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L’immagine della villa è simbolicamente raffigurata nel boz- zetto, di impeto stilistico futurista, del pittore Felix de Cavero, riprodotto a mosaico sul pavimento dell’atrio a piano terra dell’edificio. Quale metafora di un sole radiante, è stilizzato il corpo mobile collegato all’ingranaggio di rotazione. (In alto il logo di Casa Girasole del pittore Felix de Cavero) Ci sono ancora molti studiosi che si chiedono se Casa Girasole, anzi Villa Girasole, sia stata, ai tempi della sua ideazione e poi realizzazione, solo uno sfizioso meccano, un sofisticato marchingegno, un giochino per l’ingegnere che l’ha “ideata”, Angelo Invernizzi, oppure abbia avuto un significato altro, ben diverso. Questo dubbio ne ha alimen- tato la fortuna critica e una continua osservazione archi- tettonica. Il progetto è del 1929, stesso anno della famosa Ville Savoye a Poissy di Le Corbusier, in cui l’architetto svizzero esprime l’integrale applicazione dei suoi cinque punti della, per lui, nuova architettura (i pilotis, il tetto-giardino, la pianta libera e la facciata libera, la finestra a nastro) teorizzati quali principi fondamentali del Movimento Moderno. Ma ad essi Le Corbusier affianca altri, ugualmente interes- santi, parametri progettuali: i legami con la pittura e l’arte, la presenza di forme geometriche, la costruzione dei percorsi, il rapporto con l’ambiente naturale. Questi termini saranno usati, insieme a molti altri ancora, anche da Invernizzi com- pletando così la grande macchina da lui realizzata di interes- santi e caratteristici valori compositivi. La villa, costruita per se stesso e la sua famiglia, si colloca nelle assolate campagne di Marcellise poco lontano da Vero- na. Già questo “tradisce” il lato umano dell’edificio, la ricerca di un genius loci ideale per amplificare lo spirito dell’architet- tura. Non è un rifugio, non è solo un monumento alla tecni- ca e alla meccanica, ma è una casa signorile per le vacanze, con tutti i decori, gli agi, le comodità che una bella villa del- l’alta borghesia poteva ambire. Un edificio che nasce principalmente dal movimento del sole, vera ossessione dell’ingegnere veronese, dal benessere che un abitazione “eliocentrica” poteva offrire ai suoi ospiti. È da ricordare come i sanatori, le cure elioterapiche ed anti- tubercolari, fossero proprio in quell’epoca di particolare interesse sia per la società civile che per il regime politico 1 . Non sarà quindi solo l’intenzione scientifica (anzi, a detta di molti, fantascientifica) dell’inventore ma soprattutto la razionale esigenza di sperimentare modi, contesti e forme per un vivere sano. Invernizzi realizza così la sua machine à habiter, nel senso attribuito all’espressione da Le Corbusier e ai precetti imperanti in quel periodo storico. L’attenzione quasi maniacale al progetto ma altresì anche al processo porterà l’ingegnere ad organizzare svariate campa- gne fotografiche durante la costruzione della casa e, addirittu- ra, alcune vedute fotografiche scattate da un aeroplano, circo- stanza che allora non era certo così usuale come le foto aeree attuali. Il progetto era sottoposto a valutazioni e ripen- samenti continui: di questo sono testimonianze le infinite Casa girasole (1929-1935). La casa rotante di Angelo Invernizzi RDA. Ricordi di Architettura a cura di Marzia marandola Chiara Visentin 169

Casa girasole (1929-1935). La casa rotante di Angelo Invernizzi · 2016. 6. 16. · casa girasole (1929-1935). la casa rotante di angelo invernizzi Ma c’era dell’altro: qualcosa

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Page 1: Casa girasole (1929-1935). La casa rotante di Angelo Invernizzi · 2016. 6. 16. · casa girasole (1929-1935). la casa rotante di angelo invernizzi Ma c’era dell’altro: qualcosa

L’immagine della villa è simbolicamente raffigurata nel boz-zetto, di impeto stilistico futurista, del pittore Felix de Cavero,riprodotto a mosaico sul pavimento dell’atrio a piano terradell’edificio. Quale metafora di un sole radiante, è stilizzato ilcorpo mobile collegato all’ingranaggio di rotazione. (In alto illogo di Casa Girasole del pittore Felix de Cavero)

Ci sono ancora molti studiosi che si chiedono se CasaGirasole, anzi Villa Girasole, sia stata, ai tempi della suaideazione e poi realizzazione, solo uno sfizioso meccano,un sofisticato marchingegno, un giochino per l’ingegnereche l’ha “ideata”, Angelo Invernizzi, oppure abbia avuto unsignificato altro, ben diverso. Questo dubbio ne ha alimen-tato la for tuna critica e una continua osservazione archi-tettonica.

