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Universit` a degli Studi di Camerino SCUOLA DI SCIENZE E TECNOLOGIE Corso di Laurea in Fisica (classe L-30) Tesi di laurea triennale Cattura elettronica del Berillio-7 nei plasmi stellari Candidato: Sara Pigliapoco Matricola 090735 Relatori: Prof. Stefano Simonucci Prof. Alessandro Saltarelli Anno Accademico 2016–2017

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Universita degli Studi di Camerino

SCUOLA DI SCIENZE E TECNOLOGIE

Corso di Laurea in Fisica (classe L-30)

Tesi di laurea triennale

Cattura elettronica del Berillio-7 nei plasmi stellari

Candidato:

Sara PigliapocoMatricola 090735

Relatori:

Prof. Stefano SimonucciProf. Alessandro Saltarelli

Anno Accademico 2016–2017

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Indice

1 Introduzione 5

1.1 La formazione dei primi elementi della Tavola Periodica . . . 61.2 I decadimenti radioattivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.2.1 Cenni storici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.2.2 Meccanismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.3 Accenni di Relativitá Speciale . . . . . . . . . . . . . . . . . 111.3.1 Trasformazioni di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . 12

2 Verso la Meccanica Quantistica Relativistica 13

2.0.2 Unitá naturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.1 L'equazione di Klein-Gordon . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

2.1.1 Autofunzioni e autovalori . . . . . . . . . . . . . . . . 142.2 L'equazione di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.2.1 Autofunzioni e autovalori . . . . . . . . . . . . . . . . 162.2.2 Il mare di Dirac . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

3 Evoluzione stellare 19

3.1 Le catene p-p . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.2 Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li . . . . . . . . . . 22

3.2.1 La teoria dei decadimenti beta . . . . . . . . . . . . . 233.2.2 Contributo degli elettroni delle Shell K al rate . . . . 28

3.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

A Gap di Stabilitá e Modello a Shell 35

B L'anomalia del 7Li 37

Bibliograa 38

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Capitolo 1

Introduzione

Lo studio del rate delle reazioni termonucleari che avvengono nelle stelle éun argomento di particolare importanza in ambito astrosico in quanto cipermette di ricavare una grande quantitá di informazioni riguardanti l'o-rigine e l'evoluzione del nostro Universo. In particolare, l'abbondanza del7Li, prodotto in gran quantità nella nucleosintesi primordiale del Big-Bang,risulta non in accordo con le previsioni teoriche, sia nelle stelle che nellospazio interstellare, per circa uno o due ordini di grandezza. Poiché il 7Lirappresenta uno dei pochi elementi prodotti nel Big-Bang la sua abbondanzaè essenziale per la ricostruzione della dinamica primordiale. Uno dei processiin cui il 7Li viene prodotto è la cattura elettronica del 7Be: la velocità didecadimento del 7Be per cattura elettronica è quindi di vitale importanzaper il problema cosmologico. Inoltre, poiché la cattura elettronica compor-ta l'emissione di neutrini, il decadimento del 7Be è importante anche nellostudio dei neutrini solari. Inne (vedi Appendice B), nelle stelle le anomalienella quantità di 7Li riettono le imperfezioni negli attuali modelli magne-toidrodinamici di evoluzione stellare. Per avvalorare o meno tali modelli èperciò essenziale un buona conoscenza della velocità di decadimento del 7Be.Bisogna anche sottolineare che questa probabilità di cattura elettronica nonpuò essere studiata solo sperimentalmente per l'impossibilità, nei laboratori,di riprodurre appieno le condizioni stellari: occorre perciò anche uno studioteorico a partire dal Modello Standard.

Con questo elaborato ripropongo l'analisi del sico John N. Bahcall ri-guardo la cattura elettronica del 7Be nei plasmi stellari ed in particolarenel Sole bahcall:capture Lo studio del rate delle reazioni termonuclea-ri che avvengono nelle stelle é un argomento di particolare importanza inambito astrosico in quanto ci permette di ricavare una grande quantitá diinformazioni riguardanti l'origine e l'evoluzione del nostro Universo.

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Capitolo 1. La formazione dei primi elementi della Tavola Periodica

Tabella 1.1: Abbondanza Primordiale degli elementi leggeri cauldrons:cosmos

Nuclide DensitáNi/

1H Frazione di massa

1H 1, 00 0, 752H (1, 6± 1, 0)× 10−5 (2, 5± 1, 5)× 10−5

3He (1, 8± 1, 2)× 10−5 (4, 2± 2, 8)× 10−5

4He (7, 5± 0, 9)× 10−2 0, 23± 0, 026Li 70+70

−35 × 10−12 300+300−150 × 10−12

7Li 900+900−450 × 10−12 4600+4600

−2300 × 10−12

1.1 La formazione dei primi elementi della Tavola

Periodica

Negli anni '40 Gamow e i suoi collaboratori proposero che gli elementi a noinoti fossero in larga parte prodotti durante la rapida espansione dell'univer-so primordiale. L'idea era che quando l'Universo si fosse rareddato no atemperature dell'ordine di 109K, si fossero formati il deuterio ed elementipiú pesanti e che al di sotto di tale temperatura tutti i neutroni si fosseroconvertiti in protoni o incorporati a formare 4He. A questo punto peró ilprocesso di nucleosintesi si sarebbe interrotto poiché le energie termiche delleparticelle coinvolte non erano sucienti a superare le barrirere Coulombiane.I rimanenti elementi avrebbero dovuto essere prodotti attraverso reazioni dicattura neutronica seguite da decadimenti β (§1.2), questa teoria fu prestoabbandonata a causa della scoperta dei gap di stabilitá per i valori di massaatomica compresi tra 5 e 8 (vedi Appendice A), con conseguente impossi-bilitá di formazione di nuclei piú pesanti, lasciando spazio all'idea che lanucleosintesi avvenisse solo all'interno delle stelle.

Negli anni '60 Taylor e Hoyle osservarono peró che la grande quanti-tá di 4He presente nell'universo non potesse essere formata esclusivamenteattraverso le reazioni stellari e quindi riproposero e dimostrarono che taleelemento in parte si fosse formato durante la fase di espansione dell'universoprimordiale. I succesivi calcoli mostrarono come anche altri elementi leggerisi fossero formati in parte nello stesso modo.

Come ho giá accennato le prime reazioni di nucleosintesi nell'univer-so primordiale avvennero a T ∼ 109K con una densitá barionica ρB ∼10−5g/cm−3. La densitá attuale risulta legata alla densitá barionica al mo-mento della nucleosintesi essendo l'universo adiabatico e ρ ∝ T 3. Possiamoquindi osservare (Figura 1.1) come solo elementi quali 4He,2H,3He e 7Li si

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Capitolo 1. La formazione dei primi elementi della Tavola Periodica

siano formati in tale processo. Gli elementi piú pesanti venero creati succes-sivamente in altri processi di nucleosintesi come quello all'interno delle stelle.

Figura 1.1: La gura mostra la frazione di massa degli elementi piú leggeri infunzione della densitá barionica attuale, o equivalentemente in funzione del rapportotra la densitá attuale e la densitá critica (ΩB = ρB/ρc), dove quest'ultima esprimela densitá che discrimina un universo chiuso da uno aperto, vale a dire tra quellodominato dalla gravitá (densitá maggiore di quella critica) da quello dominatodall'espansione (densitá minore di quella critica).

