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1 Le due Società Canottieri Genovesi e le Grandi Regate dell’Ottocento a Genova Aldo Gastaldi (“Bisagno”) Primo Partigiano d’Italia – Medaglia d’Oro al Valore Militare Socio della “Canottieri Genovesi Elpis” Relazione del Consigliere Claudio Loreto ai Soci Ottobre 2005

CLAUDIO LORETO - La genesi delle due SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI

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Ottobre 2005 - Ricerca di Claudio Loreto sulla fondazione di due distinti sodalizi sportivi (l'uno disciolto nel 1897, l'altro costituito nel 1902), entrambi riportanti la dicitura "Canottieri Genovesi" nella propria denominazione sociale.

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Le due

“Società Canottieri Genovesi”

e le

Grandi Regate dell’Ottocento

a Genova

Aldo Gastaldi (“Bisagno”)

Primo Partigiano d’Italia – Medaglia d’Oro al Valore Militare

Socio della “Canottieri Genovesi Elpis”

Relazione del Consigliere Claudio Loreto ai Soci

Ottobre 2005

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INDICE

PREMESSA ……………………………………………………………………... 5

Elenco delle Società italiane di canottaggio “centenarie” ……..………………… 9

PARTE I

LA PRIMA “SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI” E

LE GRANDI REGATE DELL’OTTOCENTO A GENOVA ………....…………………. 11

La fondazione della Società Canottieri Genovesi ………………………………… 13

La prima Regata Nazionale di canottaggio ………………………………………… 16

La seconda Regata Nazionale di canottaggio ……………………………………… 20

Ulteriori notizie sulla Società Canottieri Genovesi ……………………………… 31

Le Regate “Colombiane” ……………………………………………………………… 32

Lo scioglimento della Società Canottieri Genovesi … ..…………………………… 37

Il “mito” ………………….……………………………………………………………… 40

PARTE II

LA SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI “ELPIS” ………….………..………………. 43

La nascita della Società Canottieri Genovesi “Elpis” …………………………… 45

L’affitto del “galleggiante”. La vita sociale e l’attività agonistica. … ………… 49

L’acquisto del “galleggiante” …………………………………………..… ………… 55

La sede sul Molo Giano ………..………………………………………..… ………… 59

ALLEGATI ……………………………………………………………………… 61

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PREMESSA

Il remo è stato una delle prime “invenzioni” dell‟uomo: tale attrezzo

lo aiutò a scoprire nuove terre, a intessere più vasti e floridi commerci

e, inevitabilmente, anche a muovere guerra a popoli lontani. Esso offrì

inoltre un nuovo tipo di svago: pitture egizie narrano infatti di gare fra

imbarcazioni a remi sulle acque del Nilo già nel 2.600 a.C.

La pratica sportiva dello strumento ebbe però inizio il 10 giugno

1829, allorchè ad Henley, deliziosa cittadina sulle rive del Tamigi,

venne disputata la prima sfida fra gli “otto” delle università di Oxford

e Cambridge.1 Dopo tale evento, il canottaggio si diffuse presto in

Europa Occidentale e nei paesi anglofoni d‟oltre oceano. In Italia la

prima associazione di canottieri vide la luce, proprio come la lingua

patria, sulle rive dell‟Arno, più precisamente a Limite, nel 1861; grazie

1 Nel 1829 “… le imbarcazioni erano tozze e pesanti, più simili a barche da trasporto che da

competizione. Quelle usate sul Tamigi ad Henley dagli equipaggi dei due Atenei somigliavano agli

attuali „8 jole‟, ma avevano ancora la chiglia sporgente ed i „banchi‟ fissi, sui quali sedevano i vogatori:

una sorta di baleniera, pesante circa 200 kg., coi remi infilati in scalmi fissati direttamente sul bordo dello

scafo. Già nel 1828 (un anno prima della Oxford-Cambridge, perciò) il carpentiere inglese Rodley aveva

però ideato il „fuoriscalmo‟, applicando alle barche delle piccole „scalmiere‟ in legno che spostavano

fuori del bordo il perno dello scalmo, permettendo in tal modo di allungare la leva in mano al vogatore.

Pochi anni più tardi, un altro britannico di nome Emet sostituì il legno delle scalmiere con il metallo, che

consentì un ulteriore spostamento all‟infuori della forcola (o scalmo). Sempre oltre Manica, a New

Castle, il costruttore di barche Harry Clasper realizza il primo scafo – a 4 vogatori – senza chiglia e dalla

superficie, bagnata dall‟acqua, perfettamente liscia. Ciò accade nel 1847; nei dieci anni successivi le

migliorie più eclatanti verranno apportate in Germania e negli Stati Uniti. Nel 1854 il tedesco Rettich

fabbrica i primi remi con l‟asta cava e nel 1857 l‟americano S.C. Rabkok di Chicago idea la

trasformazione che modificherà decisamente lo sport del canottaggio, sganciandolo da un passato in

cui il remo era solo strumento di lavoro per inserirlo in un futuro in cui sarà soprattutto mezzo agonistico: il

sedile scorrevole. Inizialmente si trattò proprio di un sedile che slittava su piccole rotaie; poi il berlinese

dottor Schiller nel 1863 perfezionò l‟invenzione costruendo il prototipo dell‟attuale carrello scorrevole su

piccole ruote di metallo, oggi universalmente adottato”. (Tratto dal manuale “Canottaggio, che

passione!”, a cura della Federazione Italiana Canottaggio, Marchesi Grafiche Editoriali, Roma, 1995).

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poi soprattutto all‟iniziativa del club piemontese Cerea, una

federazione di circoli remieri italiani nacque a Torino già nel 1888.2

Così i sodalizi di canottaggio che ad oggi possono vantare almeno

un secolo di storia sono ben quarantatre; alcuni di essi (Cerea di

Torino, Bucintoro e Querini di Venezia, Tevere Remo di Roma, Savoia

di Napoli) addirittura conservano nella propria denominazione sociale

la qualifica di “reale”, essendo stati a loro tempo riconosciuti

benemeriti da casa Savoia.

Tre le centenarie liguri: la spezzina Società Canottieri Velocior

(1883), il Rowing Club Genovese (1890) e la Società Canottieri

Genovesi Elpis (1902). Sulla genesi di quest‟ultima esiste tuttavia una

sorta di mito, secondo il quale la fondazione dell‟Elpis, in buona

sostanza, altro non fu se non la pronta “rinascita” di una antecedente

società esauritasi per ignote ragioni e di cui si è pressochè perduta

2 Da “Canottaggio, che passione!”, op. cit.: “I primi tentativi di creare un‟istituzione che, radunando le

non numerose, all‟epoca, società nautiche italiane interessate al remo, avesse la competenza e

l‟autorità necessarie allo sviluppo del canottaggio (si sentiva molto la mancanza di un ragionato

programma di gare) furono avviati da alcuni soci del Cerea, club torinese fondato nel 1863. Nel 1881,

venne richiesto al regio Yacht Club Italiano [di cui il Cerea era stato uno dei soci fondatori, n.d.r.] di

poter costituire nel suo seno una sezione remiera: cosa che fu immotivatamente respinta [provocando

la fuoriuscita del circolo piemontese dallo Yacht Club, n.d.r.]. Luigi Capuccio, Luigi Albarello, Giuseppe

Bon, Edoardo Hayd e Guglielmo Wooldrige (tutti torinesi, pur se qualcuno con cognome straniero),

legati da forte amicizia e da profondo amore per il canottaggio, non si persero d‟animo dopo questo

rifiuto che li coinvolgeva come soci del Cerea: nei loro convegni serali al Caffè Nazionale di Torino essi

studiarono il modo di riunire tutte le Società nautiche italiane in federazione, ideando il Rowing Club

Italiano. Sorse subito un‟accesa discussione sull‟utilizzo del vocabolo inglese „rowing‟ ma venne poi

accettato in quanto non si trovò nella lingua italiana un vocabolo equivalente con cui sostituirlo!

Comunque la parola britannica era anche un dovuto omaggio al Paese che fu la culla del canottaggio

moderno. L‟assemblea costitutiva del Rowing C.I. si tenne dalle ore 21 alle ore 23 del 31 marzo 1888

presso il Comizio agrario (in Piazza Castello 16 a Torino) presenti „adesionisti‟ appartenenti a cinque

Società: Cerea, Armida, Caprera, Esperia, Eridano. Venne approvato lo Statuto, messa in cantiere

un‟assemblea generale elettiva e progettato un piano di regate. Si spedì poi una lettera alle maggiori

Società remiere nazionali, annunciando la fondazione del Rowing C.I. ed invitandole ad aderirvi;

il 19 aprile 1888 vennero eletti il conte Edoardo Scarampi di Villanova presidente ed il capitano Luigi

Capuccio (l‟anima ideatrice del Rowing) segretario. Nel 1891, sotto la presidenza onoraria di Re

Umberto di Savoia, la denominazione fu completata e divenne Reale Rowing Club Italiano”. Nel 1923

l’organismo mutò il nome in Reale Federazione Italiana Canottaggio, ”… per trasformarsi definitivamente

– negli Anni Quaranta, con l‟avvento della Repubblica – in Federazione Italiana Canottaggio. Anche la

sede del massimo ente remiero nazionale ebbe bisogno di oltre mezzo secolo per trovare una

sistemazione stabile: dal 1888 al 1933 rimase a Torino, ospite di clubs, case private e piccoli uffici; sotto il

Fascismo si trasferì a Roma presso lo Stadio del Partito (ora Stadio Flaminio), per poi tornare nel

capoluogo piemontese nel 1946 e ritornare definitivamente nella Capitale nel 1957, al Foro Italico. Dopo

il 1960 si collocò nel Palazzo delle Federazioni di viale Tiziano”. La Federazione Internazionale di

canottaggio (F.I.S.A., Fédération Internationale des Sociètès d’Aviron) venne fondata anch’essa a

Torino, inizialmente come Federazione Europea, il 25 giugno 1892.

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ogni eco. Era, questa, la “Società Canottieri Genovesi”, sorta a metà

degli anni ‟70 del XIX secolo; la “Società Canottieri Genovesi Elpis”,

proprio come una diretta e legittima erede, ne assorbì l‟intera

denominazione e in base a tale “continuità” alcuni ritengono che essa

sia da considerarsi la più antica società remiera di Liguria.

Chi scrive ha inteso scandagliare le profondità del tempo per

riportare a galla almeno qualcuno dei nomi e dei fatti che segnarono

la breve esistenza di quell‟antico sodalizio, prima che vengano

definitivamente inghiottiti dall‟oblio; e per tentare così di accertare se

esso risorse davvero sotto diversa veste all‟alba del nuovo secolo.

In corso d‟opera si è poi aggiunto il desiderio di conoscere, a

prescindere dal resto, come l‟Elpis mosse i suoi primi passi.3

Nemici di tale tentativo di recupero sono stati la scarsità di

documenti consultabili (molti atti con il tempo sono andati perduti, o

sono diventati pressochè illeggibili) e, soprattutto, l‟inadeguato tempo

concesso alla ricerca dai personali impegni familiari e lavorativi.

Le pagine che seguono, pertanto, non costituiscono il prodotto di

una indagine condotta secondo rigorosi canoni scientifici, bensì una

semplice raccolta di notizie e documenti rinvenuti “rovistando” qua e

là dove la “logica” storica indirizzava; informazioni, dunque, talora

frammentarie, che certo lasciano alcuni interrogativi ancora senza

una risposta definitiva, ma che comunque gettano una prima luce su

un passato fino ad oggi avvolto nel mistero.

A piè di pagina sono riportate anche note poco attinenti all‟oggetto

della ricerca, ma, a mio avviso, utili a far comprendere lo “spirito”

dell‟epoca in cui si svolsero le vicende di seguito descritte.

3 L’indagine ha consentito di riportare alla luce anche significativi avvenimenti successivi, del tutto ignoti

agli attuali soci dell’Elpis, come l’affiliazione di un giovane di nome Aldo Gastaldi (il futuro, leggendario

comandante partigiano “Bisagno”; cfr. allegati nn. 41A 41S).

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E‟ mia viva speranza che altri volenterosi presto riprendano il

presente lavoro, sviluppandolo, colmandone le gravi lacune e

portandolo dunque a definitivo compimento.

Genova, 14 ottobre 2005

Claudio Loreto

Regata Oxford-Cambridge, edizione 1954 (immagine tratta dal sito internet “www.theboatrace.org”)

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ELENCO DELLE SOCIETA’ ITALIANE DI CANOTTAGGIO “CENTENARIE”

SOCIETA’ SEDE ANNO FONDAZIONE

S.C. LIMITE Limite sull’Arno 1861 S.C. CEREA Torino 1863 S. GINNASTICA TRIESTINA Trieste 1863 C.C. SATURNIA Trieste 1864 S.C. ARMIDA Torino 1869 R.C.C. TEVERE REMO Roma 1872 S.C. RAVENNA Ravenna 1873 S.T.C. ADRIA Trieste 1877 S.C. MINCIO Mantova 1880 S.C. BUCINTORO Venezia 1882 S.C. THALATTA Messina 1882 S.C. CAPRERA Torino 1883 S.C. NINO BIXIO Piacenza 1883 R.Y.C.C. SAVOIA Napoli 1883 S.C. VELOCIOR La Spezia 1883 S.C. VITTORINO DA FELTRE Piacenza 1883 S.C. CASALE Casale Monferrato 1886 S.C. ESPERIA Torino 1886 C. BALDESIO Cremona 1887 C.R.V. ITALIA Napoli 1889 S.C. ORBETELLO Orbetello 1889 R.C. GENOVESE Genova 1890 S.C. MILANO Milano 1890 S.C. ADDA Lodi 1891 S.C. GARDA Salò 1891 S.C. ICHNUSA Cagliari 1891 S.C. LARIO G. SINIGAGLIA Como 1891 C.C. ANIENE Roma 1892 C.C. BARION S.C. Bari 1894 S.C. LECCO Lecco 1895 C. TRIESTE Trieste 1896 S.C. PALLANZA Pallanza 1896 C.C. DIADORA Venezia 1898 C.C. LAZIO Roma 1900 S.C. CERNOBBIO Cernobbio 1901 S.C. QUERINI Venezia 1901 S.C. GENOVESI ELPIS Genova 1902 C. MOLTRASIO Moltrasio 1902 C.C. ROGGERO DI LAURIA Palermo 1902 S.N.C. NETTUNO Trieste 1904 S.C. STELLA Laglio 1904 S.C. ARNO Pisa 1905 C.C. PRO MONOPOLI Monopoli 1905 L’elenco include i sodalizi fondati antecedentemente al 1906 e al presente affiliati alla Federazione Italiana Canottaggio (Fonte: “Annuario 2005” della Federazione Italiana Canottaggio).

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PARTE I

LA PRIMA

“SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI”

E LE

GRANDI REGATE(4)

DELL’OTTOCENTO

A GENOVA

Manifesto del luglio 1876

4 <<Perché si dice regata? L‟etimologia del vocabolo bisogna cercarla a Venezia. Era costume antico di

quella Repubblica che cittadini d‟ogni classe si recassero al Lido per tirare di „frombola‟ [la fionda,

n.d.r.]. Il governo provvedeva che vi fossero barche pel tragitto dei frombolieri. E fu in quella occasione

che nacque il genio per l‟esercizio del remo, e quindi le disfide, che si eseguivano con grosse barche

poste in riga; donde il nome di „rigada‟, mutatosi poscia in „regata‟>> . (Tratto dall’articolo “Le antiche

regate”, pubblicato nel supplemento all’edizione di domenica 30 luglio 1876 del quotidiano genovese

“Caffaro”. Esso occupa l’intera prima pagina del supplemento - composto da quattro facciate, le prime

tre delle quali dedicate alla Regata Nazionale di canottaggio del 1876 - e descrive, con dovizia di

particolari, lo svolgimento di antiche gare nel Canalgrande di Venezia, accenna alle corse a remi in uso

presso Troiani, Pisani e Genovesi, e ripropone infine la cronaca di una regata svoltasi nel 1462 sul lago di

Bolsena al cospetto del Papa Pio II. Il supplemento in discorso è riprodotto nell’allegato n° 12L).

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La fondazione della Società Canottieri Genovesi

Nel XIX secolo la realtà culturale italiana certamente non favoriva

lo sviluppo delle pratiche sportive: a queste erano infatti contrari gli

ambienti clericali e, ancor più, i circoli della sinistra politica.6 Nel

nostro Paese gli sports moderni, in effetti, furono spesso promossi da

dinamici stranieri, principalmente inglesi, i quali erano soliti

5 Lo stemma della famiglia inglese Yeats Brown, alla quale appartenevano i due fondatori della Società

Canottieri Genovesi (l’emblema è tratto dal sito internet della “Società Gestione Eventi”, di cui alla

successiva nota n° 8). 6 Si veda, in proposito, “Storia Illustrata di Genova”, Elio Sellino Editore, Milano, 1995, volume 6, pagg.

