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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA Dipartimento di Chirurgia generale e Specialità Medico-Chirurgiche Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Presidente: Prof. Agostino Palmeri Fabrizio Stancanelli CARDIOTOCOGRAFIA E GESTIONE INTRAPARTUM DEI TRACCIATI DI CATEGORIA II: VERSO UNA STANDARDIZZAZIONE DELLE CURE Tesi di Laurea Relatore: Chiar.mo Prof.re Marco Panella Copyright © Fabrizio Stancanelli - http://stancanelli.altervista.org

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA Dipartimento di Chirurgia generale e Specialità Medico-Chirurgiche

Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Presidente: Prof. Agostino Palmeri

Fabrizio Stancanelli

CARDIOTOCOGRAFIA E GESTIONE INTRAPARTUM DEI TRACCIATI DI CATEGORIA II: VERSO UNA

STANDARDIZZAZIONE DELLE CURE

Tesi di Laurea

Relatore: Chiar.mo Prof.re Marco Panella

Copyright © Fabrizio Stancanelli - http://stancanelli.altervista.org

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A nonna Paola

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INDICE

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE Pag. 7

1.1 Cenni storici Pag. 8

1.2 Cardiotocografia e modalità di esecuzione Pag. 10

1.3 Parametri della Cardiotocografia Pag. 15

1.3.1 Linea di base della frequenza cardiaca fetale (FCF - FHR) Pag. 16

1.3.2 Accelerazioni e decelerazioni Pag. 17

1.3.3 Variabilità Pag. 23

1.4 Classificazione dei tracciati cardiotocografici Pag. 25

1.5 Valutazione del benessere neonatale Pag. 31

CAPITOLO 2

MATERIALI E METODI Pag. 35

CASI CLINICI Pag. 36

RISULTATI Pag. 47

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CAPITOLO 3

DISCUSSIONE Pag. 48

3.1 Gestione intrapartum dei tracciati di categoria II Pag. 49

3.1.1 Gestione della tachicardia fetale Pag. 51

3.1.2 Gestione delle decelerazioni tardive Pag. 51

3.1.3 Gestione delle decelerazioni variabili Pag. 52

3.1.4 Gestione delle decelerazioni prolungate e della bradicardia fetale Pag. 52

3.1.5 Gestione della variabilità minima Pag. 53

3.2 Verso una standardizzazione delle cure Pag. 54

CONCLUSIONI Pag. 58

BIBLIOGRAFIA Pag. 60

Ringraziamenti Pag. 65

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ABBREVIAZIONI – ACRONIMI

CTG: Cardiotocografia

ECG: Elettrocardiogramma

FCF: Frequenza Cardiaca Fetale

FHR: Fetal Heart Rate

BCF: Battito Cardiaco Fetale

bpm: battiti per minuto

ACU: Attività Contrattile Uterina

fD: frequenza Doppler

PROM: Rottura Prematura Delle Membrane

UTIN: Unità di Terapia Intensiva Neonatale

NICHD: National Institute of Child Health and Human Development

ACOG: American College of Obstetricians and Gynecologists

AJOG: American Journal of Obstetrics & Gynecology

SOGC: Society of Obstetricians and Gynaecologists of Canada

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RIASSUNTO

In questa tesi si è voluto discutere della cardiotocografia (CTG), una metodica

utilizzata in ostetricia e ginecologia che, sfruttando la fisica degli ultrasuoni, permette

la registrazione simultanea del battito cardiaco fetale (BCF) e dell'attività contrattile

uterina. Dall’esame cardiotocografico si ottiene un tracciato che, essendo un valido

indice del benessere fetale, rappresenta un punto cardine del monitoraggio in periodo

antepartum e intrapartum.

Sono stati descritti i parametri della cardiotocografia che permettono di

classificare i tracciati all’interno di tre categorie e gli approcci ospedalieri da tenere di

fronte a queste ultime. È possibile riscontrare tracciati nella norma (categoria I) e

tracciati patologici (categoria III). Per quanto riguarda i cosiddetti tracciati “dubbi”

(categoria II), ci si è voluti soffermare al fine di delineare una guida ad atteggiamenti

standard che possano essere impiegati nella pratica ostetrica in sala parto.

Dopo aver effettuato una descrizione di interessanti casi clinici al fine di ottenere

una visione globale dell’attuale gestione dei tracciati cardiotocografici di categoria II,

si è deciso di proporre metodi alternativi alla chirurgia (taglio cesareo). Tali metodi,

rappresentati dalle tecniche di rianimazione intrauterina, applicati ad una gestione dei

tracciati di categoria II secondo l’algoritmo presentato in questa tesi, permetterebbero

modificazioni del battito cardiaco fetale in modo tale da far rientrare i tracciati “dubbi”

all’interno della categoria I e ridurre il tasso di tagli cesarei.

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CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

La cardiotocografia (CTG) è una metodica utilizzata in ostetricia e ginecologia per la

registrazione simultanea del battito cardiaco fetale (BCF) e dell'attività contrattile

uterina; per tale scopo essa sfrutta la fisica degli ultrasuoni. Il risultato di tale esame è

un tracciato cardiotocografico che attualmente rappresenta il mezzo diagnostico più

diffuso per la valutazione del benessere fetale mediante la descrizione di eventi ipossici

che riguardano il feto, in relazione alle contrazioni dell’utero in periodo antepartum e

intrapartum [1-2].

Molti sistemi di interpretazione dei tracciati cardiotocografici sono stati proposti

e utilizzati negli Stati Uniti e nel mondo. Sulla base di un'attenta revisione delle opzioni

disponibili, le ultime linee guida propongono un sistema a tre categorie per la

classificazione dei tracciati cardiotocografici e ogni tracciato ricade all’interno di una

delle tre categorie proposte e serve a valutare il feto nel preciso istante in cui la

cardiotocografia viene effettuata.

Benché gli approcci ospedalieri di fronte a tracciati nella norma (categoria I) e

tracciati patologici (categoria III) siano ormai stati chiariti, ancora poco chiaro risulta

il trattamento e il comportamento da tenere di fronte ai cosiddetti tracciati “dubbi”

(categoria II). Scopo di questa tesi, dopo aver effettuato le dovute ricerche, è quello di

aggiornare e delineare la guida ad atteggiamenti standard che vengano impiegati nella

pratica ostetrica in sala parto.

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1.1 Cenni storici

Il battito cardiaco fetale (BCF) fu individuato nel 1600 dal fisico francese Marsac e

descritto successivamente dal collega Philippe Le Gaust. Questa scoperta è passata

inosservata fino al 1818, quando Mayor individuò e descrisse il suono del cuore fetale

appoggiando un orecchio su un addome materno. In quel secolo l’auscultazione del

battito cardiaco fetale rappresentò una grande innovazione: il feto non fu più visto

come essere inscindibile dalla madre bensì come entità singola, presente e percepibile.

Il 26 Dicembre 1821, un medico francese, Jacques

Alexandre Le Jumeau de Kergaradec (Figura 1), pubblicò il

primo lavoro scientifico sull’auscultazione del battito

cardiaco fetale. Egli fu il primo a suggerire che

l'auscultazione del cuore fetale può essere stima del

benessere del feto. Le sue osservazioni furono una

rivoluzione per quel tempo, e da lì a poco si cominciò a

considerare il feto come “soggetto” e non più come “oggetto” [2].

Nel 1906 Cremer descrisse l'uso dell'elettrocardiografia in ambito fetale,

mediante uno strumento che utilizzava conduttori elettrici transvaginali, e nel 1958 lo

statunitense Edward Hon, considerato il padre della moderna cardiotocografia,

mediante una registrazione istantanea da un addome materno, mostrò ai colleghi un

ECG fetale. Edward Hon, misurò gli intervalli R-R di un tracciato ECG e li convertì

matematicamente in frequenza, ovvero battiti per minuto (bpm).

Figura 1

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Alla metà del 1900, dagli studi di Edward Hon, si prese spunto per arrivare a descrivere

la variabilità dei patterns della frequenza cardiaca fetale (FCF), dagli americani

descritta come Fetal Heart Rate (FHR), associata a differenti gradi di sofferenza fetale

[3]. Nel 1968 si deve a Konrad Hammacher l’introduzione nella pratica clinica del

primo cardiotocografo commerciale.

Negli anni successivi, la cosiddetta “sofferenza fetale” fu definita come

“diminuzione della frequenza cardiaca fetale e fuoriuscita di meconio durante il parto”.

Lo standard per la valutazione del benessere fetale intrapartum, prima ancora

dell'introduzione della cardiotocografia nella pratica clinica, era rappresentato

dall’auscultazione intermittente dei toni cardiaci fetali e dal campionamento del pH a

seguito di un prelievo ematico dallo scalpo fetale.

Dall’avvento della cardiotocografia, ginecologi e ostetrici hanno riposto molto

interesse e grande entusiasmo nei confronti di una metodica che sembrava poter dare

la possibilità concreta di conoscere le fasi iniziali di un eventuale deterioramento della

salute del feto, e quindi di intervenire precocemente in modo efficace [3].

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1.2 Cardiotocografia e modalità di esecuzione

Una corretta registrazione della frequenza cardiaca fetale (FCF) prevede un sistema di

misurazione costituito dal cardiotocografo e da un software. Il cardiotocografo è lo

strumento che, mediante rilevatori ad ultrasuoni, permette la registrazione simultanea

del battito cardiaco fetale e dell'attività contrattile uterina. Il software analizza e

registra le informazioni catturate dai rilevatori e ne permette la stampa su carta.

