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Classe II B A.F.M. Anno scolastico 2012/2013 Anno Scolastico 2012-2013 Percorso di Italiano e Storia nell’ambito dell’ U.D.A relativa al “Porto di Genova” “Un autore dalla parte degli emigranti: Sull’Oceano di Edmondo De Amicis” “L’emigrazione italiana di fine ‘800 e primi ‘900 in America” Classe II B A.F.M. Prof.ssa Flavia Isetta

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Classe II B A.F.M. Anno scolastico 2012/2013

Anno Scolastico 2012-2013

Percorso di Italiano e Storia nell’ambito dell’ U.D.A

relativa al “Porto di Genova”

“Un autore dalla parte degli emigranti:Sull’Oceano di Edmondo De Amicis”

“L’emigrazione italiana di fine ‘800 e primi ‘900in America”

Classe II B A.F.M.

Prof.ssa Flavia Isetta

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Un autore dalla parte degli emigranti:

Edmondo De Amicis “Sull’Oceano”

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La vita di De AmicisEdmondo De Amicis nasce il 21 ottobre del 1846 ad Oneglia (Imperia). Entra nell'Accademia Militare di Modena e ne esce sottotenente, nel 1865. L'anno successivo combatte a Custoza. Pur proseguendo nella carriera militare, cerca di assecondare la sua vocazione alla scrittura: a Firenze dirige il giornale "L'Italia Militare" e pubblica, intanto, "La vita militare" (1868), il cui successo gli consente l'abbandono della stessa - che, peraltro, egli ama - per dedicarsi esclusivamente alla passione dello scrivere.Nel 1870, nel ruolo di corrispondente de "La Nazione", partecipa alla spedizione di Roma entrando per Porta Pia. Ormai libero dall'impegno militare comincia una serie di viaggi - anche per conto de "La Nazione" - dei quali lascia testimonianza con la pubblicazione di vivaci relazioni.Nascono così "Spagna", nel 1873; "Olanda" e "Ricordi di Londra", nel 1874; "Marocco", nel 1876; Costantinopoli, nel 1878; "Alle porte d'Italia", nel 1884, dedicato alla città di Pinerolo e ai suoi dintorni, fino al suo viaggio in America il cui diario, intitolato "Sull'oceano", è dedicato agli emigranti italiani. Classe II B A.F.M. Anno scolastico

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De Amicis trasferisce nelle sue opere pedagogiche tutto il rigore morale che gli deriva dalla sua educazione militare, oltreché dall'essere un fervente patriota, animato da ideali socialisti, ma rimane un autore fortemente legato ai suoi tempi. Il libro "Cuore”, che rappresenta un fondamentale punto di riferimento formativo agli inizi del '900, è stato successivamente molto criticato e ridimensionato proprio a causa dei mutamenti dei tempi. E ciò anche a discapito del suo spessore letterario che meriterebbe, invece, di essere ormai rispolverato e rivalutato insieme all'intera opera di De Amicis.

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«Io ero nato per fare il maestro di scuola a segno che quando vedo una stanza, quattro banchi e un tavolino, mi sento rimescolare!»

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Cuore e Sull’Oceano: due romanzi a confronto Con Sull’Oceano De Amicis diventa socialista e prende coscienza

di quelle che sono le condizioni reali della nascente popolazione italiana.

Questo sentimento è già presente in Cuore, dove sono decritti vari strati sociali sia della borghesia che del mondo operaio di Torino. Il problema sociale ha per De Amicis il compito di creare una coscienza nei giovani italiani. In questo senso il motivo della scuola è fondamentale in Cuore che uscì nel 1886, dopo una lunga preparazione.