1425, 1426, 1429, 1430 e 1431: “La via italiana alla sportivizzazione consistette in un singolare sincretismo

tra il modello nazionalistico tedesco della ginnastica [considerata dai germanici una attività utile allo

sviluppo dell’amor di patria, n.d.r.] e il modello inglese degli sport borghesi [visti invece dai britannici

principalmente come una forma di svago individuale, n.d.r.]. In particolare, il passaggio dai giochi

tradizionali agli sport avviene tramite la mediazione della ginnastica, che, introdotta in Italia nei primi

decenni del XIX secolo, diviene in breve l‟istituzione portante di tutte le attività fisiche di competizione

[…] Motivi di carattere sanitario pedagogico, accanto alla funzione di addestramento premilitare,

caratterizzano l‟affermarsi della ginnastica nell‟ambito del movimento patriottico risorgimentale”, il

quale vide nello sport “… un fattore centrale nella crescita della nazione”, avendo esso “… al tempo

stesso la funzione di diletto e di educazione del popolo, contribuendo in tal modo alla nazionale

rigenerazione”. Allo sviluppo delle attività ginniche si oppose invece inizialmente la Chiesa, storicamente

contraria ad ogni sorta di culto del corpo. Tuttavia i cattolici compresero ben presto l’altissimo valore

educativo dei “giochi inglesi” (si veda in proposito il padre barnabita Giovanni Semeria); essi inserirono

così lo sport nel loro sistema educativo, diffondendone la pratica attraverso gli oratori e i collegi religiosi.

Lo stesso non potè “… certo dirsi per i socialisti, che mantennero costantemente, almeno sino al 1910, un

atteggiamento di diffidenza e talora di manifesta ostilità nei confronti di tutte le attività agonistiche. A

differenza dei belgi, dei francesi, degli inglesi e soprattutto dei tedeschi, le cui associazioni sportive

proletarie contavano centinaia di migliaia di iscritti, i socialisti italiani consideravano lo sportivismo alla

stregua del militarismo, del clericalismo e dell‟alcolismo, un nemico da combattere, in quanto

rappresentava uno strumento di diversione utilizzato dalla borghesia per incanalare e contenere le

energie combattive delle masse proletarie”. La classe lavoratrice non “… poteva avere alcun vantaggio

dalla pratica delle discipline fisiche, se prima non poteva migliorare la propria condizione economica.

La ginnastica, oltre che fisicamente dannosa per i proletari, già debilitati da condizioni di vita

subumane, è anche un atroce insulto alla loro miseria”. Nel 1900 Pietro Chiesa, uno dei padri del

socialismo italiano, così scriveva: “Bisogna dunque rialzare i salari e abbassare gli orari”. Solo allora i

proletari avrebbero potuto “… anch‟essi convenientemente nutriti e non esausti per eccessivo lavoro,

recarsi come i Soci delle varie Società ginnastiche in palestra, a perfezionarsi i muscoli, a farsi più forti e

più virili”.

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riprodurre i “piaceri” della madrepatria ovunque la sorte li

conducesse; costoro suscitavano dapprima la curiosità e infine la

partecipazione delle élites locali culturalmente più aperte al mondo e

alle sue trasformazioni.

Ciò fu particolarmente vero a Genova, ove si era insediata una

consistente comunità di britannici dediti a proficui commerci nel

Mare Mediterraneo. Un articolo7 pubblicato nel gennaio 1883 sul

primo Annuario del Regio Yacht Club Italiano riportò così che

“... nell‟anno 1869 ancoravasi nel porto di Genova un elegante

Steam-Yacht, proprietà del sig. Fred. Brown, il quale lo aveva

acquistato in Inghilterra dal principe di Galles. Poco dopo il sig. Yeats

Brown, Console di S.M. Britannica in Genova8 faceva costruire dal

7 L’articolo, firmato da “Arrigozzo” (pseudonimo di uno dei soci fondatori dello Yacht Club Italiano, l’avv.

Vincenzo “Cencio” Poggi), è riprodotto nelle pagg. 13 e 14 del volume celebrativo “Yacht Club

Italiano1879-1979”, curato da Franco Belloni. Gli avvenimenti lì citati sono stati di recente ripresi nel

volume ”Mille Anni di Liguria”, curato dal quotidiano genovese “Il Secolo XIX” (anno 1999, pag. 444):

“… nel 1869 uno yacht a vapore inglese si ancorò nel porto di Genova e il console britannico a Genova

si fece costruire una barca dai cantieri Oneto. Poi fondò la Società Canottieri Genovesi, più antica del

Genoa Cricket and Football Club”. 8 Le Autorità britanniche hanno reso noto che “… Sir Montagu Yeats Brown fu impiegato presso il

Consolato di Genova nel 1854 e 1855; venne nominato non retribuito Vice Console di Genova il 28 aprile

1857; gli furono assegnate funzioni di Console dall‟8 agosto al 18 settembre 1857; venne quindi nominato

Console il 20 febbraio 1858; Console per la provincia di Genova il 5 novembre 1872; e Console per le

province di Porto Maurizio, Genova e Lassa, con base a Genova, l‟8 maggio 1878” (cfr. allegato n° 1).

Secondo un’altra fonte segnalata dalle stesse Autorità, Montagu nacque in Italia, nell’isola di

Palmaria, da T. (Timoteo, cfr. successiva nota n° 57) Yeats Brown, egli stesso già console britannico a

Genova. Amò la vela, il canottaggio e il ciclismo. Fu il padre di Francis Charles Claypon Yeats Brown

(nato a Genova il 15 agosto 1886 e morto nel 1944), autore di volumi che riflettevano le sue esperienze

di ufficiale dell’esercito britannico in India e il suo interesse per lo yoga; il suo lavoro più noto è

l’autobiografia “Il Lanciere Bengalese”, da cui è stato tratto un celebre film (cfr. il sito internet

“www.britannica.com”).

Sir Montagu fu pure un raffinato collezionista di ceramiche liguri ed europee, molte delle quali egli

donò ai Musei Civici genovesi nel 1893 (si veda al riguardo “Gospark – The Gallery Net”, sito internet

“www.gospark.it”). Ancora: “… A Genova la più cospicua raccolta di porcellane e ceramiche

facevano capo a Yeats Brown Montagu, console di S.M. Britannica, in seguito donata al Municipio” (dal

volume “La Ceramica del Novecento in Liguria”, a cura di Banca Carige-Fondazione Cassa di Risparmio

di Genova e Imperia, 1995).

La famiglia Brown fu inoltre proprietaria, dal 1867 al 1949, dell’antico maniero di Portofino (risalente

almeno al XV secolo), noto oggi come “Castello Brown”. Da una relazione storica datata 31 maggio

2001 e commissionata dall’attuale gestore dell’edificio, la “Società Gestione Eventi S.r.l.” di Genova,

apprendiamo che <<… dopo il Congresso di Vienna ed il ritorno della pace, il Regno di Sardegna non

ebbe più interesse a mantenere attive le Fortezze, perché bisognose di costante e costosa

manutenzione, pur essendo ormai di scarso interesse strategico. Nel 1867 ne iniziò o la vendita o

l‟abbandono. Il Console Inglese a Genova, Montague Yeats Brown comprò per lire settemila la Fortezza

dallo Stato, innamorato del luogo per averlo visto più volte dal suo vascello Black Tulip, durante le

numerose uscite nelle acque del Tigullio. Con la sapiente guida dell‟Architetto Alfredo de Andrade e

dell‟Ingegnere Pietro Tamburelli, trasformò la Fortezza senza snaturarne i contenuti. Il Barone Alfonso von

Mumm, abitante nel vicino castello San Giorgio, annota nei suoi scritti che “il Console fece tanto bene il

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nostro Oneto, che gli si era rivelato ingegnosissimo costruttore di

yachts, un cutter Black-tulip. Quelle due barche da diporto invogliarono

alcuni Genovesi ad esperimentare i divertimenti marinareschi poc‟anzi

o ignorati o negletti. Qui mi torna in acconcio fare ricordo come pure per

la solerte ed instancabile opera dei fratelli Brown sorgesse la

società Canottieri Genovesi […] Ma se alcuni genovesi avevano

mostrato molto entusiasmo nel seguire l‟esempio dei fratelli Brown,

acquistando delle imbarcazioni da diporto, erano meno entusiasti, se

non addirittura indifferenti, all‟idea di dare una base societaria9 alla

loro attività diportistica”.

lavoro da non alterare assolutamente il disegno originale”; dice ancora con soddisfazione che

“da signore quale era il Console arredò con mobili e suppellettili da grande intenditore e collezionista”.

Ciò che oggi ammiriamo, dai laggioni (le piastrelle del „500/‟600 levantine di Albisola) alle ardesie

intagliate, alla pietra nera di Promontorio scolpita, ai marmi, alle porte delle stanze ricavate dal Black

Tulip in disarmo, sembra frutto di aggiunte in tempi successivi. Invece, come d‟uso ai tempi di De

Andrade, con l‟antico è stato ricostruito un valido ed apprezzabile “finto antico”; la bravura

dell‟Architetto ha fatto sì che tutto sembrasse nato sul posto. Nel 1870 il console fece piantare due pini

sulla terrazza del castello; uno per il giorno del suo matrimonio, l‟altro per la moglie Agnese Bellingham.

Ancora oggi dominano con la loro maestosità il paese. Come tutti gli inglesi che soggiornarono in riviera,

Brown volle creare un giardino in cui vivesse il “genius loci”, sfruttando un clima temperato a loro

sconosciuto, un giardino di piante mediterranee ed essenze delicate, con reminescenze delle loro origini

inglesi. Il console morì nel 1905 lasciando in eredità il castello ai figli che lo custodirono fino al 1949. Nel

dopo guerra fu venduto a John e Joceline Baber, loro connazionali con l‟amore per l‟archeologia […]

Con i Brown ed i Baber la Fortezza da militare si trasforma in abitazione civile e ci viene lasciata per

continuare a viverla e mantenerla; il loro è stato un educato e discreto possesso durato solamente un

secolo (i Baber hanno venduto la proprietà al Comune di Portofino nel 1961, per permettere a tutti di

goderne l‟incomparabile bellezza), un secolo fatto non di assalti di galee o di fucilieri, ma ancor più

violento nelle distruzioni. Un grazie a loro se oggi entrando nel Castello possiamo leggerne la storia

circondati da un paesaggio fiabesco>>. Nell’edificio – ha riferito la Società Gestione Eventi - non si

trovano custoditi ritratti, foto o carte private del console, poiché all’atto della vendita del maniero i

Brown traslocarono altrove ogni arredo. 9 Tale “base” venne realizzata il 19 ottobre 1879, allorché fu costituito il Regio Yacht Club Italiano, tra i

cui soci fondatori (in totale 100 soggetti) figurano la “Società di Canottieri del Tevere – Roma”, la

“Società di Canottieri Cerea – Torino” e la “Società di Canottieri Livornesi”. Il primo statuto del club,

approvato il 4 aprile 1880, all’art. 12 (titolato “Società costituite che possono erigersi in sezione”)

prevedeva che “… una Società Marittima, sia militare che civile, ed una Società di Canottieri, potranno

far parte del R. Yacht-Club erigendosi in Sezione, qualora non esista ancora una Sezione del

R. Yacht-Club nel luogo ove sono costituite”. Il successivo art. 13 (titolato “Ammissione di Società di

Canottieri a far parte del R. Yacht-Club”) precisava che “… le Società italiane di Canottieri regolarmente

costituite potranno far parte del R. Yacht-Club, facendosi rappresentare dal loro Presidente”; e, ancora,

che “... il R. Yacht-Club avrà speciale cura di favorire in ogni miglior modo le Società di Canottieri

inscritte, offrendo loro il mezzo di concorrere alle annue regate nazionali ed accordando facilitazioni a

quelle che avessero in animo di recarsi all‟estero a concorrere in regate internazionali. Il R. Yacht-Club

inviterà le Società di Canottieri inscritte a nominare una commissione onde studiare la questione di un

tipo unico di „canoe italiane da corsa‟ onde istituire nelle regate nazionali una gara speciale

d‟imbarcazioni a remi che sarà detta „la gara delle canoe italiane‟. Detta Commissione sarà incaricata

di studiare un sistema di „compenso‟ che permetta a lancie o canoe di tipo vario di poter correre

insieme nelle gare promosse dal R. Yacht-Club. Sarà cura del R. Yacht-Club l‟agire colle società

consorelle d‟altri stati onde il sistema di compenso determinato dalle società di Canottieri sia di buon

grado accettato in caso di gare internazionali. I lavori di questa commissione saranno sottoposti

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16

Fu di matrice britannica, dunque, la prima associazione

prettamente remiera sorta sotto la Lanterna. L‟estensore dell‟articolo,

pur non specificando l‟anno di costituzione di tale società, induce a

fare ritenere che la stessa abbia visto la luce prima dello Yacht Club

Italiano (fondato nel 1879) e, in ogni caso, antecedentemente al 1883,

anno di pubblicazione dell‟articolo.

Una precisazione in merito viene fornita, ai giorni nostri, ancora

dallo Yacht Club; più esattamente dal suo socio Giorgio Olivero, il

quale, nel corso di appassionate ricerche sulle vicende del celebre

circolo velico, si sarebbe imbattuto nella seguente notizia: “La Società

Canottieri Genovesi fu fondata nel 1876, con sede nel porto di Genova

sul galleggiante „Club‟ e la segreteria in Via Orefici n° 6. I fondatori

erano stati i fratelli Brown, che troviamo nella Direzione della Società”.10

E‟ però comprovato che la società esisteva (quantomeno di fatto)

già l‟anno precedente.

La prima Regata Nazionale di canottaggio

Una pubblicazione della Società Triestina Canottieri Adria riporta

infatti che in Italia “… la prima regata a carattere nazionale si svolse a

Genova nel 1875, promossa dalla Società Ligure di Salvamento, con la

partecipazione delle Società Tevere, Cerea e Canottieri Genovesi”.11

all‟approvazione dell‟assemblea generale”. Lo statuto originario, inoltre, includeva tre distinti codici: per

le “regate a vela”, per “le regate a vapore” e per “le regate a remi promosse dal Regio Yacht-Club

Italiano” (quest’ultimo regolamento è riprodotto nell’allegato n° 15); tali codici, così come i due articoli

prima illustrati, non sono più contemplati dallo statuto oggi vigente.

Tutto ciò premesso, il rifiuto nel 1881, da parte dello Yacht Club, di dare corso alla richiesta di istituire

una sezione remiera dovette apparire alla Canottieri Cerea assolutamente incomprensibile, tanto da

determinare il suo distacco dall’associazione velica (cfr. precedente nota n° 2). “Troppo divergenti

erano gli interessi di velisti e canottieri...”, spiega oggi la società remiera torinese sul proprio sito internet

“www.cerea.org”. 10 Il Dr. Giorgio Olivero, dopo avere dettato all’interlocutore gli appunti a suo tempo raccolti sulla

Canottieri Genovesi (degli altri forniti si darà conto successivamente nella relazione), ha purtroppo

precisato di non ricordare quale sia il documento, fra gli innumerevoli consultati nel corso degli anni, dal

quale sono state estratte le informazioni riferite. 11 Dal volume celebrativo “L’Adria nella storia del canottaggio triestino, 1877-1997”, a cura di Antonella

Caroli Stenta, Editrice La Mongolfiera Libri , Trieste, 1997, pag. 30.

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17

L‟adesione alla manifestazione di questi tre sodalizi è confermata

dal Reale Circolo Canottieri Tevere Remo, che nella propria cronistoria

ufficiale riporta: “1875 – Agosto – La Società Ligure di Salvamento

organizza a Genova la 1.a Regata Nazionale di canottaggio dove il

Tevere vince il primo premio nella gara delle canoe italiane con la canoa

Margherita (in onore della futura Regina) con l‟equipaggio composto dai

Soci Romolo Tittoni, timoniere, Pio Barucci, Carlo Filonardi, Giulio

Annibaldi e Camillo Buti, rematori. Alla gara partecipano la Soc.

Canottieri Cerea e la Canottieri Genovese”.12

In un recente articolo, il giornalista sportivo Italo D‟Amico

asserisce (erroneamente) che la competizione fu invece vinta

dall‟equipaggio della Canottieri Genovesi.13

Allo scopo di acquisire maggiori notizie su quest‟ultimo, è stata

chiesta alla Società Nazionale14 di Salvamento la possibilità di

accedere ai suoi archivi; sfortunatamente, presso la stessa non è più

disponibile alcun resoconto o atto relativo all‟evento.15 Né

12 Dal sito internet “www.rcctevereremo.it”, sezione “storia” (n.d.r.: la regata si svolse il 25 luglio e non nel

mese di agosto, come viene erroneamente indicato nella cronistoria del sodalizio capitolino).

A proposito dei vogatori romani, il giornale moderato “Gazzetta di Genova” (all’epoca il più diffuso

quotidiano genovese, con una tiratura intorno alle 5.000 copie) pubblicò il 23 luglio 1875 la seguente

corrispondenza da Roma: “A quest‟ora saranno giunti a Genova i nostri canottieri del Tevere che si

recano a prendere parte alla Regata. Da prima avevano intenzione di andar a Genova per mare colle

loro barche; poi hanno temuto di giungere troppo stanchi e di essere in cattive condizioni per

concorrere alla gara. Sono dunque partiti per strada ferrata e probabilmente effettueranno per mare il

ritorno”. 13 Cfr. allegato n° 2, tratto dal quotidiano genovese “Corriere Mercantile” del 1° dicembre 2004.