Gli ultrasuoni sono onde meccaniche sonore. Tali onde, a differenza dei

fenomeni acustici udibili dall’orecchio umano (frequenze comprese tra 20 Hertz e 20

KHz), hanno frequenze superiori e quindi non percepibili dall’uomo. Come tutte le

onde meccaniche sonore, anche gli ultrasuoni rispondono al cosiddetto effetto

Doppler: quando un fascio di ultrasuoni emesso da un trasduttore (T) incontra

un’interfaccia (I), esso è in parte riflesso ed in parte rifratto. Il fascio ultrasonico sarà

riflesso con la stessa frequenza alla quale è stato emesso se l’interfaccia che incontra

è ferma. Qualora l’interfaccia dovesse essere in movimento, la frequenza del fascio di

ritorno sarà diversa e in particolar modo maggiore se l’interfaccia è in avvicinamento

e minore se l’interfaccia è in allontanamento. La differenza di frequenza tra fascio

emesso e fascio riflesso si chiama “shift Doppler” o “frequenza Doppler” (fD).

Nella pratica ostetrica, l’effetto Doppler è utile per valutare sia il battito cardiaco

fetale, sia la velocità e la direzione del flusso sanguigno nel circolo fetale e, in

particolar modo, le frequenze di emissione utilizzate per la cardiotocografia sono

comprese tra due e cinque milioni di Hertz (2 – 5 MHz) [4].

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Rivolgendo il fascio di ultrasuoni verso il cuore fetale, attraverso l’addome materno,

l’interfaccia sarà rappresentata delle valvole cardiache fetali il cui movimento

determinerà l’effetto Doppler. L’apertura e la chiusura delle valvole cardiache

determineranno suoni udibili in quanto la fD risultante sarà al di sotto dei 16 kHz.

Contando il numero dei suoni in un minuto, l’intervallo tra un suono ed il successivo

verrà trasformato in frequenza e registrato in funzione del tempo (Figura 2) [4].

La FCF può essere calcolata con il rapporto tra il tempo (t), corrispondente ad un

minuto (60.000 msec) e il Periodo (P), corrispondente all’intervallo tra un suono ed il

successivo.

FCF = t / P

Se, ad esempio, l’intervallo tra un suono ed il successivo dovesse essere pari a 500

msec, la frequenza risultante sarà 120 bpm; se il successivo intervallo dovesse essere

pari a 400 msec, la frequenza sarà di 150 bpm. Poiché, durante la registrazione, gli

intervalli di tempo tra un suono ed il successivo si modificano continuamente, di

conseguenza anche la frequenza ne risulterà modificata [4].

Figura 2

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In realtà, nel tracciato cardiografico, la traccia continua che delinea la frequenza

cardiaca fetale risulta dall’unione di singoli punti ottenuti dalla media delle frequenze

rilevate tra uno e cinque battiti cardiaci: il primo punto sarà dato dalla media delle

frequenze rilevate dal primo battito al quinto; il secondo punto sarà dato dalla media

delle frequenze rilevate dal secondo battito al sesto; il terzo punto sarà dato dalla media

delle frequenze rilevate dal terzo battito al settimo, e così via. Il risultato che si ottiene

è rappresentato da una traccia continua in cui le frequenze risultano in funzione del

tempo. La traccia potrà apparire diversa a seconda che la carta scorra più o meno

velocemente, anche se generalmente si usano velocità di scorrimento di uno o due

centimetri al minuto.

La cardiotocografia, inoltre, valuta e registra l’attività contrattile uterina (ACU).

Attualmente viene utilizzato un metodo di rilevazione esterno mediante il

tocodinamometro, strumento che permette la registrazione di un grafico ottenuto con

la misurazione dalle variazioni della consistenza e della deformazione della parete

uterina, in relazione ai movimenti fetali e alle contrazioni durante il travaglio di parto.

Alla registrazione e all’analisi da parte del sofware, segue la stampa su carta di

un tracciato rappresentativo dell’ossigenazione fetale in relazione alle contrazioni

uterine. Considerato che lo spazio intervilloso (spazio cavernoso compreso nella

placenta) è irrorato da arteriole e venule che originano dalla circolazione uterina,

l’inizio di una contrazione costringe il tessuto muscolare uterino in una morsa che

occlude i vasi che portano sangue verso tale spazio. Tenendo conto che le arteriole

hanno una pressione di circa 60 - 70 mmHg, mentre le venule 30 - 40 mmHg, durante

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una prima fase, la contrazione raggiunge una pressione che equipara quella delle

venule (circa 40 mmHg) determinandone l’occlusione; le arteriole invece rimangono

pervie. Avviene così un blocco del deflusso sanguigno e un aumento dell’afflusso che

si traduce in una iperossigenazione dello spazio intervilloso. In una seconda fase, con

il crescere della contrazione, si raggiunge una pressione che equipara anche quella

delle arteriole, determinandone l’occlusione. Mantenendosi il blocco del deflusso,

avviene così anche un blocco dell’afflusso sanguigno allo spazio intervilloso. Alla fine

della contrazione, sia il sistema arterioso che venoso ritornano pervi.

Il meccanismo fisiologico appena descritto determina una breve “apnea” che si

realizza all’apice della contrazione. È chiaro che un feto normalmente ossigenato sia

in grado di sopportare tale stress, avendo a disposizione una riserva di ossigeno

garantita dall’iperossigenazione della prima fase. Un feto che invece ha esaurito le

proprie riserve, come avviene in condizioni di iposviluppo, distacco di placenta o

IUGR (ritardo di crescita intrauterino), invece non è in grado di sopportare tale stress.

In questo caso, all’arrivo della contrazione uterina, il tracciato cardiotocografico

registrerà patterns indicativi di sofferenza fetale.

Importante, ancor prima di iniziare la registrazione del tracciato

cardiotocografico, è effettuare la calibratura dello strumento. Ciò permette di

posizionare il pennino scrivente su carta ad un livello prefissato che permetterà di

definire la “linea di base” del tracciato, livello che sarà poi mantenuto costante da

registrazione a registrazione.

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Per quanto concerne la modalità di esecuzione della cardiotocografia, è previsto che la

paziente sia posta in decubito supino e che la sonda ad ultrasuoni e il tocodinamometro

siano fissati con cinture elastiche all’addome materno (Figura 3). La sonda va

posizionata in rapporto alla discesa della parte presentata, mentre il tocodinamometro

va posizionato in corrispondenza del terzo superiore del corpo dell’utero.

Durante il corso della registrazione è bene ricontrollare la tensione delle cinture

elastiche di fissaggio poiché i movimenti della donna e in particolare la flessione delle

cosce sull’addome possono determinarne modificazioni in termini di qualità [5].

Inoltre, mediante alcuni accorgimenti da parte dell’operatore, è possibile ridurre del

40% l’incidenza dei cosiddetti “tracciati decelerativi” [6].

Figura 3

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1.3 Parametri della Cardiotocografia

Verso la fine degli anni ‘90 il National Institute of Child Health and Human

Development (NICHD), alla luce di risultati contrastanti riguardanti l’interpretazione

del tracciato cardiotocografico e il riconoscimento precoce di segni di ipossia fetale,

ha proposto alcune definizioni che possano aiutare il ginecologo nella valutazione.

Sono stati quindi individuati e descritti i parametri fondamentali nella valutazione del

tracciato cardiotocografico, in modo da poter utilizzare un linguaggio comune per

ricercatori e operatori sanitari [6 - 7]. I parametri individuati sono:

o Linea di base della frequenza cardiaca fetale (FCF – FHR)

o Presenza di accelerazioni e decelerazioni

o Variabilità

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1.3.1 Linea di base della frequenza cardiaca fetale (FCF - FHR)

Il primo parametro cardiotocografico di cui bisogna tener conto nell’analisi della FCF

(in lingua inglese Fetal Heart Rate) è la cosiddetta “linea di base” (Tabella 1), la cui

accurata determinazione è necessaria ai fini dell’identificazione di accelerazioni e

decelerazioni e dunque della variabilità della FCF stessa. La linea di base è la media

della frequenza cardiaca fetale arrotondata con incrementi di 5 battiti al minuto durante

un periodo di 10 minuti, escluse marcate variazioni della frequenza cardiaca fetale

corrispondenti a più di 25 battiti al minuto. Si parla di bradicardia qualora la FCF

dovesse essere inferiore a 110 battiti al minuto. Si parla invece di tachicardia qualora

la FCF dovesse essere superiore a 160 battiti al minuto [6 - 7].

Baseline

• The mean FHR rounded to increments of 5 beats per minute during a 10 minute

segment, excluding:

o Periodic or episodic changes

o Periods of marked FHR variability

o Segments of baseline that differ by more than 25 beats per minute

• The baseline must be for a minimum of 2 minutes in any 10-minute segment, or

the baseline for that time period is indeterminate. In this case, one may refer to

the prior 10-minute window for determination of baseline.

