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1 1 CO 1 1 MARIANNE EYMARD (III, 1, 1) Saint-Robert, 30 giugno 1828. Cara sorella, ti scrivo queste poche righe per informarti sullo stato della mia salute: essa è abbastanza buona, grazie a Dio; mi auguro che la presente lettera trovi pure te in buona salute. Ti dirò che mi sono molto rammaricato per non averti potuto vedere al momento della partenza. Avresti ben potuto attendermi un momento, ma le cose sono andate diversamente. Spero comunque di venire a trovarti nel corso dell’estate. Il magone comincia già a invadermi l’animo e mentirei se dicessi che non sento nostalgia. Anzi, è peggio che mai. Avessi almeno qualcuno che mi facesse compagnia, non mi sentirei tanto triste! Ma purtroppo non ho, per così dire, alcuno. Spero tuttavia che il Signore avrà pietà di me e mi tirerà fuori dall’abisso di disordine e di peccato che regna in questo Bicêtre. Il Signore non permetta che finisca qui i miei giorni! Ti prego di iscrivermi nel numero dei confratelli della Vergine. La festa della Visitazione è ormai vicina, ed io sarò ben lieto di esservi associato. Estrarrai tu stessa la mia ora da consacrare alla Vergine. Spediscimi anche l’immagine, che si trova nel libro che portai con me a Notre Dame du Laus. Se mi sarà possibile venire questa estate a La Mure, ti prometto un bel sermoncino. Nell’attesa gradisci l’attestazione della mia stima e del mio affetto. [Qui uno schizzo lo ritrae in ginocchio, con una croce in mano, in preghiera davanti a Dio]. Vedi, prego il buon Dio per tutti i nostri parenti e prego anche per la Nanette, che considero come sorella. Osserva di quale espressione di gioia è soffuso il mio volto. Prega altrettanto intensamente per me il Signore, perché ne ho bisogno per conservarmi nella virtù in mezzo a tanta gentaglia. Porgi i miei ossequi al parroco. Rimasi talmente male di non averlo potuto salutare prima di partire che neppure lasciai detto alla sua sorella di riverirlo a nome mio; tanto ne ero rammaricato. Non finirei mai, e neppure vorrei finire se mi fosse possibile, ma la carta dice che la sto appesantendo troppo. Pressato da ogni parte, termino abbracciandovi tutt’e due nel sacro Cuore di Gesù e di Maria. Giuliano Eymard. P.S. Dimenticavo di dirti che nessuno mi ha accolto a muso duro, né il signor Dumoulins né il direttore. Anzi, mi hanno ricevuto con molta cordialità. La santa Vergine mi è stata propizia. Sig.na Marianne Eymard, presso suo padre - La Mure (Isère). 2 CO 2 MARIANNE EYMARD (III, 2, 2) Sia lodato il Cuore di Maria. Marsiglia, 13 ottobre 1829. Care sorelle, ho ricevuto la vostra lettera che mi ha fatto molto piacere. Non posso che riconoscermi colpevole di ciò di cui mi accusate. Non pensate che sia per pigrizia che non vi ho scritto, perché non è proprio vero. Trascorrendo giorni bellissimi in compagnia di confratelli tanto 1 Per facilitare una ricerca negli originali, è stato inserito a destra di ogni lettera il rispettivo codice di riferimento dell’edizione francese: OEuvres Complètes, Centro Eucaristico / Nouvelle Cité, 2008, 17 vol.

CO 1 M E - eymard.curiasss.neteymard.curiasss.net/it/Lettere_vol_I/2_Lettere_1828_1847.pdf · Ma purtroppo non ho, per così dire, alcuno. Spero tuttavia che il Signore avrà pietà

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1 CO 11 MARIANNE EYMARD (III, 1, 1)

Saint-Robert, 30 giugno 1828.

Cara sorella, ti scrivo queste poche righe per informarti sullo stato della mia salute: essa è abbastanza buona, grazie a Dio; mi auguro che la presente lettera trovi pure te in buona salute. Ti dirò che mi sono molto rammaricato per non averti potuto vedere al momento della partenza. Avresti ben potuto attendermi un momento, ma le cose sono andate diversamente. Spero comunque di venire a trovarti nel corso dell’estate.

Il magone comincia già a invadermi l’animo e mentirei se dicessi che non sento nostalgia. Anzi, è peggio che mai. Avessi almeno qualcuno che mi facesse compagnia, non mi sentirei tanto triste! Ma purtroppo non ho, per così dire, alcuno. Spero tuttavia che il Signore avrà pietà di me e mi tirerà fuori dall’abisso di disordine e di peccato che regna in questo Bicêtre. Il Signore non permetta che finisca qui i miei giorni!

Ti prego di iscrivermi nel numero dei confratelli della Vergine. La festa della Visitazione è ormai vicina, ed io sarò ben lieto di esservi associato. Estrarrai tu stessa la mia ora da consacrare alla Vergine. Spediscimi anche l’immagine, che si trova nel libro che portai con me a Notre Dame du Laus.

Se mi sarà possibile venire questa estate a La Mure, ti prometto un bel sermoncino. Nell’attesa gradisci l’attestazione della mia stima e del mio affetto. [Qui uno schizzo lo ritrae in ginocchio, con una croce in mano, in preghiera davanti a Dio]. Vedi, prego il buon Dio per tutti i nostri parenti e prego anche per la Nanette, che considero come sorella. Osserva di quale espressione di gioia è soffuso il mio volto. Prega altrettanto intensamente per me il Signore, perché ne ho bisogno per conservarmi nella virtù in mezzo a tanta gentaglia.

Porgi i miei ossequi al parroco. Rimasi talmente male di non averlo potuto salutare prima di partire che neppure lasciai detto alla sua sorella di riverirlo a nome mio; tanto ne ero rammaricato. Non finirei mai, e neppure vorrei finire se mi fosse possibile, ma la carta dice che la sto appesantendo troppo. Pressato da ogni parte, termino abbracciandovi tutt’e due nel sacro Cuore di Gesù e di Maria. Giuliano Eymard. P.S. Dimenticavo di dirti che nessuno mi ha accolto a muso duro, né il signor Dumoulins né il direttore. Anzi, mi hanno ricevuto con molta cordialità. La santa Vergine mi è stata propizia. Sig.na Marianne Eymard, presso suo padre - La Mure (Isère).

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CO 2 MARIANNE EYMARD (III, 2, 2) Sia lodato il Cuore di Maria. Marsiglia, 13 ottobre 1829.

Care sorelle, ho ricevuto la vostra lettera che mi ha fatto molto piacere. Non posso che riconoscermi colpevole di ciò di cui mi accusate. Non pensate che sia per pigrizia che non vi ho scritto, perché non è proprio vero. Trascorrendo giorni bellissimi in compagnia di confratelli tanto

1 Per facilitare una ricerca negli originali, è stato inserito a destra di ogni lettera il rispettivo codice di riferimento dell’edizione francese: Œuvres Complètes, Centro Eucaristico / Nouvelle Cité, 2008, 17 vol.

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buoni, il tempo è volato via senza che me ne accorgessi. Sono stato contentissimo di apprendere dalla lettera che state ottimamente. Vi dirò che anch’io godo di un buono stato di salute; da quando sono qui non mi sono mai ammalato. Sono stato assai sorpreso del fatto che non abbiate approfittato dell’occasione della venuta di Brunel: mi aspettavo da voi qualche lettera; ma da quanto mi dite non l’avete neanche visto, il che mi ha molto meravigliato ... Del resto non è cosa rara in simili circostanze: si perde la testa e si dimenticano molte cose.

Mi ha molto stupito la tua lettera e solo dopo una seconda lettura ho riconosciuto la tua calligrafia, mentre in un primo tempo pensavo che fosse di Nanette. Sono molto contento che abbia continuato ad esercitarti. Sii perseverante; la spunterai, te l’assicuro.

Ma ora parliamo d’altro, e cioè della confraternita. Si consolida? è quanto ti prego di scrivermi. Soprattutto raccomandami alle preghiere delle consorelle senza tralasciare le tue e quelle della Nanette, perché possa perseverare sino alla fine nella vocazione così santa alla quale Dio mi ha chiamato ... Rifuggi dalla compagnia dei farisei, cioè guardati dal frequentare gli uomini. Ti prego di vegliare sull’Henriette se si trova sempre in casa nostra, perché ho visto una volta il famiglio di Vanard che si intratteneva con essa, e ciò mi fece tanta pena ... Non finirei più se volessi continuare a scrivere; sempre nuove cose mi vengono in mente, ma è tardi. Mi raccomando molto alle vostre preghiere; io non vi dimentico né mai vi dimenticherò nelle mie. Presentate i miei ossequi alla Babos, che scordai di salutare e non dimenticate Baret. Questo caro amico ha avuto la gentilezza di scrivermi a mezzo di Brunel, ma io non ho ancora risposto. Finisco, cara sorella, mandando tanti saluti a te come alla Nanette, e mi onoro di dirmi vostro fratello Giuliano Eymard. P.S. Mi felicito con voi per la fortuna che avrete di ascoltare i nostri padri. Sig.na Marianne Eymard, presso suo padre - La Mure.

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CO 3 REVERENDO DUMOLARD (V, 234, 1)

[Monteynard], [4 ottobre] 1838.

Ho appena ricevuto la sua nobile lettera, mio caro amico; mi sento all’unisono con tutti i suoi sentimenti. Solo Dio può conoscere lo stato di crocifissione in cui mi sono trovato a partire dal momento della nostra separazione. Avrei voluto tutto e subito, e invece ecco mille lentezze. E la più fastidiosa proviene dal vescovo. Sì, mio caro, conosco la celebre frase di san Giovanni Crisostomo: «Non arrestarti, o Pietro, sulla strada che hai iniziato». Mi sembra che una volta convinto della mia vocazione nulla mi potrà fermare. Ho già fatto due volte questo sacrificio senza mai condurlo a termine. Spero che la terza sarà la volta buona, anche se dovessi morire per la strada - quanto ne sarei felice! -, o ne traessi solo il vantaggio, che ebbe suo fratello, di morire in una casa religiosa.

Quanto ai miei affari temporali, ho alcuni debiti personali. Voglio saldarli prima di partire e mi propongo addirittura di vendere alcuni dei miei libri e portare gli altri con me. Tenga la cosa segreta di modo che la decisione venga scoperta solo dopo la nostra partenza. Lavoro un po’ a comporre qualche istruzione di base, per non trovarmi del tutto sprovveduto; penso che bisognerà colmare il ritardo dell’inverno. Il vescovo le opporrà ogni possibile obiezione, ma io spero di avere una ragione decisiva. Lei ha quella delle missioni estere. Conosco al pari di lei tutte le difficoltà che dovrà affrontare per fondare la sua nuova casa, ed io non mi sento di affrontarle. Del resto io voglio andarmene dalla diocesi per essere libero e sconosciuto. Si conquisti la simpatia del vescovo e tutto sarà facilitato. Non venga a trovarmi questa settimana, perché parto per Voreppe; vado a prendere l’altare che mi ha costruito il signor de Perus. Suo sempre amico del cuore Eymard, parroco.

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4 CO 4 MARIANNE EYMARD (III, 6, 4) Viva Maria. Grenoble, 19 agosto 1839.

Care sorelle, trattenete per voi i 19 fr. che io ho già versato alla signorina Marsallat per il carro trionfale. Ho visto il vescovo, e se lui vi ha invitate ad affidarvi a Dio e alla sua santa madre, io non posso parlarvi diversamente. Il Signore conosce il sacrificio che affronto, ma sarebbe uno sbaglio credere che voi sarete le prime ad essere abbandonate. Non lo sarete affatto, lo affermo sul nome di Gesù. Dio farà anche un miracolo per venirvi in aiuto. Perciò confidenza, rassegnazione e abbandono nelle mani di Dio sono il tema delle mie preghiere per voi.

Il vescovo mi ha consigliato di partire da qui per non rinnovare il vostro dolore e per non essere testimone delle lacrime dei miei parrocchiani. Voi conoscete la mia sensibilità. Io non ve l’ho detto ..., ma se tornassi a Monteynard, vi cadrei ammalato o mi esporrei al rischio di perdere la vocazione. Sia fatta la volontà di Dio! Se vado incontro alla morte, avremo - voi ed io - lo stesso merito. Era necessario che condivideste il mio sacrificio, come Maria ha condiviso quello di Gesù. Dio ne sia glorificato. Ma ora smettetela di piangere: mi perdete per un istante per ritrovarmi più simile a Gesù, come voi sarete più simili alla Madonna Addolorata. E poi spero che il Signore gradirà il piccolo sacrificio che faccio di tutto il mio essere. Non valgo un gran che, ma anche se valessi meno mi offrirei comunque interamente a Dio. Sono felice di potere raggiungere lo scopo dei miei desideri. A voi costa molto, ma levate gli occhi al cielo, dove ci ritroveremo un giorno tutti e tre. Vi lascio tra le braccia di Maria. Vostro fratello G. Eymard. P.S. Lasciate le mie cose personali in deposito presso il parroco mio successore; li farò prelevare fra tre o

quattro settimane. Non ne avrete a male, penso. Avevo mandato avanti prima della partenza un piccolo pacco; perciò tutto quello che mi occorre l’ho con me. Vi consiglio di andare a passare tutt’e due una settimana a St-Marcellin dal signor Brun, che vi riceverà come sorelle. Vi scriverò entro breve, ma spero che le mie lettere non rinnoveranno il vostro dolore.

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CO 5 REVERENDO BARET (V, 228, 1)

Lione, 21 agosto 1839.

Mio caro amico, sono giunto felicemente, contento e in discreta forma. Sono stato accolto, come lo sarai anche tu, come un fratello carissimo. Attendevano anche te e sono rimasti delusi nel non vederti. «Lo vedrete presto», ho detto, e allora si sono rasserenati con questa speranza. Affrettati, mio caro, qui si è in paradiso sotto ogni riguardo. Per arrivarci bisogna soffrire molto; ma, una volta giunti, ci si trova tanto bene! Ho parlato di te al signor Chatrousse e al vescovo; presto avrai il sostituto. Tieniti pronto; appena il signor Jardin sarà libero, lo sarai anche tu. Oh, come si è tristi quando si è lontani da ciò a cui si aspira! Ma non preoccupartene. Questi signori volevano che ti scrivessi di venire prima del 28; ma noi faremo questo sacrificio.

Voglio scrivere a Sayetat di venire. Cerca di vederlo al più presto, anche se fosse necessario andarci di persona. Questi signori ne hanno un estremo bisogno. Uno dei loro fratelli è in procinto di andarsene, e sarebbe una vera provvidenza se arrivasse Sayetat.

Cerca di vendere alcuni libri per risarcire il signor Format e rimborsare i 4,80 fr. che devo al signor Gallet, l’impresario stradale. Vendi, se ti è possibile, il mio Repertorio sulla Scrittura: mi è costato 28 fr., offrilo a 20-22 fr. Il Bourdaloue vendilo al reverendo Guignier a non meno di 20

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soldi il volume; vendi anche il Thesaurus Patrum per una ventina di franchi, ma non vendere nessuno dei miei libri in folio. Conserva per te i tuoi libri di valore, soprattutto il Bossuet; porta con te il tuo Rendant oppure il mio. Se potrai ricavare il denaro anche per il trasporto delle mie suppellettili, bene. Ma penso adesso che il signor Dumolard non tarderà a convincere qualcuno. Signor Format, ... sii virile; le tue aspirazioni lo meritano e lo esigono. Il tuo amico Eymard. Rev.do Baret, parroco di La Motte-d’Aveillans, par La Mure (Isère).

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CO 6 MARIANNE EYMARD (III, 7, 5)

Lione, 6 settembre 1839.

Care sorelle, tornato dal ritiro di Belley vi scrivo per rammentarvi che avete ancora un fratello sulla terra, che non sarà certamente tanto ingrato da dimenticarvi. Anzi, il suo amore per voi è ora più tenace, perché attinge la sua forza da quello di Dio.

Sono al colmo dei miei desideri. Non riesco a ringraziare abbastanza la Vergine per avermi chiamato in una società che porta il suo nome ed imita le sue virtù. Per arrivarci ho risentito certo tutte le vostre pene, ma il mio sacrificio mi è sembrato poca cosa se paragonato al vostro. Ma Gesù mi chiamava, potevo disubbidirgli? mi chiamava per il mio più grande bene, potevo disprezzare la sua grazia? Perciò vi supplico di amare il Signore e di non contristarlo con lacrime inutili, e di armarvi di forza per mettervi al di sopra della natura. E, come tante volte vi ho detto, riponete la vostra fiducia in Dio e Dio vi farà da padre. Quanto a me, io sto bene e spero che la mia salute andrà sempre più migliorando. Quando l’anima è felice spesso anche il corpo ne risente.

Ed ora veniamo alle mie robe personali. Mi sono chiesto a volte: e se non mi mandassero nulla, che farei? quello che fanno i poveri. Certo, la mia fiducia in Dio è troppo grande per disperarmi; se non ricevessi nulla credo che addirittura gioirei davanti a Dio invece di rattristarmi. Ma tutto ciò non è che tempo perso. Provvedete a spedirmi la biancheria e i pochi capi di vestiario che mi restano eccetto le due tonache in cattivo stato, di cui farete quel che vorrete. Ho messo da parte per voi qualche libro di pietà; potete prenderli. Se ve ne sono anche altri che vi interessano potete tenerli, solo per il vostro uso personale però, non per darli via. Ho lasciato qualche vecchio volume nel portafiori; non toccateli; se li gradisce il reverendo Bard, dateglieli insieme con i due grossi volumi intitolati Dictionnaire du droit canon. Non dimenticate i due libri dei canti e la mia berretta nuova. Tenetevi le calze di seta fine che volevate regalarmi: sono troppo belle e troppo sottili. Bisognerà che mi spediate anche qualche asciugamano e qualche lenzuolo, non di quelli grandi, ma un po’ degli uni e un po’ degli altri, cinque o sei paia; e almeno una coperta. Vi consiglio di vendere tutto quello che non vi serve: rifornitevi ben bene e sbarazzatevi del resto. Se avete qualche piccola necessità vi spedirò il mio assegno di 100 fr. che potrà essere riscosso, credo, in ottobre. Spedite le mie cose personali al signor Le Borgne al Roulage, rue St-Louis, Grenoble, apponendo il mio indirizzo su ognuno dei pacchi. L’indirizzo è il seguente: Reverendo E. marista, Montée St-Barthélemy 4, Lione. E poi mandatemi presto le vostre notizie. Aff.mo nel Signore vostro fratello G. Eymard, p. P.S. Non inviatemi né quadri né bastone né tappeto, ma la siringa sì. Sig.na Marianne Julien-Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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7 CO 7 REVERENDO BARET (V, 229, 2)

Lione, 6 settembre 1839.

Carissimo amico, tornato dal ritiro ti scrivo due righe per sollecitare una tua più lunga risposta. Quanto saresti stato contento se avessi potuto partecipare a questo ritiro così familiare e commovente! Vi hanno partecipato 40 maristi. Oh, mio caro, che differenza fra questi ritiri e i nostri! Se tu sapessi come ci si vuol bene in questa Società di Maria! Ho ascoltato cose stupende, te ne parlerò a viva voce. Del resto mi è impossibile scriverne, perché sono cose celesti.

Sono sempre molto contento. In questi giorni sono attesi vari novizi , e novizi, caro mio, che ci faranno confondere. Ne ho potuto vedere quattro: un superiore di seminario, un notaio e due direttori d’albergo di Lione, e si parla anche di altri. È bello raccontarci l’un l’altro le prove attraverso le quali ognuno di noi è passato. Non siamo i soli ai quali è costato il giungere sin qui. Questa grazia bisogna guadagnarsela.

Il p. Generale verrà a stabilirsi a Lione. Che gioia per noi averlo vicino! Scrivimi qualche riga: desidero sapere quello che hai deciso di fare e a che punto sono i miei affari. Fammi sapere qualcosa del reverendo Dumolard e passagli la mia lettera. Non so dove si trova la mia sorella; dal momento del mio arrivo non ho ricevuto alcuna lettera. Non è che il tempo mi sembri lungo, no, ma sarei contento di saperlo per poterla confortare. Se hai l’occasione di vedere un ragazzo di Majeuil di nome Séverin Ravet, cerca di farlo venire a casa tua; gli dirai che gli ho trovato un posto come fratello marista. Su mia raccomandazione i superiori sono disposti a riceverlo, sono anzi propensi a fare un grande sacrificio, perché invece di 600 fr. ne chiedono 25 soltanto, quanto serve per l’acquisto dei quaderni e dei libri. So che questa pur modica somma li metterà in forte imbarazzo. Chiedigli se ne può disporre, se no provvederò io; comunque non potrà entrare prima della festa di Tutti i Santi. Scrivimi, non vedo l’ora di ricevere tue notizie. Tuo aff.mo G. Eymard. Rev.do Baret, parroco di La Motte-d’Aveillans, par La Mure (Isère).

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CO 8 MARIANNE EYMARD (III, 9, 6) Viva Maria. Lione, 16 ottobre 1839.

Care sorelle, ho ricevuto la vostra lettera. Ero molto in ansia per il viaggio a St-Marcellin, ma una lettera della signorina Mélanie mi tranquillizzò informandomi che eravate partite da Chatte abbastanza bene. Mi hanno riferito che siete state accolte bene e ne ho ringraziato Dio. Mi hanno anche detto che siete state a Notre Dame de l’Ozier. Bene, spero che la Vergine, alla quale vi ho affidate, vi otterrà grandi grazie, soprattutto quella di volere solo ciò che Dio vuole, perché in questo sta tutta la perfezione.

Ora per venire alla mia salute, vi posso assicurare che non sono mai stato ammalato; anzi, ho un buon appetito. Anche al clima di Lione, che è ben più caldo di quello di La Mure, adesso mi ci sono abituato. E poi la vita piuttosto attiva che conduco mi è di molto giovamento. Del resto, come spesso si dice, non vi è nulla tanto simile alla felicità che sentirsi appagati, e posso assicurarvi che sono molto felice di potermi santificare meglio in questa vocazione. Se mi volete bene lasciatemi continuare a vivere sotto la guida dell’obbedienza: questa è la mia strada, e per farmela abbandonare, bisognerà prepararmi prima una bara, ovvero rassegnarmi a non aver più pace sulla terra. Ho lasciato Monteynard nelle mani di Dio; comportatevi come me e non fatevi cattivo sangue,

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perché questa è la volontà di Dio. Vi posso dire che tutti questi rimpianti, che nuocciono alla religione e la fanno abbandonare, mi provocano dei grandi rimorsi, la paura cioè di avere costruito solo sulle sabbie mobili. Sembra proprio che mi amassero più del buon Dio; e allora era proprio necessario che me ne andassi. Convincetevi che nessuno vi ama quanto me; il mondo può anche chiamarmi ingrato, ma il buon Dio giudica sicuramente in modo diverso. Riceverò sempre con immenso piacere le vostre notizie e vi riscontrerò. Vostro fratello G. Eymard. P.S. Per favore, speditemi per posta il mantello, perché ne avrò bisogno, e non dimenticate il gilet di pelle. Sig.na Julien-Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 9 REVERENDO DUMOLARD (V, 235, 2) Viva Gesù. Lione, 16 ottobre 1839.

Caro amico, è ora che le scriva. Da molto desideravo farlo, ma non osavo per il timore che la mia lettera fosse intercettata. Sono infatti a conoscenza delle voci che circolano e del controllo a cui lei è sottoposto. Ma tutto considerato è meglio affidarsi alla protezione di Dio.

Da due mesi ormai mi trovo qui, ma è come se fossero due giorni. Provai un sentimento di gioia al momento del mio ingresso: mi sentivo al mio posto, e la volontà di Dio si era compiuta. Ebbi la fortuna, otto giorni dopo l’entrata, di fare il ritiro con la comunità. Non mi è possibile descriverle ciò che sono questi ritiri, la fraternità che vi regna, la santa gioia che anima tutte le riunioni, l’edificazione costante degli anziani. Quanto ci si vuol bene in questa Società di Maria! In occasione di questo ritiro ho avuto la possibilità di fare la conoscenza di un buon numero di maristi. Successivamente è venuto a mancare, nella diocesi di Belley, un marista: egli è morto sereno, circondato dai suoi confratelli. In questa circostanza mi sono ricordato ciò che lei mi disse parecchie volte: bisogna prepararsi alla morte! Come lei me lo vado ripetendo tutti i giorni. È vero che morendo nel seno di una comunità non si può contare sulla fatua speranza di essere pianti come in una parrocchia; ma si hanno consolazioni, incoraggiamenti ed aiuti che invano si cercherebbero nel mondo.

Ho saputo delle difficoltà che hanno mosso al reverendo Baret e delle speciose motivazioni addotte: uno zelo genuino, la necessità di non abbandonare il proprio posto, l’opportunità di fare il bene là dove ci si trova e di preferire un bene certo ad uno incerto, e poi sollecitare l’intervento del vescovo. Così facendo si finisce a volte col far credere all’interessato che proprio quella è la volontà di Dio. Quando l’ho saputo non ho potuto impedirmi di ringraziare sinceramente il Signore di avermi risparmiato tutte queste trappole e mi sono detto: Peccato! forse dei tre io solo sarò il prescelto, eppure non lo meritavo. - Anche a me giungono delle rimostranze e si tenta di strapparmi dal luogo del mio riposo. Ma è Dio che ha iniziato e Maria mi otterrà la perseveranza e, se sarà necessario per liberarmi da ogni vigliaccheria, la grazia apostolica dell’Oceania.

In questo momento il noviziato si accresce; avremo il vantaggio di essere molto edificati dall’esempio di parecchie persone che hanno affrontato grandi sacrifici per arrivare sin qui. Dopo il nostro viaggio dell’anno scorso, sono state fatte molte riparazioni; ora noi occupiamo tutta la casa, e abbiamo due, per non dire tre cappelle interne. Sono stato molto sorpreso nell’apprendere da alcune lettere che sarei stato malato, io non me ne sono accorto! No, mio caro amico, in una parrocchia non si avranno mai i benefici temporali che si hanno in una comunità! Spero che mi manderà senza indugio le sue notizie, perché le desidero vivamente. Ho saputo che il suo venerando zio è morto; che bella figura! Sono e sarò sempre il suo amico G. Eymard. Rev.do Dumolard, rettore di Villard-St-Christophe, par La Mure (Isère).

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10 CO 10 MARIANNE EYMARD (III, 10, 7) Viva Maria. Lione, 9 novembre 1839.

Care sorelle, approfitto della stessa persona, che mi ha portato il mantello, per ringraziarvi e per mandarvi le mie notizie. Sto bene e sono sempre molto contento della magnifica vocazione alla quale la Vergine mi ha chiamato. Ora ho un solo desiderio: rendervi partecipi della mia felicità, esortandovi ad adorare la volontà di Dio, e poi a imitare nei limiti del possibile la vita nascosta della Vergine SS. Perché alla fin fine essere separati in questo mondo per qualche tempo gli uni dagli altri non è una grande perdita; ciò che a noi deve stare a cuore è il ritrovarci lassù in cielo. Perciò dobbiamo lavorare a distaccarci da tutto ciò che non può conciliarsi con l’amore di Dio, per amare unicamente Gesù crocifisso e Gesù nascosto nel SS. Sacramento. Vi dirò che la gente di campagna è molto più felice della gente di città; noi qui avviciniamo tutte le classi, ma anche tutte le miserie umane. Vi devo anche una spiegazione sulle preoccupazioni che vi hanno angustiato. Voi eravate convinte che il mio intento fosse partire per le missioni. Se avessi la salute necessaria ne piangerei di felicità, ma non spingo la mia ambizione fino a quel punto. Resto a Lione. Vi esorto con tutto l’affetto fraterno a prendervi cura della vostra salute e a gioire nel Signore, come io chiedo molto spesso a Maria per voi. Vostro fratello G. Eymard. P.S. Salutatemi Joseph Desmoulins. Anche se mi trovo a Lione, tutti i giorni penso a lui e vorrei continuare

ad essergli utile nel Signore. Sig.na Marianne Julien-Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 11 MARIANNE EYMARD (III, 11, 8) Viva Maria. Lione, 21 novembre 1839.

