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La guerra contadina tedesca: Tirolo, Svizzera, Austria, Germania meridionale nel dibattito storiografico di Pietro Fogale La rivoluzione dell’uomo comune: Germania meridionale, Austria, Svizzera, Tirolo di Pietro Fogale 80

Cinquecento 04

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Pietro Fogale - La Rivoluzione dell'uomo comune

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La guerra contadina tedesca:Tirolo, Svizzera, Austria, Germania meridionale

nel dibattito storiograficodi Pietro Fogale

La rivoluzione

dell’uomo comune:Germania meridionale, Austria,

Svizzera, Tirolodi Pietro Fogale

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28 CINQUECENTO

a rivoluzione dell’uomo comune, più nota come guerra contadina, fu un vasto movi-

mento insurrezionale che all’inizio del XVI secolo coinvolse la Germania meridionale,

l’Austria e la Svizzera, arrivando a lambire anche la Francia..L

La storiografia più recente ha cambiato la definizione di quegli eventi, non parla più di guerra

contadina ma di rivoluzione dell’uomo comune perché non furono solo i contadini a prendere

parte agli eventi conflittivi del 1524-26 ma anche altre categorie non privilegiate della società:

artigiani, garzoni e lavoratori a giornata.

Gli eventiTra il 1524 e il 1526 migliaia di persone si organizzarono, combatterono e vennero sconfitte

dalle truppe dei signori territoriali in scontri che lasciarono sul campo migliaia di morti. (si

calcola che furono almeno centomila).1

Gli eventi si innescarono in Svevia, una regione dove da tempo si viveva in uno stato di rivolta

endemico, lì si formano tre schiere, la schiera del lago, la schiera dell’Algäu, e la schiera di

Baltring, si tratta di accampamenti permanenti dove si riuniscono i contadini per organizzarsi

da un punto di vista politico e militare.

Partita dalla Svevia nel gennaio del 1525 la rivolta si estese rapidamente a tutta la Germania

meridionale coinvolgendo l’alto Reno, la Turingia, la Franconia, il Tirolo, la Stiria, l’Austria

superiore. In ogni regione vediamo riunirsi contadini, che fanno propri i 12 Articoli.

81

80. Il trionfo della morte,Pieter Bruegel, 1562 (partico-lare).

81. I luoghi della guerracontadina.

La rivoluzionedell’uomo comune:

Legenda:

zone della guerra contadina

Zone in cui si presentano gravamina

Zone in cui vengono occupati monasteri e castelli

Zone dove si svolgono combattimenti

Campagna militare dei principi e della lega Sveva

Germania meridionale, Austria, Svizzera, Tirolo

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CINQUECENTO 29

Il copione con cui si muovono i contadini è simile in tutte le regioni, i contadini assaltano

monasteri e castelli, sono oltre 50 quelli che vengono dati alle fiamme o distrutti in Svevia

dalla “lega cristiana”.

Particolarmente duri saranno gli scontri in Franconia e Turingia dove i contadini troveranno

anche guide militari tra i cavalieri. I contadini profanarono oggetti e luoghi sacri, saccheggia-

rono castelli e monasteri, dileggiarono e malmenarono monaci e monache. Pochi furono gli

episodi di sangue, il più noto è la strage di Weinsberg dove i contadini svevi presero la città e

il castello passando a fil di spada tutta la guarnigione. Uno degli episodi più cruenti è raccon-

tato dal parroco Johannes Herolt, che ricostruisce quanto avvenuto a Weisenberg.2

Il giorno della santa Pasqua, che era il giorno 16 del mese di aprile, quando i contadini si

erano accampati nei dintorni di Neckarsulm, arrivò un carrettiere di nome Semelhans, che

aveva trasportato del sale al castello di Weinsberg. Raccontò che nobili e cavalieri erano

andati giù in paese e che nessuno era rimasto nel castello. Allora i contadini si misero in

movimento mentre il conte Ludwig di Helfenstein, a quel tempo balivo di Weinsberg, insie-

me con gli altri nobili che si trovavano con lui nella sua guarnigione, cercava di calmare e di

ammonire i cittadini di Weinsberg, affinché si dimostrassero coraggiosi e non si consegnasse-

ro ai contadini, poiché sua altezza reale non li avrebbe abbandonati, bensì salvati, perché il

Württemberg si trovava allora sotto la potestà di re Ferdinando. Ecco [proprio mentre

84

82. Proverbi fiamminghi,Pieter Bruegel il Vecchio,1559 (particolare).

83. I ceti nell’impero: contadi-ni, cittadini, accademici,principi, re, papa, XVI sec.

84. Il lavoro dei minatori,retro-pala d’altare, Chiesa diSant’Anna a Annaberg,(1497-1521).

82

8383

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30 CINQUECENTO

diceva questo] arrivarono i contadini tanto di

sorpresa, che il conte e gli altri della sua guar-

nigione non poterono andare più al castello e

furono costretti a rimanere nel borgo con i cit-

tadini. A questo punto i contadini diedero la

scalata al castello, presero la contessa con i

bambini, depredarono il castello e vennero poi

dinanzi alle mura della città. I cittadini però,

che erano ben disposti verso i contadini, apri-

rono loro le porte della città e li fecero entrare.

Allora Lucifero e tutti i suoi diavoli si scate-

narono. I contadini divennero fiere e furie, non

diverse da chi è impazzito e posseduto dal

demonio. Essi presero innanzitutto il conte e

poi i nobili con i cavalieri, molti dei quali fu-

rono trucidati mentre cercavano di difendersi.

Dietrich von Weiler fuggì sulla torre della chie-

sa e di lì sopra parlò ai contadini, chiedendo

grazia della vita e promettendo loro molto de-

naro. Fu allora che uno dal basso gli sparò e

riuscì a colpirlo; altri poi salirono sulla torre e

lo scaraventarono giù. Condussero quindi in

aperta campagna, sulla strada per Heilhronn,

il nobile e illustrissimo conte di Helfenstein, a

quel tempo balivo, e con lui tredici nobili, tra i quali c’erano Rudolf von Eltershofen e

Pleickhart von Ruchzingen. Qui fecero un cerchio e costrinsero nobili e cavalieri con tutti i

loro servi, in tutto 24 persone, a passare sotto un giogo. Il conte offrì di pagare loro una

grande quantità di denaro, se lo avessero lasciato in vita, ma non servì a niente, se non a

morire. E quando il conte se ne rese conto, non disse più nemmeno una parola, finché non lo

trucidarono. Rudolf von Eltershofen si fece il segno della croce e andò serenamente incontro

alla morte. E così i contadini hanno mandato costoro sotto il giogo contro tutte le norme della

guerra; poi li hanno svestiti e li hanno lasciati così. Dio onnipotente abbia pietà di loro e di

noi. Dopo aver fatto tutto questo, hanno incendiato il castello e se ne sono andati quindi in

direzione di Würzburg.

Il panico serpeggiava ovunque, le città passavano una dopo l’altra dalla parte dei rivoltosi,

signori laici ed ecclesistici abbandonavano precipitosamente i loro possedimenti.

A mantenere la calma e ad organizzare la controffensiva furono i principi territoriali, tanto

cattolici quanto protestanti, a sud si organizzarono nella Lega Sveva, a nord si unirono i

principati più grossi il duca Giorgio di Sassonia, il Palatinato, i principati vescovili di Treviri e

Magonza l’Assia, ingaggiando eserciti mercenari.

Ovunque le schiere dei contadini si scontrarono con gli eserciti dei principi, subirono ripetute

sconfitte, lo scontro finale avvenne a Frankenhausen in Franconia nel maggio del 1525, 6000

contadini alla cui testa si era messo Tohmas Müntzer si scontrarono con le truppe del duca

Giorgino e quelle dell’Assia, 5000 contadini vennero uccisi e 600 presi prigionieri. Ma non fu

la sola strage di contadini, in ogni regione la rivolta venne repressa nel sangue.

Già nella primavera del 1525 la rivolta poteva dirsi domata. Solo in Tirolo, con la guida di

Michael Gaismair, che si dimostrò un abile comandante militare, la rivolta proseguì sino al

1526

Ai signori non bastò però la vittoria militare e il massacro che ne seguì, troppo grande era stata

la paura di fronte alle schiere dei contadini e non persero l’occasione per vendicarsi di quanti

avevano osato impugnare le armi, prerogativa che era solo dei nobili. Ecco una cronaca di

quanto succedeva nei giorni e nei mesi successivi alla fine della rivolta.3

Nel giorno di San Pietro e San Paolo furono saccheggiati due villaggi nelle vicinanze di

Rothenburg, Breitenau e Ohrenbach; furono resi terra bruciata e numerosi contadini

vennero uccisi. Nel giorno della visita di Maria, il 2 luglio, il margravio si recò con i suoi

85

85. Miniera, disegno, 1480ca.

86. Poveri elemosinanti incittà, Petrarca Meisters,1520.

87. Contadini sulla via delmercato, incisione su rame,M. Schongauer fine XV sec.

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CINQUECENTO 31

soldati da Rothenburg a Blaufelden, dove costrinse i contadini a giurargli fedeltà assoluta;

ne prese poi sei o sette, li fece portare legati verso Crailsheim e ne decapitò lì quattro il

giorno dopo. Da Crailshelm andò poi a Feuchtwangen e lì fece decapitare il 4 luglio un

monaco che aveva officiato la messa nel convento di suore a Sulz e che aveva scritto per i

contadini in rivolta alcune lettere, ecc. Costui era peraltro un uomo dotto nella Scrittura

che era anche andato sul campo di battaglia ad ammonire e pregare molto cristianamente;

e quando fu decapitato la sua testa cadde sull’erba e rimase diritta, aprendo tre volte la

bocca come se gridasse «JESUS». Da Feuchtwangen il margravio andò infine di nuovo a

Ansbach, qui la guerra ebbe un momento di pausa e i soldati furono messi in libertà. Poco

dopo egli andò sulle montagne [della Franconia] per domare la ribellione anche in questi

luoghi.

Mastro Augustin, il boia del margravio, come risulta dalle sue spiegazioni nella supplica

al margravio, dimostra che egli in questa spedizione ha decapitato nell’insieme 80 persone,

delle quali in particolare: 1 a Neuhof, 1 a Erlbach, 10 a Ipsheim, 3 a Ansbach, 6 a

Leutershausen, 9 a Kitzingen, 2 a Höchstadt, 18 a Neustadt, sulle rive del fiume Aisch,

25 a Rothenburg sul fiume Tauber, tra i quali c’era-

no 2 sudditi del cavaliere Ludwig von Hutten, 4 a

Crailsheim, 1 a Feuchtwangen; per un totale di 80.

A 7 ha tagliato le dita a Leutershausen, a 62 a

Kitzingen ha cavato gli occhi. Come risulta dalla

sua supplica, gli è stato promesso sulla testa di ognuno

di quelli decapitati con la spada 1 fiorino; su quelli

ai quali aveva tagliato le dita e cavato gli occhi mez-

zo fiorino.

La somma totale perciò è:

80 decapitati

a 69 dei quali sono stati cavati gli occhi e tagliate le

dita, fiorini 114 e 2 centesimi.

Da questi si devono detrarre:

10 fiorini, ricevuti dai cittadini di Rothenburg;

2 fiorini, ricevuti da Ludwig von Hutten;

resto: 102 fiorini

A questi si devono aggiungere

2 mesi di soldo; per ogni mese 8 fiorini = 16 fiorini,

Facit: 118 fiorini e 2 centesimi.

Augustin, boia, che gli abitanti di Kitzingen chia-

mano mastro Awe.

88. Presa di Boxenberg daparte della Lega Sveva,incisione su legno, 1523.

89. Salita al Calvario, PieterBruegel il Vecchio, 1564(particolare).

90. Il suicidio di Saul, PieterBruegel il Vecchio, 1562.

91. Decapitazione di minatoripresso Innsbruck, miniatura,D. Schillig, 1513.

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32 CINQUECENTO

Cause della guerra contadina

Il comunalismoIl comunalismo è un concetto utilizzato per indicare quei comuni che potevano contare su

uno statuto, e che disponevano di un tribunale e delle competenze in materia penale. Di

conseguenza

- coloro che erano investiti di pubbliche funzioni tanto nelle città quanto nei paesi, si sentiva-

no rappresentati dei loro comuni

- i poteri politici esercitati non erano poteri delegati dal signore territoriale

- tutti gli artigiani e i contadini del comune godevano dei medesimi diritti

Città e villaggi, che rientrano nella categoria comunale, sono antifeudali.

Il comunalismo è una categoria che si rivela utile per la descrizione della società tra XIV e XIX

secolo e all’interno di un territorio circoscritto a quello che è un terzo del regno di Massimiliano

I e che va dalla confederazione elvetica sino alla selva di Turingia

Il comunalismo conosce la sua nascita tra XIII e XIV secolo, in questo periodo il cosiddetto

terzo Stato, conobbe nelle città un nuovo sistema di relazioni, e nei comuni una nuova forma

di ordinamento sociale. E’ soprattutto nel XIV secolo che nobili signori laici ed ecclesiastici

permisero il comunalismo, trasferendo ai comuni le loro competenze politiche.

Lo sviluppo del comune deriva dalla relativa autonomia economica raggiunta dai contadini e

artigiani nel tardo medioevo, ma se fino alla fine del XV secolo rivolte cittadine e lotte di

corporazioni sono il sintomo della lotta delle città per ampliare i propri diritti a scapito dei

signori territoriali o meno, nel corso del XV secolo queste lotte si trasformarono da offensive

in difensive per difendere le proprie competenze amministrative e giurisdizionali.

Secondo le più recenti tendenze storiografiche, rappresentate dallo storico Peter Blickle,4 le

cause della guerra contadina sono da ricercarsi in un insieme di fattori economici, politici,

religiosi e giuridici che si possono descrivere attraverso una formula:5

pressione + tensione + aspettativeeconomica sociale politiche

= bisogno di legittimazione

La disposizione all’insurrezione è un elemento che ha un relazione diretta con gli elementi al

nominatore, e una relazione indiretta con il bisogno di legittimazione, che è l’elemento più

importante della formula. Più è grande il bisogno di legittimazione, minore sarà la disposizio-

ne all’insurrezione.

Nel XV secolo la nobiltà tedesca iniziò in Alta Svevia un processo di rifeudalizzazione limi-

tando la mobilità dei contadini, e convertendo la dipendenza oggettiva in un legame di pro-

prietà della persona.

I fattori che portarono ad un inasprimento

della signoria personale, sono da ricercarsi nella

crisi agraria del tardo medioevo, seguita alla

grande peste del 1348. La decimazione della

popolazione aveva provocato il crollo dei prez-

zi dei cereali, e di conseguenza della rendita

dei signori territoriali. Nelle città venne a man-

care la forza lavoro che produsse di contro un

aumento dei salari.

Per i contadini rimasti in campagna la pro-

spettiva di abbandonare il lavoro dei campi

per dedicarsi all’artigianato deve essere sta-

ta molto attraente, tanto che la fuga dalle

campagne assunse dimensioni ragguardevo-

li.6 Per evitare lo spopolamento delle cam-

pagne i signori non poterono far altro che

inasprire la signoria personale. La crisi agra-

ria e le contromisure prese, favorirono il

disposizioneall’insurrezione

91c

91a

91a. Sfortuna e sofferenza,1480 ca.

91b. Contadini torturati egiustiziati, incisione su legno1507.

91c. La sala delle torture,Bamberga 1507.

91b

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CINQUECENTO 33

processo di territorializzazione, che comportò anche un ampliamento della proprietà dei

signori in seguito alla richiesta di un terzo dell’eredità, che dall’altro lato impoverì sempre

più i contadini.

Il contadino che viveva all’interno di una giu-

risdizione signorile non era più un libero pro-

prietario della terra, non poteva fare libero te-

stamento e quindi trasmettere ad altri le sue

terre e subì inoltre una progressiva spoliazio-

ne della sua libertà personale, la sua stessa per-

sona divenne soggetta a una serie di vincoli ,

di prestazioni d’opera servili. Il contadino non

poteva più emigrare, stava prendendo corpo

in forma giuridica e istituzionale il vincolo del

colono alla terra; il fenomeno avvenne soprat-

tutto a nord ma subì un’accelerazione in

Svevia, Franconia e Turingia.

I signori introdussero nuove forme di diritto:

il diritto romano, un diritto codificato, rispet-

to all’antica consuetudine, un diritto che era

estraneo ai contadini, che questi non capisco-

no. Il diritto romano è basato su un principio

fondamentale: il principe non è vincolato alle

leggi in quanto è lui stesso a crearle. Il diritto

romano dà ai signori territoriali nuove prero-

gative: il diritto di stabilire leggi e a livello più

alto, di definire le norme base per le quali doveva essere governato lo stato.

All’inizio del XVI secolo la condizione della popolazione rurale si era così degradata da provo-

care dei conflitti sociali, uno interno ai villaggi tra contadini possessori di terra e quanti invece

terra non ne possedevano e traevano il loro sostentamento dal lavoro nel fondo del signore; un

secondo conflitto si andava invece profilando tra signori e comunità rurali, tra autorità e sudditi.

Nelle città si era andata formando un oligarchia che impediva l’accesso alle cariche politiche a

chiunque non ne facesse parte, la crisi economica si faceva sentire tra gli artigiani delle città.

La situazione tra Quattro e Cinquecen-

to era tale da provocare rivolte e

sollevazioni varie, che potevano avere

però solo un carattere locale perché

basate sull’antica consuetudine. Il di-

ritto con cui i sudditi si contrappone-

vano ai signori era basato sul diritto

consuetudinario, sulla tradizione, che

era prevalentemente orale e che per-

metteva solo una dialettica tra la co-

munità e il suo signore immediato.

Nonostante questo limite i successi ri-

portati contribuirono ad accentuare la

consapevolezza politica dei contadini.

Numerosi furono i moti insurrezionali,

a partire dal 1444 in Alsazia si formano

anche leghe fra le comunità contadine

come la lega dello scarpone Bundschu, un

simbolo che si diffonde anche in altre

aree in Renania, a Spira, e animerà gran-

di rivolte contadine nel 1502, 1513, 1517,

e si diffonderà nella Germania orientale

in Assia e Hannover.

Le leghe che si formano avevano un pro-

gramma di rivendicazioni antisignorile

ben definito. Chiedevano:

92. Contadino con la bandie-ra del Bundschuh, incisionesu legno 1502.

92a. Il Bundschuh sullalancia di un cavaliere, incisio-ne su legno 1502.

93. Il carro di fieno,Hieronimus Bosh, XVI sec.

94. I ceti della società:contadini, miniatura, JeanBourdicchon, inizio XVI sec.

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94

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92a

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34 CINQUECENTO

- la restituzione dei demani, delle terre collettive, dei boschi, dei pascoli e delle acque; questi

beni devono essere di proprietà dei comuni e non dei margravi o dei vescovi;

- l’abolizione delle opere e dei censi feudali: i signori non devono più riscuotere diritti di passo

sul ponte del borgo o diritti funerari, matrimoniali e sui battesimi;

- l’abolizione dei diritti ecclesiastici, che sono diritti giurisdizionali.

L’antica consuetudine non era però un elemento sufficiente a risolvere la conflittualità sociale

che si era andata profilando agli inizi del 1500. Tra autorità, il signore territoriale, il consiglio

cittadino e i sudditi, gli uomini comuni, la tradizione può permettere al massimo rivendicazioni

locali. Per superare i problemi dell’antica consuetudine e il localismo che ne derivava era

necessario disporre di una “nuova forma di diritto”. Il nuovo diritto fu trovato nel diritto

divino, la cui fonte era la Bibbia, il diritto divino dette ai contadini la legittimazione necessaria

all’insurrezione.

Il diritto divino si rese disponibile in seguito alla Riforma di Lutero e alla traduzione della

Bibbia che metteva le Sacre Scritture alla portata di tutti attraverso la lettura o attraverso i

predicatori riformati, e consentì all’uomo comune di portare avanti le proprie rivendicazioni

sulla base della Bibbia.

Le tre schiere dei contadini si ritrovano nella città di Memmingen dove vennero elaborati i 12

articoli.

I 12 articoli costituiscono il manifesto della guerra contadina, sono la sintesi delle centinaia di

gravamina presentati dalle comunità contadine. La novità importante è che le rivendicazioni

sono inquadrate dentro un nuovo principio di legittimazione, il diritto divino, mentre fino

allora ci si era basati sull’antica consuetudine, che però non consentiva un collegamento tra i

contadini perché il diritto consuetudinario è variabile, mentre il diritto divino è valido ovun-

que. Molto significativo il dodicesimo articolo dove si afferma che “se uno o più di questi

articoli non risulta conforme alla parola di Dio potete considerarlo non valido.”

In questa situazione esplosiva si venne ad innestare la predicazione riformata, “e se ogni

credente, anche il contadino, aveva diritto di formarsi una convinzione in base alla sua perso-

nale lettura della Bibbia, perché non aveva il diritto di giudicare anche delle cose civili secondo

il proprio criterio e in base alla scrittura?”

Il contadino si è destato “era la parola d’ordine di molti fogli ad uso del popolo”7

E’ il ricorso al diritto divino che permette uno sviluppo tanto ampio della rivolta e che terro-

rizza i signori territoriali, tanto cattolici quanto protestanti, che si impegneranno a fondo nella

repressione del movimento.

95. Un povero taglialegnanella sua baracca, Petrarca-Meisters1519/20.

96. Combattimento traCarevale e Quaresima,Pieter Bruegel, 1559(particolare).

97. Combattimento traCarevale e Quaresima,Pieter Bruegel, 1559(particolare).

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Il suo carattere di movimento di massa, la sua carica eversiva mirante a rivoltare l’ordine

esistente, il ricorso alla Bibbia come fonte di diritto, gli aspetti millenaristici che l’hanno ac-

compagnata hanno portato molto spesso a leggere quelli eventi in chiave fortemente ideolo-

gica.

A questo punto è però necessario fare luce su di un punto importante nella nostra narrazione:

bisogna chiarire i rapporti tra la Riforma, Lutero e la guerra contadina.

La RiformaLa riforma di Lutero prende l’avvio nel 1517 con la pubblicazione delle 95 tesi, Lutero però

pensava ad una Riforma religiosa interiore non certo a spaccare la Chiesa, Lutero pensa alla

salvezza dell’anima. Per questo bisognava tornare al Vangelo, unica fonte della religione, che

doveva essere tradotto e messo in mano ai credenti, bisognava abolire le differenze tra sacer-

doti e fedeli, non ci dovevano essere mediazioni tra Dio e i fedeli.

Ciò che bisogna ribadire è che la posizione di Lutero è una posizione strettamente religiosa, a

lui non interessavano le implicazioni politiche che potevano derivare dalla sua predicazione.

A trarre le conseguenze delle sue posizioni sono altri:

-la Chiesa che vedeva in Lutero un pericolo per la sua posizione dominante in Germania;

-l’uomo comune, che vede in Lutero l’esegeta primo della Sacra Scrittura, colui che ha “forni-

to” la legittimazione per la rivoluzione;

-i principi territoriali che vi vedono un modo per mettere le mani sui numerosi beni ecclesia-

stici.

Lutero non ha alcuna comprensione per le rivendicazioni dei contadini, a lui non interessa

nulla della giustizia terrena: il cristiano deve sopportare miseria, sofferenza e ingiustizia e deve

obbedire al suo principe. Interessante a tal proposito è uno scritto di Lutero “contro i conta-

dini che si son raccolti in bande di briganti e di assassini” in cui Lutero si fa sostenitore del

principio di autorità. Non dobbiamo dimenticare, leggendo questa dura presa di posizione

contro i contadini che lui era stato accusato di essere l’ispiratore della rivolta, mentre qui

ribadisce la sua estraneità ai fatti, la lettura fuorviante che è stata fatta del Vangelo, e punta

l’indice, pur senza nominarlo, contro Thomas Münzer “l’arcidiavolo di Mühlhausen”.8

Nel libretto precedente non ho osato esprime alcun giudizio sui contadini, perché essi si

dichiaravano disposti ad accettare che si insegnasse loro ciò che è giusto e ciò che è meglio e

perchè Cristo comanda di non giudicare (Matteo 7,1) Ma, quando meno me lo aspettavo,

eccoli che passano all’azione e attaccano con il pugno, dimenticandosi delle loro afferma-

zioni imperversano e saccheggiano, comportandosi come cani arrabbiati. Da questo si può

capire che cosa avessero nella loro mente falsa e come fosse soltanto una grande menzogna

tutto ciò che essi in nome del Vangelo hanno proclamato nei 12 articoli. In breve, è opera

del demonio quello che fanno. E, in particolare, l’arcidiavolo è colui che governa a

98. Autodafè, incisione sulegno, 1557.

99. Il tamburino AckerConcz e il portabandieraKlos Wuczer, incisione surame 1544.

100. Distruzione di castelUhl Berg, incisione su legno1523.

99

9898

100

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36 CINQUECENTO

Mühlhausen, istigando, nient’altro che alla rapina, all’assassinio e allo spargimento di

sangue, [...]

Tre orrendi peccati contro Dio e contro gli uomini pesano su questi contadini, e perciò essi

si son meritati la morte del corpo e dell’anima già numerose volte.

Per primo; essi hanno giurato fedeltà all’autorità, promettendo di essere obbedienti e sotto-

messi come Dio comanda, quando dice “Date a Cesare, quel che è di Cesare” e ognuno sia

sottomesso all’autorità” (Rom. 13,1). Ma, poichè essi rompono intenzionalmente e

delittuosamente questo giuramento d’obbedienza, ponendosi contro i loro signori, come

usano fare i malviventi e i briganti che son infidi, menzogneri e ribelli, essi hanno ormai

perduto anima e corpo. Perciò S. Paolo ‘(Rom. 13,2) esprime su di loro il seguente giudi-

zio. “Chi oppone resistenza all’autorità verrà punito” Questa sentenza toccherà prima o

poi anche ai contadini, poiché Dio pretende che vengano rispettati la fedeltà e il dovere.

