20
EOS COLLANA DI STORIA DELL’EDUCAZIONE

COLLANA DI STORIA DELL’EDUCAZIONE - Aracne editrice · La vita di Niccolò Ugo Foscolo II. Dal periodo francese all esilio (1806-1815) 3.1. Il periodo francese 93 - 3.2. Il ritorno

Embed Size (px)

Citation preview

Direttore

Luciana BUniversità degli Studi di Ferrara

Comitato scientifico

Flavia BUniversità degli Studi di Firenze

Péter B SUniversità Humboldt di Berlino

Giovanni GUniversità degli Studi di Ferrara

Tiziana PUniversità di Bologna – Alma Mater Studiorum

Zanda RUniversità di Riga

Comitato di valutazione

Elena MUniversità degli Studi di Ferrara

Ignazio VUniversità degli Studi di Roma Tre

Giuseppe ZUniversità degli Studi di Padova

EOS

COLLANA DI STORIA DELL’EDUCAZIONE

Lo scopo dell’educazione è quello di trasformare gli specchi in finestre.

— S J. H

Eos ha come scopo principale quello di offrire al pubblicotesti di valore, italiani e stranieri, sui problemi della storiadell’educazione nelle sue varie articolazioni quali la didattica,l’educazione, le diverse pedagogie, la scuola.

Svilupperà principalmente tre aree tematiche, rispettivamen-te dedicate:

a) alla storia della scuola e della politica scolastica e univer-sitaria;

b) agli strumenti dell’educazione nel sistema formativo;c) a problemi e autori della scienza dell’educazione.

Comprenderà inoltre ristampe di classici e di opere meno no-te — italiane o straniere — da tempo fuori dal circuito editorialee, tuttavia, indispensabili per la ricerca storico–educativa.

Giovanni Genovesi

Foscolo

Storia di un intellettuale

Copyright © MMXVAracne editrice int.le S.r.l.

[email protected]

via Quarto Negroni, Ariccia (RM)

()

----

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: settembre

7

Indice

9 Prefazione 17 Capitolo I

Niccolò Ugo Foscolo e il suo tempo 1.1.La parabola napoleonica 17 – 1.2. L’influenza dell’Illuminismo e di Fich-te 21 – 1.3. Il fermento culturale italiano 27 – 1.4. La scuola moderna, segna-le di un’epoca nuova 30 – 1.5. Uno sguardo generale su Foscolo e il suo tem-po 33 – 1.6. Foscolo l’intellettuale 44

51 Capitolo II

La vita di Niccolò Ugo Foscolo I. Dalla nascita al periodo francese (1778-1804) 2.1. Gli anni dell’infanzia 51– 2.2. L’adolescenza e la prima gioventù 54 – 2.3. Gli amori 62 - 2.4. Foscolo si arruola 66 – 2.5. Foscolo giornalista radi-cale 76 – 2.6. Cominciano le vicissitudini dell’Ortis e di Ugo in guerra 82

93 Capitolo III La vita di Niccolò Ugo Foscolo II. Dal periodo francese all’esilio (1806-1815) 3.1. Il periodo francese 93 - 3.2. Il ritorno in Italia 99 - 3.3. La fuga da Mila-no e il periodo fiorentino113 - 3.4. La fine del Regno Italico e le tentazioni di Bellegarde 122

131 Capitolo IV La vita di Niccolò Ugo Foscolo III. Gli anni dell’esilio (1815-1827)

8 Indice

4.1. La nuova fuga da Milano per non tornare mai più 131- 4.2. L’esilio in-glese 137- 4.3. La non entusiasmante avventura del Digamma Cottage 142- 4.4. Il gorgo dei debiti 144 - 4.5. L’intellettuale Foscolo non demorde146

