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il Ducato Periodico dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino Reportage - Marzo 2010 Ducato on line: www.uniurb.it/giornalismo Distribuzione gratuita Spedizione in a.p. 45% art.2 comma 20/b legge 662/ 96 - Filiale di Urbino Il sottoproletariato di Pier Pao- lo Pasolini rivive nell'Argenti- na del 2010.Invisibili agli occhi del governo di Buenos Aires, privi di qualsiasi riconosci- mento o diritto lavorativo, ma ben presenti tra i passanti che affollano le avenidas, i carto- neros calcano senza sosta le strade della capitale, andando alla ricerca dell'unica cosa che provvede al loro sostentamen- to:i rifiuti.Non è raro incontra- re vecchi, bambini, padri di fa- miglia, giovani poco adole- scenti, rockers della periferia, trent'enni con già tre figli a ca- rico, che aprono i sacchetti del- la spazzatura e caricano sul lo- ro carretto vetro,carta,cartone, plastica, latta, rame, per poi differenziare il tutto e rivender- lo al chilo alle fabbriche della periferia. Lavoratori in nero Non solo cartoneros: lavavetri, parcheggiatori, ballerini di strada, riciclatori delle discarche: il lavoro nero a Buenos Aires è ormai un fenomeno altamente diffuso (a pagina 5) Le ville dei poveri Anche in Argentina esistono le favelas. Si chiamano villas miserias e assediano con le loro disperate necessità anche il centro della capitale (a pagina 4) totale.qxp 25/03/2010 11.16 Pagina 1

Cartoneros, l'Argentina dei rifiuti

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Buenos Aires. Reportage sui rifiuti e su chi vive grazie alla spazzatura

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Page 1: Cartoneros, l'Argentina dei rifiuti

il DucatoP e r i o d i c o d e l l ’ I s t i t u t o p e r l a f o r m a z i o n e a l g i o r n a l i s m o d i U r b i n o

Reportage - Marzo 2010

Ducato on line: www.uniurb.it/giornalismo

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Il sottoproletariato di Pier Pao-lo Pasolini rivive nell'Argenti-na del 2010.Invisibili agli occhidel governo di Buenos Aires,privi di qualsiasi riconosci-mento o diritto lavorativo, maben presenti tra i passanti cheaffollano le avenidas, i carto-neros calcano senza sosta lestrade della capitale, andandoalla ricerca dell'unica cosa cheprovvede al loro sostentamen-

to: i rifiuti.Non è raro incontra-re vecchi, bambini, padri di fa-miglia, giovani poco adole-scenti, rockers della periferia,trent'enni con già tre figli a ca-rico, che aprono i sacchetti del-la spazzatura e caricano sul lo-ro carretto vetro,carta,cartone,plastica, latta, rame, per poidifferenziare il tutto e rivender-lo al chilo alle fabbriche dellaperiferia.

Lavoratori in neroNon solo cartoneros: lavavetri,

parcheggiatori, ballerini di strada,

riciclatori delle discarche: il lavoro

nero a Buenos Aires è ormai un

fenomeno altamente diffuso

(a pagina 5)

Le ville dei poveriAnche in Argentina esistono le

favelas. Si chiamano villas miserias

e assediano con le loro disperate

necessità anche il centro della

capitale

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I CARTONEROS ARGENTINI

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Dalle sei del mattino fino a tarda notte. Un viaggio tra le stazioni,

le avenidas e i quartieri più poveri della capitale argentina.

In compagnia di un cartonero di cinquant’anni che non aveva

niente e che ha trovato nei rifiuti l’unica possibilità di sussistenza

Una giornata con Coco“Io, salvato dai rifiuti”

BUENOS AIRES

Sono le cinque e mezzadi una domenica po-meriggio e Coco, difronte al suo mate quo-tidiano, chiede tempo.“Puoi aspettare un atti-

mo? Faccio due sorsi, oggi non hoancora mangiato niente”. La suagiornata inizia presto, alle sei delmattino. Coco si alza per scalda-re l’acqua ai due figli rimasti incasa, uno di 13 e l’altra di 16 anni.Poi li saluta prima di andare ascuola. “Voglio negare me stesso,per concedere a loro tutto quelloche io non ho potuto avere”.Coco è un cartonero. Sono i rifiu-ti a dargli quei po-chi pesos al gior-no necessari pervivere e mante-nere la famiglia. Ilsuo lavoro consi-ste nel cammina-re lungo le vie diBuenos Aires,aprire i sacchettidella spazzatura eseparare i rifiuti. Chili di cartone,carta bianca, latta, vetro, cuoio,rame vengono caricati sopra uncarretto e trasportati nei galpo-nes, le fabbriche che si occupanodi lavorare i materiali riciclati e ri-metterli sul mercato. “Siamo indiecimila solo nella capitale, die-cimila lavoratori autonomi che sisono rivolti alla spazzatura per-ché non sapevano fare nient’al-tro”.Come orde di mi-litanti senza unpartito, devastatida una sconfittache ha coincisocon la loro nasci-ta, i cartoneros af-follano le stradedella capitale. I vi-coli, le avenidas, iquartieri della grandi banche co-sì come quelli popolati dallenuove generazioni meticcie,brulicano di questi lavoratori in-formali, fino a due anni fa illega-li, che percorrono la città in lun-go e in largo collezionando quel-lo che la gente butta. Di sera nonè raro vedere molti cartoneros

che, perso il treno per tornare acasa, in provincia, si adagiano sulloro carretto e dormono, tra queirifiuti di cui si sono presi cura du-rante l’intera giornata. “Molti dinoi – spiega Coco - sono dei di-sperati. Dobbiamo fare del rici-claggio morale nei confronti deicompagni che non riescono piùad alzare la testa, come capitavaa me fino a pochi anni fa”.La cooperativa Padilla. Siamonel 2003. Molti lavoratori colpitidalla crisi del 2001 si trovano sen-za lavoro. I presìdi fuori daiMcDonald’s per afferrare la mer-ce inutilizzata dai fast food sonoall’ordine del giorno. I cartone-

ros ingrossano leproprie fila: uominie donne senza im-piego cominciano ariciclare. Nasconoassociazioni di soli-darietà tra disoccu-pati, forme di vero eproprio baratto trapersone dello stessoquartiere, con nuove

monete clandestine che circola-no. Renè Alberto Cruz, un lavo-ratore che ha perso il suo posto inuna fabbrica di liquori con altri2500 colleghi, fonda Cot Padilla,la cooperativa che si pone comeobbiettivo quello di riunire mol-ti cartoneros, lottare per i loro di-ritti, dare il via a una linea indu-striale in modo da far sì che sianogli stessi cartoneros a lavorare evendere i materiali raccolti. Cot

Padilla promuoveuna sensibilizzazio-ne del tema dellaraccolta differenzia-ta negli abitanti deldistrito Tres de Fe-brero, un macroquartiere nella pro-vincia della capitaledove la cooperativaha sede.