Secondo: Essi hanno provocato ribellione, hanno saccheggiato e rapinato con grande scellera-

tezza conventi e castelli che non appartenevano loro, meritandosi così senz’alcun dubbio la

morte del corpo e dell’anima [...] Poiché la sedizione non è come un semplice assassinio, ma

come un grande fuoco che infiamma e

distrugge un intero paese. E quindi la

sedizione porta con sé un paese pieno

di omicidi e di spargimenti di sangue

fa vedove e orfani, distruggendo ogni

cosa come la peggiore tra tutte le cala-

mità. [...]

Terzo: Essi giustificano col Vangelo

questi orrendi e spaventosi peccati e,

chiamandosi fratelli cristiani, fanno

prestare giuramento di fedeltà, costrin-

gendo così la gente a stare dalla loro

parte in questi misfatti. In questo modo

essi diventano i più grandi bestemmia-

tori di Dio e i profanatori del suo sa-

cro nome venerando e servendo così il

diavolo sotto l’apparenza del Vange-

lo. Per questo motivo hanno meritato

dieci volte la morte del corpo e dell’ani-

ma poichè io non ho mai sentito di un

peccato peggiore di questo. [...]

D

101

101. Propaganda protestan-te, xilografia Lucas Cranachca. 1545.102. A-I. Immagini dai diecicomandamenti, catechismodi P. Canisius (1560).

C

B

A102 -

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CINQUECENTO 37

E non serve affatto ai contadini andar dicendo che tutte le cose son state create libere e a

disposizione di tutti (1 Mosè 1,1 - 31; 2,1 - 25); che tutti noi siamo stati battezzati; alla

stessa maniera, poiché nel Nuovo Testamento Mosè non vale più e conta invece soltanto

Cristo il nostro Maestro, il quale ci sottomette con il corpo e con i beni all’autorità di Cesare

e del diritto secolare, dicendo; “Date a Cesare quel che è di Cesare” E così parla anche Paolo

(Rom. 12) a tutti i cristiani battezzati: “Ognuno sia sottomesso all’autorità”. [...]

L’ottica di Riforma da cui partivano i contadini era quella Svizzera, era quella di Zwingli che

sosteneva che nella Sacra Scrittura esistevano due cose:

- i precetti di Dio per la salvezza spirituale;

- le disposizioni per la convivenza civile.

Zwingli teorizza il diritto alla resistenza contro l’autorità, Lutero sostiene il dovere dell’obbe-

dienza, ma Zwingli è il prodotto della società svizzera, un mondo dove il potere era gestito in

maniera completamente diversa che nel resto d’Europa.

Che ci fosse una differenza tra Lutero e Zwingli, i contadini non lo sapevano, al contrario dei

principi che per l’occasione misero da parte le loro differenze dottrinali, cattolici e protestanti

si unirono per reprimere il movimento contadino, per sostenere il principio d’autorità -la loro-

contro il diritto alla disobbedienza.

Il fatto che insieme, principi cattolici e protestanti sconfiggessero il movimento contadino

non significa che misero poi da parte i loro rispettivi rancori, dopo aver combattuto armi alla

mano contro i contadini, continuarono la lotta ideologica a colpi di trattati.

Ma cosa rappresentò questa “rivoluzione”?La “guerra contadina” rappresentò il tentativo di superare, sulla base del vangelo, la crisi del

feudalesimo attraverso una trasformazione dei rapporti sociali e di potere.

Ci troviamo in presenza di una crisi di trapasso che fu avvertita anche soggettivamente dai

contemporanei. Questo periodo è caratterizzato dal fatto che è lo stato ad essere in discussio-

ne ad ogni livello, è contestato dall’interno dai ceti subalterni, ma anche i ceti dominanti ne

rimettono in gioco aspetti centrali.

Il passaggio dal medioevo all’età moderna, con la nascita dello stato moderno, è segnato da

103. Gesù a dodici anni fra idottori, Albrecht Dürer, 1506.

103

G

F

E

Page 12: Cinquecento 04

38 CINQUECENTO

grandi rivoluzioni, oltre alla già citata

guerra contadina tedesca (1525-1526),

dobbiamo considerare anche la rivoluzio-

ne delle comunidades di Castiglia (1520-

1521), le cui analogie con la guerra con-

tadina tedesca sono state e sono spesso

dimenticate.

I due eventi oltre alla vicinanza cronolo-

gica, hanno in comune altre caratteristi-

che: si sono scontrate con la medesima

controparte: gli Asburgo e CarloV in par-

ticolare. Inoltre, in entrambi i casi, il pro-

tagonista è l’uomo comune, “che defini-

sce quei gruppi sociali e professionali non

privilegiati e perciò esclusi dalla gestione

del potere politico, sia in città che in cam-

pagna”.9

Non è però nella natura delle rivolte che

vanno viste le congruenze, la guerra

contadina ha un carattere prevalentemen-

te rurale mentre la rivolta dei comuneros è un episodio sostanzialmente cittadino, ma nel-

l’obiettivo: la lotta allo stato territoriale, e in particolare ai ceti privilegiati che si ponevano

come mediatori tra sudditi e autorità centrale.10

“I primi due decenni del Cinquecento furono un pessimo momento per i mediatori privilegia-

ti del potere non meno che per i mediatori privilegiati della salvezza eterna, […] e proprio in

questa direzione mi sembra sia da ricercarsi il nesso profondo fra rivoluzione politica e rifor-

ma religiosa agli albori dell’età moderna”.11

Oltre all’uomo comune troviamo un intera generazione di intellettuali che percepiscono l’at-

mosfera di libertà che si produce in questo periodo di mutamento. Erasmo, Macchiavelli,

Tommaso Moro nelle loro opere metteranno in discussione i fondamenti ultimi dello stato.

La storiografia sulla guerra contadina

Il giudizio dei contemporanei sulla guerra contadina e sui suoi protagonistiLa storiografia sulla guerra contadina, sotto forma di cronache o volantini, iniziò immediata-

mente dopo la loro sconfitta militare. La visione degli eventi era fortemente legata all’emozio-

ne suscitata per quanto era appena successo, avvenimenti che si erano rapidamente succeduti,

a partire dalla Riforma di Lutero intesa come punto di partenza dei successivi rivolgimenti

sociali.

La pubblicistica riguardò in particolare la figura di

Thomas Münzer un predicatore riformato che si

era messo alla testa dei contadini, con il suo pro-

getto di realizzare il regno di Dio sulla terra. Non

si prestò invece quasi nessuna attenzione alla cro-

naca della guerra, con la sconfitta la “guerra con-

tadina” venne considerata un capitolo chiuso,

mentre Münzer, con la sua utopia, continuò ad

esercitare una notevole influenza anche dopo la

sua morte, rappresentando sia per i cattolici che

per i riformati una delle figure più pericolose del-

la rivolta.

Per i controversisti di parte cattolica Münzer era

un discepolo di Lutero, colui che ne aveva prose-

guito l’opera, scrivevano di Münzer ma erano

Lutero e l’intera Riforma che volevano colpire.

Se Münzer era pericoloso, Lutero lo era ancor di

105

104. Predica di Lutero, LucasCranach 1547.

105. Lutero giovane,Lucas Cranach.

104

H

I

Page 13: Cinquecento 04

CINQUECENTO 39

più perché la sua influenza si

propagava sull’intera Germa-

nia, la sua immagine era lega-

ta a quella del diavolo:

Solo il diavolo ha finora

impedito all’Autorità di

darti ciò che ti meriti, per-

ché lui vuole attraverso

Lutero guadagnare ancora

più anime alle sua causa.

Se così non fosse ti avrebbe

annientato come è success

a Thomas Münzer. Per-

ché?

Poiché tu hai causato al po-

polo mille volte più danni,

sovversioni e rivolte di

Münzer. Perché? Perché

Münzer ha agito solo in Turingia, tu invece hai sobillato tutte le regioni della nazio-

ne tedesca! Münzer ha detto e scritto ciò che può dire o scrivere un buffone o un folle,

mentre tu sei molto più dotto e sai dare alla menzogna e alle idee sovversive una

cornice migliore.12

Per i controversisti cattolici Münzer, Carlostadio, Pfeifer e altre importanti figure che

avevavo avuto un ruolo di primo piano durante la rivolta erano “figli di Lutero”12

I controversisti riformati invece presero le distanze da Münzer per difendere la Riforma:

Lutero lo odiava perché riconosceva in lui l’obiettivo di trasporre le conquiste della Riforma

sul terreno sociale, e creare un nuovo ordine statale, Münzer non si poteva sconfiggere solo

con le armi, ne andava distrutta anche l’immagine, doveva essere discreditato e diffamato. Per

Lutero era Münzer l’incarnazione del diavolo, come lui lo era per i cattolici, e si diede da fare

per divulgare questa leggenda in tutti i modi possibili, tanto che questo punto di vista rimase

quello ufficiale fino alla rivoluzione francese.13

Il primo studio che ha riconosciuto alla guerra contadina il carattere di una lotta per la libertà

è quello di Wilhelm Zimmermann, Die grosse deutsche Bauernkrieg pubblicato tra il 1841 e il

1843, e che da inizio ad un filone storiografico che è arrivato a contare centinaia di pubblica-

zioni.

Friedrich EngelsAnche Engels si occupò delle vicende della guerra contadina, con uno scritto pubblicato nel

1850 nei numeri 5 e 6 della rivista “ Neue Rheinische Zeiutung. Politisch-ökonomische Revue”,

pubblicata ad Amburgo da Karl Marx.

Per quanto riguarda gli eventi egli si basò sulle ricostruzioni fatte da Zimmerman, ciò che più

lo interessava era di verificare la teoria materialistica della storia:

La mia esposizione, pur dando solo uno schizzo del corso storico della lotta, ha

cercato di spiegare l’origine della guerra dei contadini, la posizione dei diversi

partiti che scesero in lotta, le teorie politiche e religiose con le quali questi partiti

cercarono di chiarire la loro posizione e infine l’esito della lotta stessa, come neces-

sariamente derivanti dalle condizioni sociali storicamente esistenti in cui vivevano

queste classi; così la costituzione politica tedesca di allora, le sollevazioni contro di

essa, le teorie politiche e religiose dell’epoca non sono le cause, ma risultati del grado

di sviluppo in cui si trovavano in Germania l’agricoltura, l’industria, le vie di

comunicazione di terra e di acqua, il commercio delle merci e del denaro. Questa

che è l’unica concezione materialistica della storia, non opera mia ma di Marx

[…] 14107

106. Lutero come cornamu-sa del diavolo, caricatura del1525.

107. Ritratto di Carlo V.

108. Il frate Johann Tetzelnell’atto di vendere indul-genze, caricatura del 1517.

108

106

Page 14: Cinquecento 04

40 CINQUECENTO

Le causePer Engels le cause dalla guerra contadina sono da ricercarsi nella situazione economica e

nella conseguente stratificazione sociale che ne era derivata.

Tra XV e XVI secolo l’industria e il commercio avevano conosciuto un notevole sviluppo, pur

non raggiungendo il livello di altri paesi europei, uno sviluppo che ebbe però una base forte-

mente regionale e che riguardò soprattutto le zone di grande traffico.

Mentre in Inghilterra e in Francia lo sviluppo dell’industria e del commercio avevano fatto

crescere interessi economici su tutto il territorio della nazione, favorendo in questo modo lo

sviluppo del centralismo politico, in Germania lo sviluppo regionale ha portato allo sviluppo

di interessi locali provocando uno smembramento politico:

Il potere imperiale, dubitando perfino della propria posizione, oscillava incerto tra

i diversi elementi che costituivano l’impero e perciò perdeva sempre più autorità

[…]lo stesso imperatore divenne sempre più un principe come gli altri.

In queste condizioni la posizione delle classi tramandate dal medioevo mutò in

modo essenziale, e accanto alle vecchie classi ne sorsero di nuove. Dall’alta nobiltà

erano sorti i principi. Essi erano già quasi interamente indipendenti dall’impera-

tore ed erano in possesso della maggior parte dei diritti sovrani.

Il bisogno di denaro del principe cresceva con l’estendersi del lusso e delle spese per

il mantenimento della corte, con la costituzione di eserciti permanenti, con il costo

crescente del governo. La pressione fiscale divenne sempre più aspra. Ma le città

erano al riparo da essa per via dei loro privilegi. Cossichè tutto il peso fiscale

ricadeva sulle spalle dei contadini.[…]

Quando l’imposizione fiscale diretta non era sufficiente, interveniva l’indiretta, e le

manovre più sporche e raffinate della tecnica finanziaria e monetaria furono usate

per tappare i buchi del fisco.15.

Questa nuova situazione politica ed economica portò con se nuove categorie sociali quindi

nuovi rapporti e conflitti.

Dalla gerarchia feudale del medioevo era quasi totalmente scomparsa la nobiltà

media. Essa, o si era elevata alla posizione di indipendenza dei piccoli principi o

era caduta nella schiera dei piccoli nobili. La piccola nobiltà, la cavalleria, andava

incontro rapidamente alla sua dissociazione. Una gran parte di essa era già cadu-

ta in piena miseria e sopravviveva servendo i principi in uffici militari o civili.16

La piccola nobiltà, costituita dai cavalieri, a causa dei suoi problemi economici era in conflitto

con tutti i ceti di cui era composta la società tedesca. Nelle città si erano andati formando tre

stati: i patrizi, che controllavano il consiglio e tutti gli uffici cittadini; i borghesi, il ceto produt-

tivo, che controllava le corporazioni ma non aveva nessuna voce in capitolo nell’amministra-

zione civica; e i plebei, i lavoratori a giornata, la massa degli abitanti delle città. Accanto ai

plebei, all’ultimo posto della scala sociale c’era la gran parte della nazione: i contadini sulle cui

spalle gravava tutto il peso della società. 17

I contadini si trovavano senza protezione giuridica di fronte alla violenza esercitata dalle auto-

rità, laiche o religiose, la loro situazione è descritta da Engels come particolarmente difficile,

nonostante ciò non sarebbero stati in grado di dare vita ad una rivoluzione, senza allearsi ad

altri stati sociali, perché ormai “abituati” a vivere sottomessi:

Malgrado gemessero sotto il terrore dell’oppressione, tuttavia non era facile portare

i contadini all’insurrezione. La loro dispersione rendeva estremamente difficile

ogni intesa comune. La lunga abitudine alla sottomissione, tramandata di genera-

zione in generazione, in molti luoghi la desuetudine all’uso delle armi, la durezza

dello sfruttamento che aumentava o diminuiva a seconda della persona del signore

contribuivano a mantenere i contadini in uno stato di tranquillità. Perciò in Ger-

mania, noi troviamo nel medioevo un gran numero di insurrezioni locali di conta-

dini, ma non troviamo, prima della guerra dei contadini, neanche una sola solleva-

zione generale dei contadini su scala nazionale. Inoltre, i contadini da soli non

erano in condizione di fare una rivoluzione sino a quando stava di fronte a loro la

forza organizzata dei principi, della nobiltà e delle città stretti in alleanza. Solo

mediante una alleanza con le atre classi sociali essi potevano avere una possibilità

di vittoria, ma come avrebbero potuto allearsi con altre classi se erano sfruttati da

tutti in egual misura?18

109

110

111

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CINQUECENTO 41

All’inizio del ’500 si viene a creare una situazione favorevole ad un cambiamento rivoluziona-

rio della situazione, anche ma non sufficiente a creare due partiti contrapposti:.

Noi vediamo quindi, che sul principio del sedicesimo secolo i diversi ceti dell’impero

– principi, nobiltà, prelati, patrizi, borghesi, plebei e contadini – costituivano una

massa straordinariamente aggrovigliata, con i bisogni più diversi e che si intreccia-

vano in tutte le direzioni. Ogni ceto era di ostacolo all’altro ed era in uno stato di

lotta continua, ora latente ora nascosta, con tutti gli altri. Quella divisione di tutta

la nazione in due grandi campi, quale sussisteva in Francia precedentemente allo

scoppio della prima rivoluzione, e che in un più alto grado di sviluppo esiste oggi

nei paesi più progrediti, era in quelle circostanze assolutamente impossibile. Essa

potè effettuarsi e solo approssimativamente allorquando lo strato infimo della na-

zione sfruttato da tutti gli altri ceti, i contadini e i plebei, si sollevò.19

Il raggruppamento dei ceti fu possibile solo dopo la diffusione di idee politico-rivoluzionarie

a seguito della Riforma. I vari ceti si divisero in tre gruppi, quello cattolico-conservatore,

quello luterano borghese-riformatore, e quello rivoluzionario.

Quale fu il ruolo della Riforma in questo contesto? Anche la Riforma, se rappresentava lo

sviluppo di idee nuove, nascondeva motivi economici.

Anche nelle cosiddette guerre di religione del sedicesimo secolo si trattò anzitutto di interes-

si di classe molto concreti molto materiali, e queste guerre furono lotte di classe precisamen-

te come i successivi conflitti interni in Inghilterra e in Francia. Se queste lotte di classe

portarono allora parole d’ordine religiose, se gli interessi, i bisogni, le aspirazioni delle

singole classi si nascosero sotto una maschera religiosa, questo non altera per niente la

sostanza della cosa e si spiega facilmente con le condizioni dell’epoca.20

La Riforma rappresentò il punto più alto della reazione alla società cristiana medioevale e al

conseguente ordine politico: il feudalesimo. La guerra contadina rappresentò quindi un tenta-

tivo di superare i modi di produzione feudali, per arrivare ad una forma economica superiore.

Se anche troviamo motivi religiosi nella rivoluzione, in realtà essi nascondono motivi econo-

mici e interessi di classe.

L’opposizione rivoluzionaria contro la feudalità si svolge lungo tutto il medioevo.

Essa si presenta a seconda delle circostanze, come mistica, come eresia apertamente

dichiarata, come insurrezione armata.21

Lutero aveva messo tra le mani del movimento plebeo un’arma potente con la sua

109. Forno di fusione, incisio-ne su legno, G. Agricola1556.

110. Friedrich Engels.

111. Fabbro con maglio adacqua, incisione su legno,Strassburg 1488.

114

112

113

112. Trittico della martirecrocifissa, HieronimusBosch, XVI sec.

113. Viandante, olio sulegno, Bosch 1488,particolare.

114. Movimenti di truppa inpianura, Albrecht Dürer,1527.

Page 16: Cinquecento 04

42 CINQUECENTO

traduzione della Bibbia egli aveva contrapposto al cristianesimo feudale il cristia-

nesimo semplice dei primi secoli, alla società feudale in dissolvimento l’immagine di

una società che ignorava la macchinosa ed artificiosa gerarchia feudale. E i conta-

dini avevano usato quest’arma in tutte le direzioni, contro principi, nobiltà, preti.Ma

ora Lutero la rivolse contro di loro e dalla Bibbia trasse un ditirambo sulla auto-

rità stabilita da Dio, come nessun leccapiatti della monarchia assoluta aveva fatto

sino ad allora.

La sovranità per grazia di Dio, l’obbedienza passiva, e perfino la schiavitù fu

sanzionata dalla Bibbia. Non solo la sollevazione dei contadini, ma perfino la

ribellione di Lutero stesso contro l’autorità ecclesiastica e laica fu rinnegata; non

solo il movimento popolare, ma anche il movimento borghese fu tradito a vantaggio

dei principi.22

Per riuscire però la rivoluzione doveva partire dall’unione dei ceti bassi e medi contro le classi

superiori, la “borghesia”, invece si alleò con la nobiltà e Lutero, che con la sua opera era visto come

la figura guida del movimento da parte dei contadini, si alleò invece con i principi e, secondo

Engels, assieme al ceto borghese, porta su di sé la responsabilità del fallimento della rivoluzione.

Positivo invece il giudizio su T. Müntzer perché con il suo programma in cui vengono letti

numerosi elementi di “comunismo ” riuscì ad organizzare il partito dei “plebei”

Sangue e suolo: la guerra contadina nel III ReichIl partito Nazionalsocialista iniziò sin dal 1929/30 una massiccia attività di propaganda nelle

campagne.

Il terreno per la propaganda nazionalsocialista venne prepa-

randosi a partire dal 1924 quando la Germania dovette con-

frontarsi con la concorrenza internazionale dopo la riapertura

alla Germania del mercato mondiale.

Dopo il 1928 divenne sempre più difficile per i contadini

accedere a forme di finanziamento, e si moltiplicarono i fal-

limenti. I contadini a partire dallo Schleswig-Holstein si or-

ganizzarono in un movimento che ben presto si diffuse a

tutta la Germania settentrionale e si fece conoscere con azioni

di protesta radicale accompagnate da attentati dinamitardi

alle intendenze di finanza e a edifici amministrativi.

Inizialmente il partito nazionalsocialista aveva preso le di-

stanze dal movimento dei contadini, il nazionalsocialismo

era un movimento piccolo borghese con scarsi rapporti nel

mondo agrario, questo atteggiamento non durò a lungo, e

appena divennero chiare le potenzialità che si celavano nel-

la popolazione contadina il partito fu rapidissimo a far pro-

prie le ragioni del movimento e a formulare un programma

agrario affidandone la direzione a Richard Walter Darré.23

“Darrè24 più che promettere riforme pratiche offrì ai contadi-

ni premesse ideologiche. Das Bauerntum al Lebensquell der

nordischen Rasse (Il ceto contadino come fonte di vita della razza nordica) era il titolo significativo

di un suo libro del 1929. I contadini dovevano diventare di nuovo il primo ceto sociale in un

futuro ordine nazionalsocialista e avere, in quanto ceto che «nutre la nazione» gli stessi diritti del

«ceto che la difende»”.25

La crisi agraria fu per il partito nazionalsocialista un’ulteriore dimostrazione che lo “spazio

vitale” era insufficiente e non permetteva di assicurare una produzione agricola sufficiente. La

problematica dello “spazio vitale”, strettamente saldato con la teoria della razza, poteva trova-

re soluzione solo con una nuova colonizzazione delle regioni a est della Germania, con il

conseguente spostamento della popolazione dalle città alle campagne, spostamento che avrebbe

garantito la salvezza e lo sviluppo della razza tedesca.

Se il movimento nazionalsocialista non aveva inizialmente considerato il mondo contadino,

conteneva però al suo interno elementi di critica alla struttura sociale e all’urbanizzazione della

società moderna”

“L’avvilimento della razza nordica nelle grandi città, è un motivo sufficiente a causare una

decadenza razziale del popolo tedesco” scriveva H. Himmler, il famigerato capo delle SS, così

115

115. 116. 117. Immagini divita rurale nella propagandanazista in Germania,1935.

116

117

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CINQUECENTO 43

se si voleva difendere la razza nordica bisognava tornare alla terra, perché è dal ceto contadino

che nasce il popolo tedesco, e nel 1931 dette vita all’interno delle SS, ad un «Ufficio per la

razza e la colonizzazione» (Rasse und Siedlungshauptamt.) affidandone la direzione a Richard

Walter Darré che fece del motto sangue e suolo la bandiera della sua azione politica.

Sangue e suolo rappresentano per i germani un’unità organica, dove il sangue rappresenta la

stirpe e il suolo il possesso della terra, ne consegue che loro caratteristica è di avere nelle

campagne il loro ambiente naturale, mentre “le città sono il prodotto di una cultura estranea,

quella romana, e sono luoghi dove si riproducono gli ebrei ”

Alla luce di queste considerazioni, per Darré e il nazionalsocialismo la guerra contadina fu un

evento importante nella storia del popolo tedesco in quanto era vista come una lotta, una

netta ribellione dell’antico sentimento di libertà dei germani contro la penetrazione di elemen-

ti stranieri attuata attraverso l’introduzione di elementi di diritto estranei alla tradizione, in

particolare il diritto romano.27

La successiva sconfitta dei contadini viene interpretata come la sconfitta dello spirito tedesco

subita ad opera dell’ebraismo, ma si tratta di un tema poco trattato in quanto la sconfitta non

si addiceva ad una razza vittoriosa come quella tedesca.

La rivoluzione precapitalisticaUn’evoluzione della teoria materialistica della storia viene da Lenin, secondo Lenin, in base

alle sue esperienze e riflessioni, non occorre aspettare il verificarsi delle ideali condizioni eco-

nomiche che permettono il dispiegarsi dell’azione rivoluzionaria. I fattori soggettivi acquista-

no nella sua visione un ruolo centrale, a

portare avanti l’azione rivoluzionaria non

è più la maggioranza del proletariato, ben-

sì un’avanguardia dello stesso. Al posto del-

la rivoluzione fatta dalla maggioranza per

la maggioranza, abbiamo la rivoluzione di

una minoranza per la maggioranza, in que-

sto modo il proletariato, da protagonista

della storia, torna a svolgere il ruolo di sog-

getto.

Gli studi sulla guerra contadina, studiata

in base alla teoria marxista leninista della

storia sono stati portati avanti negli anni

‘50 da storici russi, caposcuola di questi

studi fu Moisé Smirin. In seguito all’evo-

luzione storica del periodo furono però gli

storici della ex Germania Est, impegnata

nella costruzione del socialismo, a prose-

guire e a sviluppare le ricerche in questo

campo.

Gli storici della DDR erano chiamati a contrapporre alla storiografia reazionaria,

antinazionale, cosmopolita ma anche europea della Germana Ovest, un quadro storico

orientato in senso nazionale e progressivo della storia.28

La teoria marxista-leninista coniò per la guerra contadina, il concetto di rivoluzione pre-capi-

talistica, frühbürgerliche Revolution.

“Rivoluzione pre-capitalista è una definizione scientificamente esatta per definire la for-

ma precoce e non matura della rivoluzione borghese in Europa”, così M. Steinmetz aprì

il dibattito svoltosi a Winingerode sulla rivoluzione pre-capitalistica.29

Le rivoluzioni borghesi sono quelle che superano le contraddizioni del feudalesimo, socialiste

sono le rivoluzioni che superano il capitalismo.

Nel XV secolo nascono forme di produzione capitalistica, a cui i signori feudali reagirono da

un lato inasprendo le forme di dipendenza personale dei contadini, dall’altro usando le loro

posizioni di privilegio per trarre dal capitalismo nascente un vantaggio economico.

