22
Tomàs l\laldonado Architettura e linguaggio un'immagine". Cosa che risulta evidente quando cerchiamo di esaminare il rapporto descrizione-percezione che sta alla base di gran parte dei processi cognitivi. Descrivere e interpretare sono impossibili senza nominare. Ma l'atto di nominare non è senza conseguenze per l'oggetto nominato. Una volta descritto e intc prctato, cioè nominato, l'oggetto non è più lo stesso di prima. Da quel momento, all'interno di una comunità linguistica, percepire un oggetto equivale a percepire anche i nomi che sono stati coniati per descriverlo. Descrivere, tutto sommato, è sancire le "istruzioni per l'uso" degli oggetti descritti, per l'uso percettivo nonché produttivo. Descrivere è fare, diceva J.L. Austin. E questo vale anche per l'architettura. Degli edifici, secondo una tradizione che risale al medioevo, si è anche detto che sono pietre. Certo, pietre di tipo particolare. Pietre che configurano spazi abitativi e cerimoniali. In breve, pietre che sono diventate architettura. E nel processo che ha reso possibile tale mutamento, le parole hanno svolto spesso un ruolo che non è stato ancora messo nel giusto rilievo. A questo riguardo torna utile esaminare le parole di più frequente uso nel discorso critico e storico dell'architettura. K. Gilbert ne aveva elaborato un elenco, molto simile peraltro a quello precedente di T. van Doesburg relativo alla pittura. La Gilbert ha reso assai chiaro carne gli stereo tipi verbali utilizzati per descrivere, interpretare e valutare prefigurino il modo di produrre, fruire e vedere le opere di architettura. L'esempio più noto è quello delle famose categorie dicotomiche di Wòlfflin, Ma tale processo ha per di più un suo andamento circolare: le parole agiscono sulle opere, come a loro volta le opere sulle parole. f. tramite questa dialettica che si configura l'istituto della cultura chiamato "architettura". Infatti la funzione di inculturamento dell'architettura passa forzosamente per il linguaggio. In un certo senso, le opere di architettura, come tutti i prodotti del lavoro umano, sono anche opere di linguaggio. f. così che va intesa l'asserzione di M. Golaszewska: "Le opere d'arte esistono grazie al linguaggio" . Di solito si ritiene che i problemi fin qui discussi riguardino il livello gerarchico del metalinguaggio dell'architettura. Ma accennare a un livello del metalinguaggio fa supporre che esista un altro livello, quello del linguaggio. el caso specifico: il "linguaggio dell'architettura". Senza voler riproporre il dibattito apertosi negli anni '50 negli Stati Uniti tra difensori e detrattori Architettura e linguaggio. Pietre e parole. Esiste in italiano una metafora as ai nota: "le parole sono pietre". Di solito sta a significare che il linguaggio (le parole) dipende da ciò che n,on è linguaggio (le pietre). Logici, rciori e grammatici dell'antichità e del medioevo hanno discusso sulla validità o meno di que to a sunto. Nel no tra tempo linguisti e filosofi del linguaggio hanno ripre: o, u nuove basi, l'argomento. Se apparentemente il centro del dibattito era sempre la questione relativa allo statuto epi temologico del linguaggio, in realtà il vero problema era un altro. Ciò che si voleva sapere non era tanto - per restare nella metafora - se le parole fossero sempre pietre, quanto piuttosto se sempre, o solo, le pietre fossero parole. Detto altrimenti, ciò che si di: cuteva era l'autonomia o meno dell'universo degli oggetti ti ici nei confronti di quello delle parole. Della realtà nei confronti del linguaggio. Benché re istenza degli oggett' fisici, almeno per un pensiero che 'i vuole materialista, non sia riconducibile alle parole, dobbiamo ammettere che spesso l'atto della percezione - e della produzione persino - degli oggetti risente dell'impatto strutturante della lingua naturale, cioè delle parole. I semiotisti della scuola di Tartu, seguendo le tracce di E. Sapir e di B.L. Whorf, e anche di E. Benveni te, hanno dimostrato assai persuasivamente in quale misura la lingua naturale abbia permeato tutte le manife tazioni della cultura, incluse quelle relative alla cultura materiale. Va detto però che questo richiamo programmatico alla "cultura material ", esplicito soprattutto in J .M. Lotman e B.A. U penskij, non ha avuto seguito. Non ci risulta infatti che gli studiosi sovietici, orientati soprattutto alla ricerca "stili tico-te tua le" , lo abbiano affrontato in modo concreto. Rima~unque sempre aperto il problema di come la lingua naturale rie ea ad innestarsi nel processo costitutivo della cultura materiale. La difficoltà principale, è ormai noto, risiede nella natura altamente complessa dell'argomento. Senza avere la pretesa di discutere in questa sede una questione di tale portata, vanno ricordati per lo meno alcuni dei suoi elementi essenziali. Quando una parola è abbinata a un oggetto, illcgame che i stabili ce è 010 al primo momento semplice, lineare, univoco. Subito dopo si avvia il meccanismo della proliferazione connotativa. Perché, come ricordava F. Mauthner, una "parola non suscita mai una sola immagine, ma l'immagine di un'immagine di

casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Embed Size (px)

DESCRIPTION

pag. 09 Architettura e linguaggio. Tomàs Maldonadopag. 11 Il "progetto" storico. Manfredo Tafuripag. 19 Semiotica e architettura: elementi per un dibattitopag. 28 Il linguaggio dell'architettura. Intervista con Vittorio Gregotti

Citation preview

Page 1: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Tomàs l\laldonado

Architettura e linguaggio

un'immagine". Cosa che risulta evidente quando cerchiamo diesaminare il rapporto descrizione-percezione che sta alla base digran parte dei processi cognitivi. Descrivere e interpretaresono impossibili senza nominare. Ma l'atto di nominare non èsenza conseguenze per l'oggetto nominato. Una volta descrittoe intc prctato, cioè nominato, l'oggetto non è più lo stesso di prima.Da quel momento, all'interno di una comunità linguistica,percepire un oggetto equivale a percepire anche i nomi che sonostati coniati per descriverlo. Descrivere, tutto sommato, è sancire le"istruzioni per l'uso" degli oggetti descritti, per l'uso percettivononché produttivo. Descrivere è fare, diceva J.L. Austin.

E questo vale anche per l'architettura. Degli edifici, secondouna tradizione che risale al medioevo, si è anche detto che sonopietre. Certo, pietre di tipo particolare. Pietre che configuranospazi abitativi e cerimoniali. In breve, pietre che sono diventatearchitettura. E nel processo che ha reso possibile tale mutamento,le parole hanno svolto spesso un ruolo che non è stato ancoramesso nel giusto rilievo.

A questo riguardo torna utile esaminare le parole di piùfrequente uso nel discorso critico e storico dell'architettura.K. Gilbert ne aveva elaborato un elenco, molto simile peraltroa quello precedente di T. van Doesburg relativo alla pittura.La Gilbert ha reso assai chiaro carne gli stereo tipi verbali utilizzatiper descrivere, interpretare e valutare prefigurino il modo diprodurre, fruire e vedere le opere di architettura. L'esempio più notoè quello delle famose categorie dicotomiche di Wòlfflin, Ma taleprocesso ha per di più un suo andamento circolare: le paroleagiscono sulle opere, come a loro volta le opere sulle parole.f. tramite questa dialettica che si configura l'istituto della culturachiamato "architettura". Infatti la funzione di inculturamentodell'architettura passa forzosamente per il linguaggio. In un certosenso, le opere di architettura, come tutti i prodotti del lavoroumano, sono anche opere di linguaggio. f. così che va intesal'asserzione di M. Golaszewska: "Le opere d'arte esistono grazieal linguaggio" .

Di solito si ritiene che i problemi fin qui discussi riguardinoil livello gerarchico del metalinguaggio dell'architettura.Ma accennare a un livello del metalinguaggio fa supporre che esistaun altro livello, quello del linguaggio. el caso specifico: il"linguaggio dell'architettura". Senza voler riproporre il dibattitoapertosi negli anni '50 negli Stati Uniti tra difensori e detrattori

Architettura e linguaggio. Pietre e parole. Esiste in italiano unametafora as ai nota: "le parole sono pietre". Di solito staa significare che il linguaggio (le parole) dipende da ciò che n,onè linguaggio (le pietre). Logici, rciori e grammatici dell'antichitàe del medioevo hanno discusso sulla validità o meno di que toa sunto. Nel no tra tempo linguisti e filosofi del linguaggio hannoripre: o, u nuove basi, l'argomento. Se apparentemente il centrodel dibattito era sempre la questione relativa allo statutoepi temologico del linguaggio, in realtà il vero problema era unaltro. Ciò che si voleva sapere non era tanto - per restare nellametafora - se le parole fossero sempre pietre, quanto piuttosto sesempre, o solo, le pietre fossero parole. Detto altrimenti, ciòche si di: cuteva era l'autonomia o meno dell'universo degli oggettiti ici nei confronti di quello delle parole. Della realtà nei confrontidel linguaggio.

Benché re istenza degli oggett' fisici, almeno per un pensieroche 'i vuole materialista, non sia riconducibile alle parole,dobbiamo ammettere che spesso l'atto della percezione - e dellaproduzione persino - degli oggetti risente dell'impatto strutturantedella lingua naturale, cioè delle parole. I semiotisti della scuoladi Tartu, seguendo le tracce di E. Sapir e di B.L. Whorf, e anchedi E. Benveni te, hanno dimostrato assai persuasivamente inquale misura la lingua naturale abbia permeato tutte lemanife tazioni della cultura, incluse quelle relative alla culturamateriale.

Va detto però che questo richiamo programmatico alla"cultura material ", esplicito soprattutto in J .M. Lotman e B.A.U penskij, non ha avuto seguito. Non ci risulta infatti che glistudiosi sovietici, orientati soprattutto alla ricerca"stili tico-te tua le" , lo abbiano affrontato in modo concreto.Rima~unque sempre aperto il problema di come la linguanaturale rie ea ad innestarsi nel processo costitutivo della culturamateriale. La difficoltà principale, è ormai noto, risiede nellanatura altamente complessa dell'argomento. Senza avere la pretesadi discutere in questa sede una questione di tale portata, vannoricordati per lo meno alcuni dei suoi elementi essenziali.

Quando una parola è abbinata a un oggetto, illcgame chei stabili ce è 010 al primo momento semplice, lineare, univoco.

Subito dopo si avvia il meccanismo della proliferazione connotativa.Perché, come ricordava F. Mauthner, una "parola non suscitamai una sola immagine, ma l'immagine di un'immagine di

Page 2: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

A rchitcttura e lilIKlIlIKKio

di una architettura intesa come linguaggio, dobbiamo dire che siamoriluttanti a considerare l'architcuura un vero e proprio linguaggio./\ nostro avviso parlare di "linguaggio dell'architettura"implica un uso rncrarncntc figurato, cstcnsivo dell'idea di linguaggio.L'architettura non è un linguaggio nel puro significato del termine:le manca il tipo di scrniosi articolata che caratterizza il linguaggiosia naturale, sia artificiale. La questione tuttavia è secondaria.Perché, comunque, va fatta una differenza fra la tematica relativaal linguaggio che si usa per parlare di architettura e quella relativaall'architettura che agisce "come se" fosse un linguaggio. Perritornare, ancora una volta, alla metafora iniziale: c'è unadi tinzione da fare tra ciò che si dice delle pietre e ciò che lepietre "dicono". Insomma, tra l'architettura come oggettoe l'architettura come soggetto della comunicazione.

Occupiamoci ora dell'architettura come soggetto dellacomunicazione. È ovvio che dalle opere di architettura ci giungonodei "messaggi", e che questi contribuiscono a influenzare ilnostro comportamento nei loro confronti. Anche se, va subitorilevato, questa proprietà di emettere dei "messaggi" è attribuibilenon solo agli edifici, bensì a tutte le configurazioni materialiche sono da noi direttamente o indirettamente percepite. Il puntoè importante. l "semiologi dell'architettura", esaminando i processicomunicativi che si verificano tra noi utenti e gli edifici, siservono spesso di termini come "messaggio", "segnale", "segno","canale", "sorgente", "trasmittente", "ricevente","ridondanza", "codice". Ad eccezione di "segno", sono tuttenozioni che provengono dalla teoria dell'informazione. Bisognadire però che l'uso che ne fanno i semiologi è spesso poco aderenteal senso originario. Cosa che, in sé, non sarebbe grave; graveinvece è l'in accuratezza concettuale cui ha dato origine. Alcurfisemiologi, ad esempio, hanno la tendenza a ritenere che dove c'èun messaggio vi sia sempre un processo segnico. E dato chesecondo la teoria dell'informazione il segnale è il veicolo materialedel messaggio, si può concludere, e di fatto si conclude, cheogni segnale è un segno. Ma questa è una semplificazione abusiva.Non c'è segno senza segnale, è vero, ma non tutti i segnalisono segni. I segnali elettromagnetici, o biochimici, i segnali delsistema nervoso, ad esempio, non sono necessariamente dei segni.Non lo sono almeno in nessuna delle molteplici e spessocontraddittorie definizioni che del segno sono state date nellasemiotica, nella logica, nella linguistica, nella filosofia del linguaggio.Ad esempio, da Ch. S. Peirce, v. Welby, E. Husserl, F. de Saussure,E. Cassirer, R. Carnap, Ch. Morris, E. Buyssens, C. Cherry,G. Klaus.

Questa mancanza di rigore terminologico ha portato, d'altrocanto, ad un uso indiflcrcnziato del concetto di codice e a una ideamolto riduttiva di ciò che significa codificare e decodificare.In realtà, codificare e decodificare hanno più di un significato.A volte per codificare si intende trasformare il messaggio in un"segnale che è un segno", a volte in un "segnale che non è unsegno". Decodificare, pertanto, è ugualmente una operazione diversanel primo o nel secondo caso. Non avcrnc tenuto conto è statauna delle cause, forse la più importante, delle difficoltà insortenello studio di ciò che abbiamo chiamato l'''architettura comesoggetto di comunicazione".

B evidente che l'architettura, come tutti gli istituti della cultura,t: sempre stata orientata alla creazione di un sistema di normepiù o meno rigidamente stabilito. Esse erano destinate, e in partelo sono ancora, a garantire l"'unità fisionornica" dell'ambientecostruito. Non certamente di tutto l'ambiente costruito, ma di sicurodi quella parte che serve alla affermazione sirnbolico-ernblernaticadel sistema eli dominio.

ella storiografia artistico-architcttonica questo tentativo(per fortuna non sempre riuscito) è chiamato "stile".Ma lo stile, come è noto, risponde a un codice: in un certo senso,

non l'altro che un codice. Ebbene, per i scrniologi occorrevasviluppare nuove chiavi interpretati ve di tale codice. Eque ro,come hanno proclamato spesso, per superare una volta per tutte"le arbitrarie e soggettive categorie degli storici". Pensavanosoprattutto a quelle elaborate da A. Riegl, H. WòlOlin c . PanofskA questo scopo hanno avviato una serie di esercizi didccodificazionc degli edifici di ieri e di oggi. Alcuni, bisognariconosccrlo, ono assai persuasivi c hanno lasciato intrav ederenuove Cefeconde) possibilità ermeneutiche. Altri, la più parte, onodi una patetica banalità. Per dirlo con estrema crudezza: .onoproprio questi ultimi esercizi che hanno contribuito ad offuscarela reputazione scientifica della "serniologia dell'architettura",degradandola ad una specie di "art de reconnaitre les styles" scrittacon una terminologia para-serniotica.

Di tali sviluppi non dobbiamo stupirei, Erano prevedibili findall'inizio. Il primo errore al quale tutti gli altri risalgono consi tenell'approccio puro-visibilistico all'architettura. Secondo questoapproccio, l'unica "lettura" possibile dell'ambiente costruito sarebbla decodificazione degli stili, cioè dei codici che disciplinano gliaspetti visivo-formali degli edifici. Dimenticando che una "lettura"così intesa è forzosamente parziai " perché gli edifici non sonosolo dei fenomeni visivi, ma piutto: to. come diceva M. Mau ,dei"phénomènes sociaux totaux". Dimenticando peraltro che i codicistilistici, nella stragrande maggioranza, sono delle formalizzazionia posteriori, e raramente corrispondono alla realtà dello "stilerealizzato". Ammesso, e non concesso, che questi codici sianoaderenti alla realtà, resta comunque difficile intuire la necessità,e persino l'interesse, di tradurre in una terminologia prelevata,di solito arbitrariamente, da Peirce, Saussure, Hjelmslev e Chornskyciò che è già stato più rigoro amente descritto nei trattati realio virtuali che stabili cono la normativa degli stili.

Naturalmente si potrebbe dire, citando Marx, che "ogni scienzasarebbe superflua se la forma fenomenica e l'essenza delle cosecoincidessero immediatamente". In questo caso la "serniologiadell'architettura" avrebbe una giustificazione come di ciplina checerca di chiarire ciò che il codice stilistico ha lasciato in ombra. Maquesto, bisogna arnrnetterlo, è un triste ripiego per una disciplinache aveva avuto ben altre ambizioni.

A questo punto ci domandiamo: c'è ancora un futuro, malgradole difficoltà riscontrate, per la semiologia dell'architettura?È probabile. Ma si dovrà necessariamente passare per la suanegazione. Perché il suo limite vero consiste n I fatto che il suooggetto è un istituto della cultura che, come tale, è sempreorientato - lo abbiamo detto - ad agire tramite dei codici stili ticSe si resta fedeli a questa ottica, si può affermare con sicurezzache la serniologia dell'architettura non ha un futuro. Lo ha invecequalora siamo capaci di trasformarla in una indagine semioticadei processi comunicativi che avvengono nei più disparati settoridell'ambiente costruito. Non va sottaciuto però che la maggiorvastità del campo di riflessione implicita nel nuovo approcciocomporta una quantità non irrilevante di nuovi nodi teorici dasciogliere.

