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COLLANA “I QUADERNI DI AGGIORNAMENTO” · consenso informato ed il corretto esercizio della professione medica, esaminando le disposizioni di legge e l'orientamento giurisprudenziale

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COLLANA “I QUADERNI DI AGGIORNAMENTO”

IL CONSENSO INFORMATO IN MEDICINA

Applicazioni, disapplicazioni, inapplicazioni

di

MARCO PERELLI ERCOLINI

… il mancato consenso o un consenso viziato determina di per

sé l’arbitrarietà del trattamento e la sua rilevanza penale,

indipendentemente da una corretta o da una dannosa

condotta professionale da parte del medico nei riguardi del

paziente …

Data la complessità dell’istituto del Consenso Informato, in

mancanza di specifiche normative espresse, abbiamo cercato

una sintesi dei vari lavori riportati in letteratura (ringraziando gli

Autori per la loro fatica) e di quanto viene evidenziato dai

dispositivi delle sentenze corredando cogli aspetti di tutela

assicurativa.

Ringrazio l’amico Attilio Steffano e il suo Staff che hanno reso

possibile questa pubblicazione

INDICE

PREMESSA 5

PREFAZIONE 5

INTRODUZIONE 6

UNA DEFINIZIONE DI CONSENSO INFORMATO 7

PRELIMINARE NELLA ACQUISIZIONE DEL CONSENSO INFORMATO 8

STRUTTURA DEL CONSENSO INFORMATO 8

COSA PREVEDE IL CODICE DEOTOLOGICO SUL CONSENSO INFORMATO 16

REQUISITI DEL CONSENSO INFORMATO 22

CONSENSO INFORMATO IN GERIATRIA 40

CONSENSO INFORMATO e MEDICO DI FAMIGLIA 40

CONSENSO INFORMATO IN MEDICINA e CHIRUGIA ESTETICA 41

TESTIMONI DI GEOVA e CONSENSO INFORMATO PER LE EMOTRASFUSIONI 42

TUTELA ASSICURATIVA e CONSENSO INFORMATO 43

BIBLIOGRAFIA 45

5

PREMESSA

Il consenso informato non è una prassi burocratica medico-legale, bensì uno strumento etico-

giuridico che permette al sanitario di condividere la responsabilità diagnostico-terapeutica

con il proprio paziente reso cosciente del proprio stato di salute.

L’assenza di una disciplina espressa e gli orientamenti talora quasi contradditori della

giurisprudenza in tema di intervento medico in assenza di consenso, rendono troppe volte

estremamente incerta la ricostruzione dei limiti della responsabilità del medico.

DEFINIZIONE DI ATTO MEDICO

“L’atto medico comprende tutte le azioni professionali, vale a dire le attività scientifiche,

didattiche, formative ed educative, cliniche, medico-tecniche, che si eseguono per

promuovere la salute ed il buon funzionamento, prevenire le malattie, fornire assistenza

diagnostica o terapeutica e riabilitativa ai pazienti, individui, gruppi o comunità, nel quadro

del rispetto dei valori etici e deontologici. Deve essere sempre eseguito da un medico

registrato (cioè abilitato e iscritto all’Ordine dei Medici) o sotto la sua diretta supervisione e/o

prescrizione”.

Consiglio UEMS - Budapest 3-4 novembre 2006

In precedenza:

“L’attività medica consiste nella formulazione di diagnosi, nella indicazione di prognosi in

relazione a malattie o disfunzioni del corpo o della mente, in atto o prevedibili, nonché nella

prescrizione di terapie e pratiche di prevenzione, con eventuale prescrizione di farmaci, nella

manipolazione del corpo umano, sempre a scopo curativo o preventivo, nella prescrizione o

applicazione di protesi o nella utilizzazione di qualsiasi altro diverso strumento curativo e

preventivo, idoneo ad attivare o ad arrestare processi evolutivi o involutivi fisici e psichici”.

Corte di Cassazione sezione IV penale - sentenza 3403 del 1996

PREFAZIONE

La tematica del Consenso informato in medicina ancora oggi è oggetto di grandi discussioni e

di molti equivoci.

Ormai è coscienza comune che il consenso del paziente, che deve necessariamente essere

preceduto da una sua corretta informazione, non può limitarsi alla sottoscrizione, che a volte si

richiede in modo quasi furtivo e nella più grande indifferenza sia di chi lo propone sia di chi lo

sottoscrive, di un modulo di poche righe tendenti a fornire uno scarico da ogni responsabilità

per i sanitari interessati.