Le forme di produzione capitalistiche agirono anche sulla struttura di classe e sui rapporti tra

classi, sempre maggiori divennero le differenze tra le poche famiglie ricche e la massa dei

nullatenenti. Questi erano gli ostacoli che si opponevano allo sviluppo del capitalismo, ostaco-

118. Lenin.

119. Contadini in UnioneSovietica, fine anni ’20.

120. La guerra contadina,frontespizo di una canzone astampa 1525.

120

118

119

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44 CINQUECENTO

li che prima o poi andavano rimossi.30 La società si trovava in una situazione di conflitto che

poteva essere risolta solo attraverso la via rivoluzionaria.

La guerra contadina da un lato ha fallito, il movimento è stato sconfitto militarmente dai

principi tedeschi, ma nella visone degli storici marxisti leninisti, compito delle rivoluzioni pre-

capitalistiche non poteva essere che di trasformare una consapevolezza feudale in una consa-

pevolezza rivoluzionaria e borghese. Sono valutate comunque positivamente in quanto poste

all’inizio di un processo storico destinato al successo.

Günther FranzGli studi sulla guerra contadina di Günther Franz e in particolare il volume “Der deutsche

Bauernkrieg” hanno rappresentato per quarant’anni il punto di vista occidentale sull’argomen-

to, in contrapposizione con gli storici della ex Germania est.

La pubblicazione del libro di Franz risale al 1933, libro che ha poi conosciuto altre undici

edizioni. Tra la prima e la dodicesima sono state apportate solo poche modifiche, così infatti

scrive nella prefazione dell’undicesima edizione, del 1977: Alla struttura e all’atteggiamento del-

l’opera nei decenni trascorsi non ho cambiato niente e nulla devo cambiare anche se riconosce che nuovi

contributi sono venuti da lui stesso e da altri storici.31

La prima edizione del libro è stata pubblicata nel novembre del 1933, alcuni mesi dopo la presa

di potere di Hitler, durante il terzo Reich videro la luce altre due edizioni, una nel 1939, l’altra nel

1942, in un clima politico non certamente sereno. Dobbiamo perciò chiederci quali rapporti ha

l’opera di Franz con la teoria

del sangue e suolo?

I critici osservano che nel suo

libro non ci sono parentele

con l’ideologia nazional-

socialista, anche se lui perso-

nalmente era un membro del-

le SS. La sua opera, se ha vi-

sto la luce nel 1933, è però il

frutto di anni di ricerche svol-

te nel periodo della repubbli-

ca di Weimar.

Alcune variazioni, in senso

nazionalsocialista le troviamo

nella prefazione alla seconda

e terza edizione così come nel

capitolo relativo alle conse-

guenze della guerra contadina.

Nella prefazione alla seconda

edizione si legge:

Solo oggi, alla fine della

prima vittoriosa rivolu-

zione tedesca, il contadi-

no ha raggiunto finalmen-

te nel terzo Reich la po-

sizione nella vita della

nazione a cui aspirava

già nel 1525.32

Per quanto riguarda gli obiettivi della guerra contadina ne sottolineò il carattere di lotta per

l’unità nazionale:

e per un momento balenò la possibilità che alla nostra nazione fosse risparmiata la

via più lunga verso lo stato territoriale dato che già nel 1525 avrebbe potuto

realizzarsi la fondazione del Reich attraverso il popolo, che sarebbe stata ritentata

nel 1848 e che solo ai giorni nostri è divenuta realtà.33

Queste frasi vennero semplicemente tolte dalle edizioni successive, dove sono sostituite con

dei puntini fra parentesi, mentre di più difficile interpretazione il risalto dato agli aspetti misti-

ci del diritto per i Germani:

121

122

123

121. Trittico dell’Epifania,Hieronimus Bosch, 1510(particolare).

122. Soldati in marcia,incisione su legno di HansBurgkmair, 1512/16.

123. Cristo portacroce,Hieronimus Bosch, 1516.

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CINQUECENTO 45

L’opinione germanica sul diritto si è mantenuta inalterata nei contadini tedeschi.

Per i germani il diritto era una parte dell’ordine di Dio, stabilito da Dio o dagli dei.

Questo diritto era anche superiore allo stato, nessun re né principe poteva creare nuovo

diritto.34

Questi aspetti della sua opera devono, secondo alcuni critici essere letti nello spirito del

tempo, e non visti in relazione con l’ideologia nazionalsocialista, l’impressione è tuttavia

che questa tematica sia a tutt’oggi poco e superficialmente indagata, “tra gli specialisti l’ope-

ra di Franz era considerata un’ottima fonte d’informazione perchè accettata anche dagli

storici marxisti”.

Fattore determinate per lo scoppio della guerra contadina è per Franz, la formazione dello

stato territoriale e la conseguente introduzione di un diritto codificato, che doveva valere

senza eccezioni per l’intero territorio: il diritto romano.

Le numerose sollevazioni contadine del tardo medioevo erano rivolte contro l’introduzione

del diritto romano, il volto con cui si presentava il nuovo stato, perché era sentito come un

corpo estraneo, come una minaccia alle antiche consuetudini e delle loro libertà.

Nella sua ricostruzione i fattori economici rimangono sullo sfondo,

la situazione dei contadini nei secoli passati è una problematica sulla quale non possiamo

fare chiarezza molti fatti non possono oggi più venire esaminati: indebitamento, reddito

fondiario, la situazione del mercato e il minimo vitale.35

Per Franz la guerra contadina è sostanzialmente un confronto tra il diritto popolare e quello

introdotto dalle autorità.

La Riforma, quale causa scatenate il conflitto ha un ruolo minimale, confrontando le richieste

dei contadini del 1525 si nota che ricalcano quelle che troviamo anche nei conflitti precedenti.

La Riforma ha fornito un nuovo “strumentario”, la Bibbia tradotta ha finito col diventare

fonte di diritto, l’unica autorità riconosciuta.

Conseguenze della guerra contadina:

La lotta tra la richiesta d’ autonomia dei contadini e il centralismo dei principi

venne definitivamente risolta dalla sconfitta dei contadini. Con la sconfitta il con-

tadino uscì per tre secoli dalla storia del nostro popolo senza giocare più nessun

ruolo politico.36

124

126

125

124. Fienagione, PieterBruegel il Vecchio, 1510(particolare).

125. Contadini in armi, 1530.

126. Contadini sconfitti, XVIsec.

Note

1 BLICKLE P., Die Revolution von 15250, München 1993, terza edizione ampliata, pp. 2-22.2 EILERT H., Riforma protestante e rivoluzione sociale, Milano 1988 p. 155.3 Il documento racconta le iniziative intraprese dal Margravio Casimiro dopo la sconfitta dei contadini aFrankenhausen nel maggio del 1525, in EILERT H., 1988 p. 177.4 L’esposizione di Peter Blickle è da leggersi all’interno di quella che è la teoria del comunalismo, da lui stessosviluppata. E’ una teoria che è valida per l’area tedesca dove la città e il comune aveva conosciuto uno sviluppodiverso da quello italiano.In BLICKLE P., Kommunalismus Begrifsbildung in Heuristischer Absicht. in „Historische Zeitschrift“, supplemento13,Oldenburg 1991, pp.: 5-38.5 BLICKLE P., 1993 p. 143.6 Ivi p. 46.7 RITTER G., La formazione dell’Europa moderna, Roma-Bari 1997, 19501 , p. 178.8 EILERT H, 1988 p. 167-170.

Page 20: Cinquecento 04

46 CINQUECENTO

127

127. Contadini in armi, XVIsec.

Per saperne di più

BLICKLE, Peter: Die Revolution von 15250, München 1993, terza ed. ampliata.

BLICKLE P., BUSZELLO H., ENDRES R., Der deutsche Bauernkrieg, Paderborn 1991.

ENGELS F., La guerra dei contadini in Germania, Roma 1976.

FOSCHEPOTH, Josef: Reformation und Bauernkrieg im Geschichtbild der DDR. Zur Methodologie eines gewandelten

Geschichtverständnisses. Berlin 1976.

FRANZ G., Der deutsche Bauernkrieg. 1. Auflage, München 1933.

FRANZ G., Der deutsche Bauernkrieg, Darmstadt 1977.

JUNGHANS, R., Das Thomas -Müntzer Rezeption während des “Dritten Reiches“ Frankfurt 1990.

VOGLER G., Die Gewalt soll gegeben werden dem gemeinen Volk. Berlin 1975.

WINTERHAGER F., Bauernkriegforschung. Darmstadt, 1981.

ZIMMERMANN W., Die grosse deutsche Bauernkrieg, Berlin 1993, 1841-43.

9 POLITI G., Gli statuti impossibili. La rivoluzione tirolese del 1525 e il “programma” di Michael Gaismair, Torino 1995, p.XIII.10 Ivi, p. XV.11 Ivi, p. XV.12 Così scriveva Johannes Cochaelus nel trattatello: Wieder die Reuberische und Mörderischen rotten der Bauern, die unterdem Schein des heiligen Evangelium felsischen wieder alle Oberkeit sich setzen und empören., in STEINMETZ M, Das Müntzerbildvon Martin Luther bis Friedrich Engels. Berlin 1971, p. 103.13 Cfr. STEINMETZ M., Das Müntzerbild von Martin Luther bis Friedrich Engels. Berlin 1971.14 ENGELS F., La guerra dei contadini in Germania, Roma 1976 p. 10 [trad. it de: Der deutsche Bauernkrieg. Berlin, 1970 (9),1851 (1)]. L’opera completa di Marx e Engels può anche essere liberamente consultata tramite internet all’indiriz-zo: http:// www.mlwerke.de/me/index.htm in tedesco, o all’indirizzo http:// cfs.colorado.edu/mirrors/marxists.org/archive/marx/works/ in inglese.15 Ivi, pp. 34-35.16 Ivi, p. 36.17 Ivi, p. 40.18 Ivi, p. 46.19 Ivi, pp. 46-47.20 Ivi, p. 49.21 Ivi, p. 50.22 Ivi, p. 61.23 cfr. BROSZART, M., Die Machtergreifung, München 1984, p. 99 sg.24 Darré, Richard Walter, Belgrano, Argentina 1895 – Monaco 1953, responsabile della politica agraria della NSDAP.Nel 1930 formulò il primo programma agrario del partito. 1931 a capo dell’ufficio “razza e colonizzazione“ delleSS, nonché a capo dell’ufficio per la politica agraria del Reich. 1933 ministro dei rifornimenti e dell’agricoltura.25 Thamer H.U., Il terzo Reich. La Germania dal 1933 al 1945, Bologna 1993.26 DARRÉ R. W., Um Blut und Boden. München 1941 p. 17.27 Ivi, p. 218.28 FOSCHEPOTH J., Reformation und Bauernkrieg im Geschichtbild der DDR. Zur Methodologie eines gewandeltenGeschichtverständnisses. Berlin 1976, p. 124.29 Ivi, p. 53.30 VOGLER, G., Die Gewalt soll gegeben werden dem gemeinen Volk. Berlin 1975, p. 11.31 FRANZ, G., Der deutsche Bauernkrieg, Darmstadt 1977, p. I.32 FRANZ, G., Der deutsche Bauernkrieg, München 1939, p. I.33 Ivi, p. II.34 Ivi, 1939 p. 1, 1977 p. 1.35 Così Günther Franz nella prefazione dalla 1a alla 11a edizione.36 FRANZ G., Der deutsche Bauernkrieg, Darmstadt 1977, p. 299.

Page 21: Cinquecento 04

Al lettore cristiano la pace e la grazia diDio in Cristo. Ci sono molti anticristianiche in questi tempi, a causa delle assem-blee contadine, colgono l’occasione peroffendere il Vangelo, dicendo che que-sti sarebbero i frutti della nuovapredicazione: nessuno obbedisce più,dovunque ci sono sollevazioni e ribel-lioni e si corre con tutte le armi a for-mare delle schiere, a radunarsi, a rifor-mare, a scacciare, anzi forse addirittu-ra ad ammazzare l’autorità, sia quellaecclesiastica sia quella laica. A tutti que-sti giudici empi e scellerati rispondonogli articoli, trascritti qui di seguitoinnanzitutto per controbattere questainfamia della parola di Dio e poi pergiustificare cristianamente ladisobbedienza, anzi la ribellione di tut-ti i contadini.Per prima cosa il Vangelo non è causadi rivolta e di ribellione, bensì paroladi Cristo, il Messia, la cui voce e la cuivita non insegna altro che amore, pace,pazienza e concordia. Per questo moti-vo tutti coloro che credono in questoCristo devono essere pronti all’amore,pacifici, pazienti e concordi. E così ilsenso di tutti gli articoli dei contadini(come risulterà chiaro in seguito) va inquest’unica direzione: ascoltare il Van-gelo e vivere conforme ad esso. Comepossono allora gli anticristiani ritenereil Vangelo causa di ribellione e didisobbedienza? Che però parecchianticristiani e molti nemici del Vange-lo si rivoltino contro una simile inten-zione e contro questo desiderio non hala sua causa nel Vangelo, bensì nel de-monio, il più pericoloso nemico delVangelo. E lui che provoca nei suoimiscredenti seguaci queste convinzio-ni, affinché venga sopraffatta e disper-sa la parola di Dio la quale insegnaamore, pace e concordia. In secondoluogo ne consegue molto chiaramenteche i contadini, i quali nei loro articoliaspirano ad avere il Vangelo come dot-trina e a vivere conforme ad esso, nonpossono essere chiamati disobbedientie ribelli. Se però Dio vuole prestareascolto ai contadini (i quali chiamanotimoratamente a vivere secondo la Suaparola) chi vorrà allora biasimare lavolontà di Dio? Chi avrà da ridire sulSuo giudizio? O, meglio, chi vorrà con-trastare la Sua maestà? Non ha Egli for-se ascoltato e liberato dalla mano delfaraone i figli d’Israele che lo implora-

vano? E non può Egli fors’anche oggisalvare i Suoi? Sì, Egli li salverà. E ciòavverrà tra breve. Perciò lettore cristia-no, leggi i seguenti articoli con atten-zione e poi giudica.

Questi sono gli articoliArticolo primo. Per prima cosa avanzia-mo umilmente la preghiera e la richie-sta, essendo questa la nostra opinione evolontà, che d’ora in poi l’intera comu-nità possa esercitare il potere e il dirittodi scegliere e di nominare direttamenteil suo parroco; che la stessa comunitàabbia inoltre il potere di destituirlo, sequesti non si dovesse comportare ade-guatamente. Il parroco scelto deve pre-dicarci il sacro Vangelo, senza aggiunteumane e senza insegnamenti e obblighiad esso estranei. Poiché se ci viene inse-gnata sempre e soltanto la vera fede, al-lora avremo un fondamento per prega-re Dio, affinché ci conceda la grazia didarci la vera fede e di rafforzarla in noi.Infatti, se non si viene a formare in noila grazia divina, continueremo a esseresoltanto carne e sangue, ciò che non ci èaffatto utile, com’è scritto chiaramentenella Bibbia, e cioè che noi possiamo ar-rivare a Dio soltanto attraverso la verafede e possiamo salvarci soltanto attra-verso la Sua misericordia. A questo sco-po ci è necessario un tale parroco e mae-stro, e in questa forma trova giustifica-zione nella Scrittura.Articolo secondo. Sebbene la decimareale ci sia stata imposta col Vecchio Te-stamento e abolita completamente conil Nuovo, pure siamo disposti a dare dibuon grado la decima sul grano, comeè consuetudine. Essa la si offre a Dio eai Suoi; sarebbe perciò giusto darla an-che al parroco che predica con chiarez-za la parola di Dio. Dichiariamo perciònostra volontà che, d’ora in poi questadecima venga raccolta dai membri delpresbiterio scelto dalla nostra comuni-tà, e lasciato al parroco, scelto da tuttala comunità, quanto basta per un suffi-ciente e adeguato sostentamento suo edei suoi, secondo quanto stabilito datutta la comunità. Ciò che rimane sideve dividerlo tra i poveri del paese aseconda dei loro bisogni e secondo ladecisione della comunità. Quello chedovesse ancora rimanere, sarà conser-vato e utilizzato per una eventuale di-fesa della regione. Per non imporre unataglia a carico della povera gente, si

Luca 18

1 Timoteo 3

Tito 1

5 Mosè 17

2 Mosè 315 Mosè 10

Giovanni 6Galati 2

Come dice tuttala lettera agli Ebrei

Salmo 110

1 Mosè 14

5 Mosè 18 e 12

5 Mosè 25

1 Timoteo 5

Gli anticristiani

I frutti della nuovapredicazione

evangelica

Rispostadegli articoli

Giustificazione degliarticoli

Romani I

Romani IIIsaia 40

Romani 8

I DOCUMENTIDELLA GUERRA

CONTADINA“I DODICI ARTICOLI”

CINQUECENTO 47

In: EILERT H. (a cura di), Riforma

protestante e rivoluzione sociale. Testi

della guerra dei contadini tedeschi,

Milano 1988, traduzione di H. Eilert eI. M. Battafarano.

Page 22: Cinquecento 04

userà l’avanzo a questo scopo. Inoltre,se si verificasse che uno o più villaggi,spinti dal bisogno, abbiano venduto inpassato il diritto di riscossione delladecima, e se gli attuali possessori lopossano dimostrare in modo incontro-vertibile, allora non si dovrà espro-priarli subito, ma sì dovrà invece cer-care di addivenire a un accordo giustoe adeguato, che riporti, col tempo, la de-cima nelle mani della comunità. Versochi invece non ha affatto acquistato ladecima da un villaggio, ma l’ha soltan-to ereditata dal suoi antenati, non vo-gliamo, non dobbiamo e non siamo de-bitori di niente. Come abbiamo ricor-dato prima, in questo caso la decimaservirà soltanto al sostentamento delparroco scelto da noi, mentre il restosarà conservato o diviso tra i bisognosisecondo quanto risulta dalla Scrittura.Tutto questo vale sia se i presunti pos-sessori sono laici sia se sono ecclesiasti-ci. La piccola decima non la vogliamodare, poiché Dio, il Signore, ha creatogli animali liberi per l’uomo e perciòconsideriamo questa decima illegittima,come qualcosa inventata dagli uomini.Perciò non la vogliamo più dare.Articolo terzo. Finora è stata consue-tudine quella di considerarci proprie-tà personale del signore, cosa riprove-vole, se si pensa che Cristo, col Suo san-gue prezioso, ci ha riscattato e redentotutti, il pastore allo stesso modo del si-gnore, senza fare nessuna eccezione. Ecosì si ricava dalla Scrittura che siamoliberi e che dobbiamo esserlo. Non chevogliamo essere liberi del tutto, chenon vogliamo riconoscere nessuna au-torità al di sopra di noi, poiché questoDio non ce lo insegna. Noi dobbiamovivere secondo la legge e non seguireliberamente solo la volontà e i deside-ri della carne, ma amare Dio, ricono-scerlo come nostro Signore nel nostroprossimo e fare tutto ciò che vorrem-mo fosse fatto a noi. Questo ha dettoDio durante l’ultima cena, quando haesposto le sue ultime volontà. Perciòdobbiamo vivere secondo il Suo co-mandamento, poiché esso ci mostra eci insegna che dobbiamo obbedire al-l’autorità, sebbene non soltanto adessa, ma dobbiamo comportarci umil-mente con tutti. E perciò anche nel con-fronti dell’autorità scelta e di quellaimposta [da Dio], verso la quale dob-biamo essere ben disposti e obbedirevolentieri in tutte le questioni tempo-rali e in tutte quelle cristiane. Non du-bitiamo che voi, in quanto veri e giusticristiani, ci libererete della servitù del-

la gleba, oppure ci dimostrerete, sullabase del Vangelo, che dobbiamo accet-tarla.Articolo quarto. Era costume finora cheil suddito non avesse diritto di cacciarela selvaggina, i volatili e i pesci delleacque correnti. Questo ci sembra moltoingiusto e nient’affatto un segno di fra-tellanza, bensì piuttosto qualcosa det-tata da interessi egoistici e non confor-me alla parola di Dio. Inoltre, in alcunelocalità le autorità tengono degli anima-li selvatici che ci recano molto danno,mentre i prodotti del nostro lavoro (cheDio fa crescere, per i bisogni dell’uomo)se li divorino a loro piacere bestie stu-pide che non ne hanno bisogno. Tuttoquesto dobbiamo sopportarlo in silen-zio anche se è sia contro Dio sia controil prossimo. Quando il Signore Iddiocreò l’uomo, gli ha dato il potere su tut-te le bestie, sugli uccelli dell’aria e suipesci dell’acqua. Perciò noi avanziamoquesta richiesta: se uno ha un ruscelloe, con sufficiente documentazione, puòdimostrarne la proprietà, avendo com-prato il corso d’acqua in buona fede,allora non vogliamo espropriarlo con laviolenza, ma addivenire a un accordofraterno con lui. Chi però non può di-mostrare adeguatamente tutto questo,deve restituirlo alla comunità, come ègiusto.Articolo quinto. Grava sulle nostrespalle anche tutto ciò che riguarda iboschi, poiché i nostri padroni si sonoappropriati di tutti i boschi e così, quan-do la povera gente ha bisogno di legna,deve comprarla pagandola il doppio. Ènostra convinzione che qualsiasi tipo dibosco, sia esso tenuto da eccelsiastici oda laici, posto che non sia stato acqui-stato, deve essere restituito a tutta lacomunità; che una comunità abbia lalibertà di permettere che ognuno possaraccogliere e portarsi a casa, senza pa-gare, la legna che gli è necessaria per ilfuoco e anche quella che gli serve percostruire, ma con il permesso di coloroche la comunità ha scelto comeguardiaboschi. Se però non ci sono bo-schi, oltre quelli acquistati legittima-mente, bisognerà arrivare cristianamen-te e fraternamente a un accordo conquesti proprietari. Se però un bosco ap-parteneva in origine alla comunità ed èstato venduto in seguito, allora bisogne-rà contrattare tenendo conto del valoree sulla base di quanto vien riconosciu-to dall’amore cristiano e dalla SacraScrittura.Articolo sesto. Siamo enormemente gra-vati dal servigio [che dobbiamo presta-

I Corinti 9

Un’offerta cristiana

Luca 6Matteo 5

Non si deve prendereniente a nessuno

1 Mosè 1

Isaia 53

1 Pietro 1

1 Corinti 7Romani 13Sapienza 6

1 Pietro 2

5 Mosè 6Matteo 4

Luca 4Luca 6

Matteo 5Giovanni 13

Romani 13

Atti 5

Un’offertacristiana

Mosè 1

Atti 101 Timoteo 41 Corinti 10Colossesi 1

Un’offerta cristiana

Come è statoindicato sopra

4 Mosè 1

Da ciò non deriveràla distruzione dei

boschi, perchè sirispetteranno le

disposizioni

Un’ offertacristiana

48 CINQUECENTO

Page 23: Cinquecento 04

CINQUECENTO 49

re al signore e] che viene continuamen-te aumentato e di giorno in giorno in-tensificato. Facciamo richiesta che ven-ga ammesso, com’è giusto, di non gra-varci più in questo modo, ma di per-metterci con benevolenza di prestare ilservigio allo stesso modo dei nostri ge-nitori e soltanto secondo la parola diDIO.Articolo settimo. D’ora in poi un signo-re non deve più aumentare gli oneri asuo piacere. Se un signore ha dato unbene in affitto secondo le consuetudini,il contadino ne deve usufruire come èstato pattuito all’inizio tra lui e il signo-re. Il signore non deve più né preten-dere né premere, per ottenere ulterioriservigi, né qualsiasi altra cosa che nonvenga da lui ricompensata, affinché ilcontadino possa usufruire e sfruttare ilbene acquisito, senza ulteriori oneri ein tutta tranquillità. Quando però il si-gnore ha bisogno di un servigio, il con-tadino lo fornirà obbediente e volentie-ri; lo farà però nei giorni e nelle ore incui non gliene può venire del danno, ein cambio di un adeguato compenso indenaro.Articolo ottavo. Noi che deteniamo unbene siamo tanto gravati che i beni inquestione non risultano piùremunerativi in rapporto al canone, sic-ché i contadini devono rimetterci delloro e andare così in rovina. Noi chie-diamo che il signore faccia esaminarequesti beni da gente fidata, per decide-re qual è il giusto canone, affinché ilcontadino non faccia un lavoro senzamercede, poiché chi fa un lavoro ha di-ritto ad essere ricompensato.Articolo nono. Sulle nostre spalle gra-va l’obbligo di pagare una somma indenaro, come risarcimento per letrasgressioni più gravi. Questa sommaperò viene continuamente aumentata,secondo nuove norme giuridiche, sic-ché noi non veniamo più condannati inrelazione alla colpa commessa, ma losiamo per motivi dettati, a volte dagrande invidia, a volte da grande favo-re. È nostra convinzione che bisognifare riferimento alle pene del vecchioordinamento giuridico scritto, il qualeprevede un giudizio obbiettivo e nonuno dettato dall’arbitrio.Articolo decimo. Siamo gravati dal fat-to che alcuni si siano appropriati di pa-scoli e campi, che in passato apparte-nevano alla comunità. Questi noi ce liriprenderemo, rimettendoli nelle manidella comunità, a meno che non sianostati acquistati legittimamente. Se peròsono stati acquisiti abusivamente, si

dovrà arrivare a un accordo in modosereno e fraterno, trattando sulla basedel valore reale del bene.Articolo undicesimo. Vogliamo aboli-re completamente l’usanza chiamatamortuario. Non vogliamo più ammet-tere né sopportare che si tolga e si de-rubi con ignominia vedove e orfani deiloro beni, come succede in modi diver-si in molte regioni contro Dio e control’onore, e [questo i signori] lo strappa-no e lo arraffano da coloro che dovreb-bero proteggere e difendere e, se [i si-gnori] avessero soltanto un minimo didiritto, si prenderebbero certamentetutto. Dio non vuol più ammettere tut-to questo, e perciò il mortuario deveessere completamente abolito; in futu-ro, per questo motivo, nessuno ha l’ob-bligo di dare qualcosa, né poco né mol-to.Conclusione. Quale dodicesimo artico-lo: è nostra decisione e convinzione de-finitiva che, se uno o più articoli di quel-li elencati non dovessero essere confor-mi alla parola di Dio, allora è nostra opi-nione che essi non debbano valere più.Se ci verrà dimostrato, sulla base dellaparola di Dio, come risulta dalla scrit-tura, che essi non sono legittimi, li la-sceremo cadere. Se ci vengono ricono-sciuti adesso alcuni articoli, che in se-guito si dimostrassero illegittimi, allo-ra essi saranno immediatamenteinvalidati e non avranno più valore. Lostesso però vale anche per tutti gli usi eper tutte le consuetudini che in futuro,sulla base della Scrittura, si dovesserorivelare veramente contro Dio e controil prossimo, perciò noi ci riserviamo dielaborare altri articoli o di abolirne. Evivere cosi e seguire sempre la dottrinacristiana. Vogliamo pregare Dio, perchésolo Lui e nessun altro ci può dare tut-to questo. La pace di Cristo sia con tuttinoi.