Parlare di una semiotica dell'ambiente costruito ignifica, infatti,prospettare una semiotica che investe la totalità dell'ambienteda noi prodotto, cioè la parte oggi più considerevole del no traintorno fisico. Il che, a ben guardare, ci porta molto vicino a quella"serniotica della realtà" con la quale dieci anni fa P.P. Pa oliniaveva scandalizzato - e forse motivatamente - i semiologi diprofessione. Perché quando si vuole andare oltre i già scontaticodici degli istituti della cultura - codici sempre altamenteformalizzati - c si vogliono prendere in esame delle configurazionisegniche più fluttuanti, aperte, instabili, delle configurazioniscarsamente formalizzate, è tutto il problema della conoscenzadella realtà che di colpo emerge.

Page 3: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Manfredo Tafuri --

Il "progetto" storico

"Viene un momento (non sempre) nellaricerca in cui, come in un gioco di pazienza,tutti i p zzi cominciano a andarea posto. Ma diversamente dal gioco dipazienza, dove i pezzi sono tutti a portatadi mano e la figura da comporre è unasola (e quindi il controllo dell'esattezzadelle mosse è immediato) nella ricercai pezzi sono disponibili solo in partee le figure che si pos ono comporre sonoteoricamente più d'una. Infatti c'è sempreil ri chio di usare, consapevolmenteo meno, i pezzi del gioco di pazienza comeblocchi di un gioco di costruzioni. Perciò,il fatto che tutto vada a posto è un indizioambiguo: o i ha completamente ragioneo si ha completamente torto. In questoultimo caso si scambia per verifica esternala selezione o la sollecitazione (più o menodeliberate) delle testimonianze, costrettea confermare i presupposti (più o menoespliciti) della ricerca. Il cane crede dimordere rosso e invece si morde la coda" J.

In tal modo Carlo Ginzburg e AdrianoProsperi sintetizzano il percorsolabirintico dell'analisi storica e i pericoli

les MustJtux pcrtes de

too corps

\..•. :..,

2

cui quest'ultima è esposta, in uno dei pochivolumi recenti che abbiano il coraggiodi descrivere non i risultati, olimpicie definitivi, di una ricerca, bensì il suotortuoso e complesso iter. Ma perchéproporre alla cultura architettonica ilproblema dei "giochi di pazienza" specificidel lavoro storiografìco? In prima istanza,si potrebbe rispondere che il nostrointento è battere una strada indiretta. A chipone il tema della scrittura architettonica- il t rmine "linguaggio" ci sembra infattida accogliere unicamente come metafora 2

- presenteremo il tcma della scritturacritica: non è forse la critica a costituirela specificità storica (c quindi reale) dellescritture artistiche? Non possiede forse illavoro storico un linguaggio che, entrandoperpetuamente in conflitto con la pluralitàdelle tecniche di formazione cieli'ambiente,può funzionare come cartina di tornasoleper verificare la correttezza dei discorsisul! 'arch itcttura?

Solo apparentemente, quindi, parleremod'altro. Fin troppo spesso, scandagliandociò che è ai margini di un problema dato

OOMME L' ON

S'AMUSE

BIEN

nouLQU

Rrt:SfQCE TU

PORTE;[J' QUI r'

O/\Nn o CIvrusè

61[. ru V[L'l(

lA 81[N

SI RESPf

lfR

le,heures

la

buuMoo

ca:ur tt

de

liI.,y= \ie

pu

se

l'en!lllt li

dou

leurA81a

de

mou

li:I. muo

et 1('Hrs

dantesquelursant (t

cadntriqur

I< belrnronnu Il

est Ertouj

) seco rafio fi

rll

J'lnfiniredressé

p.1r un Ioude philosnphe

Tirci.

vengono offerte le chiavi più produttiveper aggredire quello ste so problema; specise esso si presenta carico di equivocicome quello che ci siamo propostidi trattare.

Ma precisiamo ulteriormente il nostrotema. Architettura, linguaggio. tecniche,istituzioni, spazio storico: stiamosemplicemente allineando su un filo tesonel vuoto una serie di problemi, ognunodei quali dotato di intrinsechecaratteristiche, o è lecito spaccare i"termini" usati per ricondurli a unastruttura soggiacentc o nascosta, in cuiquelle parole possano trovare un significatocomune su cui riposare? Non a caso,abbiamo ridotto a "parole" la corpositàdi discipline storicamente stratitìcate. Ogniqualvolta, infatti, la buona volontà

l Pemt en ùarto Panopticon. Protsett o di Jc remy e SanwrlBenthurn del 179/. dIH?J:IlalO da Wttliam Rev eiey.2 Gìnllaume Apo/lmaire: "La cral·ale et la muntre", 1918.

Page 4: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

/I "progetto" storico

del critico fa esplodere la sua cattivacoscienza, costruendo percorsi lineari chefanno trasmigrare l'architettura nellinguaggio, quest'ultimo nelle istituzioni,c le istituzioni nell'universalitàonnicomprensiva della storia, viene fattodi chiedersi perché mai si dia comeattuale una tale semplificazione del tuttoillecita.

Dopo le persuasive dimostrazionicirca l'intraducibilità dell'architettura intermini linguistici, dopo la scoperta- già saussuriana - che il linguaggiostesso è "sistema di differenze", dopo lamessa in questione delle sembianzeappariscenti delle istituzioni, lo spaziostorico sembra dissolversi, andare infrantumi, identificarsi con un'apologia delmolteplice, scomposto e inafferrabile,come lo spazio del dominio. Non è forsequesto l'esito finale di buona parte della"sinistra lacaniana" o di un'epistemologiadi pura registrazione? E d'altronde:la scrittura architettonica, questo fantasmache ormai conosciamo come sdoppiato emoltiplicato in tecniche fra loroincornunicabili, non è essa stessa istituzione,pratica significante - insieme di pratichesignificanti - molteplicità di progettidi dominio?

f:. possibile fare storia di tali"progetti" senza uscire da essi, senzaabbandonare cioè visioni prospetti che dellastoria stessa e senza interrogarsi su ciòche ne permette l'esistenza? C'è ancorabisogno di ricordare che la global itàdei rapporti capitalistici di produzione è altempo stesso condizione di coesione edi diffrazionc di tecniche, che "l'arcanodella merce" spezza e moltiplica le relazioniche sono alla base del suo riprodursi?

Una serie di interrogativi è di fronteallo storico che scopre, di fronte ad essi, ladisomogeneità dei materiali del suolavoro. Si tratta di intcrrouativi che vannoalle radici del lavoro storiografìco, unendoindissolubilmente la questione dei Iinguaggi,delle tecniche, delle scienze, dell'architetturaa quella dei linguaggi della storia. Maquale storia? Con quali fini a sua voltaproduttivi? Con quali obiettivi a lungotermine?

Le domande che ci stiamo ponendopartono da un assunto ben preciso:la storia è in esse vista come un "produrre",in tutte le articolazioni del termine.Produzione di significati, a partire dalle"tracce significanti" degli eventi,costruzione analitica mai definitiva esempre provvisoria, strumento didecostruzione di realtà accertabili nellaprospettiva di una loro messa in crisi.Come tale, la storia è determinata edeterminante: è determinata dalle propriestesse tradizioni, dagli oggetti che

analizza, dai metodi che adotta; determinale trasformazioni di sé c del reale chedecostruisce. Il linguaggio della storiaimplica quindi e assume i linguaggi e letecniche che agiscono e producono il reale:"sporca" quei linguaggi c quelle tecnichecd è da loro "sporcato". Spcntosi il sognodi un sapere che si identifichiimmediatamente con un potere, rimanela lotta costante fra l'analisi e i suoi oggetti,la loro irriducibile tensione. Esattamentetale tensione è "produttiva": il "progetto"storico è sempre "progetto di unacrisi" 3.

"La conoscenza intcrpretativa - hascritto Franco Rella 4 - ha un carattereconvenzionale ed è una produzione,un porre un senso in-relazione c non undiscoprire il senso. Ma qual è il limite diquesto operati, di questa attività? Qual è illuogo di questa relazione? Che cosasta dietro alla Fiktion del soggetto, dellacosa, della causa, dell'essere? Che cosa,infine, può sopportare questa 'irnmanepluralità'? 11 corpo. 'TI fenomeno del corpoè il fenomeno più ricco, il più significativoIdeutlicherel, il più comprensibile: dapresentare [voranz.uste/lenl metodicamentesenza decidere gjcntc del suo significatoultimo' s. Ecco Il limite dell'interpretazione,vale a dire il luogo della descrizione f ... l.Infatti, attraverso la critica e la 'pluralitàdell'interpretazione' abbiamo acquisitola forza di 'non voler contestare al mondoil suo carattere inquietante ed enigmatico',e in questo modo la gcnealogia si è rivelatacritica dei valori, ne ha scoperto l'originemateriale, il corpo".

Si pone quindi il problema della"costruzione" dell'oggetto - discipline,tecniche, strumenti analitici, strutturedi lungo periodo - da porre in crisi:immediatamente, lo storico è messo difronte al problema delle "origini" dei ciclie dci fenomeni oggetto del suo studio.M a non è proprio nello studio dei fenomenidi lungo periodo che la tematicadell'origine appare mitologica? Per quantoi "tipi ideali" wcbcriani o le struttureconcettual i panofskyane si presentino dasole come astrazioni strumentali, non èforse in esse che si pone la fondamentaledifTerenza fra inizio e origine? E perchéun inizio? Non è forse più "produttivo"moltiplicare gli "inizi", riconoscendo che làdove tutto congiura affinché io riconoscala trasparenza di un ciclo unitario sinasconde un intrecciarsi di fenomeni chepretendono di esplodere come tali?

In effetti, che il problema della storiasi identifichi con il reperimento di mitiche"origini" presuppone una conseguenzadel tutto inscritta nel positivismoottoccntesco, Ponendo il problema diun't'origine", presuppongo la scoperta di

un punto di stazione finale: un puntodi stazione che tutto spieghi, che Cacciascaturire, dall'incontro con il suo antenatooriginario', una "verità" data, un Valoreprimario. Michel Foucault ha giàcontrapposto a tale infantile volontà di"scoprire l'assassino" una storia Iormulabilecome genealogia. "La genealogia - egliscrive 6 - non si contrappone alla storiacome la vista altera e profonda dellafilosofia allo sguardo di talpa dell'erudito;al contrario, si oppone allo spiegamentometastorico delle significazioni idealie delle teleologie indefinite. Si opponealla ricerca dell' 'origine' ". Non a caso,è in Nietzsche che Foucault fonda la sua"archeologia del sapere", "fatta di veritàpiccole e non appariscenti, trovate conmetodo severo" 7. li genealogista evita ognilineare causahtà per evitare la chimeradell'origine. Egli si espone così a un rischio,provocato dalle scosse, dagli incidenti,dai punti deboli o di resistenza che la storiastessa presenta. Nessuna costanza in talegencalogia: ma soprattutto nessun"ritrovare" e nessun "ritrovarsi"."La scienza non è fatta per comprenderema per tagliare" H.

Contro la "wirkliclie ll istoric", dunque,un'analisi capace di ricostruire l'avvenimentonel suo carattere più unico e acuto, direstituire all'irruzione dell'evento il suocarattere dirornpcnte. Ma principalmente"fare a pezzi ciò che permetteva ilconsolante gioco dei riconoscimenti".Il riconoscere presupponc, infatti, il giànoto: l'unità della storia - il soggetto dari-conoscere - si fonda sull'unità dellestrutture su cui essa riposa, sull'unità, anche,dei suoi singoli elementi. Foucaultesplicita chiaramente il fine di tale crudele"voler conoscere" esente da tentazioniconsolatorie: "assumendo le sue dimensionipiù ampie - egli scrive - il volerconoscere non si avvicina affatto a unaverità universale; non frutta all'uomo undominio puntuale e sereno della natura;al contrario, non fa che moltiplicarei rischi; fa aumentare ovunque i pericoli;abbatte le protezioni illusorie; spezzal'unità del soggetto; libera in lui tutto ciòche si accanisce a dissociarlo e adistruggerlo" 9.

E esattamente quanto aveva preconizzatoNietzsche in Aurora. "La conoscenza-scriveva Nietzsche IO - si è trasformatain noi in una passione che non teme alcunsacrificio, e non ha, in ultima analisi,che un solo timore, quello di estinguersiessa stessa", avvertendo, in Al di là del benee del male, che "potrebbe perfinoappartenere alla costituzione fondamentaledell'esistenza il fatto che chi giunge allaperfetta conoscenza incontril'annullamento" Il.

Page 5: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

- ---- - ._ ...- - -------- ----Il "progetto" storico

Ma tale limite, tale rischio mortale,non è lo stesso che corre il linguaggio chevoglia perfettamente teorizzare se stesso?La cristallina trasparenza che si pretendedalla storia non è analoga a ciò cheper Wittgenstein è il pregiudizio dellacristallina trasparenza del linguaggio?Quale garanzia avrò che spezzandoe dissociando stratificazioni che riconoscogià in sé plurali non arriverò a unadisseminazione fine a se stessa? l n fondo,istituendo, come fa Derrida, differenzee disseminazioni, rischio effettivamentedi incontrare "l'annullamento" preconizzatoe temuto da Nietzsche. Ma il veropericolo non è forse neppure qui. Ilpericolo, in cui incorrono sia le gcncalogicdi Foucault - le gcnealogic della follia,della clinica, della punizione, dellasessualità - sia le disserninazioni diDerrida, è la riconsacrazione deiframmenti analizzati al microscopio comenuove unità autonome e in sé significanti.Cosa mi permetterà di passare da unastoria scritta al plurale a una messa inquestione di quella stessa pluralità?

1:: indubbio, che sia per Nietzscheche per Freud il linguaggio teorico devecomprendere in sé la pluralità: la pluralitàdel soggetto, de'lla scienza, delleistituzioni. Scoprendo che il linguaggio nonè che uno dei modi di organizzare il reale,è necessario introiettare la profondadissociazione del reale stesso. 1:: cioènecessario aver chiaro che la storia non puòridursi a un'ermeneutica, che essa nonha come compito scoprire il "velo di Maia"della verità, ma che è piuttosto suo compitopezzare le barriere che essa stessa si

costruisce, per procedere, per oltrepassarsi.Inutile identificare tali barriere con legrandi Istituzioni. Il potere è esso stessoplurale: percorre classi sociali, ideologiee istituzioni tagliandole trasversalmente.Su questo possiamo ancora concordarecon Foucault: un luogo del Grande Rifiutonon esiste; è all'interno dei sistemi dipotere che è necessario conoscersi 12.

In altre parole: è necessario avere benchiaro che fra istituzioni e sistemi dipotere non esiste perfetta identità. La stessaarchitettura, in quanto istituzione, ètutt'altro che un blocco ideologico unitario:come per altri sistemi linguistici, le sueideologie agiscono in modo niente affattolineare. Tanto, che è lecito sospettareche la stessa critica dell'ideologiaarchitettonica, così come essa è statacondotta sino ad ora, abbia fatto i conticon gli aspetti più appariscenti e immediatidi quell'ideologia, fatta di rifiuti, dirimozioni, di introspezioni, che percorronoil corpo della scrittura architettonica.Spostare l'indagine da un testo -- un'opera,così come essa si offre, in tutto il suo

3

1 André Vé\ole: tavola anatomica, in Dc Humanicorporis Fabrica Irhn vcptcm, 1543.2 Gian Lorenzo 8(',,,;,,,: "La Veritù", 1046-/652.3 Moda ·801J.

carattere di apparente compiutezza - a uncon-testo, non è sufficiente, Il contestostringe insieme linguaggi artistici, realtàfisiche, comportamenti, dimensioni urbaneo territoriali, dinamiche politico-economiche. Ma esso è continuamentespezzato da "incidenti tecnici": è spezzatoda manovre tattiche che intersecanooscuramente le grandi strategie, è spezzatoda ideologie sotterranee eppure agentia livello intersoggettivo, è spezzato dalreagire di tecniche di dominio diverse,ognuna delle quali è in possesso di unproprio linguaggio intraducibile.

1:: quanto, sulla traccia di una letturaparziale di Nietzsche, riconosceva Simmelin Metafisica della morte: "li segreto dellaforma sta nel fatto che essa è confine;essa è la cosa stessa e, nello stesso tempo,'il cessare della cosa, il territorio circoscrittoin cui l'Essere e il Non-più-essere dellacosa sono una cosa sola" 13. Se la formaè confine, nasce però il tema della pluralitàdei confini, la loro messa in questione.Non a caso, lo stesso Simrncl, nel suosaggio su La moda, riconosce che "il modoin cui ci è dato di comprendere ifenomeni della vita ci fa avvertire in ognipunto dell'esistenza una pluralità di forze;sentiamo che ognuna di esse aspira asuperare il fenomeno reale, limita la suainfinità in rapporto all'altra e la trasformain pura tensione e desiderio" 14.

Aggiungendo poco dopo: "Proprio perchéil desiderio di permanere nel dato,di essere uguali agli altri e di fare lo stessoche fanno gli altri è il nemico implacabiledel desiderio che vuole procedere a nuovee specifiche forme di vita e ognuno deidue principi va di per sé all'infinito,la vita sociale apparirà come il campo dibattaglia dove ogni palmo di terreno vieneconteso e le istituzioni sociali apparirannocome quelle conciliazioni di breve duratanelle quali l'antagonismo dei principi,continuando ad agire, ha assunto la formaesteriore di una cooperazione" 15.

Non si tratta di convalidare, attraversoSimmel, il Freud di Eros e Thanatos,o - atto perverso ma sempre possibile -la metafisica del desiderio di Deleuzee Guattari. Si tratta piuttosto di riconoscereche la tematica del confine intrinsecoalle forme, dei limiti dei linguaggi, è parteintegrante di una crisi storicamentedeterminata, oltre la quale (ma dentroi segni che essa ci ha imposto) siamo oggiobbligati a situarci. Di linguaggio si potràcioè parlare solo sapendo che non v'è unluogo da cui scaturisca una sua pienezzaonnicomprensiva, perché quella pienezzaè stata storicamente distrutta. Il fallimentodi una scienza dei segni in generale- di una semiologia capace di tradurreun sistema linguistico in un altro -

Page 6: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

/I "progetto" storico

I Jarqul'.\ LOIII\ Duvid NuflO/t'01I(' /.l vìan Ha)' "ì mueinurv l'w/fUI! 01 t he "'farclll;' de Sude",J Il divano (il Freud,4 ~11?"J/mcJ t r oud nm fa li~/ta A""a "et IVI (5 L'ultnnu ("a\O di Frcsuì 1It'l uuart n-re t" Humnvt eadQ Londra.