Ed è proprio lì che ogni mattinaCoco si reca e inizia la sua attivitàdi riciclaggio, senza scopo di lu-cro: i guadagni realizzati dal car-tonear a Tres de Febrero vanno ingran parte alla cooperativa.“Cruz – confessa Coco -mi ha sal-vato la vita: mi ha reso consape-

vole di quello che sono e di ciòche posso fare per gli altri: non misento più un disperato che rovi-sta tra i rifiuti per portare a casa20 pesos al giorno (4 euro, ndr),ma un promotore ambientale.Cruz mi ha aiutato ad affrontareuna storia, la mia, difficile e col-ma di amarezza”. La vita di Coco.E’ la vigilia del diade la madre a Buenos Aires, la fe-sta della mamma. Coco è orfanoe fa fatica a parlare del suo passa-to. “Sono cresciuto in un collegiodi francescani nella provincia diEntre Rios, a 450 km da qua. Nonho studiato, non so né leggere néscrivere. Sono stato violentato,più volte. Per fortuna ero bravo apallone”. Nel 1974 – due anni pri-ma dell’avvento della dittatura –un militare lo afferra per i capelli,

Nasce un quartiere attornoalla discarica municipale diBajo Flores, soprannominato

il quartiere delle latte

1870Nasce il verbo sirujear,

antesignano di cartonear

1900La gente di Bajo Flores

comincia a vivere di rifiuti:separazione e vendita di

ossa di animali e bottiglie

1875L’amministrazione di

Mauricio Macri si insedia aBuenos Aires

2007Nasce il quemero, un carto-

nero che lavora dentro eattorno alle discariche

1920Poi nacquero i carreros, cherecuperavano tutto e girava-no con il loro carro pieno diqualsiasi cosa inutilizzata

1915Si parla prima di botellero,

che girava con un carrotrainato da un cavallo

1910La grande crisi economica

travolge l’Argentina

2001

gli consegna un documento cheattesta i suoi diciotto anni e lospedisce nella capitale, a giocarenelle giovanili del Boca Juniors.“Non avevo nessuno, non sapevocome fare. Cominciai a giocare acalcio con grande determinazio-ne, ma di lì a cinque anni dovettismettere: mi infortunavo sem-pre, a causa delle carenze ali-mentari che avevo accumulatodurante l’infanzia”.Inizia, per strada, la nuova vita diCoco. Senza un titolo di studio eun documento che ne certificas-se qualche abilità, Coco passa daun impiego all’altro, sottopagatoe senza nessuna tutela. “Il pro-blema è sempre stato quello che,oltre a lavorare, non stavo maizitto, non abbassavo la testa. Cer-cavo di fare il muratore, ma non

mi assumevano; provavo ad aiu-tare la gente in vari lavori dome-stici, ma con i soldi che ricevevonon potevo neppure sfamarmi”. Coco inizia a cartonear. Mattonedopo mattone, si costruisce unacasetta in una via poco frequen-tata di Palermo, un quartiere chicdi Buenos Aires. Nel frattempovive con la moglie Dora sotto unponte, in una casupola di lamie-ra. Nelle foto dell’epoca si intra-vede una bambina che si agita inuna piscinetta. “Scavai un buco eci mettemmo dell’acqua. Lebimbe si divertivano… Certo, eratutto in mezzo alla spazzatura,ma in attesa di tempi migliori, ri-uscivamo ad accontentarci”.Fuerte Apache:droga,violenza esolidarietà. Gli occhi di Cocobrillano quando parla del suo la-

voro e dei suoi dodici figli. E’ lastessa luce che rivolge ai ragazzidi strada che ogni giorno esconodalla proprie tane del quartieredi Fuerte Apache, a poche decinedi metri dalla cooperativa Padil-la. “Fuerte Apache – spiega Al-berto Cruz - è stato costruito tra il1969 e il ’70, un periodo di grandilotte sociali. Il governo di Perondiede fondi per una serie di casepopolari per ospitare gli abitantidelle villas miserias (le favelas ar-gentine, ndr), in particolare laVilla 31 e la Villa Bajo Flores. Ilquartiere, nonostante la sua fa-ma di luogo tra i più pericolosi diBuenos Aires, ha sempre avutouna forte tradizione di autoge-stione e, durante la dittatura, èstato uno dei rifugi dei montone-ros, i guerriglieri peronisti di sini-

L’obiettivo di una linea industrialePlastica, vetro, metallo, carta. Sono queste le quattro parole d’ordine di Cot Padilla, la

cooperativa che promuove nel distretto Tres de febrero l’idea di cominciare a riciclare a

casa propria e depositare i rifiuti negli appositi contenitori. Il cartoneros, da semplice sepa-

ratore, si fa promotore ambientale e riporta i rifiuti nel capannone della cooperativa. Qui si

sta tentando di mettere da parte i soldi per comprare i macchinari utili alla lavorazione dei

vari materiali. Per una pressa sono necessari 30mila pesos; per una bilancia elettronica

6mila. Per una agrumadora ce ne vogliono circa 30mila: tutte cifre non alla portata di

Padilla, che conta, tuttavia, di finanziarsi attraverso il programma Urbal 3, promosso

dall’Unione europea. Si tratta di un progetto che destina 253 mila euro a tutte le organizza-

zioni di riciclaggio in fase di espansione. Oltre alla separazione dei rifiuti e alla promozione

della cultura del riciclaggio nei quartieri, Padilla si occupa della sensibilizzazione di molti

cartoneros e di molti giovani in tema di sesso e salute.

