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Pietro Fogale - La Rivoluzione dell'uomo comune
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La guerra contadina tedesca:Tirolo, Svizzera, Austria, Germania meridionale
nel dibattito storiograficodi Pietro Fogale
La rivoluzione
dell’uomo comune:Germania meridionale, Austria,
Svizzera, Tirolodi Pietro Fogale
80
28 CINQUECENTO
a rivoluzione dell’uomo comune, più nota come guerra contadina, fu un vasto movi-
mento insurrezionale che all’inizio del XVI secolo coinvolse la Germania meridionale,
l’Austria e la Svizzera, arrivando a lambire anche la Francia..L
La storiografia più recente ha cambiato la definizione di quegli eventi, non parla più di guerra
contadina ma di rivoluzione dell’uomo comune perché non furono solo i contadini a prendere
parte agli eventi conflittivi del 1524-26 ma anche altre categorie non privilegiate della società:
artigiani, garzoni e lavoratori a giornata.
Gli eventiTra il 1524 e il 1526 migliaia di persone si organizzarono, combatterono e vennero sconfitte
dalle truppe dei signori territoriali in scontri che lasciarono sul campo migliaia di morti. (si
calcola che furono almeno centomila).1
Gli eventi si innescarono in Svevia, una regione dove da tempo si viveva in uno stato di rivolta
endemico, lì si formano tre schiere, la schiera del lago, la schiera dell’Algäu, e la schiera di
Baltring, si tratta di accampamenti permanenti dove si riuniscono i contadini per organizzarsi
da un punto di vista politico e militare.
Partita dalla Svevia nel gennaio del 1525 la rivolta si estese rapidamente a tutta la Germania
meridionale coinvolgendo l’alto Reno, la Turingia, la Franconia, il Tirolo, la Stiria, l’Austria
superiore. In ogni regione vediamo riunirsi contadini, che fanno propri i 12 Articoli.
81
80. Il trionfo della morte,Pieter Bruegel, 1562 (partico-lare).
81. I luoghi della guerracontadina.
La rivoluzionedell’uomo comune:
Legenda:
zone della guerra contadina
Zone in cui si presentano gravamina
Zone in cui vengono occupati monasteri e castelli
Zone dove si svolgono combattimenti
Campagna militare dei principi e della lega Sveva
Germania meridionale, Austria, Svizzera, Tirolo
CINQUECENTO 29
Il copione con cui si muovono i contadini è simile in tutte le regioni, i contadini assaltano
monasteri e castelli, sono oltre 50 quelli che vengono dati alle fiamme o distrutti in Svevia
dalla “lega cristiana”.
Particolarmente duri saranno gli scontri in Franconia e Turingia dove i contadini troveranno
anche guide militari tra i cavalieri. I contadini profanarono oggetti e luoghi sacri, saccheggia-
rono castelli e monasteri, dileggiarono e malmenarono monaci e monache. Pochi furono gli
episodi di sangue, il più noto è la strage di Weinsberg dove i contadini svevi presero la città e
il castello passando a fil di spada tutta la guarnigione. Uno degli episodi più cruenti è raccon-
tato dal parroco Johannes Herolt, che ricostruisce quanto avvenuto a Weisenberg.2
Il giorno della santa Pasqua, che era il giorno 16 del mese di aprile, quando i contadini si
erano accampati nei dintorni di Neckarsulm, arrivò un carrettiere di nome Semelhans, che
aveva trasportato del sale al castello di Weinsberg. Raccontò che nobili e cavalieri erano
andati giù in paese e che nessuno era rimasto nel castello. Allora i contadini si misero in
movimento mentre il conte Ludwig di Helfenstein, a quel tempo balivo di Weinsberg, insie-
me con gli altri nobili che si trovavano con lui nella sua guarnigione, cercava di calmare e di
ammonire i cittadini di Weinsberg, affinché si dimostrassero coraggiosi e non si consegnasse-
ro ai contadini, poiché sua altezza reale non li avrebbe abbandonati, bensì salvati, perché il
Württemberg si trovava allora sotto la potestà di re Ferdinando. Ecco [proprio mentre
84
82. Proverbi fiamminghi,Pieter Bruegel il Vecchio,1559 (particolare).
83. I ceti nell’impero: contadi-ni, cittadini, accademici,principi, re, papa, XVI sec.
84. Il lavoro dei minatori,retro-pala d’altare, Chiesa diSant’Anna a Annaberg,(1497-1521).
82
8383
30 CINQUECENTO
diceva questo] arrivarono i contadini tanto di
sorpresa, che il conte e gli altri della sua guar-
nigione non poterono andare più al castello e
furono costretti a rimanere nel borgo con i cit-
tadini. A questo punto i contadini diedero la
scalata al castello, presero la contessa con i
bambini, depredarono il castello e vennero poi
dinanzi alle mura della città. I cittadini però,
che erano ben disposti verso i contadini, apri-
rono loro le porte della città e li fecero entrare.
Allora Lucifero e tutti i suoi diavoli si scate-
narono. I contadini divennero fiere e furie, non
diverse da chi è impazzito e posseduto dal
demonio. Essi presero innanzitutto il conte e
poi i nobili con i cavalieri, molti dei quali fu-
rono trucidati mentre cercavano di difendersi.
Dietrich von Weiler fuggì sulla torre della chie-
sa e di lì sopra parlò ai contadini, chiedendo
grazia della vita e promettendo loro molto de-
naro. Fu allora che uno dal basso gli sparò e
riuscì a colpirlo; altri poi salirono sulla torre e
lo scaraventarono giù. Condussero quindi in
aperta campagna, sulla strada per Heilhronn,
il nobile e illustrissimo conte di Helfenstein, a
quel tempo balivo, e con lui tredici nobili, tra i quali c’erano Rudolf von Eltershofen e
Pleickhart von Ruchzingen. Qui fecero un cerchio e costrinsero nobili e cavalieri con tutti i
loro servi, in tutto 24 persone, a passare sotto un giogo. Il conte offrì di pagare loro una
grande quantità di denaro, se lo avessero lasciato in vita, ma non servì a niente, se non a
morire. E quando il conte se ne rese conto, non disse più nemmeno una parola, finché non lo
trucidarono. Rudolf von Eltershofen si fece il segno della croce e andò serenamente incontro
alla morte. E così i contadini hanno mandato costoro sotto il giogo contro tutte le norme della
guerra; poi li hanno svestiti e li hanno lasciati così. Dio onnipotente abbia pietà di loro e di
noi. Dopo aver fatto tutto questo, hanno incendiato il castello e se ne sono andati quindi in
direzione di Würzburg.
Il panico serpeggiava ovunque, le città passavano una dopo l’altra dalla parte dei rivoltosi,
signori laici ed ecclesistici abbandonavano precipitosamente i loro possedimenti.
A mantenere la calma e ad organizzare la controffensiva furono i principi territoriali, tanto
cattolici quanto protestanti, a sud si organizzarono nella Lega Sveva, a nord si unirono i
principati più grossi il duca Giorgio di Sassonia, il Palatinato, i principati vescovili di Treviri e
Magonza l’Assia, ingaggiando eserciti mercenari.
Ovunque le schiere dei contadini si scontrarono con gli eserciti dei principi, subirono ripetute
sconfitte, lo scontro finale avvenne a Frankenhausen in Franconia nel maggio del 1525, 6000
contadini alla cui testa si era messo Tohmas Müntzer si scontrarono con le truppe del duca
Giorgino e quelle dell’Assia, 5000 contadini vennero uccisi e 600 presi prigionieri. Ma non fu
la sola strage di contadini, in ogni regione la rivolta venne repressa nel sangue.
Già nella primavera del 1525 la rivolta poteva dirsi domata. Solo in Tirolo, con la guida di
Michael Gaismair, che si dimostrò un abile comandante militare, la rivolta proseguì sino al
1526
Ai signori non bastò però la vittoria militare e il massacro che ne seguì, troppo grande era stata
la paura di fronte alle schiere dei contadini e non persero l’occasione per vendicarsi di quanti
avevano osato impugnare le armi, prerogativa che era solo dei nobili. Ecco una cronaca di
quanto succedeva nei giorni e nei mesi successivi alla fine della rivolta.3
Nel giorno di San Pietro e San Paolo furono saccheggiati due villaggi nelle vicinanze di
Rothenburg, Breitenau e Ohrenbach; furono resi terra bruciata e numerosi contadini
vennero uccisi. Nel giorno della visita di Maria, il 2 luglio, il margravio si recò con i suoi
85
85. Miniera, disegno, 1480ca.
86. Poveri elemosinanti incittà, Petrarca Meisters,1520.
87. Contadini sulla via delmercato, incisione su rame,M. Schongauer fine XV sec.
86
87
CINQUECENTO 31
soldati da Rothenburg a Blaufelden, dove costrinse i contadini a giurargli fedeltà assoluta;
ne prese poi sei o sette, li fece portare legati verso Crailsheim e ne decapitò lì quattro il
giorno dopo. Da Crailshelm andò poi a Feuchtwangen e lì fece decapitare il 4 luglio un
monaco che aveva officiato la messa nel convento di suore a Sulz e che aveva scritto per i
contadini in rivolta alcune lettere, ecc. Costui era peraltro un uomo dotto nella Scrittura
che era anche andato sul campo di battaglia ad ammonire e pregare molto cristianamente;
e quando fu decapitato la sua testa cadde sull’erba e rimase diritta, aprendo tre volte la
bocca come se gridasse «JESUS». Da Feuchtwangen il margravio andò infine di nuovo a
Ansbach, qui la guerra ebbe un momento di pausa e i soldati furono messi in libertà. Poco
dopo egli andò sulle montagne [della Franconia] per domare la ribellione anche in questi
luoghi.
Mastro Augustin, il boia del margravio, come risulta dalle sue spiegazioni nella supplica
al margravio, dimostra che egli in questa spedizione ha decapitato nell’insieme 80 persone,
delle quali in particolare: 1 a Neuhof, 1 a Erlbach, 10 a Ipsheim, 3 a Ansbach, 6 a
Leutershausen, 9 a Kitzingen, 2 a Höchstadt, 18 a Neustadt, sulle rive del fiume Aisch,
25 a Rothenburg sul fiume Tauber, tra i quali c’era-
no 2 sudditi del cavaliere Ludwig von Hutten, 4 a
Crailsheim, 1 a Feuchtwangen; per un totale di 80.
A 7 ha tagliato le dita a Leutershausen, a 62 a
Kitzingen ha cavato gli occhi. Come risulta dalla
sua supplica, gli è stato promesso sulla testa di ognuno
di quelli decapitati con la spada 1 fiorino; su quelli
ai quali aveva tagliato le dita e cavato gli occhi mez-
zo fiorino.
La somma totale perciò è:
80 decapitati
a 69 dei quali sono stati cavati gli occhi e tagliate le
dita, fiorini 114 e 2 centesimi.
Da questi si devono detrarre:
10 fiorini, ricevuti dai cittadini di Rothenburg;
2 fiorini, ricevuti da Ludwig von Hutten;
resto: 102 fiorini
A questi si devono aggiungere
2 mesi di soldo; per ogni mese 8 fiorini = 16 fiorini,
Facit: 118 fiorini e 2 centesimi.
Augustin, boia, che gli abitanti di Kitzingen chia-
mano mastro Awe.
88. Presa di Boxenberg daparte della Lega Sveva,incisione su legno, 1523.
89. Salita al Calvario, PieterBruegel il Vecchio, 1564(particolare).
90. Il suicidio di Saul, PieterBruegel il Vecchio, 1562.
91. Decapitazione di minatoripresso Innsbruck, miniatura,D. Schillig, 1513.
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32 CINQUECENTO
Cause della guerra contadina
Il comunalismoIl comunalismo è un concetto utilizzato per indicare quei comuni che potevano contare su
uno statuto, e che disponevano di un tribunale e delle competenze in materia penale. Di
conseguenza
- coloro che erano investiti di pubbliche funzioni tanto nelle città quanto nei paesi, si sentiva-
no rappresentati dei loro comuni
- i poteri politici esercitati non erano poteri delegati dal signore territoriale
- tutti gli artigiani e i contadini del comune godevano dei medesimi diritti
Città e villaggi, che rientrano nella categoria comunale, sono antifeudali.
Il comunalismo è una categoria che si rivela utile per la descrizione della società tra XIV e XIX
secolo e all’interno di un territorio circoscritto a quello che è un terzo del regno di Massimiliano
I e che va dalla confederazione elvetica sino alla selva di Turingia
Il comunalismo conosce la sua nascita tra XIII e XIV secolo, in questo periodo il cosiddetto
terzo Stato, conobbe nelle città un nuovo sistema di relazioni, e nei comuni una nuova forma
di ordinamento sociale. E’ soprattutto nel XIV secolo che nobili signori laici ed ecclesiastici
permisero il comunalismo, trasferendo ai comuni le loro competenze politiche.
Lo sviluppo del comune deriva dalla relativa autonomia economica raggiunta dai contadini e
artigiani nel tardo medioevo, ma se fino alla fine del XV secolo rivolte cittadine e lotte di
corporazioni sono il sintomo della lotta delle città per ampliare i propri diritti a scapito dei
signori territoriali o meno, nel corso del XV secolo queste lotte si trasformarono da offensive
in difensive per difendere le proprie competenze amministrative e giurisdizionali.
Secondo le più recenti tendenze storiografiche, rappresentate dallo storico Peter Blickle,4 le
cause della guerra contadina sono da ricercarsi in un insieme di fattori economici, politici,
religiosi e giuridici che si possono descrivere attraverso una formula:5
pressione + tensione + aspettativeeconomica sociale politiche
= bisogno di legittimazione
La disposizione all’insurrezione è un elemento che ha un relazione diretta con gli elementi al
nominatore, e una relazione indiretta con il bisogno di legittimazione, che è l’elemento più
importante della formula. Più è grande il bisogno di legittimazione, minore sarà la disposizio-
ne all’insurrezione.
Nel XV secolo la nobiltà tedesca iniziò in Alta Svevia un processo di rifeudalizzazione limi-
tando la mobilità dei contadini, e convertendo la dipendenza oggettiva in un legame di pro-
prietà della persona.
I fattori che portarono ad un inasprimento
della signoria personale, sono da ricercarsi nella
crisi agraria del tardo medioevo, seguita alla
grande peste del 1348. La decimazione della
popolazione aveva provocato il crollo dei prez-
zi dei cereali, e di conseguenza della rendita
dei signori territoriali. Nelle città venne a man-
care la forza lavoro che produsse di contro un
aumento dei salari.
Per i contadini rimasti in campagna la pro-
spettiva di abbandonare il lavoro dei campi
per dedicarsi all’artigianato deve essere sta-
ta molto attraente, tanto che la fuga dalle
campagne assunse dimensioni ragguardevo-
li.6 Per evitare lo spopolamento delle cam-
pagne i signori non poterono far altro che
inasprire la signoria personale. La crisi agra-
ria e le contromisure prese, favorirono il
disposizioneall’insurrezione
91c
91a
91a. Sfortuna e sofferenza,1480 ca.
91b. Contadini torturati egiustiziati, incisione su legno1507.
91c. La sala delle torture,Bamberga 1507.
91b
CINQUECENTO 33
processo di territorializzazione, che comportò anche un ampliamento della proprietà dei
signori in seguito alla richiesta di un terzo dell’eredità, che dall’altro lato impoverì sempre
più i contadini.
Il contadino che viveva all’interno di una giu-
risdizione signorile non era più un libero pro-
prietario della terra, non poteva fare libero te-
stamento e quindi trasmettere ad altri le sue
terre e subì inoltre una progressiva spoliazio-
ne della sua libertà personale, la sua stessa per-
sona divenne soggetta a una serie di vincoli ,
di prestazioni d’opera servili. Il contadino non
poteva più emigrare, stava prendendo corpo
in forma giuridica e istituzionale il vincolo del
colono alla terra; il fenomeno avvenne soprat-
tutto a nord ma subì un’accelerazione in
Svevia, Franconia e Turingia.
I signori introdussero nuove forme di diritto:
il diritto romano, un diritto codificato, rispet-
to all’antica consuetudine, un diritto che era
estraneo ai contadini, che questi non capisco-
no. Il diritto romano è basato su un principio
fondamentale: il principe non è vincolato alle
leggi in quanto è lui stesso a crearle. Il diritto
romano dà ai signori territoriali nuove prero-
gative: il diritto di stabilire leggi e a livello più
alto, di definire le norme base per le quali doveva essere governato lo stato.
All’inizio del XVI secolo la condizione della popolazione rurale si era così degradata da provo-
care dei conflitti sociali, uno interno ai villaggi tra contadini possessori di terra e quanti invece
terra non ne possedevano e traevano il loro sostentamento dal lavoro nel fondo del signore; un
secondo conflitto si andava invece profilando tra signori e comunità rurali, tra autorità e sudditi.
Nelle città si era andata formando un oligarchia che impediva l’accesso alle cariche politiche a
chiunque non ne facesse parte, la crisi economica si faceva sentire tra gli artigiani delle città.
La situazione tra Quattro e Cinquecen-
to era tale da provocare rivolte e
sollevazioni varie, che potevano avere
però solo un carattere locale perché
basate sull’antica consuetudine. Il di-
ritto con cui i sudditi si contrappone-
vano ai signori era basato sul diritto
consuetudinario, sulla tradizione, che
era prevalentemente orale e che per-
metteva solo una dialettica tra la co-
munità e il suo signore immediato.
Nonostante questo limite i successi ri-
portati contribuirono ad accentuare la
consapevolezza politica dei contadini.
Numerosi furono i moti insurrezionali,
a partire dal 1444 in Alsazia si formano
anche leghe fra le comunità contadine
come la lega dello scarpone Bundschu, un
simbolo che si diffonde anche in altre
aree in Renania, a Spira, e animerà gran-
di rivolte contadine nel 1502, 1513, 1517,
e si diffonderà nella Germania orientale
in Assia e Hannover.
Le leghe che si formano avevano un pro-
gramma di rivendicazioni antisignorile
ben definito. Chiedevano:
92. Contadino con la bandie-ra del Bundschuh, incisionesu legno 1502.
92a. Il Bundschuh sullalancia di un cavaliere, incisio-ne su legno 1502.
93. Il carro di fieno,Hieronimus Bosh, XVI sec.
94. I ceti della società:contadini, miniatura, JeanBourdicchon, inizio XVI sec.
93
94
92
92a
34 CINQUECENTO
- la restituzione dei demani, delle terre collettive, dei boschi, dei pascoli e delle acque; questi
beni devono essere di proprietà dei comuni e non dei margravi o dei vescovi;
- l’abolizione delle opere e dei censi feudali: i signori non devono più riscuotere diritti di passo
sul ponte del borgo o diritti funerari, matrimoniali e sui battesimi;
- l’abolizione dei diritti ecclesiastici, che sono diritti giurisdizionali.
L’antica consuetudine non era però un elemento sufficiente a risolvere la conflittualità sociale
che si era andata profilando agli inizi del 1500. Tra autorità, il signore territoriale, il consiglio
cittadino e i sudditi, gli uomini comuni, la tradizione può permettere al massimo rivendicazioni
locali. Per superare i problemi dell’antica consuetudine e il localismo che ne derivava era
necessario disporre di una “nuova forma di diritto”. Il nuovo diritto fu trovato nel diritto
divino, la cui fonte era la Bibbia, il diritto divino dette ai contadini la legittimazione necessaria
all’insurrezione.
Il diritto divino si rese disponibile in seguito alla Riforma di Lutero e alla traduzione della
Bibbia che metteva le Sacre Scritture alla portata di tutti attraverso la lettura o attraverso i
predicatori riformati, e consentì all’uomo comune di portare avanti le proprie rivendicazioni
sulla base della Bibbia.
Le tre schiere dei contadini si ritrovano nella città di Memmingen dove vennero elaborati i 12
articoli.
I 12 articoli costituiscono il manifesto della guerra contadina, sono la sintesi delle centinaia di
gravamina presentati dalle comunità contadine. La novità importante è che le rivendicazioni
sono inquadrate dentro un nuovo principio di legittimazione, il diritto divino, mentre fino
allora ci si era basati sull’antica consuetudine, che però non consentiva un collegamento tra i
contadini perché il diritto consuetudinario è variabile, mentre il diritto divino è valido ovun-
que. Molto significativo il dodicesimo articolo dove si afferma che “se uno o più di questi
articoli non risulta conforme alla parola di Dio potete considerarlo non valido.”
In questa situazione esplosiva si venne ad innestare la predicazione riformata, “e se ogni
credente, anche il contadino, aveva diritto di formarsi una convinzione in base alla sua perso-
nale lettura della Bibbia, perché non aveva il diritto di giudicare anche delle cose civili secondo
il proprio criterio e in base alla scrittura?”
Il contadino si è destato “era la parola d’ordine di molti fogli ad uso del popolo”7
E’ il ricorso al diritto divino che permette uno sviluppo tanto ampio della rivolta e che terro-
rizza i signori territoriali, tanto cattolici quanto protestanti, che si impegneranno a fondo nella
repressione del movimento.
95. Un povero taglialegnanella sua baracca, Petrarca-Meisters1519/20.
96. Combattimento traCarevale e Quaresima,Pieter Bruegel, 1559(particolare).
97. Combattimento traCarevale e Quaresima,Pieter Bruegel, 1559(particolare).
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96
97
CINQUECENTO 35
Il suo carattere di movimento di massa, la sua carica eversiva mirante a rivoltare l’ordine
esistente, il ricorso alla Bibbia come fonte di diritto, gli aspetti millenaristici che l’hanno ac-
compagnata hanno portato molto spesso a leggere quelli eventi in chiave fortemente ideolo-
gica.
A questo punto è però necessario fare luce su di un punto importante nella nostra narrazione:
bisogna chiarire i rapporti tra la Riforma, Lutero e la guerra contadina.
La RiformaLa riforma di Lutero prende l’avvio nel 1517 con la pubblicazione delle 95 tesi, Lutero però
pensava ad una Riforma religiosa interiore non certo a spaccare la Chiesa, Lutero pensa alla
salvezza dell’anima. Per questo bisognava tornare al Vangelo, unica fonte della religione, che
doveva essere tradotto e messo in mano ai credenti, bisognava abolire le differenze tra sacer-
doti e fedeli, non ci dovevano essere mediazioni tra Dio e i fedeli.
Ciò che bisogna ribadire è che la posizione di Lutero è una posizione strettamente religiosa, a
lui non interessavano le implicazioni politiche che potevano derivare dalla sua predicazione.
A trarre le conseguenze delle sue posizioni sono altri:
-la Chiesa che vedeva in Lutero un pericolo per la sua posizione dominante in Germania;
-l’uomo comune, che vede in Lutero l’esegeta primo della Sacra Scrittura, colui che ha “forni-
to” la legittimazione per la rivoluzione;
-i principi territoriali che vi vedono un modo per mettere le mani sui numerosi beni ecclesia-
stici.
Lutero non ha alcuna comprensione per le rivendicazioni dei contadini, a lui non interessa
nulla della giustizia terrena: il cristiano deve sopportare miseria, sofferenza e ingiustizia e deve
obbedire al suo principe. Interessante a tal proposito è uno scritto di Lutero “contro i conta-
dini che si son raccolti in bande di briganti e di assassini” in cui Lutero si fa sostenitore del
principio di autorità. Non dobbiamo dimenticare, leggendo questa dura presa di posizione
contro i contadini che lui era stato accusato di essere l’ispiratore della rivolta, mentre qui
ribadisce la sua estraneità ai fatti, la lettura fuorviante che è stata fatta del Vangelo, e punta
l’indice, pur senza nominarlo, contro Thomas Münzer “l’arcidiavolo di Mühlhausen”.8
Nel libretto precedente non ho osato esprime alcun giudizio sui contadini, perché essi si
dichiaravano disposti ad accettare che si insegnasse loro ciò che è giusto e ciò che è meglio e
perchè Cristo comanda di non giudicare (Matteo 7,1) Ma, quando meno me lo aspettavo,
eccoli che passano all’azione e attaccano con il pugno, dimenticandosi delle loro afferma-
zioni imperversano e saccheggiano, comportandosi come cani arrabbiati. Da questo si può
capire che cosa avessero nella loro mente falsa e come fosse soltanto una grande menzogna
tutto ciò che essi in nome del Vangelo hanno proclamato nei 12 articoli. In breve, è opera
del demonio quello che fanno. E, in particolare, l’arcidiavolo è colui che governa a
98. Autodafè, incisione sulegno, 1557.
99. Il tamburino AckerConcz e il portabandieraKlos Wuczer, incisione surame 1544.
100. Distruzione di castelUhl Berg, incisione su legno1523.
99
9898
100
36 CINQUECENTO
Mühlhausen, istigando, nient’altro che alla rapina, all’assassinio e allo spargimento di
sangue, [...]
Tre orrendi peccati contro Dio e contro gli uomini pesano su questi contadini, e perciò essi
si son meritati la morte del corpo e dell’anima già numerose volte.
Per primo; essi hanno giurato fedeltà all’autorità, promettendo di essere obbedienti e sotto-
messi come Dio comanda, quando dice “Date a Cesare, quel che è di Cesare” e ognuno sia
sottomesso all’autorità” (Rom. 13,1). Ma, poichè essi rompono intenzionalmente e
delittuosamente questo giuramento d’obbedienza, ponendosi contro i loro signori, come
usano fare i malviventi e i briganti che son infidi, menzogneri e ribelli, essi hanno ormai
perduto anima e corpo. Perciò S. Paolo ‘(Rom. 13,2) esprime su di loro il seguente giudi-
zio. “Chi oppone resistenza all’autorità verrà punito” Questa sentenza toccherà prima o
poi anche ai contadini, poiché Dio pretende che vengano rispettati la fedeltà e il dovere.