è davanti a noi. All'infinito si potràcercare di far combaciare il "sistema didifferenze" di De Saussure con quellodell'architettura, dell'ambiente fisico, deilinguaggi non verbali. All'infinito si potràcercare di esorcizzare l'inquietudineprovocata dalla percezione delle "rottureepistemologiche" recuperando l'innocenzadi simboli archetipi: la piramide, la sfera,il cerchio, l'ellissi, il labirinto siinstalleranno come strutture permanentidi forme inspiegabilmente mutanti, affinchél'ansia dell'archeologo possa placarsi nelriconoscimento di un "eterno ritornodell'identico" . Non si potrebbe tradireNietzsche in modo più radicale di quantoi di attenti lettori del Cassirer siano oggicapaci.

Il problema è piuttosto scoprire perchésia ancora presente tale bisogno dicertezze, e chiedersi se tali infantili tentatividi ricostruire una pienezza perduta perparole disincantate non sia simmetricoal privilegio dato da Lacan alla puramaterialità del significante. Non rimaneche attendersi analisi delle forme - gliectoplasmi borrominiani, piranesiani olecorbusieriani si presterebberoperfettamente al gioco - come avventiistantanei del Sog etto, e la lororiunificazione come manifestazione dellaparola dell'Altro. La nostalgia per lasintesi dialettica, in altre parole, èalimentata dal terrore nei confronti delle"differenze" che dominano giochilingui tici e pratiche di potere molteplicie disperse in innumerevoli congegni: latentazione di ritrovare un focolaiodomestico nel risuscitare - con i piùsubdoli strumenti - 1'[0 penso kantianoè iscritto nella storia di una crisi che opponefragili steccati alla propria direzionedi marcia,

Per quanto tempo ancora dovremorammentare ai nostalgici della "centralità"che non si dà altra possibilità, attualmente,che di tracciare la storia che conduceal divorzio fra significante e significato, diripercorrere la crisi di quel matrimonioinstabile. di concretizzarne le intimestrutture?

Cercare una pienezza, una coerenzaassoluta ncll'interagire delle tecniche didominio è dunque mettere maschere allastoria: meglio ancora, è accettarele maschere con cui il passato si presenta,La stessa "crisi dell'ideologia" teorizzatadal grande pensiero borghese nonnasconde forse l'apparire di pratichesignificanti più subdole, riposte nelle pieghedelle tecniche di trasformazione del reale?E se quel reale è il luogo di una battagliapermanente, e per questo in divenire,non sarà necessario penetrare nelle lottedi classe per portare alla luce ciò che

in esse è di meno evidente?"Appunto perché Napoleone non era

nulla - scrive Marx 16 - egli potevasignificare tutto, fuorché se stesso [...].Egli fu il nome collettivo di tutti i partiticoalizzati [... ]. L'elezione di Napoleonepoteva spiegare il suo significato solomettendo al posto di un nome i suoisignificati molteplici", In luogo dell'uno,dunque, "significati molteplici". Soloassumendo come reale tale pluralitànascosta si riuscirà ad infrangere il feticcioche si condensa intorno a un nome,a un segno, a un linguaggio, a un'ideologia.Con ciò, torniamo direttamente a Nietzsche."Ovunque i primitivi stabilivano unaparola - scrive Nietzsche in Aurora 17 -

credevano di aver fatto una scoperta(Entdeckung); avevano toccato un problema,e illudendosi di averlo risolto, avevanocreato un ostacolo alla sua risoluzione.Oggi, ad ogni conoscenza, si deveinciampare in parole eternizzate e durecome sassi, e ci si romperà una gambainvece di rompere una parola", Poichél'uso del linguaggio è una tecnica didominio, non dovrebbe essere difficilericondurre l'osservazione nietzscheianaa tecniche diverse. L'intera Criticadell'economia politica di Marx compie unfiltraggio e opera una riscrittura che rompe"parole eternizzate e dure come sassi".

Con tali "parole", la critica - e nonsolo quella architettonica - costruiscespesso monumenti impenetrabili. I "sas i"vengono accaiastati: la loro molteplicitàè nascosta da edifici che fingono (e fingonosolamente) di dare forma alla "bibliotecaimmaginaria" di Borgcs, Oppure alcontrario: sempre lasciando ai "sassi" laloro indiscussa corporeità, vengonoscavate caverne nei loro interstizi, Lacritica si obbliga così a viaggi superflui;i fantasmi che essa incontra all'internodel falso spazio da lei stessa delimitato concura assumono le sembianze più varie- analisi urbana, analisi tipologica, analisisemiologica - ma solo per celare il verointerlocutore che è al fondo di quellacaverna: la sintesi dialettica.

"Vi è una critica della sintesi dialettica- ha recentemente notato Cacciari 18 -

perché di questa sintesi vi è stata una crisi,che ha segnato storicamente tutta unafase dello sviluppo e dello Statocontemporanei [... ]. Se è 'indecente'ormai parlare del Politico in terminimetafisici - o di un suo linguaggioprospetticamente privilegiato,onnicomprensivo, 'panopticon' -altrettanto indecente è voler 'salvare' leforme del Politico come istituzioniin qualche modo 'autonome' rispetto allacaducità propria degli altri linguaggi:alla trasformazione costante delle

Page 7: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

3

tecniche' nel cui universo il Politicoisulta inesorabilmente con fitto" .

L'architettura come politica è un mitonrnai talmente consumato da nonichiedere che su di esso si sprechino altrearole. Ma se il Potere - come lestituzioni in cui si incarna - "parla moltiialetti", oggetto della storia è l'analisiclio "scontro" fra di essi. La costruzioneclio spazio fisico è certo il luogo di una

"battaglia": una corretta analisi urbanalodimostra ampiamente. Che tale battaglianonsia totalizzante, che essa lasci deimargini, dei resti, dei residui, è anch'essounfatto inoppugnabile. Ecco allora che'i apre un vasto campo di indagine:indagine sui limiti dei linguaggi, sui confinidelletecniche, sulle soglie "che dannospessore". La soglia, il confine, il limite"definiscono": è nella natura di taledefinizione che l'oggetto così circoscrittodiventi immediatamente evanescente.Sidà possibilità di costruire la storia di unlinguaggio formale solo distruggendo,passodopo passo, la Iinearità di quellastoria e la sua autonomia: rimarranno delletracce, segni fluttuanti, spaccature noncicatrizzate. La "mossa del cavallo", storicizzabile come "gioco" in sécompiuto, finito, e per questo tautologico.I"linguaggi molti" delle forme scopronocosì che il limite delle forme stesse nonracchiude monadi casualmente galleggiantinelloro "divino" autotrasformarsi. La lineadi confine - quella che il formalismorigoroso dello Sklovskij autore di Teoriadellaprosa o del Fiedler e del Rieglhanno così sapientemente tracciato intornoallearti verbali e figurative - è lì peregnarc le superfici di impatto che

condizionano l'interagire di praticheignificanti e pratiche di potere dotate di

tecniche specifiche.

45

Ma quando e perché è avvenuto chei campi disciplinari si sono riconosciuti,appunto, talmente specifici da risultareintraducibili fra loro, privi di unificazionitrascendentali? Ouando e perchél'autonomia dei linguaggi storici si èdefinita come crisi permanente, conflitto frai linguaggi e fra i vari dialetti all'internodi uno stesso linguaggio? Ci aiuta inqualcosa, nel campo dell'architettura,riconoscere il suo sempre più radicalefrantumarsi, dal '700 in poi, in areedisciplinari che solo un idealismo in ritardovuole oggi ricondurre a unità operative?

E su tutto ciò una nuova domanda:è legittimo porre la questione delquando e del perché senza sottoporre acritica, sempre e di nuovo, la tematicadell'origine? Siamo cioè tornati in pienoalla questione della genealogia, cosìcome Nietzsche l'aveva propo ta: come"costruzione" in senso proprio, strumento(modificabile quindi, e da consumare)nelle mani dello storico.

La genealogia storica si presenta quindicon tutti i caratteri di un lavoro: lavorodecostruttivo e ricostruttivo, lavoro chesposta j "sassi" nietzscheiani e li ricollega,che produce significati rimuovendo quellidati. Molto acutamente, Jean-Michel Reyha messo in relazione le "massicceomissioni", che Nietzsche aveva scopertonel formarsi delle lingue, dei valori, dellescienze, con il lavoro di decifrazioneindicato da Freud come precipuo perl'analisi 19.

"Nella distorsione di un testo - osservaFreud in Mosè e il monoteismo 20_

c'è qualcosa di analogo a un omicidio. Ladifficoltà - egli continua - non consistenella perpetrazione dell'atto, ma nellaeliminazione delle tracce. Bisognerebberestituire alla parola 'Entstellung' il doppiosignificato cui ha diritto, benché oggise ne sia persa l'abitudine. Questo terminenon dovrebbe solamente significare'modificare l'aspetto di qualche cosa', maanche 'porre altrove, spostare [verschiebenJin un altro luogo'. Questo è il motivoper cui, in numerosi casi di alterazione deltesto, possiamo ritenere di dover trovarenascosto da qualche parte, benchémodificato e strappato dal suo contesto,ciò che è stato represso rdas Unterdriickte le ciò che è stato negato ldas Verlergnete].Ma non sempre è facile riconoscerlo".

Proviamo a ribaltare il discorso suse stesso. Il linguaggio della storia oi linguaggi codificati dell'analisi critiea nonsono anch'essi "parlati" da una serie dicensure, di repressioni, di negazioni?La critica del testo, la critica sernantica,la lettura iconologica, la sociologiadell'arte, la genealogia foucaultiana, lanostra stessa critica, non sono forse

Page 8: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

1/ "progetto" storico

- ------_._-----------_._-----------------

~ft1\tttonxv. JAHR. HERAUSGEBER: FRAl'a PFEMFERT HEFT •

VERLAO, DIE AKTION' BERLIN·WILMERSDORF

.D e:: ff... F E. L.s ,.."'" T T E '" H O ~ N < <. <..

tecniche che decifrano solo nascondendole tracce di "omicidi" perpetrati piùo meno coscientemente? In altro modo,si potrebbe dire che anche il linguaggiodella critica, il linguaggio che dovrebbe"spostare e infrangere sassi", è esso stessoun "sasso". Come utilizzarlo, quindi, inmodo che non divenga strumento diun rito sacro?

Forse è ora più chiaro il pericolo cheè nelle analisi di un Blanchot, di unBarthes, di un Dcrrida. Assumendovolontariamente le scrnbianzc plurali dioggetti anch'essi scritti al plurale - le opereletterarie come le scienze umane - queilinguaggi critici si costringono a nonoltrepassare la soglia che divide linguaggioda linguaggio, sistema di potere da altrisistemi di potere. Essi possono infrangereopere e testi, costruire affascinantigenealogie, illuminare ipnotica mente nodistorici appiattiti da letture di comodo.Ma debbono negare l'esistenza di unospazio storico. :t indubbio che la scienzaha per suo compito tagliare e noncollegare. Ed è altrettanto indubbio che lavera metafora sovrasignificante, tanto darisultare impenetrabile, è la linearitàdel discorso scientifico: del discorso cheper statuto ha eliminato da sé ogni metafora.Non è quindi contro raccoglimento dellametafora e dcll'aforisma all'interno dellescienze storiche che protestiamo.L'autentico problema è come progettareuna critica capace di porre in continuoin crisi se stessa mettendo in crisi il reale.Il reale, si badi bene, c non solo suesingole sezioni.

Torniamo a Marx: se i valori penetranodentro ideologie che rimuovono i bisogniiniziali, potremo interpretare tali ideologiecome "rappresentazioni deliranti" insenso freudiano. D'altronde, unarappresentazione delirante è prodottasocialmente: la storia della Socialdemocraziatedesca dimostra come il mito della"fraternità" e della pace spezziverticalmente la grande strategiabismarckiana c le forze che ad essa sioppongono. Ma quel mito spezza eriunifica i tronconi della stessa opposizionee pratiche significanti differenti. Lassalle,Kautsky, le varie correnti espressioniste,il gruppo della "A ktion", lo spartachismo,il Dadaismo berlinese, l'utopismo della"Glaeserne Kette" e dell"'Arbeitsrat IiirKunst", risultano "parlati" da strumentiricchi di interstizi: e si tratta di interstiziattraverso i quali potranno penetrarele grottesche ideologie populiste di Darrée di Rosenberg. Dovremo veramentemeravigliarci nel constatare affinità fral'anarchismo superornistico della AlpineArchitektur di Taut e le raccapricciantiideologie del Blut-und-Boden'l 21. Eppure,

quelle rappresentazioni deliranti risultanostoricamente necessarie. Suturandoil "disagio della civiltà", esse permettonola sopravvivenza di quella stessa civiltà.Ma in quanto dighe che trattengono forzein ebollizione, esse agiscono come ingorghise non vengono subito infrante. Ladecostruzione di tali dighe è compito dellaanalisi storica. Ma non per assisterea improbabili epifanie del Soggettoindividuale o collettivo, o per celebraremesse a flussi di de idcrio lasciatifinalmente liberi di esplodere.

In quanto rappreseruazion ,la storiaè frutto anch'essa di una rimozione,di una negazione. Il problema è fare diquella negazione un'astrazione determinata:è dare una direzione di marcia al lavoro

•teorico. Non a caso, Marx parla diastrazione per l'analisi dell'economiapolitica.

L'astrazione determinata è tale solo seconosce i propri limiti: vale a dire,se è di continuo disposta a mettere in crisise stessa, se, trasformando e spezzandoil materiale delle proprie analisi -leproprie dighe ideologiche - trasforma espezza se stessa e il proprio linguaggio.La critica è quindi un lavoro in sensoproprio, tanto più fecondo quanto più ècosciente dei propri limiti. Ma di talecoscienza non è lecito compiacersi.

Il nodo teorico da affrontare è comecostruire una storia che, dopo averfrantumato e scomposto l'apparentecompattezza del reale, dopo aver spostatole barriere ideologiche che nascondonola complessità delle strategie di dominio,giunga al cuore di quelle strategie: chegiunga, cioè, ai loro modi di produzione.Ma qui si verifica l'esistenza di un'ulterioredifficoltà: i modi di produzione, in séisolati, non spiegano né determinano.Essi stessi sono anticipati, ritardatio attraversati da correnti ideologiche. Unavolta isolato un sistema di potere, la suagenealogia non può offrirsi come universoin sé concluso: l'analisi deve andaroltre, deve far cozzare fra loro i frammentiinizialmente isolati, deve porre in causai limiti che essa si è posta. In quanto"lavoro", infatti, l'analisi non ha fine:è, come riconobbe Freud, per sua naturainfinita 22.

Ma a questo punto un nuovo problema:l'ideologia non agisce mai come forza"pura". Non solo essa "sporca" la prassied è "sporcata" da questa, ma si intrecciaad altre ideologie, spesso antitetiche.Si potrebbe affermare che le ideologieagiscono per fasci e si espandonocapillarmente nella costruzione del reale.N egazione del soggetto, sacralità delbanale, ascesi schopenhaueriana,devastazione e riaffermazione della materia,

3

Page 9: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

/I "(lYOUl'IlO" storico

I Copertina eli un numero di "JJie Akrion",2 Bruno 1 aul.J Bruno Tout: Alpine Architek tnr, /920.4 Heinrich lIoerle: "Zwei Frauenakt e", 19m.5 Karl Voetker : "Menva operaia", /923.

celebrazione dell'varcano della merce"e disperazione di fronte ad essa siallacciano indissolubilmente nelle poetichedelle avanguardie negative. L'apparizionedell'ideologia del lavoro tradotta inimmagini ascetiche, propria delle correntiarchitettoniche e figurative "radicali"e costruttiviste, sposta i fattori checompongono quell'intreccio; ma la NeueSachlichkeit affonda in esso, in quelnegativo sublimato, nelle decomposizionimacabre della Morgue di Gottfried Benn,le proprie radici. La ramificazioneideologica non è quindi un fatto finito: puòdivenirlo una volta esauriti i propricompiti storici - come oggi accade -mostrando una vischiosità da combattere,ma che va preliminarmente analizzatanelle sue peculiari caratteristiche.

Non vorremmo essere fraintesi. Nonintendiamo assolutamente cantare inniall'irrazionale o interpretare i fasci ideologicinel loro comples o interagirc come"rizomi" alla Dcleuze e Guattari 23. Noncasualmente riteniamo necessario "nonfar rizoma" con quei fasci. Per quantoimplicata con gli oggetti e i fenomeni cheanalizza, la critica storica deve saper giocaresul filo del rasoio che fa da confine frail distacco e la p rtecipazione. Quirisiede la "feconda incertezza" dell'analisistessa, la sua intcrminabilità, il suo dovertornare sempre e di nuovo sul materialeesaminato e, contemporaneamente, suse stessa.

Un nuovo dubbio si affaccia a taleproposito. Riconoscendo che ideologie elinguaggi - "sassi" nietzscheianie "costruzioni deliranti" freudiane -sono produzioni sociali, si cadrebbe in unidealismo di bassa lega ritenendo chela loro messa in luce teorica, attraverso lapura analisi storica, sia capace di unarimozione efficace ed operante.

Sarebbe inutile lacerare i metodi della"critica operativa" - ma sarebbe piùopportuno chiamare quest'ultima"normativa", per evitare equivoci semprepossibili sulle nostre reali intenzioni -lasciando intatti i principi su cui essisi basano. Una produzione sociale si battecon produzioni sociali alternative: questoci sembra indubbio. Dovremo invocare unmitico scambio dialettico fra "l'intellettualecollettivo" e discipline ristrutturate?Tale strada, che tuttavia non ci si puòesimere di battere, non è forse ancoraquella tradizionale del travaso diesperienze soggettive in istituzioni lasciateinanalizzate e considerate, alla fine,come intoccabili?

