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Christine Delport Il manoscritto antico
CHRISTINE DELPORT
IL MANOSCRITTO ANTICO
E LE CENTURIE DI NOSTRADAMUS
ROMANZO DI FANTASCIENZA
Centuria IX, quartina 44:
“Migrés , migrés de Genesue trestous
Saturne dʹor en fer se changera
Le contre Raypoz, exterminera tous
Avant dʹadvent le ciel signes fera”
Christine Delport Il manoscritto antico
( “Fuggite, fuggite da Ginevra tutti
Saturno si cambierà dʹoro in ferro.
Il contrario Raypoz sterminerà tutti
Prima dellʹaccaduto il cielo darà segni.”)
“Le Centurie” di Michel Nostradamus
“La vita è sogno”
Pedro Calderon de la Barca, drammaturgo spagnolo.
Parte prima
UN ESPERIMENTO A GINEVRA
Sotto quella montagna, in un immenso tunnel sotterraneo e
circolare lungo ventisette chilometri, scavato a cento metri di
profondità nella roccia, la grande macchina era pronta ad entrare
in azione. Era sovrastato, in superficie, il tunnel, da una grande
cupola come quella di San Pietro, attorniata a sua volta da
edifici a prova di bomba nucleare, con immense vetrate
infrangibili e pullulante di strumenti scientifici, di computer, di
uomini e donne in camice bianco, fisici delle sub‐particelle, dei
quark, dei quanta, astrofisici, specialisti della meccanica
quantistica. Sotto la mastodontica cupola, tutti indaffaratissimi,
assieme agli assistenti, in quel mese di settembre del 2008 a
controllare che tutto fosse a posto.
Nessuno faceva caso al maestoso spettacolo delle Alpi. Tutti gli
occhi erano puntati sugli schermi e sui simulatori di ʺviaggioʺ. A
viaggiare sarebbero stati fasci di protoni, i quali ‐ era stato
calcolato dagli scienziati ‐ si sarebbero incrociati quaranta milioni
Christine Delport Il manoscritto antico
di volte al secondo, provocando, in media, ad ogni incrocio una
ventina di collisioni protone‐protone. Per un totale,
minuziosamente calcolato, di ottocento milioni di collisioni al
secondo.
Era, per lʹesattezza , il dieci settembre del 2008, quando il
direttore del Cern diede il segnale di ʺvia liberaʺ al cosiddetto
esperimento del secolo.
Il Large Hadron Collider era stato costruito a bella posta per
ricreare quelle che gli scienziati avevano, pomposamente,
definite le condizioni immediatamente successive al Big Bang. La
grande deflagrazione , avvenuta quattordici miliardi di anni fa,
che aveva dato origine allʹuniverso.
Cʹera una grande aspettativa nel mondo, anche perché uno
scienziato tedesco, di cui ormai nessuno più ricordava il nome,
aveva provocato, nel ruolo di Cassandra del Ventunesimo secolo,
un certo allarmismo mediatico.
ʺQuellʹaggeggio infernale, lo LHC ‐ aveva ammonito ‐
provocherà un immenso buco nero primordiale che, nel giro di
qualche annetto, risucchierà tutta la Terra.ʺ
Alcuni scienziati pessimisti erano dʹaccordo con lui e cʹera stato
persino un ricorso allʹ Onu, (settore diritti umani) per
bloccare il test. Invano.
I fisici del mondo intero avevano accolto lʹallarme con buon
umore e ci avevano scherzato su, nelle dirette televisive e nei
talks‐ shows.
ʺAl massimo ‐ aveva esclamato un fisico britannico ‐ si potrà
creare un buchino nero, come ce ne sono tanti nel nostro
universo. Capace di ingoiare un quark, neppure, per intenderci
la capocchia di uno spillo...ʺ
Gli inviati speciali da tutto il mondo erano piovuti a Ginevra,
intere équipes televisive, i massimi specialisti del settore, i grandi
tenori della fisica come il premio Nobel ,Carlo Rubbia, ideatore
del progetto e dellʹastronomia come Margherita Hack, filosofi
della scienza come Fritjof Capra , autore del “Tao della fisica”,
filosofi e teologi come Marco Ivaldo, specialista di Fichte e Jacobi
e docente di filosofia morale presso lʹUniversità “Federico II” di
Christine Delport Il manoscritto antico
Napoli.
Giornalisti e scrittori parecchio noti come Vittorio Zucconi ,
Ennio Caretto, Anna Guaita. venuti appositamente da
Washington e New York per seguire lʹevento, direttori di
quotidiani e settimanali come Mario Pendinelli , Pietro
Calabrese, Giulio Anselmi ,Vittorio Emiliani, Marcello Sorgi,
corrispondenti esteri come Antonio Foresi della Rai‐Tv i
giornalisti esperti degli affari economici e finanziari dellʹUnione
Europea, come Ugo Piccione, Romano Dapas, Renato Proni,
Franco Papitto, e tante altre personalità del mondo dei mass
media.
Politici in vista come Francesco Rutelli, Marco Pannella, Emma
Bonino, Paolo Bonaiuti.
Cʹera persino, tra gli invitati dʹonore, lo scrittore siciliano
Camilleri, il padre del commissario Montalbano.
Che ci faceva un ʺgiallistaʺ al Cern ?
ʺBeh, avevano scherzato i cronisti, nel caso un buco nero uccida
un quark!ʺ
Unʹ inviata di un network televisivo aveva chiesto allo scrittore:
ʺTutto questo le ispirerà un libro?ʺ
ʺNo, a me no. ‐ aveva replicato Camilleri ‐ ma visto che qui
stiamo per assistere ad un viaggio nel tempo, forse qualche
scrittore di fantascienza troverà lʹispirazione.ʺ
Lʹinviato de ʺIl Secolo XIXʺ, Lodovico de Ferraris ,in compagnia
del giovane direttore del quotidiano ligure, Umberto La Rocca,
era avvantaggiato dal fatto che, al Cern, lavoravano numerosi
fisici genovesi. Ne aveva avvicinato uno, Mario Righi, e si era
fatto spiegare per filo e per segno come sarebbero andate le cose.
Aveva risposto pazientemente, il fisico: ʺ Il Large Hadron
Collider è il più grande e complesso strumento scientifico
esistente al mondo. Dentro vengono, per così dire, sparati o
esplosi come preferite, fasci di particelle nellʹacceleratore Sps.
Raggiungono quasi la velocità
della luce, si scontrano tra di loro provenienti da direzioni
diametralmente opposte. Boom!ʺ
Il giornalista aveva avuto un attimo di trasalimento ed era
Christine Delport Il manoscritto antico
sobbalzato.
Mario Righi si era messo a ridere: ʺNiente paura, giovanotto. Di
quanto avverrà ci accorgeremo soltanto noi scienziati.ʺ
ʺAh beh, se è così...ʺ aveva replicato, annotando le frasi sul
taccuino, lo scriba.
ʺMa certo. Non si preoccupi. Lo dica ai suoi lettori, lo dica: non vi
è assolutamente alcunché di cui preoccuparsi.ʺ
ʺSe lo dice lei... Ma cosa sperate di trovare esattamente ?ʺ
ʺIn primo luogo il bosone di Higgs.ʺ
Lʹinviato appariva alquanto smarrito. Era un redattore
scientifico. Aveva studiato anche un poco di fisica dalla teoria di
Einstein in giù. Il punto non era questo. Lui sapeva più o meno
di cosa si stava parlando; ma come spiegarlo con parole semplici
al cosiddetto uomo della strada ?
Così assieme ad altri colleghi aveva avuto la bella pensata di
definire il bosone‐fantasma, la “particella di Dio”.
Un fisico che si chiamava per lʹappunto Higgs aveva ipotizzato
lʹesistenza del bosone, o meglio della particella di Dio , alias il
creatore del Big Bang. Particella fantasma. Potenzialmente ,
poteva esistere. Era unʹipotesi di studio, frutto di calcoli ed
algoritmi, di trigonometria e di scienza dei quanta, dei protoni,
dei neutroni, dei neutrini, dei quark, del mondo sub‐atomico,
insomma. Poteva esistere la “particella di Dio” così come poteva
(o non poteva) esistere Dio.
Ma in quellʹuniverso della materia, dellʹantimateria, della
materia oscura e dellʹenergia oscura, il termine di materia, come
noi comuni mortali lʹintendiamo era caduto in disuso. Si parlava
di masse di energia, di avvenimenti casuali che potevano o non
potevano accadere. Si parlava di boots strap, la “teoria delle
stringhe”, in cui persino essere e non essere perdevano il loro
completo significato. Un mondo in cui lʹosservatore e lʹosservato,
il soggetto e lʹoggetto si confondevano come in un oceano
nirvanico primordiale. Non si parlava più soltanto del nostro
Universo, con milioni di galassie e miliardi di stelle come il
nostro sole (che è poi è una stella gialla di grandezza
medio‐piccola, mentre vi sono giganti blu, giganti rosse, etc), Ma
Christine Delport Il manoscritto antico
di altri possibili universi. Universo‐ madre, universo‐padre,
universo‐figlio, universo nipote. Cʹera anche chi aveva avanzato
la teoria della panspermia. Essa vedeva i pianeti come possibili
ovuli da fecondare e, forse, le comete come possibili spermatozoi
fecondanti. Ecco come si sarebbe diffusa la vita. Insomma, ce
nʹera davvero per tutti i gusti.
ʺIl bosone di Higgs ‐ proseguiva, ormai scaldandosi il professor
Mario Righi ‐ dovrebbe comparire nellʹacceleratore una volta
ogni diecimila miliardi di collisioni.ʺ
ʺNon è molto. ʺ , constatò il giornalista, stando al calcolo delle
probabilità.”
ʺNo. Ma è sufficiente per vederlo. Questo è il principale obiettivo
dellʹesperimento. Ma allʹinterno del tunnel vi sono altri quattro
punti di collisione.ʺ
ʺPerbacco.ʺ
ʺEsattamente: Alice, dove noi fisici potremo osservare un plasma
di quark e gluoni, cioé lo stato in cui si trovava la materia prima
del Big Bang.
Poi cʹè Atlas che dovrà, appunto, dirci se verifica o meno
lʹesistenza della particella di Dio, o meglio del bosone di Higgs e
della super simmetria. Compito anche di un altro acceleratore
chiamato Cms ed , infine , Lhc‐b che studierà come si sia creata la
asimmetria tra la materia e lʹantimateria. Le è tutto chiaro ?ʺ
ʺAbbastanza. Grazie per lʹintervista, professore.ʺ
ʺSi figuri: è stato un piacere. Lo dica ai suoi lettori: nessuno
rischia nulla.ʺ
ʺOhibò, sono due negazioni! ʺ
ʺSì ma se X rischia Y : la radice quadrata di X piùY = rischio zero.
Non faccia il furbo con me, giovanotto!ʺ
Entrambi si erano messi a ridere, contenti che la fine del mondo
fosse stata scongiurata sia a rigor di matematica, che di equazioni
quantiche, a rigor di logica e, persino, col buon senso comune.
Ecco, quanto a questʹultima garanzia , cʹera il dubbio derivante
dai detti popolari: ʺtanto va la gatta al lardo che ci lascia lo
zampinoʺ; ʺ chi lascia la via nuova, sa quello che lascia ma non sa
quello che trovaʺ; ʺ fidarsi è bene, non fidarsi è meglioʺ ;
Christine Delport Il manoscritto antico
ʺ del senno di poi, sono piene le fosseʺ ; ʺchi va piano va sano
e va lontanoʺ ( le particelle si scontravano quasi alla velocità
della luce, tanto per capirci);
ʺla gatta frettolosa fa i gattini ciechiʺ (al Cern, tutti avevano una
gran fretta di vedere) ; ed, infine, lʹecclesiastica esortazione degli
oscurantisti di ogni secolo: ʺUomini, non cercate di imitare Dio!ʺ
Ma vaglielo a dire ai fisici delle particelle. Tutti illuministi. Più
illuministi di Voltaire. Comunque, considerazioni filosofiche a
parte, gli scienziati andavano avanti imperterriti, con ammirabile
stoicismo (in fondo, anche la filosofia stoica ha la propria dignità
essendo lʹunica davvero conosciuta dagli antichi romani non
fosse altro che per Epitteto e Marco Aurelio).
Era un progetto europeo. Non che gli americani ed i russi se ne
fossero disinteressati. Tuttavia, Ginevra era sufficientemente
lontana sia da Washington che da Mosca.
Lʹultimo vecchio adagio: ʺNon vi è alcun pericolo. Ma tra dire e il
fare, meglio se cʹè di mezzo il mare o lʹ Oceano oppure la grande
pianura russa, oltre la vecchia cortina di ferro.ʺ Insomma, i
politici e gli scienziati statunitensi e russi, figli di Obama o figli
di Putin, avevano preferito rimanere cauti e lasciare fare, in
massima parte, ai politici ai fisici ed ai finanziatori
dellʹesperimento “made in Europe”. Che il Vecchio
Continente facesse un pochino la sua parte nella corsa al
progresso. Che diamine !
I cinesi avevano inviato osservatori ed anche i giapponesi, i quali
, per loro somma disgrazia, avevano avuto unʹidea tristemente
ben precisa di cosa poteva voler dire la fine del mondo, nel 1945,
ad Hiroshima ed a Nagasaki. La bomba atomica era stata il
primo prodotto concreto della scoperta del nucleo dellʹatomo e
della sua possibile disintegrazione. Ma era storia già consegnata
al grande libro della Storia. Forse non a quello dellʹesperienza;
questʹultima, in ogni caso, è pur sempre il pettine dei calvi. Come
dice la saggezza popolare – se ci è consentita ancora la citazione
di un vecchio, collaudato, proverbio ‐ “il lupo perde il pelo, ma
non il vizio.”
Era lʹalba del 10 settembre 2008. Il via allʹesperimento era stato
Christine Delport Il manoscritto antico
dato.
Tutto era andato bene, a Ginevra, la patria di Jean Jacques
Rousseau. Il filosofo che credeva nella bontà dellʹuomo (il buon
selvaggio) ed era per un ritorno alla natura. Figuriamoci! Parlare
di ritorno alla natura con quelli del Cern. Era anche la patria di
Calvino, riabilitato in qualche modo dal Vaticano. Dai laboratori
di Ginevra i neutrini venivano inviati ai laboratori sotto il Gran
Sasso e lì venivano ricevuti e individuati.
Tutto era andato bene. Quel giorno...
La prima parte dellʹesperimento era riuscita in modo
soddisfacente per gli scienziati.
Poi lʹesperimento del super acceleratore aveva dovuto essere
sospeso per alcuni mesi, perché qualcosa ‐ pare negli impianti di
raffreddamento ‐ non aveva funzionato in modo del tutto
soddisfacente. Ma gli scienziati non avevano perso lʹottimismo.
Rimanevano in scena i pessimisti, tuttavia. Due scienziati se
nʹerano usciti, su tutti i mass media mondiali, per esporre una
teoria davvero incredibile.
La Natura – sostenevano in buona sostanza i due – aveva
talmente paura degli effetti catastrofici della “particella di Dio”
allʹorigine del Big Bang da volerne evitare, a tutti i costi, la
scoperta da parte degli scienziati. Un complesso schema
filosofico matematico era stato messo a punto per dimostrare che
lʹUniverso stesso sarebbe intervenuto per sabotare lʹesperimento
ginevrino, con incidenti apparentemente casuali, ma in realtà per
evitare la scoperta dagli esiti imprevisti e forse fatali per il
mondo e per lʹesistenza stessa dellʹuniverso.
Come dire che dal futuro una misteriosa entità trascendentale,
abituata a viaggiare nello spazio‐tempo, si sarebbe messa di
traverso per sabotare gli esperimenti del Cern e negare alla
scienza umana la chiave di accesso al temibile bosone di Higgs.
Di fatto, lʹesperimento nella grande macchina cacciatrice di
particelle subatomiche subiva un ritardo dopo lʹaltro, per diversi
intoppi in apparenza banali ma del tutto imprevedibili.
I grandi cervelli erano al lavoro per riparare gli strumenti di
ricerca.
Christine Delport Il manoscritto antico
Nessun scienziato era disposto a dichiararsi vinto dalla
misteriosa entità che forse agiva dal futuro, viaggiando nel
tempo.
UN INVITO A LOVANIO PER LʹASTROFISICO GENOVESE
Durante il periodo di sosta forzata, dovuto allʹinterruzione
temporanea dellʹesperimento, la presenza a Ginevra di tutto il
personale non era più strettamente necessaria. Per Mario Righi,
lʹoccasione per accogliere lʹinvito dellʹUniversità belga di
Lovanio che festeggiava i trecento anni dalla sua fondazione, con
una serie di conferenze pubbliche cui avrebbero partecipato
luminari di varie discipline accademiche.
ʺCome sono ingrassato ‐ disse tra sé il Righi, guardandosi di
profilo in un grande specchio in stile rococò, nella hall
dellʹhotel della città fiamminga dove era sceso, proveniente da
Zaventhem, lʹaeroporto di Bruxelles. Dovrò davvero mettermi a
dieta. Ma qui con questa cucina grassa e ricca di proteine sarà
difficile.ʺ
Non era molto alto, anzi era piuttosto basso e corpulento, un pò
stempiato da unʹincipiente calvizie, stava mettendo su la
pancetta. Assomiglio ‐ pensò ‐ al commissario Maigret,
interpretato da Gino Cervi.
Il giorno dopo era in visita allʹateneo. Non capiva una parola di
neerlandese, cioé di olandese. Tanto più che il fiammingo ha le
sue inflessioni dialettali.
Però col francese se la cavava bene. Negli ambienti accademici
prevaleva ormai lʹinglese. Ma la lingua di Molière si difendeva
con encomiabile coraggio dagli assalti dellʹidioma di
Shakeaspeare, seppure dati i tempi di prevalenza imperiale
anglo‐americana fosse difficile resistere allʹassedio linguistico.
Il rettore magnifico gli presentò diversi docenti, tra i quali un
curioso personaggio, dallʹaspetto alquanto distratto, allampanato
con i capelli arruffati di un biondo rossiccio. Sempre con la testa
Christine Delport Il manoscritto antico
tra le nuvole. E pensare, disse tra sé Righi, che lʹastrofisico sono
io. Mentre la persona con la quale conversava amabilmente era
un filologo, ricercatore di vecchi manoscritti, specialista nella
ricostruzione dei documenti letterari dellʹepoca di Erasmo da
Rotterdam.
Era il professor François Van Blum, il quale oltre a venerare
Erasmo ammirava la filosofia di Spinoza, cui rendeva a volte
omaggio sulla tomba di un cimitero dellʹAja a fianco di una
vecchia chiesa, apprezzando lʹacosmismo del grande pensatore
(“tutto è Dio e noi siamo parti di Dio”).
Si erano seduti uno di fronte allʹ altro nei locali della mensa
universitaria nellʹunico tavolo libero con i vassoi colmi di cibi
preconfezionati, guardati da entrambi con aria sospettosa.
Avevano cominciato a mangiare, con scarso appetito, rivelandosi
i rudimenti delle reciproche arti, così distanti eppure entrambe
degne di interesse.
ʺLa filologia medioevale ‐ aveva detto Righi ‐ per me è davvero
fuori portata. Secondo un modo di dire dei miei posti, per me è
greco!ʺ
ʺPer me, invece, ‐ aveva scherzato Van Blum ‐ è essenzialmente
latino. La fisica delle particelle ? Affascinante. Ecco, ma in questo
caso per me è sanscrito oppure aramaico perché ne capisco
pochissimoʺ.
Mario Righi aveva cercato di fornire i dati essenziali di una
scienza allʹavanguardia, proiettata sul futuro, ma della quale
lʹumanità tutta intera si sentiva ancora esclusa almeno a livello di
massa. Così come la gente comune era estranea allʹastronomia
nel secolo di Galileo.
Vi erano, tuttavia, molte riviste di divulgazione e ‐ avendo letto
qualcosa della Vulgata ‐ anche il filologo riusciva in qualche
modo a seguire il discorso del suo interlocutore genovese.
ʺSi tratta di una materia davvero appassionante ‐ aveva
esclamato Van Blum, portandosi in bocca un pezzo di carbonnade
flamande, il suo piatto preferito
(una specie di spezzatino con la mostarda di Digione) ‐ bisogna
avere, però, delle conoscenze matematiche che certamente io non
Christine Delport Il manoscritto antico
possiedo.ʺ
ʺHo sempre creduto ‐ replicò Righi ‐ che i numeri così come le
singole lettere altro non siano che una forma semplice di
linguaggio. Come lo sono,
ad esempio, le note musicali. Insomma, è comunicazione. Il reale
quesito, secondo me , è di sapere chi ha fornito allʹuomo questi
mezzi comunicativi. E con quale fine se di fine si può parlare.ʺ
ʺDio ?ʺ provò a suggerire lo studioso dei Paesi Bassi,
arrampicandosi sullʹargomento ontologico per mantenere desta
la conversazione.
ʺForseʺ replicò il fisico genovese.
ʺMa anche gli animali hanno mezzi espressivi. Ciò vuol dire che
sono anchʹessi figli di Dio...ʺ
ʺCi vorrebbe alla nostra tavola anche un teologo, perché le nostre
discipline ‐ da sole ‐ non sembrano sufficienti a chiarire il
mistero.ʺ
ʺBen detto.ʺ
Nei giorni successivi, i due professori assieme ai membri delle
delegazioni partecipanti al convegno, visitarono Bruges,
Ostenda, Anversa, la città di Rubens, le venerabili università di
Malines, Bruxelles e Liegi, lʹIstituto Orientalista dellʹUniversità di
Lovanio la Nuova.
La più bella vista per il professor Righi fu lʹAtomium di
Bruxelles, monumento allʹatomo che si può visitare dallʹinterno
(dotato di scale mobili) con un ristorante nella bolla superiore ed
una vista impareggiabile sulla capitale belga. Era stato
inaugurato, come la Tour Eiffel, in occasione di unʹesposizione
universale, raffigurava un cristallo di ferro, naturalmente
ingigantito diversi miliardi di volte, ed era rimasto lì al suo posto
per la gioia dei turisti di tutto il mondo. Una festa per gli occhi, la
vista dellʹatomium e la possibilità di entrarci dentro con un
sistema di scale mobili non solo per i fisici ma anche per i
ragazzini delle scuole di tutti i paesi in visita a Bruxelles che
allʹinterno del meraviglioso manufatto ne combinavano di tutti i
colori sotto sguardi di riprovazione e rimbrotti degli spazientiti
guardiani.
Christine Delport Il manoscritto antico
Per i due professori universitari la visita fu interessante,
particolarmente per Mario Righi, esperto del settore.
Fu dʹobbligo, invece, per il professor Van Blum compiere una
sorta di pellegrinaggio laico alla casa di Erasmo da Rotterdam,
nel popoloso quartiere di Anderlecht, uno dei diciannove
comuni che compongono lʹagglomerato urbano della capitale
belga, ormai capitale europea.
Una bella vacanza, tutto sommato, per il professore genovese che
ne serbò un grato ricordo.
Tanto più che, in seguito, doveva ancora sentir parlare (e molto)
del filologo Van Blum.
Fu proprio il fiammingo a farsi vivo. Nel modo che narreremo.
IL MANOSCRITTO RITROVATO
Il professor Righi era tornato a Ginevra (faceva la spola tra
Genova e la città elvetica sul lago Leman) perché era ripreso
lʹesperimento del super acceleratore al Cern. A Genova, aveva
tenuto una serie di conferenze di livello elementare per spiegare
la fisica (era una parola!) agli studenti delle scuole medie in
occasione delle Giornate della Scienza. Aveva visto con interesse
la navicella Soyouz, aveva conosciuto lʹastronauta italiano.
Insomma, scienza uber alles ! Col corollario epistemologico della
filosofia della scienza perché erano in gioco gli ultimi misteri
dellʹUniverso, fatto che – a dire il vero – suscitava in lui una
larvata inquietudine.
Un giorno, nella sua posta personale, nel quartier generale
ginevrino dei fisici del Cern, trovò una lettera proveniente dal
Belgio. Lʹaprì con curiosità. Era una missiva dello studioso di
filologia medioevale, François Van Blum. Erano divenuti amici.
La lettera diceva:
ʺCaro professor Righi, le invio alcuni stralci di un libro che
intendevo scrivere ma sul quale nutro parecchi dubbi che di
Christine Delport Il manoscritto antico
mano in mano le esporrò. Le sarei molto grato se, alla luce delle
sue esperienze di astrofisica ed in base ai risultati di
quellʹesperimento che state conducendo, mi potesse dare il suo
parere su alcuni punti. Si tratta di congetture che mi tormentano.
Poiché, in certo qual modo, come lei vedrà scorrendo gli stralci
del mio libro, si tratta di una sorta di viaggio nel tempo.
Ricordo che lei usò termini il più possibile semplici per
spiegare ad un profano le possibilità teoriche. Ma le confesso che
non compresi molto della fisica delle particelle e della meccanica
quantistica e neppure dellʹastrofisica. Comunque, veda se
queste mie note hanno un qualche interesse nella sfera della sua
disciplina. Spero di rivederla qui a Lovanio oppure durante
qualche riunione accademica interdisciplinare in una università
europea. La saluto cordialmente.ʺ
Era firmata dal filologo e proseguiva con gli stralci del libro che
egli intendeva scrivere per illustrare la scoperta di un ben strano
manoscritto. Ecco come cominciava il suo lavoro
letterario‐scientifico:
Rotterdam, giugno 20 12,
Gli abitanti di Maubeuge, cittadina delle Ardenne francesi ai confini col Belgio si tramandano la leggenda del dottor Mabuse, personaggio
misterioso, studioso, autodidatta ma erudito la cui repentina scomparsa
ha lasciato parecchi interrogativi rispetto alla sua stranissima vita. Non
fu la vita di un eccentrico, ma di un anacoreta, chiuso nel suo studio,
circondato dal rispetto timoroso dei suoi concittadini , seguito dai loro
segni di croce superstiziosi al solo nominarlo. Se non era proprio il
diavolo, il dottor Mabuse era considerato perlomeno come un potenziale
interlocutore del maligno. Una via di mezzo tra Faust e Frankenstein .
La verità su questo misterioso personaggio e sulla sua scomparsa
misteriosa, potrebbe essere rivelata, se sceglierò di farlo. Sono un filologo dellʹUniversità di Lovanio. I manoscritti antichi sono stati lo scopo della ricerca di unʹintera vita. Mi chiamo François
Van Blum , ho sessantacinque anni. Ho scavato , precedentemente,
Christine Delport Il manoscritto antico
nella vita di Erasmo; ho ritrovato alcuni documenti scritti dal grande
umanista , inediti che adesso appaiono nelle bacheche dei musei di
Amsterdam e di Rotterdam . Ho ritrovato pergamene antiche scritte in
latino da monaci medioevali. Ma una scoperta come quella di cui sono
attualmente in possesso non ha forse termini di paragone. Eʹ davvero
singolare, perlomeno strana. Lo dimostra il fatto che , pur essendo
entrato in possesso‐ in circostanze del tutto fortuite che più avanti
spiegherò ‐ del manoscritto del dottor Mabuse ormai da otto mesi, non
mi sono ancora deciso a rivelarne al mondo il contenuto . Se una volta rivelato , non venisse creduto, io sarei screditato per
sempre negli ambienti scientifici ed universitari. Diventerei lo zimbello
dei miei colleghi dellʹUniversità di Lovanio.
Questo il dilemma cui sono confrontato , mentre scrivo questo diario personale. Per dire anche come ho ritrovato il manoscritto che risale
come lʹuomo di scienza in questione‐ alla fine del diciottesimo secolo.
Era scritto in latino. Vi riferirò prima il contenuto esatto , parola per
parola, e spetterà ai lettori di questo mio libro crederci o meno.
Intendiamoci: Mabuse sembra davvero lʹautore della narrazione che
seguirà, ma la veridicità del contenuto non è evidente. Potrebbe essere
impazzito e quello che leggerete potrebbe essere solo il delirio di un
folle. Storicamente, quindi, una pergamena di qualche interesse , ma
nulla al confronto del fatto che il manoscritto sia vero anche nei suoi
contenuti . Eppure è un racconto allucinato, una sorta di crinale , una
linea di demarcazione tra scienza ed occulto, tra ragione e fede, tra
realtà ed illusione. Eʹ un terreno poco sicuro per uno studioso,
soprattutto per un ricercatore scientifico che è sempre tenuto al rispetto
della più rigorosa obiettività. Fatte queste indispensabili premesse,
ecco, dunque, qui di seguito il diario del dottor Mabuse che io ho
ritrovato a Maubeuge, in quella indicata da tutti come lʹantica dimora
del misterioso scienziato. Era un alchimista, in realtà. Ma tutti sanno
che gli alchimisti medievali e dei secoli successivi sono, in definitiva, i
padri della scienza moderna.”
Il manoscritto dellʹalchimista
Christine Delport Il manoscritto antico
ʺIl mio nome è Frederick Mabuse, sono un alchimista, la mia
famiglia è di origine prussiana, con un ramo genealogico nei
Paesi Bassi.
Io sono nato qui a Maubeuge, in Francia. Posso definirmi un
autodidatta e anche se la gente ha aggiunto davanti al mio
appellativo il titolo di dottore, non ho mai ottenuto la laurea
universitaria. Il mondo accademico, del resto mi interessa
limitatamente.
La conoscenza ‐come asserisce la saggezza latina‐ viene dalla vita
più che dalla scuola (scuola maestra di vita) .
Non Scholae, sed vitae discimus. La conoscenza in tutti i casi non
viene dalle chiese e questo è importante da ricordare.
Conoscenza sapienziale dalla Bibbia , dal Corano o dai Veda ?
Sorrido , sardonicamente, dicendo queste parole, come si
conviene ad un ateo convinto, incallito.
Eretico ? Sopporterei tutte le accuse di eresia possibili, ma
finiamola una buona volta col dire che Dio ha creato lʹuomo a
sua immagine e somiglianza, oppure che un signore con la barba
bianca seduto su una nuvola rosa ha tratto dal nulla lʹUniverso.
Poi il settimo giorno si riposò, perché come ben sanno gli
astronomi, creare lʹUniverso stanca. Io, dellʹUniverso ho visto
lʹessenza, ho visto lʹinconsistenza.
Il suo essere – dirà qualcuno ‐ macché , il suo terrificante non
essere.
Esperienza sovrumana, forse, ma che cosa importano le
definizioni ? Tutto è nome dietro unʹapparenza di forma.
Le religioni? Un inganno di preti che hanno occultato il primitivo
messaggio dei padri fondatori delle religioni stesse, in modo che
la liturgia prendesse il sopravvento, direi quasi ʺistituzionaleʺ
sullʹessenza, sui contenuti sul messaggio vero.
Così il rituale, le formule trite e ritrite, hanno scacciato il vero
contenuto, lʹessenza in nuce delle parabole o dei sutra che
contenevano scintille di verità, come i Veda o le Upanishad.
Oggigiorno, le verità eterne diluite nella liturgia non significano
quasi nulla. Ma lasciamo stare la religione , tanto lʹodore di zolfo
Christine Delport Il manoscritto antico
che si avverte nei miei appartamenti non se ne andrà con
qualche esorcismo. Altrimenti sarei davvero un ateo... di poca
fede.
Patti col demonio? Vi starete chiedendo, nevvero ? No, nessun
patto. Né con lʹinchiostro né col sangue. Se non esiste il buono
(Dio) come può esistere il cattivo (il diavolo).
Non sono il dottor Faust. Era uno stimatissimo collega, ma niente
di più. Non ho mai visto in vita mia , vi assicuro , coda o corna di
satanassi, quindi nessuna firma in calce ad una
pergamena,nessuna anima da vendere, nessun offerente, nessun
compratore.
Il vuoto? Se si materializza, neppure il vuoto é più vuoto. Ma il
termine di
vacuità è più appropriato. Come dicono molti matematici, il
vero mistero non è lʹuno. Il vero enigma è lo zero, inventato dagli
aritmetici musulmani nel II secolo d.C.
Lo studio, del nulla, oggigiorno, è diventato scienza.
Allora , veniamo alla mia esperienza. Ho visto ʺqualcosaʺ e
compito di questo diario ‐ che è anche una sorta di testamento
spirituale ‐ è quello di narrarne fedelmente tutti gli aspetti
bizzarri o terrificanti.
Nessuno vorrà credere che si sia trattato di unʹesperienza reale e
farà bene in quanto esiste una bella differenza tra credere e
vedere come a quanto pare asseriva un certo San Tommaso.
Lʹ unico rischio che corro personalmente è questo: da
miscredente essere degradato a mistificatore e ad impostore.
Poco male, mi vedranno come un semplice narratore di fiabe.
Ma in fondo la vita di ciascuno di noi che cosʹè se non un
racconto. Ha alcuni aspetti verosimili, altri meno probabili. Eʹ
fatta di sogni, di speranze, di dolci illusioni alternate a
delusioni amare, di verità apparenti (alcune ʺsembranoʺ più vere
di altre ma può essere ʺveroʺ il contrario). Vi sono opinioni, metri
di misura, valori per alcuni, carenza di valori per altri. Scopi
raggiunti ed obiettivi falliti. Ma , in genere, una universale
insoddisfazione di fondo. Una irrequietezza persino nella
fortuna: durerà? Quando finirà ? Chi vede gli affanni provocati
Christine Delport Il manoscritto antico
dalla felicità ritenuta effimera vede anche i vantaggi del
distacco e della pace, dicono gli specialisti dellʹinduismo. Sia
come sia, non tergiversiamo oltre e che la narrazione cominci. E
chi vorrà credere, creda.
La mia avventura personale prende avvio in una sera dʹ autunno,
in un cupo novembre piovoso come non mai a memoria dʹuomo.
Mi trovavo nel gabinetto di lavoro, impegnato in calcoli, formule
chimiche ( non magiche, chimiche! ) ad armeggiare con provette
ed alambicchi, in un disordine spaventoso come si conviene alla
tana dellʹultimo degli alchimisti. La notte lʹavrei trascorsa come
tutte le altre dellʹanno, chiuso nei miei studi e nelle mie
meditazioni. Tuoni e lampi quella sera erano i miei soli
compagni. Avevano sostituito i chiari di luna e le vecchie, care,
costellazioni. Eppure, allʹimprovviso piombò nella stanza un
chiarore lunare come se lʹintera abitazione fosse invasa da
argento vivo. Unʹoscillazione della parete e , mi parve, come il
rullare di decine di tuoni successivi, rimbombanti e paurosi,
troppo ravvicinati lʹuno allʹaltro per avere una causa naturale.
Ero stupito di essere ancora in vita perché il mio primo
pensiero fu quello della folgore,entrata casualmente nella mia
casa ad uccidermi per imperscrutabile decreto dellʹaltissimo (o
Altissimo con la A maiuscola, poco importa). Uccidere me,
vecchio, inutile alchimista, anzi ultimo, storicamente parlando,
degli alchimisti che ero.
Curiosa vendetta, se vogliamo, da parte della Divinità nei
confronti del negatore di un dio personale in un universo , sotto
tutte le apparenze , rigorosamente impersonale. E poi, la visione
(che brutta ecclesiastica parola ma non so trovarne altre). Il mio
ʺioʺ , chiamiamolo impropriamente così , che galleggiava nello
spazio siderale e ʺvedeva ʺ, anzi , credeva di vedere non pianeti ,
non costellazioni , non meteore ma solo un immenso specchio
che, però , rifletteva immagini: rifletteva soltanto uno specchio
più piccolo e, tuttavia, abbastanza grande per contenerne un
altro; e così via . Specchi, un mondo di specchi, riflessi policromi,
bagliori, fuochi fatui, gelide rocce, tutti i colori dellʹiride, riflessi
di occhi felini, di voci. Di voci? Sì, almeno così mi parve. Ma
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immaginate il mio stato dʹanimo in quel frangente. Tutti riflessi
di riflessi. Specchi quadrati, rettangolari , triangolari, esagonali,
ovali, rotondi. Le forme geometriche più disparate, conosciute ed
immaginabili. Specchi poliedrici.
Un sogno pensai, come in un lampo ; è solo un brutto sogno, un
incubo. Ma per strano che fosse appariva abbastanza realistico.
Tastandomi il volto con le mani sentii la mia barba, folta e
bianca. Tirai la barba e provai dolore. Però posso anche sognare ‐
pensai con dubbio cartesiano ‐ di toccare la barba, di tirarla e
di sentire dolore : è un gesto inconsulto e suggerisce
conseguenze dolorose tali da ingannare anche un ipotetico
sognatore. Così in cerca di conferme pizzicai la pelle della mano
sinistra. Dolore. Altre verifiche dello stesso genere diedero tutte
analogo responso. Non stavo dormendo seduto, quindi, non
stavo sognando. Ero pertanto...ai confini della realtà. Avrei anche
potuto perdere la calma e, con essa, la ragione. Ma in quella
circostanza riuscii miracolosamente ‐ecco, qui è il caso di dirlo‐ a
pensare da scienziato in modo razionale, con freddezza e
raziocinio.
In quel mentre, un suono di fondo si materializzoʹ e dal suono
scaturì come una voce, cristallina, con echi quasi umani che si
diffuse nellʹaria. La voce formulò una frase che alle mie orecchie
risuonò come un invito al dialogo: ʺChiediʺ, mi ingiungeva la
voce. Sentii la mia raucedine domandare in modo stentoreo:ʺChi
sei? Cosa sei?ʺ Un tempo lungo di pausa , poi come unʹ eco in
lontananza: ʺImmagini...ʺ.
ʺImmagini di cosa?ʺ Stessa pausa senza tempo come la caduta di
una foglia autunnale, mantenuta in aria dal vento che volteggia a
lungo prima di toccare terra. E la replica: ʺDi idee...ʺ
Mi misi a pensare ed in fretta. Tutto quel che stava accadendo
era forse la proiezione onirica delle mie lunghe e faticose letture
dei testi dei sapienti orientali e di altri studiosi. In ogni caso, non
stavo sognando. Questo pareva definitivamente accertato.
LʹEuropa erudita del mio secolo conosceva le tesi mistiche
dellʹIndia ; la filosofia anche occidentale, del resto, trattava da
secoli della distinzione tra fenomeno e noumeno, tra reale ed
Christine Delport Il manoscritto antico
irreale. Tra realtà ed apparenza.
Poi pensai: ʺ Teorie, tesi filosofiche, roba da sofisti perditempo;
altra cosa, ben più reale la ricerca di noi alchimisti della pietra
filosofale generatrice di oro. Che ci veniva a fare là in mezzo
ʺLo specchio delle ideeʺ? Il dialogo proseguì. Sia io che lo
specchio universale avevamo trovato voce e voglia di
comunicare, oltre lo spazio, il tempo, la realtà e in barba, scusate
il bisticcio di parole, al Rasoio di Ockam.
Al mio quesito: ʺSei reale?ʺ lo specchio aveva risposto in unʹ eco
rinviandomi lʹesatta domanda cui ovviamente non fui in grado
di dare una risposta certa. ʺRifletto, quindi, sonoʺ, risposi ad un
tratto ricordandomi di René Descartes (Cartesio) e del suo cogito
ergo sum. ʺAnchʹio rifletto ‐replicò quel burlone dello specchio ‐
ma tu ed io chi siamo?ʺ. Il dibattito (era diventato, un dibattito) si
incentrò sullʹessenza dellʹuniverso, delle stelle, dei pianeti.
Replicai, citando Shakespeare: “ Sappiamo cosa siamo, ma non
sappiamo cosa diventiamo”. E persino : “To be or not to be. That
is the question!”
Non starò ad annoiarvi con il resoconto esatto di
quellʹincredibile conversazione. Lo specchio mi diede chiari
segni di saperla lunga, ben più lunga di quel poco che sapevo io
povero alchimista del XVIII secolo. Parole per me del tutto
sconosciute si misero a volteggiare nella mia mente abbagliata.