Un’offrta cristiana

5 Mosè 18Matteo 8

Matteo 23

Isaia 10

Finchè gli articolison conformi alla

parola di Dio

Luca 31 Tessalocinesi 4

Matteo 10

Isaia 10Efesini 6

Luca 3

Geremia 26

Come sopraLuca 6

Romani 10

128

128. Frontespizio dei 12 articoli, 1525.

Page 24: Cinquecento 04

50 CINQUECENTO

La nascita del TiroloIl Tirolo si viene configurando come regione a sé stante a partire dall’ XI secolo. Assistiamo in

questo periodo ad un processo di “razionalizzazione” amministrativa. Gli imperatori, consape-

voli dell’importanza strategica assunta dalla regione nelle relazioni tra l’Impero e l’Italia,

accorparono vasti territori cedendo ai vescovi di Trento e Bressanone diritti di sovranità territo-

riale su ampie zone della regione; i vescovi subentrarono così a duchi, conti e marchesi che li

avevano fino ad allora esercitati. I motivi che portarono a queste donazioni sono di natura

strategica, il Tirolo si configura come regione di passaggio, di frontiera tra due mondi che, dopo

lo sfaldamento dell’impero carolingio, conosceranno uno sviluppo sempre più autonomo e di-

versificato. Gli imperatori tedeschi non si rassegnarono facilmente alla sempre maggiore “indi-

pendenza” della penisola tanto che, “per Enrico II, l’ultimo degli imperatori Svevi, il prestigio

del re nella stessa Germania esigeva ormai che il regno italico e la dignità imperiale fossero

annessi alla potenza tedesca.1 ”

Era perciò necessario alla politica di potenza che gli imperatori tedeschi intendevano portare

avanti in Italia che questa regione di passaggio restasse saldamente nelle loro mani. Il fatto poi

di controllare il territorio attraverso le istituzioni ecclesiastiche da un lato era una scelta presso-

ché obbligata dal fatto che erano più efficaci di quelle

laiche, dall’altro rientrava anche in un disegno di più

ampio respiro che voleva imporre l’egemonia imperia-

le sulla Chiesa, e i suoi vescovi, perlomeno nell’impe-

ro2 .

Tra XII e XIII secolo assistiamo in Tirolo a due fe-

nomeni:

- la formazione dello stato regionale,

- l’emancipazione di ampi strati della popolazione

contadina.

Entrambi i movimenti porteranno all’indebolimento

della nobiltà, che toccherà il suo apice proprio duran-

te l’età mainardina.

Mainardo II e la formazione

dello Stato regionale

Questo processo di accorpamento e razionalizzazione

conobbe un’improvvisa, e inaspettata, accelerazione

con Mainardo II nella seconda metà del Duecento

(1259-1295). In meno di trent’anni il conte di Tirolo,

avvocato3 dei due principati vescovili, prese il

sopravvento sui vescovi, riuscendo ad unificare buo-

na parte della regione che da allora prese il nome di

Tirolo, eliminando, anche fisicamente, la nobiltà locale, e ridimensionando notevolmente l’im-

portanza temporale dei vescovi conti.

L’avvocato doveva difendere e tutelare del patrimonio ecclesiastico affidatogli. I Conti di Tirolo

avevano ricevuto dai vescovi di Trento il territorio della Val Venosta, ma con Mainardo l’avvocazia

si è mutata dopo la metà del secolo XIII in uno strumento di sopraffazione con cui i conti del

Tirolo sono riusciti ad appropriarsi di buona parte del potere temporale spettante al vescovo.

La nobiltà venne emarginata, le funzioni più prestigiose affidate a familiares (funzionari pagati)

persino le dignità auliche (maestro di corte, maresciallo, e coppiere) vennero sottratte ai nobi-

li4 .

Al centro dell’amministrazione che il Conte impose al territorio troviamo la cancelleria che si

occupava degli affari politici e amministrativi e la camera che si occupava degli affari economi-

ci, subordinate a questi organi vi erano le istituzioni amministrative periferiche dei distretti

(Gerichte), degli urbari, delle dogane, della salina e della zecca di Merano.

I distretti si rifanno per lo più ai limiti territoriali degli antichi Gau e comitatus, ma in parte si

tratta di nuove strutture a livello regionale. Il centro amministrativo di questa unità geografica

129. Mainardo II, ritratto diDomenicus Custos, 1599.

130. Il Tirolo attorno al 1200.

130

129

Page 25: Cinquecento 04

CINQUECENTO 51

era rappresentato per la maggior parte da castelli nei quali risiedevano i funzionari nominati

dal principe5 .

Grazie alla rete amministrativa periferica il conte disponeva di un controllo efficace sul terri-

torio, che gli permise di imporre tasse e garantire uniformità di diritto.

I contadiniTra XI e XII secolo la popolazione cominciò a crescere, mettendo in crisi le risorse disponi-

bili e creando problemi per l’ordine feudale.

Quanto veniva coltivato veniva diviso tra i contadini e i nobili proprietari della terra, se la

popolazione aumentava bisognava aumentare anche la produzione per garantire ai signori e ai

contadini la stessa quantità di prodotti.

Ma quando non ci sono più terreni coltivabili pronti per essere usati?

Alla fine del XII sec. le comunità agricole avevano occupato completamente le pendici e i

terrazzamenti delle valli principali. I terreni sino ad allora dissodati non bastavano però più a

sostenere una popolazione in crescita e di conseguenza diminuivano anche le rendite dei

signori feudali. Perciò nobili e contadini rivolsero la loro attenzione ai terreni marginali, alle

zone di alta montagna.

Si venne realizzando una comunanza d’intenti tra contadini, che aspiravano ad ampliare i

propri possedimenti per alleggerire la pressione demografica e assicurarsi il minimo vitale, e

proprietari, che intendevano sfruttare superfici rimaste sino ad quel punto inutilizzate per

mantenere la propria rendita.

Si disboscarono i fianchi delle valli più ampie così come quelli delle valli laterali, e in breve

tempo questo movimento raggiunse anche zone di alta montagna. Questo processo di espan-

sione raggiunse il suo apice nel XII secolo per spingersi fino al XIV, lasciando una traccia

indelebile nel paesaggio agrario della regione. (Basta osservare le montagne che abbiamo in-

torno per vedere i risultati di questi disboscamenti che arrivano sino in alta quota.)

Nel 1250 ad esempio una valle come la Val Senales, -una valle di origine glaciale il cui fondovalle

131

132

131. Castel Tirolo, FerdinandRunk, metà XIX sec. (partico-lare).

132. Sigillo di Mainardo II acavallo.

133. Il Tirolo attorno al 1300.

133

Page 26: Cinquecento 04

52 CINQUECENTO

si innalza dai 1100 metri dei primi masi, ai 1500 metri dell’abitato di Unsere Liebe Frau in

Schnals, sino agli oltre 1900 metri di altezza dove si trovano gli ultimi masi - doveva essere

abitata da ca. 2000 persone, mentre le pianure delle valli alluvionali erano scarsamente popo-

late per via dell’irregolare corso dei fiumi che le rendevano paludose e malsane.

Paludi, stagni e insenature create dal movimento del fiume Adige erano si insalubri e non

adatte alla vita, ma erano anche l’habitat di numerosi pesci e granchi di fiume, tanto che

alcune zone affittate come riserve di pesca garantivano ai conti di Tirolo un tributo annuo di

160 mazzi di nove pesci ciascuno.

Valorizzazione del ceto contadinoSecondo Mitterauer e Bruckmüller6 le premesse per la formazione di un quarto stato in Tirolo

si trovano nella particolare struttura di potere della regione così come nella posizione e fun-

zione ricoperta dai distretti e nel loro rapporto con il signore territoriale.

Momento fondamentale è per Bruckmüller la politica accentratrice di Mainardo II che pone

“den armen Mann - l’uomo semplice-” sotto la sua diretta protezione, dato che i distretti ammini-

strativi in cui è diviso il territorio non vengono ceduti in feudo, ma amministrati da suoi

funzionari. Era Mainardo stesso ad esercitare il diritto di protezione e di giudizio Schutz e

Gerichtherrschafft-, ad emanare le chiamate alle armi e a levare le tasse.

Per Mitterauer si deve a Mainardo II la particolare divisione cetuale del Tirolo. Fu lui a limitare

fortemente il potere della nobiltà (i Grundherr), favorendo le comunità rurali e la loro autono-

ma amministrazione, lui a garantire, attraverso la nomina di funzionari nei distretti, un rappor-

to diretto tra sudditi contadini e principe territoriale.

Anche Blickle sottolinea il collegamento diretto tra signore territoriale e contadini per spiega-

re la posizione di relativa autonomia raggiunta da quest’ultimi.

La diffusione del diritto ereditario dei contadini; l’estensione, pressoché a tutti i contadini

tirolesi, della servitù nei confronti del principe, rese probabilmente possibile la perdita di

importanza della servitù della gleba, a vantaggio di una sudditanza socialmente non diffa-

mante ed economicamente non oppressiva. Sono questi gli elementi di una struttura di potere

che garantiva ai sudditi una relativa libertà7 .

Il sistema economico feudale era pensato per il mantenimento di gruppo di signori che garan-

tivano alla popolazione difesa e giustizia, per mantenersi i signori feudali favorirono la crea-

zione di “aziende” specializzate in modo da garantirsi la più ampia gamma di prodotti naturali

che i contadini dovevano fornire come tributi, i cosiddetti Schweighöfe, in cui venivano allevate

5 o 6 mucche oppure 20 o 30 pecore, che garantivano al signore un tributo annuo di circa 300

forme di formaggio, che pesavano in media da un chilo ad un chilo e mezzo, nonché carne

affumicata e animali vivi.

Nel XIII secolo l’aumento della popolazione, il processo di centralizzazione politica, l’avven-

to di un industria mineraria e (aspetto di non secondaria importanza) l’introduzione di un’

134

136

134. Mese d’Agosto, Calenda-rio di Charles d’Angouleme,XV sec.

135. Miniera, incisione sulegno, Hans Sebald Beham,1528 ca.

136. Minatori entrano inminiera, Agricola, 1556.

135135

Page 27: Cinquecento 04

CINQUECENTO 53

economia monetaria misero in cri-

si il sistema.

L’aumento della popolazione ren-

deva le entrate dei signori feudali

sempre più scarse, e sempre più

scarse erano d’altro canto le risorse

dei contadini stessi.

Una soluzione si trovò limitando il

numero delle persone che poteva-

no avere accesso alla terra, impe-

dendo cioè la divisione delle terre.

Quanti non riuscivano più a soprav-

vivere con l’agricoltura o l’allevamento trovarono una possibilità trasferendosi nelle città che

si andavano formando.

Nascono le cittàFu Mainardo II che per primo si rese conto dell’importanza che queste potevano avere e ne

patrocinò lo sviluppo; nella sua visione politica le città rappresentavano un ottimo strumento

per il suo consolidamento militare sul territorio, costituivano solidi punti di riferimento nella

rete amministrativa, e si rivelavano importanti strumenti per incrementare le entrate del prin-

cipe.

La crescita delle città con le possibilità che potevano offrire a quanti vi si rifugiavano, l’econo-

mia monetaria, la centralizzazione del potere e la conseguente perdita di importanza politica

dei signori locali, allentarono i vincoli feudali dei contadini, soprattutto di quelli che non

erano direttamente controllabili dal signore.

Per tentare di arginare la situazione i signori concessero forme di contratti più vantaggiosi ai

contadini nel tentativo di non perdere le loro fonti di entrata.

Nelle aree di recente colonizzazione si andò diffondendo la freie Erbleihen o Erbbaurecht. Que-

sta forma giuridica non solo prevedeva che il contadino avesse il diritto di usufrutto della terra

fino a quando rimaneva in vita, ma anche il diritto di trasmissione ereditaria, mentre solo con

il consenso del feudatario la terra avrebbe potuto essere divisa, venduta o ipotecata. La Freihe

Erblehie trovò codificazione e quindi un riconoscimento ufficiale di uno stato di fatto soltanto

nella Landesordnung del 1404, dove si stabilì inoltre che le cause tra nobili e contadini dovevano

essere trattate davanti al giudice provinciale, e che se fosse stato il nobile a violare i diritti del

contadino, il giudice doveva prendere le difese di quest’ultimo. L’allargamento delle compe-

tenze del giudice provinciale è un sintomo della crisi che attraversava la proprietà feudale in

Tirolo, e della relazione sempre più stretta che si andava stringendo tra contadini e signore

territoriale. La diffusione della Erbleihe, anche se nel Tirolo orientale e nei territori del

principato vescovile di Bressanone sopravvisse la forma della Freistift, (affitto a breve termine:

prevedeva che il signore, a propria discrezione, potesse riprendersi il suo terreno dopo un anno e che il contadino,

volendo rientrarne in possesso, fosse obbligato a versare un determinato tributo.) fu un passo importante

verso la valorizzazione del ceto contadino e verso il progressivo indebolimento della nobiltà8 ;

questo sistema garantiva al conta-

dino una certa sicurezza, e lo incen-

tivava a sfruttare al meglio la pro-

prietà per produrre un surplus che

poteva poi essere destinato al mer-

cato, mentre col tempo mise in dif-

ficoltà il signore perché la quota-

tributo che gli spettava era fissa.

Molti contadini approfittarono di

questa mutata situazione e trasfor-

marono l’economia prettamente

pastorale delle loro aziende in un

sistema di produzione misto:

l’agro-pastoralismo o Alpwirtschaft9 ,

“tanto che nel XIV secolo molte

137. Il lavoro dei minatori,retro-pala d’altare, Chiesa diSant’Anna a Annaberg,(1497-1521).

138. La città di Innsbruckvista da nord, Albrecht Dürer,1495.

139. Assalto al monastero diWeißenau, 1525.

139

137

138

Page 28: Cinquecento 04

54 CINQUECENTO

aziende pagavano la decima in grano o avena.” Con il sistema degli affitti perpetui, ma fissi, i

contadini furono incentivati ad investire nell’azienda avendo innanzitutto l’obiettivo della com-

pleta sussistenza; il contadino finì per replicare nel suo maso il modello dell’economia di

sussistenza del castello.

La Freie Erbleihe10 , trovò applicazione soprattutto nelle zone montane di recente colonizzazione

perché solo l’indivisibilità della proprietà avrebbe garantito al signore il mantenimento di aziende

in grado di produrre anche quanto occorreva alle sue esigenze. “Le proprietà in quota sono

infatti meno produttive di quelle di fondovalle; ne consegue che devono essere più grandi per

eguagliare il raccolto di quelle inferiori, ma di conseguenza richiedono un maggior investi-

mento di lavoro, mentre la quantità di terra che una famiglia può lavorare è limitata. Il risultato

fu che la produttività dei poderi ad alta quota non eguagliò quella dei poderi posti più in basso,

e il surplus per le élite fu di conseguenza minore. L’agricoltura di montagna non favorì la

formazione di grandi tenute feudali lavorate da manodopera servile. [...]

Bassa produttività, insediamenti sparsi, dimensioni ridotte, posizione remota: questi i fattori

che contribuirono all’erosione dei modelli feudali di controllo. L’esistenza di questa frontiera,

pur contribuendo ad alleviare, nell’immediato il problema della sovrappopolazione delle basse

valli, finì per indebolire quelle stesse relazioni feudali che a prima vista sembrava rafforzare”.

Il contadino di montagna necessitava di maggiori libertà nella conduzione del fondo, era

chiamato a organizzare la produzione su un preciso equilibrio delle scarse risorse, doveva

operare di concerto con gli abitanti del paese per gestire le terre da pascolo e le foreste co-

munitarie.

Secondo i sostenitori di un modello ecologico-culturale la montagna impone costrizioni alle

strategie di produzione, ma esercita anche un influenza decisiva sui sistemi di proprietà, [...] le

esigenze economiche dell’agropastoralismo montano spiegano l’evoluzione di un insieme di-

stintivo di istituzioni politiche e sociali, imperniate sui principi della consensualità delle deci-

sioni, e della delega dell’autorità.11

L’assemblea di paese riveste in tutte le aree montane un’importanza primaria, costituendo un

momento decisionale indispensabile. E’ nell’assemblea che si programmano i lavori agricoli e

si eleggono i funzionari incaricati di far rispettare le norme e di “neutralizzare ogni tentativo di

sconsiderato sfruttamento delle risorse naturali”12 .

Queste piccole forme di organizzazione strutturate che si svilupparono nel mondo agrario

tirolese portano nomi diversi, Drittel-terzo- Viertel-quarto- Pfarre -parrocchia-, Nachbarschaft -vicina-

to-, Oblei, Stab, Riegat, o Malgrei.13

A capo dell’amministrazione autonoma del paese vi era in genere il Dorfmeister, il capofrazione,

eletto una volta all’anno dall’assemblea del paese a cui partecipavano tutti i proprietari di masi

della comunità.

140 141

140. Il Mese d’Agosto,miniatura, XV sec.

141. Castel Tirolo, XIX sec.

142. Libro di caccia, GastonPhébus, 1405-1410.

142

Page 29: Cinquecento 04

CINQUECENTO 55

Essenziale per l’amministrazione auto-

noma del paese era il mantenimento

dell’ordine nell’agricoltura a gestione

unilaterale e nell’utilizzo della cosiddet-

ta Allmende, cioè la proprietà comuna-

le, boschi, pascoli, sentieri e corsi d’ac-

qua. Il Dorfmeister poteva occuparsi di

dirimere piccole controversie da risol-

vere nell’ambito delle cosiddette giuri-

sdizioni inferiori.

Ad un livello superiore troviamo i

funzionari di distretto, che nel XV se-

colo siederanno accanto a nobili, pre-

lati e delegati delle città nella Dieta

Tirolese; alcuni di questi funzionari,

sono scelti tra coloro che si erano mes-

si in luce nell’amministrazione del comune.

L’amministrazione contadina guadagnò nel tardo medioevo un importanza interregionale di

natura pubblica e politica, un fatto che rappresenta, uno sviluppo speciale del Tirolo 14 .

“Bisogna però fare attenzione ai termini, se si intendono questi delegati dei distretti come

rappresentanti del ceto rurale si può giungere a conclusioni equivoche, non significa infatti

che i contadini possano con ciò disporre totalmente dei medesimi diritti di altri ceti. I conta-

dini stanno sullo sfondo, erano gli altri ad avere la parola15 .” Nella dieta del 1474 ad esempio

troviamo presenti: 123 nobili, 13 prelati, 4 rappresentanti delle diocesi, 8 delle città e dei

mercati e 59 dei distretti che avevano diritto a portare da uno a tre procuratori; il voto era però

sempre uno per distretto, mentre i nobili disponevano di un voto a famiglia. Nelle assemblee

plenarie l’unione di nobili e prelati aveva sempre la meglio sui ceti più bassi16 .

Così come bisogna valutare esattamente il significato di termini quali nobili e non nobili, che

compaiono in documenti medioevali, e non prenderli come esempi di un’emancipazione e

partecipazione che non era ancora avvenuta. Nel 1362 si può parlare secondo Blickle di un

rappresentanza giuridicamente riconosciuta delle città e dei mercati. Di una partecipazione

dei contadini alla vita politica della regione si può parlare dal 1404 in occasione della stesura di

una Landesordnung. Una partecipazione che per lo più li vede spettatori, a parte un breve perio-

do durante la guerra contadina, quando riusciranno a condizionare i lavori dell’assemblea,

tanto che la Landesordnung del 1526 accoglierà quasi per intero le loro richieste17 . Per il resto i

contadini restano sullo sfondo, anche quando la dieta per svolgere i suoi compiti di indirizzo

e controllo farà sempre più frequentemente ricorso a commissioni formate quasi pariteticamente

da membri dei quattro stati. La collaborazione tra i nobili e il Capitano dell’Adige (quasi un

presidente della dieta), o la pur lievissi-

ma preponderanza numerica, garantiva-

no alla nobiltà il controllo di questa isti-

tuzione18 .

Resta il fatto che i contadini tirolesi rag-

giungono nel tardo medioevo una posi-

zione privilegiata rispetto a quella di al-

tri domini asburgici, posizione fondata

sul rapporto diretto con il Landesfürst.

Le vicende dinastiche dei principi

tirolesi, unite alla volontà dei contadini

di emanciparsi dal giogo feudale sotto

cui tentavano di riportarli i nobili dopo

il periodo mainardino, produssero

un’azione di reciproca attrazione per cui

i contadini vedevano nel principe un ele-

mento di difesa dei loro interessi nei

confronti dei feudatari e i principi usa-

rono questo sentimento, e anche la for-

143

143. Ritratto della madre,Albrecht Dürer, 1514.

144. Ritratto di nobildonna,Giacomo Jaquerio 1418-1430.

145. Ritratto di volti grotte-schi, Leonardo da Vinci,1494.

146.-147. Libro di caccia,Gaston Phébus, 1405-1410.

146

147

144

145

Page 30: Cinquecento 04

56 CINQUECENTO

za dei Knechte, per contrastare l’irruenza della nobiltà, che arrivò a minacciare l’esistenza della

dinastia.

Il concetto di libertà tirolese venne pertanto a comprendere la legittimità della dinastia, un

beneficio politico che gli Asburgo ereditarono quando succedettero ai conti del Tirolo nel

136919 .

Nell’ambito dell’area di dominio asburgico il Tirolo resta, anche dopo il 1363, una regione a sé

stante, con proprio diritto e propria amministrazione, retta ora da principi che governano anche

altre regioni; una situazione che la nobiltà locale cercherà di sfruttare a proprio vantaggio.

L’autonomo sviluppo della regione conobbe un’ulteriore fase quando nel 1379 e poi all’inizio

del XV secolo gli Asburgo divideranno i loro domini tra le due linee di discendenza. La

divisione ebbe come conseguenza che nel XV secolo i principi asburgici stabilirono la loro

residenza in Tirolo.

Federico IVAbbiamo visto come tra principe e ceto contadino si andarono creando dei rapporti di reci-

proca attrazione sin dai tempi di Mainardo II. Un ulteriore approfondimento di questa rela-

zione avvenne durante il regno di Federico IV detto il Tascavuota, che salì alla guida della

regione nel 1406, trovandosi ad affrontare una situazione quasi disperata, con il territorio

Tirolese minacciato da tutti i lati.

Ad ovest la politica espansionistica degli Asburgo nell’Arlberg portò ad un aperto conflitto

con il cantone di Appenzell, dietro a cui si schierò la Confederazione elvetica; gli Asburgo

furono sconfitti a Stoß in Appenzell e in seguito a questa sconfitta la maggior parte dei

possedimenti austriaci nell’Arlberg si schierò con i vincitori, in particolare i ceti contadini.

Questi si unirono in una lega (Bund ob dem See)contro la nobiltà e contro la dominazione

asburgica. Fu la Lega a prendere l’iniziativa: nel 1406 entrò in Tirolo, nella Stanzertal, a

Paznaun, e nei dintorni di Nauders si unirono ad essa i contadini tirolesi. Gli Asburgo furono

sconfitti a Imst, ma la Lega non proseguì però verso Innsbruck, ma verso nord dove, nel 1408

furono sconfitti a Bregenz dalle truppe dell’imperatore20 .

In Italia la morte di Gian

Galeazzo Visconti (1402)

metteva in crisi gli equilibri

raggiunti. Gli Scaligeri e i

Carraresi che avevano perso

i loro domini su Verona e

Padova, cercarono di sfrutta-

re il momento, ma furono i

Veneziani a prendere il

sopravvento conquistando

Padova, Verona e spingendo

la terraferma veneta sino al

lago di Garda. In questo

modo i territori della Repub-

blica arrivarono a confinare con il Principato vescovile di Trento. Alcuni signori trentini, i

Castelbarco e altri in Valsugana e nella val Lagarina, si allearono a Venezia, costituendo così

una minaccia per il Tirolo del sud. Nel 1405 contingenti militari cercarono di avanzare dal sud

verso Trento, un tentativo sventato da Leopold IV21 .

Ma era dall’interno che venivano i problemi maggiori. Grazie all’aiuto di Heinrich von

Rottenburg, forze bavaresi penetrarono in Tirolo spingendosi fino a Schwaz. Heinrich rico-

priva all’interno dello stato tirolese un ruolo di primo piano, era Hofmeister, capitano all’Adige,

nonché capitano di Trento e poteva contare su possedimenti sparpagliati su tutto il territorio

del Tirolo ed era inoltre a capo della Falkenbund 22 . Ad un certo punto però cambiò partito

schierandosi dalla parte del vescovo Georg del Lichtenstein contro il principe tirolese. Federi-

co ebbe però sufficiente aiuto da parte della nobiltà, delle città e nel contado così che poté

piegare la resistenza del Rottenburg e alla sua morte poté impossessarsi di buona parte dei

suoi beni23 .