Il valore della densitá barionica attuale non é determinato con preci-sione ma giace in un range sucientemente ampio da rendere impossibi-le fare a priori della previsioni accurate sulla nucleosintesi degli elementi(1× 10−31gcm−3 ≤ ρB ≤ 1× 10−29gcm−3). L'4He rappresenta l'unica ecce-zione, infatti i valori calcolati per la sua abbondaza sono all'incirca riprodottisu tutto il range di variazione della densitá. Per gli altri elementi, una vol-ta determinata la loro abbondanza durante la fase di formazione, bisognaricavare il valore di ρB che verica tale scenario. Un possibile valore perla densitá é stato calcolato essere ρB ' 5 × 10−31gcm−3. Se tale densi-tá barionica rappresentasse la densitá totale dell'universo allora il rapportocon la densitá critica varrebbe ρB/ρc = 0.10 e l'universo risulterebbe apertoed in continua espansione. Quest'ultimo rappresenta un esempio diretto dicome conoscere il rate delle varie reazioni termonucleari nelle stelle possacontribuire alla conoscenza del passato e del futuro del nostro Universo.

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Capitolo 1. I decadimenti radioattivi

Il motivo per cui ho scelto di analizzare il rate di reazione della catturaelettronica del 7Be é che nonostante la teoria della nucleosintesi durante lafase di espansione dell'universo primordiale riesca a rappresentare al megliol'abbondanza di elementi quali l'4He, essa non risulta suciente a spiegarel'abbondaza osservata dei cosiddetti l-elementi, ovvero litio, berillio e boro.A causa della presenza delle lacune di stabilitá per A=5 e A=8 (Figura 1.2),il prodotto principale nella fusione dell'idrogeno da parte delle catene p-p(§3.1) é l'4He che viene a sua volta utilizzato nei processi tre-α, baipassandoil LI, Be e B, per produrre 12C. Una volta prodotti all'interno delle stelle,

Figura 1.2: Rappresentazione del confronto tra l'abbondanza degli elementi nelsistema solare e nei raggi cosmici, si osservi la grande dierenza di abbondanzadegli l-elementi.

questi elementi vengono rapidamente distrutti attraverso altre reazioni, per-ció la loro abbondanza calcolata dalla sintesi stellare é di molto inferiore aquella misurata nel sistema solare. Questo vale anche per il 7Li nonostanteparte di esso sia stato prodotto nella fase iniziale di espansione dell'universo.Fisici come Fowler e Burbidge cauldrons:cosmos ipotizzarono cosí unprocesso ancora sconosciuto noto come processo-l per la formazione di talielementi. Una prova interessante dell'esistenza di questo processo fu la sco-perta che i raggi cosmici arricchiscono di un fattore pari a 106 l'abbondanzadi tali elementi nel sistema solare.

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Capitolo 1. I decadimenti radioattivi

1.2 I decadimenti radioattivi

1.2.1 Cenni storici

I decadimenti radioattivi sono un insieme di processi nucleari a seguito deiquali un elemento chimico si trasforma in un altro. Successivamente allascoperta dei Raggi X, avvenuta nel 1895 da parte di Wilhelm Conrad Rönt-gen, venne per la prima volta osservata da Bequerel una radiazione naturalegenerata da atomi di Uranio. Nel 1898 i coniugi Curie scoprirono altri dueelementi radioattivi a cui diedero il nome di Polonio e Radio. Da questielementi si potevano osservare due tipi di radiazioni, una risultava piú pene-trante dell'altra, a queste furono rispettivamente assegnati i nomi di radia-zione beta e alpha. In contemporanea proseguiva lo studio sui raggi catodici,e J.J. Thomson cominciava a diondere l'idea che anche gli atomi, no adora considerati le entitá fondamentali della materia, fossero divisibili, indi-viduando per la prima volta una nuova particella dotata di carica negativa,l'elettrone. Fu Jean Perrin a dimostrare che queste nuove particelle fossero lecostituenti dei ben noti raggi catodici e nel 1900 Bequerel riuscí a dimostrareche anche la radiazione beta emessa dal radio avesse lo stesso rapporto dimassa-carica di quello degli elettroni. Allo stesso tempo Rutherford e Gei-ger riuscirono a scoprire la natura della radiazione alpha, la quale risultavacostituita da nuclei di elio. Mentre, peró, le particelle alpha emesse in undecadimento risultavano essere monocromatiche, ovvero presentavano tuttela stessa energia pari alla dierenza tra l'energia del nucleo iniziale e nale,le particelle beta mostravano uno spettro continuo. Tale discordanza portóalcuni sici del tempo a pensare che in scala nucleare si potesse avere unaviolazione del principio di conservazione dell'energia. Il dilemma fu risoltoda W. Pauli con la scoperta dei neutrini, nuove particelle prive di carica, lequali venivano emesse insieme agli elettroni durante un decadimento beta esottraevano loro parte dell'energia. Fu Enrico Fermi che negli anni trenta ,dá vita ad una prima completa teoria del decadimento beta, gettando le basidella futura elettrodinamica quantistica.

1.2.2 Meccanismo

I decadimenti possono essere cosí suddivisi:

• Decadimento α : in questo tipo di decadimento il nucleo padre, X, sitrasforma nel nuceo glio , Y, piú una particella α ossia un nucleo dielio, in regime di conservazione del numero barionico.

ANXZ −→ A−4

N−2Y Z−2 + α

• Decadimento β− : un neutrone del nucleo padre si trasforma in unprotone piú la coppia elettrone-antineutrino.

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Capitolo 1. I decadimenti radioattivi

n −→ p+ e− + ν,

ANXZ = A

N−1Y Z+1 + e− + ν

• Decadimento β+ : un protone del nucleo padre si trasforma in unneutrone piú la coppia positrone-neutrino.

p −→ n+ e+ + ν,

ANXZ −→ A

N+1Y Z−1 + e+ + ν

• Cattura elettronica : un protone del nucleo padre cattura un elettronedell'atomo, generalmente dalle shell piú interne, trasformandosi in unneutrone piú un neutrino

p+ e− −→ n+ ν,

ANXZ + e− −→ A

N+1Y Z−1 + ν

Nel 1964 quando i sici statunitensi Murray Gell-Mann e George Zweigteorizzarono per la prima volta che i nucleoni, nora considerati particelleelementari, potessero essere costituiti a loro volta da altre particelle chiamatequarks, i decadimenti β−, β+ e la cattura elettronica vennero visti comerisultato di trasformazioni dei quarks.

Figura 1.3: Diagramma di Feynmann del decadimento beta rispetto al tempo.

Oggi sappiamo che gli adroni sono costituiti da tre quarks, in particolarei protoni da due quarks up e un quark down (uud), mentre i neutroni da due

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Capitolo 1. Accenni di Relativitá Speciale

quarks down e un quark up (udd). Per cui quello che prima era visto come latrasformazione di un neutrone in un protone piú una particella β− (elettroneed antineutrino) ora risulta essere il decadimento di un quark down in unquark up, emettendo un bosone W che a sua volta decade in un elettrone eun antineutrino elettronico. Processo analogo per la cattura elettronica e ildecadimento β+, dove invece sará il quark up a decadere in un quark downcon emissione di un bosone W.

