102
0

Coconut Airlines

Embed Size (px)

DESCRIPTION

Circa vent'anni di avventure e disavventure di pesca ( mosca) in giro per il mondo

Citation preview

Page 1: Coconut Airlines

0

   

Page 2: Coconut Airlines

1

                               

Page 3: Coconut Airlines

2

   

di  Guido  Sesani  

Page 4: Coconut Airlines

3

A   Vittoria   e   a   Diana.   A   Giovanna   e  Francesca   che   con   infinita   pazienza   e   amore   ci  hanno   sempre   lasciato   andare   a   pesca   (e  speriamo  continuino  a  farlo).  

Page 5: Coconut Airlines

4

   

Presentazione

Eh si, ci ho preso gusto e, dunque, dopo dieci anni rieccomi qui ad introdurre una nuova serie di racconti di pesca.

Il Capitano è sempre il mio compagno anche se, nel frattempo, a lui si è aggiunto un altro paio di amici.

In questi dieci anni molte cose sono cambiate. Massimo e io ci siamo sposati, abbiamo messo

su famiglia ed entrambi abbiamo una figlia. Lui abita a San Francisco in California

mentre io, come sapete, vivo sempre a Venezia. La distanza non ci impedisce tuttavia di

trovarci almeno una volta l’anno da qualche parte del globo ad insidiare i pesci più strani, rigorosamente con la mosca artificiale.

Non sempre va come vorremmo, ma poco importa.

L’importante è stare assieme, pescare e vedere posti in cui la natura ha la N maiuscola.

Approfitto di queste righe per ringraziare tutti coloro che mi hanno dato una mano a realizzare Coconut Airlines. In particolare Bettina e Teresa traduttrici, la signora Matilde e Bonifacio fornitori di ricette, Francesco e

Page 6: Coconut Airlines

5

Marcella, correttori di bozze. A quest’ultima va un ringraziamento speciale perchè oltre alle bozze ha dato una consistente “sciacquata” alla punteggiatura della quale, pare, io ho un’opinione tutta particolare.

Un merci infine a Gilles, in arte PRONTO, che ha realizzato la copertina con la fantasia e l’abilità che da sempre gli invidio.

Aprofitto inoltre di queste poche righe per augurare a tutti i nostri amici un felice Natale ed il consueto “in bocca al lupo” per il 1995 e, perchè no, anche per la prossima decade.

Natale  1994              

Page 7: Coconut Airlines

6

 

 

   

Page 8: Coconut Airlines

7

       

                                       C’è  chi  stima  i   libri  dal   loro  peso,  quasi  che  si  scrivesse  per  fare  esercizio  di  braccia  più  che  di  ingegno.  

 Baltasar  Graciàn  (Belmonte  de  Calatayud  1601,  Tarragona  1658)

Page 9: Coconut Airlines

8

IL BRACCONIERE

Pasqua con i tuoi e Natale con chi vuoi o viceversa.

Non ho mai capito quale è la versione giusta. Comunque noi il giorno di Pasqua eravamo

in giro per i fatti nostri. «Si vada a Fener!», ma nella fredda acqua

primaverile del Piave non rimanemmo più di mezz’ora.

Troppo alto il livello dell’acqua e troppo bassa la temperatura per poter sperare in un’abboccata.

«E se provassimo su per quel torrente che si immette nel Piave poco più giù del ponte?»

Tornammo in macchina ed iniziammo a percorrere una stradina tortuosa che dall’alto seguiva il corso del torrente.

Era una giornata fulgida, strepitosa per l’aria frizzante che c’era in giro, per i colori dell’ambiente.

Non ricordo chi dei due guidasse, ma il conducente, al pari del passeggero, era sempre con la testa fuori del finestrino per buttare l’occhio sull’acqua sottostante.

Scommetto cento a uno che qualunque pescatore, d’acqua dolce in particolare, ogni volta che attraversa un fiume, un torrente o un canale a piedi, in macchina o in treno che sia, per riflesso butta l’occhio.

Page 10: Coconut Airlines

9

Guarda la superficie, la vegetazione, i sassi. Ogni pescatore osserva l’acqua a modo

proprio, ma tutti, credo, non possono fare a meno di farlo.

Forse i piloti scrutano sempre in cielo. Chissà?

Più si procedeva, più la valle si restringeva, più il torrente si faceva interessante. Tanto che ad un certo punto ci prese un’insolita eccitazione per la scoperta.

In quel momento, ritrovai il feeling che da sempre si crea nelle uscite a pesca col Capitano, sentimento necessariamente sopito a causa delle lunghe “gite” in mare di quest’ultimo.

L’eccitazione fece posto all’euforia e di lì a poco venne improvvisata una scenetta.

Il Capitano - in versione Noè -, si immaginava sul letto di morte vecchissimo e canuto.

Con voce stentorea e strozzata aveva chiamato a raccolta i propri figli che nel frattempo si stavano giocando la primogenitura a morra.

Il vecchio pescatore infatti, avrebbe rivelato solo al primogenito il nome e l’ubicazione del torrente scoperto assieme al suo compare in un ormai lontano giorno di Pasqua lassù sulle Prealpi bellunesi.

Quel torrente ove essi soli pescarono per diversi lustri mai rivelandone il luogo ed il nome era il ..........

Page 11: Coconut Airlines

10

«Alto corso del Tegorzo» diceva il Capitano levando le braccia al cielo, «alto corso del Tegorzo» ripeteva.

E giù a ridere arricchendo di volta in volta la storia della primogenitura.

Nulla da dire, il Tegorzo, o meglio, l’alto corso del Tegorzo, era davvero un bel torrente.

Arrivammo sin quasi alle sorgenti. Rigagnoli d’acqua che sgorgavano dalla roccia sino a formare un ruscello che via via si arricchiva d’acqua sino a diventare appunto un torrente.

Si ridiscese sin quasi a metà torrente per iniziare a pescare risalendo.

Qua e là tra un sasso e l’altro ogni tanto una piccola ombra scura schizzava via impaurita nuotando contro corrente.

Trote, dunque, ce n’erano. Onestamente non ricordo se qualcuna

assaggiò le nostre mosche, ma certamente nessuna di esse lasciò l’acqua del Tegorzo.

Ma il posto ed il torrente erano così invitanti che continuammo a pescare ben oltre mezzogiorno.

La sete e l’appetito ci fecero smettere ed andammo quindi a rifocillarci in un’osteria vicino ad Alano di Piave.

Appesa alla parete dell’osteria c’era la foto di un vecchio collega che reggeva in mano una trota enorme.

Page 12: Coconut Airlines

11

«L’è el me vecio che la ga ciapada su pel Tegorzo» - riferì l’oste.

Lo stato della foto e la foggia degli abiti del pescatore palesavano che la foto doveva risalire perlomeno ai tempi della quindici-diciotto.

Quell’immagine ci infuse comunque nuova energia ed entusiasmo e prese le canne ritornammo a pescare.

Purtroppo la situazione rispetto al mattino

non cambiò molto, per cui decidemmo di cambiare zona.

Finimmo a Vittorio Veneto, più precisamente a San Floriano, ovvero ai piedi del Fadalto.

Luogo del delitto il fiume Meschio, acqua libera per la quale non c’era bisogno di alcun permesso.

Assieme a noi due, un discreto numero di pescatori con relative famiglie in gita pasquale.

Mentre siamo lì che peschiamo, ad un certo punto vedo un tizio in borghese che si avvicina

Page 13: Coconut Airlines

12

al Capitano, gli chiede qualcosa. Pensando che si tratti di un curioso non ci faccio caso.

Il borghese poi si sposta, viene verso di me e mentre io continuo a pescare rimane alle mie spalle alcuni minuti senza dire niente.

Poi, con fare subdolo, mi rivolge la parola presentandosi e mostrandomi un tesserino.

«Giovanni Fattorel, guardia giurata in servizio di vigilanza. Posso vedere la sua licenza ed il libretto regionale?»

La licenza ce l’avevo in macchina, ma il libretto regionale proprio non l’avevo acquistato.

Lì per lì farfuglio qualcosa e spiego al signor Giovanni che appunto i documenti li avevo in macchina.

Questo insiste e chiede di vederli. Viene con me alla macchina e trova la licenza

in ordine. Io spero dimentichi di controllare il libretto, ma quello non molla.

Invento la più banale quanto inutile delle scuse dicendo che l’ho dimenticato a casa e la solerte guardia giurata non la beve.

Morale: mi becco un verbale di contravvenzione di ben L.70.000 per non aver esibito il libretto regionale, il cui costo - detto per inciso - è di L.2.000.

Inutile dire che il Capitano è andato a nozze con questa storia tanto che, appena arrivati a Venezia ha chiamato Max al telefono e,

Page 14: Coconut Airlines

13

ricamandoci su, gliela ha raccontata facendosi entrambi delle belle risate alla faccia mia.

Da quel giorno mi è stato appioppato l’epiteto di bracconiere.

                     

Page 15: Coconut Airlines

14

                                           A   river   is   water   in   his   loveliest   form.   Rivers  have   life   and   sound   and   movement   and  infinity   of   variations;   rivers   are   veins   of   the  heart   through  which  the   life  blood  returns   to  the  heart.    

Roderick  Haigh-­‐Brown  (A  river  never  sleeps,  1944)  

Page 16: Coconut Airlines

15

Max

Fu pressapoco prima della partenza del Capitano per le Indie Orientali, lo scorso anno, che scoprimmo i trascorsi di pesca del vecchio Max.

Più pescatore marino che di acqua dolce, il nostro amico aveva la fortuna di avere in famiglia un paio di zii accaniti manipolatori di lenze di ogni tipo.

Complice la vicinanza a casa sua di un corso d’acqua del quale ho appena narrato - il Meschio -, il piccolo Max trascorreva le sue vacanze estive a Vittorio Veneto con la canna in mano.

Seguendo le sagaci indicazioni dello zio, egli insidiava lucci, trote e cavedani.

Fattosi più grandicello, il piccolo Max orientò i propri interessi altrove, pur continuando ad andare a pesca in laguna di tanto in tanto.

In seguito - gli anni passano svelti - convolato a nozze, Max mise su famiglia e un giorno, mentre riordinava le sue cose da scapolo in casa nuova, per caso ritrovò la sua vecchia attrezzatura.

Sarà stata la vita coniugale, saranno stati i discorsi dei parenti di lei, anch’essi convinti pescatori, saranno stati i discorsi del Capitano e

Page 17: Coconut Airlines

16

miei, fatto sta che zitto zitto, Max ricomincia ad andare seriamente a pesca: in mare.

L’inizio o il risveglio di una grande passione comporta un coinvolgimento piuttosto forte in quello che si fa.

Nella fattispecie, la ritrovata passione di Max per la pesca lo portò a qualche eccesso.

Lo scorsa estate infatti, non passava una settimana che il nostro collega non telefonasse per annunciarmi l’acquisto di una nuova canna, un guadino, o chissà quale altro attrezzo da pesca.

Il classico esemplare di piscator fanaticus. La di lui moglie, tra l’altro, non mancava di

esternarmi le sue preoccupazioni per le finanze familiari.

«Se continua così - mi diceva affranta - finiremo col mangiare il gelato con i cucchiaini.......da pesca.»

Page 18: Coconut Airlines

17

La fine della stagione fece sì che la bramosia di acquisto di materiale da pesca di Max si attenuasse. Con gran sollievo della famiglia tutta.

Nel frattempo Max, forse affascinato dai nostri racconti, prese interesse all’argomento mosca.

Dalle parole ai fatti il passo fu breve. Fui infatti costretto a trasferire tutta la mia

attrezzatura per la costruzione delle mosche a casa di Max onde consentirgli di prendere confidenza con piume, penne, peli e fili colorati.

A parte i primi inevitabili mostri dovuti più ad inesperienza che ad imperizia, ad onor del vero bisogna dire che l’allievo se la cavava abbastanza bene. Tanto da meritarsi gli elogi, oltre che del sottoscritto, di quelli ben più importanti del famoso zio pescatore.

Pensate che si era giunti al punto che le canne e la cassetta degli attrezzi facevano parte integrante dell’arredo del salotto e della stanza da letto.

In quest’ultima poi, accanto al talamo nuziale, erano accatastate diverse annate di “Pescare”.

A proposito, credete forse che la distrazione per la pesca avesse in qualche modo incrinato i rapporti coniugali o quelli del sottoscritto con la sua morosa?

