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55 Bollettino A.I.C. nr. 129-130-131/2007 CARTOGRAFIA E RICERCA STORICO-ARCHEOLOGICA CARTOGRAPHY IN HISTORICAL AND ARCHAEOLOGICAL RESEARCH Patrizia Basso (*) (*) Università di Verona. Sommario Ai fini della ricostruzione di un paesaggio antico l’analisi della cartografia offre una visione d’insie- me (sintetica e panoramica) di un determinato comprensorio e acquista una grande rilevanza per comprendere i cambiamenti che vi sono avvenuti nel corso del tempo, per effetto dell’azione della natura e dell’uomo. Nel lavoro si sottolinea il ruolo della cartografia come strumento di lavoro e come prodotto di una ricerca storico-archeologica, attraverso alcune esemplificazioni concrete. Abstract In order to reconstruct the ancient landscape, the cartographical analysis offers a comprehensive outlook, at the same time syntethic and panoramic, of great importance to understand all chan- ges occurred in the past by the human or nature action. In this work the importance of cartography is highlighted both as fundamental tool for the historical and archaeological research as result of it, by means of some practical examples. Da parte degli studiosi dell’antico, e in particolare di coloro che sono interessati alla ricostruzione del paesaggio e al suo divenire, negli anni ’80-’90 del Novecento si è molto discusso di cartografia archeologica, sull’im- pulso anche degli importanti lavori metodo- logici della scuola romana di topografia anti- ca, che posero l’attenzione sulla possibilità del posizionamento in carta numerico e non simbolico dei singoli elementi archeologici 1 . Il serrato dibattito che caratterizzò quella fase della ricerca e che diede l’avvio a nuove esperienze e sperimentazioni conobbe un significativo momento di sintesi in un conve- gno di studi che si tenne in merito a Pisa nel 1988 2 . Da allora, grazie al notevole sviluppo tecnologico e informatico di cui ha usufruito la cartografia, il dibattito si è indirizzato per lo più alle applicazioni concrete, alle tecniche Ringrazio molto il prof. Silvino Salgaro e il dott. Fabio Saggioro per i preziosi consigli e la paziente rilettura 1. Un’introduzione al problema 1 Cfr. ad esempio, Sommella P., 1987; Azzena G., 1990; Sommella P., Azzena G., Tascio M., 1990; Som- mella P., 1992 e in particolare la prima esperienza di carta archeologica numerica applicata a una città, Atri: Azzena G., 1987. 2 Pasquinucci M., Menchelli S., 1989.

CARTOGRAFIA E RICERCA STORICO-ARCHEOLOGICA · Inoltre, come sottolinea Franco Cambi 9, 6 Per un’analisi di questa cartografia storica, cfr. Basso P., 2002. 7 Per le analisi geomorfologiche

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Bollettino A.I.C. nr. 129-130-131/2007

CARTOGRAFIA E RICERCA STORICO-ARCHEOLOGICA

CARTOGRAPHY IN HISTORICAL AND ARCHAEOLOGICALRESEARCH

Patrizia Basso (*)

(*) Università di Verona.

Sommario

Ai fini della ricostruzione di un paesaggio antico l’analisi della cartografia offre una visione d’insie-me (sintetica e panoramica) di un determinato comprensorio e acquista una grande rilevanza percomprendere i cambiamenti che vi sono avvenuti nel corso del tempo, per effetto dell’azione dellanatura e dell’uomo. Nel lavoro si sottolinea il ruolo della cartografia come strumento di lavoro ecome prodotto di una ricerca storico-archeologica, attraverso alcune esemplificazioni concrete.

Abstract

In order to reconstruct the ancient landscape, the cartographical analysis offers a comprehensiveoutlook, at the same time syntethic and panoramic, of great importance to understand all chan-ges occurred in the past by the human or nature action. In this work the importance of cartographyis highlighted both as fundamental tool for the historical and archaeological research as result ofit, by means of some practical examples.