LA COOPERATIVA PADILLA

Qui sopra,Coco. Inbasso uncarretto conla scritta“Che Dio ticonceda ildoppio diquello chelasci a me”.A destra, uncartonero diCostitucion.

Buenos Aires: così la raccolta di carta, vetro e latta diventa un mestiere. Che fa bene all’ambiente

stra che avevano fatto della lottaarmata la loro bandiera per cer-care di rovesciare la dittatura diVidela”. L’aspetto di Fuerte Apache, in ef-fetti, è tutt’altro che rassicurante.Si passa improvvisamente dalleplacide cuadras della provincia(le classiche strade perpendico-lari che sorreggono l’impiantourbanistico delle città latinoamericane) a enormi blocchi dicemento gialli, rossi e grigi, conscale diroccate, muri cadenti ecrocicchi affollati da ragazzi delposto che, coperti da cappuccio,si scambiano occhiate eloquen-ti. “Vi hanno già derubato?” è ladomanda più frequente postadalla Polizia che, in modo dis-continuo, pattuglia le vie.

(continua a pagina 4)

“Siamo diecimi-

la lavoratori

autonomi solo

nella capitale

dell’Argentina”

“Facciamo del

riciclaggio morale

nei confronti di

chi non alza più

la testa”

LA STORIA

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Page 3: Cartoneros, l'Argentina dei rifiuti

Josè Costa, cappellino da baseball, pantalone da jogging e ilvolto rasato da poco, sembra un normale padre di famigliadella classe media. Appena si toglie il cappello, si nota sulla sua

testa una ferita scura e mal cicatrizzata, risalente a un anno fa,durante una colluttazione nella trattoria dove lavorava. “Eradiventata marcia – spiega Costa – per la mancanza di acqua nellavilla”. Josè abita nella villa La Carcova. Si definisce un trovatello di58 anni con 5 figli, completamente fuori dal sistema, saltuariocartonero (“solo quando non c’è niente damangiare a casa”). La zona di La Carcova,distretto San Martin, è quella dove le villasstanno crescendo di più: sono venti in tota-le e ospitano circa 60mila persone in casu-pole perlopiù di cartone.Al lato della più grande stazione di BuenosAires, quella di Retiro, in una zona centraledella capitale, si estende la “favela” piùconosciuta d’Argentina: la villa 31. Visibiledalla tangenziale, la villa 31 divenne famo-sa grazie all’opera di padre Carlos Mugica,uno dei primi preti operai e terzomondisti,che ne fece il vessillo di una politica e di un’o-pera di carità. Oggi ospita circa 60.000 abitanti ed è considerata trale più pericolose dell’intera città.La villa 107, invece, è situata a 200 metri dal lussuoso HotelSheraton e a poche cuadras da Avenida Libertador, tra le piùfamose di Buenos Aires. Da pochi mesi, circa 170 famiglie (soprat-tutto immigrati boliviani e peruviani in fuga dalla miseria) vivonoin case non più alte di un metro e mezzo, col pavimento in fango,disagi e malattie di ogni genere.Ci sono villas dove il problema abitazionale viene studiato e scus-

so. Basta prendere un treno da Retiro e scendere a Josè LeonSuarez. Qui si celebra ogni anno il giorno mondiale dell’abitabili-tà (dia mundial de habitat): accademici, deputati, senatori emembri di associazioni impegnate nel tema incontrano i rappre-sentanti delle villas e la popolazione, composta soprattutto dagiovani famiglie di cartoneros che da sei mesi hanno ottenutol’installazione di un generatore comune di luce. Quest’anno si èdiscussa l’approvazione di una legge di abitabilità sociale (ley de

marco de habitat social), che punta a risolvereil deficit abitazionale con una politica cheaumenti del 200% i fondi destinati all’ediliziapopolare (il 2% del Pil circa). Intanto gli aiutigiungono dalle università: accademici e stu-denti hanno consegnato alle villas di LeonSuarez delle guide pratiche su come creare unquartiere urbanisticamente in regola e delleabitazioni che non crollino dopo pochi giorni.Dall’altra parte della città, il pittoresco quar-tiere della Boca reca alcune incisioni sullepareti pitturate delle sue case: “Dai diamantinon nasce niente, dal letame nascono i fior”.

Se De Andrè è arrivato fino a qua è perché ilquartiere, uno dei porti di Buenos Aires, è stato creato negli anni’20 dagli immigrati genovesi che vi hanno importato focaccia,farinata e termini italiani (così da coniare il dialetto lunfardo,curioso misto di italiano e argentino, molto utilizzato nella capi-tale). Da quartiere operaio, oggi la Boca è diventato centro turisti-co bohemienne con le sue case basse di latta colorata e i suoi bal-lerini di tango per strada. Basta addentrarsi un poco, tuttavia, perritrovarsi in uno tra i quartieri più pericolosi del centro della capi-tale, dove anche di giorno è diffusissima la micro criminalità.

