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Le ceramiche comuni di Cuma
Alberto De Bonis*, Laëtitia Cavassa***, Celestino Grifa**, Alessio Langella**, Vincenzo Morra*
un fondo piatto di forma chiusa stracotto (tipo olla) di ceramica comune culinaria (CJB16) e un fondo di patina di ceramica a vernice rossa interna (CJB13) di forma indeterminata.
Settore E : mausoleo del I secolo d.C. (fi g. 1).
Il secondo contesto è situato a circa 80 m a nord-est della porta mediana. Scavato nel 2005, è caratterizzato dalla presenza di quattro mausolei che prospettano lungo una strada diretta verso la porta. L’occupazione del settore è attestata dal II sec. a.C. fi no alla Tarda Antichità1.
Sono stati analizzati quarantadue campioni provenienti da questo settore, di cui ventisette sono frammenti di ceramica comune da cucina. Sono stati identifi cati sedici frammenti di coperchio a bordo ingrossato e piede anulare (CJB2, 4, da 21 a 33, e 54) attribuibili alla forma Di Giovanni 24212 (fi g. 2). Uno di questi coperchi è stracotto (CJB2). Un campione (CJB1) proviene da un coperchio stracotto a bordo semplice (fi g. 2). Otto campioni (CJB5, 36, 37, da 39 a 42, e 55) sono frammenti di patinae a bordo bifi do della forma Di Giovanni 21313 (fi g. 3). Un campione è un frammento stracotto e deformato di patina per la quale il tipo non è determinabile (fi g. 3, CJB35). L’ultimo campione è un bordo d’olla a labbro obliquo (fi g. 3, CJB12).
Gli altri quindici frammenti analizzati apparten-gono a piatti a vernice rossa interna appartenenenti a due tipi di patinae di forma Goudineau 13 e 15. Sono stati scelti quattro frammenti di patinae di
1 In corso di lavorazione.
2 Di Giovanni 1996, p. 97-98.
3 Di Giovanni 1996, p. 79.
I – Materiale analizzato (L.C.).
Gli scavi condotti dal Centro Jean Bérard a Cuma durante il progetto KYME 3 nel 2004-2005 hanno fornito dei nuovi dati su alcune ceramiche comuni del sito in questione : la ceramica comune da cucina e la ceramica a vernice rossa interna (anche detta Rosso Pompeiano). Un lotto particolarmente interessante composto da scarti di fornace, frammenti di piatti con graffi ti e timbri è stato affi dato al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Federico II di Napoli per l’analisi archeometrica.
Il materiale analizzato (tab. 1) proviene da tre contesti stratigrafi ci diversi datati tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.
I CONTESTI
Settore D : una strada bordata da mausolei (fi g. 1).
Il settore D è stato scoperto nel luglio 2004 e scavato fra maggio e luglio 2005. È situato a nord della porta mediana, lungo una strada di circolazione bordata da monumenti funerari. Le tracce più antiche di frequentazione del settore identifi cate fi nora sono dei livelli di strada, di cui il più antico è datato dalla prima metà del II secolo a.C.
I due campioni analizzati provengono da un livello di strada (US 34102) datato fra l’ultimo quarto del I secolo a.C. e il primo quarto del I secolo d.C. :
* Dipartimento di Scienze della Terra, Università Fede-rico II, Via Mezzocannone, 8, 80134 Napoli.
** Dipartimento di Studi Geologici ed Ambientali, Uni-versità del Sannio, Via dei Mulini 59/A, 82100, Benevento.
*** Ingénieur, Centre Jean Bérard, UMS 1797, CNRS- École Française de Rome, Via Crispi 86, 80121 Napoli.
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A. De Bonis, L. Cavassa, C. Grifa, A. Langella, V. Morra
Fig. 1 – Pianta dello scavo del Centre Jean Bérard a Cuma (con localizzazione dei 3 settori dai quali sono stati prelevati i nostri campioni)
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Le ceramiche comuni di Cuma
Fig. 2 – Materiali del settore E: coperchi in ceramica comune da cucina
5 cm
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A. De Bonis, L. Cavassa, C. Grifa, A. Langella, V. Morra
Anche nove frammenti di patinae di forma Goudineau 15, di cui cinque stracotti, fanno parte del lotto (fi g. 4, CJB3, 6, 8, 10, 11, 34, 38, 51 e 53). Due cocci portano dei graffi ti: quello del campione CJB34 si trova sul fondo, sulla parte esterna ed è composto da quattro lettere o segni ; quello del campione CJB51 si trova nella stessa posizione e rappresenta un segno indistinto. La forma Goudineau 15 è
forma Goudineau 13 (fi g. 5, CJB14, 15, 52 e 56), di cui uno (CJB52) porta un graffi to ante cottem « A » sulla parte esterna del fondo, vicino all’inizio della pancia mentre altri due (CJB14 e 15) sono stracotti. La patina di forma Goudineau 13 è caratterizzata da una pancia leggermente convessa e un labbro obliquo. La datazione di fabbricazione di questo piatto va dal 25 a.C. al 25 d.C.