Care sorelle, oggi nel bel giorno della Presentazione al tempio di Maria, ho avuto il piacere di offrirvi insieme con me a lei nel santuario di Fourvière. Tutte le volte che ci vado, e ci vado due volte la settimana, prego sempre questa buona madre per voi. Se le mie preghiere fossero altrettanto efficaci come sono frequenti, sareste certamente felici come è felice in questo mondo una sposa di Gesù e di Gesù crocifisso.

Ho visto il signor Faure. Ho avuto una ennesima prova del grande affetto di questo caro amico per voi, che non si è peritato ad affrontare un viaggio tanto lungo. Certamente, se motivi umani mi avessero guidato nella scelta di una vita più perfetta, la presenza e le ragioni del signor Faure mi avrebbero scosso. Non mi fido in alcun modo delle mie forze né di alcuna qualità umana, ma ripongo tutta la mia fiducia in Maria e abbandono a lei la mia sorte; spero perciò di perseverare in questa bella vocazione, di portare il suo nome, di servirla e di farla amare. Anche se io non sono per voi un motivo di vanto, mi pare che in ragione della vostra devozione a Maria dovreste essere contente di avere un fratello marista. Se io per voi sono inutile, voi però vi potrete rivolgere con maggior fiducia e diritto a Maria. Consolatevi quindi con la Vergine SS. vostra patrona e ricordatevi che Maria fu più grande ai piedi della croce di quando viveva nella gioia accanto a Nostro Signore. Ah, se meritassi di essere esaudito, voi non avreste il timore di non farcela e di vivere infelici per l’avvenire, e io non avrei il cuore desolato dalle lacrime che continuate a versare. Dio vi ha messo

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alla prova, ma se avrete una grande fiducia la prova cesserà. E non pensate mai che la vostra tristezza può affliggere il cuore di Gesù e della sua santa madre, e che abbreviando così i vostri giorni finirete con l’abbreviare anche i miei? Suvvia, anche se vi hanno detto che sono stato duro e ingrato e che non volevo più saperne di voi, il mio giudice è il buon Dio. Lui sa quanto vi sono affezionato e che nessun motivo umano mi ha condotto qui. Sono addolorato, perché vi lasciate suggestionare da questi discorsi pieni di cattiveria e di menzogna. Da questo potete conoscere che cosa è il mondo. Dio solo è l’unico degno di essere amato.

Vi spedisco l’assegno, perché non ha potuto portarvelo il signor Faure. In merito alla donazione, siccome mi occorrerebbero più di 100 fr. per farla, non so decidermi ad affrontarne la spesa. Ma tranquillizzatevi, mai e poi mai l’idea di spogliarvene mi è passato per la testa né mai mi passerà. Ho già fatto il testamento a vostro favore; esso è il primo e sarà anche l’ultimo. Io so che, se voi sopravvivrete a me, farete delle opere buone con ciò che vi resterà. Perciò io vi lascio tutto, convinto che non vi dimenticherete di me che sono vostro fratello. Non lasciatevi tentare dal demonio.

Ringraziate la signora Reynier dei suoi saluti; sappia che nelle mie preghiere la ricordo sempre insieme con voi. Di solito celebro la messa alle 6,30. Quando vedrete il signor Ripert, ditegli che il mio affetto per lui resta immutato. Io sto bene e chiedo per voi il medesimo favore. A questo scopo ho incominciato ieri a Fourvière una novena; offrirò tutto ciò che mi sarà possibile fare per ottenere quello di cui avete bisogno. Vostro fratello in Nostro Signore G. Eymard, p. P.S. Vi prego di farmi sapere immediatamente se avete ricevuto la lettera, per liberarmi dall’ansia che possa

andare smarrita. Sig.na Marianne Julien-Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 12 SEMINARISTA GAY (I-S, 62, 1)

Belley, 3 agosto 1840.

Chi vive della regola, vive per Dio (San Paolo). È tempo di riscaldare il mio cuore gelido. Per mancanza di alimento celeste sono ridotto in questo stato di tiepidezza che mi porta alla rovina. Per uscirne userò i mezzi seguenti.

PIETÀ L’intera preghiera del mattino e della sera la farò in un luogo tranquillo. Più si soffre nella

preghiera e più si tocca il cuore di Dio. Reciterò due decine del rosario. Maria sarà sempre l’oggetto dei miei più teneri sentimenti di amore. Farò una lettura spirituale. Sceglierò la biografia di un santo ..., e ne farò una lettura continuata per evitare l’incostanza così nociva alla pietà. Mi accosterò ai sacramenti all’Assunta e alla Natività.

Ogni giorno farò l’esame sul regolamento passeggiando. Il lavoro non si estenderà oltre le due ore al giorno, regolandomi in ciò sulle mie forze.

Chiunque ostenta incredulità o vizio sarà per me come un demonio. Se dovrò starci insieme per necessità, la mia reazione sarà un atteggiamento contrariato. Se richiesto, professerò francamente la mia fede. Se questa venisse messa in ridicolo, abbandonerò la compagnia o col mio silenzio riporterò una duplice vittoria.

Mi sforzerò di mantenermi in uno stato di calma, evitando la frenesia dei desideri violenti. Mi eserciterò nella santa indifferenza, in attesa della volontà di Dio. Tutte le mie preghiere mireranno a questo scopo.

O mio buon angelo custode, richiama alla mia memoria questa promessa, presentala a Maria e tu, o madre mia, presentala a Gesù. Il cominciare e il perseverare siano uno dei fiori della mia corona.

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13 CO 13 MARIANNE EYMARD (III, 13, 9) Viva Gesù, lode a Maria. Belley, 9 agosto 1840.

Care sorelle, è ormai tempo che vi scriva; da molto tempo attendo con ansia le vostre notizie. Se col non rispondermi alle mie due ultime lettere avete voluto affliggermi, ci siete riuscite; ma dovete sapere che, dando l’addio al mondo, non ho dato l’addio all’amore fraterno. Certamente merito che non mi siate più affezionate, perché so quanto vi ho fatto soffrire durante tutta la vita. Ma che cosa farci! se il buon Dio vuole che io sia la vostra croce, vuole anche che amiate questa croce. Oh, mie care sorelle, è meglio che piangiate sul mio corpo che se avessi avuto la disgrazia di farvi piangere sulla mia anima. È vero che sono inutile per voi sul piano materiale, ma la Vergine a cui vi ricordo tutti i giorni, vi ricompenserà. Non vi chiedo che una cosa, che mi facciate sapere lo stato della vostra salute; se non mi è possibile portarvi aiuto, potrò condividere almeno le vostre pene e pregare con più ardore ...

Quanto a me, io sto bene; abbiamo iniziato le vacanze ed ora possiamo riposare un po’. Ho saputo con disappunto dei famosi dissesti accaduti a Grenoble; ora ringrazio il buon Dio di non avere venduto col vostro assenso il poco che ci restava. Da per tutto oggi non si parla che di bancarotta e non si può più rischiare di collocare il proprio denaro senza la garanzia delle ipoteche.

Su, care sorelle, coraggio e fiducia. Quest’anno non verrò a trovarvi, perché la mia presenza non farebbe che rinnovare il vostro dolore. Anche il buon Dio vuole questo sacrificio, perché non potrei venire a La Mure senza vedere Monteynard e non avrei il coraggio di andare a piangere sulla tomba delle persone che tanto ho stimato. Scrivetemi, sapete che non faccio attendere la mia risposta; provo un gran piacere nel rispondervi. Celebrerò la messa per voi il giorno dell’Assunta: unitevi a me con l’intenzione. Forse farò una capatina a St-François Régis; e là, vi assicuro che avrete la più grande parte delle mie preghiere. Vostro aff.mo in Nostro Signore G. Eymard. Sig.na Julien-Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 14 MARIANNE EYMARD (III, 14, 10)

Belley, 27 settembre 1840.

Cara sorella, continua i tuoi sforzi per imparare scrivere. Vedo con piacere che fai progressi: ora ti capisco senza alcuna difficoltà. Quando leggi fa’ bene attenzione a come le parole sono scritte, per poterle scrivere tu stessa in modo esatto; bisogna abituarsi a contare le lettere.

La vostra lettera mi ha molto rallegrato. Il buon Dio e la sua santa madre vi benedicano; mi siete di fatto sempre presenti davanti a Dio e non chiedo nulla al cielo senza fare partecipi anche voi. Quanto agli 8 fr. di cui mi parlate, io non ho applicato le otto messe, perché voi sapete che, per non rimetterci del tutto, solitamente applico solo la prima e l’ultima messa della novena quando non viene fatta alcuna offerta. Se volete trattenere questo denaro, io celebrerò le 8 messe al più presto. Nelle solennità di Nostro Signore e della Vergine unitevi sempre spiritualmente a me, perché celebro in parte per voi.

Sono costretto a rinunciare alla visita a La Mure, prima di tutto perché il viaggio a La Louvecs mi ha affaticato, anche se ora sto abbastanza bene; e poi è ormai vicino il rientro degli alunni e bisogna che prepariamo bene ogni cosa; devo infine assentarmi cinque o sei giorni per le mie incombenze, per fare visita cioè ai nostri docenti. Se il parroco ha la bontà di parlare di me,

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ringraziatelo; sono affezionato a questo buon sacerdote, e anch’egli mi vuol bene. Quanto al caro amico Baret c’è sempre un posto per lui nel mio cuore. Ringrazio Dio della paterna provvidenza che ha usato verso i suoi figli, mi hanno infatti riferito che il raccolto è stato buono. Sono costretto a lasciarvi perché siamo negli esercizi spirituali; ho dovuto chiedere la dispensa per incontrarmi con il caro Benvin e per rispondervi. Il vostro sempre affezionato in Gesù Cristo fratello G. Eymard. Sig.na Julien-Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère). Espresso.

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CO 15 MARIANNE EYMARD (III, 15, 11)

Belley, festa dell’Immacolata 8 dicembre 1840.

Carissime sorelle, è da un mese che volevo scrivervi e non so come è successo che la vostra lettera mi ha sorpreso in questo stato di inerzia. Ne sono tutto mortificato. Non posso neanche scusarmi con le mie molteplici occupazioni, perché avrei dovuto rubare un po’ di tempo al sonno. Insomma, scusate il ritardo, un’altra volta sarò più tempestivo. Comunque all’inizio di un anno scolastico c’è tanto da fare che veramente si è un po’ scusabili. Desideravo sempre di avere un’ora tutta libera per potere intrattenermi con voi, ma restava sempre un desiderio soltanto. Finalmente oggi, nel bel giorno dell’Immacolata Concezione, vi scrivo e scrivo a voi prima che a tutti gli altri, perché devo sbrigare almeno sei lettere. Per due mesi sono vissuto come un eremita senza alcun contatto con gli amici.

Io sto molto bene; grazie alla Vergine non mi sono ammalato. Le mie attuali incombenze sembrano molto confacenti al mio temperamento: c’è sempre da fare ma non si è troppo pressati. Non abbiamo avuto alcuna calamità da lamentare qui. Belley è situata un poco in alto e non vi è nulla da temere; nel dipartimento però vi sono stati disastri incalcolabili. Dio ci ha voluto visitare. Noi lo dimentichiamo un po’ troppo, ed egli ci castiga.

Mia cara sorella, ce l’hai sempre con me perché non sono venuto a trovarti durante le vacanze; ma sappi che mi è costato molto. Pensavo di scriverti da Chatte per invitarvi tutte e due colà, ma mi sono detto: non è opportuno far venire da così lontano le mie buone sorelle. E poi dovrò consolarle e asciugare le loro lacrime, io che ho già il cuore già molto angosciato a motivo delle loro sofferenze. Quanto ad una capatina a La Mure, un religioso è sottoposto all’obbedienza. E poi non me la sentivo proprio di venirci per ascoltare tante lamentele e tante rimostranze da parte degli amici; per dirvela chiara, non me ne sentivo il coraggio. Insomma, se è stato uno sbaglio, perdonatemi anche questo.

Non mi date alcun particolare sulla vostra salute né sui vostri affari; beh, anch’io ve lo perdono. Voglio sottolineare una piccola malignità, senza rancore però: chi ha vergato l’indirizzo vi ha consigliato di finire la lettera così: «Hai ragione di non amarci quanto i tuoi amici». Innanzitutto è una grande menzogna, ma anche, secondo me, una gran sciocchezza. Mi sono accorto subito che la lettera è stata scritta sotto dettatura, perché voi le altre volte alla mia colpa e alla mia pigrizia avete rivolto rimproveri più dolci. Giudicate voi se non sono ragionevole: io prego più per voi che per me. Tutte le mattine alle 7 avete la metà della mia messa, e quando faccio la Via crucis, di tutto ciò che domando ne avete una buona parte; cercate piuttosto di fare altrettanto per me. Non mangiamo lo stesso pane, ma abbiamo lo stesso padre celeste e un giorno saremo sullo stesso trono. G. Eymard, p.s.m.d. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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16 CO 16 MARIANNE EYMARD (III, 16, 12) Viva Gesù. Belley, 2 gennaio 1841.

Carissime sorelle, ho ricevuto ieri la vostra lettera di Buon Anno. Voi mi augurate un anno felice; ve ne ringrazio e ricambio a tutt’e due il medesimo augurio: quest’anno sia un anno proficuo per il cielo. È questo, penso, anche il vostro pensiero, perché quanto alla felicità qui sulla terra non ce n’è mai stata da quando Dio disse ad Adamo peccatore: «Con il sudore del tuo volto mangerai il pane» (Gn 3, 19). Non vi sarà mai felicità in questo mondo per i discepoli di Gesù Cristo, ma persecuzioni e croci da portare e incessanti sacrifici da affrontare. È ciò che il Signore ci riserva in questo mondo e di cui vi ciba da molto tempo. Ma, care sorelle, quando uno vuol lavorare un masso per farne il bell’ornamento di un palazzo, non va a scegliere una pietra inadatta, tutta sgretolata perché sarebbe fatica sprecata: andrebbe in frantumi sotto i primi colpi dello scalpellino. E quando si cerca un amico lo si mette alla prova prima di aprirgli il proprio cuore. Non meravigliatevi perciò se il buon Dio agisce in questo modo nei vostri riguardi. Non io né nessun altro siamo la causa dei vostri sacrifici ..., siamo solo l’occasione. È Gesù che lo vuole; si serve perfino del vostro fratello per farvi soffrire! Che cosa fare? Bisogna stimarsi fortunati di avere qualcosa da offrire a Dio; non a tutti è concesso di seguire tanto da vicino il Signore. Riflettete e pensateci quanto vorrete; la risposta decisiva è: per entrare in cielo bisogna soffrire molto sulla terra. La pazienza evangelica e la generosità della sposa del salvatore, mie care sorelle, è ciò che vi auguro e che domando due volte al giorno per voi alla Vergine. Potete ben crederlo, non ho mai pregato tanto per voi come da quando sono religioso. Voi siete la sola cosa al mondo che amo e l’unico oggetto dei miei desideri in Gesù.

Il fatto increscioso che vi è accaduto nei giorni scorsi mi ha molto addolorato, ma bisogna farsi animo e riporre tutta la propria fiducia in Gesù e in Maria. Vi accadrà sempre solo ciò che Gesù vuole e desidera. Sarebbe forse bene assicurare la casa presso il signor Clavel, o meglio prendete come assicuratrice la Vergine. Datele ogni anno una piccola somma per questo scopo ed ella ve la custodirà con premura.

Domani festa di san Giuseppe celebrerò la messa per voi. Tu, Marianne, continua a sforzati per scrivere sempre più correttamente, ma voglio leggere ogni volta anche la firma della buona Nanette. Non so perché non la vedo più ... Non sarà mica ammalata? Nelle vostre lettere vorrei mi fosse fatto conoscere qualche fatto del paese. Mi è stato riferito che uno dei vicari è partito come conseguenza di un certo complotto. Male! State attente, mie care sorelle, credetemi: portiamo molto rispetto ai nostri sacerdoti, diamo loro segni di grande riverenza e riteniamoci felici di potere dare loro prova della nostra stima e della nostra fiducia. E quanto agli intrighi e a parteggiare per l’uno contro l’altro, guardiamocene bene. Ma so che in queste cose voi siete prudenti. Per favore, datemi notizie del signor Lesbros, della Cros madre e della stimata famiglia del signor Fayolle; quando ne avrete l’occasione vogliate presentare loro i miei rispetti. Qui nulla di nuovo. Io sono abbastanza in forze. Vi voglio sempre molto bene: confidatemi le vostre pene e io ne porterò la metà con voi. Siamo fratelli, no? Vi abbraccio nei cuori di Gesù e di Maria. Vostro fratello G. Eymard, p. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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17 CO 17 MARIANNE EYMARD (III, 18, 13) Viva Maria. Belley, 5 febbraio 1841.

Carissime sorelle, oggi è una ricorrenza significativa per me, perché proprio oggi ti ho avuta come madrina. E lo sai che milioni di volte ti ho chiamata con questo dolce nome. Entrando nello stato ecclesiastico ti ho dato quello di sorella, ma i sentimenti di figlioccio perdureranno fino in cielo, perché ti sono debitore di molto, soprattutto di avermi tenuto lontano nella giovinezza dalle occasioni di male. Posso quindi dire che in parte devo a te la mia vocazione allo stato ecclesiastico. Ero in quel tempo circondato da troppo cattive compagnie per non diventare molto vizioso. Prego vivamente il Signore di tenerne conto per te nel gran giorno della ricompensa. Ho sempre conservato per sant’Agata, festa del giorno del mio battesimo, una grande devozione.

Sento pure il bisogno di scrivervi per sollecitare le vostre notizie. Sto in grande ansia a seguito dell’incidente di cui vi ho fatto cenno; temo che lo spavento e l’emozione non vi abbiano fatto cadere ammalate tutte e due. Se volete farmi cosa gradita mandatemi le vostre notizie.

Avevo appena terminato la mia ultima lettera quando fui assalito da un rimorso. Vi avevo inviato parole di sofferenza invece che di consolazione; vi esortavo ad amare la croce e forse voi ne siete sovraccariche. Insomma, non potendo consolarvi con la mia presenza, non mi restava che additarvi Gesù in croce e quindi il paradiso aperto e la duplice corona che vi attende.

Io sto abbastanza bene, ma ho un grande desiderio: diventare santo in fretta per andarmene in cielo a vedere la Vergine e il nostro povero babbo e la mia buona mamma. Comincio a struggermi qui sulla terra. Vi voglio sempre molto bene, ma non abbiatene a male se tutto il mio amore per voi si limita alla vostra santità e quindi al paradiso. Tuttavia prego il Signore di lasciarvi ancora un po’ sulla terra; preferisco che facciate qui il vostro purgatorio. Nelle vostre lettere datemi notizie della signora Lesbros, a cui presenterete i miei ossequi, del reverendo Second e di Joseph Desmoulins. Se è avvenuto qualche decesso, favorite fornirmene il nominativo. Mi piace tanto pregare Dio per coloro che ho conosciuto. Vostro aff.mo in Nostro Signore G. Eymard, p.m. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 19 MARIANNE EYMARD (III, 19, 14) Viva Maria Belley, 19 aprile 1841.

Mia buona sorella, speravo di venire a trovarti dopo la Pasqua, ma fino ad oggi ne sono stato impedito dal raffreddore e dal mal di gola; adesso però sto meglio. Fra una decina di giorni avremo le prime Comunioni; siccome ne sono incaricato io, non potrò venire a trovarti se non in seguito. Perciò, a Dio piacendo, verrò a farti una breve visita all’inizio di maggio.

Le lettere che ho ricevute sul tuo stato mi rattristano molto e mi spronano a pregare intensamente per te. È un dovere e un conforto per me. Tu mettili a frutto questo purgatorio, questo calvario e questa croce. So bene che la natura non ama la sofferenza, ma con essa la fede diventa più generosa e la pietà si purifica; ne consegue una maggiore intimità con il buon Gesù. Tutto quello che ti resta da fare è di startene in un’amorosa indifferenza alla santa volontà di Nostro Signore. Noi lo pregheremo di lasciarti ancora qui. La speranza di un miglioramento mi consola, ma mandami spesso le tue notizie. Prego la buona Nanette di avere un po’ di riguardo per la sua salute.

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Il suo buon cuore le fa dimenticare le sue necessità, ma deve riguardarsi. Avete degli amici che senz’altro avrebbero piacere di poterla aiutare. Nelle tue sofferenze prega per me. Tuo fratello G. Eymard, p.m. Sig.na Marianne Julien-Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 20 ANTONY MAYET (II-S, 44, 1)

Belley, 17 maggio 1841.

Caro signore, voglio mantenere la parola e farle pervenire della roba di contrabbando. Spero che troverà la merce di buon gusto; le signorine ne saranno arbitri. L’ispirazione è partita da casa sua, poi il cesello della mano ne ha alzato il pregio. È tanto abile quella mano! Essa porta il suo cuore ed è così tenero verso il suo caro Tonny! Quando vuole svagarsi mi racconta le sue imprese, quando ha bisogno di sfogarsi mi parla di lei. Ah, quanto le vuol bene questo caro fratello! Non ho ancora trovato nessuno tanto delicato e tenero nell’amicizia. Sua sorella gli ha procurato un indicibile piacere con il quadro speditogli di recente. Di salute va così così. Peccato che non si possa cmunicare la forza come si scambia l’amicizia! Egli pensa di andare subito in vacanza a Uriage. Desidero tanto poterlo accompagnare; se sarò libero ne avrò piacere. La sua breve visita l’ha lasciato ben vivo nella nostra stima. Tutti i nostri professori le si sono affezionati. Una seconda visita ci farà ancora più piacere. Lei sa che due fratelli non fanno che uno solo, ma consideri pure me come il terzo. Eymard, dirett. P.S. Saluti, caro amico, al prossimo furto, ma mi dovrà risarcire. Sig. A. Mayet, negoziante, c/o M. Menthe e C. agenti di commercio - rue des Capucins - Lione.

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CO 21 MARIANNE EYMARD (III, 20, 15) Viva Maria. Belley, 7 luglio 1841.

Care sorelle, sono in grande ansia per la vostra salute. Ogni giorno attendo le vostre notizie, ma vedo che mi avete dimenticato. Non so se vi ho causato qualche pena, ma l’avrei fatto del tutto involontariamente, perché lo sapete che vi voglio bene, e i miei due viaggi dovrebbero averne dato la prova. Perciò scrivetemi subito due righe. Spero che le cose stiano migliorando di giorno in giorno: è la sola spiegazione che posso dare del vostro silenzio. Io ho fatto un buon viaggio, ma non mi sono fermato in alcun luogo, neppure a Grenoble, dove pur presentivo quanto si aveva bisogno di me. E sto bene. Su, care sorelle, coraggio! con l’aiuto di Dio tutto andrà per il meglio. Sono ritornato da La Mure con un vivo senso di riconoscenza per le buone amiche che vi dimostrano tanto affetto: la signora Lesbros, la cara e stimata famiglia Fayolle, la gioviale Victorine, ... La mia lettera è breve, ma il cuore dice tante altre cose. Amate molto Gesù e la sua santa madre. Vostro fratello G. Eymard, p.m. Sig.na Marianne J.-Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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21 CO 22 MARIANNE EYMARD (III, 21, 16)

Belley, 30 novembre 1841.

Care sorelle, sono un po’ in ritardo nello scrivervi. Non avevo nulla di interessante da comunicarvi, e così ho rimandato di giorno in giorno; ma so che potete stare in ansia, perché mi siete sempre affezionate.

Ho saputo che stavate bene. Mi piace pensare che la salute si mantenga, e che Nanette vada riacquistando le forze dopo tante veglie e tante preoccupazioni. Sì, il Signore deve avere scritto nel suo libro della carità e della vita le sue tante sofferenze, i molti sacrifici e la sua grande generosità. Ecco, care sorelle, come il buon Dio tratta i suoi: li lascia a lungo sul calvario, ma Gesù rimane appeso alla croce sopra la nostra testa e la sua santa madre sta al nostro fianco per incoraggiarci. Sarà magnifico la vostra ricompensa, perché Gesù sofferente ha condiviso con voi tanti calici di amarezza.

Perdonatemi, mi avvedo che sto facendo una predica, mentre volevo solo raccomandarmi alle vostre preghiere, esortarvi ad avere cura della vostra convalescenza ed assicurarvi che sto bene. Ho temuto che il rientro in famiglia dei ragazzi di La Mure potesse a suscitare in voi apprensione. Non preoccupatene, ho usato con loro tutta la comprensione che mi è stata possibile. Ma che cosa potevo fare? Questi poveri ragazzi erano troppo indietro rispetto ai loro compagni e io non potevo farne delle persone istruite in un solo giorno; essi comunque sono partiti contro la mia volontà, soprattutto Gaillard ... Il reverendo Baret forse ne sarà rimasto male. Tocca a loro scusarsi, non a me; avevo dei motivi per non essere contento. Cercate di accertarvi se il reverendo Baret tiene il broncio; in tal caso gli voglio scrivere ... Sono in Nostro Signore vostro fratello G. Eymard, p.m. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 18 MARIANNE EYMARD (III, 29, 22)

Grenoble, giovedì 1841.

Cara sorella, ho ricevuto ieri la lettera del parroco, che mi informa dello stato di infermità in cui ti trovi. La triste notizia mi ha profondamente addolorato e ne ho sentito un gran dispiacere. Sono partito immediatamente da Belley per venire a trovarti. Per fare in fretta ho preso una via traversa, ma oggi mi è impossibile muovermi da Grenoble, perché non ho trovato posto sulla diligenza. Non potrò ripartire da qui se non domani; arriverò domani sera alle 8. Ah, povera sorella, avevo rinviato alle vacanze la mia visita, l’avevo ormai stabilito; ma poiché il buon Dio ti manda la sofferenza, voglio venire per soffrire insieme con te. Il tuo povero fratello angosciato G. Eymard. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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23 CO 23 MARIANNE EYMARD (III, 22, 17) Sian lodati Gesù Cristo e Maria Immacolata. Belley, 19 gennaio 1842.

Care sorelle, mi sono accorto che è da lungo tempo che non vi scrivo. Avevo l’intenzione di farlo in occasione del Capodanno, e in seguito nelle due altre occasioni che mi si sono presentate, ma ho avuto tante occupazioni che, rimandando di giorno in giorno, sono arrivato del tutto sorpreso io stesso sino ad oggi. Ho saputo che state così così. Certo, l’inverno deve essere per voi una stagione pericolosa, soprattutto per gli improvvisi cambiamenti del tempo. È una ragione in più per trattenervi nella vostra camera, ma con il bel tempo le forze ritorneranno. Eh sì, care sorelle, nello stato di sofferenza spesso si ha bisogno di tutta la propria virtù per gettarsi tra le braccia della provvidenza di Dio e per rassegnarsi amorosamente alla sua adorabile volontà. Ciò a voi non fa difetto; ed è l’unico conforto in qualsiasi stato in cui ci capiti di trovarci.

Dunque avete visto il mio confratello reverendo Dubreuil. Mi ha fatto piacere che vi abbia fatto visita: ne sarete state molto contente, immagino, perché è così simpatico! Anch’io lo voglio ringraziare. Ho saputo che il reverendo Cat è benvoluto e che il bravo reverendo Verdun sta ottimamente; il che mi ha fatto molto piacere. E anche il reverendo Rabilloux è sempre zelante e brillante. Molto bene. Ho sempre accarezzato l’idea di scrivere a questi sacerdoti, ma le mie lettere non possono offrire nulla di interessante per loro. Io mi trovo sempre in mezzo ad una grande famiglia di ragazzi; quello che interessa me non può interessare loro, perché il loro è un ministero completamente diverso. Vogliate comunque scusarmi presso di loro. Anch’io sono molto pigro nello scrivere; credo che questa sia la prima o la seconda lettera che scrivo per il Capodanno. Ne ho ricevuto una dal mio caro amico Fayolle: sta bene. Mi ha fatto tanto ridere parlandomi di un trasferimento che gli è stato proposto come cappellano a Mont-Fleury. Bene, ma se quelle signore hanno creduto che le avrebbe precedute per lusingarle e compiacerle, si sono affatto illuse. Egli mi dice che l’hanno giudicato troppo grossolano, maleducato e inflessibile e ne hanno avuto paura. Eppure il reverendo Fayolle è una persona perbene e molto retta, è però alieno dall’adulazione e dalle moine. Bisogna conoscerlo ben bene per meglio apprezzarlo; insomma, è tutto divertito della sua avventura ...