155 Capitolo V

L’intellettuale Foscolo al lavoro: l’Ortis e oltre 5.1. Perché Ortis 155 - 5.2. Il secondo alter ego: Didimo 162 – 5.3 Felicità: una meta transeunte, addirittura un’utopia 170 - 5.4. L’Ortis, un costante work in progress: letteratura, romanzo e patriottismo 176 – 5.5. Le due pro-spettive di lettura dell’Ortis 179 - 5.6. L’amore per la conoscenza e la teoria del romanzo 181 – 5.7. L’intellettuale e il romanzo 195 – 5.8. Foscolo contro i letterati “di corte” e apologeta dell’Ortis 199

205 Capitolo VI La dimensione educativa nel Foscolo romanziere 6.1. La centralità della parola e il romanzo per pensare 205 - 6.2. Descrivere o dipingere? 207 - 6.3. La funzione educativa della letteratura 209 - 6.4. Edu-cazione e politica in Ortis e ruolo dell’intellettuale 217 - 6.5. L’Ortis, un sag-gio sull’educazione 225- 6.5.1. La dimensione educativa dell’Ortis225- 6.5.2. Jacopo e Teresa e il problema del rapporto cuore-testa 233 - 6.5.3. Il valore dell’illusione: l’Ortis come romanzo di formazione 236 - 6.5.4. Teresa, la ve-ra eroina del romanzo 243 - 6.5.5. L’Ortis, saggio di educazione fuori dalla storia 248 - 6.5.6. Foscolo e Goethe: l’Ortis, un cantiere di scrittura creativa 249 - 6.5.7. Un romanzo di politica, di amore e d’educazione 254 – 6.6 Dieci punti nodali 258

261 Concludendo: il progetto educativo di Foscolo 273 Orientamenti bibliografici 275 Indice dei nomi

9

Prefazione

Avevo scelto Ortis per una lezione in un seminario per gli stu-denti l’8 di novembre del 2011. Fino all’ultimo ho creduto, me ingenuo, che fosse veramente un seminario. Ma non era così, perché gli amici e colleghi, in primis Luciana Bellatalla e Elena Marescotti che se ne erano fatte promotrici, avevano organizza-to una festa di tutta la Facoltà di Lettere e Filosofia in occasione della mia giubilazione e della presentazione del bel volume che esse stesse avevano curato.1

Per me, come dicevo, fu una sorpresa e fui commosso. Mi rinfrancò e rasserenò il fatto che avevo preparato con cura, a partire dalla primavera precedente, la mia relazione sul romanzo foscoliano, cui mi ero appassionato, cercando di individuarne la dimensione educativa.2

D’altronde, come ricercatore in Scienza dell’educazione, di nient’altro avrei potuto parlare: non avevo certamente nessuna intenzione di invadere terreni altrui, non avendone io le specifi-che competenze.

A me interessava proprio evidenziare quanto di educativo poteva emergere dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis; ed ero ben consapevole che solo pochissimi cultori dei problemi educativi, come Franco Cambi,3 avevano cercato di farlo.

1L. BELLATALLA, E. MARESCOTTI (a cura di), I sentieri della Scienza dell’educazione. Scritti in onore di Giovanni Genovesi, FrancoAngeli, Milano, 2011.

2 Il testo della relazione, pubblicato nel n. 181, ottobre-dicembre di «Ricerche Pe-dagogiche», è stato incorporato nel cap. 6 del presente saggio.

3 Cfr. F. CAMBI, Ugo Foscolo ‘pedagogista’ giacobino, in L. CAIMI (a cura di), Au-

10 Prefazione

Eppure, proprio dall’Ortis, che avevo ripreso in mano qual-che anno prima in vista di un progetto teso a indagare le finalità e le ragioni educative di alcuni grandi e meno grandi della no-stra letteratura dal Rinascimento in poi,4 ero stato colpito dalle sue numerose suggestioni educative.

Queste suggestioni avevano sortito in me due effetti: il pri-mo era stato quello di essere attratto dal romanzo foscoliano come una farfalla dal lume, il secondo di dover allargare la ri-cerca a tutta la vita di Foscolo, incuriosito da quanto potesse es-sere preso per vero che Ortis fosse un romanzo autobiografico e perché lo fosse.