• Normal FHR baseline: 110–160 beats per minute

• Tachycardia: FHR baseline is greater than 160 beats per minute

• Bradycardia: FHR baseline is less than 110 beats per minute

Tabella 1: Electronic Fetal Monitoring Definitions – ACOG Practice Bulletin 116 – 2010

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1.3.2 Accelerazioni e decelerazioni

Le accelerazioni (Tabella 2) sono momenti del tracciato CTG nei quali si osservano

bruschi aumenti della frequenza cardiaca fetale. Prima delle 32 settimane di

gestazione, si definiscono accelerazioni i momenti caratterizzati da 10 battiti al minuto

sopra la linea di base, per un tempo superiore a 10 secondi. Dopo 32 settimane di

gestazione, si definiscono accelerazioni i momenti caratterizzati da 15 battiti al minuto

sopra la linea di base, per un tempo superiore a 15 secondi e inferiore a 2 minuti. Si

definisce inoltre “accelerazione prolungata” un aumento della frequenza cardiaca

fetale sopra la linea di base per un tempo superiore a 2 minuti e minore di 10 minuti

(una durata superiore è indice di un cambiamento della linea di base) [7].

Acceleration

• A visually apparent abrupt increase (onset to peak in less than 30 seconds) in the

FHR

• At 32 weeks of gestation and beyond, an acceleration has a peak of 15 beats per

minute or more above baseline, with a duration of 15 seconds or more but less

than 2 minutes from onset to return.

• Before 32 weeks of gestation, an acceleration has a peak of 10 beats per minute

or more above baseline, with a duration of 10 seconds or more but less than 2

minutes from onset to return.

• Prolonged acceleration lasts 2 minutes or more but less than 10 minutes in

duration.

• If an acceleration lasts 10 minutes or longer, it is a baseline change.

Tabella 2: Electronic Fetal Monitoring Definitions – ACOG Practice Bulletin 116 - 2010

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Le decelerazioni, invece, sono momenti del tracciato CTG nei quali si osserva

una diminuzione della frequenza cardiaca fetale, con successivo ritorno alla linea di

base. In relazione alla morfologia, le decelerazioni si classificano in “uniformi” e

“variabili”. Le decelerazioni uniformi inoltre si classificano in “precoci” e “tardive”.

La decelerazione precoce (Tabella 3) si caratterizza per un raggiungimento del

nadir (punto più basso raggiunto dalla decelerazione) in un tempo inferiore o uguale a

30 secondi, e inoltre si associa alle contrazioni uterine, infatti l’insorgenza, il nadir e

il ritorno alla linea di base coincidono rispettivamente con l'inizio, il picco e la fine

della contrazione uterina [6]. Gli studi in cui sono stati messi a confronto tracciati con

decelerazioni precoci e tracciati senza tali decelerazioni, non hanno rilevato alcuna

correlazione con esiti neonatali negativi, dunque si può affermare che tali decelerazioni

non rappresentano segno di patologia.

Early deceleration

• Visually apparent usually symmetrical gradual decrease and return of the FHR

associated with a uterine contraction.

• A gradual FHR decrease is defined as from the onset to the FHR nadir of 30

seconds or more.

• The decrease in FHR is calculated from the onset to the nadir of the deceleration.

• The nadir of the deceleration occurs at the same time as the peak of the

contraction.

• In most cases the onset, nadir, and recovery of the deceleration are coincident

with the beginning, peak, and ending of the contraction, respectively.

Tabella 3: Electronic Fetal Monitoring Definitions – ACOG Practice Bulletin 116 - 2010

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La decelerazione tardiva (Tabella 4) si caratterizza per un raggiungimento del

nadir in un tempo superiore a 30 secondi, e inoltre l’insorgenza, il nadir e il ritorno alla

linea di base si presentano rispettivamente dopo l'inizio, il picco e la fine della

contrazione [6].

La presenza di decelerazioni tardive ricorrenti si pensa possano riflettere una

transitoria o cronica insufficienza utero-placentare [8]. Le cause più comuni

comprendono ipotensione materna (in seguito a epidurale), tachisistole uterina (cinque

o più contrazioni in 10 minuti che si ripetono per un totale di 30 minuti) e ipossia

materna.

Late deceleration

• Visually apparent usually symmetrical gradual decrease and return of the FHR

associated with a uterine contraction.

• A gradual FHR decrease is defined as from the onset to the FHR nadir of 30

seconds or more.

• The decrease in FHR is calculated from the onset to the nadir of the deceleration.

• The deceleration is delayed in timing, with the nadir of the deceleration occurring

after the peak of the contraction.

• In most cases, the onset, nadir, and recovery of the deceleration occur after the

beginning, peak, and ending of the contraction, respectively.

Tabella 4: Electronic Fetal Monitoring Definitions – ACOG Practice Bulletin 116 – 2010

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La decelerazione variabile (Tabella 5) è una brusca diminuzione della FCF a

morfologia variabile, caratterizzata da almeno 15 battiti sotto la linea di base per un

tempo superiore a 15 secondi e inferiore a 2 minuti. La relazione temporale con la

contrazione è variabile [6].

In un tracciato cardiotocografico, la presenza di decelerazioni variabili

intermittenti (decelerazioni inferiori per numero al 50% delle contrazioni uterine),

spesso non richiede trattamento ed è associata ad un normale esito neonatale. La

presenza invece di decelerazioni variabili ricorrenti (decelerazioni superiori per

numero al 50% delle contrazioni uterine), richiede tecniche di rianimazione

intrauterina, in quanto è indicativa di imminente acidosi metabolica [9 - 10 - 11].

Variable deceleration

• Visually apparent abrupt decrease in FHR.

• An abrupt FHR decrease is defined as from the onset of the deceleration to the

beginning of the FHR nadir of less than 30 seconds.

• The decrease in FHR is calculated from the onset to the nadir of the deceleration.

• The decrease in FHR is 15 beats per minute or greater, lasting 15 seconds or

greater, and less than 2 minutes in duration.

• When variable decelerations are associated with uterine contractions, their onset,

depth, and duration commonly vary with successive uterine contractions.

Tabella 5: Electronic Fetal Monitoring Definitions – ACOG Practice Bulletin 116 - 2010

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Le decelerazioni variabili possono essere ulteriormente suddivise in decelerazioni

tipiche e decelerazioni atipiche (Figura 4). Queste ultime sono correlate con una

prognosi neonatale peggiore [7]. Indici che permettono di classificare una

decelerazione variabile come atipica sono:

o Decelerazione minore di 70 bpm per un tempo superiore a 60 secondi;

o Perdita dell’accelerazione prima e dopo la decelerazione;

o Lento ritorno alla linea di base;

o Dopo la decelerazione, ritorno ad una linea di base ad un livello inferiore;

o Perdita di variabilità nella decelerazione;

o Decelerazione bifasica;

o Dopo la decelerazione segue un’accelerazione prolungata di 20 bpm oltre la linea

di base per un tempo superiore a 20 secondi;

Figura 4

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Nell’ambito delle decelerazioni, inoltre è bene ricordare la definizione di

“decelerazione prolungata” (Tabella 6). Si tratta di un decremento della FCF al di sotto

della linea di base per un tempo compreso tra 2 e 10 minuti (una durata superiore è

indice di cambiamento della linea di base e quindi di bradicardia fetale) [7].

L’intervento clinico è indicato ancor prima di poter fare distinzione tra decelerazione

prolungata e bradicardia fetale, dunque la gestione in entrambi i casi è simile e

immediata. Decelerazioni prolungate o bradicardia fetale si verificano in corso di

tachisistole, ipotensione materna (in seguito a epidurale), occlusione o prolasso del

cordone ombelicale, rapida discesa del feto, distacco di placenta e rottura uterina.

Prolonged deceleration

• Visually apparent decrease in the FHR below the baseline.

• Decrease in FHR from the baseline that is 15 beats per minute or more, lasting 2

minutes or more but less than 10 minutes in duration.

• If a deceleration lasts 10 minutes or longer, it is a baseline change.

Tabella 6: Electronic Fetal Monitoring Definitions – ACOG Practice Bulletin 116 - 2010

È importante, prima di segnalare una decelerazione, controllare la qualità di

registrazione. È plausibile considerare erronee decelerazioni della FCF di 35 bpm

seguite, nei successivi 10 minuti da un’analoga risalita della FCF, attribuendo tale

evento alla temporanea registrazione della frequenza cardiaca materna. Mediante

alcuni accorgimenti da parte dell’operatore, è possibile ridurre del 40% l’incidenza dei

cosiddetti “tracciati decelerativi” [6].

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23

1.3.3 Variabilità

La variabilità (Tabella 7) è stata definita come l’insieme delle fluttuazioni della FCF

registrate in un tempo superiore ad un minuto. Queste fluttuazioni sono variabili in

ampiezza e frequenza e sono visibilmente identificabili. Se l'ampiezza non è rilevabile,

allora nella descrizione dell’esame è giusto indicare “assenza di variabilità”; se

l'ampiezza è rilevabile, ma consiste in meno di 6 battiti al minuto, allora è giusto

indicare “presenza di variabilità minima”; se l'ampiezza varia tra 6 e 25 battiti al

minuto, allora è giusto indicare “presenza di variabilità moderata”; se l’ampiezza è

maggiore di 25 battiti al minuto, è necessario indicare “variabilità marcata”. Inoltre, la

presenza di un andamento sinusoidale della FCF va rilevato e annotato, in quanto un

andamento sinusoidale differisce per definizione dal concetto di variabilità [7].