Page 19: Coconut Airlines

18

Tutt’altro, anzi. Le due babe approfittano delle nostre sedute per cìacolare a ritmo serratissimo disinteressandosi completamente della nostra presenza.

Di cosa parlassero non è dato sapere: certo non di pesca!

Page 20: Coconut Airlines

19

                                                 La  pesca  con  la  lenza  merita  di  essere  lodata.  E’   un’arte,   un’arte   che   merita   di   essere  conosciuta  e  praticata  dall’uomo  saggio.  

 Izaak  Walton  1593,  1683  -­‐  The  compleat  angler  

Page 21: Coconut Airlines

20

Buon Natale

Per un pescatore che si rispetti la lunga

inattività invernale è solitamente insoppor-tabile.

Industriarsi a trovare attività connesse, quali la costruzione di esche, canne o quant'altro, letture di libri e riviste, la visione di videocassette o curare ripetutamente la manutenzione dell'attrezzatura, non sono che palliativi.

E' l'azione che conta. Come gli venne l'idea non lo ricordo, ma

evidentemente la ritenni buona perché l'accolsi di buon grado nonostante l'epoca in cui mi fece la proposta.

Max aveva saputo da fonti solitamente bene informate1 che era il periodo di frega dei cefali.

1 Apro una breve parentesi sulle fonti

bene informate di Max. Dunque, egli ha la fortuna di abitare in

una zona della città ad alta densità di pescatori.

Il boss degli aficionados è il proprietario di una pasticceria. Vice boss è invece il garzone di un alimentarista, pardon, dell'alimentarista di Max.

Bene, una volta entrati nel giro, giacché pare trattarsi di una loggia massonica,

Page 22: Coconut Airlines

21

Ce n'erano moltissimi in giro per la laguna: bastava tirarli su.

Venne concordemente scelto il tratto iniziale della diga di San Nicolò e si stabilì di trovarsi alle 7,30 del mattino all'imbarcadero della motonave di San Zaccaria.

uno può star tranquillo che nessun movimento di pesce di qualunque specie avvenuto nelle ultime 24 ore nell'ambito lagunare passa inosservato.

Tipi di esche, maree, condizioni meteorologiche e dell'acqua e comunque ogni dato utile alla cattura del pesce avvistato, viene selezionato, esaminato, discusso e diffuso nella cerchia dei membri della loggia.

Lo smistamento delle notizie avviene solitamente in pasticceria o lungo le rampe delle scale o dei pianerottoli delle case ove il garzone dell'alimentarista si reca per consegnare viveri e generi di conforto vari.

Ometto deliberatamente di descrivere un terzo meeting point che è un negozio di articoli da pesca in Campo Santa Margherita.

Chiunque abbia mai messo piede in posti simili - intendo i negozi di pesca - sa che si entra per comperare un amo e tra una chiacchiera e l'altra si esce dopo due ore con un set da traina completo!

Page 23: Coconut Airlines

22

La mia morosa aveva brontolato per il fatto che almeno la domenica avrei potuto dormire un po' più a lungo e soprattutto rimanere con lei.

«Bisognerà proprio che le regali una canna da pesca e che le insegni a tirar su qualche pesce a sta benedetta donna» - pensai tra me e me.

Dimenticavo di precisare che era il 23 dicembre, antivigilia di Natale e che ovviamente in questo periodo alle sette e mezzo è ancora scuro.

A ciò aggiungo che faceva un freddo boia nonostante un sole, abbastanza insolito per questa stagione, stesse sorgendo da dietro il Lido facendo presagire una splendida giornata.

Alle sette e tre quarti, non essendo ancora arrivato Max, decisi di bermi un caffè e di comprare il Gazzettino.

Alle otto, terminato il Gazzettino, acquistai il Corriere della Sera e mi feci un altro caffè.

Alle otto e venti decisi di comperare sei pizzette per fare merenda e già che c'ero mi feci dare un gettone telefonico.

«Max sta arrivando, non temere» - riferì la mogliettina. Cosa che poi fu.

«Ti sa, geri sera te go visto indeciso, gò pensà no el vegnarà e cussì el starà in leto! Poi verso le otto ho chiamato la tua morosa che ha stramaledetto anche me per averla svegliata che aveva appena ripreso sonno e così sono schizzato - si fa per dire - dal letto. Ed eccomi qui.»

Page 24: Coconut Airlines

23

«N'importa. Solo che adesso è tardi per andare a San Nicoletto: dove andemo?»

«Proviamo a Sant'Elena.» E a Sant'Elena, davanti al Collegio Navale

c'era la brina e c'era soprattutto un gatto infreddolito che ci aveva raggiunto in testa al molo dove ci eravamo piazzati.

Strusciandosi ora contro Max ora contro me, aveva lasciato intendere che non gli sarebbe dispiaciuta una delle sarde che noi usavamo come esca.

Finimmo col dargliele tutte e così, il gatto con le sarde e noi con le pizzette, ci mettemmo tutti a far merenda.

More solito, gli unici che non mangiavano erano i pesci.

Il buon senso, stimolato anche dal freddo, ci consigliò di togliere le chiappe dal molo.

Decidemmo di andare altrove e si optò per la Punta della Dogana.

Sennonché, dal vaporetto sul quale eravamo saliti, notammo che alla fermata della Biennale vi era una nutrita schiera di pescatori che, addossati a non più di trenta centimetri di distanza gli uni dagli altri, stavano facendo una vera mattanza di siegoli2.

Un rapido scambio di occhiate bastò per farci scendere a tutta birra dal vaporetto che stava

2 Siegolo - nome veneziano per il cefalo

Page 25: Coconut Airlines

24

già scostando ed in due-minuti-due avevamo le nostre lenze in acqua.

Probabilmente qualcuno saprà che di norma io pesco con non più di una al massimo due persone accanto.

In venti metri di riva ci saranno state circa cinquanta persone o giù di lì!!

A noi due, in ossequio al principio che chi tardi arriva male alloggia, non restò che un cantuccio in fondo alla fila.

Fu comunque un esperienza indimentica-bile. Se non altro per la fauna con la quale dividevamo quel tratto di riva.

C’era il pensionato che con la nazionalesupersenzafiltro all'angolo della bocca ed il berretto del colorificio XYZ, salpava imperterrito un cefalo dopo l'altro.

C’era il bancario in tuta da centometrista con una cassetta colma di ogni ben di Dio quanto ad attrezzatura da pesca, che badava più alla Gazzetta dello Sport che ai sussulti delle sue tre canne.

E c’era, ahi noi, anche un papà con il suo figliolo.

Quest'ultimo rompicoglioni di prima categoria che non stava mai zitto; per di più anziché parlare, urlava.

Page 26: Coconut Airlines

25

Sigava3 se prendeva un pesce, sigava se lo perdeva, sigava se era piccolo, sigava, infine, se era grande.

Il padre di tanto figlio dal canto suo sigava per far star zitto il figlio dandogli qualche tangherone o invitandolo - con garbo s'intende - a farsi ......sodomizzare!

Come direbbe il mì babbo, un bell'ambientino insomma.

Il ragazzino inoltre, (lo si desumeva dal berretto di lana, dalla sciarpa e da un cuscinetto a strisce rosse e nere), era milanista. E mentre pescava, sigando ovviamente, assicurava ad un suo amico - anch'egli intento a pescare e distante da lui una trentina di metri - che la sua squadra del cuore quella domenica avrebbe rifilato almeno tre gol all'avversario.

Tengo a precisare che i termini usati dal bocia sigans non erano esattamente quelli riportati, ma il concetto è quello.

Ma torniamo alla pesca. Sia Max che io tiriamo su un paio di cefali a

testa, dopodiché il sottoscritto inizia una serie di catture sorprendente non tanto per il numero, quanto per il tipo di pesce pescato.

Un paio di paganelli, un passarino e, tra l'ammirazione e lo stupore dei presenti, anche un todaro: sissignore proprio un todaro.

3 Sigare - termine veneziano per urlare

Page 27: Coconut Airlines

26

Il todaro - sia Max che io era la prima volta in vita nostra che ne sentivamo parlare - altro non è che un grosso ghiozzo con una testa enorme aggraziata da due occhi a globo ed una bocca altrettanto grande.

Un gò maggiorato insomma, che evidentemente doveva essere considerato una preda inusuale da quelle parti. Tanto che il bocia milanista si preoccupò di far sapere della mia cattura a tutta la Riva dei Sette Martiri: sigando naturalmente (sic!).

Page 28: Coconut Airlines

27

                       E’   meglio   una   brutta   giornata   di   pesca   che  una  bella  giornata  di  lavoro.  

Page 29: Coconut Airlines

28

Tre uomini in barca

Prendo a prestito il titolo del ben più noto libro di Jerome K. Jerome per raccontare di una notte trascorsa agli Alberoni4.

«....... Allora lunedì sera andiamo a seppioline».

E lunedì sera, verso il tramonto, Vittorio io e Max partimmo con la topa5 di quest'ultimo caricata di ogni sorta di attrezzatura per la pesca notturna: vòleghe6 a maglia larga e fine, fiocine, una lampada alimentata da una pesantissima batteria per automobile, una rete a bilancia ed una mastella in plastica per riporvi il pesce.

Un filone di pane nero e quattro etti di mortadella con i pistacchi, oltre a tre, dico tre, birrette, costituivano le nostre scorte alimentari.

Mentre ci dirigevamo verso la meta - la diga degli Alberoni per l'appunto - incrociammo un motoscafone turistico carico di bionde americane nei confronti delle quali vennero fatti lusinghieri apprezzamenti sia a gesti che a parole.

4 Alberoni - estremità sud del Lido di Venezia 5 Topa - imbarcazione da trasporto tipica della

laguna veneta 6 Vòlega - in veneziano sta per guadino o rete col

manico

Page 30: Coconut Airlines

29

Le seguimmo ..... con lo sguardo, sinché il motoscafo non scomparve alla nostra vista.

Per consolarci iniziammo a mangiare le scarse provviste.

Vittorio, sempre perfetto, aveva con sè parte della sua attrezzatura da Camel Trophy; in particolare un coltello lungo una spanna con tanto di bussola sull'impugnatura e di cui venne subito apprezzata l'affilatura mentre veniva tagliato il filone di pane da accompagnare alla poca mortadella disponibile, nonchè l'acumina-tezza della punta verificata lanciando l’arma sui paioli di legno. Per la gioia di Max.

Inutile dire che a Poveglia7 avevamo già finito sia il pane, con relativo companatico, che le tre birrette.

Si imponeva quindi una sosta per far rifornimento.

L'ultimo bar prima della diga offriva generi di ........ sconforto ....... quali sarde: fritte chissà quando in olio di sentina, uova sode con acciughe fossili e peperoni canditi oltre ad una decina di tramezzini cosiddetti manta per via della parte superiore degli stessi che, rinsecchendosi, aveva assunto la forma ad ala in su, tipica del pesce menzionato.

7 Poveglia - isola della laguna sud

Page 31: Coconut Airlines

30

Altra caratteristica dei tramezzini in questione, era la colorazione dei vari ingredienti usati nella preparazione.

Si passava dal beige al testa di moro del tonno, dal rosa con sfumature iridescenti al viola intenso del prosciutto cotto, al grigio uniforme con qualche pallida venatura verdastra per i piselli dell'insalata russa o presunta tale.

La maionese poi meritava un discorso a sè. Dal grado della trasparenza della stessa si era

in grado di risalire, per ogni tramezzino, all'epoca in cui era stato preparato: mesozoico, protozoico, quaternario ....

Accantonati dunque i cibi optammo per le sole bibite.

Ridendo e scherzando intanto, si erano fatte le dieci e bisognava muoversi per non perdere il giro d'acqua8. Con il calante infatti avremmo avuto le migliori possibilità di cattura.

Giunti che fummo all'inizio della diga, accendemmo la lampada e cominciammo a scrutare l'acqua.

Con la vòlega in mano a prua stava Max che di tanto in tanto beccava qualche schìa9 per far frittura. Di seppie neppure l'ombra.

Max catturò anche un passarino ed un'aguglia. 8 Giro d’acqua - momento di stasi della marea

durante il quale si inverte il flusso della stessa 9 Schìa - gamberetto della laguna

Page 32: Coconut Airlines

31

«Ma a che ora ghe xe el calante?» - chiesi. «Verso le due e mezzo» - fu la risposta!