il Ducato

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I CARTONEROS ARGENTINI

Fuerte Apache è considerato uno dei quartieri

più pericolosi di Buenos Aires. Ma, accanto

a droga e criminalità, vive un tessuto sociale

coeso e solidale, dove i cartoneros promuovono

la raccolta differenziata porta e porta e si sono

uniti in una cooperativa di lavoratori informali

(continua da pagina 3)Noto per la droga, spesso tagliatae venduta nelle case, Fuerte Apa-che nasconde un tessuto socialeforte e coeso, che vanta molti ser-vizi gratuiti per le persone in diffi-coltà. C’è una vaca mecanica, undistributore gratuito di latte disoia per i bambini e i più bisogno-si. Una mensa per i ragazzini del-la scuola, gestita da una decina dimamme volontarie, retribuite inmodo simbolico dal quartierecon 150 pesos mensili, è attivaogni giorno a pranzo.Esiste an-che un farmacia che fornisce me-dicine gratuite nei casi più urgen-ti. Coco e gli altri 19 membri dellacooperativa riempiono i bidonidella differenziata installati nelquartiere e stimolano i cittadini afare altrettanto. Verso mezzo-giorno, con il Fuerte alla spalle, ètempo di riunioni. La Cmp (Cen-tral de movimentos populares)organizza dibat-titi e gruppi di la-voro per integra-re compagni dis-occupati. “I car-toneros – sottoli-nea il leader delmovimento, Car-los D’Elia – devo-no combattereper poter lavorare i materiali chericiclano: è l’unico modo per ac-quisire una rappresentanza sin-dacale, arrivare a quadruplicare iloro stipendi e creare un movi-mento unito che acquisisca dirit-ti e consapevolezza”.Dalla teoria alla pratica.Il pome-riggio di Coco inizia tra i sacchidel quartiere dove vive, PalermoHollywood, uno dei distretti piùchic di Buenos Aires, tipico esem-pio di scimmiottamento suda-mericano della grandeur euro-pea mista all’eccentricità londi-nese. Poche centinaia di metri difianco alle discoteche più in vogae ai grattacieli più imponenti, cisono tre grosse fabbriche, di cuiuna utilizzata da un’impresa dicemento e due abbandonate.Qui, nel cuore della Buenos Airesbenestante, vivono un centinaiodi famiglie di carto-neros, in casette dilamiera o cartone.Galline, piccioni,spazzatura dap-pertutto, niente lu-ce né acqua. “Vivia-mo come topi “,racconta un signo-re anziano in pessi-me condizioni. “Spesso anche laditta di cemento viene a scaricarei suoi rifiuti qui, tra le nostre case.Io sono venuto a Buenos Aires dagiovane per una nuova vita… l’u-nica cosa che mi rimane è questoincubo che ci circonda”.In questa zona è diffusissimo il

paco, la nuova piaga sociale ar-gentina: si tratta dell’insieme de-gli scarti della cocaina dopo cheviene bruciata. Dato il suo prezzoaccessibile, molti giovani poverilo consumano e contraggono, inpochi mesi, infezioni polmonaridifficili da guarire. “Ci voglianobuttare fuori anche da qui – escla-ma un ragazzo di 24 anni con lamaglietta del Boca Juniors, carto-

nero e già padre di trefigli . “A quanto pare unnuovo proprietario haacquistato questo ter-reno e intende, entroqualche anno, buttaregiù le fabbriche”. An-che Ariel, 18 anni,paraguaiano, vive qui,ma oltre a cartonear,

lavora come buttafuori in una di-scoteca vicina: “La mia famiglia –dice – ha costruito questa casettadi latta dopo anni di sacrifici: iostarò qui e li aiuterò a migliorarele nostre condizioni”. Coco, inve-ce, vive poco fuori da questo ter-reno, in una casa di mattoni chelui stesso si è costruito. “Teniamo– mi rivela – le posate in frigo perevitare problemi igienici: ci sonocucarachas (gli scarafaggi, ndr)dappertutto”. Frigo quasi vuoto, ilsuo: una coscia di pollo , un pez-zo di formaggio Emmental eniente più. I cartoneros escono di notte. Trale prerogative della cooperativaPadilla c’è quella di aiutare i car-toneros a emergere dallo stato disemi clandestinità in cui vivono equella di aiutare i giovani a nonentrare nel mondo della droga o

dell’alcolismo. L’atti-vità di Coco, dopo ilpomeriggio lavorati-vo, è spesso questa:andare a volantinaree a distribuire preser-vativi nelle stazionidi Chacarita e Costi-tucion, dove i carto-neros che vivono in

provincia attendono l’ultimo tre-no disponibile per tornare a casa.Per strada ci sono ragazzi di 16 an-ni che hanno smesso di studiare etrasportano il loro carretto colmodi “merce”; vecchi senza denti;donne di casa con la determina-zione delle madri di altri tempi.

“C’è un solo treno che ci porta acasa di notte – si lamenta Edgar-do, 44 anni – e ogni giorno è sem-pre più in ritardo: ieri sono arriva-to a casa alle tre del mattino, cosìnon si riesce ad andare avanti”. Lecariche della polizia o degli uomi-ni delle stazioni, che vedono i cor-ridoi occupati da una moltitudi-ne di carretti, sono all’ordine delgiorno. “Chiediamo – spiega ungiovane - solo qualche treno equalche vagone in più. Se non celi concederanno siamo pronti amarciare sulla villa di Macri (il go-vernatore di Buenos Aires, ndr) eassaltarla”.E’ proprio il governo delle città diBuenos Aires, presieduto dal2007 da Mauricio Macri, impren-ditore di successo, ex presidentedel Boca Juniors e attuale leaderdella formazioneUnion Pro, a rappre-sentare un ostacoloinsormontabile per losviluppo delle condi-zioni dei cartoneros.Macri è stato presi-dente di imprese di ri-ciclaggio per anni enon ha mai nutritosimpatia per i cartoneros. Nel2001 li definì ladrones (ladri); dal2007 lanciò il programma di con-tenerizacion, che impediva aicartoneros di recuperare la spaz-zatura e delegava solamente alleimprese private il compito di rici-clare i rifiuti. Fallito questo tenta-

Villas, le case dei poveri

Questa (2% del Pil) lasomma da destinare, secon-do il progetto di abitabilitàsociale, alla costruzione

di nuove case

7 miliardi di €Il numero di poveri sul

totale della popolazionesecondo la Uca (Universitàcattolica di Buenos Aires)

38%I poveri in meno nel 2009rispetto al 2008 secondo

L’Indec (ministerodell’Economia argentino)

1,5 milioniLe cooperative che

danno un tetto a circa10mila persone

519Le persone che vivono in 25

villas miserias di BuenosAires nel 2008 (dati della

Defensoria del pueblo)

167.500

Sopraunacartina diBuenosAires.A destra,unamappadell’Argentina eun tipicoscorciodel quartiereFuerteApache

Il pittoresco quartiere della Boca

Sempre secondo l’Indec, lapercentuale dei poveri nella

provincia della capitale

4%

tivo, anche grazie alla solidarietàdella popolazione nei confrontidei cartoneros, Macri creò ilgruppo Ucep (Unità di cura dellospazio pubblico), con l’obiettivo,

non celato, di sradi-care il fenomenocartoneros. Dopoun pestaggio a dan-no di una madrecartonera, che nellacolluttazione perseil bambino che ave-va in grembo, la De-fensoria del Pueblo

e altri organizzazioni per i dirittiumani dissolsero la Ucep. Ultimoprogetto di Macri è stato quello difornire alcuni camion, un‘unifor-me e uno stipendio di 300 pesosmensili (contro una media di 600)ai cartoneros che accettassero lecondizioni proposte dal governo.