Forse non è ancora possibile offrirerTsposte valide e concrete al no trointerrogativo: importante è però cogliernela centralità per il dibattito attuale,

e proprio in quanto problema squisitamentepolitico. Chi non voglia mitizzare lospazio della "teoria" è oggi posto diIronse a tale irrisolta questione: lasocializzazione e la produttività dellospazio storico. Analisi e progetto: duepratiche sociali divi e e connesse da unponte per ora artificiale. E qui tornail tema inquietante dell'analisi interminabile.Interminabile per le sue internecaratteristiche, per gli obiettivi che cometale essa è obbligata a porsi. Ma taleanalisi priva di limiti, per entrare nellaprassi, è costretta a darsi dei confini,almeno parziali e provvisori. Il lavorostorico, in altre parole, è obbligato a tradirsicoscientemente: la pagina finale di unsaggio o di una ricerca è necessaria; mava interpretata come una pau a chesottintende dei puntini di sospensione.D'altronde, ogni pausa è tanto piùproduttiva quanto più è programmata.

Tale lavoro, dunque. ha necessità diprocedere per tempi, costruendo i proprimetodi come supporti in perennetrasformazione: ciò che decide i modi ditale trasformazione è empre il materiale sucui essa si esercita. La storia- esattamente come l'analisi Ireudiananel suo nucleo più profondo - non èsolo una terapia. Mettendo in questionei propri materiali, li ricostruiscericostruendosi di continuo. Le genealogieche essa traccia sono quindi anch'es ebarriere provvisorie, così come il lavoroanalitico è tutt'altro che al riparo daicondizionamenti delle pratiche significantio dei modi di produzione. Lo storicoè un lavoratore "al plurale", comei soggetti su cui si esercita il suo lavoro.Esiste dunque un problema di linguaggio,nella storia. In quanto critica di pratichesignificanti, essa dovrà "smuovere sa i"rimuovendo i propri stessi sassi. La criticaparla solo se il dubbio con cui investeil reale si ritorce anche verso di lei.Operando le proprie costruzioni, la toriaincide con un bisturi su un corpo le cuicicatrici non vanno rimarginate: ma .contemporaneamente analoghe cicatricinon rimarginate squarciano la compattezzadelle costruzioni storiche, leproblernatizzano, impediscono loro dipresentar i come "verità".

L'analisi entra dunque nel vivo di unaserie di battaglie e assume per sé lecaratteristiche di una lotta. Lotta controla tentazione di esorcizzare malattie, di"guarire", lotta contro i propri strumenti,lotta contro la contemplazione. Ognianalisi è quindi provvisoria: ogni analisiattende solo di misurare gli effetti che essamette in moto per cambiar i in ragionedei mutamenti intervenuti. Le certezze chela storia presenta vanno così lette

Page 10: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

come espressioni di rimozioni: esse nonsono che dife e o barriere che nascondonola realtà della crittura storica. La qualeincorpora l'incertezza: una "storia vera"non è quella che si ammanta di indiscutibili"prove fìlologiche", ma quella chericonosce la propria arbitrarictà, che siriconosce come "edificio insicuro".

Tale caratteristica del lavorostoriografico si misura, lo ripetiamo, coni processi che esso provoca: esattamentetali processi decidono circa la validitàdella costruzione provvisoria otTerta essa$l . a come materiale da riintcrprctarc,da analizzare, da superare. Ma a questopunto torna in ballo la questione relativa aimateriali della storia. Di fronte alla storiasi stagliano campi di indagine artificialmenteprestabiliti: si tratta delle scienze e delletecniche di trasformazione del reale,dei sistemi di dominio, delle ideologie.Ciascuno di tali campi di indagine sipresenta con un proprio linguaggio: eppure,ciò che quel linguaggio cornpiutarncnteformalizzato nasconde è la sua tensionea fonder i in un linguaggioonnicomprensivo, è il suo tenderead altro. La distanza che separa la paroladalle cose, il divorzio del significantedal significato, quello che N ictzsche chiama"il mortale si lenzio del segno", nonsono forse strumenti di tecnichedifferenziate di dominio? Serve forsea qualcosa limitarsi a commentarle?Spezzarlc, rivelarnc l'arbitrarictà, mcttcrnc

ValeI Carlo Ginzburg c Adriano Prosperi,Giochi di paeien:a. Un S('I111nar;o sul"Beneficio di Cristo", Einaudi, Torino1975, p. 84. Il nfcrirncnto a questoeccezionale volume. che espone nelle suetappe. negli andrrivieni, negli errorisuperati, i duhbi c glI incidenti checaratterizzano la ricerca storica, non ècasuale. Il presente saggio, come quello diGinzburg c Prosperi, è frutto di unlavoro comune, fatto dallo scriventeInsieme a Franco Rella e agli studenti ditoria dell'architettura detlIsuturo

Universitario di Architettura di Venezia,che, in qualche modo, ne sono coautori.Franco Rella ha esposto le sueconclusioni del seminari tenuti a due vocinell'anno accademico 1976-77 nell'articoloIl paradosso della ra t,t101l t', in ,. Aut aut".1977, n. 60.2 Accettiamo qui le riflevsioni sul temadel Hnguaggio artistico che Errulro Garroniva elaborando da divcr ••i anni. Cfr. inparticolare Emilio Garroni, Provetto disemiotica, Laterza, Bar: 1972; idcm,Estetica ed emstemoìogta, R iiìessionì sulla"Critica del Giudizio", Bulzoni.Roma 1976; idcm. Per Marcello Ptrro,Sul sentimento, lo bellez:a, le operazionie la soprovvìven :a dell'arte, in Pìrro,Galleria del Centro Friulano Arti Plastiche,Udine 1977. ~ d. estremo interesse,crediamo. che Garroni, partendo da Kant,giunga a risultati confrontuhili a quellifrutto delle nostre rifk~sioni sullaGenealogia della morale di Nictzsche osuJrA nalisì terminabile e interminabiledi Freud. "11 problema è tutto qui -scrive Garroni UJer Morceììo Pìrro, cit.,p. 2) -; in questa oartìcoìarità e infinitàdi modi ÙJ cui la particolarità si presenta.Le cose non si danno gl:, belle e L,ttca chi vuole conoseerle 1 ... 1 il mondo nonsi presenta come già cunosciuto eanalizzato prima di ogni interventoconoscitivo e analitico I...J le cose anz isono, da questo punto di vista. 'inesauribili'('unerschopHieh' dice Kant nella Critica

le

storica in sé: il suo rimescolare le cartee i suoi tentativi di mutare le regole deigiochi non gode di alcuna autonomia.Ma in quanto pratica sociale - pratica dasocializzarc - essa si vede oggi obbligataa entrare in una lotta che mette in questionei suoi stessi connotati. All'interno di talelotta la storia dev'essere disposta arischiare: a rischiare, al limite, unaprovvisoria "inattualità".

in luce le metafore nascoste non comportaforse individuare nuovi spazi storici?

Lo spazio storico non costruisce pontiimprobabili fra linguaggi diversi, fratecniche distanti tra loro. Esso piuttostoesplora ciò che tale distanza esprime: sondaciò che si presenta come un vuoto,tenta di far parlare l'assenza che sembrariempire quel vuoto.

Un'operazione che si cala negli interstizidelle tecniche e dei linguaggi, dunque.Operando negli interstizi, lo storico nonintende certo suturarli: intende piuttostofar esplodere quanto si attesta suiconfini dei linguaggi. II lavoro storico mettecosì in questione il problema del "limite":si confronta con la divisione del lavoroin generale, tende a uscire dai propriconfini, progetta la crisi delle tecniche date.

Storia come "progetto di crisi",dunque. Nessuna garanzia sulla validità"in assoluto" di tale progetto: nessuna"soluzione" in esso. Alla storia bisogneràabituarsi a non chiedere pacificazioni.Ma non bisognerà neanche chiederle dipercorrere all'infinito "sentieri interrotti",per fermarsi attonita ai limiti del boscofatato dei linguaggi. Il sentiero vaabbandonato se si vuole scoprire ciò chelo separa dagli altri sentieri: la pratica delpotere occupa; 'spesso, l'insondabilc foresta.i:: questa che va spezzata, che va"tagliata", che va percorsa, sempre e dinuovo. Non abbiamo alcuna illusionecirca il potere demistificante dell'analisi

dcììa raeton pura}, nel senso che po •••.onoessere determinate c orgnnizzute, a finiconoscitivi, solo in quanto assumiamo un'punto di vivtn", un 'principioorg.nuzzatorc' adeguato rispetto ad unacerta considerazione scrcnutìcu".3 Cfr. al proposito l'articolo di 1assimoCacciati. Dì alcuni motivi ", wattertìeniamìn, (da "Ursprung des deutsctren,~"allerspieh" a .•V(" A tlfOr als Produ zent"),in "Nuova Corrente", 1975, n. 67,pp. 209-243.4 f-ranco Rcl!a, Dallo spazio estetico allospazio deììiruer preìazione, in" uovaCorrente" 1975-76, n. 68·69, p. 412. Macfr. anche, di Rella. Testo analitico eanalisi t estuaìe, nel volume di Aa.Vv.,La materialità del lesto. Ricercheint crdisciplinari sulle pratiche significanti,Bertani, Verona 1977, pp. n c ss., el'Introduzione al volume La criticairendiana, Fcltrinelli, Milano 1977.5 Il passo citato è in Wille :lIr Mochr,Leipz.ig 1911, p. 489 e nei Werke diNictzsche, a cura di K. Schlcchra.C. Hanscr Vcr lag, Miinchcn 1969, vol. 111,p.860.6 Michcl Foucault, Nietzsche, lageneatosìa, la storia, in Homrnage à J eanHyppolue, Prcsses Univcrsitaircs dcFranco, Paris 1971. trad. il. IO "Il Verri",1972, n. 39-40, p. 84.7 Fr-icdrich Nictzschc, Umano troppoumano, I. 3, voI. IV, t. Il delle Operea cura di G. Colli c M. Montinar i,Adel,,"i. Milano 1965. p. 16.8 M. Foucault, op. cit., p. 95.9 Ibidem. p. 103.lO F. Nictzschc, Auror(J, 429, Opere,cn.. vol. V. l. l, pp. 215·216.Il F. Nictzschc, A I di Icl c/el bene e delIII(/Ir', 39. Opere. cil., pp. 45-46.12 Cfr. M. Foucault. La voìonté de savoir,Galhmard. Paris 1976. in particolarealle pp. 123 e ss.13 Georg immcl. ZlIr Metapltisik: dosTodes, 1910, ora in trad. il. in Arte eciviltà, a cura di Dino Formaggio c LucioPerucchi, Isedi, Milano 1976, p. 67.

14 ( e , 'iiI11I11Cl, ZIIr Psvcùoìoutc der Mode,,\'()~i(ll(lgi\ch(' .';/II(h", IO "DIC Zcit",12 X·!tNS, trnd. il. in Arte e civiltà, cit.,p. l'I.IS l ludcm, p. 21.16 K. Marx. Lotte di classe in Francia,Eduor i Rumui, Roma 1961, pp. 172 c ss,17 F. Nictzschc, AIlTora. crt., p. 40.18 M. Cucciari, Il problema del politicoin Uetcu :e l! Foucault, (Sul pensiero di"autonomia" e di "gioco"}, rcla/ìonc(ctclostil.un) al seminario sul metodonnahuco di Michcl l-oucault (M. Cucciari,F. Rclla , M. Tafu r i, G. Tcyssot), tenutopresso Il Dipartimento di Storia dell'luavil 22·4-1977. La critica di Cacciar i siappunta pnncipatmcntc sul Foucault diSurveiìler et pumr e sul dialogo traDclcuzc c Foucault contenuto nel volumeDeìeu-:e, Lerici. Cosenza 1977. Perun'ulteriore articolazione del tema cfr. isaggi introduttivo c finale del volume dellostesso Cacciari Pensiero negativo erazionaìrzzoriane, Marsilio, Padova 1977.Partendo dalle considcrazroni cacciariune,degne peraltro di ulteriori specificazioni,appaiono in gran parte arbitrarie lelesi esposte nel parnphlct di JC3nBuudrrllard. Onblier Foucault . EdrtionsGaliléc, Paris 1977. .19 "La lingua filosofica - ha scrittoJcan-Michcl Rcy - non ha potuto porsicome 'autonoma' o 'univoca' che inragione di una ornisvionc ben più grandc,vale a dire (Il una rirnoziouc dccivrva,qu clln della ••u a produviunc. del suot,•.•.uto mctuforico. dei suoi prcvtiti, deidctnu. del complesso della sua trama..s01l0 gli effetti UI questa omivsioncma ••..•icciu che Nictzschc rcinscr ivc nelvu o lesto, mediante una pral ica delladonnia tnvcrirtone, di un raddoppiamento/rif'uxionc, di unii traduzione produttiva.l avoro completamcntc analogo a quellodi dccifrazione operato da Frcud",Jcan-Michcl Rey, Il nome della scrittura,in "Il Vern", 1972, n. 39-40, p. 218.20 Sigmund Frcud, Mosè e il monot eismo,C.w., XVI, p. 144.

21 Riteniamo comunque doverosorcvpi ngc rc un'interpretazione troppolineare del riversarsi di molti temi proprialle ideologie esprcssioruvte e tardoromantiche nella prassi della propagandanuzionulsociahsta, come ci sembra avvenganel saggio di .Iohn Elderfield. Metropolis,in "Studio lntcrnational", 1972, vol. 183,n. 944, pp. 196-199, O nel volumedi Gcorgc L. Mosse, The Nationalisationoj the Masses. Political Svmbolismand Ma.H Movement In Cermany [rom theNapoìeonìc Wars througlt the ThirdRcìch, lIoward Fcrtrg, ew York 1974,trad. il. La nazionalizzazione delle masse,Il Mulino, Bologna 1975. Molto più riccac articolata è la lettura offerta dalvolume di Giancarlo Buonfino, La politicaculturale operaia. Da Marx e Lassallealla rivoluzione di novembre, /859-/9/9,Fcttrìnclli, Milano 1975, per quantolimitata alle soglie della Repubblica diWcrmar.22 Cfr. S. Frcud, Die en dlich e und di.unendlich e Analyse, C.W., XVI, e ilcommento che ne fa Franco Rellanell'Introduzione a La critica jreudiana,cit., nn. 4S e ss. I

23 Cfr. Dcleuzc et Guattari, Rhizome[Lntr oduct ùm}, l.cs Editions <le Minuit,Puris 1976, trad. il. Rtroma. Praticheeditrice, Parma-Lucca 1977. "Il ri7oma-scrivono Dclcuzc c Guattari - è unaantrgcncalogiu. Il rizorna procede pervarinviouc. csrianvronc, conquista, cattura,uucvionc. All'opposto delta grafia. delù"cgno o della Iute, all'opposto deicalchi. il ri/oma vi riduce ad una cartache deve c•..ser prodouu, costruita, sempresrnontabrlc, collcgubilc, ad ingressi cuscite multiple, con le sue lince di fuga1 .•. 1 il rizorna è un sistema accntrlco, nongcrarchi\:o c non significante, senzaGenerale. serva memoria organizzatrice oautoma centrale. unicamente definito<la una circolu/rone di stati". (Op. cit.,p.56).

. . -I • - -<I ., ~

- • * • -- - .'","", -_ •..••

Page 11: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Semiotica e architettura: elementi per un dibattito

II tema relativo al linguaggiodell'architettura oltrepassa certamentel'ampiezza che in queste pagine gli vieneriservata. II nostro copo, del resto, non èquello di fare il punto sull'argomento.Ci interessa piuttosto fornire alcuni elementidi orizzontamento e di discussione inun campo che si è finora caratterizzato perla sua estrema astrattezza. L'antologiadi brani che presentiamo qui accantoè esemplare in questo senso. Essa nasce daun'esigenza didascalica, ma anche da unaprovocazione: setacciare quei casi in cui ilsemiologo, a suffragio delle proprie analisiteoriche, si è posto il problema di esaminareconcretamente l'oggetto della propriadisciplina, e cioè il costruito. Ebbene,una cosa salta agli occhi: sembra in sostanzache si creino dei repertori fondati sucampioni costantemente fuori della norma.Vogliamo suggerire, con ciò, che anche sullinguaggio della semiotica dell'architetturavarrebbe la pena meditare.

L'antologia che presentiamo non è certocompleta. Le lacune sono varie: non di tuttisono citati i primi te ti significativi, nontutti gli autori importanti sono compresi nelnumero.

1 Abbazia di ~YeHmlll\ter.Londra. Volta dellacappella di Enrico VIl.2 Friedrìch W. Kraemer:Stabilimento industriaìea Brunswick,

Charles Sanders Pcirce"27. Vi è un certo sincronismo fra idiversi periodi dell'architetturamedievale e i diversi periodi dellalogica. 11 grande dibattito fraNorninalisti e Realisti ebbe luogomentre venivano costruite le chiese adarco a tutto sesto, e la elaborazionevviluppat a nell'ultimo periodocorrivpondc al carattere intricatodelle opinioni degli ultimi partecipantial dibattito. Da quello stile si passaalla prima architettura a sestori.rlz.uo decorata solo con bassorilievi.La ~lIa semplicità è perfettamenteparallela alla semplicità delle primelogiche del tr cdiccsirno secolo. Fraquesti semplici lavori, ricordo icornmcruuri di Avcrroè e di Alberto

Ornar CalabreseLe matrici culturali della semioticadell'architettura in Italia

La semiotica dell'architettura è stata, inItalia, un fenomeno abbastanza di moda.Ma se volessimo fare un bilancio della suaincidenza nella cultura progettuale delnostro paese, dovremmo concludere cheessa non sembra aver lasciato tracceeccessive proprio nell'arca in cui la ricercadella regolarità e della codificazioneavrebbe dovuto, in principio, far presa:l'ambito degli architetti-progettisti. Benaltro successo, invece, essa ha avuto inquello degli architetti-storici e degliarchitetti-critici. E questo dimostra, se nonaltro, il fallimento delle tesi dei piùagguerriti propugnatori italiani dellaserniotica dell'architettura: del tentativocioè di operare un collegamento tra il farearchitettura e il descrivere architettura,collegamento costituito, come scrivevaRenato De Fusco nel 1972, da "un modocomune di scomporre e ricomporrel'oggetto architettonico, sia esso già

Jun ;\Iukarovsky"L'architettura è un tipico caso diproduzione multifunzionale; aragione i teorici dell'architetturamoderna intendono l'edificio comeun insieme di processi vitali, di cuil'edificio è la scena. II prodottoarchitettonico si distingue daqualsiasi vero strumento dell'attivitàumana e anche da quello strumentocosì complesso che è la macchina peril fatto che non è inserito in alcunaattività determinata, bensì è destinatoa servire come ambiente spazi aieper attività di tipo diverso. Ilconfronto del prodotto architettoni ocolla macchina (Le Corbusier) è sìespressione dell'orientamento versoun'univocità funzionale quantomaggiore possibile dell'architettura.ma non una sua caratteristicasopraternporale.

