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Corso di Laurea in Lingue, e istituzioni economiche e giuridiche dell’Asia Orientale - Giappone Prova finale di Laurea L’immagine contemporanea degli yakuza in Giappone attraverso i media Relatore Dott. Marcella Maria Mariotti Laureando Tancredi Cocchi Matricola 820941 Anno Accademico 2012 / 2013

Cocchi Tancredi triennale

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Corso di Laurea

in Lingue, e istituzioni economiche e giuridiche dell’Asia Orientale - Giappone

Prova finale di Laurea

L’immagine contemporanea degli yakuza in Giappone attraverso i media

Relatore

Dott. Marcella Maria Mariotti

Laureando

Tancredi Cocchi

Matricola 820941

Anno Accademico

2012 / 2013

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Lo scopo della mia tesi è l'analisi dell'immagine delle organizzazioni criminali giapponesi,

come questa si è evoluta dal dopoguerra ad oggi, e come viene rappresentata nei media,

come film, fumetti e fanzine.

Fino a oggi, a questo argomento si è principalmente favorita l'analisi delle organizzazioni

criminali e l'effetto delle loro attività sulla società giapponese (David Kaplan, Jake

Adelstein); in questa ricerca mi soffermo su come l'immagine degli yakuza sia cambiata

all’interno dei media che la propongono: da personaggi rispettati e glorificati come ultimi

baluardi del ninkyōdō (lo spirito eroico e cavalleresco) nei film prodotti dallo studio Toei

negli anni sessanta, a macchiette avide e senza scrupoli nei film di Jūzō Itami dei tardi

anni ottanta.

Questa tesi mira a colmare questa lacuna utilizzando i moderni media giapponesi e non,

specificamente riviste(yakuza fanzine come Jitsuwa Jidai), film (dalle interpretazioni di

Takakura Ken a quelle di Kitano Takeshi), e web comics (Japan Subculture Research

Center), e cerca di predire la possibile direzione futura di questo cambiamento.

1. Le radici degli yakuza: hatamoto yakko, machi yakko, tekiya e bakuto

Il termine yakuza indica la criminalità organizzata giapponese. Con quasi 100.000

membri, è una delle organizzazioni criminali transnazionali più grandi al mondo.1

Possiedono uno stato legale duplice: se da un lato questi gruppi svolgono attività criminali

di ogni genere scavalcando le leggi giapponesi e non, dall’altra sono figure esposte al

pubblico e ai media fino al punto di avere delle proprie fanzine, dove rilasciano interviste e

commenti sull’attuale stato del loro gumi, ovvero l’equivalente della “famiglia” nella mafia

italiana.2

Per discutere l’immagine attuale di questi gruppi criminali, è necessario spiegare la loro

evoluzione nella storia del Giappone.

1 Mike LA SORTE, The Japanese Mafia, marzo 2007, http://www.americanmafia.com/Feature_Articles_382.html

2 Jake ADELSTEIN, Yakuza go on the record about 3/11 relief efforts in july fanzine (実話時代), 11 giugno 2012, http://www.japansubculture.com/yakuza-go-on-the-record-about-311-relief-efforts-in-july-fanzine

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Le radici degli yakuza risalgono al periodo Edo (1603-1868), dove l’unificazione del paese

ad opera di Tokugawa Ieyasu, e la successiva politica di sakoku, ovvero di chiusura del

paese agli stranieri, portò a una pace prolungata che tolse lavoro a quella che era una

delle classi sociali più prestigiose del Giappone: i samurai.3 Perso il legame con il proprio

daimyo (padrone), e di conseguenza i privilegi sociali di cui godevano, i samurai si

riunirono in gruppi chiamati hatamoto yakko, ovvero fuorilegge che terrorizzarono gli

artigiani e mercanti di città e villaggi. Per contrastare le scorribande di questi gruppi,

cittadini comuni si organizzarono in milizie chiamate machi yakko, e gli scontri con gli

hatamoto yakko diventarono successivamente fonte di ispirazione per racconti e stampe