In questo modo i cartoneros di-ventano dei semplici impiegatisotto pagati, senza ottenere alcu-na rivendicazione lavorativa, sin-dacale, salariale o pensionistica.Nonostante l’adesione di circa1.500 colleghi, anche questo pro-getto non ha dato i risultati spera-ti.“Stiamo costruendo – anticipaCruz - una organizzazione cherappresenti i cartoneros indipen-denti, la Ascira, che, nei nostripiani, diventerà un sindacato conuna rappresentanza unitaria delsettore. Stiamo anche andandoavanti nella definizione della Fe-decor, la federazione delle co-operative che riciclano. Entram-be le organizzazioni lavorerannosotto la protezione della Centralde movimento populares argen-tina”.

Il default del 2001Un intero paese al collasso. Milioni di posti di lavoroin fumo. Famiglie distrutte, disoccupazione in vertigi-noso aumento e valore del peso in picchiata. Sipotrebbero sintetizzare così le conseguenze della crisiche nel 2001 ha colpito l’Argentina. Il paese conob-be, con i governi del peronista di destra CarlosMenem, un periodo di spesa facile, con il tentativo diancorare il valore del peso a quello del dollaro e la pri-vatizzazione di tutte le grandi industrie statali a favoredelle multinazionali europee e americane. Sembravaun’età dell’oro per gli argentini, che potevano tran-quillamente permettersi di viaggiare in Europa eAmerica e avevano una moneta molto più forte diquella dei loro vicini. Ma la situazione si stava lenta-mente deteriorando: la scelta di agganciare il peso aldollaro, attuata per contenere l’inflazione, frenò bru-

scamente le esportazioni e rese impossibile il paga-mento del debito estero sempre più ingente.Fernando de la Rua, radicale che aveva preso il postodi Menem nel 1999, continuò su questa politica e fucostretto a bloccare i depositi bancari, prima di fuggi-re in elicottero dalla Casa Rosada, sede dell’esecuti-vo argentino. Dopo due anni di interregno, segnati dagoverni tecnici di transizione, fu lo sconosciuto gover-natore della provincia di Bariloche (Patagonia),NestorKirchner, considerato un peronista di sinistra, a vince-re le elezioni del 2003, prevalendo sul redivivoMenem. Dopo un primo periodo positivo, le critiche sisono abbattute anche sul governo Kirchner, accusatodi corruzione e clientelismo. Ora al posto di Nestor c’èsua moglie Cristina Fernandez, anche se il marito expresidente è pronto a ricandidarsi alle elezioni del2011,quando dovrà fronteggiare la concorrenza degliagguerriti oppositori della sua stessa parte politica, ilpartito justicialista.

LA SCHEDA

Ariel, 18 anni,

ricicla di giorno.

E di notte lavora

come buttafuori

in una discoteca

Il governatore

Macri definì

i cartoneros

“ladrones” nel

2001

I saluti di Coco.“Lo sai che ancheTevez è del Fuerte? ”. Coco si agi-ta sulle note della cumbia villera,la musica che balla Carlitos Te-vez, attaccante argentino in forzaal Manchester City, quando se-gna un goal. “Ogni volta che tornaa Buenos Aires - spiega - si fermanel suo vecchio quartiere . I bam-bini lo aspettano e lo guardanocome se il tempo si fosse ferma-to”. Il dia della madre è quasi fini-to e Coco, tra un sorso di mate el’altro, sembra più tranquillo, an-che se la famosa erba verde, be-vuta in quantità massicce, spessopuò provocare agitazione. “Maipreso una droga in vita mia. Il ma-te, dopo tanto lavoro, mi rilassa. Epoi mi basta guardare i miei figliper sentirmi felice e grato neiconfronti della vita”.

[email protected]

Vicino ai

grattacieli più

chic, vivono

cento famiglie

tra la spazzatura

In pieno centro città, accanto alla stazione di Retiro, la favela più grande

In altoa destra,le abitazioniabbandonatein mezzoa PalermoHollywood,uno dei quar-tieri più chicdellacapitale.Le “case”sonoletteralmentecircondatedallaspazzatura

I NUMERI

I cartoneros a Baires. 25milanella provincia. 40mila in cittàe provincia durante la crisi del2001. 15mila quelli reclutati

da Mauricio Macri

10milaI cartoneros in tutta

l’Argentina

100mila

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Page 4: Cartoneros, l'Argentina dei rifiuti

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I CARTONEROS ARGENTINI

Prima erano pochi echiedevano una man-cia per prendersi curadell’auto che stavaparcheggiando. Oggisono organizzazioni