L'architettura organizza lo spazioche circonda l'uomo, L'organizzacome tutto e rispetto all'uomo intero,cioè rispetto a tutte le attività, fisichee psichiche, di cui l'uomo è capacee di cui l'edificio può diventare la sede.Quando diciamo che l'architetturaorganizza lo spazio che circondal'uomo come /11I III({O, alludiamo allacircostanza che nessuna delle partidcll'architeuur: ha autonomia

Magno. Ad essi voglio aggiungere gliscritti di quel grande psicologo hefu S. Tommaso. [... )

28. Durante il periodo del Goticqdecorato, abbiamo gli scritti di DunsScoto, uno dei più grandi metafisicidi tutti i tempi. [... ]

29.1 ... 1 A questo punto la logicatoccò uno sviluppo assa: elaborato,ma mut ile c in larga misuramsenvaro: e infine divenne così estese così inutile che la si dovette lasciarcadere anche in a senza di nuovisviluppi mtclleuuuh. Questo accaddedurante il periodo di architetturaf'urrnmeggi.uue in Francia.perpendicolare 111 Inghilterra. 1... 1(Charlc-, Sandcr- Pcircc, C"II'Clfd Papers,l ìarvar d Un. Pr cs«, t933-30, 4.27)

funzionale e che tutte invece sonovalutate soltanto a seconda di comeformino. sia per l'aspetto rnotorio siaper quello ottico. lo spazio nel qualesi situano e dal quale sono limitate.(Jan \tukai'ovskY. Scudie : estenky, Odeon,Praha t 966. Trad. Il. /I significatodell'est et ica, Emaudi, Tonno (973)

Roland Barthes"1 due piani del linguaggio articolatodevono ritrovarsi nei sistemi dixignificazione diversi dal linguaggiol ... 1 e l'essenziale dell'analisisemiologica consiste nel distribuire ifalli inventariati secondo ciascuno diquesti assi [.. .] Architettura-Sistema:variazioni stilistiche di uno stes oelemento di un edificio, differentiforme di tetti. di balconi, di ingre si,ecc. Sintagrna: concatenazione deidettagli al livello dell'insiemedell'edificio. "r Rolnnd Barthes, Eìé merus d e sennoìogìe,"Comrnurucauons", 4. 1964. Trad. it.J le mr nt t (il vrrniologia. Einaudr, Torino1%6)

Page 12: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Srmiotica l' architettura: elcmcnt, 1'l'T /lI1 dihattito

esistente sia nella fase della suaprogrammazione di progetto" l.

Se queste tesi si sono dimostratefallimentari, se il dibattito sulla semioticadell'architettura è rimasto sostanzialmentesterile, le ragioni vanno però forse ricercatenelle matrici culturali che, almeno in Italia,hanno dato origine alla tematica. Si puòavanzare il dubbio, cioè, che vi sia statoqualche iniziale vizio di impostuzionc.t giusto tentare, allora, una verifica delclima e delle premesse culturali in cui essasi è sviluppata, allo scopo di ri vcdcrnccriticamente l'apparato concettuale.

Per anni la critica dell'architettura hacontaminato aree fra loro idealmente econcettualrncntc diverse. Uno dei casi piùtipici è precisamente quello delle areerappresentate dall'architettura, intesa comearte, e dalla letteratura, intesa come mondodel linguaggio. In particolare si deve allacritica di matrice idealista e romantica unadelle peggiori eredità del parlareprogettuale: l'assimilazione imprecisa,metaforica, scorretta di architettura elinguistica. La matrice è in Italiaassolutamente riconoscibile: BenedettoCroce e il suo concetto di estetica comelinguistica generale, a sua volta facilmentericonducibile alle Vorlesungen iiber dieAesthetik di Hegcl. Ed anzi ancor piùesplicitamente è in Hcgel che troviamo unachiara definizione dell'architettura (inquanto arte) come espressione simbolica.

Ma veniamo alla letteratura più recente.Nel Ilì.59, si pubblicava un articolo diSergio Bellini che, pur non uscendo da unmetaforico adattamento dei terminiscmiotici all'architctt ura, proponeva per laprima volta in Italia il tema dell'analisilinguistica degli edifici", Bctuni, tuttavia,rimaneva sempre ancorato ad unaprospettiva storica classica, anche se avevail merito di introdurre il concetto di"sernanticità" dell'architettura.

11 primo, dunque, a trattare l'architetturasecondo un'ottica linguistico-strutturaleresta Galvano Della Volpe. Nel suoLaocoonte 1960, capitolo fondamentaledella Critica del gustoè, e poi nellaAppendice 1 dello stesso volume, scritta aun anno di distanza nel 1961, Della Volperivendica la legittimità di un approccioall'architettura in termini di linguaggio, etenta di caratterizzarne la specificità. Tuttoil discorso sullo specifico (valido fra l'altroanche per la pittura, la scultura, la musica,il cinema, e naturalmente la letteratura)condizionerà fortemente gli sviluppi deldibattito sul tema, tanto da parte dei fautoriquanto dei dctrattori della semioticadell'architettura.

Eppure non tutti (fanno eccezioneUmberto Eco e Manfredo Tafuri) mostranodi riconoscere questa paternitàdellavolpiana. L'ennesima prova ci viene da

I Ga/\'CltIl1O trctìa Volpe.2 tcrruccio RO,Hi-1 undi,3 A ndreu Puììadur: VillaGOdi, t.anedo, I'iunra e[avcìata.

2

altezza alla larghezza e lunghezza(serie del piano totale: la progression16. 24, 36), al contesto delle relaziondi interni e esterni stabilite secondoun sistema analitico di proporzioniincommensurabili (scalaproporzionale basata sulla serie $):come nella Villa Suvoie diLe Corbusier; etcetera."(Galvano Delta Volpe. l aoroonte 1960 inCrl/ira del ~USIO. Fcltrinclh, Milano t960)

Ferruccio Rossi-Landi"Fra gli urtcf'atti materiali comelegname, scarpe o automobili. e gliartefatti linguistici come parole,enunciati o discorsi, esiste e non puònon esistere una profonda, costitutiv.ornologia, che con e pressionebruchilogica si può battezzare'ornologia del produrre'. I?un'omologia interna a/ produrregeneralmente inteso c quindi presentifra i due tipi o branche diproduzione qui distinti. Si tratta diomologiu, non certo di identità:perché se ci fosse identità non cisarebbero due distinti; e quindinemmeno ci sarebbero gli estremi chrendono possibile parlare di omologi:Ma da ciò non egue in alcun modoche si tratti di rnera analogia, cioè disimiglianze rilevate soloempiricamente, applicando aposteriori un qualche criterio asituazioni eterogenee egenetica mente disconne se. I? unmetodo genetico propriamente intesecioè accoppiato allo studio strutturaidelle fasi sincroniche e simmetrichedei processi, che permette ladedu iione dell'omologia. Invero, alliradice dei due ordini di artefutti, omeglio degli sviluppi che portano aessi, c'è una comune radiceantropogenica sia in senso filogenetiia in enso ontogenetico."

(I·crrucf..:lo Rossi-Landi, Il linguaegio com~ìuvoro e com~ mercato, Bornpiaru,MII,lflO 191>7)

.l

Caivano Della Volpe"Uarcbitcu uro. Esprime idee, valori,con un sistema di segni visivitridimensionali-geometrici: con unlinguaggio, cioè, costituito dellemisure adatte all'istituzione di ordinivisibili rncdi.mtc la ripetizione dimasse sirnilari, onde ~i modifical'ambiente fisico ai fini di umanenecessità (e non è forse osare troppoil far rientrare l'architettura fra learti 'rappresentative', anche se allimite: e concludere che solo lamusica 'non rappresenta' niente). E sibadi che se non si tiene fermo comeprimario il carattere quantitativo diquesto segno visivo e che questo èun linguaggio di dimcnsioncs visibiliossia di visuali proporzioni, tutti igiu\ti richiami alla 'supremaziadell'architettura in fatto di valorispaziali' e allo 'interno ed esterno'come 'proprie dimensioni dellasrazl;.!it:l dc il'nr chitctturn', onde'rcalivza re, per la l'orma, unaspa.r.ialit;\ indenne dallo spazionaturale' ercetcra, restano sfocati.Anche qui il criterio estetico dellacontcstualità scmantica organicarisulta applicabile ed è pur criteriodel potenziarnento estremo deicaratteri strutturali di un segno(I'architettoruco) ch'è, insieme aglialtri segni figurativi e a quellomusicale, non convenzionale nelpreciso senso ch'è convenzionale,sappiamo, il segno linguistico: e sideve distinguere contesto semanticoorganico idest pen ieroscrnaruicarnente autonomo e quindiartistico da contesto disorganico idestpensiero semanticamente eteronomo enon art istico: lo 01'1I.\' arch itettonico,diciamo, dallo 0I'/iS semplicementetettonico (dal greco -rEX-rOVLXOç, ossia:abile nel costruire) o di ingegneria.Infine è da tener presente la varietà ericchezza di contesti organici prodottidalla funzionalità storica di questosegno visivo-proporzionale: dalcontesto delle relazioni tra gli ànulic l'àbuco dei capitelli e le bandedegli archi travi ctcetcra dei Propilcidcll'Acropoli, relazioni, il cui criterioè dato da numeri bassi (daproporzioni come 7:12 e 6:25); alcontesto delle relazioni delle cameretra loro e il portico etcetera dellapalladiana Villa Godi secondoproporzioni commensurabili della

Page 13: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Semiotica e architettura: elementi per /11I dibattito

un articolo di Fulvio Iracc apparso nelnumero 39 (maggio 1977) Ji "Op. cit.'· 4:un paragrafo dedicato all'approcciosemiologico come tema fra i più notevolidella critica architettonica in Italia farisalire le prime analisi semplicemente aGamberini, Koenig, De Fusco ed Eco.

Va detto subito che Yoricntcunento diDella Volpe rappresentava un fattodecisamente innovativo, e su due diversilivelli. Sul piano generale esso costituivauna presa di posizione contro ilcrocianesimo della cultura italiana chesempre aveva posto ll1 secondo piano ogniaspetto scientifico della critiea, privilegiandoquello valutativo-esprcssivo, E inparticolare costituiva la prima apertura,nel campo degli studi marxisti, al di fuoridello storicismo (e soprattutto dellostoricisrno lukàcsiano) nel settoredell'estetica.

E qui tocchiamo, tuttavia, uno deifattori nodali. Il metodo di Della Volpe èinfatti chiaramente una riscopcrra dellee tetichc esatte (anche se certamente quelleformaliste settecentesche e non quellelogico-mare m atiche ot to-novcccn tcschc)con un particolare richiamo a Lcssing. Taliestetiche esatte vengono però riviste allaluce della linguistica saussuriana.

Sono quindi in sostanza due i retaggiche il dibattito sul linguaggiodell'architettura in Italia deve a DellaVolpe: un'irnpostazione generale che vedenell'architettura semplicemente eclassicamente una delle arti (e dunque daanalizzarsi secondo parametri estetici, edunque in chiave di puro visibilismo comein tutta la tradizione tedesca, da Wolffline Riegl alla scuola di Warburg), e iltentativo di applicare, per traspo.iizionemeccanica, i principi della linguis.icagenerale ad altri linguaggi ritenuti parimentiautonomi, e perciò specifici. Dal primoequivoco non si è ancora usciti, dal secondosi è usciti in parte, solo cioè in alcuneanalisi di Eco e Garroni.

La ricerca di una specificità è presenteanche nelle ipotesi di un architetto, ItaloGarnbcrini-, che movendo probabilmente damotivazioni diverse (l'insegnamento peresempio) nel 1962-63 tenta di classificarecon qualche ingenuità gli clementiarchitetlonici ("segni costiìutivi") comeparole del linguaggio dell'architettura. Lamatrice didattica (per quanto, ripet.iamo,approdante ad analisi approssimative) nonva tuttavia sottovalutata: essa infatti puòessere ricondotta ad una logica di "scuola"che costituisce, almeno per certi aspetti, unaorta di semiotica inconsapevole.

Siamo invece ormai al 1964 quando sipubblica un testo, pure universitario, diGiovanni Klaus Koenig (Analisi dellinguaggio architeuonicow che introduce inItalia alcuni elementi di novità. Anehe

4 Robcrt Venturi l' l ohnRoucb: Casa Brant,Gre cnwrctr, Co"",5 l'urti colare della torreEil ieì, Parigi,6 Lnis Prieto,7 Umberto Eco.

6 ....

7

Luis Prieto"L'ogg..:IIO architcllonico è un,O!!!!Clto comunicativo? Si trana, inali l'i lei mini. di chiedersi se l'arie siaun tipo p.uticolarc di comunicazione.L'ipotesi di lavoro che propongo, eche implica una risposta affermativaalle dornundc sopra povtc, Ì; laseguente: un oggetto artistico sarebbeun oggetto prodotto per adempiereuna funzione comunicativa (adesempio, l'oggetto leucrurio) o noncomunicativa (ad esempio, l'oggetto.irchitcuonico), e la cui capacità diindicare con la sernantizzazione cheil suo uso subisce necessariamentenella società, è a sua volta utilizzataper adempiere una funzionecomunicativa. L'oggetto artisticosarebbe caratterizzato, in altri termini,dallo stile con cui una funzione,comunicativa o no, è adempiuta,~Iilc che, dal momento in cui c'èsocietà, è sempre significativo, confini comunicativi.

Certi oggetti artistici - e tra essigli oggcn i letterari - sarebberodunque doppiamente comunicativi, eciò perché la capacità di indicare,che, come inevitabilmente accade diogni uso dal momento in cui c'èsocietà. l'uso di segnali destinato acomunicare in un primo livellochiamato 'dcnotativo' acquisisce,viene a xuu volta utilizzata, nel cavodi questi oggctt], per comunicare nelsecondo livello. quello 'connotativo'.

1 ... 1 Altr i oggetti artistici, alcontrurro, sarebbero comunica: ivisoltanto in un livello, e ciò perché lafunzione che ~i u uttu di adempierecon il comportamento la cuisemantizzazione è a sua voltautilìzzutn con fini comunicativi non èuna funzione comunicativa. Ilmiglior rapporto rappresentante diquesto tipo di oggetti sarebbecertamente l'oggetto architettonico."

t lu!s Pr icto, Me,",SQKe.'t el signaux, Pkf F,Paris 1966. Trad. il. Lineamenti disemìologia, Laterza, Bari IlJ74)

5

Umberto l',co"Secondo una codificazionearchitettonica mrl lcnar iu, la scala o ilpiano inclinato mi denotano lapm~ibilitil di salire; seala a pioli osculonc del Vanvitelli, scale achiocciola della Tour Eiffel o pianoinclinato vpirnliforrnc delCiuggcnheim Muscum di F. L.Wright, mi trovo pur sempre davantia forme che si basano su soluzionicodificate di una funzione espletabilc.Ma io posso salire anche medianteun ascensore: e le caratteristichefunzionai i dell'ascensore non devonoconsistere nella stirnolazione di attimotori degli arti inferiori(obbligazione a muovere i piedi in undato modo) ma in una certaaccessibilità, abitabilità emanovrabilità di comandi meccaniciresi 'leggibili' da una segnaleticachiara e da un design di facileinterpretazione. Tuttavia è chiaro cheun primitivo abituato a scale o apiani inclinati, si troverebbecompletamente sprovveduto di frontea un ascensore; le migliori intenzionidel progettista non lo rendonomanovrabile dall'ingenuo. Ilprogcttista può avere concepito ipulsanti, le frecce indicatriei di salitao discesa prenotata, le indicazioni deivari piani estremamente perspicuo,ma l'ingenuo 11011 sa che determinateforme si}.:nificano determinate[unzioni. Egli non possiede il codicedcl l'avccnvorc. elio stesso modo puònon possedere il codice della portagirevole, e ostinarvi a penetrare laporta girevole come se si trattasse diuna porta comune. Ci accorgiamodunque che anche tutte le mistichedella 'forma che segue la funzione',rimangono appunto delle mistiche senon riposano su una considerazionedei processi di codificazione.

In termini comunicativi ilprincipio che lo forli/a segue lo[unzione significa che la formadell'oggetto non solo deve renderepossibile lo funzione, ma devedenotarla in modo così chiaro da <

renderla desiderabile oltre cheagovole, c da indirizzare ai movimentipiù adatti onde csplctarla."(Umberto Eco, La struttura Q.uente.Bornpraru, Milano J96R)

Page 14: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Koenig non sfugge all'idea del reperimentodi uno specifico linguaggio architettonico,ma le basi di ricerca sono stavolta diverse,c, per l'Italia, abbastanza originali.Koenig infatti applica all'architettura analisidi più chiara origine serniotica, comequelle di Charles Morris, da noi in qualchemodo conosciuto per il pionieristico lavorodi Ferruccio Rossi-Landi, che avevatradotto Morris fin dal 1940 e pubblicatonel 1956 una monografia sul filosofoamericano". Koenig però conosceva lasemiotica comportamentista di Morris ancheattraverso gli studi di Tormis Maldonado aUI01, che fra l'altro a partire dal 1954,nella "Hochschulc fUI' Gestaltung"ricopriva la prima cattedra universitaria disemiotica al mondo. Con terminologiamorrisiana, Koenig definiva appunto illinguaggio architettonico una scrnioticacomposta di veicoli segnici che promuovonocomportamenti.

In quegli stessi anni può essereconsiderato un pionere della scrnioticadell'architettura anche Gillo Dorflc<,8.In Dorfles la prospettiva è chiara: egli siinserisce nel filone degli studi di estetica,applicando sia pure in maniera criticaanalisi di tiro semantico all'architettura,derivanti dalla scuola di Chicago e dalla"critica sernantica" di origine langeriana.Dorfles è anche fra i primi, tuttavia, afar circolare le interpretazioni di Morris e diMax Bense. t un fatto, però, che non sisfugge dalla logica del puro visibilismo edella considerazione dell'architettura comeesclusivo settore artistico. Non vi sfuggononeppure i detrattori della scrnioticadell'architettura, primo fra tutti CesareBrandi.