Leggere le vicende della tumultuosa vita di Foscolo mi ave-va suggerito alcune ipotesi di risposta che mi sono parse più consequenziali al carattere impetuoso, sì, ma anche razionale di un intellettuale moderno come Foscolo. In effetti sarà questo aspetto, rimarcato con forza senza, peraltro, arrivare a confon-dere Foscolo con un filosofo, un punto basilare di tutto il di-scorso del mio saggio.

Foscolo si staglia in maniera netta tra i “letterati” del suo tempo per il suo eccezionale vigore intellettuale che si nutre della lezione illuminista con il grande assillo di superarla per aprire nuovi orizzonti culturali, dal punto di vista politico e poe-tico.

Foscolo si presenta subito come una personalità che ti coin-volge per le sue nette contraddizioni fatte di tenerezza e d’impulsività, di predisposizione all’ira e di sensibile compas-

torità e libertà: tra coscienza personale, vita civile e processi educativi. Studi in onore di Luciano Pazzaglia, V&P, Milano, 2011.

4 Mi riferisco al saggio da me curato Paideia rinascimentale. Educazione e “buone maniere” nel XVI secolo, Liguori, Napoli, 2011, dove si esaminano sub species educa-tionis le seguenti opere: il Galateo di Giovanni Della Casa (G. Genovesi); il Panciatan-tra di Agnolo Firenzuola (G. Genovesi); la Civil Conversazione di Stefano Guazzo (L. Bellatalla); il Libro della Bella Donna di Federigo Luigini (A. Magnanini); il Mondo savio e pazzo di Anton Francesco Doni (D. Ritrovato).

Prefazione 11

sione,5 che egli vive con schiettezza e con forza sentimentale ma anche con incisiva razionalità. Mi aveva molto colpito un brano letto in un acuto saggio non specialistico su Foscolo ma dedicato in tono manualistico alle vicende della letteratura ita-liana, “rastrellato” nella mia assidua ricerca dei testi sul poeta zacintio.

Ecco il brano:

Nell’Ortis e più ancora nei Sonetti, nelle Odi, nelle Grazie e nelle ope-re di storico e di critico, Foscolo compie già la traduzione italiana del-le prime esperienze romantiche europee. Che non è solo contempera-mento delle esigenze romantiche con la tradizione classica della nostra letteratura, ma anche innesto di quelle esigenze nei problemi reali del nostro paese, di unità, d’indipendenza, di libertà. La poesia del Fosco-lo è, così, la voce più ricca e appassionata delle contraddizioni di un’intera epoca: dell’epoca napoleonica, lacerata tra il vecchio e il

5Si legga la lettera del 16 ottobre 1797 in cui Ugo accenna a Lauretta, una sventura-