Baseline variability

• Fluctuations in the baseline FHR that are irregular in amplitude and frequency

• Variability is visually quantitated as the amplitude of peak-to-trough in beats per

minute.

o Absent - amplitude range undetectable

o Minimal - amplitude range detectable but 5 beats per minute or fewer

o Moderate (normal) - amplitude range 6–25 beats per minute

o Marked - amplitude range greater than 25 beats per minute

Tabella 7: Electronic Fetal Monitoring Definitions – ACOG Practice Bulletin 116 – 2010

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La variabilità della frequenza cardiaca fetale ha grande importanza clinica in

quanto permette una stima della capacità di adattamento del cuore del feto. Diversi

fattori fisiologici esercitano un’influenza sulla variabilità della FCF.

Uno dei più importanti è l’interazione tra l’attività del sistema nervoso simpatico e

parasimpatico sul nodo del seno. Il sistema nervoso simpatico, esercita un effetto

cronotropo positivo, mentre il sistema nervoso parasimpatico ha un’azione opposta

[12]. Anche i movimenti respiratori (flussi di liquido tracheale in entrata e in uscita)

e i movimenti generalizzati corporei influenzano la FCF, determinando modificazione

della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e dunque della variabilità. In corso

di movimenti respiratori, si verifica un aumento della linea di base della FCF e un

incremento della variabilità, mentre in corso di movimenti generalizzati corporei pur

verificandosi un aumento della linea di base della FCF, si registra una riduzione della

variabilità. La variabilità cambia inoltre con le fasi di sonno fetale o gli stati di veglia,

e può passare da moderata a minima e viceversa; invece se ne osserva un incremento

con l’avanzamento dell’epoca gestazionale [13].

La presenza di una variabilità minima deve far pensare a potenziali cause come

fasi del sonno fetale, l’uso di farmaci (oppioidi, solfato di magnesio) o acidosi

metabolica fetale [14 - 15 - 16].

Un ciclo di sonno fetale generalmente dura 20 minuti, ma può persistere fino a

60 minuti. Terminato tale periodo, al completamento del ciclo di sonno fetale, la

variabilità deve tornare moderata.

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1.4 Classificazione dei tracciati cardiotocografici

È importante conoscere come il tracciato cardiotocografico fornisca informazioni

riguardanti il benessere del feto e permetta di diagnosticare una eventuale ipossia fetale

che può essere responsabile di acidosi metabolica, danno cerebrale o morte fetale.

Molti sistemi di interpretazione dei tracciati cardiotocografici sono stati proposti

e utilizzati negli Stati Uniti e nel mondo. Sulla base di un'attenta revisione delle opzioni

disponibili, le ultime linee guida propongono un sistema a tre categorie per la

classificazione dei tracciati cardiotocografici. Ogni tracciato cardiotocografico ricade

all’interno di una delle tre categorie di classificazione e serve a valutare il feto nel

preciso istante in cui esso viene registrato; tuttavia i patterns di tali tracciati possono

variare nel tempo. Un tracciato cardiotocografico quindi può trovarsi in una o in

un’altra categoria a seconda della situazione clinica e delle eventuali strategie di

gestione utilizzate [9].

Durante il travaglio, ogni tracciato deve essere periodicamente valutato e

documentato da personale medico e sanitario (medici, medici ginecologi, infermieri e

ostetriche), in relazione allo stato clinico ed eventuali fattori di rischio sottostanti [17].

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1.4.1 Categoria I

I tracciati cardiotocografici facenti parte della categoria I (Tabella 8), al momento

dell’osservazione, si associano ad un normale stato acido-base del feto [9].

Category I

Category I FHR tracings include all of the following:

• Baseline rate: 110–160 beats per minute

• Baseline FHR variability: moderate

• Late or variable decelerations: absent

• Early decelerations: present or absent

• Accelerations: present or absent

Tabella 8: Three Fetal Heart Rate Interpretation System – ACOG Practice Bulletin 116 – 2010

Si tratta di tracciati in cui la frequenza cardiaca fetale è compresa tra i 110 e i 160 bpm,

si ha la presenza di variabilità moderata (fluttuazioni della frequenza cardiaca in

ampiezza di 6-25 bpm), possibile presenza di accelerazioni e decelerazioni precoci e

assenza di decelerazioni tardive o variabili.

I tracciati della categoria I possono essere monitorati regolarmente, senza

particolari accorgimenti e senza la necessità di alcuna azione specifica. Durante le

prime fasi del travaglio la frequenza cardiaca fetale dovrebbe essere riesaminata ogni

30 minuti, invece nelle fasi successive ogni 15 minuti [17].

Cambiamenti di gestione e particolari accorgimenti vanno attuati in presenza di

tracciati di categoria II o III [10].

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1.4.2 Categoria II

I tracciati cardiotocografici facenti parte della categoria II (Tabella 9) non sono

predittivi di anormale stato acido-base del feto, tuttavia i patterns di tali tracciati non

ne permettono la catalogazione nella categoria I [9].

Category II

Category II FHR tracings include any of the following:

Baseline rate

• Bradycardia not accompanied by absent baseline variability

• Tachycardia

Baseline FHR variability

• Minimal baseline variability

• Absent baseline variability with no recurrent decelerations

• Marked baseline variability

Accelerations

• Absence of induced accelerations after fetal stimulation

Periodic or episodic decelerations

• Recurrent variable decelerations accompanied by minimal or moderate baseline variability

• Prolonged deceleration more than 2 minutes but less than10 minutes

• Recurrent late decelerations with moderate baseline variability

• Variable decelerations with other characteristics such as slow return to baseline, overshoots, or “shoulders”

Tabella 9: Three Fetal Heart Rate Interpretation System – ACOG Practice Bulletin 116 – 2010

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28

I tracciati di categoria II si classificano per caratteristiche quali:

o Presenza di alterazioni della linea di base caratterizzata da una bradicardia non

accompagnata da variabilità assente o da una tachicardia.

o Presenza di alterazioni della variabilità consistenti in assenza di variabilità

moderata ma piuttosto variabilità assente, minima o marcata.

o Assenza di accelerazioni spontanee o indotte.

o Presenza di decelerazioni tardive o variabili che si presentano occasionalmente o

periodicamente, accompagnate da normale variabilità.

I tracciati di categoria II richiedono un interesse, una sorveglianza e una rivalutazione

costanti, tenendo conto dell'insieme di circostanze cliniche associate. A seconda della

situazione clinica, è possibile modificare i patterns di tali tracciati mediante interventi

di rianimazione intrauterina riguardanti la madre, cui seguono una costante

rivalutazione e una documentazione di eventuali cambiamenti della FCF.

Benché gli approcci ospedalieri di fronte a tracciati nella norma (categoria I) e

tracciati patologici (categoria III), siano ormai stati chiariti, ancora poco chiaro risulta

il trattamento e il comportamento da tenere di fronte ai cosiddetti tracciati “dubbi”

(categoria II). La gestione delle specifiche anomalie dei tracciati di categoria II è

oggetto di discussione di questa tesi.

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1.4.3 Categoria III

I tracciati cardiotocografici facenti parte della categoria III (Tabella 10) sono associati

con anormale stato acido-base del feto, al momento dell'osservazione.

I tracciati di categoria III sono associati ad un rischio di acidosi neonatale, danno

cerebrale, paralisi cerebrale e morte fetale, nonostante il valore predittivo, secondo il

quale tali tracciati diano un esito neurologico anormale, sia scarso [18].

Category III

Category III FHR tracings include either

• Absent baseline FHR variability and any of the following:

- Recurrent late decelerations

- Recurrent variable decelerations

- Bradycardia

• Sinusoidal pattern

Tabella 10: Three Fetal Heart Rate Interpretation System – ACOG Practice Bulletin 116 – 2010

I tracciati di categoria III si classificano per caratteristiche quali:

o Presenza di decelerazioni tardive ricorrenti associate ad assenza di variabilità

o Presenza di decelerazioni variabili ricorrenti associate ad assenza di variabilità

o Bradicardia associata ad assenza di variabilità

o Presenza di un pattern sinusoidale

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30

A seconda della situazione clinica, è possibile modificare i patterns di tali tracciati

mediante interventi di rianimazione intrauterina riguardanti la madre, cui seguono una

costante rivalutazione e una documentazione di eventuali cambiamenti della FCF. Se

un tracciato facente parte della categoria III non dovesse rientrare entro i parametri di

normalità mediante gli accorgimenti presi, sarà necessario procedere in tempi brevi

alla preparazione della sala operatoria, del personale e al lavaggio da parte del chirurgo

al fine di intervenire tempestivamente con l’espletamento del parto mediante taglio

cesareo [10].

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1.5 Valutazione del benessere neonatale

La cardiotocografia è stata introdotta nella pratica clinica con lo scopo di ridurre

l’incidenza delle più gravi complicanze dell’ipossia fetale e dell’acidosi metabolica,

ovvero il danno e la paralisi cerebrale, l’handicap neuro-psicomotorio e la morte

perinatale. Di conseguenza questi eventi rappresentano indicatori di esito. Tuttavia

mentre i dati di mortalità perinatale sono immediatamente disponibili, studi finalizzati

alla valutazione dell’efficacia della cardiotocografia nel prevenire gli esiti neurologici

che si verificano durante la crescita del bambino sono di difficile esecuzione a causa

di un follow-up troppo lungo. Risulta invece più semplice valutare il benessere

neonatale mediante indicatori intermedi che possano attestare uno stato acido/base

normale del feto e dunque un buon esito del travaglio di parto. Se al ginecologo spetta

la valutazione del benessere fetale mediante la cardiotocografia, al neonatologo spetta

la valutazione del benessere neonatale.