Quella voce misteriosa mi parlò di cose folli con unʹelencazione
di termini che mi parvero scientifici come ʺgalassieʺ, ʺpulsarʺ,
stelle di neutroni, neutrini, super‐novae, buchi neri (guardai con
una certa vergogna la mia modesta e trascurata dimora di
gentiluomo decaduto e squattrinato: più ʺbuco neroʺ di così...).
Il dialogo con lo specchio toccò anche argomenti riguardanti un
ipotetico viaggio nel tempo. Mai avrei pensato, allora, di poter
essere successivamente il protagonista di unʹimpresa che...ma
non anticipiamo.
Lo specchio, quella notte, disse che poteva vedere anche le
idee:ʺQuelle mutano perennemente‐ sostenne con prosopopea‐
Hai mai visto unʹidea centrale? Oppure una fondamentale,
eterna,assoluta? Ebbene, nemmeno io. Come mutano le idee,
Christine Delport Il manoscritto antico
mutano i tempi, muta la vita di tutti gli esseri viventi, come ha
detto qualcuno: solo il mutevole dura.ʺ
Ma in fondo‐ gli chiesi‐ tu cosa rispecchi?
L ʹ oggetto rispose: “Rispecchio le vostre illusioni. Quelle dello
spazio tempo. Quanto a te, dottor Mabuse, preferisci vivere come
hai sempre vissuto, nelle tue futili alchimie, nella perenne ricerca
dellʹintrovabile pietra filosofale o preferisci entrare, fin dʹora,
nellʹimmenso specchio nero, il più grande di tutti noi , il più
profondo ed insondabile? Vedi è quello laggiù in fondo,
rischiarato dalla tenue luce che filtra dal tuo laboratorio. Eʹ
quello buio. Lì, niente luce , niente riflessi, niente tempo.
ʺNiente...vitaʺ azzardai con un tremolio nella voce che si era fatta
più fievole.
“Questo lo constaterai da te in base alla scelta che farai. I casi
sono due:o stai qui con me e parliamo, parliamo, fino ad andare
in pezzi, oppure, scegli lʹazione ed entri subito in quello specchio
nero. Il libero arbitrio, almeno in questo esiste e tu questa notte ‐
in cui sta per realizzarsi una rarissima congiunzione astrale‐ puoi
scegliere. Non capita sovente, credimi.ʺ
Christine Delport Il manoscritto antico
ʺHo scelto. Specchio lucente della vita, dammi però il tempo di
scrivere un diario di questa avventura. Su questi misteri
riflettano, se vorranno, i posteri. Io , ripeto, ho deciso. Ma lascia
che dia memoria dellʹaccaduto.
‐ Non è accaduto nulla. Tempo ne hai finché vuoi perché il
tempo, in definitiva, non esiste e, quindi, è ampiamente
usufruibile e puoi fare con comodo.
Afferrai la penna dʹoca con mano tremante, lʹintrisi
nellʹinchiostro nero come la seppia. Ed ecco qui, moderni
geroglifici, i segni dellʹinaudita avventura gettati sulla
pergamena rugosa. I misteri egizi non sono più misteriosi dei
fatti di cui ho appena reso conto e mi creda chi può.
Lʹinchiostro non si è ancora asciugato. Poserò la penna e passerò
accanto allo specchio di luce. Andrò, deciso, verso lo specchio
nero.ʺ
I dubbi del filologo Van Blum
Christine Delport Il manoscritto antico
Mario Righi aveva atteso con impazienza unʹaltra lettera del suo
amico fiammingo. Poi finalmente era giunta col seguito della
storia di Mabuse. Non era più una semplice lettera. Era la storia
completa ed il plico che era giunto assieme alla corrispondenza
per lʹastrofisico genovese era davvero voluminoso. Eccone il
contenuto:
Rotterdam, ottobre 2010
Il tempo trascorre ed io sono assalito dai dubbi. Nella prima parte della
mia narrazione non ho detto come entrai in possesso del manoscritto del
dottor Mabuse. Adesso, più ci ripenso e più sono assalito da incertezze
spero non fondate. Eʹ già accaduto in passato. Esimi ricercatori hanno
preso spaventose cantonate che li hanno coperti di ridicolo. Nella nostra
professione di specialisti il ridicolo uccide più che in qualsiasi altra
attività umana esposta a risibili errori.
Vi sono stati i casi di quegli archeologi neo‐zelandesi i quali credettero
di aver ritrovato i resti di ominidi preistorici in una banale necropoli di
scimmie e di quellʹesperto dʹarte italiano che ritrovò statue, da lui
attribuite ad un notissimo artista scomparso, nel letto di un torrente in
secca: i reperti erano stati confezionati a bella posta da studenti burloni.
Ecco, ciò che temo è proprio questo: il ridicolo. Mi assilla il pensiero di uno scherzo perpetrato da studenti ai miei danni, io il professor
François Van Blum, ridicolizzato da una banda di studentelli imberbi,
Mi viene la pelle dʹoca solo a pensarci. Ma se così fosse? Se il diario
manoscritto del dottor Mabuse fosse apocrifo. Secondo la teoria del
rasoio di Occam, citata nel manoscritto dal presunto alchimista ,
lʹipotesi più semplice, la più diretta e in un certo qual senso la più
credibile è quella che poi, ad un attento esame, si rivelerà per vera. Ora,
cosʹè più verosimile e più probabile ? Che il dottor Mabuse abbia
lasciato traccia in un manoscritto del XVIII secolo di unʹincredibile
Christine Delport Il manoscritto antico
esperienza cosmica, nello spazio tempo, oppure che un branco di
scriteriati giovani burloni sia intenzionato a divertirsi a mie spese,
sghignazzando alle mie spalle? Ad un esame rigoroso, la pergamena non sembra poi così antica. Mi riservo beninteso esami più approfonditi sullʹinchiostro. Analisi
spettroscopiche dovrebbero dare responsi sicuri. Per ora, posso
unicamente felicitarmi con me stesso per non aver affrettatamente
gridato ʺEureka!ʺ agli occhi del mondo. Se rifletto sul modo in cui ʺIl manoscritto” fu da me ritrovato, le perplessità anziché svanire si accrescono. Avevo ricevuto un messaggio
da Maubeuge. Era firmato da un collega filologo che mi parlava delle
sue ricerche sulla vita del dottor Mabuse, scomparso, svanito nel nulla,
in una notte di tregenda. Il collega mi esortava a raggiungerlo nella
cittadina francese in modo da potergli offrire il mio parere sul
manoscritto. Mi sentii lusingato dallʹofferta, implicito riconoscimento
della mia fama di ricercatore. Telegrafai senzʹaltro allʹindirizzo
fornitomi dal collega per confermargli la mia venuta. Pochi giorni
dopo ero al ʺLeon dʹ Orʺ, un hotel di Maubeuge, ma nonostante le
ricerche allʹindirizzo in mio possesso del filologo nessuna traccia. Avevo deciso di andare in fondo alla vicenda. Trovai anche troppo
facilmente lʹantica dimora dellʹalchimista.
Il borgomastro, venuto a conoscenza della mia presenza in città, mi
aveva fatto pervenire un invito a cena, colmandomi di favori e
onorandomi in cento modi. Su mia richiesta, fu sollecito e ben
disposto nel consentirmi di visitare ʺin qualsiasi momentoʺ la casa di
Mabuse. Ma era realmente lʹantica abitazione dellʹalchimista ? Io ho
visto solo una vecchia bicocca, soffocata dallʹedera rampante ed ormai
in rovina.
Dʹaltra parte, penso, è verosimile che unʹintera città (borgomastro in testa) si mobiliti per compiere una colossale burla ai danni di un celebre
studioso? Per quale motivo ? Lʹunico che posso trovare è il seguente.
Durante le mie ricerche sulla vita di Erasmo, ricevetti parecchie
sollecitazioni da cittadine belghe e francesi affinché, come massimo
esperto mondiale, fossi disposto ad affermare, en passant, che il grande
umanista aveva soggiornato nei loro borghi almeno durante il viaggio
verso lʹItalia, quando, sulla via del ritorno per ingannare il tempo
Christine Delport Il manoscritto antico
scrisse ʺLʹelogio della folliaʺ, dedicato al suo amico Tommaso Moro. Le
fonti storiche dimostrano un lungo soggiorno di Erasmo ad Anderlecht,
odierno quartiere di Bruxelles; sul posto sorge, del resto, la casa‐museo
di Erasmo. Non vi è alcuna prova certa di soggiorni in altri piccoli
centri belgi o francesi. Sia che il grande umanista vi si fosse fermato
davvero, oppure no. Così, non potendo storicamente comprovare le
ʺsosteʺ di Erasmo, fui costretto a rispondere negativamente a un
mucchio di borgomastri ansiosi di incrementare il turismo a spese mie e
di Erasmo, ma soprattutto mie poiché il gioco vi era essenzialmente la
mia credibilità. Detti forse una risposta negativa anche al consiglio comunale di
Maubeuge? In verità, non lo ricordo, ma non posso neppure escluderlo.
Eʹ possibile che un borgomastro burlone nellʹanimo e vendicativo
nellʹinconscio abbia inscenato, a mio uso e consumo, la ʺcaccia al
tesoroʺ del presunto manoscritto del dottor Mabuse, inviandomi la
falsa lettera del filologo locale, richiedente i miei lumi dʹesperto, con la
preparazione scrupolosa e tecnicamente accurata di unʹantica magione
di Mabuse, in modo che la mia sagacia di ricercatore di vecchie carte
dʹarchivio potesse scovare la pergamena celata allʹinterno ? Possibile,
sicuro, ma a ben vedere , poco probabile. Anche il diario avrebbe dovuto
essere apocrifo, un accuratissimo falso per trarre in inganno le mie
(modestamente) profonde conoscenze professionali.
Un eccessivo lavoro per un borgomastro di certo troppo impegnato
negli affari correnti e nei problemi della sua città per pensare alle burle
ed ai tiri mancini. Appare più verosimile, al contrario, lʹipotesi di uno
scherzo (e che scherzo!) goliardico perpetrato da studenti di lettere e
filosofia o di storia medioevale ed intrecciatosi tra le università di
Mons, Bruxelles e Lovanio ai danni del vostro servitore.
Teoria alternativa: è tutto vero , il manoscritto, la storia dello specchio
universale, il dialogo con Mabuse e le successive avventure
spazio‐temporali dellʹalchimista. Dimostrarne lʹautenticità è già
difficile, figuriamoci per quel che riguarda la veridicità del
manoscritto..Ho descritto i fatti come si sono svolti, resta da precisare
unʹultima cosa, in che modo ho ritrovato il documento.
Era mattino di buonʹ ora, quando con il permesso firmato dal borgomastro di Maubeuge in tasca ,mi presentai davanti ai cancelli
Christine Delport Il manoscritto antico
della residenza del dottor Mabuse. Un cancello arrugginito si aprì
scricchiolando, sotto la spinta delle mie mani. Un suono lamentevole e
sinistro , da far rabbrividire, su quei cardini stridenti. Erbacce
ovunque, in giro non unʹanima viva a quellʹora mattutina sferzata dai
gelidi venti del Nord. Entrai da una porticina sul fondo nella penombra di una stretta sala
polverosa. Ambienti angusti, pieni di muffe verdi e ragnatele ai soffitti
consunti e polverosi, grigi come la cenere. Da una finestra i cui vetri
erano rotti si scorgeva nel giardino incolto un mesto e trascuratissimo
salice piangente.
La mattina sembrava serena, ma era una tregua solo apparente al
maltempo che da settimane imperversava sulla Francia del Nord. E
allʹimprovviso, lo scoppio di un temporale a rendere ancora più tetra la
mia esplorazione nella casa‐rudere di Maubeuge .
Un lampo accecante, un tuono da esplosione atomica e giù rovesci di
pioggia repentini e feroci. Vento fortissimo e sbattere di vecchie porte
tarlate nella bicocca abbandonata, ma inaspettatamente ampia e
spaziosa. Un labirinto di corridoi molte camere ormai occupate da
schiere di roditori. Un piccolo esercito in fuga davanti ai miei passi sul
consunto e tarlato ʺparquetʺ.
Dʹun tratto, una indicazione preziosa: uno scrittoio polveroso ma
ancora in buono stato: legno di noce. Il tavolo da lavoro di Mabuse ?
Con ogni verosimiglianza. Rovistai nei cassetti e finalmente vidi il
vetusto calamaio a fianco di una penna dʹoca impolverata e logora. Vi
erano diverse pergamene ancora vergini e più oltre scorsi qualcosa di
indistinto che rifletteva vagamente i bagliori di luce biancastra,
scaturita dalle saette azzurrine del temporale. Era un gigantesco
specchio girevole. Con estrema cautela lo spinsi. Non si mosse. Misi
tutta la mia forza nellʹimpresa di far ruotare la porta specchio ed alla
fine, soffiando come un mantice asmatico ci riuscii. Dietro lo scrigno la
pergamena ingiallita e consunta, il manoscritto del dottor Mabuse. Lo
presi e mi avviai allʹuscita. Nel voltarmi gettai ancora uno sguardo
allʹimmenso specchio. Non rifletteva quasi più la luce. Era
completamente annerito dal tempo. Adesso, che sapete tutto, del come
ho ritrovato il manoscritto, vero od apocrifo che sia, riprendiamone la
lettura perché è una narrazione lunga, quasi infinita come lʹeternità.
Christine Delport Il manoscritto antico
Senza senso, forse, direte voi. Come lʹeternità, appunto.
Parte seconda
Maubeuge, la data non importa.
ʺSe giammai uno sconosciuto lettore riuscirà a vedere questi miei
scarni e apparentemente sconnessi appunti, forse il mondo verrà
a sapere cosa trovai oltre lo specchio nero nella spaventosa notte
di tregenda della mia scomparsa da Maubeuge. Immagino che i
miei concittadini non si saranno neppure dati la pena di
organizzare delle sia pur modeste e circoscritte ricerche.
ʺUn balordo di meno!ʺ avrà esclamato qualche anima pia. ʺNon
poteva che finire così!ʺ avrà sentenziato qualcun altro. A
Maubeuge, in Francia come in Prussia, in ogni parte del mondo
non mancano certo i balordi, gli eccentrici i folli e moltitudini di
cittadini pronti a censurarli.
Riprendo, dunque, di ritorno dal lungo viaggio nello specchio
nero, la mia narrazione che consegno al manoscritto prima
dellʹultima e stavolta definitiva scomparsa. Vi avverto: è una
narrazione simile al delirio di un pazzo, oppure, al ragionamento
sapienziale di uno gnostico, di un anacoreta.
ʺVarcato lʹenorme, e per logica conseguenza imponente, specchio
buio, mi ritrovai ‐ potenza dei contrasti ‐ in una vallata tutta
bianca.
Verde! Correggerete mentalmente voi. Macché, bianca come il
latte appena munto, bianca come la neve (che poi, a quanto
pare, è nera: ma non divaghiamo).
Tutto intorno a me era bianco ma riuscii a scorgere dei contorni
grigi. Contorni di alberi in grigio, di case di villaggi. Bianco lo
sfondo e grigi i disegni. Mi sembrò di percorrere un sentiero
tracciato con due linee grigie. Mi ritrovai davanti ad un
casolare e vidi uscire dallʹuscio un vegliardo che mi apparve
come disegnato sulla tela.
Gli mancava una dimensione, quella della profondità; alzò una
Christine Delport Il manoscritto antico
mano, almeno così credetti e non capii bene se era per salutarmi
oppure per arrestare subito il mio incerto avanzare sul sentiero.
Lungo silenzio, colmo almeno da parte mia di ansia e di
imbarazzo. Poi, il vecchio bidimensionale come stampato sulla
pagina di un libro, tutto altezza e larghezza, aprì la bocca e mi
parlò. Insomma, emise un inquietante ma, a conti fatti,
comprensibile suono gutturale:ʺFermati straniero! La creazione è
in atto. Non intralciare lʹopera del creatore!ʺ
Stupore, attonito silenzio. Deglutii a malapena. Vidi crollare in
un sol colpo le convinzioni ispirate da un sano, rassicurante,
irremovibile ateismo, che mi avevano accompagnato per
unʹintera vita.
Balbettai appena: ʺMa allora esiste!ʺ
ʺChi ?ʺ
ʺDio...ʺ
Il vegliardo apparì più attonito di me. Non replicò subito. Ci
pensò sopra e ci ripensò per poi esclamare: ʺNon ne ho la più
pallida idea”.
ʺMa, risposi a mia volta, avete appena parlato di creazione in
atto. Che significa?ʺ
ʺ Beh, significa che il maestro, il signore dei colori, ha messo a
punto un nuovo studio. Mi pare si dica così. Ci sta lavorando
sopra, come altre volte, come sempre. Eʹ la sua tecnica a quel che
pare.ʺ
ʺTecnica ? Come sarebbe a dire tecnica?ʺ
ʺMa sì, certamente, tecnica, arte, magia come vogliamo
definirla?ʺ
Signore dei colori, pensai tra me e me su quelle linee grigie cui
mancava tutto, ma che possedevano qualche cosa che mi era
familiare.
“Devo già essere stato in questo posto ‐ pensai ‐ o devo aver
visto un paesaggio che gli assomiglia in modo portentoso.
Il vecchio contadino, come leggendomi nel pensiero, abbozzò un
sorriso sdentato e mormorò: ʺPuò anche darsi.ʺ
Pensai e ripensai. Intanto, sotto i miei occhi, la ʺcreazioneʺ
prendeva forma e colore. Case, campi di grano, agricoltori
Christine Delport Il manoscritto antico
pronti per la mietitura, pascoli, mucche, vitelli, pecore, ed, in
cielo, nuvole bianche che sovrastano il bucolico scenario. Sulle
aie, scene agresti: tavole imbandite, facce rubiconde e sorridenti
di villici, e colori, una pioggia di colori.
Nella schiera dei ricordi, un nome mi balenò alla mente in modo
repentino: Bruegel , Bruegel, il Vecchio. Sì, non vi era più il
minimo dubbio. Si trattava di un quadro, una tela della scuola
fiamminga, arcinoto a tutti per giunta, intenditori dʹarte e
profani.
La scena era talmente realistica che mi sembrava di respirare
lʹaria di quella campagna assolata, di sentire lʹodore della paglia
appena tagliata, gli odori pungenti, grassi ed inconfondibili dei
fienili del mondo campagnolo.
Unʹopera di Bruegel, lʹAncien!
Benissimo, pensai, tutto andava a posto come in meraviglioso
puzzle. Opera magistrale, splendida, come tutte quelle del
grande artista che verrà ammirata per secoli e secoli nei musei
dai contemporanei e dai posteri fino a quando il supremo
tiranno, il tempo, cancellerà tutto, riducendo quadri, colori,
figure, arte, notorietà e fama ad immensi cumuli di polvere e
cenere che il vento delle pianure del futuro disperderà ovunque,
sino alla fine, a sua volta, della terra. Molto bene: anche lʹannessa
riflessione filosofica sulla caducità della gloria mundi (sic
transit). Un unico inconveniente: ʺIn questo quadro ‐ mi chiesi a
voce alta, sotto lo sguardo assente del vecchio canuto ‐ io che ci
faccio?ʺ
Non ero davanti alla tela di Bruegel, perbacco, cʹero proprio
dentro, immerso fino al collo. Ero lì, in quella tavolozza
policroma di colori, assieme ai personaggi che ridacchiavano
attorno a tavole imbandite, dopo il duro lavoro dellʹaratura, a
uomini e donne che coltivavano la terra, che si animavano e
sembravano felici di vivere.
Pensai, dʹun tratto, che per quanto singolare fosse la mia
posizione, mi era andata ancora bene. In un quadro di Bruegel
cʹera pace, serenità bucolica, calma , cinguettio di uccelli, raglio
di asini, belare di pecore, starnazzare dʹ oche, latrare di cani,
Christine Delport Il manoscritto antico
muggire di mucche e buoi, e tutto ciò in mezzo a paciosi e
laboriosi contadini. Un orizzonte sereno, composto ed allegro. Mi
dissi, con un pizzico dʹumorismo involontario, che sarei anche
potuto finire nella battaglia delle Termopili oppure in una delle
tante artistiche e terribili raffigurazioni dellʹinferno dantesco.
Chiesi al vegliardo che se ne stava sulla porta a scrutarmi se
avesse mai ricevuto ʺvisiteʺ simili alla mia. Mi premeva sapere se
lo specchio nero era una sorta di mezzo per il trasporto psichico
o che cosa era realmente, forse un veicolo per andare oltre la vita.
ʺLa creazione ‐ mi rispose con un sorriso rassegnato, il vecchio ‐ è
appena terminata. I colori non sono neppure asciutti, come
volete che vi siano stati altri visitatori se noi ancora non
cʹeravamo?ʺ
Strana ma convincente logica: ʺForse negli altri quadriʺ azzardai.
ʺAh, questo non posso dirlo. Io negli altri quadri non cʹero.ʺ
sogghignò il vegliardo, restando immobile e ormai silenzioso
sullʹuscio della sua dimora, dove avrebbe trascorso il resto della
sua esistenza. Il quadro in cui ero immerso aveva preso forma.
Colori splendidi, tinte impareggiabili, una meravigliosa
campagna piena di creature vive, un inno al regno minerale,
vegetale ed animale.
Ma riflettei ancora: come tutto ciò fosse potuto accadere. Che
parte avevo avuto io in quegli avvenimenti ? Era un sogno?
Immaginavo di essere finito dentro un quadro di Bruegel e
vivevo come se lʹavventura incredibile fosse vera e reale.
Ma che accadrebbe se...
Appena il nuovo pensiero mi attraversò la mente, non tardai a
scoprire cosa significasse per me quello che generalmente si
definisce un mutamento dello stato dʹanimo.
Pensavo ad una bella giornata di sole allʹaria aperta, appena
varcata la soglia dello specchio nero apparso nel mio gabinetto di
lavoro, e mi ritrovai nella quiete di una tela bruegeliana.
Allʹimprovviso, però, il vecchio canuto contadino si dissolse,
svanì al mio sguardo. Lui non cʹera più e, alle sue spalle, vidi
scomparire più lentamente la casa, i campi di grano, i villici , gli
animali, le tavole di legno apparecchiate ed imbandite, gli alberi,
Christine Delport Il manoscritto antico
i fiori. Qualche cosa vi si sovrappose : i colori giallo‐aureo dei
fienili e dei campi divennero lividi, violacei. La veduta dʹinsieme
rimase grandiosa, ma dalla quiete scaturì una tremenda
tempesta. Si addensarono sulla mia povera testa nubi grigie e
nere con colori rossastri.
Non più dolci, sinuose, colline dai contorni illanguiditi, ma ‐ al
loro posto‐ orrendi dirupi a strapiombo su acque tormentate e
furiose ribollenti di una sorta di primitiva e naturale malvagità.
Come se alle scene di una natura in pace con sé stessa si fossero
sostituite le anime inquiete delle tragedie greche con in testa le
Erinni, le Arpie, Medusa e Megera.
Fulmini e saette, squarci vermigli e poi volti orrendi di creature
sbucate dagli Inferi, sguardi febbrili, allucinati, folli; teste umane
su corpi e membra bestiali, pesci con bocche e denti umani ,
uomini‐pesce, visioni da incubo che ‐ pensai in un battibaleno ‐
non potevano essere raffigurati da altri, se non da Hieronymus
Bosch. Ma certo. Era proprio lui: il pennello di Satana, il supremo
interprete di un mondo surrealista ante‐ litteram, il sublime
pittore della dannazione e delle pene inflitte ai peccatori.
Anche lʹorrore, se in qualche modo ci appare familiare e
conosciuto, finisce per avere un effetto rassicurante. Superato il
primo attimo di panico, mi sedetti su uno spuntone roccioso e
gettai uno sguardo intorno. Terrificante ma bello: come le due
definizioni possano andare insieme è uno dei misteri dellʹarte e
dellʹestetica. Quanto a me, ero passato di colpo, dalla non
richiesta ospitalità (chiamiamola così) di un quadro di Bruegel a
quella di uno di Bosch, pittore che ammiravo. Forse per questo
motivo fu attutito il trauma psicologico nel mio animo
tormentato.
Orribile visu: orrendo da vedersi, ma che potenza espressiva, che
gamma di colori, che immagini forti e dirompenti, che forme, che
quadri .
Peccato, pensai , non poterlo ammirare dal di fuori alla luce
giusta. Ma esserci addirittura caduto dentro è il massimo (oggi
sono disposto ad ammetterlo) per un alchimista e lo sarebbe
stato anche per un critico dʹarte desideroso di documentarsi ʺda
Christine Delport Il manoscritto antico
vicinoʺ. Quanto a me, più vicino di così non avrei potuto essere. I
miei abiti erano ancora imbrattati di azzurro, verde, giallo , ocra,
i colori bucolici del dipinto di Bruegel , poiché quella tela era
ancora ʺfrescaʺ.
Nel nuovo scenario apocalittico, nessun odore particolare di
pittura. Il dipinto era lì da parecchi anni. Aveva avuto tutto il
tempo di asciugare. Ma per me si era aperto lʹinferno, anzi si
erano spalancati tutti gli inferi danteschi.
Non ebbi il tempo e neppure la volontà di analizzare la mia
situazione, talmente assurda da apparire onirica. Posso
ammettere adesso, mentre annoto sulla pergamena lʹincredibile
avventura che ciò che mi stava accadendo mi fece una dannata
impressione, facendomi tremare le vene ed i polsi. Il pittore in
questione è impressionante per un osservatore esterno , potete ,
dunque, vagamente immaginare la reazione dellʹosservatore
interno divenuto in parte protagonista della fantasmagorica e
magistrale interpretazione di uno dei tanti inferni terrestri od
extraterrestri possibili.
In parole povere, bisogna convenire che ammirare un quadro
non è la stessa cosa che caderci letteralmente dentro e dover in
tal modo affrontare una nuova ed inaspettata realtà. Eppure,
quella era la mia situazione dopo quella notte del dialogo con il
dannato specchio. Lui ed i suoi inviti al viaggio!
Un sapiente alchimista non è , modestia a parte, un pavido
zoticone, un fifone codardo. Ha abitualmente un certo ʺaplombʺ,
una sua personalissima ʺallureʺ , ma lʹesperienza ha un potere
tutto suo di suscitare inquietudine ed, infatti, se non terrorizzato
ero a dir poco inquieto. Ero stato sbalzato, in un sol colpo, dal
mio studio della dimora di Maubeuge in terra incognita, in una
sorta di Ultima Thule della ragione. Al di là di tutto ciò ‐ riflettei
in quei momenti che mi sembrarono eterni‐ vi è lʹ insanità
mentale, le ragnatele di un labirinto in cui i fiori del pensiero
muoiono e le erbacce della follia crescono rigogliose senza più
ostacoli e senza possibilità di ripensamenti.
Non vi era più il tempo per ammirare, per stupirsi, per
rallegrarsi di un viaggio nellʹignoto, cʹera solo il timore che
Christine Delport Il manoscritto antico
quellʹavventura a dir poco insolita potesse celare qualche cosa di
reale. Ciascuno di noi, ricordo di essermi chiesto, può trovarsi
repentinamente prigioniero dei propri fantasmi ? Magari fossi
stato un fumatore di oppio come certe mie conoscenze. Avrei
almeno potuto attribuire al fumo della droga il ʺnuovo mondoʺ
che mi sfilava dinnanzi.
Invece, no . Virtuoso come un Cicerone e sobrio come un
Anabattista.
Ricordai confusamente ‐ e chi non sarebbe stato confuso,
trovandosi nei miei panni? ‐ che uno dei miei antenati, Van
Mabuse, era stato un pittore olandese abbastanza famoso ai suoi
tempi.
Avevo visto alcune sue opere figurative . Se, varcata la soglia
dello specchio cupo ‐ mi chiesi con ansia ‐ho acquisito la poco
invidiabile facoltà di finire dentro i quadri, già dipinti o in via di
realizzazione, come se si trattasse di scene reali, forse anchʹio sto
collaborando allo svolgersi di simili prodigiosi avvenimenti, con
una partecipazione mentale. Per cadere in un quadro, bisogna
averlo visto oppure esserselo raffigurato. Dunque, riflettei, ciò
che potrei provocare con le mie sole facoltà psichiche sarebbe la
discesa in un quadro da me immaginato, anche se mai veramente
realizzato per semplice mancanza di una tecnica pittorica. Unʹ
amica mi raccontò che le capitava spesso, la notte, nel sonno
dʹimmaginare favolosi dipinti che, al risveglio, ancora ricordava
ma che non riusciva a tradurre in quadri per mancanza di
esperienza nellʹarte della pittura. Anchʹio credo di aver sognato
dipinti ma anche se li avessi rammentati nei minimi particolari ,
risvegliandomi non sarei stato capace di dipingerli perché, se
come alchimista valgo qualcosa, ahimé come pittore...Non ho
mai imparato a dipingere, ma dopo una simile esperienza, forse
la tecnica pittorica mi sarà entrata nel sangue.
Intanto, riflettevo sulle possibili vie di uscita o di ritorno. Avrei
forse potuto immaginare qualche cosa di diverso, un altro
dipinto ed allora, addio campagne serene e rigogliosi fienili,
addio case e fattorie, ma addio egualmente a mostri mezzi umani
e mezzi pesci. Addio Bruegel ed addio Bosch.
Christine Delport Il manoscritto antico
Sentii, però, vicinissimo il pericolo come un sonnambulo sullʹorlo
di un precipizio. Attento ‐ dissi tra me ‐ a non pensare a fatti
orrendi. Ammettiamo, riflettei, che la mente abbia una sua
intrinseca, decisiva potenza, ma guai ad usarla male. In tal caso ,
potrei autodistruggermi. Eppoi, quanto alla via di uscita, se tutto
quello che mi accade è un incubo, bisognerà cercarla altrove
perché non sarà entrando e uscendo da un quadro allʹaltro che
potrò ritrovare la vecchia dimensione spazio‐temporale che
appartiene di diritto a ciascun essere umano ma che io ho
smarrito.
Sempre seduto sul mio spuntone roccioso, nel mondo di
Hieronymus Bosch, ripensai agli ultimi avvenimenti. Mi accorsi
allora che , pur essendo allʹinterno di diversi quadri, ero rimasto
per tutto il tempo collegato più che altro con i loro mezzi
espressivi. Mi spiego meglio: nel paesaggio di Bruegel avevo
parlato con il vegliardo: facoltà uditive,quindi, perfettamente
funzionanti. Ma quel vecchio sulla soglia di casa parlava
realmente o era solo la mia immaginazione che lo faceva parlare,
come un automa nelle mani di un ventriloquo ? Ecco quale era il
punto. Ricordo che ,in quel frangente, scelsi la seconda ipotesi.
In quel quadro, verosimilmente, cʹ ero solo io e la pittura di
Bruegel. Il vegliardo non aveva mai aperto bocca. Io lo avevo
fatto ʺparlareʺ e sempre io lo avevo ʺascoltatoʺ. Nessuna facoltà
uditiva era,dunque, in gioco. Facoltà olfattive ? Non avevo
annusato, forse, della paglia e del fieno ? Ma avevo annusato o
creduto di annusare. Ricordai, inoltre, che quando mi ero trovato
nella tela allucinante di Hieronymus Bosch non mi ero portato
dietro fili di paglia, steli di fiori, macchie dʹerba.
Nellʹopera di Bosch, nessuna macchia in quanto la tela era più
vetusta e nessuna creatura infernale mi aveva molestato.
Insomma, per concludere, che io fossi fuori del quadro oppure
dentro poco importava ero sempre e soltanto un osservatore;
cambiava unicamente la prospettiva della visione , cosa
naturalmente di non poco conto mai io non incidevo sulla scena
raffigurata in alcun modo e la scena non interferiva con la mia
presenza quasi che io fossi incorporeo ed il mio essere sul luogo
Christine Delport Il manoscritto antico
raffigurato, e con i personaggi dipinti, una pura e semplice
astrazione mentale. Era altresì evidente che dal quadro in
gestazione di Bruegel non avevo portato via alcunché, in quanto
ricordavo fin troppo bene quel capolavoro, conoscevo il museo
in cui è conservato, perfettamente intatto, integro e gelosamente
custodito. Eppure come era parso reale quel mondo di finzione,
non lʹavevo visto dal di fuori, da molto vicino, no, lʹavevo visto
dal di dentro. Poiché ciò che io ero divenuto era proprio questo:
un essere dotato di atemporalità di dimensione variabile , capace
di trovarsi in una sorta di spazio‐tempo parallelo. La spiegazione
dei perché e dei percome lʹebbi più tardi, molto più tardi. Per ora
sappiate che ne uscii in modo semplice, con un sforzo di fantasia
banalissimo: immaginai, soltanto, di essere altrove.
In un altro quadro? Non necessariamente. Che cosa può
desiderare un alchimista se non di conoscere il re degli
alchimisti, il più grande di tutti, il fondatore per così dire
dellʹonorata professione ? Vedo, caro sconosciuto lettore, che
cominci a capire. Se le mie nuove facoltà mentali mi avevano
consentito di immergermi, diciamo così, nelle opere di due
ammirevoli ed ammirati pittori, cosa avrebbe potuto impedirmi ‐
mi chiesi , con malcelata impazienza‐ di tentare lʹesperimento
fino alle conseguenze più estreme e realizzare un vecchio
(ovviamente impossibile) sogno, quello di dialogare con un certo
personaggio che, ammettiamolo pure, è sempre rimasto in bilico
tra lʹocculto e la scienza, tra il gioco di prestigio e la magia, tra la
preveggenza ed il mistero.
Cagliostro il mago ? Ohibò, siete completamente fuori strada.
Anchʹio, come avrete potuto constatare, non percorro i sentieri
abituali in questi ultimi tempi, ma di conoscere Cagliostro non
mi era venuto in mente (anche se successivamente lo conobbi
realmente come riferiròʹ più avanti in questo mio manoscritto).
UN INCONTRO IN PROVENZA
Christine Delport Il manoscritto antico
Il personaggio che pensai di incontrare e che incontrai era un
altro: Nostradamus. Ero stato ad Arles , in Provenza, avevo
visitato, in quellʹoccasione, la casa di Nostradamus, con molto
interesse ed un unico rimpianto: non aver trovato in casa il
grande veggente per il semplice fatto che era morto e sepolto da
diversi secoli. Se il passaggio attraverso lo specchio nero ‐ pensai
‐ mi ha offerto tra le altre facoltà, la possibilità di essere
atemporale, un viaggio nel tempo mi è consentito e voglio uscire
da questo inferno surreale, popolato di mostri per conoscere a
Salon di Provenza, il principe dei veggenti, degli studiosi
alchimisti ricercatori della pietra filosofale, Nostradamus. Mi
sforzai di ricordare in tutti i particolari, nei minimi dettagli, la
casa del veggente provenzale, la sua fisionomia che un ritratto
della sua epoca ha tramandato ai posteri. Mi concentrai con tutte
le mie forze dicendomi nel contempo che un fallimento di questo
tentativo mi avrebbe forse condannato a vivere negli inferi
dellʹarte figurativa, oppure mi sarei visto costretto ad
immaginare improbabili paradisi pittorici (compito più agevole
per un musulmano che può almeno immaginare il paradiso delle
Uri, promessogli dal profeta se sarà stato buono in questa vita
terrena). Realtà pittoriche inusuali e sicuramente inadatte per un
vecchio alchimista più portato al dialogo filosofico, alla ricerca,
insomma, ad un certo tipo di cultura accanto al caminetto,
confortevole e pantofolaia.
Se avventura ha da essere, mi dissi, che si svolga almeno tra
persone dabbene, tranquille e ponderate, lontana , questa
avventura, dai veri avventurieri (quelle esperienze finiscono
sempre male). Dunque, esclusi mentalmente le situazioni che mi
avrebbero portato a conoscere tipi storici come i grandi
condottieri. Rabbrividii al pensiero di trovarmi a fianco di
Alessandro Magno o di Giulio Cesare. Non presi neppure in
considerazione lʹidea di comparire alla presenza di pur attraenti
(a quel che sostengono gli storici) figure femminili del tipo
Semiramide , Cleopatra, Messalina (con Nerone nelle vicinanze)
o Lucrezia Borgia (con quel padre e quel fratello) e via dicendo.
Christine Delport Il manoscritto antico
Mettiamola così: per raggiunti limiti di età, simili incontri
avrebbero sicuramente rivestito un carattere storiograficamente
interessante, ma altamente sconsigliabile per un vecchio saggio
dalla reputazione immacolata. In più, buon senso e prudenza mi
suggerivano una visita a Nostradamus, veggente tranquillo a
Salon di Provenza ben lontano dalla Caterina deʹ Medici sua
protettrice ma anche pericolosa e spietata sovrana intrigante nel
senso di autrice di inimmaginabili intrighi.
I miei sforzi mentali furono coronati da successo. Ignoro quanto
tempo ci volle ma alla fine di un lasso di tempo che mi parve, ad
ogni buon conto , incredibilmente lungo i contorni del dipinto di
Bosch cominciarono a farsi meno nitidi e a sbiadire un poco alla
volta; tutte quelle creature del bestiario figurativo del maestro
fiammingo persero consistenza e spessore. Lentamente si
dileguarono come una nebbia mattutina ai primi raggi del sole
trionfante e, dalle livide nebbie dei paesaggi nordici cui ero
abituato a Maubeuge mi trovai catapultato verso il solare,
azzurro e caldo Midi della Francia. Riconobbi immediatamente
la casa a forma di torre appena la vidi. Era quella di Michel de
Notre‐Dame, detto Nostradamus, nato a Saint Remy de Provence
nel 1503, morto a Salon de Provence nel 1566. Una lapide sulla
dimora ricordava che ʺin quella maisonʺ visse e morì Michel
Nostradamus , astrofilo, medico di corte del re autore degli
Almanacchi e delle immortali Centurie.
Bussai alla porta. Era un uscio di tipo rinascimentale e ciò mi
indusse ad interrogarmi sullʹepoca in cui mi trovavo. In che
anno eravamo ? La risposta lʹebbi alcuni giorni più tardi,
consultando uno degli almanacchi del veggente. Eravamo
nellʹanno di grazia 1550.
Dopo aver bussato allʹuscio, dovetti aspettare parecchio tempo
prima di veder arrivare una vecchia domestica che, lanciandomi
uno sguardo diffidente, mi chiese chi fossi e cosa volessi.
ʺVorrei sollecitare un colloquio col vostro padrone, Maistre
Nostradamus, il saggio di Saint Remy. La donna restò a lungo
pensierosa. Poi replicò: ʺDovete attendere qui!ʺ e richiuse la
porta. Rimasi lì ad aspettare nella strada polverosa, poco lontano
Christine Delport Il manoscritto antico
dalla grande chiesa ; sapevo benissimo che, una volta morto,
Nostradamus sarebbe stato sepolto in una cripta di quellʹedificio
religioso così vicino alla sua casa. Ma adesso, viaggiatore del
tempo, speravo di poterlo incontrare di persona , vivo e vegeto,
e, forse, ottenere lʹambitissimo codice criptato che tutti i
ricercatori del mondo ambivano scoprire, per poter infine
decifrare i suoi oscuri versi divinatori delle Centurie od ottenere,
comunque, qualche lume sulla sua chiaroveggenza che,
naturalmente, mi lasciava parecchio scettico, in primis, a causa
del mio pervicace ateismo opposto a qualsiasi ingresso in una
dimensione sovrannaturale. Eppure già il fatto di riuscire a
viaggiare nel tempo, di per sé, era lʹeloquente dimostrazione di
una sfera sconosciuta, occulta a conferma della limitatezza dei
sensi umani ed a riprova di un mistero più vasto che poteva al
limite, inglobare, persino la divinità quali che ne fossero le
caratteristiche (si tratta soltanto, in ultima analisi, di intendersi
sulle definizioni e sulle parole). Insomma, non credevo in Dio
eppure sentivo che avrei esitato parecchio prima di fare una
simile confessione a Nostradamus che in Dio doveva crederci al
punto da asserire di poter svolgere lo sguardo al più lontano
futuro, collocandosi nella posizione del motore immobile
dellʹUniverso che ingloba con un solo sguardo passato, presente
e futuro. In altre parole, un onniveggente che aveva almeno
ricevuto da una imponderabile entità divina (o presumibilmente
tale) quellʹimpareggiabile dono. Il dono dellʹonnipotenza, invece,
no perché i veggenti hanno il dono della divinazione ma non il
potere di cambiare alcunché nei destini dei mortali. Ma sul fatto
che Nostradamus fosse un ʺcredenteʺ nel senso che
comunemente si attribuisce a questo termine non potevano
sussistere dubbi di sorta. La sua famiglia di origine ebraica si era
convertita da tempo al cristianesimo. Il padre, anchʹegli
medico di Montpellier aveva preso questa decisione e la sua fede
doveva essere grande poiché, indipendentemente dalla religione
professata ‐ doveva essersi detto ‐ il Dio rimaneva uguale per
tutti, purché si trattasse di una religione monoteista e non
unʹidolatria pagana panteista.