ta fanciulla che probabilmente, pur ricalcando la figura sterniana di Maria, si rifà al per-sonaggio di un progetto di romanzo inserito nel Piano di studj del 1796, e di cui Jacopo verrà a sapere che finalmente la morte ha posto fine alle sue sofferenze. Laura, comun-que, ritorna nel Frammento della storia di Lauretta inserita dopo la lettera del 29 aprile 1798: «16 Ottobre - Or via, non se ne parli più: la burrasca pare abbonacciata; se tornerà il pericolo, rassicurati, tenterò ogni via di scamparne. Del resto io vivo tranquillo; per quanto si può tranquillo. Non vedo persona del mondo: vo sempre vagando per la cam-pagna; ma a dirti il vero penso, e mi rodo. Mandami qualche libro. Che fa Lauretta? povera fanciulla! io l'ho lasciata fuori di sé. Bella e giovine ancora, ha pur inferma la ragione; e il cuore infelice infelicissimo. Io non l'ho amata; ma fosse compassione o riconoscenza per avere ella scelto me solo consolatore del suo stato, versandomi nel petto tutta la sua anima e i suoi errori e i suoi martirj - davvero ch'io l'avrei fatta volen-tieri compagna di tutta la mia vita. La sorte non ha voluto; meglio così, forse. Ella ama-va Eugenio, e l'è morto fra le braccia. Suo padre e i suoi fratelli hanno dovuto fuggire la loro patria, e quella povera famiglia destituita di ogni umano soccorso è restata a vivere, chi sa come! Di pianto. Eccoti, o Libertà, un'altra vittima. Sai ch'io ti scrivo, o Lorenzo, piangendo come un ragazzo? – pur troppo! ho avuto sempre a che fare con de' tristi; e se alle volte ho incontrato una persona dabbene ho dovuto sempre compiangerla. Addio, addio». Ma si veda anche la lunga lettera del 15 febbraio in cui Jacopo parla con Miche-le e il Tenente. Al fine di queste note, ho tenuto presente l’Edizione Nazionale (d’ora in avanti EN) dell’Ortis curata da G. GAMBARIN, Le Monnier, Firenze, 1955, vol. IV, che riporta tutte le edizioni dell’Ortis e che, peraltro, nell’Introduzione, è una miniera di notizie e di considerazioni sul romanzo. Per i brani cfr. p. 139 e segg..

12 Prefazione

nuovo regime, in cui cambia il volto dell’Europa e dell’Italia, ma in cui, come in tutti i periodi di svolta nella storia, più precario è il desti-no individuale, più incerta la speranza, più pronta la disperazione. Ma è anche una poesia che, nel tumulto degli eventi, tiene fermi gl’ideali fondamentali, i pilastri su cui si sarebbe costruita la società nuova6.

Si tratta, dunque, di contraddizioni non dovute all’incostanza

e alla volubilità del personaggio Foscolo, bensì alla “costruzio-ne” della sua professione d’intellettuale, con caratteristiche fich-tiane, e quindi, tutte impregnate di finalità educative che fanno di Foscolo un letterato capace di operare da trait d’union tra la cultura illuminista e quella romantica, alla quale egli apre le porte.

Le contraddizioni foscoliane sono quindi lo specchio delle incertezze, dei problemi di un'epoca di svolta come quella napo-leonica di cui Foscolo è un potente amplificatore. Ne richiamo qui alcune di quelle maggiormente salienti che in maniera più diluita e, ovviamente, più argomentata ricompaiono nel presente volume.

Prima di tutto il suo sensismo illuminista che lo spinge a os-servare e a partecipare agli eventi politico-sociali del suo tempo e lo porta, al tempo stesso, verso un marcato pessimismo ma lo aiuta anche a formarsi una razionale e lucida visione della realtà che può migliorare grazie alla Poesia che unisce armonicamente ragione e sentimento e fornisce all’uomo le illusioni per una vi-ta carica di senso e degna di essere vissuta per tutta la comunità.

In secondo luogo, il suo amore per la libertà come possibilità di ricercare, di studiare, di amare e di parlare e scrivere con schiettezza e vigoria, lo farà approdare a posizioni di aspirazio-ne quasi esasperata a quella sicurezza individuale e sociale che a lui è sempre mancata, garantita da una politica come quella prospettata dal Leviatano di Hobbes. Insomma, da accanito gia-

6C. SALINARI, Storia popolare della letteratura italiana, vol. III, Editori Riuniti, Roma, 1962, p. 61.

Prefazione 13

cobino diviene un hobbesiano di ferro senza mai abbandonare il suo ideale di libertà.

E ancora: Foscolo, in nome dell’impegno morale, della di-gnità e della marcata autonomia da ogni ideologia al potere, componenti basilari per esercitare la professione di intellettuale, ingaggia spesso polemiche contro i “letterati di corte” e i retori eruditi, pur immischiandosi anche in miserrime e ingiuriose contese e polemiche letterarie.

