, sebbene il picco sistolico del twist non fosse
differente, l’untwisting protodiastolico durante il periodo di
rilasciamento isovolumetrico fosse marcatamente ritardato in
parallelo con la severita dell’ipertrofia ventricolare valutata con
la massa indicizzata. Gli autori concludono che tale comporta-
mento dell’untwisting nei pazienti con ipertrofia ventricolare
sinistra puo contribuire allo sviluppo delle anomalie di
rilasciamento ventricolare sinistro (Figg. 5 e 7).
Come si e detto per i parametri dell’ecocardiografia
tradizionale, anche per quelli di strain, twist e untwist, con
l’aumentare dell’esperienza e prevedibile un sempre maggior
coinvolgimento sia per raggiungere una diagnosi sempre piu
raffinata, sia per verificare l’efficacia dei trattamenti farmaco-
logici intrapresi.
9. Insufficienza cardiaca con frazione di eiezione
ventricolare sinistra conservata
Il riconoscimento sul piano clinico di HFNEF non e difficile:
l’associazione di segni e sintomi di insufficienza cardiaca con la
documentazione di FE normale o quasi normale (� 50%)
temporalmente piu vicina possibile all’episodio, ed eventual-
mente di un’ombra cardiaca radiologica non ingrandita e di
alcuni semplici segni ecocardiografici di disfunzione diastolica,
rappresentano indicatori molto forti di questo tipo di
insufficienza cardiaca disgiunta dalla disfunzione sistolica
ventricolare79. Nell’insufficienza cardiaca con FE conservata i
miociti sono piu voluminosi, contenendo maggiore quantita di
filamenti di miosina e actina, e tali filamenti sono piu spessi.
Inoltre la miosina e rappresentata in netta prevalenza dalla sua
isoforma V3, che, rispetto alle isoforme V1 e V2, eroga
contrazioni piu potenti ma piu lente, sia in fase attiva sia in fase
di risoluzione; reperto, questo, peraltro comune a quasi tutte le
forme di ipertrofia miocardica che non siano secondarie a
ipertiroidismo o a intenso allenamento fisico aerobico. La
stessa titina42,80–85, denominata terzo filamento del citoschele-
tro del cardiomiocita, e presente nella sua forma piu rigida, la
N2B, mentre nell’insufficienza cardiaca con bassa FE prevale la
isoforma piu elastica, la N2BA.
Non solo, ma l’attivita sul connettivo interstiziale delle
MMP sembra essere ridotta per maggior efficacia dei rispettivi
inibitori tessutali (TIMP), cosicche viene favorita la formazione
di pareti ventricolari piu spesse e piu rigide86–88.
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–9086
Da questo substrato morfologico dell’insufficienza cardiaca
con FE conservata si delineerebbe una funzione ventricolare
sinistra caratterizzata da una valida contrazione sistolica, ma
con problemi notevoli nella fase di rilasciamento diastolico, la
cui quantificazione appare complessa, anche nella scelta dei
parametri piu idonei a graduarne la severita e l’evoluzione verso
la fase terminale di scompenso cardiaco89–96.
Le fibre miocardiche dei fasci subendocardici e subepicar-
dici delle pareti ventricolari sinistre sono disposte obliqua-
mente dal piano atrioventricolare alla punta del cuore, ma
secondo direzioni ortogonali, e il loro accorciamento sistolico
produce un importante ispessimento lungo l’asse radiale97. Tale
effetto viene ancor piu accentuato in caso di rimodellamento
concentrico del ventricolo sinistro con apparentemente normale
spostamento telesistolico dell’endocardio anche quando, in
realta, la funzione contrattile miocardica e gia ridotta. Sarebbe
cosı giustificata la conservazione di una normale FE in presenza
di quadri clinici di insufficienza cardiaca98,99.
Altri autori96,100–102 riprendono tali concetti fisiopatologici
e propongono un test ergometrico per smascherare questa
latente insufficienza miocardica, che in termini sistolici e
rivelata da una riduzione dello sviluppo di strain parietale
longitudinale e radiale, una riduzione della velocita di
spostamento sull’asse longitudinale dell’anello mitralico, una
riduzione della rotazione (twist) apicale e della riserva
funzionale sistolica longitudinale. In termini diastolici, invece,
da un ritardato srotolamento (untwisting) miocardico, una
ridotta suzione ventricolare, piu elevate pressioni telediastoli-
che. Su queste linee concordano anche Wang et al.98, per i quali
le differenze fra insufficienza cardiaca sistolica e diastolica
sono, gia a riposo, fondamentalmente riconducibili al
comportamento della deformazione parietale circonferenziale
e al fenomeno dell’arrotolamento sistolico (entrambi normali
nell’insufficienza diastolica e ridotti in quella sistolica), mentre
la deformazione sistolica ventricolare longitudinale appare
compromessa precocemente in ambedue le forme di insuffi-
cienza. Interessante appare il sostegno apportato a queste tesi da
Phan et al.103 con metodi diversi di studio: essi segnalano in
pazienti HFNEF una diminuzione dell’energia miocardica
sviluppata sia durante il rilasciamento attivo sia durante la
contrazione, utilizzando la risonanza magnetica spettroscopica
con 31P e valutando il rapporto creatinfosfato/g-ATP. Inoltre in
quegli stessi pazienti un test ergometrico mostrava una
disfunzione endoteliale responsabile di una sostanziale fissita
del rapporto recupero-elastico-arterioso/recupero-elastico-tele-
sistolico, sia di base sia durante sforzo, per mancata caduta del
primo fattore durante l’esercizio.