La sua valenza sia etica che giuridica viene così oggi correttamente affrontata alla luce degli

articoli 2, 13 e 32 della Costituzione (diritti della persona, libertà personale e diritto alla salute),

secondo i quali nessuno può essere sottoposto a trattamento medico-chirurgico contro la

propria volontà, salvo che una specifica legge disponga altrimenti (accertamenti e

trattamenti sanitari obbligatori, malattie infettive e diffusive, ecc.).

Infatti il medico, che ha il preciso onere di fornire sempre una informazione veritiera, completa

e comprensibile, è bene che prenda precisa coscienza del fatto che non è legittimato ad

agire se non in presenza di una esplicita manifestazione di volontà del paziente.

Il consenso del paziente è dunque indispensabile, specifico, personale e non delegabile.

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L'eccezione è costituita dai pochi e ben determinati casi in cui il paziente non sia in grado di

comprendere e contemporaneamente versi in pericolo di vita in un momento nel quale il

trattamento risulti improcrastinabile.

Nel presente lavoro verranno pertanto trattati i temi relativi al rapporto talora conflittuale tra il

consenso informato ed il corretto esercizio della professione medica, esaminando le

disposizioni di legge e l'orientamento giurisprudenziale che attengono al consenso informato.

L'intento perseguito è quello, rivolgendosi a tutti i medici, dall'area ospedaliera a quella del

convenzione e ai medici in attività libero-professionale, di approfondire la tematica alla luce

della più recente dottrina e giurisprudenza che in questi ultimi anni si è sviluppata in modo

copioso ed esaurientemente chiaro ed univoco, visti anche sotto l’aspetto della copertura

assicurativa.

INTRODUZIONE

L’evoluzione socio-culturale ha cambiato l’approccio medico-paziente: si è passati dal

paternalismo benevolo in cui in maniera predominante il medico imponeva la sua volontà

nella cura e il paziente si affidava ciecamente all’operato del -suo- medico, alla condotta

condivisa dove il medico ha il dovere di curare, ma è il paziente, dopo essere stato informato

del suo stato di salute e delle varie possibilità diagnostico-terapeutiche coi pro e i contro, che

può scegliere tra le varie possibilità prospettate.

Nell'attualità il consenso informato costituisce un momento imprescindibile della attività

medica: è infatti l'accettazione che il paziente esprime a un determinato trattamento

sanitario, in maniera libera (e non mediata dai familiari), dopo essere stato informato sulle

modalità di esecuzione, sui benefici, sugli effetti collaterali, sui rischi ragionevolmente

prevedibili e sull'esistenza delle eventuali alternative terapeutiche.

L'informazione costituisce, dunque, una parte essenziale del progetto terapeutico, dovendo

peraltro esistere anche a prescindere dalla finalità di ottenere il consenso.

La persona cosciente e capace, bisognosa di cure mediche, non può essere sottoposta

passivamente a qualsiasi trattamento sanitario; ogni singolo accertamento diagnostico, ogni

singola terapia, qualsivoglia intervento medico non potrà essere effettuato se non con il valido

consenso della persona interessata, dopo essere stata adeguatamente informata onde possa

valutare il trattamento cui sarà sottoposta e i rischi che da tale trattamento potrebbero

derivare e, eventualmente, scegliere trattamenti diagnostico-terapeutici alternativi.

Ricordiamo che l'articolo 32 della nostra Costituzione stabilisce che nessuno può essere

sottoposto a un trattamento sanitario contro la sua volontà, mentre l'articolo 13 afferma

l'inviolabilità della libertà personale e ne ancora ogni restrizione a riserve di legge.

Ne deriva che il medico non è legittimato ad agire, se non in presenza di una esplicita o

implicita (nei casi di routine, anche se il presunto può non essere implicito) manifestazione di

volontà del paziente che si affida alla sua opera professionale; viene fatta eccezione nei casi

in cui il paziente non sia in grado di comprendere e versi in pericolo di vita.

In altre parole, l’-aggressione- nell’atto medico viene legittimata col consenso del paziente.

Ne deriva che il dissenso validamente manifestato dal paziente cosciente e capace di

intendere e volere è idoneo ad impedire qualsiasi trattamento medico.