Fig. 3 – Materiali del settore E: patinae e olla in ceramica comune da cucina
5 cm
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Le ceramiche comuni di Cuma
I tre campioni di ceramica comune da cucina sono dei fondi di patinae di forma indeterminata. Il campione CJB45 possiede un bollo apposto all’interno della patina. In cui si legge: L. HEL. PROTI. in un cartiglio di forma rettangolare ; il bollo è retrogrado. Il campione CJB47 porta un graffi to ante cottem sulla parte esterna della patina. Si leggono due lettere : BT.
I tre campioni di ceramica a vernice rossa interna provengono da fondi di patinae la cui forma esatta non è stata possibile identifi care. Il campione CJB44 porta un bollo apposto sulla parte esterna del fondo: TYRAN. MAR., seguito da un graffi to : I5. Il bollo si trova in un cartiglio di forma rettangolare. La cifra I potrebbe indicare un numero d’infornata.
Il campione CJB48 presenta il bollo seguente : [.…]MARI. Un terzo bollo dello stesso fabbricante è stato riportato alla luce in questi stessi livelli della discarica.
La sintesi dei dati forniti da questi due bolli e dalle scoperte precedenti attesta la presenza di un atelier di produzione locale di piatti in vernice rossa interna. L’offi cina doveva appartenere a un membro della famiglia Marius, di cui Tyran(us) sarebbe uno degli schiavi.
Questa famiglia è d’altronde conosciuta nel mondo dell’industria ceramica antica : sono stati identifi cati molti bolli su piatti a vernice rossa interna e su ceramica sigillata6. Due bolli scoperti a Ostia7 e ad Oboda8 in Palestina sono attribuibili alle forme Goudineau 28-30, la cui produzione è attestata dall’epoca augustea al II sec d.C9. Tale forma di patina è caratterizzata da un fondo piatto, parete curvilinea e bordo a labbro arrotondato che, dapprima diritto, diviene rientrante a mano a mano che evolve la forma. Questo tipo è stato identifi cato da Emilia Chiosi come una delle produzioni del sito di Cuma10. Conviene sottolineare la similitudine fra la forma Goudineau 28-30 e la forma 15: la sola differenza tra i due tipi sarebbe nella curvatura del bordo che non è sempre facile individuare.
Il quarto campione, CJB50, è un fondo di patina, di forma indeterminata, sulla parte esterna del quale si trova un graffi to ante cottem: AM.
5 La lettura dei bolli e dei graffi ti è stata realizzata da J.-P.
Brun.
6 Papi 1994, p. 291.
7 Zevi-Pohl 1970, p. 97 citato da Papi 1994, p. 291, n. 18.
8 Negev 1974, p. 41 citato in Papi 1994, p. 291, n. 18.
9 Papi 1994 e Scatözza-Höritch 1988.
10 Chiosi 1996.
caratterizzata da una parete convessa e da un bordo arrotondato e semplice, senza labbro. La datazione di questa patina è la stessa della forma precedente : fra l’ultimo quarto del I sec. a.C. e il primo quarto del I sec. d.C.
Infi ne, i due ultimi campioni analizzati appartengono a dei fondi di patinae di forma indeterminata (CJB 7 e 9).
Il materiale analizzato proviene da quattro unità stratigrafi che diverse databili dal I sec. d.C. Otto provengono da un livello di scarico (US 39036) in cui la ceramica comune è il materiale maggiormente rappresentato. Abbiamo contato 118 frammenti di patinae a vernice rossa interna così come 128 frammenti di ceramica comune da cucina, con una maggioranza di patinae a bordo bifi do e di coperchi.
Due campioni, due patinae in vernice rossa interna di forma Goudineau 13 e 15, provengono da un livello di distruzione (39096) di un mausoleo di epoca imperiale.
Il campione CJB34 corrisponde ad una patina a vernice rossa interna di forma Goudineau 13 reimpiegata come coperchio per un’urna cineraria (39115) datata al I sec. d.C.
Infi ne, i trenta e ultimi campioni di questo settore provengono da uno strato di distruzione (39126) datato al I sec. d.C.
Settore A : discarica di età fl avia (fi g. 1).
Il settore A, scavato fra il 2001 e il 2003 nell’ambito del progetto Kyme 2, è situato fuori dalla città, a una cinquantina di metri dalla porta mediana. Al disopra di un grande collettore utilizzato dal I sec. a.C. al I sec. d.C., si è impostata una discarica di età fl avia. Il vasellame ceramico, studiato da Michel Pasqualini, rappresenta più di 18000 frammenti attribuibili a 4279 individui. L’essenziale è composto da vasellame da tavola e da cucina4.
I cinque campioni analizzati provengono da uno stesso strato (US 300 020), che costituisce il livello di superfi cie della discarica. La ripartizione è la seguente : vi sono due piatti di ceramica comune da cucina (CJB45, 47) e tre piatti a vernice rossa interna (CJB44, 48 e 50). Questi cinque campioni sono marchiati dal fabbricante prima della cottura (fi g. 6).
