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CASO CLINICO “… UN BANALE CASO DI SINDROME CORONARICA ACUTA CON… QUALCOS’ALTRO” Una Residenza per anziani chiama il 118 perché una paziente di anni 77 lamenta da circa 20 minuti un dolore toracico oppressivo e non re- sponsivo al nitroderivato sublinguale, accompagnato da dispnea e sudora- zione algida profusa. Il medico di struttura, che assiste la paziente, dispone anche la somministrazione di ossigeno con occhialini, per desaturazione. La Centrale Operativa fa convergere sul luogo anche l’auto medicalizzata. Il medico del 118 rileva: “murmure vescicolare diminuito con crepitazioni diffuse, giugulari lievemente turgide, non edemi declivi, GCS 15, FC 92/m – FR 18/m – PA 180/90 – SpO 2 93%”. Esegue un ECG, a 12 derivazioni che evidenzia sottoslivellamento del tratto S-T nelle derivazioni D 2 -V 4 -V 5 -V 6 e trasmette, come da protocollo, il tracciato al cardiologo di competenza per eventuale centralizzazione della paziente al laboratorio di emodina- mica: “non indicazione alla PTCA – portare la paziente all’ospedale spoke”. Il medico somministra ASA e furosemide 40 mg ev e segnala nella sche- da che la paziente è affetta da diabete mellito ID con nefropatia diabetica, ipertensione arteriosa, valvulopatia aortica e che è in terapia con insulina, diuretici, nitroderivati, ipotensivi. Lo stesso medico dell’auto medicalizzata si fa carico della paziente in Pronto Soccorso; qui viene riferita anche la presenza di diarrea da alcuni giorni, rilevata una febbricola (37,2 °C) e confermati i parametri già pre- cedentemente rilevati. La paziente è cosciente, ma scarsamente collabo- rante, polipnoica e dispnoica; presenta mucose e cavo ascellare asciutti e ul- cera diabetica al piede dx; confermati i rumori umidi al torace, non emer- gono altri dati obiettivi significativi a carico degli altri apparati. Caso clinico 211

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Page 1: CASO CLINICO... UN BANALE CASO DI SINDROME

CASO CLINICO

“… UN BANALE CASO DISINDROME CORONARICA ACUTA

CON… QUALCOS’ALTRO”

Una Residenza per anziani chiama il 118 perché una paziente di anni77 lamenta da circa 20 minuti un dolore toracico oppressivo e non re-sponsivo al nitroderivato sublinguale, accompagnato da dispnea e sudora-zione algida profusa. Il medico di struttura, che assiste la paziente, disponeanche la somministrazione di ossigeno con occhialini, per desaturazione.La Centrale Operativa fa convergere sul luogo anche l’auto medicalizzata.Il medico del 118 rileva: “murmure vescicolare diminuito con crepitazionidiffuse, giugulari lievemente turgide, non edemi declivi, GCS 15, FC 92/m– FR 18/m – PA 180/90 – SpO2 93%”. Esegue un ECG, a 12 derivazioniche evidenzia sottoslivellamento del tratto S-T nelle derivazioni D2-V4-V5-V6e trasmette, come da protocollo, il tracciato al cardiologo di competenzaper eventuale centralizzazione della paziente al laboratorio di emodina-mica: “non indicazione alla PTCA – portare la paziente all’ospedale spoke”.Il medico somministra ASA e furosemide 40 mg ev e segnala nella sche-da che la paziente è affetta da diabete mellito ID con nefropatia diabetica,ipertensione arteriosa, valvulopatia aortica e che è in terapia con insulina,diuretici, nitroderivati, ipotensivi.Lo stesso medico dell’auto medicalizzata si fa carico della paziente in

Pronto Soccorso; qui viene riferita anche la presenza di diarrea da alcunigiorni, rilevata una febbricola (37,2 °C) e confermati i parametri già pre-cedentemente rilevati. La paziente è cosciente, ma scarsamente collabo-rante, polipnoica e dispnoica; presenta mucose e cavo ascellare asciutti e ul-cera diabetica al piede dx; confermati i rumori umidi al torace, non emer-gono altri dati obiettivi significativi a carico degli altri apparati.