In caso di minore o incapace il consenso viene esercitato da chi ha la potestà genitoriale o

tutoria ovvero in determinati casi dal giudice (genitore del minore che si oppongono ad un

determinato trattamento senza il quale il paziente potrebbe venire a morte come nel caso dei

testimoni di Geova che si oppongono all'emotrasfusione).

Da tenere presente che il consenso anche dei parenti stretti non ha alcun significato legale.

7

Si è così passati dal paternalismo benevolo all'autodeterminazione consapevole, cioè ad un

rapporto medico-paziente dove il medico si impegna alla informazione e il paziente, reso

cosciente, si affida alla competenza del medico.

Dovere del medico è dunque il rispetto della dignità, della volontà, della libertà del paziente

con la rinuncia ad ogni atteggiamento autoritario, nell'intento di rendere il paziente partecipe,

quanto più possibile, del comune impegno alla tutela della sua salute (non al diritto alla sua

salute, tenendo ben presente che tale aspettativa non può essere pretesa; infatti il medico

può garantire solo una buona prestazione per la tutela della salute del suo paziente, ma non

la sua immortalità).

Una diversa condotta potrebbe far incorrere il medico nelle sanzioni previste per colui che

commette i reati di lesione personale, di violenza privata ovvero di soppressione della

coscienza e della volontà.

La omissione di un consenso scritto, come prova certa, (la previsione scritta del consenso non

è obbligatoria se non per trasfusione di sangue o emoderivati, per la sperimentazione clinica e

per la manipolazione dei dati sensibili, per i trapianti, nei trattamenti radianti e, in particolare,

per gli accertamenti Hiv, per consuetudine consolidata) oppure i consensi generici e

incompleti possono diventare, in caso di insuccesso o di complicazioni gravi, strumento

giudiziario contro il medico: in mancanza di prove documentali perché il consenso è stato

ottenuto solo oralmente oppure nei casi di un consenso troppo generico il medico è destinato

a soccombere alla esigenza delle norme e alla severità della giurisprudenza.

Dunque nella pratica medica il consenso informato che deve essere acquisito sia da chi

prescrive sia da coloro che eseguono la prestazione secondo le specifiche competenze, non

solo può trovare una motivazione deontologica, ma anche una esigenza giuridica per evitare

un contenzioso.

Infatti anche se l'indicazione è giusta e l'operato corretto, in assenza di un consenso da parte

dell'interessato, l'eventuale menomazione comporta la possibilità da parte dell'interessato di

una richiesta risarcitoria: l'obbligo di ottenere il consenso informato del paziente è del tutto

autonomo rispetto alla riuscita del trattamento sanitario, e perciò il medico, che abbia omesso

di raccogliere il consenso informato, incorre in responsabilità anche se la prestazione sanitaria

viene eseguita in concreto senza errori.

UNA DEFINIZIONE DI CONSENSO INFORMATO

Il consenso informato in medicina è l'accettazione che il paziente esprime a un trattamento

sanitario, in maniera libera, e non mediata dai familiari, dopo essere stato informato sulle

modalità di esecuzione, i benefici, gli effetti collaterali e i rischi ragionevolmente prevedibili,

l'esistenza di valide alternative terapeutiche.

Il contenuto della volontà può essere negativo.

L'informazione costituisce una parte essenziale del progetto terapeutico, dovendo esistere

peraltro anche a prescindere dalla finalità di ottenere il consenso.

Nel caso in cui il paziente sia incapace di intendere e volere, l'espressione del consenso non è

necessaria, purché si tratti di trattamenti dai quali dipenda la salvaguardia della vita o che, se

rinviati o non eseguiti, cagionerebbero un danno irreversibile.

L'obbligo del consenso informato è sancito dalla Costituzione, da varie norme, dal codice

deontologico medico.

Attenzione a non confondere il consenso informato all'atto medico con quello al trattamento

dei dati sensibili per la protezione della riservatezza (privacy).

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PRELIMINARE NELLA ACQUISIZIONE DEL CONSENSO INFORMATO

Il preliminare per l’acquisizione del Consenso informato è la presentazione completa ed

esauriente da parte del medico di tutte le informazioni inerenti la problematica “salute” del

paziente, dopo una attenta valutazione delle capacità del paziente a recepire le informazioni

a lui comunicate.

Ne consegue, dopo comprensione e attenta valutazione da parte sempre del paziente di

quanto esposto dal sanitario, la libera scelta volontaria della condotta diagnostico-

terapeutica con autorizzazione autonoma.