Oltre all’azione militare Federico si impegnò in un’azione politica per consolidare il potere del

principe all’interno del Tirolo; i distretti che erano stati alienati e affidati a signori laici ed

148

148. Veduta di Trento,Albrecht Dürer, 1494.

149. Paesaggio estivo,Lucas van Valckenborg ilVecchio, 1585 (particolare).

150. La mietitura, PieterBruegel il Vecchio, 1565(particolare).

149

150

Page 31: Cinquecento 04

CINQUECENTO 57

ecclesiastici furono riscattati e le loro entrate tornarono nelle mani del principe, che poté

attribuirle a suoi funzionari24 . La politica di Ferdinando andava verso un rafforzamento della

posizione del principe territoriale, contro gli interessi dei nobili che, approfittando dell’assen-

za dell’autorità centrale per circa mezzo secolo, avevano rafforzato le loro prerogative all’in-

terno della regione.

La crisi della signoria di FedericoIl consolidamento delle posizioni comitali all’interno del Tirolo conobbe un’interruzione nel

periodo del concilio di Costanza. Federico infatti si era fatto sostenitore di Giovanni XXIII,

papa eletto nel concilio di Pisa del 1409, in concorrenza con i papi di Roma e Avignone25 .

Giovanni XXIII fu l’unico papa a recarsi personalmente a Costanza, dove sperava di ricevere

l’investitura ufficiale, fermandosi nell’occasione anche a Merano, dove incontrò Federico IV

che gli garantì, proseguendo così la sua politica di rafforzamento dell’autorità del Landesfürst

tanto all’interno che all’esterno della regione, il suo pieno appoggio. Il papa lo nominò capita-

no generale delle sue forze armate, e lo cooptò nel consiglio.

A Costanza le cose non andarono esattamente come previsto da Giovanni, il concilio voleva

dirimere e risolvere la controversia dichiarando decaduti tutti i pontefici ed eleggendone uno

nuovo. Giovanni però si rifiutò di accettare questa risoluzione e fuggì da Costanza aiutato dal

principe tirolese. Il fatto provocò la reazione dell’imperatore. Sulla regione cadde l’interdetto

e Federico venne messo al bando: nessuno avrebbe più dovuto aiutarlo militarmente o

finanziariamente e chiunque avesse conquistato territori della regione nel nome dell’imperato-

re avrebbe avuto diritto al possesso. L’imperatore sostenne inoltre la Confederazione elvetica

nella sua lotta contro gli Asburgo e in questo modo numerosi possedimenti asburgici nel Sud

ovest della Germania passarono definitivamente alla Confederazione.

Federico fu quindi costretto a capitolare. Comparve a Costanza di fronte a Sigismondo e

dovette riconoscerlo come arbitro in tutte le controversie26 . Fu quindi obbligato a sollecitare

il ritorno di Giovanni a Costanza e a restarvi lui stesso come ostaggio, mentre i suoi sudditi

dovevano rendere omaggio a Sigismondo come loro signore.

In Tirolo però Federico rimase il principe riconosciuto e proprio in Tirolo, che era rimasto

territorialmente intatto, si recò dopo essere fuggito da Costanza nel 1416. Qui trovò l’appog-

gio delle città e del contado, mentre gli era contraria la nobiltà.

151. Trittico del fieno,Hieronimus Bosch, 1500-1502 particolare.

152. Federico il Tascavuotasi fa riconoscere dai suoisudditi, XIX sec.

152

151

Page 32: Cinquecento 04

58 CINQUECENTO

Risolti dopo il 1418 i problemi che venivano dall’esterno, si rivolse all’interno, contro la nobil-

tà, da cui pretese la restituzione, dietro pagamento, dei distretti e dei servizi che erano stati

alienati dai suoi predecessori. Cominciò quindi una lunga disputa con la nobiltà, che rinuncia-

va malvolentieri alle posizioni di forza raggiunte. La lega dei nobili ricevette anche l’appoggio

di Sigismondo, appoggio che però rimase però esclusivamente formale27 .

Dopo il 1425, superata con l’aiuto delle città e dei contadini l’opposizione della nobiltà, la

seconda metà del governo di Federico trascorse sostanzialmente tranquilla.

Alle città e ai contadini dimostratisi capaci non solo di difendere i propri diritti di fronte alla

nobiltà, ma di combattere per la difesa del territorio, Federico riconobbe un ruolo importante

all’interno della regione favorendo la loro partecipazione alla vita politica attraverso la loro

presenza nelle assemblee decisionali prima e nella dieta poi28 .

Nel 1420 Federico convocò un’assemblea che emanò una Landesordnung, nella quale si preve-

deva di regolare la materia monetaria, di impedire l’esportazione di grano, di impedire l’impor-

tazione di vino, e per la sicurezza lungo le strade. Dopo il 1420 arrivò a compimento il proget-

to di un’autentica “Dieta” (Landtag) la cui nascita però non si può far risalire ad una data

precisa29 .

La Dieta non nasce quindi come “contropotere” autonomo rispetto all’autorità, in grado di

opporvisi sistematicamente, ma nasce con la benedizione di quest’ultima, dopo che Federico

ha consolidato in modo definitivo la sua posizione all’interno nei confronti della nobiltà tanto

da potervi imporre anche la presenza dei rappresentanti dei distretti.

Il gran numero dei distretti principeschi; il successo nella sottomissione della nobiltà al princi-

pe territoriale; il rafforzamento della rappresentanza dei distretti rurali nella dieta; tutto ciò ha

contribuito ha formare un senso dello stato, in grado di mitigare i contrasti che solitamente si

possono osservare tra principe e stati considerando la buona amministrazione una questione

di interesse generale. Il governo di Federico , caratterizzato dal suo personale intervento in

ogni questione riguardante l’amministrazione impedì lo sviluppo degli organi amministrativi

in funzionari, non impedì invece il buongoverno della Contea30 .

“La Dieta non impedirà il governo della regione”, non si svilupperà quello che W.

Brauneder31 nella sua Österreichische Verfassungsrechtgeschichte indica come sistema di governo

dualistico Landesfürst-Landtag, se non per un breve periodo che va dalla metà alla fine del XV

secolo, quando la dieta raggiungerà l’apice della sua forza rispetto all’autorità del principe per

poi venire dapprima subordinata e poi interamente cooptata all’interno del sistema, tanto da

divenire dal XVII secolo un “punto di passaggio per i funzionari della burocrazia statale32 ”.

La Dieta tirolese non diverrà uno strumento alternativo alla centralità del principe, ma un

importante strumento di integrazione statale.

153. Ritorno della mandria,Pieter Bruegel il Vecchio,1565.

154. Adorazione della Santis-sima Trinità, Albrecht Dürer,1511.

153

154

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CINQUECENTO 59

Note1 Citato in BELLABARBA M., 1994 I Principati vescovili di Trento e Bressanone nei primi secoli, in Delle Donne G. (a cura di),

Incontri sulla storia dell’Alto Adige, Bolzano 1994 p. 23.2 Ivi, p. 21- 32.3 BELLABARBA M., La giustizia ai confini. Il principato vescovile di Trento agli inizi dell’età moderna, Bologna 1996 p. 120

nota 21.4 HAIDACHER C., L’organizzazione amministrativa di Mainardo II ed i suoi successori, in Il sogno di un principe. Mainardo II-La

nascita del Tirolo, Catalogo della Mostra, Innsbruck-Tirolo 1995 pp. 113-115.5 Ivi, p.119.6 KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage von den Anfängen bis zur Aufhebung der landständischen Verfassung 1808,

“Veröffentlichungen des Tiroler Landesarchivs”, vol. 3, Innsbruck 1985, p. 31.7 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich. Die Staatliche Funktion des gemeinen Mannes in Oberdeutschland, München 1973

p. 166.8 I conti perseguirono una politica volta ad accrescere l’indipendenza economica dei contadini dai signori feudali

attraverso l’assegnazione di favorevoli diritti ereditari di possesso della terra. Questo ebbe due importanti conse-

guenze. La prima fu che la nobiltà tirolese non acquistò mai poteri molto estesi, la sua sfera di influenza restò

limitata all’ambito locale. La seconda conseguenza fu che, avendo i conti sostenuto i contadini contro la nobiltà, il

ceto contadino acquistò la libertà e i suoi diritti attraverso la collaborazione con il potere centrale e non (come in

Svizzera) attraverso l’associazione indipendente dei suoi comuni. COLE J. W. - WOLF E. R., La frontiera nascosta.

Etnologia ed etnicità fra Trentino e Sudtirolo, [trd. it. de The Hidden Frontier. Ecology and Ethnicity in an Alpine Valley, New

York & London 1974], S. Michele all’Adige/Trento 1993, p. 38.9 I sistemi agropastorali comprendono due sfere di produzione spazialmente separate tra loro: i campi coltivati e i

prati vicini al villaggio, che producono i raccolti per l’alimentazione umana e il fieno per la stabulazione invernale;

e gli alpeggi, dove in estate vengono pascolate le mucche e le capre. VIAZZO, P.P., Comunità Alpine. Ambiente, popola-

zione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo ad oggi, [trd. it. de Upland Communities. Enviroment,population and social

structure in the Alp since the sixteenth century, Cambridge 1989], Bologna 1990, p. 36.10 In queste proprietà il privilegio veniva trasmesso attraverso una linea di discendenza diretta, preferibilmente

attraverso il primogenito maschio. Impedendo legalmente la divisione della proprietà si limitava il numero delle

famiglie che avevano accesso alla terra, e il signore proteggeva le sue rendite nei confronti dell’espansione

demografica. L’istituto giuridico del maso chiuso riuscì in questa duplice funzione solo riducendo il controllo diretto

del signore feudale. Il contadino ora gestiva la propria attività produttiva e controllava la distribuzione del proprio

raccolto. Benché dovesse pagare ancora un affitto, aveva guadagnato molta libertà economica. La nobiltà aveva

sacrificato il controllo diretto sui raccolti agricoli in cambio di una rendita fissa. COLE J. W.- WOLF E. R., p.71 sg. La

Freihe Erbleihe entrò nel diritto Tirolese almeno dal XIV sec mentre dalla fine del 1785 venne istituita una speciale

categoria di proprietà fondiarie indivisibili, i masi chiusi. Il sistema del maso chiuso è ancora in uso nella Provincia

di Bolzano, regolato dalla Legge Provinciale del 1976.11 VIAZZO P.P., Comunità Alpine pp. 41-42.12 Ivi, p. 42.13 Cfr. RIEDMANN J., I conti del Tirolo. Loro rapporti col Ducato e Arciducato d’Austria. L’autonomia della Contea, delle città, dei

comuni rurali. La Dieta e la rappresentanza centrale, in Delle Donne G. (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige,

Bolzano 1985 p. 57 e RIEDMAN J., Il secolo decisivo nella storia del Tirolo (1259-1363), in Il sogno di un principe. Mainardo

II- La nascita del Tirolo, Catalogo della Mostra, Innsbruck-Tirolo 1994 p. 57.14 Ivi, p. 58.15 Ivi, p. 59.16 KÖFLER W. Geschichte der Tiroler Landtage, p.51.17 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich , p. 202.18 Ivi, pp. 179 sgg.19 COLE J. W. - WOLF E. R., La frontiera nascosta, p. 38.20 RIEDMANN J., Spätmittelater (1250-1490), in FONTANA J. (a cura di) Geschichte des Landes Tirol, vol I: Von den Anfängen

bis 1490, Bolzano-Innsbruck-Wien 1985 p. 439.21 Sui rapporti tra principi tirolesi e vescovi trentini. Ivi, p. 441.22 Ivi, p. 443. All’interno del Tirolo si formarono diverse leghe di nobili; una di queste fu la “Gesellschaft der silbernen

Elefanten”, che univa due dozzine di nobili Scopo di questa lega era quello di difendere reciprocamente i membri

anche nei confronti dell’autorità principesca se questa avesse violato il diritto territoriale o se avesse commesso

ingiustizie contro uno di loro.23 Ivi, p. 441.24 Ivi, p.444.25 All’inizio del XV° sec. il papato attraversava un momento di crisi, lacerato dallo scisma d’occidente, con un papa

a Roma, Bonifacio IX, e uno ad Avignone, lo spagnolo Benedetto XIII. Per trovare una soluzione allo scisma fu

convocato a Pisa un sinodo generale nel 1409, che dichiarò scismatici i due papi e ne elesse un terzo. Nel 1414

L’Imperatore Sigismondo convocò un concilio generale a Costanza. Ivi, p. 445.26 Ivi, p. 445.27 RIEDMANN J., Spätmittelater , p.448.28 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich, p. 172.29 RIEDMANN J., Spätmittelater , p. 452.30 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich, p. 184.31 BRAUNEDER W., Österreichische Verfassungsrechtgeschichte, Wien 19761, 19833 p. 60 sg.32 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich, p. 183.

155. Il mese di maggio,miniatura XV sec.

155

Page 34: Cinquecento 04

60 CINQUECENTO

La Dieta TiroleseUn primo dato che distingue la Dieta Tirolese da quelle della maggior parte degli stati europei

è il fatto che vi sono rappresentati quattro stati; oltre ai ceti tradizionalmente presenti, nobili,

prelati e città, anche i contadini hanno una loro rappresentanza.

Questa rappresentanza dei contadini nella Dieta è tipica del Tirolo, ma non è del tutto singo-

lare, essendovi qualcosa di simile in piccoli territori della Germania sud-occidentale, l’area nei

pressi dell’Arlberg, di Bregenz e dintorni, ma soprattutto nella confederazione elvetica in cui

i rappresentanti di alcuni cantoni sono esclusivamente contadini.

La Dieta si presenta nelle sue linee essenziali come un organismo complementare all’autorità

del principe, difensore delle libertà e delle prerogative che i ceti hanno conquistato a partire

dalla metà del ‘200, come si vede dalle Freiheitsbriefe1 che fanno riferimento alle libertà conces-

se da Mainardo II.

Possiamo rintracciare i

precedenti della Dieta nei

consigli allargati che aiu-

tavano il signore territo-

riale a prendere le decisio-

ni importanti; accanto ai

consiglieri del signore ve-

nivano convocati “ersame,

wiese Leute und weise

Dienstmannen”. Un’altra

istituzione trecentesca

che giocò un ruolo im-

portante per la formazio-

ne della dieta fu lo

Hofgericht, il tribunale

camerale composto da

nobili e cittadini sotto la supervisione del signore o del Landeshauptmann che costituiva il tribu-

nale di prima istanza per le cause contro nobili, ecclesiastici e corporazioni, nonché tribunale

d’appello per le città e i distretti dell’Adige, della Venosta (Vinschgau) e della Val d’Isarco

(Eisacktal). Nel XV secolo lo Hofgericht e la Dieta venivano convocati negli stessi luoghi -

Bolzano o Merano - ed erano composti dalla stessa cerchia di persone. E’ probabile quindi

che la Dieta sia la risultante dell’allargamento del tribunale ad un ulteriore categoria di

persone.2

E’ soprattutto durante il regno di Sigismondo (1439-1490) che troviamo la Dieta pienamente

operante, quindi in grado di sviluppare un ruolo autonomo rispetto all’autorità centrale, che

tendeva ad un progressivo rafforzamento.

Negli ultimi anni del regno di Federico la Dieta si andò consolidando come istituzione, fino a

diventare un interlocutore privilegiato e indispensabile del principe territoriale.

Il rafforzamento dell’autorità principesca necessitava infatti di denaro e consenso. La fonte di

entrata principale era co-

stituita dalle tasse, ma a

meno di non disporre di

un dominio assoluto del-

la violenza non era pos-

sibile sfruttare indefinita-

mente questa fonte. A un

certo punto divenne ne-

cessario per i principi

scendere a compromessi

con gli stati, o meglio con

il loro organismo di rap-

presentanza, per cui andò

156

156. Paesaggio con miniera,XVI sec.

157. Il lavoro nei campi,Sebastian Brandts, 1502.

158. La torre di Babele,Pieter Bruegel il Vecchio,1563.

158

157157

Page 35: Cinquecento 04

CINQUECENTO 61

sviluppando un sistema fiscale basato sul consenso della Dieta. Se da un lato questo sistema

garantiva la pace sociale dall’altro rendeva il principe esposto al “ricatto” degli stati. Nel 1437

di fronte ad un possibile conflitto contro la Confederazione Elvetica, Federico chiese alla

dieta di concedergli di levare una tassa per le esigenze della guerra3 , la dieta autorizzò il prelie-

vo non senza aver ottenuto una congrua contropartita 4 che portò agli stati anche il diritto di

consenso al prelievo fiscale (Steuerbewilligungsrecht).

Con Sigismondo questo sistema di scambio tasse contro privilegi, che faceva presagire uno

sviluppo dualistico dello stato regionale, subì un’interruzione; nei primi anni di regno il prin-

cipe poté fare a meno delle concessioni degli stati perché poté rifornire le casse dell’erario con

l’argento proveniente dalla miniera di Schwaz, che era stata scoperta proprio in quegli anni.

I problemi per Sigismondo, detto il danaroso, cominceranno negli ultimi anni di regno in segui-

to alle difficoltà finanziarie in cui si venne a trovare per il suo stile di vita estremamente

dispendioso. Per ovviare a questa carenza di liquidità, egli iniziò ad impegnare le fonti di

entrata della Contea. Furono soprattutto i Wittelsbach ad approfittarne. Tanto che poi fu

quasi naturale il passo successivo, poiché Sigismondo era senza eredi propose, sempre in

cambio di danaro di cedere la successione alla Contea del Tirolo alla famiglia Wittelsbach.

Egli si imbarcò inoltre, senza motivi particolari, in una guerra contro Venezia che non condus-

se a nessun cambiamento territoriale.

A questo punto intervennero gli stati per mettere fine all’inutile guerra e alla possibile succes-

sione di un Wittelsbach in Tirolo, estromettendo il Conte dal governo. L’estromissione venne

giustificata insinuando l’immagine di un uomo ormai anziano e prigioniero di una cerchia di

cattivi consiglieri, i Böse Räte che avevano spinto il paese alla bancarotta e il signore alla follia.

Nel 1487 Sigismondo veniva costretto a licenziare i cattivi consiglieri, il governo finì nelle

mani degli stati, il principe fu messo sotto tutela e tre anni dopo sostituito da Massimiliano.

Durante il regno di Massimiliano la Dieta riuscì a strappare concessioni all’Imperatore solo

alla fine del suo regno, dopo che il Tirolo era stato usato da Massimiliano per portare avanti la

sua politica dinastica. La politica di collaborazione con gli stati arriva in un momento in cui

l’imperatore aveva bisogno dei Knechte tirolesi per la guerra contro Venezia; così come il prov-

vedimento del 1502 di estendere l’Erbleirecht a tutti i contadini dei territori direttamente sotto-

posti alla sua giurisdizione.

Nel 1511 la dieta costrinse Massimiliano ad un compromesso codificato nel così detto Landlibell.

Note1 Cfr. KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage von den Anfängen bis zur Aufhebung der landständischen Verfassung 1808,

“Veröffentlichungen des Tiroler Landesarchivs”, vol. 3, Innsbruck 1985, pp. 34-40.2 Cfr. BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich. Die Staatliche Funktion des gemeinen Mannes in Oberdeutschland, München

1973 p. 167.3 KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage, op. cit., p.97.4 La Dieta chiedeva tra l’altro il diritto di nomina del Landeshauptmann, chiedeva che il conio di monete rispettasse

i modelli in uso, la diminuzione dei prezzi del sale e delle dogane. Ivi, p. 101.

159. Giornata buia, PieterBruegel il Vecchio, 1563.

160. I setti peccati e le virtùnella città, HieronymusBosch, XVI sec.

161. Il lavoro dei campi, XVIsec.

159

160

161161

Page 36: Cinquecento 04

62 CINQUECENTO

Gli strumenti del diritto nel 1500Il LandlibellNel 1511 l’Imperatore convocò una dieta ad

Innsbruck a cui parteciparono anche i nuovi territo-

ri che si erano aggiunti al Tirolo, la Pusteria e la si-

gnoria di Lienz, acquisiti per l’estinzione della dina-

stia dei conti di Gorizia, nonché i principati vescovili

di Trento e Bressanone che venivano così sempre

più strettamente legati alla contea. Venne elaborato

uno strumento giuridico noto con il nome di

Landlibell.

Si trattava di uno strumento che regolamentava allo

stesso tempo la difesa territoriale e la materia fiscale;

esso arrivava in un momento in cui la regione, stre-

mata dai continui prelievi tanto di uomini quanto di

danaro imposti da Massimiliano per portare avanti

la sua politica dinastica, chiedeva regolamentazione

e certezza per quanto riguardava il prelievo fiscale e il servizio di leva.

L’imperoFiglio di un imperatore, Massimiliano si sentiva in un certo senso chiamato a ricoprire a sua

volta il ruolo di imperatore, sentiva come fosse un incarico divino quello di ricostituire un

impero universale.

Questo immenso territorio non è però omogeneo, è un coacervo principati, di signorie più o

meno grandi, di città, libere o imperiali che riconoscevano all’imperatore un’autorità più formale

che sostanziale.

Ai fini della nostra narrazione ci interessa mettere in luce soprattutto la differenza che si viene

evidenziando tra il territorio del “Sacro romano impero della nazione tedesca” e le nuove entità

nazionali che si vanno formando: la Spagna, la Francia, la Gran Bretagna.

Alla forza delle burocrazie statali, degli eserciti reclutati su base nazionale, di risorse basate sulla

raccolta fiscale, alla politica guidata in maniera univoca da un sovrano al cui servizio sono le

risorse dello stato, si contrappone un impero in cui prevalgono i rapporti di tipo feudale, dove

l’imperatore non dispone di un esercito e dove agiscono potenti forze centrifughe.

I poteri dell’imperatore, teoricamente vastissimi, sono di fatto limitati dalla Dieta che lo af-

fianca, dove siedono i principi elettori, i rappresentanti dei nobili, laici e ecclesiastici, e quelli

delle città.

Massimiliano I d’Asburgo tentò di riformare la costituzione imperiale con l’introduzione di

un tribunale camerale, e con una riforma fiscale che però ebbe successo solo nei territori della

casa d’Asburgo.

L’importanza del Tirolo per MassimilianoPer realizzare la sua visione politica universalistica il Tirolo finì col rivelarsi un elemento fon-

damentale. Rispetto ai domini asburgici, che all’inizio del Cinquecento non si presentavano

ancora come uno stato unitario bensì come

un insieme di piccoli territori ognuno con

le proprie peculiarità, “in ciascuno di que-

sti territori si trovava una dieta di stati,

diversi diritti territoriali (Landrechte), ceti

ostinati e soprattutto nessuna coscienza di

appartenenza ad una comune patria austria-

ca.1 ” Il Tirolo spiccava tra questi poiché

aveva conosciuto una precoce costituzione

in stato regionale2 .

Nella seconda metà del ’200 infatti

Mainardo II aveva unificato la regione eli-

minando la violenza feudale, limitando il

162

163

164

165

162. Veduta di Innsbruck,Albrecht Dürer, 1494.

163. Veduta di Trento,Albrecht Dürer, 1495.

164. Un consorzio di mercan-ti, 1470 ca.

165. Schaffausen, incisionesu legno, 1548.

Page 37: Cinquecento 04

CINQUECENTO 63

potere temporale della Chie-

sa e imponendo una struttu-

ra amministrativa centralizza-

ta alle dirette dipendenze del

principe territoriale. Questa

struttura garantiva a

Mainardo una notevole capa-

cità di controllo del territo-

rio e una efficace riscossio-

ne dei tributi che gli assicu-

rava i mezzi finanziari neces-

sari alla sua politica.

La struttura amministrativa

mainardina si mantenne sul

territorio anche se non più al

servizio di un autorità centrale forte; ma, oltre a questa capacità di prelievo fiscale, altri erano

i motivi di interesse finanziario che nel Quattrocento e nel Cinquecento fecero del Tirolo una

delle regioni più redditizie d’Europa. La scoperta di miniere di argento e di rame a Schwaz “la

madre di tutte le miniere”3 , e le altre sparse sul territorio, esercitarono su Massimiliano un

notevole potere di attrazione contribuendo in maniera decisiva a fare del Tirolo la sua regione

“preferita”.

Oltre ad avere un ruolo economico di primaria importanza, la regione si trovava al centro dei

possedimenti asburgici, collegamento ideale fra tutti i territori su cui Massimiliano aveva mes-

so le mani. La regione si collocava come punto d’unione tra l’Italia e l’Impero. L’unione che si

realizzò alla fine del ‘400 tra il suo ruolo finanziario di prima grandezza e la sua centralità

rispetto agli interessi territoriali degli Asburgo imposero il Tirolo come centro geopolitico di

importanza vitale nell’economia politica massimilianea.

Innsbruck vide esaltato il proprio ruolo di capitale regionale, tanto da diventare virtualmente

la capitale dell’Impero. Quell’impero da cui Massimiliano, nonostante i tentativi di riforma,

non poteva certo aspettarsi l’aiuto di cui necessitava per la sua politica dinastica, aiuto che

dovette quindi reperire altrimenti.

La situazione finanziaria lasciata da Sigismondo era però disastrosa, Massimiliano si trovò

costretto ad imporre nuove forme amministrative, basate sulla divisione tra reggimento e

camera, nuovi sistemi finanziari e uno stretto legame con i grandi capitalisti delle città sveve e

bavaresi.

La struttura del LandlibellIl Landlibell rimase fino al XIX secolo la base per il calcolo delle imposte e dell’organizzazione

militare.

Attraverso questo contratto, che si basava su antiche consuetudini, il signore poteva disporre

del diritto di chiamata alle armi dei suoi sudditi solo per la difesa del territorio tirolese, e non

per condurre guerre d’aggressione. Ma l’imperatore con l’appoggio della nobiltà e degli

ecclesiaistici riuscì ad ovviare a questa norma. Nel 1510 Massimiliano condusse una guerra

contro Venezia che si protrasse fino al 1516 quando la dieta decise di rifiutare ogni altra

richiesta di imposte straordinarie e lo costrinse a firmare la pace.

La mobilitazione era per il primo mese di operazioni, a carico degli stati, dopodiché era il

principe a doversi far carico dei

costi di gestione e di garantire

agli uomini impegnati nelle ope-

razioni la paga del soldato. I co-

sti ammontavano a 10 Gulden per

cavaliere e 4 per un Knecht.