su legno. Sono questi due gruppi le radici folcloristiche dei gruppi yakuza moderni; tuttavia

i primi veri yakuza organizzati non comparirono fino a metà del Settecento. Nascono due

nuove figure nella società giapponese: i tekiya, ovvero venditori ambulanti esperti nella

truffa, e i bakuto, ovvero giocatori d’azzardo professionisti.4

I tekiya erano mercanti di prodotti contraffatti e finte panacee, abilissimi nel vendere e nel

mentire; vendevano la loro merce spesso fingendosi ubriachi, e dopo averla venduta ad

un prezzo molto superiore al loro valore reale scappavano dirigendosi verso un altra fiera

o mercato. Per proteggersi dal regime Tokugawa cominciarono ad organizzarsi

assumendo quella gerarchia che troviamo tutt’ora nei gruppi criminali giapponesi. La

gerarchia tra oyabun / kobun (padre / figlio), apprendisti, consiglieri, membri regolari e

ufficiali compare tra i tekiya già dalla seconda metà dell’Ottocento, e diventano presto un

gruppo istituzionalizzato quando il governo Tokugawa riconosce la loro influenza e dona

loro il permesso di portare armi e avere un cognome, assumendo un ruolo di supervisori

sociali. Di fatto questo non fermerà le loro attività criminali.5

Anche i bakuto compaiono durante il periodo Tokugawa, e nonostante nacquero come

gruppi di giocatori d’azzardo e furono inizialmente perseguiti dal governo,

l’amministrazione Tokugawa ne riconobbe il potere e decise di usare la loro influenza per

uno scopo preciso. Il governo pagava queste figure esperte nel bakuchi (il gioco

d’azzardo) per recuperare i soldi persi nelle spese dei lavoratori impiegati nel settore

edilizio. Il termine yakuza nasce proprio dalle bische: nel gioco del oicho-kabu, i giocatori

3 David E. KAPLAN Yakuza: the explosive account of Japan’s criminal underworld, New York, Macmillan Publishers, 1987, p.5

4 Peter B.E. Hill, The Japanese Mafia: Yakuza, Law, and the State, New York, Oxford University Press, 2010, p. 37

5 Peter B.E. Hill, The Japanese Mafia: Yakuza, Law, and the State, New York, Oxford University Press, 2010, p. 38

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ricevono 3 carte il cui valore va sommato; la mano perdente è un punteggio di 20, ovvero

la somma di 8, 9 e 3. Questi tre numeri vengono pronunciati ya-ku-za, e questa parola

cominciò a essere usata per indicare i bakuto, così enfatizzando il loro ruolo inutile nella

società. 6

Se il conflitto tra i machi yakko e gli hatamoto yakko sono la radice dell’immaginario

dell’eroe romantico ma fuorilegge in conflitto con chi vuole sfruttare i più deboli , i tekiya e i

bakuto ne sono la loro progressione, ed hanno ereditato quei rituali ed aspetti che oggi

consideriamo parte distintiva della criminalità giapponese. Lo yubitsume (指つめ, il taglio

delle falangi in segno di scusa verso il proprio superiore), gli irezumi (入れ墨, ovvero i

tatuaggi usati prima per riconoscere i criminali, e poi come prova di resistenza a causa

dell’intenso e prolungato dolore della procedura) e le cerimonie di sakazukigoto (盃事,

ovvero lo scambio di una coppia di sake, che simboleggia il rafforzamento dei legami tra

padre e figlio vengono) sono elementi tipicamente associati alle organizzazioni criminali

giapponesi. E questi elementi, assieme al bushidō (武士道), ovvero il codice di condotta

antico adottato dai samurai, sono alla base dell’immagine moderna degli yakuza.7

2. Gli yakuza nel cinema giapponese: i ninkyō eiga

La figura dello yakuza ha un posto speciale nel cinema giapponese. I film yakuza

cominciano a diventare popolari tra il pubblico nipponico nel 1963, grazie allo studio Toei e

alle sue due star, gli attori Ken Takakura e Kōji Tsuruta, che interpretarono lo stereotipo del

criminale romantico e dal cuore buono in decine di pellicole.8

Vengono chiamati ninkyō eiga (film cavallereschi) e descrivono un mondo ideale,

solitamente identificabile con il Giappone pre-bellico, dove l’antico codice morale del

bushidō si scontra con le regole di una società indirizzata verso un modello occidentale