para mafiose che intimoriscono iguidatori e li costringono a paga-re un “pizzo” prima di scenderedalla propria auto. Si tratta dei‘cuidacoches’ o ‘trapitos’, lavora-tori informali, spesso giovanissi-mi, che sventolano uno straccet-to (trapito) per invitare il guidato-re a parcheggiare nel luogo indi-cato. E obbligarlo a pagare unamancia salata, che va dai 5 ai 50pesos.L’articolo 79 del Codice di con-travvenzioni di Buenos Aires èchiaro. “Chi esige retribuzioneper il parcheggio di un auto in unavia pubblica senza autorizzazio-ne legale, verrà sanzionato conuna multa da 200 a 400 pesos o conun lavoro di pubblica utilità delladurata di due gior-ni. Quando esisteun’organizzazione,la sanzione rad-doppia per chi nesta a capo”.La differenza sta trail “chiedere” e l’ “esi-gere”. Un automo-bilista può essere ri-sarcito, secondo l’attuale legge,solo se dimostra che il cuidacocheesigeva, anziché chiedere, una re-tribuzione. E, per farlo, ha spessobisogno di un testimone, o di unpoliziotto che colga in fragrante iltrapito. Per questo motivo nel2009 si sono accumulate circa3015 denuncie di estorsione(2915 nel 2008) per quanto riguar-da il fenomeno dei cuidacoches,ma solo il 10% è stato sanzionato,secondo il procuratore generaledi Buenos Aires, Luis Cevasco. “Lagente – spiega – preferisce vedereuna partita del River Plate o anda-re a un concerto anziché sporgeredenuncia. Così le irregolarità ca-dono e certe mafie continuano a prosperare”.Per tentare di governare il feno-meno, il governo di Buenos Airessta studiando unprogetto di legge,che verrà reso notoa marzo 2010, percolpire non tanto lerichieste dei trapi-tos (difficili da indi-viduare), quanto laloro attività in gene-rale. “Entro pocotempo – assicura ilcapo della polizia metropolitana,Eugenio Burzaco – saranno instrada 500 agenti, equipaggiaticon la tecnologia più avanzata.L’idea è quella di regolarizzare oordinare l’attività dei cuidaco-ches, registrandoli tutti e stabi-lendo la chiara volontà della retri-buzione. In più stiamo pensandoa un modo per renderli riconosci-bili. E’ una maniera per dare sicu-

rezza e protezione ai cittadini cheparcheggiano i loro veicoli e, nel-lo stesso tempo, un’ offerta di im-piego retribuito a persone chehanno difficoltà a entrare nelmercato del lavoro”.Per far passa-re questa legge, il governo di Bue-nos Aires dovrà ottenere l’appog-gio di almeno una parte dell’op-posizione, per arrivare a 31 voti fa-vorevoli (attualmente sono 26).Non mancano le voci contrarie: “Ilpotere della polizia – sottolineaMartin Hourest del Proyecto Sur –deve venire prima della repressio-ne. Macri sa che la polizia e lesquadre di calcio consentono efomentano l’attività dei cuidaco-ches: bisogna perseguire le retimafiose che la sorreggono, nonsolo gli uomini e le donne che,spesso per mancanza di alternati-ve, la esercitano”. I trapitos scappano, non rilascia-no dichiarazioni. Anche se c’è chinon sembra contrario al progetto

del governo. “Nonimporta – dice Ri-cardo, 55 anni, cui-dacoche da 6 mesinel quartiere chicde Las Canitas - chelavoro fai. Importafarlo con dignità.Spesso si vedonogruppi di 10-15

bambini sporchi e mal vestiti chefanno pressione sugli automobi-listi, obbligandoli a pagare. Quan-do noi li vediamo, siamo i primi adavvisare la polizia e a cercare di to-glierli di mezzo”.Non solo cuidacoches.I vendito-ri ambulanti sono un altro esem-pio di lavoratori informali diffu-sissimo nella capitale argentina.Ragazzi, vecchie signore, uominidi mezza età si sistemano alle an-goli delle avenidas e nei corridoidelle metropolitane per venderecd taroccati, vestiti, dolciumi, si-garette e tanti altri prodotti. An-che nel loro caso il Codice non èchiaro: l’articolo n. 83 stabiliscemulte da 200 a 600 pesos per chisvolge attività lucrative non auto-rizzate nello spazio pubblico e da5000 a 30.000 pesos se lo fa in mo-

dalità simili a quelledi un negozio co-mune. Non si trattadi contravvenzio-ne, tuttavia, se lavendita è realizzata“por mera subsi-stencia” (per so-pravvivenza), an-che se non vienespecificato che co-

sa in realtà significhi “subsisten-cia”.Lavoratori ai semafori. Fratelliminori dei cuidacoches, ci sono ilavacoches, per lo più ragazzi chelavano i vetri delle automobili ri-chiedendo (o imponendo?) il pa-gamento di una mancia. Ancheloro sono finiti sotto la lente d’in-grandimento della polizia metro-politana, che ne vuole regolariz-

Nato nel 1973 a Quilmes, nella provincia di

Buenos Aires, Santiago Vega, in ar te

Washington Cucur to, è uno scrittore

argentino, diventato ar tista di culto per le

giovani generazioni. E' stato il libro del

2003 Cosa de negros a renderlo famoso,

anche se non sono da dimenticare La

Cartonerita (2003), storia di una giovane

cartonera e El curandero del amor (2006),

la sua ultima fatica. Cucurto ha fatto delle

descrizioni e delle storie dei bassifondi

della capitale (le ‘cose dei negri’, appunto)

il tema principale delle sue narrazioni.

Cucurto è anche il presidente della casa

editrice Eloisa car tonera, le copertine dei

cui libri sono realizzate a mano con tempe-

re e car tone riciclato

Il giovane scrittoredei bassifondi è ormai un cult

“Contro la grande crisifaccio libri di cartone”

Parla Washington Cucurto, autore di Cosa de negros

Washington Cucurto seduto a uno dei tipici bar del quartiere

La Boca, dove ha sede la sua casa editrice. Cucurto, già auto-

re di dieci libri, è considerato una delle giovani penne più

talentuose della nuova generazione di scrittori argentini. In

basso, due immagini del lavoro all’interno di Eloisa cartonera

Dai lavavetri ai ballerinil’Argentina lavora in nero

Ecco tutti gli impieghi informali che affollano il centro di Buenos Aires

Stretta del governo: la giunta della capitale decisa a fermare il fenomeno dei trapitos

zare l’attività.Cartonear nelle discariche. Iquemeros sono lavoratori chefanno lo stesso mestiere dei carto-neros, ma lo esercitano nelle dis-cariche, con gravi rischi di conta-minazione. Si tratta, in genere, dipersone nate e cresciute vicino auna discarica che hanno fatto del-la quema una fonte di sopravvi-venza. “Ho cominciato a lavorarequi – racconta Alberto, ormaitrent’enne - a 12 anni. Nei decen-ni scorsi la polizia ci sparava pal-lottole di gomma: ci sono compa-gni che per schivarle si sono but-tati in dei laghi della discarica ehanno contratto malattie alla pel-le; altri che sono stati seriamenteferiti. Un ragazzo di 15 anni, nel1995, è addirittura morto. Dalquel momento ci siamo uniti inuna cooperativa: i guardiani della discarica e la Po-lizia ci lasciano entrare nell’im-mondezzaio in orari concordati,la mattina e la sera, circa 4 ore ognigiorno”.Le file del 2001. Lunghissime co-de. Fuori dalla banche, agli spor-telli. Ma anche all’esterno di su-