Il progetto è del 1929, stesso anno della famosa VilleSavoye a Poissy di Le Corbusier, in cui l’architetto svizzeroesprime l’integrale applicazione dei suoi cinque punti della,per lui, nuova architettura (i pilotis, il tetto-giardino, la piantalibera e la facciata libera, la finestra a nastro) teorizzati qualiprincipi fondamentali del Movimento Moderno.

Ma ad essi Le Corbusier affianca altri, ugualmente interes-santi, parametri progettuali: i legami con la pittura e l’arte, lapresenza di forme geometriche, la costruzione dei percorsi,il rapporto con l’ambiente naturale. Questi termini sarannousati, insieme a molti altri ancora, anche da Invernizzi com-pletando così la grande macchina da lui realizzata di interes-santi e caratteristici valori compositivi.

La villa, costruita per se stesso e la sua famiglia, si collocanelle assolate campagne di Marcellise poco lontano da Vero-na. Già questo “tradisce” il lato umano dell’edificio, la ricercadi un genius loci ideale per amplificare lo spirito dell’architet-tura. Non è un rifugio, non è solo un monumento alla tecni-ca e alla meccanica, ma è una casa signorile per le vacanze,con tutti i decori, gli agi, le comodità che una bella villa del-l’alta borghesia poteva ambire.

Un edificio che nasce principalmente dal movimento delsole, vera ossessione dell’ingegnere veronese, dal benessereche un abitazione “eliocentrica” poteva offrire ai suoi ospiti.È da ricordare come i sanatori, le cure elioterapiche ed anti-tubercolari, fossero proprio in quell’epoca di particolareinteresse sia per la società civile che per il regime politico1.

Non sarà quindi solo l’intenzione scientifica (anzi, a dettadi molti, fantascientifica) dell’inventore ma soprattutto larazionale esigenza di sperimentare modi, contesti e formeper un vivere sano. Invernizzi realizza così la sua machine àhabiter, nel senso attribuito all’espressione da Le Corbusier eai precetti imperanti in quel periodo storico.

L’attenzione quasi maniacale al progetto ma altresì anche alprocesso porterà l’ingegnere ad organizzare svariate campa-gne fotografiche durante la costruzione della casa e, addirittu-ra, alcune vedute fotografiche scattate da un aeroplano, circo-stanza che allora non era certo così usuale come le fotoaeree attuali. Il progetto era sottoposto a valutazioni e ripen-samenti continui: di questo sono testimonianze le infinite

Casa girasole (1929-1935). Lacasa rotante di AngeloInvernizziRDA. Ricordi di Architetturaa cura di Marzia marandola

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170 EdA 3/2007 - Info-architecture. L’architettura performativa dell’età dell’informazione

R d A . R i c o r d i d i A r c h i t e t t u r a

annotazioni, le correzioni e varianti chesegnavano con mano decisa le copie deidisegni tecnici.

Angelo Invernizzi, classe 1884, com-pie gli studi di ingegneria civile a Padovae Genova, intraprendendo proprio nelcapoluogo ligure una intensa (e di suc-cesso) attività professionale.

La decisione di erigere per se stessouna casa rotante nasce oltremodo dallefrequentazioni che ebbe durante gli studie i lavori, soprattutto in Liguria ma anchecome incaricato militare del Genio.