1.3 Accenni di Relativitá Speciale

Secondo le leggi della meccanica classica non vi é un limite per i valori assuntidalla velocitá, con l'introduzione della Relativitá Speciale invece parametrofondamentale diventa c, la velocitá massima raggiungibile. Presi due sistemi

Figura 1.4: Due sistemi di riferimento inerziali. S' in moto con velocitá v costanterispetto a S, nella stessa direzione della propagazione dell'onda elettromagnetica,la cui sorgente é posta in S.

di riferimento inerziali, S e S', l'uno in moto rispetto all'altro con una velo-citá costante pari a v, come mostrato in Figura 1.4. Supponiamo che in S sitrovi una sorgente di onde elettromagnetiche e che S' si muova nella stessadirezione di propagazione di tali onde; secondo le trasformazioni galileiane,se la velocitá di propagazione dell'onda in S é pari a c, un osservatore postoin S' vedrá la stessa muoversi con vS

′oem = c − v. Come mostrano numerosi

esperimenti, invece, ció non é corretto, anche l'osservare posto in S' vedráun' onda che si muove con velocitá costante e pari a c, che si puó tradurrenel postulato generale che tutti gli osservatori posti in tutti i sistemi di riferi-mento inerziali, misureranno la stessa velocitá della luce. Come conseguenzadi questa covarianza, le trasformazioni galileiane non sono piú buone trasfor-mazioni per descrivere sistemi inerziali, bisogna introdurre le trasformazionidi Lorentz relativity:carroll In ambito relativistico il paramentro tempo tdiviene intimamente connesso con le variabili spaziali, per cui i vettori d'ora

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Capitolo 1. Accenni di Relativitá Speciale

in avanti avranno una componente in piú, quella temporale. Un genericoquadrivettore sará del tipo

xν =

x0

x1

x2

x3

=

ctxyz

(1.1)

Possiamo denire anche un tensore di metrica

g = gνµ =

1 0 0 00 −1 0 00 0 −1 00 0 0 −1

(1.2)

La distanza tra due eventi E1 ed E2 allora potrá essere descritta nel seguentemodo

s212 =

3∑ν,µ=0

gνµ(xν2 − xν1)(xµ2 − xµ1 ) = c2(t2 − t1)2 − r2

12 (1.3)

Lo spazio dotato della metrica di g viene chiamato Spazio di Minkowski.

1.3.1 Trasformazioni di Lorentz

Questa nuova classe di trasformazioni lascia invariato il quadrato della di-stanza tra due eventi s2

12 in ogni sistema di riferimento inerziale. Prendiamodunque i nostri due sistemi S e S', la trasformazione di coordinate dal primoal secondo nella forma piú generale sará descritta da

x′µ = Λµνxν + aµ, (1.4)

dove Λ rappresenta una matrice 4x4 e a é un vettore di traslazione dell'orignedel sistema S' rispetto a S. Dalle equazioni (1.3) e (1.4), ponendo persemplicitá a = 0, valide anche per spostamenti innitesimi, otteniamo

ds′2 = dx′T gdx′ = dxTΛT gΛdx = ds2 = dxT gdx, (1.5)

da cuigνµ =

(Λνβ)TgβγΛγµ (1.6)

Quest'ultima equazione specica in modo completo le trasformazioni di Lo-rentz. Tutta la meccanica classica venne modicata per renderla invarianteper trasformazioni di Lorentz, ottenendo risultati diversi dalla visione clas-sica; é comunque sempre valido il limite classico (per velocitá piccole ladinamica di Newton fornisce risultati corretti). Alcune grandezze perció de-vono essere ridenite per accordarsi con la relativitá speciale. In eetti sitrova che le stesse leggi di Newton (principio d'inerzia, secondo principioe conservazione della quantitá di moto) valgono ugualmente in meccanicarelativistica, a patto di ridenire alcune delle grandezze coinvolte.

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Capitolo 2

Verso la Meccanica Quantistica

Relativistica

Una volta introdotta la relativitá speciale, possiamo estendere i concetti anoi noti di meccanica quantistica all'ambito relativistico. In questo elaboratolimiteremo la nostra attenzione alla costruzione dell'equazione d'onda peruna particella libera.

2.0.2 Unitá naturali

Per tutto il resto del Capitolo utilizzeremo le cosiddette unitá naturali, ovverosi porrá sempre ~ = c = 1. In questo modo le grandezze come la massa,l'impulso e la lunghezza verranno misurate in unitá di energia. Quindi direche un elettrone ha massa pari a 0.511 MeV, signica sottintendere il fattore1/c2.

2.1 L'equazione di Klein-Gordon

Possiamo iniziare considerando l'espressione relativista dell'energia di una

particella libera E =√p2 +m2

p, sostituendo E e p con i rispettivi operatori

E −→ ı ∂∂t

p −→ −ı∇

otteniamo

ı∂

∂tΨ =

√−∇2 +m2

pΨ, (2.1)

come possiamo notare nell'equazione compare una radice quadrata, la qualerende gli operatori in gioco non piú locali, facendo dipendera la funzioned'onda risultante non solo dai valori piú prossimi delle variabili da cui di-pende, ma contemporaneamente anche da quelli piú lontani e questo viola

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Capitolo 2. L'equazione di Dirac

il principio di casualitá. Perció eleviamo tutto al quadrato, ottendendo l'equazione di Klein-Gordon

− ∂2

∂t2Ψ =

(−∇2 +m2

p

)Ψ. (2.2)

Introducendo l'operatore dierenziale covariante ∂µ = ∂∂xµ , dove ricordia-

mo xµ = (t, x1, x2, x3), possiamo scrivere l'equazione (2.2) in modo piúcompatto

[∂µ∂µ +m2

p]Ψ(x, t) = 0, (2.3)

Si vede subito che l'equazione di Klein-Gordon é relativisticamente covariantesakurai:mq

2.1.1 Autofunzioni e autovalori

Adesso ci occupiamo di ricavare gli autovalori dell'energia, in particolarepossiamo notare come anche per l'equazione (2.3) la funzione d'onda pia-na sia un'autofunzione. Inserendo Ψ(x, t) = Ne−ı(Et−p·x) nell'equazione diKlein-Gordon otteniamo al membro di sinistra

− ∂2

∂t2Ne−ı(Et−p·x) = E2Ne−ı(Et−p·x) (2.4)

e al membro di destra(−∇2 +m2

p

)Ne−ı(Et−p·x) = (p2 +m2

p)Ne−ı(Et−p·x). (2.5)

Uguagliando la (2.4) e la (2.5) si trova

E2 = p2 +m2p (2.6)

facendo la radiceE =

√p2 +m2

p (2.7)

da cui vediamo la presenza anche di energie negative. Dalla meccanica quan-tistica sappiamo che la funzione d'onda ha un signicato probabilistico, in-fatti ρ(x, t) = Ψ∗Ψ rappresenta il densitá di probabilitá di trovare la par-ticella nel punto x al tempo t ed é una quantitá denita positiva. Se peróproviamo a ottenere una equazione di continuitá per l'equazione di Klein-Gordon ci accorgiamo che la densitá di probabilitá in questo caso non lo épiú Inoltre l'equazione di Klein-Gordon é un'equazione dierenziale di se-condo grado nelle variabili spaziali e temporali, quindi abbiamo un ulterioregrado di libertá, ovvero oltre che specicare Ψ(x, t)|t=0, dobbiamo assegnareanche ∂Ψ/∂t|t=0. Nella suddetta equazione non troviamo nemmeno terminilegati allo spin delle particelle, ció provoca un'errata interpretazione dellastruttura ne dell'atomo di idrogeno. Tutti questi motivi hanno fatto sí chel'equazione di Klein-Gordon fosse abbandonata nel successivo sviluppo dellameccanica quantistica relativistica.