Appena ultimato il travaglio di parto, Il neonato viene consegnato alle cure del

neonatologo il quale, dopo aver svolto la prima assistenza al neonato (recisione del

cordone ombelicale, disostruzione delle vie aeree, profilassi di malattia emorragica,

lavaggio e asciugatura), ha il compito di valutare il benessere neonatale mediante il pH

del sangue prelevato dal cordone ombelicale e il calcolo dell’indice di “Apgar”.

Il primo rappresenta un metodo diretto nella valutazione dell’ipossia neonatale, il

secondo invece rappresenta un metodo indiretto.

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L’indice di Apgar prende il nome da Virginia Apgar, un’anestesista statunitense che

nel 1952 mise a punto un metodo utile per valutare l’adattamento del neonato alla vita

extrauterina e che riflette, oltre determinati eventi patologici avvenuti in corso di

gravidanza, anche l’andamento del tracciato cardiotocografico in periodo intrapartum.

L’indice di Apgar prende in esame cinque diversi parametri; ad ogni parametro viene

assegnato un valore compreso tra 0 e 2 in modo da ottenere un punteggio totale

compreso tra 0 e 10 (Tabella 11).

0 punti

1 punto

2 punti

Frequenza cardiaca Assente < 100 bmp > 100 bmp

Respirazione Assente Debole o irregolare Vigorosa con pianto

Tono Muscolare Assente Flessione accennata Movimenti attivi

Riflessi Assenti Scarsi Starnuto, tosse

Colorito Cianotico o Pallido Estremità cianotiche Normale

Tabella 11: Schema di Apgar per la valutazione del benessere neonatale

o Punteggio tra 7 e 10: neonato entro la norma

o Punteggio tra 4 e 7: depressione neonatale moderata

o Punteggio tra 0 e 3: depressione neonatale grave

Il test viene effettuato a 1, 5 e 10 minuti di vita del neonato e va ripetuto anche oltre,

fino a quando il neonato non si stabilizza in modo da ottenere un punteggio pari a 10.

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Diversi studi hanno dimostrato una correlazione tra patterns cardiotocografici

patologici e rischio di acidosi o basso punteggio di Apgar alla nascita.

Uno studio del 2006 riportato dal Journal of Maternal - Fetal and Neonatal

Medicine dimostra la relazione tra la presenza di decelerazioni tardive e acidosi

neonatale (pH < 7.15) o punteggio di Apgar misurato a 5 minuti < 7 [11]. Lo stesso

studio poi considera tale relazione prendendo in esame i tracciati caratterizzati anche

da variabilità minima della FCF (Tabella 12). Lo studio confronta i risultati ottenuti con

decelerazioni tardive severe e con decelerazioni tardive lievi. Le decelerazioni tardive

severe sono state associate ad un pH < 7.15 e un punteggio di Apgar < 7 in 35 casi su

55 (64%); invece le decelerazioni tardive lievi sono state associate ad un pH < 7.15 e

un punteggio di Apgar < 7 in 3 casi su 119 (3%). Inoltre se si prendono in analisi solo

i casi in cui vi è la presenza di variabilità minima della FCF, si nota come le

decelerazioni tardive severe si associno a un pH < 7.15 e un punteggio di Apgar < 7 in

28 casi su 28 (100%); invece le decelerazioni tardive lievi si associano a un pH < 7.15

e un punteggio di Apgar < 7 in 0 casi su 33 (0%).

Presenza di variabilità minima non attestata

Presenza di variabilità minima attestata

Decelerazioni Tardive severe 64% (35/55) 100% (28/28)

Decelerazioni Tardive lievi 3% (3/119) 0% (0/33)

Tabella 12: Associazione tra decelerazioni tardive e acidosi (pH < 7.15) o Apgar < 7

È dunque chiaro come la cardiotocografia risulti essere un indice utile a valutare il

benessere fetale e indirettamente anche quello neonatale.

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Per quanto riguarda l’eventuale associazione tra patterns cardiotocografici patologici

e rischio di danno cerebrale e handicap neuro-psicomotorio, alcuni studi hanno

esaminato i fattori di rischio per lo sviluppo della paralisi cerebrale e non hanno

riscontrato alcuna associazione significativa. Dopo 30 anni di ricerche e studi si è

giunti alla conclusione che l’utilizzo della cardiotocografia, per quanto riguarda la

paralisi cerebrale, non ha portato a una diminuzione significativa dell’incidenza e non

rappresenta uno strumento di “prevenzione” in tal caso. Tuttavia dagli stessi studi si

evince come l’uso della cardiotocografia abbia incrementato il ricorso ai tagli cesarei

(Figura 5) [19 - 20].

Figura 5: The prevalence of Cerebral Palsy and the rate of Cesarean Delivery in Developed Countries

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CAPITOLO 2

MATERIALI E METODI

Al fine di descrivere il management di un tracciato cardiotocografico di categoria II

ed inoltre valutare le varie differenze tra un approccio di attesa e un approccio

chirurgico di fronte a tale evenienza, è stata eseguita una revisione della letteratura

scientifica su PUBMED, utilizzando specifiche parole chiave (Cardiotocography;

CTG; fetal heart rate tracing; FHR monitoring; CTG management; CTG

nomenclature; CTG guidelines), e sono stati passati in rassegna numerosi lavori

scientifici. Si è ottenuta così la possibilità di studiare e documentare la storia,

l’evoluzione, l’utilizzo clinico, la descrizione e le ultime linee guida in termini di

interpretazione e management riguardanti la cardiotocografia, metodica che,

permettendo la registrazione simultanea del battito cardiaco fetale e dell'attività

contrattile uterina, attualmente rappresenta un aiuto indispensabile per la valutazione

del benessere fetale e la diagnosi di ipossia fetale in ostetricia.

Si è inoltre proceduto alla descrizione, mediante “case report”, di interessanti

casi clinici, facenti parte del periodo compreso tra l’1 Gennaio 2015 e il 30 Giugno

2015, tratti da un’accurata ricerca tra le numerose cartelle cliniche del reparto di

Ginecologia e Ostetricia dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria “Policlinico –

Vittorio Emanuele” di Catania, al fine di ottenere una visione globale dell’attuale

gestione dei tracciati cardiotocografici di categoria II.

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CASI CLINICI

Primo caso clinico

Numero di cartella: 009*** (censura necessaria per il mantenimento della privacy)

Data di ingresso: 25/02/2015

Data di remissione: 01/03/2015

Diagnosi di ingresso: Seconda gravidanza alla 41° settimana di amenorrea.

La paziente lamenta algie pelviche.

Ore 22:00: Rottura spontanea delle membrane.

CTG in corso e normoreattivo. BCF presente e regolare.

Ore 22:55: Comparsa di saltuarie decelerazioni (Figura 6)

Figura 6

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Ore 23:10: Collo centralizzato, appianato all’80%, dilatazione 5cm.

Presenza di bradicardia fetale persistente (Figura 7).

Ore 23:30: Data la presenza di bradicardia fetale e di decelerazioni

si decide, in accordo con la paziente, di espletare il

parto mediante taglio cesareo.

Terapia / Intervento: Laparotomia trasversale sovrapubica, Taglio cesareo

transperitoneale con incisione trasversale sul segmento

uterino inferiore.

Ore 23:45: Si assiste alla nascita di bambino di sesso maschile.

Indice di Apgar: 10

Figura 7

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Secondo caso clinico

Numero di cartella: 009*** (censura necessaria per il mantenimento della privacy)

Data di ingresso: 02/03/2015

Data di remissione: 06/03/2015

Diagnosi di ingresso: Seconda gravidanza alla 36° settimana di amenorrea.

PROM a domicilio da circa 20 ore.

Ore 20:30: Collo intermedio, appianato al 60%, pervio al dito.

CTG in corso. BCF presente e regolare.

Attività contrattile uterina (ACU) irregolare.

Ore 21:00: Data la rottura prematura delle membrane da circa 20

ore, il reperto ostetrico invariato e l’attività contrattile

uterina irregolare, in accordo con la paziente, si inizia

l’induzione del travaglio di parto mediante applicazione

endovaginale di prostaglandine (Propess).

Ore 22:30: CTG in corso e normoreattivo. BCF presente e regolare.

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Ore 00:05: Collo centralizzato, appianato all’80%, dilatazione 4cm.

CTG in corso. BCF presente. Comparsa di saltuarie

decelerazioni (Figura 8). Si rimuove Propess.

Ore 00:30: Presenza di decelerazioni e bradicardia fetale (Figura 9).

Figura 8

Figura 9

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40

Ore 00:45: Data la presenza di bradicardia fetale e di decelerazioni

si decide, in accordo con la paziente, di espletare il

parto mediante taglio cesareo.

Terapia / Intervento: Laparotomia trasversale sovrapubica, Taglio cesareo

transperitoneale con incisione trasversale sul segmento

uterino inferiore.

Ore 01:00: Si assiste alla nascita di bambino di sesso femminile.