STRUTTURA DEL CONSENSO INFORMATO

deve essere espresso da individuo capace di intendere e di volere un consenso senza

un'adeguata, completa e reale informazione non è considerato valido

il consenso deve essere:

personale

esplicito

specifico

consapevole

libero

preventivo

attuale

l'informazione deve essere:

veritiera

completa

compresa

può essere sempre revocato

non è valido se diretto a richiedere o ad assecondare la elisione di beni indispensabili quali la

vita o l'integrità fisica

incombe su tutti i medici in base alla loro specifica attività

si può prescindere in caso di necessità (urgenza inderogabile ai fini della vita)

il consenso informato anche se presunto non è mai implicito

la legge prevede l'acquisizione scritta solo per le trasfusioni di sangue o emoderivati, nei

trapianti, nella sperimentazione, negli accertamenti da Hiv, nei trattamenti radianti;

tuttavia l'acquisizione scritta può valere come prova dell'avvenuto consenso

L’informazione - Deve prevedere una descrizione della metodica e delle alternative

terapeutiche, le possibilità di successo, i rischi, gli effetti collaterali.

La comprensione dell’informazione - L’informazione deve essere comprensibile, ponendo il

paziente nella condizione di capire la situazione che si trova ad affrontare e le alternative in

modo che possa effettivamente fare una scelta.

9

La libertà decisionale - Perché il consenso informato sia valido deve essere espresso con

“volontà libera” e prima dell’inizio dell’atto medico. La capacità decisionale va verificata di

volta in volta, accertando se il paziente sia stato in grado di recepire la comunicazione del/dei

curante/i dando chiari segni di aver compreso l’informazione, se abbia inteso le alternative e

persista nelle conclusioni espresse.

In presenza di esplicito rifiuto del paziente, capace di intendere e volere, il medico deve

desistere da qualsiasi atto diagnostico e curativo, non essendo consentito alcun trattamento

medico contro la volontà del paziente, ove non ricorrano le condizioni di necessità e urgenza

implicanti pericolo per la vita. Un intervento “indicato”, ma non necessario richiede sempre il

consenso.

Le modalità di espressione - La legge prevede l’acquisizione scritta solo in caso di trasfusione

di sangue o emoderivati, nella sperimentazione e per la privacy, per i trapianti, per gli

accertamenti Hiv per prassi consolidata.

Tuttavia l’acquisizione scritta può essere una manifestazione inequivoca e documentata della

volontà del paziente. In mancanza di prove documentali perché il consenso è stato ottenuto

solo oralmente oppure nei casi di un consenso troppo generico, il medico è destinato a

soccombere alla esigenza delle norme e alla severità della giurisprudenza.

La titolarità del consenso - Il consenso autentico proviene da chi è titolare del diritto: deve

essere espresso dalla persona che ha disponibilità del bene giuridico protetto (età e capacità

giuridica).

Il consenso è personale e non delegabile a famigliari o ad altri.

Aspetti particolari può presentare il consenso informato in pediatria, infatti la possibilità di

esprimere il consenso cambia coll’età.

Secondo attuali orientamenti :

prima dei 6-7 anni un bambino non può esprimere un consenso autonomo

tra i 7 e i 13 anni un bambino in qualche misura può essere coinvolto nel consenso,

anche se è necessario e prevale quello dei genitori

dopo i 14 anni (secondo gli ultimi orientamenti si scende a 12 anni per certe situazioni e

anche a meno se capaci di discernimento) il bambino dovrebbe essere prioritariamente

coinvolto anche se il consenso compete legalmente ai genitori (art.2 CC con la

maggiore età si acquisisce la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita

una età diversa).

Il rifiuto alle cure - Un rifiuto da parte del paziente alle cure non deve tradursi in un rifiuto alla

assistenza, ciò specialmente nell’ospedale pubblico che ha il dovere verso l’assistito di tutelare

la salute.

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Il Codice di deontologia medica - Informazione e consenso

CODICE DEONTOLOGICO 2006 NUOVO CODICE DEONTOLOGICO 2014

Art. 33 Informazione al cittadino

Il medico deve fornire al paziente la più

idonea informazione sulla diagnosi, sulla

prognosi, sulle prospettive e le eventuali

alternative diagnostico terapeutiche e sulle

prevedibili conseguenze delle scelte operate.

Il medico dovrà comunicare con il soggetto

tenendo conto delle sue capacità di

comprensione, alfine di promuoverne la

massima partecipazione alle scelte

decisionali e l’adesione alle proposte

diagnostico terapeutiche.