4 Capo del Servizio archeologico municipale di Fréjus. I dati
sui materiali della discarica sono stati utilizzati secondo il suo
studio.
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A. De Bonis, L. Cavassa, C. Grifa, A. Langella, V. Morra
Fig. 4 – Materiali del settore E: patinae di forma Goudineau 15 in ceramica a vernice rossa interna
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Le ceramiche comuni di Cuma
(2131b) che non sembra essere attestato al di fuori dell’Italia meridionale. Basandosi sull’osservazione dell’argilla, V. Di Giovanni la ritiene di produzione campana11.
CERAMICA A VERNICE ROSSA INTERNA.
Questa produzione è composta da piatti e coperchi destinati esclusivamente alla cottura degli alimenti. s. Loeschke nel 1904 utilizza la denominazione « Rosso Pompeiano» (Pompejanisch-roten Platten), per defi -nire l’ingobbio interno dei piatti, che richiama il rosso cinabro degli affreschi pompeiani12.
Christian Goudineau qualifi ca la produzione in questi termini: sono dei « piatti di cui tutta la superfi cie interna è ricoperta da un ingobbio di colore rosso; l’esterno invece, è allo stato grezzo, ad
11 Di Giovanni 1996, p 78.
12 Desbat 2003, p. 169.
2- Le ceramiche comuni a Cuma.
CERAMICA COMUNE DA CUCINA.
La ceramica comune culinaria raggruppa tutta la batteria di piatti, marmitte, ollae, coperchi, ecc., utilizzati per la preparazione e la cottura delle derrate.
Trenta dei nostri campioni appartengono a questa categoria. Sono rappresentati tre tipi : olla, coperchio e patina.
La patina di tipo Di Giovanni 2131, caratterizzata da un labbro bifi do, dotato di scanalatura per posarvi il coperchio, è il piatto caratteristico delle produzioni romane e campane, largamente diffuso nel mondo romano dall’epoca repubblicana e durante l’epoca imperiale. La tipologia stabilita da V. Di Giovanni distingue due varianti a questa patina che si basano sulla forma del fondo, leggermente concavo con una scanalatura all’interno (2131a), largamente diffuso nell’insieme del bacino mediterraneo, o piatto
Fig. 5 – Materiali del settore E: patinae di forma Goudineau 13 in ceramica a vernice rossa interna
5 cm
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A. De Bonis, L. Cavassa, C. Grifa, A. Langella, V. Morra
eccezione del bordo, anch’esso rivestito di rosso »13. Si tratta di piatti destinati alla cottura degli alimenti, il cui rivestimento rosso interno ha una funzione antiaderente.
Lo studio di G. Pucci14, che prende in considerazione il materiale archeologico e le fonti letterarie, giunge alla conclusione che Cuma era uno dei centri di produzione dei piatti a vernice rossa interna. Egli cataloga i differenti autori latini che parlano di produzioni ceramiche di Cuma. Apicio, per esempio, indica che i piatti di Cuma (cumanae) sono utilizzati per la cottura degli alimenti15, mentre Marziale16 vanta i meriti dei piatti in terra rossa di Cuma (cumano rubicundam puluere).
13 Goudineau 1970, p.159.
14 Pucci 1975.
15 Apicio le nomina sei volte nell’Arte culinaria : IV,11,138;
V,2,196; V,4,198; VI,2,238; VI,5,241 et VII,7,302.
16 Marziale, Epigrammi, XIV, 114.Fig. 6 – Materiale del settore A
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Le ceramiche comuni di Cuma
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321
Le ceramiche comuni di Cuma
cucina caratterizzato da un rivestimento interno a vernice rossa, defi nito Rosso Pompeiano.
2. Inquadramento geologico
L’insediamento di Cuma è posto sul margine occidentale dell’area dei Campi Flegrei, in una caldera vulcanica creatasi in seguito alle eruzioni dell’Ignimbrite Campana (39 ky B.P.; De Vivo et al., 2001) e del Tufo Giallo Napoletano (15.4 ky B.P.; Deino et al., 2004, Insinga et al., 2004). Il distretto dei Campi Flegrei è caratterizzato da un gran numero apparati vulcanici la cui attività è essenzialmente esplosiva. I prodotti fl egrei appartengono alla serie potassica (KS) (Conticelli et al., 2002, 2004) ad affi nità shoshonitica di cui le trachiti rappresentano il litotipo più diffuso. Le fasi mineralogiche principali sono clinopirosseno, plagioclasio, sanidino, biotite e magnetite; l’olivina è presente solo nelle rocce meno evolute. Fra i minerali accessori vi sono zircone, anfi bolo bruno, titanite, mentre nei prodotti più evoluti si può trovare nefelina (Rosi e Sbrana, 1987).
L’area archeologica di Cuma è situata su di una cupola lavica a composizione trachitica, su cui poggia in discordanza un banco di scorie saldate, associate a scorie arrossate di spessore variabile ascritto alla formazione della Breccia Museo (facies prossimale dell’Ignimbrite Campana; Melluso et al., 1995; Fedele et al., 2008). Verso l’alto vi è un deposito piroclastico incoerente formato da grosse scorie immerse in una matrice cineritica biancastra, affi ancato in discordanza da Tufo Giallo Napoletano (fi g. 7, da Di Girolamo et al., 1984, modifi cato).