Favorite presentare i miei complimenti alla cara famiglia. Io sto bene; d’altronde non ho il tempo di ammalarmi; sarò più preciso la prossima volta. Pregate per me. Siete nel giusto pensando che mi siete sempre presenti nella preghiera. Vostro fratello G. Eymard, p.m. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 24 SIGNORA PERROUD (III-S, 86, 1)

29 gennaio 1842.

Il caro amico [Claudius Mayet] mi cede un angolino, e io ne approfitto per testimoniarvi la mia riconoscenza e felicitarvi per la solitudine della cappella e della casa di Nazaret a Pommiers. Non posso pensarci senza un sentimento di tenerezza: si è felici dovunque si sa trovare Gesù Maria Giuseppe, vivere in loro compagnia e come loro. Con il caro p. Mayet parlo spesso di Pommiers, del buon papà Perroud, l’uomo più fortunato, perché ha trovato e messo al sicuro un grande tesoro; al Giuseppe della famiglia di lunghi anni, perché avrà il tempo di riposare in cielo; e di lei, signora, madre di una famiglia così numerosa. La vita di fede vi fa trovare la vostra felicità là dove tanti altri

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non troverebbero che una triste e desolata solitudine. Con Gesù, Maria e Giuseppe si possiede tutto: meno rumori, meno occasioni di dissipazione, meno feste chiassose. Ma si ha la pace dell’anima, l’amore del proprio stato, il cielo sulla terra.

Ci piace anche parlare della nidiata dei piccoli. Oh, quanto siete fortunati! voi curate di persona la loro prima educazione. Al vostro fianco questi cari piccoli s’imbevono dello spirito di famiglia, dell’amore dei genitori, delle prime impressioni della fede, impressioni che saranno indelebili; cresceranno quindi anche più istruiti e più giudiziosi. Compiango i genitori senza esperienza o senza prudenza, che allontanano da sé i figli appena arrivano all’uso della ragione. È il peggior danno che si può recare ad essi; non saranno che dei figlioli senza amore e senza gioia.

Noi preghiamo molto per Tony in Oceania ... Speriamo bene per la salute del caro fratello Claudius: egli sta meglio, e anch’io spero molto. Se è necessario un miracolo, Gesù è Dio e Maria la sua divina madre, e il padre Mayet è loro figlio.

Volevo mandarvi solo poche righe, ma mi accorgo che sono stato troppo lungo. Scusatemi, anche se è vero che d’inverno ce n’è di tempo per leggere. Restiamo uniti nelle preghiere e nelle buone opere, tutto a metà: l’unione fa la forza. Dev.mo nel Signore G. Eymard, p. m. dir. NOTA: Poscritto di una lettera del p. Claudius Mayet alla sorella signora Emma Perroud.

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CO 25 MARIANNE EYMARD (III, 23, 18) Viva Gesù. Belley, 19 marzo 1842.

Care sorelle, stavo per scrivervi quando ho ricevuto la vostra bella lettera. Ero in ansia per la vostra salute; temevo che il tempo tanto rigido avesse moltiplicato i vostri dolori, e invece a quanto mi dite nella lettera, state discretamente. Ma nel vostro stato così precario dovete evitare per quanto è possibile le sensazioni penose, perché vi farebbero troppo male. Cercate di mantenervi nella santa gioia che raccomandava tanto spesso san Paolo e che rende l’anima più forte e più giuliva. Tu, Marianne, mi rammenti nelle battute conclusive i miei viaggi dell’anno scorso. Beh, cara sorella, per me non furono viaggi di piacere. L’ansia in cui mi trovavo e il ricordo delle tue sofferenze, tutto contribuiva a rendermi triste; il mio solo conforto era che ti sapevo devota, che adoravi al pari di me i disegni di Dio e che baciavi amorosamente la sua mano crocifiggente.

Al pensiero della gentilezza e della carità dei buoni signori di La Cure nel venire a trovarti e a consolarti, la mia riconoscenza cresceva in misura della loro bontà. Ma, cara sorella, Dio solo è eterno e la sua bontà non ha fine: egli sarà sempre tuo padre e tuo consolatore. Quanto si è felici di amarlo con amore di figlia, non è vero?

Io qui mi trovo bene, grazie a Dio. Le mie occupazioni per quanto molteplici ben si accordano con i miei gusti e le mie forze; e sono contento di poter lavorare nella giovane vigna del Signore. Circa la proposta che mi fate di concedere al signor Lesbros un passaggio per andare e venire dalla propria casa, vorrei sì fare un piacere a questa brava persona, a cui dobbiamo una grande riconoscenza, ma sono convinto che una simile concessione costituirebbe una servitù che farebbe diminuire di molto il valore della casa qualora ne volessimo disporre altrimenti. E poi, la cosa richiederebbe da parte nostra delle spese.

Il piccolo Auguste va bene: desidero tanto che riesca. Suvvia, care sorelle, amiamo sempre molto Gesù e la sua divina madre. Scegliete san Giuseppe come economo e custode della famiglia. Vostro aff.mo fratello G. Eymard, dir. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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26 CO 26 SIGNORA PERROUD (III-S, 86, 2)

5 giugno 1842.

Signora, approfitto dell’occasione che mi offre il caro padre ed amico per raccomandarmi alle sue preghiere, perché la preghiera che dalla solitudine si leva verso il cielo è più ardente perché più calma e più pura. È una famiglia fortunata la vostra, che rivive in un angolino ignorato la vita di Nazareth, per la quale il mondo non conta nulla, dove esso non può neanche penetrare. Il cielo vi guarda con compiacenza e gli angeli vi hanno rizzato la scala misteriosa di Giacobbe. Io sento interesse verso tutto ciò che interessa voi. Anch’io la amo molto e spero. Sarei debitore di una visita di riconoscenza per l’invito che mi avete fatto di venire a prendermi un po’ di riposo a Pommiers, ma mi sentivo troppo stanco; la mia gratitudine non è meno grande. I miei ossequi a suo marito. Suo dev.mo in Gesù e Maria G. Eymard, p.m. NOTA: Poscritto di una lettera del p. Claudius Mayet alla sorella signora Emma Perroud.

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CO 27 MARIANNE EYMARD (III, 24, 19) Viva Gesù e Maria Immacolata. Belley, 25 giugno 1842.

Carissime sorelle, rispondo alla vostra affettuosa e interessante lettera. Mi piace rileggerla, perché i particolari che contiene mi impongono dei doveri. Avete deciso di andare a Notre-Dame du Laus. Bene! vi invidio questa fortuna, perché non posso ricordare senza una gioia profonda i giorni felici che vi ho trascorso ai bei tempi dei miei pellegrinaggi. Ho visitato molti luoghi di devozione, ma non ne ho ancora visto uno come il Laus; vi è colà un’atmosfera tanto devota e così suggestiva! Innanzitutto la solitudine in cui si penetra uscendo da Gap, quella landa deserta, quei boschi, quelle cappelle disseminate lungo il percorso, che come devote stazioni preparano l’anima a spogliarsi del mondo. È come la traversata del deserto per gli ebrei. Ah, mi ricorderò sempre che, giunto sulla montagna, al primo apparire della chiesa del miracolo e delle grazie, sentivo il cuore battere di gioia e di desiderio; una volta mi sono persino messo a correre fino ai piedi della Vergine. Se il buon Dio vuole che venga a trovarvi durante le vacanze, spero di andare anch’io, se ne avrò il tempo, a visitare e a baciare i piedi di questa buona madre, perché è là che ricevetti la vocazione dalle sue mani. Questa dolce mamma vi accompagni, care sorelle, e vi conceda quanto chiedete nella preghiera: la salute, se è nei disegni della Provvidenza, e le grazie e l’amore divino che fanno trovare il paradiso in terra. Nella festa della Visitazione mi unirò a voi e celebrerò la messa secondo le vostre intenzioni.

Se avete l’occasione di vederla, presentate i miei ossequi alla buona e virtuosa signora Amiel; ella ne ha avuto di croci, e magari è già in paradiso questa figlia di Maria. Ricordatemi pure a Magdelon. E così la signora Lesbros è sempre malata. Mi spiace per questa buona signora; oh, il buon Dio semina la sua vita di una grande quantità di dolori, ma sulla terra il calvario è da per tutto e in ogni condizione, e quelli che vi sanno trovare Gesù e Maria sono beati. Quanto al santo di cui mi parlate, credo sia il medesimo a cui mi sono rivolto per essa due anni fa, cioè san Francesco Régis. Io però ho molta fiducia nella Vergine; celebrerò per essa una messa a questo scopo il primo venerdì del mese di luglio. Mi hanno parlato di uno sciroppo straordinario, lo sciroppo Rob ricostituente del sangue del signor Giraudeau di St-Gervais, rue Richer 6 bis, Parigi. Fatele conoscere questa medicina; è un po’ cara, costa 12 fr. ..., ma si è autorizzati a scrivere gratuitamente

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all’inventore per consulto. Bisogna però essere cauti, perché non è adatto per una malattia che viene indicata sull’etichetta. Per te credo che questo sciroppo non sia indicato, perché la tua è una malattia nervosa.

Presenta i miei rispetti alla cara signora Lesbros; le dirai che la metto accanto a te nelle mie povere preghiere. E così la buona Bonnier madre è deceduta. È una santa in più in paradiso, perché sono convinto che era la persona più pia di tutta La Mure: la sua semplicità, l’umiltà, la carità, i sacrifici, le croci -, perché ne ha avute, non foss’altro per il fatto di sapere i suoi figli nel mondo. Ciò che ho apprezzato nel signor Bonnier è la grande stima e una specie di venerazione che aveva per essa. Era anche tanto premurosa e tanto affabile! Invidio sinceramente la sua corona, perché deve essere grande. Pure il povero Germain è morto; fortunato - anzi più fortunato del fratello -, egli ha fatto una bella morte. Niente ha importanza quando si muore bene. E tutti questi beni, tutte queste illusioni, vedete come tutto passa! Povera gente, che si ammazza per avere un funerale più sontuoso e una bara un po’ più bella.

Mi avvedo di essere un gran chiacchierone. Auguste va bene; gli ho fatto confezionare una blusa adatta per le passeggiate, perché non sentisse troppo il caldo ... Riesce abbastanza bene ed è giudizioso. Per favore, presentate i miei ossequi al signor Rabilloux. Ho sempre avuto l’intenzione di scrivergli, ma poi l’ho sempre disattesa; penso che sarà opportuno portargli la mia lettera. Nella vostra prossima missiva parlatemi del signor Faure, perché attendo con ansia le sue notizie. Vostro fratello G. Eymard, p.m. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 28 ANTONY MAYET (II-S, 46, 2)

Belley, 6 settembre 1842.

Signore e caro amico, mantengo la parola, ma non per rattristarla con una brutta notizia: il caro padre non è più affaticato del solito, anzi lo trovo molto sereno. L’essenziale per lui è il non parlare, e su questo non può essere troppo severo. Sono stato costretto a fare un viaggio al mio paese e con grande dispiacere, ho dovuto separarmi dal caro amico. Avrei desiderato portarlo con me per distrarlo un po’, ma il viaggio e il soggiorno lo avrebbero troppo infastidito e perciò non ho insistito. Al mio ritorno l’ho trovato come al solito.

Qui noi ci svaghiamo per quanto ci è possibile. Se lei fosse presente passeremmo sicuramente dei bei momenti, ma sembra che questa brutta influenza non la voglia lasciare. Penso che Lione e i molti affari non le lasciano il tempo di rimettersi. Se fossi il suo medico le direi: si conceda un po’ di campagna, un periodo di soggiorno a Belley, ascolti il buon senso, si rilassi un poco dalla soverchia tensione, e la salute tornerà.

Spero di capitare a Lione; la mia prima visita sarà alla sua cara famiglia. Nell’attesa sono, con tutta la sincerità e la cordialità che ben conosce, suo dev.mo servo ed amico Eymard, p. m. P.S. Voglia presentare al suo babbo l’espressione dei miei sentimenti di stima e di affetto - non si può fare a

meno di voler bene a un tal padre -, e alla signorina i miei rispetti.

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29 CO 29 MARIANNE EYMARD (III, 26, 20)

Belley, 7 ottobre 1842.

Care sorelle, bisogna proprio che mi faccia vivo e che vi ringrazi di tutte le premure che avete usato con me durante la mia ultima visita a La Mure. Sono stato molto contento del viaggio, soprattutto perché ho costatato che la vostra salute va migliorando. Curatevi con assiduità e, lo spero, andrete di bene in meglio. Evitate di esporvi all’aria troppo fredda e schivate il passaggio brusco da una temperatura molto calda a una molto fredda, come succede spesso a La Mure.

Il mio viaggio a Grenoble è stato un po’ intralciato. Siccome non sapevo che la vettura che volevo prendere passava da Monteynard, decisi sui due piedi di fermarmi fino a sera. Avendo però fretta di partire e non volendo salutarvi una seconda volta per non rinnovare il vostro dolore, mi spinsi fino a Cerf de la Motte e di là mi diressi a Pierre-Chatel. Avevano un bel dirmi che nessuno mi avrebbe visto a Monteynard, perché mi avrebbero chiuso ben bene dentro la vettura. Non volli acconsentire, perché la vista del paese e della sua buona popolazione mi avrebbe troppo commosso. Santo cielo! vengo poi a sapere per strada che il signor de Pelissière era a La Mure. Tento di prendere la sua vettura delle cinque a Pierre-Chatel, ma non c’era posto. Attendo quella di mezzanotte, ma neppure su questa c’era posto, eccetto a cassetta. Non importa, mi assido accanto al cocchiere e filiamo così fino a Grenoble, mentre tirava un’aria piuttosto fredda. Mi sono fermato tre giorni a Voreppe, ma la persona che desideravo vedere non c’era. Ho avuto però agio di conversare col signor Fayolle: egli è stato affascinante. Il suo viaggio a Roma è stato disdetto. Bene. A Lione ho fatto visita alla signora Reynier, di cui ho molta stima; mi ha detto che deve venire a La Mure. Ho pure visto e confortato la sorella della signorina Fribourg; ha sofferto molto per la perdita del figlio e sono stato contento d’esserci andato, perché una semplice lettera li avrebbe troppo meravigliati. Ho visto anche molti ragazzi di La Mure: il figlio di Cotte: egli riesce bene nel suo compito, ma bisogna stargli sempre vicini con il consiglio; il figlio di Ramus: costui non riesce egualmente bene come l’altro, ma c’è speranza. I ragazzi che mi hanno soddisfatto sono i due figli della signora Balme du Breuil: essi si comportano molto bene, sono assai giudiziosi e stanno molto bene. Il signor Desmoulins poi, che è venuto a La Mure, mi sembra un angelo di pietà.

Su, care sorelle, coraggio! Amiamo sempre molto il buon Dio e la Vergine: è il segreto per essere felici su questa terra. Abbiate la bontà di mandarmi, per il tramite del signor Artaud, il libro che ho prestato alla signorina Césarine Reynier. Potete informare il signor Artaud che la vettura di Cordon ora funziona, ma dovrà sempre fare il tragitto di due ore da Abrets a Cordon, e a Cordon la vettura non arriva che alle cinque o alle sei di sera. Se riuscisse a trovare un mezzo da Grenoble a Morestel sarebbe più comodo, per lo meno eviterebbe di fare la strada a piedi. Ho dimenticato a La Mure una sciarpa nera; se la trovate favorite mandarmela. Sempre vostro aff.mo in Nostro Signore G. Eymard, p.m. Sig.na Marianne Julien-Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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30 CO 30 MARIANNE EYMARD (III, 28, 21)

Belley, 6 dicembre 1842.

Carissime sorelle, ogni giorno mi rimproveravo il mio silenzio e mi proponevo di scrivervi, ma poi mille incidenti e mille occupazioni me lo hanno impedito. Ciò non significa che il mio affetto per voi non sia sempre egualmente grande; il mio pensiero infatti corre spesso a voi e il cuore vola ai piedi di Maria, perché vi benedica e vi ami teneramente.

Io sto sempre abbastanza bene. Qui per un po’ abbiamo avuto un tempo molto variabile: un giorno c’era un tempo splendido e magari il giorno dopo un freddo eccessivo. Da qualche tempo però il bello si mantiene. Il cielo molto sereno ci ha causato qualche mal di gola e qualche dolore di testa. Vi auguro di non buscarveli, perché non sono affatto piacevoli. Non abbiamo visto la neve.

Il piccolo Auguste va bene e non è stato malato. Vi avrei senz’altro mandato gli zoccoli che mi avete chiesto nell’ultima lettera, ma l’ho ricevuta dopo la partenza del signor Artaud e mi è stato perciò impossibile soddisfare il vostro desiderio. Spero di essere più fortunato la prossima volta. Il signor Artaud padre mi ha detto che il superiore gli ha promesso uno sconto di 50 fr., ma al momento della sua partenza la cosa non era stata ancora decisa. Stia tranquillo, andrò io stesso a pregare il Vicario generale di concedergli questa agevolazione, che però difficilmente accorda. Curatevi ben bene durante l’inverno. Le preghiere recitatele in camera, quando fa troppo freddo. E soprattutto non lavorate troppo: dopo di noi non c’è che la morte e il paradiso, spero. Nelle vostre lettere gradisco molto i fatti minuti; non dimenticate i malati e i morti, perché mi piace assai pregare per quelli che ho conosciuto. Vostro aff.mo in Cristo fratello G. Eymard, p.m. P.S. I miei ossequi al reverendo Rabilloux e al suo confratello, e un ricordo pieno di stima per la famiglia

Fayolle. Sig.na Marianne Eymard - La Mure (Isère).

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CO 31 MARIANNE EYMARD (III, 30, 23) Gesù, Maria, Giuseppe. Belley, 23 gennaio 1843.

Carissime sorelle, non è per indifferenza che ho tardato a scrivervi, ma per un po’ di pigrizia. Scrivere una lettera è infatti per me un sacrificio, e spesso mi rimproverano di negligenza. Devo scriverne almeno una decina e Dio sa quando le potrò portare a termine. Poi siccome Charles mi aveva detto che gli avevate dato una lettera per me, aspettavo di averla per rispondervi, ma non l’ho ancora ricevuta, perché il suo pacco si è smarrito per strada.

Ho ricevuto in diverse occasioni notizie su di voi e ringrazio il buon Dio che la vostra salute è discreta; si degni egli di concederla a tutt’e due completa e senza problemi. L’ho cantata io la messa di mezzanotte e ho applicato per voi, mie care sorelle. Così ci siamo ritrovati tutti e tre attorno alla culla di Gesù bambino; io lo tenevo tra le mani come prete sacrificatore, e vi offrivo a lui come mie amate sorelle. Piangeva e soffriva il divin Maestro, e sembrava mi dicesse: anche le tue sorelle soffrono e piangono; ma di’ loro da parte mia che un giorno asciugherò le loro lacrime e sarò la loro ricompensa. Amale perché mi rassomigliano, amale perché anch’io le amo. Questi sono stati i miei sentimenti durante la celebrazione della messa di mezzanotte; credo che anche voi avete pensato a me, e che tutti ci siamo ritrovati ai piedi di Gesù bambino. A Capodanno la Vergine ha accolto gli

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auguri che le ho presentati per voi. Offerti dalle sue mani essi verranno esauditi, perché è la nostra madre comune. Come sarebbe bello, mie care sorelle, se quest’anno progredissimo nell’amore di Gesù e di Maria. E come sarebbe ancor più bello se la nostra anima riuscisse a salire spesso in cielo per conoscere il cammino che deve percorrere un giorno e per una sola volta durante l’eternità. Mi ripeto spesso: andare in paradiso ben vicino a Maria, ecco la mia preoccupazione. Ed è giusto. Chi conosce il mondo vede bene che non vi è nulla da guadagnare, ma che ad ogni istante si è esposti a perdere ogni cosa. Ci si accorge che il mondo è nulla, perché non può renderci felici. Allora lo si pianta in asso e ci si va a nascondere nei cuori di Gesù e di Maria fino al giorno della morte, che spezzerà le nostre catene e squarcerà il velo che ci impedisce di vedere il volto del buon Dio.

Sto facendovi una predica, mie care sorelle, ma è ciò che voi gradite. Quanto alle notizie, esse sono tanto insignificanti che non mette conto parlarne. Io sto bene, e anche Auguste Artaud va bene. I miei rispetti e i miei auguri di buon anno alla signora Desmoulins, alla famiglia Fayolle, alla buona signora Cros - questa brava mamma che io stimo molto -, senza dimenticare il signor Fribourg e la signorina e il signor Juvin. Vostro aff.mo G. Eymard, direttore. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 32 MARIANNE EYMARD (III, 31, 25)

Belley, 9 marzo 1843.

Care sorelle, ho ricevuto la vostra lettera. Ricevo sempre con molta gioia le vostre notizie; è più che naturale, ho solo voi sulla terra. Se io non vi scrivo tanto spesso come desiderate e come io stesso vorrei, dipende dalle mie numerose occupazioni, che non hanno mai fine.

Vi esorto a non trascurarvi, soprattutto durante la quaresima. Mangiate pure di grasso, perché per voi è assolutamente indispensabile. Il parroco certamente ve ne farebbe un obbligo. Penso che una timidezza troppo pavida non vi deve impedire di chiederglielo. Egli è buono, anche se è poco espansivo; è il suo carattere. E poi, care sorelle, manteniamoci nella santa umiltà in compagnia della Vergine. Se non si accorgono di noi nel mondo, se sembra che ci dimentichino, ringraziamo il buon Dio, l’ameremo con più disinteresse. Così facevano e a questo ambivano i santi.

Ho ringraziato la signorina Marsallat per la festosa visita che vi ha fatto; è tanto buona e saggia la cara signorina! Io sto bene ...; il piccolo Auguste pure: fa progressi e ne siamo contenti. Vogliate presentare i miei rispetti ai due ottimi vicari, a cui voglio bene e che stimo profondamente. Non dimenticatevi per favore della signora Dumoulins - soprattutto raccomandatemi alle sue preghiere; della buona signora Cros - che venero come madre -, della signora Didier - mandatemi sue notizie -, e di tutta l’ottima famiglia della signora Fayolle. Quanto a voi abbiate cura della salute e amate molto Nostro Signore e la sua santa madre. Vostro fratello Eymard, dir.

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MARIANNE EYMARD (III, 31, 24)

[Belley 1843].

Non lasciatevi abbattere da queste difficoltà: sono le miserie della vita. Raccomandate l’affare a Dio e quindi agite; scrivetemi poi ciò che avrete fatto. Accludo alla presente una lettera per la signorina Fribourg; se la giudicate atta a fare un po’ di bene inoltratela, se no bruciatela. Su, coraggio! Pensate a ordinare più decentemente la casa per trovare degli inquilini più remunerativi.

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Farete bene a vendere tutte le attrezzature del torchio, perché vi sono di grande impiccio. Dio venga in vostro aiuto. Vostro aff.mo fratello Eymard.

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CO 33 ELISABETH MAYET (II-S, 54, 1)

[Belley], 18 aprile 1843.

Signorina, è stata davvero gentile per aver pensato alla mia cara aggregazione, soprattutto in modo affatto disinteressato! Noi possiamo offrirle soltanto un modesto ma ben sincero ringraziamento e, se la gradisce, una preghiera da parte di tutti gli aggregati. I suoi fiori, decorando l’altare della Vergine, saranno un omaggio affettuoso del suo zelo per il suo culto. Abbiamo visto il signor Tonny, che è sempre brioso e gentile. Peccato che non lo vediamo più di sovente. Egli presenterà a voce i nostri auguri e il nostro affetto a tutta la famiglia che io considero come mia. Ho l’onore di essere, signorina, suo dev.mo Eymard, p.m. Sig.na Elisabeth Mayet - Lione.

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CO 34 MARIANNE EYMARD (III, 32, 26) Viva Maria. Belley, 19 maggio 1843.

Carissime sorelle, tutti i giorni ero in attesa di qualche vostra notizia, ma forse anche voi mi rivolgete lo stesso rimprovero. Beh, io vi scrivo per primo. Innanzitutto vi chiedo: come avete passato la quaresima? E ora, come state? va tutto bene? Fatemi sapere qualche particolare sulle persone che mi interessano, soprattutto sulla signora Lesbros, a cui prego di presentare i miei rispetti pieni di stima e di felicitazioni, se ha riacquistato la salute. Non dimenticate il signor Dumoulins e la brava signora Cros, questa buona mamma che stimo e amo molto. Avete avuto un giubileo molto fruttuoso, penso, per la buona riuscita e le conversioni. Ora il mese di maggio deve rianimare e infiammare tutti con l’amore alla santa Vergine.

Bisogna che vi dica qualcosa anche su di me. Sto come al solito, grazie a Dio. Sono occupato dalla mattina alla sera come una balia con i suoi piccoli. Non è un lavoro logorante, si accompagna anzi a grandi consolazioni, particolarmente quando si notano cambiamenti durevoli fra questi ragazzi. Sicuramente la mia condizione è meravigliosa e invidiabile: trovandomi dal mattino alla sera tra questi ragazzi da educare, posso sperare di poter fare un bene duraturo. Vi assicuro che fra di essi ve ne sono di molto seri e generosi. Auguste sta bene e si comporta bene; peccato che non abbia molti talenti, ma ne ha abbastanza per riuscire un buon allievo, anche se non per primeggiare, e lavora sodo.

Bisogna che vi dia anche qualche notizia. Il gelo ha fatto danni in molti paesi, soprattutto, da noi, ai noci e alle vigne. Il tempo è molto variabile, la pioggia abbondante e l’umidità molto alta. Vi raccomando di tenere i piedi all’asciutto calzando suole di crine. In questi ultimi giorni abbiamo inviato dodici missionari sotto la guida di un vescovo in una regione vicina alla Cina. Ci vanno a convertire i primitivi della foresta, che non hanno mai sentito parlare di Nostro Signore. C’è una ripresa e un risveglio religioso da per tutto, particolarmente nelle grandi città. Spero che, prima di morire, vedremo la fede rifiorire come nei primi secoli. Soprattutto la devozione alla santa Vergine contraddistingue il nostro secolo. Non facciamoci rimorchiare, ma amiamola con tutte le forze

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questa buona madre. Su, care sorelle, coraggio, pazienza e amor di Dio. Scrivetemi presto. Vostro aff.mo fratello G. Eymard, direttore. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 35 ANTONY MAYET (II-S, 47, 3)

Belley, 24 luglio 1843.

Carissimo amico, mi servo di un mano estranea per risponderle riguardo al caro fratello che la ama sempre molto quanto me - non c’è bisogno di dirlo -, e che mi incarica di abbracciarla a nome suo.

Lei è davvero troppo buono per ricordarsi di quel piccolo viaggio di breve tratto, lei che sa che oggi in brevissimo tempo si raggiungono le Americhe, la Cina o la Nuova Zelanda, sia come mercanti sia come corruttori sia come missionari, il che è più remunerativo. È mancato poco che finisse qui da noi. Se si fosse addormentato un istante avrebbe pranzato a Belley insieme con noi e alla stessa ora pressappoco, invece che a Saint-Clair. La nostra diligenza ha bruciato la strada. Verso le 8 era a Meximieux e intorno all’una e un quarto a Belley: non è un bel viaggiare? Il viaggio è stato buono dunque, come vede: il fratello non ha rischiato la morte, la malattia o il disastro. Sempre a bocca chiusa, questo sì, perché egli non parla senza avere delle conseguenze incresciose, a meno che non debba trattare con il buon Dio, con la Vergine santa o con i santi del paradiso. Con essi parla spesso e senza stancarsi di lei, con quegli slanci di cuore che non si possono simulare, e con una vasta gamma di desideri spirituali, con una vivacità di preghiera e una interminabile loquacità. Ma ciò, egli sostiene, non gli fa male alla laringe ma solo al cuore e, fatto singolare, nello stesso tempo glielo riconforta. Io non ci capirei proprio niente se non considerassi due circostanze ..., se io lo amassi meno e se non fossi sacerdote ..., ma passiamo ad altro.

Sono molto addolorato che il suo babbo sia ammalato. Lo esorto vivamente di riguardarsi, come faccio con il suo fratello sacerdote. Se prende qualche precauzione, con il suo forte temperamento avrà ragione di questo piccolo malessere. Il reverendo vuole che aggiunga che non lo tormenti con i suoi fragorosi impeti se ciò lo infastidisce. Io, a dir la verità, non so cosa intende dire; ma insomma lo vuole assolutamente ... Bisogna fare la volontà dei malati, gli disse lei una volta, quando non aveva risposta da dare a quanto egli le diceva ... Eccola oggi vittima dello stesso assioma.