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Un destrostik documenta una glicemia di 222 mg/dl; al cateterismo ve-scicale fuoriescono solo 80 cc di urine concentrate: lo stik documenta gli-cosuria marcata, peso specifico di 1030 e PH di 5. Al controllo ECGrafico:non variazioni sostanziali rispetto al tracciato eseguito al domicilio. L’EGA(con O2 in ventimask al 31%) è la seguente: PH 7,10 – pCO2 49 – pO2 56– HCO3

– 16,8 – lattato 3,2 mmol/l.È evidente che la paziente è disidratata ed ipoperfusa, nonostante i va-

lori pressori elevati. Una franca disidratazione associata ad un PH ematicoacido è fortemente indicativa di ipovolemia! La grave acidosi è mista (me-tabolica e respiratoria: il compenso respiratorio atteso avrebbe dovutoportare i valori di pCO2 a 31-32); lo scambio è compromesso (rapportoP/F < 200). La presenza di lattato, espressione del metabolismo anaerobio,può produrre effetti disastrosi nei pazienti con:1) diabete ed insufficienza renale cronica (diminuzione della sensibilità al-l’insulina, dell’uptake cellulare di glucosio, della clearance epatica dellattato, aumento della kaliemia);

2) scompenso cardiaco (diminuizione della contrattilità, della soglia di FVe della risposta alle catecolamine, con contemporaneo aumento dellasensibilità alle aritmie da rientro);

3) insufficienza respiratoria globale (aumento del drive respiratorio, del-la vasocostrizione polmonare, dell’affaticamento della muscolatura ac-cessoria). La nostra paziente è portatrice di tutte queste patologie.La ecografia d’urgenza documenta:

1) polmoni: linee B o code di cometa aumentate di numero e confluenti(edema interstiziale);

2) VCI: minima variabilità agli atti del respiro del Ø della vena cava infe-riore (2 cm di Ø) che potrebbe, con buona approssimazione, indirizzaread una PVC di ~ 13-15 cm di H2O;

3) cuore: contrattilità miocardica compromessa (ipocinesia evidente dellaparete anteriore). Il pattern ecografico della VCI è conseguenza dellaridotta contrattilità miocardica e, in questa circostanza, non fornisce al-cuna informazione circa la volemia della paziente.La pompa ventilatoria è in fase di evidente cedimento (aumento della

pCO2 quale conseguenza della muscolatura ipoperfusa e/o affaticata); siimpone un immediato “aiuto respiratorio” non ulteriormente rinviabile:la ventilazione meccanica immediata. Ma il conseguente aumento dellapressione intratoracica riduce il ritorno venoso, che, in una paziente già

212 La ventilazione meccanica non invasiva

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ipovolemica, potrebbe riflettersi pesantemente sull’output cardiaco, dimi-nuire il trasporto di ossigeno (DO2) e potenzialmente peggiorare la perfu-sione cellulare.Le priorità sono due: perfondere e ventilare.Si decide:

1) di ventilare con NIV la paziente (PEEP 5 cm H2O e PSV a crescere 12-14-16-18 cm), ma

2) di infondere simultaneamente e rapidamente liquidi (2000 cc di fisio-logica in 1 ora).Sappiamo così:

a) di fornire un “aiuto” ai muscoli del respiro, scaricandoli di una partedel lavoro;

b) di fornire un “aiuto” al muscolo cardiaco (diminuizione della pressionetransmurale e quindi del post-carico ventricolare sn);

c) di ridurre il possibile rischio di incidere negativamente sul trasporto diO2, senza ulteriormente compromettere la possibile ipoperfusione dia-frammatica. Tutto questo purché la paziente si fosse immediatamentesincronizzata con il ventilatore.Con un giusto approccio si riesce a fare accettare alla paziente la venti-

lazione in maschera, ottenendo un immediato sincronismo paziente-mac-china.A riguardo tornano utili due riflessioni. La prima: nel caso in esame la

NIV assume di fatto il significato di provvedimento salvavita: non può es-sere procrastinata; tuttavia in una condizione di ipoperfusione generaliz-zata, e quindi anche del diaframma, il contrasto tra paziente e ventilatorepotrebbe far precipitare la “debolezza/fatica” del muscolo verso una fase dinon ritorno. Vanno sempre evitati gli sforzi inefficaci (Fig. 1), soprattut-to in condizioni di instabilità emodinamica: nella figura di riferimento, al-le contrazioni diaframmatiche segnalate dal cerchietto non corrispondené passaggio di flusso né aumento della pressione intratoracica (sforzi inef-ficaci: ovvero inutile dispendio energetico da parte di un diaframma che nonriesce ad innescare un atto inspiratorio “supportato” dal ventilatore). Èevidente che risulta di notevole importanza:a) la scelta dello strumento giusto;b) il proporsi con il giusto approccio;c) l’essere padroni della metodica che non va mai improvvisata nel pa-ziente critico.