3. Metodologie analitiche
Le metodologie analitiche minero-petrografi che adottate per questo studio sono:
• Descrizione macroscopica dei frammenti ceramici a carattere prevalentemente qualitativo, in cui si descrivono colore (Munsell Soil Color Chart), durezza, sensazione al tatto e tessitura degli impasti, senza l’ausilio di strumenti particolari.
• Osservazione in sezione sottile al microscopio polarizzatore, per descrivere le caratteristiche tessiturali, le proprietà ottiche della matrice e
Riassunto
Gli scavi effettuati a Cuma dai ricercatori del Centre Jean Bérard hanno riportato alla luce una grande quantità di reperti ceramici. Il presente studio è stato concentrato su ceramiche comuni da cucina e su di un particolare tipo di ceramica da cucina a vernice rossa interna, denominato Rosso Pompeiano. Tutti i frammenti sono costituiti da degrassante vulcanico: feldspato, clinopirosseno, scorie, pomici, litici e, in minor quantità biotite, anfi bolo, granato e scorie a leucite. Dal punto di vista chimico i campioni analizzati si suddividono in due gruppi principali costituiti indifferentemente da campioni di entrambe le tipologie. La distinzione fra i due raggruppamenti è dovuta alla differente quantità di inclusi presente nei frammenti, come messo in evidenza dall’analisi modale. I dati XRD e SEM indicano che la maggioranza dei campioni fu sottoposta a temperature di cottura in un intervallo compreso fra 900 e 1000°C. Fanno eccezione alcuni campioni di un gruppo di ceramica a vernice rossa interna per i quali sono ipotizzate temperature inferiori, comprese fra 800 e 850°C.
1. Introduzione
I materiali ceramici provenienti dallo scavo effettuato a Cuma dai ricercatori del Centre Jean Bérard nell’ambito del progetto Kyme 3 (2004-2005) sono stati sottoposti a una serie di analisi archeometriche. Lo scopo principale di questo tipo di indagine è quello di caratterizzare i materiali ceramici in base alle loro caratteristiche osservate in microscopia ottica e alla loro composizione chimica in relazione alle materie prime utilizzate (argilla e degrassante), al fi ne di ricostruire la provenienza di una determinata produzione ceramica tenendo conto delle caratteristiche geologiche del territorio. Inoltre l’analisi mineralogica e l’osservazione delle microtessiture al microscopio elettronico permettono di risalire alle temperature di cottura dei materiali ceramici.
Questo studio è stato focalizzato su 49 reperti ceramici (tab. 1), per la cui descrizione archeologica dettagliata si rimanda al contributo di L. Cavassa nella sezione precedente del presente articolo. Si tratta di 30 frammenti di ceramica comune da cucina e 19 di un particolare tipo di ceramica da
II- Caratterizzazione archeometrica di ceramiche comuni da cucina e a vernice rossa interna (rosso pompeiano) dell’area archeologica di Cuma (A.D.B., C.G., A.L., V.M.)
322
A. De Bonis, L. Cavassa, C. Grifa, A. Langella, V. Morra
sono costituiti da matrice otticamente inattiva; nei campioni CJB32, 45 e 54 è visibile una debole attività. Gli impasti presentano una porosità media, caratterizzata da fratture allungate orientate paral-lelamente alla superfi cie dei manufatti (fi g. 8b). La distribuzione degli inclusi è di tipo bimodale con una frazione grossolana costituita prevalentemente da prodotti vulcanici. Il feldspato alcalino è la fase più abbondante a cui segue clinopirosseno (fi g. 8a). Scorie (talvolta contenenti leucite) e litici vulcanici (costituiti prevalentemente da plagioclasio e biotite) sono presenti in tutti i campioni; le pomici, anch’esse frequenti, sono assenti in CJB1 e 5. Biotite e granato sono visibili in tracce in molti campioni con individui di piccole dimensioni. L’anfi bolo è visibile in piccola quantità in CJB27, 29, 33, 35, 47, mentre sporadici cristalli di plagioclasio sono presenti in molti campioni. Inoltre nei frammenti CJB1, 4, 26, 29, 32, 33, 42 e 55 è stata osservata chamotte. La frazione fi ne è composta principalmente da piccoli cristalli di minerali sialici costituiti da quarzo e feldspato alcalino. Nell’ambito della ceramica comune da cucina è possibile distinguere due raggruppamenti, le cui caratteristiche si rifl ettono nei gruppi identifi cati su base chimica. Le principali differenze sono dovute al contenuto di inclusi (packing), compreso fra 25 e 35% nei frammenti CJB2, 25, 26, 32, 36, 45, 47, 54 e 55, mentre nei restanti campioni è dell’ordine del 20-25%.