Da parte degli studiosi dell’antico, e inparticolare di coloro che sono interessati allaricostruzione del paesaggio e al suo divenire,negli anni ’80-’90 del Novecento si è moltodiscusso di cartografia archeologica, sull’im-pulso anche degli importanti lavori metodo-logici della scuola romana di topografia anti-ca, che posero l’attenzione sulla possibilità

del posizionamento in carta numerico e nonsimbolico dei singoli elementi archeologici 1.Il serrato dibattito che caratterizzò quellafase della ricerca e che diede l’avvio a nuoveesperienze e sperimentazioni conobbe unsignificativo momento di sintesi in un conve-gno di studi che si tenne in merito a Pisa nel1988 2. Da allora, grazie al notevole sviluppotecnologico e informatico di cui ha usufruitola cartografia, il dibattito si è indirizzato perlo più alle applicazioni concrete, alle tecniche

Ringrazio molto il prof. Silvino Salgaro e il dott. Fabio Saggioro per i preziosi consigli e la paziente rilettura

1. Un’introduzione al problema

1 Cfr. ad esempio, Sommella P., 1987; Azzena G., 1990; Sommella P., Azzena G., Tascio M., 1990; Som-mella P., 1992 e in particolare la prima esperienza di carta archeologica numerica applicata a una città, Atri:Azzena G., 1987.

2 Pasquinucci M., Menchelli S., 1989.

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da attivare, agli strumenti e ai programmi dautilizzare per il conseguimento di prodottisempre più rispondenti alle esigenze scienti-fiche, ma anche di tutela, di valorizzazione edi comunicazione che oggi connotano lemigliori esperienze archeologiche italiane.

Strettamente correlata agli studi geogra-fici, ma oggetto di interesse di altri indirizzidi ricerca, la cartografia può essere, dunque,un terreno di incontro fra ambiti disciplina-ri diversi, ma non lontani, ambiti disciplina-ri che in questo momento della nostra storiaaccademica e culturale, avendo ormai acqui-sito una loro individualità e autonomia, de-vono imparare a colloquiare tra loro, perritrovare i punti di contatto, gli elementi disutura, recuperando così il senso dell’unitàdel sapere.

Semplificando e sintetizzando una que-stione in realtà molto più complessa, il rap-porto che si instaura fra cartografia e discipli-ne storico-archeologiche può essere riassuntonei termini di un binomio, nel quale la carto-grafia da un lato funge da supporto, da stru-mento di lavoro di una ricerca storico-territo-riale, dall’altro ne diviene il prodotto o unodei prodotti fondamentali (nel senso, comun-que, estremamente dinamico di un punto diarrivo che a sua volta costituisce la base di pa-tenza e il supporto di ulteriori lavori o di spe-cifici approfondimenti della stessa indagine).

Come strumento di lavoro la cartografia èsupporto ineludibile di tutte le fasi di una ri-cerca archeologica, dall’elaborazione del pro-getto, alle attività sul terreno, all’analisi deidati, alla loro edizione critica: con la carta cisi muove e orienta sul campo, su di essa si

registrano i materiali raccolti e le struttureindividuate, grazie ad essa si producono leipotesi interpretative sulla storia e l’evoluzio-ne dei paesaggi 3. Nell’avviare una ricognizio-ne o uno scavo o anche, più in generale, unostudio storico-topografico di un determinatoterritorio, una delle attività preliminari dasvolgere è proprio la raccolta e la lettura com-parata della cartografia che è stata prodottaper quello stesso territorio: innanzitutto lecarte topografiche dell’Istituto geograficomilitare, sia i fogli al 100.000 che permettonouna visione d’insieme, sia le più dettagliatetavolette al 25.000, ma anche le più recentirealizzazioni nell’ambito del progetto “50 di-gitale”, le quali, prodotte in scala 1:50.000con applicazione di un sistema GIS, permet-tono una rappresentazione completa e tridi-mensionale del territorio nazionale, costan-temente aggiornabile e riproducibile in scalediverse. Visioni più particolareggiate di un’a-rea geografica sono offerte, inoltre, dalle Car-te tecniche regionali (CTR, realizzate a partiredagli anni Settanta del Novecento su baseaerofotogrammetrica in scale comprese fra1:10.000 e 1:2.000) e dalle ortofotocarte (de-rivate dal raddrizzamento in scala 1:10.000 e1:5.000 di fotografie aeree e, quindi, riprodu-zioni dirette e non interpretate della realtà),nonché dalle mappe catastali parcellari inscala 1:1.000 e 1:500, che costituiscono unostrumento imprescindibile qualora si intendaubicare puntualmente un sito (cartografare inmodo preciso qualche struttura o edificio,porre un vincolo archeologico ecc.), ai fini, inparticolare, della sua tutela4. Allo stesso tem-po va cercata negli archivi (di Stato, ecclesia-

3 Per un’analisi dettagliata di tali fasi e dell’apporto cartografico a ognuna di queste, cfr. Cambi F., Ter-renato N., 1994, pp. 45-78.