Il Landlibell stabiliva poi che solo

con il consenso della dieta il

principe avrebbe potuto mobi-

litare la milizia. Il principe si tro-

vava quindi apparentemente del

169

166

166. Massimiliano I, XVI sec.

167. Il contadino di fronte alsignore, Incisione su legno,1497.

168. L’interno dell’arsenale aInnsbruck, 1507.

169. Minatori durante illavoro, Schwazer Bergbuch,1556.

167167

168

Page 38: Cinquecento 04

64 CINQUECENTO

Quote di mobilitazione

caso di una “piccola mobilitazione” di 5000 uomini, e vanno moltiplicati se veniva chiamata

una leva di 10, 15, o 20.000 uomini.

Il contingente base era di 5000 uomini che venivano quindi così ripartiti:

nobili e prelati

città e distretti

Val Pusteria

distretti bavaresi

1800

2400

500

300.

L’obbligo di levaIl Landlibell prevedeva la mobilitazione di uomini da tutta la contea. Ad esempio per quanto

riguarda la città di Merano (Landgericht Meran), il distretto (Landesviertel Burggraffenamt), erano

previste le quote di mobilitazione riassunte nella tabella seguente. Questi numeri valevano in

tutto subordinato ai ceti, che dovevano autorizzare la chiamata alle armi, che garantivano la

copertura dei costi per il primo mese di operazioni e di conseguenza si affiancavano al princi-

pe nel comando militare.

Nel Landlibell si stabiliva qual era il contingente militare che stati e territori dovevano mobili-

tare; si andava da 1.000 a 20.000 uomini a seconda della gravità del pericolo: il 36% di cui era

a carico di nobili e prelati inclusi i due principati, il 48 % spettava alle città e ai distretti, il 10

% toccava alla Pusteria e il restante 6 % ricadeva sui distretti bavaresi di Kitzbühel, Kufstein e

Rattenberg .

171

170. Carro da combattimentocon uomini armati, fine XVsec.

171. Tre uomini in armi,disegno di Albrecht Dürer,1489.

172. Consiglio di guerra,disegno di Urs Graf, 1515.

172

Città e distretti

Merano

distretto di Merano

Val Passiria

Val d’Ultimo

Stein, con Lana e Marlengo e Cermes

Scenna

Tesimo

Postal

Gargazzone

Foresta

Meltina

Totale

Lanzichenecchi

25

67

30

30

43

17

15

2

2

1,5

10,5

243

170

Page 39: Cinquecento 04

CINQUECENTO 65

Secondo un ordinamento del 1663 questa leva veniva chia-

mata Milizia territoriale (Landmiliz) e veniva divisa in quat-

tro reggimenti di 2000 - 2500 uomini. Ognuno di questi era

formato da uomini provenienti da distretti confinanti: il

Viertel dell’Adige e il Burgraviato; la Val Venosta e la Val di

Non.

Ogni reggimento era diviso in 6 compagnie. Gli ufficiali erano nobili della zona, i militari

cittadini e contadini6.

Quanti erano sottoposti all’obbligo di leva erano chiamati nel corso dell’anno ad alcuni giorni

di esercitazioni, mentre i periodi di mobilitazione si allungavano in caso di pericolo.

Nelle città tirolesi, sin dal XV secolo si trovano associazioni di tiratori (Schützengesellschaften), e

poligoni di tiro.

Ogni anno il principe territoriale metteva in palio, in ogni comune un premio per il miglior

tiratore. I migliori tiratori erano esentati dal servizio nella milizia territoriale, mentre in caso di

guerra costituivano compagnie proprie le Scheiben-schützen, compagnie di tiratori scelti7 .

Oltre alla milizia e alle compagnie di tiratori scelti esistevano anche i Land-sturm, compagnie

che venivano chiamate alla mobilitazione in caso di estremo pericolo per la contea, quando il

nemico era ormai entrato nel territorio. Erano compagnie formate dagli uomini anziani, che

non facevano più parte del contingente della milizia territoriale8 .

Il calcolo delle tasseQuesta precisa suddivisione del contingente militare era anche la base per il calcolo e per la

divisione delle imposte tra i ceti, che venivano calcolate proporzionalmente al numero di

Knechte che si dovevano mobilitare.

Se ad esempio i ceti avevano autorizzato la riscossione di una tassa di 50.000 Gulden, la città di

Merano doveva raccogliere tra i suoi cittadini una somma complessiva di 249 Gulden.

Cifra che risulta da un semplice calcolo: si utilizza come riferimento il contingente base di

5000 uomini, in questo caso alla città di Merano spettava la mobilitazione di 25 Knechte, che

tradotto in danaro significano un esborso di 20.000 gulden per tutto il territorio trentino-

tirolese (5000 uomini X 4 gulden), e per la città un costo di 100 gulden, (25 uomini x 4 gulden)

a cui andavano aggiunti i Knechte, che dovevano fornire nobili e ecclesiastici nelle seguenti

proporzioni:

Monastero Clarisse a Merano

Parrocchia di Merano

Nobili

Masi dello scudo in Val Passiria

Burgfried e Castel Tirolo

Totale

Lanzichenecchi

3

3

30

1

5

42

Nel suo insieme il Landesviertel doveva fornire in tutto 285 Knechte divisi tra città e distretti,

nobili e prelati4 .

La mobilitazione non riguardava però solo un Viertel, ma sempre due confinanti. Il burgraviato,

inteso in senso più esteso era legato all’insieme dei distretti della Val Venosta (il Landesviertel

Vintschgau).

Numeri che possiamo confrontare con quelli di altre città tirolesi per renderci conto anche

delle dimensioni di Merano in relazione ad altre realtà della regione.

Altre città tirolesi5:

Lanzichenecchi

97

58

45

12

9

16

20

100

Città

Bolzano e Gries

Hall

Innsbruck

Matrei

Lienz

Brunico

Bressanone

Trento

174

173. Presa di una città,Albrecht Dürer, incisione sulegno inizio XVI sec.

174. Contadini, HansSeebald Beham, incisione surame 1546.

175. La mietitura, PieterBruegel il Vecchio, 1565(particolare).

175

173173

Page 40: Cinquecento 04

66 CINQUECENTO

Note1 WIESFLEKKER H., 1984 p. 65.2 Cfr. “Il sogno di un principe. Mainardo II- La nascita del Tirolo”, in particolare il saggio introduttivo di Riedmann J., e la

ricca bibliografia.3 E’ il titolo di un articolo di EGG E., Schwaz ist aller Bergwerke Mutter, pubblicato nel 1971, in Beiträge zur Geschichte

Tirols.4 SARTORI T.- MONTECROCE, p. 331 sg.5 Ivi, pp. 326-334.6 STOLZ O., 1956 p. 90.7 Ivi, p. 91.8 Cfr. STOLZ O., 1956 p. 91.

Per saperne di più

“Il sogno di un principe. Mainardo II- La nascita del Tirolo”, catalogo della mostra, Tirolo 1995, in particolare il saggio

introduttivo di J. Riedmann, e la ricca bibliografia.

BELLABARBA M., I Principati vescovili di Trento e Bressanone nei primi secoli, in G. Delle Donne (a cura di), Incontri sulla storia

dell’Alto Adige, Bolzano 1994, pp. 19-34.

BELLABARBA M., La giustizia ai confini. Il principato vescovile di Trento agli inizi dell’età moderna, Bologna 1996.

COLE J. W. - WOLF E. R., La frontiera nascosta. Etnologia ed etnicità fra Trentino e Sudtirolo, [trd. it. de The Hidden Frontier.

Ecology and Ethnicity in an Alpine Valley, New York & London 1974], S. Michele all’Adige/Trento 1993.

KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage von den Anfängen bis zur Aufhebung der landständischen Verfassung 1808,

“Veröffentlichungen des Tiroler Landesarchivs”, vol. 3, Innsbruck 1985.

RIEDMANN J, Spätmittelater (1250-1490), in FONTANA J. (a cura di) Geschichte des Landes Tirol, Von den Anfängen bis

1490, Bolzano-Innsbruck-Wien 1985, pp.399-532.

VARANINI G. M., I conti del Tirolo, i principati vescovili di Trento e Bressanone. Loro rapporti con le signorie e i comuni del’Italia

settentrionale nei secoli XIII-XIV, in G. Delle Donne (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige, Bolzano 1994, pp. 71-

92.

VIAZZO P.P., Comunità Alpine. Ambiente, popolazione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo ad oggi,[trd. it. de Upland

Communities. Enviroment,population and social structure in the Alp since the sixteenth century, Cambridge 1989], Bologna

1990.

Se la tassa da raccogliere è di 50.000 gulden per tutto il territorio tirolese, la quota spettante a

Merano va ricalcolata in proporzione.

La cifra doveva essere moltiplicata per 2,5 (perché 50.000 è 2,5 volte maggiore di 20.000, che

è la cifra che servirebbe a pagare il contingente base di 5.000 uomini, posto un esborso di 4

Gulden per testa), si ottiene quindi che la città dovrebbe mobilitare non più 25 ma 62,5 Knechte

che per il costo unitario di 4 Gulden danno una somma complessiva di 249 Gulden.

Questo sistema di calcolo rimase in uso per diverso tempo in Tirolo; naturalmente il costo

base del Knechte veniva di volta in volta aggiornato, ma il potere di contrattazione degli stati

dagli anni Trenta del secolo XVI andò progressivamente scemando, e l’autorizzazione alla

riscossione delle imposte divenne un fatto puramente formale; la dieta andò via via trasfor-

mando la propria natura di organo “alternativo” al principe e al suo apparato di potere in

istituzione sempre più conforme al sistema.

176

177

176. Sacco di un paese,Johannes Stumpf, incisionesu legno 1592.

177. Il cosiddetto FigliuolProdigo, Hieronymus Bosch,XVI sec. (particolare).

178. Usuraio presta danaroad un nobile, incisione sulegno 1487.

179. Venditore di tessuti,Norimberga 1518.

178

179

176

Page 41: Cinquecento 04

CINQUECENTO 67

La guerra contadina tirolese

Lunedì 15 aprile 1532, Padova.

Nelle prime ore del mattino, si sen-

tirono dei rumori davanti alla casa

in cui abitava la famiglia Gaismair,

e qualcuno bussò alla porta.

Gaismair saltò dal letto, si vestì in

fretta si mise la cintura, prese il

pugnale d’argento ed uscì di casa per

andare a vedere se era tutto in ordi-

ne. Appena fu sulle scale gli venne

incontro il suo amico Jacometo

Cvalcatore, un mercante di cavalli,

Jacometo aveva con se due sconosciu-

ti, e disse che era riuscito a procu-

rarsi delle briglie. Gli sconosciuti era-

no mercanti di finimenti, e volevano

provare ai cavalli di Gaismair certe

nuove briglie. Nella stalla si trova-

va uno stalliere […] Jacometo lo mandò a prendere del sale e cercò di tenerlo occupato il

più possibile […] Appena lo stalliere lasciò la stalla, i finti mercanti si lanciarono

sull’ignaro Gaismair e lo gettarono a terra. Anche Jacometo si scagliò su di lui. Prima

che il capitano, ormai ferito, potesse estrarre la sua arma, giaceva a terra in un lago di

sangue, colpito da 42 pugnalate.

Il garzone che aveva sentito le urla si affrettò a correre in aiuto del suo signore ma fu

anch’egli assassinato1.

Ad assassinare Michael Gaismair furono due sicari mandati dal principe del Tirolo FerdinandoI,

che per sette anni dalla fuga di Gaismair dal Tirolo aveva continuato a promettere forti som-

me di danaro per l’assassinio del Gaismair.

Gaismair, dopo il fallito tentativo di suscitare una nuova rivolta in Tirolo, fu costretto a ritirar-

si con il suo esercito ad Agordo, nel territorio della repubblica di Venezia -per sottrarsi alle

truppe di mercenari della lega sveva- dove venne ben accolto e dove sperava di ricevere aiuto

per riprendere la guerra in Tirolo.

Entrò, con le sue truppe, a servizio, come capitano, della Repubblica che in quel periodo era

impegnata nella lega di Cognac nata per contrastare le mire egemoniche di Carlo V sull’Italia,

mentre l’arciduca Ferdinando metteva una taglia sulla sua testa e inviava delle spie per control-

larne i movimenti.

Gaismair esce così dal Tirolo per entrare nel vivo della politica internazionale, dove le sue

aspirazioni legate ad una possibile invasione della regione erano destinate a rimanere tali.

Le notizie su Gaismair lo vedono combattere con il suo esercito davanti a Cremona (agosto

1526), poi ancora a in novembre sempre nei pressi di Cremona si batteva contro le truppe

imperiali, nell’estate del 1527 è in Umbria dove si era spostata l’azione militare.

Nonostante i suoi servigi a favore della Repubblica, non riuscì però ad ottenere appoggio per

un’invasione del Tirolo e decise quindi di ritirarsi a vita privata a Padova, dove poteva contare

sulla protezione del podestà e di una pensione che la repubblica gli concesse. Fino al fatidico

15 aprile 15322.

Con Gaismair

scompare uno dei

più brillanti co-

mandanti della

guerra contadina.

180. Contadino in armi, XVIsec.

181. Mercenario, incisione sulegno XVI sec.

182. Presunto ritratto diMichael Gaismair.

183. La mietitura, PieterBruegel il Vecchio, 1565(particolare).

182

183

180

181

Page 42: Cinquecento 04

68 CINQUECENTO

Alle radici del conflittoUna delle caratteristiche dell’eco-

nomia europea, dalla caduta del-

l’Impero romano sino al tardo

medioevo, è stata la cronica scar-

sità di metalli preziosi che per-

metteva di coniare solo una pic-

cola quantità della moneta neces-

saria all’economia dell’epoca.

La ricerca di metallo prezioso,

oro in particolare, è la molla che

spinse i conquistadores spagno-

li, ma lo stesso Colombo non era

immune da questo desiderio, a

lasciare il loro paese e a commet-

tere ogni genere di nefandezze pur di raggiungere i loro scopi.

Prima che l’arrivo dell’oro e dell’argento spagnoli facessero sentire i loro effetti in Europa fu

necessario aspettare la seconda metà del XVI secolo.

Le cose però cominciarono a cambiare prima dell’arrivo dell’oro e dell’argento dal Messico e

da Perù, quando, nella seconda metà del Quattrocento, vennero scoperti importanti giacimen-

ti d’argento nell’Europa centrale, e in Tirolo in particolare.

Dalle miniere di Schwaz, a pochi chilometri da Innsbruck provenivano i due terzi dell’argento

estratto nelle miniere di questa parte d’Europa3.

Impiegati nell’estrazione vi erano già nel 1490 oltre 7000 minatori che facevano di Schwaz il

centro più popolato della regione. La presenza dei minatori, lavoratori specializzati e quindi

ben pagati dalle imprese minerarie finì col far crollare il delicato equilibrio economico della

regione. I centri minerari erano luoghi dove circolava molta moneta che i lavoratori dovevano

usare per comprare ciò di cui avevano bisogno, inevitabilmente, secondo la fondamentale

legge dell’economia: in presenza di una forte domanda i prezzi finirono col crescere.

L’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità mise in crisi i contadini e quanti non arriva-

vano a guadagnare quanto un minatore.

Per acquistare 1 Yhre di vino (78 litri) un messo dell’abbazia di Novacella, pagato 2 kreuzer al

giorno, doveva lavorare 66 giorni, ad un minatore, il cui compenso era pari a 10 kreuzer, erano

invece sufficienti 13 giorni4.

La regione si trovò ad essere una delle più ricche d’Europa ma di questa ricchezza i suoi

abitanti non ne beneficiarono se non in minima parte. Le miniere divennero il mezzo di

pagamento più comodo utilizzato dai principi per mante-

nere il loro sfarzoso tenore di vita o per finanziare la loro

politica di potenza, il sistema utilizzato era quello di dare i

vari giacimenti in appalto ad un impresa mineraria. A poter

garantire le condizioni più vantaggiose erano i grandi im-

prenditori “stranieri”, i Fugger in particolare5.

All’inizio del Cinquecento, durante il regno di Massimiliano

I il Tirolo acquisì un ruolo di primo piano nello scacchiere

politico europeo, il connubio che si realizzò tra il suo ruolo

finanziario di prima grandezza e la sua centralità rispetto

agli interessi territoriali degli Asburgo imposero il Tirolo

come centro geopolitico di importanza vitale nell’econo-

mia politica massimilianea.

La presenza di miniere di argento e di rame a Schwaz “la

madre di tutte le miniere” 6, e le altre sparse sul territorio,

esercitarono su Massimiliano un notevole potere di attra-

zione contribuendo in maniera decisiva a fare del Tirolo la

sua regione “preferita”7 .

Innsbruck vide esaltato il proprio ruolo di capitale regiona-

le, tanto da diventare virtualmente la capitale dell’Impero,

184

185

184. L’oceano Atlantico e icontinenti che vi affacciano,Battista Agnese (attr.) 1550.

185. Jacob Fugger e il suocapo-contabile, miniatura,Augsburg 1520.

186. A-H Il lavoro nellaminiera, Agricola, incisionesu legno 1556.

187. Trittico dell’Epifania,part. Dell’adorazione dei reMagi, Hieronymus Bosch,1510.

186 A-H.

A

B

Page 43: Cinquecento 04

CINQUECENTO 69

quell’Impero da cui Massimiliano, nonostante i tentativi di riforma, non poteva certo aspettar-

si l’aiuto di cui necessitava per la sua politica dinastica, aiuto che dovette quindi reperire altri-

menti.

La politica e le guerre di Massimiliano finirono con il creare una situazione fortemente conflit-

tuale:

“L’imposizione del diritto romano e l’eliminazione delle libertà locali al posto del diritto consuetudinario

germanico, le guerre che interruppero il flusso commerciale ed appesantirono la situazione agro-pastorale, le

devastazioni dovute ai passaggi di truppe, la trasformazione dell’attività mineraria da locale in imprenditoria-

le ed internazionale, i divieti di caccia e pesca e dell’uso dei diritti comunitari tradizionali nella vita di

montagna, l’aumento delle tasse ordinarie e straordinarie, cui si aggiunsero carestie pestilenze e inondazioni,

non fecero che rendere esplosiva una situazione strutturalmente debole ed economicamente arretrata8”.

Negli anni dal 1510 al 1525, la regione si trovò a vario modo coinvolta in guerre contro

Venezia, contro Milano, contro i Turchi che erano arrivati in Craina, che necessitarono l’esborso

di oltre 2 milioni di fiorini renani in tasse straordinarie. Catastrofi naturali, annate di cattivi

raccolti ed epidemie non

mancarono di aggravare

la situazione.

A fare le spese della si-

tuazione di disagio che si

venne creando nei primi

decenni del Cinquecen-

to furono soprattutto le

categorie più deboli,

quella dei contadini po-

veri e non proprietari, e

anche quella dei minato-

ri sempre più sfruttati da

famiglie o gruppi finan-

ziari molto attenti a trar-

re dalle concessioni mi-

nerarie il massimo profit-

to possibile.

Negli anni 20 del ‘500 i Fugger monopolizzavano le minieri tirolesi rendendo sempre più dure

le condizioni di lavoro e salario per i minatori. I banchieri di Asburgo erano tra i pochi a poter

prestare le somme di denaro necessarie a principi e imperatori per evitare loro di venire a patti

con le diete, nel 1525 il signore territoriale del Tirolo doveva a Fugger 415.000 fiorini, e solo

di interessi dovevano pagare 77.000 fiorini l’anno, per poter restituire la somma non restava

che dare in pegno i beni del territorio: miniere e giurisdizioni.

La borghesia e la piccola nobiltà non traevano più alcun vantaggio da questo stato di cose,

poiché non riuscivano a fare concorrenza agli imprenditori esteri che appaltavano miniere e

giurisdizioni9, sottraendo così ai locali possibili fonti di rendita e di potere.

Massimiliano morì nel 1519, ma la situazione non mutò, anzi il nuovo governatore tirolese fu

nominato solo alcuni anni più tardi nel 1523, si trattava dell’arciduca Ferdinando I nipote di

Massimiliano, che doveva governare per conto del fratello, l’imperatore Carlo V d’Asburgo.

Nel frattempo la contea fu retta da un viceluogotenete, Gabriel de Salamanca.

Il Salamanca, spagnolo, come l’arciduca Ferdinando e Carlo V, che appartenevano al lato

spagnolo della casa degli Asburgo rappresentava la nuova fase politica che escludeva la nobiltà

locale e che non intendeva venire a patti con chicchessia, perché chi regna lo fa per diritto

divino e non deve dividere il potere con nessuno.

Ferdinando I arrivando in Tirolo fece capire subito che il suo “stile” era diverso, i nobili che

volevano ribellarsi vennero puniti e quattro di loro furono pubblicamente giustiziati, dopodiché

impose agli stati una tassa di 150.000 fiorini10.

L’ingenua fiducia che i ceti tirolesi, soprattutto quelli più bassi, avevano sempre posto nel

“principe buono” capace di eliminare i soprusi cominciava a vacillare, mentre nobili ed eccle-

siastici, i due principi vescovi in testa, si accordavano con il nuovo signore territoriale.

Testimone di questi primi atti del nuovo principe era anche Michael Gaismair, in quell’occa-

sione uno degli scrivani della dieta.

187

F

E

D

C

Page 44: Cinquecento 04

70 CINQUECENTO

Su questo terreno, particolarmente

sensibile, trovò ampio ascolto la

predicazione religiosa riformata, che

faceva sperare in una società più giu-

sta e in una purificazione della Chie-

sa. Nel secondo decennio del Cinque-

cento la situazione stava rapidamente

evolvendo preparando il terreno a

forme di protesta anche violenta.

La guerra contadina cominciò in

Tirolo nel maggio del 1525 quando

alcuni contadini liberarono Peter

Passler che stava per essere giustizia-

to a Bressanone per aver dichiarato

faida11 al vescovo, ed era stata prece-

duta in gennaio da alcune rivolte di

minatori della zona di Schwaz.

Peter Passler era un contadino alla cui

famiglia era stato negato, da parte del

Vescovo di Bressanone, un diritto fon-

dato sull’antica tradizione. Peter reagì

a quello che considerava un sopruso

e dichiarò la sua ostilità al vescovo co-

minciando una serie di azioni per ven-

dicare l’ingiustizia subita. Il vescovo

non riconobbe al Passler il diritto di

faida e lo dichiarò delinquente abituale. In breve Passler divenne agli occhi dei tirolesi un

combattente per le libertà per la giustizia contro la nobiltà. Ci volle parecchio agli uomini del

vescovo per catturarlo, e quando, dopo sei mesi di carcere stava per essere giustiziato la

tensione nella città di Bressanone era altissima, tensione che si trasformò in aperta ribellione.

Nella Germania meridionale erano già scoppiate rivolte da alcuni mesi e le notizie che arriva-

vano animavano anche i contadini tirolesi.

Il giorno dopo la liberazione del Passler i rivoluzionari si riunirono a Millan e da li entrarono

ed occuparono la città di Bressanone, e con l’aiuto dello scrivano del vescovo Michael Gaismair

occuparono anche il palazzo vescovile, senza però devastarlo come fecero con le case dei

notabili della città. Poi la rivoltà si ampliò e coinvolse quasi l’intero territorio del Tirolo, i

contadini assaltarono il monastero di Novacella. In quell’occasione Gaismair venne eletto a

capo della ribellione.

Ma chi era Michael Gaismair?Di lui sappiamo che era nato attorno al 1490 a Ceves (Tschöfs) presso Vipiteno figlio di una

famiglia di contadini e di piccoli imprenditori minerari, sappiamo che frequentò la scuola

latina gestita dall’ordine teutonico a Vipiteno, e presumibilmente una qualche università italia-

na. Il destino di Michael e della sua famiglia è determinato dallo sviluppo minerario che rap-

presentò una scorciatoia per l’ascesa sociale. Contadini benestanti e con capacità imprendito-

riali si gettano nel nuovo “business” diventando imprenditori minerari, consolidando la pro-

pria posizione con qualche carica cittadina, e soprattutto facendo studiare i propri figli per

migliorare la posizione sociale della famiglia. Nell’arco di due, tre generazioni queste famiglie

compiono un salto, un’ascesa sociale praticamente impensabile in condizioni normali. La fa-

miglia di Martin Lutero, forse il principale protagonista dei prima anni del Cinquecento, com-

pie un percorso analogo, Martin destinato allo studio del diritto equindi ad entare nel novero

dei notabili cittadini ha però altri interessi e seguirà la sua vocazione12.

Nel 1518 Michael entra al servizio del capitano all’Adige Leonhard von Voels come segreta-

rio.

All’inizio del 1525 lo troviamo al servizio del principe vescovo di Bressanone, Sebastian Sprenz,

e a pochi giorni dallo scoppio della rivolta lo troviamo a capo degli insorti.

In questa sua veste Gaismair avrebbe proposto il 14 maggio ai ribelli riuniti nell’abbazia di

188

H

G

Page 45: Cinquecento 04

CINQUECENTO 71

Novacella un importante Cahier

de doléances destinato a servire

come base per una trattativa con

l’arciduca d’Austria e conte del

Tirolo, Ferdinando.

Perché Michel Gaismair venne

scelto come capo della ribellione

lo spiega un grande storico come

Josef Macek che a Gaismair ha

dedicato un “Già dalle sue prime

azioni avevano dimostrato che

era un buon capitano, […] Oltre

a ciò era il più colto tra i ribelli,

aveva la visione del politico, sa-

peva dar forma a documenti e

lettere, poteva trattare coi genti-

luomini e funzionari. [… ]Ma tutti questi requisiti non sarebbero stati sufficienti se Gaismair non

avesse goduto della piena fiducia dei comitati segreti.”

Nel frattempo la rivoluzione dilagava:

- a Vipiteno la folla saccheggiò la commenda dell’Ordine teutonico;

- in val Pusteria venne saccheggiato il monastero di Sonnenburg;

- venne assalito il castello di Presule, sede del capitano all’Adige Leonhard von Voels;

- monasteri e castelli vennero assaltati in tutta la regione, vennero bruciati gli urbari, i registri

delle tasse.