Secondo: Essi hanno provocato ribellione, hanno saccheggiato e rapinato con grande scellera-
tezza conventi e castelli che non appartenevano loro, meritandosi così senz’alcun dubbio la
morte del corpo e dell’anima [...] Poiché la sedizione non è come un semplice assassinio, ma
come un grande fuoco che infiamma e
distrugge un intero paese. E quindi la
sedizione porta con sé un paese pieno
di omicidi e di spargimenti di sangue
fa vedove e orfani, distruggendo ogni
cosa come la peggiore tra tutte le cala-
mità. [...]
Terzo: Essi giustificano col Vangelo
questi orrendi e spaventosi peccati e,
chiamandosi fratelli cristiani, fanno
prestare giuramento di fedeltà, costrin-
gendo così la gente a stare dalla loro
parte in questi misfatti. In questo modo
essi diventano i più grandi bestemmia-
tori di Dio e i profanatori del suo sa-
cro nome venerando e servendo così il
diavolo sotto l’apparenza del Vange-
lo. Per questo motivo hanno meritato
dieci volte la morte del corpo e dell’ani-
ma poichè io non ho mai sentito di un
peccato peggiore di questo. [...]
D
101
101. Propaganda protestan-te, xilografia Lucas Cranachca. 1545.102. A-I. Immagini dai diecicomandamenti, catechismodi P. Canisius (1560).
C
B
A102 -
CINQUECENTO 37
E non serve affatto ai contadini andar dicendo che tutte le cose son state create libere e a
disposizione di tutti (1 Mosè 1,1 - 31; 2,1 - 25); che tutti noi siamo stati battezzati; alla
stessa maniera, poiché nel Nuovo Testamento Mosè non vale più e conta invece soltanto
Cristo il nostro Maestro, il quale ci sottomette con il corpo e con i beni all’autorità di Cesare
e del diritto secolare, dicendo; “Date a Cesare quel che è di Cesare” E così parla anche Paolo
(Rom. 12) a tutti i cristiani battezzati: “Ognuno sia sottomesso all’autorità”. [...]
L’ottica di Riforma da cui partivano i contadini era quella Svizzera, era quella di Zwingli che
sosteneva che nella Sacra Scrittura esistevano due cose:
- i precetti di Dio per la salvezza spirituale;
- le disposizioni per la convivenza civile.
Zwingli teorizza il diritto alla resistenza contro l’autorità, Lutero sostiene il dovere dell’obbe-
dienza, ma Zwingli è il prodotto della società svizzera, un mondo dove il potere era gestito in
maniera completamente diversa che nel resto d’Europa.
Che ci fosse una differenza tra Lutero e Zwingli, i contadini non lo sapevano, al contrario dei
principi che per l’occasione misero da parte le loro differenze dottrinali, cattolici e protestanti
si unirono per reprimere il movimento contadino, per sostenere il principio d’autorità -la loro-
contro il diritto alla disobbedienza.
Il fatto che insieme, principi cattolici e protestanti sconfiggessero il movimento contadino
non significa che misero poi da parte i loro rispettivi rancori, dopo aver combattuto armi alla
mano contro i contadini, continuarono la lotta ideologica a colpi di trattati.
Ma cosa rappresentò questa “rivoluzione”?La “guerra contadina” rappresentò il tentativo di superare, sulla base del vangelo, la crisi del
feudalesimo attraverso una trasformazione dei rapporti sociali e di potere.
Ci troviamo in presenza di una crisi di trapasso che fu avvertita anche soggettivamente dai
contemporanei. Questo periodo è caratterizzato dal fatto che è lo stato ad essere in discussio-
ne ad ogni livello, è contestato dall’interno dai ceti subalterni, ma anche i ceti dominanti ne
rimettono in gioco aspetti centrali.
Il passaggio dal medioevo all’età moderna, con la nascita dello stato moderno, è segnato da
103. Gesù a dodici anni fra idottori, Albrecht Dürer, 1506.
103
G
F
E
38 CINQUECENTO
grandi rivoluzioni, oltre alla già citata
guerra contadina tedesca (1525-1526),
dobbiamo considerare anche la rivoluzio-
ne delle comunidades di Castiglia (1520-
1521), le cui analogie con la guerra con-
tadina tedesca sono state e sono spesso
dimenticate.
I due eventi oltre alla vicinanza cronolo-
gica, hanno in comune altre caratteristi-
che: si sono scontrate con la medesima
controparte: gli Asburgo e CarloV in par-
ticolare. Inoltre, in entrambi i casi, il pro-
tagonista è l’uomo comune, “che defini-
sce quei gruppi sociali e professionali non
privilegiati e perciò esclusi dalla gestione
del potere politico, sia in città che in cam-
pagna”.9
Non è però nella natura delle rivolte che
vanno viste le congruenze, la guerra
contadina ha un carattere prevalentemen-
te rurale mentre la rivolta dei comuneros è un episodio sostanzialmente cittadino, ma nel-
l’obiettivo: la lotta allo stato territoriale, e in particolare ai ceti privilegiati che si ponevano
come mediatori tra sudditi e autorità centrale.10
“I primi due decenni del Cinquecento furono un pessimo momento per i mediatori privilegia-
ti del potere non meno che per i mediatori privilegiati della salvezza eterna, […] e proprio in
questa direzione mi sembra sia da ricercarsi il nesso profondo fra rivoluzione politica e rifor-
ma religiosa agli albori dell’età moderna”.11
Oltre all’uomo comune troviamo un intera generazione di intellettuali che percepiscono l’at-
mosfera di libertà che si produce in questo periodo di mutamento. Erasmo, Macchiavelli,
Tommaso Moro nelle loro opere metteranno in discussione i fondamenti ultimi dello stato.
La storiografia sulla guerra contadina
Il giudizio dei contemporanei sulla guerra contadina e sui suoi protagonistiLa storiografia sulla guerra contadina, sotto forma di cronache o volantini, iniziò immediata-
mente dopo la loro sconfitta militare. La visione degli eventi era fortemente legata all’emozio-
ne suscitata per quanto era appena successo, avvenimenti che si erano rapidamente succeduti,
a partire dalla Riforma di Lutero intesa come punto di partenza dei successivi rivolgimenti
sociali.
La pubblicistica riguardò in particolare la figura di
Thomas Münzer un predicatore riformato che si
era messo alla testa dei contadini, con il suo pro-
getto di realizzare il regno di Dio sulla terra. Non
si prestò invece quasi nessuna attenzione alla cro-
naca della guerra, con la sconfitta la “guerra con-
tadina” venne considerata un capitolo chiuso,
mentre Münzer, con la sua utopia, continuò ad
esercitare una notevole influenza anche dopo la
sua morte, rappresentando sia per i cattolici che
per i riformati una delle figure più pericolose del-
la rivolta.
Per i controversisti di parte cattolica Münzer era
un discepolo di Lutero, colui che ne aveva prose-
guito l’opera, scrivevano di Münzer ma erano
Lutero e l’intera Riforma che volevano colpire.
Se Münzer era pericoloso, Lutero lo era ancor di
105
104. Predica di Lutero, LucasCranach 1547.
105. Lutero giovane,Lucas Cranach.
104
H
I
CINQUECENTO 39
più perché la sua influenza si
propagava sull’intera Germa-
nia, la sua immagine era lega-
ta a quella del diavolo:
Solo il diavolo ha finora
impedito all’Autorità di
darti ciò che ti meriti, per-
ché lui vuole attraverso
Lutero guadagnare ancora
più anime alle sua causa.
Se così non fosse ti avrebbe
annientato come è success
a Thomas Münzer. Per-
ché?
Poiché tu hai causato al po-
polo mille volte più danni,
sovversioni e rivolte di
Münzer. Perché? Perché
Münzer ha agito solo in Turingia, tu invece hai sobillato tutte le regioni della nazio-
ne tedesca! Münzer ha detto e scritto ciò che può dire o scrivere un buffone o un folle,
mentre tu sei molto più dotto e sai dare alla menzogna e alle idee sovversive una
cornice migliore.12
Per i controversisti cattolici Münzer, Carlostadio, Pfeifer e altre importanti figure che
avevavo avuto un ruolo di primo piano durante la rivolta erano “figli di Lutero”12
I controversisti riformati invece presero le distanze da Münzer per difendere la Riforma:
Lutero lo odiava perché riconosceva in lui l’obiettivo di trasporre le conquiste della Riforma
sul terreno sociale, e creare un nuovo ordine statale, Münzer non si poteva sconfiggere solo
con le armi, ne andava distrutta anche l’immagine, doveva essere discreditato e diffamato. Per
Lutero era Münzer l’incarnazione del diavolo, come lui lo era per i cattolici, e si diede da fare
per divulgare questa leggenda in tutti i modi possibili, tanto che questo punto di vista rimase
quello ufficiale fino alla rivoluzione francese.13
Il primo studio che ha riconosciuto alla guerra contadina il carattere di una lotta per la libertà
è quello di Wilhelm Zimmermann, Die grosse deutsche Bauernkrieg pubblicato tra il 1841 e il
1843, e che da inizio ad un filone storiografico che è arrivato a contare centinaia di pubblica-
zioni.
Friedrich EngelsAnche Engels si occupò delle vicende della guerra contadina, con uno scritto pubblicato nel
1850 nei numeri 5 e 6 della rivista “ Neue Rheinische Zeiutung. Politisch-ökonomische Revue”,
pubblicata ad Amburgo da Karl Marx.
Per quanto riguarda gli eventi egli si basò sulle ricostruzioni fatte da Zimmerman, ciò che più
lo interessava era di verificare la teoria materialistica della storia:
La mia esposizione, pur dando solo uno schizzo del corso storico della lotta, ha
cercato di spiegare l’origine della guerra dei contadini, la posizione dei diversi
partiti che scesero in lotta, le teorie politiche e religiose con le quali questi partiti
cercarono di chiarire la loro posizione e infine l’esito della lotta stessa, come neces-
sariamente derivanti dalle condizioni sociali storicamente esistenti in cui vivevano
queste classi; così la costituzione politica tedesca di allora, le sollevazioni contro di
essa, le teorie politiche e religiose dell’epoca non sono le cause, ma risultati del grado
di sviluppo in cui si trovavano in Germania l’agricoltura, l’industria, le vie di
comunicazione di terra e di acqua, il commercio delle merci e del denaro. Questa
che è l’unica concezione materialistica della storia, non opera mia ma di Marx
[…] 14107
106. Lutero come cornamu-sa del diavolo, caricatura del1525.
107. Ritratto di Carlo V.
108. Il frate Johann Tetzelnell’atto di vendere indul-genze, caricatura del 1517.
108
106
40 CINQUECENTO
Le causePer Engels le cause dalla guerra contadina sono da ricercarsi nella situazione economica e
nella conseguente stratificazione sociale che ne era derivata.
Tra XV e XVI secolo l’industria e il commercio avevano conosciuto un notevole sviluppo, pur
non raggiungendo il livello di altri paesi europei, uno sviluppo che ebbe però una base forte-
mente regionale e che riguardò soprattutto le zone di grande traffico.
Mentre in Inghilterra e in Francia lo sviluppo dell’industria e del commercio avevano fatto
crescere interessi economici su tutto il territorio della nazione, favorendo in questo modo lo
sviluppo del centralismo politico, in Germania lo sviluppo regionale ha portato allo sviluppo
di interessi locali provocando uno smembramento politico:
Il potere imperiale, dubitando perfino della propria posizione, oscillava incerto tra
i diversi elementi che costituivano l’impero e perciò perdeva sempre più autorità
[…]lo stesso imperatore divenne sempre più un principe come gli altri.
In queste condizioni la posizione delle classi tramandate dal medioevo mutò in
modo essenziale, e accanto alle vecchie classi ne sorsero di nuove. Dall’alta nobiltà
erano sorti i principi. Essi erano già quasi interamente indipendenti dall’impera-
tore ed erano in possesso della maggior parte dei diritti sovrani.
Il bisogno di denaro del principe cresceva con l’estendersi del lusso e delle spese per
il mantenimento della corte, con la costituzione di eserciti permanenti, con il costo
crescente del governo. La pressione fiscale divenne sempre più aspra. Ma le città
erano al riparo da essa per via dei loro privilegi. Cossichè tutto il peso fiscale
ricadeva sulle spalle dei contadini.[…]
Quando l’imposizione fiscale diretta non era sufficiente, interveniva l’indiretta, e le
manovre più sporche e raffinate della tecnica finanziaria e monetaria furono usate
per tappare i buchi del fisco.15.
Questa nuova situazione politica ed economica portò con se nuove categorie sociali quindi
nuovi rapporti e conflitti.
Dalla gerarchia feudale del medioevo era quasi totalmente scomparsa la nobiltà
media. Essa, o si era elevata alla posizione di indipendenza dei piccoli principi o
era caduta nella schiera dei piccoli nobili. La piccola nobiltà, la cavalleria, andava
incontro rapidamente alla sua dissociazione. Una gran parte di essa era già cadu-
ta in piena miseria e sopravviveva servendo i principi in uffici militari o civili.16
La piccola nobiltà, costituita dai cavalieri, a causa dei suoi problemi economici era in conflitto
con tutti i ceti di cui era composta la società tedesca. Nelle città si erano andati formando tre
stati: i patrizi, che controllavano il consiglio e tutti gli uffici cittadini; i borghesi, il ceto produt-
tivo, che controllava le corporazioni ma non aveva nessuna voce in capitolo nell’amministra-
zione civica; e i plebei, i lavoratori a giornata, la massa degli abitanti delle città. Accanto ai
plebei, all’ultimo posto della scala sociale c’era la gran parte della nazione: i contadini sulle cui
spalle gravava tutto il peso della società. 17
I contadini si trovavano senza protezione giuridica di fronte alla violenza esercitata dalle auto-
rità, laiche o religiose, la loro situazione è descritta da Engels come particolarmente difficile,
nonostante ciò non sarebbero stati in grado di dare vita ad una rivoluzione, senza allearsi ad
altri stati sociali, perché ormai “abituati” a vivere sottomessi:
Malgrado gemessero sotto il terrore dell’oppressione, tuttavia non era facile portare
i contadini all’insurrezione. La loro dispersione rendeva estremamente difficile
ogni intesa comune. La lunga abitudine alla sottomissione, tramandata di genera-
zione in generazione, in molti luoghi la desuetudine all’uso delle armi, la durezza
dello sfruttamento che aumentava o diminuiva a seconda della persona del signore
contribuivano a mantenere i contadini in uno stato di tranquillità. Perciò in Ger-
mania, noi troviamo nel medioevo un gran numero di insurrezioni locali di conta-
dini, ma non troviamo, prima della guerra dei contadini, neanche una sola solleva-
zione generale dei contadini su scala nazionale. Inoltre, i contadini da soli non
erano in condizione di fare una rivoluzione sino a quando stava di fronte a loro la
forza organizzata dei principi, della nobiltà e delle città stretti in alleanza. Solo
mediante una alleanza con le atre classi sociali essi potevano avere una possibilità
di vittoria, ma come avrebbero potuto allearsi con altre classi se erano sfruttati da
tutti in egual misura?18
109
110
111
CINQUECENTO 41
All’inizio del ’500 si viene a creare una situazione favorevole ad un cambiamento rivoluziona-
rio della situazione, anche ma non sufficiente a creare due partiti contrapposti:.
Noi vediamo quindi, che sul principio del sedicesimo secolo i diversi ceti dell’impero
– principi, nobiltà, prelati, patrizi, borghesi, plebei e contadini – costituivano una
massa straordinariamente aggrovigliata, con i bisogni più diversi e che si intreccia-
vano in tutte le direzioni. Ogni ceto era di ostacolo all’altro ed era in uno stato di
lotta continua, ora latente ora nascosta, con tutti gli altri. Quella divisione di tutta
la nazione in due grandi campi, quale sussisteva in Francia precedentemente allo
scoppio della prima rivoluzione, e che in un più alto grado di sviluppo esiste oggi
nei paesi più progrediti, era in quelle circostanze assolutamente impossibile. Essa
potè effettuarsi e solo approssimativamente allorquando lo strato infimo della na-
zione sfruttato da tutti gli altri ceti, i contadini e i plebei, si sollevò.19
Il raggruppamento dei ceti fu possibile solo dopo la diffusione di idee politico-rivoluzionarie
a seguito della Riforma. I vari ceti si divisero in tre gruppi, quello cattolico-conservatore,
quello luterano borghese-riformatore, e quello rivoluzionario.
Quale fu il ruolo della Riforma in questo contesto? Anche la Riforma, se rappresentava lo
sviluppo di idee nuove, nascondeva motivi economici.
Anche nelle cosiddette guerre di religione del sedicesimo secolo si trattò anzitutto di interes-
si di classe molto concreti molto materiali, e queste guerre furono lotte di classe precisamen-
te come i successivi conflitti interni in Inghilterra e in Francia. Se queste lotte di classe
portarono allora parole d’ordine religiose, se gli interessi, i bisogni, le aspirazioni delle
singole classi si nascosero sotto una maschera religiosa, questo non altera per niente la
sostanza della cosa e si spiega facilmente con le condizioni dell’epoca.20
La Riforma rappresentò il punto più alto della reazione alla società cristiana medioevale e al
conseguente ordine politico: il feudalesimo. La guerra contadina rappresentò quindi un tenta-
tivo di superare i modi di produzione feudali, per arrivare ad una forma economica superiore.
Se anche troviamo motivi religiosi nella rivoluzione, in realtà essi nascondono motivi econo-
mici e interessi di classe.
L’opposizione rivoluzionaria contro la feudalità si svolge lungo tutto il medioevo.
Essa si presenta a seconda delle circostanze, come mistica, come eresia apertamente
dichiarata, come insurrezione armata.21
Lutero aveva messo tra le mani del movimento plebeo un’arma potente con la sua
109. Forno di fusione, incisio-ne su legno, G. Agricola1556.
110. Friedrich Engels.
111. Fabbro con maglio adacqua, incisione su legno,Strassburg 1488.
114
112
113
112. Trittico della martirecrocifissa, HieronimusBosch, XVI sec.
113. Viandante, olio sulegno, Bosch 1488,particolare.
114. Movimenti di truppa inpianura, Albrecht Dürer,1527.
42 CINQUECENTO
traduzione della Bibbia egli aveva contrapposto al cristianesimo feudale il cristia-
nesimo semplice dei primi secoli, alla società feudale in dissolvimento l’immagine di
una società che ignorava la macchinosa ed artificiosa gerarchia feudale. E i conta-
dini avevano usato quest’arma in tutte le direzioni, contro principi, nobiltà, preti.Ma
ora Lutero la rivolse contro di loro e dalla Bibbia trasse un ditirambo sulla auto-
rità stabilita da Dio, come nessun leccapiatti della monarchia assoluta aveva fatto
sino ad allora.
La sovranità per grazia di Dio, l’obbedienza passiva, e perfino la schiavitù fu
sanzionata dalla Bibbia. Non solo la sollevazione dei contadini, ma perfino la
ribellione di Lutero stesso contro l’autorità ecclesiastica e laica fu rinnegata; non
solo il movimento popolare, ma anche il movimento borghese fu tradito a vantaggio
dei principi.22
Per riuscire però la rivoluzione doveva partire dall’unione dei ceti bassi e medi contro le classi
superiori, la “borghesia”, invece si alleò con la nobiltà e Lutero, che con la sua opera era visto come
la figura guida del movimento da parte dei contadini, si alleò invece con i principi e, secondo
Engels, assieme al ceto borghese, porta su di sé la responsabilità del fallimento della rivoluzione.
Positivo invece il giudizio su T. Müntzer perché con il suo programma in cui vengono letti
numerosi elementi di “comunismo ” riuscì ad organizzare il partito dei “plebei”
Sangue e suolo: la guerra contadina nel III ReichIl partito Nazionalsocialista iniziò sin dal 1929/30 una massiccia attività di propaganda nelle
campagne.
Il terreno per la propaganda nazionalsocialista venne prepa-
randosi a partire dal 1924 quando la Germania dovette con-
frontarsi con la concorrenza internazionale dopo la riapertura
alla Germania del mercato mondiale.
Dopo il 1928 divenne sempre più difficile per i contadini
accedere a forme di finanziamento, e si moltiplicarono i fal-
limenti. I contadini a partire dallo Schleswig-Holstein si or-
ganizzarono in un movimento che ben presto si diffuse a
tutta la Germania settentrionale e si fece conoscere con azioni
di protesta radicale accompagnate da attentati dinamitardi
alle intendenze di finanza e a edifici amministrativi.
Inizialmente il partito nazionalsocialista aveva preso le di-
stanze dal movimento dei contadini, il nazionalsocialismo
era un movimento piccolo borghese con scarsi rapporti nel
mondo agrario, questo atteggiamento non durò a lungo, e
appena divennero chiare le potenzialità che si celavano nel-
la popolazione contadina il partito fu rapidissimo a far pro-
prie le ragioni del movimento e a formulare un programma
agrario affidandone la direzione a Richard Walter Darré.23
“Darrè24 più che promettere riforme pratiche offrì ai contadi-
ni premesse ideologiche. Das Bauerntum al Lebensquell der
nordischen Rasse (Il ceto contadino come fonte di vita della razza nordica) era il titolo significativo
di un suo libro del 1929. I contadini dovevano diventare di nuovo il primo ceto sociale in un
futuro ordine nazionalsocialista e avere, in quanto ceto che «nutre la nazione» gli stessi diritti del
«ceto che la difende»”.25
La crisi agraria fu per il partito nazionalsocialista un’ulteriore dimostrazione che lo “spazio
vitale” era insufficiente e non permetteva di assicurare una produzione agricola sufficiente. La
problematica dello “spazio vitale”, strettamente saldato con la teoria della razza, poteva trova-
re soluzione solo con una nuova colonizzazione delle regioni a est della Germania, con il
conseguente spostamento della popolazione dalle città alle campagne, spostamento che avrebbe
garantito la salvezza e lo sviluppo della razza tedesca.
Se il movimento nazionalsocialista non aveva inizialmente considerato il mondo contadino,
conteneva però al suo interno elementi di critica alla struttura sociale e all’urbanizzazione della
società moderna”
“L’avvilimento della razza nordica nelle grandi città, è un motivo sufficiente a causare una
decadenza razziale del popolo tedesco” scriveva H. Himmler, il famigerato capo delle SS, così
115
115. 116. 117. Immagini divita rurale nella propagandanazista in Germania,1935.
116
117
CINQUECENTO 43
se si voleva difendere la razza nordica bisognava tornare alla terra, perché è dal ceto contadino
che nasce il popolo tedesco, e nel 1931 dette vita all’interno delle SS, ad un «Ufficio per la
razza e la colonizzazione» (Rasse und Siedlungshauptamt.) affidandone la direzione a Richard
Walter Darré che fece del motto sangue e suolo la bandiera della sua azione politica.
Sangue e suolo rappresentano per i germani un’unità organica, dove il sangue rappresenta la
stirpe e il suolo il possesso della terra, ne consegue che loro caratteristica è di avere nelle
campagne il loro ambiente naturale, mentre “le città sono il prodotto di una cultura estranea,
quella romana, e sono luoghi dove si riproducono gli ebrei ”
Alla luce di queste considerazioni, per Darré e il nazionalsocialismo la guerra contadina fu un
evento importante nella storia del popolo tedesco in quanto era vista come una lotta, una
netta ribellione dell’antico sentimento di libertà dei germani contro la penetrazione di elemen-
ti stranieri attuata attraverso l’introduzione di elementi di diritto estranei alla tradizione, in
particolare il diritto romano.27
La successiva sconfitta dei contadini viene interpretata come la sconfitta dello spirito tedesco
subita ad opera dell’ebraismo, ma si tratta di un tema poco trattato in quanto la sconfitta non
si addiceva ad una razza vittoriosa come quella tedesca.
La rivoluzione precapitalisticaUn’evoluzione della teoria materialistica della storia viene da Lenin, secondo Lenin, in base
alle sue esperienze e riflessioni, non occorre aspettare il verificarsi delle ideali condizioni eco-
nomiche che permettono il dispiegarsi dell’azione rivoluzionaria. I fattori soggettivi acquista-
no nella sua visione un ruolo centrale, a
portare avanti l’azione rivoluzionaria non
è più la maggioranza del proletariato, ben-
sì un’avanguardia dello stesso. Al posto del-
la rivoluzione fatta dalla maggioranza per
la maggioranza, abbiamo la rivoluzione di
una minoranza per la maggioranza, in que-
sto modo il proletariato, da protagonista
della storia, torna a svolgere il ruolo di sog-
getto.
Gli studi sulla guerra contadina, studiata
in base alla teoria marxista leninista della
storia sono stati portati avanti negli anni
‘50 da storici russi, caposcuola di questi
studi fu Moisé Smirin. In seguito all’evo-
luzione storica del periodo furono però gli
storici della ex Germania Est, impegnata
nella costruzione del socialismo, a prose-
guire e a sviluppare le ricerche in questo
campo.
Gli storici della DDR erano chiamati a contrapporre alla storiografia reazionaria,
antinazionale, cosmopolita ma anche europea della Germana Ovest, un quadro storico
orientato in senso nazionale e progressivo della storia.28
La teoria marxista-leninista coniò per la guerra contadina, il concetto di rivoluzione pre-capi-
talistica, frühbürgerliche Revolution.
“Rivoluzione pre-capitalista è una definizione scientificamente esatta per definire la for-
ma precoce e non matura della rivoluzione borghese in Europa”, così M. Steinmetz aprì
il dibattito svoltosi a Winingerode sulla rivoluzione pre-capitalistica.29
Le rivoluzioni borghesi sono quelle che superano le contraddizioni del feudalesimo, socialiste
sono le rivoluzioni che superano il capitalismo.
Nel XV secolo nascono forme di produzione capitalistica, a cui i signori feudali reagirono da
un lato inasprendo le forme di dipendenza personale dei contadini, dall’altro usando le loro
posizioni di privilegio per trarre dal capitalismo nascente un vantaggio economico.