4 Va ricordato che i progetti di Archeologia dei paesaggi ultimamente sembrano registrare un progressi-vo incremento nell’utilizzo della CTR a scapito delle mappe prodotte dall’IGM: tale cambiamento risulta lega-to alla possibilità di gestire, attraverso i Sistemi informativi geografici su cui poi torneremo, un maggiornumero di informazioni rispetto al passato e di variare rapidamente la scala del progetto, il che induce a pri-vilegiare sia nelle fasi della ricerca sia in quelle della sintesi una base cartografica maggiormente dettagliata.

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stici, di enti territoriali ecc.) la cartografia sto-rica del comprensorio geografico di interesse,la quale può documentare fasi di vita di unterritorio più intatte, perché precedenti agliinterventi antropici di urbanizzazione eimpatto agrario, che a partire dal secolo scor-so hanno trasformato radicalmente le nostrecampagne (e in tal senso va osservato comefra i documenti meno antichi, ma di non me-no grande interesse siano annoverabili anchele prime tavolette dell’IGM, che, redatte apartire dalla fine dell’Ottocento, possonoappunto evidenziare le profonde trasforma-zioni subite dal paesaggio novecentesco).Infine un utile supporto a un’indagine terri-toriale può essere offerto dalle carte chemirano a riprodurre più specificamente glielementi e le variabili ambientali, quali lecarte geologiche, altimetriche, idrografiche,pedologiche, di utilizzo dei suoli ecc.

Tutte le citate carte, che con segni, simbo-li convenzionali, numeri e colori diversi do-cumentano i dati geomorfologici, antropici epolitici di un certo ambito geografico, costi-tuiscono per uno studioso di quel territoriodocumenti indispensabili per “decifrare escomporre la stratificazione dei paesaggi,altrimenti caotica, e per avanzare le ipotesisui modelli di insediamento attraverso iltempo” 5.

Un esempio di lavoro concreto in talsenso è offerto da un progetto di indaginescientifica, ma anche di valorizzazione cultu-rale che l’Università di Padova sta conducen-do dal 2000 nell’ampia tenuta agricola di Ca’Tron (lungo la frangia costiera altoadriatica,nei pressi di Altino), per molti secoli pro-

prietà della nobile famiglia veneziana che leha dato il nome e recentemente acquistatadalla Fondazione Cassamarca di Treviso(figura 1). Le ricerche, volte ad indagaretanto le presenze antropiche dell’area attra-verso il tempo, quanto le caratteristiche pecu-liari del paesaggio naturale, hanno coinvoltoun’ampia équipe interdisciplinare, costituitada storici, archeologi, geomorfologi, fotoin-terpreti, paleobotanici, geofisici. In fase preli-minare esse hanno comportato da un lato l’a-nalisi della cartografia storica (dalle primeraffigurazioni cinque e seicentesche del com-prensorio (figura 2), agli estimi di fine XVII-inizi XVIII secolo (figura 3), alle mappe dellatenuta che fra il 1732 e il 1772 vennero alle-gate dai Tron, proprietari dei terreni, alleistanze inoltrate ai Provveditori ai Beni Incul-ti di Treviso per avere la concessione di ridur-re a risaia parte dei terreni, ai catasti napoleo-nici e austriaci, alle carte topografiche del-l’IGM che da fine Ottocento al 1935 attestano

FIGURA 1 – La localizzazione della tenuta di Ca’ Tron(Roncade – Treviso) nel quadro della realtà insediati-va, viaria e agraria del Veneto orientale in età roma-na (particolare da La tenuta di Ca’ Tron, 2002,p.108, fig. 56).

5 Cambi F., Terrenato N., 1994, p. 45.

2. L’analisi archeologica attraverso le carte fra passato e presente

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la progressione degli interventi di bonificaidraulica e di disboscamento cui fu oggettol’area (figura 4), fino al più recente aggiorna-mento della Carta tecnica regionale)6, dall’al-tro un’attenta lettura delle carte geomorfolo-giche già esistenti e anche la produzione dinuove, tramite il telerilevamento, l’analisi delmicrorilievo e la realizzazione di specificicarotaggi 7 (figura 5).