I campioni di ceramica a vernice rossa interna (Rosso Pompeiano) (esclusi CJB38 e 44 di cui manca la sezione) sono caratterizzati da distribuzione bimodale dei costituenti. La frazione grossolana è costituita da abbondanti inclusi vulcanici, fra i quali si osservano, in ordine di abbondanza: feldspato alcalino, clinopirosseno, scorie e litici vulcanici e pomici. Occasionalmente si osservano plagioclasio e biotite. In molti campioni sono visibili scorie a leucite e sporadici cristalli di granato; fra gli altri
identifi care il tipo e l’abbondanza di degrassante attraverso l’analisi modale.
• Analisi chimica degli elementi maggiori e in traccia tramite spettrometria per fl uorescenza di raggi X (XRF).
• Analisi diffrattometrica per raggi X (XRD) per identifi care le fasi mineralogiche non risolvibili al microscopio ottico che costituiscono gli impasti ceramici.
• Microscopia elettronica a scansione (SEM) per valutare il grado di sintering e le caratteristiche microtessiturali della matrice.
4. Risultati
4.1 ANALISI MACROSCOPICA
Dai risultati dell’analisi (tab. 1) si osserva che la maggior parte dei frammenti di ceramica comune da cucina sono costituiti da impasti di durezza media, e superfi ci ruvide al tatto. Il colore è il rosso tipico della terra cotta; nei piatti da fuoco è possibile osservare zonature cromatiche caratterizzate da un nucleo rosso e una parte esterna di colore grigio scuro. I campioni di ceramica a vernice rossa interna (Rosso Pompeiano) sono costituiti da impasti duri, di cui circa la metà presenta una colorazione rossa uniforme. Alcuni campioni presentano tinte più scure e talvolta zonature (sandwich) caratterizzate da nucleo rosso e margine grigio scuro. Molti campioni di questa tipologia conservano tracce d’iscrizioni o bolli.
4.2.1 MICROSCOPIA OTTICA (OM)
Tutti i campioni di ceramica comune da cucina (escluso CJB24 di cui manca la sezione sottile)
Fig. 7 – Stratigrafi a dell’area di Cuma (Di Girolamo et al., 1984, modifi cato)
323
Le ceramiche comuni di Cuma
4.2.2 Analisi modale
Attraverso l’analisi modale (tab. 2) è stato possibile defi nire con maggiore precisione le analogie già individuate in microscopia ottica fra i vari campioni. L’indagine è stata eseguita su alcune sezioni rappresentative di ceramica comune da cucina (CJB12, 25, 27, 29, 47, 55) e di ceramica a vernice rossa interna (CJB3, 9, 11, 13, 34, 48, 50, 53), selezionate in base alle loro caratteristiche tessiturali.
I campioni di ceramica comune da cucina (CJB12, 27, 29) sono caratterizzati mediamente da una percentuale di matrice di circa 66%, da una porosità del 11% e da un contenuto di inclusi prossimo al 23%. Fra questi la fase mediamente più
costituenti vi sono ARF (Argillaceous Rock Fragments); (Whitbread, 1986). Anche in questo caso la frazione fi ne è caratterizzata in prevalenza da piccoli cristalli sialici, costituiti, con ogni probabilità, da quarzo e feldspato alcalino.
Anche i frammenti di ceramica a vernice rossa interna si possono suddividere in due gruppi defi niti in base ad alcune differenze petrografi che. I campioni CJB3, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 14 e 15 sono caratterizzati da matrice otticamente inattiva, porosità media con fratture parallele alle pareti dei manufatti e packing compreso fra 25 e 30%. I rimanenti frammenti sono caratterizzati da spiccata attività ottica della matrice (fi g. 8d), porosità scarsa, packing medio più elevato (35-40%), frequente chamotte e un rivestimento più spesso e regolare (fi g. 8c).
Fig. 8 – Caratteristiche d’impasti rappresentativi in sezione sottile. a) Ceramica comune (CJB27). Clinopirosseno (100X – nicols paralleli); b) Ceramica comune (CJB23). Matrice con fratture longitudinali. (25X – nicols paralleli); c) Rosso Pompeiano (CJB53). Particolare del rivestimento rosso. Sono visibili clinopirosseno, scorie e un cristallo di granato (25X – nicols paralleli); d) Rosso Pompeiano (CJB52). Matrice otticamente attiva con degrassante vulcanico (25X – nicols incrociati)
324
A. De Bonis, L. Cavassa, C. Grifa, A. Langella, V. Morra
e dal sottogruppo RP2, costituito da 11 campioni di ceramica a vernice rossa interna (CJB9, 14, 15, 34, 44, 48, 50, 51, 52, 53, 56).