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Capitolo 2. L'equazione di Dirac

2.2 L'equazione di Dirac

Per ovviare ai problemi associati all'equazione di Klein-Gordon, nel 1928Dirac propose una nuova equazione, la cui espressione covariante é data da

(ıγµ∂µ −m)Ψ(x, t) = 0, (2.8)

dove le γµ devono essere determinate. Moltiplichiamo allora l'equazione(2.8) per −ıγν∂ν −m, ottendendo

(γν∂νγµ∂µ +m2)Ψ(x, t) = 0. (2.9)

Imponiamo inoltre che si abbia γνγµ∂ν∂µ = ∂µ∂µ = gµν∂ν∂µ. Scambian-do gli indici muti per una questione di simmetria la precedente condizioneequivale a dire

1

2(γµγν + γνγµ) = gµν , (2.10)

che implica

(γ0)2 = 1 (2.11)

(γi)2 = −1 i = 1, 2, 3 (2.12)

γµγν = −γνγµ se µ 6= ν. (2.13)

Prendiamo di nuovo la soluzione di particella libera Ψ(x, t) = Ne−ı(Et−p·x) =Ne−ıp

µxµ , con pµ = (E,p) e inseriamola nella (2.8), troviamo allora

γµpµ −m = 0. (2.14)

Separando la parte spaziale e temporale e moltiplicando per γ0 otteniamo

E = γ0γ · p + γ0m. (2.15)

Ponendoαi = γ0γi β = γ0, (2.16)

troviamoHD = α · p + βm (2.17)

Abbiamo ora quattro parametri da determinare, le matrici α1, α2, α3 e β,supponendo che queste siano hermitiane e scegliendo di fare uso delle matricidi Pauli avremo

α =

(0 σσ 0

)β =

(12 00 −12

)(2.18)

Si puó facilmente dimostrare che la densitá di probabilitá associata all'equa-zione di Dirac é denita positiva e che l'equazione di continuitá ∂ρ/∂t+∇·j =0 é vericata.

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Capitolo 2. L'equazione di Dirac

2.2.1 Autofunzioni e autovalori

Dalle (2.18) notiamo che la Ψ(x, t) é un vettore a quattro componenti eviene chiamato spinore, cerchiamo la sua forma nel caso della particella ariposo, p = 0. L'equazione di Dirac diventa ı∂Ψ/∂t = βmΨ, in questo casol'operatore hamiltoniano é giá diagonale e i suoi autovalori sono E = Ep conrelativi autovettori

Ψ1 = e−ımt

1000

Ψ2 = e−ımt

0100

Ψ3 = eımt

0010

Ψ4 = eımt

0001

(2.19)

dove le prime due sono associate all'autovalore enrgia positivo, le ultimea quello negativo. Ora consideriamo il caso p 6= 0 e p = pz z, cosicchéH = αzpz + βm. In forma matriciale l'operatore hamiltoniano puó esserescritto come

H =

m 0 1 00 m 0 −1−1 0 −m 00 1 0 −m

(2.20)

e la generica autofunzione sará del tipo Ψ = Nue−ıpµxµ, cerchiamo le quattro

ui. Dalla (2.20) vediamo che le equazioni di u1 e u3 sono accoppiate, lostesso per u2 e u4. Risolvendo queste otteniamo che E = Ep, ponendo poi,per E = +Ep, prima u1 = 1, poi u2 = 1 otteniamo

u(+)R =

10p

Ep+m

0

u(+)L =

010−p

Ep+m

(2.21)

Per E = −Ep, ponendo stavolta prima u3 = 1 poi u4 = 1 troviamo

u(−)R =

−p

Ep+m

010

u(−)L =

0p

Ep+m

01

(2.22)

dove i pedici R, L stanno ad indicare elicitá positive, negative rispettivamen-te. Si puó facilmente dimostrare che il fattore di normalizzazione N risulta

essere pari a√

Ep+m2Ep

2.2.2 Il mare di Dirac

Come abbiamo visto sia nel caso dell'equazione di Klein-Gordon sia in quelladi Dirac, entrano in gioco energie negative, mai incontrate nora. Dirac, per

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Capitolo 2. L'equazione di Dirac

Figura 2.1: Eccitazione da parte di un fotone, di un elettrone del mare di Di-rac, con conseguente estrazione. Il pallino bianco rappresenta la lacuna lascia-ta dall'elettrone estratto, ed ha tutte le caratteristiche di una nuova particella, ilpositrone.

spiegare questo fenomeno, formuló l'idea che un mare di elettroni occupassegiá tutti i livelli associati ad un'energia negativa ed essendo la loro distri-buzione completamente uniforme questi risultano essere inosservabili. Dalmomento che tutti questi livelli sono occupati, per il Principio di esclusione

di Pauli risulta impossibile per un elettrone di energia positiva cadere in unostato ad energia negativa. Puó accadere peró che un fotone particolarmenteenergetico vada ad eccitare un elettrone del mare di Dirac. Se l'energia delfotone é sucientemente alta, l'elettrone puó essere estratto e quindi rile-vato. Contemporaneamente l'elettrone estratto lascerá una buca nel mareche risulterebbe a sua volta osservabile, come una particella avente le stessecaratteristiche dell'elettrone ma carica positiva (Figura 2.1). Nel 1933 CarlAnderson riuscí eettivamente ad osservare tale nuova particella a cui vennedato il nome di positrone.

L'introduzione della meccanica quantistica relativistica e in particolaredell'equazione di Dirac ci tornerá utile nel prossimo Capitolo, quando percalcolare il rate della reazione 7Be(e−, ) 7Li, dovremo valutare un elementodi matrice contenente funzioni d'onda descritte da quadrivettori e matrici diDirac.

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Capitolo 3

Evoluzione stellare

Le stelle sono ammassi gassosi che generano energia attraverso processi difusione nucleare, granparte della quale viene irradiata verso lo spazio at-traverso l'emissione di radiazione elettromagnetica, vento solare e neutrini.Gran parte degli elementi chimici a noi noti viene creata nelle stelle, durantela loro evoluzione, attraverso i processi di nucleosintesi. Le stelle si formanoattraverso l'aggregazione successiva per mezzo della forza di gravitá di gas emateria interstellare, se la termperatura dell'ammasso non é sucientementeelevata da innescare le prime reazioni nucleari, esso si trasforma in una nanabruna. Le stelle di prima generazione sono le piú vecchie e sono principal-mente costituite da idrogeno, per questo le reazioni che predominano nellaprima fase della loro vita, sono quelle di fusione di nuclei di idrogeno in elio.Ad oggi molte stelle sono di seconda o terza generazione e la loro composi-zione é fatta anche di elementi ben piú pesanti dell'idrogeno. In stelle aventimasse molto maggiori di quella del nostro Sole, si hanno alte temperature edensitá ben prima di raggiungere la fase di equilibrio idrostatico, perció nellaprima fase di vita si possono osservare reazioni diverse da quelle di fusionedell'idrogeno, che coinvolgono elementi piú pesanti come il carbonio, l'ossi-geno e l'azoto. Nel nucleo della nuova stella la materia si trova sottoformadi plasma a causa delle elevate temperature (T ∼ 1, 5 · 107K), mentre glistrati piú esterni sono composti da gas molto caldo e non particolarmentedenso. Per i nostri scopi é utile analizzare piú approfonditamente quellafase che viene chiamata Sequenza Principale, in cui la stella permarrá percirca il 90% della propria esistenza, durante la quale tutto l'idrogeno vieneconvertito in elio attraverso una serie di reazioni.