Sull’Oceano uscì qualche anno dopo, nel 1889, immediatamente dopo la conversione ufficiale di De Amicis al socialismo, che gli ispirò Primo Maggio, poi pubblicato postumo

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Chiusa la stagione itinerante, De Amicis rientra in Italia e comincia a dedicarsi alla letteratura educativa che fa di lui, oltre che un valente scrittore, anche un pedagogo: è proprio in questo campo che sfornerà, nel 1886, il suo capolavoro, "Cuore" che, nonostante l'ostracismo dei cattolici per l'assenza di contenuti religiosi, riscuote un successo strabiliante e viene tradotto in molte lingue. Pubblica ancora, tra gli altri, "Il romanzo d'un maestro", nel 1890; "Fra scuola e casa" nel 1892; "La maestrina degli operai", nel 1895; "La carrozza di tutti", nel 1899; "Nel regno del Cervino", nel 1904; "L'idioma gentile" nel 1905. Collabora a varie testate di ispirazione socialista.L'ultimo decennio della sua vita è segnato dalla morte della madre, dal fallimento del suo matrimonio con Teresa Boassi e dal suicidio del figlio Furio legato proprio alle condizioni di invivibilità createsi in famiglia per le furibonde e continue liti dei genitori.Edmondo De Amicis muore a Bordighera (Imperia) il giorno 11 marzo 1908, all'età di 62 anni.

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Le altre opere di Edmondo De Amicis:

"Bozzetti di vita militare" (1868); "Novelle" (1872);

"Ricordi del 1870-71" (1872);“Ricordi di Parigi” (1879);

"I due amici" (1883);"Amore e ginnastica" (1892); "Questione sociale" (1894);

"Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma" (1898); "La Tentazione della bicicletta" (1906);

"Cinematografo cerebrale" (1907); "Compagnia" (1907);

"Ricordi d'un viaggio in Sicilia" (1908); "Nuovi ritratti letterari e artistici" (1908).