Il giornalista, raggiunto telefonicamente, ha precisato di avere ricevuto l’informazione dall’ing. Vincenzo

Tosetto, già vice presidente vicario della Federazione Italiana Canottaggio nonchè socio del Rowing

Club Genovese. Nel corso di un piacevole colloquio telefonico, il novantaduenne Tosetto ha a sua volta

informato di non essere più in grado di risalire alla fonte da cui aveva a suo tempo attinto la notizia; egli

ha peraltro raccontato di avere iniziato la propria attività remiera nel 1926 presso la Canottieri Elpis (“… lì

la quota associativa costava la metà di quella del Rowing Club, dove erano tutti „signorotti‟, mentre

l‟Elpis era composta da studenti e impiegati”), società presso cui rimase fino al 1932, anno in cui entrò a

far parte della sezione remiera del Gruppo Universitario Fascista (GUF) di Genova; terminato il secondo

conflitto mondiale, venne chiamato dal Rowing Club Genovese a collaborare alla ripresa dell’attività di

quel circolo. La vittoria della Tevere nella regata del 1875 trova comunque conferma in un documento

fornito dalla Canottieri Cerea (cfr. allegato n° 13). 14 L’originaria qualifica “Ligure” del sodalizio venne sostituita da quella “Nazionale” nel 1930; cfr. nota

successiva. 15 Il dr. Giuseppe Marino, attuale presidente della “Salvamento”, ha spiegato che la quasi totalità della

documentazione sociale tempo addietro fu scelleratamente avviata al macero dal figlio di un suo

predecessore nel corso dello sgombero di un magazzino di proprietà di quella famiglia, presso cui

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contribuiscono gli articoli della stampa dell‟epoca che è stato fin qui

possibile recuperare: 16 essi si limitarono infatti a menzionare i

territori di provenienza di alcuni dei numerosi e pur tuttavia ignoti

partecipanti (la gara in cui si misurarono fra loro i tre circoli di

canottieri rappresentò soltanto una delle varie regate bandite dalla

Società di Salvamento); un solo servizio accennò fuggevolmente a

vogatori genovesi “… sotto la direzione del console Brown”.

Maggiori dettagli sono pertanto stati richiesti alle società Adria e

Tevere Remo, le quali hanno però comunicato di non disporre su

quello specifico confronto remiero di elementi di conoscenza ulteriori

rispetto a quelli già resi noti; la Reale Società Canottieri Cerea, dal

canto suo, ha inviato copia della corrispondenza intrattenuta all‟epoca

l’archivio era stato temporaneamente trasferito. Nel sito internet “www.salvamento.it” è disponibile ad

ogni modo una “Breve storia della Società, dal 1872 al 1959”, di cui, al fine di approfondimento storico, si

riportano le seguenti notizie:

“… Nel luglio dell‟anno 1871 alcuni benemeriti cittadini, […] preoccupati del continuo verificarsi di

casi di annegamento, dovuti in gran parte all‟imperizia dei bagnini […], costituirono … una nuova

Società avente lo scopo di incoraggiare il salvataggio in mare, di premiare con medaglie o somme di

denaro i salvatori, di diffondere, a mezzo conferenze e lezioni popolari, i mezzi idonei a ridare la vita agli

asfittici combattendo il barbaro metodo in uso di capovolgere il naufrago, col rischio di accelerarne la

morte”. All’associazione fu imposta la denominazione di Società Ligure di Soccorso ai Sommersi.

Nell’anno 1872, ampliando la sua sfera d’azione, la Società prese il nome di Associazione Ligure di

Salvamento. Tra gli scopi sociali v’era anche “… la conservazione della Sezione di Voga come scuola

del remo [per lance da salvamento, n.d.r.]. La Società, per assolvere gradatamente ai suoi compiti,

istituiva una scuola di nuoto e voga e nell‟anno 1875 bandiva la prima Regata Nazionale, a cui ne seguì

una seconda l‟anno successivo […] Nel 1892 la Sezione Voga della Salvamento, assai fiorente, ebbe il

primo e il secondo Premio alle regate che ebbero luogo nel Porto di Genova”, in occasione

dell’Esposizione Italo-Americana.

Nel 1922 “… la Sezione Voga era sempre più numerosa, vi si iscrivevano studenti nautici, impiegati di

banca e un numeroso gruppo di signorine. Ogni sezione, anche quella femminile, aveva il suo

gagliardetto in seta ricamato in oro”.

Nel 1923 “… i Soci Volontari erano ormai più di 500, i Canottieri 150; più di 40 i Canottieri Studenti

Nautici e una trentina quelli della Sezione femminile canottiere […] L‟Assemblea Generale di Soci

dell‟aprile 1929 [… ] pensava che fosse giunto il momento di inviare una commissione a Roma per

sollecitare dal Ministero un‟altra circolare che facesse obbligo a tutti gli aspiranti Bagnini di sottoporsi

agli esami indetti dalla Salvamento, da sostenersi presso le varie Capitanerie del litorale”. La richiesta fu

accolta: il Ministero rese obbligatorio l’esame di abilitazione all’esercizio di bagnino. Era, a questo punto,

“… giunto il momento di attuare il piano sociale di trasformare in Nazionale la Società Ligure di

Salvamento, con Sede Centrale sempre Genova […] Nell‟anno 1930, veniva approvato il nuovo Statuto

da parte dell‟Assemblea. Ormai la bianca ancorata Bandiera poteva sventolare su tutte le coste

d‟Italia, delle Colonie, sui fiumi e sui laghi”. Nel 1932 “… militi volontari sorvegliavano lo specchio

acqueo durante le prove di idoneità per aspiranti bagnini e facevano parte della commissione

esaminatrice per il rilascio dei brevetti di nuoto e voga ai Marittimi”. Inoltre “… funzionava la vigilanza

costiera da parte dei Volontari di tutte le nostre Sezioni”. 16 Cfr. allegati 3a 3h.

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19

con la società organizzatrice dell‟evento, nella quale tuttavia non viene

fatta menzione della partecipazione della Canottieri Genovesi.17

Qui non resta allora che proporre, a titolo di curiosità storica, un

estratto del servizio che lunedì 26 luglio 1875 il quotidiano “Gazzetta

di Genova” dedicò alla “festa nazionale” svoltasi il dì antecedente tra il

Molo Nuovo e il seno di Santa Limbania:

“… Tutte le inflessioni, tutte le desinenze della lingua italiana, nelle

sue molteplici forme dell‟alta, della media e della bassa, si udivano ieri

risuonare per le vie di Genova, sulle calate e sui galleggianti del Porto.

Le tre linee ferroviarie del nord, di levante e di ponente riversarono in

gran copia i visitatori per la lieta festa della Regata Nazionale […]

Migliaia di persone sulle calate, sui piroscafi che fiancheggiavano la

corsia destinata alla gara dei vogatori, sui numerosi battelli

sparpagliati nelle acque del porto, sui terrazzi ed alle finestre della case

prospicienti il porto, dalla darsena fino alla Lanterna, formavano uno

spettacolo impossibile a descriversi. Il principio delle gare era fissato

alle 5 pomeridiane, ma già da qualche ora gli accessi del porto erano

animati dalla folla desiderosa di assistere alla Regata […] Circa le

quattro, parve che il tempo volesse proprio mandar tutto a soqquadro;

piovve per una mezz‟ora, e già si stava in forse sull‟attuazione del

programma; fortunatamente la fedeltà all‟impegno preso la vinse sulla

paura e si tirò innanzi. Un poco prima delle cinque un colpo di cannone

e il suono della marcia reale eseguita dalle bande annunziarono l‟arrivo

della principessa Margherita18. Scesa di carrozza e preso il braccio del

principe Tommaso19 ella si avanzò col figlio suo, il principe di Napoli,

sotto il padiglione eretto sulla spiaggia di Santa Limbania. Il cielo, con

17 Da tale corrispondenza si apprende che “… il batello con cui corrono o correrebbero i canottieri del

Tevere […] è lungo 10 metri circa”. La società remiera torinese ha gentilmente fornito anche il

voluminoso carteggio relativo alla Regata Nazionale dell’anno successivo. 18 Trattavasi della moglie di Umberto I, futuro Re d’Italia. 19 Duca di Genova e fratello della principessa Margherita.

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20

una cortesia cavalleresca, si era rasserenato, e il sole tornava a

risplendere […] Alle cinque cominciarono le corse, e primi furono i

Veneziani colle loro gondole e col loro costume pittoresco. Seguirono poi

le altre corse indicate nel programma: i vincitori fra il plauso della

moltitudine ricevettero successivamente i premii e le bandiere dalle

mani della principessa […] Negl‟intermezzi delle corse, le bande del

presidio e quella della Guardia Nazionale eseguirono scelti pezzi […] Le

corse terminarono circa le sette e mezzo, e la Principessa faceva ritorno,

acclamata dalla folla, al Palazzo Reale, dove ebbe luogo uno splendido

convito […] Intanto le vie della città si andavano illuminando per cura

del signor Ottino, e l‟Acquasola segnatamente presentava un magico

aspetto. Ghirlande svariatissime di fiammelle di gaz e di lampioncini a

diversi colori spargevano tra le piante e sui viali di questa pubblica

passeggiata una luce fantastica, ricca di bei riflessi e di gentili

gradazioni. Tutte le vie che conducono all‟Acquasola erano gremite e

non si poteva avanzare che a passo lento e con frequenti intervalli di

sosta […] Circa la mezzanotte, la Società Ligure di Salvamento riceveva

ad una suntuosa cena, in una sala della Concordia, i rappresentanti

dei canottieri del Tevere e del Po, quelli della stampa locale e di altre

città, e altre notevoli persone. Vi furono brindisi e discorsi assai lieti ed

arguti e vi regnò la più schietta cordialità, come vi fu la più squisita

cortesia per parte dei membri della Società da cui erano stati fatti

gl‟inviti […] Durante la festa della Regata Nazionale avvennero tre

borseggi a danno di tre signori, di un portafogli cioè e di due orologi. La

Questura pervenne ad operare l‟arresto di due dei tre borsaioli…”.

La seconda Regata Nazionale di canottaggio

Il 30 luglio 1876, organizzata ancora dalla Società Ligure di

Salvamento, si tenne nel porto di Genova una seconda Regata

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21

Nazionale,20 “… alla quale presero parte rappresentanze di tutte le città

del litorale italiano con l‟intervento del Corpo RR. Equipaggi, la

rappresentanza di Trieste e di Venezia, la quale (Venezia) inviò per

treno le meravigliose gondole della laguna con i bravi gondolieri.

Presenti sempre membri della Famiglia Reale. Il successo di questa

seconda regata fu più spettacoloso ancora e se ne occupò estesamente

la stampa nazionale ed estera. Tutti erano meravigliati che questa

Società giovane e privata, potesse ottenere tanto glorioso successo.

L‟Italia stessa trasse grandi benefici da queste vittorie marinare:

ovunque sorsero società sportive alle quali si iscriveva tutta la gioventù

elegante: sulle coste, sul Po, sul Tevere, sui laghi. (Tre ardimentosi, a

bordo di una piccola canoa, scesero il Tevere ed a forza di remi,

vennero a Genova, accolti festosamente dalla Salvamento che fece

coniare appositamente tre medaglie d‟argento e le offrì loro come

ricordo dell‟ardita impresa).21

La seconda iniziativa della Salvamento suscitò effettivamente uno

straordinario interesse in tutta l‟ Italia marinara. Si iscrissero alle gare

uomini e donne di varie località della Liguria, di Torino, Pallanza,

Venezia, Chioggia, Viareggio, Pisa, Livorno, Cagliari, Napoli, Palermo

nonché equipaggi della Regia Marina Militare. Come lamentò il

quotidiano genovese “Caffaro” (da cui sono tratte le cronache della

20 Il carteggio tra le società Salvamento e Cerea rivela che la competizione era stata originariamente

fissata per il giorno 25 giugno; sfavorevoli previsioni meteorologiche avevano poi indotto a posticiparla

al 30 luglio (cfr. comunicati emessi dalla Società Ligure di Salvamento, allegati nn. 6 e 7; archivio R.S.C.

Cerea). 21 Tratto da “Breve storia della Società [Nazionale di Salvamento] dal 1872 al 1959”, op. cit. Tale

resoconto sulla manifestazione del 1876 sembra invero viziato da alcune inesattezze. Secondo un

giornale genovese dell’epoca, il “Caffaro”, i triestini in realtà non poterono prendere parte all’evento

(cfr. oltre nella relazione), mentre i “gondolieri” concorsero in rappresentanza del Comune di Venezia su

un gozzo a 8 remi e 6 vogatori: per “gondole della laguna” devono dunque intendersi, con ogni

probabilità, i “battelli Chiozzotti a 4 remi e 4 vogatrici”, la cui gara, peraltro, non entusiasmò (“… le

vogatrici Chiozzotte non ebbero un grande successo, vuoi perché le loro barche non sono punto

corridore, e vuoi per il sistema di voga, che non ha nulla di simpatico”; cfr. il Caffaro del 31 luglio 1876).

Relativamente all’impresa dei romani, è da precisare che essa fu compiuta l’anno successivo; sul sito

internet del R.C.C. Tevere Remo (sezione “storia”) si legge infatti: “1877 – I Soci Pio Barucci, Augusto

Comotto e Virgilio Marchetti compiono una navigazione da Roma a Genova in 28 giorni”.

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22

manifestazione qui riportate)22, “… circostanze imprevedute (dicesi che

l‟autorità politica austriaca siasi opposta; ma bene!..) impedirono a

Trieste di mandare suoi rappresentanti a prendere parte attiva alle

gare”. Assenti, purtroppo, anche i protagonisti della regata dell‟anno

precedente: “I canottieri di Roma avevano ordinato in Inghilterra due

„lancie‟ strettissime, molto lunghe, di quelle che hanno i braccioli

portaremi sporgenti fuori della banda.23 Per una fatalità, le due ‟lancie‟,

per molti ritardi, sono arrivate a Livorno ieri l‟altro, e i „canottieri‟

romani dovrebbero manovrare un poco ed esercitarsi col nuovo sistema

per avere l‟impostatura, e sapere con che bestia hanno da fare.

Oltrechè, nella loro delicatezza, hanno anche pensato che non sarebbe

stato generoso (questo sia detto a loro onore) concorrere con

imbarcazioni d‟un genere nuovo e di qualità superiore a quelle degli

altri emulatori”. Il cronista si disse “dispiacentissimo” per la mancata

partecipazione dei vogatori capitolini: “Una regata senza Remo! Come

chi dicesse un dindìo senza tartufi”.24

L‟evento generò a Genova un eccitato clima di attesa. “Si prevede

una piena, come quella di Milano, per l‟imperatore Guglielmo” – scrisse

il Caffaro – “Coloro che hanno camere per alloggio disponibili e non le

hanno dichiarate, sono pregati a volerlo fare quanto prima all‟ufficio di

polizia municipale […] Le vie della città saranno imbandierate, ma

sarebbe a desiderarsi che, a dare aspetto alquanto più giulivo alla

22 <<”Caffaro” (il), giornale quotidiano genovese fondato nel 1875 da Anton Giulio Barrili [scrittore

garibaldino, n.d.r.]. Di tendenze liberaldemocratiche, fu uno dei più noti giornali dell‟Ottocento. Fu

assorbito nel 1929 dal “Giornale di Genova”>> (da “La Biblioteca del Sapere”, Enciclopedia Multimediale

Rizzoli Larousse, edizione speciale per “Il Corriere della Sera”, anno 2003). Secondo altre fonti - tra queste

“Storia del Giornalismo Italiano”, Edizioni Gutenberg 2000, Torino, 1986 - il Caffaro venne invece fondato

nel 1874; la testata che mezzo secolo più tardi lo avrebbe incorporato rappresentava uno degli organi

di stampa del Partito Nazionale Fascista.

Negli allegati 12a 12n sono riprodotti gli articoli che dal 21 al 31 luglio l’antico giornale genovese

dedicò alla seconda Regata Nazionale. 23 Le “lancie” descritte dal cronista del Caffaro erano senza dubbio “outrigger” (“fuoriscalmo”),

imbarcazioni da canottaggio moderno. 24 Nella cronistoria ufficiale del R.C.C. Tevere Remo viene tuttavia riportato: “1876 – 30 LUGLIO –

Partecipazione a Genova alla II Regata Nazionale di canottaggio” (cfr. sito internet

“www.rcctevereremo.it”, sezione “storia”). Nessun equipaggio romano compare comunque nell’elenco

degli iscritti alle regate pubblicato dal Caffaro il 30 luglio.