Tornando a un discorso più ampio e con-centrandoci, in particolare, sulle carte topo-grafiche, va osservato che esse offrono una

visione generale, sintetica e panoramica as-sieme di un certo territorio e ne evidenzianoin maniera dettagliata le caratteristiche fisi-che, per cui permettono all’archeologo – pri-ma di scendere sistematicamente sul campo– di avere un’immagine complessiva dellamorfologia di questo territorio, e in partico-lare degli elementi orografici e idrograficiche possono aver condizionato in antico lescelte insediative, la viabilità, le organizzazio-ni agrarie, le attività economiche 8.

Inoltre, come sottolinea Franco Cambi 9,

6 Per un’analisi di questa cartografia storica, cfr. Basso P., 2002.7 Per le analisi geomorfologiche condotte in area, cfr. Bondesan A., Mozzi P., Primon S., Zamboni C.,

2002.8 Per una sintesi delle informazioni storiche che si possono desumere dall’analisi geomorfologica, cfr.

Dall’Aglio P., 2000, pp. 177-192 con ampia bibliografia precedente.9 Cfr. Cambi F., Terrenato N., 1994, p. 45.

FIGURA 2 – Una delle prime raffigurazioni della tenuta a noi note, realizzata nel 1613 per conto del proprieta-rio Francesco Tron (da La tenuta di Ca’ Tron, 2002, p. 169, fig. 93).

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da una carta topografica uno studioso che sioccupi di archeologia territoriale può desu-mere una quantità di informazioni, soprav-vissute allo stadio di relitti o di fossili, diquel palinsesto di segni prodotti dalla natu-ra e dall’uomo che è un paesaggio, entitàdinamica in continua trasformazione 10.

Innanzitutto la cartografia offre la possi-bilità di una prima analisi toponomastica, daaffinare scendendo poi sul terreno e recupe-rando anche tramite interviste a persone delluogo quei nomi che sono tramandati solooralmente: pur con la cautela di una discipli-

na complessa, che richiede l’apporto di glot-tologi e linguistici storici, i nomi geografici,attentamente storicizzati, forniscono signifi-cativi indizi su fenomeni geomorfologici eambientali che possono aver interessato un

FIGURA 3 – La tenuta di Ca’ Tron nelle mappe degliestimi del territorio trevigiano realizzati nel 1720: iterreni della tenuta sono stati raffigurati in toni diver-si di grigio a seconda dell’uso del suolo (da La tenuta

di Ca’ Tron, 2002, p. 173, fig. 96).

10 Lo si può fare, ad esempio, attraverso l’estrazione di informazioni selezionate dalla Carta tecnica regio-nale, producendo modelli digitali del terreno e sovrapponendo i diversi livelli relativi agli abitati, all’idrogra-fia, alla toponomastica.

FIGURA 4 – Raffigurazione della tenuta di Ca’ Tronfra fine Ottocento e inizi Novecento (particolare otte-nuto dall’unione delle due tavolette IGM 51, I, NERoncade e I, SE, Altino, su rilievo del 1887 con cor-rezioni del 1903): si osservi come le bonifiche nel set-tore meridionale della tenuta (nell’estimo del 1720ancora rappresentate come paludi: cfr. fig. 3) sianostate già in parte operate, mentre persistano ancoraampie aree a bosco, evidenziate in grigio (da La tenu-

ta di Ca’ Tron, 2002, p. 197, fig. 119).

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certo contesto circoscritto (idrografia, pre-senza di boschi ecc.), sugli assetti agrari(centuriazioni, predi, estensione dei fondi),sulla rete viaria (nomi di strade, loro caratte-ristiche tecniche, distanze), sugli aspetti eco-nomici (attività produttive, artigianali, com-merciali) 11.