Le forme di produzione capitalistiche agirono anche sulla struttura di classe e sui rapporti tra
classi, sempre maggiori divennero le differenze tra le poche famiglie ricche e la massa dei
nullatenenti. Questi erano gli ostacoli che si opponevano allo sviluppo del capitalismo, ostaco-
118. Lenin.
119. Contadini in UnioneSovietica, fine anni ’20.
120. La guerra contadina,frontespizo di una canzone astampa 1525.
120
118
119
44 CINQUECENTO
li che prima o poi andavano rimossi.30 La società si trovava in una situazione di conflitto che
poteva essere risolta solo attraverso la via rivoluzionaria.
La guerra contadina da un lato ha fallito, il movimento è stato sconfitto militarmente dai
principi tedeschi, ma nella visone degli storici marxisti leninisti, compito delle rivoluzioni pre-
capitalistiche non poteva essere che di trasformare una consapevolezza feudale in una consa-
pevolezza rivoluzionaria e borghese. Sono valutate comunque positivamente in quanto poste
all’inizio di un processo storico destinato al successo.
Günther FranzGli studi sulla guerra contadina di Günther Franz e in particolare il volume “Der deutsche
Bauernkrieg” hanno rappresentato per quarant’anni il punto di vista occidentale sull’argomen-
to, in contrapposizione con gli storici della ex Germania est.
La pubblicazione del libro di Franz risale al 1933, libro che ha poi conosciuto altre undici
edizioni. Tra la prima e la dodicesima sono state apportate solo poche modifiche, così infatti
scrive nella prefazione dell’undicesima edizione, del 1977: Alla struttura e all’atteggiamento del-
l’opera nei decenni trascorsi non ho cambiato niente e nulla devo cambiare anche se riconosce che nuovi
contributi sono venuti da lui stesso e da altri storici.31
La prima edizione del libro è stata pubblicata nel novembre del 1933, alcuni mesi dopo la presa
di potere di Hitler, durante il terzo Reich videro la luce altre due edizioni, una nel 1939, l’altra nel
1942, in un clima politico non certamente sereno. Dobbiamo perciò chiederci quali rapporti ha
l’opera di Franz con la teoria
del sangue e suolo?
I critici osservano che nel suo
libro non ci sono parentele
con l’ideologia nazional-
socialista, anche se lui perso-
nalmente era un membro del-
le SS. La sua opera, se ha vi-
sto la luce nel 1933, è però il
frutto di anni di ricerche svol-
te nel periodo della repubbli-
ca di Weimar.
Alcune variazioni, in senso
nazionalsocialista le troviamo
nella prefazione alla seconda
e terza edizione così come nel
capitolo relativo alle conse-
guenze della guerra contadina.
Nella prefazione alla seconda
edizione si legge:
Solo oggi, alla fine della
prima vittoriosa rivolu-
zione tedesca, il contadi-
no ha raggiunto finalmen-
te nel terzo Reich la po-
sizione nella vita della
nazione a cui aspirava
già nel 1525.32
Per quanto riguarda gli obiettivi della guerra contadina ne sottolineò il carattere di lotta per
l’unità nazionale:
e per un momento balenò la possibilità che alla nostra nazione fosse risparmiata la
via più lunga verso lo stato territoriale dato che già nel 1525 avrebbe potuto
realizzarsi la fondazione del Reich attraverso il popolo, che sarebbe stata ritentata
nel 1848 e che solo ai giorni nostri è divenuta realtà.33
Queste frasi vennero semplicemente tolte dalle edizioni successive, dove sono sostituite con
dei puntini fra parentesi, mentre di più difficile interpretazione il risalto dato agli aspetti misti-
ci del diritto per i Germani:
121
122
123
121. Trittico dell’Epifania,Hieronimus Bosch, 1510(particolare).
122. Soldati in marcia,incisione su legno di HansBurgkmair, 1512/16.
123. Cristo portacroce,Hieronimus Bosch, 1516.
CINQUECENTO 45
L’opinione germanica sul diritto si è mantenuta inalterata nei contadini tedeschi.
Per i germani il diritto era una parte dell’ordine di Dio, stabilito da Dio o dagli dei.
Questo diritto era anche superiore allo stato, nessun re né principe poteva creare nuovo
diritto.34
Questi aspetti della sua opera devono, secondo alcuni critici essere letti nello spirito del
tempo, e non visti in relazione con l’ideologia nazionalsocialista, l’impressione è tuttavia
che questa tematica sia a tutt’oggi poco e superficialmente indagata, “tra gli specialisti l’ope-
ra di Franz era considerata un’ottima fonte d’informazione perchè accettata anche dagli
storici marxisti”.
Fattore determinate per lo scoppio della guerra contadina è per Franz, la formazione dello
stato territoriale e la conseguente introduzione di un diritto codificato, che doveva valere
senza eccezioni per l’intero territorio: il diritto romano.
Le numerose sollevazioni contadine del tardo medioevo erano rivolte contro l’introduzione
del diritto romano, il volto con cui si presentava il nuovo stato, perché era sentito come un
corpo estraneo, come una minaccia alle antiche consuetudini e delle loro libertà.
Nella sua ricostruzione i fattori economici rimangono sullo sfondo,
la situazione dei contadini nei secoli passati è una problematica sulla quale non possiamo
fare chiarezza molti fatti non possono oggi più venire esaminati: indebitamento, reddito
fondiario, la situazione del mercato e il minimo vitale.35
Per Franz la guerra contadina è sostanzialmente un confronto tra il diritto popolare e quello
introdotto dalle autorità.
La Riforma, quale causa scatenate il conflitto ha un ruolo minimale, confrontando le richieste
dei contadini del 1525 si nota che ricalcano quelle che troviamo anche nei conflitti precedenti.
La Riforma ha fornito un nuovo “strumentario”, la Bibbia tradotta ha finito col diventare
fonte di diritto, l’unica autorità riconosciuta.
Conseguenze della guerra contadina:
La lotta tra la richiesta d’ autonomia dei contadini e il centralismo dei principi
venne definitivamente risolta dalla sconfitta dei contadini. Con la sconfitta il con-
tadino uscì per tre secoli dalla storia del nostro popolo senza giocare più nessun
ruolo politico.36
124
126
125
124. Fienagione, PieterBruegel il Vecchio, 1510(particolare).
125. Contadini in armi, 1530.
126. Contadini sconfitti, XVIsec.
Note
1 BLICKLE P., Die Revolution von 15250, München 1993, terza edizione ampliata, pp. 2-22.2 EILERT H., Riforma protestante e rivoluzione sociale, Milano 1988 p. 155.3 Il documento racconta le iniziative intraprese dal Margravio Casimiro dopo la sconfitta dei contadini aFrankenhausen nel maggio del 1525, in EILERT H., 1988 p. 177.4 L’esposizione di Peter Blickle è da leggersi all’interno di quella che è la teoria del comunalismo, da lui stessosviluppata. E’ una teoria che è valida per l’area tedesca dove la città e il comune aveva conosciuto uno sviluppodiverso da quello italiano.In BLICKLE P., Kommunalismus Begrifsbildung in Heuristischer Absicht. in „Historische Zeitschrift“, supplemento13,Oldenburg 1991, pp.: 5-38.5 BLICKLE P., 1993 p. 143.6 Ivi p. 46.7 RITTER G., La formazione dell’Europa moderna, Roma-Bari 1997, 19501 , p. 178.8 EILERT H, 1988 p. 167-170.
46 CINQUECENTO
127
127. Contadini in armi, XVIsec.
Per saperne di più
BLICKLE, Peter: Die Revolution von 15250, München 1993, terza ed. ampliata.
BLICKLE P., BUSZELLO H., ENDRES R., Der deutsche Bauernkrieg, Paderborn 1991.
ENGELS F., La guerra dei contadini in Germania, Roma 1976.
FOSCHEPOTH, Josef: Reformation und Bauernkrieg im Geschichtbild der DDR. Zur Methodologie eines gewandelten
Geschichtverständnisses. Berlin 1976.
FRANZ G., Der deutsche Bauernkrieg. 1. Auflage, München 1933.
FRANZ G., Der deutsche Bauernkrieg, Darmstadt 1977.
JUNGHANS, R., Das Thomas -Müntzer Rezeption während des “Dritten Reiches“ Frankfurt 1990.
VOGLER G., Die Gewalt soll gegeben werden dem gemeinen Volk. Berlin 1975.
WINTERHAGER F., Bauernkriegforschung. Darmstadt, 1981.
ZIMMERMANN W., Die grosse deutsche Bauernkrieg, Berlin 1993, 1841-43.
9 POLITI G., Gli statuti impossibili. La rivoluzione tirolese del 1525 e il “programma” di Michael Gaismair, Torino 1995, p.XIII.10 Ivi, p. XV.11 Ivi, p. XV.12 Così scriveva Johannes Cochaelus nel trattatello: Wieder die Reuberische und Mörderischen rotten der Bauern, die unterdem Schein des heiligen Evangelium felsischen wieder alle Oberkeit sich setzen und empören., in STEINMETZ M, Das Müntzerbildvon Martin Luther bis Friedrich Engels. Berlin 1971, p. 103.13 Cfr. STEINMETZ M., Das Müntzerbild von Martin Luther bis Friedrich Engels. Berlin 1971.14 ENGELS F., La guerra dei contadini in Germania, Roma 1976 p. 10 [trad. it de: Der deutsche Bauernkrieg. Berlin, 1970 (9),1851 (1)]. L’opera completa di Marx e Engels può anche essere liberamente consultata tramite internet all’indiriz-zo: http:// www.mlwerke.de/me/index.htm in tedesco, o all’indirizzo http:// cfs.colorado.edu/mirrors/marxists.org/archive/marx/works/ in inglese.15 Ivi, pp. 34-35.16 Ivi, p. 36.17 Ivi, p. 40.18 Ivi, p. 46.19 Ivi, pp. 46-47.20 Ivi, p. 49.21 Ivi, p. 50.22 Ivi, p. 61.23 cfr. BROSZART, M., Die Machtergreifung, München 1984, p. 99 sg.24 Darré, Richard Walter, Belgrano, Argentina 1895 – Monaco 1953, responsabile della politica agraria della NSDAP.Nel 1930 formulò il primo programma agrario del partito. 1931 a capo dell’ufficio “razza e colonizzazione“ delleSS, nonché a capo dell’ufficio per la politica agraria del Reich. 1933 ministro dei rifornimenti e dell’agricoltura.25 Thamer H.U., Il terzo Reich. La Germania dal 1933 al 1945, Bologna 1993.26 DARRÉ R. W., Um Blut und Boden. München 1941 p. 17.27 Ivi, p. 218.28 FOSCHEPOTH J., Reformation und Bauernkrieg im Geschichtbild der DDR. Zur Methodologie eines gewandeltenGeschichtverständnisses. Berlin 1976, p. 124.29 Ivi, p. 53.30 VOGLER, G., Die Gewalt soll gegeben werden dem gemeinen Volk. Berlin 1975, p. 11.31 FRANZ, G., Der deutsche Bauernkrieg, Darmstadt 1977, p. I.32 FRANZ, G., Der deutsche Bauernkrieg, München 1939, p. I.33 Ivi, p. II.34 Ivi, 1939 p. 1, 1977 p. 1.35 Così Günther Franz nella prefazione dalla 1a alla 11a edizione.36 FRANZ G., Der deutsche Bauernkrieg, Darmstadt 1977, p. 299.
Al lettore cristiano la pace e la grazia diDio in Cristo. Ci sono molti anticristianiche in questi tempi, a causa delle assem-blee contadine, colgono l’occasione peroffendere il Vangelo, dicendo che que-sti sarebbero i frutti della nuovapredicazione: nessuno obbedisce più,dovunque ci sono sollevazioni e ribel-lioni e si corre con tutte le armi a for-mare delle schiere, a radunarsi, a rifor-mare, a scacciare, anzi forse addirittu-ra ad ammazzare l’autorità, sia quellaecclesiastica sia quella laica. A tutti que-sti giudici empi e scellerati rispondonogli articoli, trascritti qui di seguitoinnanzitutto per controbattere questainfamia della parola di Dio e poi pergiustificare cristianamente ladisobbedienza, anzi la ribellione di tut-ti i contadini.Per prima cosa il Vangelo non è causadi rivolta e di ribellione, bensì paroladi Cristo, il Messia, la cui voce e la cuivita non insegna altro che amore, pace,pazienza e concordia. Per questo moti-vo tutti coloro che credono in questoCristo devono essere pronti all’amore,pacifici, pazienti e concordi. E così ilsenso di tutti gli articoli dei contadini(come risulterà chiaro in seguito) va inquest’unica direzione: ascoltare il Van-gelo e vivere conforme ad esso. Comepossono allora gli anticristiani ritenereil Vangelo causa di ribellione e didisobbedienza? Che però parecchianticristiani e molti nemici del Vange-lo si rivoltino contro una simile inten-zione e contro questo desiderio non hala sua causa nel Vangelo, bensì nel de-monio, il più pericoloso nemico delVangelo. E lui che provoca nei suoimiscredenti seguaci queste convinzio-ni, affinché venga sopraffatta e disper-sa la parola di Dio la quale insegnaamore, pace e concordia. In secondoluogo ne consegue molto chiaramenteche i contadini, i quali nei loro articoliaspirano ad avere il Vangelo come dot-trina e a vivere conforme ad esso, nonpossono essere chiamati disobbedientie ribelli. Se però Dio vuole prestareascolto ai contadini (i quali chiamanotimoratamente a vivere secondo la Suaparola) chi vorrà allora biasimare lavolontà di Dio? Chi avrà da ridire sulSuo giudizio? O, meglio, chi vorrà con-trastare la Sua maestà? Non ha Egli for-se ascoltato e liberato dalla mano delfaraone i figli d’Israele che lo implora-
vano? E non può Egli fors’anche oggisalvare i Suoi? Sì, Egli li salverà. E ciòavverrà tra breve. Perciò lettore cristia-no, leggi i seguenti articoli con atten-zione e poi giudica.
Questi sono gli articoliArticolo primo. Per prima cosa avanzia-mo umilmente la preghiera e la richie-sta, essendo questa la nostra opinione evolontà, che d’ora in poi l’intera comu-nità possa esercitare il potere e il dirittodi scegliere e di nominare direttamenteil suo parroco; che la stessa comunitàabbia inoltre il potere di destituirlo, sequesti non si dovesse comportare ade-guatamente. Il parroco scelto deve pre-dicarci il sacro Vangelo, senza aggiunteumane e senza insegnamenti e obblighiad esso estranei. Poiché se ci viene inse-gnata sempre e soltanto la vera fede, al-lora avremo un fondamento per prega-re Dio, affinché ci conceda la grazia didarci la vera fede e di rafforzarla in noi.Infatti, se non si viene a formare in noila grazia divina, continueremo a esseresoltanto carne e sangue, ciò che non ci èaffatto utile, com’è scritto chiaramentenella Bibbia, e cioè che noi possiamo ar-rivare a Dio soltanto attraverso la verafede e possiamo salvarci soltanto attra-verso la Sua misericordia. A questo sco-po ci è necessario un tale parroco e mae-stro, e in questa forma trova giustifica-zione nella Scrittura.Articolo secondo. Sebbene la decimareale ci sia stata imposta col Vecchio Te-stamento e abolita completamente conil Nuovo, pure siamo disposti a dare dibuon grado la decima sul grano, comeè consuetudine. Essa la si offre a Dio eai Suoi; sarebbe perciò giusto darla an-che al parroco che predica con chiarez-za la parola di Dio. Dichiariamo perciònostra volontà che, d’ora in poi questadecima venga raccolta dai membri delpresbiterio scelto dalla nostra comuni-tà, e lasciato al parroco, scelto da tuttala comunità, quanto basta per un suffi-ciente e adeguato sostentamento suo edei suoi, secondo quanto stabilito datutta la comunità. Ciò che rimane sideve dividerlo tra i poveri del paese aseconda dei loro bisogni e secondo ladecisione della comunità. Quello chedovesse ancora rimanere, sarà conser-vato e utilizzato per una eventuale di-fesa della regione. Per non imporre unataglia a carico della povera gente, si
Luca 18
1 Timoteo 3
Tito 1
5 Mosè 17
2 Mosè 315 Mosè 10
Giovanni 6Galati 2
Come dice tuttala lettera agli Ebrei
Salmo 110
1 Mosè 14
5 Mosè 18 e 12
5 Mosè 25
1 Timoteo 5
Gli anticristiani
I frutti della nuovapredicazione
evangelica
Rispostadegli articoli
Giustificazione degliarticoli
Romani I
Romani IIIsaia 40
Romani 8
I DOCUMENTIDELLA GUERRA
CONTADINA“I DODICI ARTICOLI”
CINQUECENTO 47
In: EILERT H. (a cura di), Riforma
protestante e rivoluzione sociale. Testi
della guerra dei contadini tedeschi,
Milano 1988, traduzione di H. Eilert eI. M. Battafarano.
userà l’avanzo a questo scopo. Inoltre,se si verificasse che uno o più villaggi,spinti dal bisogno, abbiano venduto inpassato il diritto di riscossione delladecima, e se gli attuali possessori lopossano dimostrare in modo incontro-vertibile, allora non si dovrà espro-priarli subito, ma sì dovrà invece cer-care di addivenire a un accordo giustoe adeguato, che riporti, col tempo, la de-cima nelle mani della comunità. Versochi invece non ha affatto acquistato ladecima da un villaggio, ma l’ha soltan-to ereditata dal suoi antenati, non vo-gliamo, non dobbiamo e non siamo de-bitori di niente. Come abbiamo ricor-dato prima, in questo caso la decimaservirà soltanto al sostentamento delparroco scelto da noi, mentre il restosarà conservato o diviso tra i bisognosisecondo quanto risulta dalla Scrittura.Tutto questo vale sia se i presunti pos-sessori sono laici sia se sono ecclesiasti-ci. La piccola decima non la vogliamodare, poiché Dio, il Signore, ha creatogli animali liberi per l’uomo e perciòconsideriamo questa decima illegittima,come qualcosa inventata dagli uomini.Perciò non la vogliamo più dare.Articolo terzo. Finora è stata consue-tudine quella di considerarci proprie-tà personale del signore, cosa riprove-vole, se si pensa che Cristo, col Suo san-gue prezioso, ci ha riscattato e redentotutti, il pastore allo stesso modo del si-gnore, senza fare nessuna eccezione. Ecosì si ricava dalla Scrittura che siamoliberi e che dobbiamo esserlo. Non chevogliamo essere liberi del tutto, chenon vogliamo riconoscere nessuna au-torità al di sopra di noi, poiché questoDio non ce lo insegna. Noi dobbiamovivere secondo la legge e non seguireliberamente solo la volontà e i deside-ri della carne, ma amare Dio, ricono-scerlo come nostro Signore nel nostroprossimo e fare tutto ciò che vorrem-mo fosse fatto a noi. Questo ha dettoDio durante l’ultima cena, quando haesposto le sue ultime volontà. Perciòdobbiamo vivere secondo il Suo co-mandamento, poiché esso ci mostra eci insegna che dobbiamo obbedire al-l’autorità, sebbene non soltanto adessa, ma dobbiamo comportarci umil-mente con tutti. E perciò anche nel con-fronti dell’autorità scelta e di quellaimposta [da Dio], verso la quale dob-biamo essere ben disposti e obbedirevolentieri in tutte le questioni tempo-rali e in tutte quelle cristiane. Non du-bitiamo che voi, in quanto veri e giusticristiani, ci libererete della servitù del-
la gleba, oppure ci dimostrerete, sullabase del Vangelo, che dobbiamo accet-tarla.Articolo quarto. Era costume finora cheil suddito non avesse diritto di cacciarela selvaggina, i volatili e i pesci delleacque correnti. Questo ci sembra moltoingiusto e nient’affatto un segno di fra-tellanza, bensì piuttosto qualcosa det-tata da interessi egoistici e non confor-me alla parola di Dio. Inoltre, in alcunelocalità le autorità tengono degli anima-li selvatici che ci recano molto danno,mentre i prodotti del nostro lavoro (cheDio fa crescere, per i bisogni dell’uomo)se li divorino a loro piacere bestie stu-pide che non ne hanno bisogno. Tuttoquesto dobbiamo sopportarlo in silen-zio anche se è sia contro Dio sia controil prossimo. Quando il Signore Iddiocreò l’uomo, gli ha dato il potere su tut-te le bestie, sugli uccelli dell’aria e suipesci dell’acqua. Perciò noi avanziamoquesta richiesta: se uno ha un ruscelloe, con sufficiente documentazione, puòdimostrarne la proprietà, avendo com-prato il corso d’acqua in buona fede,allora non vogliamo espropriarlo con laviolenza, ma addivenire a un accordofraterno con lui. Chi però non può di-mostrare adeguatamente tutto questo,deve restituirlo alla comunità, come ègiusto.Articolo quinto. Grava sulle nostrespalle anche tutto ciò che riguarda iboschi, poiché i nostri padroni si sonoappropriati di tutti i boschi e così, quan-do la povera gente ha bisogno di legna,deve comprarla pagandola il doppio. Ènostra convinzione che qualsiasi tipo dibosco, sia esso tenuto da eccelsiastici oda laici, posto che non sia stato acqui-stato, deve essere restituito a tutta lacomunità; che una comunità abbia lalibertà di permettere che ognuno possaraccogliere e portarsi a casa, senza pa-gare, la legna che gli è necessaria per ilfuoco e anche quella che gli serve percostruire, ma con il permesso di coloroche la comunità ha scelto comeguardiaboschi. Se però non ci sono bo-schi, oltre quelli acquistati legittima-mente, bisognerà arrivare cristianamen-te e fraternamente a un accordo conquesti proprietari. Se però un bosco ap-parteneva in origine alla comunità ed èstato venduto in seguito, allora bisogne-rà contrattare tenendo conto del valoree sulla base di quanto vien riconosciu-to dall’amore cristiano e dalla SacraScrittura.Articolo sesto. Siamo enormemente gra-vati dal servigio [che dobbiamo presta-
I Corinti 9
Un’offerta cristiana
Luca 6Matteo 5
Non si deve prendereniente a nessuno
1 Mosè 1
Isaia 53
1 Pietro 1
1 Corinti 7Romani 13Sapienza 6
1 Pietro 2
5 Mosè 6Matteo 4
Luca 4Luca 6
Matteo 5Giovanni 13
Romani 13
Atti 5
Un’offertacristiana
Mosè 1
Atti 101 Timoteo 41 Corinti 10Colossesi 1
Un’offerta cristiana
Come è statoindicato sopra
4 Mosè 1
Da ciò non deriveràla distruzione dei
boschi, perchè sirispetteranno le
disposizioni
Un’ offertacristiana
48 CINQUECENTO
CINQUECENTO 49
re al signore e] che viene continuamen-te aumentato e di giorno in giorno in-tensificato. Facciamo richiesta che ven-ga ammesso, com’è giusto, di non gra-varci più in questo modo, ma di per-metterci con benevolenza di prestare ilservigio allo stesso modo dei nostri ge-nitori e soltanto secondo la parola diDIO.Articolo settimo. D’ora in poi un signo-re non deve più aumentare gli oneri asuo piacere. Se un signore ha dato unbene in affitto secondo le consuetudini,il contadino ne deve usufruire come èstato pattuito all’inizio tra lui e il signo-re. Il signore non deve più né preten-dere né premere, per ottenere ulterioriservigi, né qualsiasi altra cosa che nonvenga da lui ricompensata, affinché ilcontadino possa usufruire e sfruttare ilbene acquisito, senza ulteriori oneri ein tutta tranquillità. Quando però il si-gnore ha bisogno di un servigio, il con-tadino lo fornirà obbediente e volentie-ri; lo farà però nei giorni e nelle ore incui non gliene può venire del danno, ein cambio di un adeguato compenso indenaro.Articolo ottavo. Noi che deteniamo unbene siamo tanto gravati che i beni inquestione non risultano piùremunerativi in rapporto al canone, sic-ché i contadini devono rimetterci delloro e andare così in rovina. Noi chie-diamo che il signore faccia esaminarequesti beni da gente fidata, per decide-re qual è il giusto canone, affinché ilcontadino non faccia un lavoro senzamercede, poiché chi fa un lavoro ha di-ritto ad essere ricompensato.Articolo nono. Sulle nostre spalle gra-va l’obbligo di pagare una somma indenaro, come risarcimento per letrasgressioni più gravi. Questa sommaperò viene continuamente aumentata,secondo nuove norme giuridiche, sic-ché noi non veniamo più condannati inrelazione alla colpa commessa, ma losiamo per motivi dettati, a volte dagrande invidia, a volte da grande favo-re. È nostra convinzione che bisognifare riferimento alle pene del vecchioordinamento giuridico scritto, il qualeprevede un giudizio obbiettivo e nonuno dettato dall’arbitrio.Articolo decimo. Siamo gravati dal fat-to che alcuni si siano appropriati di pa-scoli e campi, che in passato apparte-nevano alla comunità. Questi noi ce liriprenderemo, rimettendoli nelle manidella comunità, a meno che non sianostati acquistati legittimamente. Se peròsono stati acquisiti abusivamente, si
dovrà arrivare a un accordo in modosereno e fraterno, trattando sulla basedel valore reale del bene.Articolo undicesimo. Vogliamo aboli-re completamente l’usanza chiamatamortuario. Non vogliamo più ammet-tere né sopportare che si tolga e si de-rubi con ignominia vedove e orfani deiloro beni, come succede in modi diver-si in molte regioni contro Dio e control’onore, e [questo i signori] lo strappa-no e lo arraffano da coloro che dovreb-bero proteggere e difendere e, se [i si-gnori] avessero soltanto un minimo didiritto, si prenderebbero certamentetutto. Dio non vuol più ammettere tut-to questo, e perciò il mortuario deveessere completamente abolito; in futu-ro, per questo motivo, nessuno ha l’ob-bligo di dare qualcosa, né poco né mol-to.Conclusione. Quale dodicesimo artico-lo: è nostra decisione e convinzione de-finitiva che, se uno o più articoli di quel-li elencati non dovessero essere confor-mi alla parola di Dio, allora è nostra opi-nione che essi non debbano valere più.Se ci verrà dimostrato, sulla base dellaparola di Dio, come risulta dalla scrit-tura, che essi non sono legittimi, li la-sceremo cadere. Se ci vengono ricono-sciuti adesso alcuni articoli, che in se-guito si dimostrassero illegittimi, allo-ra essi saranno immediatamenteinvalidati e non avranno più valore. Lostesso però vale anche per tutti gli usi eper tutte le consuetudini che in futuro,sulla base della Scrittura, si dovesserorivelare veramente contro Dio e controil prossimo, perciò noi ci riserviamo dielaborare altri articoli o di abolirne. Evivere cosi e seguire sempre la dottrinacristiana. Vogliamo pregare Dio, perchésolo Lui e nessun altro ci può dare tut-to questo. La pace di Cristo sia con tuttinoi.