In Struttura e architettura", per esempio,Brandi sostiene l'illegittimitàdell'applicazione semiotica all'architettura,qualora essa sia da considerare oggettoestetico Ce dunque, su basi langerianeasemantico), mentre ne concede il valorese limitato ad una pura concezione tettonica.Siamo comunque al 1967, anno dipubblicazione di due contributi assai diversifra loro, e di una certa importanza neldibattito in corso. Si tratta di A rchitetturacome mass-medium di De Fusco'? e diAppunti per una semiologia dellecomunicazioni visive eli Umberto Eco!'.

Il testo di De Fusco appare a primavista frutto di molteplici prestiti: da un latola meccanica adeguazione alla linguisticasaussuriana soprattutto nelle sueconseguenze francesi (Barthes e il gruppodi "Cornrnunications") nei confronti di unateoria della pura visibilità; dall'altro laricerca di legittimazionc della scrnioticadell'architettura mediante un'altratrasposizione, quella della teoria dellecomunicazioni di massa (soprattuttoMcLuhan). In seguito De Fusco e la sua

I Robert Al/m'n: Bsbìiot ecadel cavt ello di Kenwood,Humpstcad,2 /I tern pi o di CatlO\'ll.

l'o,\W/:'IO.

.Iolm SUI1lIllCr~OIl

"Quand'è che un edificio classico nonè tale'! E ciò ha davvero importanza?Le principali caratteristichearchitettoniche non hanno forse unrilicvc maggiore e non sono forseindipendenti da una simileterminologia stilistica? Certamente.Tuttavia non mi è possihile giungerea quanto intendo dire in questeconversazioni senza isolare subito datutti gli altri quegli edifici che,prinia [arie, sono classici. Tratteròdell'architettura come linguaggio emi limiterò per il momento apresumere che il mio pubblicoriconosccrù il latino dell'architetturaquando se to troverà di fronte. [... 1

Convidcriarno il termine 'classico'applicato all'architettura. un errorecercare di del inire il classicismo.Esso assume ogni sorta di significatiutili in contesti differenti e iopropongo di considerarne soltantodue che saranno entrambi utili nelcorso di queste conversazioni. 11primo significato è il più evidente.U n edificio classico è quelio i cuiclementi decorativi derivanodirettamente o indirettamente dalvocabolario architettonico delmondo antico: il mondo 'classico',come è spesso chiamato. Questiclementi sono facilmenteidentificabili: per esempio, lecolonne di cinque tipi determinati,usate in determinati modi; modideterminati di trattare pone efinestre e le estremità del frontone,e determinati tipi di modanatureapplicabili a tutte queste cose.Benché spesso si prescinda da questi'elementi determinati', essi sonoancora riconoscibili come tali inogni parte di tutti gli edifici chepossono essere considerati classici inquesto senso."(John Summcrson, The Cìassical Languag eul Ar chit ecture, Methuen and Co., London1973. Trad. it. Il linguaggio classicodeìl'archùe ttura, Einaudi, Torino 1970)

Bruno Zcvi"Oggi nessuno adopera gli ordiniclassici. Ma il classicismo è unaforma menti che travahca gh 'ordini',riuscendo a congelare anche idiscorsi svolti con parole e verbinnticlassici. Il sistema Beaux-Artsinfatti codificò il gotico. poi ilromanico, il barocco, l'egizio, ilnipponico c, ultimo, persino ilmoderno con un espedientesemplicissimo: ibernandoli. cioèc lassicizzandoli. Del resto, qualora sidimostrasse impossibile codificare insenso dinamico il linguaggiomoderno, non resterebbe che questasoluzione suicida. giù invocata daalcuni sciagurati, critici e/o architetti.

Occorre dunque sperimentare,subito, senza velleità di risolvere apriori, cioè fuori di concreteverifiche, tutti i problemi teoretici ilcui studio costituisce spesso un alibiper ulteriori dilazioni. Decine di libric centinaia di saggi discutono sel'architettura possa essere assimilataa una lingua, se i linguagginon-verbali abbiano o meno unadoppia articolazione, se il propositodi codificare l'architettura modernanon sia destinato a sfociarenell'arresto del suo sviluppo.L'Indagine semiologica èfondamentale, ma non possiamopretendere che dipani, fuoridall'architettura, i problemiarchitettonici. Bene o male. gliarchitetti comunicano; parlanoarchitettura. sia o no una lingua.Dobbiamo documentare con esattezz,cosa implichi parlare architettura inchiave anticlassica; se riu ci amo,l'apparato teoretico verrà da sé.inerente allo stesso scavo linguistico .•

l...l Ecco la sfida che cifronteggia, produttori e utenti: percapirei, bisogna usare una stessalingua, concordandone termini eprocedure. Tema che apparegigantesco solo perché fin quiinesplorato.

Obiettivo volutamenteprovocatorio: fissare una serie di'invarianti' dell'architettura modernasulla base dei testi più significativi eparadigrnatici .••(Bruno Zevi, 1/ JlfIguaXKIO modernodelìarchìtenura. Einaudr, Torino 1973)

Page 15: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

s;,;;;;ticae architettura: elementi per un dibattito

scuola giungeranno alla definizione(e siamo ancora al vecchio vizio cheabbiamo ricondotto a Della Volpe e allasemiotica di parte linguistica) di uno"specifico" segno architcttonico, identificatonello spazio tridimensionale cavo,doppiamente c>. icolato in spazio internai-pazio eterno.

Il te to di Eco (frutto di un corso alla[acoltà di rchitcttura di Firenze, divenutopoi La struttura assente) si inserisce soloIn parte nella logica che abbiamo finoradescritto. Eco infatti da un lato confuta laposizione serniorico-cornportarncntista diKoenig preferendo Roland Barthes(la funzione di un oggetto si tramuta sullahase dell'uso in segno di quella funzione),pur rimanendo ancorato ad unaunpostazione visibilistica. Ma dall'altro eglirifiuta come meccanica la trasposizionedegli assiomi della linguistica e le ricerchesullo peci fico linguaggio architettonico,ammettendo possibilità di articola/ione nonsoltanto doppia. e prospettando l'idea diUI1:J molteplicità di codici.

In conclusione. anche da questeaffrettate analisi, appaiono chiare le matriciculturali della scrniotica dell'architettura,come essa ì: venuta Sviluppandosi in Italia.Essa nasce intanto come rinnovamentometodologico di studi di storia dell'arte cdi critica d'arte, che hanno semprepriv ilegiato non solo il visibilisrno(dimenticando che l'architettura èsoprattutto abitata), ma in particolarel'emergenza, l'opera "nobile", in sostanza ilmonumentalismo. In econdo luogo comeinterpretazione della storia dell'aT~chitettura,di cui si sosteneva il valore codificante(dimenticando che proprio questa era statala funzione più retriva delle Accaden.ie).

on a caso la rivista "Op. cit.", Io-semas imo periodico patrocinante la sem.oticadell'architettura, non è mai uscita, nelsettore delle analisi applicative, da esempicome il tempietto del Brarnantc. la Rotondapalladianu, il padiglione di Barcellona.E non a caso il principale storico sostenitoredella linguistica architeuonica. Bruno Zcvi,oltre ad aver accantonato con qualchefrcttolosità (ma potrebbe essere un merito)le questioni epistcrnologichc di fondorelative all'applicazione di teorie scrnioticheall'architettura, propone come elementibasilari del istema le famose "setteinvarianti del codice anticlassico "12, Maqueste invarianti (che dovrebbero essere.fondamento della nuova "linguisticastorico-ernpirica", come è stata definita daDe Fusco) sono desunte dai testi piùsignificativi e paradigrnatici del movimentomoderno. Essendo il classicismo l'unicalingua arehitettonica codificata, sostieneinfatti Zevi, il linguaggio moderno,anticla ico, può essere decodificato soloa partire dalle ec ezioni al clas ieismo.

:\ s-ta v Ben-;e,4 Il' Corbu ver: NutreDennr (/u l l ant, Rsntcltuìn t».

5 I.t' Curhu-a cr: AIllI\fJII

la Rochc, Autoull, S('/II:':Odella hall,il I a.\:.lu "'I()I/OJJ'-N(l~)':"1111 l " ì qiuulro l'li/O

al (e/cf 0110).

3

5

:\la:l: Bcnsc"L'opera d'arte viene dunqueconcepita come ini ormazionc'. O piùprecisamente come supporto di unaparticolare inionnazionc:l'informazione estetica. Nell'operad'arte l'informazione estetica è lacomponente decisiva. E infatti essaco nf CI111a il car.iucrc scgnico delprocesso estetico. Altrimenti sarebbeincomprcnxihi!c il falto che ogniopera durt c è protesa a sort ire uneffetto. tende alla comunicuzionc.Ogni informuz iunc è coviiruit« disegni. I vcgni rOSSo no costituireinsiemi: strutture o configurazioni.L'inf'orrnuz ionc estetica può essere ac.u nt ìcrc viruuurulc o a carattereconfiguruz ionule. gcstaltico. Ogniversi Iicazione poct ica offreun'informazione estetica di tipostrutturale. La cappella diLe Corhusier a Roncharnp offreinvece l'informazione estetica informa di gestalt."(M.IX Ill'n-.,c. 11evtlìvtik:a, Agi'i Vcrtag,OaciclI Uadcn 11.)65. Trud. it. Estetica,Bompiaru, Milano 1974)

Gcoffrcy 8roadhcnt"Schoenbcrg ha scelto il medesimosignificante di Duchamp, l'unità ditempo e di spazio, e lo ha applicatoalla composizione musicale. Lo stessoè avvenuto in architettura, el'iute: pl ere in questo G"O è statol .c Corhusicr. l.a Muison la Rochc(1921) e certe ultrc ville degli anniventi fili ono progettate sulla base delconcetto di movimento, 1.. ,1.

I.a villa è progettata in municrache si deve scgu ire iI percorsostabi"to dall'architetto con precisioneassolllta, r irnpov-ibilc muoversiuuravci \0 la successione degli spaziin qllalSlasi altro modo; si devecnu arc dalla porta anteriore,at travcrvarc il vestibolo. salire lescale fino al pianerottolo del primopiano, uttr aversarlo, percorrereinteramente la galleria dei quadri,voltare di ISO gradi, salire la rampache è costruita contro il muroesterno ricurvo della galleria, pergiungere infine nella biblioteca, cheha la Forma di un balcone che guardasull'atrio e la porta da cui si èentrati. La Maison la Roche quindirappresenta veramente una analogiamolto stretta, in termini architettonici,

6

con il continuum spazio-temporaledel Nudo di Ducharnp, e anche conla relatività di Einstein."tGcoffrcy Broadbcnt, Meanins; InA rctutcciure, In C. Jcnks, C. Baird,A-/('lWtnJ.: In Ardllll'cture, Barric andROLkhrr. Londun 1%9. Trad, il. 1/sig niii cut o 11I architettura. Dedalo, Bari1'174)

Manfrcdo T ••furi"Una crit ica cornpiutamcntcvt rutturulivtu , c0I1111nquc. nongiunger.", mai a 'vpicgarc' il senso diIIIÙ)rCI a: " limitcr à a 'dcscriverla',avendo a sua disposizione solo unalogica basata sulla coppia sì-no,corrctto-scorretto, in tutto analogaalla logica matematica che guida lefunzioni di un cervello elettronico(non a caso, Max Bense fariferimento diretto alle tesi diR.S, Hartmann sulla misurazionematematica del valore), l a logicadell'automazione, anche in assenza diun intervento del calcolatore nellaprogcuazionc, guida già la strutturadei processi di formazione dell'operad'arte nell'epoca della suariproducibilità tecnica, l quadri fattial telefono, nel '21. da Moholy- agy,non sono solo profezia degli odierniprocedimenti di montaggioprogrammato nell'architetturaaltamente industrializzata, machiariscono per intero le condizionidi evi tcnza di un'opcru, che nonvogl ia risultare - come vorrebbeAdorno- utopia rcgrcssiva,/IO/W'II.\(' <cosciente' della propriaalienazione.

Esiste quindi un solo apporto chelino strutturalismo conseguente puòoffrirc all'architettura e all'arteattuali: la dimensione esatta dellapropria funz ionalità nell'universodello sviluppo capitalistico,nell'universo dell'integrazione."(Manfrcdo Tufu ri, L'orchìì ettura e ,I .nwdoppIO: .'('mw!oKUl e [orrnultvnur, rnProgetto e utoPia, Laterza. Bari 1973)

Page 16: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Semiot ù:a e architettura: clcmcnti per /11I dibouito

Rimaniamo, come si vede, in campoestetico, in vicinanza della "ostrannenjc"cara ai formalisti russi. Ma in questo caso ècome credere che si possa desumere lanuova lingua italiana analizzando i vincitoridegli ultimi premi letterari. In sostanza,cioè, continuando ad avere occhi solo peri monumenti.I R. Dc Fusco .. Storia, segni e progetto dell'architettura,Laterza, Bari 1972.2 S. Bett ini, Critica sernantt co e COI/III/I/llti storicadellarchue nura, "Zodiac" 2. 1Y5'),3 G. Della Volpe, Critica del ).;1I\fO. Fclt rtnclfì. Milano1961.4 l-. Ir acc, Le opi nùnn di \ ... 1 .\lI all'lini 1('111;del/a crurcaarctntet umtca in ttalia, "Op. cit.", 36, 1977.5 I. Garnbcrini, Analisi del ItIJ/.:IWJ.fJ.:f() archit etronu:n,Coppini, Firenze 1962.6 ( s . K. Kocnig, Ana/oi dellt"/.:lluJ.:kio ar chucrt onico,Lcf, ì-Ircnvc 1964.~ da ricordare che per la prtrna volta viene tradotto inualrano, nell'appendice, il ~agglu di T. Muf donadoKommunìkatìon und •.Semiotrk (ora in: T. Maldonado.A vanguardta e razionalità. Einuudi, Torino 1974), che poiverrà espunto in cdizroni successive.L'inf'luenza di Maldonado nel dibattito sulla scmìoticadcllarchitcuura sarà poi fune con La speran:a prog ett uale ,lf1 cui le fitte parti critiche sull'ctrgomcnto, spesso peròmancanti forse di indica/ioni prospctuchc più definite.dimovtrano una certa non pcr tincnza dull'uso che diKommunikauon und Serniotìk: si era falto (mora.7 F. Rossi-Landi, Chorìcs Morris, Bocca, Milano llJ56.8 G. Dorflcv. Il divenire delle arti. Einaudi, Torino 1959.9 C. Brandi, Struttura e arctntett ura, E....r. Napoli 1967.IO R. Dc Fu ...co, Arclut cu ura 1"1111/(' mavv-rncdnnn, Dvdnlo.Bari 1967.Il U. Eco. Anpuntì per /ttla vemìoìogia dvtlo cnrnunìcazionil'nive, Bompiani, Milano 1967 (poi divenuto La strutturaassente, Bompiani, Milano 19(8).12 Il. Zevio /I iln/.:LlaK~1Omoderno deìt'orchite uura,Emaudi, Tonno 1972.

U~o VolliEquivoci concettuali nella semioticudell'architettura

Una semplice rassegna degli studi e deifiloni culturali in gioco mostra come siadiscutibile parlare di una semioticadell'architettura in quanto tale. Ma non èmeno superficiale parlare di una architetturache la serniotica possa prendere (e ha difatto preso) come oggetto. Anzi, sussi~teuna notevole omogeneità "ideologica", unavasta area di premesse episternologichccomuni fra tutti gli studi di semioticadell'architettura. E possibile allora tentareuna prima ricognizione di quelle premessecomuni, di quella ideologia dell'architettura(c della semiotica) soggiacente e forseinconscia in molti (se non in tutti) gli studisull'argomento. .

La prima e fondamentale di questeipotesi è semplicissima: l'architettura è unlinguaggio (o, in versione più debole:l'architettura ha un linguaggio; ma ladistinzione è più apparente che reale, vistoche è difficile negare l'esistenza didimensioni tecniche o economichedell'architettura; e d'altro canto unlinguaggio è un oggetto sufficientementecompatto per stare a se stesso, sicché ècomunque possibile uno studio autonomodel linguaggio che l'architettura ha - il cheè la stessa cosa dell'anal isi dell'architetturacome linguaggio).