Come era organizzata la casa? La par te “a terra”, un saldo basa-

mento cilindrico in cemento (fin dalla“inaugurazione” della casa ricoper todi rampicanti verdi) ha sulla sua som-mità, sul tuo tetto-piano un parterrecircolare di camminamenti in cementoe aiuole verdi, atto per fare ruotare imeccanismi per il movimento dellaparte superiore, ma studiato nella suaforma estetica come fosse la planime-tria di un labirinto circolare di un giar-dino settecentesco all’italiana, con tan-

to di percorsi (che in realtà sono lecarreggiate per le rotaie) e di curatispazi verdi (i tratti interstiziali: pausetra i meccanismi rotanti). Il verde èoggi estesamente presente ancheintorno alla villa: folti macchie dicipressi, viti e palme. Una natura rigo-gliosa che amplifica ancora di più lasingolare dicotomia tra ingegno mec-canico e paradiso naturale, remini-scenza involontaria delle strabiliantiinvenzioni delle folie barocche.

La struttura cinetica, in blocchi diEraclit2 completamente rivestiti in allu-minio, ruotava su un meccanismo simi-le alle piattaforme girevoli ferroviarie, ilcongegno per traslare i vagoni sui bina-ri, anche se in realtà, appena si salivacon lo sguardo, ecco che una forma a V,anomala ma nello stesso tempo inarmonia dimensionale con il basamen-to, evocava ben altre atmosfere: meta-fore marine futuriste, sensazioniromantico-fantastiche alla Jules Verne,ideologie scientifico-urbane alla SaintSimon3, caposaldi militari ideali allaFrancesco di Giorgio Martini, sofisticateingegnerie aeronautiche.

2-3. Vedute di Villa Girasole da oriente con la parte superiore ruotata, 1934.

1. veduta aerea di Villa Girasole da sud-est, 1935 ca

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c a s a g i r a s o l e ( 1 9 2 9 - 1 9 3 5 ) . l a c a s a r o t a n t e d i a n g e l o i n v e r n i z z i

Ma c’era dell’altro: qualcosa che esu-lava dalla pura meccanica, dalla tecnicafredda organizzazione di calcoli e auto-matismi. La struttura a due piani postasopra il basamento segue nel suo lentis-simo movimento (ci metteva per larotazione completa 9 ore e 20 minuti, 4millimetri al secondo) il corso del sole.

Il carattere astrale in conseguenza diciò diviene un altro paradigma del pro-getto: una sorta di osservatorio che alposto di inseguire il movimento dellestelle cercava il sole con tutte le impli-cazioni estetiche e concettuali che nederivano. Insomma una macchina com-plessa anche nei significati, forse noncapita appieno in anni che vedevano

circostanze architettoniche concomi-tanti quali la già citata macchina lecor-buseriana di Poissy e l’assoluta misura-zione spaziale del padiglione di Mies aBarcellona (1929).

Era tuttavia una architettura moltoitaliana, che studiava nei sofisticati con-cetti derivanti da altre discipline, valoriassoluti per ispirare anche la tecnicaarchitettonica. E così la casa di villeggia-tura rotante indica nuove letture,

cosmiche ed astrologiche (è delnovembre 1933 un curioso disegnoper la sistemazione a parterre dellasommità del basamento: il pavimentocome valenza astrologica ed esotericache la casa aveva grazie alla rotazione).

Memoria di rocche medievali e di vil-le palladiane, edificate per mirare i pano-rami delle campagne, il rapporto traesterno e interno della casa si avvicinaforse più al bien vivre del palazzo all’italia-

4. particolare dello schema prospettico dellastruttura rotante, 1935 ca.

5. Pianta della sistemazione a parterre con i segni zodiacali, 1933 ca..

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na con le sue logge, scostandosi dallecalcolate norme del Movimento Moder-no mitizzate dai punti lecorbuseriani.

La percezione dell’edificio era spic-catamente dinamica: una promenadearchitecturale visiva verso l’alto e poiancora nel periplo attorno alla casa enel parco. Se il lento trasformarsi delpaesaggio veniva percepito dall’internocon una sorta di spaesamento mentrela casa girava, ebbene le sensazioni era-no ancora più disorientate per coloroche vedevano dal di fuori il movimento,esibendo in un solo campo visivo tutti iprospetti. Potremmo azzardarci adaffermare “alla manière de” la VillaRotonda di Palladio, distante una cin-quantina di chilometri: a Vicenza losmarrimento nasce nel girare intorno enel trovare sempre il fronte della villa,qui a Marcellise nello stare fermi osser-vando tutti i fronti…

Una villa vera e propria, con giardino,portineria, piscina, campo da tennis, addi-rittura un belvedere e un lago artificiale.