6 David E. KAPLAN, Yakuza: the explosive account of Japan’s criminal underworld, New York, Macmillan Publishers, 1987, pp. 20-22

7 David E KAPLAN. Alec DUBRO, Yakuza: Japan’s Criminal Underworld, Expanded Edition, New York, University of California Press, 2003, p.17

8 Maria Roberta NOVIELLI, Storia del cinema giapponese, Venezia, Marsilio Editori, 2001, p.221

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basato sull’individualismo. E in questo contesto si scontrano gli yakuza corrotti e avidi, che

hanno abbandonato la strada dell’onestà(誠, makoto) e dell’onore(名誉, meiyo)

sacrificando i propri kobun per arricchirsi e l’eroe, criminale dal cuore buono che vuole fare

giustizia, nonostante questo significhi ribellarsi ai suoi stessi capi. Questo contrasto

definisce lo yakuza nei film ninkyōdō. Il protagonista, spesso interpretato da uno stoico

Ken Takakura, si trova combattuto tra scegliere se rispettare il giri, ovvero il senso di

obbligazione nei confronti dei superiori, o il ninjō, ovvero i sentimenti e la compassione; la

tensione tra questi due elementi e la contrapposizione tra yakuza buono-cattivo è una

visione semplice e stereotipata, ma che ha avuto un grande successo tra il pubblico

giapponese negli anni cinquanta e settanta.

Durante lo stesso periodo, un altra immagine degli yakuza veniva proposta dallo studio

Nikkatsu, all’epoca l’unica azienda che poteva rivaleggiare con lo studio Toei. Il

protagonista di questi film, denominati mukokuseki akushion(無国籍アクション, azione

senza confini), non era necessariamente un gangster ma più spesso un giovane ribelle,

macho dal cuore romantico, che inevitabilmente finiva per cacciarsi in dei guai con la

malavita. Yujiro Ishihara era la star di questo movimento, e personificava una libertà ed un

individualismo che non appartenevano nel alla moralità dei ninkyō eiga, ne alle spietate

guerre tra clan yakuza che arriveranno nel cinema giapponese dalla prima metà degli anni

settanta. Occasionalmente comparivano sullo schermo violenze gratuite, stupri e altri atti

di vandalismo; tuttavia erano sempre l’azione di una “scheggia impazzita” o di un giovane

ribelle, ma mai il risultato di un azione sistematica coperta da un gruppo criminale.9

3. Gli yakuza nel cinema giapponese: i jitsuroku eiga

Bisognerà aspettare il 1973 per vedere una svolta realistica nella descrizione degli

yakuza nel cinema: i jitsuroku eiga. La sceneggiatura della serie di film più rappresentativa

di questo movimento, Jingi naki tatakai (仁義なき戦い, Battles without honor or humanity, il

primo di una serie di nove film) è basata sull’autobiografia di un boss yakuza chiamato

Kozo Mine.10 La prima scena di ognuna di queste pellicole si apre con immagini di una

9 Mark SCHILLING, Mark, No borders, no limits : Nikkatsu Action cinema, Udine, Centro Espressioni Cinematografiche, 2005, pp. 30-39

10 D. Chris, Outlaw masters of Japanese film, New York, I.B. Tauris Ltd., 2005, p.9

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Hiroshima o Kobe in preda al delirio post-bellico, e dati riguardanti i personaggi presenti

nel film, come a ricordarci la veridicità delle storie raccontate(da qui la definizione

jitsuroku, ovvero storie vere).