Io mi ero svegliato presto il mattino precedente e verso mezzanotte cominciavo ad avere un po' di sonno.

Gli altri due invece, erano sveglissimi anche perché un certo numero di sarde e sardoni venivano a curiosare sotto la luce e venivano regolarmente salpati con la rete.

Di seppie però, come detto, neanche l'ombra. «Vedarè che col calante le rivarà» ci assicurò

Max e noi fiduciosi si attendeva. Già che si era da quelle parti, Max pensò

anche di andare a dare un'occhiata ad una barca ormeggiata nella darsena del Golf Club che il giorno prima gli era stata regalata da un comune amico.

«E le seppie?» - chiesi. «Più tardi verso le due, sta bon e tasi».

Si trattava di una barca canadese in alluminio in discreto stato di conservazione.

A me della canadian non importava un fico secco e tantomeno importavano i progetti di restauro e manutenzione che i due, salendovi, avevano iniziato a fare.

Con un parabordo sotto la testa ed un telo a mò di coperta mi misi a paiolo per schiacciare un pisolo. E che pisolo.

Page 33: Coconut Airlines

32

Mentre dormivo, i due compari avevano sbarcato il 25 cavalli dalla topa e lo avevano montato sulla canadian.

Avevano fatto un giro di prova, erano tornati indietro e rimesso al suo posto il motore. Il tutto mentre il sottoscritto dormiva.

Alle due e mezzo uscimmo di nuovo in mare e ci appostammo vicino alle bricole10 della stazione dei piloti, anziché andare alla deriva spinti dal vento e dalla corrente come fatto in precedenza.

Al molo dei piloti c'erano due tizi che con altrettante lampade, nutrivano le nostre stesse speranze.

Max e Vittorio scesero a terra per fare delle interviste.

Questa storia delle interviste è tipica di Max. Si avvicina al collega, saluta, chiede come va e poi con estrema naturalezza, dovuta senz'altro alla consuetudine pluriennale, inizia una conversazione fitta fitta avente per oggetto quello che lui ha pescato una settimana, un mese o due anni prima in quel posto.

«Stanote però de seppe gnanca parlarghene». «Sarà el vento» - dice l'interlocutore. «Sarà la luna» - dice Max.

10 Bricole - grossi pali di legno che delimitano i

canali in laguna

Page 34: Coconut Airlines

33

Nel frattempo Vittorio va silenziosamente a curiosare tra i concorrenti lungo la diga che hanno tutti il secchio vuoto.

«Fioi andemo in leto che xe megio par tuti» - dico io rigirandomi sul fianco.

Riapro gli occhi ad alba fatta e mi accorgo che stiamo tornando a casa e siamo dietro la Giudecca: senza seppie.

In compenso ci portiamo a rimorchio la canadian che i due fanatici hanno pensato bene di passare a prendere.

Alle sei, ormeggiata la canoa in un puzzolentissimo canale dietro S.Eufemia alla Giudecca e sbarcato Vittorio, Max decide che è ora di andare a letto.

Scaricata la topa di tutta l'attrezzatura salutai e tornai a casa dove c'era la mia sposa ad attendermi visibilmente preoccupata. Mi aspettava per mezzanotte....

Il giorno dopo venni a sapere che tornando indietro dagli Alberoni, Vittorio, mentre governava la barca, si era appisolato ed anche Max. Erano finiti in secca con il motore acceso e se ne erano accorti dopo un pò.

Anche i fanatici dormono!

Page 35: Coconut Airlines

34

             

                         

Page 36: Coconut Airlines

35

           No  human  being,  however  great  or  powerful,  was  ever  so  free  as  a  fish.  

 John  Ruskin,  1819  –  1900  

"The 20 - 22 club"

L'appuntamento era stato fissato nel parcheggio di un enorme supermercato alla periferia di Madras per le dieci.

«Non potete sbagliarvi - ci disse la sera prima il nostro amico di Bend - il vostro uomo sarà l'unico del parcheggio ad avere il rimorchio con la barca.»

Infatti ..... di vetture con al traino una barca ce n'erano almeno sei o sette.

Escludemmo le famiglie numerose, quelle con cani, quelle di fidanzati o presunti tali.

Ci trovammo quasi contemporaneamente. Lui, Rodger Carbone, un marcantonio di due metri e passa al cui confronto il Capitano sembrava un nanetto, uscì dal pick-up e ci si fece incontro.

Fatte le debite presentazioni, si procedette a regolare il compenso pattuito, a verificare le

Page 37: Coconut Airlines

36

nostre licenze ed i nostri permessi di pesca ed a trasbordare la nostra attrezzatura sullo Chevrolet.

Ultima importante verifica prima di iniziare l'avventura, era quella del contenuto delle nostre scatole di mosche.

Rodger scosse la testa sinchè non vide alcune elk caddis11 che a suo dire pareva riscuotessero un certo successo in quel periodo dell'anno.

Rodger, ad ogni buon conto, aveva una scorta di mosche personali con le quali noi avremmo potuto pescare per dieci anni.

Si partì dunque con il pick-up alla volta del fiume che distava una ventina di minuti dal luogo dell'appuntamento.

La strada, piuttosto trafficata, si snodava lungo il fianco di un canyon ove scorreva il fiume. La abbandonammo per imboccare un sentiero piuttosto ripido che conduceva ad una spiaggetta.

Qui Rodger-Rambo, da solo, fece scivolare la barca in acqua fermandola con un'ancora costituita da un grosso piombo a forma di piramide.

Eravamo sul Deschutes, grosso fiume dell'Oregon centrale a ridosso della Cascades Range delle Montagne Rocciose.

11 Elk caddis - mosca che imita un tricottero, ha

la forma di una piccola farfalla.

Page 38: Coconut Airlines

37

In barca, io ed il Capitano eravamo a centro barca, mentre Francesca, fresca sposa di quest'ultimo, era a prua.

A poppa stava Rodger che manovrava nella corrente con i remi.

Per dare un'immagine della barca, tipica dei fiumi del Nord America, cercate di immaginare la classica barchetta di carta alla quale è stata tolta la vela: otterrete così una McKenzie River Boat.

Scendemmo il fiume per circa un miglio, sinchè la nostra guida non decise di fermarsi alla fine di un'isoletta che si prolungava nel fiume con un lunghissimo raschio.

«That's a barbless hook river»12 - tenne a sottolineare Rodger mentre con una pinza schiacciava gli ardiglioni delle nostre mosche senza curarsi minimamente di una nostra eventuale opinione al riguardo.

Assegnò a ciascuno di noi una zona di fiume da battere ed a turno seguì le nostre mosse dando consigli ed indicando gli eventuali appostamenti delle trote in corrente.

12 "Questo è un fiume dove si pesca con ami

senza ardiglione" (t.d.a.)

Page 39: Coconut Airlines

38

Un lungo fischio sopra il rumore della corrente fece voltare la testa al sottoscritto intento a pescare con una minuscola caddis in una serie di correntine al centro del fiume.

Il Capitano - autore del fischio - aveva la canna piegata ad U.

Il Deschutes aveva presentato il proprio biglietto da visita.

Un'iridea-treno stava portandosi via tutta la coda e parte del backing13 facendo fischiare la modesta frizione del mulinello la cui bobina veniva frenata anche con il palmo della mano.

Mentre si stava svolgendo il combattimento tra il treno ed il Capitano, anche Francesca sentì un tirone da far paura ed un'altra bestia iniziò a portarsi a spasso per il fiume la fanciulla, del tutto nuova ad esperienze del genere.

Eccitata e giustamente felice, l'allegra mogliettina iniziò il recupero del pesce sotto l'occhio vigile di Rodger che dava i consigli del caso.

13 backing - è una lenza di riserva.

Page 40: Coconut Airlines

39

Ahimè, alle grida di gioia e di eccitamento di Francesca ne seguì una di stizza per la rottura del finale.

Il Capitano aveva appena guadinato e rimesso in libertà la sua trota, che la di lui mogliettina aveva ferrato un'altra wild rainbow trout.

Evidentemente la presenza di Mr.Carbone aveva un effetto magnetico per le trote oversized.

Purtroppo anche la seconda trota forzò il finale e la mosca al punto da aprire l'amo!

Nel mentre anche il sottoscritto ebbe modo di ferrare la sua prima trota che, però, era di dimensioni del tutto europee.

Pescammo ancora una mezz’ora davanti all'isola senza i risultati iniziali.

Al ritorno in barca commentammo entusiasticamente l'inizio della giornata e contemporaneamente - sapete come vanno queste cose - spuntarono le prime birrette ed i primi sandwiches preparati da Mrs.Carbone: deliziosi.

Continuammo a scendere lasciandoci trasportare dalla corrente e fermandoci all'incirca ogni miglio nei punti del fiume in cui la guida riteneva vi fossero trote.

Attorno al fiume un paesaggio decisamente western: canyon di color rosso-arancio, erba secca e (ahimè) rattle snakes, serpenti a sonagli.

Page 41: Coconut Airlines

40

Quanto agli indiani, c'erano anche quelli. La riva sinistra del Deschutes infatti, per circa venti miglia costituiva il confine di una riserva indiana. Appunto.

Per poter mettere piede nella Warm Springs Indian Reservation - si badi anche solo sulla sponda del fiume - giusto lo spazio per pescare, bisognava essere in possesso di un permesso.

Nel costo del permesso di pesca era inclusa anche tale facoltà, ma con una particolarità: l'accesso alla riserva era consentito solo per il transito sulla sponda, e non per pescare. In altre parole si poteva pescare dal fiume verso la riva, ma non viceversa. In più, ad ulteriore complicazione, vigeva il divieto assoluto di pescare dalla barca: regole indiane!

Comunque che il posto fosse wild, lo avevamo intuito anche senza essere informati della presenza dei serpenti a sonagli.

Mentre pescavo a ridosso di un cespuglio, presi un bello spavento. Già sul chi-va-là per via dei serpenti, sentii dei rumori insoliti alle mie spalle, dei tonfi in acqua e poi ancora dei guaiti o degli squittii.

Erano tre visoni che si rincorrevano lungo la sponda del fiume infastidendo, almeno credo, le trote presenti.

Ancora, mentre scendevamo in barca, notammo un rapace piuttosto grande volteggiare sul fiume pronto a ghermire una

Page 42: Coconut Airlines

41

trota. Rodger ci confermò che si trattava di un'aquila dalla testa bianca in caccia.

Quanto ai serpenti a sonagli, nonostante Mr.Carbone avesse detto che in tutta l'estate ne aveva visti tanti da poter contare sulle dita di due mani - pochi per lui - io evitavo nella maniera più assoluta di scendere a terra e se proprio ero costretto a farlo, facevo un tale baccano che qualsiasi rettile si fosse trovato nelle vicinanze sarebbe scappato: anche le trote ....

Ogni volta che la guida decideva di fermarsi, assegnava a ciascuno di noi due una zona, mentre preferiva che Francesca rimanesse nei pressi della barca per ragioni di sicurezza.

Debbo dire che sia pure con qualche esagerazione, tipo non bere neppure un goccio di birra per tutto il periodo in cui rimase con noi, il buon Rodger si dimostrò assolutamente professionale.

Inoltre tutta l'attrezzatura di cui disponeva era di ottima qualità , in efficienza e ben tenuta ed il cibo offertoci buono. Evitò che corressimo rischi inutili, ma al contempo ci lasciò una certa libertà di movimento.

Page 43: Coconut Airlines

42

A metà pomeriggio, dopo un paio d'ore che

non s'era preso nulla, tra una sasso ed i rami di un albero che lambivano l'acqua, nella classica morta (ovvero in un punto in cui non c'è corrente), il Capitano lasciò cadere una piccola yellow humpy14 che in un attimo sparì in una bocca bianca.

Ferrata, la trota si rivelò essere un membro del club twenty - twenty two.

La storia del club era pressapoco questa: «Verso sera - ci disse Rodger ad un certo punto - arriveremo al club 20 - 22». E noi lo guardammo un pò strani.

Twenty sta ad indicare la lunghezza media - espressa in pollici - delle trote, mentre twenty two sta ad indicare di regola la misura dell'amo della mosca che serve per catturarle. Come a dire pesci da sessanta e passa centimetri catturati con ami, credetemi, davvero piccoli.

Insomma il primo membro del club si era fatto vivo.