Christine Delport Il manoscritto antico
Il fideismo in coloro che abbandonano una religione per
abbracciarne unʹaltra devʹessere necessariamente forte, poiché i
convertiti debbono dire a sé stessi ‐ per convincersi ‐ che ,
indipendentemente dalla religione professata, ciò che realmente
conta è la fede comune nellʹAltissimo.
Ero disposto, quindi, a mettere da parte lʹ ateismo , almeno
durante il colloquio con il Mago di Salon, ammesso che colloquio
potesse esservi.
La domestica tornò a riaprire la porta e mi chiese di seguirla.
Salimmo una rampa di scale a chiocciola ed al secondo piano fui
introdotto in una sala dalle finestre oscurate da tende che
soffondevano alla luce del giorno riverberi azzurrini nei locali.
Dietro un enorme tavolo, la figura a me famigliare di
Nostradamus mi apparve come circondata da una sorta di luce
vermiglia, effetto di un enorme candelabro con candele che
bruciavano alle spalle dellʹimponente personaggio.
Ricordo che lʹastrologo indossava la lunga tunica nera sul
davanti della quale si adagiava una folta barba bianca.
Nostradamus indossava il tradizionale copricapo. Con uno
sguardo penetrante ma sereno mi squadrò dalla testa ai piedi;
non fece, tuttavia, alcun commento sulla foggia del mio abito che
era, ovviamente, del tutto inusuale per la sua epoca, facendo di
me ai suoi occhi uno strano tipo eccentrico.
Poi mi interpellò allʹimprovviso: ʺQualʹ è , messere, lo scopo
della vostra visita?ʺ
ʺHo sempre desiderato conoscervi ‐ risposi con la massima
cortesia e deferenza ‐ o, per meglio dire, incontrarvi di persona,
perché quanto a conoscervi, sono da tempo al corrente della
vostra fama di medico, di astrologo e di alchimista...ʺ
ʺPer questo motivo avete intrapreso un così lungo viaggio. Ma
devo dirvi, in verità, che vi stavo aspettando...ʺ
ʺMa come è possibile ?ʺ
ʺA me è possibile!ʺ, replicò con un sorriso divertito, mentre un
lampo di infantile malizia gli balenava nello sguardo. Sì,
appariva enigmatico ma divertito come in un gioco di
indovinelli. Ebbi la netta impressione che, in realtà, conoscesse
Christine Delport Il manoscritto antico
tutto di me, ivi compreso il fatto che venivo dal Diciottesimo
secolo, vale a dire da un tempo, il Settecento, che si collocava
duecento anni dopo la sua morte, una morte che il grande
veggente provenzale aveva previsto. Si narrava che avesse
profetizzato le circostanze e la data esatta della sua dipartita: 2
luglio 1566 e anche lʹora precisa.
Negli ultimi anni della sua esistenza, si era ritirato nella bella
dimora in cui stava, per lʹappunto, ricevendomi nel quartiere di
Ferreiroux a Salon di Provenza.
Lo scrutatore dei destini umani era lʹastrologo di corte durante il
regno di Enrico II. Caterina deʹ Medici credeva ciecamente nelle
sue arti mediche e divinatorie. A Parigi, ai giorni nostri, ancora
viene mostrata ai visitatori la torre vicina alla chiesa di
Saint‐Eustache, dove Caterina saliva spesso in compagnia di
Nostradamus per scrutare il cielo stellato e trarne auspici.
Lʹastrologo rivelò alla regina madre anche la terribile sorte che
attendeva Enrico II , mortalmente ferito in singolar tenzone nel
celebre duello con Montgomery. Nel torneo cavalleresco, la
lancia di Montgomery penetrò , accidentalmente, spezzandosi
nel casco dorato del sovrano che cadde da cavallo ed agonizzò
due giorni e due notti prima di morire. Profezia contenuta nella
Centuria I di Nostradamus e che fece gridare ai sudditi ed ai
cortigiani imbestialiti ed in collera: ʺCrepi lʹastrologo!ʺ La
profezia era stata così esatta ed inesorabile che , a corte, non
erano pochi coloro i quali ‐ spinti, forse, anche dallʹinvidia per i
favori che Caterina riservava al vate ‐ volevano addirittura fare
uccidere quellʹuccellaccio di malaugurio. Il ʺcorvoʺ nero, però,
era protetto dalla regina.
Nel colloquio appena iniziato volli ricordargli i suoi successi
come medico ed elogiai il fatto, storicamente accertato, che ‐
grazie alle sue raccomandazioni ed alle precauzioni prese ‐ in
Provenza era stata debellata unʹepidemia di peste. Il
complimento non lo lasciò indifferente e parve fargli enorme
piacere, in quanto lo vidi raddrizzarsi impettito sulla sedia e
sorridere. Evidentemente, menava maggior vanto dalla propria
attività di medico, laureato allʹuniversità di Montpellier, che
Christine Delport Il manoscritto antico
dalle sue arti divinatorie per le quali forse non aveva alcun
merito personale, essendo esse innate. Lʹarte medica, invece, gli
era costata sforzi, lunghi studi, ricerche ed acutezza dʹingegno.
ʺSapete come si sconfiggono le terribili malattie infettive ? Con
lʹigiene, mio caro, con lʹigiene.ʺ
Gli ricordai che durante le pestilenze, nel Medioevo, la gente si
raccoglieva in massa nelle chiese per pregare...
ʺOttimo metodo ‐ replicò con una smorfia di disgusto ‐ per
diffondere ancor più la terribile epidemia. Io non raccomandai
messe e devozioni, ma igiene con lo zolfo e isolamento per i casi
accertati. Alcuni guarirono, altri no. Ma almeno il contagio non si
estese per contatto.ʺ
Un Nostradamus laico, fustigatore delle superstizioni religiose ?
Certo, un grande medico nella tradizione familiare.
Inaspettatamente, mentre parlavamo di medicina, mi
chiese:ʺNella vostra epoca vi sono ancora alchimisti ?ʺ
ʺCome ? Sapete, dunque, da che epoca provengo...ʺ
ʺMa certo! Però non avete risposto alla domandaʺ.
ʺNo! Io sono lʹultimoʺ
ʺNon si è mai lʹultimo. Guardate quanti maghi sono alla ricerca
della pietra filosofale. La ricerca continuerà. Su questo è
dʹaccordo un altro grande profeta Ulrico di Mayenzaʺ.
ʺDite sul serio ?ʺ
ʺVedete: noi maghi e naturalisti siamo sempre esistiti. Vi basti
ricordare, nevvero, Paracelso che firmava le sue pregevoli opere
esoteriche con il nome, o meglio lo pseudonimo Filippo Aureolo
Teofrasto. Era svizzero e , come me, medico e mago.
Si chiamava, in realtà , Theopfrast Bombast von Hohenheim.
Nulla di sorprendente che i suoi estimatori abbiano abbreviato
il tutto in Paracelso. Ebbene, era convinto a ragione che lʹuomo
fosse un microcosmo in cui si rispecchiavano tutti gli elementi
naturali dellʹuniverso. Era o non era il decano dei farmacologi ,
anzi lʹideatore di questa scienza ? E lʹitaliano Bernardino Telesio
che ci parla della natura e delle sue leggi che noi dobbiamo
seguire per essere in armonia con il cosmo. E ancora Cornelio
Agrippa di Nettesheim, teologo , alchimista, astrologo. Fu
Christine Delport Il manoscritto antico
proprio lui ad ispirarmi una sorta di fusione o per meglio dire di
osmosi, tra lʹantica tradizione filosofica dellʹ Occidente con quella
dellʹEbraismo della Cabala e con il pensiero magico ‐ esoterico
dei Rosacroce. Ma queste cose, caro dottor Mabuse, voi le sapete
di certo. Sapete anche che vi è unità totale tra il microcosmo
umano ed il macrocosmo universale. In miniatura, noi siamo
parti essenziali dellʹUniverso, immenso organismo vivente.
Telesio ‐ e aveva perfettamente ragione ‐ riteneva che anche i
bruti avessero il pensiero. Infatti, gli altri animali pensano,
riflettono, decidono in un senso o nellʹaltro in base alla propria
natura, ai propri istinti. Anche nel mondo animale ‐ persino in
quello vegetale, credetemi‐ esiste lo Spirito universale. Tutto è
scritto nellʹimmenso libro della Natura. Basta saperlo leggere e
non farsi fuorviare da baliverne umane, da miti, da superstizioni
scaturite non dalla madre comune ma da menti fuorviate e
contorte.ʺ
Ero rimasto ad ascoltarlo, assorto ed ammirato. Una personalità
convincente e carismatica come la sua non poteva che impartire
lezioni, ma rimanevamo lontani dai misteri. Nessun accenno alla
grande piramide, solo unʹallusione di sfuggita ai Rosacroce.
Quali segreti erano custoditi nella casa‐osservatorio cosmico di
Nostradamus. Ero lì per scoprirlo e decisi di affrontare in modo
diretto gli arcani che mi stavano a cuore.
ʺAvete previsto il futuro e sapete che io giungo in casa vostra
direttamente dallʹavvenire e non ve ne stupite minimamente.
Qualʹè, ditemi, la chiave di lettura delle vostre Profezie, il codice
per penetrare i criptici segreti delle Centurie ?ʺ
ʺHo usato lʹermetismo ‐ mi rispose dopo una pausa di riflessione
‐ perché passato, presente e futuro non hanno mai unʹunica
chiave di lettura, un unico codice. Anche qualcosa avvenuto oggi
stesso ha un significato diverso per due persone differenti. Ad
esempio, per la mia domestica , Juditte, che è venuta ad aprirvi la
porta e vi ha introdotto nel mio studio, voi siete uno dei
semplici visitatori che vengono frequentemente a consultarmi.
Avrà notato la curiosa foggia dei vostri abiti e vi avrà scambiato
per un eccentrico elegantone. Ignoro se qualcuno in strada vi ha
Christine Delport Il manoscritto antico
visto entrare, ma qualsiasi abitante di Salon vi avrebbe scambiato
per un paziente in visita al suo medico, oppure per unʹanima
desiderosa di conoscere il proprio destino dal mago.
Soltanto io, ʺvedendoʺ giusto , so chi veramente siete: un
viaggiatore del tempo come me. Non siamo in molti, ma sulla
Terra ogni tanto ne appare uno. Buddha era un viaggiatore nel
tempo ed anche Gesù. Tutti i profeti ed i fondatori di religioni lo
erano, compreso Maometto. Lo era Mosé, quando sul monte
Sinai, ricevette le tavole astrali della legge universale. Lo era Noé
che seppe, in anticipo del Diluvio Universale per il semplice fatto
che lo aveva scorto prima, lo aveva visto apparire allʹimprovviso
tremendo e devastante. Lʹ idea dellʹArca era sua. Era un
ecologista del suo tempo per questo salvò tutte le specie
animali che gli uomini delle epoche successivi invece hanno , in
molti ‐ troppi! ‐ casi condannato allʹestinzione.
I viaggiatori del tempo si dividono solo in tre categorie: quelli
che, come voi caro amico, preferiscono il viaggio nel passato.
Non offendetevi, ma costoro sono i prudenti, quelli che non
accettano, neppure come ipotesi , salti nel buio. Avrebbero la
facoltà, beninteso, di volgere lo sguardo al futuro di ritrovarsi
nellʹavvenire e scoprire come tutto andrà a finire... ma
preferiscono viaggiare nel passato per districare enigmi storici
irrisolti, per sfatare leggende, per fare affiorare alla luce misteri
irrisolti. La seconda categoria degli avventurosi , arditi ma
imprudenti, si lancia a capofitto unicamente nel futuro, senza
troppo riflettere, ma poi il futuro porta loro oltre il coraggio la
virtù della sapienza e, quindi, diventano saggi. Entrambe le due
prime categorie dei viaggiatori, chiamiamoli così a senso unico,
poi maturano e diventano i perfetti della terza specie e cioè
coloro che indifferentemente volgono la prua sia verso il passato
che verso il futuro. Noi vecchi viaggiatori nel tempo , i perfetti
della terza categoria, andiamo avanti e indietro senza
discriminare , vedendo il tutto come un eterno presente e
conoscendo lʹillusorietà e lʹ impermanenza del tempo, la
relatività spazio‐ temporale. Gli altri li chiamiamo i novizi, i
neofiti, coloro i quali scoprono, come avete fatto voi, di avere una
Christine Delport Il manoscritto antico
rarissima facoltà ed, in genere, proprio come voi ,si volgono al
passato e scelgono professioni idonee alle loro innate tendenze,
ai loro percorsi mentali. In questʹepoca, come nella vostra,
lʹarcheologia non è stata ancora inventata come scienza. Ma in
futuro ‐ prendete nota di questa nuova profezia ‐ vi saranno
archeologi di professione. Gente che, a suo modo, viaggerà nel
passato. Le grandi scoperte saranno dovute ad archeologi
viaggiatori nel tempo: verrà trovata la città di Troia, cantata da
Omero nellʹIliade. Verrà ritrovata lʹarca dellʹAlleanza sul monte
Ararat. Verrà trovata Atlantide che giace in fondo allʹOceano
Atlantico poco lontano dalla Colonne dʹErcole (lo stretto di
Gibilterra).ʺ
ʺDunque ‐ replicai ‐ sono un viaggiatore novizio, per questo
ho scelto il passato, ma non andrò mai nel futuro?ʺ
ʺSì, voi tornerete nel futuro,anche quello che va oltre il vostro
tempo astrale di nascita; ma affinché il viaggio nel futuro diventi
abitudine si richiedono altre facoltà, altre prove. Quando si riesce
a leggere perfettamente nel passato dellʹumanità, nel passato del
cosmo, in tutto il passato anche quello più remoto, quando si è
realmente compreso la struttura dellʹuniverso, il viaggio nel
futuro viene ricercato e diventa possibile.ʺ
ʺAspetterò da buon alchimista di terminare il noviziato.ʺ
ʺ Non dovrete aspettare molto, perché la scelta della professione,
nel vostro caso lʹalchimia come nel mio, è già indicativa della
fase cui un viaggiatore nel tempo si avvicina.ʺ
ʺIl concetto non mi è chiaro...ʺ
ʺEppure è semplice.ʺ
Per la prima volta , scorsi un sorriso di sufficienza ed un
involontario atteggiamento di superiorità nel mio interlocutore.
Strano. Ma si riprese subito e, assumendo un aspetto meno
condiscendente, ma di partecipe simpatia chiarì il suo pensiero.
ʺHo parlato prima di una nuova scienza , lʹarcheologia; ad essa
vicine saranno la paleontologia, lʹoceanografia e poi altre come
lʹastronautica. Tutte scienze del futuro per noi che, tuttavia,
avranno per oggetto anche il passato del nostro pianeta. Saranno
i sogni realizzati di altri viaggiatori del tempo che li
Christine Delport Il manoscritto antico
trasmetteranno ai posteri, chiamati a tradurli in realtà. Il sogno di
volare appartiene ad Icaro. La progettazione del volo a Leonardo
da Vinci (ricordatevelo questo nome). La realizzazione del volo
ai fratelli Wrigth. Avete mai udito parlare di Egittologia ? Lo
sapevate che un giorno , un francese riuscirà a decifrare i
geroglifici allʹinterno delle piramidi e sulle tombe dei faraoni.
Voi sapete cosʹè un telescopio, come quello che usava Galileo
Galilei e che uso io, tutte le notti per scrutare le stelle. Ma certo
ignorate lʹesistenza del microscopio non ancora inventato che
servirà a leggere nellʹinfinitamente piccoloʺ.
Rimasi allibito e perplesso. Nelle parole del saggio provenzale
scoprivo una terminologia del tutto nuova, parole e vocaboli a
me del tutto ignoti e, per di più, un lessico così poco familiare da
lasciare sbalorditi.
Nostradamus, compiaciuto, decise di battere il ferro finché era
caldo e non mi dette tregua.
ʺDeriva dei continenti: lʹAfrica a noi nota era per così dire
attaccata al nuovo continente appena scoperto dal genovese
Cristoforo Colombo che si chiamerà America in onore di un altro
grande navigatore , il fiorentino Amerigo Vespucci. I continenti ,
mio caro amico, si muovono, si scontrano, si staccano. Lʹurto
delle masse continentali ha creato enormi montagne.ʺ
Passando di sorpresa in sorpresa, di rivelazione scientifica in
rivelazione scientifica, non potevo più nasconderei il mio
sbalordimento. Il mago di Salon mi chiese, ad un certo punto
vedendomi affaticato, se desiderassi riposare. Forse riteneva che
per quel giorno ne avessi avuto abbastanza. Si offrì di ospitarmi
nella sua magione. Una stanza per gli ospiti di riguardo mi
venne destinata: ʺEʹ inteso che stasera cenerete alla mia tavola e
poi domani parleremo nuovamente di viaggi spazio‐tempo. Per
oggi basta così. A cena non toccheremo più simili argomenti,
troppo pesanti per una buona digestione!ʺ
La cena, preparata dalla vecchia governante, Juditte, donna
tuttofare della dimora, fu un bellʹesempio di cucina provenzale
con dispendio di spezie e di ʺpistouʺ . Brillante conversatore
anche a tavola, Nostradamus, si limitò a spiegarmi le ricchezze
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culturali, gastronomiche, artistiche della sua terra, la Provenza,
cui era visibilmente legato.
“Un tempo – mi disse – vi abitavano le popolazioni liguri.
Balzate fuori dalla preistoria. I liguri, grande fortissima razza. Lo
sapevate che si diceva che un ligure avesse la forza di almeno tre
galli, gli abitanti della Gallia, intendo. Eppoi, un generale
romano affermò che i liguri era più facile sconfiggerli in battaglia
che scovarli. Naturalmente, erano sempre nascosti nelle loro
selve, nei boschi, nelle grotte, negli anfratti. Liguri stazielli, liguri
ingauni, liguri montani. Alcuni alleati fedeli di Roma. Altri
combatterono come mercenari con Annibale. Come faccio a
saperlo ? Ma, mio caro, io cʹero! Non potei modificare nulla di
quanto vedevo in quella Liguria così vicina alla mia Provenza.
Vidi il generale cartaginese Magone Barca, il fratello di Annibale
piombare su Genua, dal mare. Mentre sulla terra, si udiva il
barrito degli elefanti di Annibale. La città ligure fedele alleata di
Roma subì lo scempio da parte di Magone che la mise a sacco. Lo
sapevate che ancora oggi i liguri dicono: “Ho il magun! Per dire
che sono tristi. Eʹ un malinconico ricordo del distruttore Magone,
fratello di Annibale e di Asdrubale. Ma poi, Scipione castigò i
cartaginesi e vendicò sia Genua che Roma. Fu lʹimpero romano a
vincere. Liguri e Romani uniti invasero la Gallia Nerbonensis.
Ma perché vi narrò tutto ciò ? Ah sì. Volevo menzionare la
caducità degli imperi rispetto alla durata del cosmo,
dellʹuniverso. Lo sapete che discendo da una famiglia ebraica ?” Gli dissi che, sì, lo sapevo.
“Venivano dalla Spagna. Erano stati cacciati dalla Spagna.
Inquisizione, sapete, Torquemada...
Si rifugiarono a Genova. Lì nacquero i miei bisnonni, nel ghetto
vicino alla cattedrale. Poi, anche da Genova vennero cacciati via,
i giudei non erano ben visti. Marrani e giudei. Via da Genova, i
Nostre Dame si rifugiarono qui in Provenza, dove nacquero la
nonna ed il nonno che si convertirono al cristianesimo per evitare
altri traslochi alla famiglia. “
Nostradamus si era immerso in una sorta di soliloquio ; non si
capiva più se ricordava il passato o se evocata il futuro.
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Presi congedo a tarda ora perché quando era in vena, scoprii,
Nostradamus non la finiva più di parlare. E non sapevi se
ricordava o se profetizzava.
Dopo una notte di riposo, ritrovai in salotto il mio ospite in
compagnia di suo fratello Cesare che riconobbi subito perché era
stato , secondo la storia, il curatore delle Centurie, seguendone
tutti i dettagli della pubblicazione. Mi chiesi se la famiglia del
celebre astrologo fosse stata al corrente della vera natura della
chiaroveggenza del suo congiunto. Nostradamus, quella mattina
parve leggermi nel pensiero. Dopo aver preso concedo dal
fratello Cesare, richiamato ad Arles per affari, mi raggiunse nel
suo studio, dove mi aveva invitato ad attenderlo facendo la
prima colazione. Esordì con questa frase: ʺNessun membro della
mia famiglia conosce le mie doti reali. Il viaggiatore nel tempo è
tenuto al segreto. Nessuno sa , a parte voi, e gli altri viaggiatori
attraverso lʹeternità.ʺ
ʺMa siamo, dunque, immortali ?ʺ
ʺNiente affatto. Viaggiamo nello spazio e nel tempo eterni
durante lʹarco della nostra vita di mortali. Mentre ʺviaggiamoʺ
non vi è alcuna sospensione temporale, se non durante il
brevissimo trasferimento che per così dire avviene in un lampo.
A parte questa brevissima sospensione tra lʹandata e lʹarrivo e
tra la ripartita ed il ritorno, il tempo per noi continua a scorrere
come per tutti gli altri mortali. Soltanto che noi conosciamo, per
aver attraversato su e giù lo spazio ed il tempo, compreso quello
della nostra vita, per così dire, ʺnon viaggianteʺ , il giorno
esatto in cui moriremo. E si muore nella propria epoca e nel
luogo prescelto in vita perché nessun viaggiatore nel tempo
rinuncia a quel ritorno a casa finale, quando smetterà davvero di
viaggiare in tutti i sensi.ʺ
ʺCome veniamo scelti , perché e da chi ?ʺ
ʺLo ignoro. Ricordiamoci soltanto che molti saranno i chiamati e
pochi gli eletti...ʺ
ʺDio...ʺ
ʺE chi altro potrebbe ?ʺ
ʺAvete mai incontrato altri viaggiatori ?ʺ
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ʺMa certo. Uno per tutti; ricordate che ieri vi dissi di tenere a
mente un nome: Leonardo da Vinci. Ebbene lo conobbi
personalmente a Firenze e poi lo rividi in Francia. Curioso tipo
davvero quel Leonardo. Aveva una vera mania nel curarsi la
barba fluente. Fu lui a ribattezzarla ʺlʹonor del mentoʺ. Uno
sguardo acuto, penetrante, fu uno dei pochi che sin dal principio
viaggiava nei due sensi passato‐futuro come i profeti e i
fondatori delle religioni, ma la sua religione era la scienza. Era
divorato dalla curiosità di sapere e di conoscere ed era
costantemente in viaggio. Nel presente si concedeva prodigiose
invenzioni destinate a colmare di meraviglia i suoi
contemporanei e a rendere perenne la sua memoria tra i posteri.
ʺBello sforzo ! Avrà visto le invenzioni e , tornato indietro, le
avrà copiate...ʺ
ʺNo, caro amico, in questo siete totalmente in errore. Sappiate
che non ci è concesso modificare alcunché del passato, del
presente e del futuro. Assolutamente nulla. Ciò che deve
accadere accadrà e ciò che è accaduto resterà immutabile per
sempre. No, vi spiego: Leonardo fece nel suo tempo invenzioni
assolutamente originali. Viaggiando nel tempo, magari, ne vide
gli sviluppi, questo sì ! Ma le invenzioni erano sue. Eppoi
riflettete: se avesse visto le macchine volanti nella loro ultima
versione, non si sarebbe limitato a copiare, per così dire, il volo
degli uccelli, disegnando apparecchi sorprendenti ma tutto
sommato rudimentali. Avrebbe disegnato lo Shuttle direttamente
o una qualsiasi astronave (sì, lo so. Sto parlando di cose a voi
ignote perché sono nel lontanissimo futuro), ma avete afferrato il
concetto ?ʺ
ʺPerfettamente!ʺ
ʺSì, un grandissimo genio che ha disegnato da provetto
ingegnere invenzioni incredibili. Ha dipinto la ʺGiocondaʺ nei
ritagli di tempo. Il sottomarino lo ha inventato lui, anche se è
stato magistralmente descritto in ʺ Ventimila leghe sotto i mari ʺ
da un francese, Jules Verne. Va bene, va bene. Sono tutte cose che
dovete ancora vedere. Non parliamone più...ʺ
ʺSentite, maestro, in quello che mi avete detto, perdonatemi,
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scorgo una fondamentale contraddizione. Voi, ad esempio, avete
contravvenuto alla regola aurea, perché avete raccontato ‐
violando il mistero ‐ ciò che avete visto come avvenimenti futuri
nelle vostre Centurie.ʺ
ʺVi rispondo volentieri. Potere smettere di preoccuparvi di
questo: avete mai conosciuto una sola persona che abbia saputo
interpretare correttamente le mie profezie ?ʺ
ʺBeh, francamente no. Tutti hanno detto ʺdopoʺ e non ʺprimaʺ:
Nostradamus lʹaveva predetto!ʺ
ʺEsatto. Vedete, quindi, che io non ho modificato alcunché. Era
un patto concluso espressamente : le profezie avevano un codice
del tutto nascosto e impossibile da interpretare. Del resto,
nessuno, a priori, ci ha mai capito unʹacca.ʺ
ʺLʹunico che avevo espressamente avvertito, Enrico II, è sceso
ugualmente in singolar tenzone con lʹesito ormai noto a tutti.
Io, per essere stato troppo esplicito in quellʹoccasione , ho
rischiato di essere linciato da cortigiani e sudditi sobillati dai
cortigiani stessi, vile razza dannata, invidiosa dei favori di
Caterina deʹ Medici nei miei confronti. Era stata la mia
punizione per aver infranto parzialmente un segreto, ma intanto
nessuno ne aveva tenuto conto. ʺ
ʺMa la contraddizione esiste per altri personaggi: Buddha e
Gesù, ad esempioʺ.
ʺNon credo personalmente che gli orientali abbiano imitato la
vita del loro Buddha. E vi risulta che molti cristiani abbiano
realmente seguito gli insegnamenti ed il modo di vita di nostro
Signore ? ʺ
ʺSan Francesco, forse...ʺ
ʺVe lʹaccordo. Ma se intimamente Francesco era portato alla
santità, avrebbe condotto una vita santa anche senza il
grandissimo modello cui si ispirava, vi pare ? Il fatto di aver
imitato Cristo non ha mutato la vita di alcun santo. Erano nati
per essere tali. Lo sarebbero stati, egualmente, imitando i poveri,
stando vicini agli umili e ai perseguitati. Rinunciando alle
ricchezze ed alle vanità del mondo. La santità non è un fatto di
imitazione. Quindi, nessuna modifica del futuro. Anzi, si può
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dire che le cose non sono andate affatto come avrebbe voluto il
viaggiatore nel tempo, Gesù, che ha potuto piangere sui peccati
trascorsi dellʹumanità come su quelli, innumerevoli, che
lʹattendevano nel futuro, senza che lui potesse farci nulla!ʺ
ʺUna cosa mi è del tutto oscura ‐ confidai, chiedendo lumi ‐ se un
viaggiatore nel tempo si trova in un determinato posto, in un
certo periodo, non potrà scorgere altro che la realtà contingente ,
quella che scorre sotto il suo proprio sguardo. Io, ad esempio,
sono qui nella vostra dimora, oggi, e pur trovandomi nel passato
rispetto al mio tempo abituale non posso vedere ciò che accade ‐
poniamo a Parigi ‐ Come mai gli interpreti delle Centurie vi
attribuiscono fatti accaduti e da voi profetizzati addirittura in
lontani paesi, se non in altri continenti. Come avete potuto
ʺvedereʺ tutto?ʺ
Nostradamus sorrise: ʺSicuramente saprete ‐ esclamò ‐ cosa
erano gli Acta Diurna degli antichi romani...ʺ
ʺSì, erano le antiche gazzette, con le notizie scritte. Certo, non
stampate perché lʹinvenzione è relativamente moderna, ma erano
fogli scritti a mano su papiri e pergamene,incisi su tavolette di
cera, contenenti le notizie del giorno.ʺ
ʺEsatto. Ammettiamo adesso che un viaggiatore nel tempo,
trovandosi nellʹantica Roma, allʹepoca diciamo delle guerre
puniche, avesse potuto leggere su unʹ Acta Diurna la seguente
notizia: ʺAnnibale sconfitto, Asdrubale il fugaʺ. E nei giorni
seguenti: ʺCartagine rasa al suolo!ʺ Non avrebbe avuto bisogno
di essere presente fisicamente sui luoghi dellʹ azione per essere
informato, vi pare ?ʺ
ʺMa certo, che sciocco sono stato a porre una simile domanda. Le
gazzette, i libri, il lavoro degli storici, gli annali, i racconti, le
dicerie...ʺ
ʺCertamente, dottor Mabuse, lʹinformazioneʺ
ʺEʹ vero, perbacco, è vero...ʺ
ʺE voi siete ancora abbonato magari alla ʹGazette de Maubeugeʹ
ma dovete sapere che nel futuro da me frequentato gli uomini e
le donne ascolteranno le notizie provenienti da una scatola. Una
voce, proveniente , diciamo dagli antipodi , sarà udita via radio ‐
Christine Delport Il manoscritto antico
ecco, la parola sibillina ‐ poniamo allʹaltro capo del mondo come
in casa mia. E non è tutto! Standovene nel salotto della vostra
residenza di Maubeuge potrete guardare dentro un quadro
luminoso chiamato televisione e vedrete apparire, da Roma, la
figura del Papa.ʺ
ʺIn un quadro , anzi in due, per la verità ci sono caduto anchʹio;
ma non erano luminosi e ignoro se qualcuno mi ha visto.ʺ
ʺIo vi parlo di immagini luminose che attraversano spazio e
tempo.ʺ
ʺCome gli angeli. Miracolo, allora Dio esiste davvero.ʺ
ʺChi osa dire il contrario ? Naturalmente Dio esiste. Ma la
televisione non è un miracolo. Eʹ solo scienza, dottor Mabuse,
solo scienza. Ma questo spiega ampiamente le mie visioni o no ?
In quel modo, trovandomi in unʹaltra epoca, ho avuto notizie in
audio ed in video di guerre, terremoti, disastri, attentati contro
uomini politici. Ho visto scene terribili ed ho fatto , tuttavia,
grande fatica a discernere il reale dalla finzione, perché
figuratevi che i nostri posteri, pur conservando una spiccata
propensione per il teatro, porteranno le immagini degli attori e
delle attrici (sì, anche le donne potranno recitare senza
lʹinterdizione di nostra santa madre chiesa) prima su grandi
schermi in sale buie e poi sulla televisione di cui vi ho parlato.
Per parecchio tempo ho scambiato finte storie per avvenimenti
realmente accaduti. Poi ho imparato a controllare le presunte
notizie radio‐televisive e quelle sulla carta stampata e ho capito
a fatica quale era la realtà e quale la finzione. Il XXI secolo
comincia ad essere particolarmente indecifrabile, tanto la
finzione si confonde con la realtà. Ho dovuto, di conseguenza,
correggere più volte le mie profezie, chiamiamole così. Ma in
fondo non importava, perché nessuno ha mai capito alcunché
della chiave di lettura e dei codici cifrati in cui sono redatte le
Centurie. Sono criptate vale a dire illeggibili.ʺ
ʺMa allora a che servivano ? ʺ
ʺServivano a me, come promemoria di ciò che avevo visto nel
tempo, dato che solo io sono in grado di decifrarle. Ma vi sono
stati inconvenienti e malintesi davvero curiosi e singolari
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durante i miei spostamenti. Una trasmissione radio, captata
dallʹAmerica, mi aveva indotto a credere che i marziani avevano
invaso il nostro pianeta. Non cʹero caduto soltanto io! Ma il
panico aveva sopraffatto migliaia di uditori. Da allora ero
diventato estremamente scettico, così scambiai per finzione un
fatto reale: la discesa di due uomini, i primi, sulla Luna.ʺ
ʺState celiando. Due uomini sulla Luna ! Era vero ?ʺ
ʺEbbene sì, lo era. Ma io credetti ad una commedia anche perché
ero stato indotto in errore, certo involontariamente, da un
personaggio di cui ho già parlato, Jules Verne.ʺ
ʺUn viaggiatore nel tempo ? ʺ
ʺNo, un semplice scrittore. Solo che io lʹavevo scambiato in un
primo momento per uno storico e quando lʹavvenimento si è
davvero verificato, lo sbarco sulla Luna, io lʹattribuii ad una
recita.ʺ
ʺSiete sicuro che avete visto gli uomini sulla Luna ?ʺ
ʺCome vedo voi e se è per questo li ho visti costruire città su
Marte... Ma lasciamo perdere. Vi sto dicendo troppo. Del resto
vedrete tutto voi stesso quando andrete nel futuro. Comunque,
sappiate che anche Marte non sarà la tappa finale,Andremo su
quasi tutti i pianeti e lʹintera Galassia, ma non i pianeti gassosi o
quelli troppo vicini alle stelle come il Sole ( nel nostro sistema,
Mercurio e Venere, per ovvie ragioni).ʺ
ʺLʹavete scritto nelle Centurie...ʺ
ʺNero su bianco, ma, credetemi, la storia spaziale, in fin dei conti,
non sarà il capitolo più felice della storia millenaria
dellʹumanità.ʺ
Lʹultima affermazione del vate di Salon mi aveva lasciato
interdetto. Che altre sciagure sono in serbo per noi, poveri
umani? ʺPosso solo dirvi questo, rispose Nostradamus, un giorno ‐ per
fortuna, ancora lontanissimo ‐ per noi viaggiatori nel tempo non
vi sarà più nulla da vedere sulla Terra e nellʹintero sistema
solare. Dʹaltra parte, anche lʹuniverso avrà una fine. Io sono
Christine Delport Il manoscritto antico
arrivato ad un punto in cui già sulla Terra non vi era più nulla di
visibile. Per il semplice fatto che il nostro pianeta era esploso.
Gli ultimi uomini da me intravvisti non erano più sulla Terra,
distrutta – mormorava qualche archeologo sopravvissuto ‐ da
una tremenda collisione con un asteroide gigantesco. Oppure,
non riuscii ad accertarlo del tutto, eliminati , gli uomini,
dallʹinvenzione di una delle loro tremende diavolerie. Questa,
temo, sia stata la causa del grande botto. Alcuni riuscirono, però,
grazie alle nuove tecnologie spaziali a porsi in salvo.
I superstiti, tra cui mi trovavo, erano partiti da anni a bordo di
astronavi ed erano giunti su Marte. Ma anche il ʺpianeta rossoʺ
era minacciato come il resto del sistema solare. Unica via di
salvezza: uscire dal sistema planetario del Sole e scovare una
ʺseconda Terraʺ nella nostra Galassia. Non ci crederete ma
lʹimpresa riuscì , poi , però , anche sulla Terra numero due
sorsero conflitti e questa volta non fu lʹasteroide a distruggerla
ma nuovamente sofisticatissime armi e tecnologie
inimmaginabili per noi. Allora, finirà tutto : sarà davvero
lʹArmageddon, di cui ci parla la Bibbia. Sarà completato il ciclo
dellʹumanità, lʹalfa e lʹomega. Ma sarà stato solo un brevissimo
intervallo di tempo nello scorrere dellʹuniverso, il nostro e gli
altri universi esistenti.
ʺAltri universi ?ʺ chiesi al colmo dellʹincredulità.
ʺProprio così. Eppoi, la materia oscura invisibile più numerosa
della materia visibile, lʹenergia oscura infinita, il punto di
contatto tra la materia e lʹantimateria, i buchi neri
spazio‐temporali. Ce ne sono di cose da rivelare. E le ho rivelate,
infatti, ma nessuno troverà mai la chiave di lettura delle
Centurie. Come ho già affermato. Solo dopo, diranno, ma questo
Nostradamus lʹaveva scritto. Andranno a cercare, tenteranno di
capire, ma non ci riusciranno. Un decreto dellʹAltissimo vieta di
mutare il destino degli uomini, di una cometa, di un pettirosso o
di un semplice filo dʹerba. Tutto è scritto, come giustamente
hanno intuito, i popoli del mondo arabo e nessuno può
cancellare ciò che è scritto nel grande libro del destino.ʺ
ʺCome siete tornato qui in Provenza?ʺ
Christine Delport Il manoscritto antico
ʺEʹ stato molto semplice per un viaggiatore nel tempo, lo capirete
quando vi spiegherò per filo e per segno i dettagli del mio
peregrinare nel futuro.
Parte Terza
NOSTRADAMUS E LA FINE DEL MONDO
“Non mi credete, vero, in fin dei conti vi vedo scettico” esclamò
assorto Nostradamus.
ʺPer carità, maestro! Certo che credo alla vostra illustrissima e
veritiera parola: ma mi state dicendo che avete visto la fine del
mondo e siete tornato indietro per narrarlo in forma ermetica. ʺ
ʺProprio così. Da Marte non scorgemmo più la Terra. Era la fine
del mondo, di un granellino di sabbia nel Sahara dellʹuniverso.
Un universo, a sua volta, periferico, limitato , un universo in un
oceano di universi, , un continuo proliferare di universi ciclici. Il
passato ci ha offerto miracoli difficili da credere come la
resurrezione di Lazzaro. Ma il futuro non appartiene agli
increduli ed agli scettici. Vi saranno ʺmiracoliʺ inauditi, tutto ciò
che possiamo immaginare si realizzerà, quel che oggi sembra
incredibile diverrà realtà quotidiana ed il sovrannaturale di oggi
sarà la banalità di domani. Non posso rivelarli, come ho già
detto, ma una sola cosa non verrà sconfitta: la morte. Vi sarà
sempre e comunque un inizio ed una fine per tutto e per tutti.
Oltre la ʺfineʺ neppure i viaggiatori nel tempo possono andare
perché è il termine dellʹillusione cosmica, al di là vi è unicamente
lʹUno, la realtà suprema, ma quella nessuno la vedrà mai. Eʹ
lʹindicibile, lʹineffabile , è insieme lʹalfa e lʹomega, il principio e la
fine, la causa e lʹeffetto.ʺ
ʺStiamo nuovamente parlando di Dio.ʺ
ʺChiamate la mente suprema come volete, ma essa sfugge a tutte
le definizioni di essere o non essere, di eterno o non eterno, di
Christine Delport Il manoscritto antico
spazio e di tempo. Non è definibile col semplice linguaggio,
esula dai nostri schemi mentali, è il tutto‐nulla che trascende
ogni cosa.ʺ
ʺVedo: il Brahaman dellʹInduismo, il paradiso di noi cristiani,
quello dei maomettani, oppure il Nirvana dei buddhisti.”