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Quando arrivai, verso sera, l'imbarco degli emigranti era già cominciato da un'ora, e il Galileo1, congiunto alla calata da un piccolo ponte mobile, continuava a insaccar miseria: una processione interminabile di gente che usciva a gruppi dall'edifizio dirimpetto, dove un delegato della Questura esaminava i passaporti. La maggior parte, avendo passato una o due notti all'aria aperta, accucciati come cani per le strade di Genova, erano stanchi e pieni di sonno. Operai, contadini, donne con bambini alla mammella, ragazzetti che avevano ancora attaccata al petto la piastrina di latta dell'asilo infantile passavano, portando quasi tutti una seggiola pieghevole sotto il braccio, sacche e valigie d'ogni forma alla mano o sul capo, bracciate di materasse e di coperte, e il biglietto col numero della cuccetta stretto fra le labbra. Delle povere donne che avevano un bambino da ciascuna mano, reggevano i loro grossi fagotti coi denti; delle vecchie contadine in zoccoli, alzando la gonnella per non inciampare nelle traversine del ponte, mostravano le gambe nude e stecchite; molti erano scalzi, e portavan le scarpe appese al collo. Di tratto in tratto passavano tra quella miseria signori vestiti di spolverine eleganti, preti, signore con grandi cappelli piumati, che tenevano in mano o un cagnolino, o una cappelliera, o un fascio di romanzi francesi illustrati, dell'antica edizione Lévy. Poi, improvvisamente, la processione umana era interrotta, e veniva avanti sotto una tempesta di legnate e di bestemmie un branco di bovi e di montoni, i quali, arrivati a bordo, sviandosi di qua o di là, e spaventandosi, confondevano i muggiti e i belati coi nitriti dei cavalli di prua, con le grida dei marinai e dei facchini, con lo strepito assordante della gru a vapore, che sollevava per aria mucchi di bauli e di casse. Dopo di che la sfilata degli emigranti ricominciava: visi e vestiti d'ogni parte d'Italia, robusti lavoratori dagli occhi tristi, vecchi cenciosi e sporchi, donne gravide, ragazze allegre, giovanotti brilli, villani in maniche di camicia, e ragazzi dietro ragazzi, che, messo appena il piede in coperta, in mezzo a quella confusione di passeggieri, di camerieri, d'ufficiali, d'impiegati della Società e di guardie di dogana, rimanevano attoniti, o si smarrivano come in una piazza affollata. Due ore dopo che era cominciato l'imbarco, il grande piroscafo, sempre immobile, come un cetaceo enorme che addentasse la riva, succhiava ancora sangue italiano. Via via che salivano, gli emigranti passavano davanti a un tavolino, a cui era seduto l'ufficiale Commissario; il quale li riuniva in gruppi di mezza dozzina, chiamati ranci, inscrivendo i nomi sopra un foglio stampato, che rimetteva al passeggiere più anziano, perché andasse con quello a prendere il mangiare in cucina, all'ore dei pasti. Le famiglie minori di sei persone si facevano inscrivere con un conoscente o col primo venuto; e durante quel lavoro dell'inscrizione traspariva in tutti un vivo timore d'essere ingannati nel conto dei mezzi posti e dei quarti di posto per i ragazzi e per i bambini, la diffidenza invincibile che inspira al contadino ogni uomo che tenga la penna in nascevan contestazioni, s'udivano lamenti e proteste. Poi le famiglie si separavano: gli uomini da una parte, dall'altra le donne e i ragazzi erano condotti ai loro dormitori. Ed era una pietà veder quelle donne scendere stentatamente per le scalette ripide, e avanzarsi tentoni per quei dormitori vasti e bassi, tra quelle innumerevoli cuccette disposte a piani come i palchi delle bigattiere, e le une, affannate, domandar conto d'un involto smarrito a un marinaio che non le capiva, le altre buttarsi a sedere dove si fosse, spossate, e come sbalordite, e molte andar e venire a caso, guardando con inquietudine tutte quelle compagne di viaggio sconosciute, inquiete come loro, confuse anch'esse da quell'affollamento e da quel disordine. Alcune, discese al primo piano, vedendo altre scalette che andavano giù nel buio, si rifiutavano di discendere ancora. Dalla boccaporta spalancata vidi una donna che singhiozzava forte, col viso nella cuccetta: intesi dire che poche ore prima d'imbarcarsi le era morta quasi all'improvviso una bambina, e che suo marito aveva dovuto lasciare il cadavere all'ufficio di Pubblica Sicurezza del porto, perché lo facessero portare all'ospedale. Delle donne, le più rimanevano sotto; gli uomini, invece, deposte le loro robe, risalivano, e s'appoggiavano ai parapetti. Curioso! Quasi tutti si trovavano per la prima volta sopra un grande piroscafo che avrebbe dovuto essere per loro come un nuovo mondo, pieno di meraviglie e di misteri; e non uno guardava intorno o in alto o s'arrestava a considerare una sola delle cento cose mirabili che non aveva mai viste. Alcuni guardavano con molta attenzione un oggetto qualunque, come la valigia o la seggiola d'un vicino, o un numero scritto sopra una cassa; altri rosicchiavano una mela o sbocconcellavano una pagnotta, esaminandola a ogni morso, placidissimamente, come avrebbero fatto davanti all'uscio della loro stalla. Qualche donna aveva gli occhi rossi. Dei giovanotti sghignazzavano; ma, in alcuni, si capiva che l'allegria era forzata. Il maggior numero non mostrava che stanchezza o apatia. Il cielo era rannuvolato e cominciava a imbrunire. A un tratto s'udiron delle grida furiose dall'ufficio dei passaporti e si vide accorrer gente. Si seppe poi che era un contadino, con la moglie e quattro figliuoli, che il medico aveva riconosciuti affetti di pellagra. Alle prime interrogazioni, il padre s'era rivelato matto, ed essendogli stato negato l'imbarco, aveva dato in ismanie.Sulla calata v'era un centinaio di persone: parenti degli emigranti, pochissimi; i più, curiosi, e molti amici e parenti della gente d'equipaggio, assuefatti a quelle separazioni. Installati tutti i passeggieri, seguì sopra il piroscafo una certa quiete, che lasciava sentire il brontolìo sordo della macchina a vapore. Quasi tutti erano in coperta, affollati e silenziosi. Quegli ultimi momenti d'aspettazione parevano eterni.Finalmente s'udiron gridare i marinai a poppa e a prua ad un tempo: - Chi non è passeggiere. Terra! Queste parole fecero correre un fremito da un capo all'altro del Galileo. In pochi minuti tutti gli estranei discesero, il ponte fu levato, le gomene tolte, la scala alzata: s'udì un fischio, e il piroscafo si cominciò a movere. Allora delle donne scoppiarono in pianto, dei giovani che ridevano si fecero seri, e si vide qualche uomo barbuto, fino allora impassibile, passarsi una mano sugli occhi. A questa commozione contrastava stranamente la pacatezza dei saluti che scambiavano i marinai e gli ufficiali con gli amici e i parenti raccolti sulla calata, come se si partisse per la Spezia. - Tante cose. - Mi raccomando per quel pacco. - Dirai a Gigia che farò la commissione. Impostala a Montevideo. - Siamo intesi per il vino. - Buona passeggiata. - Sta bene. - Alcuni, arrivati allora allora, fecero ancora in tempo a gettare dei mazzi di sigari e delle arance, che furon colte per aria a bordo; ma le ultime caddero in mare. Nella città brillavano già dei lumi. Il piroscafo scivolava pian piano nella mezza oscurità del porto, quasi furtivamente, come se portasse via un carico di carne