Infine: Foscolo è un esaltatore di Napoleone e continuerà a servire nel suo esercito anche quando già da tempo l’esaltazione si è tramutata in odio, perché spera che il rinnovamento del grande Corso possa accendere negli italiani l’amore per l’indipendenza e la volontà di combattere per essa.

Ebbene, già questo fascio – ma ce ne sono altre, come ve-dremo – di contraddizioni mi ha sempre più … affascinato. Mai, se non con quella lettura più intensa e partecipata che avevo in-trapreso, ne avevo scoperto il loro significato più profondo che fa di Foscolo l’intellettuale che cerca di comporre in ritmi poe-tici la sua straziante ricerca di un’identità come risultato dell’interazione tra logos e pathos, tra ragione e sentimento: una ricerca che, come scrive Carlo Salinari, contrassegna tutta la sua «vita tumultuosa e romantica … in cui suonano alte le note del-la libertà, della patria, della bellezza, dell’amore, dell’onore, della morte. Che sono le note della sua poesia».7

Pertanto, dopo quel giorno di novembre di quattro anni fa ho continuato, sia pure con qualche breve periodo di alternanza, a occuparmi di Foscolo, delle sue lettere estremamente interes-santi perché lì, dice Francesco Flora, «è tanta parte della sua più romita anima, e del suo pensiero, e della più segreta lirica»,8 delle sue lezioni pavesi, del suo girovagare avventuroso, dei

7C. SALINARI, Storia popolare della letteratura italiana, cit., p. 60. 8F. FLORA, Storia della letteratura italiana, vol. IV [1940], Mondadori, Milano,

1961, p. 30.

14 Prefazione

suoi vari studi e delle sue opere, dei saggi su di lui, ma so-prattutto delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, che più rileggevo, analizzandolo in tutte le sue parti via via cambiate dal poeta per almeno venti anni e gustandolo affascinato da quell’intrigante stile che ti tiene inesorabilmente agganciato a Jacopo e a tutto ciò che lo riguarda, che lo fa fremere e che lo mette in ansia e in angoscia fino a giungere al suicidio fin dall’inizio annunciato.

È indubbio che Ortis ti coinvolge per il contagio emotivo che emana non solo quando parla focosamente dei suoi senti-menti d’amore per Teresa e, con enfasi alfieriana, per la patria, ma anche quando scrive al suo amico Lorenzo Alderani i suoi pensieri sulla religione, sull’etica e sulla società, sulle sue inci-sive impressioni di viaggio per l’Italia per visitare un grande come Parini e le tombe dei grandi italiani in Santa Croce.

Ortis è incalzante e martellante nel condurre il suo monologo epistolare; sostanzialmente non dà tregua al lettore, lo tiene av-vinto a ciò che dice, al modo come lo dice e non certo per sco-prire come andrà a finire, visto che il lettore, dicevo prima, sa già cosa succederà perché quelle sono le ultime lettere di Jaco-po.

È Foscolo che ha condotto per mano il lettore per fargli sco-prire l’animo torturato di Jacopo che l’ironia foscoliana ha già assegnato alla morte. Ragioni di amore per la donna “bella e impossibile”, che pur lo ricambia, e per la patria che è straziata dallo straniero nelle sue aspirazioni d’indipendenza e di libertà.

Ma, a mio avviso, è proprio il non poter soddisfare questi amori ciò che porta a individuare il terzo amore che Jacopo ve-de sconfitto e tradito, l’amore per la conoscenza. Jacopo è un personaggio che, nella misura in cui si vede impersonare Ugo, non poteva non essere un intellettuale – o, come Foscolo direb-be, un letterato – che ogni accadimento, umano o naturale, spinge a riflettere, a meditare e, quindi, a interpretare. Jacopo non descrive, non racconta, ma dipinge la sua anima, il suo

Prefazione 15

mondo dilaniato e senza pace. E poi non può essere dimenticato che Foscolo dimostra più

con Ortis che con per le sue altre opere eccetto forse le Grazie che mai terminò, di considerarlo un work in progress, un lavoro in itinere da affinare costantemente nello stile. Uno stile che non serve per "abbellire" il prodotto, ma soprattutto per farlo circolare con maggiore incisività tra i lettori come momento di riflessione e non solo di “divertimento”.