ʺSiete meno ostile alle religioni adesso ?ʺ
ʺResto ostile alle superstizioni, alle caste sacerdotali, alla fede
cieca e irrazionale, al fanatismo laico o religioso. Accetto , invece,
lʹidea della Mente Suprema...ʺ
ʺGià, in fondo, persino Massimiliano Robespierre dopo aver
devastato chiese, monasteri, conventi ed abbazie, aveva
mantenuto nel nuovo calendario rivoluzionario la festa dellʹ
Essere supremo.ʺ
Il mio soggiorno nella casa di Nostradamus si prolungò per
parecchie settimane. Uscimmo a visitare la cittadina provenzale
ed il mago fu una guida perfetta . Conosceva ogni angolo della
Provenza, la gente lo salutava in modo deferente, inchinandosi al
suo passaggio. Aveva un incedere maestoso ed il popolino
provava per lui una specie di venerazione. Non si limitava a
salutare, chiedeva notizie della salute della gente. Ascoltava
pazientemente e dava consigli. A volte , si fermava accanto ad un
mendicante e voleva sapere se quel malessere che lo affliggeva
era passato ; se aveva preso le erbe che gli aveva prescritto.
Capii che gli stavano a cuore le persone più umili.
Poi venne il giorno del commiato.
ʺNon intendete rimanere ancora per qualche tempo qui a Salon ?
Siete sempre il benvenuto nella mia casa e, naturalmente, potete
rimanere quanto vi pare...ʺ
Lo ringraziai per la sua squisita ospitalità, ma dovetti declinare
lʹinvito perché, per quanto fossi un novizio, mi era venuto un
irresistibile desiderio di vedere di persona quel XX secolo di cui
parlava Nostradamus. Glielo dissi e lui rimase assorto in
profonda meditazione.
ʺDevo avvertirvi ‐ rispose infine ‐ che nel Ventesimo secolo vi
ritroverete nel bel mezzo di due guerre che adesso non riuscite
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neppure ad immaginare, impensabili e raccapriccianti quanto a
distruzioni e sofferenze. Posso darvi le date fatali: 1914‐ʹ18 e 1939
‐ ʹ45 . Due guerre così il mondo non le aveva mai conosciute.
Tremende, spietate, devastanti, con milioni ‐ badate bene: milioni
! ‐ di morti. Vi ritenete pronto ad attraversare il Novecento ? E
guardate che tutta una serie di conflitti si protrarrà nel Terzo
Millennio, lʹultimo...ʺ
ʺLʹultimo ?...ʺ
ʺProprio così. Lʹultimo per la Terra. Ecco la data dellʹApocalisse
:2999. Rovesciando i tre nove avrete la ben nota sigla numerica
dellʹAnticristo: 666.ʺ
ʺDunque, non vi sarà per la Terra il 3000 dopo Cristo ?ʺ
ʺLʹavete detto: non vi sarà. Posso rivelarvelo in quanto nessuno
potrà mai venirlo a sapere, perché nessuno al mondo crederà al
vostro manoscritto , esattamente come nessuno riuscirà mai ad
interpretare correttamente le Centurie. Quindi, tutta questa
conoscenza resterà circoscritta a noi, viaggiatori nel tempo, che
non siamo in potere di mutare il destino né di rivelare ad altri ciò
che avremo scorto negli arcani enigmi dellʹavvenire.ʺ
Ammutolii di dolore, ma questo responso era inappellabile. Vi
sarebbero,quindi, state riprese apparenti, progressi nel campo
medico‐scientifico, persino viaggi interplanetari ma poi, non per
opera dellʹuomo bensì per imperscrutabile decreto
dellʹAltissimo, uno sconvolgimento nel sistema solare, più vicino
di ogni possibile previsione ed apparentemente ineluttabile.
Nostradamus mi osservava con un mesto sorriso e cominciava in
cuor suo a rendersi conto che né lui né io possedevamo , in
fondo, un dono tanto invidiabile: avevamo quello della
chiaroveggenza, dovuta alla facoltà di superare le barriere
spazio‐temporali, ma non il dono del sereno distacco che ci
avrebbe consentito di non rimanere prigionieri di sentimenti
umani, troppo umani.
Mi congedai , ma non prima di avergli chiesto come potevo
tornare nella mia Maubeuge, ma nel futuro, agli albori del
ventesimo secolo.
ʺEʹ facile ‐ ribatté stringendomi vigorosamente la mano ‐ poiché
Christine Delport Il manoscritto antico
basta volerlo. La vostra mente farà il resto. Ricordate il vostro
ingresso nello specchio nero. Fu una scelta volontaristica
mentale. Nella vostra immaginazione vedrete apparire un
calendario luminoso, fissatelo con attenzione e gli anni vi
sfileranno davanti agli occhi. Direzione: futuro, direte ad alta
voce. Quando griderete fermatevi! , gli anni sul calendario , che è
quello di noi cristiani a partire dalla data di nascita di nostro
Signore, si fermeranno. Eʹ beninteso un calendario mentale,
quindi, per noi cristiani è quello. Per un ebreo sarebbe diverso e
per un musulmano sarebbe ancora diverso, per un cinese
altrettanto . Quando, dicevo , griderete “basta” le date anziché
continuare a dipanarsi sotto il vostro sguardo, si bloccheranno in
base alla vostra volontà.ʺ
ʺChe consiglio mi date quanto al periodo esatto, e a proposito
non abbiamo neppure parlato della pietra filosofale e dire che
ero venuto anche per parlare di questo.ʺ
ʺLasciate perdere la ricerca della pietra filosofale e
concentratevi sulla mente. Addio!ʺ
Direzione: futuro
Ero davvero un ʺnovizioʺ. Invece di bloccare mentalmente
lʹorologio cosmico nel secolo della mia scelta iniziale, finii a
capofitto nel Ventunesimo secolo, agli albori del terzo millennio.
Si fermò nel 2040. I bagliori dei due conflitti mondiali li avevo
intravvisti mentalmente attraverso il secolo della grandi guerre.
Strano mi parve dʹintravvedere un terzo bagliore dalle parti della
Russia o della Georgia, dellʹIraq, dellʹIran, dellʹAfghanistan, della
Cina. Forse solo unʹillusione ottica.
Mi ritrovai a Maubeuge, nello studio della vecchia dimora. Che
sfacelo! Era poco più che un rudere, ma curiosamente, uscendo
in giardino per rendermi meglio conto dei danni provocati
allʹabitazione durante la mia lunga assenza, notai sul muro
esterno sbrecciato e a metà cadente, una lapide marmorea con
una iscrizione vetusta, ma ancora leggibile. ʺIn questa casa ‐
diceva la scritta in francese ‐ visse il dottor Frederick Mabuse,
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scienziato ed alchimista, autore del celebre manoscritto, scoperto
e rivelato ai posteri dal professor Van Blum dellʹUniversità di
Lovanio. Sul dottor Mabuse, negli anni ʹ40 del Ventesimo secolo,
fece persino un film il famoso regista Fritz Lang, ma lo mostrò
come un uomo misterioso, oscuro e malvagio; al contrario, il
nostro concittadino alchimista era la bontà in persona. A
perenne memoria, la Municipalità pose. Maubeuge, anno 2025
d.c.ʺ
Così i posteri , dopo tutto, avevano saputo del mio diario, del
mio viaggio nel tempo; chissà chi diavolo era questo regista Fritz
Lang che mi aveva calunniato. E quel Van Blum ? Sicuramente
un ficcanaso che non riusciva a farsi i propri affari ma doveva
occuparsi delle faccende altrui e curiosare tra le pergamene del
prossimo. Professore universitario, non sarà stato forse un
gazzettiere ? Quelli sʹ impicciano , di solito , in faccende che non
li riguardano...
Decisi di compiere un giro in avanscoperta nelle strade della mia
cittadina ritrovata. Erano trascorsi oltre tre secoli dalla mia era. Il
volto della città era mutato in maniera incredibile. Dallʹaspetto
del cielo, potei dedurre che eravamo di primo mattino, un
mattino autunnale con le solite nebbie azzurrine nelle strade. Ma
le strade erano deserte. Strane carrozze su quattro ruote
occupavano tutti i lati delle vie.
Dai finestrini, gli occupanti mi scrutavano incuriositi e sorpresi.
Molti, indicandomi in maniera sfacciata e villana ridevano
schernendomi. Mi resi subito conto che erano i miei abiti a
scatenare lʹilarità degli sconosciuti del Ventunesimo secolo. Ma
quanto erano buffi loro! Erano fasciati in vestiti di singolare
fattura, di color argento che ne rivelavano le forme anatomiche.
Gli uomini indossavano stivali colorati. Non i bei stivali neri o
marrone , borchiati, austeri, del mio secolo. Macché, in quei
calzari moderni vi erano tutte le sfumature dellʹiride: giallo,
arancione, turchino, rosso, verde, blu. Avevano perfino delle
antenne. Li indossavano uomini e donne sul capo. Sembravano
tanti grilli e cicale. Le donne avvolte in mantelline rosa
indossavano ben poco a dire il vero, lasciando intravvedere parti
Christine Delport Il manoscritto antico
corporee che il normale senso del pudore vieta di riferire o di,
come dire, dilungarcisi sopra.
Quanto alle antenne, mi spiegheranno solo più tardi che esse
servivano a chi li indossava per collegarsi con la Centrale
mondiale e con quella locale. La prima forniva agli utenti
informazioni in tempo reale ‐ dicevano così ‐ su tutti gli
avvenimenti della più svariata natura in atto sul nostro pianeta e
sulla base ʺNumber Oneʺ (sic in inglese) collocata sulla Luna e
sulla base ʺNumber Twoʺ che si trovava su Marte. Erano gli
evidenti sviluppi dellʹinvenzione della radio e della televisione di
cui mi aveva parlato Nostradamus.
Ignorando le osservazioni sarcastiche dei rari passanti per i miei
vestiti fuori moda, il minimo che si potesse dire, decisi di rifarmi
il ʺlookʺ, altro neologismo anglosassone che andava per la
maggiore, cioé di cambiare il mio aspetto almeno per ciò che
riguardava lʹabbigliamento.
Attesi lʹapertura di un negozio che recava la scritta vestiti per
ladies and gentlemen. Ma non avendo più toccato cibo dalla
colazione provenzale in casa di Maistre Michel de Notre Dame,
decisi per ingannare il tempo dʹattesa, di assaggiare alcune
ciambelle esposte in una vetrina del ʺMars barʺ posto di fronte al
negozio di sartoria.
Nel locale, tutto era ridotto al minimo necessario: sgabelli
scomodi, ruotanti come sospesi in aria e sui quali non ci si poteva
sedere se non dopo una ginnica arrampicata. Mi accomodai alla
meno peggio e cercando di nascondere dietro il bancone, dipinto
di rosso, il mio singolarissimo vestito dʹaltri tempi (per loro, se
non per me) attesi.
Arrivoʹ una domestica, sempre dietro il banco e mi chiese senza
alcun preambolo, senza alcun cenno di benvenuto come si usa
tra persone dabbene, cosa volessi. Il tono era quello di chi chiede:
ʺChe diavolo volete?ʺ.
ʺMangiare ciambelle e bere del latte.ʺ
Mi squadrò come se si trovasse di fronte ad un pazzo. Poi
sembrò comprendere.
ʺPer il latte, spinga il pulsante numero dieci.ʺ
Christine Delport Il manoscritto antico
Eseguii e venne fuori dal bancone in un recipiente di cristallo
multicolore una pillola di color bianco.
ʺEcco il suo latte.ʺ
ʺE le ciambelle ?ʺ
ʺMa quali ciambelle ?ʺ
ʺQuelle fuori della vetrata gotica...ʺ
“Ma quale vetrata gotica ?” Poi sembrò comprendere, di colpo.
Si mise a ridere con voce gracchiante. Dopo aver riso ben bene,
proruppe: ʺMa quelle che sta indicando non sono ciambelle, mio
buon signore. Sono riproduzioni degli anelli di Saturno,
realizzate dal più grande scultore di Francia, André Dufour, il
genio della New Art of Space. Si tratta di riproduzioni plastiche.
Magari fossero gli originali che valgono una fortuna! Ma in che
mondo vive ?ʺ
Decisi di lasciar perdere, per forza , le ciambelle che mi avevano
fatto venire lʹacquolina in bocca, da vecchio goloso quale ero
sempre stato con un debole per i dolci.
ʺAvete pane, almenoʺ, chiesi con voce rassegnata, temendo un
rifiuto.
ʺMa certo. Bottone numero sei.ʺ E poi tra sé: ʺMa questo qui da
dove è saltato fuori?ʺ
Per farla breve, mi trovai sotto il naso due belle pillole. Bianca
(latte) e marrone (pane). Le ingurgitai e seppi quel che temevo:
non avevano alcun sapore, chissà che volgarità sarebbe stata se
lo avessero avuto.
I problemi cominciarono al momento di pagare il conto.
In tasca, non trovai neppure un centesimo, un ducato, un fiorino,
un sesterzio.
ʺAspetti un momento!ʺ disse arcigna la domestica vestita di
bianco.
Andò a chiamare il padrone del Mars bar. Omaccione
dallʹaspetto poco rassicurante, il quale, messo al corrente dei fatti
esclamò con disgusto: ʺNon chiamo i sorveglianti, perché è poca
cosa. Pane e latte, alimenti preistorici di base. Ma vada via,
adesso. Fuori !ʺ
Non me lo feci ripetere due volte. Poteva andare peggio, pensai,
Christine Delport Il manoscritto antico
esibendo un sogghigno di sfida per coprire decorosamente la
ritirata.
Il negozio di abiti unisex aveva aperto ma io avevo cambiato idea
; non era proprio il caso di fare nuovi ʺacquistiʺ: mi resi conto che
per indossare, finalmente, nuovi abiti avrei dovuto pagarli e
quindi avevo urgente bisogno di denaro, come spesso accade
nella vita di noi mortali, sia che si viaggi nel tempo sia che si resti
a casa.
Del resto, per vivere a Maubeuge, o in qualsiasi altra parte del
mondo, in qualsivoglia secolo mi trovassi , avevo bisogno di
denaro, definito ʺlo sterco di Satanaʺ dai saggi, i quali devono
faticare non poco per procurarselo e sanno benissimo che è
lʹorigine di infiniti mali (i ricchi sostengono che si tratta di infiniti
beni, ma forse hanno torto). Comunque, guerre , denaro ,
malattie ci sono sempre state da quando mondo è mondo. Ma
non divaghiamo, altrimenti la pergamena non basterà per
proseguire la storia. Bisogno di quattrini. Dove cercarli se non a
casa mia ? Beh, molti li cercano in casa dʹaltri, ma io non ero un
esattore delle tasse, né un politico, né un banchiere.
Tornai, dunque, nella mia vetusta dimora in quanto ricordavo
perfettamente che in un angolo della stanza da letto avevo un
ripostiglio, dove conservavo un piccolo gruzzolo infruttifero ‐
almeno così ritenevo ‐ in sterline e fiorini aurei e dʹargento.
Mi intrufolai nel ripostiglio, aprii, anzi smontai, una cassetta di
ferro piena di ruggine ed ecco apparire il mio ʺtesoroʺ.
Senza perdere tempo e frapporre indugi, mi misi alla ricerca di
un cambiavalute. Non lo trovai. Ai miei tempi, ce nʹera uno ad
ogni angolo di strada, cambiavalute, tagliaborse, falsari (questi
ultimi venivano regolarmente impiccati), finti mendicanti,
insomma tutto ciò che un certo signor Victor Hugo ha
magistralmente descritto nella sua corte dei miracoli, raffigurata
nel libro ʺNotre Dame de Parisʺ. Inutile, quindi, tentare
improbabili imitazioni e voli pindarici di genere letterario su
cose protette da ʺcopyrightʺ.
Un signore anziano , incuriosito dalle mie desuete ed originali
vesti (non vedevo, ovviamente, lʹora di sbarazzarmene!) si era
Christine Delport Il manoscritto antico
fermato ad osservare le mie maldestre esitazioni ‐ andavo avanti
e indietro senza sapere dove recarmi‐ e si avvicinò chiedendomi,
con cortesia, se poteva essermi dʹaiuto. Certo che poteva. Gli
spiegai sommariamente le mie necessità, cambiare moneta, abiti
e cambiare il digiuno in una bella abbuffata. Sorrise, il vecchio
gentiluomo. Ma anche lui da dove era uscito ? Poi mi spiegoʹ che,
ormai, esisteva unʹunica valuta universale
lʹEuro‐dollaro‐rublo‐yen. Non cʹera più niente da cambiare, ma le
banche, anzi ʺla bancaʺ quella cʹera. Mi indicò la strada per
approdare, finalmente ,alla succursale di Maubeuge della
Universal Bank, una multinazionale finanziaria che si era
annessa tutte le ʺpiccoleʺ banche di ogni paese.
Ringraziai lʹanziano signore che mi rispose con un cenno del
capo ed un sorriso, facendo del suo meglio per evitare di
osservare più a lungo la mia logora tonaca nera per non
offendermi. Percorsi alcuni isolati, seguendo le sue indicazioni, e
giunsi di fronte allʹimponente sede bancaria, vero tempio
dellʹalta finanza internazionale, tra marmi di Carrara e soffitti
dorati, qui, ricordo di aver pensato lo sterco di Satana, di certo,
ʺnon oletʺ , anzi, profuma.
Cʹera poca gente. Allo sportello, unʹimpiegata nervosa ‐ il mio
aspetto aveva aumentato, forse, il suo naturale nervosismo ‐ mi
chiese un documento dʹidentità. Siccome, non riuscivo a capire,
cosa volesse, rifiutai. Al mio diniego, vidi che suonava un
pulsante ed ecco apparire un robusto energumeno, robusto e
tarchiato, sulla quarantina, con indosso una divisa blu ancora più
ridicola che la mia vecchia tunica nera. Costui mi afferrò per le
spalle e solo di fronte alla mia connaturale passività, non infierì.
La presa gli rivelò presumibilmente la fragilità delle mie ossa, e
lʹineguaglianza del potenziale confronto, così tolse le manacce
dalle spalle e , tenendomi per un braccio, stava per
accompagnarmi alla porta, quando dal fondo della sala si
spalancò un uscio e apparve il mio salvatore nella persona del
general manager, gentiluomo dʹaltri tempi a giudicare dai modi,
il quale, con atteggiamento fiero ed energico, mostrandosi
imparziale come Salomone, chiese con asprezza allʹenergumeno
Christine Delport Il manoscritto antico
se quello fosse il modo di trattare un... cliente. Questʹultima
parola fu pronunciata con tono speranzoso e mi parve che, a
questo punto, il general manager si rivolgesse più a me che al
ʺsecurity manʺ. Lʹenergumeno in divisa blu, dal canto suo,
ammise implicitamente la disfatta , da un punto di vista
diplomatico, abbassando lo sguardo e profondendosi in scuse,
non rivolte a me, beninteso, ma al suo superiore. Questʹultimo si
presentò con un inchino e, vedendo che rimanevo lì impacciato,
mi fece cenno di seguirlo nel suo studio. Abbandonammo il
sacco di muscoli al centro del salone, tutto confuso ed entrammo
in un elegantissimo ufficio.
Lʹintuizione ed il fiuto del vecchio banchiere avevano fatto
comprendere al volo al ʺgentleman ʺ che nel mio sacchetto di
cuoio color rame poteva, forse , nascondersi un piccolo Eldorado.
A ciò dovetti il salvataggio, come scoprii di lì a poco.
Quando conobbe lo scopo della mia visita, lʹinteresse già
risvegliato dal sacchetto, si accentuò.
ʺE che cʹè di bello nel sacco ?ʺ chiese con malcelata indifferenza,
invitandomi a mostrargli il gruzzolo.
Lʹeffigie dei miei baiocchi fece brillare nel suo sguardo di esperto
numismatico lampi di cupidigia che non sfuggirono alla mia
vigile, ma apparentemente rilassata, attenzione. Mi aveva
sicuramente scambiato per un bifolco e il ricordo del detto
ʺcontadino, cervello finoʺ lo induceva ora a maggiore cautela;
malgrado ciò continuò a tradire il proprio gioco.
ʺInteressante, davvero interessante...ʺ mormorò, mordendosi
inavvertitamente il labbro inferiore, altro segno di cupidigia e
concupiscenza aurea. Non ci voleva Sigmund Freud (poi vi dirò
di chi si tratta) per comprendere come la libido dellʹuomo dʹaffari
si fosse impadronita di Gaston Louis de Montalban, questo il
nome del banchiere capo.
ʺBene, bene.ʺ mormorò ancora con accento vorace; sembrava un
piranha davanti ad una bistecca caduta nel Rio delle Amazzoni
(il lessico viene dal futuro e non lo ripeterò più).
ʺLe propongo un affare, signor...signor ? A proposito, qualʹè il
suo nome ?ʺ
Christine Delport Il manoscritto antico
ʺDottor Frederick Mabuse, per servirla...ʺ
ʺAh, questa è bella. Capisco, vuole mantenere lʹincognito. Qui a
Maubeuge, il dottor Mabuse è unʹistituzione. Cʹè una strada che
si chiama così. Cʹè la casa... Va bene, cosa chiede per il suo tes...
ehm, per le sue monete antiche ?ʺ
ʺChiedo di cambiarle con valuta corrente, ma devo riconoscere
che sono piuttosto restio ad affidarmi al giudizio di una sola
persona per concludere il baratto.ʺ
ʺCapisco ‐ esclamò il general manager , diventando paonazzo‐ lei
non si fida. Eppure ha avuto lʹardire di presentarsi qui, negli
uffici della Mondial Bank, senza documenti , vestito come se si
trattasse della notte di Halloween e ,anziché come un banchiere
ed esperto numismatico, mi tratta come se fossi un ricettatore,
dopo che lʹho salvata dalle grinfie di gatto mammone...
Chiamiamo così lʹenergumeno che, giustamente, stava per
gettarla fuori. Ma , mi creda, siamo ancora in tempo...ʺ.
La tirata non mi impressionò , anzi , la minaccia mi fece infuriare
interiormente. Seppi, tuttavia, mantenere il self‐control, come
ormai dicevano tutti inglesi, americani e resto del mondo.
Vedendo che non facevo una piega, il bel tomo si calmò a sua
volta. Accettai , alla fine , il compromesso propostomi dopo una
estenuante e serrata trattativa che ci vide impegnati come due
venditori di tappeti ed ebbi a disposizione denaro contante e non
fuori corso da spendere. Con il denaro ottenuto dal banchiere, in
cambio dei miei risparmi in monete antiche, sul cui valore reale
continuerò a nutrire seri dubbi, perché ritengo sia stato
sottovalutato, comprai abiti meno appariscenti dei miei che
erano così austeri da apparire eccentrici. Potei cominciare,quindi
, lʹesplorazione della nuova Maubeuge nellʹanno di grazia 2010.
Almeno credo, anche il tempo era divenuto evanescente. Ma la
vita nella mia cittadina un tempo tranquilla non era di tutto
riposo.
Ad ogni istante, rischiavo di essere travolto da quegli spaventosi
ordigni che correvano allʹimpazzata per i viali e le strade ed
avevano sostituito le carrozze già sufficientemente pericolose
anche ai miei tempi. Spariti quasi del tutto i cavalli , meno quelli
Christine Delport Il manoscritto antico
che correvano negli ippodromi a beneficio dei giocatori
dʹazzardo. In giro, vidi pochissimi animali cani al guinzaglio,
colonie di gatti randagi. Ma le strade di Maubeuge, che nel
secolo XVIII erano ancora attraversate da daini, cervi, volpi e
sorvolate da ogni genere di uccelli erano ormai divenute teatri
dellʹassoluto dominio del nuovo tiranno: lʹuomo, spaurito come
tutti i dittatori che temono di veder svanire il loro soverchiante
ed oppressivo potere. Circondato dalle sue macchine , terrestri,
anfibie, volanti, il nuovo despota osservava , malinconico ed
ansioso , un cielo raramente azzurro. Il colore prevalente, infatti,
era il grigio, lʹaria irrespirabile, lʹacqua torbida, il paesaggio
cosiddetto tecnologico triste e desolato.
Tra gli abitanti avvertii una sorta di incomunicabilità e mi
parvero, insolitamente, aggressivi . Assistetti personalmente a
diverbi piuttosto frequenti e , la sera, davanti ai locali rischiarati
da strane insegne luminose fluorescenti chiamate ʺneonʺ fui
testimone di parecchie risse finite male. Cittadina di provincia ,
Maubeuge , aveva perduto del tutto una sua caratteristica che,
nel tempo passato, le era stata peculiare: la tranquillità. Mais où
sont les neiges dʹantan ? dissi a me stesso, con una frase francese
che suona così: ma dovʹ è il buon tempo antico ?
La Francia del ventunesimo secolo era divenuta, secondo ogni
apparenza, multietnica. Riconobbi per le vie cittadini arabi,
turchi, russi, africani, e tanti altri giunti da ogni parte del mondo
, indù con i loro tipici turbanti, cinesi, giapponesi, sudamericani
di origine ispanica , italiani, greci, portoghesi, polacchi ,
ungheresi, tedeschi, croati, rumeni, bulgari, marocchini, algerini,
tunisini. Insomma, tutti.
Un giorno, conversando con un anziano belga ingegnere spaziale
in pensione e toccando lʹargomento delle varie etnie presenti sul
nostro vecchio continente, mi disse: ʺDovreste vedere Bruxelles.
Eʹ divenuta, dapprima , la capitale dellʹEuropa occidentale, poi
dellʹEuropa unita dallʹAtlantico agli Urali e adesso, città ultra
cosmopolita, dove tutti abitano, meno naturalmente i belgi.
Io mi ero rifugiato nella casa‐rudere dovʹero sempre vissuto,
miracolosamente sfuggita allʹattenzione di barboni e vagabondi
Christine Delport Il manoscritto antico
di ogni genere per il solo fatto di quella placca commemorativa
che le conferiva unʹaria ufficiale da luogo pubblico anche un
pochino funereo. Conoscendo logicamente in ogni suo angolo la
dimora, mi ero scovato un posto ideale per il giaciglio ed avevo
reso il più comodo possibile il mio ʺseparéʺ. Nessuno ci faceva
caso. Della mia presenza si accorsero per primi i gatti randagi
che frequentavano assiduamente il giardino trascuratissimo a
caccia di roditori. Poi, mi trovai naso a naso con un vecchio cane
miope che ribattezzai col nome di Tobia. Il bravo animale ,
affettuoso come tutti quelli della sua razza, accettò di buon grado
di dividere il mio tetto con me. Anzi , in mezzo a tutti quei gatti
che andavano e venivano ,indifferenti, sembrò sollevato di aver
trovato un amico. Anche io fui contento dellʹincontro e
divenimmo inseparabili.
Mi mancavano enormemente i miei libri ed il mio laboratorio.
Ma per i libri trovai un semplicissimo rimedio : scovai la
biblioteca comunale, uno dei luoghi più arcaici, vetusti e
dimenticati della città. Quando mi vide apparire per la prima
volta il vecchio bibliotecario, Pierre Louis Dubois, ebbe lʹaria
sorpresa ed un poco contrariata. Forse aveva lʹabitudine di
schiacciare un pisolino pomeridiano nel suo cantuccio dietro il
tavolo principale e la presenza di un candidato ‐ lettore lo
costringeva a rimanere sveglio. Tutti ormai leggevano su Internet
e lui poteva farsi in pace la sua pennichella. Chi diavolo ero io
che chiedevo un libro cartaceo! Avessi chiesto di vedere un
dinosauro, lʹeffetto sorpresa sarebbe stato identico.
Comunque, mi documentai parecchio, giorno dopo giorno , sul
mondo moderno, leggendo libri di storia e vecchie riviste. I
giornali mi ragguagliavano sui fatti ʺfreschi di giornataʺ. Poi, una
mattina , mentre scorrevo lʹindice del catalogo generale mi balzò
allo sguardo un libro , per così dire... familiare, il ʺmioʺ libro :ʺIl
manoscritto dellʹalchimista”. Chiesi a Dubois di poter vedere il
volume. Il poverʹuomo si arrampicò su una scala di legno e salì
gli scaffali. Ne ridiscese imprecando con il libro in questione. Il
frontespizio recava il nome dellʹ autore: professor François Van
Blum, data della pubblicazione lʹanno 2020 e...nessuna ristampa.
Christine Delport Il manoscritto antico
Il bibliotecario, siccome eravamo nel 2010 non si stupì di avere
un libro stampato dieci anni dopo ed io neppure. Non mi stupivo
più di nulla. Evidentemente cʹera stata un poʹ di confusione
nellʹuniverso spazio temporale. Dieci anni dopo, forse, vi era
stata la riscossa dellʹinvenzione di Gutenberg sui computer.
Forse, lʹinchiostro era lʹenergia meno cara e più rinnovabile
rispetto ai prodotti della Sillicon Valley. Chi poteva dirlo ?
Nella prefazione, scritta da questo misterioso dottor Van Blum
una premessa: i nomi dei personaggi che apparivano nel volume
erano stati modificati, eccezion fatta per le più note figure
storiche. Scorrendo le pagine del libro non trovai traccia del
nome del banchiere Gaston Louis de Montalban. Lʹappellativo
era un altro. Quel volpone di François Van Blum aveva preso le
sue brave precauzioni, facendo sparire dal testo il vero cognome
di un banchiere, cui nel mio manoscritto avevo dato dellʹusuraio.
Sapeva, Van Blum, in che cosa consiste il termine querela . Stessa
cosa per personaggi per così dire minori, ma le cui famiglie
avrebbero potuto sporgere denuncia , scorgendo elementi di
diffamazione nella mia prosa arcaica ma offensiva. Lessi
interamente il mio diario. Tutti gli avvenimenti erano riferiti
senza ritocchi, comprese le mie visite alla biblioteca comunale ed
il fatto che io stessi leggendo il ʺmioʺ libro che per lʹappunto
stavo leggendo. Insomma, era questo manoscritto con la sola
modifica di certi nomi.
Il povero François Van Blum, tutto sommato, non era riuscito a
convincere i suoi contemporanei che la mia era stata
unʹavventura reale. I lettori gli avevano , verosimilmente ,
attribuito scarsa attenzione e ben poco interesse , scambiando
una vera autobiografia quale emergeva dal manoscritto per un
romanzo di avventure.
Se Miguel de Cervantes avesse voluto convincere contemporanei
e posteri dellʹesistenza reale di Don Chisciotte, di Sancho Panza,
del parroco, del barbiere, della pastorella Manuela, del cavaliere
Vivaldo, di tutti i suoi fantasiosi personaggi, insomma, avrebbe
incontrato difficoltà minori di quelle toccate al filologo Van
Blum. Aveva narrato una storia vera, ma nessuno gli credette.
Christine Delport Il manoscritto antico
Mai.
A Maubeuge, tuttavia, qualcuno deve essersi accorto del suo
libro. Da qui il modesto interesse del Consiglio comunale per la
mia persona e la placca commemorativa sulla mia vecchia
dimora, da parte di Maubeuge al suo ʺnotoʺ cittadino. Per la
cittadina del Nord‐ Pas de Calais un civis di qualche rinomanza
era meglio che niente.
Nel libro ritrovai a caratteri di stampa la fase più importante e
ricca di avvenimenti della mia vita.
Potevo essere accusato di plagio per libri che non avevo mai
letto, due in particolare :ʺAttraverso lo specchio magicoʺ di
Lewis Carroll, lʹautore di ʺAlice nel paese delle meraviglieʺ e la
ʺMacchina per esplorare il tempo” di George Wells.
Ma il viaggio nel tempo è stato ipotizzato scientificamente con la
teoria della relatività e la velocità della luce da Einstein. Quindi,
per un tema così generale il plagio è fuori discussione, tanto più
che nel mio caso, come avrete certo compreso, i fatti sono reali. Io
ho trasformato in scienza la fantascienza più di chiunque altro,
giacché lʹho fatto con un ʹ esperienza personale che dimostra
unʹunica cosa : solo unʹentità ai confini tra il corporeo e
lʹincorporeo come la mente può affrontare un viaggio spazio
temporale, in quanto tempo e spazio sono entrambi frutti
scaturiti dalle facoltà mentali.
Eʹ possibile , dunque , che la mente viaggi in uno spazio tempo
da essa stessa immaginato. I testi canonici induisti mi hanno
immensamente aiutato a comprendere la mia reale situazione di
globe‐trotter del tempo.
Il filosofo buddhista, Nagarjiuna, in particolare, mi ha
illuminato il percorso. Fortunatamente, nella biblioteca di
Maubeuge, trovai la sua ʺCritica del tempoʺ.
Eccola dalla ʺMaddhyamaka Karikaʺ tradotta dal sanscrito da un
orientalista belga, Louis de la Vallée Poussin : ʺLʹesistenza del
presente e del futuro dipende dal passato ? Dunque, presente e
futuro ʹesistonoʹ nel passato. Presente e futuro non esistono nel
passato ? In tal caso, presente e futuro non dipendono dal
passato. Ma lʹesistenza di presente e futuro indipendentemente
Christine Delport Il manoscritto antico
dal passato non è logicamente sostenibile. Un identico
ragionamento logico è valido per presente e passato per futuro e
presente. Un tempo instabile non è percepibile. Un tempo stabile
non cʹè . Il tempo è condizionato dagli esseri ? Ma nessun essere,
in senso assoluto, esiste realmente, quindi come può esistere il
tempo, se non in base ad una sorta di convenzione mondana ?ʺ
Gli studi postmoderni sulla relatività dello spazio‐tempo hanno
in certo qual modo confermato la critica logica di Nagarjuna.
Annotai, allora, sul mio quaderno di appunti la frase seguente:
“Se, in realtà, non esiste il tempo come può esistere il viaggio in
qualcosa che non cʹè e da dove nasce lʹ idea di un viaggiatore ?
Anche qui , è utile la critica di Nagarjuna: a suo dire, non esiste
né il percorso né colui che percorre. Almeno in senso assoluto.
Tutto va inteso in modo condizionato e relativo.
Ma lasciamo stare le varie interpretazioni della realtà .
La vera svolta nella mia vita avvenne quando, in un viale
alberato, verso il tramonto (stavo portando a spasso il vecchio
Tobia) mi imbattei in una donna che si rivelò essere identica alla
mia ex moglie. Ebbene, sì ! Anche il dottor Mabuse era stato
giovane, si era sposato, non aveva avuto prole, ma era stato felice
(finché era durata con la sua Juliette, figliola di unʹottima
famiglia i Delacroix Du Rocq di Givet, paesino al confine tra la
Francia del Nord‐Est ed il Belgio del Sud‐Ovest.)
A Givet, conobbi, in gioventù, Juliette ‐ capelli biondi, occhi color
smeraldo, naso greco, carnagione dʹavorio, piccolina ma
curvilinea ‐ sì la conobbi al piccolo museo locale di Arte
paleolitica , durante una gita scolastica. Lei era intruppata nei
ranghi delle allieve, ovviamente laiche, delle Figlie di Maria
(suore, certamente) ed io tra i giovani esploratori di San
Giuseppe (preti, beninteso) . Quattro parole sussurrate tra un
reperto preistorico e lʹaltro. ʺAnche tu di Maubeuge ? Sì anchʹio.
Ci rivediamo a messa domenica. In che chiesa ? Ah, sì la conosco.
Au revoir, au revoir !ʺ
Lo sguardo penetrante e definitivamente censorio di una monaca
aveva messo la parola fine al suo bisbigliare, mentre una sberla
sulla nuca più convinta e convincente aveva messo fine al ʺmioʺ
Christine Delport Il manoscritto antico
bisbigliare, strappandomi un ʺPorc...ʺ che non arrivò fino ad
essere blasfemo e lasciò fuori la divinità dalla faccenda, ma forse
fu la causa non troppo remota della mia perdurante avversione
verso le tonache.
Dicevo,dunque, di Juliette, prosperosa fanciulla di provincia, che
fece innamorare per la prima (e lʹultima) volta in vita sua il
futuro austero ed asciutto, rigoroso, dottor Mabuse.
Juliette lʹ incontrai nuovamente, nella mia adolescenza, proprio
dove ci eravamo ripromessi di rivederci, cioè alle messe
domenicali della vecchia chiesetta periferica della nostra
cittadina. Questo almeno per gran parte dellʹanno. Eravamo
riusciti a parlarci pochissime volte per la presenza dei suoi
genitori e per quella di mio padre. Ci eravamo frequentati
almeno durante le vacanze estive, quando la sorveglianza si
faceva per tutti più rilassata. Lei era sempre seguita da una
vecchia governante. Con scatto giovanile, Juliette, riusciva a
distanziarla di qualche metro per venirmi incontro e parlarmi e a
volte, anzi il più delle volte, solo per punzecchiarmi: ʺ Peccato
che ti chiami Frederick e non Romeo, altrimenti avrei potuto
essere la tua Giulietta!ʺ
E giù a ridere , come solo lei sapeva ridere. Qualche bacio furtivo
inviatomi sulla punta delle dita a moʹ di congedo quando si
allontanava, prevenendo di un ʺfiatʺ il ʺMadonna santissima !ʺ ,
puntuale ed inevitabile, che usciva dalla bocca della vecchia
governante italiana, Giuseppa, quando questʹultima, giunta a
portata di voce e di sguardo (era più miope di una talpa) si
rendeva conto che la sua assistita non era più sola in mezzo alla
strada.
Qualche anno più tardi, dopo quel corteggiamento a distanza, se
di corteggiamento si poteva parlare, venne da parte mia lʹidea
della richiesta di matrimonio, praticamente senza interporre
alcun periodo di fidanzamento. Tutti sarebbero stati in diritto di
pensare che i Delacroix‐ Durocq avrebbero detto di no alla
richiesta del giovane Frederick Mabuse e , invece,
inaspettatamente (anche per me) dissero di sì.
Quarantʹanni in due! Ventidue io, diciotto Juliette. Beh, ma ai
Christine Delport Il manoscritto antico
miei tempi ci si sposava piuttosto giovani, non
dimentichiamocelo.
Matrimonio senza sfarzo. Cerimonia sobria, presente il padre
della sposo, Pierre Mabuse (doveva lasciarci tutti solo un anno
dopo) e la nobile tribù dei Delacroix‐Durocq, i quali dopo aver
detto di sì al matrimonio si accingevano a dire no a qualsiasi
richiesta della figlia ormai maritata, soprattutto se di ordine
pecuniario.
Ma tirammo avanti, anche senza il loro aiuto. Tuttavia, come
tutte le cose terrene, anche lʹamore tra me e Juliette, un bel (anzi
un brutto) giorno ebbe fine. Lei lo capì prima di me. Io non lo
capii, ma me ne accorsi. Non era una donna venale, ma era
abituata a certi agi che la modesta vita matrimoniale non riuscì
più a garantirle, col mio stipendio di professore di matematica
(io non ero laureato, ma a quei tempi le scuole non guardavano
troppo per il sottile).
Ed era già tanto se avevo un lavoro. Era andata così. Il rettore
magnifico della università cattolica (lui sì laureato in
matematica) mi aveva semplicemente messo alla prova. Le mie
conoscenze matematico‐algebriche e di calcolo infinitesimale
(dovute, ovviamente, al mio peregrinare nel tempo) lo avevano
lasciato di stucco. Era a tal punto stupito dalle mie audacissime ,
ma scientificamente provate, formule, da ritenermi sic et
simpliciter un vero genio del mondo dei numeri. In breve, mi
aveva assunto, se non per le referenze ( del tutto mancanti) o per
gli altrettanto inesistenti titoli di studio, bensì per ciò che aveva
visto apparire , bianco su nero, sulla lavagna.
Si era limitato a commentare allibito: ʺAutodidatta, eh ?
Bene,comincerà lunedì alle otto del mattino. Sia puntuale...ʺ
Ma la busta‐paga era rimasta leggera e con le rare lezioni private
che io davo agli studenti non diventava molto più pesante.
Cinque anni erano trascorsi dal giorno del matrimonio quando
decidemmo di comune accordo di separarci. Lei si trasferì a
Parigi. Seppi solo più tardi del suo secondo matrimonio con un
conte polacco. Seppi anche che i Delacroix‐Durocq di Givet, pur
essendo una famiglia quasi nobile, anzi realmente aristocratica,
Christine Delport Il manoscritto antico
avevano conservato più che altro il blasone, ma se la passavano
piuttosto male. Juliette, sposando il conte polacco, riuscì ad
aiutarli finanziariamente. Buon per lei. Buon per loro. Una
famiglia numerosa e degnissima.