Allo stesso tempo l’analisi della cartogra-fia evidenzia le trasformazioni subite da undeterminato comprensorio per motivi natu-rali e antropici: ad esempio, in una mappa sipossono celare le memorie fossili di antichilaghi (come quello del Fucino bonificato daiTorlonia tra il 1855 e il 1878) o di alvei flu-

viali caduti in disuso (qual è il corso dell’A-dige, che in età romana lambiva la città diTrento, costituendone il limite settentriona-le non fortificato, ma venne poi deviato erettificato nel 1858) o ancora i relitti di anti-che strade e organizzazioni agrarie che altreindagini, quali il sopralluogo sul terreno,non enfatizzano con altrettanta immediatez-za, grazie alla percezione d’insieme che,come si è detto, offre un rilievo topografico.

In particolare, per quanto riguarda laviabilità antica, sono i lunghi e diritti traccia-ti stradali osservabili in talune carte attuali ostoriche che devono richiamare la nostra at-tenzione, dato che una delle caratteristicheprecipue delle vie romane era la tendenza alrettifilo, al fine di raggiungere il capolinea ilpiù rapidamente possibile. Alcuni di questirettilinei sono sopravvissuti nel nostro pae-saggio e sono ancora utilizzati dalla viabilitàmoderna: basti pensare, a titolo esemplifica-tivo, allo straordinario tratto dell’Appia checorre diritto per una quarantina di chilome-tri attraverso la pianura pontina, collegandoCisterna di Latina con Terracina, oppure airettifili della via Aemilia fra Cesena e Pia-cenza, che raggiungono complessivamentepiù di 200 km di lunghezza (odierna Statale9) o ancora al percorso della Postumia nel-l’area di Goito a sud-ovest di Verona, ove siosservano due lunghi segmenti rettilinei(figura 6) disassati di qualche centinaio dimetri fra loro, forse per il superamento di unostacolo idrografico o per un errore di cal-colo nella fase di tracciamento e di costru-zione, se si ipotizzano, come per gli acque-dotti e le gallerie, due squadre di operai cheprocedevano in direzioni opposte fino a in-contrarsi12.

11 Sul tema, cfr. Pellegrini G.B., 1990; Pellegrini G.B., 1994; una recente sintesi in Uggeri G., 2000 conampia bibliografia precedente.

12 Per una sintesi sulle vie Appia, Aemilia e Postumia, cfr. Chevallier R., 1998, rispettivamente pp. 174-178; 186-188; 189; Le strade dell’Italia romana, 2004, rispettivamente pp. 43-51; 141-145; 155-160.

FIGURA 5 – Carta geomorfologica della tenuta di Ca’Tron (da La tenuta di Ca’ Tron, 2002, p. 59, fig. 30).

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Anche le antiche organizzazioni agrariedi età romana hanno lasciato impronteancora evidenti nella cartografia come nelpaesaggio attuale. Si trattava di divisioni re-golari del terreno (con appezzamenti di for-ma per lo più quadrata, la cui misura cano-nica si attestava sui m 710 x 710)13, che mira-vano alla ristrutturazione di un contestoagrario, al fine di creare le condizioni neces-sarie per la vita associata di una comunità edi ottenere il miglior sfruttamento agricolodel suolo, tramite disboscamenti, bonifiche,irrigazione e drenaggi. Uno dei casi più ecla-tanti per lo stato di conservazione e la leggi-

bilità è offerto dalla centuriazione a nord-estdi Padova, nella zona di Camposampiero,S.Maria di Sala e Borgoricco (figura 7), doveè stato allestito anche un Museo dedicatoappunto alla centuriazione.

Senza dimenticare che talora la cartogra-fia, e soprattutto quella storica, rappresentaaddirittura le rovine di taluni edifici antichi,poi scomparsi per ulteriore degrado e/ospoliazioni, offrendo dunque all’archeologiadei paesaggi tutta una serie di informazionidi grande rilevanza ai fini della ricostruzionedi un contesto territoriale e della sua evolu-zione nel corso del tempo.

13 Vale a dire 20 actus (unità di misura lineare agraria romana) x 20 actus. Per un inquadramento gene-rale della centuriazione, cfr. Misurare la terra, 1983.

FIGURA 6 – Particolare della tavoletta IGM 62, I, NO, Roverbella, in cui si osserva il rettifilo dell’antica viaPostumia, dal significativo toponimo di “Levata”.

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A seguito di un’indagine archeologica, idati raccolti con l’analisi cartografica vengo-no implementati, tramite la registrazionecartografica di siti già conosciuti e di anoma-lie riscontrabili con il telerilevamento, maanche l’individuazione e la raccolta di strut-ture e materiali precedentemente ignoti.