Caso clinico 213

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La seconda riflessione: nella paziente in esame poteva essere impiegata laCPAP, metodica più semplice che non richiede sincronia paziente-macchina?Era presente una acidosi respiratoria: la pressione parziale della CO2 nel san-gue arterioso non “appariva” particolarmente elevata (pCO2 49), ma, comegià rilevato sopra, il gap (tra dato riscontrato e dato atteso) risultava eleva-to. E comunque: l’elemento fisiopatologico predominante nel quadro clini-co era la perfusione diaframmatica pesantemente compromessa; una condi-zione di ipossiemia da shunt (desaturazione, rantoli crepitanti diffusi e linee“B” all’eco), altra possibile causa di insorgenza di ipercapnia (vedi l’EPAipercapnico), anche se presente, non era particolarmente grave (l’ossigeno-terapia in ventimask aveva consentito già da sola una sufficiente saturazio-ne in ambulanza). La ipercapnia arteriosa derivava dalla “debolezza/fatica”del diaframma ipoperfuso, più che da una elevata quota di shunt (alveoliparzialmente occupati da trasudato/essudato). Pertanto la CPAP avrebbemigliorato la ossigenazione, reclutando alveoli e riducendo la “non rilevan-te” quota di shunt, avrebbe aiutato il muscolo cardiaco, ma non avrebbe po-tuto fornire alcun “aiuto” al diaframma in sofferenza metabolica.Ritorniamo al caso clinico. Gradualmente si rende possibile ridurre la FiO2impostata, nella fase iniziale sul ventilatore, al 30%. Si infonde in pompafurosemide a basso dosaggio (1 mg/h). Nel giro di 15-20 minuti circa la

214 La ventilazione meccanica non invasiva

Figura 1 – Sforzi inefficaci.

Paw(cmH2O)

Pdi(cmH2O)

tempo (s)

V.

(l/s)

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paziente riferisce un miglioramento soggettivo; i rumori umidi polmonarisi attenuano, fino a scomparire dopo circa un’ora.Il laboratorio rileva: GB 22.000 (di cui il 93% neutrofili) – PCR 48 –

Urea 127 – Creatinina 2,78 – Troponina T 0,14 (in rialzo ulteriormente fi-no a 1,26 ai successivi controlli) – Na+ 144 – K+ 4,8 – Ca++ 9,6 – Cl– noneseguito. La radiografia del torace, eseguita più tardi, documenta “imbibi-zione interstiziale diffusa, versamento pleurico dx e focolaio bronco-pneumonico dx”.I controlli emogasanalitici a 30, 90 e 150 minuti di distanza dalla prima

EGA documentano:

Caso clinico 215

base a 30’ a 90’ a 150’

PH 7,10 7,16 7,18 7,22pCO2 49 46 44 38pO2 56 73 100 100HCO3

– 16,8 16,8 16 15,4Lattato 3,2 2,4 mmol/l 2,1 1,1

FiO2 31% 26% 26% 24%PSV/PEEP PSV/PEEP PSV/PEEP

A circa un’ora dall’inizio della terapia ricompare la diuresi.Al monitoraggio ecografico (dopo circa un’ora) sono scomparse quasi

totalmente le “strie B o code di cometa” (riduzione della imbibizione inter-stiziale), ma soprattutto ci “sorprende” la presenza di una vena cava inferio-re di Ø ridotto (circa 1,5 cm) che tende a collassare in fase inspiratoria: ilmiglioramento della performancemiocardica ha portato evidentemente al-la riduzione della imbibizione polmonare e della PVC che ora potrebbeaggirarsi attorno a valori di 1-2 cm di H2O circa, nonostante la rapida egenerosa “infusione” effettuata e l’aumento delle pressioni intratoraciche,consequenziali alla ventilazione meccanica. Questa ci è sembrata esserel’unica possibile interpretazione fisiopatologica congrua con la variazionecontemporanea vuoi dell’imaging ecografico vuoi della clinica. Questa voltail pattern ecografico della VCI è fortemente indicativo di ipovolemia. Sideve continuare ad infondere, ma l’evoluzione del quadro clinico con-sente, adesso, di farlo lentamente.