Sull’Oceano

Di Edmondo De Amicis

1889

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Edmondo De Amicis scriveva romanzi da quindici anni, quando, il 10 marzo 1884, s’imbarcò a Genova sul piroscafo Nord America per raggiungere l’Argentina. Era un autore famoso grazie alla pubblicazione d’alcuni libri sulla Spagna, Olanda e Marocco, e il viaggio in Argentina gli era stato fortemente sollecitato dagli editori, ma lui sembrava aver esaurito l’interesse per scrivere di paesi lontani. Quando, cedendo alle insistenze del suo editore, accettò di partire, era animato da altri intenti. A De Amicis non interessavano le bellezze naturali, ma il carico di speranza e di miseria della nave e le motivazioni degli umili protagonisti, consapevole delle difficoltà dell’agricoltura in Italia, causa dell’incessante flusso emigratorio dalla penisola verso l’ America. Sull’Oceano diviene quindi un romanzo sociale, perché de Amicis in esso si fa portavoce della miseria e della “disperata- speranza” degli emigranti.

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Il Piroscafo Nord America

Il piroscafo Nord America su cui il 10 marzo 1984 si imbarcò a Genova Edmondo De Amicis . In “Sull’Oceano” diventerà il Galileo.

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Lo scalo di GenovaGenova, il più grande scalo del paese è anche il principale porto di partenza dei migranti verso le Americhe. A inizio ottocento dalle sue banchine si sono imbarcati i primi pionieri provenienti dalle vallate circostanti(entroterra del savonese e del levante ligure, in particolare da Chiavari).Li hanno accompagnati e seguiti i rifugiati politici del risorgimento e poi, dopo l’unità, una vasta corrente transoceanica di uomini e donne in cerca di lavoro, provenienti da tutto il settentrione, destinata a durare sino al nuovo secolo.I numeri sono alti. Si calcola che fra il 1861 e il 1874 da Genova quasi 200.000 persone lasciarono il nostro paese. Nel 1914 si è bloccato il flusso migratorio a causa della 1^ Guerra Mondiale. L’America attira emigranti di braccia per la costruzione delle infrastrutture (ponti,strade,dighe), per l’agricoltura, per l’industria.Intorno a tutto questo non mancò l’imbroglio. Un esempio :braccianti veneti partiti con un biglietto per il trasporto in nave venduto da un intermediario, al loro arrivo a Genova, scoprono che il nome della nave indicata sul biglietto non esiste.Costoro, per la vergogna di tornare indietro, restarono a Genova ed alcuni trovarono lavoro presso l’Ansaldo.Nel 1861 l’Italia contava 25 milioni di persone. Solo 600.000 conoscevano l’italiano. Gli altri solo i dialetti.