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23

nostra Genova, tutti i privati mettessero fuori le loro bandiere. E‟ cosa

ben di poco momento, per chi lo deve fare, ed è un atto di buona

accoglienza agli Italiani di tutte le provincie che vengono a chiederci

ospitalità e ci portano quattrini in copia. E vi ha di più: che ciò costa

nulla”.25

Riguardo ai partecipanti alla competizione, il cronista si diceva

“… certo che a tutte ed a tutti farà buona accoglienza la nostra

cittadinanza, poiché si tratta di fratelli che, in una solenne occasione,

vengono a darsi amichevole e dignitoso ritrovo in quella Genova che

tante volte fu salutata col nome di regina del mare. Ho detto dignitoso

ritrovo ed infatti quello stesso „Times‟ che, a riguardo delle baldorie,

prese occasione per lanciare all‟Italia il titolo poco edificante di

„carnival-nation‟, parlando della nostra regata nazionale, la encomiò, la

disse degna dei nuovi destini del popolo fra cui ha luogo, ed espresse

unitamente il desiderio che la terza regata italiana possa essere

internazionale. Unisco i miei voti a quelli del foglio della << City>>”.

Il giornale, a salvaguardia del buon nome di Genova, raccomandò

poi ripetutamente l‟intervento delle Autorità: “Sarebbe cosa assai

conveniente, anzi necessaria, che la Capitaneria di Porto stabilisse, per

quei giorni, una tariffa speciale, equa, ragionevole, che riuscisse

soddisfacente tanto ai cittadini, quanto ai barchettaiuoli …”, poichè

“… i cittadini hanno diritto […] a non essere alla mercè dell‟altrui

avidità”. Quanto richiesto a proposito dei barcaioli “… può ugualmente

applicarsi al servizio delle carrozze cittadine. Ognuno rammenta come,

lo scorso anno, pure in occasione della regata, fosse assi difficile, per

non dire impossibile, trovare una carrozza cittadina. Erano tutte in

25 N.d.r.: da “buoni” genovesi... Un altro passo delineava invece il milanese “tipo”: “Un facoltoso

proprietario di Milano, uomo tranquillo, che non ha mai oltrepassato il confine dei suoi possedimenti, è

stato trascinato dalla moglie, per la prima volta, ai bagni di mare, ed ha preso stanza presso di noi. Ecco

come egli trascrisse le sue impressioni, in una lettera diretta al suo architetto: << Ho visto il Mediterraneo, è

bello, è maestoso… ma, d‟altra parte, quanto terreno perduto; quant‟area fabbricabile resa

infruttuosa!...>>”.

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moto, ma per la maggior parte vuote. Gli automedonti non avevano altro

scopo, in tali passeggiate volontarie, che quello di farsi credere

impegnati, per fingere una transazione e pelare il malcapitato che

aveva bisogno del loro servizio. Anche pei cocchieri ci vorrebbe una

tariffa speciale ed una speciale sorveglianza”.

Nell‟edizione del mattino26 del 30 luglio (il giorno solenne), il

Caffaro ricordò ai lettori che “… le gare cominciano dopo le 3

pomeridiane […] La sera, c‟è l‟illuminazione all‟Acquasola, per opera

dell‟immancabile Ottino. I più bei fuochi, non artificiali, saranno gli

occhi scintillanti delle nostre belle visitatrici, che ieri ed oggi rendono

così brillanti i nostri passeggi”.

Per agevolare, al termine della spettacolosa giornata, il rientro

degli spettatori provenienti dalle riviere, la Società Alta Italia organizzò

treni notturni speciali verso La Spezia e Savona. Ancora il Caffaro del

giorno 30: “Il generale Garibaldi, avendo ricevuto invito di assistere

alla Regata nazionale, rispose colla seguente lettera: << ‟Alla Società

ligure di salvamento‟. << Genova. << Grazie per la gentile vostra del 21 e

per il cortese invito alla festa della Regata nazionale, che mi duole non

poter accettare. <<Sarò con voi col cuore e sempre. << ‟Vostro‟ –

G.Garibaldi..>> Caprera, 24,7,76.”. Infine, un richiamo: “Le regate sono

una gran bella e buona cosa, ma rammento ai miei lettori che oggi, dopo

il mezzogiorno, si compie in Genova una gran solennità, in onore di

Goffredo Mameli”. Alla presenza di bande musicali, di rappresentanti

delle associazioni operaie e democratiche nonchè del professore e

poeta Giosuè Carducci, venne infatti scoperta in Via San Lorenzo la

lapide inneggiante al famoso patriota genovese, che ancora oggi

possiamo lì mirare, datata 30 luglio 1876, il dì della seconda grande

Regata Nazionale.

26 Il giornale genovese pubblicava quotidianamente anche un supplemento pomeridiano.

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25

Per quanto atteneva strettamente alla competizione, dal foglio

battezzatosi con il nome di un antico e celebre cronista27 si apprende

che “… la Regata quest‟anno prende tutto quel tratto di mare che

costeggia i Magazzini generali […] I vogatori di una medesima corsa

passano sotto gli occhi degli spettatori due volte, perché i battelli, dopo

aver percorso uno spazio di circa 750 metri, girano attorno alle boe, e

ritornano là ove erano partiti”.

Il costo dei biglietti per i circa 8.000 posti28 sui palchi allestiti

lungo le banchine variavano, a seconda della posizione, da una a

quindici lire; quello per l‟imbarco sui sei piroscafi che delimitavano il

lato mare del campo di regata da tre a dieci lire. Sei i punti di ristoro.

Uno “scelto concerto” sarebbe stato eseguito durante la manifestazione

dalle bande riunite di Sestri Ponente e dell‟ 11° Reggimento di

Fanteria.

Nel supplemento pomeridiano del 30 luglio il Caffaro illustrò

dettagliatamente ai lettori il regolamento di gara.29 Il cronista rese

noto poi che “… appena partono i battelli di ciascuna corsa, i banditori

lo annunziano lungo tutta la linea e annunciano, pure, appena

terminate le corse, il nome dei vincitori”. La comunicazione del risultato

di ciascuna regata sarebbe stata preceduta da squilli di tromba.

Il programma prevedeva gare di sandolini, yole, canotti, gozzi e

lance di varie tipologie; le diverse categorie di concorrenti – marittimi

in rappresentanza dei propri Comuni, studenti, canottieri

27 <<Caffaro, uomo politico e cronista genovese (Caschifellone, od. Castrofino, 1080 circa – Genova

1166). Più volte console, capitano della flotta genovese contro Pisa (1125) e contro i Saraceni a Minorca

e Almeria (1147), compì importanti ambascerie a Roma, in Spagna e presso il Barbarossa (1154 e 1158).

Sin dal 1100 iniziò la stesura degli “Annales Ianuenses”, registrando i fatti avvenuti a Genova ogni anno

(nel 1152 il Comune dispose che fossero custoditi nell‟archivio pubblico). Narratore semplice ma

dignitoso, espose i fatti cui ha partecipato o che conosce con sicurezza. L‟opera fu continuata da altri

dal 1164 al 1293 per volere del Comune. Scrisse anche la “Historia captionis Almariae et Tortuosae” e

una storia della prima crociata, “Liber de liberatione civitatum Orientis”>>. (Tratto da “La Biblioteca del

Sapere”, op. cit.). 28 Cfr. comunicato emesso dalla Società Ligure di Salvamento, allegato n° 7 (Archivio R.S.C. Cerea). 29 Un esemplare di tale regolamento – di cui è stata prodotta copia nell’allegato n° 11 - è conservato

nell’archivio storico della R.S.C. Cerea.

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26

propriamente detti, donne, equipaggi della Marina Militare – si

misurarono separatamente. Erano in palio premi in denaro, tranne

che per gli studenti e i “dilettanti“ (i canottieri), ai quali vennero

invece destinati, oltrechè la rituale bandiera, oggetti di pregio offerti

da autorità, da associazioni e, soprattutto, da gentildonne. Si

apprende, ad esempio, che “… la Società Ligure di Salvamento ricevette

il dono che il re d‟Italia destina a uno dei vincitori della Regata

Nazionale e che il Consiglio ha destinato a primo premio per la gara

delle Lancie da corsa (dilettanti). Questo dono consiste in un orologio a

„remontoir‟ colle cifre reali in brillanti, una bellissima catena con

ciondolo recante egualmente le cifre reali in brillanti da un parte, e

dall‟altra una stella in brillanti. E‟ insomma un „brillantissimo‟ dono.

Meno brillante, ma ugualmente di buon gusto è l‟astuccio coperto di

velluto e colle cifre e la corona reale ripetute sullo stesso […] Un altro

dono venne posto a disposizione della Società di Salvamento da parte

del principe Tommaso30, il quale mandò in regalo un magnifico fucile da

caccia, da designarsi ai vincitori di qualche gara. Lo stesso principe

arriverà quest‟oggi, nelle ore meridiane” (del 30 luglio, n.d.r.). Anche

questo premio fu destinato alla gara delle “lancie da corsa”, segno che

essa rappresentava per gli organizzatori il momento “clou” della

manifestazione. Trattavasi della:

“NONA GARA.

Lancie da corsa a 4 remi con scalmiere, 4 vogatori e timoniere.

(Riservata ai dilettanti italiani).

1.a Lancia. – Cosso Eulogio, Romero Enrico, Vassallo Paolo, Ferro

Agostino, Solari Francesco timoniere. Abbigliamento. – Cappello di

paglia con iscrizione: <<Società Ginnastica Cristoforo Colombo>>. Blouse

bleu alla marinara pantaloni bianchi e stivaletti neri. Bandiera. –

30 Cfr. precedente nota n° 19.

Page 27: CLAUDIO LORETO - La genesi delle due SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI

27

Orifiamma bianca con le lettere S.G.C.C.. L‟equipaggio è della Società

Ginn. C.C. di Genova.31

2.a Lancia. – Bacci Giampaolo (timoniere), Gelli Luigi, Bargelloni

Franc., Anatrella Alfredo, Fastale Michele. Abbigliamento. – Vestito

bianco e nero. Bandiera quadrata stella d‟oro in campo nero.

L‟equipaggio è formato dai dilettanti Livornesi.

3.a Lancia. – Balbis Agostino, De Fernen avv. Agostino, Molgora

Giuseppe, Musy Amedeo, Grosso Giuseppe. Abbigliamento. – Berrettino

bianco e bordo bleu scuro, maglia a righe bianco e bleu e pantaloni di

tela bianca. – Bandiera quadrata portante il Toro bianco in campo

azzurro un po‟ carico. L‟equipaggio è formato dai Canottieri Torinesi

della Società „Cerea‟.

4.a Lancia (Maria Pia). – C. Vilson (timoniere), Ferdinando Brocchi,

Poggi avv. Vincenzo, Stanco Pietro. Abbigliamento: Rosso e bianco –

Bandiera bianca collo stemma della Società al centro. L‟equipaggio è

formato dalla Società dei Canottieri Genovesi.32

„Due Premi‟. – 1° Premio. – Un gonfalone ricamato dono delle

Gentildonne Genovesi più <<un orologio con catena d‟oro e ciondolo>>

dono del Re.

2° Premio. – Una bandiera, dono delle Gentildonne Milanesi più un

<<fucile da caccia>> dono del Duca di Genova”.

Dagli ordini di partenza delle tredici gare in programma (due delle

quali femminili)33 anticipati dal Caffaro, si viene dunque a conoscenza

31 La Società Ginnastica Ligure Cristoforo Colombo nacque nel 1877 dalla fusione di due associazioni

fondate nel decennio precedente: la Società Ginnastica Ligure (1864) e la Società Cristoforo Colombo

(1869, ma già Società Ginnastica Operaia nel 1865). Nel 1877 il numero dei soci ammontava a 1.400, 120

dei quali appartenevano alla “Sezione Canottieri”, dotata di 3 canotti, una canoa, 2 sandolini e un

cutter (Fonte: “Storia Illustrata di Genova”, op. cit., volume 6, pagg. 1425 e 1426). 32 Nel servizio non venne riportato il nominativo del quarto componente dell’equipaggio. Il vogatore “Poggi avv. Vincenzo”, invece, era forse l’ <<Arrigozzo>> di cui alla nota n° 7 ? Ciò spiegherebbe la

citazione della Società Canottieri Genovesi nell’articolo da questi redatto. 33 Oltrechè nei “battelli chiozzotti” di cui alla nota n° 21, le rappresentanti del gentil sesso si cimentarono

nei “gozzi a 6 remi e 4 vogatrici”. Il Caffaro descrisse minuziosamente le divise da gara degli equipaggi

“rosa”; così quella delle rematrici di S. Fruttuoso di Camogli: “ Corsetto bianco con bottoni gialli ed un

Page 28: CLAUDIO LORETO - La genesi delle due SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI

28

dei colori sociali - bianco e rosso - dell‟antica Canottieri Genovesi,34

probabilmente mutuati dalla Croce di San Giorgio, emblema del

capoluogo ligure.35 L‟archivio della Canottieri Cerea fornisce invece

alcune informazioni sull‟ imbarcazione utilizzata dall‟equipaggio

genovese: “... A norma del programma di massima” – aveva colà scritto

la Società di Salvamento nel precedente mese di marzo - “si lascia

ampia libertà ai concorrenti sulla scelta delle dimensioni” (delle lance

da corsa, n.d.r.); allo scopo di indicare comunque un parametro di

riferimento, la Salvamento aveva poi precisato che “... intanto però [...]

trasmettiamo le dimensioni della Lancia a quattro remi fatta costrurre

dal Sig. Brown per la nuova Società dei Canottieri. Lunghezza massima

Metri 10,09. Larghezza massima Metri 1,04. Profondità ossia Altezza

Metri 0,44”. Gli organizzatori della regata avevano altresì informato

che “... il Console Inglese Sig. Brown ci assicura che con 800 lire

italiane si potrebbe avere in Genova una Lancia da corsa, non però

nuova ma in ottimo stato”.36 Le misure dello scafo della “... nuova

Società Canottieri di Genova” erano poi state “girate” dalla Cerea alle

società remiere torinesi Eridano e Armida.37

nastrino rosso al collo. Porteranno un cappellino di paglia a fantasia con nastro nero cascante

all‟indietro e lateralmente ornate di tre piume, una rossa fra due verdi”. 34 Tali colori sociali trovano conferma nella testimonianza riportata nella nota n° 62. 35 L’adozione della cosiddetta “Croce di San Giorgio” (croce rossa su fondo bianco) quale bandiera

della città di Genova risalirebbe all’epoca delle crociate: San Giorgio, il cui culto è molto antico, fu

proclamato protettore della città nel 1099, anno della conquista di Gerusalemme nel corso della prima

crociata, nella quale il contributo di Genova fu decisivo (in seguito il patrono cittadino divenne però San

Giovanni Battista). <<”Arremba San Zorzo!”, era il grido che le ciurme dei Doria, Signori di Genova,

lanciavano quando andavano all‟arrembaggio delle navi avversarie […] Quando andare per mare non

era tanto sicuro e i pirati scorazzavano in lungo e in largo depredando e uccidendo a volontà, gli

equipaggi genovesi si erano resi famosi per la loro audacia al punto da essere temuti dagli stessi pirati; il

loro vessillo era una bandiera bianca con al centro una croce rossa, la croce di San Giorgio, patrono

della città di Genova. La fama dell‟imbattibilità dei legni genovesi si sparse pian piano per tutti i mari

tant‟è che le truppe inglesi (si ricordi che San Giorgio è anche il loro patrono nazionale) pensarono bene

di imitare i genovesi cosicché nei momenti difficili alzavano a loro volta le insegne “di San Giorgio”: pare

che per parecchio tempo il trucco abbia funzionato a dovere e abbia quindi evitato non pochi danni al

naviglio di Sua Maestà>>. (dal sito internet “www.baracchi.com”). Altre fonti riportano che l’Inghilterra, in

cambio del benestare di Genova all’utilizzo del proprio vessillo, si impegnò a pagare un tributo alla città

ligure. 36 Cfr. allegato n° 4. 37 Cfr. allegato n° 5.

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29

Lunedì 31 luglio il Caffaro pubblicò un ampio resoconto delle

regate svoltesi nel pomeriggio del giorno precedente:

“… Cominciata appena la prima gara […] la musica intuonò la marcia

reale, il pubblico rivolse la sua attenzione dal lato opposto e scorse il

principe Tommaso che veniva ad assistere alla regata”. La nave

militare “Maria Adelaide” con i suoi cannoni “… cominciò a far sentire

la sua bella voce: erano i saluti d‟uso diretti al principe di Casa Savoia.

L‟equipaggio, sui pennoni, fece pur esso i suoi convenevoli al duca di

Genova nei modi usuali. Anche la nave da guerra americana „Alaska‟

sparò parecchi colpi di cannone in ossequio al nipote di Vittorio

Emanuele”. Tra le numerose autorità presenti sedevano i ministri

Depretis e Nicotera, “… salutati calorosamente dagli evviva e dai

battimani di mille e poi mille persone”.

Conclusasi la settima gara, “… si vide un corpo enfiato che si

agitava sull‟onda ed i banditori vociarono: „il signor Benvenuto

d‟Alessandro entra in acqua!‟. Il signor d‟Alessandro ha fatto parecchi

esperimenti per dimostrare che poteva stare sull‟acqua senza

affaticarsi, mangiando, bevendo e scrivendo con tutta comodità […]

Il signor d‟Alessandro presentossi al principe ed ai signori ministri che

lo encomiarono per il suo vestito di salvataggio”.