La lotta durò circa una ventina di minuti sinchè la trota, portatasi per l'ennesima volta in corrente, si liberò con un ultimo disperato salto fuori dell'acqua.

14 Yellow humpy - altro tipo di mosca.

Page 44: Coconut Airlines

43

Rodger anzichè complimentarsi con il Capitano, lo redarguì perchè secondo lui aveva protratto la lotta con il pesce più del dovuto!

«Wanna kill that fish?»15 gli chiese. In effetti, abituati come si era ai nostri fiumi,

ma soprattutto ai nostri pesci ed ai nostri finali, di solito si preferisce stancare il pesce grosso piuttosto che forzarlo con il rischio che spacchi tutto.

Negli Stati Uniti, e nel West in particolare, quasi ovunque vige la regola del catch & release - letteralmente cattura e rilascia.

Insomma si va per le spicce: ferrato il pesce, si cerca di portarlo a riva il più velocemente possibile per non stancarlo eccessivamente.

«Orco can - go dito mi!» La regola di rilasciare il pesce mi sta bene, se vogliamo quella di chiudere gli ardiglioni un pò meno, ma va bene lo stesso; almeno lasciate che ci si diverta un pò.

Con il passare degli anni mi renderò poi conto che hanno ragione gli americani perchè solo adottando rigide regole di comportamento (e facendole rispettare altrettanto rigidamente) si può sperare che i fiumi continuino ad essere pescosi anche in futuro.

Mentre il Capitano combatteva con un'altra trota, anch'io avevo il mio da fare.

15 "Vuoi ucciderlo quel pesce?" (t.d.a.)

Page 45: Coconut Airlines

44

Rodger nel frattempo pensava a farci le foto con una piccola Instamatic: il servizio includeva anche questo.

Scendevamo con la corrente mentre anche il sole scendeva dietro il canyon.

Attendevamo il momento magico in un punto del fiume in cui l'acqua - come dice il giudice Sperti16 - rideva ovvero faceva delle piccole onde alternate a tratti in cui era piatta.

Avevamo circa un'ora prima del buio e volevamo concludere in gloria.

In un'ansa del fiume, dopo un grosso albero caduto, a detta di Rodger vivevano dei mostri marini. Iniziammo a lanciare sulle rade bollate.

Francesca ferrò una grossa trota che lottò qualche minuto prima di tornare libera con un paio di salti.

Fu la volta del sottoscritto che riuscì a guadinare una bella rainbow e poi un'altra ancora infine il Capitano catturò l'ultima della giornata.

Mentre scendevamo ancora con la corrente per arrivare alla fine della nostra meta e mentre

16 S.E. è particolarmente suscettibile. Per il fatto

che ne “A pesca col Capitano” non l’ho mai citato benchè io vada a pesca con lui e con mio padre sin da quando ero bambino, si è, come dire, risentito.

Con questa doverosa citazione spero di essermi fatto perdonare, almeno in parte.

Page 46: Coconut Airlines

45

rassettavamo la nostra attrezzatura, un signore, che era a valle rispetto a noi, correva come un matto giù per il fiume con una summer fresh run steelhead17 attaccata ad una elk caddis del 18!

A buio fatto, a riva ritrovammo il pick-up di Rodger con il carrello per la barca e che nel frattempo qualcuno aveva portato sino lì. Sempre al buio Rodger tirò sù la barca, la assicurò al carrello, mise in moto ed iniziò a salire per una strada sterrata che sembrava non finire mai.

Ci ricondusse al piazzale del supermercato dove ci congedò con una poderosa stretta di mano, una pacca sulle spalle che ve la raccomando ed un saluto singolare: thanks for the business.

Da allora, ogni Natale sia il Capitano che io riceviamo gli auguri di Rodger: questo si che è senso degli affari.

17 La steelhead è una grossa trota iridea

anadroma. Come il samone nasce in fiume, scende in mare ove vive per lungo tempo, indi risale nuovamente il fiume per riprodursi.

Page 47: Coconut Airlines

46

                                         

 Dal   computo  di   quanto   concesso  agli   uomini,  gli  dei  deducono  le  ore  trascorse  a  pesca.  

proverbio  babilonese  

Page 48: Coconut Airlines

47

COCONUT AIRLINES

“In   ze   Karibbian   zere   is   a   littel   airline  called   Coconut   Airlines   and   dei   travel   from  Giamaica  zu  Miami  back  und  fort.  Ze   servis   abord   is   kaind   und   frendli   unt  

zere  is  only  ze  economic  class.  During  a  flai,  ze  kommandant  say  hello  to  

passengers   und   describes   vat   dei   sii   on   ze  rait  und  on  ze  left  of  ze  airplane.  At  a  certain  moment  ze  ferst  of  ze  two  left  engine  begins  smoking   und   bursting,   but   ze   kommandant  sais  dat  zere  is  no  rison  to  vorry.  Giust  relax  and  ingioi  ze  flai.  Ten  minuten  after  ze  two  left  engines  vere  

bursting   and   smoking   too   und   ze   aircraft  began   flaing   a   little   bit   slover   und  inclined.(crrrrash,   buuum,   feuer, fiiii,  buuuum... @#*MNLX hGN!!?) Ze   passengers   bigin   tu   bi   scared,   but   ze  

kommandant   sais   uance   eghen   dont   vorry:  evriting   is   under   kontrol,   giust   relax   and  ingioi   ze   viu   of   ze   sea   binit   them.(crrrrash,  buuum,   feuer,   fiiii, @#*MNLXhGN!!? buuuum...)  In  ze  mintaim  ze  kaptain  asks  passengers  

who  are  able  to  svim  to  seat  on  ze  right  seats  and  no  svimmers  on  ze  left  

Page 49: Coconut Airlines

48

Unfortunateli   ze   propeller   of   ze   terd  engine   stops   suddendly   followed   by   ze  fort.(crrrrash,   buuum,   feuer, fiiii, @#*MNLXhGN!!? buuuum...)    While   ze   left   engines   are   burning   ze  

airplane   is   precipitating   into   ze  sea.(crrrrash,   buuum, @#*MNLXhGN , feuer,  fiiii,  buuuum...) Ze  captain  sais  not  to  vorry  bicose  evriting  

is   ander   kontrol   und   as   soon   as   he   sais   dat  the  airplane  crashes  on  ze  sea  surface.    Ze  vater  begins  to  get  in  to  ze  aircraft  und  

ze   captain   asks   to   open   ze   doors   and   leave  svimmers   to   get   out   and   begin   svimming  und.......   ze   others   ........   thank   you   for   flaing  Coconut  Airlines!"  

Questo pressapoco il testo ed i rumori della barzelletta che un simpaticissimo professore di fisica del liceo di Roth, in Germania, amava raccontare a tavola nel suo inglese che aveva più del sassone che dell'anglo.

Klaus, questo il suo nome, condivideva con noi ed altre tre persone l'esperienza a Turneffe Flats, un atollo di non più di due ettari, posto a trenta miglia dalla costa del Belize in America Centrale.

Già perchè, stufi delle solite trote e temoli (ma quando mai?), il capitano ed io avevamo deciso di pescare a mosca in mare.

Page 50: Coconut Airlines

49

Le tecniche di pesca sono suppergiù le stesse usate in acqua dolce solo che, a parità di peso, un bonefish da quattro libbre combatte e tira come una steelhead di almeno tre volte il suo peso.

I bonefish vivono tra il reef e la laguna interna dell'atollo in branchi numerosi e si cibano di granchietti, vermi e piccoli organismi che vanno scovando a testa in giù tra le alghe del fondo sabbioso.

Sul reef si pesca camminando con l'acqua alle ginocchia e per individuare i bonefish bisogna avere la vista buona. La loro presenza viene indicata dalla coda e dalla pinna dorsale che emergono dall'acqua, appunto, mentre mangiano.

Ci si avvicina con circospezione e si lancia generalmente un paio di metri davanti al pesce o nel punto ove si suppone passerà, recuperando a scatti brevi, ma continui.

Quando il pesce abbocca, dopo esser stato vigorosamente ferrato, inizia una fuga a notevole velocità tanto che gran parte della lenza esce dal mulinello facendolo letteralmente fischiare.

E' un'emozione che difficilmente si prova in acqua dolce anche perchè, come ho detto, le trote da cinque chili e passa non sono così frequenti. Almeno io non ne ho mai incontrate.

Page 51: Coconut Airlines

50

Il recupero del pesce è davvero emozionante perchè il bonefish oppone una notevole resistenza e - come detto - nuota velocissimo.

Una volta preso in mano lo si fotografa, lo si slama con cura e lo si rilascia.

Trattenere il pesce è inutile e sciocco. A rammentarcelo, se mai ce ne fosse bisogno,

è la nostra guida, William Taku Johnson, che con la massima naturalezza e senza troppe pretese ecologiche, sottolinea il fatto che non ha alcun senso uccidere un pesce se non lo si deve mangiare e noi non ne abbiamo bisogno.

Un'ulteriore emozione pescando i bonefish, è data dalla costante presenza dei barracuda che spesso nuotano in un raggio di non più di cinque metri dal pescatore in attesa che questi catturi un pesce.

A me è capitato di rincorrere un bonefish con la canna alta sopra la testa per evitare che la lenza si tagliasse sul fondo corallino e, mentre facevo questa operazione tutt'altro che facile - perchè oltre a stare attento a dove andava il pesce dovevo a mia volta fare attenzione a dove mettevo i piedi -, il pesce all'improvviso ha invertito la direzione della propria fuga venendo verso di me.

La ragione di tale inversione consisteva nel fatto che il pesce oltre che da me era inseguito da un barracuda che nell'inseguimento era passato tra le mie gambe!!

Page 52: Coconut Airlines

51

Quando lo raccontai al Capitano non mi credette ed anzi cominciò a prendermi in giro.

Sennonché il giorno seguente, mentre lui stava rimettendo in acqua un bonefish, un barracuda che gli si era appostato dietro aveva compiuto uno scatto tentando, a fauci aperte e fortunatamente senza esito, di addentare il bonefish che era ancora in mano sua.....

Oltre ai bonefish, con la canna da mosca si

possono catturare altri pesci sul reef: tarpon, permit, triggerfish ed i barracuda stessi.

I primi in particolare sono prede molto ambite. Trattasi di pesci che in media pesano tra i quaranta ed i sessanta chili.

La loro bocca, decisamente grande, ha le labbra molto dure.

Una volta ferrati, si rivelano tenaci combattenti ed è molto difficile trattenerli perchè si divincolano e saltano fuori dall'acqua con una forza ed un'energia spettacolari.

Taku, per darci un'idea di cosa significasse allamare un tarpon, diceva che si ha come

Page 53: Coconut Airlines

52

l'impressione di aver preso il fondo: il tutto con un'attrezzatura ridicolmente leggera.

I nostri tentativi di pesca al tarpon sono rimasti infruttuosi, ma possiamo dire di averli perlomeno intravisti. E tanto è bastato perchè la domanda che entrambi ci siamo posti è stata esattamente la stessa: .... e se ne ferriamo uno cosa facciamo?

Ma torniamo al professore di fisica ed agli altri compagni d'avventura.

Come detto, oltre a noi due ed al tedesco c'erano tre americani: una coppia di sposi ed un giovanotto.

Gli sposi, originari di St.Petersburg - Florida, centoquarant'anni in due, erano alla loro seconda esperienza a Turneffe Flats ed alla loro sesta o settima in Belize.

Lui, una via di mezzo tra Gambadilegno e Joe Pesci (tale era il soprannome affibbiatogli), aveva le orecchie a sventola ed una panza enorme, fumava di continuo sigari altrettanto enormi ed era di una stupidità fenomenale.

Raccontava anche lui barzellette in continuazione, ma orrende.

Joe non pescava affatto, ma sapeva tutto sulla pesca e seguiva ovunque sua moglie che ogni sera tornava alla base con mazzi di barracuda ed altri pesci con i quali sfamava sia gli ospiti sia lo staff composto da circa quindici persone.

Page 54: Coconut Airlines

53

L'allegra vecchietta, che per inciso pescava a traina e non a mosca, era loquace tanto quanto suo marito, ma almeno non fumava il sigaro e soprattutto parlava di pesca in maniera competente.

L'altro americano era, come detto, un giovanotto della Georgia che sbarcava il lunario facendo il detective privato.

Era abbastanza riservato e faceva obbligatoriamente coppia col tedesco sia a pesca, sia al lodge.