Indice di Apgar: 10

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Terzo caso clinico

Numero di cartella: 012*** (censura necessaria per il mantenimento della privacy)

Data di ingresso: 22/03/2015

Data di remissione: 26/03/2015

Diagnosi di ingresso: Prima gravidanza alla 41° settimana di amenorrea.

La paziente lamenta algie pelviche.

Ore 9:00: Rottura delle membrane.

Collo centralizzato, appianato al 60%, pervio al dito.

CTG in corso. BCF presente e regolare.

Attività contrattile uterina (ACU) irregolare.

Ore 10:30 Data l’elevata intensità del dolore (VAS: 9), in accordo

con l’anestesista si procede all’inserimento del catetere

epidurale (parto - analgesia).

Ore 11:30: Dato il reperto ostetrico invariato e l’attività contrattile

uterina irregolare, in accordo con la paziente, si inizia

infusione con ossitocina.

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Ore 14:00: CTG in corso. BCF presente.

Comparsa di saltuarie decelerazioni (Figura 10)

Ore 14:15: Data la presenza di bradicardia fetale e di decelerazioni

si decide, in accordo con la paziente, di espletare il

parto mediante taglio cesareo.

Terapia / Intervento: Laparotomia trasversale sovrapubica, Taglio cesareo

transperitoneale con incisione trasversale sul segmento

uterino inferiore.

Ore 19:35: Si assiste alla nascita di bambino di sesso maschile.

Indice di Apgar: 10

Figura 10

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Quarto caso clinico

Numero di cartella: 014*** (censura necessaria per il mantenimento della privacy)

Data di ingresso: 05/04/2015

Data di remissione: 08/04/2015

Diagnosi di ingresso: Prima gravidanza alla 39° settimana di amenorrea.

La paziente lamenta algie pelviche.

Ore 19:00: Rottura delle membrane.

Collo centralizzato, appianato al 60%, dilatazione 3cm.

CTG in corso. BCF presente su tracciato di allarme con

decelerazioni (Figura 11).

Figura 11

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44

Ore 19:20: Presenza di bradicardia fetale persistente (Figura 12).

Ore 19:25: Data la bradicardia fetale si decide, previo consenso

informato, di espletare il parto mediante taglio cesareo

d’urgenza.

Terapia / Intervento: Laparotomia trasversale sovrapubica, Taglio cesareo

transperitoneale con incisione trasversale sul segmento

uterino inferiore.

Ore 19:35: Si assiste alla nascita di bambino di sesso maschile.

Indice di Apgar: 9

Figura 12

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45

Quinto caso clinico

Numero di cartella: 086*** (censura necessaria per il mantenimento della privacy)

Data di ingresso: 28/06/2015

Data di remissione: La paziente è ancora in reparto durante lo studio.

Diagnosi di ingresso: Seconda gravidanza alla 42° settimana di amenorrea.

Paziente affetta da ipertensione arteriosa gestazionale.

Gravidanza insorta con ICSI (tecnica di fecondazione

medicalmente assistita).

Ore 21:00: Collo posteriore, raccorciato del 30%, pervio al dito.

CTG in corso e normoreattivo. BCF presente e regolare.

Ore 22:00: Data l’epoca gestazionale, in accordo con la paziente, si

inizia l’induzione del travaglio di parto mediante

applicazione endovaginale di prostaglandine (Propess).

Ore 06:00: CTG in corso e normoreattivo. BCF presente e regolare.

Ore 12:00: CTG in corso e normoreattivo. BCF presente e regolare.

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46

Ore 14:00: Reperto ostetrico invariato. Membrane integre.

Tracciato poco reattivo. Presenza di variabilità minima.

Attività contrattile uterina (ACU) irregolare (Figura 14).

Ore 14:30: Data la persistenza nel tracciato di variabilità minima,

reperto ostetrico invariato, assenza di accelerazioni, si

decide, in accordo con la paziente, di espletare il parto

mediante taglio cesareo.

Terapia / Intervento: Laparotomia trasversale sovrapubica, Taglio cesareo

transperitoneale con incisione trasversale sul segmento

uterino inferiore.

Ore 14:45: Si assiste alla nascita di bambino di sesso femminile.

Indice di Apgar: 9

Figura 14

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47

RISULTATI

Dopo aver analizzato numerosi lavori scientifici riguardanti la cardiotocografia, 38 di

questi, hanno attirato la nostra attenzione. Da questi ultimi abbiamo tratto la maggior

parte delle fonti con cui è stata redatta questa tesi. Si è scelto di dare precedenza a

lavori scientifici pubblicati nel periodo compreso tra il 2005 e il 2015 senza però

tralasciare anche lavori antecedenti a partire dal 1980, dato l’oggetto di studio quale la

cardiotocografia, esame che possiede ormai profonde radici nella pratica ostetrica. Tali

lavori focalizzano l’attenzione sulla gestione dei tracciati cardiotocografici, in

particolar modo sulle manovre che è possibile compiere di fronte alla categoria II, sui

rischi dell’attesa e su un eventuale preferenza di tali manovre rispetto a un affrettato

ricorso alla chirurgia.

Inoltre dopo aver visionato un numero di 654 cartelle cliniche, facenti parte del

periodo compreso tra l’1 Gennaio 2015 e il 30 Giugno 2015, è stata effettuata una

differenziazione tra cartelle di carattere ostetrico e cartelle di carattere ginecologico al

fine di indirizzarci esclusivamente verso la ricerca di tracciati cardiotocografici di

classe II. È stato possibile valutare come, nella pratica clinica, i tracciati di categoria

II rappresentino per i ginecologi una “zona grigia” in cui la prevenzione di un evento

sfavorevole, come la progressione verso un tracciato di categoria III (patologico), sia

il fattore principale che induce a prediligere un approccio chirurgico.

Scopo di questa tesi, dopo aver offerto un “case report” di interessanti casi

clinici, non vuole essere quello di giudicare la gestione dei tracciati cardiotocografici

di categoria II, bensì quello di offrire una guida aggiornata ad atteggiamenti standard

che possano essere seguiti ancor prima di giungere alla chirurgia.

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48

CAPITOLO 3

DISCUSSIONE

Nel 2008, un gruppo di ricercatori del National Institute of Child Health and Human

Development (NICHD) ha proposto un sistema di classificazione uniforme della

cardiotocografia includendo i vari tracciati cardiotocografici all’interno di tre categorie

sulla base di caratteristiche ben definite della frequenza cardiaca fetale [9]. Questo ha

rappresentato universalmente un primo passo adottato nella pratica clinica, per definire

da una parte il significato dei vari patterns cardiotocografici, e dall’altra l’inizio di una

standardizzazione della gestione di tali tracciati.

Dopo quel momento, il secondo passo è stato compiuto dal Congresso americano

di Ostetrici e Ginecologi (ACOG), il quale ha pubblicato le linee guida per la gestione

specifica dei tracciati cardiotocografici facenti parte della categoria I (normale) e della

categoria III (patologico). I primi sono gestiti in modo conservativo e non richiedono

particolare attenzione da parte del personale sanitario; gli altri invece richiedono

un’attenzione maggiore e trovano come indicazione un tempestivo intervento

chirurgico mediante taglio cesareo [10]. Per quanto riguarda la gestione dei tracciati

cardiotocografici di categoria II, per più dell’80% di essi le linee guida ACOG si sono

rivelate meno precise. Ciò rispecchia anche un valore predittivo relativamente basso

per quanto concerne il rischio di ipossia/acidosi correlato a tali tracciati [11].

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49

3.1 Gestione intrapartum dei tracciati di categoria II

I tracciati di categoria II richiedono un interesse, una sorveglianza e una rivalutazione

costanti. La gestione dei tracciati di categoria II rappresenta la questione più

importante nel monitoraggio della frequenza cardiaca fetale e, in termini di urgenza

nel trattamento, è probabilmente seconda solo al parto pretermine.

Nel 2011, negli Stati Uniti, il tasso complessivo di parto cesareo ha superato il

32% e, in alcuni ospedali, ha anche superato il 50% di tutte le nascite [21]. Dopo la

distocia e le indicazioni primarie al taglio cesareo, che rappresentano i principali

motivi di un elevato tasso di interventi chirurgici, i tracciati cardiotocografici di classe

II e III concorrono ad un incremento della frequenza di tali interventi [22 – 23]. Per i

tagli cesarei c'è una vasta lista di indicazioni primarie, alcune delle quali variano tra

ospedale e ospedale [23]. Tuttavia, mentre le indicazioni primarie al taglio cesareo

sono piuttosto chiare, la preoccupazione da parte dei ginecologi di fronte ai tracciati di

categoria II è forse l'indicazione meno definita e oggi si pensa che questa osservazione

sia direttamente correlata alla mancanza di protocolli di gestione per i patterns di

categoria II [24]. Le linee guida infatti, in riferimento a questi tracciati, non danno

specifiche raccomandazioni ma solo indicazioni generali rappresentate dalle tecniche

di rianimazione intrauterina, interventi sulla madre che permettono di modificare i

patterns cardiotocografici, in modo che essi possano tornare nella norma e rientrare

nella categoria I [25].