Un’offrta cristiana
5 Mosè 18Matteo 8
Matteo 23
Isaia 10
Finchè gli articolison conformi alla
parola di Dio
Luca 31 Tessalocinesi 4
Matteo 10
Isaia 10Efesini 6
Luca 3
Geremia 26
Come sopraLuca 6
Romani 10
128
128. Frontespizio dei 12 articoli, 1525.
50 CINQUECENTO
La nascita del TiroloIl Tirolo si viene configurando come regione a sé stante a partire dall’ XI secolo. Assistiamo in
questo periodo ad un processo di “razionalizzazione” amministrativa. Gli imperatori, consape-
voli dell’importanza strategica assunta dalla regione nelle relazioni tra l’Impero e l’Italia,
accorparono vasti territori cedendo ai vescovi di Trento e Bressanone diritti di sovranità territo-
riale su ampie zone della regione; i vescovi subentrarono così a duchi, conti e marchesi che li
avevano fino ad allora esercitati. I motivi che portarono a queste donazioni sono di natura
strategica, il Tirolo si configura come regione di passaggio, di frontiera tra due mondi che, dopo
lo sfaldamento dell’impero carolingio, conosceranno uno sviluppo sempre più autonomo e di-
versificato. Gli imperatori tedeschi non si rassegnarono facilmente alla sempre maggiore “indi-
pendenza” della penisola tanto che, “per Enrico II, l’ultimo degli imperatori Svevi, il prestigio
del re nella stessa Germania esigeva ormai che il regno italico e la dignità imperiale fossero
annessi alla potenza tedesca.1 ”
Era perciò necessario alla politica di potenza che gli imperatori tedeschi intendevano portare
avanti in Italia che questa regione di passaggio restasse saldamente nelle loro mani. Il fatto poi
di controllare il territorio attraverso le istituzioni ecclesiastiche da un lato era una scelta presso-
ché obbligata dal fatto che erano più efficaci di quelle
laiche, dall’altro rientrava anche in un disegno di più
ampio respiro che voleva imporre l’egemonia imperia-
le sulla Chiesa, e i suoi vescovi, perlomeno nell’impe-
ro2 .
Tra XII e XIII secolo assistiamo in Tirolo a due fe-
nomeni:
- la formazione dello stato regionale,
- l’emancipazione di ampi strati della popolazione
contadina.
Entrambi i movimenti porteranno all’indebolimento
della nobiltà, che toccherà il suo apice proprio duran-
te l’età mainardina.
Mainardo II e la formazione
dello Stato regionale
Questo processo di accorpamento e razionalizzazione
conobbe un’improvvisa, e inaspettata, accelerazione
con Mainardo II nella seconda metà del Duecento
(1259-1295). In meno di trent’anni il conte di Tirolo,
avvocato3 dei due principati vescovili, prese il
sopravvento sui vescovi, riuscendo ad unificare buo-
na parte della regione che da allora prese il nome di
Tirolo, eliminando, anche fisicamente, la nobiltà locale, e ridimensionando notevolmente l’im-
portanza temporale dei vescovi conti.
L’avvocato doveva difendere e tutelare del patrimonio ecclesiastico affidatogli. I Conti di Tirolo
avevano ricevuto dai vescovi di Trento il territorio della Val Venosta, ma con Mainardo l’avvocazia
si è mutata dopo la metà del secolo XIII in uno strumento di sopraffazione con cui i conti del
Tirolo sono riusciti ad appropriarsi di buona parte del potere temporale spettante al vescovo.
La nobiltà venne emarginata, le funzioni più prestigiose affidate a familiares (funzionari pagati)
persino le dignità auliche (maestro di corte, maresciallo, e coppiere) vennero sottratte ai nobi-
li4 .
Al centro dell’amministrazione che il Conte impose al territorio troviamo la cancelleria che si
occupava degli affari politici e amministrativi e la camera che si occupava degli affari economi-
ci, subordinate a questi organi vi erano le istituzioni amministrative periferiche dei distretti
(Gerichte), degli urbari, delle dogane, della salina e della zecca di Merano.
I distretti si rifanno per lo più ai limiti territoriali degli antichi Gau e comitatus, ma in parte si
tratta di nuove strutture a livello regionale. Il centro amministrativo di questa unità geografica
129. Mainardo II, ritratto diDomenicus Custos, 1599.
130. Il Tirolo attorno al 1200.
130
129
CINQUECENTO 51
era rappresentato per la maggior parte da castelli nei quali risiedevano i funzionari nominati
dal principe5 .
Grazie alla rete amministrativa periferica il conte disponeva di un controllo efficace sul terri-
torio, che gli permise di imporre tasse e garantire uniformità di diritto.
I contadiniTra XI e XII secolo la popolazione cominciò a crescere, mettendo in crisi le risorse disponi-
bili e creando problemi per l’ordine feudale.
Quanto veniva coltivato veniva diviso tra i contadini e i nobili proprietari della terra, se la
popolazione aumentava bisognava aumentare anche la produzione per garantire ai signori e ai
contadini la stessa quantità di prodotti.
Ma quando non ci sono più terreni coltivabili pronti per essere usati?
Alla fine del XII sec. le comunità agricole avevano occupato completamente le pendici e i
terrazzamenti delle valli principali. I terreni sino ad allora dissodati non bastavano però più a
sostenere una popolazione in crescita e di conseguenza diminuivano anche le rendite dei
signori feudali. Perciò nobili e contadini rivolsero la loro attenzione ai terreni marginali, alle
zone di alta montagna.
Si venne realizzando una comunanza d’intenti tra contadini, che aspiravano ad ampliare i
propri possedimenti per alleggerire la pressione demografica e assicurarsi il minimo vitale, e
proprietari, che intendevano sfruttare superfici rimaste sino ad quel punto inutilizzate per
mantenere la propria rendita.
Si disboscarono i fianchi delle valli più ampie così come quelli delle valli laterali, e in breve
tempo questo movimento raggiunse anche zone di alta montagna. Questo processo di espan-
sione raggiunse il suo apice nel XII secolo per spingersi fino al XIV, lasciando una traccia
indelebile nel paesaggio agrario della regione. (Basta osservare le montagne che abbiamo in-
torno per vedere i risultati di questi disboscamenti che arrivano sino in alta quota.)
Nel 1250 ad esempio una valle come la Val Senales, -una valle di origine glaciale il cui fondovalle
131
132
131. Castel Tirolo, FerdinandRunk, metà XIX sec. (partico-lare).
132. Sigillo di Mainardo II acavallo.
133. Il Tirolo attorno al 1300.
133
52 CINQUECENTO
si innalza dai 1100 metri dei primi masi, ai 1500 metri dell’abitato di Unsere Liebe Frau in
Schnals, sino agli oltre 1900 metri di altezza dove si trovano gli ultimi masi - doveva essere
abitata da ca. 2000 persone, mentre le pianure delle valli alluvionali erano scarsamente popo-
late per via dell’irregolare corso dei fiumi che le rendevano paludose e malsane.
Paludi, stagni e insenature create dal movimento del fiume Adige erano si insalubri e non
adatte alla vita, ma erano anche l’habitat di numerosi pesci e granchi di fiume, tanto che
alcune zone affittate come riserve di pesca garantivano ai conti di Tirolo un tributo annuo di
160 mazzi di nove pesci ciascuno.
Valorizzazione del ceto contadinoSecondo Mitterauer e Bruckmüller6 le premesse per la formazione di un quarto stato in Tirolo
si trovano nella particolare struttura di potere della regione così come nella posizione e fun-
zione ricoperta dai distretti e nel loro rapporto con il signore territoriale.
Momento fondamentale è per Bruckmüller la politica accentratrice di Mainardo II che pone
“den armen Mann - l’uomo semplice-” sotto la sua diretta protezione, dato che i distretti ammini-
strativi in cui è diviso il territorio non vengono ceduti in feudo, ma amministrati da suoi
funzionari. Era Mainardo stesso ad esercitare il diritto di protezione e di giudizio Schutz e
Gerichtherrschafft-, ad emanare le chiamate alle armi e a levare le tasse.
Per Mitterauer si deve a Mainardo II la particolare divisione cetuale del Tirolo. Fu lui a limitare
fortemente il potere della nobiltà (i Grundherr), favorendo le comunità rurali e la loro autono-
ma amministrazione, lui a garantire, attraverso la nomina di funzionari nei distretti, un rappor-
to diretto tra sudditi contadini e principe territoriale.
Anche Blickle sottolinea il collegamento diretto tra signore territoriale e contadini per spiega-
re la posizione di relativa autonomia raggiunta da quest’ultimi.
La diffusione del diritto ereditario dei contadini; l’estensione, pressoché a tutti i contadini
tirolesi, della servitù nei confronti del principe, rese probabilmente possibile la perdita di
importanza della servitù della gleba, a vantaggio di una sudditanza socialmente non diffa-
mante ed economicamente non oppressiva. Sono questi gli elementi di una struttura di potere
che garantiva ai sudditi una relativa libertà7 .
Il sistema economico feudale era pensato per il mantenimento di gruppo di signori che garan-
tivano alla popolazione difesa e giustizia, per mantenersi i signori feudali favorirono la crea-
zione di “aziende” specializzate in modo da garantirsi la più ampia gamma di prodotti naturali
che i contadini dovevano fornire come tributi, i cosiddetti Schweighöfe, in cui venivano allevate
5 o 6 mucche oppure 20 o 30 pecore, che garantivano al signore un tributo annuo di circa 300
forme di formaggio, che pesavano in media da un chilo ad un chilo e mezzo, nonché carne
affumicata e animali vivi.
Nel XIII secolo l’aumento della popolazione, il processo di centralizzazione politica, l’avven-
to di un industria mineraria e (aspetto di non secondaria importanza) l’introduzione di un’
134
136
134. Mese d’Agosto, Calenda-rio di Charles d’Angouleme,XV sec.
135. Miniera, incisione sulegno, Hans Sebald Beham,1528 ca.
136. Minatori entrano inminiera, Agricola, 1556.
135135
CINQUECENTO 53
economia monetaria misero in cri-
si il sistema.
L’aumento della popolazione ren-
deva le entrate dei signori feudali
sempre più scarse, e sempre più
scarse erano d’altro canto le risorse
dei contadini stessi.
Una soluzione si trovò limitando il
numero delle persone che poteva-
no avere accesso alla terra, impe-
dendo cioè la divisione delle terre.
Quanti non riuscivano più a soprav-
vivere con l’agricoltura o l’allevamento trovarono una possibilità trasferendosi nelle città che
si andavano formando.
Nascono le cittàFu Mainardo II che per primo si rese conto dell’importanza che queste potevano avere e ne
patrocinò lo sviluppo; nella sua visione politica le città rappresentavano un ottimo strumento
per il suo consolidamento militare sul territorio, costituivano solidi punti di riferimento nella
rete amministrativa, e si rivelavano importanti strumenti per incrementare le entrate del prin-
cipe.
La crescita delle città con le possibilità che potevano offrire a quanti vi si rifugiavano, l’econo-
mia monetaria, la centralizzazione del potere e la conseguente perdita di importanza politica
dei signori locali, allentarono i vincoli feudali dei contadini, soprattutto di quelli che non
erano direttamente controllabili dal signore.
Per tentare di arginare la situazione i signori concessero forme di contratti più vantaggiosi ai
contadini nel tentativo di non perdere le loro fonti di entrata.
Nelle aree di recente colonizzazione si andò diffondendo la freie Erbleihen o Erbbaurecht. Que-
sta forma giuridica non solo prevedeva che il contadino avesse il diritto di usufrutto della terra
fino a quando rimaneva in vita, ma anche il diritto di trasmissione ereditaria, mentre solo con
il consenso del feudatario la terra avrebbe potuto essere divisa, venduta o ipotecata. La Freihe
Erblehie trovò codificazione e quindi un riconoscimento ufficiale di uno stato di fatto soltanto
nella Landesordnung del 1404, dove si stabilì inoltre che le cause tra nobili e contadini dovevano
essere trattate davanti al giudice provinciale, e che se fosse stato il nobile a violare i diritti del
contadino, il giudice doveva prendere le difese di quest’ultimo. L’allargamento delle compe-
tenze del giudice provinciale è un sintomo della crisi che attraversava la proprietà feudale in
Tirolo, e della relazione sempre più stretta che si andava stringendo tra contadini e signore
territoriale. La diffusione della Erbleihe, anche se nel Tirolo orientale e nei territori del
principato vescovile di Bressanone sopravvisse la forma della Freistift, (affitto a breve termine:
prevedeva che il signore, a propria discrezione, potesse riprendersi il suo terreno dopo un anno e che il contadino,
volendo rientrarne in possesso, fosse obbligato a versare un determinato tributo.) fu un passo importante
verso la valorizzazione del ceto contadino e verso il progressivo indebolimento della nobiltà8 ;
questo sistema garantiva al conta-
dino una certa sicurezza, e lo incen-
tivava a sfruttare al meglio la pro-
prietà per produrre un surplus che
poteva poi essere destinato al mer-
cato, mentre col tempo mise in dif-
ficoltà il signore perché la quota-
tributo che gli spettava era fissa.
Molti contadini approfittarono di
questa mutata situazione e trasfor-
marono l’economia prettamente
pastorale delle loro aziende in un
sistema di produzione misto:
l’agro-pastoralismo o Alpwirtschaft9 ,
“tanto che nel XIV secolo molte
137. Il lavoro dei minatori,retro-pala d’altare, Chiesa diSant’Anna a Annaberg,(1497-1521).
138. La città di Innsbruckvista da nord, Albrecht Dürer,1495.
139. Assalto al monastero diWeißenau, 1525.
139
137
138
54 CINQUECENTO
aziende pagavano la decima in grano o avena.” Con il sistema degli affitti perpetui, ma fissi, i
contadini furono incentivati ad investire nell’azienda avendo innanzitutto l’obiettivo della com-
pleta sussistenza; il contadino finì per replicare nel suo maso il modello dell’economia di
sussistenza del castello.
La Freie Erbleihe10 , trovò applicazione soprattutto nelle zone montane di recente colonizzazione
perché solo l’indivisibilità della proprietà avrebbe garantito al signore il mantenimento di aziende
in grado di produrre anche quanto occorreva alle sue esigenze. “Le proprietà in quota sono
infatti meno produttive di quelle di fondovalle; ne consegue che devono essere più grandi per
eguagliare il raccolto di quelle inferiori, ma di conseguenza richiedono un maggior investi-
mento di lavoro, mentre la quantità di terra che una famiglia può lavorare è limitata. Il risultato
fu che la produttività dei poderi ad alta quota non eguagliò quella dei poderi posti più in basso,
e il surplus per le élite fu di conseguenza minore. L’agricoltura di montagna non favorì la
formazione di grandi tenute feudali lavorate da manodopera servile. [...]
Bassa produttività, insediamenti sparsi, dimensioni ridotte, posizione remota: questi i fattori
che contribuirono all’erosione dei modelli feudali di controllo. L’esistenza di questa frontiera,
pur contribuendo ad alleviare, nell’immediato il problema della sovrappopolazione delle basse
valli, finì per indebolire quelle stesse relazioni feudali che a prima vista sembrava rafforzare”.
Il contadino di montagna necessitava di maggiori libertà nella conduzione del fondo, era
chiamato a organizzare la produzione su un preciso equilibrio delle scarse risorse, doveva
operare di concerto con gli abitanti del paese per gestire le terre da pascolo e le foreste co-
munitarie.
Secondo i sostenitori di un modello ecologico-culturale la montagna impone costrizioni alle
strategie di produzione, ma esercita anche un influenza decisiva sui sistemi di proprietà, [...] le
esigenze economiche dell’agropastoralismo montano spiegano l’evoluzione di un insieme di-
stintivo di istituzioni politiche e sociali, imperniate sui principi della consensualità delle deci-
sioni, e della delega dell’autorità.11
L’assemblea di paese riveste in tutte le aree montane un’importanza primaria, costituendo un
momento decisionale indispensabile. E’ nell’assemblea che si programmano i lavori agricoli e
si eleggono i funzionari incaricati di far rispettare le norme e di “neutralizzare ogni tentativo di
sconsiderato sfruttamento delle risorse naturali”12 .
Queste piccole forme di organizzazione strutturate che si svilupparono nel mondo agrario
tirolese portano nomi diversi, Drittel-terzo- Viertel-quarto- Pfarre -parrocchia-, Nachbarschaft -vicina-
to-, Oblei, Stab, Riegat, o Malgrei.13
A capo dell’amministrazione autonoma del paese vi era in genere il Dorfmeister, il capofrazione,
eletto una volta all’anno dall’assemblea del paese a cui partecipavano tutti i proprietari di masi
della comunità.
140 141
140. Il Mese d’Agosto,miniatura, XV sec.
141. Castel Tirolo, XIX sec.
142. Libro di caccia, GastonPhébus, 1405-1410.
142
CINQUECENTO 55
Essenziale per l’amministrazione auto-
noma del paese era il mantenimento
dell’ordine nell’agricoltura a gestione
unilaterale e nell’utilizzo della cosiddet-
ta Allmende, cioè la proprietà comuna-
le, boschi, pascoli, sentieri e corsi d’ac-
qua. Il Dorfmeister poteva occuparsi di
dirimere piccole controversie da risol-
vere nell’ambito delle cosiddette giuri-
sdizioni inferiori.
Ad un livello superiore troviamo i
funzionari di distretto, che nel XV se-
colo siederanno accanto a nobili, pre-
lati e delegati delle città nella Dieta
Tirolese; alcuni di questi funzionari,
sono scelti tra coloro che si erano mes-
si in luce nell’amministrazione del comune.
L’amministrazione contadina guadagnò nel tardo medioevo un importanza interregionale di
natura pubblica e politica, un fatto che rappresenta, uno sviluppo speciale del Tirolo 14 .
“Bisogna però fare attenzione ai termini, se si intendono questi delegati dei distretti come
rappresentanti del ceto rurale si può giungere a conclusioni equivoche, non significa infatti
che i contadini possano con ciò disporre totalmente dei medesimi diritti di altri ceti. I conta-
dini stanno sullo sfondo, erano gli altri ad avere la parola15 .” Nella dieta del 1474 ad esempio
troviamo presenti: 123 nobili, 13 prelati, 4 rappresentanti delle diocesi, 8 delle città e dei
mercati e 59 dei distretti che avevano diritto a portare da uno a tre procuratori; il voto era però
sempre uno per distretto, mentre i nobili disponevano di un voto a famiglia. Nelle assemblee
plenarie l’unione di nobili e prelati aveva sempre la meglio sui ceti più bassi16 .
Così come bisogna valutare esattamente il significato di termini quali nobili e non nobili, che
compaiono in documenti medioevali, e non prenderli come esempi di un’emancipazione e
partecipazione che non era ancora avvenuta. Nel 1362 si può parlare secondo Blickle di un
rappresentanza giuridicamente riconosciuta delle città e dei mercati. Di una partecipazione
dei contadini alla vita politica della regione si può parlare dal 1404 in occasione della stesura di
una Landesordnung. Una partecipazione che per lo più li vede spettatori, a parte un breve perio-
do durante la guerra contadina, quando riusciranno a condizionare i lavori dell’assemblea,
tanto che la Landesordnung del 1526 accoglierà quasi per intero le loro richieste17 . Per il resto i
contadini restano sullo sfondo, anche quando la dieta per svolgere i suoi compiti di indirizzo
e controllo farà sempre più frequentemente ricorso a commissioni formate quasi pariteticamente
da membri dei quattro stati. La collaborazione tra i nobili e il Capitano dell’Adige (quasi un
presidente della dieta), o la pur lievissi-
ma preponderanza numerica, garantiva-
no alla nobiltà il controllo di questa isti-
tuzione18 .
Resta il fatto che i contadini tirolesi rag-
giungono nel tardo medioevo una posi-
zione privilegiata rispetto a quella di al-
tri domini asburgici, posizione fondata
sul rapporto diretto con il Landesfürst.
Le vicende dinastiche dei principi
tirolesi, unite alla volontà dei contadini
di emanciparsi dal giogo feudale sotto
cui tentavano di riportarli i nobili dopo
il periodo mainardino, produssero
un’azione di reciproca attrazione per cui
i contadini vedevano nel principe un ele-
mento di difesa dei loro interessi nei
confronti dei feudatari e i principi usa-
rono questo sentimento, e anche la for-
143
143. Ritratto della madre,Albrecht Dürer, 1514.
144. Ritratto di nobildonna,Giacomo Jaquerio 1418-1430.
145. Ritratto di volti grotte-schi, Leonardo da Vinci,1494.
146.-147. Libro di caccia,Gaston Phébus, 1405-1410.
146
147
144
145
56 CINQUECENTO
za dei Knechte, per contrastare l’irruenza della nobiltà, che arrivò a minacciare l’esistenza della
dinastia.
Il concetto di libertà tirolese venne pertanto a comprendere la legittimità della dinastia, un
beneficio politico che gli Asburgo ereditarono quando succedettero ai conti del Tirolo nel
136919 .
Nell’ambito dell’area di dominio asburgico il Tirolo resta, anche dopo il 1363, una regione a sé
stante, con proprio diritto e propria amministrazione, retta ora da principi che governano anche
altre regioni; una situazione che la nobiltà locale cercherà di sfruttare a proprio vantaggio.
L’autonomo sviluppo della regione conobbe un’ulteriore fase quando nel 1379 e poi all’inizio
del XV secolo gli Asburgo divideranno i loro domini tra le due linee di discendenza. La
divisione ebbe come conseguenza che nel XV secolo i principi asburgici stabilirono la loro
residenza in Tirolo.
Federico IVAbbiamo visto come tra principe e ceto contadino si andarono creando dei rapporti di reci-
proca attrazione sin dai tempi di Mainardo II. Un ulteriore approfondimento di questa rela-
zione avvenne durante il regno di Federico IV detto il Tascavuota, che salì alla guida della
regione nel 1406, trovandosi ad affrontare una situazione quasi disperata, con il territorio
Tirolese minacciato da tutti i lati.
Ad ovest la politica espansionistica degli Asburgo nell’Arlberg portò ad un aperto conflitto
con il cantone di Appenzell, dietro a cui si schierò la Confederazione elvetica; gli Asburgo
furono sconfitti a Stoß in Appenzell e in seguito a questa sconfitta la maggior parte dei
possedimenti austriaci nell’Arlberg si schierò con i vincitori, in particolare i ceti contadini.
Questi si unirono in una lega (Bund ob dem See)contro la nobiltà e contro la dominazione
asburgica. Fu la Lega a prendere l’iniziativa: nel 1406 entrò in Tirolo, nella Stanzertal, a
Paznaun, e nei dintorni di Nauders si unirono ad essa i contadini tirolesi. Gli Asburgo furono
sconfitti a Imst, ma la Lega non proseguì però verso Innsbruck, ma verso nord dove, nel 1408
furono sconfitti a Bregenz dalle truppe dell’imperatore20 .
In Italia la morte di Gian
Galeazzo Visconti (1402)
metteva in crisi gli equilibri
raggiunti. Gli Scaligeri e i
Carraresi che avevano perso
i loro domini su Verona e
Padova, cercarono di sfrutta-
re il momento, ma furono i
Veneziani a prendere il
sopravvento conquistando
Padova, Verona e spingendo
la terraferma veneta sino al
lago di Garda. In questo
modo i territori della Repub-
blica arrivarono a confinare con il Principato vescovile di Trento. Alcuni signori trentini, i
Castelbarco e altri in Valsugana e nella val Lagarina, si allearono a Venezia, costituendo così
una minaccia per il Tirolo del sud. Nel 1405 contingenti militari cercarono di avanzare dal sud
verso Trento, un tentativo sventato da Leopold IV21 .
Ma era dall’interno che venivano i problemi maggiori. Grazie all’aiuto di Heinrich von
Rottenburg, forze bavaresi penetrarono in Tirolo spingendosi fino a Schwaz. Heinrich rico-
priva all’interno dello stato tirolese un ruolo di primo piano, era Hofmeister, capitano all’Adige,
nonché capitano di Trento e poteva contare su possedimenti sparpagliati su tutto il territorio
del Tirolo ed era inoltre a capo della Falkenbund 22 . Ad un certo punto però cambiò partito
schierandosi dalla parte del vescovo Georg del Lichtenstein contro il principe tirolese. Federi-
co ebbe però sufficiente aiuto da parte della nobiltà, delle città e nel contado così che poté
piegare la resistenza del Rottenburg e alla sua morte poté impossessarsi di buona parte dei
suoi beni23 .