Egli ha ricevuto l’affettuosa e paterna lettera dell’ottimo papà Mayet e lo ringrazia. In essa era racchiusa la verità profonda del suo affetto paterno sempre preoccupato dei figli. Il buon Dio sarebbe in qualche modo imbarazzato - mi perdoni il Signore l’espressione - se rifiutasse a questo buon papà tutto ciò che gli domanda per i suoi figli..., a parte la salute del reverendo..., perché nessuno sa alla fin fine che cosa gli è davvero utile. Ma come potrebbe non accogliere le altre richieste... Il reverendo vuole che gli chieda qui di continuare a pregare per lei che, egli dice, ne ha un estremo bisogno, molto più di quanto creda. Suvvia, signore, lei ricorda quello che ci dicevamo correndo seduti sul davanti della vettura di Belley a Pasqua: si procuri lei stesso le armi, perché inutilmente qualcuno sfodererà la spada per difenderla. Tutti gli sforzi di quelli che lottano per salvarla assicureranno la sua perdita se ella resterà soltanto spettatore del combattimento. Bisogna pure che lei permetta queste parole al povero p. Eymard; o piuttosto no, nessun permesso: certo, cari miei, se bisogna usare i guanti bianchi per dirvi: non andate per sempre all’inferno, voi siete dei...

Suo fratello aspettava che lei gli comunicasse qualche cosa di nuovo per scriverle sul suo affare; non vuole farlo prima. Si ostina ... non capisce il silenzio di questa famiglia ... Aggiunge che non è poi molto che l’ha visto o le ha scritto, non per lamentarsi di lei o dirle di scriverle ma perché non vuole che qualcuno si preoccupi ... E perciò non scriverà. È deciso. Lei mi parla della Spagna, e io le parlerò della Spagna poiché ci sono vicino quanto lei; di Espartera, che Dio insegue, il quale fugge e si salva in una colonia. Ma se Dio vuole, lo raggiungerà di certo.

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Noi iniziamo le vacanze il 2 agosto. I nostri ragazzi sono pieni di fervore e con un buon ritiro hanno fatto man bassa di munizioni in vista di questa campagna di due mesi. Addio, cortesie, saluti, affetto. I miei rispetti a tutta la famiglia. E sono per la vita e, se lo desidera, per l’eternità il suo buon amico Eymard. Sig. Mayet figlio, c/o Menthe, agenti di commercio - rue des Capucins - Lione.

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CO 36 ANTONY MAYET (II-S, 50, 4)

[Belley], 26 luglio 1843.

Grazie, caro amico, della sua gentile lettera. Leggendola sono rimasto sconcertato. Se voleva prendersi burla di noi ci è ben riuscito. Come mai non si è accorto che si trattava di una lettera combinata? Che io pensavo con la penna del caro e amabile reverendo? ... E che egli ci ha messo tanto spirito da diventare incomprensibile? Questo caro amico si diceva: certamente mio fratello riderà perché, stando zitto, io parlo per il p. Eymard. Non ci sono più misteri dunque, noi pensavamo in due.

Il caro padre va meglio ed è molto affabile. La notizia di questo brutto affare non lo ha sconcertato, la prevedeva e se l’aspettava. Ha davvero uno spirito forte oltre che molto affettuoso, e queste due qualità, tanto rare, si ritrovano proprio nel suo caro Tonny.

La sua lettera, caro amico, mi ha molto addolorato. Mi sembra che i colpi che cadono su tutti voi mi feriscano più vivamente. Vorrei vedervi tutti felici e sereni. Povera famiglia! per quanti crogioli non è già passata! ... Quest’ultimo colpo deve esserle stato anche più grave soprattutto in questo momento. Davvero, caro Tonny, sono io e non lei ad avere bisogno di essere consolato.

Il suo passo nei confronti della signora Al. ha mandato in estasi il caro padre, che mi ha detto: «Da questo riconosco mio fratello. Me lo aspettavo dal suo buon cuore». Anche lui le ha appena scritto una bella lettera, se così si possono qualificare delle consolazioni date. Per l’affare non si scoraggi, mio caro. Ecco quello che penso: tutto la contraria, tutto sembra rendere la cosa disperata; ma essa riuscirà, perché se ne occuperà il buon Dio. A me piace questo motto: «Ho fiducia in Dio». È una profezia.

Presenti, caro amico, i miei ringraziamenti alle sue sorelle per i bei fiori che hanno avuto la delicatezza di offrirmi per la riunione. Sono in ritardo nel ringraziare, ma il mio cuore non lo è mai stato. Saluti, caro amico, ci rivedremo, spero. Suo aff.mo Eymard. Sig. A. Mayet, c/o Menthe et C. - rue des Capucins - Lione. NOTA: il “buon amico” non è altri che il p. Gabriel Claude Mayet, fratello del destinatario, in atto di suggerire la

lettera al p. Eymard. Lo stato di inattività per laringite cronica provoca in lui anche una penosa depressione psichica, alla quale il nostro santo cerca di portar sollievo con una piacevole ironia, come nella lettera precedente, che però non è stata capita e qui viene spiegata.

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38 CO 37 PADRE COLIN (I-S, 35, 1) Viva Gesù e Maria. St-Marcelin, 11 agosto 1843.

Reverendissimo padre, vengo a renderle conto della mia missione. Il buon Dio l’ha benedetta e la Vergine e san Giuseppe mi hanno visibilmente protetto.

La lodo anzitutto per non avere scritto una lettera che avrebbe potuto crearle noie in seguito; sono tante le cose che non si possono prevedere.

La casa può essere sufficiente: è ben situata; si può ampliarla da ogni lato; alcune stanze non sono ancora ultimate, ma lo si farà durante le vacanze. Con un po’ di denaro questo edificio può diventare molto bello e, soprattutto, molto florido perché si trova al centro di cinque dipartimenti. Manca la cappella.

Questi sono i risultati della mia visita: ho trovato i responsabili molto scoraggiati: vi è imbarazzo per i professori che mancano, e disagio derivante da una amministrazione sempre intralciata dai tre che ne sono a capo, che non si intendono e che, nonostante le buone intenzioni, si contraddicono. Mancando uniformità di indirizzo, l’istituto non poteva che andare allo sfascio; la morte di uno dei tre sarebbe la rovina. I responsabili riconoscono che lo stato presente non può non portare che all’agonia e alla morte.

Essi quindi hanno accettato le sue offerte, caro padre, come una tavola di salvezza, ma hanno bisogno urgente di personale. Ho loro promesso di fare a lei la richiesta di un direttore, di un professore di lettere, di uno di terza e di un professore di francese. Essi vorrebbero pure un prefetto, ma io mi sono opposto, salvo diverso suo avviso, per questi motivi: perché trattandosi di compito delicato un insuccesso nuocerebbe alla Società: per il primo anno occorre evitare di suscitare delle antipatie; sarebbe invece preferibile formarne uno sul posto, secondo lo spirito della casa,...

Mi hanno chiesto anche un professore di retorica, ma ho preferito rifiutare: primo, per non dare immediatamente troppo nell’occhio; e poi perché l’attuale titolare conosce le consuetudini, le rappresentazioni sceniche, le procedure,... e quindi è opportuno che il signor Boirayon continui nel suo incarico ancora per un anno; e infine perché si rischierebbe di urtare la suscettibilità del signor Boirayon rimuovendolo da professore di retorica. Alla fine il signor Boirayon, che non ne voleva più sapere, ha accettato di continuare l’insegnamento.

Ma il grande problema è l’amministrazione; abbiamo dibattuto per una giornata e mezza l’importante questione. Bisognava trattare con riguardo il signor Crozat: era necessario allontanarlo, estrometterlo, evitando però che lei vi apparisse in alcun modo. Alla fine la cosa è riuscita. Il signor Chovin è stato incaricato di tutto, come leggerà nel documento, e il signor Crozat sarà professore di matematica.

Il signor Crozat esigeva una garanzia. Per accontentare il signor Crozat che, a quanto pare, teme sempre per le sue firme, abbiamo proposto lei come garante. I signori Chovin e Boirayon mi hanno detto di riferirle che si trattava solo di formalità perché al termine dell’anno scolastico molte cambiali sarebbero state saldate. In merito a questa clausola ho loro detto che l‘avrei sottoposta a lei perché non era di mia competenza. Credo tuttavia, caro padre, che non ci sia nulla da temere.

Mi si chiedeva un economo, ma ho rifiutato: perché la Società non figurasse subito come responsabile. Sono convinto infatti che, per il primo anno, conviene guardarci da compiti alquanto odiosi, rischiosi o troppo clamorosi.

Adesso, se lo giudica opportuno, bisognerebbe scrivere al vescovo in merito alla richiesta avanzata da quei signori. Può darsi che ne sarà contrariato e spaventato visto che un vicario generale lo istiga, ma rimane perplesso. Appena lei avrà spedita la sua lettera, questi signori agiranno. Sarebbe forse meglio parlargli apertamente, perché le sue intenzioni sono rette; e ciò lo lusingherebbe.

Se lei gli scriverà al più presto, questi signori non agiranno fino alla sua risposta. D’altronde il

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vescovo sa che siamo stati richiesti. ... Il reverendo Gay, vicario del Péage, si trova attualmente ...; il vescovo ha appena cambiato il secondo vicario, e quindi teme di non potersi disimpegnare per il momento. Egli la prega di concedergli di fare il noviziato con i nuovi novizi della residenza, avendo d’altronde ogni facilitazione per questo.

Il signor Chovin avrebbe due ottimi soggetti per la società, ma vorrebbe trattenerli e far loro frequentare il corso di filosofia in casa, utilizzandone uno nella direzione e l’altro in una classe inferiore. Mi ha incaricato di informarla e di chiedere il suo parere.

Ecco, caro padre, il risultato della mia visita; sono contento se in tutta la faccenda sono servito come strumento della volontà di Dio. Suo dev.mo figlio Eymard, s.m. P.S. Il clero ci vedrà arrivare con piacere; già mi si diceva che il vescovo dovrebbe chiederci ecc. Quanto al

signor Touche ho saputo cose ben penose e dolorose. Cerchi, caro padre, di tagliare corto con lui, con una chiarezza tale che egli non possa continuare a vantarsi di appartenere alla Società. Qui ha recato danno alla Società. Quello che ha combinato lo rivela una persona imprudente, molto pericolosa. Ci si meraviglia del fatto che siamo disposti ad ammetterlo. Per poco non ha distrutto tutto il bene fatto dal signor Chovin. Ha messo su gli alunni contro il signor Crozat; ha trafficato per farsi nominare superiore nel caso venisse a mancare il signor Chovin ... Infine, caro padre, si è lamentato perché la Società gli ha fatto fare a sue spese il viaggio di Parigi in merito al collegio degli irlandesi. È così che fa pagare i suoi servizi. Ha presentato al signor Chovin un professore che penso sia un suo nipote. Questi sono i suoi modi di fare. Ha perso ogni credito nella diocesi di Valenza. Se avesse bisogno di me sappia che vado a La Mure da mia sorella; una sola parola e volerò dove lei mi indicherà. Mi scuso di averle scritto una lettera così male combinata, ma non ho potuto fare di meglio, perché il tempo incalzava.

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CO 38 ANTONY MAYET (II-S, 51, 5)

[Belley], 13 ottobre 1843.

Caro amico, le scrivo solo poche righe. Ho visto e ho parlato con quel signore di Grenoble di ciò che abbiamo discusso. Egli conosce bene il signor P. Si frequentano e hanno delle proprietà confinanti. Mi ha detto che avrebbe parlato con circospezione della cosa, senza peraltro rischiare di nuocere in nulla.

Un milione, il commerciante più importante di Grenoble, un grande credito, neppur l’ombra di usura, deciso a ritirarsi dal commercio. Un genero commerciante agogna alla sua fortuna; molte occasioni si presentano, ma per difetto di intelligenza o di cuore non se ne fa nulla. Mi assicurano che in quella casa tutto accade per la volontà della signora. Dunque c’è speranza. Io gliela auguro questa speranza per la sua felicità. Frattanto, caro amico, Fourvière e poi il resto che mi diceva con tanta energia essere difficile; ma tant’è, è necessario. Mi piacciono questi tipi: essi sono franchi e generosi.

Il padre sta bene e si trova contento qui; segue le sue abitudini e ha la possibilità di molto svago. Un ricordo pieno di stima alle sue buone sorelle e, per favore, alle signore Emma e Aline. Suo dev.mo Eymard. P.S. Ho un brillante giovane da collocare; vi è qualche possibilità? Egli ha una istruzione media. Sig. C. Mayet, c/o Menthe e C., negozianti a Lione.

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40 CO 39 MARIANNE EYMARD (III, 34, 27)

Belley, 22 ottobre 1843.

Carissime sorelle, vi ringrazio della vostra bella lettera. Avrei voluto rispondervi subito, ma i miei impegni non me ne hanno lasciato il tempo; infatti non lo volevo fare di fretta ma a mente riposata. La notizia della malattia di Nanette mi ha molto addolorato; siccome essa è stata sempre cagionevole, deve riguardarsi. Mi auguro vivamente che il vostro stato migliori e che abbiate meno pene e contrarietà. Conoscendo il vostro ardore per il lavoro, sono certo che ne fate sempre al di sopra delle vostre forze. Pertanto, se vi capita l’occasione di ricavare una buona somma dalla casa, potrete vivere più tranquille depositando il denaro a condizioni vantaggiose.

Ciò che mi riferite mi avrebbe causato un grande dolore se non aveste aggiunto che voi non l’avete creduto, come se io non soffrissi se vi vedessi ridotte alla miseria reclamando per me una parte del ricavato della casa. Conoscete quello che vi ho detto in proposito durante le vacanze e la mia parola deve bastare a te e a Nanette. Solo di una cosa sono seccato, di non conoscere, quando vengo a La Mure, chi sono le persone che mi giudicano a quel modo, perché saprei rispondere per le rime. Lo si attribuisce al buon cuore, ma io giudico la cosa diversamente: sono l’offesa e l’ingiuria più atroci. Avrei preferito che mi aveste taciuto tali cose per evitarmene la pena, e per impedirmi di fare giudizi temerari. Non se ne parli più. Se non vi volessi bene, non verrei a trovarvi con tanto piacere; sapete bene che se vengo a La Mure non ci vengo per il paese o per gli amici, ma unicamente per voi.

Da ciò che mi scrivono sembra che l’acquisto del brolo del signor Didier andrà in porto. I 6.000 fr. della casa non sarebbero sufficienti a soddisfare i vostri bisogni; occorrerebbe vendere a un prezzo più alto. Contiamo sulla Provvidenza, che si prende cura di chi si abbandona ad essa. Quanto a voi, care sorelle, lavorate sempre per il cielo, amate molto il Signore nel SS. Sacramento e andate spesso a visitarlo. Dedicatevi interamente all’amore e alla vita interiore della santa Vergine. Bisogna che ogni giorno ci faccia meritare il cielo con qualche sacrificio. In unione d’amore e di preghiera in Nostro Signore, sono il vostro fratello G. Eymard. P.S. Auguste va bene. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 40 REVERENDO BRAMEREL (V, 237, 1)

Belley, 26 dicembre 1843.

Carissimo amico, da molto tempo desideravo avere un momentino per rispondere a tante prove di amicizia da parte sua; perciò, tra le molte lettere che attendono, la sua è la prima a cui rispondo. Le sue due missive mi hanno recato un vero piacere. Le aspettavo, perché conosco il suo cuore.

Lei però potrebbe rimproverarmi di averla fatta attendere così a lungo. Se c’è stata un po’ di pigrizia, non l’ho però mai dimenticato. Tutti i giorni mi dicevo: Su, oggi devo saldare il mio debito.

Che cosa dirle di bello? Eccola finalmente nel suo cenacolo, felice, contento, stabile. Bene! quando si è soddisfatti del proprio stato, si ha il paradiso in terra. Certo, ogni tanto qualche nube passerà sopra il suo capo, ma scorrerà via in fretta. Bisogna avere la pazienza di attendere il sole di giustizia, perché la vita dell’uomo non è che una vita di passaggio, di prove e di cambiamenti. E il

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più felice è colui che mette la sua virtù al di sopra degli uragani e delle tempeste, che infuriano ai suoi piedi. Lei rimpiange la congregazione, e anche noi rimpiangiamo lei. La sua partenza ha lasciato un grande vuoto, ma il suo ricordo è sempre vivo. È bello e commovente quando, la domenica e il giovedì, preghiamo per i fratelli assenti. In quel momento ognuno ricorda le persone care e le affida alla buona madre.

Ho saputo con vivo piacere che l’amate tutti molto la dolce Vergine, e che ne parlate spesso. Continuate così, cari amici, ella vi guarda e si compiace di ciò che desiderate fare per la sua gloria. Qui facciamo ciò che possiamo, ma non tutto ciò che dovremmo. La congregazione conta una cinquantina di membri e sembra che si sviluppi. Qui nessuna novità; tutti lavorano molto e sono in buona salute. Non si dimentichi di noi, soprattutto di me. La prossima volta non sarò così pigro! La ringrazio dell’offerta di 5 fr. per la congregazione. Ma mi hanno detto che si era già fatto iscrivere e non hanno voluto darmi nulla. Mi dovrebbe dire se ha già cominciato le lezioni. L’abbraccio di tutto cuore. Suo aff.mo in Maria G. Eymard. P.S. Il mio affettuoso ricordo per tutti i nostri bravi eremiti, silenziosi come san Giovanni d. ..., e morti al mondo. Tuttavia i signori Delacourt, Tournier e Bernardy si sono fatti vivi; voglia esprimere loro la mia riconoscenza. Rev.do Bramerel, 1º corso Seminario maggiore di Brou - Bourg (Ain).

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CO 41 MARIANNE EYMARD (III, 35, 28) Gesù, Maria, Giuseppe. Belley, 13 gennaio 1844.

Care sorelle, vi ringrazio della vostra bella lettera. Essa mi ha consolato assai; il tempo infatti cominciava a sembrarmi lungo e stavo per scrivervi io quando la ricevetti. Anch’io vi auguro un Buon Anno. Oh, care sorelle, se Nostro Signore non avesse vissuto una vita tanto povera e travagliata e se non avesse lasciato la sua croce in eredità ai suoi figli, vi augurerei la felicità su questa terra. Posso chiedere per voi solo la pazienza e l’amore di Gesù crocifisso, la gioia dell’anima che serve Dio con ardore e la speranza che sospira verso il cielo degli eletti e che vi anela con tutta l’anima. Questo è il mio augurio, quello del resto che voi attendete da me e che preferite. Andiamo, mie buone sorelle, pensiamo al paradiso, e consideriamo la vita come il crogiolo dove l’oro si affina, come il cammino faticoso ma celeste che conduce alla Vergine e a Nostro Signore, i quali ci tendono le braccia e ci dicono: Ancora un po’ ed io sarò la vostra ricompensa. - Avete forse saputo che Rose, la domestica del parroco di Chatte, è deceduta il giorno di Natale; pregate per lei, perché le devo riconoscenza. La morte di Darier padre mi ha profondamente addolorato, ma la vita che ha condotto mi fa invidiare la sua sorte, perché era un santo. Porgete le mie condoglianze alla sventurata famiglia. Non dico nulla di me se non che sto bene e che ho un gran desiderio di diventare santo per potere far dei santi e procurare così la gloria di Dio. Fate gli auguri di Buon Anno a nome mio alla buona mamma Cross, alla signora Dumoulins e all’ottima famiglia Fayolle. Vostro fratello G. Eymard. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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43 CO 42 MARIANNE EYMARD (III, 36, 29)

Belley, 4 giugno 1844.

Carissime sorelle, è da tempo che volevo scrivervi, ma pensavo che l’avreste fatto voi prima. Tocca invece a me, ed è sempre con gioia che adempio a questo dovere fraterno. Sapete comunque che sono un po’ pigro nello scrivere.

Io sto bene; tutti lavoriamo qui al limite delle nostre forze. La vita è tanto corta e il cielo tanto degno di essere guadagnato con tutti i mezzi possibili! Ringrazio spesso il Signore d’avermi fatto la grazia di esercitare il ministero tra i giovani e i ragazzi. È il ministero più meritorio e più gratificante: si ha la possibilità di preparare sacerdoti per la chiesa e di seguire gli alunni con l’assiduità di una madre. Bisogna che preghiate molto perché il buon Dio benedica i miei sforzi. È anche nel vostro interesse, perché non formiamo che una sola famiglia. Auguste sta bene e si comporta bene: ne siamo sempre contenti. Ho fatto visita al vescovo di Gap monsignor Dépery, già canonico di Belley. Gap sarà certamente contenta della scelta; egli è molto devoto della santa Vergine. Scrivetemi e datemi notizie dettagliate. Non vedo l’ora di avere vostre nuove; non avendo che voi sulla terra, mi sembra giusto ch’io pensi a una sorella che mi ama più di quanto meriti, come anche a Nanette, che io chiamo la mia governante e la mia balia. Perciò sappiate che se la mia preghiera vale qualcosa davanti a Dio, voi ci avete una larga parte. Sono, nell’amore di Gesù e di Maria, vostro fratello G. Eymard.

P.S. I sentimenti della mia cordiale amicizia per il reverendo Rabilloux e il reverendo Verdun, senza dimenticare la buona famiglia Fayolle e mamma Cros.

Sig.na Eymard - La Mure (espresso).

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CO 43 ANTONY MAYET (II-S, 52, 6)

Belley, 5 giugno 1844.

Caro amico, grazie della sua bella e cordiale lettera. Con i tanti fastidi che ha, l’attendevo per più tardi, ma la sua amicizia mi ha collocato al primo posto, e io ne sono orgoglioso e gliela contraccambio, perché il mio affetto per lei le è noto.

Sono molto contento di questa notizia e ancor più di una tale scelta. Dio la benedica sempre. Ogni volta che penso a questo comandamento: «Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni ...» (Es 20, 12), il mio pensiero va spontaneamente al n. 4 di Saint-Clair e mi dico: Vivranno felici a lungo in questo mondo; essi lo meritano, perché se lo sono guadagnato. Non ho mai visto una famiglia in cui ci si amasse tanto e in cui ci fosse tanta dedizione. È ciò che ha fatto nascere la mia stima. Il resto - felici nell’altro mondo -, lo deduco come conseguenza, perché i santi vengono onorati solo dopo la morte, e perché tali si è solo dopo la morte.

Ho celebrato la messa per lei nel giorno fissato. Voglia il cielo che essa le attiri tutte le benedizioni! Quando vedrà il caro fratello, lo abbracci per me. Quanto mi è costato vederlo partire! Non riesco ancora ad abituarmi. Devo cacciare questo pensiero, perché mi riempie di tristezza. Gli chieda, per favore, se ha ricevuto il pacco. Addio, caro amico. Auguri sinceri a tutta la famiglia. Suo aff.mo Eymard.

P.S. Thouin sta bene. Sig. Mayet, Maison Hemmerling et Mayet - Lione.

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45 CO 44 REVERENDO BRAMEREL (V, 238, 2)

Belley, 7 luglio 1844.

Carissimo amico, le sue lettere mi procurano sempre un piacere vivissimo. Ritrovo sempre in lei la semplicità, la franchezza e il cuore generoso tanto gradito a Dio. E lo prego intensamente perché la conservi in questi buoni sentimenti.

Ora è in procinto di muovere i primi passi nella missione apostolica: lo faccia, mio caro amico, come un gigante dalla sommità del cielo. Non si perde nulla consacrandosi a Dio e abbandonando tutto per seguirlo. In fondo, che cosa lasciamo di tanto importante? Noie e fastidi, un mondo egoista, empio ed incredulo; delle vanità che di reale hanno solo i rimorsi e i tormenti di una coscienza infedele. No, ciò che abbandoniamo per seguire Nostro Signore non lasci in noi dei rimpianti. Se ne dovessimo avere, dovrebbe essere il rammarico di possedere tanto poco da sacrificare all’amore di Gesù. Si dice che il buon esito di un’impresa dipende dagli inizi. Faccia bene il primo passo, e sia un passo definitivo, che vada ben oltre la mentalità del mondo. Ma che cosa fare per ben disporsi? L’Imitazione dice: «Date tutto e riceverete tutto»; e il vangelo afferma: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Lc 9, 23). È l’essenziale del sacrificio.

Ma in lei c’è un tesoro da sfruttare - forse non se n’è mai accorto -, questo: ho notato e noto in lei una tenera devozione verso il sacro Cuore di Gesù. Caro amico, questa è una di quelle grazie di favore che Dio accorda a qualche anima privilegiata. La tenga cara questa devozione, essa l’assorba completamente; da sola basta a riempirle la vita e l’eternità. Cerchi di procurarsi qualche opera sull’argomento.

Sì, ha ragione di rimproverarmi del nostro silenzio seguito alla sua prima lettera indirizzata alla congregazione. Non è dipeso da freddezza e ancor meno da indifferenza per dei sentimenti così gentili, ma volevamo avere qualche notizia importante da comunicare. Il vescovo doveva essere consacrato entro pochi giorni e noi volevamo mandarvi la relazione dell’avvenimento, ma siccome monsignore è stato consacrato solo nella festa di san Luigi Gonzaga, l’attesa ha causato il ritardo. Per rimediare si è preparata una relazione generale da inviare a tutti, all’intera famiglia degli amici. Penso che il signor Gallet l’abbia in effetti ricevuta e comunicata a tutti. Non aggiungerò nessun particolare della festa per l’accoglienza del vescovo. È stata molto commovente, e più d’uno ha pianto assistendo all’ordinazione tanto intima e suggestiva di questo santo vescovo. Siamo molto orgogliosi e fieri di avere ora alla nostra testa tre vescovi, un superiore generale, un martire, dei santi missionari. Tutto ciò ci deve incoraggiare.

Cerchi di risvegliare lo zelo dei congregati, ricordi loro l’associazione che abbiamo fondata e che si diffonde sempre più. Le mando cinquanta pagelline da consegnare a quelli che sperano di trovare dei nuovi soci nel corso delle vacanze. Al rientro o anche prima ci faranno pervenire i nominativi per iscriverli sul nostro registro. Lei forse sa che ho scritto a Roma, chiedendo che gli associati possano godere di tutte le indulgenze della congregazione. Durante le vacanze mi propongo di redigere un piccolo manuale per i confratelli e gli associati.

Per venire in aiuto alla congregazione richieda ai sacerdoti, ai quali verranno consegnate le pagelline, la piccola somma di cinque soldi; essa sarà destinata a coprire le spese e la stampa del manuale. Se tuttavia non trovasse da distribuirle, me le rimandi a mezzo di un sacerdote di Belley. A coloro che saranno ammessi verrà una medaglia miracolosa o distintivo dell’arciconfraternita. Gliene mando qualche esemplare.

Addio, caro amico, questa volta sarà contento di me. Abbracci per me i signori Tournier, Buridon e Delacourt, tutta la famiglia e tutti i fratelli, perché tutti avete un posto nel nostro cuore. Suo aff.mo nei cuori di Gesù e di Maria G. Eymard. Rev.do Bramerel - Seminario maggiore - Bourg (Ain).

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46 CO 45 MARIANNE EYMARD (III, 37, 30)

Belley, 19 luglio 1844.

Care sorelle, vi scrivo queste poche righe per rispondere alla vostra lettera, in attesa di poterlo fare a viva voce. Sì, mie buone sorelle, se sono sempre l’oggetto del vostro affetto fraterno, neppure io vi dimentico; tutti i giorni all’altare e durante la giornata il vostro ricordo mi ritorna alla mente.

Vengo sempre con piacere a trovarvi. Avevo il vivo desiderio di riservare per voi le primizie delle mie vacanze, ma non potrò che accordarvene la fine. Forse farò un viaggio dalle parti di Avignone per visitare i trappisti e trarne motivi di edificazione; si dice che sono degli angeli in terra. Visiterò anche Avignone, l’antica città dei papi, dove si vedono ancora resti molto importanti. Forse mi spingerò fino al mare, perché durante le vacanze bisogna correre per scuotersi di dosso tutte le preoccupazioni dell’annata. Se ne sente forte il bisogno.