Poco più tardi fu la volta del capitano americano Paul Boyton,

“… l‟uomo dalla fama mondiale che come è noto, passò la Manica a

guado mediante il suo portentoso apparecchio di salvataggio e il suo

coraggio a tutta prova”.38 Cosi ecco “… una bandiera americana che

corre sul mare!” – scrisse il Caffaro – “E‟ il capitano Paolo Boyton che

cammina sull‟onda come un pesce e fa sventolare il vessillo del suo

paese”.

L‟esibizione del singolare statunitense preluse alla nona gara,

quella cioè delle “lancie di corsa a quattro remi con scalmiere”, che

Page 30: CLAUDIO LORETO - La genesi delle due SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI

30

“… riuscì brillantissima. Il primo premio fu vinto dalla Società torinese

„Cerea‟ ed il secondo dalla Società Ginnastica Cristoforo Colombo”. Il

cronista non precisò il piazzamento dell‟equipaggio della Canottieri

Genovesi.

Ampio spazio fu quindi dedicato alla sfida fra equipaggi della Regia

Marina:

“Tredicesima ed ultima gara: è la marineria da guerra, quella che dà

prova di saper maneggiare a dovere il remo; sono cinque canotti neri

come gli squali, colla bandiera italiana di poppa ed una banderuola a

prora, su cui è scritto il nome della nave a cui appartengono. In

ciascuno di questi canotti dodici robusti marinaia alla voga, un

timoniere ed un incitatore.

Al segnale di partenza, i cinque canotti partono veloci come frecce;

un applauso generale saluta i figli di tutte le provincie marittime

italiane, che, sotto l‟assisa del marinaio appartenente al corpo reali

equipaggi, si provano in una sfida incruenta, che afferma la bravura

dei più fortunati ed il valore di tutti.

I premii di questa gara erano tre e furono vinti: il primo39 dal canotto

appartenente alla „Maria Adelaide‟, il secondo da quello appartenente

al „Principe Amedeo‟, ed il terzo da quello dell‟ „Affondatore‟.

Vinta questa gara e consegnati i premii ai vincitori, il principe,

accompagnato alla sua vettura dai ministri e dalle altre autorità,

partì […] La „Maria Adelaide‟, con alcuni colpi di cannone, pare affermi

anche una volta che tutto, in questa valle di lagrime e di regate, finisce,

e perciò le mille barche infino allora tenute a freno dalle gare, invadono

il campo, e la confusione succede all‟ordine. Buona notte!”.

Il successivo 3 agosto la Cerea indirizzò al Presidente della Società

Canottieri Genovesi una lettera di ringraziamento per l‟ospitalità

38 Cfr. comunicato emesso dalla Società Ligure di Salvamento, allegato n° 9 (Archivio R.S.C. Cerea). 39 Il 1° premio consisteva in “… una bandiera, dono delle gentildonne livornesi, più L. 400”.

Page 31: CLAUDIO LORETO - La genesi delle due SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI

31

dimostrata nei confronti dei vogatori del circolo torinese. Di seguito si

riporta quanto è stato possibile decifrare della missiva, ormai assai

sbiadita e purtroppo anche lacerata nella parte conclusiva:40

“Onorevole Signore

La nostra società convocata in straordinaria adunanza, ebbe

relazione dai Soci componenti la quadriglia che prese parte alla Regata

Nazionale, della festosa cordialissima accoglienza avuta e delle

squisite gentilezze di cui furono colmati durante il loro soggiorno in

Genova dalla Società da V.S. degnamente presieduta.

La Società nostra, compresa [..?..] i gentili Canottieri Genovesi e

delibera di esprimere loro le più sentite grazie.

Lieto primo adempio al gradito incarico di partecipare alla S.V. questa

tale; e sappia che mai non verrà meno in noi tutti il ricordo delle

dimostrazioni di cui i Canottieri Genovesi ci furono larghi e che ci

auguriamo di poter un giorno contraccambiare […] Giuseppe Grosso”.

Ulteriori notizie sulla Società Canottieri Genovesi

Sul banco dei “testimoni” torna a sedere Giorgio Olivero41, il quale

informa che la Società Canottieri Genovesi “... nel 1881 sul

galleggiante ha avuto ospiti i Reali di Romania”,42 e che “… nel 1883

essa era composta di 93 soci promotori, 97 soci effettivi e 2 soci onorari:

il marchese Edoardo Di Villanova43 e il signor Vittorio Vecchi, detto

<<Jack la Bolina>> ”.44

40 Cfr. allegato n° 14. Il documento è stato fornito dalla R.S.C. Cerea. 41 Resta però ignota la sua fonte informativa. 42 Successivamente all’incoronazione (1881), Carol I e la sua consorte visitarono l’Italia. 43 Edoardo Scarampi di Villanova fu il primo presidente del Rowing Club Italiano (cfr. nota n° 2). 44 Augusto Vittorio Vecchi nacque a Marsiglia nel 1842 dall’ascolano in esilio Candido Augusto Vecchi,

patriota, garibaldino e parlamentare dopo l’Unità d’Italia. Vittorio Vecchi “… entra nel 1856 nella Scuola

di Marina di Genova e dopo aver preso tra l‟altro parte alla battaglia di Lissa a bordo della fregata

Principe Umberto lascia la Marina Militare nel 1872 con il grado di luogotenente di vascello. Nel 1879 è

tra i fondatori del Regio Yacht Club Italiano, il più antico circolo velico del Mediterraneo, del quale

riveste per primo la carica di presidente. Si dedica a tempo pieno all‟attività di scrittore con lo

pseudonimo di „Jack la Bolina‟, divenendo presto il simbolo stesso della letteratura marinaresca

Page 32: CLAUDIO LORETO - La genesi delle due SOCIETA’ CANOTTIERI GENOVESI

32

Un documento datato 2 dicembre 1891 attesta infine l‟affiliazione

al Rowing Club Italiano del circolo bianco-rosso.45

Le Regate “Colombiane”

Nel 1892 la città di Genova, per celebrare solennemente il quarto

centenario della scoperta del continente americano ad opera del suo

figlio più illustre, Cristoforo Colombo, ospitò la grandiosa „Esposizione

italo-americana‟.

La kermesse annoverò, tra l‟altro, molti eventi sportivi, per la

maggior parte promossi dalla Società Ginnastica Ligure Cristoforo

Colombo; dal canto suo il Rowing Club Genovese, fondato appena due

anni prima con il consueto concorso di alcuni cittadini britannici, si

mise in ottima luce organizzando, per il tramite della Sezione Ligure

del Reale Rowing Club Italiano,46 una manifestazione remiera

internazionale.

Essa si articolò in tre consecutivi pomeriggi di regate,

precisamente da domenica 14 a martedì 16 agosto,47 e registrò la

partecipazione di 107 equipaggi, per un numero complessivo di 425

atleti.48

nazionale nel suo significato più ampio: dagli scritti storici con cui si rivolge agli studiosi, agli interventi di

carattere più immediato con cui partecipa attivamente sulla stampa quotidiana e periodica, alla

narrativa a sfondo marittimo con cui invita al mare e alla sua vita i giovani delle scuole”. Il 2 giugno 1897,

grazie al suo impulso, venne ufficialmente costituito a La Spezia il Comitato Centrale della Lega Navale

Italiana. Ebbe dal Ministero della Marina “… la grande medaglia d‟oro di benemerenza per il suo

altissimo e prezioso contributo alle scienze navali […] La Lega Navale, in segno di gratitudine per l‟opera

prestata, gli fece dono di una villetta nei pressi di Forte dei Marmi, ove serenamente si spense a

novant‟anni” (dal sito internet “www.jacklabolina.it”). 45 Cfr. allegato n° 16. Trattasi di un prezioso documento fatto pervenire alla Canottieri Elpis alcuni anni or

sono dal Dr. Giorgio Olivero. 46 La sezione aveva sede a Genova in Via S. Sebastiano n° 15; essa, su incarico del Municipio, organizzò

quell’anno anche una serie di “Regate Popolari” (riservate, cioè, a imbarcazioni a remi private) che

ebbero svolgimento in porto nel tardo pomeriggio del 12 settembre. 47 Negli stessi giorni, presso la “Sala Sivori”, si svolse a Genova un evento che avrebbe profondamente

segnato le future vicende politiche del Paese: la fondazione del Partito del Lavoratori, poi Partito

Socialista Italiano.

48 Fonte: “Storia Illustrata di Genova”, op. cit., volume 5, pag. 1146.

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33

Il quotidiano genovese “Il Secolo XIX” del 14-15 agosto così

presentò la manifestazione ai propri lettori:49 “Le feste sportive, diremo

così, si accavallano nella nostra Genova e le danno un aspetto così

animato, per l‟arrivo di tanti baldi giovani, da far scambiare le vie

principali della città, per la vita briosa che le anima, ai „boulevards‟

parigini. Le uniformi de‟ canottieri e de‟ ginnasti italiani e forestieri, tutti

i dialetti e le lingue si frammischiano e danno a quel via vai di persone

un non so che di vario, di babelico, che alletta ed invita a partecipare

alle feste odierne anche i più affetti da cronica musoneria”.

L‟articolista passò quindi ad elencare le società remiere nazionali

iscrittesi alle regate, ed esaltò la partecipazione di uno “skiffista”50

proveniente dalla “… sorella italiana disgiunta, la bella e forte Trieste

[…] Certo al campione triestino […] farà festose accoglienze il pubblico

genovese il quale, italianamente pensando, Trieste ricorda sempre

anche se… non ne parla mai”. Nel servizio venne annunciata anche

l‟adesione di tre società estere, una belga e due francesi, e da ultimo

si precisò: “Delle nostre società genovesi oltre al benemerito Rowing

Club – che organizzò le gare – che è presieduto dall‟egregio marchese

G.M. Cambiaso e dal marchese Cesare Imperiali, partecipa alle regate

anche la potente Società dei „Canottieri genovesi‟ che presiede il

signor Pietro Croce”.

L‟evento era stimato dal giornale di una rilevanza sportiva tale che

“… noi siamo certi che oggi alle quattro la Genova elegante, la Genova

delle grandi occasioni sarà tutta quanta ne‟ palchi eleganti e comodi

che il R. Rowing Club, con ottimo pensiero fece costrurre sulla calata

che sta fra i ponti A. Doria e C.Colombo e lungo i ponti stessi”.51 Il

prezzo dei biglietti per potere godere dello spettacolo, dai palchi di

vario ordine o dai piroscafi, oscillava da una a cinque lire; era stato

49 I servizi dedicati da “Il Secolo XIX” alle Regate Colombiane sono riprodotti negli allegati nn. 17a 17c. 50 Da “skiff”, scafo da competizione ad un vogatore.

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34

predisposto un sistema di scommesse (“… i totalizzatori fecero discreti

affari”), mentre ad allietare l‟atmosfera avrebbero provveduto,

alternandosi, le bande del Municipio e della Regia Marina.

Il programma era piuttosto nutrito: oltrechè a competizioni di

contorno tra lance della Regia Marina o della Società Ligure di

Salvamento, si sarebbe assistito a molte avvincenti sfide sia su jole da

mare che su scafi “outrigger”.52 Tra questi ultimi, l‟ “otto”: “Questa

gara” – sottolineò il giornalista – “è la prima volta che si corre in Italia

ed è la stessa famosa che ogni anno si disputano in Inghilterra i forti

campioni del remo delle Università di Cambridge ed Oxford. Anzi, se

non erriamo, uno dei rematori dell‟ „outrigger‟ genovese „S.Giorgio‟

[nome dello scafo del Rowing Club Genovese, n.d.r.] il sig.

H. Passadoro prese parte alla regata universitaria inglese”.

Poi, a chiusura dell‟articolo, due comunicazioni di servizio: “La

Direzione della Società „Canottieri Genovesi‟ avvisa i soci che l‟accesso

al Galleggiante Sociale avrà luogo dalla porta che da accesso ai palchi

del R.R.C.I. posta sul Ponte Cristoforo Colombo”. E infine: “I soci del

Rowing Club genovese ed i Canottieri Genovesi potranno trovare dal

cappellaio De Mata, i berretti che sono speciali alla divisa da loro

adottata”.

Il Secolo XIX del 15-16 agosto aprì così il resoconto delle gare

svoltesi nel pomeriggio precedente (domenica):

“Né le regate famose universitarie inglesi, né quelle brillanti di

Asnières in Francia, né le ordinatissime berlinesi che si fanno

sull‟Ilavel possono vantare un campo di regata pittoresco come quello

della nostra Genova.

Dai ponti Andrea Doria e Cristoforo Colombo, fino al molo Lacedio il

mare più bello che siavi in Europa il Mediterraneo immenso con quella

51 La linea del traguardo correva tra questi due pontili. 52 Cfr. nota n° 23.

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35

bellezza di promontorio ch‟è il monte di Portofino, da un lato, per

chiusa.

Dietro i monti brulli, grandiosi nella loro nudità, della nostra

superba, di fianco la città, e quella infinita schiera di navi imbandierate

all‟ancora nel porto…”.

Il cronista passò quindi ad elencare i “vip” presenti: il prefetto,

ammiragli, marchesi, conti, baroni, ecc. Nella lunga lista delle dame

ospitate sul palco centrale, “… tutte eleganti e graziose”, compare una

certa Ida “Brown”, mentre in quella dei componenti della giuria si

legge il nome “Brown Federico”: trattavasi, con ogni probabilità, di

uno dei due fondatori della Società Canottieri Genovesi citati nel

primo Annuario dello Yacht Club Italiano.

Scorrendo i risultati delle gare, ci si soffermerà qui sulla terza

regata, denominata “dell‟Esposizione”, poiché il primo premio (un

oggetto d‟arte) era offerto dal Comitato Esecutivo dell‟Esposizione. La

gara – canoe a quattro vogatori di punta e timoniere, su un percorso

di 2.000 metri con giro di boa – vide al via sei dei nove armi iscritti.

Essa fu vinta dall‟imbarcazione “Ginevra” della Società Canottieri

Cerea, che regolò, nell‟ordine, la “Torino” (Canottieri Armida), la

“Nina” (Canottieri Genovesi), la “Eclaireur” (Club Nautique de Gand,

Belgio) e la “Frisa” (di club non precisato);53 la “Nonchalante” (della

francese Aviron Toulousain), “… che aveva eseguito una splendida

partenza e sulla quale molte erano le scommesse a duecento metri da

traguardo virò di bordo e si fermò, rinunziando alla gara”. I genovesi

vennero premiati con diploma e medaglia di bronzo.

Il resoconto della prima giornata di gare si chiuse con la notizia

che “… durante le regate, in causa della rottura di alcuni pali di

53 Cfr. l’ordine di arrivo riportato da “Il Secolo XIX” del 15-16 agosto (allegato n° 17b) e la successiva

rettifica dello stesso segnalata nell’edizione del 17-18 agosto (allegato n° 17c).

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36

sostegno, rovinò lo scalone del galleggiante, travolgendo seco

nell‟acqua le persone che su di esso si trovavano. Il signor Romanengo,

num. 2 dell‟outrigger ad otto remi dei Canottieri genovesi, che giungeva

in quel mentre alla gara Canoe num. 4, venne colpito dallo scalone e

travolto in mare. In causa della violenza del colpo egli svenne e dovette

perciò essere sostituto da altro canottiere fuori d‟esercizio”. Sembra,

dunque, che l‟ “otto” del circolo biancorosso abbia preso parte alla

sesta gara, detta delle “Patronesse” in ragione del primo premio in

palio (una “… gran coppa artistica d‟argento offerta dalle gentildonne

genovesi”); poiché relativamente alla regata degli “otto” - che si sa che

impegnò quattro armi italiani - il cronista citò poi solo le prime tre

imbarcazioni classificate (nell‟ordine, “Tenax” della Cerea, “Piemonte”

della Caprera e “S.Giorgio” del Rowing Club Genovese), si deduce che

quarto ed ultimo a concludere i 2.000 in linea fu proprio l‟equipaggio

della Canottieri Genovesi. L‟ ipotesi troverebbe fondamento nell‟ordine

d‟arrivo di una seconda regata degli “otto”, svoltasi nel successivo

pomeriggio di competizioni: << ”Gara Reale” (internazionale) per

“outriggers” a 8 vogatori di punta e timoniere. Primo premio – oggetto

d‟arte – dono di S.M. il Re – gonfalone, diploma e medaglie d‟oro

all‟equipaggio. Questa gara desta un grande interesse; corrono tutte le

cinque imbarcazioni iscritte. Arriva primo: “Languedoc” dell‟Aviron

Toulosain di Toulouse […]; secondo “Piemonte” dei canottieri Caprera di

Torino […]; terzo “Tenax” dei canottieri Cerea di Torino […]. Seguono

“S.Giorgio” del Rowing Club genovese e “Beppe” dei canottieri

genovesi>>.

Poco dopo la società bianco-rossa riscattò l‟onta patita nella gara

dell‟ “otto” con la conquista di un nuovo bronzo nelle canoe a quattro

vogatori, “… Gara di Commercio”, questa volta riservata a società

italiane; corsero cinque delle nove imbarcazioni iscritte: giunse prima

al traguardo l‟imbarcazione “Coscritti” della Cerea, seconda la “Labor”

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37

della stessa società e terza, appunto, la “Nina” dei Canottieri

Genovesi.