Questa prima ipotesi è solo in apparenzasemplicissima. Essa non è stata approfondita

I Christìan Norberg-Srhnl- .2 La torre di Samarro,t roq,

2

Christian Norbcra-Schulz"La cattedrale deve essereinterpretata come un'iconanotevolmente complessa cherappresenta gli oggetti superioridecisivi del periodo. In una formaiconica tale rupprcscntazionc. nelsenso lcucrulc della parola, puòessere piìt () meno dir ctta. l settescalini (1<:110 Zigguritl 'ruf'Iigura no' iselle cieli che formano il cosmo.La chiesa, d'altro lato, non raffigura, il Corpo Mistico di Cristo', masoltanto alcune delle suernunifcstnzioni. La relazione iconicaera estremamente imporraruencll'architeuura del passato ed èprobabilmente alrrcttanto antica dellaconnessione causale. Abbiamo giitvisto come in origine la colonnavenisse eretta per rappresentare ilfallo, mentre la grotta raffigurava ilgrembo da cui scaturisce la nuovavita. La combinazione di questi dueelementi iconici, creò le prime, realiopere d'architettura. Nei templimcgaliìici di Malta 'la durezza e lapotenza della pietra sono accentuatedalla definizione di linee rette e disuperfici piane. Mentre i dolmcn e lemura ciclopiche esibiscono'direttamente' il loro peso e la lorostabiliti! simbolica, i rnaltcsi vollerorappresentare questo contenutomediante linee e direzioni particolari.La forza di gravità era astrattavisualmcntc dalla materia grezza einarticolata. Questa astrazione fornìla base per lo sviluppo di un sistemadi simboli architettonici cheincludeva segni convenzionali. Unsistema di simboli architettoniciconsiste quindi di segni convenzionaliastratti da forme iconiche. l segnifanno parte della tradizione culturalec possono essere usati ripetutamenteper costituire strutture formalisempre nuove."(Chr istian Norberg-Schulz. l ntent ions inA rchùect ur e, Thc Norvegian RescarchCouncil for Science and the Hurnanities,OsIo 1963. Trad. il. Intenzioni inar chìt ertura, Lerici. Roma 1967)

Tomas Maldunado"l nf'atti, il tentativo di valersi dellanozionistica serniotica per descriverei fenomeni comunicativi (e perfinocvictici) nell'arca dell'architettura,dcll'urbunistica e del 'disegnoindustriale' non ha raggiunto fino aquesto momento j I isultati che moltiavevano atteso, per molte rugioni,ma soprattutto per la rnancanza dimal urilil della nozionist ica scmioticustessa. [... 1

La preoccupazione per il rapportospecifico 'serniot ica-architeuuru' èincominciata in Italia nel modogiusto: come critica scrnumica aldiscorso critico dell'architettura. [.··1

Lo sforzo più meritevole per faravanzare il discorso scrniotica-architettura è comunquerappresentato, senza dubbio. dallasezione C del libro di Eco. In lineadi massima, si può dire però chequeste ultime pubblicazioni soffrono~uasi tutte dell'influenza assainegativa della 'serniologia' dellascuola francese. che ha fattoregredire quello sviluppo diconccuualizzazione che già possedevauna relativa coerenza. [... ) Lasemiologia strutturalista non è unpasso avanti rispetto a Morris, ma unpasso indietro, un riporture ildiscorso alle prime intuizioni,ccrtarncrue geniali. di F. de Saussure.Uno dei pochi apporti interessantidi R. Harthes in relazione alproblema che ci interessa èl'ovscrvaz ionc che parlare ,kl'linguaggio dc ll.i ciuà' siu un abusometaforico. È giusto anche l'appellodi Barthes, che egli stesso però nonsegue. a 'passare dalla metafora alladcxcriz ione del senso' I...l- In realtà,quando a ll'iriizio parlavamo dellamodestia dei r isultuti raggiunti,ci riferivamo proprio a questo. Lasemiotica (o serniologia)dell'architettura è rimasta ancora allivello metaforico. Sembrerebbe che,fino ad ora, lo sforzo sia statoor ientuto esclusivamente a so tituireuna terminologia con un'altra e pocopiù. Lo si vede chiaramente inC. Brandi ed in R. de Fusco, nellaloro evidente preoccupazione diassimilare criticamente alla nuovaproblernatica certe componenti dellatradizionale nozionistica interpretativadi H. Wolff lin e di E. Panofsky [...J.A volte è difficile capire ladifferenza tra il 'Forrnerklaren'(Wolff'lin) e la 'Iconology' (Panofsky)da un lato, e l'uso attuale dellaterminologia scmiotica perinterpretare le opere d'arte dall'altro.La differenza, per il momento,risiede principalmente nelle parole.11 fatto che la rottura con laprecedente tradizione descrittiva siasolo di natura terrninologica haportato molti fautori del nuovoapproccio ad un atteggiamentopiuttosto incostante. C. orberg-Schulz ad esempio. che [...1 avevapercepito con grande acumel'importanza della semiotica neldiscorso critico dell'architettura,ritorna poi all'uso di categorie di unosìoricismo molto tradizionale."(Tomds Maldonado. La .'ìperan::.aorouettuaìe, Einaudi, Torino 1970)

Page 17: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Semiotica e architettura: e!I'II/CI/II per un dtbuttuo

sufficicnzu o. rncn che meno, dimostrata.Pcr giustificarla si fa riferimento alla forzaimbolica del costruito, alla sua capacità

di su citare emozioni e di diventareportatore di complesse istanze retoriche.Ma si suppone senza alcun dubbio che ognicomplesso culturale. ogni veicolo delirnbolico, ogni catcgorizzazione delmondo debba per forza essere un linguaggio.(Questa eertezza dipende molto chiaramentedal periodo, dalla forza attrattiva di studicome quelli di Lévi-Strauss sul simbolicoalimentare, o se vogliamo sull'irnrnaturità- divulgativa - di concettualizzazionialternativc.) E non ci ~i domandaneanche se l'architettura sia 1111 linguaggioo invece tanti linguaggi; che non è questioneda poco, visto che per esempio banalmenteil linguaggio non è lilla lingua naturale, ene sappiamo molto di meno su quello cheu queste. Ignorare questo problema porta

nella migliore delle ipotesi a credere chetutti pensino in latino,

Affermare che l'architettura è unlinguaggio, sosteneva Koenig in unaproposta che segnò il campo di questi studi,vuol dire pcnsarla come un sistema di segnisottoposto a regole. Le regole, almeno aun livello di anali i abbastanzaapprossimativo, non costituiscono unproblema dall'apparenza insuperabile eforse per questo non sono praticamentetate mai discusse. elle facoltà di

Architettura si insegna una disciplinachiamata composizione; si può bensupporre, a prima vista, che i suoi contenutiabbiano qualche relazione con le regolecombinatorie che determinano lacircolazione dei segni architettonici.t. questa una posizione arsai discutibile,perché ignora l'essenziale molteplicitàstorica dei sistemi cornpositivi, che rimandanon a un'architettura ma alle l'ariearchitetture e quindi contraddice a quelloche abbiamo visto essere uno deipresupposti impliciti della semioticadcll'architettura, l'unicità del suo linguaggio.Ma è certo difficile trov arc un sistemacombinatorio (grammaticale, sintattico?)intermedio fra le grandi leggi geometrichee psico-antropologiche che regolanola nostra percezione dello spazio e i variistemi cornpositivi, sicché questo tema

potenzialmente critico non è mai statoapprofondito a sufficienza.

Dove inveee l'immaginnzione deisemiologi si è sfogata in tutta la suapotenza è l'altro polo d~l1a defi.nizi~~dell'architettura come linguaggto, eroel'individuazione dei "segni" architettonici.Ne è uscita tutta una popolazionefantastica di creature morrisian-hjelmsleviane, di cui è inutile.ripercohere .in que ta sede lo zoo. Basta ricordare che 1

problemi di fondo conness: a .questa .proliferazione erano due: I esistenza, Il

:l 101", Soane: C(l'U !<f'(,

Oll/IOf1. /'ro\pd/o e manta4 (i IU\('{JI'f' I crra um CO\(l

(Jf'I fa\c'io, C"OI"

/~.- -I-f'-"*'

3

Diana A~re~t e Mario Gal1lJclsllna~"Quali dovrebbero essere i Futuriindirizzi di ricerca nell'approccioscrniotico all'architettura?

I problemi discussi in questoarticolo possono aiutare a trovare unarivposta parziale a questoiI1tcrrogati vo,

Primo: l'approccio emioticodovrebbe sviluppare una teoria chedescriva t spieghi i diversi tipi disistemi semiotici che configuranol'architettura in opposizone con leteorie stilisiiche sviluppate nellacritica e nella storia dell'architettura.In particolare alcuni temi sembranoavere priorità su altri: per esempiol'analisi delle differenze tra ifenomeni semiotici nell'architetturaclassica c in quella moderna; laprcfigurazione del sistema disignificazione dell'architetturamoderna nell'architettura barocca especialmente nell'architetturalk1l'11lumini,mo: la sopravvivenza disistemi di segni classicinell'architettura moderna.

Secondo: l'approccio semioticoall'architettura dovrebbe proporreteor ic che Icndano contodell'ambiente costruito, che non ècon-rdcrato architettura nvpcuo agliedifici. e le relazioni u a i due tipi dico-rruzione nei differenti momentistor ici.

Terzo: lupproccro xermot icoa ll'urchncttura dovrebbe dcscrrvcrc cmostrure una tipologia delle diversemodalità architettoniche delIunzionarncruo simbolico. cheincluderebbe l'architetturaoccidentale."(DIana Agrest and Ma rio Gandcl~ona".Scmiot u:s ami the Lnnits o/ A,cJulectllre,"/\ t- U. Archi tcctu rv and Urbauivru" 7,July 1976)

Peter I). Eivenman"L'architcuura, a differenza dellapittura, dispone di due livelli direlazionalrtà vpaziule. Lo spaz ioeffettivo, la sua proiezione, laprofondità, la limitazione eccetera,possono essere considerati la'struttura superficiale'. La vicwarelazione tra forma e spazio checaratterizza la struttura superficialepossiede una inerente 'strutturaprofonda', la quale può essere dedottao può essere implicita. 1·.·1

Il tentativo insito nella casa delFascio è lo spostamento dellafocalizzazione sintattica primariadall"oggetto' alle sue relazionispaziali. Nell'analisi delle piante edegli alzati, da primi studisull'edificio realizzato, si puòindividuare una consistente strutturadi rapporti deliberati, i quali possonoessere interpretati come un tentativodi stabilire questo livello strutturaleprofondo attraverso un implicitocontrollo sulle relazioni tra forma espazio. Ciò che distingue la sintassidella casa del Fascio dalla sintav-i diLe Corbusier, oppure dalleimplicazioni sintattiche degli scritti diIIcinrich Wiilrrlin. è l'rntercwc perun livello profondo o per una strutturaconcettuale.

1... 1 cll'operu di "Ier ragruinvece, vista in opposizione a quelladi Le Corbusier, le forme bianche edesattamente delineate. che ricordanoi plastici di cartoncino. non sonointese soltanto come metaforesemantiche, quantunque controllatedalla sintassi di una strutturasuperficiale o anche dalla conoscenzadi uno 'vtile internazionale'. mapiuttosto come la più oggettiva'neutra', rappresentazionecaratterizzante tale strutturaprofonda: in tal senso esse divengonouna metafora vintunica."(Pctcr D. Fi..,cnman, /JuII'OKJ.:l't1o al/arela iionaìn à: la ('aH1 del Pau;" diI erraum, "(",,,hcll,," .l44, gcnn.uo 1970)

Page 18: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

cmiotica l'architettura: clrmcnti per 11I1 diliattito

rrnato e l'articola/ione di "unità minime",icè di veri e propri segni elementariell'architettura (il costruito o un suoegrnento riconoscibile, l'elemento portatorei una "funzione architettonica" o lanfigurazione geometrica clementare?)l'identificazione di "significatirchitettonici" veicolati in maniera più ocno complessa dai loro significanti. l dueroblemi così formulati sono

nscindibilmente connessi e risentonoeninteso a loro volta di un clima culturale

In cui si discuteva, per esempio, se illinguaggio filmico disponesse di due o trearticolazioni ...

Si tratta di un modello teorico cherealizza una specie di acritico imperialismodei concetti della linguistica e che ha

ostrato ben presto i suoi limiti c la suaostanziale sterilità. Analisi in termini di

unità elementari, alberi cornponenziali,diversi livelli di articolazione non evitanoioè il rischio della metafora, dicono assaioco dell'architettura che sia rilevante

rispetto ai comuni criteri episternologicidi falsificazione, ecc.) e anche rispetto alla

pratica progettuale.E contemporaneamente corrono un

altro rischio, opposto solo in apparenza,quello di suggerire un 'immagine oun'ideologia dell'architettura, in terminiformalistici, di puro visibilismo,combinazione fine a se stessa di elementi dienso che non rispondono ad altra

sollecitazione se non alla loro"grammatica". Si badi: la combinazione frascmiotica dell'architettura c formalismonon è né necessaria né teoricamentemotivata; al contrario si tratta di unfenomeno di aggregazione culturale che inquanto tale denuncia però limiti c problemidi una corrente di pensiero. Fra questiil principale è quello che concerne i rapportifra l'apparato comunicativo dell'architetturae la sua logica funzionale, la suacaratteristica tensione a individuare bisognitraducendoli in funzioni, definendonequindi anche una dimensione formale.

Non che la serniotica dell'architetturaabbia ignorato la dimensione funzionale;c'è stato al contrario chi ha teorizzato che isignificati architettonici fossero appuntofunzioni, più o meno concrete, a secondadel loro diverso grado di astrattezza egeneralità. Ma il tentativo di applicareall'architettura la massima barthesiana dellatrasformazione sociale delle funzioni insegni di se stesse, applicata all'architettura,rischia continuamente di rovesciarsi nelsuo inverso: attribuire a ogni elementoarchitettonico una funzione segnica porta aporre delle funzioni (prime, seconde,simboliche, tecniche, abitative) che in realtànon esistono isolatamente; le funzioni!significati sono prese per dati, con unagerarchia formale che non risponde affatto

t S. /t!II0, I"t'remd.2 L A1in rutl der Roh c:Casa Tug endhut , Brno,

Gillo Dorfles"Bisogna distinguere tra quel tipo discmiosi architettonica che siaintenzionalmente semantica e quellache lo sia non intenzionalmente;ossia casualmente o comunque senzavera intenzionalità e consapevolezzada parte dell'architetto. L'importanzadi questa distinzione risulta rilevanteanche ai fini d'una successivainterpretazione dei singoli monumentiarchitcttonici.

Vediamo come si verifichi ilprimo caso: suppiurno ad esempioche, nella basilica protorornanica,buona parte degli elementi costitutivisono rifcribili a precisi motivisacramentuli per cui, a mo'd'esempio: le pietre stesse dellachiesa sono identificate con i fedeli',ald;ll i con il cemento della carità';o le colonne rappresentano gliApostoli, la sacrestia il grembo dellaVergine dove Cristo ebbe a rivestirel'abito di carne, allo stesso modo dicome il sacerdote riveste i pararnentinella sacresti.i l'Sacrarium in quasaccrdos vestes induit, uterurnsacratissirnue Mariae significar inquo Christus se veste carnis induit'].E sappiamo persino come ladeviazione nell'asse di parecchiechiese medievali sia stata spiegata conla inclinazione del capo del Cristocrocifisso (inclinatio capitis). Taliesempi potrebbero ovviamente esseremoltiplicati all'infinito e applicati amolte costruzioni religiose di tuttii tempi.

Ecco. dunque come in questo casol'architetto (o chi per lui) ha laprecisa volontà di costruire l'edificioin base ad una prestabilitascrnanticità istituzionalizzata e basatasopra u n codice iconologico benpreciso. 1 ... 1

Nel secondo caso invece, lasemanricità dell'edificio e delle sueparli cosriìutivc snrà solooccasionulrncntc lale e comunquenon risponderà a precise intenzionida parte del costruuore."(Grl!o Dorflcs, Valori tconologici t'sennottci in architettura, "Op. cu.", 16,19M')

2

Cesare Brandi"Se non fosse esistita l'architetturaclas sica. dove c'è l'iIIu ione di uncodice con una nornenclatura pre isa,c quindi dalla parola si crede potererisalire al segno architeuonico, nonsarebbe stato possibile neanchetentare di ipotizzare un segnoarchitettonico [ ...1

Ma questa inafferrabilità delsegno architeuonico era prevedibilesolo che non si cercasse il forzatoparallelismo con i linguaggi verbali.r così che l'inaff'crrabilitù del segnoar hitettonico da niente può esseremeglio dimostrata che dal tentativodi De Fusco, di covtruir lo in modopuntuale come un analogon del segnolinguistico. Interno ed esterno osono delle carntt eristiche fenomenichedi un edificio e anche di qualsiasicostruzione che non aspiri ad esserearchircuurn. oppure vanno ivtruitiformalmente come condizioni stesseinseparabili della spazialitàarchircttonica. In quanto tali po'sonoruppreseruare il tema speciale diun'architet iuru impiantata osull'esterno o sull'interno, ma aconJizione che nellinrerno si trovianche l'esterno e viceversa. Prendereesterno e interno, come ha fattoDe Fusco, volendo assimilarel'esterno al significante e l'interno alsignificato, è compiere un'operazioneabnorrne che partendosi dal segnolinguistico non tiene conto dellastruttura basilare che è di essere,come ha formulato Hjelrnslev,biplanare e non conforme. InoltreDe Fusco privilegia l'il/temo arappresentare il significato basandosisu una lontana asserzione di BrunoZevi, come esplicitnzionedell'architettura attraversol'architettura di Wrrght, per cuil'interno soltanto sarebbe il temadell'architettura. con la conseguenteenorme ripulsa, come architettura,del tempio greco. per collocarel'esterno nell'urbunisrica. Come direche la sintassi non fa parte dellalingua."(Cesare 8randi. Teoria generale dellacritica. Einau di, Tonno 1974)

Page 19: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Semiotica e archi/e/tura: eleme nti per uri dibottito

al loro ordine progettuale. Del resto taletendenza non è affatto generale: c'è statoanche chi ha eluso il problema in manieracosì radicale da mutilare la nozione stessadi architettura, limitandola a quei casi in cuil'apparato formale e comunicativo (cioè,per dirla con chiarezza, estetico) dell'oggettofosse sufficientemente sviluppato eautonomo da consentire un'analisipuramente linguistica. E qui i rischi diestetismo, di idealismo, di formalismo nontrovano più freno e un discorsoapparentemente nuovo nasconde a malapenatendenze costanti della nostra cultura.

Eppure il tema di una considerazionesemiotica dell'architettura è tutto qui: nonun'analisi velleitaria e verbalistica del"linguaggio" architettonico (cheprobabilmente non esiste come linguaggio,ma come pratica culturale comunicativa piùambigua e sfumata) ma una definizione delmeccanismo progettuale, della tran izioneche l'architettura opera fra diversi livelli direaltà sociale, dei criteri di razionalità diquesta operazione di comunicazione internaal corpo sociale.

3 I .. Mies )'(ln der Roh e :Padìuìurne t cd evcoUU't'\PO\I:ltJIII'

tnt ernartrmale diBarreììona di'I /929.4 Antoru Goud i , CamAI11C1. Barccltona,5 Andrea Paltadio: Palaz:oValmarana, VI'Ct'IJ:a.

J

Giovanni Klaus Kocnìg"La casa presentata da Ludwig M icsvan der Rohe all'esposizione diBerlino del 1931 - che è una tappafondamentale nell'affermazione delmovimento moderno, e come taleriportata in ogni testo di storiadell'architettura moderna -, come èpossibile sostenere che essa fosseuna casa, dal momento che: a) stavain un padiglione; h) era costruita inlegno e tela; c) non fu mai abitata danessuno; d) fu distrutta dopo quindicigiorni?