Dite per favore ad Artaud padre di passare da Grenoble dalla signorina Marsallat a prendere il reliquiario che ho ordinato e di pagarlo. Dovrebbe costare sui 20 fr.; è per un parroco di qui. Rinnovate i miei cordiali ossequi al parroco e ai due bravi vicari miei amici. Sempre vostro aff.mo fratello G. Eymard. Sig.na M. Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 46 SIGNOR PERROUD (II-S, 75, 1)

Belley, 15 ottobre 1844.

Caro amico, non avendo avuto il piacere di trovarla in casa, mi consolo con questa lettera. Ho visto sua moglie. Ella è incantevole per modestia, ed ha lo spirito dei Mayet. Il cielo gliel’ha fatta su misura. Ne sia benedetto.

Questa volta ha avuto una visita come desiderava. Mi dicono che il vescovo d’Amiens e lei siete diventati inseparabili, come se foste padre e figlio. Certo, mio caro, lei suscita gelosia, e io non mi meraviglio se tutte queste benedizioni hanno portato frutti tanto eccellenti.

La signora Aline è arrivata insieme con il suo figlio ed è ripartita lo stesso giorno. Penso che quest’anno il ragazzo renderà di più, che dominerà un po’ la sua indolenza, e che i suoi mali di testa non lo tormenteranno troppo.

Lei vede spesso il nostro caro fratello; tante cose amichevoli, fraterne, e rimproveri da parte mia. Povero reverendo! che crepacuore! Qui un miracolo ci vorrebbe proprio. Addio, caro amico, sia sempre buono, gaio e giulivo e non dimentichi i suoi amici. Suo aff.mo Eymard, direttore. P.S. A proposito. Mi hanno incaricato di cercare un impiego per un giovane dotato e capace di tenere in

ordine i libri contabili. Conosce qualche posto per caso? Bisognerebbe, tra l’altro, che lo retribuissero anche nel primo anno, perché non può mantenersi a proprie spese.

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48 CO 47 MARIANNE EYMARD (III, 38, 31) Gesù, Maria, Giuseppe. Lione, 11 novembre 1844.

Carissime sorelle, è tempo che scriva ora che mi sono un poco liberato dal trambusto del rientro. Abbiamo molti allievi quest’anno, più di duecento. Lo sapete, credo, che il reverendo Baret mi ha raccomandato il suo nipote Auguste Laval. Gli ho ottenuto tutte le agevolazioni che mi erano possibili; desidero solo che si comporti bene. L’ho raccomandato molto al suo professore, perché è un po’ debole a scuola. Ho insistito che lo si lasciasse in 3ª e mi hanno accontentato. Ora bisogna che lavori molto e penso che otterrà dei buoni risultati. Era necessario che lasciasse La Mure e il signor Mondon, perché vi avrebbe perso il suo tempo. Quanto ad Auguste Artaud egli va sempre bene, i suoi insegnanti sono molto soddisfatti ed è quasi allo stesso livello del signor Laval; sarà un buon soggetto e qui si trova a suo agio. Riferite ad Artaud padre che ho fatto le presentazioni del suo letto.

Quanto a me, fino ad oggi sono stato raffreddato. Questo tempo piovoso è così malsano che qui da noi molte persone accusano mal di gola, ... Io ne ho avuta la mia parte, ma ora comincia a passare. Vi raccomando vivamente di tenere i piedi al caldo e all’asciutto; è una precauzione molto importante in questa stagione. Penso che indossiate sempre vestiti di flanella, perché ne avete bisogno, soprattutto in inverno. È una spesa necessaria, vi sentirete tutt’e due bene.

Ora devo comunicarvi una notizia; non so se buona o cattiva, perché un religioso non deve avere volontà, trovandosi bene da per tutto. La notizia è questa: lascio Belley e vado a stabilirmi a Lione per aiutare il p. Generale. Sarà per me un piacere essere in compagnia di persone tanto sante e non potrò che guadagnarci. E poi, mettendo da parte ogni sentimento umano, ringrazio il buon Dio di avermi messo in una condizione dove avrò maggiori possibilità di santificarmi. D’ora in avanti perciò scrivetemi al seguente indirizzo: Rev.do Eymard, sacerdote marista, Montée St-Barthélemy 4, Lione. Non è necessario che l’annunciate ai genitori degli allievi, perché ne saranno informati molto presto dai loro figli. Non lascio definitivamente il seminario minore di Belley; ci andrò spesso come visitatore, perché ne ho avuto l’incarico. Li ho poi raccomandati vivamente al mio successore, che è mio amico e che ne avrà molta cura; siano perciò tranquilli.

Ho saputo con dispiacere che la sorella del reverendo Bard è molto ammalata. Oh, quant’è vero che quando ci si crede felici Dio ci affligge, per ricordarci che la felicità stabile e perfetta non c’è che in paradiso. Mi sono unito alle preghiere che il reverendo Bard ha fissato; volevo scrivergli, ma non ne ho avuto il tempo. Quando mi scrivete mandatemi l’indirizzo della signora Reymond Lucile, Vienne. Quando lo richiederete, presentate i miei ossequi e i miei sentimenti di amicizia a tutta la famiglia Reymond, a cui continuo ad essere affezionato. Ricordatemi al signor Dumoulins e al signor Fayolle, senza dimenticare la buona mamma Cros. Potete informarvi se il signor Lesbros ha ricevuto un piccolo libro che io gli ho spedito? Preghiamo sempre gli uni per gli altri, perché qui sta la sostanza dell’amore fraterno. Vostro aff.mo in Gesù e Maria fratello Eymard, p.m. Sig.na Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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49 CO 48 PADRE MORCEL (V, 253, 1)

Lione, 13 gennaio 1845.

Carissimo padre, eccomi a lei. Lascio tutto, perché mille cose mi assillano e quindi merito un po’ di comprensione. Aggiunga a ciò quel benedetto quaresimale di tre istruzioni per settimana, che devo preparare in un mese e mezzo, e che per di più dovrò tenere alla Charité che, si dice, non è poi molto caritatevole, perché si tratta di predicare a Bellecour. Ma insomma mi affido alla grazia di Dio. Purché la salute tenga, ma sto abbastanza bene. Non credo proprio di perdere tempo dalle quattro del mattino fino alle nove e un quarto della sera ... Mio malgrado, caro padre, rimpiango il giardino di Belley, le passeggiate solitarie, l’amena campagna, l’aria pura, la pace e la solitudine in mezzo a quel piccolo mondo, eppure lei sa quanto sono restio a camminare; se la necessità non mi costringesse ad uscire in città, credo che non vi avrei ancora messo piede.

Lei mi ha mandato auguri di amico e di padre, e io glieli ho ricambiati e glieli ricambio ogni giorno, perché ne sento il bisogno. Se non fosse così lontano verrei a trovarla spesso, perché mi pare che una visita non la disturberebbe molto. Ma essendo ancora troppo breve il tempo trascorso, a me pare sia meglio lasciare, forse, che il p. Morcel si radichi ben bene. Questo è anche il parere del p. Superiore. Ne potrà parlare con lui, perché verrà presto a Belley. A proposito: il padre desidera che gli scriva tutti i mesi quando è in sede, che gli mandi cioè una relazione sulla casa, sui fatti della casa e sul personale. È vero che lo tengo informato io sulle novità, ma, siccome lo prescrive la regola, egli ci tiene. Quanto a me vorrei che mi scrivesse tutti i giorni, tanto gradite mi giungono le sue lettere. Conoscendo bene la sua posizione, ne soffro forse anche più di lei. Intuisco i sacrifici, la prudenza, la pazienza e le pene che deve avere, e perciò le assicuro che desidero assai vederne la fine o il superamento.

Penso che il signor Poncet terrà fede alla parola data, cioè che invierà al Seminario minore tutti i reverendi che chiederanno di entrare da noi. Ma è indispensabile che ciò avvenga non a nome della diocesi ma della Società, e che entrino in ogni caso come novizi e non, come purtroppo si è fatto per il passato, per studiare la loro vocazione. Il rischio è troppo alto, perché in quella confusione si finisce col perdere la vocazione. Bisogna entrarvi sorretti da una chiara scelta e dal sostegno della Società, allora il Seminario farà comunione d’intenti, perché vi sarà omogeneità.

Io credo che su questo punto bisogna essere intransigenti e lei, come me, ne fa l’esperienza. Se vedessi il signor Poncet glielo direi con tutta franchezza; ma credo che anche lui ne sia convinto. Perciò, caro amico, abbia ancora un po’ di pazienza. Non ho scritto una lettera collettiva a tutti i maestri, perché sono molto perplesso, se scrivere una lettera troppo seria o troppo leggera. Mi dica la sua opinione. Siamo sì un po’ in ritardo, ma attendo l’occasione buona o una cerimonia di ammissione. Ma forse è meglio stare zitto.

Circa le messe, ne ho registrate 500 per il collegio. Sia tranquillo, ve ne trasmetteremo per l’intero anno, perché io e anche il p. Superiore la pensiamo come lei. Ho messo da parte 1000 messe per voi. Vuole che le faccia avere il denaro a Belley o forse ha qualche debito da saldare qui? Ho spedito ad Antoine delle cornici d’altare del costo di 15 fr. senza contare la cassa, che gli abbuono; gli ho detto di consegnare il denaro a lei perché me lo trasmetta; oppure lo defalcherò dal vostro deposito. Le avevo chiesto 23 messe come contributo per la nostra casa; posso contarci?

Penso che ci rivedremo in quaresima; cerchi di riservarsi qualche giorno libero. Ho saputo dai ragazzi che il p. Morcel è benvoluto. Magari gli riuscisse di essere un po’ più energico e deciso e di darsi uno stile un po’ più virile ..., ma uno è così e l’altro cosà ... Capisco però che bisogna seminare prima di mietere. Sono molto contenti del signor Vachon. Riscuote più stima di ..., è amato ed è temuto. La sua abitudine di riprendere in privato e quasi mai in pubblico ha dato un buon risultato e gli ha accattivato la fiducia di tutti. Prima di partire le avevo chiesto 30 messe per il reverendo Gros, parroco di Innimont. Penso che le avrà registrate a suo nome; se lo ha fatto a nome mio è stato uno sbaglio, perché erano destinate a lui. Qui nessuna novità; monsignore Epalle è a Londra e partirà

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verso il 25 gennaio, mentre il signor Chaurain e il signor Paget si trovano ancora qui in attesa di partire. Le missioni prosperano, perché il buon Dio le benedice. Questa volta sarà contento di me, penso; mi sono dilungato, ma vorrà scusare la mia verbosità. Mi creda sempre in Gesù e Maria suo fratello e amico G. Eymard. NOTA: Il catalogo d’archivio avverte: «Non sembra indirizzata al p. Morcel a motivo del contenuto» (Arch. Fond.

Catalogue, serie A, p. 18). Di fatto il p. Morcel viene nominato due volte nel corso della lettera (il signor Morcel, secondo l’uso francese) come terza persona, anche se questo potrebbe essere un semplice accorgimento letterario.

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CO 49 PADRE GOUJON (III-S, 54, 1)

Lione, 25 gennaio 1845.

La ringrazio, caro amico, per il suo buon ricordo, ma sarei tentato di rimproverarla di questo eccessivo rispetto che forse le fa pensare che il mio cuore sia cambiato. Oh, no! Al contrario, i legami che mi stringono a lei sono più forti e, le assicuro, saranno perenni. È il suo ultimo anno a Brou. Ci stia come un apostolo, perché è una di quelle occasioni che non si ripetono più nella vita. Perciò approfittiamone «per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto» (Rm 12, 2).

Non la dimentico nelle mie povere preghiere, conto sulle sue e le chiedo una novena in onore di san Giuseppe, accompagnata da qualche buona comunione. Voglio sperare che tra i miei ex alunni ne troverà qualcuno che si ricorda del suo vecchio padre, che è nel bisogno. Suo sempre dev.mo nei Cuori di Gesù e di Maria G. Eymard. Sig. Goujon, diacono e studente di teologia - Seminario maggiore - Bourg-en-Bresse (Ain).

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CO 50 PADRE MORCEL (V, 255, 2)

Lione, 26 gennaio 1845.

Caro padre, sarà soddisfatto questa volta: il p. Maîtrepierre viene a farvi visita per ascoltare tutte le vostre difficoltà e riferirci ogni cosa. Ne sono molto contento anch’io, perché vivo la sua posizione. Tutti i giorni la metto sulla patena e la offro a Dio e alla santa Vergine. Mi creda, è una grande grazia quando si conoscono le miserie di una casa. Spesso i difetti parziali riconosciuti e corretti giovano di più ad una comunità che una regolarità costante, che rischia di diventare insensibilmente rilassata. Bisogna ogni tanto darsi uno scossone e stimolare un poco la pietà degli alunni. Ora siamo in quaresima; lei sa che c’era l’abitudine di fare una novena per i defunti. Presto giungerà il tempo in cui la dovrà fare, all’approssimarsi della Pasqua.

Le consiglio di procurarsi al più presto un’opera eccellente, dal titolo: De l’Enseignement régulier de la Langue Maternelle dans les écoles et les familles, del p. Grégoire Girard (Parigi, Dezobry, rue des Maçons, Sorbonne, n. 1, 1844, in-12º, 484 pp.). Le piacerà. Si procuri anche i Dialogues sur l’Education, una pubblicazione periodica, di cui sono già usciti sei fascicoli da Périsse, il tutto per 26 soldi.

Il signor Peyre mi scrive che nel rendiconto dell’inizio dell’anno non è fatta menzione di un assegno di 100 fr. Io ne consegnai uno all’economo e ultimamente uno a lei, da riscuotere alla fine di dicembre. Siccome avevamo stabilito che nei 330 fr. fosse incluso il grande abbonamento, gli ho

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passato l’informazione. Lo ricordi, per favore, al direttore, perché bisogna versarla la quota dell’abbonamento. Vedo spesso il signor Bal; egli sta bene e sembra che siano contenti dei nostri padri di Belley al Seminario maggiore di Lione. Mi raccomando, abbia cura della sua salute. Sento che mi si chiudono gli occhi. Addio. Suo dev.mo in Cristo G. Eymard, p.s.m.

P.S. Le mando per il tramite del p. Maîtrepierre tre assegni per la somma complessiva di 600 fr., da me consegnati in contanti al signor Mugniery, dopo averli prelevati dal denaro delle messe ... E i 400... in moneta. Quanto alle note, le redigerò e gliele spedirò, ma non le sarà facile ritrovarcisi, perché saranno riassunte ed espresse poco chiaramente.

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CO 52 REVERENDO BRAMEREL (V, 240, 3)

Lione, 8 aprile 1845.

Carissimo amico, visto il ritardo non oserei scriverle, se non conoscessi il suo buon cuore. Assenze, predicazioni, confessioni ... che so io? quasi non respiravo che negli altri. Ma oggi, la mia prima giornata libera, vengo a lei.

È ormai tardi per rispondere ad una lettera che esigeva un pronto riscontro. Ma io ratifico oggi ciò che è stato fatto, perché, penso, il suo nome è scritto sul vessillo di Cristo e lei è felice di questa divina milizia, e non vede l’ora di diventare il banditore del regno di Dio. Coraggio, mio caro amico, lei sarà un buon sacerdote, un sacerdote di Maria; quindi non si crucci. Immagino i suoi timori, ma apprezzo il suo amore per Dio e la confidenza nella sua divina bontà. Dio benedirà un cuore così tenero, capace di amarlo con tanto ardore e tanta generosità.

Ora s’avvicina il mese di Maria, la sua buona e ora unica mamma. Lo faccia bene. Offra sul suo altare tutti i suoi sentimenti di figlio devoto. Ne ha bisogno per dar sollievo al suo cuore e ritrovarvi la sua buona mamma. Ma di ciò basta, sarei tentato di continuare a versar lacrime insieme con lei ...

Per il suo breviario cosa fare? Ne avevo fatto parola partendo ad un padre, ma se ne è poi dimenticato. Il mio cordiale saluto a tutti gli amici, al signor Munier - gli voglio bene quattro volte di più -, e al signor Delaigne, quest’anima schietta. E che cosa combina il mio capitano Goujon? e il mio Toccanier? Sonnecchiano come me! Almeno ricordi loro che Belley Brou appartengono sempre a Lione per me. Sempre suo aff.mo Eymard, prov. s. m. Reverendo Bramerel - Seminario maggiore - Bourg (Ain).

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CO 53 PADRE COLIN (I-S, 37, 2)

Lione, 19 aprile 1845.

Reverendissimo padre, le invio questa lettera perché, ignorando i bisogni delle missioni estere, non so quale decisione prendere. Ho visto quel giovane; mi piace e mi è sembrato un buon soggetto. Gli ho detto di attendere due o tre giorni. Se entrasse avremmo due fabbri; se lei ne avesse bisogno a Belley, entrambi potrebbero rendersi utili nella nuova casa. Qui niente di nuovo. Molte le domande, ma tutte sono state respinte. Saint-Bonaventure ha chiesto per le Dominicali. Con il più profondo rispetto, reverendissimo padre, sono suo figlio Eymard, p.s.m. NOTA: In calce ad una lettera del can. Alliès, parroco di Orgon, diocesi di Aix, datata 15 aprile 1845, il p. Eymard

aggiunge per il p. Colin (in data 19 aprile 1845) queste poche righe.

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54 CO 54 PADRE GOUJON (III-S, 55, 2)

Lione, maggio 1845.

Carissimo amico, sì, ringrazio con lei il nostro buon Maestro che lo ha arruolato al suo santo servizio, sotto il vessillo della sua divina madre. Se egli le ha fatto meritare la vocazione, stia sicuro che essa sarà più preziosa e più solida. È così che Dio saggia i suoi. Il p. Superiore mi incarica di dirle che le porte della Società sono aperte per lei come per un figlio della famiglia di Maria. Per questo con gioia l’abbraccio come un mio fratello, e sono impaziente di farlo di persona. Circa il modo di attuazione, mi pare, caro amico, che un anno a Belley, al Seminario minore, sarebbe il mezzo infallibile per spuntarla sul vescovo. Il suo soggiorno colà sarebbe molto vantaggioso per lei, perché potrebbe allenarsi in quel genere di ministero che è alla base di tutti gli altri. Non per nulla i gesuiti vi fanno passare i loro soggetti. E poi le servirebbe come noviziato attivo.

Quanto a me, ringrazio molto il buon Dio per essere passato di là, oggi ne capisco tutta l’importanza. Se però lei prova molta ripugnanza per questo incarico, potrà venire a Lione. Ed ora coraggio, perché il momento della vittoria è il più penoso. Prima di lasciare il seminario vi accenda il fuoco sacro per la gloria di Dio e della Vergine Maria, poiché da lì devono uscire degli apostoli. Prima della fine dell’anno spero di ricevere sue notizie. Vedo spesso i suoi fratelli, che si comportano molto bene e sono molto giudiziosi. In unione con Gesù e con Maria suo dev.mo Eymard, prov. s.m. Sig. Goujon, diacono - Seminario maggiore - Bourg (Ain).

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CO 55 MARIANNE EYMARD (III, 40, 32)

Lione, 16 maggio 1845.

Carissime sorelle, volendo attendere un giorno libero per scrivervi a lungo ho aspettato fino ad oggi, ma ora metto da parte ogni cosa per adempiere al mio dovere di fratello. Non dovete meravigliarvi sentendomi parlare delle mie occupazioni; esse sono impegnative e non riesco mai ad addormentarmi dicendomi: mi sono liberato. Che volete! il buon Dio ha voluto caricarmi di un onere molto atto a umiliare chi l’avesse desiderato. Per dirvelo chiaro e tondo sono provinciale, vale a dire responsabile della direzione delle nostre case di Francia e dell’estero. Quindi, dovendo percorrere in spirito i dipartimenti della Francia giù giù fino all’Oceania, potete capire che a volte il sole tramonta troppo presto. Non sono però solo a sostenere questo peso; il p. Generale è al mio fianco per guidarmi e quando non c’è, bisogna che la mia superiora generale sia la santa Vergine. Siccome il nuovo incarico (e lo chiamo così perché non ci sono cariche tra i religiosi, ed i primi devono essere gli ultimi e i servitori di tutti), mi mette sotto gli occhi di tutti e rende pubblico ogni mio atto, devo impormi di essere un uomo ponderato, riflessivo, moderato in tutto, proprio perché la mia vita è come uno specchio. A volte mi costa assai, perché sapete che di carattere sono molto gioviale e soprattutto semplice. Vi dico tutto questo perché mi veniate in aiuto con le vostre preghiere; in fin dei conti ciò che faccio lo faccio a mezzadria con voi.

E per incominciare proprio da voi, vi unisco ambedue e vi associo a tutte le buone opere e a tutti i meriti della Società di Maria, soprattutto dei nostri generosi missionari dell’Oceania, dove già parecchi hanno ricevuto la corona dell’apostolo e del martire. Non ve l’ho fatto sapere fin dall’inizio perché mi costava troppo parlarvi di me; ero già abbastanza confuso. Mi troverò un po’ in imbarazzo a La Mure, soprattutto se si viene a sapere che sono provinciale. Perciò vi prego di

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non divulgare la notizia; lo dobbiamo all’umiltà della santa Vergine. D’altronde, mie care sorelle, più si è in alto e più si è esposti, e si sente in modo più vivo la propria debolezza.

Ora vengo a voi. Le notizie di queste contrarietà mi hanno rattristato, perché mi metto nei vostri panni. Posso consolarmi soltanto al pensiero che il buon Dio e la Vergine vi amano e vi proteggono; ogni giorno la mia preghiera è rivolta a questo scopo. Il giorno della Pentecoste ho celebrato una bella messa per voi. Fate bene a rimanere come state ora; ringrazio molto il Signore che non abbiamo venduto la casa. Quanto alle vostre pene, mettetele tutte ai piedi della Vergine e per il suo tramite nel cuore del suo divin Figlio. Non scordatevi: quando vengono meno gli uomini, Dio li sostituisce abbondantemente. Su, coraggio, coltivate l’amore di Dio e il desiderio ardente del paradiso. Il vostro povero fratello in Nostro Signore Eymard, p.s.m. Sig.na Marie-Anne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 56 PADRE MORCEL (V, 256, 3)

Lione, 28 maggio 1845.

Caro padre, mi lamentavo del suo silenzio, ed ecco che ora sono io più colpevole. Non dipende però da cattiva volontà, perché qualche volta ho il mal di testa al pari di lei.

Insomma, lei è sempre legato alla catena. Lo prevedevo che il vescovo avrebbe fatto molto rumore per intimidirla. Ma il povero vescovo deve pur essere preoccupato del problema, perché queste tre grandi case di formazione lo assillano. E per dirglielo sottovoce, il signor Buvat è deciso a fare un colpo di mano. Egli è venuto a Lione per farsi riservare una cella al noviziato a partire dalle vacanze. «Ma è giusto, mi ha detto, perché ho dato al vescovo la prova della mia buona volontà; ora bisogna che segua la mia vocazione. Se devo aspettare ancora sarà poi troppo tardi; adesso posso ancora lavorare un po’». Se fosse permesso suggerire una malizia ad un fratello, le consiglierei di dire al vescovo: «Non ce la faccio più».

Per quanto riguarda lei, p. M., l’abitudine è troppo radicata per poterla estirpare; non c’è che da applicare qualche emolliente sulla piaga senza allentare la disciplina religiosa, perché bisogna sacrificare tutto ad un principio vitale. Povero signor ..., è un bambino! Il signor Niermont mi scrive che l’ha trovato completamente avvilito. Imparerà a sue spese che cosa significa essere vicario, soprattutto di un parroco alle prese con grandi problemi.

Ho saputo che la sua casa procede bene, bisogna però vegliare sulla seconda divisione; vi si pronunciano parolacce, persino dal mio piccolo P ...e dai Ch ... Si vigili su di loro, perché sono come l’olio sul fuoco. Verso la fine dell’anno insista molto sul rispetto umano, sul pericolo delle cattive compagnie e dei libri cattivi, perché è triste e spaventoso vedere che ragazzi un tempo giudiziosi, oggi ahimè! - tanto per citarne qualcuno, il signor C ... e il signor L ... di Lione -, sono irrecuperabili. Temo anche per J.T ..., non si fa più vedere. Tutti frequentano i caffè e i teatri, e ho saputo che i primi due si sono spinti anche oltre. P.R ... si sta forviando rapidamente. E come potrebbe essere diverso, abbandonati come sono?

Abbiamo trovato un posto al signor O ..., non senza difficoltà. Il povero giovane avrebbe forse fatto delle grandi sciocchezze, se non mi fossi trovato presente. Il signor Dubost e il signor Bal invece si comportano molto bene.

Le processioni del Corpus Domini sono state, si dice, straordinarie per la devozione. Il popolo conserva ancora nel cuore la sua fede, solo i borghesi l’hanno messa nella loro casseforti e nel loro ventre, e perciò hanno paura del cannone e della carestia. Avevo un grazioso aneddoto da raccontarle, ma sarà per un’altra volta, perché il fratello sta per partire. Addio. Suo dev.mo nelle viscere della carità di Cristo Eymard, p.s.m. NOTA: La lettera è conforme al testo originale, ma i nomi propri sono stati omessi per motivi di prudenza e di carità.

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57 CO 57 MARIANNE EYMARD (III, 41, 33)

Vienne, 1° luglio 1845.

Care sorelle, vi scrivo poche righe da Vienne, dalla casa della buona signora Lucile, che volentieri se ne incarica. Sto ritornando da un breve viaggio di quattro giorni. Avrei tanto desiderato che La Mure non distasse da qui che due leghe, perché sarei senz’altro venuto a vedervi; di leghe invece ce ne sono trenta. Desidero quanto voi di venire a farvi la breve visita annuale, perché i pochi giorni passati in vostra compagnia sono per me le piacevoli vacanze di famiglia. Ma ora non posso venirci, perché il p. Generale deve assentarsi e bisogna che io lo sostituisca negli affari. Vi assicuro che il primo momento libero che avrò sarà per voi, a Dio piacendo. Nell’attesa non dimenticatemi nelle vostre preghiere, perché ne ho bisogno. Voi sapete che mi siete sempre presenti nel Signore. Abbiatevi molto riguardo e curatevi bene ... Vostro aff.mo fratello nel Signore Eymard. Sig.na Marianne Eymard - La Mure (Isère).

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CO 58 MARIANNE EYMARD (III, 42, 34)

Lione, 5 agosto 1845.

Care sorelle, non posso lasciar partire il signor Dumolard senza mandarvi il mio saluto. L’avrei accompagnato volentieri per venire a vedervi, se fosse stato possibile, ma il p. Generale si assenta per qualche settimana; verrò a trovarvi al suo ritorno, se mi sarà possibile. Non dimenticatemi nelle vostre preghiere, perché questa è la grande prova di amore che potete darmi. Da parte mia ve la contraccambio di cuore. Il vostro ricordo mi è sempre presente davanti a Dio, e ogni mio desiderio è che l’amore di Nostro Signore unisca e infiammi i nostri cuori, quaggiù e in vista del cielo. Il vostro povero fratello Eymard, p. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 59 MARIANNE EYMARD (I-S, 228, 1)

Lione, 5 ottobre 1845.

Mie buone sorelle, ricevo la vostra lettera e rispondo subito per liberarvi dalla pena. È vero, pensavo che sarei venuto prima a vedervi, era anzi già stato deciso. Ma gli affari che speravamo di concludere non lo sono ancora. Stiamo ultimando i preparativi per la partenza a giorni di 13 o 14 missionari per le missioni estere dell’Oceania, e poi stiamo fondando in questo momento due nuove case e, finché tutto non sarà regolato, non potrò venire a trovarvi. Spero che tutto sarà terminato entro una quindicina di giorni.

Desidero quanto voi di vedervi. Ricordate ciò che vi detto: voi siete ormai l’umico legame che mi tiene avvinto a questa povera terra. Il buon Dio conosce il desiderio che ho nel cuore, e cioè che noi lo possiamo amare con tutte le nostre forze, perché il cielo sia la ricompensa di questi nostri sacrifici e distacchi.

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Capisco bene, care sorelle, che la croce è pesante e che il divin Maestro mette duramente alla prova la vostra tribolata vita, ma abbiate fiducia: l’amore rende leggeri e persino amabili i sacrifici che ci chiede. Ah, com’è bello guardare il cielo dall’alto della croce, e quanto è dolce pensare a Gesù salvatore e giudice, nel suo divin cuore!