per mercati, fast food, alimentari.E urla per strada, spari, tanto dafar pensare ad un immediato ri-torno dei militari. Furono questetra le conseguenze più evidentidella crisi economica del 2001.Accanto alla gente che, dalle cin-que di mattina, si metteva in filafuori dalla propria filiale, speran-do che il default non avesse in-ghiottito i propri risparmi, nac-que la figura del colero, lavoratoredisposto a fare la coda per qual-cun altro, aspettando in piedi an-che tutta la giornata. Il fenomenooggi è in netto calo, anche se ognitanto si ripresenta nelle situazio-ni più disparate (stazioni dei treni,taxi,mercati…).Ballare per qualche pesos. Il tan-go, dichiarato ad ottobre patri-monio mondiale dell’umanità,come fonte di reddito. Ma nonnelle sale da ballo o nelle scuole:per strada, Calle Florida, una del-le strade più frequentate di Bue-nos Aires, è piena di ballerini ditango, che si mantengono in que-sto modo, offrendo spettacoli aipassanti e ricevendo spesso dellemance tutt’altro che modiche.

Un cuidacoche

nell’atto di

cuidar, cioè di

prendersi cura

di un auto

parcheggiata.

I cuidacoches

attirano

l’attenzione del

guidatori

sventolando

uno straccetto

colorato

Alcuni ballerini di

tango callero, cioè

della calle, della

strada.

Si concentrano

soprattutto

in centro,

nelle strade più

commerciali come

calle Florida.

Spesso i ballerini

sono dei veri

e propri

professionisti del

ballo di strada

Vuoi conquistare una ra-gazza con un romanzod’amore? Vuoi sorprende-

re tuo papà, a cui non hai mai do-nato niente? Regala un libro car-tonero, bello, economico e av-vincente (se sei a Buenos Aires ene vuoi più di cinque, te li portia-mo a casa in bicicletta). Si leggecosì sui volantini di Eloisa carto-nera, la casa editrice fondata nel2003 da Washington Cucurto,autore del cult Cosas de negro(2003), giovane narratore deipostriboli della moderna capita-le, delle realtà marginali e dei la-voratori spazzati via dal defaultdel 2001. “La casa editrice – rive-la Cucurto – è stata una rivoltadell’immaginazione dinanzi al-la crisi. Nella primavera del 2003arrivò Fernanda, una mia amica,con un maglione verde, su unabicicletta rosa. E ci propose diaprire uno studio in via GuardiaVieja, in mezzo a La Boca”.E poi che è successo? Che cosaavete fatto?“Io e il mio amico Javier Barilarorealizzavamo poesie illustratesopra delle cartoline. Quando ilprezzo della carta balzò alle stel-le, ci venne l’idea della coopera-tiva: comprare il cartone dai car-toneros, che stavano affollandosempre più le strade, stamparelibri e farne le copertine a mano,una diversa dall’altra”E come va?Benissimo! Siamo vicini ai 200 ti-toli pubblicati. Molti autori cihanno ceduto gratuitamente iloro diritti. In Paraguay, Cile, Pe-ru, Bolivia, Brasile e Messico so-no nate case editrici come la no-stra. Cercando tra opere inedite,dimenticate, ma anche di avan-guardia e di culto, abbiamo sco-vato Mil Gotas di Cesar Aira, di-venuto un fenomeno letterario”.Mi spieghi bene come si fa un li-bro.“Non è difficile. Si prende delcartone. Lo si taglia, dipinge e losi piega all’interno del libro, cheviene stampato con la nostraMultilit 1250. Ogni esemplare èunico”.Cha rapporto avete con i carto-neros? Ce ne sono molti a La Bo-ca?“La Boca è un posto strano. Vivestrozzata dal turismo a buonmercato, ma conserva sacche diforte povertà e microcriminali-tà. I cartoneros sono molti e la-voriamo in stretta collaborazio-ne. Sono un po’ come noi: alcunidicono che siamo un prodottodella crisi, che estetizziamo lamiseria. E’ tutto il contrario: sia-

mo un gruppo di persone cheper necessità ha iniziato a lavo-rare in un altro modo, imparan-do cosa significhi lavorare per ilbene comune”.E le politiche del governo dellacapitale nei confronti di tutti ilavoratori informali?“C’è una legge che dice che i car-toneros sono lavoratori, peròconcede loro solo un paio diguanti e una pettorina. Esiste undecreto che stabilisce la creazio-ne di centri ‘verdi’ dove i carto-neros potrebbero separare i ri-fiuti senza correre alcun rischio.Bene, questi centri sono rimastilettera morta. I cartoneros, co-me tutti i lavoratori informali,per mancanza di consapevolez-za, restano ostinatamente indi-vidualisti, tornado al principiodel loro lavoro: ‘esco e mi guada-gno qualche pesos per mangia-re’. Sbagliano: il futurosta nellecooperative, nei gruppi di lavo-ratori non riconosciuti che si as-sociano per conquistare alcunidiritti elementari”.Si usa sempre il termine margi-nalidad (marginalità, ndr)quando si parla di Sud America.Lei pensa che si tratti di una ca-tegoria meta-storica, che vi ha

accompagnato dalla vostra na-scita, oppure un prodotto delletrasformazioni degli ultimi de-cenni?“Sono contrario all’idea di Lati-no America come figlio povero,oppresso e sempre fottuto dalprimo mondo. Ho le mie riservesu Edoardo Galeano (autore diLe vene aperte dell’America Lati-na, l’opera che Chavez regalò aObama, ndr): credo che le colpedella nostra situazione siano, inmolti casi, nostre. Però l’egemo-nia economica degli Stati Unitiqui si fa sentire ed è quella che cirende marginali. Siamo nati inquesta epoca e ora ci tocca viver-la, così come tutte quelle coope-rative, gruppi di quartiere, mi-croimprese che sono cresciutidurante questi anni per iniziati-va della gente. Vicini e lavorato-ri, stiamo qua e non ci muovia-mo”.Perché la vostra casa editrice sichiama Eloisa?Eheh…Eloisa è una bellissimadonna boliviana. Ha fatto perde-re la testa al mio amico Javier Ba-rilaro, prima di sparire. E allora leabbiamo intitolato la casa editri-ce, per quest’immagine di bel-lezza che ci ha lasciato”.