Quanto a Klaus - il tedesco -, era un tipo di aspetto buffo. Sulla cinquantina, aveva i capelli biondi corti ed un paio di occhialetti tondi e spessi che incorniciavano due occhi allegri e un pò spiritati.

Stava trascorrendo la seconda settimana a Turneffe Flats; durante la prima c'era anche la moglie che a metà soggiorno evidentemente aveva preferito tornare a casa.

Sapeva tutto sulla pesca a mosca ed era perfettamente attrezzato.

Venimmo a sapere che era stato a pescare nei posti più remoti, affascinanti ed esotici per un pescatore a mosca: Alaska, Nuova Zelanda, Patagonia ed ovviamente tutti i più bei fiumi d'Europa.

A ciò bisognava aggiungere che nei posti in questione ci andava assieme a pescatori di fama internazionale.

Page 55: Coconut Airlines

54

Dove trovasse il tempo, ma soprattutto i mezzi per le sue avventure, rimase un mistero del quale non ci demmo poi tanta pena.

Il solo fatto di sentirlo parlare o di raccontare una delle sue numerose barzellette, costituiva per noi motivo di buon umore al punto che Coconut Airlines gliela feci raccontare almeno tre volte ridendo sino alle lacrime ogni volta.

Il Capitano viceversa, dopo la prima volta se ne andò a letto.

La nostra giornata a Turneffe Flats iniziava verso le cinque e mezzo, più o meno in coincidenza con il sorgere del sole.

Si faceva colazione e poi verso le sette si andava a pesca con la barca guidata dal fido Taku.

Verso mezzogiorno si mangiava, ma soprattutto si beveva una freschissima birretta di marca locale: la Belikin.

Alla base il denaro non serviva. I conti si facevano alla fine del nostro soggiorno.

L'usanza era quella di marcare giornalmente su di un foglio le birre consumate contrassegnando ogni bottiglia con una barretta e smarcando per comodità il gruppo di cinque barrette. Tipo i carcerati che smarcano sul muro della cella i giorni di prigione scontati.

Io ed il Capitano avevamo il conto insieme e la sera della partenza scoprimmo di avere smarcato circa una ventina di gruppi di

Page 56: Coconut Airlines

55

barrette. Una Belikin costava un dollaro, quindi fate un pò i conti.

Il pranzo veniva consumato velocemente e dopo esserci riposati all'ombra di qualche palma si tornava a pesca.

Grazie ad una costante ventilazione, il clima, pur tropicale, era gradevole. In sei giorni, salvo una spruzzatina durata dieci minuti, il sole ci ha sempre accompagnati. Proprio il sole tropicale rende fantastico il paesaggio esaltando i colori dell'acqua, del cielo, dei pesci e di tutto ciò che forma l'atollo.

Abbiamo visto enormi razze saltare fuori dell'acqua a poche decine di metri da noi, nuotato con una certa preoccupazione assieme ai barracuda che - a detta di Taku - non attaccano l'uomo, visto sempre sott'acqua un'infinità di pesci grandi e piccoli con colori e forme impensabili, mangiato noci di cocco raccolte da terra proprio sotto la palma dalla quale erano cadute, familiarizzato con il fratello di Taku e la sua famiglia che vivono in sette o otto in una capanna posta sull'isola più estrema dell'atollo pescando aragoste di frodo poi scambiate con mezza tanica di benzina e alcune bottigliette di Coca Cola e birra.

A Turneffe Flats succede anche che durante la notte uno dei cinque cagnolini della base scompaia.

Page 57: Coconut Airlines

56

Pare che se lo siano mangiato i coccodrilli, apparizione normale da queste parti, al punto che tutte le costruzioni del campo sono sopraelevate di almeno un metro e mezzo dal suolo. Cosa peraltro che non impedisce alle cucarachas (scarafaggi) di entrare negli alloggi ed infilarsi ovunque, ma proprio ovunque, creando uno sgradevole senso di disagio quando si va a letto o in bagno.

Se infine cala il vento, oltre a crearsi un immediato aumento della temperatura, i tafani e delle piccole zanzare di color nero, che se ne fottono altamente dell'Autan o degli zampironi, si avventano preferibilmente sulle gambe e sulle braccia. Io per tre notti non ho chiuso occhio per il prurito.

Lasciando l'atollo, avevamo negli occhi i lanci di Taku che sembrava non aver fatto nient'altro nella sua vita tale era la naturalezza e l'eleganza dei suoi gesti - durante la cattiva stagione faceva il pugile - ed in bocca il sapore della hot sauce locale: una cosa allucinante tanto era piccante. Veniva messa ovunque e se si sbagliava a dosarla le labbra rimanevano come anestetizzate per ore.

In barca quel furbastro di Taku aveva svitato completamente il dosatore della salsa e io, mentre assaggiavo una polpetta di pesce e patate, senza accorgermene avevo versato una dose esagerata.

Page 58: Coconut Airlines

57

Feci un boccone solo della polpetta e nonostante avessi sputato tempestivamente il tutto rimasi per una buona mezz’ora con un diffuso senso di malessere.

Page 59: Coconut Airlines

58

                                                 Game   fish   are   too   valuable   to   be   caught  

only  once.  The   fish  you  release   is   your  gift   to  another   angler   and,   remember,   it   may   have  been  someone’s  similar  gift  to  you..  

        Lee  Wulff,  1905  -­‐  1991

Page 60: Coconut Airlines

59

Orsi, scorpioni, serpenti a sonagli, querce velenose, Macchio Macchio

ed altre storie. Dopo aver obbligato mia moglie a trascorrere

il viaggio di nozze passando da un fiume all’altro dell’Oregon e della California, la scorsa estate dovendo organizzare le nostre vacanze, promisi che semmai fossi andato a pesca, l’avrei fatto senza trascinarla con me e comunque per non più di cinque giorni.

Decidemmo dunque - sarebbe più onesto dire decisi - di andare negli States.

Organizzai un programma piuttosto intenso tra New York, San Francisco, Steamboat, Nashville e New York di nuovo.

Una dozzina di voli in tutto distribuiti nell’arco di venti giorni, trasvolate oceaniche incluse.

Dimenticavo di dire che al seguito avevamo nostra figlia Vittoria di ventidue mesi, che con la massima disinvoltura saliva e scendeva da un aereo all’altro come non avesse fatto null’altro in vita sua.

Dopo un breve soggiorno a New York, arrivammo a San Francisco dove venimmo ospitati nella nuova casa che il Capitano e sua moglie Francesca nel frattempo avevano comperato.

Page 61: Coconut Airlines

60

Più esattamente la bella casa del Capitano è a Mill Valley, dall’altra parte della baia, dove hanno ambientato ”Basic Instinct” per capirci.

A parte la nebbia che ogni tanto invade improvvisamente la baia giungendo dall’oceano, il clima di San Francisco è ottimale. E’ un posto dove il cappotto è un capo che non fa parte di alcun guardaroba.

Il programma che il Capitano aveva preparato prevedeva inizialmente un week-end assieme alle nostre donne da trascorrere in un paesino perso da Dio e dagli uomini nella California settentrionale: Downieville.

Un tempo sede di compagnie minerarie, è tutt’oggi meta di cercatori d’oro che setacciano il fiume lungo tutto il suo corso con costosi ed imponenti macchinari.

A parte la tipicità del paesino che conta ad occhio e croce non più di duecento anime, credo che di Downieville ricorderò per sempre un fenomenale paio di tette appartenenti ad una signorina piuttosto avvenente che si accompa-gnava ad un muscolosissimo motociclista: un Hell Angel dall’aria cattivissima. Entrambi erano regolarmente vestiti con giacche e pantaloni di cuoio nero e borchie.

Mentre stavamo mangiando apparve questa singolare coppia.

Page 62: Coconut Airlines

61

Giuro che a dispetto dell’aria truce e poco rassicurante del suo amico e lo sguardo tutt’altro che di approvazione delle nostre spose, per tutto il pasto non siamo riusciti a guardare altrove se non nella scollatura della bionda: due poponi da non credere.

La domenica pomeriggio ci congedammo dalle nostre mogli che tornarono a San Francisco

con la seconda macchina, mentre noi proseguimmo a nord in cerca di acque e pesci attorno allo Shasta mount, un isolato vulcano spento di 14.000 e passa piedi la cui cima è ammantata da nevi perenni e che con la sua imponenza domina il paesaggio per diverse decine di miglia.

Arrivammo in zona pesca dopo aver attraversato uno spettacolare parco nazionale: il Lassen, dove si alternavano crepacci dai quali salivano fumi di zolfo e materia incandescente a cielo aperto a laghetti ghiacciati. Ed eravamo agli inizi di agosto!

Page 63: Coconut Airlines

62

In cinque giorni pescammo in almeno tre Blue Ribbon Trout Streams18 della California ed in altrettanti dell’Oregon.

Uno di questi in particolare indicato tra i ten hot spot degli U.S.A.: lo Hat creek, popolato da trote iridee gigantesche e selettive come mai ho visto in vita mia.

Alla Power House, credo il tratto più celebre del fiume, una mattina abbiamo visto l’acqua bollire letteralmente tante erano le bollate. Cosa mangiassero solo Dio e le trote sapevano.

Non c’era verso di venire a capo di cosa ci fosse in acqua o nell’aria.

Nel pomeriggio, in un negozietto di Burney un tizio ci parlò della schiusa19 del mattino.

Descrisse con particolari assolutamente esatti ciò che era accaduto nelle tre ore in cui eravamo rimasti a lanciare inutilmente le nostre mosche e

18 Blue Ribbon .... - Letteralmente nastro blu. E’

la decorazione dell’Ordine della Giarrettiera. La classificazione riguarda il tipo di fiume dal

punto di vista della pesca. I fiumi insigniti del Blue Ribbon sono da annoverarsi tra i migliori e più belli.

19 Schiusa - Fenomeno naturale per cui alcuni insetti (effimere, tricotteri e plecotteri) dallo stato larvale si trasformano in adulti perfetti od immagini salendo dal fondo del fiume alla superficie. Qui avviene la trasformazione e di qui l’insetto inizia a volare.

Page 64: Coconut Airlines

63

ci mostrò quale mosca avremmo dovuto invece usare.

Una imitazione di chironomide montata su di un amo del 20 cioè a dire un amo lungo 5 - dico 5 - millimetri.

Ne comprammo una decina a testa spendendo una fortuna e l’indomani mattina ritentammo la sorte.

Puntuali come un orologio svizzero, alle sette e mezzo le trote iniziarono a bollare dapprima sommessamente, poi - come del resto ci era noto - con maggior frequenza.

Quasi ad ogni passata ne catturavamo una. Il bello era che contrariamente a quanto

eravamo abituati, le bollate sia che si trattasse di trotelle o di bestie ben più grosse, erano tutte uguali: velocissime ed impercettibili. Uno schizzo.

Siccome avevamo il sole negli occhi, non vedevamo cosa ci fosse sotto la superficie ed ogni volta era una sorpresa.

Le micro mosche erano micidiali. L’unico problema serio era rappresentato

dalle grosse trote che con ami così piccoli rompevano il finale o si slamavano con facilità. Ma la cosa aveva ben poca importanza.

Alle dieci e mezzo il fiume all’improvviso si ammutolì.

Page 65: Coconut Airlines

64

Tutto previsto: era finita la schiusa e sino all’indomani mattina non si sarebbe vista pinna, almeno in quel periodo.

Dopo l’Hat creek visitammo il Fall river, un fiume con acqua classificabile come gin-clear.

Il Fall scorre lentamente e con larghe anse tra ranch privati.

Tutte le proprietà sono limitate da steccati e sono off-limits per cui l’accesso al fiume è consentito solo in due o tre punti.

Uno di questi era il prato antistante il Rick’s Lodge dove alloggiavamo.

Ci venne data una barchetta con motorino elettrico e di buon mattino iniziammo a scendere con la corrente.

Il fiume era muto sinché verso le dieci iniziammo a vedere prima una timida bollata, poi un’altra e via via altre ancora. Sembrava piovesse.

Non sto ad annoiarvi e dico subito che rimediammo un altro cappotto.

Stavolta però le trote si vedevano e ahimè vedevamo anche il loro atteggiamento strafottente nei confronti delle nostre mosche e dei nostri finali peraltro molto, troppo sottili.

Più sotto dello zerodieci non si poteva umanamente pescare.