Vi lascio lì, in questo centro di unione e di amore. Vi farò sapere il giorno della mia partenza per La Mure. Sempre aff.mo in Nostro Signore vostro fratello Eymard, s.m. NOTA: Questa lettera, che fa parte delle nove indirizzate alle sorelle e riportate nel volume inedito I-S, 228-235, sono

lettere olografe conservate nella camera mortuaria del fondatore a La Mure. Esse furono trovate in un fondo della successione di Annette Bernard, sorella adottiva del padre, dalla signora Chion-Ducollet, notaio e sindaco di La Mure, e consegnate dalla famiglia, dopo la sua morte, alla parrocchia di La Mure (Nota del p. Ullens s.s.s., che ne le ha ricopiate). In seguito se ne sono fatte delle fotocopie.

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CO 60 PADRE MORCEL (V, 258, 4)

Lione, 11 ottobre 1845.

Caro padre, non posso lasciar partire i buoni fratelli senza scriverle in fretta un breve saluto, raccomandarle di aversi riguardo e di mantenersi sempre in una santa gioia, fiducioso nella Provvidenza; e poi di pregare per noi, che siamo sempre immersi negli affari fino al collo. Che vita! Dio sia benedetto! ma ho davvero paura di perdere ogni spirito di pietà ... Posso dirmi fortunato quando la sera ho detto i vespri. Ad ogni modo abbandoniamoci alla grazia di Dio. I miei affettuosi saluti a tutti i confratelli. Suo dev.mo nel Signore Eymard. P.S. Le mando due crocifissi indulgenziati per la Via crucis. Lei si farà fissare dal confessore le preci da

recitare, a norma del Breve che dice: «Alla condizione che si reciti qualche preghiera, fissata dal confessore», come ad esempio le litanie della Passione, 5 Pater e Ave o, in caso di malattia, qualche giaculatoria.

Rev. Morcel, superiore dei padri maristi - rue de Fleurus 3 bis - Parigi.

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CO 61 MARIANNE EYMARD (III, 42, 35)

Lione, 25 ottobre 1845.

Care sorelle, ho avuto il piacere di vedere il signor Lesbros. Sono stato molto commosso della visita che ha voluto farmi e delle notizie che mi ha portato su di voi. Penso che il mio viaggio potrà avvenire ai primi di novembre, perché a quell’epoca i nostri missionari saranno partiti, spero. A bloccarmi è stata la circostanza che il bastimento su cui dovevano essere imbarcati ha ritardato la partenza. E così la mia visita a La Mure questa volta sarà tutta di affetto, perché non ci troverò le attrattive della bella stagione. Vi prego di procurarmi, se è possibile, due o tre paia di calze di lana per l’inverno, perché possa portarmele via quando verrò. Ho un po’ fretta e vi lascio in Gesù e Maria. Vostro fratello Eymard, p.s.m. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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62 CO 62 PADRE MORCEL (V, 259, 6)

Lione, 26 novembre 1845.

Carissimo padre, ritorno da un viaggio ed è per me un piacere e un dovere rispondere subito alla sua gradita lettera.

Comincio da noi. Il p. Generale ha resistito bene in mezzo ai molteplici e difficili affari che ha dovuto regolare e definire. Dobbiamo essere molto riconoscenti al buon Dio e chiedergli la continuazione di questa grazia; siamo tutti tanto giovani e soprattutto tanto inesperti! Lei ha saputo, penso, che da un mese sono state aperte due nuove case: a Tolone con i pp. Epalle superiore, Dumolard, Marcel e Jammes; a Moulins con i pp. Girard superiore, Ozanam, Balmet e Carret. Qui tutti gli altri sono partiti o stanno per partire per le missioni. Tutti stanno bene. Il p. Mayet si trova a Belley, dove tira avanti come al solito nel suo precario ma molto meritorio stato di salute. Il seminario di Belley annovera molti allievi e il signor Martin mi scrive che è contento. Dio sia benedetto.

Ora veniamo a lei. Le devono avere detto che basta farsi prescrivere dal proprio confessore una volta per tutte qualche preghiera per i crocifissi della Via crucis. È possibile però farsele cambiare queste preci. Si è autorizzati a usare dell’indulto in caso di malattia, di viaggi o nella impossibilità morale di recarsi in chiesa. Si possono associare alle indulgenze le persone presenti.

E le prediche? mi aspettavo che mi annunciasse di avere approntato già un mezzo quaresimale, o almeno una buona dozzina di schemi fondamentali. E invece ... nulla! Ah, proprio lei p. Morcel, che sta al centro dei lumi, dei predicatori, delle biblioteche. Nulla! Per questa volta la perdono, perché bisognava pure insediarsi, ma resto in attesa. Le prometto di spedirle un grosso pacco di schemi e di buoni schemi; lei li dovrà sviluppare e rimpolpare. Riguardo ai suoi esercizi di pietà, mi sembra che ci sono stati dei progressi. Sia ringraziato Dio! La consiglio di scrivere durante la meditazione, perché Dio si manifesta in svariate maniere. Quando seguirà la mozione degli affetti, lasci la penna e preghi.

Quanto alle vocazioni di cui mi parla, accolga bene coloro che la frequentano, incoraggiandoli, e avviandoli alla preghiera e allo studio attento della volontà di Dio. Li esamini quindi di persona, - molti sono i chiamati, ma pochi i degni. Prenda informazioni sul loro carattere, sul loro equilibrio, sui loro talenti e sulla loro condotta esterna. Per quanto concerne il giovane di 26 anni, il signor Pilleux, la sua dimissione dai Fratelli e i motivi che l’hanno causata sono ragioni sufficienti per non ammetterlo. In generale bisogna essere severi con quelli che sono già stati in altri istituti religiosi. Quanto al tedesco invece, lo dimetta facendogli animo, come dice la regola, perché gli scrupolosi incorreggibili non sono idonei pressoché a nulla. Infine quanto al reverendo di Saint-Sulpice, prenda informazioni sul suo conto e poi ce ne scriva. Per quanto concerne il regolamento, se cioè è sufficiente il foglio di avvisi esposto in pubblico: - sì, quando si esce per compiere un dovere richiesto dal proprio ufficio, come il ministero, la messa, la confessione, ... Occorre invece avvertire e chiedere il permesso quando si esce per altro motivo che non sia il ministero ordinario. Anche al rientro bisogna avvisare: la disciplina e lo spirito religioso lo richiedono. Lei a Parigi ha tutte le facoltà accordateci da Roma, vale a dire indulgenziare le corone del rosario, i crocifissi e le medaglie, secondo quanto è elencato nell’Elenchus stampato a Roma; questi privilegi scadono il 21 giugno 1846. Le facoltà concesse da Roma sui voti e sugli impedimenti ad debitum coniugale invece sono già scadute.

Queste, caro Padre, le risposte alle sue domande. Farà bene a scrivere al vescovo di Belley. Io non conosco nulla sui particolari della diocesi; perciò bisogna preparare una relazione sulla storia antica. Mi rammenti a tutti i cari confratelli. Il suo ricordo è e sarà sempre dolce e indelebile nel mio cuore. L’abbraccio con molto affetto in Gesù e Maria. Eymard, p.s.m.

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63 CO 63 PADRE MORCEL (V, 258, 5)

Lione, 15 dicembre 1845.

Carissimo padre, le mandiamo il signor Thenon. Egli è dotato di buona volontà e potrà essere utile; lo rimetta un po’ in carne. Abbiamo appena ricevuto un pacco di lettere da Sydney. La procura diretta dal signor Dubreuil diventerà un giorno importante, perché il padre è molto attivo. Monsignore Epalle ci scrive che è arrivato a Sydney il 22 giugno; tutti stanno bene e hanno fatto una buona traversata. Aggiunge anche che la notizia che Wallis è in guerra, come era stato diffuso, non è vera. Ne sia benedetto Iddio! Ci dice anzi che una nave dello stato, la Rhin, è in questo momento in visita al centro. Speriamo che sia andato a visitare monsignore d’Amata e che presto avremo le sue notizie, perché siamo molto preoccupati. La Nuova Zelanda è sempre in stato di guerra. Mi fermo qui, perché si parte. Addio in Nostro Signore. Eymard. Rev. Morcel, superiore dei padri maristi - rue de Fleurus 3 bis - Parigi.

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CO 64 MARGUERITE GUILLOT (II, 1, 1)

Lione, 30 dicembre 1845.

Signorina, le invio la sua strenna: i due consigli del Terz’Ordine l’hanno ammessa, e sarà ammessa eccezionalmente subito invece di rimandarla ancora di un mese. Spero che questo titolo di figlia di Maria aggiunto a tanti altri, la renderà vivamente riconoscente verso la dolce Madre, che l’ha voluta accogliere nella sua famiglia. Io la ringrazio molto per lei; è tanto buona la Vergine!

Beh! il cielo è tornato sereno? Io credo di sì: la tempesta purifica l’atmosfera ma passa, e il sole riappare più bello e più radioso. I sospiri, i gemiti e le lacrime di un cuore che ama solamente Gesù sono dolcissimi nell’effusione della reciprocità dell’amore divino; le umiliazioni e le sofferenze rendono sopportabile l’impotenza del povero cuore e il martirio diventa la sua felicità. Non crede, figlia mia, che i gemiti e le lacrime della Maddalena sul corpo esanime del Salvatore, l’agonia di Maria ai piedi del suo Gesù morto sulla croce non fossero il frutto di un amore più eroico? E l’amore del caro e dolce Gesù, che soffre solo e derelitto sulla croce, abbandonato dal Padre e dagli uomini, non costituisce il grado più alto dell’amore che soffre e che si immola totalmente? Oh, evviva Gesù, evviva la sua croce!

Sia dunque la figlia di questa croce d’amore. È vero, Gesù si lamentò con il Padre suo: «Padre mio, perché mi hai abbandonato?» (cf. Mt 27, 46). Certo, anche lei può lamentarsi, ma amorevolmente a combattimento conchiuso. Sarà il grido dell’amore immolato. Quando il nemico di Gesù e della nostra salvezza l’attaccherà con furore, faccia una cosa: si umili nell’abbandono e nella fiducia in Dio. Non basta, faccia di più: si umili al di sotto di tutte le creature, al di sotto dello stesso diavolo, dicendo al Signore: «Ahimè, tu non gli hai fatto tante grazie come hai fatto a me; lui non ha più il salvatore, mentre io ne ho uno, che è mio padre; lui non ti ha offeso che una sola volta, mentre io l’ho fatto migliaia di volte; io sono stata ingrata e infedele, è bene perciò che egli sia l’esecutore della tua giustizia. O padre mio, mi immergo nel mio niente, e tu che mi sei padre, non abbandonarmi, ma tienimi per mano; la mia volontà e il mio cuore sono per te, il resto lo lascio alla tua giustizia». Il cuore ardente di amore di Gesù sia la sua forza, il suo rifugio, il suo centro, il suo calvario, la tomba del suo essere, e in seguito anche la sua risurrezione, la vita e la gloria. Questo è il mio augurio per il nuovo anno, ed è l’augurio più bello e più grande. NOTA: Lettera copiata da un testo della rev.da madre Marguerite.

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65 CO 65 SIGNORA EYMARD -GAIDAN (III-S, 97, 1)

[1845-1846].

«La dottrina cattolica insegna che “nessuno può salvarsi se non è cattolico, apostolico e romano”. Alcuni lo affermano, altri lo negano. Risposta del p. Eymard: no, occorre fare una distinzione.

«Risposta esplicita: la chiesa insegna questo: “Fuori della chiesa non vi è salvezza”. Ora, si può appartenere alla chiesa in due modi: materialmente e spiritualmente, come i cattolici apostolici romani; o solo spiritualmente, come coloro che professano in buona fede quanto conoscono della religione rivelata, e la religione naturale, come taluni protestanti; e quelli che praticano in buona fede la legge naturale, non essendo pervenuti alla conoscenza della legge rivelata, come gli uomini primitivi, ...

«Dire esclusivamente che nessuno può salvarsi se non è materialmente cattolico apostolico e romano, non è quanto la chiesa insegna». Eymard.

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CO 66 MARIANNE EYMARD (III, 43, 36)

Lione, 1° gennaio 1846.

Care sorelle, comincio con voi questo nuovo anno. È più che giusto, perché non ho che voi al mondo e perché il nostro amore fraterno è in più un amore soprannaturale e divino. Se non vi scrivo più sovente non è per dimenticanza, perché tutti i giorni e spesso nel corso della giornata mi siete presenti in Dio ed è in lui che io vi vedo; ma sapete quanto ho da fare. Lo so che si fa presto a scrivere poche righe, ma quando è il cuore che vuole parlare, esso desidera essere tranquillo e libero. E spesso nell’attesa di questo momento i mesi passano.

Siamo dunque, mie buone sorelle, giunti ad un nuovo anno che il buon Dio nella sua bontà ci concede per meglio servirlo, e amarlo con maggior distacco, perfezione e generosità. Quante volte contando i miei anni mi sono detto: non avrei mai creduto di vivere così a lungo. Ricordo che, quando caddi ammalato, chiesi a Dio di potere avere la felicità di dire anche una sola messa e mi sarei rassegnato anche a morire. Ebbene, da dodici anni sono prete e quante grazie ho ricevuto da allora! Ne avessi almeno tratto profitto! Anche voi ne avete ricevuto tante, ma con la vostra vita più tranquilla, meno dissipata della mia e ancor più crocifissa, ne avete ricavato un profitto maggiore. Perciò, poiché tra fratelli tutto è comune, conto di condividere con voi i vostri vecchi risparmi, come avveniva a Monteynard quando non possedevo nulla. Fatemene dono. Su, mie care sorelle, coraggio e santità, perché in fondo la terra è un niente; non è che una nuvola bianca o nera che passa e di cui non ci si ricorda più un attimo dopo il suo passaggio.

5 gennaio. Sono un po’ mortificato per non avervi spedito la lettera che avevo cominciata il 1°, ma in

questi giorni mi sono dovuto occupare di tante cose e di tante persone che non la potei portare a termine. Vi ringrazio tanto delle calze, che avete avuto la bontà di confezionarmi e di spedirmi. Sono sempre il vostro figlioccio impertinente, mi sforzo però di rendervi l’equivalente in preghiere e di fare pregare per voi. Ho ottenuto dal Superiore generale di associarvi ambedue a tutte le preghiere, ai sacrifici e ai meriti dei membri della Società di Maria, cioè dei padri, dei fratelli e delle suore. Ed eccovi così nel Terz’Ordine marista, che sostituirà quello di san Francesco. Ed è ben giusto che gli diate la preferenza, perché un Terz’Ordine di Maria esiste pure. Questa, care sorelle, è

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la mia strenna; Gesù e Maria l’accompagnino con la loro benedizione. Sempre aff.mo in Nostro Signore vostro fratello Eymard. P.S. Dimenticavo di dirvi che sto bene. I miei cordiali auguri alla buona signora Fayolle, a cui voglio bene

come a una mamma, e a tutta la sua famiglia. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 67 ELISABETH MAYET (II-S, 54, 2)

Lione, 28 gennaio 1846.

Ho ritenuto di assecondare i suoi desideri proponendola per quanto avevamo concordato, ed è stata accolta. Eccola dunque doppiamente sorella del suo fratello. Tuttavia, anche se tutto è già fatto, lei resta libera di accettare o no, e i miei sentimenti non cambieranno quale che sia la sua decisione. Suo dev.mo nel Signore Eymard.

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CO 68 MARIANNE EYMARD (III, 45, 37)

Lione, sant’Agata 5 febbraio 1846.

Care sorelle, non posso resistere oggi al desiderio di scrivervi due righe. Ho pregato molto il buon Dio per voi, per il nostro babbo e la nostra mamma, per il mio padrino; voi ne indovinate il motivo. È un giorno tanto bello per me, il più bel giorno della mia vita, perché oggi ho avuto la gioia di venire battezzato. Se fossi morto subito dopo, ora sarei in cielo a pregare per la mia madrina ancora sulla terra, gravata della croce, lungo il cammino cosparso di spine che porta lassù. Ma il buon Dio non l’ha voluto e mi ha lasciato fino ad oggi in questa valle di esilio, di lacrime e di lotte. Ne sia egli benedetto! Una volta raggiunta la meta, dopo che saremo arrivati, il tragitto corto o lungo, facile o penoso, sarà ormai sulla bilancia delle grazie e delle misericordie di Dio. L’essenziale è arrivarci. Pregate che ci riesca, come anch’io faccio volentieri per voi. E se ci arriverete per prime, lasciate sul vostro percorso un bastone di sostegno e tenetemi la porta aperta. Almeno lassù, mie care sorelle, non ci sarà più né lontananza né separazione.

Chi avrebbe detto, quando avevo vent’anni e stavo disteso su di un letto, spacciato da tutti i medici, che sarei vissuto ancora 15 anni? Li avessi almeno bene spesi! È vero, il buon Dio mi ha fatto grazie insigni, e non posso fare a meno di riconoscere nella mia vita tratti della sua misericordia e della sua provvidenza tanto grandi che sarei un bell’ingrato se non l’amassi con tutto il cuore e non lo servissi con tutte le forze.

Ti devo molta gratitudine, mia cara madrina, per avere vigilato su di me nel periodo della mia giovinezza e per avermi iniziato a tante pratiche di pietà. Oggi ricordo in modo particolare i giorni della mia infanzia e ci scorgo una grande grazia. Ricordi quando, seduto sul mio povero letto al tuo fianco, cantavamo insieme con le lacrime agli occhi i canti di Marsiglia, soprattutto quelli di santa Genoveffa, di san Giuseppe, della Via crucis? E poi quando ti accompagnavo al confessionale, dove io dovevo starmene molto discosto? Oh, che bei tempi! Amavo Dio più allora di adesso.

Dopo di allora quante fasi e stati diversi si sono succeduti nella mia vita! Che cosa è mai la vita di questo mondo! Quante persone, che io conoscevo e stimavo, ho già visto morire! Mi resti almeno tu; il buon Dio ti voglia conservare ancora un po’. Non so se è un augurio bello e auspicabile, ma

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penso che la vita è tanto preziosa per un cuore che lavora per il cielo e sotto il regno dell’amore di un Dio crocifiggente e crocifisso!

Ecco, lo vedi, volevo parlarti da figlioccio e mi accorgo che sto facendoti una predica. Io metto tutto assieme, perché in fondo un albero ha delle radici, un tronco e dei rami. Se i rami non sono carichi di frutti, hanno almeno dei fiori o delle foglie per farne per te un piccolo mazzo, un mazzo che molto spesso è stato composto di mirto; ma spero che in cielo esso non avrà più spine. Siamo ormai in quaresima. Nessun digiuno o astinenza dalle carni per voi, perché, lo sapete, sono pregiudizievoli per la vostra salute; chiedetene perciò con tutta semplicità la dispensa. I miei cordiali ossequi al buon parroco e ai suoi tre vicari; sarà un anticipo. Vostro aff.mo in Nostro Signore fratello Eymard, p.s.m. P.S. La mia lettera non è potuta partire in giornata, ma non meravigliatevi, i percorsi ne sono stata la

causa. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 69 REVERENDO SALVIONI

(III-S, 93, 1) Lione, 8 febbraio 1846.

Reverendo, il p. Colin, nostro Superiore generale, ha ricevuto e letto con un piacere tutto

particolare la lettera che gli ha inviato in data 16 gennaio scorso. Dandomi l’incarico di rispondere, mi prega di esprimerle il dispiacere di non averla potuto vedere nel mese di settembre a causa degli esercizi spirituali e le presenta le cordiali espressioni della sua stima e deferenza. Sono dunque io, reverendo, che al piacere di aver potuto conversare qualche istante con lei in occasione della sua venuta a Lione, unisco quello di risponderle. Non le nascondo ciò che lei perde. Se il p. Generale avesse potuto scrivere di sua mano, avrebbe delle informazioni forse più precise e particolareggiate. Voglio comunque sforzarmi di rispondere del mio meglio alle diverse domande che gli pone. Origine della Società di Maria

Non saprei precisare l’epoca in cui fu concepita la prima idea della Società di Maria, ma so che, prima di rivelarsi al pubblico, fu per il corso di alcuni anni meditata dinanzi a Dio. Alla fine, nel 1815, i nostri primi padri ancora giovani, sottomisero idee e progetti ai loro direttori spirituali e ad alcuni dei loro superiori ecclesiastici, e da questi ottennero l’autorizzazione di riunirsi di quando in quando per infervorarsi a vicenda nella virtù, nella devozione e nell’imitazione di colei, di cui volevano portare il nome. Non erano all’inizio più di quattro o cinque, ma a poco a poco raggiunsero il numero di dodici, tutti giovani preti o aspiranti al sacerdozio.

Da allora in poi le loro devote riunioni divennero più frequenti, soprattutto verso la fine del 1816. Erano tutti animati dal medesimo spirito, e la più perfetta carità regnava tra di loro. I rettori del Seminario maggiore di Lione li autorizzarono a tenere le loro assemblee in una sala appartata del seminario. Essi però preferivano trovarsi ai piedi di Notre-Dame di Fourvière, celebre santuario dedicato alla Madre di Dio. I sacerdoti vi celebravano la messa, e gli altri ricevevano la comunione dalle loro mani. Tutti con fervide preghiere supplicavano il cielo di benedire e di guidare la loro intrapresa. Offrendosi a Maria per lavorare alla gloria del suo divin Figlio e alla gloria di lei, la supplicavano di accoglierli tra la schiera dei suoi figli e dei suoi apostoli.

Tanto felici inizi animarono i primi padri della Società, ma essi non se ne lasciarono illudere; erano infatti ben consapevoli che un’opera come quella da essi vagheggiata, se veniva da Dio, non avrebbe avuto un buon esito senza scontrarsi con molte contraddizioni e molte difficoltà. Essendo

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sacerdoti e soggetti all’autorità episcopale, sentirono che non potevano né dovevano tentare di attuare i loro intenti senza il consenso e l’approvazione del vescovo. Concordarono tra loro di presentargli per iscritto a tempo debito lo scopo e il progetto della Società; di sollecitare da lui con insistenza, ma sempre con umiltà e piena sottomissione, l’approvazione del loro progetto e il permesso di attuarlo; di non fare nessun passo importante nell’interesse dell’opera senza preavvisarlo e averne ottenuto l’assenso. Del che assunsero formale impegno, sottoscritto da ciascuno di loro in una delle solite riunioni.

Questo saggio comportamento, che tracciava loro un cammino sicuro e li metteva al riparo da ogni illusione, divenne in seguito per essi una sorgente di benedizioni e l’inizio dei successi che più tardi ottennero. Essi vi restarono costantemente fedeli in mezzo ai ritardi, ai rifiuti, alle contraddizioni e alle umiliazioni di ogni genere che ebbero a subire nel corso di venti anni, fino a che nel 1836 la santa Sede, a seguito di un rapporto favorevole dei vescovi di Lione, Belley e Grenoble, approvò la Società. Fine della Società

Il primo articolo delle nostre Regole ci indica in termini generali il fine della Società, e io credo bene, reverendo, di trascrivere il testo alla lettera:

«Quest’ulima tra le Congregazioni, benignamente approvata il 29 aprile 1836 dal papa Gregorio XVI, fin dall’inizio assunse il nome di Società di Maria, che bene esprime sotto quale vessillo essa voglia militare nelle battaglie del Signore e quale ne deve essere lo spirito. È stata infatti insignita del soave nome di Società di Maria, perché tutti coloro che vi sono ammessi, memori della famiglia a cui appartengono, emulino innanzitutto le virtù della vergine Madre e quasi vivano della sua vita, soprattutto nell’umiltà, nell’obbedienza, nella reciproca carità e nell’amore divino.

Secondariamente devono tenere costantemente dinanzi allo sguardo della mente, quale protettrice, la regina degli angeli e degli uomini, mentre affrontano le varie fatiche alla maggior gloria di Dio. Infervorati dall’esempio di tale guida e rinvigoriti dai suoi meriti e dalle sue preghiere, potranno applicarsi, con un maggior fervore d’animo, una fiducia più viva e con l’aiuto della grazia di Dio, alla propria perfezione e alla salvezza del prossimo, e custodire con più fedeltà fino alla morte la fede cattolica, difendendola con tutte le forze. Così potranno raggiungere con pieno successo il fine, a cui la Società tende».

Come può ben vedere, reverendo, la perfezione dei suoi membri attraverso l’imitazione delle virtù della Madre di Dio e la santificazione del prossimo per i meriti e l’intercessione della Regina del cielo, formano il duplice scopo della Congregazione di Maria.

La Società si rende utile al prossimo e lavora per la salvezza delle anime sotto gli auspici della sua patrona, con i ritiri e le missioni che essa tiene da per tutto nelle località che ne fanno richiesta, soprattutto nelle parrocchie di campagna; con le predicazioni di quaresima e di avvento, con i catechismi e l’istruzione religiosa, la visita agli ammalati negli ospedali e ai carcerati; con la direzione dei collegi e l’educazione della gioventù, e con le missioni all’estero; quest’ultime non sono che uno dei fini della Società. Spirito della Società

Lo spirito della congregazione dovrebbe essere quello della Vergine SS., di cui essa porta il nome: spirito di umiltà, di semplicità, di modestia, di obbedienza, di zelo e di abnegazione. Fare tutto il bene possibile, ma farlo senza rumore e senza ostentazione; «quasi seguendo passo passo la beata Vergine», dice la Regola, «anche se potranno e dovranno svolgere qualsiasi ministero per la salvezza delle anime, nella misura delle capacità di ognuno, ma di nascosto e quasi ignorati dal mondo».

Lo spirito della Regola esige dunque che noi scompariamo ovunque saremo all’opera, che abbiamo nei confronti degli ecclesiastici, e specialmente dei parroci, tutto il rispetto e i riguardi possibili; e che nelle diocesi, dove ci chiamano, ci consideriamo come milizia ausiliaria del vescovo: «da per tutto si comportino con tanta prudenza e riguardo, che i vescovi amino,

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promuovano e considerino come propria la nostra Società». Noviziato

Il periodo del noviziato dura almeno diciotto mesi, al termine dei quali il novizio è ammesso a pronunciare i tre voti semplici della vita religiosa. Durante i primi dodici mesi, egli segue gli esercizi del noviziato. Negli ultimi sei riprende gli studi se ancora non è sacerdote; se invece è sacerdote, fa il catechismo, visita gli ammalati negli ospedali o si accompagna con i padri nelle missioni e nei ritiri. Durante il tempo del noviziato i candidatisi alzano alle quattro e si coricano alle otto e mezzo; fanno un’ora di orazione la mattina e mezz’ora la sera; fanno due volte al giorno l’esame di coscienza, assistono alla esposizione della dottrina cristiana e alle conferenze spirituali, consacrano un tempo determinato alla lettura di qualche libro di pietà o delle biografie dei santi, si esercitano nell’obbedienza e nell’umiltà con la confessione delle colpe e qualche altro esercizio di umiliazione, come ad esempio spazzare le camere, aiutare in cucina, servire in refettorio, ecc. Per il resto non vi è nient’altro di molto penoso per il corpo. I più importanti di questi esercizi continuano dopo il noviziato in ogni casa della Società. Stato attuale della Società

Nel 1836, quando la Società ottenne l’approvazione del Sommo Pontefice, la Congregazione non annoverava che venti preti; dei nostri primi padri soltanto quattro erano i superstiti; tutti gli altri erano venuti meno di fronte alle prove e si erano ritirati. Di questi venti preti, cinque partirono il mese di dicembre dello stesso anno insieme con tre fratelli catechisti per l’Oceania; ne rimasero perciò quindici soltanto.

Oggi la Società conta dieci case o residenze in Francia. Essa ha inviato in Oceania novanta dei suoi membri, sacerdoti o fratelli; quattro furono elevati alla dignità episcopale e si trovano a capo delle missioni della Nuova Zelanda, dell’Oceania centrale, della Nuova Caledonia, della Melanesia e della Micronesia.

Penso di avere così, reverendo, risposto alle domande contenute nella sua lettera e di avere soddisfatto almeno in parte il suo desiderio. Se le fosse gradita qualche altra delucidazione, mi troverà sempre disposto a fornirgliela, nei limiti delle mie possibilità.