3.1 Le catene p-p

Una volta raggiunta nel nucleo la temperatura di ∼ 1, 5 · 107K, si innescanole prime reazioni di fusione di nuclei di idrogeno in elio. La via piú sempliceperché questo accada sembrerebbe essere la reazione 4p→ 4He+ 2e+ + 2ν,

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Capitolo 3. Le catene p-p

Tabella 3.1: Reazioni di fusione del deuterio

Reazioni Q-valore S(0)(MeV) (KeV)

d(p,γ)3He 5,494 0,25·10−3

d(d,γ)4He 23,847 0,03·10−3

d(d,p)t 4,033 39,0d(d,n)3He 3,269 37,0

d(3He,p)4He 18,354 6240,0d(3He,γ)5Li 16,388 0,3d(4He,γ)6Li 1,472 0,03·10−3

che peró non avviene a causa delle bassisime probabilitá di una simultaneainterazione tra quattro protoni cauldrons:cosmos Tutto ció signica chela formazione di una particella α deve avvenire attraverso una catena direazioni (Figura 3.1). La prima reazione possibile é la seguente

Figura 3.1: Rappresentazione della catena p-pI.

p+ p→ d+ e+ + ν (Q = 1, 44MeV ) (3.1)

la cui sezione d'urto é calcolabile solo in via teorica poiché molto piccola, es-sendo il risultato di interazione debole tra le particelle. Il deuterio successiva-mente puó reagire attraverso una delle seguenti reazione cauldrons:cosmos

Il fattore S(0) viene chiamato fattore astrosico e per ogni reazione dá unastima dell'intensitá dell'interazione della forza in gioco. Ovviamente datala grande abbondanza di protoni nel nucleo, la reazione piú probabile sarád(p, γ) 3He. Per completare la catena, il nucleo di 3He appena formato puóreagire attraverso una delle seguenti reazioni

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

Tabella 3.2: Reazioni di fusione dell'elio-3

Reazioni Q-valore S(0)(MeV) (KeV)

3He(d, γ) 5Li∗ 16,388 0,33He(d, p) 4He 18,354 6240,0

3He(3He, γ) 6Be∗∗ 11,497 0,83He(3He, 2p) 4He 12,860 5500

3He(α, γ) 7Be 1,587 0,53

dove nella reazione (*) si ha che il 5Li successivamente si frammenta in4He+ p, e nella (**) il 6Be in 4He+ 2p. Le reazioni con il piú grande valoredel fattore astrosico S(0) sono quelle da tenere in considerazione, anchese l'unica a prevalere delle due é 3He(3He, 2p) 4He dato il basso numerodi nuclei di deuterio nel nucleo della stella. L'insieme delle reazioni checontribuiscono a creare nuclei di elio-4 appena descritte prendono il nomedi catena p-p I. Nelle stelle in cui il quantitativo di particelle α é elevato,ad esempio perché si sono formate dalle ceneri di stelle morte o perché ne égiá stato prodotto a sucienza dalla catena p-pI, la reazione 3He(α, γ) 7Bepuó entrare in competizione con la 3He(3He, 2p) 4He per la distruzione deginuclei di 3He. A seguito della formazione di nuclei di 7Be, questi danno ilvia ad una seconda catena di reazioni, chiamata catena p-pII, per formareelio-4

3He(α, γ) 7Be,

7Be(e−, ν) 7Li,

7Li(p, α) 4He.

Il rimanente 7Be viene consumato attraverso l'ultima catena di reazioni, lacatena p-pIII

3He(α, γ) 7Be,

7Be(p, γ) 8B,

quest'ultimo, il 8B, é radioattivo e decade in

8B → 8Be∗ + e+ + ν,

il 8Be si forma in uno stato eccitato con tempo di vita medio di qualchesecondo, dopodiché ssiona in due nuclei di elio-4

8Be∗ → 2α.

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

3.2 Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

Come accenntato (§1.1) l'obiettivo di questo elaborato é analizzare il ratedi reazione della cattura elettronica del 7Be nei plasmi stellari.Dopo averdistinto, elettroni in stati legati e immersi nel continuo, ci limitiamo a cal-colare il rate per il secondo caso bahcall:capture . Per fare ció possiamousufruire della Regola d'oro di Fermi

pi→f =2π

~ρ(E)|〈f |Vint|i〉|2 (3.2)

quest'ultima formula equivale a calcolare la probabilitá di transizioneper unitá di tempo del nucleo di 7Be dallo stato iniziale a quello nale,che, a seguito del decadimento é rappresentato dallo stato fondamentale delnucleo di 7Li, quindi il calcolo del rate di decadimento λEC coincide con ilcalcolo di pi→f ,piú precisamente nel calcolo della densitá degli stati dovremosommare su tutti i possibili stati nali del neutrino e mediare su tutti gli statiiniziali dell'elettrone. Fortunatamente il calcolo é semplicato dal fatto chele energie dell'elettrone e del neutrino sono collegate tra loro.

Facendo l'approssimazione che il neutrino sia privo di massa, quindi

Eν = pνc, (3.3)

si ha che per ogni energia dell'elettrone l'energia del neutrino risulta univo-camente ssata dalla relazione

Eν = Q+ Ee (3.4)

dove Q rappresenta il Q-valore della reazione e nel nostro caso é pari a0,862 MeV. Quindi anche il modulo del momento del neutrino |pν | risultaben determinato. Questo signica che se Ee é ssata, sommare su tutte lepossibili direzioni del neutrino equivale a prendere la supercie delle spaziodelle fasi del neutrino avente |pν | determinato dalle equazioni (3.3) e (3.4).Infatti tale supercie é direttamente proporzionale a |pν |2. La densitá deglistati del neutrino risulta essere allora

ρ(Eν) = 4πV E2ν/c

3 (3.5)

in unitá atomiche. Per avere una sola variabile possiamo esprimere tutto infunzione dell'energia dell'elettrone

ρ(Ee) = 4πV (Ee +Q)2/c3. (3.6)

Da questi ultimi passaggi otteniamo

λEC =2π

~

∫ ∞0

ρ(Ee +Q)|〈f |Vint|i〉|2dEe (3.7)

A questo punto non ci rimane che valutare l'elemento di matrice dell'e-quazione (3.2).

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

3.2.1 La teoria dei decadimenti beta

A seguito dell'introduzione del neutrino da parte di W. Pauli, il sico EnricoFermi elaboró una teoria che fosse capace di spiegare i vari tipi di decadimentibeta.

La Teoria di Fermi riesce a dare una spiegazione ai seguenti fatti speri-mentali

• la forma degli spettri β.

• La relazione tra energia massima di decadimento (Q-valore) e la vita

media del nucleo emittente.

• La classicazione delle transizioni β e le relative regole di selezione.

Come abbiamo detto dato un decadimento beta generico

ANXZ −→ A

N−1Y Z+1 + e− + νe, (3.8)

la probabilitá di transizione é data dalla Regola d'oro di Fermi, in cui pi[s−1]

é proporzionale alla costante di decadimento λ del processo, infatti ad ognitransizione corrisponde l'emissione di una particella beta. Vediamo, quindi,come sará la forma dell'elemento di matrice introdotto da Fermi.

Si parte dal presupposto che in un processo di decadimento di un nucleo,sia sempre un unico nucleone a decadere (un protone che si trasforma in neu-trone o viceversa), perció nell'elemento di matrice |〈f |Vint|i〉|2 avremo che,ricordandoci che il decadimento é quello visto nell' equazione (3.8), lo statoiniziale |i〉 del nucleo X sará semplicemente la funzione d'onda del neutroneche decade. Lo stato nale |f〉 invece sará il prodotto delle funzioni d'ondadel protone (in cui il neutrone é decaduto), dell'elettrone e dell'antineutrinoelettronico.

Il protenziale d'interazione che compare nella (3.2) descritto da Fermiha una forma molto semplice, del tipo

Vint(−→rN ,−→re ,−→rν ) = gF δ(

−→rN −−→re )δ(−→rN −−→rν ) (3.9)

dove −→rN ,−→re e −→rν sono i vettori posizione del nucleone coinvolto (nel nostrocaso del neutrone che decade in protone), dell'elettrone e dell'antineutrino,mentre gF rappresenta la costante di accoppiamento debole. Perció avremoche l'elemento di matrice sará dato da

〈f |Vint|i〉 =

∫Nucleo

u∗p(−→rN ) ˆVint(

−→rN ,−→re ,−→rν )un(−→rN )× ψ∗e(−→re )ψ∗ν(−→rν )dVN

= gF

∫Nucleo

u∗p(−→rN )un(−→rN )ψe(

−→rN )ψ∗ν(−→rN )dVN

(3.10)

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

riducendo cosí l'integrale alle sole coordinate nucleari. Come si puó ve-dere dalla forma del potenziale d'interazione, Fermi consideró il processocome puntuale, in realtá (§1.2.2) sappiamo che essi sono realizzati dall'in-tervento di un bosone messaggero. Questi bosoni che mediano le interazionideboli sono molto massivi, per cui il raggio d'interazione é molto piccolo,dell'ordine di qualche millesimo di fm (10−15 m). Nel Modello Standard,che unica le interazioni elettromagnetiche e quelle deboli, una forma piúcorretta dell'elemento di matrice é data da

〈f |Vint|i〉 =GF√

2

∫Nucleo

CV

(upγµ

(1 +

CACV

)un

)(ueγ

µ(1− γ5

)uνe)d3x

(3.11)dove CA = −1, 26 e CV = 1 e GF = gF /(~c)3 ' 1, 16 × 10−5GeV −2 e lematrici γ sono le matrici di Dirac introdotte nel Capitolo 2 e up, un, ue e uνsono quadrispinori di Dirac.