È questo un fine che denuncia scopertamente l'impegno edu-cativo dell'intellettuale che, peraltro, si preoccupa di teorizzare il discorso sul romanzo proprio per renderlo più funzionale alla fruizione e, quindi, all'educazione del lettore.

Foscolo è animato nella vita quotidiana, come nel mettere a punto le sue opere, da una serie di forze diverse e tutte potenti, dall'impegno intellettuale e, quindi, etico-sociale, all'amore per la libertà e per la patria, all'amore per la bellezza femminile e al suo sempre impellente bisogno erotico, tutte presenti in un in-treccio variabile nella sua poesia.

Ortis è la silloge, sia pure in nuce, di tutte queste forze e, inevitabilmente, non è solo un romanzo, una creazione artistica di un giovane letterato ambizioso e in cerca di gloria, ma un'o-pera che apre una nuova epoca nella letteratura italiana e che colloca Foscolo nella storia della cultura come colui che ha ini-ziato da noi una nuova epoca circa la funzione e il ruolo dell'in-tellettuale come educatore dell'umanità.

Io ho cercato di mettere in evidenza tutti gli aspetti qui ac-cennati, argomentandoli in modo razionalmente sostenibile.

Spero di essere riuscito nell’intento nel modo più chiaro pos-sibile e, comunque, di aver contribuito a considerare Ugo Fo-scolo un grande letterato e intellettuale che, proprio per questo, si rivela un educatore che fa della conoscenza e dell’armonia con se stesso le grandi forze che costruiscono il mondo che ci circonda come una “comunità educante” e rendono il soggetto

16 Prefazione

padrone di sé. Per quanto riguarda la struttura del volume ho creduto non

solo opportuno ma addirittura necessario dare in primis una pa-noramica sugli aspetti, in particolare culturali, che caratterizza-no l’epoca in cui Foscolo vive e le “lezioni” che egli ne trae, per passare poi, nei tre capitoli seguenti, alle fasi della vita raminga e “avventurosa” di Ugo.

Un passaggio questo che non è assolutamente possibile non considerare con la dovuta attenzione perché, più che per qual-siasi altro personaggio e autore, ci aiuta a capire l’essere di Fo-scolo intellettuale e poeta.

Gli ultimi due capitoli sono dedicati all’Ortis per capire la struttura del romanzo, le sue peculiarità narrative e per coglier-ne infine la sua dimensione educativa sia di stimolo a dare pro-vocazioni e suggerimenti formativi sia d’impulso a pensare l’educazione in un modo del tutto diverso da quanto fino a allo-ra era stato fatto, bisognoso di studio nel suo continuo trasfor-marsi per farne un mezzo imprescindibile per perseguire l’armonia tra logos e pathos.

17

Capitolo I

Niccolò Ugo Foscolo

e il suo tempo

1.1. La parabola napoleonica

Gli anni di Foscolo abbracciano pressoché per intero la parabola napoleonica, dagli inizi della rivoluzione francese agli anni del-la Restaurazione. Anni che egli vive, come dice Mario Puppo, “fra armi, amore e poesia”.1 Del resto, non bisogna dimenticare, come rilevava Giuseppe De Robertis, che «l’opera creativa in prosa, comprese le lettere, e sopra tutto le lettere d’amore … prestarono alla poesia [di Foscolo] i temi e il linguaggio».2 Tutti aspetti questi che contribuiscono a tracciare le linee portanti dell’intellettuale Foscolo che fu quel tale personaggio proprio perché visse in quel periodo e, bene o male, lo visse con passio-ne e impegno partecipativo. Insomma, non è possibile pensare un Foscolo senza un Napoleone.