Tutti i campioni del gruppo I (COM1, RP1) sono caratterizzati da un contenuto medio di SiO2 (62,1%), Ni (69 ppm) e Cr (116 ppm) più elevato rispetto ai frammenti del gruppo II, mentre Al2O3 (18,0%), Zr (306 ppm) e Nb (36 ppm) presentano valori mediamente inferiori. I campioni del sotto-gruppo COM1 possiedono in media un più elevato contenuto di SiO2 (62,9%) rispetto a RP1 (61,2%) e, come si può osservare (tab. 3), entrambi sono caratterizzati da una deviazione standard (1,48) che indica una certa variabilità dei valori di quest’ossido. Un’ulteriore distinzione nell’ambito del gruppo I è dovuta ai valori di Fe2O3 (fi g. 9b) e MgO, che risultano inferiori nel sottogruppo COM1 (Fe2O3 = 7,1%, MgO = 2,9%) rispetto a RP1 (Fe2O3 = 8,2, MgO = 3,2%).
Il gruppo II (COM2, RP2) è caratterizzato, invece, da valori mediamente inferiori di SiO2 (58,9%), Ni (56 ppm) e Cr (78 ppm) rispetto al gruppo I e da contenuti più elevati di Al2O3 (21,0%), Zr (398 ppm) e Nb (48 ppm). I valori medi della SiO2 nei due sottogruppi (58,8% in COM2 e 58,9% in RP2) risultano essere molto simili fra loro; inoltre il valore della deviazione standard relativamente basso (0,85) indica un miglior raggruppamento dei campioni relativamente a quest’ossido. Tale condizione è meno evidente in COM2 nel caso di Ni e Cr, per cui i campioni risultano maggiormente dispersi.
Inoltre vi è da segnalare il campione CJB22 del sottogruppo COM1, il quale si differenzia dalle altre ceramiche comuni da cucina per il valore di Na2O (6,0%), molto superiore rispetto alla media di tutti i frammenti studiati (1,70%).
4.4 ANALISI MINERALOGICA (XRD)
Le fasi più abbondanti rilevate in diffrattometria, comuni a tutte le tipologie ceramiche analizzate sono feldspato e quarzo. Nelle ceramiche comuni da cucina l’ematite è scarsa o presente solo in tracce a esclusione dei campioni CJB12 e 31. L’illite è sporadica in CJB33, 37 e 47, presente in tracce nei campioni CJB2, 22, 26, 32, 36, 45, 54 e assente nei restanti campioni. Il pirosseno si rileva sporadicamente nei reperti CJB1, 2, 4, 5, 12, 36, 37 e 4 e solamente in tracce negli altri campioni di ceramica da cucina.
I campioni di ceramica a vernice rossa interna (Rosso Pompeiano) contengono, oltre a quarzo e feldspato, anche ematite, la quale è assente
abbondante è il feldspato alcalino (11%) a cui seguono clinopirosseno (5%) e scorie vulcaniche (4%). Gli altri costituenti sono presenti in scarsa quantità o in tracce. Nei frammenti CJB25, 47 e 55 di ceramica comune da cucina la matrice costituisce in media il 59% degli impasti, i pori l’11%, mentre gli inclusi il 30%. Fra le diverse fasi presenti il feldspato alcalino raggiunge circa il 18%, mentre il clinopirosseno il 4%. Scorie vulcaniche e pomici sono prossime al 3%. La chamotte è presente in quantità inferiore al 2%, mentre altri costituenti sono presenti in tracce.
I campioni di ceramica a vernice rossa interna (Rosso Pompeiano) CJB3, 9, 11 e 13 sono caratterizzati da una percentuale media di matrice prossima al 61%, una porosità del 12% e un contenuto medio di inclusi del 27%. Feldspato alcalino e clinopirosseno rispettivamente raggiungono in media circa 8% e 7%; nel campione CJB3 il feldspato alcalino supera il 14%. Le scorie sono in media del 5%; gli altri costituenti sono osservabili in quantità scarsa o in tracce. I frammenti CJB34, 48, 50 e 53 di ceramica a vernice rossa interna sono costituiti in media dal 54% di matrice, dall’8% di pori e da oltre il 38% di inclusi, percentuale che nel campione CJB34 raggiunge il 47%. Il feldspato alcalino raggiunge quasi il 19%, mentre il clinopirosseno non arriva al 5%. Le scorie superano il 6%; pomici e litici hanno entrambi un quantitativo medio di circa il 2%. La chamotte è presente con una media del 4%, che nel campione CJB34 raggiunge quasi il 7%. Altri costituenti sono visibili solo in tracce.
4.3 ANALISI CHIMICA (XRF)
I campioni analizzati sono tutti caratterizzati da un contenuto di CaO (media 3,0%) sempre inferiore al 6%: limite stabilito per distinguere gli impasti calcarei da quelli non calcarei (Tite & Maniatis, 1975). Nei diagrammi (fi g. 9) sono rappresentate le quantità di alcuni elementi maggiori (espressi come percentuale dei rispettivi ossidi) e in traccia (ppm), i cui valori hanno permesso di suddividere i campioni in due gruppi principali, costituiti indifferentemente da frammenti di entrambe le tipologie studiate.