Come oggetto in sé non è dunquemai esistito: come la fantomaticaTuck er, automohile mai e\i\tita senon con un simulacro senza motore(con Il quale venne truffata rnczvaAmerica). Con quale diritto questacasa di M ics è passata daprotagonista nella storia delmovimento moderno? Evidentemente,non come oggetto, ma come larappresentazione di sé, bloccata etrasmessa in seguito con disegnie fotografie. Ma questarappresentazione non comunicavacome comunica un oggetto d'uso, enon era nemmeno una scenografia,cioè una forma che rappresentaun'altra forma (un mucchio di

cartapesta illuminata che si trasformain una scogliera): era, con tuttaevidenza, la rappresentazione di unmessaggio archico emergente, connuovi choremi spaziali significanti.

Il segnale comunicava un modonuovo e sconvolgente di concepiregli spazi dell'abitazione. Ilsignificante era lo spazio (pocoimporta se 'mimato da teloniimhullettati su quattro cantinelle dilegno), ed il significato stava nelmodo anticonvenzionale col qualeerano concepiti i rapporti umaniall'interno della casa [... 1.

Di solito si accoppia questa 'casache non fu casa' con il padiglionc di.Barcellona, di due anni prima,accolllllll,lIldll le due oper c ,otto unaidentità dI linguaggio. Grave erroresemantico: se gli arch emi sono simili,i cltorcmi non lo sono affatto.II padiglione di Barcellona hapurtroppo un significato avsaiambiguo: l'antinazismo tardivo dellacasa berlinese (quasi un rigurgito diespressionismo) non si ravvisa invecenei gelidi spazi harcellonesi,illusoriamente 'oggettivi'."

(Giovanni Klaus Kocnìg, Architettura eco""ultca:ione, Lcf, l-rrcnze 1970)

.J

Emilio Garroni"E chiaramente un assurdo, anche allivello di una considerazionesommariamente tipologica(anch'essa possibile solo in sensoformale), ridurre il tempio greco o latradizione classicistica in generalead una mera combinazione dielementi materiali e macroscopici enello 1//'.1.1"0 tem pr» invarranti. Citi chedavvero è il/variante, a rigore, nonè e nOI/ può essere l'elementonuttcrialr (che sarà, semmai, in certicasi, materialmente simile, o moltosimile ad aItri elementi materiali),ma piuttosto le sue componentiformali, essendo (fu ella suscct tibil c divariare, e pe ncralntente variandoanche di [atto, nella suaconjiunrurione, ne/le di mensioni, ncll eproporzioni, nella distribuzione dellesue pur ti 1 ... 1

l nol tre, rispetto ad altri esempiopportuni di opere urchitcttonichc(come l'invaso fluente di una chiesabizuntina, la facciata concavo-convessa di un edificio barocco, unatortuosa parete di Gaudì),un'ill usionc simile I/Ol! dovrebbe perla verità neppure affacciarsi. Qui lacontinuità delle materiali flessioni emodulazioni architetloniche ètrionfante e talvolta - come nel casodi Gaudi - programmaticamt.!ntenon-istituzionalizza bile a livellomateriale e fortemente opposit iva neiriguardi dei codici tradizionalidell'urchitcttura, e in particolareproprio di quella classicistica. Mac'è di più, SI! Gaudì può far pensareche ci si t rovi di fronte ad un casolimite, di non-architcuurn (cn.u urulrncnte non è covi) li di.u chitcuuru priva di ogni riscontropossihile, qualcosa di assolutamenteunico (e neppure questo è vero),l'urchiicuura barocca ha invecerupporri evidentissimi ed espliciti, purnella sua trionfante continuità, conla pscudcsdiscrezionc (materiale)clasxicist ica."

(Errnlio Gurronì, Progetto d, semionca,laterza. Bari 1972)

5

Renato De FIISCO, Vluria LuisaScalvinis , on c'è dubbio che il Significatopaesistico della Rotonda sia stato unodei motivi ispira tori della suaconformazione. Parliamo disignificato, giacché non si tratta inquesto caso di una fabbricafelicemente ubicat.i e dal cui internosia, nei modi usuali, visibile ilpaesaggio circostante: bensì di unedificio in cui la visibilità pacsisticapenetra dalle quattro direzioni nelnucleo 'pazla!.: pIÙ interno csemanticamente più ricco,conformandolo non in Vista di unadirezione privilegiata. ma di una'universalità' di prospettive.concorrendo quindi a determinare unparametro e una ragione d'esseredella 'rotonda' centrale.

Per quanto concerne la relazionedella Villa Capra con l'ambientecircostante, ci dobbiamo richiamare aquanto in precedenza abbiamo dettosul valore urbanistico delsignificante: questo determina, conla sua faccia interna, il significato ascala architettonica, e contribuiscecon la sua faccia esterna aconformare un altro interno-significato. quello a scala urbanistica.Ciò si verifica esplicitamente peri palazzi di città: si pensi agli edificivicentini così legati allaconfiuurnzione urbanistica. in cuiogni esterno è l'interno di qualcosa,di una piazza per il palazzoChier icati, di una strada stretta peril palazzo Val ma rana. Vicever 'a, perquanto attiene alle ville, e allaCapra in p.rrticolarc. le facciatecosj ituixcuno un esterno in sensoassoluto, perché delurutuno i segniar chitettonici separando nettamentel'artificio costruuivo dall'ambiente din.uuru. Ma questo stesso artificio[.,.1 nella Rotonda è ridotto alminimo, quanto basta cioè perraccordare la villa all'altura su cuisorge. "

(Renato De Fuscc - Maria Luisa Scalvini,Siuniìicarui e .ligniftcali della Rotondapalladtana, "Op. cit.", t 6, t969)

Page 20: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

Intervista con Vittorio Gregotti

TIlinguaggio dell'architettura

Architettura come linguaggio: facciamoun bilancio dieci anni dopo l' esplosione diuna moda. Cosa ne pensa uno dei pochiarchitetti che a suo tempo se ne siaoccupato? E quali erano allora (e oggi, serimangono) le motivazioni del SIlO interesseper il tema?

L'interesse per il linguaggio è credoovvio in ogni architetto se con questosi intende la tendenza a costruire un insiemedi segni coerenti e pre si nel propriolavoro, ma credo che la domanda alluda piùspecificatamente al linguaggio comecomunicazione, alle tecniche per il suostudio ed all'interesse molto vivo all'iniziodegli anni Sessanta per considerare ancheil linguaggio dell'architettura da questopunto di vista.

In quegli anni credo sia stato soprattuttoildibattito sul rapporto ideologia-linguaggio, la polemica contro la deduttivitàdel secondo dal primo, l'interesse a ritrovarequindi uno specifico disciplinare nellatradizione della prima avanguardia,a spingere alcuni di noi a lavorare sui ternidellinguaggio e ui suoi strumenti: unlavoro che si è svolto soprattutto a contattocon i giovani letterati e critici che avrebberopoidato vita aì Gruppo 63; si discutevamoltodi Sklovskij, del formali mo russo,del "new critici m" americano.

Nel nostro campo specifico stavanocadendo alcune illu ioni generose comel'a pirazione ad adottare un largo contattocollinguaggio popolare; stavano cadendouna serie di protezioni extradisciplinari;la fuga sociologica, la fuga nella grandedimensione, l'idea che le autentiche decisionifos ero 010 quelle urbani tiche e laconseguente svalutazione sull'importanzaculturale delle scelte architettoniche.Stonaturalmente semplificando un percorsocheera meno lineare, più compie so, epienodi influenze diverse. Per e empio nonvadimenticata l'influenza teoretica5

~----------------------~----

esercitata su questo dibattito dall'areadella Ienomcnologia e dal dialogo che lafenomenologia aveva aperto con ilmarxismo in quegli anni.

I! discorso semiologico è stato vissutoda me e da altri come discorso strumentaleagli effetti del rovesciamento del rapportotra ideologia e linguaggio cui accennavo.La differenza fondamentale fra la tendenzacui ci richiamiamo e quella rappresentataper esempio oggi dagli americanidell'Advanced Studies di provenienzachomskyana è che noi siamo sempre rimasticentralmente preoccupati dal problemadel significato, mentre gli americani si sonoconcentrati sui fatti puramente sintattici,nella speranza di fondare un linguaggioassolutamente formale dell'architettura.

Tutto sommato il discorso intrapresoa partire dalla Triennale del 1963-64 nelmio caso non si è mai troppo distaccatodall'idea che csisjc per l'architetturaun materiale concreto e che l'ordinamentodi questo materiale deve avvenire attraversoalla forma che lo orienta e gli conferiscesenso.

Devo ammettere dall'altro lato che, perme, l'interesse per la serniologia è semprefiltrato attraverso un'ottica letterariapiuttosto che attraverso l'applicazionediretta all'architettura, cui ho semprecreduto in modo limitato.

Non credo infatti alla rifondazionedell'architettura come pura struttura formale,né d'altra parte alla sua scomparsa:l'architettura, mi scuso per la miaortodossia, lavora sui rapporti di produzioneconcreti, dentro a sistemi tecnici e dimercato, in contesti specifici e fisici. Senzaquesti materiali la pura struttura formalenon è in grado di ordinare un bel niente,cioè non è in grado di costituirsi comearchitettura, che è sempre attribuzionedi significato, attraverso la costituzione dellafigura e delle sue regole materiali prescelte.

-~~~j.:;-,- ""5t.:-.~~",=--- 8.~'A·~·

- .(~~~ ~.~

4

___________ ~ L_ _

Page 21: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

L'architettura è certo anche una formadell'immaginario e le sue qualità piùdurevoli si collocano quasi sempre in unsottile spessore di equivoco, o di ingannotra committenza e progetto: ma senzaquesto scontro siamo probabilmente in unaltro terreno delle attività creativc.

Le generazioni che seguono la mia sonomolto dotate, in quei pochi esempi notevoli,di talento disegnativo: abili a creareimmagini, nell'articolare linguaggi, abilinel comporre e scomporre, nell'analizzaree disporre. A prezzo tuttavia di sembraremoralistico, io credo siano oggi necessarianche dei ge ti di fermezza, nel tentativodi costituire punti di riferimento su unterreno noto. 1:: ciò che penso avvengaindispensabilmente utilizzando il faticosospessore dal progetto alla realizzazione,e quindi essendo in grado di dominare laricchezza del lavoro paziente e lacomplessità delle materie che locompongono, in una parola lo scontroreale. In quanto ai processi decisionali dicostruzione della città (o della campagna)essi restano certo soprattutto al di fuoridell'architettura ma solo e sempre per mezzodi questa, buona o cattiva che sia, sirealizzano. La realizzazione non è maievidentemente pura esecuzione o purarappresentazione, come abbiamo detto, edessa si costituisce in ogni modo comenuovo reale, come materiale per ognisuccessivo progetto.

Poiché insisti molto sugli aspetti disignificato del discorso architettonico, qualisono oggi secondo te questi aspetti, qualimiti generali dominano il discorsoarchitettonico?

Certo l'architettura come momento dicoordinamento sociale e produttivo èun'utopia generosa da cui abbiamo trattonon poche delusioni, ma anche grandi opere:come dal socialismo utopistico. Ed è purvero che essa seguita a rispecchiare in granparte il mito del coordinamento socialee produttivo come pacificazione sociale,anche se ha cessato da tempo di illudersi dideterminarlo.

Certo bisognerebbe interrogarsi sullaqualità di quel mito, chiedersi sel'architettura insieme ai suoi compiti

,~. v,,...,_

6

7

//

-------- "'- -/' -» *:4 _·A~.

--~- - -.-'-

fatalmente positivi non debba introdurre(ed in qualche modo lo abbia semprestrutturalmente fatto) anche i granelli dellapolvere del dubbio radicale, nelmeccani mo i tituzionale a cui è fatalmentelegato il processo della ua produzione;se essa non produca o contrabbandi ernpreuna quota di pensiero negativo, evochi ciòche non è in alcun modo pre ente.

Tale pensiero negativo è oggi,probabilmente, molto 'più legato ai processidi rappresentazione di una soggettivitàautentica, di una socialità non storicistica,legato al ritrovamento della terra e delcielo, del toccare e perimentare, piuttostoche alla razionalità dei programmi dicoordinamento: tuttavia con taliindispensabili programmi bisogna fare

• i cont.. sono un elemento strutturale delpaesaggio sociale anche se non sonopiù un mito.

Proprio perché credo, nell'architettura,alla necessità di una tensione ideale,penso che quei miti, sino a quando sonorimasti autenticamente tali, non abbianoaffatto determinato declini negli strumentidisciplinari: il declino comincia quandoil mito diventa semplicemente mezzopraticistico del fare professionale, senzasostituirlo con nuove tensioni come oggiavviene; oppure quando esistono tensioniideali che non riescono, come oggi avviene,a prendere contatto con la tradizionedella disciplina.

l,2 V. Gregot ti , L. Menegbettì, G. Stoppino, P. Brivìo:XIII Trìennuìe eli vt ilano, /96.1. Sala det contemrori tprospet uva assonometrica del Catevdoscopio,3 V. Gregot u, G. Pollini, G. Caronia' .Vuoli dipartimentidi Scien;e deìl'Urnversirà di Palermo. 1971.4 V. Gregot u, l'.L. Cern, P.L. Nicoun, H .. viatsut:Negozio a vt itano, /976.5 V. Greuotti, P.L. Cerri, P.L. Ni colin, H. Marmi.lJ. Viganò. R. Cecclu: Centro amnnmstrativo a Laehouat(A Ieeriav , 1976.6, 7. H V. Grruot n, P.L. Curi, P.L. Nicolin, H. Matsut:Casa a Nrrv ara, 1977.

'- ..•..

)

Page 22: casabella n. 429, 1977, pp. 09-30. Architettura e linguaggio

IIlil/~III1~~io dcll'nrchitrttura

I V. Greuottt, Il. Matsut, IJ Viganò, 1-:. Bat nsìì, F. Puri m :Università degli studi della Calabria, /971.2 V. Gresouì, P.L. Cerri, Il. Morsut, P.I .. Nicoìm,B. Vìganò : Piano di zona n. 2 in Comune di Cefalù, /977.

q

'" -----

1

....r{' \,

~V

Secondo te che tipo di uso è stato fattodel discorso semiologico applicatoall' architettura?

Credo che siano nati due filoni diversifra loro, che non si sono mai ricongiunti.Uno ha utilizzato in senso critico lasemiologia dell'architettura, cadendo però intrappole idealistiche anche vaste. Magariè anche riuscito a fare qualche scoperta, macon alla base l'idea della restituzionedell'atto puro, della nozione di arte perl'arte. t il filone che va da De Fusco a Zevi,e che mi pare abbia prodotto il maggiornumero di equivoci, Un secondo filone hafinito per convogliarsi nell'alveo dei lunghiragionamenti sull'autonomia dellaarchitettura. Nessuno dei suoi rappresentantisarebbe disposto a riconoscerlo, ma lastrada da essi percorsa, anche Se non èpassata direttamente attraverso problemisemiologici, ha ereditato dagli studisulla questione del linguaggio il propriopiano di distacco. Per quanto riguarda ilproblema dell'autonomia dell'architettura,ci sono motivazioni complesse che nonvoglio sottovalutare, ma un certo interesseper la preminenza linguistica è quic ntrale: ed ha prodotto attorno spesso lanecessità di soluzioni stilistiche unpo' affrettate. •

Il gruppo di persone che ha lavoratocon me ha spostato invece il propriointeresse negli ultimi dieci anni verso il temadell'ambiente, che certo si è prestato a grossiequivoci ma ha anche aperto molte nuoveindagini sul processo linguistico.

Va chiarito una volta per tutte chequesta nozione di ambiente non è un sistemain cui dissolvere l'architettura, un pittoresco,ma al contrario un materiale portante ilprogetto architettonico, anzi, attraverso le

nozioni di sito e di principio insediativo,il materiale essenziale dell'operarearchitettonico.

In grado di agire quindi a tutti i livellidimensionali, ma più chiaramenteproduttivo alle grandi scale, piùevidentemente didattico, per la presenzadi un'alta quantità di materiali eterogeneie per la strategia.

II gruppo che ha lavorato sul temadell'autonomia dell'architettura ha tentatouna riduzione del sistema di relazionitecniche, economiche, distributiveall'edificio, al controllo formale della scatolamuraria. Secondo noi, invece, proprioperché l'applicazione avviene ad altrolivello di complessità, il tentativo diriduzione era impossibile: si metteva in

.prirno pano la questione della relazionee lo stud.o quindi del linguaggio di questerelazioni: prima di tutte con il circostante.

Questo processo dà difficilmentecome risultato uno stile.

Capisco che in un momento di graveincertezza coloro che hanno fornito sistemilinguistici stilisticamente chiusi abbianoavuto un successo didattico importante. Chicome noi lavorava sul processo c sullarelazione non poteva dare formuletrasferibili facilmente. Abbiamosemplicemente scoperto che è pos ibileleggere gli universi arnbiental i dal punto divista architettonico, considerare comeclassi architettoniche insiemi di cose maiprima considerate; inoltre l'ambiente (come"U mwelt ", ciò che permette la fondazioneintersoggettiva) ha introdotto nuoviprocedimenti di conformazione dellaarchitettura fondati sulla messa in primopiano dei principi di relazione, diinterdipendenza, di mobilità, di connessionecol luogo, importantissimi per il procederedella disciplina.

Che poi gli strumenti di gestionee controllo dell'universo della metropoli sisiano fatti cornplicatissimi e pesanti.che le difTìcoltà di sopravvivenza abbianopavimentato il nostro quadro quotidiano conbisogni e desideri che producono diversegerarchie, ciò credo non deve confonderei principi. Nella città come nellacampagna si vive in mezzo all'architetturaanche senza vederla: si vivono in unacittà o in un territorio le distanze,le memorie, la fìttezza, gli pessori,i margini, i vuoti, le cose retrostanti: perchéparlare di linguaggio architettonico?Lasciamo queste questioni ai semiologiche traggano, come noi dall'idea che tuttol'ambiente è architettura, delle conclusioniinterpretative importanti dal pensieroche tutto è comunicazione. La cosaarchitettonica ha fortunatamente unapesantezza terrestre e silenziosa che la legaal luogo: è un fatto prima che un mezzo.