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50

Presentiamo ora una lista delle tecniche di rianimazione intrauterina che è possibile

effettuare per modificare i tracciati di categoria II. È bene valutarne anche l’impiego

di fronte vari patterns quali tachicardia fetale, decelerazioni tardive, decelerazioni

variabili, decelerazioni prolungate e variabilità minima. Tali tecniche sono:

o Modificare la posizione della madre (decubito laterale) [26 - 27 - 28].

o Somministrare in bolo 500 – 1000 mL di soluzione di Ringer lattato (soluzione

isotonica con il sangue contenente cloruro di sodio, cloruro di potassio, cloruro di

calcio, bicarbonato di sodio e lattato)

o Somministrare ossigeno alla madre, tenendo conto che una somministrazione

prolungata di ossigeno potrebbe essere nociva per il feto. Non esistono invece

sufficienti prove riguardo possibili rischi correlati all’utilizzo di ossigeno per un

breve periodo. Somministrare dunque 10 L/min di O2 per almeno 15 minuti.

o Se clinicamente appropriato effettuare un controllo della cervice per valutare la

progressione del travaglio di parto ed effettuare una stimolazione dello scalpo

fetale (15 secondi di strofinamento con un dito esploratore), metodica che potrebbe

determinare un’accelerazione della frequenza cardiaca fetale [29 – 30].

o In presenza di ipercontrattilità uterina, ridurre o sospendere la somministrazione di

farmaci ossitocici. Se l’ipercontrattilità persiste somministrare 0,25 mg di

Terbutalina per via sottocutanea.

o In presenza di oligoidramnios o liquido amniotico tinto di meconio effettuare

l’amnio-infusione (somministrazione di una soluzione di Ringer lattato)

o Se la madre va in ipotensione, evento che può verificarsi a seguito dell’uso di un

anestetico epidurale, somministrare 5 mg di Efedrina in bolo, il cui effetto è anche

quello di incrementare la frequenza cardiaca fetale [31].

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51

3.1.1 Gestione della tachicardia fetale

Ricordiamo che, secondo le linee guida ACOG, la tachicardia fetale, definita come una

frequenza cardiaca fetale superiore a 160 bpm della durata di almeno 10 minuti, fa

rientrare i tracciati cardiotocografici all’interno della categoria II. Quando si presenta

una tachicardia fetale è bene indagare sulle cause che possono essere riconducibili a

infezioni (corionamniosite, pielonefrite, altre infezioni materne), uso di farmaci

(Terbutalina, Cocaina, altri stimolanti), disturbi medici materni (ipertiroidismo) e

condizioni ostetriche (distacco di placenta o sanguinamento fetale). La gestione del

tracciato prevede un trattamento nei confronti delle cause sottostanti che hanno

determinato il quadro di tachicardia fetale [10].

3.1.2 Gestione delle decelerazioni tardive

La presenza di decelerazioni tardive ricorrenti si pensa possa riflettere una transitoria

o cronica insufficienza utero-placentare [8]. Le cause più comuni comprendono

ipotensione materna (in seguito ad esempio a epidurale), tachisistole uterina e ipossia

materna. La gestione di tali patterns comporta tecniche di rianimazione intrauterina

atte a promuovere la perfusione utero-placentare. Tra le tecniche abbiamo

cambiamenti di posizione della madre (preferibilmente decubito laterale),

somministrazione di una soluzione di Ringer lattato in bolo (soluzione isotonica con il

sangue contenente cloruro di sodio, cloruro di potassio, cloruro di calcio, bicarbonato

di sodio e lattato), somministrazione di ossigeno, e trattamento di una eventuale

tachisistole qualora fosse presente [32].

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3.1.3 Gestione delle decelerazioni variabili

In un tracciato cardiotocografico, la presenza di decelerazioni variabili intermittenti

spesso non richiede trattamento ed è associata ad un normale esito neonatale. La

presenza invece di decelerazioni variabili ricorrenti richiede tecniche di rianimazione

intrauterina, in quanto è indicativa di imminente acidosi metabolica fetale [9 - 10 - 11].

La gestione delle decelerazioni variabili ricorrenti dovrebbe essere diretta a ridurre la

compressione del cordone ombelicale. Tra le tecniche di rianimazione intrauterina

abbiamo i cambiamenti di posizione della madre (preferibilmente decubito laterale) e

l’amnioinfusione, metodica che ha dimostrato di ridurre il ripetersi di decelerazioni

variabili, così come il tasso di tagli cesarei per “sospetta sofferenza fetale" [32 - 33].

3.1.4 Gestione delle decelerazioni prolungate e della bradicardia fetale

Di fronte a un pattern con decelerazioni prolungate l’intervento clinico è indicato ancor

prima di poter capire se si tratti in realtà di decelerazioni prolungate o di una

bradicardia fetale, dunque la gestione in entrambi i casi è simile e immediata.

Decelerazioni prolungate e bradicardia fetale si verificano in corso di tachisistole,

ipotensione materna (in seguito a epidurale), occlusione o prolasso del cordone

ombelicale, rapida discesa del feto, distacco di placenta e rottura uterina.

Il trattamento di un tracciato di categoria II con decelerazioni prolungate o

bradicardia è diretto alla risoluzione delle cause sottostanti che hanno generato questo

quadro. Sarà necessario controllare la variabilità: se le decelerazioni prolungate non si

risolvono o la bradicardia presenta una variabilità minima o addirittura assente allora

bisogna intervenire tempestivamente con il taglio cesareo [18].

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53

3.1.5 Gestione della variabilità minima

La variabilità della frequenza cardiaca fetale di base deve essere valutata al fine di

valutare meglio un reale rischio di acidosi metabolica fetale. Se la variabilità della

frequenza cardiaca fetale è minima e la causa sospetta è la diminuzione

dell'ossigenazione fetale, le tecniche di rianimazione intrauterina, quali cambiamenti

di posizione della madre (preferibilmente decubito laterale), la somministrazione di

ossigeno o la somministrazione di una soluzione di Ringer lattato in bolo, possono

rivelarsi utili. Se non si verifica alcun miglioramento della variabilità della frequenza

cardiaca fetale dopo l’applicazione di queste misure, si può procedere alla stimolazione

dello scalpo fetale o a una stimolazione vibro-acustica [27].

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3.2 Verso una standardizzazione delle cure

Tenendo conto dell'insieme di circostanze cliniche associate, il valore predittivo per

quanto concerne il rischio di ipossia/acidosi correlato alla categoria II si mantiene

comunque relativamente basso. Possiamo dunque affermare che un tracciato di

categoria II non è né normale né patologico. Vale a dire che se si rilevano accelerazioni

della frequenza cardiaca fetale o la presenza di una variabilità moderata, è improbabile

che il feto sia attualmente in condizioni di acidosi metabolica; se accelerazioni

cardiache fetali sono assenti e la variabilità è minima o assente, il rischio di acidosi

metabolica fetale aumenta [11]. Dunque è ormai certo che di fronte un tracciato di

categoria II, il cui pattern non si modifica nonostante l’impiego di tecniche di

rianimazione intrauterina, un’attesa troppo prolungata possa rivelarsi

controproducente e far sì che esso evolva verso la categoria III, evento che si associa

ad un aumento del rischio di acidosi metabolica e una diminuzione del punteggio di

Apgar, oltre che ad un aumento dei ricoveri in Unità di Terapia Intensiva Neonatale

(UTIN). Nella gestione dei tracciati di categoria II, dunque è bene tener conto anche

della variante Tempo (T) [34].

Quanto segue è un tentativo di fornire un quadro di riferimento per la gestione

dei tracciati cardiotocografici di categoria II tenendo conto della variante Tempo (T).

Tali raccomandazioni sono basate sulle ultime evidenze disponibili e sono dirette ad

ottimizzare gli esiti fetali senza un significativo aumento dei tassi di taglio cesareo.

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Decelerazioni significative nell'arco di 60 minuti

Presenza di variabilità moderata o accelerazioni

Persistenza del pattern

Taglio cesareo

Decelerazioni significative nell'arco di 30 minuti

Rivaluta secondo

algoritmo

Secondo stadio

Fase latente Fase attiva

Progressione normale

Progressione normale

Osservare per 60 minuti

Osserva Taglio cesareoTaglio cesareo Osserva

Presentiamo un algoritmo per la gestione dei tracciati di categoria II proposto

dall’American Journal of Obstetrics & Gynecology (AJOG), premettendo che, qualora

il pattern di un tracciato di categoria II dovesse modificarsi rientrando nella categoria

I o III, tale algoritmo non potrà essere applicato.

SI NO

SI NO SI NO

NO SI NO SI SI NO

Come illustrato in figura 15, è ragionevole avviare la gestione di un tracciato di

categoria II valutando la presenza di variabilità moderata e di accelerazioni, in modo

da escludere immediatamente il rischio di acidosi metabolica.

Figura 15: Algorithm for management of category II fetal heart rate tracings - AJOG 2013

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Per i tracciati in cui variabilità moderata e accelerazioni sono presenti, l'attenzione si

sposta a valutare il rischio di acidosi in relazione alla presenza di decelerazioni

significative (decelerazioni tardive, variabili, prolungate) nell’arco di 60 minuti.

Qualora queste fossero presenti, la gestione sarà diversa secondo le fasi del travaglio

di parto e più precisamente primo stadio (fase latente e fase attiva) e secondo stadio.