Porto di GenovaFritz Scherer (1877-1929)

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L’autore: da protagonista ad osservatore Fra i milleseicento passeggeri di terza classe,

quattrocento dei quali sono donne e bambini, ci sono molti personaggi che non si dimenticano, anche se il protagonista assoluto è De Amicis, l’osservatore. L’umanità descritta proviene dalle regioni dell’Italia del Nord, Piemonte, Liguria, Toscana, Veneto e si esprime nei più disparati dialetti e proprio per questo gli emigranti non riescono a comunicare fra loro. C’è quindi l’ esigenza di una lingua nazionale come strumento di comunicazione e anche per superare la naturale diffidenza verso il connazionale che parla un dialetto diverso e non si capisce. Il libro dà in questo senso voce a quest’umanità di proletari che cercano fortuna altrove

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Nel capitolo intitolato "L'imbarco degli emigranti" de Amicis descrive la folla delle persone che si imbarca sulla nave... La processione umana era una sfilata di emigranti: robusti lavoratori degli occhi tristi, vecchi cenciosi, villani in macchine di camicia. In mezzo alla confusione si differenziavano: ufficiali, impiegati e guardei di dogana.  Nel capitolo intitolato "Nel Golfo del Leone", l'autore osserva negli emigranti un atteggiamento di sfiducia nei confronti della decisione di partire... I passeggeri di terza classe, le cui famiglie sono strette in gruppi compassionevoli, hanno un’aria d'abbandono e di smarrimento e molte delle donne sono scarmigliate e piene d'angoscia e di sdegno. Il peggio però era sotto, nel grande dormitorio dove corpi sopra corpi facevano un concerto di lamenti, rantoli e di tossi. Pareva che la prima esperienza avesse, in qualche modo, smorzato in quasi tutti, il coraggio e le speranze. Nel capitolo intitolato "L'Italia a bordo", De Amicis presenta il personaggio del Commissario di Bordo: era un bel giovanotto genovese, biondo, che vestiva con grazia la divisa modesta d'ufficiale di bordo, e lasciava trasparire dalla serietà del viso, regolare e immobile, un'acuta facoltà d'osservazione e un fino senso comico. Oltre che amministratore e depositario della posta, egli era sul piroscafo un “quissimile di pretore”, che vegliava sul buon ordine e giudicava le liti che potessero insorgere tra i passeggeri di terza classe. 

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Breve sintesi di alcuni capitoli

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L'autore presenta poi gli emigranti che provengono da diverse regioni italiane e che svolgono differenti lavori .

Dalle informazioni di De Amicis abbiamo così ricavato la seguente tabella:

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Passeggeri/Professione Nazione Provincia

Agricoltori Italia Alta Valvusini, Friulani

Agricoltori Italia Alta Lombardia, Valtellina

Contadini Italia diretti in Argentina D'Alba e Alessandria

- Italia Val di Sesia

Tessitori Italia Como

Segantini Italia Veronese

- Italia Liguria D'Albenga, Savona, Chiavari

Portatrici d'ardesie Italia Cogorno

In piccolo numero Italia centrale Toscani

Lavoratori d'alabastro Italia Volterra

Fabbricatori di figurine Italia Lucca

Agricoltori Italia Firenzuola

Suonatori d'arpa e violino Italia Basilicata e Abruzzo

Pecorai e caprari Italia Litorale Adriatico e della terra di Barletta

Molti cafoni Italia Catanzaro e Cosenza

merciaiuoli Italia Napoletani

Calzolai Italia Garfagna

Sterratori Italia Biellese

Campagnoli Italia L'Isola d'Ustica

A tutti questi erano mescolati delgi Svizzeri, qualche Austriaco e pochi Francesi di Provenza.