Le carte su cui vengono localizzati e vi-sualizzati con una rappresentazione plani-metrica puntuale e/o simbolica i dati relativiall’insediamento antico costituiscono l’altrotermine del binomio di cui si è detto inizial-mente, ovvero la cartografia come risultatodel lavoro di una ricerca territoriale: si trat-ta di carte “archeologiche”, realizzate conmodalità e scale diverse, le quali si propon-gono di archiviare “oggettivamente” e siste-maticamente il conosciuto, al fine di rielabo-rarlo dal punto di vista conoscitivo e diacro-nico, ma anche di tutelarlo nella sua consi-stenza materiale e, quando questo sia possi-bile, di valorizzarlo nell’ambito dei piani disviluppo territoriale 14.

Nel corso del tempo questa specifica car-tografia ha conosciuto un’evoluzione signifi-cativa dal punto di vista sia concettuale chetecnologico. La storia di una Carta Archeolo-gica di tutto il territorio nazionale in Italianasce nel clima di tensione e coscienza civiledei primi anni dopo l’unità (1881), quandocon il sostegno del Ministero della PubblicaIstruzione prese avvio un progetto di rappre-sentazione cartografica in scala 1:50.000 ditutte le realtà archeologiche della penisola,con lo scopo dichiarato di “servire come pre-

parazione e strumento per le scoperte futuree di assicurare la conservazione dei monu-menti”. L’iniziativa per mancanza di mezzirimase limitata (ne vennero pubblicati alladistanza di un secolo solo due volumi – unosull’Etruria, l’altro sulla Sabina) 15, ma fu piùtardi riprogettata dal Lanciani con il titolodi Forma Italiae e l’edizione di un primovolume edito dal Lugli nel 1926, relativo alterritorio di Terracina: il progetto si pose l’o-biettivo di censire il patrimonio archeologi-co nazionale sulla base delle tavolette IGMal 25.000, grazie a una puntuale ricognizio-ne dei luoghi e all’apporto delle fotografieaeree, oltre che alla ricerca archivistica ebibliografica. Tale esperienza, che ha cono-sciuto un nuovo impulso grazie alla scuolaromana di topografia antica (con Ferdinan-do Castagnoli prima e Paolo Sommellapoi)16 e ha finora prodotto una quarantina divolumi, per lo più concentrati nei territori diLazio e Toscana, è tuttavia ben lungi dall’es-sersi conclusa.

Nel 1926, inoltre, ha preso avvio un ulte-riore progetto di Carta Archeologica d’Italia,sotto l’impulso di Olinto Marinelli e Ranuc-cio Bianchi Bandinelli, con la redazione diuna serie di lavori a cura dell’IGM, in cui i sitiarcheologici sono schedati e censiti sulla basedei fogli al 100.000, corredati da carte di det-taglio per aree con forte concentrazione direperti. Anche questo progetto, però, è arri-vato a coprire solo una minima parte del ter-ritorio nazionale, tramite l’edizione di unasessantina di volumi, relativi per lo più allaToscana, alla Romagna, alla Sardegna, allazona alpina e a pochi altri territori.

Più recentemente alcune amministrazio-ni locali hanno cercato di promuovere la

14 In effetti le carte archeologiche possono avere anche un importante valore predittivo ai fini della pro-grammazione territoriale e urbanistica: cfr. ad es. Lo spessore storico in urbanistica, 2001.

15 Cfr. rispettivamente Gamurrini G.F. et alii, 1972; Cozza A., Pasqui A., 1981.16 L’ultimo lavoro, su Torrimpietra, è edito nel 1999 (Tartara P., 1999).

3. Il dato archeologico in cartografia: Formae Italiae e Carte archeologiche

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redazione di carte archeologiche regionali oprovinciali, quali la Carta archeologica delVeneto e della Lombardia 17, le quali costitui-scono importanti repertori dei beni archeo-logici noti su base bibliografica e archivisti-

ca, ma non hanno contemplato l’indaginesul terreno (figure 8-9). La ricognizione percampioni rappresentativi ha invece connota-to un esemplare progetto in tal senso, ovve-ro quello della Carta Archeologica della

FIGURA 7 – Tavoletta IGM 51, III, NO, Dolo, in cui si osservano le tracce ancora evidenti della centuriazioneromana a nord-est di Padova.