La Vergine santa fu in tutti i tempi il sostegno e la protettrice della Chiesa, ma saremmo tentati di dire che forse mai il suo amore materno si è manifestato in favore degli uomini come nel secolo XIX. Quante opere di zelo e di salvezza spuntano da ogni parte sotto i suoi auspici! Per tacere di tante altre, una ulteriore prova della sua tenerezza verso gli uomini del nostro sventurato tempo è, oserei dire, la nascita ai nostri giorni di una Società di sacerdoti maristi, cioè di una Società con il nome di Maria, di un Terz’Ordine della medesima Società che conta già più di 800 aggregati laici, che fanno i voti con l’approvazione dei vescovi, si sono dati un governo proprio, vivono in comunità e si dedicano, come i fratelli delle scuole cristiane, all’educazione dell’infanzia, soprattutto nelle parrocchie rurali; di un Terz’Ordine marista, a favore della gente che vive nel mondo, Terz’Ordine che è pure stato arricchito di indulgenze dal Sommo Pontefice.

Scrivendole questa lettera, un desiderio assillante agitava il mio cuore, e oso manifestarglielo: che lei divenga lo strumento della Provvidenza per trapiantare la Società di Maria nella vostra bella Italia, di sentimenti tanto cattolici e così devota al culto della regina del cielo. Lei senza dubbio mi perdonerà volentieri questa confidenza, ed io le prometto di fare ogni sforzo presso la Vergine santa perché il mio desiderio sia attuato.

Nell’attesa, la prego di gradire i miei deferenti ossequi, con i quali mi onoro di professarmi, reverendo, suo umil.mo e obb.mo servitore Eymard, provinciale. NOTA: Don Federico Salvioni era professore di catechesi nel Seminario maggiore di Milano. - L’estratto della lettera

venne pubblicato sul quindicinale milanese «L’Amico Cattolico» nel nº XVI dell’agosto 1846, fasc. 2, pp. 147-151. Fondato nel 1841, questo periodico divenne poi «La Scuola Cattolica», il cui primo numero uscì il 31 gennaio 1873. Il fascicolo citato si conserva nella raccolta del periodico presso la Biblioteca Capitolare del Duomo di Milano, Piazza Duomo 16.

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70 CO 70 MARGUERITE GUILLOT (II, 2, 2)

Sabato, marzo 1846.

Le rimando, mia sventurata figliola, il suo libro e la ringrazio molto. Quando incorro in una dimenticanza non tema di ricordarmelo; è il rimedio alla mia negligenza, di cui l’ho incaricata di correggermi senza riguardi.

In questo momento il sole si è nascosto e mille tempeste si vanno addensando sulla povera canna. Gesù, che non è venuto a spezzare la canna incrinata, se permette che il vento la agiti e la pieghi verso terra, la sostenga perché essa alzi subito di nuovo la sua cima verso il cielo ... Mi dia ascolto, figlia mia; il demonio tentò anche il divin Maestro e gli apparve sotto svariate forme. Fece anzi di più, poiché ebbe l’ardire di portarlo via; Gesù lo lasciò fare, e senza perdere la calma e ricorrere al miracolo, con poche parole lo sconfisse. Avendo accompagnato Gesù al Tabor, sul monte degli ulivi e al calvario, bisogna pure condividere le sue tentazioni, ma abbia fiducia. Gesù si erge a testa alta di fronte al demonio e modera il suo furore; egli è in lei per combattere con lei. Certo, il demonio non è solo; l’immaginazione, il cuore, il corpo, tutti fanno lega con lui contro la sua povera anima. Non se ne angusti. In caso di sommossa popolare è inutile mettersi a ragionare e gridare per sedarla. È meglio lasciarli gridare tutti soli, si stancheranno e si confonderanno presto. Il demonio è meno pericoloso quando tenta in modo sensibile. Su via, passato il primo smarrimento, si rassereni e si tenga piccola piccola sul cuore del divin Maestro, come i bambini in braccio alla loro mamma quando hanno paura. Le ripeto, mi prendo io la responsabilità del peccato, se peccato c’è stato. Si tratta di una tentazione, ecco tutto. Ma lei dirà che gli effetti li ha avvertiti; poco importa, l’anima era con Dio. Ascolti san Paolo: «Chi mi libererà da questo corpo di peccato, da questo corpo di morte? la grazia di Dio» (cf. Rm 7, 24-25). Lei può accostarsi alla comunione, se le è possibile; e se lo fa capirà che si trattava solo di una tempesta. Gesù, Maria e Giuseppe la confortino. Sig.na Guillot Marguerite - Lione.

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CO 71 MARGUERITE GUILLOT (II, 3, 3)

Giovedì santo, 9 aprile 1846.

Vengo ad accontentarla, figlia mia, scrivendole queste poche righe. Mi rincresce di non averle dato martedì il permesso di tenere compagnia la sera del giovedì al buon Maestro così solo, triste e sofferente nell’orto degli ulivi; glielo do volentieri ora e vorrei potere venirci anch’io insieme con lei. Segue poi il giorno di Pasqua, questo bel giorno che asciuga ogni lacrima e che ci restituisce Gesù così bello e così caro. Bisogna che l’agghindi per questo buon padre e che le dia un bouquet per mezzo della sua cara madre. Perciò la autorizzo a consacrarsi a Maria purissima e amabile con un voto speciale, per eleggerla come depositaria e garante, insomma come maestra delle sue novizie. Mia povera figliola, posso forse dargliene uno migliore? Oh, quanto è fortunata! c’è da piangere di gioia. Nostro Signore sarà tanto contento di far passare le sue grazie attraverso il cuore di Maria, di parlare e mostrarsi a lei attraverso il cuore di Maria. Con questo voto infatti andrà a Gesù per Maria e amerà Gesù tra le braccia di Maria. E quando l’adorabile Salvatore si degnerà invitarla ai piedi della sua croce, là troverà Maria. Ella è già madre sua, ma lo sarà a doppio titolo. Prevedo che questo voto della santa schiavitù le apporterà molte grazie e amore. Beninteso, quando ci si consacra così alla regina del cielo e della terra è per sempre. Per favore, le dica che io pure

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sono il suo povero figlio. Coraggio, lei dirà domenica: «Io sono morta, ma la mia vita è nascosta con Gesù e Maria in Dio».

Aggiungo due parole sul mio uomo. Questa mattina alle dieci, ha avuto la gioia di fare la prima Comunione; era felice e io credo che il buon Dio sia stato contento delle sue disposizioni. La moglie gli era al fianco; mi ha detto che pregherà molto per le persone che gli hanno fatto tanto bene. Ora sto dandomi da fare per cercargli un posto. Suo dev.mo in Nostro Signore. P.S. Ho promesso ad una mamma di fare una novena alla Vergine SS. per ottenere la guarigione del figlio, in cambio di un sacrificio che ella mi ha promesso di fare. Si associ anche lei a questa novena. Sig.na Marguerite Guillot - Place Bellecour, Façade du Rhône, 9 - Lione.

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CO 72 MARGUERITE GUILLOT (II, 5, 4)

Sabato santo, 11 aprile 1846.

Vengo per completare la mia lettera e per spiegare il senso dell’autorizzazione che le ho accordato. È un voto, bene, ma in che cosa consiste? è questo, penso, ciò che lei si attende. Vengo perciò a spiegarglielo, affinché la sua offerta sia ben ponderata. Le dissi che bisognava prendere la Vergine SS. quale garante e maestra. Ma anche più di questo, (in effetti lei lo ha già fatto): prenderla cioè come modello e come regola dei voti che ha emesso per assomigliarle e, attraverso di questa buona madre, assomigliare a Gesù suo divin Figlio, di cui ella è la copia perfetta, imitando così Gesù in Maria. E perché questo impegno sia rivolto ad un obiettivo concreto, faccia voto di imitare la semplicità di Maria nell’abbigliamento e nel modo di vestire, come disporrà l’obbedienza. Perciò ad esempio quando si tratterà di comprare qualche cosa di sua iniziativa, si asterrà dal comperare stoffe di seta, beninteso solo per quanto riguarda gli abiti; ma quando farà un acquisto insieme con le sorelle, se non potrà fare altrimenti, si adeguerà a loro. Ma viva la semplicità discreta e usuale di Maria! Si sforzi di diventare una vera figlia di Maria e vivere nel cuore di lei più che nel proprio cuore. In questo cuore verginale e così puro troverà il cuore adorabile di Gesù, e così sarete tre cuori in uno. Sa bene che è solo là che la voglio ritrovare e che lei potrà trovare me. In futuro le sarà dato di tergersi le lacrime. Oh, quando spunterà anche per noi il giorno della completa risurrezione e quando la morte potrà spezzare queste catene della nostra mortalità! Certo, forse sarà necessaria la morte lenta di ogni giorno per giungere al gran giorno della vita eterna dell’amore. Beh, Dio sia benedetto! Ma quanto arido è il mio cuore e quanto soffre di esserlo! Lei mi ripete spesso di amarlo per se stessa, ma io le rimando la freccia e la fiamma diretta al suo divin cuore, perché ahimè, mi sembra di non avere la forza di lanciarla. Ma insomma Dio sia benedetto di tutto, purché un giorno lo possa amare molto, e viva e muoia amandolo. Ma, lei dirà, perché solo lei? e sia, noi, dato che ... quale lettera! È vero, la mia anima è triste, ma domani forse il buon Maestro si mostrerà ad essa. Sig.na Marguerite Guillot - Place Bellecour, Façade du Rhône, 9 - Lione.

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73 CO 73 MARIANNE EYMARD (III, 46, 38)

Lione, 7 maggio 1846.

Carissime sorelle, stavo per scrivervi quando ho ricevuto la vostra lettera. Avevo saputo che state bene da diverse persone di La Mure, che di tanto in tanto ho visto. Ciò mi dava un po’ di tranquillità nei vostri riguardi. Vi ringrazio delle buone notizie che mi date sul mio caro paese, a cui sono sempre attaccato. Se sarà volontà di Dio verrò a trovarvi, non ora però, perché in questo momento siamo molto occupati. Sarà per me un grande piacere, perché potrò compensare a viva voce la brevità di questa missiva. Io sto bene, grazie al buon Dio. Non vi do notizie di Lione, dove il commercio ristagna. Ah, care sorelle, quante famiglie infelici vi sono dentro le grandi città! quante miserie, quanta corruzione e quante nefandezze! Voi pur con tutti i vostri guai, siete mille volte più fortunate vivendo nel nostro piccolo paese che se viveste in una città dove le cose cambiano tanto rapidamente. Tuttavia, e bisogna pur dirlo, vi sono delle anime belle anche a Lione. La Vergine è molto amata ed è meraviglioso quanto si fa per lei. Un giorno, quando avrò più tempo libero, ve ne descriverò i particolari. Oggi mi limito ad un salutino molto mattiniero, perché sono solo le 4,15. Addio in Nostro Signore; la campana mi chiama alla meditazione e vado volentieri a pregare per voi. Lo faccio del resto sempre, perché il vostro ricordo mi è sempre presente e il buon Dio sa tutto quello che gli chiedo per voi. Vostro aff.mo in Nostro Signore Eymard, p.s.m. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 74 MARIANNE EYMARD (III, 47, 39)

Lione, 27 maggio 1846.

Carissime sorelle, vengo per darvi mie notizie, perché vi fa tanto piacere averle. Vi capisco: voi mi coccolate, persin troppo. Ma è proprio il caso di dire: in Dio e per Dio, perché l’uomo non lo merita. Ho avuto spesso notizie di voi da diverse persone, e ringrazio molto il buon Dio che state sempre discretamente e gli chiedo che vi mantenga in buona, anzi in ottima salute. Vi ho spedito un piccolo libro per il tramite della signorina Reynier; spero che vi sarà gradito. Avreste certamente preferito che fossi io stesso a portarvelo; se fosse acconsentito a un religioso di avere volontà propria, anch’io sarei stato contento di venire a portarvelo e a rivedervi. E poi, ripartendo da La Mure, andare a fare visita alla cara Notre-Dame du Laus. Oh, come la sogno questa bella regione del Laus, dove la Vergine santa mi ha fatto tante grazie! Quanto mi piacerebbe passare otto giorni ai piedi di questa buona madre! Il mio cuore al suo ricordo piange di riconoscenza e di nostalgia. Ma quando piacerà al buon Dio ci verrò; per ora abbiate pazienza e in ogni caso rimaniamo uniti nel suo santo amore.

Vengo anche per parlarvi di una cosa importante, che forse la divina Provvidenza ha predisposto per voi. Si tratta di questo. Si è costituita in Lione una società di persone affidabili per la fusione del ferro. Lo scopo della società è offrire alle anime pie, soprattutto a quelle che hanno subito delle perdite nei fallimenti che hanno rovinato tante famiglie, la possibilità di arrotondare le loro piccole rendite, offrendo delle azioni a 500 fr. cadauna. Chi acquista una o più delle sue azioni, in primo luogo riceve delle ipoteche su dei fondi immobiliari a garanzia della somma versata, e poi si assicura la rendita del 5% sul capitale versato, e in più una partecipazione agli utili della società, che potrebbero raggiungere il 15-20%. Il versamento di 500 fr. potrebbe fruttare 25 fr. di interessi, e 50-70 fr. di dividendo. Se avrete investito 2.000-3.000 fr., vi assicurerete una piccola rendita. Non

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entro nei particolari, perché sarebbe troppo lungo. Vi basti sapere che lo hanno esaminato e lo hanno fatto esaminare da esperti, che l’hanno giudicato un buon affare. Forse mi obietterete: ma come mai non vi accorrono tutti? La società non è ancora molto conosciuta. L’hanno fatto di proposito, perché le anime pie potessero comperare le azioni prima che se le accaparrassero i grandi capitalisti. Non ho consigli da darvi, certo, ma desidero molto che non abbiate tante difficoltà e possiate vivere più tranquille. Potreste impiegarvi il denaro che avete depositato da Reymond, anche se la cedola non è ancora scaduta. Se il campo, che vi dà tanti grattacapi e tanto poco profitto, fosse venduto, il ricavato investito nella società, potrebbe rendervi dieci volte di più. Pensateci, fate una novena a sant’Anna che è la protettrice degli affari, e poi scrivetemi quel che avrete deciso. Il tempo urge, ma io pregherò quei signori di riservare per voi senza impegno alcune azioni, perché il tempo utile per la sottoscrizione delle azioni di 500 fr. durerà solo una decina di giorni. Mi assicurano che non vi sono rischi. Saluti, vi abbraccio nei cuori di Gesù e di Maria. Vostro fratello Eymard. P.S. Favorite presentare i miei ossequi al parroco, al reverendo Rabilloux e al suo gioviale collega, e

soprattutto alla famiglia Fayolle. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 75 MARGUERITE GUILLOT (II, 6, 5)

Saint-Etienne, 30 maggio 1846.

Sia perfetta come il suo padre celeste! Gesù sia la sua gioia, la sua verità e la sua vita. Egli viva in lei! Ecco, figlia mia, il mio augurio e il mio auspicio. Questo per dirle che acconsento ai suoi desideri e al suo voto volentieri e liberamente. È vero, ho avuto qualche perplessità, ma era inevitabile: bisogna essere certi che sia la volontà di Dio. Ebbene, la santa volontà di Dio sia fatta, questa divina volontà che san Paolo chiama buona, benevola, perfetta. Emetta pure questo voto assoluto e perpetuo. Lo gradisca nel suo amore il divin Gesù, lo benedica e lo coroni con la sua grazia. Maria, la nostra buona madre, ne sia la custode e la garante, e san Giuseppe il protettore e il tutore. Lo faccia a questa condizione: come disporrà l’obbedienza, per modo che l’obbedienza ne sia la norma, e per questa via non saranno da temere illusioni, dubbi o difficoltà. Addio, figlia mia, resti sempre sola con il divin Maestro; io la offro a lui come sua vittima di olocausto. Potessimo essere consumati dal suo amore e per la sua gloria! Eymard. Sig.na Guillot Marguerite - Place Bellecour, Façade du Rhône, 9 - Lione.

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CO 76 ANONIMO (MARISTA ) (III-S, 80, 1)

22 luglio 1846.

Carissimo padre, dopo un attento esame penso che convenga che il signor Ducorneau vada a visitare sua madre a Bordeaux e che parta al più presto possibile. Sono stato molto edificato dalla sua lettera, ma non sapevo nulla della cosa. Se lo avessi saputo l’avrei sgridata solo nel caso che non avesse potuto dormire. [Incompleta e senza firma].

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77 CO 77 MARIANNE EYMARD (III, 49, 40)

Lione, 25 agosto 1846.

Carissime sorelle, avevo l’intenzione di scrivervi, ma ogni volta mille incombenze me la facevano differire a una giornata più calma e più libera. In breve, anche oggi bisogna che vi scriva in fretta e anche con un fastidioso mal di denti, che da una decina di giorni mi fa espiare i peccati di gola. Dio ne sia benedetto. Mal di denti a parte, io sto bene e ne ho bisogno, perché essendo il p. Generale assente da un mese, tutto ricade sulle mie spalle. Il buon Dio comunque mi assiste. Avete indovinato pensando che non dimentico La Mure né le mie sorelle; se fossi libero, verrei immediatamente a trovarvi e a respirare l’aria pura delle montagne, ma per il momento il buon Dio dispone altrimenti. Vedremo in seguito. Curate la salute e mandatemi le vostre notizie. Anche voi siete un po’ pigre nello scrivere: mi castigate là dove io ho mancato. Vi assicuro che il signor Clavel, che vi porta la mia lettera, è un giovane brillante, molto assennato e pio; dovunque è passato, qui, ha suscitato entusiasmo. Vi lascio tra le braccia di Maria e sono, con un tenero amore in Gesù e in Maria, vostro fratello Eymard, p.s.m.

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CO 78 MARIANNE EYMARD (III, 50, 41)

Lione, 13 dicembre 1846.

Carissime sorelle, non so come cominciare la mia lettera, se devo scusarmi o chiedere perdono per un ritardo tanto prolungato. Non è il cuore che ne ha la colpa, no, perché tutte le mattine mi dicevo: oggi voglio scrivere alle mie care sorelle, ma poi, sempre in attesa di un momento libero e tranquillo, arrivavo alla sera con le preghiere ancora da dire, e il giorno dopo ricominciavo daccapo. È quasi tre mesi che faccio così. Alla fine oggi mi sono arrabbiato con me stesso ed eccomi all’opera. Bisogna che vi dica anche che pensavo di potere venire di persona a portarvi le mie notizie, ma sempre nuovi affari me lo hanno impedito. Se non facesse tanto freddo partirei senz’altro. Non so che tempo fa a La Mure, ma qui è molto rigido.

Cominciamo da me; al presente sto bene. - Dunque sei stato malato? - Sì, ma di un male che non si rimpiange, del mal di denti. Si è trattato di una nevralgia, che è durata per molto tempo. Un male funesto, che vi fa dimenticare tutto e tutto trascurare.

La vostra bella lettera di ottobre sulle apparizioni della Vergine ci ha colmati tutti di gioia. È stata la prima notizia giunta a Lione, credo, e in pochi giorni tutta la città non parlava che di questo. E per ogni dove l’argomento di tutti era La Salette, a Parigi, a Marsiglia, in Savoia; e da per tutto in generale ha prodotto una buona impressione. Tuttavia gli increduli se ne fanno beffe, come si facevano beffe delle minacce e delle profezie di Nostro Signore. C’è tanto poca fede oggi! «Viva sempre La Mure e la nostra campagna! - mi scriveva il signor Dumolard - I nostri della Matheysine valgono ben più degli altri». Io penso che, siccome si tende a tutto falsificare, hanno voluto fare molti apprezzamenti, in seguito, sull’apparizione della Vergine, e forse gli empi l’hanno fatto di proposito. Quanto a me e ai nostri padri, noi abbiamo prestato fede al fatto; perché non c’è da meravigliarsi se il cielo è irritato: c’è tanto male in giro! Gli uomini perdono la fede e le donne si allontanano dalla pietà, che costituisce la loro gloria e la loro felicità; i giovani sono invecchiati a causa dei loro vizi e fanno arrossire i vecchi miscredenti, meno perversi di essi. A che rimedio far ricorso per guarire tante miserie? Si brancola nel buio. Si direbbe che vi sono soltanto i castighi del cielo che possano ricondurre l’uomo alla fede e al timor di Dio. Quindi, mie care sorelle, il cielo

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prende l’iniziativa, perché da ogni parte non vi sono che miserie, calamità, disastri. E non è finita. Riponiamo la nostra fiducia in Dio, perché egli è padre e si prende cura dei suoi figli. Questo pensiero mi conforta nei vostri riguardi, poiché dico tutte le mattine alla messa: Mio Dio, ricordati delle mie due sorelle e sii per loro un tenero padre. Esse sono orfane e tu sei il padre degli orfani. Continua ad amare Marta e Maria, perché hai chiamato il loro fratello Lazzaro alla tua sequela. Vergine santa, io ti ho eletta madre delle mie sorelle; sii tu la loro provvidenza, il loro sostegno e la loro consigliera.

Sono queste le preghiere che ripeto spesso per voi, care sorelle, perché non avendo il mio cuore altre sorelle, non ha altri affetti né altre preoccupazioni. Pertanto sono ben morto al mondo, anzi è una pena per me aver a che fare con esso; e tuttavia bisogna che stia sempre in mezzo al mondo. Quante volte ho invidiato una vita di solitudine e di ritiro con Dio solo! Non è parlando di Dio e delle cose che lo riguardano che il cuore diventa migliore, ma bisogna che esso parli a Dio e a Dio solo per riposarsi un po’ e rifarsi le forze esaurite a contatto con le creature. Perciò il pensiero di venire a trovarvi mi estasiava: starò solo per un po’, o in famiglia. Bene, lasciamo fare a Dio.

Non legatevi al Terz’Ordine di san Francesco; quando verrò a La Mure, vi iscriverò al Terz’Ordine di Maria. Il p. Generale mi ha autorizzato e penso di non potervi offrire un regalo migliore. Oggi mi concedo un piccolo sfogo. Su, non vogliatemene e scrivetemi. Il buon Dio mi ha fatto pervenire da varie persone le vostre notizie, e io gli sono grato. Curate la salute. È meglio vivere amando e soffrendo che andare in purgatorio: vi è più merito e amor di Dio. Che volete, care sorelle, il Signore vuole che arriviamo in cielo come lui. Quando mi avvedo che una vita provata dalla sofferenza mi ha impedito di abbandonarmi a una vita tutta esteriore e mi ha fatto comprendere la vanità dei beni di questo mondo, io la considero come una delle mie più grandi grazie. Per favore, salutatemi il parroco e i suoi vicari, la famiglia Fayolle e la buona mamma Cros. Credetemi sempre, in Gesù e Maria, vostro fratello Eymard, p.s.m. P.S. Dite al signor Clavel che speriamo di trovare un posto. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 79 REVERENDO BRAMEREL (V, 241, 4)

Lione, 16 febbraio 1847.

Carissimo amico, ieri sera, sfogliando i libri del signor Morcel, ne è saltato fuori un plico di lettere e ne ho adocchiata una che mi ha rallegrato e molto consolato: era la sua. Continuavo a chiedermi: chi ha pensato a me? da dove viene questa scatola di eccellente tabacco? ... Io credevo che già stesse combattendo in campo aperto; se avessi pensato che si trovava ancora nel cenacolo, caro amico, il mio affetto l’avrebbe richiamato. Le sono perciò molto riconoscente del suo gentile ricordo. Non ne avevo bisogno per risvegliarlo, no, ma ne avevo bisogno per rasserenarlo. Solo di una circostanza mi rammarico: non avere trovato prima le sue lettere, ma io non c’ero quando il pacco è arrivato.

Presto ormai sarà sacerdote; Dio ne sia benedetto! Un buon sacerdote è un Giuseppe salvatore, un altro Gesù Cristo. Quante anime l’aspettano! e quanto bene c’è da fare! Il cielo gioisce alla vista di un buon sacerdote come per la venuta del Salvatore. Non fermiamoci troppo ad esaminare il lato terribile, massacrante, pericoloso del santo ministero, ma il lato apostolico e divino. Senza dubbio, bisogna sapere scorgere il nemico, per essere pronti al combattimento.

Desidera, caro amico, perseverare nello spirito sacerdotale? Legga spesso la Selva di sant’Alfonso M. De’ Liguori. Sia uomo di orazione, di studi, ma di studi sacri. Oggi c’è un grosso scoglio nella scienza ecclesiastica, si vuole apprendere e conoscere soltanto la storia ecclesiastica del XIX secolo, con la filosofia e le scienze moderne. I secoli passati e i vecchi libri non si osa

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neppure sfiorarli. Io le voglio bene, lei lo sa. Ebbene, proprio perché le voglio bene, le dico: caro amico, tenga il

suo cuore in alto, tanto in alto che le creature non possano raggiungerlo e Dio solo ne sia la vita, il battito e il centro. Lei sarà benvoluto nel mondo; corrisponda anche lei con l’amore, ma nella maniera con cui il sole ama la terra: il suo raggio infatti scende ma risale verso di esso. Il suo sole è Gesù per mezzo di Maria. Quanto sono contento di vedere che ama la Vergine! Caro amico, è lei che fa vivere e che alimenta la vita. Il bambino senza la mamma è impotente, con la mamma invece è pieno di risorse. E quanto è fortunato avendo una madre come Maria! Lei ha bisogno di una mamma, al pari di me; noi perciò diremo al cielo: Padre nostro e Madre nostra che siete nei cieli ... Coraggio, fiducia e amore; e poi, fa ciò che vuoi.

Il mio cordiale saluto ai nostri veterani. Mi creda sempre suo amico in Gesù e Maria Eymard. Rev.do Bramerel, 4º corso - Seminario maggiore - Bourg (Ain).

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CO 80 MARIANNE EYMARD (III, 52, 42)

Lione, 5 marzo 1847.

Care sorelle, non io in persona, ma ancora una lettera giunge a voi. Dovevo venire io a predicare il giubileo a La Mure. Ne ero riconoscente al Signore, benché nessuno sia buon profeta in patria; ma pensavo di venire a riparare i miei peccati di gioventù e a vedervi. Ma questa non è stata la volontà del buon Dio. Da sei giorni mi sono buscato una bella costipazione di testa che mi impedisce di lavorare. Sono i postumi dell’influenza che ha imperversato su tutta Lione. Il medico ha ritenuto prudente di non permettermi per il momento di predicare. Ed eccomi a riposo mentre tutti sono al lavoro.

Il p. Denys, che è un ottimo religioso e insieme con il quale ho sempre vissuto, vi accoglierà nel Terz’Ordine di Maria, se lo desiderate. Gliene ho dato la facoltà.

Siate prudenti, soprattutto durante la quaresima. Il vostro digiuno dovrà consistere nell’offrire a Dio le preghiere e le contrarietà, e poi nello sforzo assiduo per diventare sante e figlie della preghiera. Sarei venuto volentieri a La Mure proprio per stimolarvi un poco. L’orazione! non trascuratela. Spiegatemi per lettera come la fate, perché almeno vi dica per scritto ciò che sarei stato felice di dirvi a viva voce. Mandatemi anche le vostre notizie, perché da tempo non ne ho affatto avute. Parlatemi della mamma Cros, questa cara zia - mi dicevo sabato sera alle 7: le farò una bella sorpresa, quando scenderò dalla vettura -; datemi notizie anche della famiglia Fayolle, che tanto desidero rivedere, soprattutto la buona mamma, di cui non si trova affatto l’eguale nei tempi che corrono. Nel profondo affetto in Nostro Signore sono, carissime sorelle, il vostro aff.mo fratello Eymard, p.s.m. Sig.na Marianne Eymard, rue du Breuil - La Mure (Isère).

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81 CO 81 MARIANNE EYMARD (III, 4, 3) Gesù, Maria, Giuseppe. Aprile 1847.

Carissima sorella, desidero intrattenermi spiritualmente in Nostro Signore con te. Siccome il nostro affetto è fondato su Dio e ha di mira il cielo, è più che giusto che ci aiutiamo vicendevolmente nel lungo e pericoloso cammino verso l’eternità. Quante volte, cara sorella, ho ringraziato il buon Maestro per averti chiamata in modo esclusivo al suo servizio verginale! Quanto spesso ho ammirato i disegni della divina Provvidenza su di te in tutte gli stati della tua vita! Quelle contrarietà, quelle opposizioni, quelle pene e quelle sofferenze che l’hanno riempita ...;è Dio che, volendo suscitare in te un amore più perfetto, ti metteva nelle occasioni più opportune per dimostrarglielo. Perciò dovrai soffrire ancora, e soffrirai sempre, perché l’amore di Dio celebra i suoi trionfi sul calvario di Gesù. La tua corona di giustizia dovrà essere formata dai fiori spinosi e imporporati di sangue colti ai piedi della croce. Se desideri amare Gesù, bisogna che ti abbandoni alle sofferenze e che le ami come il vincolo e l’alimento dell’amore.