Se anche ne avessimo ferrata una, la rottura era garantita.

Page 66: Coconut Airlines

65

Nel pomeriggio quindi decidemmo di andare a pescare sul McCloud river.

Da annotare che nei tre giorni in cui abbiamo pescato nella regione dello Shasta abbiamo incrociato decine di camion che si portavano appresso un rimorchio con sopra tronchi d’albero.

Andavano e venivano, ma dove e da dove chi poteva dire: tronchi che vanno e tronchi che vengono tutto il giorno. Un mistero.

A dire il

vero, pur incuriosito

dalla fama di questo fiume, non ero così ansioso di andarci.

Il motivo era semplice. Ma procediamo con ordine e capirete perchè.

Per raggiungere il McCloud si percorre una strada sterrata tortuosa ed infinita.

Mentre il Capitano guidava pensavo alla eventualità di un banale incidente meccanico ed al tempo che il carro attrezzi avrebbe impiegato per trovarci.

Dopo circa un ora di guida la strada finisce, si lascia la macchina e si inizia a camminare per una buona mezz’ora lungo un sentiero che costeggia il fiume.

Si arriva quindi al lodge del ranger che vive gran parte dell’anno isolato con il compito di

Page 67: Coconut Airlines

66

vigilare miglia e miglia quadrate di territorio. Niente telefono, né televisione. Solo la radio ricetrasmittente.

Alla casetta del ranger si sa se si può pescare o meno.

Sono infatti disponibili dieci permessi per i quali, tra l’altro, non si paga nulla.

I permessi sono fatti a forma di badge. Ogni pescatore ne prende uno e se lo deve appendere bene in vista sul gilet in modo che il ranger col binocolo possa identificarlo durante i suoi giri di ispezione.

Chi primo arriva meglio alloggia. Nel senso che l’undicesimo pescatore, dopo aver fatto tutta la strada, corre il rischio di rimanere a bocca asciutta.

Noi prendemmo il nono ed il decimo. Questa storia dei badge già la conoscevo

perché Francesca me l’aveva raccontata. Lei sul McCloud c’era già stata ed aveva

avuto un’esperienza tutt’altro che simpatica. Accanto al lodge del ranger c’è una gabbia di

ferro dove normalmente vive un serpente a sonagli.

A Francesca, come a me del resto, il solo pensiero di un serpente fa venire i capelli dritti: figurarsi vederlo.

Mentre la povera donna stava pensando al rattle snake, un bocia era salito sul tetto della

Page 68: Coconut Airlines

67

casa e di lì faceva scivolare giù per la falda delle serpi così per scherzo.

Una cadde vicino alla moglie del Capitano che manca poco faccia un colpo anche se si trattava di un’innocua biscia.

Con queste premesse io mi apprestavo a pescare sul McCloud.

Fortunatamente nella famosa gabbia il serpente a sonagli non c’era, però, appena inforcato il sentiero per giungere al fiume un cartello bene in vista ammoniva: “Bears, scorpions, rattle snakes and poison oak belong to the nature: respect them!”20

Semo a posto. Se io vedo un serpente, anche di lontano,

cambio strada; sono capace anche di fare un giro enorme pur di evitare di incontrarlo.

Lungo il McCloud, non solo c’era questa eventualità, ma pare vi fossero anche scorpioni, orsi ed una pianta, la quercia velenosa appunto, che se toccata provoca delle ustioni sulla pelle.

Si può ben comprendere che il mio stato d’animo era tutt’altro che sereno.

Comunque iniziammo a pescare. Io cercavo di stare il meno possibile sul

sentiero, preferendo camminare in acqua.

20 “Orsi, scorpioni, serpenti a sonagli e querce

velenose appartengono alla natura, rispettali!” (t.d.a.)

Page 69: Coconut Airlines

68

Mentre pescavo cercavo di figurarmi mentalmente cosa avrei fatto se ad esempio avessi incontrato un orso.

Il fiume era abbastanza stretto e gli orsi, si sa, sono agili nuotatori; raggiungermi sarebbe quindi stato un gioco da ragazzi (sic!).

Pregai affinché l’incontro non avvenisse. E così fu.

Ho letto in seguito che le trote del McCloud costituiscono un ceppo genetico unico al mondo.

Dal McCloud provengono gran parte delle trote iridee che popolano i fiumi dell’America nord occidentale e sempre da questo fiume, in tempi recenti, sono stati prelevati avannotti per popolare anche fiumi europei.

First class fishing quindi, però non catturammo che trote molto piccole e come noi anche gli altri otto pescatori. Non era ahimè la stagione migliore.

(Per pura combinazione ho appena terminato di parlare con il Capitano che lo scorso week-end - siamo a fine settembre - è stato proprio sul McCloud ed ha catturato delle gagliarde rainbows a mosca secca - proprio così ha detto!).

Però a parte le fobie per gli animali selvaggi, ne valse la pena: lo scenario era davvero wild.

Il giorno seguente ci dirigemmo a nord, verso l’Oregon.

Aggirammo lo Shasta mount ed attraver-sammo una zona che secoli addietro era stata

Page 70: Coconut Airlines

69

percorsa dai trail blazers, ovvero i pionieri che dall’Est si spostavano all’Ovest alla ricerca dell’oro e di migliori fortune.

Traversammo il confine tra la California e l’Oregon e la cosa singolare è che nonostante siano due stati facenti parte della stessa nazione, con la stessa lingua, la stessa moneta, un poliziotto ci fermò chiedendo se a bordo vi erano frutti, semi piante o animali.

E’ una forma di controllo tutt’oggi in vigore tra Stato e Stato che però credo sia eccessiva.

Verso sera giungemmo a destinazione a Chiloquin sul Williamson river.

Come sempre facciamo, accostammo la macchina e ci recammo a dare un’occhiata al fiume. Bollavano come dannate ed anche piuttosto rumorosamente.

Via di corsa a prendere le licenze ad un distributore di benzina ed eccoci sul fiume cosparsi di insect repellent perché c’erano delle zanzare grosse come api.

Venne buio quasi subito, per cui smettemmo di pescare.

L’indomani alle quattro del mattino avevamo appuntamento con una guida che ci avrebbe portato a pesca prima in un lago e poi sul Williamson.

Avevamo chiesto di essere svegliati per tempo, ma già dalla sera prima avevamo capito che il room-service era piuttosto approssimativo.

Page 71: Coconut Airlines

70

Ci svegliammo alle cinque e Bob, la nostra guida, si era nel frattempo addormentato in macchina aspettandoci.

Sulle prime Bob ci parve un tipo simpatico, ma forse eravamo ancora addormentati.

Con il passare del tempo ci rendemmo conto che era devastante.

Non stava zitto per più di dieci secondi - cronometrato dal sottoscritto - e per lo più raccontava di uscite a pesca con altri clienti e delle relative catture. Il tutto con grande enfasi e dovizia di particolari.

Un po' perché credeva che io non parlassi inglese, un po' perché quello che raccontava non mi interessava affatto, ascoltavo si e no un quarto di quello che diceva.

Il Capitano che gli stava accanto - eravamo in barca - era invece costretto a prestargli attenzione.

Alle dieci del mattino pregavamo inten-samente il Signore che lo facesse star zitto.

Ciàcola21, così lo avevamo soprannominato ad un certo punto, doveva aver capito che non lo seguivamo più e per riprendere il controllo della situazione iniziò a raccontarci improbabili storielle piccanti su sue clienti. Per giunta erano diverse ore che pescavamo e non avevamo preso nulla.

21 Ciàcola - in veneziano chiacchiera.

Page 72: Coconut Airlines

71

Il Capitano però verso mezzogiorno ferrò una grossa iridea, cosa che ridette tono a Bob che ricominciò a parlare a raffica.

All’una, tutti d’accordo e dopo avergli versato metà del compenso pattuito, ci congedammo dalla guida con mezza giornata d’anticipo. Non se ne poteva più ed inventammo una scusa qualsiasi per scaricarlo.

Avremmo ritrovato Bob di lì a tre giorni in riva ad un altro fiume, sempre il mattino presto, ma stavolta a caccia di steelhead.

Il pomeriggio pescammo per i fatti nostri con alterne fortune sul Williamson e verso sera ci spostammo a Medford.

L’indomani, all’aeroporto, avremmo raccolto le nostre spose e mia figlia provenienti da San Francisco.

Dovevamo recarci tutti assieme a Steamboat per assistere al matrimonio di una coppia di amici del Capitano e di Francesca che avevamo conosciuto quattro anni prima a Bend, sempre in Oregon.

Essendo lo sposo un accanito pescatore, la scelta di Steamboat non poteva essere più azzeccata.

Steamboat infatti è una località - non si può neppure definire un paese - nota in tutto il mondo per la pesca della steelhead.

Il fiume in questione è lo Umpqua river.

Page 73: Coconut Airlines

72

Chi vuole soggiornare da quelle parti non ha altre alternative che lo Steamboat Inn, una locanda sul fiume di standard eccellente sia per il vitto che per l’alloggio.

Posso garantire che è stata una piacevolissima sorpresa del tutto inconsueta per noi, almeno in relazione ai posti che il Capitano ed io quando siamo a pesca siamo soliti frequentare.

Lo Steamboat Inn è costituito da un fabbricato centrale dove si mangia e si soggiorna, mentre nel bosco tutto attorno esistono delle cabin, ossia delle casette in legno, molto graziose ed elegantemente arredate che possono ospitare sino a quattro persone.

Al matrimonio erano state invitate - noi compresi - non più di trenta persone e ad ogni nucleo familiare era stata assegnata una cabin.

Il matrimonio fu celebrato all’aperto in forma estremamente semplice ed informale e dopo la cerimonia scorsero fiumi di vino.

A pranzo venne servito del salmone marinato eccellente e la sera della carne cotta sulla griglia dopo essere stata preventivamente marinata in una mistura di ingredienti tra cui la Seven-Up.

Provare per credere. Alla fine di questo racconto riporterò la ricetta sia del pesce che della carne.

John e Kathy, questo il nome degli sposi, avevano fatto imbottigliare ben quattro tipi

Page 74: Coconut Airlines

73

diversi di vino della Napa Valley, tra cui uno strepitoso vino bianco frizzante, e fatto stampare appositamente una etichetta celebra- tiva diversa per ogni tipo di vino.

Ma torniamo alla pesca. Questo tratto dell’Umpqua river, dicevo, è

noto per le steelhead. Io ne ho viste tre da un ponte: sembravano

dei bambini tanto erano grandi. Pare che le ore migliori per insidiare queste

grosse trote siano il mattino presto e la sera al tramonto.

Alle quattro e mezzo trovammo Bob, proprio lui, Ciàcola, ad attenderci vicino alla sua jeep.

Era buio pesto e scendemmo per un sentiero che portava al fiume senza vedere un accidente di niente. Fortunatamente Bob faceva strada e così seguendo la sua voce, arrivammo sul greto.

Bob decise che io dovevo stare seduto su di un sasso in mezzo al fiume in attesa che facesse giorno.

Istruito su che tecnica dovevo usare e quale mosca impiegare, venni lasciato da solo mentre Macchio22 e Ciàcola scendevano più a valle.

22 Macchio - E’ questo il nome usato da mia figlia

per chiamare il Capitano perché non riusciva a pronunciare correttamente la parola Massimo. Macchio dunque - assieme a Bido (che sta per Guido) - erano i nostri nomi di battaglia.

Page 75: Coconut Airlines

74

A poco a poco, mentre la luce del giorno aumentava, scopersi con sorpresa che c’erano almeno altri cinque pescatori che attendevano su altrettanti sassi di poter iniziare a pescare.

Si cominciò, ma di steelhead neppure l’ombra.

Nei tre giorni in cui sono rimasto a Steamboat ne venne catturata una sola e per giunta da un ragazzino di dodici anni.

Verso le otto del mattino, mentre guadavo un tratto di fiume, si ruppero gli stivali per cui tornai a letto.

Il Capitano invece, resistette al fianco di Bob che per tutto il soggiorno a Steamboat aveva l’incarico di guidare gli ospiti di John e Kathy sia sull’Umpqua sia nei fiumi circostanti.

La sera precedente avevamo raccontato della nostra avventura con Bob sul Williamson, ma nessuno ci aveva dato credito. Fisime da italiani avranno pensato.