Nell'integrale dell'equazione (3.11) possiamo notare il prodotto di due

quadricorrenti cariche, quella adronica data da

(upγµ

(1+ CA

CV

)un

)e quella

leptonica(ueγ

µ(1− γ5

)uν).

Ritornando al nostro caso, in analogia a quanto visto nell'equazione(3.11) l'elemento di matrice sará dato da

〈f |Vint|i〉 =GF√

2

∫Nucleo

CV

(upγµ

(1 +

CACV

)un

)(ueγ

µ(1− γ5

)uνe)d3x

(3.12)Purtroppo non possiamo calcorare analiticamente il valore della corrente

adronica poiché le funzioni d'onda dei nucleoni sono troppo complesse e talecalcolo va al di lá degli obiettivi di questo elaborato. Possiamo peró aermareche le funzioni d'onda nucleari oscillano rapidamente nel nucleo ed al di fuoritendono rapidamente a zero cauldrons:cosmos mentre le funzioni d'ondadell'elettrone e del neutrino si possono considerare praticamente piatte sulnucleo. Infatti se facciamo la ragionevole ipotesi che il neutrino emessosia descritto da una funzione d'onda piana, allora il prodotto delle funzionid'onda dell'elettrone e del neutrino é proporzionale a 1/r2. Prendendo peresempio un neutrino di Eν = 250keV = hν (consideriamo il neutrino averemassa nulla, percio Eν = pνc), essendo poi ν = c/λ avremo che λ ' 0, 5 ×10−11m, quindi una lunghezza d'onda molto maggiore del fermi e quindi delrange d'inuenza della quadricorrente adronica. Possiamo considerare allorala quadricorrente leptonica come un fattore costante (se avessimo consideratoil caso in cui l'elettrone avesse avuto un valore del momento angolare diversoda zero allora tale approssimazione non sarebbe stata possibile poiché ilprodotto delle funzioni d'onda dell'elettrone e del neutrino sarebbe statoproporzionale ad una potenza di r e non di 1/r).

Detto questo l'integrale che rappresenta l'elemento di matrice si puó fat-torizzare in due parti, un adronica, che chiameremo Mn→p e che descrive il

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

decadimento del protone in neutrone ed é rappresentato da un integrale sullecoordinate nucleari, e il prodotto delle funzioni d'onda dell'elettrone e delneutrino valutate in r=0. Perció la (3.7) diviene

λEC =2π

~|Mn→p|2

∫ ∞0

ρ(Ee +Q)|Ψν(0)|2|Ψe(0)|2dEe. (3.13)

Come abbiamo accenntato all'inizio del Paragrafo bisogna considerare tuttii possibili stati iniziali dell'elettrone, che essendo un fermione segue la sta-tistica di Fermi-Dirac, perció inseriamo nell'equazione precedente il fattore

di distribuzione di Fermi f = 1/(eE−µkBT + 1), la forma nale del rate diviene

allora

λEC =2π

~|Mn→p|2

∫ ∞0

ρ(Ee +Q)|Ψν(0)|2 |Ψe(0)|2

eEe−µkBT + 1

dEe. (3.14)

Facendo uso della (3.2) e considerando il neutrino descritto da un'onda pianaΨν(0) = 1/

√V , otteniamo

λEC =2π

~|Mn→p|2

∫ ∞0

4π(Ee +Q)2

c3

|Ψe(0)|2

eEe−µkBT + 1

dEe. (3.15)

D'ora in poi lavoreremo in unitá atomiche, dove ~ = 1,me = 1. Aquesto punto ci serve la conoscienza della funzione d'onda degli elettroni.Prendiamo l'equazione di Schrödinger per energie positive(

−∇2

2+Z

r

)ψ−→k

(−→r ) =k2

2ψ−→k

(−→r ) (3.16)

dove Z=4. La funzione d'onda ψ−→k

(−→r ) puó essere espansa in onde parziali,ponendo ρ = kr e η = Z/k si ha

ψ−→k

(−→r ) = 1(2π)3/2

1r

∑∞l=0

∑lm=−l 4π(−ı)lul(η, ρ)Y m

l (r)Y mΛl (k.

Ogni termine dell'espansione puó essere ottenuto dal prodotto scalare conuno specico stato angolare, grazie alla proprietá di ortonormalitá delleautofunioni.

ψklm(−→r ) =∫ψ−→k

(−→r )Y ml (−→k )dk = Rkl(r)Y

ml (r)

Rkl(r) =√

2π (−ı)l 1rul(η, ρ).

L'equazione per una singola onda parziale ul(η, ρ) si ottiene scrivendo illaplaciano in coordinate sferiche e proiettando l'equazione su una specicaarmonica sferica Y m

l (r), in modo da ottenere

d2uldρ2

+

(1− 2η

ρ− l(l + 1)

ρ2

)ul = 0, (3.17)

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

sostituendo x = 2ıρ ottendiamo l'equazione di Whittaker. La parte regolaredelle funzioni di Whittaker, soluzioni della precedente equazione é data da

ul(η, ρ) =2le−πη/2|Γ(l + 1 + ıη)|

(2l + 1)!ρl+1e∓ıρM(l+ 1∓ ıη, 2l+ 2,±2ıρ), (3.18)

dove M(a, b, z) = 1F 1(a, b, z) rappresenta la funzione ipergeometrica con-

uente. Per ottenere la funzione d'onda totale basta moltiplicare ul(η, ρ)per il fattore

√2/π(−ı)l1/r, cosí da avere Rkl ed inne per l'armonica sfe-

rica Y ml . Una volta calcolata la funzione d'onda dell'elettrone, possiamo

inserirla nell'integrale per il calcolo della densitá degli stati, in particolareprendiamo la funzione in r=0, ossia il suo valore sul nucleo di Be e d'ondas, ovvero per l=0, poiché data la sua simmetria sferica é l'unica ad esserediversa da zero sul nucleo. Otteniamo dopo semplici passaggi

Ψk00(0) = e−πZ2k√2π|Γ(1 + ıZk )|k.

Dalla relazione Ee = k2/2, la (3.15) puó essere espressa in funzione di k

λEC = 2π|Mn→p|2∫ ∞

0

4π(k2/2 +Q)2

c3

|Ψk00(0)|2

ek2/2−µkBT + 1

kdk. (3.19)

Svolgendo il quadrato (k2/2 +Q)2 avremo

λEC = 2π|Mn→p|24π

c3

[Q2 × F (µ, T ) +Q×G(µ, T ) + S(µ, T )

], (3.20)

dove

F (µ, T ) =

∫ ∞0

|Ψk00(0)|2

ek2/2−µkBT + 1

kdk

G(µ, T ) =

∫ ∞0

|Ψk00(0)|2

ek2/2−µkBT + 1

k3dk

S(µ, T ) =

∫ ∞0

|Ψk00(0)|2

ek2/2−µkBT + 1

k5dk

4. (3.21)

A questo punto,con il programma Mathematica, non essendo possibili eet-tuare un'integrazione analitica, ho valutato numericamente questi tre inte-grali, F,G ed S in T6 = 15K (in unitá di 106K). Qui di seguito inseriscole linee di codice del programma che ho utilizzato dove kB é la costante diBoltzman in unitá atomiche e il plot dei tre graci Ho imposto un rangedi variazione del potenziale chimico che va da -400 a 0 (in unitá atomiche),che si ottiene facendo variare la densitá di massa di una stella nell'intervalloρ = 10−3 ÷ 103gcm−3 a T6 ' 15 (nel Sole la densitá centrale raggiunge ilvalore di ρ ' 100gcm−3).