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Dopo circa 3 ore dal suo arrivo in Pronto Soccorso, la paziente viene ri-coverata, in accordo con il cardiologo, in Unità Coronarica. Dopo altre 3 oredal ricovero i dati emogasanalitici sono di fatto nella norma e la pazienterespira e satura bene con ossigeno somministrato mediante occhialini; vienedimessa dopo nove giorni con diagnosi di “Sindrome Coronarica Acuta.Focolaio Broncopneumonico destro”.È verosimile che la successione degli eventi sia stata la seguente:

1) la causa prima della cascata è probabilmente riferibile alla diarrea nontrattata, o addirittura sottovalutata, visto che la paziente ha continuatoad assumere diuretici;

2) la febbre, il focolaio broncopneumonico ed il consequenziale scom-penso diabetico, con glicosuria documentata, hanno drammaticamentecompromesso il volume circolante, e quindi il trasporto di ossigeno ela perfusione cellulare (promuovendo quel disequilibrio tra trasporto/consumo/fabbisogno ed estrazione di ossigeno da parte della cellula)(Fig. 2);

3) il rialzo pressorio è da intendere semplicemente come espressione clinicadella tempesta neuro-ormonale messa in atto, quale meccanismo di-fensivo;

4) la condizione di ipoperfusione cellulare generalizzata acquisisce il si-gnificato di terminale ultimo che porta la paziente:a) alla insufficienza coronarica;b) alla insufficienza della pompa ventilatoria;c) alla insufficienza della pompa cardiaca.La NIV è stato lo strumento giusto per “aiutare” un muscolo in soffe-

renza metabolica e, soprattutto, per guadagnare quel tempo necessario perrimettere in ordine volemia e perfusione.

216 La ventilazione meccanica non invasiva

Figura 2.

DO2

O2-demand

V.O2

O2ER

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Perché questo caso clinico a conclusionedel presente lavoro?

L’impiego routinario della CPAP e/o del ventilatore in urgenza non puòsignificare soltanto ottimizzazione degli scambi gassosi. La ventilazione mec-canica non invasiva, diversamente da quanto può accadere quando atti-vata in ambienti e circostanze non particolarmente critiche, se applicata apazienti con “instabilità emodinamica” può favorire effetti non totalmen-te prevedibili, che possono far precipitare ulteriormente il labile equili-brio. La perfetta integrazione tra:a) la piena consapevolezza del possibile rischio legato alla metodica;b) la acquisizione culturale di tutti quei dati clinici che orientano versouna attendibile valutazione dello stato di volemia e perfusione del pa-ziente (Fig. 3);

c) le tecnical skills adeguate ad ottenere strumentalmente un inquadra-mento rapido e non invasivo dello stato emodinamico, costituisce oggiil cardine portante dell’agire del medico d’urgenza. Sempre, nel tratta-mento di una criticità, necessita che il “sapere” si sincronizzi temporal-mente con il “saper fare”.

Caso clinico 217

Figura 3 – Valutazione clinica diperfusione/volemia.

• PA in clino e orto• PA attuale riferita alla PA basale• ∆T°cute periferica• Tempo di ricircolo• Idratazione cavo ascellare• Cateterismo vescicale e diuresi/h• Peso specifico e PH urine• Alcalosi met. e aciduria paradossa• Disidratazione e ØPH sangue• ∆Ø VCI (+eco cuore/polmoni)• Rapporto azotemia/creatinina• Na+ e Cl– urinari• Rapporto Na+/Cl– plasma• EGA e ∆GA/∆HCO3