Illuminanti, al riguardo, i seguenti passi di Matteo Palumbo:

Nella ricostruzione della storia e della geografia della letteratura ita-liana, Carlo Dionisotti identifica nella Rivoluzione francese e nel do-

1M. PUPPO, Voce Foscolo, in V. BRANCA (direzione), Dizionario critica della lette-

ratura italiana, UTET,Torino, 1992. 2G. DE ROBERTIS, Linea della poesia foscoliana, in IDEM, Saggi, Le Monnier, Fi-

renze, 1953, p. 71. De Robertis dice anche, e giustamente, che dall’Ortis dipende la poesia foscoliana: «la poesia del Foscolo… nasce con l’Ortis» (p. 74).

18 Foscolo. Storia di un intellettuale

minio napoleonico il fattore autenticamente innovativo, che stacca ir-reversibilmente un mondo chiuso, quasi immobile, invariabile nei suoi modelli e nelle sue soluzioni, da un altro che il segno della novità e della modernità: “Da quel punto innanzi si costituisce in Italia una so-cietà laica, che bene o male provvede all’educazione e all’impiego dell’uomo di lettere”. Di questo mutamento il personaggio Foscolo potrebbe rappresentare la perfetta testimonianza. Attraverso le scelte che egli compie nel corso della vita, prende corpo in maniera inequi-vocabile il senso di un altro tempo, in cui il rapporto degli uomini di lettere con l’ambiente in cui agiscono sta ormai rinnovandosi radical-mente3.

Queste scelte, del resto, che segnano la netta cesura con gli

stessi letterati da lui considerati maestri, come Parini, Alfieri, Pindemonte e Monti, Foscolo le indicherà, nel 1818, con deci-sione quando rileggerà con distacco le vicende della letteratura italiana negli anni tra il 1795 e la fine dell’epoca napoleonica.4

Proprio questo suo impegno politico e sociale d’intellettuale invece di farne riconoscere il merito di una posizione innovativa dell’uomo di lettere, sarà considerato una diminutio capitis co-me scrittore. Così scrive al riguardo Maria Antonietta Terzoli:

… Il suo [di Foscolo] engagement politico aveva inaugurato un nuovo modo di essere dell’intellettuale. Riattivando un ruolo civile che nella cultura italiana era da secoli perduto. Questo ruolo, assunto in maniera esemplare, doveva addirittura oscurare in parte – agli occhi degli uo-mini del Risorgimento e poi per molti decenni presso gli uomini della nuova Italia – la sua specifica qualità di letterato: facendo di lui prima ancora che uno scrittore di indiscusso prestigio, un riferimento ideale, quasi un mito intellettuale e civile per coloro che di lì a poco avrebbe-ro pagato col carcere duro o con la vita la loro speranza di un’Italia

3M. PALUMBO, Foscolo, il Mulino, Bologna,2010, p. 9. Circa il riferimento e il vir-

golettato all’interno del riporto cfr.I, Venezia e il noviziato poetico del Foscolo, IDEM, Appunti sui moderni. Foscolo, Leopardi, Manzoni e altri, il Mulino, Bologna, 1988.

4 Cfr. U. FOSCOLO, Saggio sulla letteratura contemporanea in Italia (1818), ora in IDEM, Saggi di letteratura italiana, a cura di C. FOLIGNO, Edizione Nazionale delle Opere di Ugo Foscolo, vol. XI tomo II, Le Monnier, Firenze, 1958.

I. Niccolò Ugo Foscolo e il suo tempo 19

unita e indipendente5.

Io credo che i due appellativi di Foscolo, intellettuale e lette-rato si compenetrino l’un l’altro al punto che sia corretto pensa-re che egli fu un grande letterato perché fu un grande intellet-tuale e viceversa.