Il primo stadio è il periodo che intercorre dall’inizio delle contrazioni e della

dilatazione cervicale fino al secondo stadio. La durata del primo stadio varia da donna

a donna. Le primipare raggiungono il secondo stadio entro 18 ore in media, invece la

maggior parte delle pluripare entro 12 ore. Durante la fase latente del travaglio, le

contrazioni uterine diventano dolorose e la dilatazione della cervice si estende fino a 4

cm [35]. Con la presenza di decelerazioni significative durante questa fase, l’algoritmo

ci indirizza verso l’esecuzione di un taglio cesareo.

Durante la fase attiva del travaglio, invece, le contrazioni uterine diventano

regolari e la dilatazione della cervice raggiunge progressivamente i 10 cm [35]. Con

la presenza di decelerazioni significative durante questa fase, in relazione alla normale

prosecuzione del travaglio o all’arresto, si può decidere se attendere o intervenire con

un taglio cesareo.

Il secondo stadio è il periodo che intercorre dalla completa dilatazione della

cervice uterina all’espulsione del feto. Anche la durata del secondo stadio varia da

donna a donna. Nelle primipare il secondo stadio si completa entro un’ora in media,

invece nella maggior parte delle pluripare entro trenta minuti [36]. Con la presenza di

decelerazioni significative durante questa fase, in relazione alla normale prosecuzione

del travaglio o all’arresto, si può decidere se attendere o intervenire con un taglio

cesareo.

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Di fronte a tracciati di categoria II che non presentano variabilità moderata o

accelerazioni e in presenza di significative decelerazioni, la variante tempo (T), entro

il quale si decide di intervenire o attendere, si riduce a 30 minuti. La presenza di

significative decelerazioni, in tal caso indicano un rischio elevato di acidosi metabolica

e l’indicazione da parte dell’algoritmo prevede l’intervento immediato. Invece, la

risoluzione del tracciato e il ritorno alla categoria I, dopo aver effettuato le tecniche di

rianimazione intrauterina, vede come indicazione l’attesa e la rivalutazione secondo

algoritmo fino all’esecuzione di un eventuale parto spontaneo.

Dopo aver valutato l’algoritmo, è importante fare una serie di considerazioni che

riteniamo essere particolarmente attinenti. L’algoritmo segue le raccomandazioni e

risulta compatibile con le prime linee guida dal National Institute of Child Health and

Human Development (NICHD). Tale algoritmo potrebbe essere inteso come il passo

successivo nella standardizzazione per la gestione dei tracciati di categoria II, tenendo

conto che l’efficacia potrebbe ulteriormente essere oggetto di studi futuri.

L’esecuzione dell’algoritmo prevede comunque l’esecuzione delle tecniche di

rianimazione intrauterina, al fine di migliorare il pattern del tracciato di categoria II.

Dunque l'opportunità di attuare un approccio di attesa e più conservativo piuttosto che

ricorrere immediatamente al taglio cesareo è comunque mantenuta. [37 - 38]

È bene ricordare che l'adesione e la gestione dei tracciati di categoria II, secondo

i vari punti dell’algoritmo, non possono di certo alterare un decorso che vede già il feto

in un grave stato di ipossia/acidosi e danno cerebrale, né migliorarne le eventuali

condizioni critiche causate da eventi imprevisti durante il travaglio di parto.

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CONCLUSIONI

Sulla base delle ricerche scientifiche e dei casi clinici studiati e di quelli riportati in

questa tesi si è appurato come i tracciati cardiotocografici di categoria II rappresentino

una “zona grigia” compresa tra i tracciati di categoria I (normali) e i tracciati di

categoria III (patologici). Tale zona grigia è un’evenienza in cui il personale sanitario

di sala parto (ginecologi, ostetriche e infermieri) riscontra difficoltà decisionali che

potrebbero riflettersi sul benessere fetale. Alcuni ginecologi scelgono un approccio di

attesa basandosi maggiormente su tecniche di rianimazione intrauterina che potrebbero

modificare i patterns di tali tracciati in modo che essi rientrino in categoria I; altri

invece scelgono un affrettato approccio chirurgico mediante taglio cesareo, al fine di

evitare che i tracciati di categoria II evolvano verso la categoria III, evenienza che si

associa ad un aumentato rischio di acidosi metabolica, danno cerebrale o morte fetale

e che, inoltre, rappresenta un incubo in termini medico - legali per il ginecologo stesso.

A lungo utilizzate in vari settori lavorativi, le checklist sono state da sempre

pensate per aiutare i professionisti a ricordare gli interventi disponibili in particolari

situazioni di rischio. Le checklist inoltre contribuiscono a costruire una visione

comune standardizzata delle opzioni di gestione tra i vari membri di un team di medici.

Dunque in conclusione vogliamo riproporre, nella pagina seguente, i vari interventi

che è possibile effettuare di fronte a un tracciato di categoria II sotto forma di checklist,

in modo da rendere più facile la memorizzazione e l’esecuzione per il personale di sala

parto. Confidiamo inoltre che tali interventi diventino indissolubili con le ultime

proposte di gestione dei tracciati di categoria II mediante algoritmo riportate

dall’American Journal of Obstetrics & Gynecology (AJOG).

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Tecniche di rianimazione intrauterina per tracciati

cardiotocografici di categoria II. Una checklist per agire.

Fare un segno di spunta accanto agli interventi che si prevede di eseguire. Controllare il tracciato cardiotocografico 10 minuti dopo ogni intervento.

Modificare la posizione della madre (preferibilmente decubito

laterale sinistro)

Somministrare in bolo 500 – 1000 mL di soluzione di Ringer lattato

(soluzione isotonica con il sangue contenente cloruro di sodio,

cloruro di potassio, cloruro di calcio, bicarbonato di sodio e lattato)

Somministrare ossigeno alla madre, tenendo conto che una

somministrazione prolungata di ossigeno potrebbe essere nociva per

il feto. Non esistono invece sufficienti prove riguardo possibili rischi

correlati all’utilizzo di ossigeno per un breve periodo. Somministrare

dunque 10 L/min di O2 per almeno 15 minuti.

Se clinicamente appropriato effettuare un controllo della cervice per

valutare la progressione del travaglio di parto ed effettuare una

stimolazione dello scalpo fetale (15 secondi di strofinamento con un

dito esploratore), metodica che potrebbe determinare

un’accelerazione della frequenza cardiaca fetale.

In presenza di ipercontrattilità uterina, ridurre o sospendere la

somministrazione di farmaci ossitocici. Se l’ipercontrattilità persiste

somministrare 0,25 mg di Terbutalina per via sottocutanea.

In presenza di oligoidramnios o liquido amniotico tinto di meconio

effettuare l’amnio-infusione (somministrazione di una soluzione di

Ringer lattato)

Se la madre va in ipotensione, evento che può verificarsi a seguito

dell’uso di un anestetico epidurale, somministrare 5 mg di Efedrina

in bolo, il cui effetto è anche quello di incrementare la frequenza

cardiaca fetale.

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RINGRAZIAMENTI

Giunto alla conclusione del percorso universitario ritengo doveroso ringraziare

ed esprimere la mia riconoscenza a tutti coloro che, in modi differenti, mi hanno aiutato

nel raggiungimento di un obiettivo così importante e nella stesura di questa tesi. I

ringraziamenti vanno a chiunque abbia creduto in me e nelle mie potenzialità,

chiunque abbia fatto parte del mio passato e chiunque faccia parte del mio presente e

spende anche solo una parola a mio favore.

Ringrazio il Relatore, Professore Marco Panella; senza il suo supporto e la sua

guida sapiente questa tesi non esisterebbe.

Ringrazio l’Università degli Studi di Catania che con i suoi servizi mi ha

permesso di sentirmi parte di un contesto formativo fortemente stimolante; tra questi

il servizio biblioteca fornito dalla facoltà di Medicina e Chirurgia di Catania, gestito

dal personale sempre disponibile tra cui il Dott. Antonino Guglielmino che ha saputo

ascoltare ed interpretare le mie esigenze, facilitando le mie ricerche.

Un ringraziamento è rivolto al personale di sala parto e del reparto di Ostetricia

e Ginecologia dell’Azienda Ospedaliero - Universitaria “Policlinico - Vittorio

Emanuele” di Catania; in particolar modo alla Dott.ssa Sara Taverna, ostetrica e

coordinatrice del corso di laurea in ostetricia, al Professore Michele Fichera e alla

Dott.ssa Marta Li Destri, medico specializzando presso tale struttura.

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Un altro ringraziamento è rivolto ad amici e colleghi che mi hanno sostenuto e

incoraggiato: ringrazio Greta e Silvia, amiche con cui ho condiviso sia ore di studio

che di svago e Sabrina e Alessandra che con la loro simpatia hanno reso piacevole il

mio percorso da due anni a questa parte. Ringrazio inoltre Carmelo, Vincenzo,

Gabriele e Salvo, amici con i quali in questi anni ho condiviso gioie e dispiaceri, e

Noemi che concorre a rendere liete le mie giornate.

Vorrei infine rivolgere un ringraziamento, forse il più importante, alla mia

famiglia, alla nonna Paola cui un grande affetto mi lega, e più nello specifico ai miei

genitori che, in tutti questi anni universitari, con sforzi e sacrifici mi hanno supportato

economicamente e moralmente; a loro va il mio ringraziamento più grande, perché

senza di essi il raggiungimento di un simile traguardo sarebbe stato impossibile.