Oltre all’azione militare Federico si impegnò in un’azione politica per consolidare il potere del
principe all’interno del Tirolo; i distretti che erano stati alienati e affidati a signori laici ed
148
148. Veduta di Trento,Albrecht Dürer, 1494.
149. Paesaggio estivo,Lucas van Valckenborg ilVecchio, 1585 (particolare).
150. La mietitura, PieterBruegel il Vecchio, 1565(particolare).
149
150
CINQUECENTO 57
ecclesiastici furono riscattati e le loro entrate tornarono nelle mani del principe, che poté
attribuirle a suoi funzionari24 . La politica di Ferdinando andava verso un rafforzamento della
posizione del principe territoriale, contro gli interessi dei nobili che, approfittando dell’assen-
za dell’autorità centrale per circa mezzo secolo, avevano rafforzato le loro prerogative all’in-
terno della regione.
La crisi della signoria di FedericoIl consolidamento delle posizioni comitali all’interno del Tirolo conobbe un’interruzione nel
periodo del concilio di Costanza. Federico infatti si era fatto sostenitore di Giovanni XXIII,
papa eletto nel concilio di Pisa del 1409, in concorrenza con i papi di Roma e Avignone25 .
Giovanni XXIII fu l’unico papa a recarsi personalmente a Costanza, dove sperava di ricevere
l’investitura ufficiale, fermandosi nell’occasione anche a Merano, dove incontrò Federico IV
che gli garantì, proseguendo così la sua politica di rafforzamento dell’autorità del Landesfürst
tanto all’interno che all’esterno della regione, il suo pieno appoggio. Il papa lo nominò capita-
no generale delle sue forze armate, e lo cooptò nel consiglio.
A Costanza le cose non andarono esattamente come previsto da Giovanni, il concilio voleva
dirimere e risolvere la controversia dichiarando decaduti tutti i pontefici ed eleggendone uno
nuovo. Giovanni però si rifiutò di accettare questa risoluzione e fuggì da Costanza aiutato dal
principe tirolese. Il fatto provocò la reazione dell’imperatore. Sulla regione cadde l’interdetto
e Federico venne messo al bando: nessuno avrebbe più dovuto aiutarlo militarmente o
finanziariamente e chiunque avesse conquistato territori della regione nel nome dell’imperato-
re avrebbe avuto diritto al possesso. L’imperatore sostenne inoltre la Confederazione elvetica
nella sua lotta contro gli Asburgo e in questo modo numerosi possedimenti asburgici nel Sud
ovest della Germania passarono definitivamente alla Confederazione.
Federico fu quindi costretto a capitolare. Comparve a Costanza di fronte a Sigismondo e
dovette riconoscerlo come arbitro in tutte le controversie26 . Fu quindi obbligato a sollecitare
il ritorno di Giovanni a Costanza e a restarvi lui stesso come ostaggio, mentre i suoi sudditi
dovevano rendere omaggio a Sigismondo come loro signore.
In Tirolo però Federico rimase il principe riconosciuto e proprio in Tirolo, che era rimasto
territorialmente intatto, si recò dopo essere fuggito da Costanza nel 1416. Qui trovò l’appog-
gio delle città e del contado, mentre gli era contraria la nobiltà.
151. Trittico del fieno,Hieronimus Bosch, 1500-1502 particolare.
152. Federico il Tascavuotasi fa riconoscere dai suoisudditi, XIX sec.
152
151
58 CINQUECENTO
Risolti dopo il 1418 i problemi che venivano dall’esterno, si rivolse all’interno, contro la nobil-
tà, da cui pretese la restituzione, dietro pagamento, dei distretti e dei servizi che erano stati
alienati dai suoi predecessori. Cominciò quindi una lunga disputa con la nobiltà, che rinuncia-
va malvolentieri alle posizioni di forza raggiunte. La lega dei nobili ricevette anche l’appoggio
di Sigismondo, appoggio che però rimase però esclusivamente formale27 .
Dopo il 1425, superata con l’aiuto delle città e dei contadini l’opposizione della nobiltà, la
seconda metà del governo di Federico trascorse sostanzialmente tranquilla.
Alle città e ai contadini dimostratisi capaci non solo di difendere i propri diritti di fronte alla
nobiltà, ma di combattere per la difesa del territorio, Federico riconobbe un ruolo importante
all’interno della regione favorendo la loro partecipazione alla vita politica attraverso la loro
presenza nelle assemblee decisionali prima e nella dieta poi28 .
Nel 1420 Federico convocò un’assemblea che emanò una Landesordnung, nella quale si preve-
deva di regolare la materia monetaria, di impedire l’esportazione di grano, di impedire l’impor-
tazione di vino, e per la sicurezza lungo le strade. Dopo il 1420 arrivò a compimento il proget-
to di un’autentica “Dieta” (Landtag) la cui nascita però non si può far risalire ad una data
precisa29 .
La Dieta non nasce quindi come “contropotere” autonomo rispetto all’autorità, in grado di
opporvisi sistematicamente, ma nasce con la benedizione di quest’ultima, dopo che Federico
ha consolidato in modo definitivo la sua posizione all’interno nei confronti della nobiltà tanto
da potervi imporre anche la presenza dei rappresentanti dei distretti.
Il gran numero dei distretti principeschi; il successo nella sottomissione della nobiltà al princi-
pe territoriale; il rafforzamento della rappresentanza dei distretti rurali nella dieta; tutto ciò ha
contribuito ha formare un senso dello stato, in grado di mitigare i contrasti che solitamente si
possono osservare tra principe e stati considerando la buona amministrazione una questione
di interesse generale. Il governo di Federico , caratterizzato dal suo personale intervento in
ogni questione riguardante l’amministrazione impedì lo sviluppo degli organi amministrativi
in funzionari, non impedì invece il buongoverno della Contea30 .
“La Dieta non impedirà il governo della regione”, non si svilupperà quello che W.
Brauneder31 nella sua Österreichische Verfassungsrechtgeschichte indica come sistema di governo
dualistico Landesfürst-Landtag, se non per un breve periodo che va dalla metà alla fine del XV
secolo, quando la dieta raggiungerà l’apice della sua forza rispetto all’autorità del principe per
poi venire dapprima subordinata e poi interamente cooptata all’interno del sistema, tanto da
divenire dal XVII secolo un “punto di passaggio per i funzionari della burocrazia statale32 ”.
La Dieta tirolese non diverrà uno strumento alternativo alla centralità del principe, ma un
importante strumento di integrazione statale.
153. Ritorno della mandria,Pieter Bruegel il Vecchio,1565.
154. Adorazione della Santis-sima Trinità, Albrecht Dürer,1511.
153
154
CINQUECENTO 59
Note1 Citato in BELLABARBA M., 1994 I Principati vescovili di Trento e Bressanone nei primi secoli, in Delle Donne G. (a cura di),
Incontri sulla storia dell’Alto Adige, Bolzano 1994 p. 23.2 Ivi, p. 21- 32.3 BELLABARBA M., La giustizia ai confini. Il principato vescovile di Trento agli inizi dell’età moderna, Bologna 1996 p. 120
nota 21.4 HAIDACHER C., L’organizzazione amministrativa di Mainardo II ed i suoi successori, in Il sogno di un principe. Mainardo II-La
nascita del Tirolo, Catalogo della Mostra, Innsbruck-Tirolo 1995 pp. 113-115.5 Ivi, p.119.6 KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage von den Anfängen bis zur Aufhebung der landständischen Verfassung 1808,
“Veröffentlichungen des Tiroler Landesarchivs”, vol. 3, Innsbruck 1985, p. 31.7 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich. Die Staatliche Funktion des gemeinen Mannes in Oberdeutschland, München 1973
p. 166.8 I conti perseguirono una politica volta ad accrescere l’indipendenza economica dei contadini dai signori feudali
attraverso l’assegnazione di favorevoli diritti ereditari di possesso della terra. Questo ebbe due importanti conse-
guenze. La prima fu che la nobiltà tirolese non acquistò mai poteri molto estesi, la sua sfera di influenza restò
limitata all’ambito locale. La seconda conseguenza fu che, avendo i conti sostenuto i contadini contro la nobiltà, il
ceto contadino acquistò la libertà e i suoi diritti attraverso la collaborazione con il potere centrale e non (come in
Svizzera) attraverso l’associazione indipendente dei suoi comuni. COLE J. W. - WOLF E. R., La frontiera nascosta.
Etnologia ed etnicità fra Trentino e Sudtirolo, [trd. it. de The Hidden Frontier. Ecology and Ethnicity in an Alpine Valley, New
York & London 1974], S. Michele all’Adige/Trento 1993, p. 38.9 I sistemi agropastorali comprendono due sfere di produzione spazialmente separate tra loro: i campi coltivati e i
prati vicini al villaggio, che producono i raccolti per l’alimentazione umana e il fieno per la stabulazione invernale;
e gli alpeggi, dove in estate vengono pascolate le mucche e le capre. VIAZZO, P.P., Comunità Alpine. Ambiente, popola-
zione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo ad oggi, [trd. it. de Upland Communities. Enviroment,population and social
structure in the Alp since the sixteenth century, Cambridge 1989], Bologna 1990, p. 36.10 In queste proprietà il privilegio veniva trasmesso attraverso una linea di discendenza diretta, preferibilmente
attraverso il primogenito maschio. Impedendo legalmente la divisione della proprietà si limitava il numero delle
famiglie che avevano accesso alla terra, e il signore proteggeva le sue rendite nei confronti dell’espansione
demografica. L’istituto giuridico del maso chiuso riuscì in questa duplice funzione solo riducendo il controllo diretto
del signore feudale. Il contadino ora gestiva la propria attività produttiva e controllava la distribuzione del proprio
raccolto. Benché dovesse pagare ancora un affitto, aveva guadagnato molta libertà economica. La nobiltà aveva
sacrificato il controllo diretto sui raccolti agricoli in cambio di una rendita fissa. COLE J. W.- WOLF E. R., p.71 sg. La
Freihe Erbleihe entrò nel diritto Tirolese almeno dal XIV sec mentre dalla fine del 1785 venne istituita una speciale
categoria di proprietà fondiarie indivisibili, i masi chiusi. Il sistema del maso chiuso è ancora in uso nella Provincia
di Bolzano, regolato dalla Legge Provinciale del 1976.11 VIAZZO P.P., Comunità Alpine pp. 41-42.12 Ivi, p. 42.13 Cfr. RIEDMANN J., I conti del Tirolo. Loro rapporti col Ducato e Arciducato d’Austria. L’autonomia della Contea, delle città, dei
comuni rurali. La Dieta e la rappresentanza centrale, in Delle Donne G. (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige,
Bolzano 1985 p. 57 e RIEDMAN J., Il secolo decisivo nella storia del Tirolo (1259-1363), in Il sogno di un principe. Mainardo
II- La nascita del Tirolo, Catalogo della Mostra, Innsbruck-Tirolo 1994 p. 57.14 Ivi, p. 58.15 Ivi, p. 59.16 KÖFLER W. Geschichte der Tiroler Landtage, p.51.17 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich , p. 202.18 Ivi, pp. 179 sgg.19 COLE J. W. - WOLF E. R., La frontiera nascosta, p. 38.20 RIEDMANN J., Spätmittelater (1250-1490), in FONTANA J. (a cura di) Geschichte des Landes Tirol, vol I: Von den Anfängen
bis 1490, Bolzano-Innsbruck-Wien 1985 p. 439.21 Sui rapporti tra principi tirolesi e vescovi trentini. Ivi, p. 441.22 Ivi, p. 443. All’interno del Tirolo si formarono diverse leghe di nobili; una di queste fu la “Gesellschaft der silbernen
Elefanten”, che univa due dozzine di nobili Scopo di questa lega era quello di difendere reciprocamente i membri
anche nei confronti dell’autorità principesca se questa avesse violato il diritto territoriale o se avesse commesso
ingiustizie contro uno di loro.23 Ivi, p. 441.24 Ivi, p.444.25 All’inizio del XV° sec. il papato attraversava un momento di crisi, lacerato dallo scisma d’occidente, con un papa
a Roma, Bonifacio IX, e uno ad Avignone, lo spagnolo Benedetto XIII. Per trovare una soluzione allo scisma fu
convocato a Pisa un sinodo generale nel 1409, che dichiarò scismatici i due papi e ne elesse un terzo. Nel 1414
L’Imperatore Sigismondo convocò un concilio generale a Costanza. Ivi, p. 445.26 Ivi, p. 445.27 RIEDMANN J., Spätmittelater , p.448.28 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich, p. 172.29 RIEDMANN J., Spätmittelater , p. 452.30 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich, p. 184.31 BRAUNEDER W., Österreichische Verfassungsrechtgeschichte, Wien 19761, 19833 p. 60 sg.32 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich, p. 183.
155. Il mese di maggio,miniatura XV sec.
155
60 CINQUECENTO
La Dieta TiroleseUn primo dato che distingue la Dieta Tirolese da quelle della maggior parte degli stati europei
è il fatto che vi sono rappresentati quattro stati; oltre ai ceti tradizionalmente presenti, nobili,
prelati e città, anche i contadini hanno una loro rappresentanza.
Questa rappresentanza dei contadini nella Dieta è tipica del Tirolo, ma non è del tutto singo-
lare, essendovi qualcosa di simile in piccoli territori della Germania sud-occidentale, l’area nei
pressi dell’Arlberg, di Bregenz e dintorni, ma soprattutto nella confederazione elvetica in cui
i rappresentanti di alcuni cantoni sono esclusivamente contadini.
La Dieta si presenta nelle sue linee essenziali come un organismo complementare all’autorità
del principe, difensore delle libertà e delle prerogative che i ceti hanno conquistato a partire
dalla metà del ‘200, come si vede dalle Freiheitsbriefe1 che fanno riferimento alle libertà conces-
se da Mainardo II.
Possiamo rintracciare i
precedenti della Dieta nei
consigli allargati che aiu-
tavano il signore territo-
riale a prendere le decisio-
ni importanti; accanto ai
consiglieri del signore ve-
nivano convocati “ersame,
wiese Leute und weise
Dienstmannen”. Un’altra
istituzione trecentesca
che giocò un ruolo im-
portante per la formazio-
ne della dieta fu lo
Hofgericht, il tribunale
camerale composto da
nobili e cittadini sotto la supervisione del signore o del Landeshauptmann che costituiva il tribu-
nale di prima istanza per le cause contro nobili, ecclesiastici e corporazioni, nonché tribunale
d’appello per le città e i distretti dell’Adige, della Venosta (Vinschgau) e della Val d’Isarco
(Eisacktal). Nel XV secolo lo Hofgericht e la Dieta venivano convocati negli stessi luoghi -
Bolzano o Merano - ed erano composti dalla stessa cerchia di persone. E’ probabile quindi
che la Dieta sia la risultante dell’allargamento del tribunale ad un ulteriore categoria di
persone.2
E’ soprattutto durante il regno di Sigismondo (1439-1490) che troviamo la Dieta pienamente
operante, quindi in grado di sviluppare un ruolo autonomo rispetto all’autorità centrale, che
tendeva ad un progressivo rafforzamento.
Negli ultimi anni del regno di Federico la Dieta si andò consolidando come istituzione, fino a
diventare un interlocutore privilegiato e indispensabile del principe territoriale.
Il rafforzamento dell’autorità principesca necessitava infatti di denaro e consenso. La fonte di
entrata principale era co-
stituita dalle tasse, ma a
meno di non disporre di
un dominio assoluto del-
la violenza non era pos-
sibile sfruttare indefinita-
mente questa fonte. A un
certo punto divenne ne-
cessario per i principi
scendere a compromessi
con gli stati, o meglio con
il loro organismo di rap-
presentanza, per cui andò
156
156. Paesaggio con miniera,XVI sec.
157. Il lavoro nei campi,Sebastian Brandts, 1502.
158. La torre di Babele,Pieter Bruegel il Vecchio,1563.
158
157157
CINQUECENTO 61
sviluppando un sistema fiscale basato sul consenso della Dieta. Se da un lato questo sistema
garantiva la pace sociale dall’altro rendeva il principe esposto al “ricatto” degli stati. Nel 1437
di fronte ad un possibile conflitto contro la Confederazione Elvetica, Federico chiese alla
dieta di concedergli di levare una tassa per le esigenze della guerra3 , la dieta autorizzò il prelie-
vo non senza aver ottenuto una congrua contropartita 4 che portò agli stati anche il diritto di
consenso al prelievo fiscale (Steuerbewilligungsrecht).
Con Sigismondo questo sistema di scambio tasse contro privilegi, che faceva presagire uno
sviluppo dualistico dello stato regionale, subì un’interruzione; nei primi anni di regno il prin-
cipe poté fare a meno delle concessioni degli stati perché poté rifornire le casse dell’erario con
l’argento proveniente dalla miniera di Schwaz, che era stata scoperta proprio in quegli anni.
I problemi per Sigismondo, detto il danaroso, cominceranno negli ultimi anni di regno in segui-
to alle difficoltà finanziarie in cui si venne a trovare per il suo stile di vita estremamente
dispendioso. Per ovviare a questa carenza di liquidità, egli iniziò ad impegnare le fonti di
entrata della Contea. Furono soprattutto i Wittelsbach ad approfittarne. Tanto che poi fu
quasi naturale il passo successivo, poiché Sigismondo era senza eredi propose, sempre in
cambio di danaro di cedere la successione alla Contea del Tirolo alla famiglia Wittelsbach.
Egli si imbarcò inoltre, senza motivi particolari, in una guerra contro Venezia che non condus-
se a nessun cambiamento territoriale.
A questo punto intervennero gli stati per mettere fine all’inutile guerra e alla possibile succes-
sione di un Wittelsbach in Tirolo, estromettendo il Conte dal governo. L’estromissione venne
giustificata insinuando l’immagine di un uomo ormai anziano e prigioniero di una cerchia di
cattivi consiglieri, i Böse Räte che avevano spinto il paese alla bancarotta e il signore alla follia.
Nel 1487 Sigismondo veniva costretto a licenziare i cattivi consiglieri, il governo finì nelle
mani degli stati, il principe fu messo sotto tutela e tre anni dopo sostituito da Massimiliano.
Durante il regno di Massimiliano la Dieta riuscì a strappare concessioni all’Imperatore solo
alla fine del suo regno, dopo che il Tirolo era stato usato da Massimiliano per portare avanti la
sua politica dinastica. La politica di collaborazione con gli stati arriva in un momento in cui
l’imperatore aveva bisogno dei Knechte tirolesi per la guerra contro Venezia; così come il prov-
vedimento del 1502 di estendere l’Erbleirecht a tutti i contadini dei territori direttamente sotto-
posti alla sua giurisdizione.
Nel 1511 la dieta costrinse Massimiliano ad un compromesso codificato nel così detto Landlibell.
Note1 Cfr. KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage von den Anfängen bis zur Aufhebung der landständischen Verfassung 1808,
“Veröffentlichungen des Tiroler Landesarchivs”, vol. 3, Innsbruck 1985, pp. 34-40.2 Cfr. BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich. Die Staatliche Funktion des gemeinen Mannes in Oberdeutschland, München
1973 p. 167.3 KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage, op. cit., p.97.4 La Dieta chiedeva tra l’altro il diritto di nomina del Landeshauptmann, chiedeva che il conio di monete rispettasse
i modelli in uso, la diminuzione dei prezzi del sale e delle dogane. Ivi, p. 101.
159. Giornata buia, PieterBruegel il Vecchio, 1563.
160. I setti peccati e le virtùnella città, HieronymusBosch, XVI sec.
161. Il lavoro dei campi, XVIsec.
159
160
161161
62 CINQUECENTO
Gli strumenti del diritto nel 1500Il LandlibellNel 1511 l’Imperatore convocò una dieta ad
Innsbruck a cui parteciparono anche i nuovi territo-
ri che si erano aggiunti al Tirolo, la Pusteria e la si-
gnoria di Lienz, acquisiti per l’estinzione della dina-
stia dei conti di Gorizia, nonché i principati vescovili
di Trento e Bressanone che venivano così sempre
più strettamente legati alla contea. Venne elaborato
uno strumento giuridico noto con il nome di
Landlibell.
Si trattava di uno strumento che regolamentava allo
stesso tempo la difesa territoriale e la materia fiscale;
esso arrivava in un momento in cui la regione, stre-
mata dai continui prelievi tanto di uomini quanto di
danaro imposti da Massimiliano per portare avanti
la sua politica dinastica, chiedeva regolamentazione
e certezza per quanto riguardava il prelievo fiscale e il servizio di leva.
L’imperoFiglio di un imperatore, Massimiliano si sentiva in un certo senso chiamato a ricoprire a sua
volta il ruolo di imperatore, sentiva come fosse un incarico divino quello di ricostituire un
impero universale.
Questo immenso territorio non è però omogeneo, è un coacervo principati, di signorie più o
meno grandi, di città, libere o imperiali che riconoscevano all’imperatore un’autorità più formale
che sostanziale.
Ai fini della nostra narrazione ci interessa mettere in luce soprattutto la differenza che si viene
evidenziando tra il territorio del “Sacro romano impero della nazione tedesca” e le nuove entità
nazionali che si vanno formando: la Spagna, la Francia, la Gran Bretagna.
Alla forza delle burocrazie statali, degli eserciti reclutati su base nazionale, di risorse basate sulla
raccolta fiscale, alla politica guidata in maniera univoca da un sovrano al cui servizio sono le
risorse dello stato, si contrappone un impero in cui prevalgono i rapporti di tipo feudale, dove
l’imperatore non dispone di un esercito e dove agiscono potenti forze centrifughe.
I poteri dell’imperatore, teoricamente vastissimi, sono di fatto limitati dalla Dieta che lo af-
fianca, dove siedono i principi elettori, i rappresentanti dei nobili, laici e ecclesiastici, e quelli
delle città.
Massimiliano I d’Asburgo tentò di riformare la costituzione imperiale con l’introduzione di
un tribunale camerale, e con una riforma fiscale che però ebbe successo solo nei territori della
casa d’Asburgo.
L’importanza del Tirolo per MassimilianoPer realizzare la sua visione politica universalistica il Tirolo finì col rivelarsi un elemento fon-
damentale. Rispetto ai domini asburgici, che all’inizio del Cinquecento non si presentavano
ancora come uno stato unitario bensì come
un insieme di piccoli territori ognuno con
le proprie peculiarità, “in ciascuno di que-
sti territori si trovava una dieta di stati,
diversi diritti territoriali (Landrechte), ceti
ostinati e soprattutto nessuna coscienza di
appartenenza ad una comune patria austria-
ca.1 ” Il Tirolo spiccava tra questi poiché
aveva conosciuto una precoce costituzione
in stato regionale2 .
Nella seconda metà del ’200 infatti
Mainardo II aveva unificato la regione eli-
minando la violenza feudale, limitando il
162
163
164
165
162. Veduta di Innsbruck,Albrecht Dürer, 1494.
163. Veduta di Trento,Albrecht Dürer, 1495.
164. Un consorzio di mercan-ti, 1470 ca.
165. Schaffausen, incisionesu legno, 1548.
CINQUECENTO 63
potere temporale della Chie-
sa e imponendo una struttu-
ra amministrativa centralizza-
ta alle dirette dipendenze del
principe territoriale. Questa
struttura garantiva a
Mainardo una notevole capa-
cità di controllo del territo-
rio e una efficace riscossio-
ne dei tributi che gli assicu-
rava i mezzi finanziari neces-
sari alla sua politica.
La struttura amministrativa
mainardina si mantenne sul
territorio anche se non più al
servizio di un autorità centrale forte; ma, oltre a questa capacità di prelievo fiscale, altri erano
i motivi di interesse finanziario che nel Quattrocento e nel Cinquecento fecero del Tirolo una
delle regioni più redditizie d’Europa. La scoperta di miniere di argento e di rame a Schwaz “la
madre di tutte le miniere”3 , e le altre sparse sul territorio, esercitarono su Massimiliano un
notevole potere di attrazione contribuendo in maniera decisiva a fare del Tirolo la sua regione
“preferita”.
Oltre ad avere un ruolo economico di primaria importanza, la regione si trovava al centro dei
possedimenti asburgici, collegamento ideale fra tutti i territori su cui Massimiliano aveva mes-
so le mani. La regione si collocava come punto d’unione tra l’Italia e l’Impero. L’unione che si
realizzò alla fine del ‘400 tra il suo ruolo finanziario di prima grandezza e la sua centralità
rispetto agli interessi territoriali degli Asburgo imposero il Tirolo come centro geopolitico di
importanza vitale nell’economia politica massimilianea.
Innsbruck vide esaltato il proprio ruolo di capitale regionale, tanto da diventare virtualmente
la capitale dell’Impero. Quell’impero da cui Massimiliano, nonostante i tentativi di riforma,
non poteva certo aspettarsi l’aiuto di cui necessitava per la sua politica dinastica, aiuto che
dovette quindi reperire altrimenti.
La situazione finanziaria lasciata da Sigismondo era però disastrosa, Massimiliano si trovò
costretto ad imporre nuove forme amministrative, basate sulla divisione tra reggimento e
camera, nuovi sistemi finanziari e uno stretto legame con i grandi capitalisti delle città sveve e
bavaresi.
La struttura del LandlibellIl Landlibell rimase fino al XIX secolo la base per il calcolo delle imposte e dell’organizzazione
militare.
Attraverso questo contratto, che si basava su antiche consuetudini, il signore poteva disporre
del diritto di chiamata alle armi dei suoi sudditi solo per la difesa del territorio tirolese, e non
per condurre guerre d’aggressione. Ma l’imperatore con l’appoggio della nobiltà e degli
ecclesiaistici riuscì ad ovviare a questa norma. Nel 1510 Massimiliano condusse una guerra
contro Venezia che si protrasse fino al 1516 quando la dieta decise di rifiutare ogni altra
richiesta di imposte straordinarie e lo costrinse a firmare la pace.
La mobilitazione era per il primo mese di operazioni, a carico degli stati, dopodiché era il
principe a doversi far carico dei
costi di gestione e di garantire
agli uomini impegnati nelle ope-
razioni la paga del soldato. I co-
sti ammontavano a 10 Gulden per
cavaliere e 4 per un Knecht.