Anchʹio, pochi anni dopo, ereditai una bella somma alla morte di
un vecchio zio olandese del ramo dei Van Mabuse, la famiglia
del celebre pittore.
Lʹeterno ritorno
Ma veniamo a Juliette. Anzi al suo preciso ritratto che incontrai
in un viale alberato di Maubeuge, al tramonto, mentre portavo a
spasso il vecchio Tobia. Quando la vidi, il mio cuore ebbe un
sobbalzo, accelerò il ritmo ed io rimasi lì, fermo, senza fiato. Lei
non guardava me, ma fissava sorridendo affettuosamente il
vecchio Tobia, il quale da par suo, restituiva la cortesia,
scodinzolando diligentemente in segno di simpatia canina.
ʺBello e tanto caro, ma che cosʹha agli occhi ? ʺ mi chiese la
giovane che era il ritratto spaccato di Juliette reincarnata in un
altro secolo.
ʺEʹ vecchio e miope...ʺ riuscii appena a bisbigliare non ancora del
tutto rimessomi dalla enorme sorpresa.
ʺMi scusi. Non mi sono presentata, Mi chiamo Therèse. Abito
laggiù in quella casa bianca con le persiane verdi, sì quella col
giardino. Ho uno studio veterinario, di cui sono la titolare. Se un
giorno vorremo dare unʹocchiata a ...come si chiama ?ʺ
ʺTobia!ʺ
ʺEcco, Tobia. Me lo porti pure.ʺ
Le chiesi il suo cognome, ma lo sapevo già: Thèrese
Delacroix‐Durocq . E invece, no. Il cognome era...Dupont. Sono i
mariti che trasmettono i cognomi, ma la somiglianza fisica viene
a volte trasmessa dalle trisavole e dalle più lontane antenate di
oltre due secoli prima, come in questo caso!
ʺMa la mamma ‐ sparai a bruciapelo, sicuro di cogliere nel segno‐
era una Delacroix‐Durocq, vero?ʺ
Ci rimase di stucco e restò lì impalata a fissarmi a bocca aperta.
Christine Delport Il manoscritto antico
Guardò me, guardò Tobia come se fosse un cane parlante e fosse
stato lui a suggerire la verità.
ʺEsatto. ‐esclamò ‐ ma come fa a saperlo ?ʺ
ʺHo conosciuto una sua lontana parente...ʺ
ʺChi ? Zia Eveline ?ʺ
ʺBeh, no. Una parente. Poi un giorno, forse le dirò di chi si
tratta...ʺ
ʺUh! Quanto mistero! ‐ disse sorridendo‐ va bene, come vuole lei.
Mi porti Tobia, dʹaccordo ? Ciao, cagnolino.
Arrivederci...Monsieur... Ma a proposito, lei non si è presentato!ʺ
ʺMabuse...Frederick Mabuse, per servirla...ʺ
ʺParente del vecchio alchimista di Maubeuge ?ʺ
ʺSì, un discendente di quello là...Arrivederci!ʺ
Tobia scodinzolò in segno di commiato, ed io e lui riprendemmo
la passeggiata, mentre la giovane se ne andava in direzione
opposta. Anno 2021. E cʹera un ritratto vivente di Juliette ancora
in giro per i viali di Maubeuge.
Passando davanti alla dimora bianca col giardino, guardai il
numero e vidi unʹinsegna sulla porta:ʺStudio veterinario.
Dottoressa Thèrese Dupont‐Duval. Se Dupont era il cognome da
nubile, quel Duval doveva essere il marito. Riflettei: nessun titolo
nobiliare polacco. Genealogicamente, Thèrese non discendeva da
Juliette, ma il legame di parentela e di consanguineità sussisteva
( Juliette aveva due sorelle e tre fratelli).
Riflettei, la sera, nel vecchio ristorante che accettava per pranzo e
cena me e Tobia (il bassotto aveva le sue ciotole riservate per
lʹacqua ed il cibo) che, essendo io un viaggiatore del tempo, avrei
potuto seguire non solo gli avvenimenti ma altresì le persone.
Così, nel futuro ecco apparire i posteri e, nel passato, gli antenati.
Quel pensiero mi turbò e quella notte non riuscii a chiudere
occhio. Avevo visto un lembo dellʹavvenire e non mi era
piaciuto granché. Quei passanti indifferenti o pronti a farsi beffe
di un vecchio per il suo abito demodé (segno inquietante del
fatto che nellʹepoca in cui mi trovavo lʹabito faceva il monaco!) ...
Quelle macchine striscianti, rombanti, ululanti, volanti sempre in
agguato. Un distratto, in questi tempi ʺmoderniʺ non aveva
Christine Delport Il manoscritto antico
scampo. Scendeva distrattamente dal marciapiede ed il suo fato
era segnato. Inoltre, la cupidigia del secolo per il denaro ed il
profitto era resa evidente dal fatto che vi erano più banche che
scuole. In compenso, assieme alla società multietnica cʹera stato il
ʺboomʺ dellʹecumenismo:contai solo a Maubeuge oltre alle chiese
da me già conosciute (e a quelle nuove che non avevo mai visto
prima) della religione cattolica, due moschee,tre sinagoghe, un
tempio scintoista, uno buddhista ed in più vari luoghi di culto di
nuove sette religiose o pseudo‐religiose.
Lʹedonismo ed il materialismo erano causa ‐ oltre che di
dilagante violenza ‐ di un vuoto spirituale che veniva colmato
dalle nuove spinte religiose. In netto declino, mi parve, la laicità
e quello che ai miei tempi veniva definito lo spirito libertino
professato dai liberi pensatori.
Un conformismo fatale ed ottuso aleggiava ovunque, complici le
trasmissioni televisive, vere e proprie fabbriche di cretinismo.
Era conformista persino lʹanticonformismo di facciata che si
metteva in bella mostra negli shows televisivi. Da una parte, i
progressisti (sempre gli stessi) i quali professavano ʺidee aperteʺ
a tutti i costi, precipitando nel ridicolo. Erano i difensori dʹufficio
di tutte le assurdità che venivano snocciolate durante uggiose
giornate davanti al teleschermo. I conservatori, in unʹepoca in cui
non vi era più nulla da conservare, passavano per biechi
reazionari, per oscurantisti, razzisti, bigotti ed oppressori dei
deboli ed emarginati.
Mi sarei trasferito in fretta in un altro secolo se non avessi
incontrato in quel viale Thérèse Dupont‐Duval. La sua
incredibile somiglianza con Juliette che avevo amato e sposato ,
mi indusse a cercare di rivederla al più presto. E così fu, grazie al
vecchio bassotto Tobia, di cui Thérèse divenne la veterinaria
titolare.
Mi recai da lei nelle ore di visita indicate sulla porta dello studio,
assieme ad un Tobia piuttosto recalcitrante e visibilmente
corrucciato. Gli animali possono provare simpatia per una
ragazza quando la incontrano in un viale alberato e lei si mette a
far loro mille moine. Ma lʹincanto cessa di colpo, quando gli
Christine Delport Il manoscritto antico
animali vengono a scoprire che dietro quel volto dolce e quel
sorriso accattivante si nasconde in realtà la peggiore delle
nemiche: una ...veterinaria! Pensate alla sgradevole sorpresa di
Tobia quando scoprì la reale professione di Thérèse.
Gli studi veterinari, poi, suscitano negli animali la stessa
apprensione che gli studi dei dentisti suscitano in noi poveri
esseri umani. Comunque, una volta dentro il mite Tobia era , per
così dire, in trappola.
Giunto il nostro turno, fummo ammessi per la visita. Io ero più
emozionato di Tobia che si lasciò esaminare con lʹaria di un
martire della razza canina. Con Thérèse conversai a lungo. Tobia
fu dichiarato ʺvecchio ma in buona salute, con vista calante ma
senza patologie inquietantiʺ. Tutto normale, insomma, magari
una piccola dieta... Tobia abbaiò per protesta.
Seppi quello stesso giorno che Thérése era sposata (quasi
scoppiai per lʹindignazione) ad un gazzettiere parigino , il quale
veniva spesso inviato dalla sua indegna gazzetta (France qualche
cosa) in giro per il mondo.
ʺAttualmente, segue in Russia gli avvenimenti della seconda
rivoluzione. Ci sono ancora ricadute, agitazioni
contro‐rivoluzionarie e Philippe (era il nome del marito) è partito
col ʺConcordeʺ per Mosca. Ma lo vedo ogni giorno al telefono. Lo
vedo e lo sento!ʺ
Mi sfuggì un ʺbuon per luiʺ che feci subito dimenticare con
indifferenza, spostando il discorso sugli animali, lʹargomento
preferito di Thérèse ed anche il mio. Mi preoccupavo più di
Tobia che della seconda rivoluzione in Russia, patrocinata dai
rifondatori del marxismo‐leninismo che, evidentemente, non ne
avevano avuto abbastanza della prima dellʹottobre 1917.
I controrivoluzionari non erano più i ʺbianchiʺ zaristi, ma i
mercenari sovvenzionati dalle Banche universali che
controllavano il resto del mondo. Come dire che lʹesito era
scontato: avrebbero vinto stavolta i controrivoluzionari in poche,
rapide , mosse. Il che dimostra che il capitale , prima o poi,
prevale sul Capitale (quello di Marx).
Lʹesito degli avvenimenti, del resto, mi era del tutto indifferente.
Christine Delport Il manoscritto antico
Avevo in politica un solido atteggiamento qualunquista perché,
dopo aver studiato (e...visto!) la storia, sapevo che erano tutti
uguali, destra, sinistra, centro, riformatori, rivoluzionari,
conservatori, progressisti. In tutti, la stessa smania di potere, la
stessa sete di potenza, culto della personalità (grande piccola,
generosa meschina: non importava nulla) interessi occulti,
metodi odiosi nei confronti di amici (pochi) e di nemici (tanti),
opportunismi, voltafaccia, presunzione, arroganza, perfidia,
tradimenti. Va bene non fare di ogni erba un fascio, ma a tutto cʹè
un limite. Meno che in politica. Lì non vi sono limiti.
Da ultimo, il leader di turno, messo alle strette, si spingeva fino a
chiedere ai suoi di morire per gli ideali comuni. Il suo ideale era
quello di morire vecchio come Matusalemme e ricco come Creso.
Ricordo di aver udito a Parigi una ballata del troubadour,
Georges Brassens, intitolata: ʺMourir pour des idées, mais de
mort lente...ʺ che ironizzava, in modo brillante e parecchio
divertente, sui politici centenari che erano sempre pronti a
morire per la causa. Morire per delle idee, ma di morte lenta...
Con Tobia al guinzaglio, incontrai spesso Thérèse, ʺla petiteʺ
come la chiamavo, anche per ricordare a me stesso che non si
trattava di Juliette, lʹEva della mia vita, cioé la prima (e anche
lʹultima, come mi pare di avere già ricordato).
Un “Déjà vu “: ricordo di Juliette
ʺMi ero ripromesso di non dilungarmi ed allora mi sembra ora
il caso di prendere una scorciatoia per descrivere i successivi
avvenimenti.
In breve, la vista quotidiana di Thérèse mi invogliò a ritrovare la
ʺmiaʺ Juliette. Avevo ventisette anni, quando ci separammo .Lei
ne aveva ventitre. Ed eravamo nel 1779. Andò a Parigi. Anche
questo, mi pare, lʹho già detto. Seppi del suo matrimonio con il
conte Ludovic Charles Pomiatowsky, solo alcuni anni dopo.
Ritrovare, rivedere Juliette: unʹidea folle, degna dellʹultimo
alchimista, degna ‐ ma sì , diciamolo pure ‐ più di un Cagliostro,
romantico avventuriero, che di un dottor Mabuse o di un
Christine Delport Il manoscritto antico
Nostradamus.
Qualcuno,tuttavia, ha scritto che senza un pizzico di follia, la
saggezza non è vera saggezza. Eppoi, che altro era o sarebbe
stata la ricerca della mia ex moglie, nel suo tempo, se non una
sorta di ricerca della pietra filosofale, della fonte dellʹeterna
giovinezza, dellʹelisir di lunga vita, della questua del sacro Graal
da parte dei Cavalieri della Tavola Rotonda di Re Artù ? Un
Templare dellʹamore, ecco cosa ci avevo guadagnato a
trasformare il vecchio alchimista che ero in un viaggiatore del
tempo.
Tutte le ricerche, per chimeriche che siano, elevano,
spiritualmente lʹuomo. Sia che egli cerchi nuove terre per la
corona di Spagna,come il visionario navigatore genovese
Cristoforo Colombo, sia che egli cerchi di giungere su altri
pianeti, sia che ‐pagando di persona‐ voglia trovare una panacea
universale per i suoi simili, iniettandosi nelle vene un qualche
rischioso vaccino.
La ricerca del perduto amore era davvero insolita per uno come
me, che ha trascorso unʹintera vita tra alambicchi, formule
magiche ed alchemiche che dir si voglia. Oscuro scienziato che
per fortuna (per fortuna , direi, etico ‐morale) non ha scoperto
lʹatomica, lʹelicottero da combattimento, il bombardiere B‐52, la
mitragliatrice, il kalasnikhov.
Insomma, un innocuo alchimista alla ricerca dellʹAmor Perenne,
da lui chiamato per non fare brutte figure e con un certo
sussiego, pietra filosofale.
Sì, volevo con tutto il cuore rivedere (e forse riabbracciare)
Juliette. Avrei rinunciato per vedere lei ad assistere ad un
pubblico dibattito tra Voltaire e Rousseau.
Avrei rinunciato, per lei, ad una conferenza di Kant, anche se mi
avesse invitato personalmente allʹUniversità di Koninsberg. Non
vorrete crederci ma ‐ sempre per lei ‐ avrei rinunciato ad una
dotta conversazione con il filosofo Fichte, oppure con quellʹaltro
filosofo, nato alla fine del mio secolo. Come diavolo si chiamava
? Ah, sì! Schelling.
Rimaneva da mettere in atto il progetto e, stavolta, ancora una
Christine Delport Il manoscritto antico
volta, riportare indietro le lancette gli orologi
mentali‐spazio‐temporali.
Ma non potevo scomparire così, senza in qualche modo e con il
maggior tatto possibile, accomiatarmi da Thérèse. Dirle tutta la
verità ? Impensabile. Eppure ero stato quasi in procinto di farlo,
durante i nostri cordiali, quasi affettuosi colloqui. Ma come
cominciare ad evocare un simile , spinoso, argomento, senza
apparire come lʹabbonato più affezionato di un Lunatic Asylum,
per dirla con gli inglesi.
‐Sapete, mia cara , lʹuomo che avete di fronte ha più di trecento
anni. Non è il dolce, caro vecchietto, padrone del bassotto Tobia,
innocuo e conciliante con i vicini, bensì un mefistofelico
viaggiatore del tempo, che lascia sul suo passaggio una costante
scia di zolfo a causa del suo orgoglio luciferino, del suo ateismo
sperimentato in mille modi e , soprattutto, è lʹex sposo di una
vostra lontana antenata, la quale ‐ giustamente‐ lo piantò in asso,
essendo lui a quellʹepoca uno squattrinato professorino di
matematica ed essendo oggi un vecchio rimbecillito e molto, ma
molto, stagionato. Vi basta ? Eh, ma non è tutto.
Il signore in questione, Frederick Mabuse, sì, quello cui è stata
intitolata una strada qui a Maubeuge e dedicata una lapide
commemorativa sulla sua magione, quello del manoscritto
ritrovato, e riveduto e corretto ‐ per non dire censurato ‐ dal
professor François Van Blum , adesso ha deciso, essendo,
nevvero, un viaggiatore del tempo, di ripartire alla volta di
Parigi (la Parigi del XVIII secolo) e ritrovare la summenzionata
Juliette, la quale , nel frattempo, è convolata a giuste nozze con
un conte polacco...
Se avessi parlato così a Thérèse, la prossima tappa non sarebbe
stata Parigi, ma il luogo per lunatici di cui ho già detto. Il
manicomio, insomma.Dirò subito che il commiato fu ben
diverso.
Parlai di un viaggio dʹaffari, di unʹassenza di alcuni mesi ,della
necessità di separarmi momentaneamente da Tobia.
A PARIGI, SULLE ORME DEL PASSATO
Christine Delport Il manoscritto antico
Fu Thérèse ad offrirsi spontaneamente e con grande entusiasmo
riguardo al bassotto: ʺLo terrò io durante la vostra assenza,
ormai mi sono affezionata a lui e lui a me...ʺ
Il meno che si possa dire è che non era una fanciulla troppo
curiosa. Mi chiese semplicemente dove avrei alloggiato a Parigi.
Conoscendo la capitale di Francia e sapendo che in quella via vi
erano parecchi alberghi, gettai lì a caso: rue Tronchet, nel
quartiere della Madeleine...Hotel du Trone...
Mi pregò di farle avere mie notizie ʺcompatibilmente con i miei
affari pariginiʺ.
Notai un poco di ironia in quella frase e mi chiesi se , per caso,
Thérèse, non fosse una delle rarissime persone, a Maubeuge, ad
aver letto il ʺManoscrittoʺ libro praticamente introvabile da me
scovato, come unico esemplare impolverato ed alquanto
malconcio nella civica biblioteca. Ma chi mai sarebbe andato a
cercarlo lì, in quella topaia ? Con la televisione ed i suoi cento
canali, con la rete (la Web) di ʺMondial‐Internetʺ, i libri
tradizionali, cartacei, non li leggeva quasi più nessuno. Era
diventata lucrosa materia di specialisti, di antiquari. La ragazza,
però, conosceva il mio nome. Le avevo fatto credere di essere un
lontano discendente di me stesso. Forse, spinta dalla curiosità,
aveva fatto qualche ricerca personale e segreta ‐chissà ‐ il tal
caso, avrebbe potuto benissimo leggere lʹintera storia, prima
ancora che si verificasse...
Quanto a ritenere vero il racconto, questa era unʹaltra faccenda;
in ogni caso, anche se fosse stata al corrente del mio segreto, non
lo dette mai a vedere. Thérése, commossa, mi sorrise e mi
abbracciò, mormorando in un soffio: ʺSpero che ci rivedremo!ʺ
Poi, prese in braccio Tobia e gli appioppò un bacione sul naso
lucido ed umido.
ʺAu revoir, ma chèreʺ le dissi.
ʺAu revoir, Frederick. Abbiate cura di voi.ʺ Mai commiato fu più
semplice, commosso, amichevole.
Non mi rimaneva che intraprendere il viaggio a ritroso nel
tempo, fino alla Parigi della mia epoca o giù di lì. Per fortuna,
Christine Delport Il manoscritto antico
non avevo gettato via i miei vecchi indumenti. Erano proprio
quelli adatti per ripresentarsi, come un gentiluomo povero ma
decoroso, nella mia era, alla ricerca di Juliette.
Rientrai nella mia magione allʹimbrunire. Avevo ancora nello
sguardo lʹimmagine di Thérèse con in braccio il buon Tobia,
mentre entrambi, a modo loro, mi inviavano un muto ma intenso
messaggio che diceva: ʺFai buon viaggio e torna prestoʺ...
Sensazione curiosa: mi era parso che sia la ragazza che il vecchio
bassotto sapessero dove io stavo andando e perché. Soprattutto
ʺperchéʺ. Sesto senso ? Ormai sono disposto a credere a tutto.
Persino in Dio ! Eʹ tutto dire.
Giunto nella vetusta abitazione, in una serata serena anche se
fredda, misi in pratica il metodo ormai sperimentato della
massima concentrazione mentale. Una sorta di Kundalini Yoga,
in cui il conscio si fonde in un processo totale di osmosi con
lʹinconscio.
I saggi tibetani , come Milarepa, avevano codeste facoltà
psichiche, puntavano tutto sulla perenne creatrice di illusione: la
mente.
Lʹimportante per me era che il processo funzionasse; un sistema
già collaudato, dapprima casualmente e poi con il viaggio
compiuto per scelta e determinazione a Salon de Provence, in
modo consapevole e pragmatico. La metafisica non è più in gioco
se da un punto di vista pratico la metodologia funziona. Aveva
funzionato per realizzare lʹincontro con Nostradamus. Aveva
funzionato, ma in modo difettoso, per il ritorno al futuro. Avevo
saltato a piè pari, in un fiat, tutto il Ventesimo Secolo.
Inesperienza, suppongo. Si trattava adesso di far prova di una
certa metodica precisione. Forse, rallentando il processo mentale,
avrei avuto lʹopportunità di finire con una sorta di atterraggio
morbido nella Parigi del 1779. Così, infatti, avvenne. Il sistema
del viaggio nel passato funzionava meglio che il balzo
nellʹavvenire.
Lʹaveva detto il mago di Saint‐Remy: per i novizi è più semplice
tornare indietro che andare avanti, alla scoperta dellʹignoto,
spostando in avanti metaforicamente le lancette dellʹorologio.
Christine Delport Il manoscritto antico
Ed ecco, davanti al mio sguardo esterrefatto la Parigi ʺfin de
siècle XVIII. Erano finalmente spariti dalle strade tutti quei
congegni meccanici rombanti ed assordanti: le moto, le auto, i
camion, i bus. Sì, tutti spariti. Finalmente! Niente elicotteri,
niente jet nei cieli. Uccelli liberi e giocondi, molte specie animali
ancora in circolazione. Tantissimi cavalli, fieri ed impettiti a
trainare splendide carrozze, un buon vivere in un secolo di gente
bene educata. Ma al mondo nulla persiste, nulla dura che un
istante, lʹéspace dʹun matin. Grande secolo per il genio francese,
secolo fatale per i destini dellʹumanità. Voltaire, nel 1773, aveva
fatto una previsione, rivelatasi poi errata ma ci era andato vicino:
ʺFra ventʹanni ‐ aveva profetizzato ‐ non ci sarà più la Chiesaʺ.
Secolo dei lumi. Voltaire, Rousseau, lʹ Enciclopedia di Diderot.
Trionfo del libero pensiero. Eʹ appena terminato il regno di Luigi
XV. Dopo la sua vittoria sui gesuiti, il Parlamento di Parigi è
allʹapice del potere. Eʹ da poco asceso al trono Luigi XVI. Il
conflitto anglo‐americano rende nervosa lʹEuropa.
Queste cose le ho già sapute, le ho lette, nei libri di storia,
consultati nella Biblioteca civica di Maubeuge. Facile no. Ho
saputo tutto in anticipo ( o in ritardo ? Col tempo non si può mai
sapere).
Ne ho letti di aneddoti, compreso quello con la famosa domanda
di Luigi XVI: ʺEʹ una sommossa?ʺ
ʺNo, Sire. Eʹ una rivoluzione!ʺ
Siamo ʺsoloʺ nel 1779. Ho ancora tempo a salvare la testa di
Juliette, a convincerla a scrollarsi di dosso per tempo quel titolo
nobiliare: contessa. Un biglietto da visita che tra non molti anni
potrebbe portare alla ghigliottina lei ed il conte Pomiatowski.
Certo, quel ʺContratto socialeʺ di Jean‐Jacques Rousseau di guai
ne ha combinati allʹ ancien regime. Un falso calcolo , quello della
monarchia francese, di appoggiare la guerra dʹindipendenza
americana. Va bene fare un dispetto alla corona britannica, ma
giocare con le rivoluzioni significa giocare col fuoco. Una, di
solito, serve da modello allʹaltra.
Ma, beninteso, i parigini questo non lo sanno. Eccoli lì: i vitelloni
di sempre. Gli eterni intellettuali parassiti. Leggono,
Christine Delport Il manoscritto antico
comodamente seduti ai caffè degli Champs‐Elisées i commenti
delle gazzette alla pubblicazione del Dizionario storico e critico
di Pierre Bayle. Polemiche, qualche duello al Bois de Boulogne.
In Russia, regna da par suo Caterina seconda e , in Prussia,
Federico secondo, due belle volpi che hanno adattato la
ʺfilosofiaʺ ai loro rispettivi assolutismi.
Despoti illuminati: che contraddizione in nuce, che
contraddizione nei termini.
Ma tutto scorre, come diceva il grande Eraclito . E gli imperi
passano.
DAL DIARIO DEL DOTTOR MABUSE A PARIGI
Eccomi, dunque, nella capitale francese. Frequento i salotti più in
voga. Sono certo che qui potrò incontrare il fior fiore della
nobiltà e, quindi, ritrovare Juliette ed il conte Pomiatowsky.
Potrò avvertirli del pericolo che minaccia tutto il ʺsangue bluʺ del
regno. Potranno fuggire prima dei tragici avvenimenti, prima
della Rivoluzione. Sì, li avvertirò e cambierò il loro destino...
Sono introvabili Juliette ed il marito. Introvabili!
Ho girato in lungo ed in largo tutti i salotti parigini, ma di
Juliette e del conte non la minima traccia. Sembrano essersi
dileguati nel nulla.
Finalmente, una traccia. Una baronessa che conosceva la coppia,
lʹaltra sera, mi ha confidato che il conte Pomiatowsky e la moglie
erano andati allʹestero. Prima in Prussia e poi avevano viaggiato
attraverso lʹintera Europa.
Dalle ultime notizie sembrava si fossero stabiliti entrambi nei
Paesi Bassi. In salvo, quindi ‐ penso ‐ e la notizia mi è confermata
da più parti. Quindi, eccomi qui nella capitale francese per così
dire alla vigilia della Rivoluzione, ma non potrò avvertire la mia
cara Juliette del pericolo che incombe.
Forse, ho sottovalutato quella volpe del conte polacco. Deve aver
fiutato il pericolo ed eccoli partiti in tempo. Meno male, davvero!
Ho saputo anche che Pomiatowsky è ricchissimo e possiede
castelli ovunque in Europa. Meglio così.
Christine Delport Il manoscritto antico
Quando passeggio per le strade di Parigi e vedo le parrucche
sulle carrozze, vorrei gridare a quelle teste vuote dei nobili:
ʺFuggite, gente. Domani sarà troppo tardi !ʺ
Un avvertimento, un monito che solo un viaggiatore del tempo
può dare ed io potrei, perché nel tempo sto viaggiando da chissà
quando. Ma come farei a convincerli ? Mi prenderebbero per
pazzo. Sicuramente. Finirei in un asilo per alienati mentali. E
sarebbe poi difficile evadere.
Come la prenderebbero i rivoluzionari, i giacobini ?
Quel pazzo che avvertiva i nobili del pericolo, quindi, non così
pazzo in fondo. E forse finirei anchʹio come Luigi XVI e Maria
Antonietta, come migliaia di nobili. O forse no. Potrei persino
predire a Robespierre , a Murat e a Danton la loro stessa fine.
Profeta inascoltato. In ogni caso non potrei mutare gli eventi...
Ecco, anche se avessi rintracciato Juliette ed il conte, qui a Parigi,
non avrei potuto cambiare il loro destino. Forse, non mi
avrebbero creduto. Anzi sicuramente non mi avrebbero creduto.
Si sono messi in salvo ma di loro libera iniziativa. Sempre il
libero arbitrio.
Il mio viaggio nella capitale francese resta un gesto di generosità
nei confronti della mia ex ed unica sposa. Ma non avrei cambiato
il destino a nessuno. I viaggiatori del tempo non hanno questo
potere. Non ho potuto salvare il conte di Cagliostro che pure ho
incontrato una sera ad una seduta spiritica cui mi avevano
invitato alcuni nobili amici parigini.
Che personaggio Giuseppe Balsamo! Sempre sicuro di sé,
ermetico, misterioso. Quella sera, intrattenne piacevolmente gli
ospiti con erudite citazioni sullʹoccultismo. Cagliostro era ben
lungi dal sapere che lʹaffare della collana della regina sarebbe
stato fatale a Maria Antonietta ed alla monarchia ed ai nobili. Io
conoscevo il suo destino, ma non poteva cambiarlo. Sarebbe
finito, il brillante avventuriero, in una galera della Roma
papalina: Castel SantʹAngelo, che prima era il mausoleo
dellʹimperatore Adriano. Povero Cagliostro, un avventuriero ‐ mi
parve quella sera ‐ con sentimenti umani ed in certo qual modo
progressisti. Conosceva la potenza delle superstizioni della sua
Christine Delport Il manoscritto antico
epoca e non si faceva certo pregare per metterle a profitto. Non
rubava ai ricchi per dare ai poveri. Non era Robin Hood. Rubava
ai ricchi per tenere per sé il maltolto. Però, se non altro, non
derubava i poveri come certi personaggi delle epoche successive.
Eʹ finita così. Bene, almeno adesso so per certo che il destino di
Juliette non era quello di salire sul patibolo, con le tricoteuses
sotto a gridare ʺA morte!ʺ.
Si è salvata,lei ed il conte suo marito che non conosco e non
conoscerò mai.
Posso tornare a Maubeuge. Mi aspetta la ʺsosiaʺ , la sua
discendente.
Mi aspetta il fido cane Tobia.
E forse, le mie avventure sono vicine allʹepilogo. Chissà. In
verità, non so ancora per certo se rimarrò per sempre a
Maubeuge. Oppure se girerò il mondo. Forse girerò il mondo...
PARTE QUARTA
LA PROFEZIA E UN PAPA GENOVESE
Il festoso scampanio seguiva con i suoi rintocchi lo snodarsi della
processione che dalla maestosa piazza San Pietro si dirigeva
lentamente attraverso via della Conciliazione, verso Castel
SantʹAngelo, seguendo un percorso già tracciato che, toccate le
vie principali dellʹantico borgo, con una manovra rotatoria
lʹavrebbe riportata in Vaticano verso il crepuscolo.
Erano le prime ore pomeridiane di una splendida giornata
dʹautunno e lʹottobrata romana era un trionfo di colori. Un
venticello di ponentino ancora tiepido era lʹultima eredità di
quella che era stata unʹestate rovente definita di tipo tropicale. I
pioppi , ai lati della processione, cedevano con avarizia, una ad
una, le loro foglie color rame. In testa ai devoti che portavano a
spalla una statua della Vergine, circondato da un manipolo di
Christine Delport Il manoscritto antico
chierichetti, camminava con passo lento ed incedere elegante il
cardinale, Romolo de Vecchi , rampollo cinquantenne di una
delle più antiche casate della nobiltà ʺneraʺ romana.
Capelli brizzolati, piuttosto alto con unʹaria di aristocratica
distinzione, uno sguardo che si voleva umile come si conviene ad
un eminente ecclesiastico, ma nel quale non riusciva a
nascondersi un guizzo di altrettanto aristocratica superbia e di
orgogliosa fierezza. Romolo de Vecchi portava da par suo la
porpora cardinalizia. Il popolino romano, non fosse altro che per
campanilismo, faceva il tifo per lui.
ʺQuando morirà il vecchio Papa ‐ mormorava la gente ‐ chissà
che la ʺfumata biancaʺ che uscirà dal Concistoro e lʹannuncio
storico ʺHabemus Papamʺ non riguardi proprio lui, il nostro de
Vecchi.
Il popolino, in fondo, gli voleva bene.ʺ Vox populi, vox dei ʺ
pensava in cuor suo, il porporato, cui venivano riferiti
puntualmente i mormorii delle bigotte ed il sussurrare dei
bottegai che hanno i loro commerci attorno al Vaticano.
Sulla figura del cardinale si vociferava anche di altro, non ultimi
di successi galanti. Chiacchiere e forse non solo semplici
chiacchiere. Comunque, il cardinale era un ambizioso a
ventiquattro carati, questo sì. Ed intanto, aveva lʹorecchio del
vecchio pontefice e questo gli bastava. Era il suo più vicino ed
ascoltato consigliere. Una sorta di ʺalter egoʺ del Papa. Romolo
de Vecchi ci teneva ad apparire simpatico, malgrado la solennità
dei paramenti cardinalizi, e ciò anche a costo di qualche
concessione mondana a differenza del cosiddetto Papa Nero, il
generale dei gesuiti, figura più rigorosa, enigmatica,
potentissimo ma defilato e poco esposto allʹammirazione
popolare.
Lui, invece, era lì, in processione, anzi alla testa della
processione, da buon trasteverino che era. Romano de Roma da
chissà quante generazioni e , per certo, tra le famiglie nobili
dellʹUrbe , malgrado la scomparsa della monarchia ed in una
Repubblica, in cui il sangue blu contava poco o niente (eccezion
fatta per i principi della Chiesa).
Christine Delport Il manoscritto antico
Intanto, la processione avanzava tra due ali di folla festante. Non
si vede tutti i giorni un cardinale alla testa di una celebrazione
sacra, ma la statua di quella vergine portata a spalla da alcuni
robusti volontari era così venerata che il porporato non poteva
esimersi dal compito, non poteva lasciare ad un parroco
lʹincombenza e neppure ad un vescovo perché il Vescovo di
Roma era il papa il persona. Spettava, dunque, a lui di essere il
paladino della Celeste Signora.
Dunque, suo primo paladino e servitore e che il popolo romano
fosse bene al corrente del suo devoto ed ineccepibile servizio.
Camminava lento ed imponente, il cardinale, mentre nella sua
testa frullavano mille idee.
Ad un tratto, notò la figura di una vecchina di Trastevere,
agghindata poveramente con un cappellino rosso in testa, di
foggia garibaldina. La conosceva di vista. La vecchina si teneva
appartata dalla gente, vicino ad un pioppo, le cui radici sollevate
rispetto allʹasfalto lʹinnalzavano di qualche centimetro
permettendole una migliore veduta della processione.
Per un attimo, anziché la vecchina, al cardinale parve di scorgere
una specie di monella.
Conservando il sorriso benevolo e paterno e continuando a
fissarla le lanciò con il braccio sollevato e con lʹabituale segno
delle dita una marcata e personale benedizione. La vecchierella si
fece devotamente il segno della croce, mormorando qualche cosa
per quella che era stata una benedizione particolare e non il
solito Urbi ed Orbi.
Ma al cardinale la voce della vecchia parve giungere
distintamente:ʺGuardati dalle tre stelle di marzo!ʺ
In cuor suo, lʹalto prelato rimase come impietrito. Ma il suo
spirito critico, impermeabile al sovrannaturale (cosa piuttosto
deplorevole per un ecclesiastico) ebbe subito il sopravvento.
Adesso, sento le voci come Giovanna dʹArco, ghignò nel suo
intimo, senza dar segno della minima emozione, senza muovere
le labbra né un sopracciglio. Staʹ un poʹ a vedere che, siccome la
Pulzella dʹOrleans cacciò gli inglesi dalla Francia occupata, a me
toccherà di cacciare gli americani da Roma.
Christine Delport Il manoscritto antico
Eh, eh, eh... Le stelle di marzo, le tre stelle di marzo questa è
davvero bella e perché non le Idi di marzo come per Giulio
Cesare...
Marzo, marzo, sì per quel mese sarò ancora in Vaticano e poi ad
aprile nella mia tenuta di Ladispoli , per un breve periodo di
riposo prima del Mese Mariano che è sempre una bella fatica per
tutti i preti dal primo allʹultimo.
Va beh, quella vecchina non ha parlato di certo ed io non avrei
potuto sentirla data anche la distanza. Non posso aver udito ciò
che ha mormorato e del resto, forse, mi stava solo ringraziando
per il mio gesto benedicente. Non pensiamoci più!ʺ
Invece, a processione finita e nei giorni seguenti ed anche nei
mesi successivi il cardinale non pensò ad altro e con lui il Papa
e tutte le gerarchie ecclesiastiche,compreso il Sinodo dei vescovi ,
sorta di organismo democratico‐parlamentare di Santa romana
chiesa.
Il cardinale Romolo de Vecchi ci pensò, non perché volesse
pensarci a tutti i costi, ma perché dovette pensarci per diretto
ordine superiore,
per ordine del Papa, Pio XIII, al secolo Ubaldo Giannetto de
Gregori.
Un cardinale genovese che, dopo essere stato vescovo di Imperia
era diventato arcivescovo e poi era stato chiamato nellʹUrbe dal
suo
predecessore che gli aveva attribuito il porporato.
Era divenuto presidente della Cei, la Conferenza episcopale
italiana.
Dopo la scomparsa del papa, il sacro collegio riunito in conclave;
fumate nere, fumate nere, fumate nere, fumata bianca.
Era stato eletto papa. Ancora un ligure sul trono di Pietro come i
Della Rovere, i Fieschi, i Cibo, come Giacomo della Chiesa,
Benedetto XV.
Genova non è, forse, come la Francia ʺla figlia maggioreʺ della
Chiesa? Almeno assieme a Roma. Saranno state città‐gemelle,
nella devozione.
Il giorno dopo la bellissima processione trasteverina che aveva
Christine Delport Il manoscritto antico
sollevato entusiasmo popolare come sempre, il cardinale ne riferì
lʹesito al Papa attendendosi un compiaciuto elogio.
Il vecchio Pio XIII si era rimesso da poco a una fastidiosa
influenza ed era indebolito ma anche di buon umore.
ʺAllora, la processione...ʺ
‐ Un grande successo, Santità, un popolo devoto, spontanea
partecipazione e devozione attorno a Nostra Signora, come tutte
le volte...
ʺMi rallegro. Oggi, le solite udienze, dovrò preparare un
discorso pontificale per il viaggio in Iraq. Eh, ma cʹ è tempo.
Una voce mi suggerisce di recarmi a Lourdes. Per questo si
vedrà, ne riparleremo...
‐ A proposito di voce, Santità, mi permetta di raccontarle uno
strano episodio della processione di ieri...
Il cardinale raccontò per filo e per segno la storia della vecchina
dal cappellino rosso di foggia garibaldina.
Il pontefice, dapprima sorrise con aria distratta come se in realtà
pensasse ad altro. Poi sembrò riflettere su ciò che il cardinale
andava dicendo e sbiancò in volto:ʺAvete udito che diceva:
attento alle tre stelle di marzo? Ne siete certo? ʺ
Impressionato dallʹaspetto quasi terrificante del Papa, de Vecchi
bofonchiò : ʺPer esserne certo, ne sono certo. Ma il fatto è che io
ho creduto di udire quella frase, ma pensandoci razionalmente è
impossibile che lʹabbia udita; la vecchia era troppo lontana da
me. Per farmi sentire avrebbe dovuto urlare il suo avvertimento.
E, invece, non lo ha fatto. Ha mormorato qualcosa ma io non
potevo udire. Lʹavevo appena benedetta. Avrà risposto così sia,
oppure sia lodato Gesù Cristo, vatti a sapere. Eʹ una storia
insensata, credetemi, frutto di certo di una mia momentanea
immaginazione. Nulla di importante, in ogni caso. Mi dispiace
perché mi sembra di aver turbato Vostra Santità con le mie
vane ciance, volevo solo narrare una stranezza che mi è capitata
durante la processione. Non valeva neppure la pena di parlarne.
Vogliate perdonarmi.ʺ
ʺNo, no, de Vecchi, no! Qui, non si tratta di perdonare ma di
capire. Purtroppo,conosco bene il vostro scetticismo in materia
Christine Delport Il manoscritto antico
di sovrannaturale. Ma non scordatevi mai, vi prego, che la
nostra stessa fede ha le proprie fondamenta sulla base del
sovrannaturale. Non nella superstizione, de Vecchi, no di certo.
Ma nellʹ ultramondano, nellʹultraterreno, nel sacro mistero.
Insomma, non sarà un vecchio Papa a dover spiegare queste cose
ad un cardinale, che diamine!ʺ
ʺNo,no, Santità. Ma, come dire, mi sembra presuntuoso da parte
mia attribuire quella voce dellʹanziana donna (ammesso e non
concesso che fosse lei ad avvertirmi) ad una sorta di ‐ come
vogliamo chiamarla‐ premonizione o addirittura profezia?ʺ
Il Papa non lʹascoltava più; negli ultimi tempi , il vecchio
pontefice pensava spesso alla morte. Forse, Sua Maestà ,la
vecchia falciatrice mai stanca e mai inoperosa, non era poi così
lontana da lui nel tempo. Pensava, il vecchio Papa alla profezia
di Malachìa. Ebbene, secondo il suo blasone pontificale, era lui
lʹultimo pontefice romano: tre stelle filanti, color argento in
campo azzurro. Tre stelle comete che secondo la profezia di San
Malachìa dovevano segnare la fine del Papato, della Cristianità,
del...mondo.