I cuidacoches

chiedono ai

guidatori mance

che vanno dai 5

ai 50 pesos

I quemeros

raccolgono e

differenziano

i rifiuti non per

strada, ma nelle

discariche

totale.qxp 25/03/2010 11.17 Pagina 6

Page 5: Cartoneros, l'Argentina dei rifiuti

il Ducato

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I CARTONEROS ARGENTINI

Il grande business dei rifiutiche arricchisce solo i privati

Finiscono nelle discariche all’aperto le 169 tonnellate di rifiuti all’anno

I grandi gruppi monopolizzano la raccolta. Che vale più del 10% del bilancio annuale della capitale

La discarica di Josè Leon Suarez, tipico esempio di immondezzaio a cielo aperto

Nel 1977 l’Argentina sitrovava nel pieno delladittatura militare. Tra-

mite il decreto n° 3457, venneistituito il Ceamse, o cinturaecologica dell’area metropoli-tana dello Stato. Il Ceamse esi-ste ancora oggi e ha mantenu-to il suo compito originario:quello di unico intermediarionella raccolta e nel trasportodella spazzatura verso le disca-riche.“Le politiche economi-che che si applicavano ai gran-di affari economici – ricordal’ingegner Eduardo Hernan-dez, specialista del tema – inquel periodo non potevanoneanche essere discusse. Penal’accusa di essere un sovversi-vo”.Il Ceamse era un’immensa im-presa apparentemente nellemani della capitale e della pro-vincia, in realtà proprietà deisuoi stessi dirigenti, emana-zione diretta della classe poli-tico-militare di quell’epoca.Sempre protagonista dell’ “af-fare-spazzatura”, il Ceamse ne-gli ultimi decenni ha intratte-nuto rapporti commerciali conle aziende più coinvolte nelcommercio dei rifiuti, come ilgruppo Macri (attraversoun’impresa chiamata Manli-ba), Roggio, Pescarmona,Dycasa-Covisur, tutte aziendenote in Argentina. C’era anchela multinazionale Techint,omaggiata con l’assegnazione

di 4000 ettari, per vent’anni,sulla costa sud del Rio dellaPlata, zona in cui funzionavafino a poco fa la discarica di Vil-la Dominico. Da subito Ceam-se iniziò a incaricare una seriedi imprese per la raccolta deirifiuti nelle strade di BuenosAires e nella periferia limitrofa,il ‘Conurbano’. Successiva-mente, le aziende si sarebberodovute assumere il compito disistemarli nelle discariche del-la provincia (attualmente sonotre: Josè Leon Suarez, GonzalezCatan e Punta Lara). Il tuttocondito da un importante ri-torno economico: nel 2009 ilcommercio dei rifiuti ha gene-rato 1.085 milioni di pesos, piùdel 10% del bilancio della capi-tale, di cui circa 180 sono rima-sti al Ceamse. Sono, infatti, 169le tonnellate di spazzatura chesi producono ogni anno a Bue-nos Aires (12,3 milioni in Ar-gentina), di cui il 10% costitui-to da carta e cartone, il 7% daplastica, il 3% da metalli. Quo-tidianamente, la capitale ar-gentina produce circa 5.000tonnellate di rifiuti, mentre laprovincia arriva fino a 10.000 algiorno.I protagonisti di questa attivi-tà, ossia i grandi gruppi chemonopolizzano la raccoltaporta a porta, fanno parte digrandi imprese nazionali o so-no foraggiati da capitali stra-nieri. Covelia, per esempio, ha

dichiarato un fatturato di 124milioni di pesos nel 2009 e hauna struttura proprietariaframmentata e difficile daidentificare: nessuno sa chitiene i fili dell’azienda, se im-prenditori argentini di fama omisteriosi milionari stranieri. Per migliorare la situazione,anche grazie alla protesta di as-sociazioni ambientaliste, il go-verno della città approvò nel2005 la cosidetta “legge dispazzatura zero” (ley de basuracero), che stabilisce la riduzio-ne progressiva delle quantitàdi rifiuti che vengono traspor-tati nelle discariche. Il proget-to era quello di arrivare a unariduzione del del 30% nel 2010,del 50% nel 2012, fino a una del100% nel 2020. La legge, pro-mulgata nel 2006, non viene ri-spettata dall’attuale governodi Buenos Aires, che MauricioMacri ha in mano dal 2007.“Il governo – spiega Hernan-dez - continua in direzioneostinata e contraria alla legge eal buon senso: vuole, per esem-pio, abolire i contenitori delladifferenziata perché troppocostosi per le imprese. Non ba-stasse, non sta dando attuazio-ne alla Ley de basura cero, da-to che, dal 2007 al 2008, laquantità di spazzatura raccol-ta e consegnata è aumentatadel 15% (dati Ceamse, ndr), il25,6% in più di quanto consen-tito dalla legge”.

I PREZZI

Quanto guadagnano

i cartoneros dalla

vendita al kg dei

materiali100 centavos: 1 peso

5 pesos: 1 euro

Plastica: 1 pesoNon frutta molto ma si trova

ovunque

Latta: 2,50 pesosIn Argentina la Coca Cola è la

bibita più consumata...

Rame: 17 pesosUn piccolo tesoro per i cartoneros

Zinco: 4,5 pesosIl più raro e fra i più

remunerativi

Quanto guadagnano

i cartoneros dalla

vendita al kg dei

materiali100 centavos: 1 peso

5 pesos: 1 euro

Piombo: 3,5 pesosRaro e molto redditizio

Vetro: 15 centavosUno dei materiali più comuni

Carta bianca: 1,2 pesosTra le più riciclate e reperibili

Cartone: 30 centavosDa qui il nome cartoneros

I PREZZI

totale.qxp 25/03/2010 11.17 Pagina 8