Partendo da Steamboat i figli di John ci confessarono che anche loro erano scappati durante un’uscita a pesca con Bob lasciandolo solo in riva al lago da dove salpava trote a ripetizione. «You cant’ believe it. He talks, talks and keeps talking all the time!!!!» - dissero.

Mesi fa abbiamo acquistato un gatto persiano di

color nero e lo abbiamo chiamato ........ Macchio Macchio.

Page 76: Coconut Airlines

75

«We know, we know ............» rispondemmo noi annuendo col capo.

Page 77: Coconut Airlines

76

Page 78: Coconut Airlines

77

Filetti di salmone alla griglia Nel corso degli anni abbiamo servito ai nostri

ospiti il salmone in molti modi. Riteniamo che marinarlo e cuocerlo alla

griglia sia il modo migliore per mantenere il suo fresco sapore.

La marinata e la tecnica di cottura sul barbecue che abbiamo adottato è da considerarsi “never-fail” - nel senso che se si seguono alla lettera le istruzioni non è possibile sbagliare.

La carne del pesce rimane morbida ed il fresco sapore del salmone non viene sovrastato dalla pur ricca salsa.

• un salmone fresco intero da 2 a 7 kg (*) • 1/4 di tazza olio vegetale • 2 cucchiaini di succo di limone • 3 cucchiai di salsa di soia • 1 grosso spicchio d’aglio tritato • ½ cucchiaino di timo secco

(*) calcolare circa 500 gr. a testa Il salmone deve essere sfilettato e messo in

una pirex. Preparare la marinata mescolando l’olio, il

succo di limone, la salsa di soia, l’aglio ed il timo e versarla sopra i filetti.

Page 79: Coconut Airlines

78

Lasciare il pesce a marinare per circa un’ora girando i filetti di tanto in tanto.

Coprire la griglia del barbecue con del foglio di alluminio.

Mantenendo a parte la marinata togliere i filetti dalla pirex e metterli sul foglio di alluminio. Il lato con la pelle deve poggiare sul foglio.

Versando la marinata residua, grigliare il pesce per circa 20 - 25 minuti a fuoco medio e comunque sino a quando la polpa si può staccare agevolmente con la forchetta.

Non girare mai il pesce. Quando i filetti sono cotti, dovreste riuscire a

trasferirli sul piatto di portata lasciando la pelle del pesce sul foglio di alluminio.

Page 80: Coconut Airlines

79

Barbecued beef tenderloin(*) Una tradizione che continua alla Locanda.

Questa ricetta riguarda, fuor di dubbio, il piatto richiesto più spesso.

• una lombata di manzo da 1,5 - 2 kg • 2 tazze di Seven Up • 10 cucchiai Worcestershire sauce • 6 cucchiai si salsa di soia • 1 grosso spicchio d’aglio tritato • 1 cucchiaino di ginger fresco tritato • sale e pepe

(*) particolare taglio della carne Porre la lombata in una terrina. Preparare la marinata mescolando la 7 UP, la

salsa di soia, la Worcestershire sauce, l’aglio ed il ginger e versarla sulla carne lasciando marinare per 2 - 3 ore.

Preparare il barbecue. Tenendo a parte la marinata porre la carne sul grill avendo cura di asciugarla da tutti i lati. Aggiungere poco sale e pepe.

Page 81: Coconut Airlines

80

Cuocere per circa 20 minuti per ottenere una cottura “al sangue”, girare di frequente la carne versando la marinata residua.23

23 Entrambe le ricette sono tratte da “Thyme and the River - Recipes from Oregon’s Steamboat Inn” di Sharon Van Loan e Patricia Lee - @ Edizioni Graphics Art Center Publishing Company Portland, Oregon 1988

Page 82: Coconut Airlines

81

               As   far   down   the   long   stretch   as   he   could  

see,   the   trout   were   rising   making   circles   all  down   the   surface   of   the   water   as   though   it  were  starting  to  rain.  

 Ernest  Hemingway  1899,  1961  -­‐  Big  Two-­‐Hearted  river  

Page 83: Coconut Airlines

82

¡ BOTELA EN EL PIPOTE ! Disculpe Señor, el señor Juris no està aquì.

Tenemos su voucher pero nadie se presentò. Si quiere, usted tiene reservada la habitaciòn dos dos cuatro» - mi disse il portiere dell'hotel Melia Caribe di Macuto.

Beh, se il buon giorno si vede dal mattino - ed erano appena le quattro e tre quarti - il mio arrivo in Venezuela non lasciava prevedere nulla di buono.

El señor Juris non era in albergo e tra poco più di due ore sarei dovuto tornare in aeroporto per imbarcarmi nuovamente (sic!) su di un aeroplano per Los Roques.

E pensare che l'appuntamento era fissato da due settimane!

Mi pareva un po' strano, ma comunque se Massimo non risultava aver messo piede in albergo c'era poco da dire; dopo appena dodici ore di volo, non mi restava che salire in stanza, farmi una doccia, radermi e magari schiacciare un pisolo dopo essere appena arrivato da Venezia, via Parigi.

Mentre compivo la seconda delle operazioni prefissemi, squilla il telefono ed il portiere in modo concitato mi dice che el señor Juris, contrariamente a quanto detto in precedenza, era in albergo e che insomma dovevo scendere

Page 84: Coconut Airlines

83

immediatamente che aveva un messaggio del suddetto señor Juris.

Detto fatto mi asciugo, mi rivesto e scendo con armi e bagagli nella hall dove il portiere si affanna a dirmi che el señor Juris era in albergo e che era stato registrato come señor Massimo e che due minuti prima era lì, ma che poi se ne era andato e che lui si scusava tanto, ma l'aveva perso di vista .......

Insomma eravamo stati lì lì per incontrarci, ma il destino aveva voluto che non ci si vedesse ancora.

A quel punto, data l'ora, non avevo nessuna voglia di tornare in stanza e mi misi quindi a sedere nella hall in attesa che si facessero le sette per tornare in aeroporto.

Mentre sono lì che abbozzo un pisolo, appare il Capitano visibilmente sorpreso di vedermi lì.

A me il portiere aveva comunicato della sua esistenza in albergo, a lui della mia no.

In seguito avremo modo ai apprezzare ulteriormente l'efficienza dei servizi del Melia Caribe, ma procediamo con ordine.

Chiarito il disguido e scoperto che - ovviamente a nostra insaputa - ci avevano assegnato due stanze attigue e comunicanti, ciacoliamo del più e del meno sorseggiando caffè che veniva servito a volontà nella ormai famosa hall.

Page 85: Coconut Airlines

84

Alle sette, l'incaricato dell'agenzia - el señor Enrique - ci venne a prendere per portarci all'aeroporto.

Di qui un piccolo bimotore Dornier si levò in volo e dopo circa quaranta minuti di crociera atterrò sulla ventosissima pista dell'isola El Gran Roque.

L'arcipelago di Los Roques è a circa 140 chilometri a nord di La Guaira sulla costa venezuelana caraibica.

E' vastissimo ed è formato da numerose isolette più o meno affioranti che formano una sorta di immensa laguna di circa 600 chilometri quadrati protetta dal reef.

Il paesaggio, in tutto e per tutto simile a Turneffe Flats, è anche qui una commistione di acqua e cielo i cui colori assumono variazioni e tonalità di che cambiano di continuo: verde, celeste, azzurro e turchese.

Ogni tanto spunta qua e là un'isoletta interamente coperta da un intrico di mangrovie, unica pianta capace di vivere e prosperare in simile ambiente ed unico riparo offerto a uomini ed animali dal vento e dal sole.

Durante il volo il Capitano non aveva spiaccicato parola in quanto non ama affatto volare. In particolare sugli aerei piccoli.

Sempre durante il suddetto volo superammo un idrovolante Catalina che andava visibilmente più piano.

Page 86: Coconut Airlines

85

Del Catalina parleremo in seguito a proposito dell'indole degli abitanti di Los Roques.

Diversi giorni dopo, ebbi modo di parlare con un tedesco che viveva in Venezuela da circa vent'anni il quale mi riferì che sulla rotta Caracas - Los Roques almeno un paio di volte all'anno succedevano incidenti, spesso con conseguenze drammatiche per i passeggeri.

Ciò era dovuto al fatto che la manutenzione degli apparecchi lasciava a desiderare in quanto troppo onerosa per le piccole compagnie aeree che avevano in concessione la rotta.

Il sottoscritto - ed anche il Capitano - come voi stessi potete constatare leggendo queste righe è riuscito ad andare e a tornare senza problemi.

Come ama dire il Capitano, l’aeroporto di Los Roques era assai basic nel senso che, oltre alla pista - peraltro asfaltata -, le uniche dotazioni erano due transenne di corda poste tra una guardiola senza finestre di due metri per due ed il bagnasciuga.

Una guardia di non si sa bene che corpo, controllò sommariamente i nostri passaporti e la ricevuta di pagamento dell'ingresso al parco nazionale e quindi ci concesse di varcare la transenna al di là della quale due tizi ci aspettavano.

Non potevano sbagliarsi: dei dieci passeggeri sbarcati eravamo gli unici due con le canne da pesca!!

Page 87: Coconut Airlines

86

Al lodge depositammo le nostre sacche e cominciammo a tirar fuori la nostra attrezzatura.

La nostra guida, Josè Antonio, per gli amici Josè, come tutte le guide di questo mondo si premurò immediatamente di controllare le nostre canne, i mulinelli, i finali e la scatola delle mosche.

Di guide ormai ne abbiamo conosciute tante il Capitano ed io e non è mai successo, proprio mai, che aperta la scatola delle mosche la guida abbia avuto la benché minima espressione di approvazione, anzi.

Di solito, quando si va a pescare in posti lontani e dove certamente non esiste alcun negozio ove rifornirsi, avute le informazioni di chi vi è già stato o dalle riviste specializzate, si parte con un discreto numero di mosche di vari tipi e misure.

Stavolta le nostre mosche erano troppo grandi, troppo bianche, troppo rosse, poco piombate, con troppo poco flash o con eccessive piume.......... Insomma quattro scatole di mosche, che rappresentavano due mesi di paziente lavoro del sottoscritto, erano da buttare.

La guida deve dire la sua, sempre e comunque, altrimenti che guida è.

Page 88: Coconut Airlines

87

Per la cronaca e senza volermene fare un

vanto, un modello delle mie schifosissime mosche - tra l'altro costruito senza particolari finalità - durante i sei giorni di permanenza a Los Roques fece più vittime di tutti gli altri: piaceva a grandi e piccini, ai bonefish, ai tarpon ed anche ad un grosso snook. Questa mosca venne infatti battezzata E.G.R. - El Gran Roque.

Josè, come ho detto, non fece eccezione e dunque, ci apprestammo ad iniziare il nostro soggiorno in Venezuela un pò sconsolati ed indispettiti.

Io in particolare perchè ero l'addetto all’approvvigionamento delle mosche.

Dopo un paio di ore, la sconsolatezza lasciò il posto ad un espressione ben diversa perchè le catture cominciavano a farsi numerose ed in mezza giornata pescammo più bonefish ciascuno, che in sei giorni in Belize assieme.

Sarà stato che avevamo più esperienza, sarà stato anche che eravamo meglio attrezzati, ma anche che i pesci del Venezuela erano certamente più propensi ad abboccare dei loro cugini del Belize, sta di fatto che anche nei giorni

Page 89: Coconut Airlines

88

a seguire, le catture furono numerose e soprattutto consistenti.

In almeno un paio di occasioni infatti, sia io che il Capitano, catturammo dei bonefish il cui peso poteva essere stimato tra le 9 e le 11 libbre ovvero tra i 4,5 ed i 5,5 kg. Pesci di tutto rispetto se solo si consideri che il record è di 13 libbre.

In seguito ho avuto conferma da pescatori con maggiore esperienza di me, che i bonefish di Turneffe Flats sono in assoluto i più sospettosi e timorosi di quelli di qualunque altro posto al mondo dunque i più difficili da catturare.

E pensare che noi due abbiamo iniziato a pescare in mare proprio lì !!

Tutto sommato bisogna dire che anche la nostra sistemazione a terra era abbastanza basic.

Ogni tanto qualche cucaracha formato XXL veniva a trovarci in camera da letto procurandoci così un supplemento di avventura.

Di solito facevano capolino dal soffitto e per catturarle usavamo i tubi di alluminio che servono a custodire le canne.

Si tentava di bloccarle contro il soffitto e poi di farle cadere nel tubo; di qui avremmo dovuto scaricarle nel cesso.