Ma cʹera di peggio per riempire la mente di Pio XIII di un
ossessivo timore. Quel numero tre che tornava in molti presagi
(per lui ormai erano veri e propri presagi) : la sua data di nascita
, ad esempio: tre marzo ed il mese di marzo è il terzo mese
dellʹanno, e tre più tre fa sei e i tre sei fanno il segno
dellʹanticristo e poiché lʹanno di nascita era il 1933 figuriamoci
come galoppava lʹimmaginazione dellʹerede di Pietro e
rappresentante del Cristo in terra.
Hai un bel essere Papa e, quindi, almeno dal punto di vista
teorico, necessariamente non superstizioso, ma qui si esagerava
con i segni apocalittici; eppoi, altre cose tornavano alla sua
mente, cose che più tardi avrebbe spiegato al cardinale, solo a lui
perché in fondo quel tipo gli infondeva fiducia, quel romano
superbo, in fondo era di pasta buona.
ʺSenta, de Vecchi, non voglio trattenerla oltre, vada pure adesso.
Torni da me domani, avrò delle disposizioni per lei. Ora devo
riflettere su alcune cose.ʺ
Christine Delport Il manoscritto antico
Il porporato rimase interdetto. Prima di prendere congedo baciò
lʹanello di sua Santità e il pontefice era già smarrito nei suoi
pensieri. Il Papa era,infatti, rimasto assorto con lʹaria assente
come se lui neppure fosse stato presente nella stanza delle
udienze. Mentre il cardinale si allontanava turbato e visibilmente
contrariato, il pontefice guardava la propria mano con lʹ anello
pontificale che simboleggiava il matrimonio mistico con santa
romana chiesa.
Lo sbigottimento del cardinale Romolo de Vecchi fu ancor più
grande il giorno dopo, quando, presentatosi al Santo Padre si
sentì dire: ʺMi ritrovi quella vecchia e me la porti qui!ʺ , senza
preamboli, dopo un breve cenno di saluto.
ʺMa, Santità, io...ʺ
ʺNiente ma. La ritrovi e la porti qui al più presto. Non discuta, la
prego, faccia come le dico e lo faccia in fretta, forse non abbiamo
altro tempo da perdere...ʺ
ʺHo capito, perfettamente e sarà fatto come Vostra Santità
desidera, ma perché vuole ingigantire in tal modo un fatto così
banale? Io sono davvero pentito del mio racconto. Sono stato uno
sciocco, uno stolto. Mi perdoni, imparerò a tenere la bocca
chiusa!ʺ
“Ma cosa dice, eminenza ‐ replicò il Papa ‐ non si accorge
neppure che sta dandomi del visionario, del pazzo? Ma come, il
Papa in persona la prega di fare una cosa e lei mi risponde come
se io, povero vecchio dissennato, stessi dando i numeri...guardi
che ho i miei buoni motivi oppure crede davvero che il suo
racconto mi abbia fatto andare fuori di testa ?ʺ
ʺNo di certo. Non intendevo mancare di rispetto. Ci
mancherebbe altro. Solo non attribuivo tanta importanza a
quellʹaneddoto della processione e alla frase della vecchia .ʺ
ʺSì, va bene; ma dica la verità, lei in fondo pensa: il vecchio è
diventato matto ed ha preso la mia storiella per chissà quale
profezia e adesso vuole che porti in sua presenza lʹoracolo ,la
Cassandra di sventure che è una candida , innocua , vecchietta
trasteverina, magari stramba e leggermente fuori di testa e per
giunta non ha mai pronunciato la frase che io ho creduto di
Christine Delport Il manoscritto antico
udire...ʺ
ʺNon lo penso, Santità, non lo penso affatto!ʺ
ʺE fa benissimo, perché lo sa cosa cʹè di nuovo, de Vecchi?
Quella frase che lei ha udito, quella sullʹattenzione alle tre stelle
di marzo , lo sa che cosa era?ʺ
ʺUna mia immaginazione.ʺ
ʺNiente affatto. Era una profezia bella e buona, come quella dellʹ
Apocalisse!ʺ
Una pausa di imbarazzato silenzio (il cardinale non sapeva più
dove volgere lo sguardo per non rivelare un comprensibile
turbamento). Un silenzio interrotto nuovamente da Pio XIII:
ʺVada, adesso, de Vecchi e mi porti qui la vecchia...ʺ.
Cʹera poco da ribattere. Non restava che passare allʹesecuzione
del desiderio papale che poi era unʹordine da non discutere più.
Il cardinale si sarebbe volentieri fatto sparire da solo se avesse
avuto qualche vaga nozione di magia. Facendosi un esame di
coscienza come era abituato a fare fin da quando , aspirante
prete, era entrato in seminario, cominciò a lanciarsi ingiustificate
accuse : ʺLinguaccia da prete! Potevi startene zitto, sì o no? Che
cosa ti è saltato in mente? Se allʹimprovviso senti delle voci,
complice forse quel delizioso ʺbiancoʺ di Frascati che lo zio
Giuseppe ti ha inviato dal suo podere, che cosa cʹentra il Papa?
Eʹ vecchio, è stato malato , ha il diritto che gli concede lʹetà di
avere qualche piccola mania e ciò è più che comprensibile da
parte sua; da parte tua, invece, è ingiustificabile. Quando
imparerai a tacere ed a tenere per te gli aneddoti insignificanti, le
storielle banali? A parte che la nostra santa religione è piena
zeppa di eventi sovrannaturali e miracolosi, cosa vai a
stuzzicare? Non sei i pastorelli di Fatima, non sei Bernadette
Soubirou, la ragazza di Lourdes, quindi cosa vuoi? Sei un
cardinale, per giunta un papabile, che dovrebbe dar prova di
maggiore prudenza e non cadere nelle eccentricità di questo tipo.
Pazienza, la frittata è fatta. Le uova non si ricompongono.
Adesso trova la vecchietta trasteverina e sbrigati...ʺ.
Non fu difficile ritrovare la ʺgaribaldinaʺ. Tutto il borgo la
chiamava così per via del berrettino rosso. Era unʹanziana
Christine Delport Il manoscritto antico
levatrice in pensione. Ne aveva visti nascere di piccoli romani e
romane e aveva aiutato le loro madri nelle doglie del parto.
Quando i due sacerdoti che avevano ricevuto dal cardinale
lʹincarico del ʺritrovamentoʺ annunciarono al porporato che
avevano trovato la ʺgaribaldinaʺ e gli spiegarono il mestiere che
ella aveva fatto da giovane, Romolo de Vecchi pensò, da erudito,
alla filosofia socratica, la Maieutica...levatrice di idee. Bellʹidea
davvero che aveva avuto!
La ʺgaribaldinaʺ abitava in una casetta modesta, linda e ben
tenuta e stava quasi sempre nel piccolo soggiorno a conversare
con qualche amica o a guardare la televisione.
Usciva raramente per andare a messa, per assistere a qualche
processione per veder sfilare il corteo papale quando a maggio si
recava in piazza di Spagna per rendere omaggio alla Vergine
sulla colonna, prospiciente lʹambasciata iberica presso la santa
sede.
ʺPregatela di seguirvi ed accompagnatela da meʺ disse il
cardinale ai due sacerdoti, Giorgio Di Lellis e Armando Fontana,
inviati nella ʺmissioneʺ ribattezzata modernamente dai due
giovani preti scanzonati e burloni (naturalmente, in inglese):
ʺOperation Old Girlʺ.
ʺAl più presto, sarà fatto ,Eminenza..ʺ risposero allʹunisono i
due ridendosela sotto i baffi. Era la prima volta che Romolo de
Vecchi cercava con tanta impazienza una vecchia parrocchiana.
Di solito, sʹinteressava maggiormente alle giovani.
Quello che i due preti si dissero , recandosi a cercare la
ʺgaribaldinaʺ è divertente e vale la pena di essere riferito.
ʺAbbiamo ritrovato la vecchia, Giorgio, e adesso la vogliono pure
in Vaticano. Che cosa sta succedendo?ʺ
ʺArmaʹ ! E come faccio a saperlo? A me ʹsta vecchina me pare ʹna
strega. Vorranno farle un esorcismo...ʺ
E giù a ridere.
ʺNun famme venì li brividi. Beh, però è simpatica con quel
berrettino alla garibaldina. Me pareva Nino Bixio...ʺ
Risate pazze. I sacerdoti giovani, anime candide e beate, ridono e
Christine Delport Il manoscritto antico
si divertono per un nonnulla, come le giovani suore. Innocenza e
gioventù: una miscela irresistibile per scatenare lʹilarità nelle
anime pie, anzi soprattutto nelle anime pie. Da qui lʹevangelico
ʺbeati i semplici, gli umili e i poveri di spirito”.
E ancora la conversazione dei due sacerdoti in missione: ʺScusa,
ma perché ti dava i brividi?ʺ
ʺTe lo dicevo prima, nun era per nulla sorpresa della nostra
prima visita. Anzi era come se ci aspettasse.ʺ
ʺMa no.ʺ
ʺIo ho avuto questa impressione. Poi aveva in casa almeno sei
gatti neri. Ho contato quelli che ho potuto vedere. Saranno stati
anche di più.ʺ
ʺE che cʹ è di strano? Mia nonna di gatti ne aveva altrettanti. Non
hai mai veduto le gattare romane, quelle per le quali ‐
contrariamente a ciò che asseriva quel sindaco di Roma ‐ cʹè
sempre trippa pè li gatti?ʺ
ʺAh, ah, questa è buona. Eʹ una gattara? Ma a me dà i brividi.
Quegli occhi, quasi gialli come quelli dei suoi gatti...Va beh, un
pò di pietà cristiana, eh? Dʹaccordo mi pento di aver scherzato
sulla vecchia, senza malizia. Trattiamola bene e portiamola con
noi, in macchina, in San Pietro.ʺ
Era partita la missione ʺOld Girlʺ.
La ʺvecchia stregaʺ, la ʺgaribaldinaʺ, o come la storia (sì, la
storia!) deciderà di chiamarla, quel giorno era sullʹuscio di casa
perché aspettava (sì, aspettava!) i due preti.
Si era agghindata alla meglio, per quanto le aveva consentito il
suo guardaroba piuttosto modesto ed eccola lì, pronta al viaggio
in Vaticano. Da Trastevere. Mezzʹora, al massimo a piedi. Se non
cʹera traffico sul Lungo Tevere, dieci minuti in auto. Oppure
unʹeternità e anche quel giorno il traffico cʹera, i sensi unici pure.
Unʹodissea su quattro o due ruote come sempre nellʹUrbe.
I sacerdoti non si erano stupiti per il calvario automobilistico,
ma si erano stupiti moltissimo di trovare la vecchina sullʹuscio ad
attenderli. Giorgio Di Lellis aveva trovato una clamorosa
conferma ai suoi dubbi ed era lì lì per tornare indietro. Cʹera
dello zolfo, in questa storia. Comunque, andò avanti assieme al
Christine Delport Il manoscritto antico
suo amico Armando perché non si potevano discutere gli ordini
del cardinale, e poi la vecchina appariva così innocua.
Senza altri preamboli, la invitarono a salire sulla loro ʺPandaʺ e
via, tutti e tre, verso San Pietro. Più o meno seguendo il percorso,
sensi unici permettendo, delle strade dove era passata la
processione e dove per la prima volta lʹarzilla nonna garibaldina
aveva scorto il cardinale e ...gli aveva parlato.
LA GARIBALDINA DAL PAPA
ʺVi rivedo con molto piacere, signora, ehm, signora...ʺ
ʺAh, sì. Mi chiamo Gioacchina de Cesari, signor cardinale..ʺ
ʺNon mi chiami signor cardinale. Eminenza può bastare.ʺ
ʺAllora, sua Eminenza, si ricorda di me?ʺ chiese ma senza alcun
stupore Gioacchina.
ʺMa naturalmente, mia cara signora, vi ho visto, devota, alla
processione, lʹaltro giorno. Devota ed assorta. Cara la mia
signora. Ecco, vi ho pregata di venire qui ed i due sacerdoti
lodevolmente hanno eseguito il mio ord... hanno esaudito la mia
preghiera, si corresse, perché il Santo Padre desidera vedervi e,
quindi, conoscervi. Vedete?ʺ
ʺMa voi mi avevate già vista, anche prima della processione, non
è vero?ʺ esclamò la vecchina senza scomporsi.
ʺMi pare di sì, rispose il cardinale sconcertato, forse per via del
berrettino rosso, si nota, sapete, scusate se ve lo dico..ʺ
ʺAh, ecco. E ditemi eminenza, perché er Papa vuole vedermi?ʺ
Il cardinale, a questo punto, giocò dʹastuzia e volle mettere alla
prova le capacità divinatorie (se di capacità divinatorie si
trattava) della donna. Lei, comunque, non si era mai vantata con
nessuno di essere unʹ indovina. Con nessuno e meno che mai, nel
colloquio, con lʹalto prelato. Ma la tentazione era troppo forte per
un cartesiano dello stampo di Romolo de Vecchi, una sorta di
San Tommaso. Vedere per credere: non era la scritta sul suo
blasone ma era il suo motto più intimo e segreto.
ʺPerché il Santo Padre vuole vederla ? O bella! Non mi dica che
lei non lo sa...ʺ
Christine Delport Il manoscritto antico
ʺPer via del messaggio ?...ʺ
Se si fosse trasformato di colpo in una statua di marmo, il
cardinale non avrebbe potuto rimanere più immobile. Allibito,
esterrefatto, senza parole, anzi, senza lʹuso della parola. Come
paralizzato, fulminato sul posto. Si tratta di eufemismi,
beninteso, soltanto di pallidi eufemismi perché non vi sono
parole per descrivere lo stupore folgorante, lo sbigottimento
assoluto dellʹuomo dalla veste rossa che, istintivamente, strinse
nelle mani la catena ed il crocifisso dʹoro che portava appeso al
collo. Poi con uno sforzo ed uno stoicismo degno di un martire
paleocristiano si riprese, tornò per così dire, in sé , si riebbe ed
indicò alla vecchina il cardinale camerlengo.
ʺAccompagnatela dal Papa!ʺ ebbe appena la forza di dire e poi si
accasciò sulla poltrona di damasco rosso, sotto lʹinsegna del suo
blasone cardinalizio, fusione tra quello del suo casato e il mondo
ecclesiastico: una spada (usata dagli antenati ed un giglio,
raffigurante il candore immacolato). Ma il cardinale, in questa
occasione, era ben lungi dallʹaver ritrovato il candore infantile.
Per la prima volta in vita sua ebbe veramente paura.
Quando la vecchia si trovò al cospetto di Pio XIII non parve per
nulla impressionata.
ʺEʹ al corrente del motivo per il quale si trova in mia presenza?ʺ
le chiese con aria paterna il pontefice assiso sul suo scranno.
Soltanto il camerlengo, un poʹ in disparte, assisteva al colloquio e
di lì a poco si sarebbe aggiunto al terzetto anche il cardinale de
Vecchi, che aveva recuperato il suo ʺaplombʺ dopo la terribile e
sovrannaturale rivelazione delle capacità esoteriche‐divinatorie
della donna.
ʺConosco perfettamente le ragioni per le quali sono stata
condotta qui, Santità, ‐ rispose Gioacchina de Cesari,
mantenendo un atteggiamento perfettamente calmo e tranquillo
‐ è per quella frase che ho pronunciato durante la processione,
rivolgendomi al cardinale: guardati dalle tre stelle di marzo!
Ignoro perché lʹho detta e proprio non so perché mi sono rivolta
a sua eminenza che dʹaltra parte, distante comʹera , non avrebbe
dovuto neppure udirmi.ʺ
Christine Delport Il manoscritto antico
ʺE invece, cara signora, la sua frase è stata udita e riferita a
me...ʺ
La ʺgaribaldinaʺ seduta sulla comoda poltrona sulla quale il Papa
in persona le aveva chiesto di accomodarsi cominciava a
divertirsi.
ʺE che cosa significa, Santo Padre, la frase che ho pronunciato?ʺ
ʺEʹ troppo presto per dirlo...ʺ
Intanto, il cardinale che era entrato, nella sala delle udienze, si
era avvicinato al Papa, mormorandogli :ʺQuesta vecchia sa
tutto !ʺ
ʺLo so.ʺ rispose anchʹegli bisbigliando , il pontefice. ʺma
‐aggiunse ad alta voce‐ la qui presente signora non conosce il
significato della frase di avvertimento che ha pronunciato. Eʹ così
o no, signora Gioacchina?ʺ
ʺChe il diavolo mi porti allʹinferno se lo so!ʺ
Il camerlengo, Ubaldo Rinaldi, dette alcuni colpi di tosse per
avvertire la vecchina di non pronunciare mai il nome di Lucifero
al cospetto di un Papa, di un cardinale e , ultimo ma non meno
ragguardevole, un camerlengo.
La ʺgaribaldinaʺ neppure se ne accorse e si limitoʹ a commentare:
ʺBrutta tosse, monsignore. Guardi che con alcune aspirazioni di
fumo di foglie di eucaliptus bollite le passa tutto. Altrimenti,
latte e miele...ʺ
ʺLasci perdere lʹ eucaliptus,‐ esclamò il cardinale‐.Sicché lei mi ha
avvertito di un qualche pericolo, senza però sapere alcunché
della natura di questo monito. Un generico avvertimento di stare
attenti a tre stelle, nel mese di marzo. Non è chiaro, le sembra.ʺ
ʺEh sì ‐ sospirò la vecchia‐ ma io non ne ho colpa. Qualche cosa,
una forza superiore, mi ha spinto a parlare in quel modo e così
ho fatto. Non conosco niente di niente, né delle stelle, né di
marzo. Eʹ il mese pazzo per via dei mutamenti del clima. Marzo
pazzerello, nevvero...ʺ
ʺSì, sì, va bene ‐tagliò corto, intervenendo nuovamente nella
conversazione il Papa‐ prendiamo atto del suo avvertimento,
signora Gioacchina. Vedremo che cosa significa più tardi,
cercheremo noi di scoprirlo, stia tranquilla. Vada pure...ʺ .
Christine Delport Il manoscritto antico
Con una benedizione papale, scortata dal cardinale e dal
camerlengo, la ʺgaribaldinaʺ uscì da San Pietro e, portata
nuovamente a casa in macchina dai due sacerdoti, uscì una volta
per tutte anche da questa storia.
Ma la sua profezia, invece, rimase al centro dellʹattenzione delle
supreme gerarchie vaticane nel più assoluto e rigoroso segreto.
Almeno per alcuni mesi, e cioè fino a quando il mondo intero
venne, purtroppo, a conoscenza del suo significato.
Convocato dal Papa, il Consiglio dei cardinali venne incaricato
di stilare un documento che, in un secondo tempo, sarebbe
stato reso noto anche al Sinodo dei vescovi. Ma adesso erano i
più alti prelati a dover interpretare lʹenigma. Non era un vero e
proprio conclave, come quello che si riunisce per designare un
nuovo eletto al soglio di Pietro, ma era comunque una
conferenza al vertice. I nunzi apostolici erano stati tutti avvertiti
con corriere diplomatico nelle rispettive capitali, per contattare
eventualmente i governi.
Cʹera,naturalmente, in Vaticano chi trovava eccessivi ‐addirittura
demenziali‐ tutti quei misteri, i provvedimenti straordinari, e le
interminabili riunioni.
Il cardinale , Valerio Adriani, era il ministro degli esteri della
Santa sede ed apparteneva al partito degli scettici:ʺMa quale
profezia? Una vecchia che durante una processione afferma di
stare attenti alle tre stelle di marzo. E che significa? Cosa vuol
dire? Secondo me, il potere del Papa adesso è male utilizzato,
una ricerca sul nulla, tante interpretazioni, tanti misteri ed uno
sproloquio senile scambiato per un non si sa bene che di
profetico...ʺ
ʺSarei dʹaccordo con voi ‐ replicava René Clement, cardinale di
Lione‐ se non fosse per il racconto di Romolo de Vecchi e la
conferma che la vecchia signora ha parlato di un messaggio come
se sapesse cosa aveva udito il cardinale romano durante la
famosa processione.ʺ
“E se lʹavesse poi udita quella frase anche da una certa
distanza, se gliela avesse letta sulle labbra...ʺ
ʺImpossibile! E poi se il Papa si comporta così avrà le sue brave
Christine Delport Il manoscritto antico
ragioni, in fondo il capo della Chiesa è lui. Poi teniamo conto
delle profezie millenarie, apocalittiche. Cʹ è quella leggenda del
calendario dei Maya con quella data precisa ed inquietante: 21
dicembre 2012. Fine del mondo o inizio di una nuova era per
lʹumanità ? ʺ
ʺAh, per questo niente da dire ‐replicò Adriani‐ il capo ed
aggiungo il responsabile di questo trambusto è il nostro
pontefice ed avrà sicuramente i suoi motivi . Intanto, siccome
nella bandiera dellʹIraq vi sono tre stelle ha già annullato il
viaggio papale. Non si farà più...ʺ
ʺForse, ha fatto bene, con la guerra scoppiata in quel paese una
visita non è certo consigliata. Può difendere la pace da Roma, in
modo più efficace che andando a Bagdad e finire per trovarsi
coinvolto nel conflitto. Eppoi, ecco quasi una prima conferma
della profezia: la bandiera irachena ha tre stelle orizzontali e la
visita avrebbe dovuto avvenire allʹincirca nel mese di marzo.
Vede, Adriani, che qualche cosa di vero cʹ é in quel monito.ʺ
ʺSe lo dice lei, caro Clément...ʺ.
Discussioni simili tra gli alti prelati in Vaticano avvenivano
quotidianamente e fioccavano le interpretazioni sulla ʺprofeziaʺ.
Naturalmente, gli stemma papali erano stati passati
accuratamente in rassegna, eterna fonte di ispirazione, quei
simboli, delle più svariate divinazioni. Da Nostradamus a
Malachìa. Venne notato ( e come poteva essere altrimenti) che
Pio VI ,il pontefice che visse nel secolo della rivoluzione francese,
la quale raggiunse il suo culmine nel 1793 quando fu
ufficialmente soppresso in Francia il cristianesimo aveva tre
stelle nel blasone, stelle ciascuna ad otto punte, come le tre che
comparivano nello stemma papale di Pio XIII.
Lo stesso Papa aveva cercato ansiosamente nelle vite dei suoi
predecessori qualche funesta indicazione che potesse sostenere i
suoi atroci dubbi.
Certo già il nome era poco rassicurante Pio tredicesimo, il
dodicesimo era stato il Papa della seconda guerra mondiale,ma il
nome almeno se lo era scelto lui.
E non poteva avere a che vedere con la profezia. Intanto, si era
Christine Delport Il manoscritto antico
giunti al mese di febbraio.
ʺAncora trenta giorni ‐ pensò il Papa ‐ e allora sapremo cosa ci
aspetta...ʺ.
Nello stesso mese in cui a Roma si svolgevano questi
avvenimenti e le più alte gerarchie ecclesiastiche si sforzavano di
dare una corretta interpretazione a quella che, ormai, per
esplicito volere papale veniva considerata una ʺprofeziaʺ (allo
stesso titolo dei segreti di Fatima; il terzo segreto ‐ tra lʹaltro‐ era
noto solo al pontefice) in un lontano villaggio del Nepal, Asanga
un giovanissimo indù, seguace del Dalai Lama in esilio,
appartenente alla religione buddhista, ebbe una visione. Tre
stelle lucenti erano apparse allʹimprovviso allʹorizzonte
vespertino del suo villaggio. Apparivano più luminose di
qualsiasi corpo celeste, più brillanti persino di Sirio ʺil
fiammeggianteʺ. Dapprima, raccontò Asanga ai confratelli dalla
veste arancione, il sogno era piacevole tutto si svolgeva nel
migliore dei modi. Io sulla soglia della mia casa ammiravo le tre
grandi stelle che sembravano avvicinarsi sempre più
allʹorizzonte del nostro villaggio...
ʺPoi, però il mio sogno si trasformò in un incubo. Udivo la
gente, che era uscita dalle abitazioni, urlare terrorizzata.
Lʹatmosfera si era fatta rovente e le nevi eterne della catena
himalayana da bianche avevano assunto un colore rossastro e
sembravano sciogliersi in decine di torrenti impazziti.
Lʹatmosfera si era fatta irrespirabile. Mi ero risvegliato in un
bagno di sudore. Lʹincubo era divenuto insopportabile ed io mi
risvegliai gridando...ʺ
Nellʹ hashram, il sogno di Asanga venne riferito allʹindovino del
villaggio, affinché ne traesse i possibili auspici.
Dopo aver interrogato a lungo il giovane, lʹindovino chiese di
incontrare il superiore del monastero ʺperché la situazione
richiedeva di essere approfonditaʺ.
Così anche nel mondo buddhista cominciarono a circolare
strane voci su ʺsegni profeticiʺ riguardanti segnali luminosi nel
cielo.
Christine Delport Il manoscritto antico
ARRIVANO LE TRE STELLE
Nellʹosservatorio astronomico della California, dedicato ad
Albert Einstein, il più giovane degli astrofisici americani ,
Jonathan Wallace, non si stancava di fare gli straordinari pur di
scrutare lʹinfinità del cosmo. Per lui lʹastrofisica era una
passione tremenda, nata quando ancora era un bambino ed i suoi
genitori, in Florida, gli avevano offerto, durante una vacanza
natalizia, un meraviglioso telescopio. Da quel giorno, era
diventato ‐ secondo una sua spiritosa definizione ‐ un
ʺguardoneʺ cosmico.
Naturalmente, terminate le scuole normali e giunto alla scelta
della facoltà universitaria, il giovanissimo allievo Jonathan,
brillante in matematica e, più generalmente nelle materie
scientifiche, aveva chiesto ed ottenuto lʹammissione alla facoltà
di astrofisica dellʹUniversità di Harvard.
Era stato lʹinizio di una carriera promettente. Entrato nellʹ équipe
dellʹ ʺEinsteinʺ uno dei più grandi osservatori cosmici del
mondo, il trentacinquenne astrofisico si era distinto per una
ricerca sui pulsar e sulle super‐novae. Ormai, lʹastrofisica era
entrata nella sfera totalmente teorica delle ipotesi sullʹuniverso
ma lʹosservazione diretta rimaneva insostituibile strumento di
lavoro da affiancare ai calcoli algebrici infinitesimali e alle
ricerche sulle particelle elementari sui quark e sui neutrini. Il
grande dilemma dellʹastrofisica riguardava sempre i buchi neri e
lʹenigma della materia oscura, la materia mancante decisiva per
determinare i vari modelli di tutti gli universi possibili (teoria
delle stringhe, eccetera). Teorie da dimostrare. Ma il fascino
dellʹignoto per lui risiedeva essenzialmente nello scrutare il
cielo stellato con gli strumenti tradizionali, i grandi e potenti
telescopi, cui lʹastronautica aveva beninteso affiancato da tempo i
satelliti del tipo Hubble per lʹosservazione ravvicinata nel
sistema solare ed oltre, nellʹintera galassia.
Per i viaggi spaziali, la grande incognita rimaneva la cintura
Christine Delport Il manoscritto antico
degli asteroidi. Vera e propria frontiera da superare per
raggiungere i traguardi più lontani del cosmo. In orbita tra Marte
e Giove la cintura degli asteroidi era il pericolo numero uno in
previsione di unʹipotetica missione spaziale che avesse voluto
spingersi oltre il pianeta rosso in direzione del pianeta più
grande del sistema solare.
E fu lʹosservazione attenta di quel punto dellʹuniverso che
consentì al giovane di compiere la scoperta che forse avrebbe
preferito non fare. La traiettoria di un meteorite gigante gli era
apparsa anomala, ma non preoccupante. Tuttavia, da rilievi più
attenti poté determinare che quel meteorite dalle dimensioni
gigantesche si stava dirigendo verso la cintura degli asteroidi,
colpendo i quali avrebbe determinato uno sconvolgimento nel
ʺbiliardoʺ cosmico dalle conseguenze davvero imprevedibili.
Come nel gioco del biliardo appunto. Un colpo sbagliato e la
boccetta impazzisce andando a colpire a casaccio tutte le altre
biglie che, in tal modo, schizzano da ogni parte.
Poteva accadere qualche cosa di analogo con gli asteroidi? In tal
caso, quali pianeti sarebbero stati interessati dalla forza dʹurto o
dallo spostamento dʹaria di una verosimile esplosione o di
numerose esplosioni ? Marte di sicuro sarebbe stato investito in
pieno e la Terra più al riparo ma non di molto.
Attese mesi, Jonathan, prima di dare lʹallarme ai superiori
dellʹosservatorio ʺAlbert Einstein ʺ. Un annuncio del genere
sarebbe rimasto nellʹambito degli specialisti del settore almeno
per qualche tempo, ma non così a lungo da rimanere un segreto.
Comunque, prima di informare i responsabili del centro
astronomico, il giovane astrofisico volle essere sicuro del fatto
suo al cento per cento. Non disse niente a nessuno, nemmeno ai
più intimi. Non disse nulla alla moglie Karin per non metterla in
agitazione con timori forse immotivati , o almeno sperava
ardentemente che lo fossero.
Invece, i suoi dubbi iniziali trovarono ripetute e puntuali
conferme. Sì, il gigantesco meteorite sbucato dallʹiperspazio
stava puntando decisamente verso la cintura degli asteroidi.
Avrebbe superato Giove, sfiorandolo appena, ma data la natura
Christine Delport Il manoscritto antico
gassosa del pianeta gigante fin lì vi sarebbero state conseguenze
per così dire limitate a parte lʹinfluenza di quel ʺpassaggioʺ
sullʹorbita stessa del pianeta. Poi il prevedibile impatto con gli
asteroidi e lʹincognita maggiore dello schizzare nello spazio degli
asteroidi impazziti.
Quando entrò nellʹufficio del professor Mortimer Hudson con
la documentazione sulla sua scoperta trovò lʹanziano scienziato
impegnato a dar da mangiare al suo gatto Mefisto. Hudson era
di buon umore, quella mattina, ma dopo qualche minuto,
ascoltate le spiegazioni che gli forniva Jonathan, il suo volto si
rabbuiò.
ʺ Ne è sicuro? In queste cose, un errore sarebbe fatale non solo
per la sua carriera ma anche per la mia... Pensi allʹimmagine
dellʹosservatorio.ʺ
ʺIo i controlli li ho fatti, i calcoli sono precisi. Tutto è ancora
oggetto di verifica... Naturalmente, se lei è dʹaccordo di
esaminare la documentazione che ho qui con me.ʺ
ʺBeh, altro chè se sono dʹaccordo. Viene ad annunciarmi la fine
del mondo e vuole che non sia dʹaccordo per controllare se lei ha
ragione oppure si sbaglia.ʺ
ʺGrazie, per la fiducia. Vedrà che, purtroppo, verificando
assieme i miei dati e le mie osservazioni, non avremo perso
tempo.ʺ
ʺMi auguro, come se lo augura lei, che sia solo tempo perso...ʺ.
Invece, nessuno nellʹosservatorio perse il proprio tempo. Furono
passati al vaglio più rigoroso di decine di astrofisici tutte le
osservazioni di Wallace, tutti i suoi calcoli, vennero verificate
tutte le variabili, tutte le equazioni, tutte le orbite possibili,
vennero escluse tutte le ipotesi alternative. I calcoli ed i
parametri di calcolo furono simulati centinaia di volte. Non restò
la minima ombra di dubbio. Fu stabilita la data esatta della
collisione tra il ʺbigʺ meteorite, subito ribattezzato ʺOmegaʺ e
la cintura degli asteroidi: il 15 marzo. Quella catastrofe cosmica
dava alla Terra al massimo quarantotto ore prima di subire, a sua
volta, le ricadute dellʹimpatto.
Il direttore dellʹosservatorio decise di informare direttamente il
Christine Delport Il manoscritto antico
presidente degli Stati Uniti, Barak Obama. Volle farlo di persona
e chiese di essere ricevuto dʹurgenza alla Casa Bianca. Conosceva
il portavoce del governo e riuscì a contattarlo, spiegandogli per
sommi capi la situazione. Insomma, il presidente Obama, il
primo nero della storia americana ad occupare la posizione al
vertice, venne messo al corrente delle prospettive a dir poco non
rosee che si affacciavano sul futuro del nostro pianeta.
Lo staff della Casa Bianca decise di convocare una conferenza
mondiale di scienziati per determinare i provvedimenti da
adottare dʹurgenza.
La conferenza mondiale si tenne a New York, nel Palazzo di
Vetro delle Nazioni Unite. Erano stati invitati anche gli esponenti
religiosi, compresi il Papa ed il Dalai Lama (malgrado
lʹopposizione del rappresentante cinese , contrario ad una
presenza tibetana). Ma mentre il Dalai Lama già ospite negli
Usa accettò lʹinvito, il pontefice romano dovette declinarlo per
motivi di salute ed inviò in sua rappresentanza il ministro degli
esteri della Santa Sede quel Valerio Adriani che guidava il partito
degli scettici in materia di profezie.
A New York, il cardinale si trovò a proprio agio perché qui si
trattava di valutare una scoperta scientifica e le sue ripercussioni
sulla vita nel nostro pianeta. Si trattava pur sempre
dellʹApocalisse, ma chissà perché lui credeva più ad
unʹapocalisse preannunciata dagli scienziati che ad unʹapocalisse
profetizzata da testi sacri o da visioni sovrannaturali. Tuttavia,
dovette riconoscere, il moderno San Tommaso, vi è una ben
strana coincidenza tra ciò che hanno scoperto questi scienziati e
ciò che noi uomini di chiesa stavamo studiando dopo quellʹ
episodio della processione in Trastevere.
In una pausa della conferenza, incontrò il Dalai Lama. Affabile
e cordiale come sempre, il capo del buddhismo tibetano finì per
metterlo al corrente del sogno di Asanga.
ʺPerché hanno invitato gli esponenti delle principali religioni
mondiali, imam e leader induisti, compresi ?ʺ
ʺRitengo ‐ rispose il Dalai Lama ‐ che una previsione algebrica
riguardante il campo dellʹastrofisica possa valere a questo punto
Christine Delport Il manoscritto antico
una premonizione di tipo sovrannaturale in quanto si tratta di
capire a che livello si colloca la scienza e dove termina
lʹintuizione religiosa. Noi buddhisti siamo persuasi che scienza e
religione possano coincidere nei risultati finali. Divergono in
alcuni casi i processi mentali che portano alle stesse conclusioni.
Qui, ad esempio, abbiamo un astrofisico statunitense, il quale in
base ad osservazioni dirette e calcoli infinitesimali ci
preannuncia lʹarrivo di una catastrofe cosmica. Dallʹaltra parte, le
mie fonti nepalesi mi hanno da tempo informato del fatto che
uno dei nostri monaci, andandosene semplicemente a dormire ha
avuto una ʺvisioneʺ dello stesso tipo... Ma non è per questo che il
governo americano ha invitato i rappresentanti delle chiese, Lo
ha fatto perché la situazione è così disperata che allʹumanità non
rimane altro da fare se non mettersi a pregare in tutte le lingue
ed in tutte le fedi conosciute. Il presidente degli Stati Uniti ha
chiamato gli scienziati come si chiamano i medici al capezzale di
un ammalato molto grave, il nostro pianeta. E poi ha chiamato
noi preti per quella che voi cristiani definireste lʹestrema unzione
ad un moribondo, e sto sempre parlando del nostro pianeta,
purtroppo!ʺ
Valerio Adriani rimase molto colpito da quelle parole e volle
scoprire le carte. Senza chiedere, telefonicamente, il parere del
Papa, decise di riporre nel suo interlocutore la stessa fiducia
che egli aveva riposto in lui, svelandogli il segreto del sogno
premonitore del monaco nepalese.
ʺAnche noi cattolici ‐ esclamò ‐ abbiamo visto qualche cosaʺ.
Il Dalai Lama, imperturbabile, continuava a sorridere,
socchiudendo gli occhi come in attesa di una confessione da
parte del cardinale di Santa romana chiesa.
ʺEbbene ‐ disse Adriani, raschiandosi la voce e non senza un
tono solenne e commosso‐ una vecchia trasteverina ha detto ad
un nostro cardinale, Romolo de Vecchi (credo che sua Santità
lʹabbia incontrato durante una delle sue visite romane) di stare
attento alle...tre stelle di marzo!ʺ
ʺVedo, vedo ‐ replicò il Dalai Lama ‐ e così il mio monaco non è
lʹunico ad aver visto ed udito qualche cosa riguardo alle tre stelle
Christine Delport Il manoscritto antico
lucenti...ʺ
ʺNo, non è il solo. Ma il fatto ancora più sorprendente è che
lʹautrice della nostra profezia parlava da una distanza dalla quale
il cardinale non poteva udirla. La vecchia era consapevole della
frase pronunciata, ma non aveva la più pallida idea di cosa
volesse dire...ʺ
ʺNe ignorava il significato?ʺ chiese, incuriosito, il Dalai Lama.
ʺCompletamente!ʺ replicò Adriani.
ʺIl Santo Padre ‐ disse il capo del buddhismo tibetano‐ è una
persona molto saggia. Vedo che ha dato la dovuta importanza a
questo episodio, ma che cosa ne ha dedotto?ʺ
ʺNulla. Ci siamo interrogati per intere settimane sul significato
della profezia ‐ ammesso che lo fosse, mormorò il cardinale
ancora dubbioso ‐ e abbiamo trascorso intere giornate negli
archivi vaticani per trovare un nesso logico alle parole della
vecchia trasteverina ed alla frase, udita inspiegabilmente da
lontano da sua eminenza de Vecchi.
Voi tibetani avete interpretato il sogno di Asanga come un sicuro
segno di catastrofe?ʺ
ʺForse, non di catastrofe. Ma come lʹannuncio di un avvenimento
di estrema importanza per noi terrestri...ʺ
ʺBeh, ma che la catastrofe sia imminente adesso ce lo dicono gli
scienziati della massima potenza mondiale. Non vi sono dubbi...ʺ
ʺNon vi sono dubbi ‐ disse sorridendo il Dalai Lama ‐ che
assisteremo ad un avvenimento. Ma perché dargli una
connotazione negativa ? Potrebbe essere qualche cosa di
positivo.ʺ
ʺMi scusi, Santità, mi dispiace contraddirla, ma che cosa vuole vi
sia di positivo nel fatto che un gigantesco meteorite si dirige
quasi alla velocità della luce (come ci hanno detto gli americani)
verso la cintura degli asteroidi e che, colpendo gli asteroidi,
provocherà un cataclisma spaventoso nei pianeti circostanti, tra i
quali beninteso il nostro.ʺ
ʺTutto dipende dal meteorite, dunque. Ma quanto alle previsioni,
tutto dipende dalla mente. Lʹeffetto dello sconvolgimento delle
orbite planetarie sarà catastrofico, oppure‐ chissà ‐ dal caso
Christine Delport Il manoscritto antico
potrebbe nascere un mondo migliore; chissà un clima più mite
per la Terra, unʹatmosfera più adatta allo sviluppo della nostra
agricoltura anche nelle zone aride. Capisce cosa dico, vero,
signor cardinale, questo mondo può essere domani peggiore, ma
la nostra mente concepisce anche delle possibili migliorie,
quindi, chissà se questo presunto cataclisma sia un bene oppure
sia un male.ʺ
ʺEppoi‐ esclamò il cardinale‐ cʹè chi definisce il buddhismo una
religione pessimista perché si prefigge il raggiungimento del
nirvana. Mai conosciuto in vita mia un personaggio più ottimista
di lei, Santità.ʺ
Il Dalai Lama sorrise e ,questa volta, non ebbe nulla da ribattere.