Gli yakuza dei jitsuroku eiga sono spietati e non hanno nessun interesse nel mantenere un

codice etico, ma sono assetati di potere in un mondo dove la legge della giungla prevale. Il

dualismo tra il codice morale e le regole sociali scompare nel mondo circostante al

protagonista del film; gli yakuza non sono più buoni o cattivi, ma devono comunque fare

delle scelte se vogliono sopravvivere in una società caotica e moderna dai rapidi

cambiamenti. Bunta Sugawara, attore che interpreta il protagonista Shōzō Hirono in tutti i

nove film di Jingi naki tatakai, è eccellente nel mostrare agli spettatori come il suo

personaggio sia cosciente della perdita di valori morali nella criminalità giapponese, ma

non può fare niente per contrastare questo cambiamento, e alla fine seppur con riluttanza,

debba usare gli stessi metodi crudeli e manipolativi dei suoi avversari.

3. Un interpretazione realistica? Attori e yakuza

Molti dei personaggi criminali portati sullo schermo giapponese sono stati

interpretati da una generazione di attori che ha vissuto da vicino il caos del Giappone pre

e post seconda guerra mondiale. In quel contesto sociale, gli yakuza proliferavano e

controllavano i mercati illegali e le strade delle grandi città, e alcuni degli attori più

rappresentativi del cinema giapponese hanno menzionato gli yakuza del loro quartiere

come dei modelli a cui si sono ispirati da giovani.

Kōji Tsuruta, Bunta Sugawara e Takeshi Kitano, tre attori leggendari (nel terzo caso anche

regista e produttore di fama mondiale) e protagonisti di dozzine di film sugli yakuza,

frequentavano gruppi criminali da giovani.1112 Alcuni dei fuorilegge più memorabili sono

infatti stati portati sullo schermo da un vero boss yakuza: Noboru Andō.

Capo del clan Andō fino al 1965, decide di ritirarsi per intraprendere una carriera da attore;

recita in molti film ispirati alla sua vita da boss mafioso, e la sua autobiografia fu la base di

11 Mark SCHILLING, The encyclopedia of Japanese Pop Culture, New York, Weatherhill Inc., 1997, p.291

12 Mark SCHILLING, Interview with Bunta Sugawara, Japan Times, 2003, http://eigageijutsu.blogspot.it/2010/10/interview-with-bunta-sugawara.html

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una delle sue opere più famose, Chi to okite. Nel film Andō interpreta sé stesso sette anni

prima; a causa di un debito non pagato da parte del magnate Hideki Yokoi, ordina una

punizione nei suoi confronti, ma questa decisione porterà all’arresto del boss e a ferite

quasi fatali per Yokoi.13

Nonostante l’intero film sia basato su una storia realmente accaduta ad Andō, il confine tra

film e fatti realmente accaduti si assottiglia ulteriormente quando egli decide, in uno stunt

pubblicitario, di promuovere il film incontrandosi con la stessa persona che aveva quasi

ucciso 7 anni prima, e che aveva ispirato il regista Namio Yuasa a dirigere Chi to okite.

Andō dirà in seguito in un intervista al Japan Times, che sullo schermo non aveva nessun

bisogno di recitare:

« La differenza tra yakuza e yakusha(attore) è di un carattere hiragana. Tutti gli yakuza

devono recitare per sopravvivere » 14

L’uscita dalle scene di molti attori cardine del genere e la progressiva perdita di interesse

del pubblico giapponese sono le cause di un freno nella produzione di film a sfondo

criminale in Giappone negli anni ottanta. Un decennio dopo la figura dello yakuza tornerà

prepotentemente nei film giapponesi con una nuova immagine, molto lontana dalle figure

romantiche degli eroi dello studio Toei. Andō rappresenta una figura che oggi sarebbe

impensabile: quella del gangster diventato attore. Una generazione di attori e registi

cresciuta tra le strade controllate dalla criminalità ha portato sugli schermi uno yakuza

spietato e senza giustizia, ma mai arreso o rassegnato in una società dai rapidi

mutamenti. Ma nessuno aveva fino a quel momento osato usare toni irriverenti nei

confronti della criminalità organizzata giapponese.