E qui s’inserisce un nuovo elemento funzionale: l’intera-
zione del cuore con tutto il sistema vascolare, del resto gia
avanzato da qualche anno come correlazione inversa fra le
velocita tessutali sistoliche e diastoliche al TDI con il
postcarico e con gli indici di resistenza vascolare siste-
mici104–107.
Con cateterismo cardiaco destro e valutazione eco tran-
storacica del rapporto E/E’ a riposo e durante esercizio al
cicloergometro in posizione supina Maderer et al.101 hanno
osservato che, rispetto ai soggetti di controllo, i pazienti
HFNEF raggiungevano valori elevati di pressione capillare
polmonare per carichi di lavoro notevolmente piu bassi a causa
di un aumento delle resistenze vascolari sistemiche e un piu
basso volume di gittata, ma non c’era corrispondenza fra le
pressioni capillari polmonari e il rapporto E/E’. Questi dati, tra
l’altro, confermerebbero che il rapporto E/E’ a riposo risulta piu
alto nei soggetti HFNEF che nei controlli, ma esso non riflette
una correlazione con la pressione capillare polmonare come
avviene nei soggetti HFREF. Verosimilmente intervengono piu
complesse e sottili alterazioni della funzione ventricolare, per
interazione tra un ventricolo di ridotto volume poco distendibile
e un sistema arterioso anch’esso piuttosto rigido.
Lo stesso gruppo di Borlaug, ritornando sull’argomento64,94,
ha fornito ulteriori prove sul collegamento fra disfunzione
endoteliale e disfunzione ventricolare in HFNEF, nel senso che
l’esercizio induceva sia ridotta funzione cardiaca sia ridotta
riserva di vasodilatazione arteriolare periferica. Veniva cosı
dimostrato un collegamento ulteriore fra eventi fisiopatologici
di natura diversa coinvolgenti l’intero sistema cardiovascolare,
e non la sola conseguenza di una disfunzione diastolica.
A questo punto considerare la HFNEF come una pura e
semplice manifestazione di insufficienza cardiaca diastolica
appare effettivamente una soluzione piuttosto semplicistica a
un problema molto complesso che interessa l’intero apparato
cardiovascolare.
10. Conclusioni
Vale comunque la pena ricapitolare i punti fondamentali
della disfunzione diastolica del ventricolo sinistro, perche a
nostro avviso essi disegnano un aggiornamento di morfologia e
di fisiopatologia cardiaca che non puo essere ignorato dal
cardiologo. La pompa ventricolare, infatti, sarebbe costituita da
un’unica larga banda muscolare di fasci disposti obliquamente,
che origina dall’anello valvolare dell’arteria polmonare per
terminare attorno all’orifizio aortico, circondando gli orifizi
atrioventricolari con un movimento a spirale lungo l’asse
longitudinale dei ventricoli. In tal modo i fasci obliqui che la
compongono vengono a sovrapporsi in senso ortogonale nella
formazione del ventricolo sinistro, allorche dopo essere discesi
dalla base alla punta (fasci superficiali subepicardici) si
riflettono su se stessi per risalire (fasci profondi subendocar-
dici) e raggiungere l’ostio aortico108.
La parete miocardica del ventricolo sinistro alla fine sarebbe
formata da fasci di fibre muscolari sovrapposti con orienta-
mento a elica dal piano atrioventricolare del cuore verso la
punta: obliqui verso sinistra i fasci subepicardici, obliqui verso
destra i fasci subendocardici. Il fascio di fibre medio-parietale
ha invece un orientamento circonferenziale97. Questa dispo-
sizione anatomica rende ragione del fatto che la contrazione
sistolica comporti una torsione (twist o arrotolamento) del
ventricolo sinistro sul suo asse longitudinale, che, per effetto
della piu efficace azione dinamica dei fasci obliqui piu esterni
con maggiore raggio di curvatura (subepicardici) sugli interni
con minore raggio di curvatura (subendocardici), viene vista
dall’apice avvenire in senso antiorario nelle porzioni apicali e
in senso orario nelle porzioni basali. I fasci circonferenziali
G. Gambelli et al. / Journal of Cardiovascular Echography 22 (2012) 74–90 87
medio-parietali, invece, contribuiscono a sviluppare in sistole
un importante ispessimento della parete capace di nascondere
un deficit contrattile dei fasci subendocardici e, quindi, di
mascherare una latente o iniziale loro insufficienza contrattile,
come appunto avviene nell’insufficienza cardiaca diastolica
che coinvolge elettivamente i fasci subendocardici al suo
esordio. Si giustificherebbe in questo modo il riscontro di una
FE � 50% in soggetti con segni clinici gia presenti di
insufficienza cardiaca sistolica.