Il 13 maggio cominciarono a combattere anche i contadini dei dintorni di Bolzano, aiutati da

quelli di Bressanone, e il giorno dopo occuparono la città.

Anche nei dintorni di Merano furono assaltati e devastati dei monasteri, anche quello delle

Clarisse che si trovava in città.

Rivolte scoppiarono anche nel principato vescovile di Trento.

Rivoluzionari tedeschi e italiani si unirono nelle azioni e nelle rivendicazioni, mentre nel Tirolo

del nord l’arciduca Ferdinando era riuscito ad imbrigliare la protesta di contadini e minatori

facendo molte promesse.

Ciò che bisogna rimarcare è la grande impressione che i fatti rivoluzionari suscitarono nei con-

temporanei, erano eventi eccezionali che suscitarono profonda impressione, sia tra i contadini

che tra i nobili, che passata la prima paura, ricorsero a milizie mercenarie non solo per sconfigge-

re i ribelli ma per annientare anche la memoria della ribellione.

Gaismair resta nel castello di Bressanone a mantenere l’ordine, senza partecipare né alla Dieta

autoconvocata di Merano né a quella di Innsbruck, delle quali avrebbe ispirato i gravami.

Per coordinare l’azione insurrezionale, che si svolse prevalentemente nel Tirolo del sud, venne

convocata per la fine del mese una Dieta a Merano, Dieta che si concluse alcuni giorni dopo

con la stesura di una serie di rivendicazioni, da sottoporre al principe territoriale, note come

articoli meranesi.

Pochi giorni dopo la conclusione della Dieta meranese si apriva una Dieta, convocata ad Innsbruck

da Ferdinando I, dove gli articoli meranesi vennero discussi e uniti con quelli dei nordtirolesi,

dando origine a un gravamen di quasi 100 articoli, che doveva costituire la base della Landesordnung.

La Dieta di Innsbruck fu un importante passo che l’arciduca Ferdinando fece per guadagnare

tempo. Mentre i contadini si riunirono per discutere l’arciduca aspettava che le truppe della lega

sveva avanzassero verso il Tirolo mentre sconfiggevano i contadini sollevatisi in Germania.

La Dieta di Innsbruck si concluse con un compromesso fra gli insorti e l’arciduca che non

piacque però ai sudditi dei due Principati vescovili di Trento e Bressanone, le cui richieste

sarebbero rimaste disattese, e Gaismair ne animò la resistenza.

La Dieta terminò i lavori il 12 luglio. Anche durante il suo svolgimento non erano mancate

agitazioni violente. I contadini furono quindi definitivamente sconfitti in settembre dalle truppe

dell’Arciduca13.

Chiamato ad Innsbruck con uno stratagemma a metà agosto e subito messo in prigione senza

processo vi rimase per sette settimane, finché non gli riuscì di fuggire (7 ottobre). Questo

contegno delle autorità tirolesi lo avrebbe spinto su posizioni sempre più radicali. Attraverso

188. Il Tirolo nel XVI sec.

189. Prete, Jost Amman,incisione su legno XVI sec.

190. Il monaco, Jost Amman,incisione su legno XVI sec.

191. Settembre, dal ciclo deimesi di Hans Wertinger,inizio XVI sec.

189

191

190

Page 46: Cinquecento 04

72 CINQUECENTO

i Grigioni il leader contadino sarebbe fuggito a Zurigo dove avrebbe conosciuto Ulrich Zwingli

e ne avrebbe abbracciato la riforma.

Mentre Gaismair era trattenuto a Innsbruck le truppe mercenarie di Ferdinando domavano i

focolai di resistenza, passavano nei villaggi e distruggevano le case dei capi ribelli, arrestandoli

per giustiziarli in città. Molti rivoluzionari scapparono in Svizzera.

Così fece anche Gaismair, che si stabilì a Klosters nel Prettigau grigionese dove secondo la

tradizione storiografica vi avrebbe compilato, tra il gennaio e il marzo 1526, degli statuti (la

Landesordnung) concepiti come alternativa rivoluzionaria al compromesso di Innsbruck. Sulla

questione della Landesordnung rimandiamo al contributo del professor Politi che sostiene una

tesi diversa, secondo i suoi studi: sulla base degli esemplari esistenti e delle vicende biografi-

che di Gaismair non sarebbe lui l’autore materiale del documento.

In essi si traccerebbe il progetto d’una repubblica di contadini e minatori da cui sarebbero stati

banditi ogni disuguaglianza cetuale e ogni privilegio. A Bressanone avrebbero dovuto aver

sede sia il Reggimento del Paese, elettivo, sia una scuola superiore di esegesi biblica; il culto

delle immagini e la messa sarebbero state abolite, la giustizia esercitata da ufficiali elettivi e

retribuiti dallo Stato. Sotto il profilo economico, gli statuti gaismairiani - o presunti tali- preve-

devano che tutte le attività artigianali fossero concentrate a Trento e i rispettivi prodotti fosse-

ro venduti a puro prezzo di costo, sotto controllo statale. In ambito minerario avrebbe proget-

tato inoltre una totale eliminazione degli imprenditori forestieri e nobili e affermato il princi-

pio secondo cui le ricchezze del sottosuolo dovessero appartenere al Paese, che,se ne sarebbe

servito a sollievo delle proprie finanze. Anche in campo agricolo e rispetto all’assistenza a

favore dei poveri, dei vecchi impotenti e degli orfani la Landesordnung prevedeva importanti

misure.14

A Klosters Gaismair avrebbe preso contatto con i tradizionali nemici degli Asburgo la monar-

chia francese e la repubblica di Venezia, e prese parte alla stesura di un progetto d’invasione

del Tirolo attraverso la Val Monastero e la Val Venosta. Scoperto il piano, Gaismair dovette

cambiare programma e si recò nel principato vescovile di Salisburgo, ove fu eletto a capo dei

partecipanti alla seconda guerra contadina salisburghese.

Luglio 1526. Fattasi insostenibile la situazione, Gaismair, pur imbattuto sul campo dovette

fuggire attraverso gli Alti Tauri e la Val Pusteria, assieme a duemila soldati ad Agordo dove la

Repubblica Serenissima allora impegnata nella lega di Cognac fu ben lieta di accoglierlo tra le

proprie truppe.

1532 venne ucciso a Padova da due fanti sbandati attratti dalla taglia che Ferdinando aveva

posto sulla sua testa.

Nonostante la sconfitta militare del movimento, le richieste dei contadini trovarono ampia

accoglienza nella prima grande Landesordnung emanata da Ferdinando I nel 1526. Si tratta

senza dubbio di una scelta di compromesso dettata dalla drammatica situazione del momento,

192

193

194

192. Il Mulino, AlbrechtDürer, 1489.

193. Foglio volante, 1529.

194. Contadini giurano sullabandiera del Bundschu,1514.

195. Il povero Corrado, inizioXVI secolo.

195

Page 47: Cinquecento 04

CINQUECENTO 73

con la sanguinosa repressione avvenuta in Franconia e nel vicino Allgäu.

Trenta degli articoli dei contadini vengono accolti interamente, e diciannove parzialmente, altri

verranno accantonati perché o troppo brevi, o perché avrebbero richiesto un’elaborazione trop-

po lunga. Gli articoli più rivoluzionari furono comunque “disinnescati” attraverso trattative tra il

principe e la Dieta.15

La guerra contadina può essere letta quindi secondo J. Bücking16 come l’ultima grande rivolta

contro la formazione dello stato assolutistico, in cui i contadini temevano, parliamo del Tirolo,

di non ricoprire più quel ruolo di ago della bilancia che avevano svolto in passato, intuendo forse

l’ormai prossima fusione e amalgama dei poteri principeschi nobiliari ed ecclesiastici, che sotto

l’egida del principe avrebbero determinato in maniera univoca i destini della regione.

Dopo la guerra contadina, l’altra metà del secoloE’ con Ferdinando I ma soprattutto con il figlio Ferdinando II che troviamo pienamente

operante nella società tirolese del Cinquecento il processo di assolutizzazione della vita politi-

ca. La svolta assolutistica è strettamente legata alla riforma luterana quando Ferdinando I si

trovò a dover contrastare i “germi” della Riforma che si infiltravano nel territorio attraverso i

minatori, una categoria di lavoratori che fece la fortuna del Tirolo quattro e cinquecentesco e

che per questo non era facilmente liquidabile, e attraverso un buon numero di predicatori.

L’insegnamento della Riforma attecchì soprattutto laddove più rigide erano le strutture gerar-

chiche, laddove i contadini non avevano diritto alla ereditarietà della proprietà per essere sot-

toposti al regime della Freistift, e dove ad una posizione economicamente solida non corri-

spondeva una rappresentanza politica, come nel caso dei minatori che, provenendo da diverse

parti d’Europa, erano più sensibili a istanze di cambiamento.

L’adesione alla riforma luterana assume in questi casi una netta connotazione ideologica e un

chiaro significato di rivolta sociale e costituisce quindi quell’elemento che Blickle individua

come “legittimazione”.17

Solo con la sconfitta dei contadini le autorità riuscirono a mettere fine alla prima diffusione

del protestantesimo; si andò però radicando nella testa dei contemporanei l’idea della sostan-

ziale identità tra riforma e rivolta sociale, e di converso la necessità di contrastare efficacemen-

te chiunque mettesse in dubbio l’unità confessionale della regione. Per il mantenimento del-

l’unità confessionale le autorità non esitarono a ricorrere al rogo o alla deportazione. Partico-

larmente dura fu la repressione degli anabattisti tirolesi da parte di Ferdinando I18.

Così, se sull’onda delle emozioni e delle paure suscitate dalla guerra le rivendicazioni dei con-

tadini trovarono ampio spazio nella Landesordnung del 1526, non ci volle poi molto tempo al

principe per recuperare le saldezza dei propri nervi e ridimensionare le aspettative dei conta-

dini attraverso una nuova Landesordnung emanata nel 153219.

Tre sono i motivi, secondo Bücking20, che portarono i principi tirolesi a schierarsi apertamen-

te e fattivamente dalla parte della Chiesa cattolica romana; uno di questi era la convenienza

politica- era senza dubbio più semplice e foriero di minori problemi governare su un territorio

omogeneo da un punto di vista religioso. Ma non solo di questo si tratta; vi erano dietro

questa scelta anche motivazioni economiche; agli Asburgo, al contrario di altri signori territo-

riali, non interessava entrare in possesso dei beni ecclesiastici che sarebbero stati secolarizzati

in caso di loro adesione alla riforma per il semplice motivo che disponevano già di quei beni in

quanto avvocati delle diocesi tridentina e brissinense21; terzo fattore, i principi si sentivano

responsabili non solo per quanto riguardava l’aspetto materiale della vita dei loro sudditi ma

anche per la salute della loro anima.

Questa ideologia patriarcal-religiosa condusse le autorità temporali ad indicare in maniera

piuttosto estensiva alle autorità ecclesiastiche i provvedimenti da prendere per contrastare la

196. Pellegrinaggio alla“Bella Maria” di Regensburg,1519.

197. Il mulino divino, fogliovolante, 1521.

198. Fienagione, PieterBruegel il Vecchio, 1510(particolare).

197

198

196

197

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74 CINQUECENTO

Riforma. Concretamente durante i regni di Ferdinando I e II l’autorità vescovile venne con-

trollata e limitata attraverso una serie di provvedimenti che J. Bücking così riassume:

- Riduzione delle giurisdizioni ecclesiastiche;

- Consenso del principe per emanazioni di disposizioni curiali e vescovili;

- Controllo sull’esercizio del culto cattolico nel mondo laico attraverso registri e biglietti di

confessione;

- Limitazione dell’acquisto di beni da parte degli ecclesiastici;

- Utilizzo dei beni ecclesiastici come beni camerali;

- Influenza sull’elezione di vescovi e abati;

- Partecipazione alle visite, “nessuna visita doveva avvenire senza che il principe e i consiglieri

ne fossero informati22

Nel periodo che segue la riforma e la guerra contadina la debolezza della Chiesa in generale, e

dei principati vescovili in particolare, aveva portato lo Stato Tirolese, ci sia consentito l’uso di

questo termine, ad “interessarsi” alle vicende ecclesiastiche molto più fattivamente di quanto

non fosse mai avvenuto. L’intromissione era chiaramente dettata dalla preoccupazione per gli

eventi che si erano prodotti in Europa dopo il 1517. Di fronte alla crisi dei principati vescovili

il potere politico interviene a sostegno delle istituzioni ecclesiastiche, determinandone forte-

mente lo sviluppo; non solo, Ferdinando II cercò di approfittare del momento per porre fine

alle già limitate libertà vescovili ed inglobare definitivamente i loro territori all’interno della

contea tirolese. Un tentativo che però era destinato a fallire.

Ferdinando II e i principati vescovili.Sin dall’unione del Tirolo ai domini asburgici i rapporti tra principato vescovile di Trento e

principe territoriale erano regolati da accordi che prendevano il nome di “compattate” che

venivano spesso rinnovate e che, se nate con l’intento di fornire protezione militare ai vesco-

vi, contribuivano a limitarne le libertà politiche; nel 1496 inoltre i signori del Tirolo ottennero

anche il diritto di nomina del vescovo Nominationsrecht23

A metà Cinquecento però era in corso un tentativo, da parte dei cardinali Cristoforo e Ludovico

Madruzzo, di recuperare parte del potere politico sul territorio e sulla città di Trento.

Approfittando dell’inesperienza del giovane Ludovico, che rappresentava lo zio, ritiratosi a

Roma, Ferdinando II occupò la città di Trento e costrinse il cardinale a firmare un trattato che

legava strettamente il Principato, i cui punti principali prevedevano:

Il vescovo riconosceva la supremazia del principe territoriale, rinunciava al titolo di principe e

lo cedeva al signore territoriale;

Vescovi e sudditi devono rivolgere suppliche e appelli al principe;

era il principe territoriale decidere in merito alle conflittualità tra vescovo e magistrati cittadi-

ni;

il principe riceveva il giuramento del vescovo e dei sudditi;

era il principe a stabilire i privilegi cittadini;

il cardinale dovrà avere alla sua corte solo nobili tirolesi, e allontanerà gli stranieri, “che non

hanno molto da perdere in regione” 24

Questo trattato non entrò mai in vigore poiché dette origine ad una lunga disputa nella quale

intervennero tanto l’imperatore quanto il papa. Proposte, controproposte, minacce di morte

vere o presunte caratterizzarono dieci anni di trattative che si conclusero lasciando la questio-

199

199. La parabola dei ciechi,Pieter Bruegel il Vecchio, XVIsec. (particolare).

200. Il vescovo, Jost Amman,incisione su legno XVI sec.

201. Il re, Jost Amman,incisione su legno XVI sec.

201

200

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CINQUECENTO 75

ne irrisolta. Ferdinando accettò di stracciare il trattato del 1567; in cambio ottenne l’ammissio-

ne del figlio Andrea nel Collegio dei cardinali. I mediatori prepararono una base di accordo

che era un insieme delle vecchie Compattate, di alcuni articoli del trattato del 1567, di altri

articoli venuti alla luce durante le trattative e che inviarono all’imperatore; dopodiché non se

ne seppe più nulla, tanto che nel 1578 i rapporti tra Ferdinando e Ludovico Madruzzo erano

tornati alla “normalità” regolata dagli accordi precedenti 25

Tanto il tentativo di ridurre il principato di Trento all’autorità del principe quanto l’obiettivo

dei Madruzzo di rendere il principato autonomo non possono dirsi riusciti, perché nessuna

delle due parti aveva la forza di imporsi all’altra e la questione rimase pertanto sospesa.

Anche nei confronti del principato di Bressanone vi fu un tentativo di mediatizzazione che

portò nel 1591 il cardinale Andreas, figlio di Ferdinando, tra i coadiutori del principato 26

Se i tentativi di secolarizzare i principati vescovili non dettero i frutti sperati da Ferdinando,

portando invece ad una conflittualità accesa tra principe e vescovi, la collaborazione tra Stato

e Chiesa non fu per questo meno stretta e proficua.

L’assolutismoSecondo Norbert Elias due sono le condizioni indispensabili per la genesi sociale

dell’assolutismo: il monopolio fiscale e quello militare.

Condizioni che vennero poste in Tirolo attraverso il Landlibell del 1511 che regolava contem-

poraneamente la difesa territoriale e il prelievo fiscale; a questi presupposti bisogna aggiunge-

re la formazione di una società di corte attraverso lo Hofstaatsordnung di Ferdinando I.

Attraverso il graduale costituirsi di una società assolutistica di corte è contemporaneamente

avvenuta anche una trasformazione dell’economia pulsionale e del comportamento dello stra-

to superiore in direzione della “civilizzazione” ed è evidente come questo più forte controllo

e dominio della vita pulsionale sia da riconnettere al più forte vincolo sociale, alla crescente

dipendenza della nobiltà dai sovrani ormai insediati al vertice.27

Partendo da queste premesse generali fu Ferdinando II a gettare le basi del processo di

assolutizzazione del potere all’interno della società tirolese della seconda metà del Cinquecen-

to liberandosi della, peraltro ormai tenue, tutela degli stati. Nel 1573 viene realizzato lo Steuerwerk,

uno strumento per scaricare i costi dell’amministrazione sugli stati tirolesi. I timori che la dieta

potesse aprofittarne per rafforzare la propria posizione si rivelarono infondati.

Ferdinando II accentuò la centralità dello stato attraverso la Landesordnung e la Polizeiordnung

emanata anch’essa nel 1573, uno strumento che si occupava della “sicurezza” dei cittadini a

trecentosessanta gradi, visto che si va da norme sull’istruzione alla sanità, al vestiario, al lusso

senza dimenticare la pubblica sicurezza.

Fu il governo a prendere da solo importanti decisioni; la politica alimentare, fondamentale in

un paese che non era in grado di coprire con la propria produzione agricola tutto il fabbisogno,

era nelle mani del governo e della Camera, e fu l’Arciduca in persona a occuparsi dell’acquisto

di grano in Italia Settentrionale (a Ferrara, a Milano, a Mantova, a Venezia nell’Europa del-

l’Est, in Boemia e in Austria) quando fra 1566/67 e 1569/72 in Tirolo furono anni di crisi.

Ferdinando II cercò inoltre di sottomettere i principati vescovili28, ma soprattutto creò un

rapporto di osmosi tra istituzioni “statali” ed “ecclesiastiche” che, solo dopo il Concilio di

Trento, svilupparono gli strumenti per rispondere alla Riforma.

Dal punto di vista del principe la Chiesa e i suoi apparati, sottoposti all’autorità principesca,

202. Il lavoro in campagna,incisione su legno,Strasburgo 1502.

203. Paesaggio estivo, Lucasvan Valckenborg il Vecchio,1585 (particolare). 203

202

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76 CINQUECENTO

dovevano farsi carico di garantire l’ortodossia. Obbedienza e fede erano in rapporto di stretta

dipendenza; e chi pensava altrimenti, mettendo in pericolo questo “dogma”, quindi le basi

della società, andava eliminato. Solo i credenti facevano parte della comunità, della società, gli

altri ne erano esclusi. Si andò così sviluppando un sistema di controllo, di disciplinamento

sociale basato sull’identità tra credente e soggetto di diritto29.

L’unità confessionale diventa parte di una strategia, secondo Ferdinando II il vangelo doveva

predicare l’amore e la grandezza di Dio, ma soprattutto l’obbedienza all’autorità30.

Autorità che sempre più farà sentire il suo peso sulla vita dei cittadini, mirando a controllarne

e a determinarne la condotta in ogni luogo e in ogni momento.

L’individuo venne “invitato” a regolare la sua vita sulla base di uno schema ben preciso che

comprendeva la preghiera di mezzogiorno, l’orario di chiusura delle osterie, la partecipazione

alla messa domenicale, la partecipazione alle processioni. Le feste e la stessa vita quotidiana

vennero moderate31. I provvedimenti legislativi erano molteplici e toccavano vari aspetti della

vita quotidiana: miravano ad esempio a circoscrivere per quanto possibile il fenomeno del-

l’ubriachezza, a far rispettare i due giorni di digiuno settimanale: i Fleischschauer nonché gli osti

dovevano vigilare che in questi giorni non si vendesse o si consumasse carne, i macellai stessi

erano invitati a denunciare chi la richiedeva. Anche la musica e il ballo vennero fortemente

limitati quando non proibiti, le autorità si preoccupavano quando molte persone si riunivano

in un unico luogo, temevano potesse scoppiare una rivolta; il ballo inoltre conteneva una

carica erotica non ammissibile in una società che cercava di cancellare l’idea stessa del sesso.

Furono proibite le maschere perché celavano l’identità di chi le portava ed erano perciò sino-

nimo di pericolosità sociale, le autorità si dimostravano fortemente interessate a riconoscere

in ogni momento i sudditi. Severamente vietate erano le code del carnevale che qualcuno

festeggiava anche durante la quaresima; le autorità imposero che tutte le feste dovessero ter-

minare l’ultimo giorno di carnevale e non spingersi oltre. Venne limitato l’orario di apertura

delle osterie, la notte, dove gli individui potevano “perdersi” e scambiarsi opinioni senza esse-

re sotto controllo. Perché tutti partecipassero alla messa domenicale non ci dovevano essere

distrazioni, per cui le osterie dovevano restare chiuse durante lo svolgimento della funzione

religiosa32.

Un momento importante in questa strategia di disciplinamento dei comportamenti furono la

Polizeiordnung e la nuova Landesordnung del 1573, che si poneva come la fonte di diritto valida

su tutto il territorio regionale, ed era la summa del diritto consuetudinario, mentre come tribu-

nale di massima istanza abbiamo il governo, che giudica però secondo il diritto romano. Gli

istituti politici e la strategia punitiva del principe non avrebbero però potuto da soli garantire

204

205

204. Combattimento traCarnevale e Quaresima,Pieter Bruegel il Vecchio,1559 (particolare).

205. Il paese di cuccagna,Pieter Bruegel il Vecchio,1567.

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CINQUECENTO 77

un efficace controllo e disciplinamento senza la collaborazione con la Chiesa.

Momento centrale della strategia di disciplinamento sarà infatti un istituto ecclesiastico che

dopo il Concilio venne ad assumere un ruolo fondamentale all’interno della Chiesa, stiamo

parlando della confessione.

Tra i vari provvedimenti assunti il Concilio ribadì l’obbligatorietà della confessione annuale,

che doveva, tra l’altro, venire documentata attraverso “quietanze” -Beichzettel- e registri che

dovevano essere sottoposti all’attenzione tanto delle autorità ecclesiastiche quanto di quelle

politiche

La confessione però si trasforma, da confessione pubblica, diventa un fatto privato e cambia

la sua connotazione rispetto al Medioevo, dove aveva un significato principalmente positivo,

essendo una riconciliazione con Dio e con la comunità cristiana; dopo il Concilio l’aspetto

della riconciliazione passa in secondo piano; acquista invece una netta preponderanza la valenza

di controllo, di esame: è il mezzo con cui si cercano i motivi per cui ci si allontana dalla

comunità33. L’obbligo della confessione “in specie” implica l’esatta descrizione dei peccati

con tutti i particolari, nonché delle condizioni in cui sono avvenuti, diventa una sorta di pro-

cesso, condotto sulla base di un preciso questionario, che nel 1603 verrà ufficialmente adotta-

to anche nella diocesi di Bressanone. La nuova confessione entrava nell’intimo dell’individuo,

doveva servire a capirne la psicologia, a capire come e cosa pensava; la colpa, seppur oggetto

di un’attenzione addirittura ossessiva era il pretesto per questa operazione di scavo e di puni-

zione.

Visite pastorali, confessione, Landesordnung e ordinamento di polizia (anch’esso del 1573)sono

gli strumenti attraverso cui si ottenevano informazioni e si esercitava il controllo sociale. La

costante applicazione di questi sistemi alla società finì col produrre anche significativi cambia-

menti nella psicologia e nel comportamento degli individui e della collettività.

Note1 MACEK J., Michael Gaismair. Eroe dimenticato nella guerra dei contadini nel Tirolo, Trento 1991, p. 137.2 Ivi. pag.109-130.3 La miniera di Schwaz, una delle più importanti in Europa, arrivò a produrre una media di 10.000 kg d’argento l’anno

con punte di 14.000 e 15.600 kg tra 1490 e il 1530. La produzione, seppur importante in un Europa assetate di metalli

preziosi, era solo lontanamente paragonabile con quella delle miniere americane che arrivarono a riversare in Europa

anche 200 tonnellate (200.000 kg) d’argento all’anno. Secondo alcuni storici le cifre dell’importazione dell’oro e

dell’argento americano sono da rivedere perché largamente sottovalutate in quanto non tengono conto del contrab-

bando. Cfr.: CARLO M. CIPOLLA, Conquistadores, pirati e mercanti. La saga dell’argento spagnolo. Il Mulino 1996.

206

207

206. Nozze di contadini,Pieter Bruegel il Vecchio,1567.

207. Danza nuziale, PieterBruegel il Vecchio, 1566.

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78 CINQUECENTO

4 Cfr.: J. BÜCKING, “M. Gaismair Reformer Sozialrebell, Revolutionär. Seine Rolle im Tiroler Bauernkrieg 1525-1532”, Stuttgart

1978, p. 28.5 I Fugger divennero imprenditori minerari solo a partire dal 1516, in precedenza avevano operato in maniera

diversa, tra 1488 e 1495 avevano agito come prestatori, garantendo a Sigismondo 625.000 fiorini renani in cambio

di 56.000 kg d’argento. I Fugger rivendettero l’argento per una cifra oscillante tra i 2.000.000 e i 2.400.000 fiorini

garantendosi un guadagno netto compreso tra 1.375.000 e 1.775.000 fiorini. Cfr.: BÜCKING J., “M. Gaismair ReformerSozialrebell, Revolutionär , p. 23-24.6 E’ il titolo di un articolo di EGG E., Schwaz ist aller Bergwerke Mutter, pubblicato nel 1971, in Beiträge zur GeschichteTirols.7 Non solo motivi economici contribuirono a fare del Tirolo la sua “regione preferita” L’interesse di Massimiliano

non era rivolto solo a questioni di stato ma anche ad altre attività, tipiche della nobiltà dell’epoca. La caccia, la

caccia al camoscio in particolare, era la sua attività venatoria preferita, e il Tirolo con il suo ambiente montano e

ricco di selvaggina era il terreno ideale. La caccia al camoscio non era solo un momento ludico-sportivo ma era un

momento della vita sociale. Fondamentale era che la corte potesse assistere alla caccia dalla vallata. Proprio attorno

ad un episodio di caccia si è creata fin dal XVI secolo una leggenda, che vedeva Massimiliano salvato da un angelo

dopo essere stato bloccato per alcuni giorni su uno sperone roccioso, la Martinswand, inseguendo un camoscio.