Questo il commento del cronista sulla seconda giornata della

“festa del mare”: “… Non descriverò la suprema attraenza, l‟incantevole

colpo d‟occhio che presentava lo specchio d‟acqua destinato a campo

di regata. Era una festa di colori e di luce, uno sventolare di bandiere,

di gonfaloni, di orifiamme, un muoversi di imbarcazioni, un andirivieni

di spettatori, accorsi a godere il sempre nuovo spettacolo”.

Infine, “… anche la terza giornata di regate al pari delle due altre

antecedenti è riuscita splendida e benissimo ordinata ed il pubblico,

sempre numeroso, mostrò di prendere, dal principio alla fine, interesse

vivissimo al risultato delle gare che si mantennero sempre

animatissime”. Nessun armo della Canottieri Genovesi venne citato

nel servizio dedicato alla giornata conclusiva; ma il giornale aveva

spesso dato conto soltanto dei primi tre classificati, trascurando i

rimanenti concorrenti, e pertanto non è da escludere che altri

equipaggi biancorossi, oltre a quelli di cui si è in precedenza detto,

abbiano preso parte alla esaltante manifestazione.

Lo scioglimento della Società Canottieri Genovesi

E‟ ancora una volta lo Yacht Club Italiano a fornire informazioni.

Nel 1881 il circolo velico “… organizza una regata „Genova-Portofino‟ e

ritorno e festose accoglienze per gli ospiti stranieri che si concludono

con un banchetto nell‟elegante salone della Concordia e la premiazione

nella sede galleggiante della Società Canottieri Genovesi. E‟ la stessa

sede che il R.Y.C.I. acquisterà nel gennaio del 1899”.54 Ancora: “1899,

28 gennaio – Il R.Y.C.I. provvede all‟acquisto del galleggiante della

54 Da “Yacht Club Italiano 1879-1979”, op. cit., pag. 24.

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38

<< Società dei Canottieri Genovesi>> onde poter avere una sede a mare,

necessaria specialmente in occasione delle regate”.55

Tali notizie sull‟acquisizione del galleggiante non possono però

essere considerate esatte.

Alcuni atti notarili rinvenuti di recente in un angolo recondito della

rimessa della Canottieri Elpis, all‟ interno di una vecchia scatola di cui

si era persa memoria, disvelano infatti particolari decisivi ai fini della

presente indagine. Grazie ad essi si apprende che la Società Canottieri

Genovesi cessò di esistere il 28 giugno 1897: quel giorno, di fronte

all‟Assemblea Generale dei Soci (presenti, fra gli altri, i due fratelli

Brown), il presidente cav. Andrea Giuseppe Croce comunicò che “… è

dolente doverle proporre lo scioglimento della Società ma che la

direzione ritenuto lo stato finanziario della Società stessa e la

impossibilità di raggiungere lo scopo sociale ha creduto suo dovere

domandare all‟Assemblea il suo voto al riguardo”. Quindi, “… dopo

animata discussione e spiegazioni date dal Presidente all‟assemblea”

– conclude il verbale relativo a quell‟ultimo, triste consesso – “questa

approva a voti unanimi lo scioglimento della Società; Liquidatori;

l‟assemblea ad unanimità nomina liquidatori i Sigg. Croce Francesco fu

Andrea, Brocchi Ferdinando e Federico Brown con pieni poteri, ai quali

Sigg. liquidatori la direzione rimette il suo mandato”.56

Federico Brown57 ebbe così l‟amarissimo compito di smantellare la

propria opera. La Società in quel momento contava 121 soci, dei quali

78 promotori e 43 effettivi; tra loro marchesi, conti, membri delle più

illustri famiglie genovesi, e vari stranieri.

Il cespite più rilevante – la sede galleggiante iscritta “… nel registro

speciale magazzeni galleggianti della Capitaneria del Porto di Genova

55 Da “Yacht Club Italiano, Annuario 2004”, sezione “cronistoria”, pag. 174. 56 Cfr. allegato n° 18.

57 “Federico Brown fu Timoteo, commerciante, nato a Monaco Baviera/domiciliato in Genova…” (cfr.

allegato n° 18).

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39

N° 9 uso per deposito imbarcazioni, di tonnellate centosettantasette e

centesimi quarantotto…” – trovò sistemazione il 17 maggio 1899

nell‟atto di compravendita stipulato a Genova presso lo studio del

notaio Paolo Cassanello58. Ma l‟acquirente non fu affatto – almeno

formalmente – il Regio Yacht Club Italiano, bensì un gruppo di

ventiquattro persone rappresentate dall‟avv. Damaso Camere (ex

dirigente con funzioni di segretario della Società Canottieri Genovesi),

il quale per loro conto sborsò la somma di lire millecinquecento.

Senza alcun dubbio fra i compratori figuravano diversi membri insigni

del circolo velico;59 almeno nove erano però gli ex soci della Canottieri

Genovesi (tra questi l‟ex presidente Croce, il console Brown,

Francesco Croce e Ferdinando Brocchi nelle duplici vesti di liquidatori

ed acquirenti allo stesso tempo, nonché Francesco “Gin” Rolla, del

quale si farà cenno più avanti). Inoltre il galleggiante venne destinato

a sede non dello Yacht-Club Italiano, bensì di una nuova realtà

associativa, il “Club Nautico Genovese”, presieduto dal marchese ing.

Ippolito Cattaneo.60

Nel documento notarile fu precisato che “… rimane però inteso e

convenuto che è riservato ai Sigg. stralciari loro eventuali compratori e

aventi causa il diritto di tenere ancora in deposito gratuito sul

galleggiante, per un termine non superiore a mesi sei, i seguenti oggetti

che attualmente si trovano; a) A Nervi: Imbarcazione “Nizza” a 8 remi =

Outriggers a 4 remi Frida e Perla altro outriggers a 6 remi. b) Al

galleggiante: Imbarcazioni Alice, Elisabetta, Eridano, Savoia, Beppe,

Cerca, Roma, Nina, 28 remi buoni, cento remi diversi. Due tavoli in

58 Cfr. allegato n° 18. 59 In seno al R.Y.C.I. il marchese Paolo Pallavicino ricoprì, nell’ordine, le cariche di Vice Presidente,

Segretario Generale e infine Presidente; Ettore Bocciardo e il conte senatore Roberto Biscaretti di Ruffia

quella di Segretario Generale (il secondo, tra l’altro, fu Presidente del Reale Rowing Club Italiano dal

1900 al 1904 nonché uno dei firmatari dell’atto costitutivo della società automobilistica FIAT). Il senatore

Gerolamo Rossi fu tra i fondatori del club velico; Francesco “Gin” Rolla ne fu socio di spicco.

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ferro, dodici sedie in ferro, due lampade, un bilico, un cannone, una

pompa e la barca Pegulea e tutto ciò che era di spettanza della cessata

Società Canottieri Genovesi escluse catene ed ancore d‟ormeggio del

galleggiante che sono comprese nella vendita come accessori del

galleggiante stesso”. Cosa ne fu poi di tale materiale non è dato

sapere.

Il “mito”

Alla luce di quanto precede, appare dunque priva di fondamento la

notizia riportata in una delle opere di Luciana Frassati Gawronska61,

secondo cui “… presso la Darsena si stabilì la Società dei Canottieri

Genovesi, passata nel 1904 all‟Elpis che, grazie alle imprese di

Francesco Rolla-Rosazza (1867-1929), potè cogliere una lunga serie di

allori”.62 La Canottieri Genovesi, come si è visto, aveva cessato di

60 Allo stato attuale della ricerca non è dato sapere se l’attività del nuovo sodalizio fu funzionale a quella

del R.Y.C.I. Certamente il Club Nautico Genovese costituì una realtà giuridica a sé stante, e come tale

– lo si vedrà in seguito – dispose dei propri beni sociali. 61 Sulla figura dell’autrice si veda il “Giornale di Brescia” del 18 agosto 2002: “BIELLA - Un secolo da

testimone e da protagonista, quello di Luciana Frassati Gawronska, che oggi compie 100 anni e viene

festeggiata nella sua casa di Pollone, vicino Biella, dai sei figli, fra i quali il giornalista e parlamentare Jas

Gawronsky. Figlia di Alfredo Frassati - che nel 1895 fondò il quotidiano «La Stampa» e che fu senatore del

Regno -, sorella minore di Piergiorgio, beatificato da Giovanni Paolo II, sposò Jan Gawronskj, ultimo

ambasciatore polacco in Austria prima dell‟Anschluss, viaggiando per tutta l‟Europa. Scrittrice e

poetessa, biografa del fratello, è stata autrice di «Il destino passa per Varsavia», considerato da Renzo

De Felice un‟importante testimonianza per capire la crisi prebellica. Luciana Frassati ha conosciuto

l‟Europa sull‟orlo del baratro e l‟ha attraversata, a contatto con i grandi dell‟epoca e con le cospirazioni

antinaziste. Amica di Alma Mahler, di Chaplin, di Dolfuss, di von Papen, Ciano, Grandi, Giolitti e del

Duce, ha fatto parte dell‟establishment anteguerra, il che le ha permesso di potersi muovere

liberamente tra l‟Italia e la Polonia, svolgendo attività in favore del governo di quel paese, che nel 1993

la decorò con la Stella dell‟Ordine al merito della Repubblica. Attiva nell‟opera di sensibilizzazione per la

causa di beatificazione del fratello Piergiorgio, per il suo compleanno la signora Luciana ha ricevuto

questo messaggio dal Presidente della Repubblica Ciampi: «Insieme a mia moglie Franca, mi unisco alla

gioia di quanti partecipano alla festa per i suoi splendidi cento anni. Sono particolarmente lieto di

comunicarLe che Le ho conferito l‟onorificenza di Grande Ufficiale dell‟Ordine al Merito della

Repubblica Italiana. Con un augurio e un saluto affettuosi». Anche Giovanni Paolo II nei giorni scorsi le

ha inviato un messaggio augurale”. 62 Dalla pag. 20 del volume “Genova come era, 1870-1915”, di Luciana Frassati Gawronska, Editrice

Impremiere Centrale, 1.a edizione, Losanna 1960, prefazione di Eugenio Montale. Andata esaurita,

l’opera è stata riproposta dalla Cassa di Risparmio di Genova e Imperia nel 1987; in essa non è riportata

la bibliografia, che avrebbe forse consentito di risalire alla fonte della inverosimile notizia sulla fusione

(sono invece esatte le date di nascita e di morte del Rolla-Rosazza; nel volume è riprodotta poi una

immagine della sede galleggiante della Canottieri Elpis).

La punteggiatura della frase in esame, peraltro, è fuorviante, poiché induce a credere il Rolla-Rosazza

un atleta dell’Elpis. In realtà questi aveva con ogni probabilità già cessato di praticare la voga allorché

l’Elpis venne costituita nel 1902; in ogni caso, egli in gioventù militò certamente nella Canottieri

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esistere nel 1897, e comunque nei verbali delle sedute tenute dal

Consiglio Direttivo dell‟ Elpis nel 1904 (o negli anni immediatamente

antecedenti o successivi) non v‟è traccia alcuna dell‟operazione di

incorporazione citata dalla Trassati: se essa fosse realmente avvenuta,

negli atti del circolo bianco-celeste (fondato nel 1902) non si sarebbe

certamente mancato di fare parola di questo importantissimo risvolto

storico.

Né può trovare credito l‟ulteriore notizia riferita dall‟Olivero,

secondo cui la Società Canottieri Genovesi aggiunse il termine “Elpis”

alla propria denominazione su suggerimento del poeta Gabriele

D‟Annunzio, in occasione dell‟ inaugurazione a Quarto (nel 1915!) del

monumento ai “Mille”.63

Tali congetture costituiscono comunque l‟occasione per avviare il

discorso sulla seconda - ed invero del tutto nuova – “Società

Canottieri Genovesi”.

Il “guidone” disegnato da Francesco “Gin” Rolla-Rosazza (cfr. nota n° 62)

Genovesi, come ha confermato telefonicamente un suo nipote diretto, il Sig. Gianfranco Pellerano

(quest’ultimo, tra l’altro, ricorda bianco-rossi i colori della tenuta da vogatore indossata dal nonno in

una foto andata poi perduta). Dal Pellerano si apprende che Francesco Rolla-Rosazza, detto “Gin”,

apparteneva ad una famiglia tra le più in vista di Genova. Viveva a Villa Rosazza, antica ed elegante

residenza con annesso uno splendido parco, a poca distanza dal Molo Cristoforo Colombo a cui

presumibilmente era ancorata la sede galleggiante della Società Canottieri Genovesi (alla fine della II

Guerra Mondiale la tenuta venne acquisita dal Comune; dopo aver costituito sede di partiti politici e di

una scuola elementare, è stata da ultimo destinata alla “Fondazione Casa America”, che lì svolge

tutt’oggi le proprie attività istituzionali). A cavallo dei due secoli, e nell’arco davvero di pochi anni, la

moglie Matilde Ferro donò a “Gin” ben cinque figlie, ma non l’erede maschio tanto desiderato. Egli

spesso portava le più vivaci di loro con sé a caccia, un’altra delle sue grandi passioni; “Gin”, oltrechè un

valente vogatore della società fondata dai Brown, fu anche un esperto velista: possedette il “Mati”, un

sei metri “stazza internazionale” (progettato e costruito dal cantiere Baglietto), con il quale nel 1927

partecipò alla “Coppa d’Oro” svoltasi nella Oyster Bay di New York, sventolando il “guidone” sopra

riprodotto e da egli stesso disegnato. (Per il “Mati”, si veda il sito internet “www.pelleranoyachts.it” e il

volume “Yacht Club Italiano 1879-1979”, op. cit., pag. 62).

63 Il 5 maggio 1915, a Quarto, Gabriele D’Annunzio pronunciò un veemente discorso a favore

dell’intervento dell’Italia nel primo conflitto mondiale.

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PARTE II

LA

SOCIETA‟ CANOTTIERI GENOVESI “ELPIS”

Il “galleggiante” sede di ambedue le società di “Canottieri Genovesi”

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La nascita della Società Canottieri Genovesi “Elpis”

Presso l‟Elpis la documentazione sociale relativa ai primi anni

del ‟900 è, purtroppo, alquanto scarna; essa, per di più, è stata in

parte resa illeggibile dal tempo e spesso dà notizia di fatti e iniziative

dei cui sviluppi o esiti non viene successivamente fatta alcuna

menzione, rendendo così non agevole la ricostruzione delle vicende

sociali dell‟epoca.

Non è fin qui stato recuperato, ad esempio, l‟atto costitutivo della

società: ciò preclude la possibilità di conoscere le ragioni - qualora

esplicitate in tale documento - che indussero i soggetti fondatori a

mutuare il nome di un altro sodalizio remiero discioltosi alcuni anni

prima. In siffatta incertezza, nasce spontanea l‟ipotesi che alcuni

membri della cessata Società Canottieri Genovesi,64 non rassegnatisi,

abbiano voluto “rifondare” quel club, aggiungendo alla sua

denominazione originaria – quale buon auspicio - il termine “elpís”

(trascrizione italiana della parola greca antica “έίs”, che significa

“speranza”); una simile possibilità è però poco plausibile, poiché nella

documentazione sociale esaminata65 non viene mai fatto riferimento

ad alcuna società progenitrice.

64 Tra tali ipotetici soggetti sicuramente non i nominativi menzionati nell’allegato n° 18, i quali infatti non

figurano nell’elenco dei fondatori dell’Elpis di cui al successivo allegato n° 19. 65 Essa copre l’arco temporale ottobre 1902 - maggio 1909.

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L‟Elpis fu fondata il 4 settembre 190266 da un gruppo di

3167 persone di estrazione sociale borghese; suo primo presidente fu il

dottor Giovanni Battista Bavestrello.68

I primi anni della società furono caratterizzati dalla ricerca di una

sede propria e, soprattutto, dalla limitata disponibilità di risorse;

all‟avvio il numero dei soci era in effetti esiguo e per di più la

riscossione delle loro quote si rivelò subito difficoltosa: nel verbale

relativo alla riunione inaugurale del primo Consiglio Direttivo

dell‟associazione, tenutasi il 14 ottobre 1902, si legge già che, data la

“… poca frequenza dei Soci nei locali, resterebbe quindi molto difficile

l‟esazione delle quote sociali”, ed “… è quindi di somma importanza ed

indifferibile esigere dette quote presso il domicilio dei singoli Soci”,

incaricando all‟uopo il socio Romolo Casapietra, dichiaratosi

disponibile all‟assolvimento del compito. I locali ai quali si fa cenno

nel verbale erano quelli del Circolo Nautico “Foce”, presso il quale la

neocostituita Elpis aveva trovato provvisoriamente gentile ospitalità.69

La necessità di allargare rapidamente la base societaria indusse

ben presto i dirigenti dell‟Elpis a non disdegnare le occasioni di

fusione con altri sodalizi. Già nella seduta del 12 gennaio 1903 il

Consiglio Direttivo discusse la proposta di accorpamento avanzata

66 Cfr. l’allegato n° 28 nonchè l’articolo 1 dello statuto dell’Elpis. Secondo una notizia che non trova

conferma negli atti disponibili, promotore della costituzione della società fu Emilio G. Deleve, il quale

ricoprì poi per primo, dal 14 ottobre 1902 al novembre 1903, la carica di Consigliere con funzioni di

Segretario del Consiglio Direttivo. 67 Nell’elenco dei soci fondatori figurano in realtà trentadue nominativi; su uno di essi fu però tracciata

una riga blu, quasi certamente a titolo di cancellazione (cfr. allegato n° 19). 68 Secondo un’altra notizia che pure non trova riscontro negli atti recuperati, il primo presidente dell’Elpis

fu eletto in data 8 ottobre 1902. 69 L’Elpis usufruì degli ambienti della Società Foce fino al dicembre 1903 (cfr. allegato n° 25). Nella

seduta del precedente 30 marzo il Consiglio Direttivo aveva peraltro dibattuto l’opportunità di

sospendere l’istruzione della pratica per la concessione di un tratto di arenile a S.Pietro della Foce, su cui

erigere poi uno “chalet” sociale, in quanto erano state nel frattempo avviate trattative per un locale in

comune con la Società “Rari Nantes”; tali trattative sicuramente non andarono a buon fine, poiché

nella seduta del 15 maggio si tornò a discutere della concessione, mentre in quella del 9 luglio venne

invece annunciata “… la deliberazione presa dalla Presidenza per l‟affitto di parte di un magazzino alla

Foce da certo Giacomo Bottaro, a lire venticinque mensili per la custodia delle imbarcazioni, deposito

materiale e spogliatoi”, approvata all’unanimità dal Consiglio. Il 20 luglio fu comunque inoltrata al

Consorzio del Porto una istanza per la “… concessione di un tratto di calata in porto […] onde erigervi un

chalet (10x12) ad uso magazeno delle imbarcazioni sociali” (cfr. allegato n° 23).