Elemento fondamentale dellacostruzione, perno (in tutti i sensi) dellacasa, è la torre girevole, conficcata in unpozzo ipogeo per più di 20 metri, esvettante di altrettanti.

Al centro di essa una proporzionatascala elicoidale e un ben congegnato emodernissimo, per quell’epoca, ascen-sore fanno salire ai piani più alti: passan-do per uno spazio buio, il ventre dellacasa salda a terra, si può arrivare infineai piani più elevati, sul tetto piano, dovegirano le due ali, e poi ancora più su,alla lanterna della torre. E da lì ammira-re il paesaggio sconfinato delle collineveronesi. In una vista a 360 gradi4. Tuttociò spingendo appena due semplici pul-

santi elettrici posti a piano terra del-l’abitazione, vicino alla scala. Le partimeccaniche e i carrelli motore eranostati realizzati nello stabilimento Ansal-do di Sanpierdarena, assai frequentatoda Invernizzi.

Internamente, nella parte mobile, ilpiano terra era tutto destinato a zonagiorno, con la cucina, nell’angolo addos-sato alla torre, poi in enfilade: il tinellotriangolare, il fumoir, il pranzo. Nell’altraala si trovavano un bagno, il guardaroba,lo studio del padrone di casa, lo studiodella signora, la grande sala della musicacon un pianoforte a coda. Ai pianisuperiori invece le camere da letto perla famiglia e per gli ospiti. Lo stile chequalificava con una veste architettonical’edificio, pensato per i decori e gli arre-di degli interni ideati con l’architettoEttore Fagiuoli5 confluiva verso l’artnovueau.

Sfortunatamente anche se zeppa ditali notevoli peculiarità, la critica archi-tettonica dell’epoca non capì completa-mente la villa, rimandandola ad un gio-chetto personale di un valente tecnico,solo un esperimento curioso e singola-re. Poco comprendendo invece che itemi del dibattito internazionale delperiodo, tra forma tecnica e formaarchitettonica, venivano qui ricercaticon moderna e sincretica razionalità. Sia“La casa bella” che “Architettura e artidecorative” le preferiranno infatti realiz-zazioni quali le case parigine di RobertMallet-Stevens o il Novocomun di Ter-ragni: fondamentali esempi di architet-tura razionalista versus un marchinge-gno gratuito.

NOTE

1 Forse anche per questo, per errore o persvista, il Girasole viene pubblicato nell’Ency-clopedie de l’Architecture, edita da AlbertMorancè nel 1937, fra gli esempi modernidi ospedali e sanatori.

2 L’Eraclit a quel tempo era un materialeinnovativo per le sue doti di leggerezza e diisolante: un impasto di lana di legno e legan-te a cemento magnesiaco. Cfr. Eraclit.Manuale Tecnico. Portomarghera, Eraclit-Venier S. A., 1934.

3 Claude-Henri de Saint-Simon vedeva ilmondo intero completamente ricoperto dauna infinita rete ferroviaria.

4 Ho deciso di fare il giro completo, dicevaInvernizzi il 27 novembre 1933 al geometraMario Daverio, che con lui condivideva lecarte e i conteggi tecnologici della Villa; inVilla Girasole: la storia, testi di Aurelio Galfet-ti, Kenneth Frampton, Valeria Farinati, Men-drisio, Mendrisio Academy Press, 2006, p.33.

5 L’architetto Fagiuoli, anch’esso di Verona,sarà conosciuto dal coetaneo Invernizzidurante la I guerra mondiale, al comandodel quinto corpo d’armata. Laureato al Poli-tecnico di Milano fu particolarmenteapprezzato da Marcello Piacentini che nel1922 in Architettura e Arti decorative, rivistadi Gustavo Giovannoni e dello stesso Pia-centini, (gennaio-febbraio, V fascicolo, annoI) scriverà di lui: “Ettore Fagiuoli ha questagrande e rara qualità: l’equilibrio”. SuFagiuoli vedere: Ettore Fagiuoli, introd. diRossana Boscaglia, con schede critiche diGraziana Pezzini, Giuseppa Zanichelli, LuciaMiodini, Parma, Artegrafica silva 1984, Qua-derno CSAC 62.