Chissà perché la sua mente allenata alle pratiche dello yoga gli
diceva che cʹera forse qualche cosa di buono nellʹarrivo di queste
stelle... Ottimista, sì, perché aveva sempre pensato che nella
roulette cosmica, la Terra se lʹera sempre cavata piuttosto bene
e gli esseri umani ospiti della grande astronave avevano sempre
visto uscire il numero giusto. Adesso,si trattava di puntare sul
tre rosso, quello delle tre stelle.
Ma che cosʹerano poi queste stelle? Gli scienziati parlavano di
un gigantesco meteorite in arrivo sulla cintura degli asteroidi. E
basta. Tutto il resto erano congetture. La maggioranza degli
scienziati stavolta temeva seriamente che alla roulette cosmica
per la Terra sarebbe uscito lo zero.
Robert Williams era da due decenni un patito di ufologia.
Credeva negli extraterrestri ed aveva fondato un Ufo Club nella
città universitaria di Harvard, dove raccoglieva come cimeli le
ʺproveʺ degli avvistamenti. Williams, era agitatissimo per le
notizie che aveva letto sul ʺSentinel of Harvardʺ il giornale locale
che riportava notizie della conferenza planetaria degli scienziati
e dei governi allʹ Onu. La Casa Bianca, per premunirsi da
qualsiasi fuga di notizie che avrebbero messo in grave allarme
la popolazione, aveva mantenuto il più rigoroso riserbo sulle
finalità del vertice mondiale. Si era parlato di valutare il
movimento celeste di un meteorite, ma senza allarmismi.
Tuttavia, lʹampia partecipazione di delegati internazionali,
Christine Delport Il manoscritto antico
lʹaltissimo livello dei partecipanti (o capi di stato e di governo
oppure ministri degli esteri) aveva sin dallʹinizio insospettito i
giornalisti. La fuga di notizie, dati i mille possibili canali e la
varietà delle fonti informative, era stata inevitabile ed il grosso
pubblico di tutti i paesi, nel mondo della globalizzazione, aveva
finito per essere messo al corrente della realtà. ʺUN
GIGANTESCO METEORITE IN ROTTA DI COLLISIONE CON
LA TERRAʺ titolava, senza scrupoli per lʹeffetto di panico nei
confronti dei lettori, il giornale locale. Anzi, i piccoli quotidiani la
sparavano ancora più grossa che i grandi media, i quali
riportavano fedelmente la versione degli scienziati: meteorite si
dirige verso la cintura degli asteroidi. Lʹimpatto previsto per la
metà di marzo. Quali conseguenze per il nostro pianeta?
Ancora più prudenti i telegiornali governativi dei vari paesi, ma
scatenate le radio e le televisioni private ed i piccoli mass‐media
di provincia. Per non parlare dei messaggi su Internet.
Risultato: nel mondo si stava diffondendo il panico.
Ma lʹagitazione dellʹufologo era determinata anche da un altro
motivo. Controllando le mail sul proprio computer, lo studioso
di oggetti volanti non identificati aveva trovato un messaggio
molto singolare: una raffigurazione a colori di tre oggetti
luminosi , la scritta: ʺPresto saremo tra voi!ʺ
Tutte le ricerche sulla fonte del messaggio si rivelarono inutili.
Contattò tutti gli specialisti di computer a sua conoscenza per
verificare da dove poteva provenire la mail. Consultò anche
alcuni hackers, quelli della pirateria informatica. Ma nessuno
seppe rintracciare lʹorigine del messaggio. Non era un virus
informatico, non proveniva dagli operatori abituali di
telecomunicazioni, aveva delle caratteristiche strane ed era
apparso sullo schermo del suo personal computer come se
venisse dal nulla, forse si trattava dello scherzo di un collega
ufologo. Però era riuscito talmente alla perfezione da rendere la
cosa praticamente impossibile. Se il messaggio non era partito da
un altro sito informatico, né da un altro computer, quale
ordinatore lʹaveva inviato ? Lʹufologo decise di rivolgersi alle
autorità locali per informarle dellʹaccaduto. Nei giorni seguenti,
Christine Delport Il manoscritto antico
si presentarono a casa sua agenti dellʹFbi, e della Cia, specialisti
degli ordinatori più sofisticati e dei sistemi di trasmissione
ultra‐segreti. Tutti i codici criptati furono passati al setaccio.
Niente.
Le conclusioni delle ricerche anchʹesse coperte dal top secret
furono che il messaggio sul computer di Williams non proveniva
dalla Terra, bensì dallo spazio.
Quale satellite, di quale nazione aveva potuto inviarlo? Tutti gli
interrogativi rimasero aperti. Un esame più accurato degli
oggetti trasmessi dalla fonte misteriosa rivelò che non si
trattava di tre oggetti naturali, ma che erano costruiti con una
specie di lega di metalli (se di metalli si trattava) completamente
ignota sulla terra, che aveva lasciato tracce sul computer
dellʹufologo, come un pezzo di gesso farebbe su una lavagna .
Solo che, nel caso specifico, non si conosceva la composizione del
gesso!
Allʹufologo, che ormai al corrente del segreto, chiedeva
spiegazioni sul messaggio apparso sul suo computer, giunse un
invito a recarsi a New York per partecipare in veste di
osservatore alla conferenza internazionale.
Nel Palazzo di vetro dellʹ Onu i conciliaboli andavano per le
lunghe. Discorsi‐fiume. Esitazioni, addirittura veti incrociati da
parte di paesi sospettosi ed insofferenti di scorgere lʹegemonia
americana persino dietro una annunciata catastrofe planetaria. I
lavori di un ʺpanelʺ di esperti, in buona sostanza altro non aveva
fatto se non confermare , punto su punto, lʹesattezza delle
valutazioni e dei calcoli degli astrofisici dei laboratori del centro
ʺ Einsteinʺ.
Ad affiancare la scoperta degli scienziati, si allineavano i
resoconti di avvenimenti strani e curiosi come quello di
Williams. Questʹultimo non senza un certo stupore apprese da
altri ʺosservatoriʺ invitati alla conferenza di New York che di
avvenimenti simili al suo ve nʹerano stati centinaia in ogni parte
del globo.
Un radioamatore parigino, ad esempio, raccontoʹ alla tribuna il
suo caso. Louis Blanche era in contatto con un altro
Christine Delport Il manoscritto antico
radioamatore in Alaska, quando udì unʹinterferenza ed una voce
cavernosa che annunciava: ʺCi avviciniamo sempre di più al
vostro pianeta, saremo tra voi verso la metà di quello che voi
terrestri chiamate il mese di marzo. Arrivederci a presto,dunque,
non abbiate timore...ʺ. Il parigino credette ad uno scherzo di
qualche altro patito delle radiotrasmissioni internazionali. Il suo
interlocutore dalla lontanissima Alaska disse di non aver udito
alcunché, ma il collegamento con Parigi era saltato per un breve
periodo di tempo e quando era riuscito a comunicare di nuovo
aveva udito come un sibilo metallico sul proprio apparecchio
ricetrasmittente. Di narrazioni simili ve ne furono parecchie e,
intanto, con il trascorrere dei giorni, la situazione di stallo non si
risolveva.
Jonathan Wallace, lo scopritore del gigantesco meteorite rilevò
con sorpresa che lʹoggetto celeste emetteva onde radio. Vi furono
notevoli perturbazioni nelle trasmissioni radio‐televisive, e nei
programmi tivù di tutto il pianeta apparirono immagini a dir
poco incredibili: visioni della nostra galassia che non potevano
provenire se non da altre galassie distanti milioni di anni‐luce,
visioni del cosmo che nessun satellite terrestre avrebbe potuto
inviare da aree dellʹuniverso quasi del tutto sconosciute ai nostri
mezzi di osservazione terrestri o spaziali. Ed alla fine, la sorpresa
maggiore: il meteorite non era un meteorite. Era composto da tre
elementi separati,brillantissimi, ma non si trattava
apparentemente di veicoli spaziali, di metalli o di qualsiasi
altro elemento materiale conosciuto sulla terra. La forma dei tre
oggetti misteriosi, le tre immense stelle, come furono subito
ribattezzate dalla stampa di ogni nazione, era sferica, ma
cambiava per diventare ovale, rotonda, addirittura quadrata
insomma era una forma sempre mutevole una non forma.
Secondo la felice definizione di uno scienziato sembrava più la
ʺmaterializzazioneʺ di unʹidea che qualcosa di realmente reale.
Le tre stelle attraversarono agevolmente, scrutate da migliaia di
potentissimi telescopi,la cintura degli asteroidi. Non vi fu alcun
impatto. Attraversarono gli asteroidi come la luce attraversa lo
spazio vuoto o il vento attraversa qualsiasi fessura. Nessuna
Christine Delport Il manoscritto antico
esplosione cosmica, nessun cataclisma. Il mondo cominciò,
nuovamente, a sperare...Spes, ultima dea.
LA TERRA SI SALVA
Comodamente seduto in una poltrona dellʹHotel ʺAmbassadorʺ
il dottor Mabuse sorseggiava un Martini, pregustando
lʹeccellente colazione che da lì a poco avrebbe assaporato nella
terrazza roof‐garden del moderno grattacielo di Manhattan ,
sede dello splendido albergo. Da alcune settimane a New York,
in viaggio di piacere era stato subito contattato dal Pentagono, il
ministero della Difesa statunitense. Il ministro, John Peterson,
in persona aveva voluto incontrarlo a Washington e lo aveva
supplicato di assistere alla conferenza straordinaria delle Nazioni
Unite per tentare di risolvere il mistero delle tre stelle.
ʺEʹ in gioco, stavolta, il destino dellʹumanità, dottor Mabuse. Lei
non può esimersi dallo studio di questo caso terribilmente serio
e grave...ʺ
ʺMinistro, inutile ricordarle che io non sono un astrofisico.
Ammetto di avere una certa esperienza nei casi misteriosi di ogni
genere, ma la mia competenza di scienziato è molto , molto
limitataʺ, pronunciando queste parole ‐ come il suo manoscritto
ha poi rivelato al mondo‐ Mabuse, naturalmente, sorrideva tra sé
e sé. Non vi era sulla terra un uomo della sua competenza in
materia di astrofisica, per il semplice fatto che era lui un
viaggiatore del tempo. Non vi erano segreti né in terra né in cielo
per Mabuse. Viaggio spazio‐temporale continuo al di là dei
fenomeni, al di là delle apparenze, in quel grande cosmo che è la
mente universale.
ʺBene. Le prometto il mio completo interessamentoʺ aveva finito
per rispondere a Peterson.
Christine Delport Il manoscritto antico
Il governo degli Stati Uniti lo aveva,quindi, trattato come ospite
di riguardo allʹ Hotel Ambassador, dove era sceso per una
vacanza che si era ormai trasformata in una vacanza di lavoro.
Mabuse aveva già dissipato la matassa e risolto il problema
delle tre stelle, sapeva che non vi era alcun pericolo per il genere
umano. Il suo problema,tuttavia, era che con il linguaggio
comune della gente non sarebbe mai riuscito a spiegarlo o anche
lontanamente a farsi capire. Da parte del mondo scientifico
avrebbe trovato ascoltatori attenti, ma le parole non erano
perfettamente adeguate alla spiegazione del fenomeno che aveva
fatto scorrere tanto inchiostro sulle prime pagine di tutti i
quotidiani del mondo. Per fortuna, pensò Mabuse, le tre stelle
hanno fatto scorrere molto inchiostro, ma non scorrerà il sangue.
Stava riflettendo ad una possibile soluzione al dilemma perché
sapeva perfettamente che senza una spiegazione il fenomeno del
gigantesco meteorite si sarebbe dissolto senza danni lasciando
al massimo, una scia di incredulità. Gli uomini avrebbero
semplicemente detto: ʺLe tre stelle sono passate come comete nel
nostro firmamento e non é accaduto nulla! Come mai? Ma
meglio così, siamo tutti vivi. Il mare non si è sollevato, terremoti
non ne abbiamo visti, lʹApocalisse non si è verificata, abbiamo
ancora un domani, un avvenire. Possiamo mandare a scuola i
nostri figli, andare ogni anno in ferie, festeggiare il Natale, la
Pasqua, e tutti ‐ a seconda delle rispettive religioni‐ le feste che si
presentano nel corso dellʹanno. La vita di sempre, insomma, con i
suoi guai e le sue pene, le sue gioie ed i suoi dolori, i fastidi, le
angoscie, tutto ciò che rende la vita monotona o interessante,
bella o brutta, la vita che abbiamo temuto di perdere.ʺ
Il dottor Mabuse sorrise di nuovo: aveva scelto la soluzione al
mistero. Sarebbe rimasto un mistero, come quello della Trinità,
come quello dellʹEucarestia, della Resurrezione, della
Metempsicosi, della Reincarnazione. Come tutti i misteri di cui è
pieno il mondo, pensò .
ʺLe tre stelle ‐ disse tra sé ‐ hanno mantenuto la parola: sono
giunte tra noi e, provocandoci una tremenda paura ci hanno fatto
riflettere sulla vita e sulla morte. Per tutti quanti, la paura di
Christine Delport Il manoscritto antico
perdere la vita ci ha fatto apprezzare il valore dellʹesistenza. Eʹ
quando si rischia di perdere un bene che ci si rende conto di
quanto forte e bello sia il bene. Per apprezzare il dolce bisogna
conoscere lʹamaro, per godere il caldo sole bisogna aver patito il
freddo. Ma come spiegare alla gente, sogghignò, che il cosmo ci
manda messaggi sotto forma di avvenimenti inspiegabili e,
soprattutto, come spiegare al mondo che lassù qualcuno o
qualche cosa ci segue ed interviene nei modi più opportuni per
correggere...la nostra rotta. La nostra è da troppo tempo
sbagliata. La vita non ha più valore. Gesti di follia, stragi, guerre
spaventose, criminalità dilagante, droga, violenza, odio, scontri
etnici, conflitti economici e religiosi, un mondo terrorizzato il
quale ha perduto persino la consapevolezza che le più grandi
catastrofi sono quelle naturali. Ma quanto a cataclismi lʹopera
dellʹuomo è ormai quasi superiore a quella sconvolgente della
natura e così la Natura ci fornisce una sorta di ʺMemento moriʺ
con i mezzi a sua disposizione. Per qualche tempo la grande
paura sarà servita a farci riflettere ad essere migliori, più solidali
e più comprensivi verso i compagni di viaggio, dalla culla alla
tomba ʺ.
Il giorno dopo, il presidente degli Stati Uniti in persona lo
chiamò al telefono su suggerimento del ministro per la ricerca
scientifica, John Peterson.
ʺDottor Mabuse, sono il presidente... Scoperto qualche cosa?ʺ
Lʹorgoglio e la vanità, che mai abbandonano gli esseri umani,
spinsero Mabuse a dire la verità, ma senza ulteriori spiegazioni:
ʺHo scoperto, signor presidente, che non accadrà assolutamente
nulla...ʺ
ʺCome sarebbe a dire nulla! Quei tre corpi celesti sono in rotta
verso la Terra, è una rotta di collisione. Ci distruggeranno...
Moriremo tutti. Vedo che non ha scoperto niente, ma dʹaltra
parte, non gliene faccio una colpa; lei è un veggente famoso,
risolve enigmi intricatissimi. In questo caso, ebbene, era una
speranza come unʹaltra. Siamo in un guaio serio; non so più cosa
dire agli americani, al mondo...ʺ
ʺAllora dica, in una conferenza stampa mondiale, che stiano tutti
Christine Delport Il manoscritto antico
tranquilli: non accadrà nulla. Dica che tutto è sotto controllo, le
tre stelle non faranno più danni di quante potrebbe farne una
cometa o diverse comete. Saranno visibili, attraverseranno la
nostra atmosfera e spariranno dal cielo così come sono
venute...Mi creda!ʺ
ʺMa è impossibile! Gli scienziati dicono che ci stanno venendo
addosso. Sarà un impatto distruttivo! ʺ
ʺNon ci sarà alcun impatto...Mi creda, presidente Obama!ʺ
ʺCosa sta dicendo ? Ho sperato fino allʹultimo si potesse
escludere una causa naturale. Pensavo a tre vettori di una
potenza ostile, anche extraterrestre, ma battibile, una potenza che
con missili nucleari potesse essere distrutta... Ma non posso
credere che non accadrà nulla...Gli scienziati.ʺ
ʺCosa suggeriscono di fare gli scienziati, presidente?ʺ
ʺBeh, lʹultima speranza sembra essere il classico scenario delle
bombe scagliate nello spazio per disintegrare i tre oggetti
volanti.ʺ
ʺQuesto è rischioso, presidente, glielo hanno detto, vero?ʺ
ʺNaturalmente.ʺ
ʺInvece, io le assicuro che non ci sono rischi. Lo dica ai suoi
scienziati. Vedranno sfilare tre stelle comete che sembreranno
investire il pianeta, ma mentre le comete farebbero danni, queste
tre stelle, chiamiamole così, saranno solo un grande e spaventoso
spettacolo per gli occhi di tutte le popolazioni che vivono su
questo pianeta. Avremo molta paura ma il fenomeno sarà come
assistere ad unʹaurora boreale, spettacolare e basta.ʺ
Prima di mettere giù il ricevitore, il presidente disse, con tono
seccato: “La ringrazio, ma devo proprio riflettere, prima di
agire.”.
Alla Casa Bianca venne convocato tutto lo staff ministeriale.
ʺMancano quattro giorni allʹimpatto con la Terra ‐ disse il
presidente ai suoi più stretti collaboratori‐ e la conferenza
internazionale ha prodotto soltanto chiacchiere. La decisione
finale spetta al presidente degli Stati Uniti, come al solito. Il
ministro della Difesa qui presente suggeriva in un primo tempo
di fare lanciare contro le tre ʺstelleʺ dei missili nucleari per
Christine Delport Il manoscritto antico
disgregarle. Ma le ultimissime osservazioni ed il fatto che i tre
oggetti celesti abbiano attraversato la cintura degli asteroidi
senza provocare danni non escludono, come dire, una natura
incorporea. In altre parole, i missili potrebbero attraversare i tre
oggetti non identificati senza fare loro un graffio ed i tre oggetti
misteriosi potrebbero passare o vicini al nostro pianeta, oppure
attraversarlo senza danni. Questa ipotesi viene adesso ammessa
anche dagli scienziati. Suggerisco,quindi, due scelte: non
lanciare sulle nostre teste rischiose testate nucleari; oppure
lanciarle e vedere se determineranno unʹesplosione sui tre corpi
spaziali. Se non dovesse accadere nulla, se non altro
lʹimmaterialità dei tre meteoriti (non so più come definirli)
sarebbe accertata e lʹimpatto con la Terra dovrebbe avvenire
senza conseguenze esattamente come lʹimpatto con i missili che
avrebbero attraversato quelle entità sconosciute senza
provocare catastrofiche esplosioni. Inutile dire che la seconda
opzione è quella che preferisco perché é un test decisivo sulla
natura corporea o incorporea dei tre oggetti. Ma certo comporta
rischi perché, a quattro giorni dallʹarrivo sulla terra, se quelli
vanno in mille pezzi avremo una pioggia di pietre spaziali su
tutto il pianeta ed uno scempio nei nostri satelliti di
comunicazioni e di osservazione, per non parlare dei rischi
sulla stazione orbitale. Quanto alla base lunare, nessun rischio
perché almeno quella,come sapete, è composta con i materiali e
le attrezzature necessarie per resistere a qualsiasi pioggia di
meteoriti. La luna il satellite butterato con tutti i suoi crateri
richiedeva una ʺcupolaʺ resistente per la nostra base e così i
nostri astronauti ʺlunariʺ non hanno alcunché da temere.ʺ
Lʹidea del lancio dei missili fu votata allʹunanimità nella Sala
Ovale della Casa Bianca. Il giorno stesso dal Pentagono partirono
gli ordini destinati alle basi missilistiche , disseminate sul
territorio degli States. Vennero lanciati in tutto dieci missili a
testate nucleari, i quali centrarono le tre stelle ma soltanto
attraversandole senza far registrare il minimo urto. Non scoppiò
nulla. Le tre stelle erano come un arcobaleno. Visibili, ma
apparentemente immateriali. I missili si persero nello spazio.
Christine Delport Il manoscritto antico
Provocarono deflagrazioni in qualche remoto angolo della
Galassia? Nessuno lo seppe mai. Con lʹabituale indifferenza
terrestre, nessuno ‐ passato lʹallarme tre giorni dopo ‐ se ne
occupoʹ più. Eppure in quelle cariche nucleari spedite verso lo
spazio infinito cʹera esplosivo sufficiente a far saltare in aria un
pianetino come il nostro, nel caso di un impatto casuale. Ma sulla
Terra dellʹeffimero, della dissennata corsa al ʺprogressoʺ tutto fu
dimenticato nel giro di un mese. Tutto meno la ʺgrande pauraʺ.
Quella rimase anche dopo il giorno fatidico, quel quindici marzo,
in cui la Terra venne attraversata dalle tre stelle. Unʹaurora
boreale, uno spettacolo di luci fantastiche. Un film in
technicolor, con effetti speciali. Uno spettacolo che affascinò tutte
le popolazioni terrestri, facendole passare in pochi istanti da uno
stato di timor panico, di terrore, ad una sconfinata ammirazione
e ad uno stupore per lo spettacolo fantastico cui avevano assistito
tutti senza danni.
Allʹattraversamento della Terra, i più sofisticati apparecchi non
rilevarono aumenti della radioattività, furono però perturbate le
onde magnetiche e si ʹinterruppero improvvisamente tutte le
trasmissioni radio‐televisive. Poco male: lo spettacolo era in
cielo. Le tre stelle attraversarono la Terra da parte a parte,
entrando ‐ apparentemente dal Mediterraneo, per sbucare dalla
parte opposta vicino alla Nuova Zelanda. Un viaggio al centro
della Terra per poi proseguire verso lʹInfinito. Come aveva
predetto il dottor Mabuse, nessun danno né alle cose, né alla
fauna, né alla flora; nessun danno agli esseri umani. Vi fu anche
un altro avvenimento curioso. Nella baia di New York erano
apparse delle balene. Tutti gli abitanti della sterminata
metropoli, in quellʹoccasione, sotto i giganteschi grattacieli,
udirono il loro malinconico canto. Anche il canto delle balene
venne interpretato come un messaggio della natura allʹuomo.
Dal giorno della Grande Paura, la collaborazione tra i governi di
tutti i paesi si fece più stretta, i rapporti meno tesi, più
amichevoli. Si cominciò, almeno per qualche tempo a vedere i
problemi in unʹottica meno nazionalistica e più planetaria. Non
durò molto, perché anche il panico porta insegnamenti salutari
Christine Delport Il manoscritto antico
ma come tutti i sentimenti umani è mutevole e alquanto
effimero.
IL MISTERO RESTA TALE
Il giorno dopo il passaggio delle tre stelle, il Papa Pio XIII fece
celebrare, in San Pietro, un Te Deum di ringraziamento,
trasmesso in Mondovisione. Affacciandosi al balcone del Palazzo
pontificio per la benedizione Urbi et Orbi, il Santo Padre rivolse
ai pellegrini radunati a migliaia nella piazza immensa un cenno
di saluto e disse testualmente: ʺEravamo a conoscenza della
profezia riguardante le tre stelle. Essa venne comunicata ad uno
dei nostri più stretti collaboratori da una signora romana di cui
non intendo rivelare lʹidentità. Eʹ un sacro mistero, come il terzo
segreto di Fatima non ancora svelato. Non si è avuta lʹApocalisse
temuta, ma dal cosmo infinito lʹeterno autore di ogni cosa, colui
che dal nulla ha tratto il mondo, ha voluto inviarci un segno
della sua infinita misericordia. Abbiamo temuto la morte e ci é
venuta una conferma della vita. Una vita che continua e che
adesso ciascuno di noi deve apprezzare nel suo giusto valore
come dono supremo del Padre. I padri della Chiesa hanno già
dato una prima interpretazione allʹaccaduto del 15 marzo: essa
attiene al mistero della santissima Trinità, padre, figlio e spirito
santo. Di più il vostro pastore non può comunicare a voi miei
diletti fratelli. Ha trionfato lʹamore divino e la vita. Benedico
lʹUrbe, benedico il mondo...ʺ.
Nella prima pagina dellʹOsservatore Romano apparve un
editoriale di uno dei più eminenti cardinali , Romolo de Vecchi ,
il quale senza rivelare alcunché della profezia e della sua autrice
si limitò a tracciare suggestivi paralleli tra lʹapparizione delle tre
stelle di marzo e la santissima Trinità che, ʺdallʹeternità e per
lʹeternitàʺ veglia sulle sorti del mondoʺ. Ma opportunamente de
Vecchi ricordò la parabola di quel santo che, su una spiaggia,
meditava sul mistero della Trinità . Ad un certo punto, il santo ‐
ricordava lʹeditoriale del cardinale de Vecchi‐ vide sullʹarena un
fanciullo che ammucchiava,assorto, i granelli di sabbia. Il santo
Christine Delport Il manoscritto antico
gli si avvicinò e gli chiese cosa stesse facendo. Il fanciullo
rispose:ʺLo vedi, conto tutti i granelli di sabbia che ci sono su
questa spiaggia...ʺ.
ʺMa è impossibile!ʺ esclamò il santo.
ʺMa è più facile per me ‐ replicò il fanciullo‐ contare tutti i
granelli di sabbia contenuti sulla spiaggia che per te risolvere il
mistero della santissima Trinità...ʺ.
ʺEcco, concludeva de Vecchi, quel fanciullo era un inviato
dellʹAltissimo. E il santo comprese che i messaggi divini, i
misteri, non vanno risolti ma accettai come segni. Sono i segnali
di luce di un faro che ci avvertono di un potenziale pericolo, che
ci inducono a cambiare la rotta per evitare il naufragio delle
nostre vite, sulle scogliere della miseria spirituale e della morteʺ.
Tutta lʹeloquenza del porporato fece di quellʹarticolo una pietra
miliare nella millenaria storia della Chiesa.
Unʹaltra profezia, realizzata senza catastrofi, andò ad arricchire
la storia miracolistica vaticana.
Il cardinale Adriani, scampato il pericolo, non dimenticò la conversazione che aveva avuto, nei giorni precedenti la temuta
catastrofe, con il Dalai Lama. Chiese di poterlo incontrare e fu
ricevuto, con gli onori dovuti al suo rango. ʺSantità, disse Adriani quando fu nuovamente di fronte al Dalai
Lama, mi ricordo benissimo la sua frase sulla relatività delle
opinioni. Dunque, tutto dipendeva dai punti di vista. Per un
pessimista, eravamo di fronte ad una forse inevitabile catastrofe,
per un ottimista, invece, si prefigurava lʹipotesi di un
miglioramento planetario...In ogni caso, aveva ragione lei: per
vedere, bisognava attendereʺ.
ʺPer il pessimista la bottiglia è mezza vuota, per lʹottimista è
mezza piena ‐ rispose sempre sorridendo il capo dei buddhisti ‐
per il realista la bottiglia contiene del liquidò a metà...E basta.
Forse, bisogna essere realisti e seguire se è possibile, la via di
mezzo. In ogni caso, è sempre bene, pur prevedendo il
prevedibile, non fasciarsi la testa prima di essersela rotta. ʺ
ʺMa come faceva a sapere che le tre stelle non avrebbero
Christine Delport Il manoscritto antico
provocato un cataclisma sul nostro pianeta? Il sogno di quel suo
monaco... come si chiamava ?ʺ
ʺAsangaʺ
ʺEcco, sì. Asanga. In fondo era abbastanza cupo,no? Neve dellʹ
Himalaya che diventa rossa e si scioglie in rivoli di sangue...ʺ
ʺNessun dubbio che quello del monaco nepalese fosse un incubo.
Ma lʹindovino del suo villaggio aveva parlato di segni da
interpretare ed approfondire.
Quando, prima della conferenza internazionale, mi venne riferito
quellʹauspicio, non ne volli dare unʹinterpretazione negativa. Mi
limitai a sospendere il giudizioʺ.
ʺInsomma, non era certo che quel sogno, anzi quellʹincubo, fosse
un presagio di sventura.ʺ
ʺProprio così. Vi era solo lʹattesa ma non doveva essere unʹattesa
angosciosa, non necessariamente. Un avvenimento devʹessere
giudicato per i suoi effetti, come gli atti produttori del karma.
Lʹavvenimento in sé poteva essere buono, cattivo o neutro cioé
non ʺkarmaticoʺ e così è stato. Ma direi che, a conti fatti, il
passaggio di quelle tre luminosissime stelle un effetto positivo lo
ha avuto. Ha dimostrato a tutti noi quanto è fragile la nostra
posizione nellʹimmensità dellʹuniverso. Un evento fortuito può
modificare i destini di milioni di individui. Questo sarebbe
lʹinsegnamento da trarre, ma dubito che qualcuno se ne
sovvenga per lungo tempo.ʺ
ʺIn Vaticano ‐sogghignò Adriani che con lʹaplomb aveva
ritrovato lo scetticismo di sempre ‐ sembrano convinti che si sia
trattato di un fenomeno legato al mistero della santissima
Trinità.ʺ
ʺConosco la religione cattolica ‐ replicoʹ il buddhista‐ forse un
poʹ meglio di quanto voi cattolici conosciate la mia. Ciò è dovuto
al fatto che voi fate del proselitismo ed i vostri missionari sono
ovunque. Noi accogliamo chiunque, ma senza tanti sforzi di
persuasione. Esponiamo la dottrina del Risvegliato e se un
individuo la trova significativa ciò vuol dire che il suo ʺkarmaʺ lo
ha portato vicino alla meta, al nirvana. Tornando alla trinità,
trattandosi di un mistero, lʹaccostamento con lʹevento
Christine Delport Il manoscritto antico
riguardante i tre corpi celesti era forse inevitabile.ʺ
ʺQuindi, aveva ragione lʹeditoriale dellʹOsservatore Romano?ʺ
ʺDirei, che aveva le sue buone ragioni per spiegare, secondo una
visione religiosa, il fenomeno cui tutti abbiamo assistito. Ma esso
resta inesplicabile, come tutti i misteri, per lʹappunto.ʺ
ʺMa ai misteri se ne è aggiunto un altro. Tutto qui, vero?ʺ
ʺNon potrei dire meglioʺ.
Al congresso mondiale di ufologia che si tenne a New York, due
mesi dopo lo scampato pericolo della collisione temuta con i tre
misteriosi corpi celesti vi fu una ridda di ipotesi. Robert Williams
lʹufologo americano, incontrò Louis Blanche lʹufologo francese e
la loro conversazione riassume egregiamente quelli che furono
gli esiti della conferenza: ipotesi, solo una ridda di ipotesi.
ʺNon riesco ancora a spiegarmi un sacco di cose‐ disse Williams
a Blanche ‐ ma i messaggi che io ho ricevuto sul computer con
la raffigurazione di tre oggetti luminosi erano inequivocabili
come il messaggio che ha ricevuto lei quando era in contatto
radio con il radioamatore dellʹAlaska...ʺ
ʺCertamente. Si è trattato di messaggi diretti a noi terrestri, ma
poi non è accaduto niente. Avevano detto in sostanza che presto
sarebbero stati tra di noi, di non aver timore e noi che abbiamo
visto? ‐ esclamò Blanche ‐ nientʹaltro che tre luminosissimi
corpi celesti attraversare di parte in parte il nostro Pianeta.
Poteva essere una catastrofe e non è accaduta. Per fortuna,
beninteso. Ma tutto ciò che significa ? ʺ
ʺUn avvertimento, secondo me ‐ ribattè Williams ‐
unʹintelligenza superiore ha voluto comunicarci qualche cosa,
ma noi con le nostre limitate tecnologie non siamo stati in grado
di comprendere il significato di quel ʺsegnaleʺ...Non le sembra
Blanche ?ʺ
ʺSì, può essere. Ma come mai nella frase sul suo computer ed in
quello che ho udito io, via radio, sono stati così espliciti ?ʺ
ʺForse, con quei mezzi si aspettavano una risposta e , tuttavia,
noi non lʹabbiamo data...ʺ
ʺDunque, potevano non sapere che lei, io e tanti altri terrestri
Christine Delport Il manoscritto antico
avevano perfettamente ʺricevutoʺ ma non erano in grado di
rispondere a quello che doveva essere un messaggio in attesa di
un ʺokayʺ. Si aspettavano che qualcuno sulla Terra rispondesse:
ʺVi aspettiamo. Non abbiamo paura. Atterrate pureʺ o qualcosa
del genere...ʺ
ʺSembra plausibile, almeno secondo la nostra logica. Ma da
tutti i messaggi che altri ufologi come noi hanno riferito al
congresso mondiale non traspare la minima attesa di una
risposta. Sembrava che dallo spazio siderale arrivasse solo
questo: stiamo arrivando! Non vi era una richiesta del tipo: voi
accettate la nostra visita o no?
ʺUn avvenimento ineluttabile, quindi, che dovevamo osservare e
forse meditare.ʺ
ʺSembra essere così. Ed, infatti, tutti sulla Terra, si stanno ancora
chiedendo appunto questo: di che fenomeno sinora sconosciuto
si è trattato? Si ripeterà ?ʺ
ʺEppoi, di che cosa erano composte le cosiddette tre stelle ?ʺ
ʺAltro bel mistero ‐ sogghignò Williams ‐ fino allʹultimo
spaventandoci tutti quanti a morte sono parsi giganteschi
meteoriti. Invece, sono passate attraverso alla Terra come raggi
di luce. Non erano fatti di materia. Non erano fatti di luce perché
le ricerche degli scienziati hanno dimostrato che, a calcoli fatti
avevano una velocità leggermente inferiore a quella della luce.
Eppoi la luce non attraversa la Terra da un emisfero allʹaltro.
Era antimateria? Ma ho sempre sentito dire che se la materia e
lʹantimateria vengono ad incontrarsi provocano un
annientamento reciproco.ʺ
ʺSiamo ridotti a semplici congetture e temo che non avremo
presto una risposta ai nostri dubbi.ʺ
ʺMa è certo che lʹufologia esce rafforzata da questʹennesima
esperienza, ormai anche i più scettici hanno dovuto arrendersi
allʹevidenza, Da altri mondi a noi sconosciuti, giungono
ʺsegnaliʺ. Non si è trattato per fortuna dei soliti dischi volanti,
ma di un fenomeno cosmico innegabile che ha messo in allarme
il mondo. Il fatto che non siamo soli nellʹuniverso è stato
dimostrato da quella serie di messaggi cui ha fatto seguito
Christine Delport Il manoscritto antico
lʹavvenimento che ha suscitato, nel mondo una comprensibile
angoscia, il timore, rivelatosi per fortuna infondato, della
distruzione definitiva dellʹintero pianeta...ʺ
I due avevano sintetizzato quello che in tutti i paesi gli specialisti
dello spazio continuarono a chiedersi ma senza trovare risposte.
Nellʹosservatorio, ʺAlbert Einstenʺ, il giovane Jonathan Wallace
rivedeva tutte le sequenze relative al passaggio dei tre ʺcorpiʺ
celesti. Era stato lui lo scopritore scientifico del preannunciato
avvenimento cosmico e, come tutti, aveva temuto che fosse
ormai giunta la fine. Adesso, più che osservare, rifletteva. Anche
lui doveva riconoscere che non vi era soltanto la parte visiva
dellʹosservazione oppure soltanto la via sperimentale e quella dei
calcoli infinitesimali, delle tesi della scienza.
ʺQuello che non conosciamo, si sorprese a dire, è infinitamente
superiore a quello che conosciamo. Anzi, per meglio dire
conosciamo poco o nulla di una miriade di cose. Ad esempio,
prendiamo i mezzi di comunicazione: noi comunichiamo con
radio, computer, televisori, telefoni, fax, ma che cosa sono, in
fondo, i nostri mezzi di comunicazione ? Sono onde, sono fasci di
elettricità, sono impulsi. Quali altri mezzi di comunicazione
umani noi trascuriamo ? I sentimenti, lʹintuizione, le sensazioni ,
le premonizioni che sono comunicazioni che precedono
lʹavvenimento, la telepatia, il mondo inesplorato della mente,
mente singola e mente universale. La paura, a quanto pare, è una
forma di comunicazione e sembra che proprio di questo si sia
trattato della trasmissione cosmica di un sentimento di paura (se
non di panico) a ʺbeneficioʺ dellʹumanità.ʺ
A Wallace sarebbe probabilmente piaciuto conoscere il dottor
Mabuse, colui che nel suo manoscritto rivelò lʹultimo mistero,
quello delle tre stelle, e lo fece tornando in Francia, nella sua
Maubeuge, dove si rifugiò in attesa della sua ultima ora perché
anche viaggiando nel tempo, non aveva ottenuto lʹimmortalità.
Le Parche che tessono i destini degli uomini avevano ʺfilatoʺ il
suo fato anche quando materialmente si trasferiva in altre epoche
in altri mondi. Eʹ il destino dei rarissimi viaggiatori nel tempo: i
Christine Delport Il manoscritto antico
loro giorni vengono contati ugualmente come i loro capelli sulla
testa. E quando il ʺsuoʺ tempo è scaduto, il viaggiatore nel tempo
muore, indipendentemente dalla epoca in cui si trova e
indipendentemente dallo spazio. Ma lasciamo le ultime parole di
questa storia allʹautore del manoscritto che meglio di
chiunque altro saprà spiegare cosa gli è accaduto.
ʺEccomi qui, per lʹultima volta, nella mia casa di Maubeuge. Tra
una settimana, avrò esattamente ottantʹanni e quel giorno
morirò. Il fatto di aver viaggiato non solo nello spazio ma anche
nel tempo non ha allungato di unʹora, né di un minuto o di un
secondo, la durata prevista dal destino per la mia vita. Sono
rimasto, pur viaggiando attraverso lo spazio‐tempo, un mortale.
Come mai riesco a predire esattamente lʹora della mia morte,
come prima di me fece Nostradamus ? O bella ! Perché
viaggiando nel tempo, lʹho vista.
Ma prima di sparire per sempre concludo il mio diario con la
spiegazione dellʹultimo mistero, quello delle tre stelle di marzo.
Ascoltatemi, dunque.
Esisteva, in un tempo lontanissimo, unʹantica civiltà che come
tutte le civiltà giunse al suo apogeo, prima di intraprendere un
lento ed inesorabile declino che la portò alla totale estinzione.
Questa civiltà, detta degli Omicroniani, non si sviluppò sul
nostro pianeta, bensì su un pianeta gigante di una remota
galassia.
Non interessa la forma degli Omicroniani, ma posso dire che il
loro intelletto giunse a livelli estremamente sviluppati, le loro
stupende invenzioni costituirono traguardi insuperati da altre
civiltà cosmiche.
Trascorsero millenni in anni luce, prima di veder apparire i segni
di decadenza che dovevano portare allʹautodistruzione.
In sintesi, era accaduto che i risultati raggiunti da quella
avanzatissima civiltà tecnologica non corrispondevano alle
risorse disponibili sul loro pianeta. Di quelle
risorse avevano bisogno per vivere e, anno dopo anno, gli
abitanti di Omicron vedevano assottigliarsi le risorse naturali
assolutamente indispensabili per mantenere quei livelli di
Christine Delport Il manoscritto antico
sviluppo. Cominciò unʹaffannosa ricerca attraverso la galassia
per scovare possibilità di salvezza. Non vennero trovare altre
risorse se non in quantità insufficienti e difficilissime da
trasportare. Una migrazione in massa si rivelò impossibile e, per
non venire meno ai loro principi di eguaglianza assoluta,
decisero che non poteva esservi un destino diverso per una
ristretta élite di privilegiati. Un destino comune. Se la
maggioranza della popolazione doveva soccombere ciò voleva
dire che tutti sarebbero periti nella catastrofe generale.
Il gran consiglio del pianeta stabilì, tuttavia, che tutta
lʹesperienza e la documentazione accumulata non doveva perire.