Questa stessa valorizzazione funzionale della stratificazione
dei fasci muscolari che compongono la parete ventricolare
sinistra rende ragione del riscontro strumentale di segni di
disfunzione diastolica in presenza di un’apparentemente
conservata funzione sistolica (almeno finche quest’ultima
valutazione viene effettuata sulla base della sola FE � 50%).
Infatti, la disfunzione dei fasci subendocardici, mascherata in
sistole dalla piu efficace torsione indotta dalla contrazione dei
fasci subepicardici, si manifesta in protodiastole con un
rallentato srotolamento (untwisting) di quelle stesse strutture,
che si trasforma sul piano emodinamico in un ritardato
riempimento ventricolare con perdita del meccanismo di
suzione, cui contribuisce in maniera significativa anche la
funzione meccanica della titina. Questa, infatti, se durante la
sistole viene compressa a dimensioni inferiori a quelle sue
proprie nelle condizioni di riposo, perderebbe progressiva-
mente la normale capacita di ridistendersi di scatto alla fine
della sistole meccanica e avviare la distensione isovolumetrica
dei miociti83.
La comparsa di ipertrofia ventricolare puo inizialmente
anche accentuare i descritti fenomeni di arrotolamento e
srotolamento ventricolare109, ma ben presto cominciano a
manifestarsi gli effetti della connessa disfunzione del
microcircolo coronarico, che invariabilmente accompagna
quasi tutte le forme di ipertrofia miocardica110. Appare quindi
estremamente verosimile che essa sia ancora alla base della
precoce disfunzione contrattile degli strati subendocardici (i piu
esposti della rete capillare intramiocardica per motivi
meccanici). All’ipossia conseguente e riconducibile la varie-
gata quantita di disfunzioni e alterazioni locali intra ed
extramiocitarie sia sistoliche sia diastoliche14,86–88. Con la
comparsa di una disfunzione diastolica i fenomeni di torsione si
riducono e il rallentato srotolamento opera maggiormente sui
parametri di rilasciamento protodiastolico111–113.
Si disegna, cosı, un percorso evolutivo corrispondente al
progressivo interessamento dei fasci muscolari parietali del
ventricolo, dai subendocardici ai subepicardici. Non solo, ma
diventa anche piu facilmente spiegabile perche le velocita anulari
mitraliche lungo l’asse longitudinale, che rispecchiano soprat-
tutto la funzione dei fasci subendocardici, siano ridotte per prime
nei pazienti con HFNEF, sia di base sia durante esercizio114,115.
Il problema, allora, e costituito dalla scelta del parametro
funzionale, la LVEF, che viene considerata lo specchio effettivo
della funzione sistolica, di cui invece rappresenta un indicatore
meno strettamente correlato.
La soluzione del complesso problema fisiopatologico
dell’insufficienza cardiaca con normale FE in chiave esclusi-
vamente di fisiopatologia diastolica appare sicuramente
suggestiva, ma occorre riconoscere che troppi elementi portano
a un coinvolgimento dell’intero apparato cardiovascolare, ove
rimodellamento ventricolare, resistenze periferiche, funzione
endoteliale, rigidita parietale dell’intero apparato vascolare
svolgono ancora un ruolo fondamentale. Ci sembra soprattutto
che il valore di FE � 50%, considerato come elemento
discriminante per identificare come una forma a se stante
l’insufficienza cardiaca con FE conservata, rappresenti un
elemento inadeguato, in quanto facilmente ottenibile anche da
un miocardio gia disfunzionante nella fase sistolica, con
possibilita di ulteriore evoluzione successiva. I dati preliminari
ottenuti con lo speckle tracking sembrano confortanti in questo
senso, ma chiaramente richiedono ancora tante conferme.
Il problema, dunque, e ancora aperto e la ricerca di ulteriori
parametri di valutazione della riserva arteriolare sistemica e
della funzione ventricolare, diastolica e sistolica, in maniera
semplice ma esaustiva, ripetibile e non invasiva, sollecita in
maniera fin troppo esplicita chi si occupa di ecocardiografia
dell’insufficienza cardiaca a insistere nell’applicarsi.
Conflitto di interesse
Gli autori dichiarano di non aver nessun conflitto di interessi.
Finanziamenti allo studio
Gli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti
istituzionali per il presente studio.
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