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"L'igiene e la pulizia sono costantemente in contrasto con la speculazione. Manca lo spazio, manca l'aria"

Le cuccette degli emigranti venivano ricavate in due o tre corridoi e ricevevano aria per lo più attraverso i boccaporti. L'altezza minima dei corridoi andava da un metro e sessanta centimetri per il primo, partendo dall'alto, a un

metro e novanta per il secondo. Nei dormitori così allestiti era frequente l'insorgere di malattie, specialmente bronchiali e dell'apparato respiratorio.

Per sottolineare la mancanza delle più elementari norme igieniche si può fare riferimento al problema della conservazione dell'acqua potabile che veniva tenuta in casse di ferro rivestite di cemento. A causa del rollio della nave il

cemento tendeva a sgretolarsi intorbidando l'acqua che, venuta a contatto con il ferro ossidato, assumeva un colore rosso e veniva consumata così dagli

emigranti non essendo previsti distillatori a bordo.Il cibo, a prescindere dalla impossibilità per gli emigranti, analfabeti o comunque non in grado di avere compiuta conoscenza della normativa

alimentare, veniva preparato seguendo una serie di alternanze costanti tra giorni "grassi" e "magri", giorni del "caffé" e giorni del "riso". Inoltre, a seconda della prevalenza a bordo di settentrionali o di meridionali, si

preparavano pasti a base di riso o di pasta (maccheroni). Dal punto di vista dietetico la razione viveri giornaliera risultava sufficientemente ricca di elementi proteici e comunque superiore per quantità e qualità al tipo di

alimentazione abituale dell'emigrante.Classe II B A.F.M. Anno scolastico 2012/2013

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LA "MERICA" : MISS LIBERTY E ELLIS ISLAND

La Statua della libertà – chiamata da sempre Miss Liberty - fu donata dalla Francia agli Stati Uniti in segno d’amicizia e si collegò al fenomeno dell’emigrazione solo dopo che furono

incisi sul suo basamento i versi di Emma Lazarus: “Tenetevi, antiche terre, i fasti della vostra storia... Datemi coloro che sono esausti, i poveri, le folle accalcate che

bramano di respirare libere, i miseri rifiuti delle vostre coste brulicanti: mandatemi coloro che non hanno una casa, che accorrano a me, a me che innalzo la mia fiaccola accanto alla porta d’oro”.  Quella statua sembrava essere grande come l’America e come i

sogni degli emigranti di “fare la Merica”. Ma, giunti nel porto di New York, dopo aver contemplato con la dovuta meraviglia la maestosa scultura, gli emigranti venivano sbarcati a Ellis island, dove tutta una serie di norme operavano una rigida selezione. Si veniva respinti

per malattia, per indigenza estrema, per età giovanile o troppo avanzata, per stato civile (donne e orfani che non avevano nel paese chi li soccorresse e li aiutasse a trovar lavoro).

Eppure, nell’immaginario di molti immigrati la Statua della libertà è diventata l’America, pur con tutte le sue contraddizioni.

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IL DORMITORIO DELLE DONNE

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Sintesi del capitolo “Il dormitorio delle donne”