13 WHITING, Robert, Tokyo Underworld: The Fast Times and Hard Life of an American Gangster in Japan, Vintage reprint, 2000, p.6

14 Mark SCHILLING, We got a real wiseguy here, Japan TImes, 17 aprile 2002 http://info.japantimes.co.jp/text/ff20020417a1.html (traduzione propria)

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4. Gli yakuza nei film di Jūzō Itami: Minbō no onna

il regista Jūzō Itami non è nuovo all’uso di toni beffardi nei confronti di personaggi

potenti o criminali. Già nel 1988 in Marusa no onna 2(マルサの女2, A taxing woman’s

return), ridicolizza il potere politico corrotto e i suoi legami con la mafia.

Ma in Minbō no onna (ミンボーの女, The gentle art of Japanese extortion) si concentra

sulla criminalità organizzata e sulle loro attività di minbō, ovvero l’estorsione tramite

minacce implicite e non direttamente perseguibili dalla legge.15

Itami descrive gli yakuza come un gruppo di criminali violenti, vili e senza morale. Sono

minacciosi all’apparenza, ma davanti alla protagonista del film, esperta in estorsioni ai

danni di cittadini comuni (気質, katagi), appaiono come macchiette capaci di minacciare e

estorcere soldi solo a chi è facilmente intimidito. Negli yakuza dei ninkyō eiga un membro

del clan andava in prigione al posto del suo capo come esecutore materiale di un crimine,

e nell’assumere questa responsabilità riceveva onore e benefici al suo ritorno nello shaba

(娑婆) ovvero il mondo fuori dalla prigione.16 Ma in Minbō no onna lo yakuza non conosce

questo gesto onorevole, in quanto un membro del proprio clan in galera finirebbe per

richiedere più soldi di quelli che si possono guadagnare estorcendo la gente comune.17 Lo

yakuza di Jūzō Itami minaccia, ma non prosegue mai con la violenza per paura di essere

arrestato. Il regista pagherà cara la sua descrizione irriverente degli yakuza, e verrà

assalito e pugnalato da un gruppo di membri del clan Goto nel 22 maggio 1992, sei giorni

prima dell’apertura del film nelle sale giapponesi.18

5. Gli yakuza nei film di Takeshi Kitano: Sonatine e Outrage

Nel cinema yakuza odierno la figura prevalente è un gangster cinico, senza valori

morali e misantropo, e queste figure abbondano nel cinema di Takeshi Kitano, uno dei

15 Francesco CICERONE, 「暴対法」- ヤクザと法律的対策 (Bōuryokudan - yakuza to hōritsutekitaisaku), 2011

16 Mark SCHILLING, Yakuza movie lines without honor or humanity, 26 gennaio 2011, http://www.japantimes.co.jp/life/2011/01/26/language/yakuza-movie-lines-without-honor-or-humanity/#.UcSA8z4n2A1

17 Maria Roberta NOVIELLi, Storia del cinema giapponese, Venezia, Marsilio Editori, 2001, p.276-278

18 Janet, MASLIN, Tales about the yakuza may endanger health, 19 ottobre 1994, http://www.nytimes.com/1994/10/19/movies/film-review-tales-about-the-yakuza-may-endanger-health.html

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registi e attori giapponesi più famosi al mondo. Onnipresente nei media giapponesi, Kitano

nasce in un quartiere dove gli yakuza e la criminalità erano all’ordine del giorno.19

Ammette lui stesso in un intervista con l’Agence France Presse:

« Se non fosse per la rigida educazione di mia madre, sarei potuto facilmente diventare

uno yakuza, perché molti dei miei amici in quegli anni lo sono diventati. Ma nessuno di loro

è riuscito ad arrivare in cima. Quindi se fossi diventato uno yakuza, non sarei andato molto

lontano. Sarei potuto addirittura essere morto adesso»20

Ironicamente, queste parole descrivono lo stesso tipo di criminale che il regista/attore

interpreta nei suoi film. Uno yakuza vecchio e disilluso nei confronti del mondo criminale,

incapace di scalare la gerarchia del gumi, e a causa di questo dal temperamento irascibile

e scontroso. Nel suo quarto film, Sonatine, ribalta molti aspetti tipici degli yakuza eiga,

eliminando completamente il dualismo tra giri e ninjo, ed ambientando il film in un isola di