Mi fai due domande: che cosa pensare di questi dubbi e come fare orazione. In primo luogo, sul timore di non aver agito secondo Dio, rispondo: eri libera di ricercarti una posizione per l’avvenire anche senza il consenso dei nostri genitori, perché si tratta di un diritto naturale. A più forte ragione ti era consentito di ricercare una relazione di amicizia e di coltivare un affetto tanto onesto e tanto cristiano. L’opposizione dei genitori era suggerita più dal malumore per non trovarti sul posto di lavoro che dal biasimo per vederti frequentare la tua amica. Se fossi stata molto soddisfatta e lusingata dalla tua scelta, e se essa avesse cambiato la precedente in una condizione piacevole e onorevole agli occhi del mondo, allora avrei detto che si trattava di un castigo, della ricompensa che ti veniva concessa su questa terra. La presenza della croce mi porta invece a dire che Dio ha voluto quello stato, e che l’ha voluto per amore e che continua a volerlo. Se non fosse la sua volontà, non ti avrebbe dato questa simpatia e questa attrattiva costante, e questa propensione all’amicizia. Il demonio avrebbe fatto di tutto per impedirla; egli non gradisce una via di sacrifici. Ora benedici e ringrazia Dio della tua scelta e del tuo stato: è il più bello agli occhi della fede e dell’amore.

Vengo ora alla domanda sull’orazione. Per ben riuscire bisogna farla al momento del risveglio del corpo e dell’anima, quando tutto in noi è nella pace e nel raccoglimento. Bisogna farla anche prima di ogni occupazione e c’è pure chi la fa prima della preghiera vocale, per meglio approfittare del raccoglimento dell’anima. Bisogna, per quanto è possibile, applicarvisi in un luogo appartato e silenzioso. Questo spiega perché i contemplativi vanno alla ricerca dei luoghi solitari, delle grotte tra le rocce, o degli angoli segreti e più appartati della casa o della chiesa. In tal modo si è più vicini a Dio. Ci si deve sforzare di proporsi un argomento favorito per l’orazione, capace di ispirare tutti gli altri. Parlo evidentemente dell’amore divino unito alla virtù dell’attrattiva interiore verso la devozione alla passione di Gesù, o verso il SS. Sacramento, o verso la santa povertà, o verso il raccoglimento alla sua divina presenza. Ma, per riuscirvi, occorre esercitarsi nell’amore alla divina volontà.

Quanto a te, mia cara sorella, datti all’orazione e segui l’attrattiva al raccoglimento e all’unione con Nostro Signore, amando l’abnegazione di te stessa. Vai diritta a Gesù senza troppi preamboli o preparativi: l’amore punta direttamente al cuore e il bimbo tiene lo sguardo fisso sulla mamma senza distrarsene. Quando uno ama, non ricorre a degli intermediari; questo è un espediente utile solo per gli estranei. Fissati un tempo determinato, una mezz’ora o un’ora secondo la tua disponibilità. E prima dell’orazione lascia da parte ogni esercizio che potrebbe dividere l’attenzione.

Queste, mia cara sorella, sono alcune regole sicure. Te ne faccio parte con cuore di fratello, e come sacerdote e religioso prego Nostro Signore di concederti il dono dell’orazione con tutto ciò che vi è incluso. Aff.mo in Nostro Signore tuo fratello Eymard.

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82 CO 82 SIGNORA PERROUD (II-S, 77, 1)

Lione, 9 maggio 1847.

Signora, sono felice di inviarle il regolamento spirituale del Terz’Ordine, che ci tiene tanto a chiamarla sua figlia e che la tiene sempre presente insieme con le sue sorelle. Desidero che queste poche parole le facciano apprezzare un legame di cui io ringrazio il buon Dio.

Aggiungo due crocifissi per la Via crucis. Sono molto preziosi, soprattutto in tempo di malattia, poiché il confessore può prescrivere personalmente la preghiera da recitare per lucrare le indulgenze della Via crucis. Si trattasse anche solo di qualche atto di amore di Dio, deve farsi fissare, una volta per tutte, qualche preghiera vocale quali le stazioni o i 5 Pater-Ave in onore delle cinque piaghe di Nostro Signore, o le litanie della passione o, in caso di malattia, qualche giaculatoria. Questa condizione è prescritta nel breve di concessione con queste parole: «Purché si reciti, davanti a questi crocifissi indulgenziati, qualche preghiera vocale fissata dal proprio confessore».

Volentieri ammetto come novizio il signor Perroud, al quale assegno il nome di fratel Marie-Joseph. Mi scusi, signora, le scrivo in tutta fretta. Mi aspettano. La prossima volta sceglierò meglio il tempo. Suo dev.mo in Nostro Signore Eymard.

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CO 83 MARIANNE EYMARD (III, 53, 43)

Lione, 28 maggio 1847.

Mie buone sorelle, vi mando un breve saluto per il tramite di un’ottima persona, la signorina Monavon, di cui ho molta stima. Sarei contento che faceste la sua conoscenza. La potrete però vedere solo di passaggio, perché è in viaggio per La Salette. Io sto bene, a parte il lieve dolore alla gamba, che è poca cosa. Ho visto la Superiora generale delle suore mariste e le ho parlato della signorina Moutin di Prunière. Ella è disposta a riceverla senza dote come suora conversa; perciò la signorina potrà recarsi a Belley. Sarò molto contento se mi manderete le vostre notizie. Presumo che stiate bene, ma sappiatevi regolare e amate intensamente il buon Dio e la Vergine. In cielo converseremo insieme eternamente in Dio; nell’attesa, prepariamoci bene. Molto cordialmente in Nostro Signore vostro aff.mo fratello Eymard. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 84 MARIANNE EYMARD (III, 54, 44)

Lione, 9 giugno 1847.

Care sorelle, sono in partenza per un viaggio di quindici giorni. Mi reco a visitare le nostre case di Bordeaux e sarò di ritorno a Lione tra quindici o venti giorni. Vi prego, non date ascolto a ciò che si dice sul mio conto; non parto per le missioni estere, non ci penso neppure. Sono troppo vecchio ormai. Ho solo il tempo di abbracciarvi, perché parto tra qualche istante, ma state tranquille. Vostro aff.mo in Cristo Eymard.

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Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 85 MARIANNE EYMARD (III, 54, 45)

Lione, 31 luglio 1847.

Carissime sorelle, nella mia ultima lettera ebbi il tempo di dirvi solo poche cose; oggi vengo per scrivervi più a lungo. Anzitutto penso proprio che dovete smetterla di versare lacrime sulla mia partenza per le missioni estere. Oltre a non esserne degno, sono ormai troppo vecchio. In fatto di notizie non lasciatevi impressionare a questo modo; ciò vi fa male e del tutto inutilmente.

Ho fatto un lungo viaggio, se tale può dirsi un percorso di 300 leghe tra andata e ritorno. Si percorre una lega ogni quarto d’ora, se si va in fretta. È stato un bel viaggio. Ho visitato due santuari della Vergine tenuti dai nostri padri, a Bordeaux e ad Agen. Ne ho approfittato per raccomandarvi con insistenza alla Vergine perché voglia essere per voi provvidenza, madre, conforto e vita, e perché diventiate figlie dell’orazione e amiate sempre di più il Signore. Se la Vergine vi accorderà tutto ciò, diventerete assai ricche, non è vero?

Se foste un poco curiose, vi racconterei volentieri le cose nuove che ho visto durante questo viaggio, ma penso che le notizie su dei luoghi sconosciuti vi interessino poco. Vi posso però dire che ho visto da per tutto dei raccolti magnifici. Ciò mi ha fatto un grande piacere, perché potrebbe essere il segno che Dio ha avuto pietà di noi e che nella sua misericordia ha sospeso le minacce, preannunciate per il tramite della Vergine a La Salette.

Quanto a La Salette, se ne parla da per tutto. Il vescovo di La Rochelle predica dai pulpiti di tutta la sua diocesi l’apparizione della Vergine. Io l’ho incontrato questo santo vescovo. Dieci giorni fa ha percorso 200 leghe per recarsi di persona a La Salette, e avreste dovuto ascoltarlo mentre ne parlava. Si narra con insistenza anche di miracoli avvenuti con l’acqua miracolosa. Se quest’acqua potesse davvero guarirvi e procurarvi una buona salute, sarebbe una grazia di cui sarei molto grato alla buona madre. Ho pregato una signora di Lione, che si trova alle acque di La Motte, di venire a farvi visita, se dovesse passare da La Mure. È la signora Masse, un’ottima persona. Scrivetemi due righe per dirmi come state. Pregate sempre per il vostro fratello, che non cessa a sua volta di pregare e di volervi bene con tutto il cuore in Nostro Signore. Eymard. Sig.na Eymard Marianne - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 86 MARGUERITE GUILLOT (II, 7, 6)

Lione, 23 agosto 1847.

Signorina, le scrivo in fretta nella sua qualità di maestra delle cerimonie in merito ai nastri da imporre alle candidate in occasione della professione. Dopo aver riflettuto e soppesato il pro e il contro, ho scelto il semplice cordone invece del nastro. I nastri sono piacevoli da vedere, è vero, ma il cordone mi sa più di sacro. Chi ha già ricevuto il nastro se lo terranno, ma alle nuove aggregate verrà imposto il cordone. Favorisca avvertirne la signorina Camus. Suo dev.mo in Nostro Signore Eymard. P.S. Preghi sempre per il nostro ritiro e soprattutto per il Terz’Ordine. Sig.na Guillot - Lione.

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87 CO 87 SIGNOR CARREL (V, 186, 1)

Lione, 26 agosto 1847.

Carissimo signore, scusi il ritardo. Ero in visita alle nostre case e perciò non ho potuto rispondere alla sua lettera; in compenso ho pregato per lei, poiché Dio sa tutto il bene che le vuole il mio cuore povero ma affezionato.

Vengo ora alla sua lettera. Non faccia nulla di più di ciò che fa e non abbia troppi rimorsi circa il cambiamento che le rimproverano; è l’effetto della emozione del momento. A mantenerla sereno e affabile basteranno la libertà di spirito, la pace del cuore, il vedere tutto nella santa volontà particolare della divina Provvidenza su di lei e l’abbandono filiale tra le braccia del suo tenero padre. Bisogna però che lo faccia con spontaneità, altrimenti si scoprirebbe il sacrificio, mentre deve trasparire solo la forza dell’amore divino. Mi manca qualcosa a Lione; ma poiché è bene per lei non essere qui, Dio ne sia benedetto. Il Terz’Ordine è sempre oggetto delle nostre preghiere. Anche lei, che è il primo figlio di Maria e che ha condiviso le nostre piccole prove, preghi per esso. Voglia il cielo che questo granello di senape diventi un albero provvidenziale per tante anime. Sono, carissimo signore, suo dev.mo nella carità di Gesù e di Maria Eymard, ass.s.m. P.S. I miei deferenti ossequi alla signora. Sig. Carrel - Amplepuis (Rhône).

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CO 88 JENNY GUILLOT (III, 212, 1)

Lione, 3 ottobre 1847.

Signorina, ho ricevuto la sua lettera così piena di miserie e la compiango, perché vedo che l’hanno spossata e forse anche fatta ammalare, lei che è già così fragile. Suvvia, se c’è stato un po’ di male non lo ingigantisca, ma sopporti tutto umilmente ai piedi di Nostro Signore e offra a lui la sua angoscia, come gli ammalati gli offrono la loro sofferenza. Sono d’accordo sulla sua andata a Chasselay: ne aveva bisogno. Se lo prenda questo po’ di riposo, soprattutto per rimettersi in fretta dalla sua indisposizione e per mettere l’anima in pace senza rinvangare il passato. Lo lasci dov’è, cioè nella misericordia di Dio, e si rivolga a lui come padre, dicendogli: Tu vedi la mia debolezza, amami lo stesso come la tua piccola figlia. - E lui le accorderà di nuovo le sue buone grazie. Prego la nostra cara madre perché l’aiuti e le conceda la sua assistenza materna e la sua benedizione. Io le do la mia di tutto cuore. Eymard. Sig.na Guillot Jenny - Chasselay (Rhône).

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CO 89 JENNY GUILLOT (III, 213, 2)

Lione, 9 ottobre 1847.

Signorina, la sua lettera mi ha molto confortato. Ringrazio il buon Dio per aver riportato nella sua anima la pace e l’amore della sua volontà. Si consideri sempre figlia di Maria non avendo di

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mira se non ciò che il Signore vuole; perciò ami Gesù nella malattia e nella sofferenza, perché egli la vuole accanto alla sua croce. Ometta allora gli esercizi di pietà che potrebbero affaticarla, come la meditazione e le preghiere vocali troppo prolungate. Tralasci anche la messa e la comunione alla domenica, come vuole il reverendo Berlioz.

Ami la volontà di Dio prima di tutto e al posto di tutto: è l’amore perfetto. Resti a Chasselay fino alla guarigione, ma ci resti come vi resterebbe la Vergine nella pace e nell’unione con Gesù. Abbia coraggio, figlia mia, ma un coraggio fatto di fiducia e di abbandono nelle mani del padre celeste e del buon salvatore. La benedico, figlia mia, e prego Nostro Signore e Maria, nostra buona madre, di essere per lei forza, pace e consolazione. Non la dimentichiamo nelle nostre povere preghiere. I miei rispetti alla sua buona mamma e alla sorella. Suo dev.mo in Nostro Signore Eymard. Sig.na Jenny Guillot, presso sua madre - Chasselay (Rhône).

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CO 90 SIGNORA CARREL (V, 187, 2)

Lione, 9 ottobre 1847.

Signora, il suo ottimo marito mi ha dato notizie di lei e della sua famiglia; i vincoli che tutti ci uniscono non possono lasciarmi indifferente in nessuna occasione. Così ho saputo con dispiacere che ha qualche malanno fisico e mi sono subito messo a pregare la regina delle madri di venirle in aiuto e ho fatto pregare per lei anche tutte le sue consorelle del Terz’Ordine. Sarà un gran sacrificio per noi non averla più a Lione; ma, signora, lei continuerà ad essere presente nella piccola cappella di Nazareth. Suo marito mi informa che sarà costretto a precederla di qualche tempo a Lione. Capisco che questo pensiero l’affligge, ma lei ama troppo la santa volontà di Dio per lasciarsi abbattere; è proprio il caso di farsene una ragione quale figlia di Maria, soprattutto nel suo stato penoso. Non abbia alcun timore, la Vergine sarà sempre al suo fianco.

Abbiamo allargato la cerchia degli aggregati autorizzando le madri ad iscrivere al Terz’Ordine i loro bimbi, anche quando li portano ancora in grembo, perché abbiano la gioia di ricevere la grazia del battesimo. Pertanto, signora, io aggrego fin da oggi nel nome di Maria colui che il cielo le ha dato. Lei dirà tutti i giorni un’Ave Maria e l’invocazione: «O Maria, rifugio dei peccatori e perseveranza dei giusti, prega per noi».

Preghi anche per me, signora; parto proprio ora per andare a predicare un ritiro. Sono, signora, il suo umile servitore nel Signore Eymard, p.s.m. Sig.ra Carrel - Amplepuis (Rhône).

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CO 91 SIGNOR CARREL (V, 193, 10)

[Lione], 9 ottobre 1847.

Caro fratello e amico, un saluto, un grazie per la sua bella lettera e un invito a pregare per me. Sono contento che abbia trovato la sorgente della grazia, della pace e della gioia nello Spirito Santo, e cioè la conformità alla santa e sempre amabile volontà di Dio. Quando non si pensa, non si desidera e non si persegue che la volontà di Dio, si è davvero felici. Si trattenga spesso nella sua meditazione su questo tema: è la miniera d’oro della carità.

Volevo soltanto mandarle un saluto, ed eccomi a farle una predica. Mi assento per una decina di

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giorni. Mi scusi e preghi per chi la ama con molto affetto in Nostro Signore. Eymard. P.S. I miei cordiali saluti alla sua famiglia e ai suoi fratelli. Sig. Carrel, presse Mme Lagoutte - Amplepuis par Tarare (Rhône).

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CO 92 MARIANNE EYMARD (III, 56, 46)

Lione, 26 ottobre 1847.

Carissime sorelle, mi rincresce di avervi fatto tanto attendere la mia lettera, ma, lo sapete, la colpa non è mia, ma delle molte occupazioni che mi fanno sembrare le giornate tanto corte. E poi ho fatto qualche viaggio, e i viaggi mi fanno del bene. Ciò che mi ha confortato è l’essermi imbattuto in molte persone di La Mure, e quando vengo a sapere che state bene, sono contento perché anche voi lo siete. Lo so bene che le croci non mancano e che si susseguono l’una dietro l’altra, ma sapete perfettamente che il cammino del giusto è segnato da due siepi: una è la grazia scaglionata lungo tutto il tragitto come bevanda, cibo e risorsa del viaggio; l’altra è la croce di Nostro Signore, che assume ogni sorta di forme, ma croce sempre è; e man mano che si procede le croci aumentano e diventano più pesanti per la natura. Esse però sono sormontate da un prezioso diadema, e ci preannunciano la vicinanza del paradiso, perché non vi è purgatorio per le anime crocifisse insieme con Nostro Signore. Perciò, care sorelle, spero che il vostro purgatorio avrà termine con la fine del vostro cammino su questa terra, perché non è più fortunato chi muore presto, ma chi arriva per primo in paradiso.

Non dimentichiamo che solo il buon Dio è la forza, il conforto, la gioia e la felicità dell’anima fedele. Oh, mie care sorelle, abituatevi a veder trascorrere il mondo davanti a voi come le gocce d’acqua di un ruscello; lasciatele scorrere mormorando, agitandosi, urtandosi l’una contro l’altra. Quanto a voi, sedetevi ai piedi di Nostro Signore e quando le creature vi vengono meno o vi fanno soffrire, proprio allora il buon Dio vi dice: Io vi basto. Mi piace assai questo pensiero, perché ci rende liberi e ci lascia sempre contenti. D’altra parte le creature, anche le più perfette, sono così poca cosa! sono come le foglie di un albero che cadono al minimo soffio di vento per trasformarsi in un grumo di fango. Riponete perciò la vostra fiducia in Dio - egli è un padre tanto buono! -, e nulla vi mancherà, perché sarete sempre contente della sua volontà. Si riposa tranquillamente quando si dorme sul seno della divina Provvidenza, e si avanza molto rapidamente quando si è portati sulle ali di quest’amabile Provvidenza.

Ma ora parliamo un po’ d’altro. Io sto bene, grazie a Dio. Lione è calma. Forse vi siete spaventate delle notizie allarmanti sulla città in occasione del tumulto attorno alla casa della signorina Denis, che la polizia ha perquisito e i cui colpevoli si trovano ora in prigione. Da lontano notizie del genere spaventano, da vicino invece a malapena vi si bada. I miscredenti andavano dicendo che la casa era occupata da religiose, che i preti vi facevano del male e che torturavano le giovani, che so io? Da qui è nata la sommossa e i preti sono stati chiamati demoni, perché si diceva vi si trovasse una giovane ossessa. In realtà non c’era nulla di vero, come ha dichiarato il procuratore del re. La signorina Denis, che dava lavoro a qualche giovane donna, non è che una disgraziata e oggi ci si fa beffe della sua follia. Di norma, quando vi verrà riferito qualcosa di grave su Lione, non prestateci facilmente fede, semmai ve ne parlerò io.

Ho visto a Belley la superiora delle suore mariste: la signorina Moutin vi è attesa. Cerchi di ottenere da suo padre ciò che può, quello almeno che ha dato alla sorella, se è possibile ... E scriva e parta senza indugio, perché potrebbe perdere il posto. La sua sorella si è sistemata presso le suore mariste a Meximieux (Ain). Il suo itinerario dovrebbe toccare Lione. I miei ossequi ai nostri amici. Pregate per me; penso che non potrò per ora venire a vedervi, ma ogni giorno vi trovo in Dio, nel

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quale sono vostro fratello Eymard, p.s.m.

P.S. Entro breve risponderò a Joseph Dumoulins. È opinione comune che tutti i diritti sono in suo favore. Scriverò anche al signor Reymond. Si attende il cardinale per sapere il giorno della professione della signorina Berthilde. Il parroco mi ha promesso un po’ di acqua di La Salette; se me la portasse la signorina Reymond mi farebbe un piacere.

Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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CO 93 PADRE CHAVAZ (III-S, 57, 1)

Lione, 28 ottobre 1847.

Carissimo confratello, sono felice di questa occasione che porta alcuni dei nostri padri da lei. Ne approfitto per scriverle due righe, per ringraziarla anzitutto della sua buona lettera. Essa ha rinnovato la gioia che ho provato in mezzo a voi. Anche al mio cuore piace venire spesso in pellegrinaggio a Notre-Dame de Verdelais.

Siccome lei ha messo a disposizione la sua borsa, noi ci siamo detti: ci occorrono 500 fr. per completare la nostra sottoscrizione; l’unica via d’uscita è accettare il contributo della casa di Verdelais per quell’ammontare. Così, padre mio, si dovrà a lei se la casa di teologia e la casa degli studi avranno la possibilità di studiare i santi padri. Ma tutte le case hanno generosamente risposto alla nostra richiesta.

Eccola sul punto di dare l’avvio alle sue fatiche apostoliche. Noi, che restiamo nell’accampamento ma che vi siamo molto interessati, pregheremo per il successo di tutte le sue missioni. Raccomandi molto ai missionari di essere fedeli alle pratiche della Società, soprattutto alla preghiera e all’esame di coscienza, perché se un missionario non si preoccupa di alimentare e fortificare in sé lo spirito interiore e religioso, nel ministero ben presto si esaurirà. Poi, i pochi giorni di riposo spirituale e fisico che si è soliti prendersi nella Società nell’intervallo tra le missioni, rianimeranno le loro forze e la loro grazia apostolica.

La penso sempre gioioso e contento come quando l’ho lasciato. Lei sa che quando il cuore è contento la pena non costa nulla. Mantenga sempre la sua anima in questa santa libertà, che è il mezzo per fare tutto bene, perché in caso contrario finirebbe con l’accasciarsi e l’ammalarsi. Ogni volta che penso a lei e alle sue svariate occupazioni, si impadronisce di me un sentimento di pena, il timore di vederla soccombere sotto il peso delle cariche di superiore, di parroco e di direttore dei pellegrinaggi. Ce n’è abbastanza per assorbire tre vite. Perciò in qualità di superiore dia gli ordini e, per quanto è possibile, affidi a qualche confratello l’incarico di seguire i pellegrini.

È il consiglio che Ietro ha dato a Mosè. E c’è anche un vantaggio: un pellegrinaggio avrà un successo maggiore se invece di pesare su di uno solo coinvolge più persone. Lo so bene che la fiducia non la si comanda, è vero. Ma la necessità la avvia e si finisce poi con l’accordarla. Si attenga rigorosamente a quanto ha fissato per le confessioni e per il tempo da impiegarvi, altrimenti non ce la farà e sarà sopraffatto dalla folla; il suo cuore di superiore e di parroco ne soffrirebbe. Io lo costato da quando sono sul calvario dell’amministrazione. Occorre sapersi risparmiare, andare a rinchiudersi, essere a volte santamente duri nei confronti delle esigenze degli altri, altrimenti non si resiste e non si ha neppure il tempo di respirare. Poveri superiori, come sono da compiangere! Tutti se li contendono, ognuno vuole averli per sé. Facciamo come Nostro Signore: «... si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo» (Gv 6, 15).

Mi dicono che la sua santa schiavitù ha successo e fa del bene, ottimamente! Però, caro padre, stia attento perché stanno per dare sulla voce al gesuita invadente, e i parroci sono alla testa della contestazione. So che lei è prudente, ma lo sia molto per evitare che il nemico di ogni bene abbia qualche pretesto. Si dice che nessuno è più geloso e più pericoloso degli uomini di chiesa.

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Mi fermo qui. Mi pare di stare ancora conversando con lei con la stessa semplicità e franchezza che lei si è degnato di accordarmi; alla fin fine siamo fratelli. Su, coraggio, padre mio. La Vergine santa, tanto buona, la aiuterà e la sosterrà. La preghi un po’ per me. Nel suo cuore materno sono, caro padre, suo aff.mo e dev.mo confratello Eymard, ass.s.m.

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CO 96 MARGUERITE GUILLOT (II, 7, 7)

Lione, mercoledì 8 novembre 1847.

Le mando, figlia mia, i suoi appunti: li conservi per me. Approvo intanto il suo desiderio del voto di obbedienza temporaneo, da un giorno all’altro. Parto immediatamente sulle ali dell’amabilissima Provvidenza; con essa mi riprometto di raggiungere i quattro angoli del mondo, perché essa è tanto dolce, attenta, preveniente, sollecita e amabile! Perciò riposi anche lei su di essa. Ho parlato di lei al p. Colin, nel caso ne avesse bisogno. Saluti in Dio, in Gesù, in Maria e in san Giuseppe; se arriverò in cielo prima di lei le terrò il posto.

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CO 94 MARIANNE EYMARD (III, 58, 47)

Lione, 8 novembre 1847.

Care sorelle, vi ringrazio molto di ciò che mi avete mandato. So quanto siete buone con me, ma io posso contraccambiare solo con le mie povere preghiere. Prego perciò senza tregua per voi, perché Nostro Signore vi faccia partecipi del centuplo promesso ai suoi figli. Ho ricevuto tutto: l’acqua di La Salette, le due paia di calze, il libro.

Ho saputo che il reverendo Rabilloux è ora parroco presso Bourgoin; Dio voglia che vi si trovi meglio che a La Mure. Vi sconsiglio di rivolgervi al reverendo Pillon; continuate ad andare dal vecchio parroco. Come socie effettive del Terz’Ordine, ecco che cosa potrei fare per voi, per provvedere a ciò che vi manca: mi scriverete ogni tanto sulla vostra direzione, sulle pene di coscienza, sugli esercizi di pietà, sull’orazione - ognuna la propria pagina -, e io cercherò di rispondervi nei limiti del possibile.

Penso che il reverendo Pillon farà bene a La Mure, se si manterrà riservato e se sarà molto discreto e soprattutto grave e prudente. Egli è molto pio ma, care sorelle, voi conoscete La Mure: per vivere in pace, non bisogna lasciarsi andare ad eccessive confidenze. Perciò voi avete fatto la scelta giusta. I miei deferenti ossequi alla buona ed eccellente famiglia Fayolle, soprattutto alla nostra sorella terziaria. Vostro aff.mo in Nostro Signore fratello Eymard. Sig.na Marianne Eymard - rue du Breuil - La Mure (Isère).

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96 CO 95 JENNY GUILLOT (III, 213, 3)

Lione, 8 novembre 1847.

Le scrivo due righe, cara figlia, prima di partire per Saint-Etienne, dove mi fermerò circa otto giorni. La sua lettera mi ha fatto molto piacere, perché vedo che si sforza di raggiungere la pace interiore col mezzo infallibile della conformità alla volontà di Nostro Signore e di vedere in tutto ciò che le capita una grazia del buon Maestro. Dopo tutto è verissimo. D’altronde che cosa importa essere graditi al Signore con la malattia o con la salute, con uno stato di aridità o con uno di fervore, con uno stato di devozione o col fare pii esercizi, se egli è contento di ciò che facciamo? Regolandosi su questa norma si è contenti di tutto e da per tutto, perché non si agisce né si vuole perseguire se non ciò che Dio vuole. Faccia il possibile per ristabilirsi in salute e a tal fine prenda tutte le precauzioni necessarie. Faccia soltanto gli esercizi di pietà che le permettono le sue forze; se la comunione non l’affatica, ci vada ma nella calma e nella confidenza. Non occorre che si confessi ogni otto giorni, è sufficiente ogni quindici. Se è indisposta o se il chiasso e la presenza della gente l’affaticano, si dispensi dai vespri; li sostituirà con una visitina al SS. Sacramento, se le sarà possibile. Coraggio, figlia mia, si senta piena di gioia per l’amore che il Signore le porta. I miei rispetti alla sua buona mamma. Mi creda sempre in Gesù e Maria suo aff.mo Eymard. Sig.na Jenny Guillot, presso sua madre - place de la Fontaine - Chasselay (Rhône)