Il Landlibell stabiliva poi che solo
con il consenso della dieta il
principe avrebbe potuto mobi-
litare la milizia. Il principe si tro-
vava quindi apparentemente del
169
166
166. Massimiliano I, XVI sec.
167. Il contadino di fronte alsignore, Incisione su legno,1497.
168. L’interno dell’arsenale aInnsbruck, 1507.
169. Minatori durante illavoro, Schwazer Bergbuch,1556.
167167
168
64 CINQUECENTO
Quote di mobilitazione
caso di una “piccola mobilitazione” di 5000 uomini, e vanno moltiplicati se veniva chiamata
una leva di 10, 15, o 20.000 uomini.
Il contingente base era di 5000 uomini che venivano quindi così ripartiti:
nobili e prelati
città e distretti
Val Pusteria
distretti bavaresi
1800
2400
500
300.
L’obbligo di levaIl Landlibell prevedeva la mobilitazione di uomini da tutta la contea. Ad esempio per quanto
riguarda la città di Merano (Landgericht Meran), il distretto (Landesviertel Burggraffenamt), erano
previste le quote di mobilitazione riassunte nella tabella seguente. Questi numeri valevano in
tutto subordinato ai ceti, che dovevano autorizzare la chiamata alle armi, che garantivano la
copertura dei costi per il primo mese di operazioni e di conseguenza si affiancavano al princi-
pe nel comando militare.
Nel Landlibell si stabiliva qual era il contingente militare che stati e territori dovevano mobili-
tare; si andava da 1.000 a 20.000 uomini a seconda della gravità del pericolo: il 36% di cui era
a carico di nobili e prelati inclusi i due principati, il 48 % spettava alle città e ai distretti, il 10
% toccava alla Pusteria e il restante 6 % ricadeva sui distretti bavaresi di Kitzbühel, Kufstein e
Rattenberg .
171
170. Carro da combattimentocon uomini armati, fine XVsec.
171. Tre uomini in armi,disegno di Albrecht Dürer,1489.
172. Consiglio di guerra,disegno di Urs Graf, 1515.
172
Città e distretti
Merano
distretto di Merano
Val Passiria
Val d’Ultimo
Stein, con Lana e Marlengo e Cermes
Scenna
Tesimo
Postal
Gargazzone
Foresta
Meltina
Totale
Lanzichenecchi
25
67
30
30
43
17
15
2
2
1,5
10,5
243
170
CINQUECENTO 65
Secondo un ordinamento del 1663 questa leva veniva chia-
mata Milizia territoriale (Landmiliz) e veniva divisa in quat-
tro reggimenti di 2000 - 2500 uomini. Ognuno di questi era
formato da uomini provenienti da distretti confinanti: il
Viertel dell’Adige e il Burgraviato; la Val Venosta e la Val di
Non.
Ogni reggimento era diviso in 6 compagnie. Gli ufficiali erano nobili della zona, i militari
cittadini e contadini6.
Quanti erano sottoposti all’obbligo di leva erano chiamati nel corso dell’anno ad alcuni giorni
di esercitazioni, mentre i periodi di mobilitazione si allungavano in caso di pericolo.
Nelle città tirolesi, sin dal XV secolo si trovano associazioni di tiratori (Schützengesellschaften), e
poligoni di tiro.
Ogni anno il principe territoriale metteva in palio, in ogni comune un premio per il miglior
tiratore. I migliori tiratori erano esentati dal servizio nella milizia territoriale, mentre in caso di
guerra costituivano compagnie proprie le Scheiben-schützen, compagnie di tiratori scelti7 .
Oltre alla milizia e alle compagnie di tiratori scelti esistevano anche i Land-sturm, compagnie
che venivano chiamate alla mobilitazione in caso di estremo pericolo per la contea, quando il
nemico era ormai entrato nel territorio. Erano compagnie formate dagli uomini anziani, che
non facevano più parte del contingente della milizia territoriale8 .
Il calcolo delle tasseQuesta precisa suddivisione del contingente militare era anche la base per il calcolo e per la
divisione delle imposte tra i ceti, che venivano calcolate proporzionalmente al numero di
Knechte che si dovevano mobilitare.
Se ad esempio i ceti avevano autorizzato la riscossione di una tassa di 50.000 Gulden, la città di
Merano doveva raccogliere tra i suoi cittadini una somma complessiva di 249 Gulden.
Cifra che risulta da un semplice calcolo: si utilizza come riferimento il contingente base di
5000 uomini, in questo caso alla città di Merano spettava la mobilitazione di 25 Knechte, che
tradotto in danaro significano un esborso di 20.000 gulden per tutto il territorio trentino-
tirolese (5000 uomini X 4 gulden), e per la città un costo di 100 gulden, (25 uomini x 4 gulden)
a cui andavano aggiunti i Knechte, che dovevano fornire nobili e ecclesiastici nelle seguenti
proporzioni:
Monastero Clarisse a Merano
Parrocchia di Merano
Nobili
Masi dello scudo in Val Passiria
Burgfried e Castel Tirolo
Totale
Lanzichenecchi
3
3
30
1
5
42
Nel suo insieme il Landesviertel doveva fornire in tutto 285 Knechte divisi tra città e distretti,
nobili e prelati4 .
La mobilitazione non riguardava però solo un Viertel, ma sempre due confinanti. Il burgraviato,
inteso in senso più esteso era legato all’insieme dei distretti della Val Venosta (il Landesviertel
Vintschgau).
Numeri che possiamo confrontare con quelli di altre città tirolesi per renderci conto anche
delle dimensioni di Merano in relazione ad altre realtà della regione.
Altre città tirolesi5:
Lanzichenecchi
97
58
45
12
9
16
20
100
Città
Bolzano e Gries
Hall
Innsbruck
Matrei
Lienz
Brunico
Bressanone
Trento
174
173. Presa di una città,Albrecht Dürer, incisione sulegno inizio XVI sec.
174. Contadini, HansSeebald Beham, incisione surame 1546.
175. La mietitura, PieterBruegel il Vecchio, 1565(particolare).
175
173173
66 CINQUECENTO
Note1 WIESFLEKKER H., 1984 p. 65.2 Cfr. “Il sogno di un principe. Mainardo II- La nascita del Tirolo”, in particolare il saggio introduttivo di Riedmann J., e la
ricca bibliografia.3 E’ il titolo di un articolo di EGG E., Schwaz ist aller Bergwerke Mutter, pubblicato nel 1971, in Beiträge zur Geschichte
Tirols.4 SARTORI T.- MONTECROCE, p. 331 sg.5 Ivi, pp. 326-334.6 STOLZ O., 1956 p. 90.7 Ivi, p. 91.8 Cfr. STOLZ O., 1956 p. 91.
Per saperne di più
“Il sogno di un principe. Mainardo II- La nascita del Tirolo”, catalogo della mostra, Tirolo 1995, in particolare il saggio
introduttivo di J. Riedmann, e la ricca bibliografia.
BELLABARBA M., I Principati vescovili di Trento e Bressanone nei primi secoli, in G. Delle Donne (a cura di), Incontri sulla storia
dell’Alto Adige, Bolzano 1994, pp. 19-34.
BELLABARBA M., La giustizia ai confini. Il principato vescovile di Trento agli inizi dell’età moderna, Bologna 1996.
COLE J. W. - WOLF E. R., La frontiera nascosta. Etnologia ed etnicità fra Trentino e Sudtirolo, [trd. it. de The Hidden Frontier.
Ecology and Ethnicity in an Alpine Valley, New York & London 1974], S. Michele all’Adige/Trento 1993.
KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage von den Anfängen bis zur Aufhebung der landständischen Verfassung 1808,
“Veröffentlichungen des Tiroler Landesarchivs”, vol. 3, Innsbruck 1985.
RIEDMANN J, Spätmittelater (1250-1490), in FONTANA J. (a cura di) Geschichte des Landes Tirol, Von den Anfängen bis
1490, Bolzano-Innsbruck-Wien 1985, pp.399-532.
VARANINI G. M., I conti del Tirolo, i principati vescovili di Trento e Bressanone. Loro rapporti con le signorie e i comuni del’Italia
settentrionale nei secoli XIII-XIV, in G. Delle Donne (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige, Bolzano 1994, pp. 71-
92.
VIAZZO P.P., Comunità Alpine. Ambiente, popolazione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo ad oggi,[trd. it. de Upland
Communities. Enviroment,population and social structure in the Alp since the sixteenth century, Cambridge 1989], Bologna
1990.
Se la tassa da raccogliere è di 50.000 gulden per tutto il territorio tirolese, la quota spettante a
Merano va ricalcolata in proporzione.
La cifra doveva essere moltiplicata per 2,5 (perché 50.000 è 2,5 volte maggiore di 20.000, che
è la cifra che servirebbe a pagare il contingente base di 5.000 uomini, posto un esborso di 4
Gulden per testa), si ottiene quindi che la città dovrebbe mobilitare non più 25 ma 62,5 Knechte
che per il costo unitario di 4 Gulden danno una somma complessiva di 249 Gulden.
Questo sistema di calcolo rimase in uso per diverso tempo in Tirolo; naturalmente il costo
base del Knechte veniva di volta in volta aggiornato, ma il potere di contrattazione degli stati
dagli anni Trenta del secolo XVI andò progressivamente scemando, e l’autorizzazione alla
riscossione delle imposte divenne un fatto puramente formale; la dieta andò via via trasfor-
mando la propria natura di organo “alternativo” al principe e al suo apparato di potere in
istituzione sempre più conforme al sistema.
176
177
176. Sacco di un paese,Johannes Stumpf, incisionesu legno 1592.
177. Il cosiddetto FigliuolProdigo, Hieronymus Bosch,XVI sec. (particolare).
178. Usuraio presta danaroad un nobile, incisione sulegno 1487.
179. Venditore di tessuti,Norimberga 1518.
178
179
176
CINQUECENTO 67
La guerra contadina tirolese
Lunedì 15 aprile 1532, Padova.
Nelle prime ore del mattino, si sen-
tirono dei rumori davanti alla casa
in cui abitava la famiglia Gaismair,
e qualcuno bussò alla porta.
Gaismair saltò dal letto, si vestì in
fretta si mise la cintura, prese il
pugnale d’argento ed uscì di casa per
andare a vedere se era tutto in ordi-
ne. Appena fu sulle scale gli venne
incontro il suo amico Jacometo
Cvalcatore, un mercante di cavalli,
Jacometo aveva con se due sconosciu-
ti, e disse che era riuscito a procu-
rarsi delle briglie. Gli sconosciuti era-
no mercanti di finimenti, e volevano
provare ai cavalli di Gaismair certe
nuove briglie. Nella stalla si trova-
va uno stalliere […] Jacometo lo mandò a prendere del sale e cercò di tenerlo occupato il
più possibile […] Appena lo stalliere lasciò la stalla, i finti mercanti si lanciarono
sull’ignaro Gaismair e lo gettarono a terra. Anche Jacometo si scagliò su di lui. Prima
che il capitano, ormai ferito, potesse estrarre la sua arma, giaceva a terra in un lago di
sangue, colpito da 42 pugnalate.
Il garzone che aveva sentito le urla si affrettò a correre in aiuto del suo signore ma fu
anch’egli assassinato1.
Ad assassinare Michael Gaismair furono due sicari mandati dal principe del Tirolo FerdinandoI,
che per sette anni dalla fuga di Gaismair dal Tirolo aveva continuato a promettere forti som-
me di danaro per l’assassinio del Gaismair.
Gaismair, dopo il fallito tentativo di suscitare una nuova rivolta in Tirolo, fu costretto a ritirar-
si con il suo esercito ad Agordo, nel territorio della repubblica di Venezia -per sottrarsi alle
truppe di mercenari della lega sveva- dove venne ben accolto e dove sperava di ricevere aiuto
per riprendere la guerra in Tirolo.
Entrò, con le sue truppe, a servizio, come capitano, della Repubblica che in quel periodo era
impegnata nella lega di Cognac nata per contrastare le mire egemoniche di Carlo V sull’Italia,
mentre l’arciduca Ferdinando metteva una taglia sulla sua testa e inviava delle spie per control-
larne i movimenti.
Gaismair esce così dal Tirolo per entrare nel vivo della politica internazionale, dove le sue
aspirazioni legate ad una possibile invasione della regione erano destinate a rimanere tali.
Le notizie su Gaismair lo vedono combattere con il suo esercito davanti a Cremona (agosto
1526), poi ancora a in novembre sempre nei pressi di Cremona si batteva contro le truppe
imperiali, nell’estate del 1527 è in Umbria dove si era spostata l’azione militare.
Nonostante i suoi servigi a favore della Repubblica, non riuscì però ad ottenere appoggio per
un’invasione del Tirolo e decise quindi di ritirarsi a vita privata a Padova, dove poteva contare
sulla protezione del podestà e di una pensione che la repubblica gli concesse. Fino al fatidico
15 aprile 15322.
Con Gaismair
scompare uno dei
più brillanti co-
mandanti della
guerra contadina.
180. Contadino in armi, XVIsec.
181. Mercenario, incisione sulegno XVI sec.
182. Presunto ritratto diMichael Gaismair.
183. La mietitura, PieterBruegel il Vecchio, 1565(particolare).
182
183
180
181
68 CINQUECENTO
Alle radici del conflittoUna delle caratteristiche dell’eco-
nomia europea, dalla caduta del-
l’Impero romano sino al tardo
medioevo, è stata la cronica scar-
sità di metalli preziosi che per-
metteva di coniare solo una pic-
cola quantità della moneta neces-
saria all’economia dell’epoca.
La ricerca di metallo prezioso,
oro in particolare, è la molla che
spinse i conquistadores spagno-
li, ma lo stesso Colombo non era
immune da questo desiderio, a
lasciare il loro paese e a commet-
tere ogni genere di nefandezze pur di raggiungere i loro scopi.
Prima che l’arrivo dell’oro e dell’argento spagnoli facessero sentire i loro effetti in Europa fu
necessario aspettare la seconda metà del XVI secolo.
Le cose però cominciarono a cambiare prima dell’arrivo dell’oro e dell’argento dal Messico e
da Perù, quando, nella seconda metà del Quattrocento, vennero scoperti importanti giacimen-
ti d’argento nell’Europa centrale, e in Tirolo in particolare.
Dalle miniere di Schwaz, a pochi chilometri da Innsbruck provenivano i due terzi dell’argento
estratto nelle miniere di questa parte d’Europa3.
Impiegati nell’estrazione vi erano già nel 1490 oltre 7000 minatori che facevano di Schwaz il
centro più popolato della regione. La presenza dei minatori, lavoratori specializzati e quindi
ben pagati dalle imprese minerarie finì col far crollare il delicato equilibrio economico della
regione. I centri minerari erano luoghi dove circolava molta moneta che i lavoratori dovevano
usare per comprare ciò di cui avevano bisogno, inevitabilmente, secondo la fondamentale
legge dell’economia: in presenza di una forte domanda i prezzi finirono col crescere.
L’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità mise in crisi i contadini e quanti non arriva-
vano a guadagnare quanto un minatore.
Per acquistare 1 Yhre di vino (78 litri) un messo dell’abbazia di Novacella, pagato 2 kreuzer al
giorno, doveva lavorare 66 giorni, ad un minatore, il cui compenso era pari a 10 kreuzer, erano
invece sufficienti 13 giorni4.
La regione si trovò ad essere una delle più ricche d’Europa ma di questa ricchezza i suoi
abitanti non ne beneficiarono se non in minima parte. Le miniere divennero il mezzo di
pagamento più comodo utilizzato dai principi per mante-
nere il loro sfarzoso tenore di vita o per finanziare la loro
politica di potenza, il sistema utilizzato era quello di dare i
vari giacimenti in appalto ad un impresa mineraria. A poter
garantire le condizioni più vantaggiose erano i grandi im-
prenditori “stranieri”, i Fugger in particolare5.
All’inizio del Cinquecento, durante il regno di Massimiliano
I il Tirolo acquisì un ruolo di primo piano nello scacchiere
politico europeo, il connubio che si realizzò tra il suo ruolo
finanziario di prima grandezza e la sua centralità rispetto
agli interessi territoriali degli Asburgo imposero il Tirolo
come centro geopolitico di importanza vitale nell’econo-
mia politica massimilianea.
La presenza di miniere di argento e di rame a Schwaz “la
madre di tutte le miniere” 6, e le altre sparse sul territorio,
esercitarono su Massimiliano un notevole potere di attra-
zione contribuendo in maniera decisiva a fare del Tirolo la
sua regione “preferita”7 .
Innsbruck vide esaltato il proprio ruolo di capitale regiona-
le, tanto da diventare virtualmente la capitale dell’Impero,
184
185
184. L’oceano Atlantico e icontinenti che vi affacciano,Battista Agnese (attr.) 1550.
185. Jacob Fugger e il suocapo-contabile, miniatura,Augsburg 1520.
186. A-H Il lavoro nellaminiera, Agricola, incisionesu legno 1556.
187. Trittico dell’Epifania,part. Dell’adorazione dei reMagi, Hieronymus Bosch,1510.
186 A-H.
A
B
CINQUECENTO 69
quell’Impero da cui Massimiliano, nonostante i tentativi di riforma, non poteva certo aspettar-
si l’aiuto di cui necessitava per la sua politica dinastica, aiuto che dovette quindi reperire altri-
menti.
La politica e le guerre di Massimiliano finirono con il creare una situazione fortemente conflit-
tuale:
“L’imposizione del diritto romano e l’eliminazione delle libertà locali al posto del diritto consuetudinario
germanico, le guerre che interruppero il flusso commerciale ed appesantirono la situazione agro-pastorale, le
devastazioni dovute ai passaggi di truppe, la trasformazione dell’attività mineraria da locale in imprenditoria-
le ed internazionale, i divieti di caccia e pesca e dell’uso dei diritti comunitari tradizionali nella vita di
montagna, l’aumento delle tasse ordinarie e straordinarie, cui si aggiunsero carestie pestilenze e inondazioni,
non fecero che rendere esplosiva una situazione strutturalmente debole ed economicamente arretrata8”.
Negli anni dal 1510 al 1525, la regione si trovò a vario modo coinvolta in guerre contro
Venezia, contro Milano, contro i Turchi che erano arrivati in Craina, che necessitarono l’esborso
di oltre 2 milioni di fiorini renani in tasse straordinarie. Catastrofi naturali, annate di cattivi
raccolti ed epidemie non
mancarono di aggravare
la situazione.
A fare le spese della si-
tuazione di disagio che si
venne creando nei primi
decenni del Cinquecen-
to furono soprattutto le
categorie più deboli,
quella dei contadini po-
veri e non proprietari, e
anche quella dei minato-
ri sempre più sfruttati da
famiglie o gruppi finan-
ziari molto attenti a trar-
re dalle concessioni mi-
nerarie il massimo profit-
to possibile.
Negli anni 20 del ‘500 i Fugger monopolizzavano le minieri tirolesi rendendo sempre più dure
le condizioni di lavoro e salario per i minatori. I banchieri di Asburgo erano tra i pochi a poter
prestare le somme di denaro necessarie a principi e imperatori per evitare loro di venire a patti
con le diete, nel 1525 il signore territoriale del Tirolo doveva a Fugger 415.000 fiorini, e solo
di interessi dovevano pagare 77.000 fiorini l’anno, per poter restituire la somma non restava
che dare in pegno i beni del territorio: miniere e giurisdizioni.
La borghesia e la piccola nobiltà non traevano più alcun vantaggio da questo stato di cose,
poiché non riuscivano a fare concorrenza agli imprenditori esteri che appaltavano miniere e
giurisdizioni9, sottraendo così ai locali possibili fonti di rendita e di potere.
Massimiliano morì nel 1519, ma la situazione non mutò, anzi il nuovo governatore tirolese fu
nominato solo alcuni anni più tardi nel 1523, si trattava dell’arciduca Ferdinando I nipote di
Massimiliano, che doveva governare per conto del fratello, l’imperatore Carlo V d’Asburgo.
Nel frattempo la contea fu retta da un viceluogotenete, Gabriel de Salamanca.
Il Salamanca, spagnolo, come l’arciduca Ferdinando e Carlo V, che appartenevano al lato
spagnolo della casa degli Asburgo rappresentava la nuova fase politica che escludeva la nobiltà
locale e che non intendeva venire a patti con chicchessia, perché chi regna lo fa per diritto
divino e non deve dividere il potere con nessuno.
Ferdinando I arrivando in Tirolo fece capire subito che il suo “stile” era diverso, i nobili che
volevano ribellarsi vennero puniti e quattro di loro furono pubblicamente giustiziati, dopodiché
impose agli stati una tassa di 150.000 fiorini10.
L’ingenua fiducia che i ceti tirolesi, soprattutto quelli più bassi, avevano sempre posto nel
“principe buono” capace di eliminare i soprusi cominciava a vacillare, mentre nobili ed eccle-
siastici, i due principi vescovi in testa, si accordavano con il nuovo signore territoriale.
Testimone di questi primi atti del nuovo principe era anche Michael Gaismair, in quell’occa-
sione uno degli scrivani della dieta.
187
F
E
D
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70 CINQUECENTO
Su questo terreno, particolarmente
sensibile, trovò ampio ascolto la
predicazione religiosa riformata, che
faceva sperare in una società più giu-
sta e in una purificazione della Chie-
sa. Nel secondo decennio del Cinque-
cento la situazione stava rapidamente
evolvendo preparando il terreno a
forme di protesta anche violenta.
La guerra contadina cominciò in
Tirolo nel maggio del 1525 quando
alcuni contadini liberarono Peter
Passler che stava per essere giustizia-
to a Bressanone per aver dichiarato
faida11 al vescovo, ed era stata prece-
duta in gennaio da alcune rivolte di
minatori della zona di Schwaz.
Peter Passler era un contadino alla cui
famiglia era stato negato, da parte del
Vescovo di Bressanone, un diritto fon-
dato sull’antica tradizione. Peter reagì
a quello che considerava un sopruso
e dichiarò la sua ostilità al vescovo co-
minciando una serie di azioni per ven-
dicare l’ingiustizia subita. Il vescovo
non riconobbe al Passler il diritto di
faida e lo dichiarò delinquente abituale. In breve Passler divenne agli occhi dei tirolesi un
combattente per le libertà per la giustizia contro la nobiltà. Ci volle parecchio agli uomini del
vescovo per catturarlo, e quando, dopo sei mesi di carcere stava per essere giustiziato la
tensione nella città di Bressanone era altissima, tensione che si trasformò in aperta ribellione.
Nella Germania meridionale erano già scoppiate rivolte da alcuni mesi e le notizie che arriva-
vano animavano anche i contadini tirolesi.
Il giorno dopo la liberazione del Passler i rivoluzionari si riunirono a Millan e da li entrarono
ed occuparono la città di Bressanone, e con l’aiuto dello scrivano del vescovo Michael Gaismair
occuparono anche il palazzo vescovile, senza però devastarlo come fecero con le case dei
notabili della città. Poi la rivoltà si ampliò e coinvolse quasi l’intero territorio del Tirolo, i
contadini assaltarono il monastero di Novacella. In quell’occasione Gaismair venne eletto a
capo della ribellione.
Ma chi era Michael Gaismair?Di lui sappiamo che era nato attorno al 1490 a Ceves (Tschöfs) presso Vipiteno figlio di una
famiglia di contadini e di piccoli imprenditori minerari, sappiamo che frequentò la scuola
latina gestita dall’ordine teutonico a Vipiteno, e presumibilmente una qualche università italia-
na. Il destino di Michael e della sua famiglia è determinato dallo sviluppo minerario che rap-
presentò una scorciatoia per l’ascesa sociale. Contadini benestanti e con capacità imprendito-
riali si gettano nel nuovo “business” diventando imprenditori minerari, consolidando la pro-
pria posizione con qualche carica cittadina, e soprattutto facendo studiare i propri figli per
migliorare la posizione sociale della famiglia. Nell’arco di due, tre generazioni queste famiglie
compiono un salto, un’ascesa sociale praticamente impensabile in condizioni normali. La fa-
miglia di Martin Lutero, forse il principale protagonista dei prima anni del Cinquecento, com-
pie un percorso analogo, Martin destinato allo studio del diritto equindi ad entare nel novero
dei notabili cittadini ha però altri interessi e seguirà la sua vocazione12.
Nel 1518 Michael entra al servizio del capitano all’Adige Leonhard von Voels come segreta-
rio.
All’inizio del 1525 lo troviamo al servizio del principe vescovo di Bressanone, Sebastian Sprenz,
e a pochi giorni dallo scoppio della rivolta lo troviamo a capo degli insorti.
In questa sua veste Gaismair avrebbe proposto il 14 maggio ai ribelli riuniti nell’abbazia di
188
H
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CINQUECENTO 71
Novacella un importante Cahier
de doléances destinato a servire
come base per una trattativa con
l’arciduca d’Austria e conte del
Tirolo, Ferdinando.
Perché Michel Gaismair venne
scelto come capo della ribellione
lo spiega un grande storico come
Josef Macek che a Gaismair ha
dedicato un “Già dalle sue prime
azioni avevano dimostrato che
era un buon capitano, […] Oltre
a ciò era il più colto tra i ribelli,
aveva la visione del politico, sa-
peva dar forma a documenti e
lettere, poteva trattare coi genti-
luomini e funzionari. [… ]Ma tutti questi requisiti non sarebbero stati sufficienti se Gaismair non
avesse goduto della piena fiducia dei comitati segreti.”
Nel frattempo la rivoluzione dilagava:
- a Vipiteno la folla saccheggiò la commenda dell’Ordine teutonico;
- in val Pusteria venne saccheggiato il monastero di Sonnenburg;
- venne assalito il castello di Presule, sede del capitano all’Adige Leonhard von Voels;
- monasteri e castelli vennero assaltati in tutta la regione, vennero bruciati gli urbari, i registri
delle tasse.
Il 13 maggio cominciarono a combattere anche i contadini dei dintorni di Bolzano, aiutati da
quelli di Bressanone, e il giorno dopo occuparono la città.