Okinawa per sottolineare i caratteri riflessivi dei gangster mettendoli fuori dal contesto

caotico e rumoroso delle città. 21

Gli yakuza di Kitano sono lontani dal ninkyō dei film Toei, dalle complesse alleanze tra clan

in Jingi naki tatakai e dalle figure caricaturali di Itami. In Sonatine non cercano né una

morte gloriosa da eroi, né hanno sete di potere; sono stremati da una lotta continua per

mantenere il proprio status in un mondo senza regole come quello criminale.

Kitano interpreta un personaggio emotivamente prosciugato da una continua lotta in un

mondo dove l’unica vera via di uscita è la morte. E fino al verdetto finale, gli yakuza

soffrono la solitudine, compiono stragi senza dire una singola parola, e giocano sulla

spiaggia aspettando i prossimi ordini dal loro boss. Ma nell’aspettare una chiamata che

deciderà la loro vita o morte, rimangono rassegnatamente coscienti della superfluità del

loro ruolo, a tal punto da considerare una partita di roulette russa un semplice

passatempo.22

19 Maria Roberta NOVIELLI, Metamorfosi: Schegge di violenza nel nuovo cinema giapponese, Bologna, EPIKA EDIZIONI, 2010, p.106

20 Gilles Campion, I couldʼve been a yakuza: Japan film maker Takeshi Kitano, AFP, 19 febbraio 2010, http://www.google.com/hostednews/afp/article/ALeqM5hwPsG8efyJ2ZRv1ViTPOHV9R0qdw

21 Jasper SHARP, The midnight eye guide to new Japanese film, Berkeley, Stone Bridge Press, 2005, p.169

22 Jasper SHARP, The midnight eye guide to new Japanese film, Berkeley, Stone Bridge Press, 2005, p.170

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La più recente incursione di Kitano nel mondo degli yakuza è il film Outrage e il suo

seguito Outrage Beyond. Kitano interpreta il suo solito personaggio, assieme ad un cast di

attori veterani che portano sullo schermo una complessa storia di tradimenti e guerre tra

clan che ricorda i jitsuroku eiga. La violenza perpetrata dai criminali in Outrage raggiunge

toni fumettistici, ed appare barbara proprio come quella mostrata in Jingi naki tatakai.

Kitano ha impressionato la critica straniera grazie al suo humor nero e al modo impassibile

e inumano in cui i membri delle gang muoiono tra le sparatorie, ricordando più dei robot

che degli esseri umani. Tuttavia in Outrage e nel suo seguito, mostrano una ferocia ben

diversa da quella mostrata nei jitsuroku eiga: se in Jingi naki tatakai la società giapponese

è in uno stato di caos a causa della seconda guerra mondiale appena persa, e gli yakuza

usano metodi brutali e animaleschi per restare a galla in un mondo dove l’unica legge è

quella del più forte, i gangster di Kitano vivono in una società ricca, lontani dalla guerra e

ormai anche dalla bolla economica degli anni ottanta, e sembrano non mostrare umanità

più per abitudine che per necessità. Non possiedono né gli aspetti morali e cavallereschi

che li rendevano degli eroi come nei film ninkyō, né quella forza di rivalsa sociale presente

negli anti-eroi dei film jitsuroku.

6. L’immagine dello yakuza oggi

Nei media contemporanei lo yakuza ha perso quei pochi aspetti positivi che gli si venivano

ancora attribuiti nel dopoguerra. E se il cinema e l’arte sono un riflesso dei mutamenti della

società, possiamo facilmente legare questo cambiamento agli sviluppi avvenuti in

Giappone nella lotta al crimine organizzato negli ultimi venti anni.