Il sapere omicroniano venne condensato in tre oggetti
luminosissimi, documenti‐faro da lanciare nel cosmo, affinché la
tragica esperienza di Omicron potesse essere ʺlettaʺ da altre
civiltà sconosciute ma sufficientemente sviluppate da
comprendere il significato esatto dei messaggi.
Questo erano le tre stelle che hanno attraversato la nostra
galassia e praticamente tutto il nostro sistema solare, messaggi in
codice, da decifrare al loro passaggio nellʹatmosfera. Questa
volta, noi terrestri non abbiamo saputo farlo. Ma le tre stelle
torneranno e i messaggi verrano interpretati correttamente.
Come faccio a saperlo?
Lo so perché ho viaggiato nel tempo e ho visto come noi terrestri
, pur decifrando i messaggi di quella civiltà scomparsa non ne
abbiamo tenuto conto se non per un limitato periodo di tempo.
Finito il clamore, abbiamo ricominciato daccapo e la terra ha
fatto la fine che ho descritto nella prima parte di questo
manoscritto, giunto come ogni altra impresa umana o
extraumana, al suo termine. Poiché questo è il vero segreto
dellʹuniverso e di tutti gli universi. Ciò che ha un inizio ha anche
una fine.”
GENOVA. NELLA REDAZIONE DEL “DECIMONONO”
Christine Delport Il manoscritto antico
La prima edizione era ancora in cantiere ed il redattore capo de
“Il Secolo XIX”, nella riunione pomeridiana, aveva convocato i
responsabili delle varie pagine per stabilire lʹimpostazione del
quotidiano, già tracciata nella prima riunione mattutina.
Quel giorno, Lodovico de Ferraris, aveva scritto un articolo a
commento di una conferenza stampa che si era tenuta nella sede
dellʹOrdine dei giornalisti, dove erano stati invitati tutti i fisici
delle particelle genovesi che avevano partecipato, mesi prima,
allʹesperimento europeo del Cern.
Cʹera, tra i fisici genovesi che si erano distinti per i posti chiave
che occupavano assieme a colleghi europei nella sede
ginevrina, il professor Mario Righi.
Veniva commentata, con ricchezza di particolari, ancora una
volta la scoperta della “particella di Dio”, annunciata nelle
settimane precedenti dai massimi responsabili del progetto di
ricerca.
“Sì, il bosone di Higgs – confermò un professore davanti alla
stampa ligure molto attenta – è stato individuato. Adesso,
sappiamo molto di più sul come è nato il nostro Universo.
Naturalmente, le ricerche continuano, poiché questo è davvero
un settore che apre prospettive infinite agli studiosi.
Eʹ un poʹ come il codice genetico, la scala a spirale contenente i
mattoni della vita.
Anche il codice ha impegnato gli studiosi del settore, la
genetica,in ricerche interminabili ; ma
ormai i misteri, uno ad uno, cadono e non sono più tali.
Così è per quella che voi giornalisti avete ribattezzato la
particella di Dio, cioé il bosone di Higgs che ha dato origine al
Big Bang.”
Un giornalista chiese con tono apparentemente provocatorio:
“Scienziati voi dite bene. Apparite tutti contenti e soddisfatti per
le vostre ricerche scientifiche, per i risultati brillanti che si
susseguono al Cern di Ginevra. Ma che ci dite del sisma in
Abruzzo ? Eʹ stata una tremenda catastrofe e siete sicuri che i
fasci di neutrini e di particelle che vengono sparate dai laboratori
ginevrini, con un percorso sotterraneo di 730 chilometri
Christine Delport Il manoscritto antico
sotterranei (attraversando in pratica la Penisola italiana)e vanno
a finire nei rilevatori di particelle e di neutrini piazzati nei
sotterranei laboratori del Gran Sasso non cʹentrino proprio nulla
col terribile terremoto che ha devastato LʹAquila ed altri centri
dʹAbruzzo ?”
Lʹatmosfera si surriscaldò di colpo.
“Come potete avanzare una simile ipotesi mostruosa,
attribuendo a noi scienziati la colpa di un evento naturale come
un terremoto ?” saltò su uno scienziato, rosso in volto in preda
alla collera.
“Non sostengo nulla.” ribatté il giornalista provocatore.”Mi
limito a porre delle domande come, probabilmente, farà lʹuomo
della strada. E penso che certe domande sul Cern e sui laboratori
sotterranei del Gran Sasso se le saranno poste anche i terremotati
dʹAbruzzo...rallegrati dalla visita dei grandi della Terra, durante
lʹultimo G8.” “Ma taccia, ignorante!” urlò un ricercatore.
Il presidente della conferenza, con tono più conciliante, prese la
parola e, rivolto alla stampa, affermò con fare sicuro ed
autorevole: “Posso darvi la mia parola dʹonore di scienziato e di
galantuomo. I laboratori del Gran Sasso non hanno neinte da
vedere con il sisma 2009. Non confondiamo, vi prego, la
fantascienza con la scienza!”
Il cosiddetto mot de la fin.
Anche una persona che de Ferraris conosceva bene, per averlo
consultato a Ginevra, era presente alla conferenza, ma appariva
singolarmente taciturno ed imbronciato, per lʹappunto il
professor Righi. “Avrà la luna di traverso il professore...” aveva pensato il
responsabile del settore scientifico del quotidiano genovese.
Poi era corso in redazione a buttar giù il “pezzo” e , adesso,
intorno alle diciassette, per lui il lavoro era praticamente
terminato.
Non doveva fare il turno di notte, almeno non quel giorno, e si
accingeva a mettere insieme le sue cose e ad uscire dal giornale.
Christine Delport Il manoscritto antico
Gettò unʹocchiata distratta al foglietto, datogli dalla moglie, con
la lista della spesa da fare. Lei non poteva uscire, quel giorno, i
due figlioli ancora piccoli, si erano beccati lʹinfluenza e lei aveva
chiesto un permesso allʹufficio ed era rimasta nella loro
abitazione ad accudire i marmocchi.
“Comprami queste cose e già che ci sei fai un salto in farmacia
per i ragazzi. Senti che tosse.”
E poi dicono, alcuni colleghi miei – pensò – che fare il giornalista
è sempre meglio che lavorare!
Eʹ da stamattina che corro e, adesso, a fare il giro dei negozi
prima che chiudano. Poi dal farmacista.
Un usciere si avvicinò alla sua scrivania e gli mormorò qualcosa
allʹorecchio, indicandogli un uomo che lo aspettava nel corridoio.
Avendolo riconosciuto subito attraverso la vetrata, gli andò
incontro con fare premuroso.
�gProfessor Righi, quale onore, prego si accomodi.”
Era proprio il fisico che non aveva aperto bocca alla conferenza
stampa del mattino.
Il giornalista pilotò lʹospite in un salottino riservato ai visitatori
di riguardo, lo invitò a sedere su una poltroncina e gli si sedette
di fronte.
“Mi dica, professore, in che cosa posso esserle utile ?”
“Senta, giovane amico – cominciò lo scienziato con una certa
enfasi – io sto per rivelarle cose grosse. Ma prima di parlare ho
assoluto bisogno di avere da lei unʹassicurazione, la sua parola
dʹonore.”
“ Ma certamente, le posso garantire....” esclamò Lodovico che,
con il fiuto del cronista, cominciava a sentire odore di scoop. Mi assicura che non rivelerà la fonte ?”
Posso metterglielo per iscritto, se vuole” quasi si sorprese a
gridare il giornalista . Non stava più nella pelle.
Dimenticata la lista della spesa, moglie e figli, influenza e tutto il
resto. Cʹera tempo per la prima . Forse per unʹedizione
straordinaria, chissà.
“Professore, io sono tutto orecchi. Mi consente di aprire il
registratore ?”
Christine Delport Il manoscritto antico
“Non potrebbe stenografare ?”
“Che il diavolo mi porti se conosco la stenografia!”
“Credevo che voi giornalisti...”
“Beh, ai tempi dei pionieri; soprattutto, i vecchi cronisti della
giudiziaria. Per i processi.”
“Ma la mia voce resterà registrata. Non posso parlare a queste
condizioni. Bisognerebbe che una volta trascritto il testo lei
cancellasse il nastro, in modo da impedire qualsiasi possibilità di
risalire fino a me.”
“Facciamo così. Le garantisco, professore, che ciò che mi dirà
sarà protetto dal segreto professionale. Lʹetica giornalistica stessa
prevede che non si riveli, qualora la persona lo richieda, la fonte
di una notizia. Ha la mia parola. La registrazione, una volta
trascritta, verrà cancellata per sempre.”
“Voglio fidarmi di lei. Parliamo, dunque, del famoso
esperimento di Ginevra.”
”Ecco, professore, mi dica tutto.”
“Lei ricorda quel ricercatore tedesco, il quale aveva fatto il
diavolo a quattro, preannunciando la fine del mondo a causa
della creazione di un buco nero in grado di assorbire tutta la
luce, tutta la materia terrestre.”
“Altro che!” esclamò de Ferraris; aveva acceso il registratore
portatile e lʹaveva posto con mano tremante vicino al professore.
“Ecco. Aveva torto. La Terra non è sparita. Noi siamo tutti più
che soddisfatti di come sono andate le cose. Un esperimento
storico per la scienza delle particelle, per la Scienza in generale e
per il Sapere.”
“Giustissimo. Come è stato ribadito da tutti i fisici liguri,
stamattina, in conferenza stampa...”
“Appunto. Ma un piccolo particolare è stato taciuto.”
“Quale ?” chiese con la voce resa roca dallʹemozione il
giornalista.
“In fondo, un buco nero nella camera a bolle o nello scontro del
tunnel è stato in realtà creato dal bosone Higgs. Un avvenimento
previsto. Noti bene. Pensavamo che , al massimo,
quellʹinfinitesimale buco nero avrebbe potuto assorbire tanta
Christine Delport Il manoscritto antico
materia quanto la capocchia di uno spillo o qualcosa di simile.
Un quark di materia, forse anche niente. “
Il fisico appariva stanco; non faceva particolarmente caldo in
redazione, ma lui col fazzoletto si asciugava gocce di sudore che
gli imperlavano la fronte.
“E invece...” suggerì, improvvisamente allarmato,
lʹintervistatore.
“Invece, disse quasi con tono di sfida lo studioso, abbiamo visto
apparire un buco nero in grado di spedire nello spazio‐ tempo
più materia di quella prevista nel peggiore dei casi, di catturare
più luce di quella prevista, di far viaggiare nel futuro o nel
passato, chi può dirlo, non una sola ma almeno cinque o sei
persone o cose oppure animali. Tutto dipende dal raggio
dʹazione e dal volume di quelli che sono andati a farsi un
giretto nel tempo.”
“Non può assumersi la responsabilità di queste dichiarazioni ?”
“Ehì, non facciamo scherzi. Cʹè un patto tra di noi. Mi ha appena
assicurato...”
“Mio caro professore, se io pubblico quello che lei mi sta dicendo
senza uno straccio di prova, senza una fonte ufficiale, senza
niente, minimo vado a finire in manicomio. Ma è più probabile
che dal manicomio – in seguito allʹ inevitabile smentita del Cern
– io passi direttamente alla cassa integrazione come giornalista
disoccupato. O in tribunale, se qualcuno sporgesse querela. Per
bene che mi vada, tutta Genova, ma che dico Genova, lʹItalia, il
mondo , riderebbe alle mie spalle. Perché per fare il giro del
mondo, stia pur tranquillo, che una storia del genere lo farebbe.
Eccome! Eppoi cʹè la storia del terremoto dʹAbruzzo e dei
laboratori del Cern, sotto il Gran Sasso... Come la mettiamo con il
sisma 2009 ?
“Lasci perdere il sisma. Eʹ del tutto fuori strada. I neutrini con la
terra che trema non cʹentrano.
“Ne è proprio sicuro ?”
”Più che sicuro!”
“Ma resta il fatto del piccolo buco nero temporale. Questo
almeno lo ammette. Ma io come faccio, senza prove....”
Christine Delport Il manoscritto antico
“Non vuole pubblicare ?”
Non posso pubblicare. Eʹ diverso.”
“Non le racconto più nulla, dunque. Oppure devo continuare ?”
Il giornalista si era fatto pensieroso e dentro di sé si chiedeva
come fare ad annunciare lo scoop senza coinvolgere la fonte.
Avrebbe dovuto, minimo,. parlarne immediatamente al suo
direttore, Umberto La Rocca. Il quale forse avrebbe richiesto, per
una simile notizia‐bomba , il parere di altri fisici. Insomma, qui
occorreva che qualcuno accettasse di uscire allo scoperto.
Su Mario Righi, certo, non poteva contare. Perché ormai era più
che titubante. Era decisamente pentito di essere entrato nella
tana di un ficcanaso, poco coraggioso. Si era alzato e stava per
andarsene.
La risposta di Lodovico de Ferraris, invece, lo fece ricredere
quanto al coraggio.
“Va bene, me ne assumo io tutta la responsabilità. Attribuirò il
suo racconto ad una fonte scientifica anonima, ma mi dica tutta
la verità. Come sono andate le cose ?”
“Come le ho detto – rispose lo scienziato ‐ rimettendosi a sedere,
un buco nero può essere stato creato dagli immani urti delle
particelle, lungo il tunnel. Ammesso che ciò sia accaduto come io
sono propenso a credere. Ma molti miei colleghi sono , tuttora,
molto scettici ed escludono questa eventualità, Se tutto ciò,
dicevo, si è prodotto, il bosone è diventato una sorta di apertura,
come dire, sullʹeternità. Una porta sullʹignoto. Chi è stato, per
così dire, catturato da questa fonte di energia ? Non lo sappiamo
e probabilmente non lo sapremo mai.” “Mi sta dicendo che dovremo rivolgerci a “Chi lʹha visto ?” per
trovare delle persone scomparse ?”Non mi pare il caso di
scherzare. Anche perché non è così. Conosce la teoria di Einstein
sullo spazio‐tempo che si curva, vero ? Ecco, non sappiamo in
che epoca lʹipotetico buco nero abbia esercitato – se lʹha esercitata
– la sua influenza.”
“Significa che può essersi assorbito, tanto per dire, Giulio Cesare,
sparito davanti a tutto il Senato di Roma e perciò sfuggito ai
pugnali dei congiurati, giusto in tempo.”
Christine Delport Il manoscritto antico
“Ecco. Diciamo così: il buco nero, nel quale in teoria anche la luce
si arresta e perde la propria velocità di fuga rimanendo
intrappolata, non dovrebbe avere preferenze temporali. Una
sorta di tunnel da qui allʹeternità. Un animale, una roccia, una
pianta, la materia dei vari regni dovrebbe poter viaggiare nel
tempo. Se poi lʹazione coinvolge la mente umana, il viaggio (data
la conformazione per così dire elettrica del cervello) lʹentità fatta
di neuroni può viaggiare, superando persino la velocità della
luce. Cosa può viaggiare più veloce della luce ?”
“Mi sembra di essere allʹesame di fisica.” pensò tra sé il povero
cronista.
“Il pensiero. Certo, questo in filosofia può essere comparato ad
una sorta di idealismo di Fichte o di Hegel. Ma il pensiero cosʹè
?Se lo chiedeva Cartesio col suo cogito ergo sum. Se lo è chiesto
Kant e , dopo di lui, gli idealisti tedeschi fino ai giorni nostri con
Husserl ed Heiddeger.” “Cʹè modo, professore, di sapere se effettivamente qualcuno, in
unʹepoca che può essere la nostra,
passata o futura, è stato spedito nello spazio‐tempo ?”
“No.”
“E allora su cosa basa le sue teorie ?”
“Su nulla. Ho soltanto detto che è una possibilità, tra le altre. Si è
soltanto prodotto un buco nero. Tutto lì. Di dimensioni non
eccezionali. Sappiamo ancora troppo poco. Ma la ricerca
continua. ”
“Un giorno troverete anche il resto ?”
“Non vi è dubbio.”
“Professore, adesso, dovrei proprio lasciarla. Ho i figlioletti a
casa, a letto con lʹinfluenza, mia moglie poveretta è lì che aspetta
il mio rientro. Le dispiace se prendo commiato ? La
riaccompagno. Anzi, usciamo insieme. Poi io, dopo il salto a casa
a portare le medicine, tornerò qui al giornale per scrivere, per
lʹultimissima, le notizie che lei mi ha rivelato. Me ne assumerò la
piena responsabilità.”
“Ha registrato tutto ?”
“Certamente.”
Christine Delport Il manoscritto antico
“Cancellerà, dopo la pubblicazione ?”
“Cancellerò, professore, stia tranquillo. Ho una parola sola.”
Uscirono insieme, nella galleria prospiciente la sede del
quotidiano genovese. Si salutarono da buoni amici.
Lʹindomani , il fisico Mario Righi corse allʹedicola per acquistare
il giornale. Se cʹera, era in prima pagina la presunta notizia
bomba. Invece, sfogliando il quotidiano non trovò altro,
allʹinterno nella pagina scientifica, che il resoconto della
conferenza stampa ufficiale, firmato da Lodovico de Ferraris.
Con le stesse identiche notizie apparse, quella mattina, su tutti i
giornali. La conferenza stampa dei fisici genovesi. Niente di più,
niente di meno.
La versione ufficiale, insomma.
Il professore sorrise, avviandosi verso il taxi che lʹavrebbe
portato all ʹaeroporto “Cristoforo Colombo” dove lʹattendeva il
volo per tornare a Ginevra.
Sempre sorridente e sereno, Mario Righi esclamò: “In fondo, per
tutti noi è meglio così. Continuiamo il nostro viaggio sulla nostra
astronave terra. Per il tempo che il buon Dio vorrà concederci. I
superiori non hanno consentito al mio amico giornalista di
pubblicare la storia sensazionale che gli ho raccontato. Senza
lʹavallo di un luminare della scienza, quella narrazione
incredibile non poteva certo essere offerta in pasto allʹopinione
pubblica. Bene, bene. Come volevasi dimostrare. ”
UNA TELEFONATA A LOVANIO
Il professor François Van Blum, il filologo dellʹUniversità di
Lovanio attendeva, pazientemente, notizie del suo amico, Mario
Righi. Da ormai parecchie settimane.
Finalmente, quel giorno squillò il telefono di casa.
“Pronto, Van Blum...Ah, è lei caro Righi. Allora, è stato a
Genova? Ha visto il giornalista ? Come è andata ?”
“Sì, sono stato nella mia città ed è per questo che la chiamo qui
da Ginevra. Sono tornato ieri.
Dunque, il giornalista mi ha creduto, ma non ha potuto
Christine Delport Il manoscritto antico
pubblicare alcunché. Insomma, la notizia non è uscita. Direi che
il test è concludente. Se avessi impegnato il mio nome, forse,
attribuendomi la paternità dellʹinformazione, qualcosa sarebbe
trapelato. Ma è chiaro che così
comʹè la storia non è credibile. Né dimostrabile con prove certe
ed irrefutabili.”
“Se pubblico il manoscritto del dottor Mabuse, quindi, nessuno
prenderà per vero il racconto dellʹalchimista...”
“Ne sono sicuro, mio caro Van Blum; la sua verrà scambiata per
una semplice storia di fantascienza. Adesso, decida lei se rendere
noto il manoscritto o meno. Ha fatto bene, in ogni caso, a
mettersi in contatto con me, prima di pubblicarlo, inviandomi
una copia del testo che ho trovato molto interessante. Quanto a
me, sono ormai convinto, in qualità di fisico, che il viaggio nel
tempo sia una possibilità reale. Forse, è lì che ci aspetta nel
futuro assieme al bosone Higgs.
A proposito, secondo le mie ricerche, vi potrebbe essere unʹaltra
particolarità della cosiddetta particella di Dio. Le spiego: sarebbe
in grado non solo di trasportare un soggetto attraverso lo
spazio‐tempo, ma, presumibilmente anche di clonarlo, insomma
di riprodurlo creando, come dire ? Un sosia o più sosia. In fondo,
è credenza popolare che ciascuno di noi abbia almeno cinque
sosia, cinque persone nel mondo esattamente simili a noi. In
tutto e per tutto, meno che, forse, nel carattere, nella professione,
nella nazionalità , nel destino; ma per il resto, uguali identici. Dei
cloni, insomma.”
“Potrebbero esserci diversi Mabuse, diversi Righi, diversi Van
Blum. Eʹ questo che mi sta dicendo?”
“Precisamente.”
“Adesso, sono ancora più indeciso se pubblicare o meno il
manoscritto...”
“Veda lei. Io ho fatto del mio meglio. Trovandomi a Genova alla
conferenza stampa dei fisici genovesi appartenenti al Cern, ho
voluto tentare un esperimento mediatico, per così dire. Le
accordo che gli esperimenti sono il mio pane quotidiano. Come
le dicevo, la notizia sensazionale senza lʹavallo di un nome
Christine Delport Il manoscritto antico
scientifico non è stata pubblicata. Lo prevedevo, diciamo la
verità.
Però lei è un autorevole filologo e se dice che il manoscritto è
autentico, che Mabuse nel XVIII secolo è realmente esistito, tutti
le crederanno. “
“La ringrazio. Penso che, in effetti, finirò per dare alle stampe il
manoscritto del dottor Mabuse.
Ma mi dica ancora un cosa, professor Righi. Quel buco nero che
avete creato dal nulla, insomma quella particella misteriosa e
primordiale, quel bosone, è un pericolo per lʹumanità?”
“Proprio non direi. A pensarci bene siamo tutti viaggiatori nel
tempo. Il bosone Higgs ha determinato il big bang, il quale ha
dato vita allʹUniverso, nellʹuniverso si sono sviluppate le cellule e
lʹevoluzione ha fatto il resto: le alghe marine, gli anfibi, i
vertebrati, i dinosauri, i mammiferi, la comparsa dellʹuomo, la
metamorfosi continua.”
“Non è un seguace del creazionismo , mi sembra...”
“In che senso ?”
“Da un punto di vista religioso...”
“Sono un agnostico, come molti miei colleghi scienziati.”
“Io non ho capito cosʹè un buco nero, cosʹè lʹantimateria, la
materia oscura e lʹenergia oscura.
Sono stato troppo sui manoscritti antichi. Tutto ciò è troppo
moderno per le mie conoscenze .”
ʺScienziati tedeschi, come Rosencranz, continuano a sostenere
che abbiamo creato, col nostro esperimento ginevrino, un buco
nero destinato a crescere. Capace, mettiamo tra un paio di secoli
di inghiottire tutta la terra...ʺ
ʺMa non avevano detto un paio dʹanni?ʺ
ʺBeh, a quanto pare, dopo lʹesperimento e siccome non è successo
apparentemente nulla, hanno spostato la data fatidica di qualche
secolo.ʺ
ʺLei cosa ne pensa ?ʺ
ʺEʹ la sua storia, caro Van Blum, che mi dà da pensare. Se quel
Mabuse si è ritrovato nel raggio dʹazione della particella di Dio
che lo avrebbe raggiunto nella sua casa in una determinata
Christine Delport Il manoscritto antico
epoca in una cittadina di Francia, chiamata Maubeuge, vorrebbe
dire che lʹesperimento può anche provocare limitati effetti
retroattivi. Insomma, dopotutto la
particella di Higgs avrebbe fatto la sua comparsa quattordici
miliardi di anni fa. Eʹ unʹentità atemporale.
Quanto alle dimensioni del buco nero, chi può dire ?
Eʹ la porta per unʹaltra dimensione. Possibile anche questo.ʺ
ʺCerto che sarei curioso di vedere come si comporta uno di
questi misteriosi oggetti.ʺ
“Asimov, lo scienziato che amava la fantascienza ha scritto:
volete sapere che cosa è un buco nero? Forse, è il nostro stesso
universo. Quindi, se vogliamo sapere quali sono le condizioni in
un simile oggetto non abbiamo che da guardarci intorno.” “Può essere le mot de la fin. La saluto e la ringrazio, per lʹinteressamento professor Righi.” “Stia bene, professor Van Blum. Leggerò con molto interesse il
suo libro quando uscirà e se uscirà. Tanti auguri. A proposito, se
dovesse rivedere, in quale dimensione non saprei, lʹalchimista
Mabuse lo saluti da parte mia e gli dica che io non sapevo che
Nostradamus fosse di discendenza genovese. Ma, trovandomi
nella mia città, ho voluto consultare alcuni medievalisti. Per
verificare certe affermazioni contenute nel manoscritto di cui lei
mi aveva inviato alcuni estratti. Effettivamente, il veggente provenzale, apparteneva ad una
famiglia di origine ebraica, poi convertitasi al cristianesimo,
verosimilmente per sfuggire alle persecuzioni. Questa famiglia, i
Nostre Dame, erano forse stati scacciati da Genova, assieme a
tanti altri, nel periodo in cui vi furono persecuzioni nel ghetto, in
cui vivevano ebrei esuli dalla Spagna. . ”
“Quindi, almeno una cosa ha trovato un riscontro storico.”
“Esattamente.”
“Dica la verità, professor Righi, da scienziato , questo alchimista
può essere in qualche modo entrato in contatto con la “particella
di Dio” e tutta la sua avventura può essere riconducibile
allʹesperimento che avete tentato a Ginevra ?”
“Qui lo dico e qui lo nego, mio caro Van Blum. Ebbene, sì. Ciò
Christine Delport Il manoscritto antico
che può essere accaduto al misterioso alchimista del XVIII secolo
potrebbe essere stato un effetto dellʹesperimento.” “Ma ci saranno altri nel suo caso ?”
“Quando lei mi inviò stralci del manoscritto, chiedendo il mio
parere, anchʹio stentavo a credere che potesse essersi verificata
una simile eventualità. Poi sono andato a rileggermi una teoria
minimalista di un astrofisico australiano. La conosce ?”
“Per carità, professor Righi. Io mi occupo solo dei vecchi
manoscritti di Erasmo da Rotterdam. Come vuole che conosca le
ultime teorie dei cosmologi !”
“Ebbene, secondo questo mio collega, lʹUniverso non sarebbe poi
così esteso come si pretende negli ambienti scientifici del mondo
intero...”
“Ah no ?”
“Niente affatto. Non ci sarebbero milioni di galassie e altri
universi.”
“Perbacco!”
“Vuol sapere cosa pensa questo esimio collega ?”
“Ma certo.”
“Ebbene, tutto ciò che noi vediamo, infiniti ammassi di galassie,
altro non sarebbe che il riflesso globale di una sorta di specchio
cosmico che ci rinvierebbe allʹinfinito unʹimmagine
moltiplicandola per mille. Insomma, la nostra modesta Via
Lattea, specchiandosi, per così dire ci manderebbe indietro sui
nostri strumenti, la visione sterminata dellʹuniverso con milioni
di galassie che altro non sarebbero che unʹimmagine della nostra
galassia, vista da diversi punti di osservazione e sotto tutte le
possibili angolazioni.”
“Un gioco di specchi ?” chiese al telefono con voce strozzata,
François Van Blum.
“Precisamente.”
“Come quello...”
“Come quello che avrebbe visto il suo vecchio alchimista nel
laboratorio, prima di scomparire per sempre.”
“Ho deciso: pubblicherò il manoscritto. La saluto, professor
Righi.”
Christine Delport Il manoscritto antico
“Lo leggerò con molto interesse. Arrivederci, professor Van
Blum. Ma comunque sia, grazie al fatto che mi ha spedito in
anteprima tutta la documentazione, io il manoscritto lʹho già
letto. ʺ
UNA VISITA ALLʹOSPEDALE “ERASMO” DI BRUXELLES
Era lʹorario di visita, nellʹospedale Erasmo di Bruxelles ed il
filologo Francois Van Blum attendeva nella sala dʹaspetto il
permesso di potersi recare nella stanza singola dovʹera ricoverato
un suo caro e vecchio amico, il dottor Frederick Mabuse, un
chimico laureato allʹ Università di Mons, che però lavorava negli stabilimenti Solvay, e risiedeva nella cittadina francese di
Maubeuge. Recentemente, Mabuse, che Van Blum conosceva dai
tempi dellʹ università, aveva accusato malesseri sempre più frequenti. In particolare, lamentava acute emicranie. Gli era
stato diagnosticato un aneurisma cerebrale , per fortuna ,
operabile. Il compito di eseguire il delicatissimo intervento era toccato ad
un luminare del settore, il chirurgo francese, di origine italiana, il
professor Adamo Nostra. Questʹultimo aveva compiuto
meraviglie e Mabuse era stato ormai dichiarato fuori pericolo.
Aveva ripreso tutte le sue facoltà mentali e fisiologiche. Era in
convalescenza e di ottimo umore. Accompagnato da
unʹinfermiera, François Van Blum, venne introdotto nella stanza
del paziente che, ormai da giorni, stava per la verità diventando
impaziente di tornarsene a casa, nella sua Maubeuge. Quando
vide apparire il vecchio amico Van Blum, Mabuse emise una
gioiosa esclamazione: ʺPerbacco, François, che piacere vederti.
Entra , siediti...ʺ
ʺCome stai, Frederick ?ʺ chiese premuroso Van Blum.
ʺAdesso, bene. Certo, ho passato momenti non facili, come tu sai.
Ma devo anche dire che quel Adamo Nostra è un mago della
chirurgia cerebrale! Se non era per lui, probabilmente, non
saremmo qui a discuterne.
Christine Delport Il manoscritto antico
ʺBeh, è sicuramente uno dei migliori nel suo campo. Eʹ risaputo.
Lieto di vedere che sei ormai completamente ristabilito.ʺ
ʺSì, certamente, sarò dimesso a giorni e potrò riprendere il lavoro
di chimico. Non vedo lʹora. Devi venirmi a trovare a Maubeuge.
Organizzerò una festicciola con alcuni amici per la mia
guarigione e tu sarai dei nostri. Così rivedrai mia moglie, Juliette,
che sarà felicissima di ritrovare un nostro vecchio e caro amico,
quale tu sei. Dʹaccordo, promesso?ʺ
ʺVerrò di sicuro. Sono davvero contento. E lʹoperazione...ʺ
ʺBeh, anestesia totale, ovviamente. Eʹ durata parecchio, a quel
che mi ha detto il primario e Adamo Nostra ha fatto miracoli. Eʹ
chiaro che non rammento nulla dellʹintervento, ma ho come
vaghi ricordi di unʹavventura, di un sogno in cui cʹentravi tu,
altri conoscenti, eppoi quadri di pittori famosi, Maubeuge vista
in diverse epoche, un annuncio da fine del mondo, un viaggio a
New York con il presidente americano che voleva il mio parere
sullʹarrivo di tre stelle, una profezia, il canto delle balene...ʺ
ʺPerbacco! Se questo è lʹeffetto di unʹoperazione al cervello non si
può davvero dire che ti manchi la fantasia.ʺ
ʺSai come stanno le cose: la chimica è una scienza esatta, ma
non dimentichiamoci che nasce dalla vecchia fucina degli
alchimisti, dagli alambicchi medievali , dalla ricerca della pietra
filosofale per fabbricare lʹoro trasformando del semplice piombo
e della fonte dellʹeterna giovinezza che non poteva essere altro
che una ʺfonte chimicaʺ. Per cui i voli di fantasia sono
connaturati alla mia professione, almeno alle sue radici anche se
oggi nei moderni laboratori chimici cʹè ben poco spazio per il
pittoresco ed il sovrannaturale. Le nostre formule sono
matematicamente esatte, oppure non lo sono (ed in questo caso,
che guaio!) ma da tempo abbiamo smesso di ricercare la pietra
filosofale. Insomma, lʹalchimia rimane relegata ad una epoca
storica e da lì non si muove più.ʺ
ʺComunque, ti sei fatto un sogno e ti sei risvegliato nella tua
camera, bello e guarito...ʺ
ʺProprio così. E figurati che , nel mio sogno parlavo con
Nostradamus!ʺ
Christine Delport Il manoscritto antico
ʺMa va! Non ci credo. Il veggente di Saint Remy. Lui in persona
?ʺ
ʺLui in persona. E ci ho riflettuto. Sai perché ho sognato di
parlare con Nostradamus?ʺ
ʺNon saprei. Aspetta. No, ma certo. Eʹ più o meno un
anagramma di Adamo Nostra, il professore che ti ha operato...ʺ
ʺBravo. Eʹ così! Eppoi il professore non è francese ? ʺ
ʺSì, di origine italiana, mi sembra.ʺ
ʺEsatto. E sai dovʹè nato ? In Provenza, ad Arles, vicino quindi
alla città di Nostradamus.ʺ
ʺMa cʹè di più. Nel mio sogno, cʹ eri anche tu ed eri lo scopritore
del manoscritto che io avevo lasciato nella mia dimora di
Maubeuge. Soltanto tu eri esattamente il personaggio moderno
che sei tuttora, ricercatore, specialista di Erasmo, filologo, mentre
io ero finito nel diciottesimo secolo; pensa che bel viaggio mi
sono fatto durante lʹoperazione al cervello! Ne ho viste di cose
strane,posso assicurartelo. Ho visto più cose mentre ero
incosciente che nellʹabituale stato di veglia.”
“Un viaggio nel passato e nel futuro, quindi. Una storia ben
strana. Eri addirittura finito nella Francia di Luigi XVI. Caspita!”
“ Giusto in tempo per vedere quasi, come ti ho già detto, la
rivoluzione francese e tante altre cose. Senti , te le racconterò
quando verrai a Maubeuge.
Penserà a tutto Juliette, che organizzerà una festicciola per il mio
rientro a casa. ʺ
ʺA proposito non te lʹho chiesto, che sbadato, come sta la signora
?ʺ
ʺBeh, è venuta sempre a trovarmi, in tutto questo tempo di
ricovero, facendo avanti e indietro da Bruxelles a Maubeuge.
Pensa che durante un viaggio ha trovato un cagnolino
abbandonato e se lʹè portato a casa nostra. Quando verrai,
conoscerai anche lui, si chiama Tobia...Eʹ un bassotto molto
affettuoso, mi assicura Juliette, ma io non lʹho mai visto. Sai i cani
non entrano in corsia...ʺ
ʺ Beh è normale. Quanto al tuo generoso invito, verrò volentieri.
Verrò senzʹaltro. Fa sempre piacere rivedere vecchi amici.ʺ
Christine Delport Il manoscritto antico
ʺSai, certe cose le ho sognate durante lʹoperazione. Altre,
beninteso, sono reali. Ma sai che fatico a fare la differenza tra il
sogno e la realtà . Non ci crederai, ma Tobia, il cagnolino che non
ho mai visto era nel mio sogno e si chiamava proprio così!ʺ
ʺ Perbacco! Sembra incredibile. Ma lʹoperazione è durata
davvero tanto !?ʺ
ʺA me è parsa unʹeternità. Una vera eternità!ʺ
ʺQuesto è dovuto alla relatività del tempo, nevvero, segno che
Einstein aveva ragione con la sua teoria.ʺ
ʺPenso che avesse davvero ragione. Se hai ancora tempo ti posso
raccontare qualche particolare in più di questa storia...ʺ
ʺPer me va benissimo, racconta pure. Ho preso tutto il
pomeriggio libero per venirti a trovare. Se non ti affatica
racconta. Finché le infermiere non mi cacciano via resto qui ad
ascoltarti. Sono davvero troppo curioso di conoscere i particolari
e non credo che la mia curiosità possa aspettare fino a quando
verrò a trovarti a Maubeuge.ʺ
E così Mabuse raccontò e raccontò... Ma quello che disse che cosa
fu ?
Un sogno ? Un sogno come può essere, in fondo, la vita.
Oppure lʹ illusione di una persona in pericolo di vita in preda ad
una sorta di delirio durante unʹoperazione chirurgica sotto
anestesia totale ?
Mabuse si spiegò tutto quello che aveva sognato di vivere , per
lʹappunto, con il fatto dellʹoperazione che aveva dovuto subire.
Ormai, lʹincubo era finito. Poteva tornarsene a casa. Però come
erano vividi quei ricordi. Come pareva reale tutto ciò che era
accaduto. Quanti dubbi per il dopo...
Quel viaggio senza spazio, senza tempo, in una sorta di
continuum atemporale; in fondo non legato ad alcuna data
precisa. Come se vi fossero stati per lui e la sua memoria dei
punti istanti in un vuoto che tutto spersonalizzava. Non vi era
realmente un “io”. Vi erano una serie di “io” istantanei che
facevano astrazione della personalità; mancava nella sua
esperienza il principium individuationis, come se i tanti
personaggi che lui ricordava in viaggio nel tempo fossero in
Christine Delport Il manoscritto antico
realtà legati soltanto da un nome e da una forma apparenti. Ma, in realtà, quei personaggi in sequenza, fossero come
soggetti ad una serie di morti e di rinascite istantanee;
condizionate le une dalle altre in una serie ininterrotta senza
inizio e senza fine. Come lʹUniverso mai nato e forse immortale.
Un qualcosa di assoluto, unʹentità che sfuggiva al tempo ed allo
spazio.
Qualcosa di inclassificabile secondo i termini relativi,
condizionati dalla materia quale noi la conosciamo. Inutile
ricercare la cosa in sé in quellʹeterno fluire dellʹeffimero. La
caducità dellʹistante nel fiume ininterrotto ed impetuoso
dellʹeternità mutevole. Quasi la rivelazione che solo la relatività
era lʹ assoluto. Che la vera “cosa in sé” altro non era che il “fuori
da sé” o lʹinesistenza stessa di una “cosa in sé”; lʹinesistenza
dellʹio fenomenico e del mondo correlato in una vacuità del
tutto estranea alle umane definizioni dellʹessere e del non essere.
In questo quadro apparentemente assurdo persino la morte
perdeva il suo dominio assoluto.
Infatti, era anchʹessa solo realtà condizionata.
Cosa poteva essere, infatti, la morte senza la vita; e come poteva
sussistere una vita senza il termine contrario della morte.
Un poco come chiedersi cosa sarebbe il tempo senza un
cronometro, orologio, una clessidra, una meridiana, un oggetto
deperibile. Senza il sole per determinare gli spostamenti
dellʹombra ed il vagare della luce. Tutte condizioni,
condizionanti e condizionate. Legate al mondo fenomenico, alla
vita, al dolore, alla morte.
Il chimico Mabuse, tuttavia, non si poneva simili questioni
metafisiche. Era solo felice che lʹintervento fosse pienamente
riuscito. Felice di tornarsene a casa. Di ritrovare la moglie
Juliette, gli amici, il nuovo amico, il bassotto Tobia. La vita
sarebbe andata avanti come sempre. Qualche torneo di bocce,
qualche partita a carte al bar. Televisione, un paio di film,
qualche buon libro. Le vacanze in un paese del Sud ( Provenza,
Languedoc‐ Roussillon, Cote dʹAzur, sì insomma il Midi della
Francia, di preferenza o la Riviera Ligure ) per sfuggire alla
Christine Delport Il manoscritto antico
atmosfera nordica nebbiosa, fredda e piovosa. I suoi laboratori
con gli alambicchi. La vita normale di sempre.
Ma per tutto il resto dei suoi giorni, il chimico non poté fare a
meno di chiedersi cosa gli fosse realmente accaduto durante
quello spazio‐tempo, durante il quale aveva subito lʹoperazione
chirurgica allʹ Ospedale Erasmo di Bruxelles.
Davvero un bel mistero.
Ma anche lʹUniverso – ammettiamolo – resta un mistero
affascinante. O meglio, il dubbio fondamentale. Lʹenigma di tutti
gli enigmi.
Fine Lʹ AUTRICE
Christine Delport è una scrittrice italo‐belga. Eʹ nata a Bruxelles. Ha vissuto
per lunghi anni a Roma. Questo è il suo primo romanzo. Aveva scritto finora
racconti brevi e favole per lʹinfanzia. Eʹ anche lʹinizio della collaborazione a
“Trucioli Savonesi” che prosegue con la rubrica da lei ideata “Il personaggio
ligure del mese”, il cui primo numero era dedicato al filosofo sanremese di
rinomanza europea, Marco Ivaldo.