Anche nei dintorni di Merano furono assaltati e devastati dei monasteri, anche quello delle
Clarisse che si trovava in città.
Rivolte scoppiarono anche nel principato vescovile di Trento.
Rivoluzionari tedeschi e italiani si unirono nelle azioni e nelle rivendicazioni, mentre nel Tirolo
del nord l’arciduca Ferdinando era riuscito ad imbrigliare la protesta di contadini e minatori
facendo molte promesse.
Ciò che bisogna rimarcare è la grande impressione che i fatti rivoluzionari suscitarono nei con-
temporanei, erano eventi eccezionali che suscitarono profonda impressione, sia tra i contadini
che tra i nobili, che passata la prima paura, ricorsero a milizie mercenarie non solo per sconfigge-
re i ribelli ma per annientare anche la memoria della ribellione.
Gaismair resta nel castello di Bressanone a mantenere l’ordine, senza partecipare né alla Dieta
autoconvocata di Merano né a quella di Innsbruck, delle quali avrebbe ispirato i gravami.
Per coordinare l’azione insurrezionale, che si svolse prevalentemente nel Tirolo del sud, venne
convocata per la fine del mese una Dieta a Merano, Dieta che si concluse alcuni giorni dopo
con la stesura di una serie di rivendicazioni, da sottoporre al principe territoriale, note come
articoli meranesi.
Pochi giorni dopo la conclusione della Dieta meranese si apriva una Dieta, convocata ad Innsbruck
da Ferdinando I, dove gli articoli meranesi vennero discussi e uniti con quelli dei nordtirolesi,
dando origine a un gravamen di quasi 100 articoli, che doveva costituire la base della Landesordnung.
La Dieta di Innsbruck fu un importante passo che l’arciduca Ferdinando fece per guadagnare
tempo. Mentre i contadini si riunirono per discutere l’arciduca aspettava che le truppe della lega
sveva avanzassero verso il Tirolo mentre sconfiggevano i contadini sollevatisi in Germania.
La Dieta di Innsbruck si concluse con un compromesso fra gli insorti e l’arciduca che non
piacque però ai sudditi dei due Principati vescovili di Trento e Bressanone, le cui richieste
sarebbero rimaste disattese, e Gaismair ne animò la resistenza.
La Dieta terminò i lavori il 12 luglio. Anche durante il suo svolgimento non erano mancate
agitazioni violente. I contadini furono quindi definitivamente sconfitti in settembre dalle truppe
dell’Arciduca13.
Chiamato ad Innsbruck con uno stratagemma a metà agosto e subito messo in prigione senza
processo vi rimase per sette settimane, finché non gli riuscì di fuggire (7 ottobre). Questo
contegno delle autorità tirolesi lo avrebbe spinto su posizioni sempre più radicali. Attraverso
188. Il Tirolo nel XVI sec.
189. Prete, Jost Amman,incisione su legno XVI sec.
190. Il monaco, Jost Amman,incisione su legno XVI sec.
191. Settembre, dal ciclo deimesi di Hans Wertinger,inizio XVI sec.
189
191
190
72 CINQUECENTO
i Grigioni il leader contadino sarebbe fuggito a Zurigo dove avrebbe conosciuto Ulrich Zwingli
e ne avrebbe abbracciato la riforma.
Mentre Gaismair era trattenuto a Innsbruck le truppe mercenarie di Ferdinando domavano i
focolai di resistenza, passavano nei villaggi e distruggevano le case dei capi ribelli, arrestandoli
per giustiziarli in città. Molti rivoluzionari scapparono in Svizzera.
Così fece anche Gaismair, che si stabilì a Klosters nel Prettigau grigionese dove secondo la
tradizione storiografica vi avrebbe compilato, tra il gennaio e il marzo 1526, degli statuti (la
Landesordnung) concepiti come alternativa rivoluzionaria al compromesso di Innsbruck. Sulla
questione della Landesordnung rimandiamo al contributo del professor Politi che sostiene una
tesi diversa, secondo i suoi studi: sulla base degli esemplari esistenti e delle vicende biografi-
che di Gaismair non sarebbe lui l’autore materiale del documento.
In essi si traccerebbe il progetto d’una repubblica di contadini e minatori da cui sarebbero stati
banditi ogni disuguaglianza cetuale e ogni privilegio. A Bressanone avrebbero dovuto aver
sede sia il Reggimento del Paese, elettivo, sia una scuola superiore di esegesi biblica; il culto
delle immagini e la messa sarebbero state abolite, la giustizia esercitata da ufficiali elettivi e
retribuiti dallo Stato. Sotto il profilo economico, gli statuti gaismairiani - o presunti tali- preve-
devano che tutte le attività artigianali fossero concentrate a Trento e i rispettivi prodotti fosse-
ro venduti a puro prezzo di costo, sotto controllo statale. In ambito minerario avrebbe proget-
tato inoltre una totale eliminazione degli imprenditori forestieri e nobili e affermato il princi-
pio secondo cui le ricchezze del sottosuolo dovessero appartenere al Paese, che,se ne sarebbe
servito a sollievo delle proprie finanze. Anche in campo agricolo e rispetto all’assistenza a
favore dei poveri, dei vecchi impotenti e degli orfani la Landesordnung prevedeva importanti
misure.14
A Klosters Gaismair avrebbe preso contatto con i tradizionali nemici degli Asburgo la monar-
chia francese e la repubblica di Venezia, e prese parte alla stesura di un progetto d’invasione
del Tirolo attraverso la Val Monastero e la Val Venosta. Scoperto il piano, Gaismair dovette
cambiare programma e si recò nel principato vescovile di Salisburgo, ove fu eletto a capo dei
partecipanti alla seconda guerra contadina salisburghese.
Luglio 1526. Fattasi insostenibile la situazione, Gaismair, pur imbattuto sul campo dovette
fuggire attraverso gli Alti Tauri e la Val Pusteria, assieme a duemila soldati ad Agordo dove la
Repubblica Serenissima allora impegnata nella lega di Cognac fu ben lieta di accoglierlo tra le
proprie truppe.
1532 venne ucciso a Padova da due fanti sbandati attratti dalla taglia che Ferdinando aveva
posto sulla sua testa.
Nonostante la sconfitta militare del movimento, le richieste dei contadini trovarono ampia
accoglienza nella prima grande Landesordnung emanata da Ferdinando I nel 1526. Si tratta
senza dubbio di una scelta di compromesso dettata dalla drammatica situazione del momento,
192
193
194
192. Il Mulino, AlbrechtDürer, 1489.
193. Foglio volante, 1529.
194. Contadini giurano sullabandiera del Bundschu,1514.
195. Il povero Corrado, inizioXVI secolo.
195
CINQUECENTO 73
con la sanguinosa repressione avvenuta in Franconia e nel vicino Allgäu.
Trenta degli articoli dei contadini vengono accolti interamente, e diciannove parzialmente, altri
verranno accantonati perché o troppo brevi, o perché avrebbero richiesto un’elaborazione trop-
po lunga. Gli articoli più rivoluzionari furono comunque “disinnescati” attraverso trattative tra il
principe e la Dieta.15
La guerra contadina può essere letta quindi secondo J. Bücking16 come l’ultima grande rivolta
contro la formazione dello stato assolutistico, in cui i contadini temevano, parliamo del Tirolo,
di non ricoprire più quel ruolo di ago della bilancia che avevano svolto in passato, intuendo forse
l’ormai prossima fusione e amalgama dei poteri principeschi nobiliari ed ecclesiastici, che sotto
l’egida del principe avrebbero determinato in maniera univoca i destini della regione.
Dopo la guerra contadina, l’altra metà del secoloE’ con Ferdinando I ma soprattutto con il figlio Ferdinando II che troviamo pienamente
operante nella società tirolese del Cinquecento il processo di assolutizzazione della vita politi-
ca. La svolta assolutistica è strettamente legata alla riforma luterana quando Ferdinando I si
trovò a dover contrastare i “germi” della Riforma che si infiltravano nel territorio attraverso i
minatori, una categoria di lavoratori che fece la fortuna del Tirolo quattro e cinquecentesco e
che per questo non era facilmente liquidabile, e attraverso un buon numero di predicatori.
L’insegnamento della Riforma attecchì soprattutto laddove più rigide erano le strutture gerar-
chiche, laddove i contadini non avevano diritto alla ereditarietà della proprietà per essere sot-
toposti al regime della Freistift, e dove ad una posizione economicamente solida non corri-
spondeva una rappresentanza politica, come nel caso dei minatori che, provenendo da diverse
parti d’Europa, erano più sensibili a istanze di cambiamento.
L’adesione alla riforma luterana assume in questi casi una netta connotazione ideologica e un
chiaro significato di rivolta sociale e costituisce quindi quell’elemento che Blickle individua
come “legittimazione”.17
Solo con la sconfitta dei contadini le autorità riuscirono a mettere fine alla prima diffusione
del protestantesimo; si andò però radicando nella testa dei contemporanei l’idea della sostan-
ziale identità tra riforma e rivolta sociale, e di converso la necessità di contrastare efficacemen-
te chiunque mettesse in dubbio l’unità confessionale della regione. Per il mantenimento del-
l’unità confessionale le autorità non esitarono a ricorrere al rogo o alla deportazione. Partico-
larmente dura fu la repressione degli anabattisti tirolesi da parte di Ferdinando I18.
Così, se sull’onda delle emozioni e delle paure suscitate dalla guerra le rivendicazioni dei con-
tadini trovarono ampio spazio nella Landesordnung del 1526, non ci volle poi molto tempo al
principe per recuperare le saldezza dei propri nervi e ridimensionare le aspettative dei conta-
dini attraverso una nuova Landesordnung emanata nel 153219.
Tre sono i motivi, secondo Bücking20, che portarono i principi tirolesi a schierarsi apertamen-
te e fattivamente dalla parte della Chiesa cattolica romana; uno di questi era la convenienza
politica- era senza dubbio più semplice e foriero di minori problemi governare su un territorio
omogeneo da un punto di vista religioso. Ma non solo di questo si tratta; vi erano dietro
questa scelta anche motivazioni economiche; agli Asburgo, al contrario di altri signori territo-
riali, non interessava entrare in possesso dei beni ecclesiastici che sarebbero stati secolarizzati
in caso di loro adesione alla riforma per il semplice motivo che disponevano già di quei beni in
quanto avvocati delle diocesi tridentina e brissinense21; terzo fattore, i principi si sentivano
responsabili non solo per quanto riguardava l’aspetto materiale della vita dei loro sudditi ma
anche per la salute della loro anima.
Questa ideologia patriarcal-religiosa condusse le autorità temporali ad indicare in maniera
piuttosto estensiva alle autorità ecclesiastiche i provvedimenti da prendere per contrastare la
196. Pellegrinaggio alla“Bella Maria” di Regensburg,1519.
197. Il mulino divino, fogliovolante, 1521.
198. Fienagione, PieterBruegel il Vecchio, 1510(particolare).
197
198
196
197
74 CINQUECENTO
Riforma. Concretamente durante i regni di Ferdinando I e II l’autorità vescovile venne con-
trollata e limitata attraverso una serie di provvedimenti che J. Bücking così riassume:
- Riduzione delle giurisdizioni ecclesiastiche;
- Consenso del principe per emanazioni di disposizioni curiali e vescovili;
- Controllo sull’esercizio del culto cattolico nel mondo laico attraverso registri e biglietti di
confessione;
- Limitazione dell’acquisto di beni da parte degli ecclesiastici;
- Utilizzo dei beni ecclesiastici come beni camerali;
- Influenza sull’elezione di vescovi e abati;
- Partecipazione alle visite, “nessuna visita doveva avvenire senza che il principe e i consiglieri
ne fossero informati22
Nel periodo che segue la riforma e la guerra contadina la debolezza della Chiesa in generale, e
dei principati vescovili in particolare, aveva portato lo Stato Tirolese, ci sia consentito l’uso di
questo termine, ad “interessarsi” alle vicende ecclesiastiche molto più fattivamente di quanto
non fosse mai avvenuto. L’intromissione era chiaramente dettata dalla preoccupazione per gli
eventi che si erano prodotti in Europa dopo il 1517. Di fronte alla crisi dei principati vescovili
il potere politico interviene a sostegno delle istituzioni ecclesiastiche, determinandone forte-
mente lo sviluppo; non solo, Ferdinando II cercò di approfittare del momento per porre fine
alle già limitate libertà vescovili ed inglobare definitivamente i loro territori all’interno della
contea tirolese. Un tentativo che però era destinato a fallire.
Ferdinando II e i principati vescovili.Sin dall’unione del Tirolo ai domini asburgici i rapporti tra principato vescovile di Trento e
principe territoriale erano regolati da accordi che prendevano il nome di “compattate” che
venivano spesso rinnovate e che, se nate con l’intento di fornire protezione militare ai vesco-
vi, contribuivano a limitarne le libertà politiche; nel 1496 inoltre i signori del Tirolo ottennero
anche il diritto di nomina del vescovo Nominationsrecht23
A metà Cinquecento però era in corso un tentativo, da parte dei cardinali Cristoforo e Ludovico
Madruzzo, di recuperare parte del potere politico sul territorio e sulla città di Trento.
Approfittando dell’inesperienza del giovane Ludovico, che rappresentava lo zio, ritiratosi a
Roma, Ferdinando II occupò la città di Trento e costrinse il cardinale a firmare un trattato che
legava strettamente il Principato, i cui punti principali prevedevano:
Il vescovo riconosceva la supremazia del principe territoriale, rinunciava al titolo di principe e
lo cedeva al signore territoriale;
Vescovi e sudditi devono rivolgere suppliche e appelli al principe;
era il principe territoriale decidere in merito alle conflittualità tra vescovo e magistrati cittadi-
ni;
il principe riceveva il giuramento del vescovo e dei sudditi;
era il principe a stabilire i privilegi cittadini;
il cardinale dovrà avere alla sua corte solo nobili tirolesi, e allontanerà gli stranieri, “che non
hanno molto da perdere in regione” 24
Questo trattato non entrò mai in vigore poiché dette origine ad una lunga disputa nella quale
intervennero tanto l’imperatore quanto il papa. Proposte, controproposte, minacce di morte
vere o presunte caratterizzarono dieci anni di trattative che si conclusero lasciando la questio-
199
199. La parabola dei ciechi,Pieter Bruegel il Vecchio, XVIsec. (particolare).
200. Il vescovo, Jost Amman,incisione su legno XVI sec.
201. Il re, Jost Amman,incisione su legno XVI sec.
201
200
CINQUECENTO 75
ne irrisolta. Ferdinando accettò di stracciare il trattato del 1567; in cambio ottenne l’ammissio-
ne del figlio Andrea nel Collegio dei cardinali. I mediatori prepararono una base di accordo
che era un insieme delle vecchie Compattate, di alcuni articoli del trattato del 1567, di altri
articoli venuti alla luce durante le trattative e che inviarono all’imperatore; dopodiché non se
ne seppe più nulla, tanto che nel 1578 i rapporti tra Ferdinando e Ludovico Madruzzo erano
tornati alla “normalità” regolata dagli accordi precedenti 25
Tanto il tentativo di ridurre il principato di Trento all’autorità del principe quanto l’obiettivo
dei Madruzzo di rendere il principato autonomo non possono dirsi riusciti, perché nessuna
delle due parti aveva la forza di imporsi all’altra e la questione rimase pertanto sospesa.
Anche nei confronti del principato di Bressanone vi fu un tentativo di mediatizzazione che
portò nel 1591 il cardinale Andreas, figlio di Ferdinando, tra i coadiutori del principato 26
Se i tentativi di secolarizzare i principati vescovili non dettero i frutti sperati da Ferdinando,
portando invece ad una conflittualità accesa tra principe e vescovi, la collaborazione tra Stato
e Chiesa non fu per questo meno stretta e proficua.
L’assolutismoSecondo Norbert Elias due sono le condizioni indispensabili per la genesi sociale
dell’assolutismo: il monopolio fiscale e quello militare.
Condizioni che vennero poste in Tirolo attraverso il Landlibell del 1511 che regolava contem-
poraneamente la difesa territoriale e il prelievo fiscale; a questi presupposti bisogna aggiunge-
re la formazione di una società di corte attraverso lo Hofstaatsordnung di Ferdinando I.
Attraverso il graduale costituirsi di una società assolutistica di corte è contemporaneamente
avvenuta anche una trasformazione dell’economia pulsionale e del comportamento dello stra-
to superiore in direzione della “civilizzazione” ed è evidente come questo più forte controllo
e dominio della vita pulsionale sia da riconnettere al più forte vincolo sociale, alla crescente
dipendenza della nobiltà dai sovrani ormai insediati al vertice.27
Partendo da queste premesse generali fu Ferdinando II a gettare le basi del processo di
assolutizzazione del potere all’interno della società tirolese della seconda metà del Cinquecen-
to liberandosi della, peraltro ormai tenue, tutela degli stati. Nel 1573 viene realizzato lo Steuerwerk,
uno strumento per scaricare i costi dell’amministrazione sugli stati tirolesi. I timori che la dieta
potesse aprofittarne per rafforzare la propria posizione si rivelarono infondati.
Ferdinando II accentuò la centralità dello stato attraverso la Landesordnung e la Polizeiordnung
emanata anch’essa nel 1573, uno strumento che si occupava della “sicurezza” dei cittadini a
trecentosessanta gradi, visto che si va da norme sull’istruzione alla sanità, al vestiario, al lusso
senza dimenticare la pubblica sicurezza.
Fu il governo a prendere da solo importanti decisioni; la politica alimentare, fondamentale in
un paese che non era in grado di coprire con la propria produzione agricola tutto il fabbisogno,
era nelle mani del governo e della Camera, e fu l’Arciduca in persona a occuparsi dell’acquisto
di grano in Italia Settentrionale (a Ferrara, a Milano, a Mantova, a Venezia nell’Europa del-
l’Est, in Boemia e in Austria) quando fra 1566/67 e 1569/72 in Tirolo furono anni di crisi.
Ferdinando II cercò inoltre di sottomettere i principati vescovili28, ma soprattutto creò un
rapporto di osmosi tra istituzioni “statali” ed “ecclesiastiche” che, solo dopo il Concilio di
Trento, svilupparono gli strumenti per rispondere alla Riforma.
Dal punto di vista del principe la Chiesa e i suoi apparati, sottoposti all’autorità principesca,
202. Il lavoro in campagna,incisione su legno,Strasburgo 1502.
203. Paesaggio estivo, Lucasvan Valckenborg il Vecchio,1585 (particolare). 203
202
76 CINQUECENTO
dovevano farsi carico di garantire l’ortodossia. Obbedienza e fede erano in rapporto di stretta
dipendenza; e chi pensava altrimenti, mettendo in pericolo questo “dogma”, quindi le basi
della società, andava eliminato. Solo i credenti facevano parte della comunità, della società, gli
altri ne erano esclusi. Si andò così sviluppando un sistema di controllo, di disciplinamento
sociale basato sull’identità tra credente e soggetto di diritto29.
L’unità confessionale diventa parte di una strategia, secondo Ferdinando II il vangelo doveva
predicare l’amore e la grandezza di Dio, ma soprattutto l’obbedienza all’autorità30.
Autorità che sempre più farà sentire il suo peso sulla vita dei cittadini, mirando a controllarne
e a determinarne la condotta in ogni luogo e in ogni momento.
L’individuo venne “invitato” a regolare la sua vita sulla base di uno schema ben preciso che
comprendeva la preghiera di mezzogiorno, l’orario di chiusura delle osterie, la partecipazione
alla messa domenicale, la partecipazione alle processioni. Le feste e la stessa vita quotidiana
vennero moderate31. I provvedimenti legislativi erano molteplici e toccavano vari aspetti della
vita quotidiana: miravano ad esempio a circoscrivere per quanto possibile il fenomeno del-
l’ubriachezza, a far rispettare i due giorni di digiuno settimanale: i Fleischschauer nonché gli osti
dovevano vigilare che in questi giorni non si vendesse o si consumasse carne, i macellai stessi
erano invitati a denunciare chi la richiedeva. Anche la musica e il ballo vennero fortemente
limitati quando non proibiti, le autorità si preoccupavano quando molte persone si riunivano
in un unico luogo, temevano potesse scoppiare una rivolta; il ballo inoltre conteneva una
carica erotica non ammissibile in una società che cercava di cancellare l’idea stessa del sesso.
Furono proibite le maschere perché celavano l’identità di chi le portava ed erano perciò sino-
nimo di pericolosità sociale, le autorità si dimostravano fortemente interessate a riconoscere
in ogni momento i sudditi. Severamente vietate erano le code del carnevale che qualcuno
festeggiava anche durante la quaresima; le autorità imposero che tutte le feste dovessero ter-
minare l’ultimo giorno di carnevale e non spingersi oltre. Venne limitato l’orario di apertura
delle osterie, la notte, dove gli individui potevano “perdersi” e scambiarsi opinioni senza esse-
re sotto controllo. Perché tutti partecipassero alla messa domenicale non ci dovevano essere
distrazioni, per cui le osterie dovevano restare chiuse durante lo svolgimento della funzione
religiosa32.
Un momento importante in questa strategia di disciplinamento dei comportamenti furono la
Polizeiordnung e la nuova Landesordnung del 1573, che si poneva come la fonte di diritto valida
su tutto il territorio regionale, ed era la summa del diritto consuetudinario, mentre come tribu-
nale di massima istanza abbiamo il governo, che giudica però secondo il diritto romano. Gli
istituti politici e la strategia punitiva del principe non avrebbero però potuto da soli garantire
204
205
204. Combattimento traCarnevale e Quaresima,Pieter Bruegel il Vecchio,1559 (particolare).
205. Il paese di cuccagna,Pieter Bruegel il Vecchio,1567.
CINQUECENTO 77
un efficace controllo e disciplinamento senza la collaborazione con la Chiesa.
Momento centrale della strategia di disciplinamento sarà infatti un istituto ecclesiastico che
dopo il Concilio venne ad assumere un ruolo fondamentale all’interno della Chiesa, stiamo
parlando della confessione.
Tra i vari provvedimenti assunti il Concilio ribadì l’obbligatorietà della confessione annuale,
che doveva, tra l’altro, venire documentata attraverso “quietanze” -Beichzettel- e registri che
dovevano essere sottoposti all’attenzione tanto delle autorità ecclesiastiche quanto di quelle
politiche
La confessione però si trasforma, da confessione pubblica, diventa un fatto privato e cambia
la sua connotazione rispetto al Medioevo, dove aveva un significato principalmente positivo,
essendo una riconciliazione con Dio e con la comunità cristiana; dopo il Concilio l’aspetto
della riconciliazione passa in secondo piano; acquista invece una netta preponderanza la valenza
di controllo, di esame: è il mezzo con cui si cercano i motivi per cui ci si allontana dalla
comunità33. L’obbligo della confessione “in specie” implica l’esatta descrizione dei peccati
con tutti i particolari, nonché delle condizioni in cui sono avvenuti, diventa una sorta di pro-
cesso, condotto sulla base di un preciso questionario, che nel 1603 verrà ufficialmente adotta-
to anche nella diocesi di Bressanone. La nuova confessione entrava nell’intimo dell’individuo,
doveva servire a capirne la psicologia, a capire come e cosa pensava; la colpa, seppur oggetto
di un’attenzione addirittura ossessiva era il pretesto per questa operazione di scavo e di puni-
zione.
Visite pastorali, confessione, Landesordnung e ordinamento di polizia (anch’esso del 1573)sono
gli strumenti attraverso cui si ottenevano informazioni e si esercitava il controllo sociale. La
costante applicazione di questi sistemi alla società finì col produrre anche significativi cambia-
menti nella psicologia e nel comportamento degli individui e della collettività.
Note1 MACEK J., Michael Gaismair. Eroe dimenticato nella guerra dei contadini nel Tirolo, Trento 1991, p. 137.2 Ivi. pag.109-130.3 La miniera di Schwaz, una delle più importanti in Europa, arrivò a produrre una media di 10.000 kg d’argento l’anno
con punte di 14.000 e 15.600 kg tra 1490 e il 1530. La produzione, seppur importante in un Europa assetate di metalli
preziosi, era solo lontanamente paragonabile con quella delle miniere americane che arrivarono a riversare in Europa
anche 200 tonnellate (200.000 kg) d’argento all’anno. Secondo alcuni storici le cifre dell’importazione dell’oro e
dell’argento americano sono da rivedere perché largamente sottovalutate in quanto non tengono conto del contrab-
bando. Cfr.: CARLO M. CIPOLLA, Conquistadores, pirati e mercanti. La saga dell’argento spagnolo. Il Mulino 1996.
206
207
206. Nozze di contadini,Pieter Bruegel il Vecchio,1567.
207. Danza nuziale, PieterBruegel il Vecchio, 1566.
78 CINQUECENTO
4 Cfr.: J. BÜCKING, “M. Gaismair Reformer Sozialrebell, Revolutionär. Seine Rolle im Tiroler Bauernkrieg 1525-1532”, Stuttgart
1978, p. 28.5 I Fugger divennero imprenditori minerari solo a partire dal 1516, in precedenza avevano operato in maniera
diversa, tra 1488 e 1495 avevano agito come prestatori, garantendo a Sigismondo 625.000 fiorini renani in cambio
di 56.000 kg d’argento. I Fugger rivendettero l’argento per una cifra oscillante tra i 2.000.000 e i 2.400.000 fiorini
garantendosi un guadagno netto compreso tra 1.375.000 e 1.775.000 fiorini. Cfr.: BÜCKING J., “M. Gaismair ReformerSozialrebell, Revolutionär , p. 23-24.6 E’ il titolo di un articolo di EGG E., Schwaz ist aller Bergwerke Mutter, pubblicato nel 1971, in Beiträge zur GeschichteTirols.7 Non solo motivi economici contribuirono a fare del Tirolo la sua “regione preferita” L’interesse di Massimiliano
non era rivolto solo a questioni di stato ma anche ad altre attività, tipiche della nobiltà dell’epoca. La caccia, la
caccia al camoscio in particolare, era la sua attività venatoria preferita, e il Tirolo con il suo ambiente montano e
ricco di selvaggina era il terreno ideale. La caccia al camoscio non era solo un momento ludico-sportivo ma era un
momento della vita sociale. Fondamentale era che la corte potesse assistere alla caccia dalla vallata. Proprio attorno
ad un episodio di caccia si è creata fin dal XVI secolo una leggenda, che vedeva Massimiliano salvato da un angelo
dopo essere stato bloccato per alcuni giorni su uno sperone roccioso, la Martinswand, inseguendo un camoscio.