Il fiorente mercato finanziario dei primi anni ottanta ha portato gli yakuza ad estendere le

proprie operazioni fino alle piccole imprese, colpendo così i comuni cittadini e diffondendo

l’idea che loro attività non siano diverse dalla delinquenza ordinaria. A questo ha seguito

una risposta del governo nel maggio 1991 con la legge Bōtaihō(暴対法, Legge sui

provvedimenti nei confronti dei gruppi violenti) mirata a limitare la loro sfera d’azione e

introducendo non solo dei provvedimenti in merito all’aspetto economico e organizzativo

dei criminali, ma anche delle sanzioni su pratiche fortemente simboliche e distintive degli

yakuza, come lo yubitsume e gli irezumi.23

23 Francesco CICERONE, 「暴対法」- ヤクザと法律的対策 (Bōuryokudan - yakuza to hōritsutekitaisaku), 2011, pp.

116-117

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Uno dei giornalisti e studiosi che si è occupato più spesso dei recenti cambiamenti nel

crimine organizzato giapponese è lo statunitense Jake Adelstein. Nel 1993 diventa il primo

giornalista straniero a lavorare per lo Yomiuri Shinbun e comincia a scrivere sul crimine

organizzato. Dodici anni dopo Adelstein pubblicherà uno scoop, rivelando una

collaborazione tra il boss del più grande gruppo mafioso giapponese e la CIA. Nonostante

le minacce ricevute dallo Yamaguchi-gumi, Adelstein continua a scrivere sugli yakuza

saggi ed articoli e ha un sito internet dove non solo scrive sullo stato attuale della

criminalità organizzata ma pubblica anche dei comics sui suoi protagonisti.24

Questi fumetti sono una fonte interessante in quanto provengono da una persona che non

solo non è nata e cresciuta in Giappone, e quindi non ha avuto possibilità di essere

influenzata dalla nozione dello “yakuza come male necessario” comune tra le vecchie

generazioni25; ma si è anche trovato in una situazione di pericolo faccia a faccia con il

crimine organizzato, minacciato al punto di dover scappare negli Stati Uniti. Non

sorprendono quindi le immagini di yakuza come lupi dai denti aguzzi o come volpi, astuti

nello sfruttare cavilli legali e abili nell’usare la loro immagine intimidatoria per minacciare e

costringere donne alla prostituzione.

Se Jake Adelstein, dopo aver collaborato con la polizia giapponese per anni, ha un punto

di visto vicino a chi come il governo ritiene la yakuza un entità inutile e pericolosa per il

bene pubblico, esistono anche dei media che esprimono un opinione completamente

diversa. E’ il caso delle yakuza fanzine, riviste come Jitsuwa Jidai, Jitsuwa Nakkuruzu e

Jitsuwa Dokyumento. Ufficialmente non sono affiliate con nessun clan, ma ufficiosamente

ognuna supporta un diverso clan, a volte promuovendo le loro azioni come nel caso del

terremoto nel Tōhoku dell’11 marzo 2011. Nell’edizione di luglio 2012, Jitsuwa Jidai

pubblica un estensivo reportage su come la yakuza sia stata in primi linea durante i

soccorsi ai terremotati: il gruppo Matsuba-kai e Sumiyoshi-kai hanno inviato cibo e

centinaia dei propri uomini per rendere sicura la zona ed evitare che avvenissero

24 Jake ADELSTEIN, Tokyo Vice, Trento, Einaudi, 2011, p.7

25 Jake Adelstein, One in 10 under 40 consider the yakuza "A neccessary evil" in Japan, Japan Subculture Research Center, 12 gennaio 2011 http://www.japansubculture.com/1-in-10-under-40-consider-the-yakuza-a-neccessary-evil-in-japan-older-generation-disagrees/

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saccheggi nei negozi locali.26 Gli yakuza in queste fanzine vengono glorificati come ultimi

baluardi del ninkyō, ma in una chiave ben diversa. Guidano costose auto, sono esperti

nelle più eccentriche pratiche sessuali e sbandierano la propria ricchezza, ma non viene

mai fatta menzione in queste fanzine da dove vengono i loro soldi di quale sia il loro vero

lavoro, perché questo li renderebbe vulnerabili alla legge.