C’era quasi da immaginare che fossero scomparse le terre dalla superficie del globo, tanto il cielo era bianco, così come il sole e il mare, che pareva un’immensa lastra di piombo. Con il caldo cocente l’aria si faceva più puzzolente “fraccida” e ammorbata. Dalla boccaporta spalancata saliva su a zaffate un lezzume da metter pietà a considerare che proveniva da creature umane. Eppure, dicevano che non v’eran più passeggeri di quanti la legge consentisse in relazione con lo spazio. La legge permette che si occupi, sui piroscafi italiani, uno spazio maggiore quasi d’un terzo di quello concesso. Sulla maggior parte, invece, i marinai e i fuochisti ci stanno come cani, l’infermeria è un bugigattolo, i luoghi che dovrebbero essere più puliti, fanno orrore e per 1500 viaggiatori di terza classe, non c’era un bagno! La carne umana era troppo ammassata, ancora oggi è una cosa che fa compassione e muove a sdegno. A scender là di notte la situazione dei dormitori delle donne era sempre più inaccettabile: un cenciume di scialli, vestiti e sottane di tutti i colori, zoccoli e ciabatte, legacci, scarpettine, calze spenzolavano dalle cuccette di questi dormitori in condizioni così degradate e promiscue. Mentre il commissario si avanzava, lo accompagnava un cicaleccio fitto di conversazione, rotto però da risa represse, da vagiti, sospiri di ragazze e gemiti di donne, da mormorii di vecchie, che non potendo chiuder occhio, pregavano in continuazione. Il commissario doveva quietarle: -“Vedremo, provvederemo, dormite intanto, riposate, datevi pace”. Molte erano le donne addolorate e spaventate e la vista di tutte quelle madri senza casa e senza pane tenevano lontano dalla mente del commissario ogni pensiero sensuale. Egli passava là sotto come un medico in ospedale. Il mestiere era molto duro, tanto più quando si trovò a disposizioni di tutte le assetate. – Vien qua, vecio – A mì,omm di persi – Dessèdet, pivel! – Acqua! – Egua! – Eva! – De bev! – Da baver!.Quella mattina trovai il commissario davanti alla porta del dormitorio con la faccia stanca che gridava – “Non ne posso ciù! “, era così ad ogni viaggio, poi riprendendo la sua compostezza filosofica alzò l’indice e mi disse confidenzialmente nell’orecchio: “ Scià sente, scià no piggie moggè !” ( stia a sentire, non prenda moglie! ).

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L’EMIGRAZIONE ITALIANA DAL 1861 AL 1913

Nei primi anni del regno, le regioni settentrionali furono quelle maggiormente coinvolte nel fenomeno delle emigrazioni. Queste regioni, rispetto al resto del paese, erano quelle socialmente più progredite. Le regioni del sud furono invece meno coinvolte a causa del loro isolamento, della scarsezza di mezzi

di trasporto, di vie di comunicazione e dell’ignoranza. A questo si aggiungeva un

attaccamento alla terra, alla casa e minore necessità economiche. Col passare degli anni il rapporto si

invertì sia per le condizioni economiche critiche del sud sia per l’accrescimento demografico.

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Negli ultimi anni dell’800 la quota di emigrazione proveniente dall’Italia settentrionale diminuì mentre cresceva quella dell’Italia meridionale e insulare, come dimostra il grafico sottostante.

Nord Italia

Centro Sud0

20

40

60

80

100

120

140

Serie 2Serie 1

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L’emigrazione nei primi decenni) non era assolutamente controllata e solo nel 1888 fu emanata una legge per

arginare gli abusi, soprattutto di chi reclutava manodopera a basso costo. La situazione migliorò in parte e i soprusi

degli speculatori vennero limitati.

In particolare: Furono abolite le agenzie Il trasporto degli emigranti fu consentito solo sotto

l’osservanza di precise garanzie Si crearono agenzie pubbliche che fornivano informazioni

a chi voleva espatriare Si stabilirono norme per l’assistenza sanitaria e igienica e

in seguito si tutelarono anche giuridicamente gli emigrati

Dai primi anni del ‘900 crebbe soprattutto l’emigrazione dell’Italia meridionale, come si può vedere nel grafico

seguente.Classe II B A.F.M. Anno scolastico

2012/2013

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Percentuali sul totale degli abitanti dei vari compartimenti negli anni 1901/13

41%

13%

46%

Percentuali

NordCentroSud

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Musica

Lucio Dalla e Francesco De Gregori

Titanic

Concerto I Maggio 2011