Il problema, però, era quello di centrarle. Non ci siamo mai riusciti e come risultato ottenevamo che le bestioline (si fa per dire!) andassero a nascondersi tra i vestiti riposti in

Page 90: Coconut Airlines

89

quello che con un eufemismo potremmo chiamare l’armadio.

Preferibilmente si nascondevano tra i vestiti del Capitano.

Altra nota caratteristica di Los Roques è il

trattamento dei rifiuti e delle lattine in particolare.

Immagino esista una norma in Venezuela, come in molti altri paesi del resto, che impone ai fabbricanti di bibite di apporre sulle lattine o sulle bottiglie, una scritta tipo “non disperdere nell’ambiente”. Ebbene tale scritta è ¡botela en el pipote!, - letteralmente “buttala nel cestino” - frase divenuta il nostro grido di battaglia a Los Roques.

I pipotes ci sono, ma non vengono mai svuotati, ragion per cui si creano delle montagnole di lattine che nessuno provvede ad eliminare.

Page 91: Coconut Airlines

90

Fin qui nulla di straordinario, perchè ho visto cose analoghe anche nella civile Europa. Il brutto era che la montagnola di lattine l’avevamo in barca.

Ogni giorno a bordo si consumava una media di quindici, venti lattine tra birra, Coca Cola, ed acqua minerale.

Una volta bevuto il contenuto, la lattina veniva gettata a poppa nel pozzetto della barca e lì rimaneva assieme alle posate di plastica che usavamo ad ogni pasto, alla pellicola trasparente usata per avvolgere i cibi, ai pacchetti di sigarette vuoti ........

Dopo sei giorni ci portavamo appresso un discreto carico di scoasse.

Aggiungo che davanti alla spiaggia dove erano ormeggiate le barche da pesca, stazionavano giorno e notte centinaia di uccelli alla continua ed affannosa ricerca di pesce. I pellicani in particolare, amavano appollaiarsi sul bordo della nostra barca avendo l’accortezza di mettersi sottovento. Il che significava che la coda (e dunque il culo) era in barca.

Ogni mattina constatavamo che lo strato di guano sul lato interno della barca, quello sottovento ovviamente, aumentava conside- revolmente. Ma per fortuna ci interessava più andare a pesca e quindi non ci facevamo gran caso.

Page 92: Coconut Airlines

91

Un’altra peculiarità di Los Roques è il vento che soffia senza interruzione giorno e notte.

Durante le traversate in barca, nonostante la perizia di Josè, era regolare che ci bagnassimo completamente a causa degli spruzzi d’acqua. Provvidenziali spruzzi che, in qualche modo, davano una pulita agli schitti d’uccello.

Il penultimo giorno a Los Roques tirava una gran bava, per cui Josè, contrariamente agli altri giorni, anzichè sui flats ci portò a pescare a ridosso di un isoletta con molta vegetazione.

Si pescava con l’acqua alla cintola camminando lentamente perchè, a detta della guida, sottoriva c’erano degli snooks.

Ed infatti dopo poco davanti a noi, ne schizzò via uno poi un altro ed un altro ancora.

Josè ne ferrò uno decisamente grosso, ma con la canna da 9 piedi ed un finale da 12 libbre che il pesce spaccò senza grandi sforzi, andandosi ad infilare sotto le radici di una mangrovia.

Toccava al Capitano andare avanti con la guida quand’ecco che Josè indica una pinna a fior d’acqua.

«Mira el sàbalo» - disse. C’era un tarpon che delfinava a poca

distanza da noi. Il Capitano lancia una prima volta e ferra. Il

pesce sta in canna giusto il tempo di un salto fuor d’acqua, poi si slama.

L’adrenalina comincia a farsi sentire.

Page 93: Coconut Airlines

92

Un altro tarpon incrocia davanti a noi: il Capitano lancia di nuovo.

Josè dà istruzioni su come ferrare e come combattere il pesce che ad occhio e croce si aggira sui venti chili.

Nessuno di noi due ha mai visto un tarpon così da vicino e non sapendo come si comporta una volta allamato, io mi tengo dietro il Capitano e Josè, a circa venti metri, seguendo con eccitazione la scena.

Per la cronaca il tarpon è un concentrato di forza e quando raggiunge il peso di quaranta, cinquanta chili, se issato a bordo di una barca, con una codata riesce a fare un buco nello scafo o qualcuno si fa male seriamente.

Il pesce abbocca con decisione ed il Capitano letteralmente spara una ferrata “rip lips” - strappa mandibole - che produce l’effetto di far saltare il pesce completamente fuori dall’acqua.

La lenza resiste ed il combattimento prosegue per altri venti minuti durante i quali il tarpon salta dall’acqua altre tre volte, punta verso il largo, viene verso di noi, cerca di liberarsi dalla mosca che - detto per inciso - è una delle mie E.G.R.

Alla fine esausto viene recuperato fin davanti a Josè.

Il bello viene adesso, perchè bisogna slamarlo ed è impensabile prendere la mosca e toglierla dalla bocca del pesce tenendolo in acqua.

Page 94: Coconut Airlines

93

Fossimo in barca si potrebbe usare la gaffa, ma in acqua la cosa è tutt’altro che agevole.

Josè ha la presenza di spirito di buttarsi sotto il pesce. Mettendogli le mani sotto la pancia, lo solleva fuori dall’acqua.

Bella bestia e per giunta catturata con attrezzatura light.

Giusto il tempo di fare un paio di foto ed il tarpon, riguadagna il suo ambiente un po' intontito.

Il giorno successivo tornati sul posto non s’è vista pinna. Il conto per quest’anno è di 1 - 0.

Stavo per dimenticare dell’hotel Melia Caribe e del Catalina superato all’inizio del nostro viaggio per Los Roques.

Finito il nostro soggiorno a Los Roques rientriamo a Macuto all’hotel Melia Caribe.

Dato che non avevamo voglia di avventurarci per le strade attorno all’hotel, contravvenendo ad una regola che di norma vale sempre, ovvero mai mangiare dove si dorme o dormire dove si mangia, scegliamo uno dei tre ristoranti disponibili all’interno dell’albergo.

L’unico per il quale non vige l’obbligo della cravatta è una taverna di gusto iberico della quale siamo gli unici avventori assieme ad una coppietta.

Ci viene presentata la lista ed entrambi scegliamo “pulpo (polipo) Gallego” che pare sia un famoso piatto locale.

Page 95: Coconut Airlines

94

Dopo un bel po' compare il pulpo che a detta del Capitano tutto è fuorché “Gallego”.

Massimo infatti non più tardi di una settimana prima, ospite in uno dei migliori ristoranti di Caracas, aveva mangiato il menzionato pulpo trovandolo di proprio gradimento, ma anche assai diverso da quello propostoci al Melia Caribe.

In più il pulpo che ci era stato servito era abbastanza insulso e comunque non meritava la fama attribuitagli: semplicemente non era “pulpo Gallego”.

Chiamato il cameriere e fattogli osservare che la nostra ordinazione era diversa, questo si incazza come una biscia, chiama il maître e di qui nasce una sceneggiata in stile napoletano.

Il maître afferma che il vituperato pulpo va cucinato così, il Capitano è di diverso avviso, mentre io penso al señor Gallego - ammesso che ne esista uno - che probabilmente si rigira nella tomba a sentire i discorsi dei due litiganti.

Morale, il pulpo viene rinviato al mittente, mangiamo solo due gamberoni striminziti e ce ne andiamo con più appetito di prima.

Ritengo dunque doveroso a questo punto proporre, in primis al Capitano, ed anche agli altri lettori la ricetta del pulpo così come mi è stata data da una gentile signora venezuelana.

 

Page 96: Coconut Airlines

95

Pulpo  Gallego  6  personas    ∗ 300   grs   de   judias   blancas   puestas   en  

remojo  10  ò  12  horas  antes  ∗ 500  grs   de   patatas   cartadas   a   trozos  

pequeños  ∗ 600  grs  de  pulpo  ∗ un   kilo   de   grelos   (o   en   su   lugar,  

repollo,  berzas  nabos  o  nabiza)  ∗ 50  grs  de  unto    rancio  ∗ 2  litros  de  agua  ∗ sal    

 Sobre  el   fuego  se  pone  una  olla  o  marmita  

con   el   agua   y   el   pulpo;   al   empezar   a   hervir  añadansele   el   unto   y   la   sal.   Cocción  continuada  y  lenta  por  espacio  de  dos  horas.  Las  judias  con  el  fin  de  que  no  se  deshagan,  

es  preferible  cocerlas  aparte.  Los  grelos   y   las  patatas   cortadas  a   trozos,  

limpios   y   cocidos   unos   cinco  minutos   aparte,  también  se  echan  en  la  olla  donde  tenemos  el  pulpo  (que  a  medida  que  vaya  estando  cocido  se   sacará   de   la   olla   con   el   fin   de   que   no   se  deshaga).  Al   mismo   tiempo   que   los   grelos   añádanse  

las  patatas  troceadas  y  por  ultimo,  las  judias.  Déjese   hervir   todo   junto   (si   faltase   caldo  

Page 97: Coconut Airlines

96

añadase   el   de   las   judias;   en   conjunto   deberá  resultar  algo  espeso).  Rectifiquese  de  sal.  Con  el  caldo  se  calan  sopas  (de  pan)  o  bien  

se  cuece  arroz  o  fideos.  Se  sirve  el  pulpo  en  una  fuente  y  en  otra  la  

verdura.    Es  preferible  servir  todo  frio.    Quanto al Catalina dovete sapere che tornati

dalla nostra prima uscita in mare e prima di rientrare, ci facciamo un bagno davanti al lodge.

Mentre siamo in acqua il grosso idrovolante mette in moto ed inizia a muoversi facendo un gran casino e sollevando una gran quantità di acqua.

La cosa strana però, è che l’aereo continua ad andare in tondo perchè uno dei due motori gira meno velocemente.

Sembra uno che inizia a vogare alla veneta e non sa sciare col remo.

La scena va avanti per un bel po' e si capisce che il pilota ha delle difficoltà.

Nel frattempo parecchi indigeni arrivano in spiaggia per vedere cosa succede sino a che uno dei due motori dell’aereo prende fuoco.

A bordo del Catalina ci sarà stata circa una ventina di persone e nessuno si è mosso dalla spiaggia per prestare soccorso all’aereo in fiamme.

Page 98: Coconut Airlines

97

Una scena angosciante anche perchè il fuoco si stava estendendo alla fusoliera ed il motore fumava considerevolmente. Intanto l’aereo, spinto dal vento, andava verso il largo.

Qualcuno con molta flemma si limitava a dire «Hay candela al motor!»24 e niente più.

Robe da non credere. Sembrava che la scena fosse abituale, ed in

effetti dopo un po' il motore dell’aereo smise di fumare, le fiamme si spensero e l’aereo, con qualche difficoltà, si levò in volo.

Dubito che si trattasse di un effetto a sorpresa incluso nel tour a Los Roques. Comunque an vedi aò, c’ha raggione er Capitano c’ha. E’ mejo annà pè mmare che pè ll’aria!

24 «il motore ha preso fuoco» (t.d.a.)

Page 99: Coconut Airlines

98

Page 100: Coconut Airlines

99

INDICE ◊ Presentazione pag. 2

◊ Il bracconiere pag. 6

◊ Max pag. 13

◊ Buon Natale pag. 18

◊ Tre uomini in barca pag. 26

◊ The 20 - 22 club pag. 33

◊ Coconut Airlines pag. 45

◊ Orsi, scorpioni, serpenti a sonagli ...... pag. 57 ◊ Filetti di salmone alla griglia pag. 75 ◊ Barbecued beef tenderloin pag. 77

◊ ¡Botela en el pipote! pag. 80

Page 101: Coconut Airlines

100

Finito di stampare a Venezia nel mese di novembre 1994 per i tipi delle Grafiche Veneziane Srl. Questo libro è stato interamente realizzato dall’autore utilizzando come hardware uno scanner ScanMan Logitech, un computer 486 DX Staver, una stampante HP Laserjet 4L e come software Microsoft Word 6.0, e Logitech Foto Touch. Ad eccezione della copertina, tutte le illustrazioni sono state tratte con lo scanner da libri e cataloghi di attrezzature pesca. I diritti sono dei rispettivi autori.

Page 102: Coconut Airlines

101