Foscolo fu, quindi, un intellettuale nel senso moderno del termine perché seppe raccogliere gli stimoli della sua epoca sto-rica, riflettendo su di essi e cercando di tradurli in azione. Così Foscolo è divenuto l’archetipo dell’intellettuale

che, come scrivevo altrove, sa proporre ciò che ancora non c’è, spinge a leggere tra le righe, sollecita verso l’ultrapaese, verso l’utopia … [avendo così] sempre un ruolo educativo, a prescindere dal come con-sidera il lavoro degli educatori e degli addetti ai lavori della Scienza dell’educazione6.

Questa, del resto, è la forza stessa dell’intellettuale Foscolo e

non la sua debolezza come molti critici cercano di mettere in rilievo. Per certi aspetti, seppure ancor troppo legati a una cele-brazione risorgimentale, è lo spirito che anima le pagine desanc-tisiane su Foscolo.

Il Foscolo quindicenne è già a Venezia e pone le basi, dal 1793 al 1797, per una solida cultura classica nel collegio di San Cipriano a Murano dove ebbe come maestri il sacerdote Angelo Dalmistro (1754-1839), il latinista e giurista Ubaldo Bregolini (1722-1807), il grecista Giambattista Galliccioli (1733-1806), questi ultimi due non eccelsi,7 ma che contribuirono non poco a coltivare le sue potenzialità letterarie.

5M. A. TERZOLI, Ugo Foscolo, in E. MALATO (a cura di), Storia della letteratura

italiana, Salerno editrice, Roma,1998, poi Il Sole 24 ore, Milano, 2005, pp. 380-381. 6G. GENOVESI, Il ruolo educativo dell’intellettuale, in IDEM, Io la penso così. Pen-

sieri sull’educazione e sulla scuola, Anicia, Roma, 2014, p. 103. 7V. PICCOLI, Foscolo, Alpes, Milano, 1928, p. 37.

20 Foscolo. Storia di un intellettuale

In quel periodo Foscolo si fa notare per la sua irrequietezza rivoluzionaria. D’altronde il periodo stesso è ricco di fermenti culturali, sociali e politici forieri di rivoluzione e che, spesso, finiscono per intrecciarsi indissolubilmente su uno stesso auto-re. In più, Napoleone sembra condurre una battaglia di libertà, uguaglianza e fraternità che illude molti anche se non per molto. Non si deve dimenticare che la campagna d’Italia del 1796, con cui il nostro Paese viene a contatto direttamente e in maniera cruenta con la Rivoluzione francese, deve la sua fama in parti-colare alla presenza del generale Napoleone Bonaparte che fu padrone di tutta la situazione, bellica e politica, dall’inizio alla fine.

Egli dimostrò una decisa indipendenza politica dallo stesso governo francese, una stupefacente attività decisionale e un marcato autoritarismo che fecero dell’Italia il centro di tutte le operazioni belliche e che seppero guadagnare molti italiani alla causa della libertà. «Bonaparte, scrive Walter Markov, non sempre aspettava gli ordini superiori; qualche volta faceva addi-rittura il contrario, ancor più spesso agiva prima di riceverli e in seguito “rendeva conto” e informava sui vantaggi ottenuti. Tut-tavia, continua Markov in tono ironico, non era impertinente, al massimo poteva presentare le dimissioni – ben sapendo che nessuno avrebbe avuto il coraggio di ammazzare la gallina dalle uova d’oro».8

Napoleone fu visto come il vincitore e il liberatore che ap-porta la pace e, per taluni, come Foscolo, il fuoco della passione per l’indipendenza del Paese. È questa una fama che accompa-gnò Napoleone fino alla fine delle sue vicende terrene.

Senza dubbio, come afferma Giuseppe Galasso,

con Napoleone… le potenzialità riformatrici della rivoluzione trova-rono il loro più immediato consolidamento, e anche un assetto apprez-

8W. MARKOV, Napoleone, CEI, Roma-Milano, 1966, p. 21.