7. Conclusioni

L’immagine degli yakuza nei media giapponesi è cambiata in modo negativo negli ultimi

trenta anni. Nonostante un esiguo numero di pubblicazioni di fanzine in Giappone, e una

forte presenza nel mondo dell’entertainment (Yoshimoto Kogyo, azienda influente nel

mondo della televisione giapponese è famosa per i suoi collegamenti con il crimine), il

crimine organizzato non è mai stato rappresentato in un modo così critico come negli

ultimi venti anni.2728 Per i clan yakuza stessi si prospetta un futuro incerto: sempre meno

giovani sono attratti dalla carriera criminale, l’età media degli yakuza si sta alzando, e

questi sono problemi significativi per un gruppo che dipende dalla credibilità di una

minaccia di violenza fisica.29 Ma indipendentemente dalla sopravvivenza degli yakuza

come gruppo criminale organizzato, lo yakuza nelle sue diverse incarnazioni come l’eroe

romantico, l’ anti-eroe, il parassita della società o come baluardo del ninkyō, rimarrà a

lungo nell’immaginario giapponese.

26 Jake ADELSTEIN, Yakuza go on the record about 3/11 relief efforts in july fanzine (実話時代), 11 giugno 2012, http://

www.japansubculture.com/yakuza-go-on-the-record-about-311-relief-efforts-in-july-fanzine-%E5%AE%9F%E8%A9%B1%E6%99%82%E4%BB%A3%EF%BC%89/

27 Jake ADELSTEIN, Ties to the Yakuza are no laughing matter, The Atlantic Wire, 26 agosto 2011, http://www.theatlanticwire.com/global/2011/08/ties-yakuza-are-no-laughing-matter/41757/

28 Philip BRASOR, Can showbiz really sever yakuza ties?, Japan Times, 22 gennaio 2012, http://www.japantimes.co.jp/news/2012/01/22/national/can-showbiz-really-sever-yakuza-ties/#.UcSxYz4n2A0

29 Peter B.E. HILL, Heisei Yakuza: Burst Bubble and Bōtaihō, Social Science Japan Journal #6.1, p.18

Page 13: Cocchi Tancredi triennale

BIBLIOGRAFIA

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ADELSTEIN, Jake, Ties to the Yakuza are no laughing matter, The Atlantic Wire, 26 agosto 2011, http://www.theatlanticwire.com/global/2011/08/ties-yakuza-are-no-laughing-matter/41757/

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Page 16: Cocchi Tancredi triennale

GLOSSARIO

Andô Noboru 安藤 昇

bakuchi 博打

bakuto 博徒bushidō 武士道

Bōtaihō 暴対法

Chi to okite 血と掟

daimyō 大名

gumi 組

hatamoto yakko 旗本奴

irezumi 入れ墨

Ishihara Yūjirō 石原 裕次郎

Jingi naki tatakai 仁義なき戦い

jitsuroku 実録

Jitsuwa Jidai 実話時代

Jitsuwa Nakkuruzu 実話ナックルズ

Jitsuwa Dokyumento 実話ドキュメント

Jūzō Itami 伊丹 十三

katagi 気質

Kitano Takeshi 北野武

machi yakko 町奴

Marusa no onna 2 マルサの女2

Minbō no onna ミンボーの女

Matsubakai 松葉会

mukokuseki akushion 無国籍アクション

Namio Yuasa 湯浅奈美

ninkyō eiga 仁侠映画

ninkyōdō 仁侠道

Page 17: Cocchi Tancredi triennale

sakazukigoto 盃事

sakoku 鎖国

shaba 娑婆

Sugawara Bunta 菅原文太

Sumiyoshikai 住吉会

Takakura Ken 高倉健

Tokugawa Ieyasu 徳川家康

tekiya テキ屋

Yamaguchigumi 山口組

Tsuruta Kōji 鶴田 浩二

yakusha 役者

Yoshimoto Kōgyō 吉本興業

yubitsume 指つめ