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

Figura 3.2: Linee di codice del programma utilizzato per valutare numericamentegli integrali F,G ed S.

Figura 3.3: Plot dell' approssimazione numerica di F.

Figura 3.4: Plot dell' approssimazione numerica di G.

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

Figura 3.5: Plot dell' approssimazione numerica di S.

Per concludere, ho potuto tralasciare gli eetti relativistici nei miei cal-coli grazie al fatto che no a temperature di 100 × 106K (che sono quelleche caratterizzano la fase di combustione dell'idrogeno) gli elettroni hannoenergie massime di qualche keV, pec mec

2 = 0, 511MeV , quindi tali eettisono ancora piccoli. Inoltre anche, come vedremo in seguito, anche vicinoal nucleo di Be gli eetti relativistici possono essere trascurati, essendo leenergie di legame dell'ordine di qualche centinaio di eV.

3.2.2 Contributo degli elettroni delle Shell K al rate

Nonostante nelle stelle a T6 ∼ 15 con un' energia cinetica media di E =kBT = 1, 3keV abbiamo che gran parte degli atomi di Be sono completa-mente ionizzati ( l'energia di ionizzazione per un elettrone della shell K perun atomo di 7Be é infatti EK = 0, 22keV ) c'é comunque una probabilitádiversa da zero che alcuni atomi lo siano solo parzialmente. Per una correttatrattazione allora possiamo tenere conto anche della cattura elettronica daparte di elettroni in stati legati, in particolare sará suciente considerare so-lo quelli appartenenti alla shell K (si puó infatti dimostrare che il contributodi tale Shell é dominante e giá per n=2 si ha che λk/λL ' 8). La formula peril calcolo del rate rimane la stessa dell'equazione (3.2), anche questa volta ladensitá degli stati dei neutrini monoenergetici é rappresentata dall'equazione(3.6)

Ricordiamo che il Q-valore della reazione di cattura vale Q = 0, 862MeVe nel caso in cui il Li sia formato nello stato fondamentale e rappresenta l'e-nergia portata via dal neutrino. Nel circa 10, 4% dei casi cauldrons:cosmos

peró, puó avvenire che il decadimento sia sul primo livello eccitato del 7Li(che poi decade nello stato fondamentale con l'emissione di un fotone) conuna Eν = 384keV . Mediando i due casi otteniamo Eν = 814keV . Per il cal-colo dell'elemento di matrice possiamo fare la seguente considerazione: le fun-

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

zioni d'onda del Li e Be (quindi del protone e neutrone), vanno a zero molto

rapidamente al di fuori delle dimensioni nucleari (R7Bemedio = 1, 2fm×A1/3 '

1, 9fm) perció la funzione d'onda dell'elettrone e del neutrino possono essereapprossimate da

Ψe(r) ' Ψe(0)

Ψν(r) = 1√Veıkν ·r ' 1√

V

avendo considerato il neutrino emesso come onda piana. Da cui

〈f |Vint|i〉 =Ψe(0)√V

∫Nucleo

Ψ∗pVintΨndV =Ψe(0)√V

Mn (3.22)

otteniamo cosí

λEC =|Mn|2

πc3~4E2ν |ΨK(0)|2 dove |ΨK(0)|2 ' 1

π

(Z

a0

)3

(3.23)

con a0 = 0, 529 × 10−8cm (raggio di Bohr). Il rate totale potrá ora esse-re valutato come somma dei due contibuti, elettroni legati e immersi nelcontinuo.

3.3 Conclusioni

Ricapitolando, ho analizzato il rate di decadimento della reazione 7Be(e−, ν) 7Liprima consideranto solo il contibuto degli elettroni ionizzati successivamen-te ho considerato anche il contibuto degli elettroni legati appartenenti alleSHell K. Per una stima migliore si possono apportare le seguenti modiche:

• nel calcolo della funzione d'onda dell'elettrone (§3.2) avremmo potutoconsiderare un potenziale piú realistico che risentisse anche dell'eettodi schermo degli altri elettroni sul nucleo, come quello di Debye-Hückeldel tipo V = Ze−αr/r, o una funzione d'onda atomica di Hartree-Fock con determinati paramentri sperimentali bahcall:capture Adesempio prendendo in considerazione il potenziale di Debye-Hückel,la densitá elettronica sul nucleo viene ridotta. Gruzinov e Bahcallelectron:capture calcolarono un rate di riduzione della densitá FIKSdato da

FIKS = ψ2eβχ/ψ20eβχ0 , (3.24)

con χ rappresenta il potenziale di ionizzazione schermato dello statofondamentale e ψ2 la densitá elettronica. Otteniamo allora per gli statilegati una riduzione pari a

R = (wc + FIKSwb1)/(wc + wb) = 0, 85 (3.25)

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

circa il 15%. Eetti di screening per elettroni del continuo possonoessere rappresentati, in modo analogo, da

FBM = 〈ψ2〉/〈ψ20〉 (3.26)

che nel caso del Be vale FBM = 0, 978.

• Se la densitá del plasma é sucientemente bassa, la densitá degli elet-troni ionizzati sul nucleo é maggiore della densitá media del plasma,perció bisogna correggere tutte le funzioni d'onda degli elettroni liberisostituendole con le funzioni d'onda deformate dal campo coulombiano,ovvero

F (A,Z) ' 2πη = 2πZe2

~v= 2α

(mec2

2Ee

)1/2, (3.27)

con η paramentro di Sommerfeld e v la velocitá delle particelle (v ' ve).Considerando che la velocitá degli elettroni é descritta da una dibuzionedi Maxwell-Boltzmann (stiamo trattando materia stellare non degere),bisogna mediare tale la funzione F(A,Z) su tale distribuzione.

〈F (A,Z)〉 ' 〈2πη〉 ' 2α(mec

2

3kBT

)1/2. (3.28)

Per tipiche condizioni solari electron:capture l'aumento di densitásul nucleo dovuto agli elettroni liberi é circa F ' 3, 18 (d'ora in poi miriferiró ad F chiamandola wc in analogia alla notazione di Bahcall).

• In un ambiente stellare analogo a quello del Sole, considerare il con-tributo degli elettroni in tutti i possibili stati legati, essi comportano unaumento della densitá elettronica sul nucleo dato da electron:capture

wb = π1/2(2βZ2)3/2∑

n−3eβZ2/2n2

= 1, 20 + 0, 21 = 1, 41 (3.29)

dove wb1 = 1, 20 é il contributo degli elettroni nello stato fondamentale.

Riassumento gli ultimi punti il rate totale dovrá tenere conto di tutti questifattori che inuenzano la densitá, possiamo allora denire il seguente fattored'incremento della densitá elettronica electron:capture

wIKSBM = FBMwc + FIKSwb1 (3.30)

dove abbiamo trascurato gli elettroni in Shell superiori. Per Z=4, otteniamodalla precedente quazione wIKSBM = 0, 978 × 3, 18 + 0, 62 × 1, 20 = 3, 85.Inne bisognerebbe considerare anche i seguenti punti:

• gli stati nucleari iniziali e nali non si sovrappongono esattamente.