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all‟Elpis da un costituendo club locale di canottaggio non meglio

specificato, “... tra i cui Soci c‟è un certo Barone De Riscky”; al riguardo,

il Consiglio deliberò sia la costituzione di una commissione mista

incaricata di studiare la fattibilità dell‟operazione, sia il rinvio al mese

successivo dell‟ imminente Assemblea dei Soci, a cui sarebbe spettata

l‟approvazione della eventuale fusione. Nei libri sociali ancora

esistenti non v‟è però traccia dell‟esito ultimo di tale proposta.70 Si sa

soltanto che nel marzo successivo l‟ “ammittendo” socio “… Sig. De

Ryscky presenta la relazione di una visita da lui fatta in compagnia di

diversi Soci, ad una barca messa in vendita dal Rowing Club

Genovese”.71 E che allo stesso De Ryscky, unitamente a due dirigenti,

il Consiglio Direttivo affidò “… l‟incarico di trattare colla Capitaneria di

Porto per la concessione di una parte di spiaggia alla Foce”.72 Trattavasi

del Barone De Riscky di cui prima? Se sì, la sua adesione all‟Elpis fu

frutto di una individuale decisione oppure dell‟avvenuto inglobamento

del suo club di origine?73

E‟ invece certo che in quello stesso marzo fu avviata

l‟incorporazione della giovanissima società di nuoto e di salvamento

“Mare Nostrum”74 e che conseguentemente il successivo 15 maggio il

consigliere-segretario Emilio G. Deleve suggerì al Consiglio di istituire

due direttori tecnici (uno per il canottaggio e uno per la neocostituita

sezione nuoto), nonché di modificare la denominazione sociale.

“Il Presidente nel mentre si trova pienamente d‟accordo col Deleve”

– recita il verbale relativo a quella seduta – “… è d‟avviso che il nome

70 La 2.a Assemblea Generale Ordinaria dei Soci si svolse alle ore 20,30 di giovedì 26 febbraio ed

approvò, tra l’altro, il Regolamento Sociale; nel suo ordine del giorno non figurò però la discussione sulla

fusione in discorso, con ogni probabilità già giudicata inattuabile dall’apposita commissione.

71 Non si hanno informazioni sulla consistenza del parco imbarcazioni in dotazione all’Elpis nella sua fase

di avvio; nei primi anni di attività, in ragione delle scarse disponibilità finanziarie, la Società tese peraltro

ad acquistare quasi esclusivamente imbarcazioni di seconda mano. 72 Incarico poi momentaneamente sospeso; cfr. nota n° 69. 73 La seconda eventualità è poco plausibile; cfr. nota n° 70.

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48

della Società dovrebbe modificarsi in << Elpis – Società Voga e Nuoto –

Genova>> ”. La discussione in proposito venne però rinviata ad una

successiva riunione del Consiglio, per non essere poi in realtà più

affrontata. In quella stessa seduta fu anche resa nota la formazione di

una orchestrina interna, dotata di apposito regolamento, e venne

proposto di costituire tra gli affiliati una scuola di ballo al fine di

incrementare il fondo sociale.

Nella precedente riunione del 30 aprile il Consiglio aveva intanto

reputato opportuno proporre all‟Assemblea Generale dei Soci

l‟emissione “… di un numero illimitato di Azioni da Lire Cinque

cadauna, rimborsabili parzialmente ogni anno e per estrazione, allo

scopo di accrescere il fondo sociale necessario per far fronte alle gravi

spese occorrenti per poter iniziare la vita sportiva della Società”.75 Nella

medesima seduta il consigliere Lorenzo Canevaro-Chighizola illustrò il

programma di massima della prima festa sociale, indetta anch‟essa a

favore del “fondo” e da tenersi nel salone dell‟Asilo Infantile di

Chighizola;76 esso prevedeva “… un ben organizzato Concerto musicale

più una Conferenza per la quale si darebbe incarico ad un bravo

conferenziere”. Canevaro propose anche l‟organizzazione di una

manifestazione sportiva presso lo stabilimento balneare di Sturla,

seguita da un banchetto.77 La festa sociale si svolse il successivo

10 giugno78 e il suo “… esito fu sodisfacentissimo […] sia dal lato

74 Presidente di tale società era stato nominato Emilio Bottaro Del Fino, già vice presidente dell’Elpis, il

quale propose di coinvolgere nell’operazione di fusione anche la “Rari Nantes”, in quanto tutte

“… società che hanno per palestra il mare ed ivi esplicano la loro vita”. 75 Fu l’inizio di una pluridecennale serie di sottoscrizioni tra i soci (cfr. esempi dell’allegato n° 39). Nel

verbale consiliare del successivo 15 luglio venne però lamentato che quella prima iniziativa andava

riscuotendo scarso successo. 76 Presso tale scuola materna di Sturla (di proprietà del padre del proponente) si svolsero anche le feste

sociali dei due anni successivi, organizzate sempre allo scopo di implementare la cassa sociale. 77 Non è chiaro se la festa sportiva fosse alternativa oppure complementare a quella sociale;

quest’ultima, in ogni caso, ebbe sicuramente svolgimento. 78 Cfr. allegato n° 22.

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morale che da quello finanziario in lire 640,92”.79 Tale ricavo fu

destinato alla costruzione di uno chalet sociale a mare e accantonato

quindi in un conto di deposito acceso presso la Banca Cooperativa

Genovese.

Nel contempo veniva avviata l‟attività sportiva. Il 20 giugno il

Consiglio approvò “… l‟ordinazione di N. 8 (Maglie) Corpetti di fatica […]

e cioè: Maglia Bianca con bordatura in bleu e la scritta „Elpis‟

trasversalmente pure in Bleu”. Due mesi dopo la società prese parte

per la prima volta ad una manifestazione sportiva (organizzata a

Genova, con ogni probabilità, dal Circolo Foce), con un equipaggio

composto da Valente, Bisi, Biondi, D‟Ambrosio, timoniere Mario

Bavestrello.

L‟affitto del “galleggiante”. La vita sociale e l‟attività

agonistica.

Alla fine del 1903, intanto che si prendeva congedo dal Circolo

Foce,80 si cominciò a considerare la possibilità di stabilirsi su un

“galleggiante” ormeggiato in darsena ed apparentemente in vendita,

per il cui acquisto nel febbraio del 1904 la società era disposta a

spendere fino a 5.000 lire, da frazionare in rate annuali; si trattava

dell‟impianto un tempo sede della oramai disciolta Società Canottieri

Genovesi, e adesso proprietà del Club Nautico Genovese presieduto

79 Il rendiconto, essendo stato presentato al Consiglio Direttivo già il 22 maggio, certificava chiaramente

il risultato di una prevendita dei biglietti di partecipazione, affidata, come era uso dell’epoca, ad un

gruppo di “patronesse”, ciascuna delle quali si impegnava a collocare i tagliandi nell’ambito della

propria cerchia di conoscenze (cfr. allegato n° 26, relativo alla festa sociale del 1904).

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dal marchese ing. Ippolito Cattaneo.81 Sconfessando le trattative già

avviate da quest‟ultimo, l‟Assemblea dei Soci del “Nautico” (di cui

facevano parte, come si è visto precedentemente, diversi ex membri

della vecchia Canottieri Genovesi) non intese però vendere,

dichiarandosi comunque disponibile a concedere in affitto metà della

struttura al prezzo annuo di 1.200 lire, comprensivo di canone e

compartecipazione alle spese. L‟Elpis cercò di contrattare una

riduzione dell‟onere, ma – pare di capire – senza successo.

I termini di questo episodio costituiscono una riprova dell‟assoluta

estraneità dell‟Elpis alla antica società dei fratelli Brown, della quale,

tra l‟altro, non si fa menzione nei verbali consiliari neppure in questa

circostanza.

La nuova residenza sociale venne inaugurata il 15 maggio, con

una spesa di 38,29 lire. Il desiderio di una dimora di proprietà

tuttavia non scemò e dunque si riprese subito a cercare un terreno

idoneo nell‟ambito del porto.

Agli inizi di quello stesso 1904 la perdurante, diffusa negligenza

nel versamento delle quote sociali aveva intanto spinto la Presidenza a

ricorrere ad un “… esattore che si impegna di riscuotere presto ed

esattamente le quote mensili”, in cambio di un compenso pari al sei

80 Cfr. allegato n° 25. L’Elpis, con ogni probabilità, si trasferì provvisoriamente nel magazzino di cui alla

nota n° 69. 81 Il Cattaneo era titolare di una ditta specializzata, tra l’altro, nel procedimento fotoceramico. “… L‟Ing.

Ippolito Cattaneo, nel suo catalogo „Fotografia-Catalogo 1913-1914', a proposito del procedimento

fotoceramico scrive: <<Le fotografie cotte a gran fuoco su Porcellana (a circa 1000° di calore) sono

assolutamente inalterabili e si garantisce la loro resistenza illimitata a tutte le intemperie: al sole, alla

pioggia, all‟umidità, al freddo, al caldo, ecc. Esse quindi non si cancellano, non cambiano colore, non

sbiadiscono. Per queste singolari proprietà sono le sole che si prestano e sono adattissime per

Monumenti Funebri, onde perpetuare le sembianze di persone care. Riproduzione da qualunque

fotografia, fosse anche sbiadita, o guasta. La fotografia originale potrà essere ingrandita o rimpicciolita

e viene restituita intatta. Da un gruppo si può estrarre una persona sola; da una figura intiera si può

ritrarre il solo busto. La fotografia riprodotta può essere contornata con fregi in oro od in qualunque

colore e si possono aggiungere iscrizioni, stemmi, ecc. – esecuzione artistica, rassomiglianza perfetta,

pagamento metà anticipato e metà contro assegno>>. La fotografia vetrificata sopra smalti,

porcellana, vetri era un procedimento difficile che richiedeva molta pratica…”. (Tratto dal sito internet

“www.fotostorica.it”).

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per cento degli importi incassati.82 In quei primi anni furono in effetti

numerose le espulsioni decretate per morosità, come pure frequenti

erano le ordinarie dimissioni; entrambe compensate, fortunatamente,

da continue nuove adesioni: così la compagine sociale, pur

conoscendo momenti di serio ridimensionamento, nel lungo periodo

crebbe sensibilmente, passando dai 31 fondatori del 1902 ai 131 soci

del luglio del 190383, per poi arrivare a 185 membri nell‟aprile del

192084.

La condotta di non pochi soci, così come quella di alcuni tra i

custodi del galleggiante via via succedutisi nel tempo,85 lasciava a

desiderare anche sotto altri profili, tanto da costringere la dirigenza

della società a sancire frequenti richiami86 e talvolta anche radiazioni

per indegnità, o, nel caso del personale dipendente, addirittura il

licenziamento.

La necessità di conformare lo Statuto alle esigenze che andavano

via via emergendo nella vita associativa impose nei primi anni un

frequente lavoro di revisione dello stesso.87 E‟ interessante scorrere

qui la nuova versione dell‟art. 14 che allora regolava la procedura di

ammissione alla qualità di socio, così come predisposta dal Consiglio

Direttivo nel dicembre 1904 per la sua successiva approvazione da

82 La misura dell’emolumento è specificata in un verbale consiliare del 1905. Fu probabilmente lo

stillicidio di riscossioni mensili alquanto travagliate, comportanti una perenne incertezza della situazione

finanziaria e dunque una grave difficoltà di programmazione, a suggerire in seguito l’introduzione di una

unica quota annuale (tuttora vigente) da corrispondere entro ciascun mese di gennaio. 83 Cfr. allegato n° 23. 84 L’elenco degli affiliati a quella data è riportato nel volume della corrispondenza sociale relativo al

periodo novembre 1902 – febbraio 1923. 85 Nei verbali consiliari sono citati alcuni dei primi custodi dell’Elpis: Vittorio Zonda (1905), Giglio e Guisso

(1906), Paolo Lattero (1909). 86 Cfr., a titolo di esempio, gli allegati nn. 24 e 32. 87 Non è esatto quanto riportato nell’attuale articolo 1 dello statuto, che fissa nel giorno 21 dicembre

1903 la data di stesura della carta fondamentale della società. Infatti il Consiglio Direttivo iniziò a

discutere di modifiche a norme statutarie già nel maggio precedente, il che dimostra come il codice

fosse allora già in essere. Ulteriore prova di ciò è data dalla emanazione del “regolamento sociale”,

naturale derivazione dello statuto: predisposto da una apposita commissione, esso fu discusso in

Consiglio il 18 febbraio 1903, per poi essere approvato dall’Assemblea Generale dei Soci il successivo

giorno 26. Con ogni probabilità, lo statuto venne in realtà formulato all’atto stesso della costituzione

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parte dell‟Assemblea Generale dei Soci:88 “La domanda deve essere

affissa in apposito quadro nelle sale sociali per 15 giorni. Durante tale

tempo il candidato potrà frequentare i locali sociali, prender parte alle

esercitazioni ed esser presentato ai soci. Il Consiglio Direttivo trascorsi i

15 giorni dovrà inviare a ciascun socio una scheda contenente, oltre il

nome del socio proposto, il nome del socio proponente, coll‟invito di

rimetterla col voto alla sede della società ed in apposita urna ivi

stabilita entro 8 giorni dalla data dell‟invito stesso. I Soci che non

avranno in questo termine rimandata la scheda si considereranno come

astenuti e non si calcoleranno nella votazione. La scheda per essere

valida deve portare la firma del Presidente ed il timbro della Società. Un

voto contrario esclude due favorevoli. Se il socio viene accettato gli sarà

annunciata per lettera l‟ammissione”.

L‟attività sportiva intanto andava consolidandosi. Nel luglio del

1904 furono deliberate l‟affiliazione al Reale Rowing Club Italiano e la

prima partecipazione di un armo dell‟Elpis (una jole a 4) ad un

Campionato Italiano, quell‟anno in programma a Boccadarno il

successivo 6 agosto.89 L‟equipaggio, denominato “Pescatori” e

composto dai soci Giuseppe Valente, Federico Sioli, Giuseppe

Evangelisti, Raffaele Roccatagliata, timoniere Antonio Gallino, si

classificò terzo nella categoria “juniores” con una imbarcazione avuta

in prestito dal “Club Canottieri Remo” di Livorno (la jole sociale era

infatti rimasta danneggiata nel corso del viaggio); i dirigenti del circolo

toscano vollero altresì rendere omaggio al presidente e agli atleti

genovesi nominandoli membri onorari della “Remo”, “… affinchè

serbassero grato ricordo della visita loro fatta”. Successivamente il

della società, nel 1902, e fu altresì sottoposto successivamente a revisioni ben più numerose di quante

ne vengono enunciate nello stesso articolo 1. 88 L’Assemblea si svolse martedì 20 dicembre nel locale della Cooperativa per Costruzione di Case, in

Via S. Luca n° 1, al piano 2°, e designò, tra l’altro, i dirigenti sociali per l’anno 1905. 89 Cfr. allegati nn. 27, 28 e 29. Nel giugno precedente un equipaggio dell’Elpis aveva peraltro trionfato in

una regata disputatasi a Genova; di ciò si trova conferma nell’allegato n° 31.

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Consiglio Direttivo dell‟Elpis decise di contraccambiare, riconoscendo

analogo titolo al presidente e al direttore di voga della società

livornese;90 esso deliberò altresì di proporre alla prima utile Assemblea

Generale la nomina a soci onorari anche del vice presidente del Reale

Rowing Club Italiano nonché del presidente e di un canottiere-giudice

del Rowing Club Genovese.