Il gruppo I comprende il sottogruppo COM1, formato da 19 campioni di ceramica comune da cucina (CJB1, 4, 5, 12, 21, 22, 23, 27, 28, 29, 30, 31, 33, 35, 37, 39, 40, 41, 42), e il sottogruppo RP1, costituito da 8 campioni di ceramica a vernice rossa interna (Rosso Pompeiano) (CJB3, 6, 7, 8, 10, 11, 13, 38). Il gruppo II è costituito dal sottogruppo COM2, che comprende 11 frammenti di ceramica comune da cucina (CJB2, 16, 24, 25, 26, 32, 36, 45, 47, 54, 55),
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Le ceramiche comuni di Cuma
I campioni CJB22 (fi g. 10a) e CJB55 mostrano una vetrifi cazione iniziale (IV) che indica temperature di cottura comprese fra 850 e 900°C, ciò è confermato anche dalla persistenza di strutture illitiche. Il campione CJB25 presenta una struttura di vetrifi cazione continua CV(CB) caratterizzata da pori di grandi dimensioni, che indica una temperatura di cottura in condizioni riducenti (come suggerisce il colore grigio scuro dell’impasto) compresa fra 1050 e 1100°C.
I campioni CJB3 e 6 di ceramica a vernice rossa interna (Rosso Pompeiano) presentano una struttura di vetrifi cazione estensiva (V) che indica una temperatura di cottura compresa fra 850 e 900°C. Nei campioni CJB34 e 48 è stato osservato uno stadio di vetrifi cazione iniziale (IV) tipico di temperature comprese fra 800 e 850°C. In CJB38 (fi g.10b) si osserva una struttura di vetrifi cazione continua CV(FB) che permette di stimare un intervallo termico di cottura compreso fra 950 e 1000°C; nel campione CJB50 la presenza d’illite e la struttura scarsamente vetrifi cata (NV+) indicano temperature prossime agli 800°C.
nei frammenti CJB7, 8 e 11. L’illite si riscontra sporadicamente o in tracce nei campioni CJB48, 50, 52, 53 e 56; il pirosseno non si osserva nei campioni CJB14, 15, 52 e 53.
4.5 MICROSCOPIA ELETTRONICA (SEM)
L’osservazione al SEM ha permesso di valutare il grado di sintering degli impasti ed eseguire delle stime degli intervalli di temperatura di cottura di alcuni frammenti ceramici fra i più rappresentativi (tab. 4), secondo la metodologia proposta da Tite e Maniatis (1975). La scelta dei campioni è stata effettuata in base alla presenza di alcune fasi mineralogiche identifi cate in diffrattometria, indicative di intervalli termici defi niti. Sono stati selezionati quattro frammenti di ceramica comune da cucina (CJB12, 22, 25, 55) e sei di ceramica a vernice rossa interna (CJB3, 6, 34, 38, 48, 50). Fra le ceramiche d’uso comune si nota, in CJB12, una struttura di vetrifi cazione continua caratterizzata da pori di piccole dimensioni CV(FB) tipica di temperature comprese fra i 950 e i 1000°C.
Fig. 9 – Diagrammi binari fra elementi maggiori e in traccia. I quadrati rappresentano i campioni di ceramica comune da cucina, le losanghe la ceramica a vernice rossa interna (Rosso Pompeiano).
I campioni del I gruppo sono raffi gurati in bianco, quelli del II gruppo in nero
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maggiore percentuale di matrice argillosa rispetto al degrassante. Inoltre all’interno di questo gruppo sono state riscontrate alcune differenze fra i campioni delle due tipologie (COM1 e RP1) determinate da Fe2O3 e MgO, i cui valori sono più elevati in RP1 (Fe2O3 = 8,2, MgO = 3,2%) rispetto a COM1 (Fe2O3 = 7,1%, MgO = 2,9%). Tali distinzioni possono essere legate alla maggiore percentuale di clinopirosseno (7%) osservata in analisi modale relativamente ai campioni del sottogruppo COM1 (4%).
Molti campioni di entrambe le tipologie contengono minerali (granato e scorie a leucite) non associabili alle paragenesi dei Campi Flegrei, il che lascerebbe presupporre che il degrassante utilizzato per questi impasti provenga dal complesso vulcanico del Somma-Vesuvio.
Dal punto di vista tecnologico la maggioranza dei campioni studiati è caratterizzata da impasti di colore rosso tipici di cotture in atmosfera ossidante. In molti campioni si osservano strutture zonate (sandwich) caratterizzate da un nucleo rosso e un margine grigio scuro, probabilmente dovute a una variazione verso condizioni riducenti durante le ultime fasi della cottura. I campioni CJB21, 25, 30 e 31 di ceramica comune da cucina sono costituiti da impasti di colore grigio scuro che indicano una cottura in atmosfera riducente. La maggior parte dei reperti ceramici è caratterizzata da fratture allungate parallelamente alle pareti dei manufatti dovute presumibilmente agli stress termici che le ceramiche da fuoco subivano durante l’utilizzo a causa del ripetuto contatto con le fi amme (Tite et al., 2001).