Quando tutti ormai lo davano per spacciato, (dalla vallata un sacerdote gli aveva anche impartito l’estrema unzione),
ecco il miracolo, un angelo, nei panni di un pastorello, compare vicino a Massimiliano e lo guida fino a valle.8 GRANELLO G., La crisi della guerra rustica, in DELLE DONNE G. (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige,
Bolzano 1994, p. 99.9 Ivi. p.100.10 cfr. MACEK J., Michael Gaismair, Trento 1991, p. 28.11 Faida: Le faide erano praticate soprattutto da coloro che erano dotati di potere e armi, dunque dai nobili, dai
principi oppure dalle città. Ciò non significa tuttavia che vi rimanesse coinvolta anche la popolazione pacifica.
Faida vuol dire vendetta e bottino: i contadini che erano sudditi dell’avversario venivano depredati, il bestiame
rubato, i raccolti bruciati. Per contrastare tali situazioni si erano create sin dal medioevo le Landfrieden zone di pace
temporalmente e geograficamente limitate, ma con scarso successo. H. Schulze, p. 20.12 Le notizie biografiche su M. Gaismair sono tratte dal volume di G. Politi, Gli Statuti impossibili, Torino 1995 p.
XVI-XVII e MACEK J., Michael Gaismair, op. cit.13 GRANELLO G., La crisi della guerra rustica, op. cit., p. 197 sg.14 POLITI G., Gli Statuti Impossibili, op. cit., pp. XVII-XVIII.15 BLICKLE P., Die Revolution von 1525, München 1993, 3. edizione riveduta , p. 266.16 BÜCKING J., Frühabsolutismus und Kirchenreform in Tirol (1565-1665), Wiesbaden 1972, p. 4.17 BÜCKING J., Reformation und Katholische Reform in Tirol, in “Der Schlern” n. 45 1971, p. 134.18 Cfr. PALME R., L’anabattismo tirolese, in C.H. von Hartungen e G. Pallaver (a cura di) Die Täuferbeweg/L’anabattismo,
Bolzano 1989 p. 90.19 Per una comparazione tra gravamina dei contadini e le Landesordnung che seguirono nel 1526, 1532 e 1573 cfr.
BLICKLE P., 1973 pp. 200-227.20 BÜCKING J., Reformation und Katholische Reform in Tirol, op. cit., p. 130 sg.21 Trento Bressanone e Coira, per restare in ambito tirolese sono territori mediati, ricevevano dall’Imperatore le
regalie e possiedono un seggio fra i 32 principi ecclesiastici del Reichstag; ma non sono, dovendo sopportare sul loro
territorio le intrusioni avvocaziali, degli Stati interamente sovrani, cfr. BELLABARBA M., 1996 p. 120 n. 21.22 BÜCKING J., Frühabsolutismus und Kirchenreform in Tirol, op. cit., p. 131.23 PALME R. Frühe Neuzeit (1490-1665), in FONTANA J. (a cura di), Geschichte des Landes Tirol, vol II: DieZeit von 1490 bis1848, Bolzano-Innsbruck-Wien 1990, pp. 3-152., 1990 p. 97.24 BÜCKING J., Reformation und Katholische Reform in Tirol, op. cit., p. 36.25 Per le varie fasi delle trattative e delle principali produzioni documentarie, ivi pp. 32-47.26 PALME R., Frühe Neuzeit , 1990 pp. 101-102.27 ELIAS N., Il processo di civilizzazione, Bologna 1983, p. 382.28 Francesco Felice degli Alberti, “signore di uno Stato che il riformismo teresiano stava condannando alla sparizone”,
esprime nei suoi Annali, scritti nella seconda metà del Settecento, il rimprovero ai suoi predecessori per aver
concesso l’accordo fiscale del 1474; da quella data le limitazioni alla figura vescovile erano aumentate di grado e i
poteri d’essa si erano ingabbiati fino a diventare, ora che lui regnava, quasi evanescenti. BELLABARBA M., La giustiziaai confini. Il principato vescovile di Trento agli inizi dell’età moderna, Bologna 1996, p. 125.29 PALLAVER G., Das Ende der Schamlosen Zeit. Die Verdrängung der Sexualität in der frühen Neuzeit am beispiel Tirols. Wien
1987, p. 27.30 BÜCKING J., Frühabsolutismus, op. cit., p. 130.31 MüLLER C., Sozialdisziplinierung während Fastnacht und Fastenzeit in Tirol zwischen 1530 und 1560, Wien 1995, p. 55.32 Ivi. pp. 56-98.33 Cfr. PALLAVER G., Das Ende der Schamlosen Zeit, op. cit., p. 51 sg.
Per saperne di più
MACEK J., Der Tiroler bauernkrieg und Michael Gaismaier, [tr. td. de Tyrolská selská válka a Michael Gaismair, Praha
1960], Berlin 1965.
MACEK J., Michael Gaismayr. Eroe dimenticato della guerra dei contadini in Tirolo, Trento 1991
MüLLER C., Sozialdisziplinierung während Fastnacht und Fastenzeit in Tirol zwischen 1530 und 1560, Wien 1995
PALLAVER G., Das Ende der Schamlosen Zeit. Die Verdrängung der Sexualität in der frühen Neuzeit am beispiel Tirols. Wien
1987.
POLITI G., Gli statuti impossibili. La rivoluzione tirolese del 1525 e il “programma” di Michael Gaismair, Torino, 1995.208.
CINQUECENTO 79
La Landesordnung
209. In prigione, incisio-ne su legno, PetrarcaMeister, 1519/20 (parti-colare).
Il documento definito Landesordnung (ordinamento regionale) e attribuito a Michael Gaismair,
esiste in tre esemplari, due conservati presso archivi, uno allo Haus Hof und Statsarchiv di
Vienna, un secondo presso l’Archivio diocesano di Bressanone, mentre del terzo esemplare rimane
la trascrizione ad opera di Albert Hollender. Il testo venne pubblicato nella rivista “Der Schlern”
del 1932, mentre l’originale era conservato, fino alla II guerra mondiale, presso l’Archivio di
Stato Bolzano.
Sulle relazioni che intercorrono tra i tre esemplari rimandiamo all’articolo di Giorgio Politi a
pag. 84, quello che vogliamo mettere qui in risalto è il fatto che tutti e tre gli esemplari hanno
un’unica origine presso l’Archivio diocesano di Bressanone, ma si sono poi dispersi.
Il come e il perché si arrivi a questa diaspora documentaria, lo racconta il prof. Politi nel suo
testo “Gli statuti impossibili”, un importante testimonianza archivistica per quanti intendono
fare ricerche di storia locale.
[...] con la pace di Lunèville (9 febbraio 1801) e il successivo trattato di Parigi (26 dicembre 1802), che
prevedevano la cessione dei territori sulla sinistra del Reno alla Francia, il problema d’indennizzare i sovrani
da ciò sminuiti nei loro domini veniva risolto mediante la secolarizzazione dei principati ecclesiastici posti a
oriente del fiume e ciò significava che a Francesco II sarebbero toccati, quale compenso per la perduta Contea di
Falkenstein, i due Stati vescovili a sud del Brennero. Il via nei fatti all’annessione fu dato dalla patente
imperiale del 25 dicembre 1803; da questa data il vetusto principato Principato brissinese cessava di esistere e
il suo organismo documentario diveniva archivisticamente “morto”. Come poi di norma capita in siffatti
cambiamenti di proprietà, il nuovo governo volle presso di se la parte di documentazione che giudicava più
rilevante per i propri fini: e così circa 3000 pergamene, 400 codici e 150 fascicoli nonché, come si è visto la bella
copia dell’inventario [redatto da Joseph Resch nel furono 1800] furono scorporati dall’Archivio aulico brissinense
e portati a Innsbruck ne1804; in loco restarono le circa 18oo pergamene, 900 codici e 27492 fascicoli che vi
si ritrovano ancor oggi.
Ma i tempi, come sopra si è detto, turbinavano e quello verso la città sull’Inn rappresentava, per la parte
scorporata del vetusto fondo, solo l’inizio di ben piú scomodi viaggi.
Già nell’estate 1805 una parte del materiale portato a Innsbruck aveva preso la via di Vienna; a seguito poi
della vittoria napoleonica sulle truppe austro-russe ad Austerlitz e della successiva pace di Presburgo (26
dicembre 1805) il Tirolo fu assegnato alla Baviera, eretta in Regno il 1° gennaio 1806 e alleata dei Francesi,
che intendevano in tal modo garantirsi l’agibilità dei passi alpini. Anche i nuovi acquirenti volevano, com’è
ovvio, la merce corredata di garanzia e non tardarono quindi a reclamarla; e anche se, nel tira-e-molla consueto
in simili casi, non è del tutto chiaro cosa sia poi avvenuto, par certo che, con il 1813, parte del materiale di
provenienza brissinense fosse realmente consegnato a Monaco.
Appena in tempo perché, l’anno dopo, un accordo concluso tra il re bavarese e Francesco II, questa volta alleati,
e confermato poi dal Congresso di Vienna, prevedeva 1a riunificazione del Tirolo all’Austria. Ciò avrebbe
dovuto comportare anche la resa dei documenti; solo nel 1837 però l’am-
basciatore austriaco a Monaco ottenne la riconsegna effettiva d’alcuni pezzi d’origine brissinense, che furono
inviati a Vienna; di qui, d’altro canto, alcune poche carte in materia di miniere, foreste e corvè furono fatte
pervenire parte alla direzione demaniale di Lubiana e parte alla loro sede originaria di Bressanone rispettiva-
mente nel 1821, ’26 e ’39; durante la seconda metà del secolo, poi, lo Staatsarchiv della capitale asburgica
cedette altre carte brissinensi agli archivi enipontani.
Non era ancora finita. Dopo la grande guerra e il passaggio del Tirolo meridionale allo Stato italiano l’Au-
stria dovette consegnare a questo, in base all’articolo 93 del Trattato di St. Germain (10 settembre 1919), i
fondi archivistici originatisi entro la regione ceduta, quindi la documentazione brissinense ancora a Innsbruck
e Vienna, che andò a formare il nucleo del nuovo Archivio di Stato di Bolzano, istituito già nel 1920 come
sezione di Trento e poi eretto in quanto tale, con giurisdizione su tutta la provincia dell’Alto Adige, dieci anni
dopo. E’ del tutto ovvio per chiunque ne abbia esperienza come in simili casi, essendo un archivio perfettamente
ordinato rara avis, si verifichino di norma errori di trasferimento o scomparse di singole carte o di interi
fascicoli, buste o registri – scomparse talvolta incidentali, nel senso che un determinato pezzo rimane per
semplice omissione nella sede di partenza finché si perde memoria della sua origine, e talvolta invece calcolate,
specie quando la documentazione sia oggetto d’un contenzioso carico di valenze politiche o ideologiche. Comun-
que sia, oggi l’antico Archivio Aulico si trova sparpagliato fra sei diverse sedi: Bressanone, Bolzano, Innsbruck,
Vienna, Monaco, Lubiana.
209.
Primo, prometterete e giurerete in questi termini, di mettere insieme vita e beni, di non
disperdervi, ma di condividere la stessa sorte, di agire sempre secondo consiglio, di essere
fedeli e obbedienti ai superiori prepostivi e di cercare in ogni cosa non il vostro vantaggio
particolare bensì innanzitutto l’onor di Dio e quindi il bene comune, affinché l’onnipotente
Iddio, come ha ripetutamente promesso a tutti coloro che obbediscono ai Suoi comandamen-
ti, ci presti grazia e aiuto; del che dobbiamo assolutamente confidare, perché Egli è del tutto
veritiero e non inganna nessuno.
Secondo, che sradicherete e scaccerete tutti gli empi, che perseguitano il Verbo eterno di
Dio, aggravano il povero uomo comune e ostacolano il bene comune.
Terzo, che vi studierete di stabilire una legge interamente cristiana, che sia fondata in ogni
cosa solo sul santo Verbo eterno di Dio, e che vivrete integralmente secondo essa.
Quarto, devono essere aboliti tutti i privilegi, perché sono contrari al Verbo divino e falsi-
ficano la giustizia, in base a cui nessuno dev’essere avvantaggiato rispetto all’altro.
Quinto, nel paese devono esser distrutte tutte le cinte murarie attorno alle città, lo stesso
tutti i castelli e le fortezze, e d’ora in poi non dovranno essere più città, ma villaggi, cosicché
non nasca alcuna distinzione fra gli uomini, tal che uno sia superiore o migliore dell’altro, da
dove poi deriverebbero a tutto paese rovina, anche peccato, superbia e sedizione, bensì vi sia
nel paese un’uguaglianza totale.
Sesto, devono essere abolite tutte le immagini, i tabernacoli, le cappelle che non sono
chiese parrocchiali e la messa in tutto il paese, perché piuttosto un abominio davanti a Dio ed
è del tutto anticristiano.
Settimo, dev’essere predicato dappertutto nel paese, fedelmente e in modo veritiero, il
Verbo divino e si deve eliminare ogni sofisteria e giuristeria e bruciare i relativi libri.
Ottavo, i giudizi e lo stesso le parrocchie devono essere fissati in tutto il paese nel modo
più opportuno, sì da poterli amministrare con i costi minori possibile.
Nono, ciascuna comunità, tutta intera, di ciascun giudizio deve eleggere ogni anno un
giudice e otto giurati, che dovranno esercitare quell’anno stesso il potere della giustizia.
Decimo, si devono tenere udienze ogni lunedì e tutte le questioni non devono esser tratte
oltre l’udienza successiva, ma essere terminate e non andare all’udienza successiva. I giudici,
giurati, cancellieri, avvocati e nunzi non dovrebbero prender niente da nessuno nelle faccende
giudiziarie ma essere stipendiati dal paese e perciò comparire ogni lunedì a proprie spese al
banco del tribunale e tenersi a disposizione di questo.
Undicesimo, dev’essere designato nel paese un reggimento e a tal fine Bressanone sarebbe
il luogo più opportuno, perché vi sono molte case di preti e ogni altra cosa di cui c’è bisogno
e per la sua posizione centrale e i reggenti devono essere presi da tutti i quartieri del paese e
qualcuno anche dalle miniere.
Dodicesimo, l’appello dev’essere portato da subito davanti al governo e non più a Merano,
perché è una spesa e non vi è alcun utile, e dev’essere subito sbrigato ivi stesso e terminare
senza ulteriore dilazione.
Tredicesimo, nel luogo dove si trova il governo del paese dev’essere istituita una scuola
superiore dove si deve apprendere solo il verbo divino e tre dotti della scuola superiore, intelli-
genti del verbo divino e di molta esperienza nella Sacra scrittura da cui soltanto può essere
conosciuta la giustizia, divina devono sempre sedere nel governo e giudicare ogni cosa secondo
quanto Dio ha ordinato, come si addice a un popolo cristiano.
Riguardo ai censi, una riunione dell’intera comunità territoriale deve decidere, dopo mutuo
consiglio, se gli stessi devono essere aboliti subito o se si proclamerà un anno sabbatico secondo
la legge di Dio, riscuotendo nel frattempo i censi per i fabbisogni del paese comune. È infatti da
considerare che il paese comune dovrà sostenere per un certo periodo spese di guerra.
Riguardo alle dogane mi parrebbe bene, a vantaggio dell’uomo comune, che si abolissero
dappertutto entro il paese. Le si eriga però ai confini e si osservi questo criterio: ciò che entra
nei paese non paghi nulla, ciò che invece esce dal paese sia gravato da dogana.
Riguardo alla decima, ciascuno la deve dare, secondo la legge di Dio, e deve così costumarsi:
ogni parrocchia deve avere un prete nel senso che intende Paolo, che vi annunci il verbo di
Dio e che dev’essere provvisto dello stretto necessario a sostentarsi con decenza mediante la
decima; e la decima che sopravanza dev’essere data ai poveri.
Traduzione integrale della Landesordnung
80 CINQUECENTO
210
211
Con il povero però si deve tenere un ordinamento siffatto: nessuno deve andar poi mendi-
cando di casa in casa, di modo che sia eliminata la poltroneria, molta gente inutile che potreb-
be ben lavorare.
I conventi, i monasteri e le case dell’Ordine teutonico devono essere trasformati in ospe-
dali e in alcuni devono essere raccolti gli ammalati, cui si deve ben attendere con ogni assisten-
za e medicina, negli altri le persone anziane che per l’età non possono più lavorare e i poveri
orfani, che bisogna siano istruiti ed educati. Se però vi fossero dei poveri vergognosi, occorre-
rà aiutarli mediante la decima o elemosine con rettitudine, in base al consiglio di ciascun
giudice nella sua giurisdizione, ov’essi sono conosciuti il meglio possibile, secondo l’occorren-
za dei loro bisogni. Se però la decima non dovesse bastare al sostentamento dei parroci e dei
poveri, ciascuno deve aggiungere la sua elemosina onestamente, secondo le sue possibilità. E
se ciononostante mancasse ancora qualcosa, dovranno supplire fino a piena soddisfazione le
entrate del paese. E in ogni ospedale dev’esserci un massaro e dev’essere inoltre insediato un
conservatore od officiale soprastante a tutti gli ospedali e i poveri, che non faccia altro se non
tenere sempre forniti tutti gli ospedali e si curi dei poveri e provveda loro; a tal proposito ogni
giudice, ciascuno nella sua giurisdizione, deve prestargli aiuto raccogliendo le decime e le
elemosine e anche indicandogli i poveri vergognosi e istruendolo circa essi. I poveri non
devono essere provvisti solo di cibo e di bevande, ma anche di vestiario e di ogni cosa neces-
saria.
Item, affinché nel paese sia mantenuto ovunque buon ordine in ogni cosa, devono essere
insediati dei capitani di quartiere e inoltre un comandante in capo per tutto il paese, che in
guerra e in ogni altra circostanza s’incarichino sempre dei bisogni e della cura del paese prepa-
rando il paese, i confini, i passi, le vie, i ponti, le acque, gli insediamenti, le strade pubbliche, e
trattino tutto ciò di cui il paese ha bisogno e lo servano lealmente in ogni cosa. Essi devono
anche comunicare tutto ciò che, in base ai sopralluoghi e alle informazioni, difetta, anzitutto al
governo e operare sempre secondo consiglio dello stesso.
Item, nel paese si devono bonificare tutte le paludi e acquitrini e altri luoghi sterili e non
trascurare il bene comune per via di poche persone egoiste. Si potrebbero prosciugare tutte le
paludi da Merano fino a Trento e tenervici ogni sorta di bestiame, vacche e pecore, coltivare
anche in molti luoghi molti più cereali, cosicché il paese sia provvisto di carne. Si potrebbero
anche piantare in molte località olivi, coltivare anche zafferano e bisogna trasformare le vigne
basse in vigne a filari distanziati, piantarvi Rotlagrein e fare del vino leggero come in Italia e in
mezzo coltivare cereali, perché il paese ne manca. Ne consegue che i vapori nocivi delle paludi
sparirebbero e la campagna diventerebbe molto più salubre; cesserebbero molte malattie che
provengono dal vino pesante dei vigneti bassi, il vino e i grani diverrebbero convenienti e si
coltiverebbero a minor costo. Si lascino però come sono i vigneti di montagna, che non è
possibile coltivare a cereali.
Item in ogni giudizio, in un periodo opportuno dell’anno, bisogna - un’intera comunità -
tenere corvé nei boschi e nei terreni comuni, sgombrarli e fare del buon pascolo e migliorare
cosi sempre la campagna.
Bisogna che nessuno nel paese eserciti la mercatura, affinché nessuno si macchi del pecca-
to d’usura. Tuttavia perché in ciò non si manifesti penuria e si possa mantenere buon ordine e
neppure qualcuno sia aggravato o frodato ma ogni cosa si trovi al giusto prezzo e di buona
qualità, dev’essere anzitutto designata nel paese una località - e a tale scopo sarebbe opportu-
na Trento, per i bassi costi e perché sulla seconda via; ivi si devono erigere tutti i mestieri
trasferendoli dalla campagna, come, cioè, per fabbricare tessuti di seta, panni, berretti, arnesi
d’ottone ecc. e altro; e dev’essere insediato sopra ciò un officiale generale che metta in conto
ogni cosa e quanto non si può produrre nel paese, come spezie e altro, dev’essere fatto venire
da fuori a tale scopo devono esser tenute in alcuni luoghi ben determinati del paese, secondo
l’opportunità, delle botteghe, dove si possa comprare ogni sorta di cose, e non dev’essere
conseguito lucro alcuno, ma deve esservi calcolato solo il costo effettivo. Così si vigilerebbe su
ogni frode e si potrebbe mantenere ogni cosa a un giusto valore e il denaro resterebbe nel
paese e tornerebbe a vantaggio e a grande utilità per l’uomo comune. A questo officiale sopra
il commercio e ai suoi servitori si dia una paga determinata.
Si deve ristabilire una buona moneta pesante come ai tempi del duca Sigismondo ed elimi-
nare, espellere dal paese la moneta oggi corrente e in seguito o a maggior ragione non accet-
tare più nessuna moneta forestiera per molto o poco. Le monete infatti devono essere sempre
CINQUECENTO 81
210. San Gerolamo nellostudio, Albrecht Dürer, 1521(particolare).
211. I pericoli per il lavoro inminiera: guerra, morte, infla-zione, inedia, SchwazerBergbuch, 1556.
212. Allegoria della gramma-tica, retorica e logica, foglio astampa, XVI sec., (particola-re).
212
82 CINQUECENTO
saggiate e valutate e ciò che non corrisponde al valore della moneta del paese dev’essere
confiscato.
Bisogna prendere da tutte le chiese e i luoghi sacri tutti i calici e i preziosi, farne monete e
usarle per i bisogni del paese comune.
Bisogna trovare anche una buona intesa con i paesi limitrofi.
Non bisogna permettere ai Savoiardi di vendere di porta in porta nel paese.
Bisogna tenere in futuro solo un mercato nella Val d’Adige e uno nella Valle dell’Inn.
Bisogna avere un peso, un braccio e un’unica legge in tutto il paese.
Bisogna custodire bene i confini e i passi.
Bisogna tenere di riserva una somma di denaro ragguardevole, nel caso una guerra impre-
vista sorprendesse il paese.
E i beni immobili della nobiltà espulsa o di altri bisogna che siano utilizzati per sostenere le
spese dei giudizi.
Faccende relative alle miniere. In primo luogo devono venire nelle mani del paese
comune tutte le fonderie, quote, miniere, minerale, argento, rame e quanto spetta a ciò e si può
conseguire nel paese, che appartiene alla nobiltà e a mercanti e compagnie forestiere come
quelle dei Fugger, Höchstetter, Paumgartner, Pumpler e simili, poiché essi hanno perso tali
cose, a termini di giustizia. Essi hanno infatti conseguito ciò in privilegio grazie a un’illecita
usura denaro destinato allo spargimento di sangue umano; del pari, hanno pagato all’uomo
comune e lavoratore il suo salario con frode e merce cattiva sopravvalutata, aggravandolo due
volte; hanno anche fatto rincarare le spezie e altra merce con le loro incette; e il comprar
l’argento da uno e dover pagare secondo la tariffa che loro stessi si sono escogitata sono stati
causa dello svilimento della moneta da parte di tutti gli zecchieri; o gliela prestano, quella
moneta, senza averne risarcito il calo, ai danni del povero uomo comune, nel suo salario, e
anche del povero minatore, che non sono titolari di fonderie, nel comprargli il minerale; ma
hanno fatto crescere tutte le merci che hanno potuto concentrare nelle loro mani, vendendole
al rialzo, e insomma hanno aggravato tutti quanti con usura anticristiana e si sono così arric-
chiti a danno del patrimonio del Principe, il che quindi è giusto sia punito e fatto cessare.
Di conseguenza dev’essere insediato dal paese un soprastante a tutte le faccende di minie-
ra che maneggi ogni cosa e sia tenuto a un rendiconto annuale; e non dev’essere permesso a
nessuno di fondere, ma il paese, mediante il proprio fattore a ciò insediato, deve far fondere
ogni minerale, fissarne il prezzo secondo equità e d’altra parte pagare in futuro al lavoratore
ogni conto in denaro liquido e non in merci. E perché in avvenire i contadini e i minatori
possano convivere in buona pace.
E se al paese dovesse provenire dalle miniere un’entrata considerevole, questa sarebbe
l’eventualità migliore, perché il governo del paese, con tutti gli uffici e le difese, potrebbero
esserne mantenuti.
Del pari, dev’essere mantenuto buon ordine nelle saline.
Dove tuttavia il paese vedesse che ciò non basta e non si potesse conseguire da ciò un’en-
trata bastevole al mantenimento del paese, si dovrebbe levare un’imposta o un tributo, affin-
ché il carico fosse equamente ripartito nel paese.
Bisogna anche porre la massima cura, impegnandovi i mezzi del paese, perché nel paese
siano scoperte e aperte miniere in più luoghi; grazie a esse infatti il paese può conseguire la
maggior entrata possibile senza aggravare nessuno.
Traduzione di Giorgio Politi, in POLITI G., Gli statuti impossibili, Torino 1995, pp. 331-338.
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213. I Froner mentre pesano eriportano la quantità di minera-le, Schwazer Bergbuch, 1556.
214. Il giudizio dei minatori,Schwazer Bergbuch, 1556.