17 Quella veneta (1988-1994) comprende tutto il territorio regionale, quella lombarda (1991-1996) le pro-vince di Brescia, Bergamo e Lecco e le città di Como e Brescia.

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provincia di Siena (per la quale sono statiattualmente indagati 25 comuni su 36, perun totale di quasi 1200 kmq)18, coordinatodella cattedra di archeologia medievale del-l’Università di Siena e finalizzata alla rico-struzione e alla modellizzazione dell’evolu-zione insediativa del territorio dalla preisto-ria al Medioevo.

In quest’ultimo progetto la carta archeo-logica cartacea tradizionale è stata abbinata

a più sofisticati Sistemi Informativi Territo-riali (SIT o GIS, Geographical InformationSystem), che – come è noto – rendono pos-sibile l’archiviazione, l’analisi e l’elaborazionedi un’enorme mole di dati spaziali georefe-renziati, combinando il disegno (la cartogra-fia, scomponibile in livelli o layer a caratteretematico) con un data base (ovvero un archi-vio di informazioni di carattere diverso). Talisistemi stanno conoscendo una sempre più

FIGURA 8 – Particolare della Carta archeologica del Veneto (vol. IV, Modena, 1994, F 51 e F 52), ove la tenu-ta di Ca’ Tron (evidenziata nei suoi confini) si presenta come un’area priva di rinvenimenti archeologici (da La

tenuta di Ca’ Tron, 2002, p. 154, fig. 83).

18 Più recentemente un simile progetto è stato avviato anche per la provincia di Grosseto. Sul tema, cfr.,fra la ampia bibliografia esistente, La carta archeologica, 2001.

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vasta applicazione in campo archeologico19,ove sono finalizzati alla ricostruzione eall’interpretazione del paesaggio storico earcheologico, rendendo concreta, come scri-ve Maurizio Forte, l’utopia della carta stori-ca di rappresentare quasi in tempo reale l’e-voluzione del paesaggio 20.

Ad esempio, è un WebGIS in sistemaopen source quello che le Università diPadova e Verona stanno realizzando a Mon-tegrotto Terme (Padova), nell’ambito di uninteressante progetto di studio storico-archeologico e di valorizzazione culturale eturistica del comprensorio euganeo, avviatonel 2006, in stretta collaborazione con laSoprintendenza ai Beni Archeologici delVeneto e all’Amministrazione comunale(figura 10).

E vorrei chiudere questa rapida analisisul rapporto cartografia-archeologia, ricor-dando un’esperienza didattica concreta,dove i temi che ho qui affrontato in manieracursoria sono stati oggetto di più approfon-dita riflessione: presso il Dipartimento diDiscipline storiche, artistiche, archeologichee geografiche dell’Università di Verona neglianni accademici 2005-2006 e 2006-2007,assieme ai prof. Silvino Salgaro e SandraVantini, abbiamo organizzato un seminariofinalizzato a fornire le basi metodologiche econcettuali per la lettura e l’interpretazionedi una carta topografica, nella convinzioneche essa continui a costituire uno strumentosignificativo per imparare a decodificare ericonoscere gli elementi naturali e antropicidi un paesaggio, e insieme per comprenderei cambiamenti che vi sono avvenuti nel corsodel tempo. Il seminario, che ha previstoanche una visita all’Archivio di Stato vero-nese e un’uscita a Firenze presso l’Istitutogeografico militare, ha dato una risposta intermini di presenze degli studenti e di inte-resse e partecipazione, che prova come que-sta interazione delle discipline instauratanella didattica relativa alla cartografia è pro-babilmente una strada su cui vale la penacontinuare a camminare.

FIGURA 9 – Carta archeologica della tenuta di Ca’Tron, realizzata a seguito delle ricognizioni sistemati-che dei terreni condotte dall’Università di Padova edell’individuazione di una decina di siti prima ignoti(cfr. fig. 8) (per gentile concessione di M.S. Busana).

19 Per le applicazioni del GIS all’archeologia, cfr. Gottarelli A., 1997; Moscati P., Tagliamonte G., 1998;Forte M., 2002; Azzari M., 2003.

20 Forte M., 2002.

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Bibliografia

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