• LATTATO

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In questa ottica, si vuole proporre a tutti coloro che si avvicinano allaventilazione meccanica non invasiva una sorta di superamento della scola-stica distinzione della insufficienza respiratoria in lung failure e pump fai-lure. La respirazione è un processo “globale” il cui vero ed unico obietti-vo è sempre la ossigenazione della cellula. Ogni medico che si appresti al-la NIV deve sempre chiedersi quale sia il grado di volemia, di perfusionee di ossigenazione cellulare del paziente, soprattutto in condizioni di criti-cità (Fig. 4). A questo scopo è però necessario una sorta di cambiamentodi mentalità, quasi di rivoluzione copernicana: il nuovo baricentro degliobiettivi da perseguire deve spostarsi dalla centralità del torace, ovverocuore e polmoni, alla periferia, ovvero metabolismo e respirazione cellulare.I cardiologi sanno bene come un routinario test cardiopolmonare di un

paziente con scompenso cardiaco cronico documenta la tempistica della so-glia anaerobica, mediante la contemporanea ascesa del lattato e caduta deibicarbonato (Fig. 5). Alla stessa soglia diminuisce nei pazienti con CHFil consumo di ossigeno ed aumenta il rapporto produzione di CO2/consumodi O2 rispetto alla popolazione sana.

218 La ventilazione meccanica non invasiva

Figura 4.

PaCO2PaO2 PVCO2

Lung failure Pump failure Cellular failure

PaO2 PaCO2 lattato (ØHCO3–)

PaCO2 PaO2 [H+]Æ(ØPH)

PVCO2

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Un buon metodo per ogni medico potrebbe essere quello di abituarsi acollocare il paziente da trattare, dopo l’opportuno inquadramento, in unapiccola area inserita all’interno di un triangolo equilatero, ai cui verticivengono rappresentate tre funzioni: la ossigenazione, la ventilazione e laperfusione (Fig. 6). Tutto questo per definire, con la migliore precisionepossibile, la vera priorità terapeutica del paziente in esame, senza mai per-derla di vista: a raggiungere questo prezioso obiettivo è quasi sempre de-terminante una ricostruzione “puntigliosa ed ossessiva” della modalità diinsorgenza degli eventi. Presupposto indispensabile è la “dimestichezza”con gli indicatori specifici caratterizzanti le tre funzioni (Fig. 7):1) la ossigenazione (rapporto P/F – ∆(A-a)O2, – tipo di risposta del pazienteipossiemico alla O2-terapia);

2) la ventilazione (PaCO2 – PH – pattern ventilatorio);3) la perfusione (vari indicatori clinici, laboratoristici e strumentali di per-fusione e volemia, utili alla gestione volemica ed emodinamica del pa-ziente da ventilare).La nostra paziente, oggetto del caso clinico sopra descritto, pur pre-

sentando allo stesso tempo problemi di scambio, di ventilazione e di per-fusione, aveva come priorità assoluta la perfusione, anche se necessitava

Caso clinico 219

Figura 5.

Latta

to(m

m/l)

HC

O3–(m

m/l)10,0

5,0

0,00,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

V.O2 (l/min)

Lattato

HCO3–

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di essere contemporaneamente ventilata ed ossigenata. Il quesito più dif-ficile che ci si poneva era: quanto e con quale velocità infondere, sapendoche la paziente si trovava anche in fase di scompenso cardiaco? La elevatavelocità di infusione veniva imposta dalla attivazione simultanea della ven-tilazione meccanica che, da sola, avrebbe potuto far precipitare gli eventiverso una fase di shock irreversibile, nonostante i possibili benefici attesi, qua-li il miglioramento degli scambi polmonari e della performance cardiaca;la quantità “totale” del rimpiazzo volemico, invece, poteva tranquillamenteessere pilotata dal monitoraggio ecografico.Dal caso descritto si evince chiaramente come l’attivazione della NIV

nei pazienti “critici” richieda sempre e in modo tassativo uno stretto e si-nergico monitoraggio clinico, strumentale ed emodinamico, realizzabileperaltro anche in un ambulatorio di Pronto Soccorso, come lo stesso casoha dimostrato.

220 La ventilazione meccanica non invasiva

Figura 6.

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Caso clinico 221

Figura 7 – Valutazione clinica di perfusione/volemia.

P/F∆(A-a)O2

Risposta all’O2

PaCO2PHPattern vent.

• PA in clino e orto• PA attuale riferita alla PA basale• ∆T°cute periferica• Tempo di ricircolo• Idratazione cavo ascellare• Cateterismo vescicale e diuresi/h• Peso specifico e PH urine• Alcalosi met. e aciduria paradossa

• Disidratazione e ØPH sangue• ∆Ø VCI (+eco cuore/polmoni)• Rapporto azotemia/creatinina• Na+ e Cl– urinari• Rapporto Na+/Cl– plasma• EGA e ∆GA/∆HCO3

• LATTATO