E‟ da evidenziare che a Boccadarno “… l‟uniforme di regata [era

stata] la seguente: maglia azzurra con bordo bianco e calzoni neri”. Tali

colori rappresentano un ulteriore elemento di differenziazione

dall‟antica Società Canottieri Genovesi.91

L‟Elpis promosse quindi una petizione a tutela del modello di jole

allora in uso presso i circoli remieri italiani, minacciato di non

riconoscimento dalle nuove norme in discussione a livello

internazionale. In data 8 novembre “... il Presidente e Valente

propongono di inviare a tutte le Società Italiane di Canottaggio una

circolare per sostenere presso il R.R.C.I. l‟attuale tipo di yole. Il

Consiglio approva e da incarico ai proponenti di formulare detta

circolare”.92 Il successivo giorno 26 il Presidente potè comunicare al

Consiglio “… che le Società Savoia di Napoli – Querini di Venezia –

Barion di Bari, e la Caprera di Torino hanno gentilmente inviato la loro

adesione alla […] circolare, e che tutte le Società italiane devono essere

state concordi nel loro voto, poiché il Rowing Club Italiano ha deliberato

in favore della yole vecchio tipo”.

In dicembre l‟Assemblea Generale elesse alla Presidenza il prof.

Ambrogio Cuneo,93 il quale tuttavia non accettò la nomina in ragione

dei propri impegni professionali; si rese pertanto necessaria la

90 Il direttore di voga si chiamava Carlesi; non si sa se questi ebbe attinenza con l’omonimo cantiere

nautico livornese produttore di famose imbarcazioni da canottaggio. Il 20 agosto l’Elpis aveva peraltro

già inviato alla “Remo” una missiva di ringraziamento (cfr. allegato n° 30). 91 I colori sociali definitivi della Canottieri Elpis saranno poi il bianco e il celeste.

92 Si vedano allegati nn. 33 e 34. 93 Cfr. nota n° 88.

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convocazione, nel febbraio del 1905, di una nuova Assemblea, che

designò alla massima carica sociale l‟avv. Michele Poggi.

Quello stesso mese le laboriose trattative condotte con i fratelli

Bianchi per la realizzazione dello chalet sociale si risolsero con un

accordo (“coperto” dalle garanzie personali di tutti i componenti del

nuovo Consiglio) che prevedeva la corresponsione da parte dell‟Elpis

della somma di lire 5.000, suddivisa in due tranches. Alla luce di tale

impegno, il 24 febbraio il Consiglio rielaborò il bilancio preventivo

relativo all‟esercizio corrente, fissando un pareggio tra attivo e passivo

uguale a 5.098,84 lire94 (il bilancio preventivo dell‟anno precedente si

era attestato intorno a 3.100 lire); dal verbale di quella riunione si

apprende anche che la quota sociale mensile era allora pari a 3 lire95 e

che lo stipendio del custode, l‟affiliazione al Reale Rowing Club

Italiano e il canone di posteggio in darsena del galleggiante pesavano

sulla cassa sociale, rispettivamente, per 480, 100 e 105 lire all‟anno.96

In maggio, comunque, si valutò più conveniente fare realizzare sul

terreno ottenuto in concessione, non appena possibile, una

costruzione interamente in cemento armato, e non più in legno.

Il giorno 11 giugno una jole a 4 vogatori formata dai soci Valente,

Roccatagliata, Becchi e Bisi partecipò a Bari alle regate internazionali

organizzate dal Circolo “Barion”, classificandosi seconda (non si sa

però in quale delle due categorie – juniores o seniores – alle quali era

stata iscritta). Come era allora uso, la società stanziò a favore degli

atleti un piccolo contributo, rimanendo a carico degli stessi gran parte

delle spese della trasferta. L‟imbarcazione venne trasferita in Puglia

via nave.

94 La cifra, in base ai parametri di rivalutazione stabiliti dall’ISTAT (vedasi “Annuario statistico italiano

2004”), oggi sarebbe pari a euro 18.085,98. 95 Importo oggi corrispondente a euro 10,64. 96 La retribuzione mensile del custode fu aumentata a 60 lire nel luglio 1905 e a 75 lire nel luglio 1906.

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Alla pratica sportiva si accompagnavano le iniziative ricreative. Su

istanza di numerosi soci, ad esempio, venne deciso il noleggio, per il

giorno 29 giugno, di un rimorchiatore per il trasporto dei gitanti da

Genova a La Spezia, dove era in programma il Campionato Ligure di

canottaggio. L‟escursione per mare, dato l‟esiguo numero di adesioni

finali, poi saltò, senza che fosse stato avvertito in tempo utile il

proprietario del natante (il “King Edward”), il quale dunque inviò

ugualmente all‟Elpis una fattura dell‟ importo di 200 lire; una

transazione amichevole consentì successivamente di contenere nella

metà l‟inutile esborso, a cui si dovette aggiungere il contributo (29 lire

ad atleta) promesso all‟equipaggio in gara, che, dal canto suo, aveva

dovuto ritirarsi dalla stessa a causa di una avaria.

L‟acquisto del “galleggiante”

In agosto venne momentaneamente accantonato il progetto dello

chalet a terra. Nel verbale consiliare del giorno 22 si legge infatti che

“… Il Presidente, avv. M.Poggi, riferisce che gli ingegneri della Società

Costruzioni in cemento armato hanno dato parere sfavorevole per la

costruzione di uno chalet nella scogliera del molo vecchio, presentando

questa pochissima solidità, tale fu pure il parere del locale R.Ufficio del

Genio Civile. Dovendosi pertanto provvedere la Società di una sede

propria, essendo in vendita il Galleggiante del Club Nautico Genovese,

il Consiglio ne delibera in massima l‟acquisto e prega il Presidente a

volersi incaricare delle trattative inerenti al detto acquisto”.

Proseguendo nella lettura del documento, si apprende anche che

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“… il Sig. Valente, in seguito ad accordi col Sig. Pasteur del Rowing Club

Genovese, propone al Consiglio una fusione tra le due società di

canottaggio. Il Consiglio si dichiara in massima favorevole e dà speciale

incarico ai Sigg. Avv. Gallo, Vignolo e Valente di studiare la proposta e

di conferire coi delegati del R.C.Genovese”. Ipotesi, poi, chiaramente

sfumata.

In ottobre, a frustrare ulteriormente l‟aspirazione a una sede a

terra, giunse la notizia che la destinazione d‟uso del terreno già

assegnato all‟Elpis dal Consorzio sarebbe probabilmente mutata a

favore di una banchina adibita allo sbarco dei passeggeri. Pertanto

nella riunione del giorno 15 il Presidente invitò il Consiglio “… a

ricordare l‟offerta del Marchese Cattaneo del galleggiante, attualmente

occupato, al prezzo di acquisto di £ 4.000”,97 e a “... proporre

all‟Assemblea di comperare il detto galleggiante rinunciando a costruire

sull‟area concessa dal Consorzio”. Al probabile scopo di reperire le

risorse necessarie a ciò, il Consigliò deliberò di richiedere

all‟adunanza anche il permesso di aumentare la tassa di ammissione

dei nuovi soci da 5 a 10 lire e la quota sociale mensile da 3 a 5 lire.

L‟Assemblea approvò poi sia l‟acquisto del galleggiante che le

maggiorazioni delle quote.98

L‟atto di compravendita venne stipulato lunedì 26 marzo 1906

presso l‟ufficio del Poggi ubicato a Genova in Via San Lorenzo n° 19,

alla presenza del notaio Vittorio Trovati.99 Qui il marchese Ippolito

97 Evidentemente la maggioranza dei soci del Club Nautico Genovese non si opponeva più alla

cessione della struttura. 98 In merito all’aumento delle quote, tuttavia, nella riunione consiliare del 7 aprile 1906 “… il cassiere sig.

Zino avverte che nessuno o quasi nessuno dei soci vuol pagare all‟esattore la quota di £ 5 mensili,

poiché non vennero mai avvisati di tale aumento. Considerando quindi il caso tutto speciale e l‟urgenza

di un provvedimento, il Consiglio delibera di portare al 1° aprile l‟aumento di tassa a £ 5 che l‟Assemblea

aveva fissato al 1° gennaio e che il primo trimestre si paghino ancora £ 3 mensili. Naturalmente il

Consiglio si rimette alla ratificazione di tale provvedimento da parte dell‟Assemblea”. La minore entrata

comportò la revisione del bilancio preventivo dell’esercizio 1906, ribassato a 6.324,62 lire; al passivo si

iscrissero 3.000 lire di acconto per l’acquisto del galleggiante.

99 Cfr. allegato n° 36.

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Cattaneo – in proprio, quale procuratore speciale degli altri

comproprietari del galleggiante100 nonché in veste di presidente del

Club Nautico Genovese – “… cede e vende all‟avv. Michele Poggi nella

sua qualità di Presidente della Società Genovesi Elpis il galleggiante

distinto col numero nove nel registro speciale dei magazzeni

galleggianti della Capitaneria del Porto di Genova, della portata di

tonnellate 177,48, acquistato dai venditori con atto 17 maggio 1899 a

rogito Cassanello. Tale vendita vien fatta per la somma di lire mille che

l‟avv. Michele Poggi nella qualità di cui sopra, sborsa e paga con denari

della predetta Società Canottieri Genovesi Elpis al marchese Ippolito

Cattaneo, il quale nei nomi di cui sopra rilascia al predetto avv. Michele

Poggi ampia liberazione e quitanza, promettendo nulla più chiedere in

avvenire.101 Il marchese Ippolito Cattaneo, sempre nei nomi, garantisce

la piena proprietà e disponibilità del galleggiante venduto102 e dichiara

che lo stesso è libero da qualsiasi peso e vincolo, tranne il fitto scaduto

da corrispondere al Municipio di Genova per l‟occupazione dello

specchio acqueo nella Darsena dal 1° aprile 1905.103 Le spese del

presente atto sono a carico dell‟acquisitrice Società Canottieri Genovesi

Elpis”.104

L‟Elpis, finalmente, aveva una sede propria! Il galleggiante doveva

però versare in cattive condizioni, poiché già tre giorni prima del

100 Tra essi non compare più Montagu Yeats Brown (deceduto, sembra, l’anno prima; cfr. nota n° 8). Al

suo posto troviamo, evidentemente come erede, tale Granet Brown. Non si comprende però perchè la

procura rilasciata a favore del marchese Cattaneo in data 20 marzo fu così sottoscritta: “per M.Yeats

Brown, Fred Brown” (cfr. allegato n° 35). 101 In realtà l’Elpis avrebbe in seguito corrisposto al Cattaneo la ulteriore, pattuita somma di lire 3.000.

Tale debito venne onorato a rate, liquidate non appena lo stato della cassa sociale lo consentiva;

l’ultima quota venne versata il 10 dicembre 1910 (cfr. allegato n° 37). 102 Con ogni probabilità, a comprova del legittimo possesso da parte del Club Nautico Genovese del

bene posto in vendita, venne consegnata all’acquirente copia dell’atto relativo al precedente

passaggio di proprietà; ciò spiegherebbe perché tale documento sia stato rinvenuto presso la

Canottieri Elpis.

103 Nel bilancio preventivo revisionato relativo all’anno 1906 venne così iscritto al passivo il

riconoscimento al Municipio di tasse arretrate per complessive 540 lire nonché il pagamento del tributo

di 720 lire relativo all’esercizio corrente.

104 Presso l’Elpis si trova un vecchio baule sul cui coperchio sono incise le lettere “CG”, che taluni

indicano come l’ultimo residuo di quanto fu acquisito dall’antica Canottieri Genovesi.

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formale acquisto era stata promossa tra i soci una sottoscrizione volta

a raccogliere i fondi necessari al suo restauro (stimato pari a 500 lire,

a cui ne andavano aggiunte altre 200 per la copertura in cartone del

tetto); essa venne aperta dal presidente Poggi, che elargì 100 lire,

subito seguito dai consiglieri con 29 lire ciascuno. Iniziò nel contempo

la lunga (ma alla fine infruttuosa) battaglia con il Comune per

ottenere una riduzione della tassa di stazionamento del galleggiante

in darsena.

L‟accettazione, nel mese di aprile, delle domande di ammissione

avanzate da diversi “automobilisti” (proprietari, cioè, di lance a

motore) fu la probabile ragione delle dimissioni dalla loro carica dei

consiglieri Giuseppe Valente e Raffaele Roccatagliata, fortemente

contrari alla decisione “… perché le lance […] recano disturbo al

galleggiante”. La remissione degli incarichi provocò il primo

scioglimento anticipato di un Consiglio Direttivo della Canottieri

Elpis. Convocati alle ore 8,30 del 15 maggio nel locale della Nuova

Società Cooperativa per Costruzione di Case, i soci riuniti rinnovarono

però la fiducia al presidente Poggi.

Uno dei primi atti del nuovo Consiglio Direttivo fu proprio

l‟istituzione di una sezione “canotti automobili” nonché di quella

“studenti”, quest‟ultima regolata da norme e agevolazioni speciali

volte a incentivare l‟affiliazione alla società di tale categoria di giovani.

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Non si ha invece più notizia, ormai da tempo, della sezione nuoto

istituita nel 1903.105

Il 20 marzo 1907 il Consiglio Direttivo venne informato che

“… corre pericolo di dover abbandonare la Darsena perché coi sempre

nuovi lavori portuali si dovrà ampliare il molo, a cui è approntato il

galleggiante”; fu pertanto stabilito di “… trovare un posto in porto e

abbandonare quindi la Darsena”. Prese piede l‟idea di uno spazio

acqueo lungo il Molo Giano.

La sede sul Molo Giano

Ebbe così inizio il lungo percorso che porterà alla edificazione su

quella banchina, nel 1930, della prima – ed elegantissima - sede a

terra della Società Canottieri Genovesi Elpis.106 Un sogno accarezzato

per ben tre decenni, e finalmente realizzatosi; ma poi

drammaticamente frantumato, appena quattordici anni dopo, dalle

bombe sganciate da aerei britannici, come britannici erano stati

– ironie della vita – coloro i quali i “canottieri genovesi” avevano invece

voluto creare e plasmare.

Sul molo dedicato proprio al dio bifronte – simbolo anche di pace e

guerra, serenità e dolore107–, là dove prima si levavano festosi gli

schiamazzi di tanta gioventù sana e spensierata, ora solo macerie e

silenzio.108

105 Il trasferimento della società sul galleggiante, in piena area portuale, comportò probabilmente la

cessazione delle attività natatorie. 106 Il galleggiante venne venduto nel 1934 all’Opera Nazionale Balilla (cfr. allegato n° 38). 107 Il tempio di questa divinità romana consisteva in una specie di “… passaggio con due porte poste

l‟una di fronte all‟altra, chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra, come a significare l‟uscita

degli eserciti per la guerra e l‟attesa per il loro rientro seguito dalla pace”. (Tratto da “Dizionario

Enciclopedico Universale”, edizione per il “Corriere della Sera”, Sansoni Editore, 1995).

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Si dovette ricominciare; sognare daccapo. Del resto, la “speranza”

era insita nel nome stesso della società. Ci vorrà, purtroppo, ancor

più tempo, più pazienza di prima; ma alla fine il sogno si è realizzato

per la seconda volta, e proprio in occasione dell‟anniversario più

atteso, più bello, quello in cui scoccano i cento anni di vita e che

segna l‟ingresso di una Società nella Storia dello Sport.

“NIHIL POTEST ME FLECTERE, EGO SEMPER SURGAM”

Jole a 8 vogatori della Società Canottieri Genovesi Elpis

108 La società aveva già sofferto danni nel corso delle incursioni aeree compiute dagli Inglesi nelle notti

22-23 ottobre e 13-14 novembre dell’anno 1942: schegge di bombe, ricaduta di rottami e principi di

incendio avevano distrutto tre imbarcazioni da gara (due singoli e un canoino), una lancia di servizio e

materiale nautico vario. L’anno dopo un perito, su incarico del Consorzio Autonomo del Porto, stimò

che il danno complessivo era ammontato a 25.800 lire, pari a un quarto delle entrate totali dell’ultimo

esercizio prebellico. Le imbarcazioni superstiti vennero trasferite nel borgo di Boccadasse, ritenuto più

sicuro; tale decisione le salvò dal bombardamento aereo del 4 settembre 1944 che, sfortunatamente,

rase invece al suolo la sede sociale. Il disastroso avvenimento venne registrato in un ordine del giorno, a

cui farà poi richiamo un appello (non datato, ma risalente molto probabilmente al 1950) lanciato ai soci

affinché finanziassero la ricostruzione della sede (cfr. allegato n° 40); purtroppo allora poterono essere

realizzati solo il deposito imbarcazioni e lo spogliatoio. Soltanto in prossimità del centenario, facendo

ricorso ad un impegnativo mutuo bancario, è stato possibile procedere al sospirato ampliamento

dell’impianto: i nuovi locali sociali sono stati inaugurati ufficialmente nel luglio del 2002 ospitando la

cena di gala della “World Under 23 Rowing Regatta”, quell’anno in programma a Genova.

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ALLEGATI

La quantità dei documenti allegati allo scritto è tale da

avere sconsigliato una loro pubblicazione in blocco sulla

rete Internet. Essi possono tuttavia essere richiesti

singolarmente al seguente indirizzo di posta elettronica:

[email protected] .