• Correzioni relitivistiche nelle funzioni d'onda degli elettroni legati.

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

• Fluttuazioni dovute a campi elettrici: la densitá in prossimitá del nu-cleo viene modicata dalla presenza di campi elettrici. Si puó dimo-strare che l'errore relativo nel calcolo del fattore di incremento delladensitá, w, dovuto a tale eetto é

δw

w< C

a0

RDN−5/3 (3.31)

dove a0 = 5, 292× 10−11m é il raggio di Bohr e RD = 0.45× 10−10m ilraggio di Debye a R/R = 0, 06, C = 2× 10−4 e N = 3, 5 é il numerodi ioni nella sfera di Debye electron:capture

Come esempio porto il rate di cattura per elettroni in stati legati, calcolatoda Bahcall bahcall:capture tenendo conto delle precedenti correzzioni,eccetto dell'imperfetta sovrapposizione degli stati quantici iniziali e nali

λBEC = 1, 02 ln 2neT−1/26 × 10−32s−1, (3.32)

in condizioni solari dove ne ' ρ/MH(1+XH)/2, conMH e XH = 0, 5 rispet-tivamente massa e frazione di massa dei nuclei di idrogeno, ρ = 100gcm−3

densitá stellare e T6 = 15K, otteniamo

τBEC = 1λBEC' 140d

mentre sulla Terra τlab ' 77d.

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Allegati

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Appendice A

Gap di Stabilitá e Modello a

Shell

In sica nucleare il Modello a Shell é un modello che descrive la strutturadel nucleo in termini dei livelli energetici. Come gli elettroni negli orbitaliatomici, ora anche i nucleoni vengono sistemati in determinati livelli quanticibasandosi sul principio che essi sono fermioni e quindi obbediscono al prin-cipio di esclusione di Pauli. Per una prima caratterizzazione degli orbitalinucleari si parte da un potenziale medio (es. potenziale a buca rettangolareo potenziale di Woods-Saxon) al quale successivamente viene aggiunto untermine di spin-orbita.

Vi sono parecchi indizi sul fatto che i nucleoni si organizzino in unastruttura a gusci che in corrispondenza dei cosiddetti numeri magici é ca-ratterizzata da una grande stabilitá. Infatti nuclei aventi un numero magicodi neutrini o protoni, o entrabi (nuclei doppio magici) risultano avere unenergia di legame per nucleone particolarmente negativa. Ad oggi i numerimagici sperimentali risultano essere 2, 8, 20, 28, 50, 82 e 126. Esempi dinuclei doppio magici sono l' elio-4, l'ossigeno-16, il calcio-40, il calcio-48, ilnichel-48, il nichel-78 ed il piombo-208. A riprova del fatto che i nucleoni sidispongano in shell, ecco elencati le seguenti evidenze sperimentali.

• Energie di legame per i primi vicini dei nuclei magici : si puó calcolarecome il Q-valore di una reazione che trasforma un nucleo con un numeromagico di protoni o neutroni nel suo prossimo vicino sia negativo adindicare che la reazione é energeticamente sfavorita.

• Isotopi stabili delle quattro famiglie radioattive: tutte e quattro le fami-glie radioattive (serie dell'uranio, nettunio, attinio e torio) terminanocon un nucleo magico o doppio magico.

• Fattore di forma del raggio nucleare: calcolando il fattore di forma s davalori del raggio nucleare medio sperimentale, osserviamo che a valoripiú piccoli di s (nuclei piú rigidi e di forma sferica) corrispondono quei

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

nuclei che hanno un numero magico, o doppio magico, di nucleoni,ad indicare un miglior packaging rispetto agli altri. A questi nucleicorrisponde anche la massima densitá nucleare.

• Abbondanze isotopiche nel Sistema Solare: come visto in Figura 1.1 glielementi piú presenti nel Sistema Solare sono quelli caratterizzati daun numero magico, o doppio magico di nucleoni.

Con l'introduzione dei numeri magici possiamo allora comprendere lapresenza del gap di stabilitá per i nucleoni con A compreso tra 5 e 8. Infattila formazione di elementi quali litio, berillio o boro a partire dall'elio-4 adesempio risulta energeticamente sfavorita essendo quest'ultimo un nucleodoppio magico e quindi particolarmente stabile, discorso analogo puó esserefatto per un decadimento da parte di un isotopo dell'ossigeno in uno di questitre elementi.

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Appendice B

L'anomalia del 7Li

Forse la questione di maggior interesse astrosico per l'analisi del rate di7Be(e−, ν) 7Li sta proprio nel cercare di spiegare l'anomalia nella quantitádi 7Li presente nell'Universo.

Come abbiamo detto questo elemento é uno di quelli prodotti durante lanucleosintesi primordiale ed é possibile calcolare con una buona approssima-zione in quale quntitá esso sia stato prodotto in questo processo, vi é peróuna discrepanza con la concentrazione dell'elemento nelle stelle piú vecchie,sembra infatti lecito supporre che in quest'ultime la quantitá di 7Li debbaessere simile a quella prodotta dal Big Bang.

Gli astronomi François e Monique Spite per calcolare la concentrazio-ne primordiale dell'elemento, misurarono l'abbondanza di esso nelle stelleappartententi alla popolazione II ( stelle poveri di metalli). Queste stellesono le piú vecchie nell'universo e si sono formate da materia che non hasubito signicanti processi di trasformazione, sono perció le piú adatte percontrollare le previsioni teoriche. Sebbene queste stelle dieriscano tra loroper vari aspetti, come luminositá e temperatura, esse presentano la stessaquantitá di Li, il cosiddetto spite plateau,mentre invece ci si aspetterebbeuna dierenza nelle varie abbondanze. Osservazioni basate sul Wilkinson

Microwave Anisotropy Probe plateau:fu mostrarono una abbondanza pri-mordiale di 7Li pari a A(7Li) = 2.72, dalla missione Planck Surveyor(2009)A(7Li) ≈ 2.66 − 2.73. Le misure fatte negli ultimi decenni, sia nelle stelleappartenenti all'alone galattico della Via Lattea, sia ad ammassi globulaririporta un valore di A(7Li) = 2.26, che risulta essere circa un terzo di quellopredetto per l'abbondanza primordiale di Li. Tutto ció va ad indicare che cidebbano essere dei processi di esaurimento e in seguito di accrescimento nellaquantitá di 7Li. Un modello recente plateau:fu evidenzia come durante lafase di Pre-Sequenza Principale il Li venga distrutto da vari processi, comead esempio collisioni con particelle massive quali protoni, la rotazione dellastella o fotoevaporazione, con la quale fotoni (13.6-100 eV) sucientementeenergetici riscaldano il gas del disco di accrescimento della giovane stella no

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Capitolo 3. Rate di cattura della reazione 7Be(e−, ν) 7Li

a teperature tali da permettere alle particelle di svincolarsi dal potenzialegravitazionale e venir spazzate via (fase di distruzione del Li). Durantela Sequenza Principale (§3) vi é invece un aumento dell'abbondanza del Li,generato durante la fase di fusione dell'idrogeno nelle catene p-p (§3.1), purnon riuscendo a raggiungere il quantitativo originario.

Figura B.1: Rappresentazione dello Spite Plateau del 7Li plateau:fu

Nelle stelle piú giovani, viceversa, l'elemento é presente in concentrazionemolto maggiore di quello che ci si aspetterebbe, il 7Li infatti risulta essere unelemento relativamente molto facile da distruggere a temperature facilmenteraggiungibili di qualche milione di gradi (ad esempio, come giá accennato,nelle Stelle a seguito di una collisione con un protone esso si trasforma indue nuclei di elio).

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