Quando tutti ormai lo davano per spacciato, (dalla vallata un sacerdote gli aveva anche impartito l’estrema unzione),

ecco il miracolo, un angelo, nei panni di un pastorello, compare vicino a Massimiliano e lo guida fino a valle.8 GRANELLO G., La crisi della guerra rustica, in DELLE DONNE G. (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige,

Bolzano 1994, p. 99.9 Ivi. p.100.10 cfr. MACEK J., Michael Gaismair, Trento 1991, p. 28.11 Faida: Le faide erano praticate soprattutto da coloro che erano dotati di potere e armi, dunque dai nobili, dai

principi oppure dalle città. Ciò non significa tuttavia che vi rimanesse coinvolta anche la popolazione pacifica.

Faida vuol dire vendetta e bottino: i contadini che erano sudditi dell’avversario venivano depredati, il bestiame

rubato, i raccolti bruciati. Per contrastare tali situazioni si erano create sin dal medioevo le Landfrieden zone di pace

temporalmente e geograficamente limitate, ma con scarso successo. H. Schulze, p. 20.12 Le notizie biografiche su M. Gaismair sono tratte dal volume di G. Politi, Gli Statuti impossibili, Torino 1995 p.

XVI-XVII e MACEK J., Michael Gaismair, op. cit.13 GRANELLO G., La crisi della guerra rustica, op. cit., p. 197 sg.14 POLITI G., Gli Statuti Impossibili, op. cit., pp. XVII-XVIII.15 BLICKLE P., Die Revolution von 1525, München 1993, 3. edizione riveduta , p. 266.16 BÜCKING J., Frühabsolutismus und Kirchenreform in Tirol (1565-1665), Wiesbaden 1972, p. 4.17 BÜCKING J., Reformation und Katholische Reform in Tirol, in “Der Schlern” n. 45 1971, p. 134.18 Cfr. PALME R., L’anabattismo tirolese, in C.H. von Hartungen e G. Pallaver (a cura di) Die Täuferbeweg/L’anabattismo,

Bolzano 1989 p. 90.19 Per una comparazione tra gravamina dei contadini e le Landesordnung che seguirono nel 1526, 1532 e 1573 cfr.

BLICKLE P., 1973 pp. 200-227.20 BÜCKING J., Reformation und Katholische Reform in Tirol, op. cit., p. 130 sg.21 Trento Bressanone e Coira, per restare in ambito tirolese sono territori mediati, ricevevano dall’Imperatore le

regalie e possiedono un seggio fra i 32 principi ecclesiastici del Reichstag; ma non sono, dovendo sopportare sul loro

territorio le intrusioni avvocaziali, degli Stati interamente sovrani, cfr. BELLABARBA M., 1996 p. 120 n. 21.22 BÜCKING J., Frühabsolutismus und Kirchenreform in Tirol, op. cit., p. 131.23 PALME R. Frühe Neuzeit (1490-1665), in FONTANA J. (a cura di), Geschichte des Landes Tirol, vol II: DieZeit von 1490 bis1848, Bolzano-Innsbruck-Wien 1990, pp. 3-152., 1990 p. 97.24 BÜCKING J., Reformation und Katholische Reform in Tirol, op. cit., p. 36.25 Per le varie fasi delle trattative e delle principali produzioni documentarie, ivi pp. 32-47.26 PALME R., Frühe Neuzeit , 1990 pp. 101-102.27 ELIAS N., Il processo di civilizzazione, Bologna 1983, p. 382.28 Francesco Felice degli Alberti, “signore di uno Stato che il riformismo teresiano stava condannando alla sparizone”,

esprime nei suoi Annali, scritti nella seconda metà del Settecento, il rimprovero ai suoi predecessori per aver

concesso l’accordo fiscale del 1474; da quella data le limitazioni alla figura vescovile erano aumentate di grado e i

poteri d’essa si erano ingabbiati fino a diventare, ora che lui regnava, quasi evanescenti. BELLABARBA M., La giustiziaai confini. Il principato vescovile di Trento agli inizi dell’età moderna, Bologna 1996, p. 125.29 PALLAVER G., Das Ende der Schamlosen Zeit. Die Verdrängung der Sexualität in der frühen Neuzeit am beispiel Tirols. Wien

1987, p. 27.30 BÜCKING J., Frühabsolutismus, op. cit., p. 130.31 MüLLER C., Sozialdisziplinierung während Fastnacht und Fastenzeit in Tirol zwischen 1530 und 1560, Wien 1995, p. 55.32 Ivi. pp. 56-98.33 Cfr. PALLAVER G., Das Ende der Schamlosen Zeit, op. cit., p. 51 sg.

Per saperne di più

MACEK J., Der Tiroler bauernkrieg und Michael Gaismaier, [tr. td. de Tyrolská selská válka a Michael Gaismair, Praha

1960], Berlin 1965.

MACEK J., Michael Gaismayr. Eroe dimenticato della guerra dei contadini in Tirolo, Trento 1991

MüLLER C., Sozialdisziplinierung während Fastnacht und Fastenzeit in Tirol zwischen 1530 und 1560, Wien 1995

PALLAVER G., Das Ende der Schamlosen Zeit. Die Verdrängung der Sexualität in der frühen Neuzeit am beispiel Tirols. Wien

1987.

POLITI G., Gli statuti impossibili. La rivoluzione tirolese del 1525 e il “programma” di Michael Gaismair, Torino, 1995.208.

Page 53: Cinquecento 04

CINQUECENTO 79

La Landesordnung

209. In prigione, incisio-ne su legno, PetrarcaMeister, 1519/20 (parti-colare).

Il documento definito Landesordnung (ordinamento regionale) e attribuito a Michael Gaismair,

esiste in tre esemplari, due conservati presso archivi, uno allo Haus Hof und Statsarchiv di

Vienna, un secondo presso l’Archivio diocesano di Bressanone, mentre del terzo esemplare rimane

la trascrizione ad opera di Albert Hollender. Il testo venne pubblicato nella rivista “Der Schlern”

del 1932, mentre l’originale era conservato, fino alla II guerra mondiale, presso l’Archivio di

Stato Bolzano.

Sulle relazioni che intercorrono tra i tre esemplari rimandiamo all’articolo di Giorgio Politi a

pag. 84, quello che vogliamo mettere qui in risalto è il fatto che tutti e tre gli esemplari hanno

un’unica origine presso l’Archivio diocesano di Bressanone, ma si sono poi dispersi.

Il come e il perché si arrivi a questa diaspora documentaria, lo racconta il prof. Politi nel suo

testo “Gli statuti impossibili”, un importante testimonianza archivistica per quanti intendono

fare ricerche di storia locale.

[...] con la pace di Lunèville (9 febbraio 1801) e il successivo trattato di Parigi (26 dicembre 1802), che

prevedevano la cessione dei territori sulla sinistra del Reno alla Francia, il problema d’indennizzare i sovrani

da ciò sminuiti nei loro domini veniva risolto mediante la secolarizzazione dei principati ecclesiastici posti a

oriente del fiume e ciò significava che a Francesco II sarebbero toccati, quale compenso per la perduta Contea di

Falkenstein, i due Stati vescovili a sud del Brennero. Il via nei fatti all’annessione fu dato dalla patente

imperiale del 25 dicembre 1803; da questa data il vetusto principato Principato brissinese cessava di esistere e

il suo organismo documentario diveniva archivisticamente “morto”. Come poi di norma capita in siffatti

cambiamenti di proprietà, il nuovo governo volle presso di se la parte di documentazione che giudicava più

rilevante per i propri fini: e così circa 3000 pergamene, 400 codici e 150 fascicoli nonché, come si è visto la bella

copia dell’inventario [redatto da Joseph Resch nel furono 1800] furono scorporati dall’Archivio aulico brissinense

e portati a Innsbruck ne1804; in loco restarono le circa 18oo pergamene, 900 codici e 27492 fascicoli che vi

si ritrovano ancor oggi.

Ma i tempi, come sopra si è detto, turbinavano e quello verso la città sull’Inn rappresentava, per la parte

scorporata del vetusto fondo, solo l’inizio di ben piú scomodi viaggi.

Già nell’estate 1805 una parte del materiale portato a Innsbruck aveva preso la via di Vienna; a seguito poi

della vittoria napoleonica sulle truppe austro-russe ad Austerlitz e della successiva pace di Presburgo (26

dicembre 1805) il Tirolo fu assegnato alla Baviera, eretta in Regno il 1° gennaio 1806 e alleata dei Francesi,

che intendevano in tal modo garantirsi l’agibilità dei passi alpini. Anche i nuovi acquirenti volevano, com’è

ovvio, la merce corredata di garanzia e non tardarono quindi a reclamarla; e anche se, nel tira-e-molla consueto

in simili casi, non è del tutto chiaro cosa sia poi avvenuto, par certo che, con il 1813, parte del materiale di

provenienza brissinense fosse realmente consegnato a Monaco.

Appena in tempo perché, l’anno dopo, un accordo concluso tra il re bavarese e Francesco II, questa volta alleati,

e confermato poi dal Congresso di Vienna, prevedeva 1a riunificazione del Tirolo all’Austria. Ciò avrebbe

dovuto comportare anche la resa dei documenti; solo nel 1837 però l’am-

basciatore austriaco a Monaco ottenne la riconsegna effettiva d’alcuni pezzi d’origine brissinense, che furono

inviati a Vienna; di qui, d’altro canto, alcune poche carte in materia di miniere, foreste e corvè furono fatte

pervenire parte alla direzione demaniale di Lubiana e parte alla loro sede originaria di Bressanone rispettiva-

mente nel 1821, ’26 e ’39; durante la seconda metà del secolo, poi, lo Staatsarchiv della capitale asburgica

cedette altre carte brissinensi agli archivi enipontani.

Non era ancora finita. Dopo la grande guerra e il passaggio del Tirolo meridionale allo Stato italiano l’Au-

stria dovette consegnare a questo, in base all’articolo 93 del Trattato di St. Germain (10 settembre 1919), i

fondi archivistici originatisi entro la regione ceduta, quindi la documentazione brissinense ancora a Innsbruck

e Vienna, che andò a formare il nucleo del nuovo Archivio di Stato di Bolzano, istituito già nel 1920 come

sezione di Trento e poi eretto in quanto tale, con giurisdizione su tutta la provincia dell’Alto Adige, dieci anni

dopo. E’ del tutto ovvio per chiunque ne abbia esperienza come in simili casi, essendo un archivio perfettamente

ordinato rara avis, si verifichino di norma errori di trasferimento o scomparse di singole carte o di interi

fascicoli, buste o registri – scomparse talvolta incidentali, nel senso che un determinato pezzo rimane per

semplice omissione nella sede di partenza finché si perde memoria della sua origine, e talvolta invece calcolate,

specie quando la documentazione sia oggetto d’un contenzioso carico di valenze politiche o ideologiche. Comun-

que sia, oggi l’antico Archivio Aulico si trova sparpagliato fra sei diverse sedi: Bressanone, Bolzano, Innsbruck,

Vienna, Monaco, Lubiana.

209.

Page 54: Cinquecento 04

Primo, prometterete e giurerete in questi termini, di mettere insieme vita e beni, di non

disperdervi, ma di condividere la stessa sorte, di agire sempre secondo consiglio, di essere

fedeli e obbedienti ai superiori prepostivi e di cercare in ogni cosa non il vostro vantaggio

particolare bensì innanzitutto l’onor di Dio e quindi il bene comune, affinché l’onnipotente

Iddio, come ha ripetutamente promesso a tutti coloro che obbediscono ai Suoi comandamen-

ti, ci presti grazia e aiuto; del che dobbiamo assolutamente confidare, perché Egli è del tutto

veritiero e non inganna nessuno.

Secondo, che sradicherete e scaccerete tutti gli empi, che perseguitano il Verbo eterno di

Dio, aggravano il povero uomo comune e ostacolano il bene comune.

Terzo, che vi studierete di stabilire una legge interamente cristiana, che sia fondata in ogni

cosa solo sul santo Verbo eterno di Dio, e che vivrete integralmente secondo essa.

Quarto, devono essere aboliti tutti i privilegi, perché sono contrari al Verbo divino e falsi-

ficano la giustizia, in base a cui nessuno dev’essere avvantaggiato rispetto all’altro.

Quinto, nel paese devono esser distrutte tutte le cinte murarie attorno alle città, lo stesso

tutti i castelli e le fortezze, e d’ora in poi non dovranno essere più città, ma villaggi, cosicché

non nasca alcuna distinzione fra gli uomini, tal che uno sia superiore o migliore dell’altro, da

dove poi deriverebbero a tutto paese rovina, anche peccato, superbia e sedizione, bensì vi sia

nel paese un’uguaglianza totale.

Sesto, devono essere abolite tutte le immagini, i tabernacoli, le cappelle che non sono

chiese parrocchiali e la messa in tutto il paese, perché piuttosto un abominio davanti a Dio ed

è del tutto anticristiano.

Settimo, dev’essere predicato dappertutto nel paese, fedelmente e in modo veritiero, il

Verbo divino e si deve eliminare ogni sofisteria e giuristeria e bruciare i relativi libri.

Ottavo, i giudizi e lo stesso le parrocchie devono essere fissati in tutto il paese nel modo

più opportuno, sì da poterli amministrare con i costi minori possibile.

Nono, ciascuna comunità, tutta intera, di ciascun giudizio deve eleggere ogni anno un

giudice e otto giurati, che dovranno esercitare quell’anno stesso il potere della giustizia.

Decimo, si devono tenere udienze ogni lunedì e tutte le questioni non devono esser tratte

oltre l’udienza successiva, ma essere terminate e non andare all’udienza successiva. I giudici,

giurati, cancellieri, avvocati e nunzi non dovrebbero prender niente da nessuno nelle faccende

giudiziarie ma essere stipendiati dal paese e perciò comparire ogni lunedì a proprie spese al

banco del tribunale e tenersi a disposizione di questo.

Undicesimo, dev’essere designato nel paese un reggimento e a tal fine Bressanone sarebbe

il luogo più opportuno, perché vi sono molte case di preti e ogni altra cosa di cui c’è bisogno

e per la sua posizione centrale e i reggenti devono essere presi da tutti i quartieri del paese e

qualcuno anche dalle miniere.

Dodicesimo, l’appello dev’essere portato da subito davanti al governo e non più a Merano,

perché è una spesa e non vi è alcun utile, e dev’essere subito sbrigato ivi stesso e terminare

senza ulteriore dilazione.

Tredicesimo, nel luogo dove si trova il governo del paese dev’essere istituita una scuola

superiore dove si deve apprendere solo il verbo divino e tre dotti della scuola superiore, intelli-

genti del verbo divino e di molta esperienza nella Sacra scrittura da cui soltanto può essere

conosciuta la giustizia, divina devono sempre sedere nel governo e giudicare ogni cosa secondo

quanto Dio ha ordinato, come si addice a un popolo cristiano.

Riguardo ai censi, una riunione dell’intera comunità territoriale deve decidere, dopo mutuo

consiglio, se gli stessi devono essere aboliti subito o se si proclamerà un anno sabbatico secondo

la legge di Dio, riscuotendo nel frattempo i censi per i fabbisogni del paese comune. È infatti da

considerare che il paese comune dovrà sostenere per un certo periodo spese di guerra.

Riguardo alle dogane mi parrebbe bene, a vantaggio dell’uomo comune, che si abolissero

dappertutto entro il paese. Le si eriga però ai confini e si osservi questo criterio: ciò che entra

nei paese non paghi nulla, ciò che invece esce dal paese sia gravato da dogana.

Riguardo alla decima, ciascuno la deve dare, secondo la legge di Dio, e deve così costumarsi:

ogni parrocchia deve avere un prete nel senso che intende Paolo, che vi annunci il verbo di

Dio e che dev’essere provvisto dello stretto necessario a sostentarsi con decenza mediante la

decima; e la decima che sopravanza dev’essere data ai poveri.

Traduzione integrale della Landesordnung

80 CINQUECENTO

210

211

Page 55: Cinquecento 04

Con il povero però si deve tenere un ordinamento siffatto: nessuno deve andar poi mendi-

cando di casa in casa, di modo che sia eliminata la poltroneria, molta gente inutile che potreb-

be ben lavorare.

I conventi, i monasteri e le case dell’Ordine teutonico devono essere trasformati in ospe-

dali e in alcuni devono essere raccolti gli ammalati, cui si deve ben attendere con ogni assisten-

za e medicina, negli altri le persone anziane che per l’età non possono più lavorare e i poveri

orfani, che bisogna siano istruiti ed educati. Se però vi fossero dei poveri vergognosi, occorre-

rà aiutarli mediante la decima o elemosine con rettitudine, in base al consiglio di ciascun

giudice nella sua giurisdizione, ov’essi sono conosciuti il meglio possibile, secondo l’occorren-

za dei loro bisogni. Se però la decima non dovesse bastare al sostentamento dei parroci e dei

poveri, ciascuno deve aggiungere la sua elemosina onestamente, secondo le sue possibilità. E

se ciononostante mancasse ancora qualcosa, dovranno supplire fino a piena soddisfazione le

entrate del paese. E in ogni ospedale dev’esserci un massaro e dev’essere inoltre insediato un

conservatore od officiale soprastante a tutti gli ospedali e i poveri, che non faccia altro se non

tenere sempre forniti tutti gli ospedali e si curi dei poveri e provveda loro; a tal proposito ogni

giudice, ciascuno nella sua giurisdizione, deve prestargli aiuto raccogliendo le decime e le

elemosine e anche indicandogli i poveri vergognosi e istruendolo circa essi. I poveri non

devono essere provvisti solo di cibo e di bevande, ma anche di vestiario e di ogni cosa neces-

saria.

Item, affinché nel paese sia mantenuto ovunque buon ordine in ogni cosa, devono essere

insediati dei capitani di quartiere e inoltre un comandante in capo per tutto il paese, che in

guerra e in ogni altra circostanza s’incarichino sempre dei bisogni e della cura del paese prepa-

rando il paese, i confini, i passi, le vie, i ponti, le acque, gli insediamenti, le strade pubbliche, e

trattino tutto ciò di cui il paese ha bisogno e lo servano lealmente in ogni cosa. Essi devono

anche comunicare tutto ciò che, in base ai sopralluoghi e alle informazioni, difetta, anzitutto al

governo e operare sempre secondo consiglio dello stesso.

Item, nel paese si devono bonificare tutte le paludi e acquitrini e altri luoghi sterili e non

trascurare il bene comune per via di poche persone egoiste. Si potrebbero prosciugare tutte le

paludi da Merano fino a Trento e tenervici ogni sorta di bestiame, vacche e pecore, coltivare

anche in molti luoghi molti più cereali, cosicché il paese sia provvisto di carne. Si potrebbero

anche piantare in molte località olivi, coltivare anche zafferano e bisogna trasformare le vigne

basse in vigne a filari distanziati, piantarvi Rotlagrein e fare del vino leggero come in Italia e in

mezzo coltivare cereali, perché il paese ne manca. Ne consegue che i vapori nocivi delle paludi

sparirebbero e la campagna diventerebbe molto più salubre; cesserebbero molte malattie che

provengono dal vino pesante dei vigneti bassi, il vino e i grani diverrebbero convenienti e si

coltiverebbero a minor costo. Si lascino però come sono i vigneti di montagna, che non è

possibile coltivare a cereali.

Item in ogni giudizio, in un periodo opportuno dell’anno, bisogna - un’intera comunità -

tenere corvé nei boschi e nei terreni comuni, sgombrarli e fare del buon pascolo e migliorare

cosi sempre la campagna.

Bisogna che nessuno nel paese eserciti la mercatura, affinché nessuno si macchi del pecca-

to d’usura. Tuttavia perché in ciò non si manifesti penuria e si possa mantenere buon ordine e

neppure qualcuno sia aggravato o frodato ma ogni cosa si trovi al giusto prezzo e di buona

qualità, dev’essere anzitutto designata nel paese una località - e a tale scopo sarebbe opportu-

na Trento, per i bassi costi e perché sulla seconda via; ivi si devono erigere tutti i mestieri

trasferendoli dalla campagna, come, cioè, per fabbricare tessuti di seta, panni, berretti, arnesi

d’ottone ecc. e altro; e dev’essere insediato sopra ciò un officiale generale che metta in conto

ogni cosa e quanto non si può produrre nel paese, come spezie e altro, dev’essere fatto venire

da fuori a tale scopo devono esser tenute in alcuni luoghi ben determinati del paese, secondo

l’opportunità, delle botteghe, dove si possa comprare ogni sorta di cose, e non dev’essere

conseguito lucro alcuno, ma deve esservi calcolato solo il costo effettivo. Così si vigilerebbe su

ogni frode e si potrebbe mantenere ogni cosa a un giusto valore e il denaro resterebbe nel

paese e tornerebbe a vantaggio e a grande utilità per l’uomo comune. A questo officiale sopra

il commercio e ai suoi servitori si dia una paga determinata.

Si deve ristabilire una buona moneta pesante come ai tempi del duca Sigismondo ed elimi-

nare, espellere dal paese la moneta oggi corrente e in seguito o a maggior ragione non accet-

tare più nessuna moneta forestiera per molto o poco. Le monete infatti devono essere sempre

CINQUECENTO 81

210. San Gerolamo nellostudio, Albrecht Dürer, 1521(particolare).

211. I pericoli per il lavoro inminiera: guerra, morte, infla-zione, inedia, SchwazerBergbuch, 1556.

212. Allegoria della gramma-tica, retorica e logica, foglio astampa, XVI sec., (particola-re).

212

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82 CINQUECENTO

saggiate e valutate e ciò che non corrisponde al valore della moneta del paese dev’essere

confiscato.

Bisogna prendere da tutte le chiese e i luoghi sacri tutti i calici e i preziosi, farne monete e

usarle per i bisogni del paese comune.

Bisogna trovare anche una buona intesa con i paesi limitrofi.

Non bisogna permettere ai Savoiardi di vendere di porta in porta nel paese.

Bisogna tenere in futuro solo un mercato nella Val d’Adige e uno nella Valle dell’Inn.

Bisogna avere un peso, un braccio e un’unica legge in tutto il paese.

Bisogna custodire bene i confini e i passi.

Bisogna tenere di riserva una somma di denaro ragguardevole, nel caso una guerra impre-

vista sorprendesse il paese.

E i beni immobili della nobiltà espulsa o di altri bisogna che siano utilizzati per sostenere le

spese dei giudizi.

Faccende relative alle miniere. In primo luogo devono venire nelle mani del paese

comune tutte le fonderie, quote, miniere, minerale, argento, rame e quanto spetta a ciò e si può

conseguire nel paese, che appartiene alla nobiltà e a mercanti e compagnie forestiere come

quelle dei Fugger, Höchstetter, Paumgartner, Pumpler e simili, poiché essi hanno perso tali

cose, a termini di giustizia. Essi hanno infatti conseguito ciò in privilegio grazie a un’illecita

usura denaro destinato allo spargimento di sangue umano; del pari, hanno pagato all’uomo

comune e lavoratore il suo salario con frode e merce cattiva sopravvalutata, aggravandolo due

volte; hanno anche fatto rincarare le spezie e altra merce con le loro incette; e il comprar

l’argento da uno e dover pagare secondo la tariffa che loro stessi si sono escogitata sono stati

causa dello svilimento della moneta da parte di tutti gli zecchieri; o gliela prestano, quella

moneta, senza averne risarcito il calo, ai danni del povero uomo comune, nel suo salario, e

anche del povero minatore, che non sono titolari di fonderie, nel comprargli il minerale; ma

hanno fatto crescere tutte le merci che hanno potuto concentrare nelle loro mani, vendendole

al rialzo, e insomma hanno aggravato tutti quanti con usura anticristiana e si sono così arric-

chiti a danno del patrimonio del Principe, il che quindi è giusto sia punito e fatto cessare.

Di conseguenza dev’essere insediato dal paese un soprastante a tutte le faccende di minie-

ra che maneggi ogni cosa e sia tenuto a un rendiconto annuale; e non dev’essere permesso a

nessuno di fondere, ma il paese, mediante il proprio fattore a ciò insediato, deve far fondere

ogni minerale, fissarne il prezzo secondo equità e d’altra parte pagare in futuro al lavoratore

ogni conto in denaro liquido e non in merci. E perché in avvenire i contadini e i minatori

possano convivere in buona pace.

E se al paese dovesse provenire dalle miniere un’entrata considerevole, questa sarebbe

l’eventualità migliore, perché il governo del paese, con tutti gli uffici e le difese, potrebbero

esserne mantenuti.

Del pari, dev’essere mantenuto buon ordine nelle saline.

Dove tuttavia il paese vedesse che ciò non basta e non si potesse conseguire da ciò un’en-

trata bastevole al mantenimento del paese, si dovrebbe levare un’imposta o un tributo, affin-

ché il carico fosse equamente ripartito nel paese.

Bisogna anche porre la massima cura, impegnandovi i mezzi del paese, perché nel paese

siano scoperte e aperte miniere in più luoghi; grazie a esse infatti il paese può conseguire la

maggior entrata possibile senza aggravare nessuno.

Traduzione di Giorgio Politi, in POLITI G., Gli statuti impossibili, Torino 1995, pp. 331-338.

82 CINQUECENTO

214

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213. I Froner mentre pesano eriportano la quantità di minera-le, Schwazer Bergbuch, 1556.

214. Il giudizio dei minatori,Schwazer Bergbuch, 1556.