Le temperature di cottura stimate per i campioni di ceramica comune da cucina sono comprese in intervalli relativamente alti. Ciò è evidenziato dall’assenza quasi costante di illite e dall’isotropia ottica della matrice. Tuttavia, le strutture di vetrifi cazione iniziale (IV) osservabili al SEM nei campioni CJB22 e 55 suggeriscono per questi temperature di cottura più basse, comprese fra 850 e 900°C. I campioni CJB3 e 6 di ceramica a vernice rossa interna (Rosso Pompeiano) appartenenti al gruppo I sono caratterizzati da strutture di vetrifi cazione estensiva (V) e la temperatura stimata è compresa fra 850 e 900°C; nel campione CJB38 dello stesso gruppo la struttura di vetrifi cazione continua CV(FB) denota temperature comprese fra 850 e 1000°C. I frammenti di ceramica a vernice rossa interna CJB34 e 48 del gruppo II presentano strutture di vetrifi cazione iniziale (IV) che permettono di stimare temperature di cottura più basse, comprese fra 800 e 850°C. Nel campione CJB50 la struttura
5. Discussioni
Le analisi effettuate sui materiali ceramici provenienti da Cuma hanno messo in evidenza le principali caratteristiche mineralogiche e petrografi che delle due tipologie studiate: ceramiche comuni da cucina e a vernice rossa interna (Rosso Pompeiano).
Tutti i campioni sono realizzati con impasti prodotti con argilla di tipo non calcareo (CaO < 6%) a cui è stato aggiunto degrassante vulcanico costituito da: feldspato alcalino (sanidino), clinopirosseno (diopside, fe-salite), scorie (talvolta contenenti leucite), litici vulcanici (prevalentemente a plagioclasio e biotite) e pomici. In molti campioni si osservano sporadici cristalli di granato e anfi bolo. La frazione residuale dell’argilla è costituita da piccoli cristalli di feldspato e quarzo, la cui presenza è stata riscontrata in proporzione abbondante in diffrattometria.
Nonostante le affi nità riscontate in microscopia ottica sono state osservate alcune differenze tessiturali fra i gruppi di campioni dovute prevalentemente alle diverse proporzioni di degrassante in relazione alla matrice argillosa. Le differenze osservate in sezione sottile hanno trovato riscontro nei risultati dell’analisi chimica, attraverso la quale è stato possibile distinguere due raggruppamenti principali, costituiti indifferentemente da campioni di entrambe le tipologie ceramiche studiate: il gruppo I, comprendente i sottogruppi COM1 di ceramica comune da cucina e RP1 di ceramica a vernice rossa interna (Rosso Pompeiano), e il gruppo II costituito dai relativi sottogruppi COM2 e RP2. I campioni del gruppo I sono caratterizzati da valori più elevati di SiO2 e valori inferiori di Al2O3. In particolare il più elevato contenuto di SiO2 è determinato dalla
Fig. 10 – Caratteristiche microtessiturali degli impasti ceramici. a) ceramica comune CJB22, struttura di vetrifi cazione iniziale (IV) ; b) ceramica a vernice rossa interna CJB38, struttura di vetrifi cazione continua CV(FB)
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Le ceramiche comuni di Cuma
abbondanza di degrassante presente. In particolare i campioni del primo gruppo sono caratterizzati da una percentuale di degrassante inferiore rispetto ai frammenti del secondo gruppo che si rifl ette in un maggiore contenuto di SiO2 e un minore quantitativo di Al2O3. In particolare la maggiore presenza della matrice argillosa nei campioni del primo gruppo avrebbe contribuito in maniera signifi cativa all’incremento di SiO2.
Le differenze individuate fra i due gruppi lascerebbero supporre l’esistenza di almeno due atelier che utilizzavano tecnologie di produzione leggermente differenti fra loro, caratterizzate principalmente dal quantitativo di degrassante aggiunto ai manufatti (inferiore nel gruppo I) e dalle modalità di cottura.
In base a queste considerazioni è possibile supporre un’origine comune per tutti i reperti studiati, tuttavia la presenza nel degrassante di minerali estranei all’area di ritrovamento (granato e scorie a leucite) non permette di associarli a una produzione locale cumana. Il ritrovamento di questi minerali, tipici del Somma-Vesuvio, suggerisce una provenienza dall’area vesuviana.
(NV+) indicherebbe temperature anche inferiori agli 800°C, come suggeriscono la presenza di illite e l’attività ottica della matrice osservata in sezione sottile.
Le considerazioni effettuate hanno permesso di ipotizzare l’esistenza di offi cine in cui i vasai erano particolarmente attenti a diversifi care le tecnologie di produzione in funzione della destinazione d’uso dei manufatti, in particolare per le modalità e temperature di cottura adottate.
6. Conclusioni
I campioni analizzati presentano una buona omogeneità composizionale sia chimica che petrografi ca. Si tratta di impasti non calcarei con abbondante degrassante di tipo vulcanico. Tuttavia, l’analisi dei dati chimici mostra alcune differenze che permettono di defi nire due raggruppamenti costituiti indifferentemente da frammenti appartenenti a entrambe le tipologie studiate (ceramica comune da cucina e ceramica a vernice rossa interna). Tali distinzioni dipendono principalmente dalla diversa
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