Ogni ulteriore richiesta di informazione da

parte del paziente deve essere soddisfatta.

Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste

di informazione del cittadino in tema di

prevenzione.

Le informazioni riguardanti prognosi gravi o

infauste o tali da poter procurare

preoccupazione e sofferenza alla persona,

devono essere fornite con prudenza, usando

terminologie non traumatizzanti e senza

escludere elementi di speranza.

La documentata volontà della persona

assistita di non essere informata o di delegare

ad altro soggetto l’informazione deve essere

rispettata.

Art. 33 Informazione e comunicazione con la

persona assistita

Il medico garantisce alla persona assistita o al

suo rappresentante legale un’informazione

comprensibile ed esaustiva sulla prevenzione,

sul percorso diagnostico, sulla diagnosi, sulla

prognosi, sulla terapia e sulle eventuali

alternative diagnostico-terapeutiche, sui

prevedibili rischi e complicanze, nonché sui

comportamenti che il paziente dovrà

osservare nel processo di cura.

Il medico adegua la comunicazione alla

capacità di comprensione della persona

assistita o del suo rappresentante legale,

corrispondendo a ogni richiesta di

chiarimento, tenendo conto della sensibilità e

reattività emotiva dei medesimi, in

particolare in caso di prognosi gravi o

infauste, senza escludere elementi di

speranza.

Il medico rispetta la necessaria riservatezza

dell’informazione e la volontà della persona

assistita di non essere informata o di delegare

ad altro soggetto l’informazione, riportandola

nella documentazione sanitaria.

Il medico garantisce al minore elementi di

informazione utili perché comprenda la sua

condizione di salute e gli interventi

diagnostico-terapeutici programmati, al fine

di coinvolgerlo nel processo decisionale.

Art. 34 Informazione a terzi

L'informazione a terzi presuppone il consenso

esplicitamente espresso dal paziente, fatto

salvo quanto previsto all’art. 10 e all’art. 12,

allorché sia in grave pericolo la salute o la vita

del soggetto stesso o di altri. In caso di

paziente ricoverato, il medico deve

raccogliere gli eventuali nominativi delle

persone preliminarmente indicate dallo stesso

a ricevere la comunicazione dei dati sensibili.

Art. 34 Informazione e comunicazione a terzi

L’informazione a terzi può essere fornita

previo consenso esplicitamente espresso

dalla persona assistita, fatto salvo quanto

previsto agli artt. 10 e 12, allorché sia in grave

pericolo la salute o la vita del soggetto stesso

o di altri.

Il medico, in caso di paziente ricoverato,

raccoglie gli eventuali nominativi delle

persone indicate dallo stesso a ricevere la

comunicazione dei dati sensibili.

11

Art. 35 Acquisizione del consenso

Il medico non deve intraprendere attività

diagnostica e/o terapeutica senza

l’acquisizione del consenso esplicito e

informato del paziente. Il consenso, espresso

in forma scritta nei casi previsti dalla legge e

nei casi in cui per la particolarità delle

prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o

per le possibili conseguenze delle stesse sulla

integrità fisica si renda opportuna una

manifestazione documentata della volontà

della persona, è integrativo e non sostitutivo

del processo informativo di cui all'art. 33.

Il procedimento diagnostico e/o il

trattamento terapeutico che possano

comportare grave rischio per l'incolumità

della persona, devono essere intrapresi solo in

caso di estrema necessità e previa

informazione sulle possibili conseguenze, cui

deve far seguito una opportuna

documentazione del consenso.

In ogni caso, in presenza di documentato

rifiuto di persona capace, il medico deve

desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o

curativi, non essendo consentito alcun

trattamento medico contro la volontà della

persona.

Il medico deve intervenire, in scienza e

coscienza, nei confronti del paziente

incapace, nel rispetto della dignità della

persona e della qualità della vita, evitando

ogni accanimento terapeutico, tenendo

conto delle precedenti volontà del paziente.

Art. 35 Consenso e dissenso informato

L’acquisizione del consenso o del dissenso è

un atto di specifica ed esclusiva competenza

del medico, non delegabile.

Il medico non intraprende né prosegue in

procedure diagnostiche e/o interventi

terapeutici senza la preliminare acquisizione

del consenso informato o in presenza di

dissenso informato.

Il medico acquisisce, in forma scritta e

sottoscritta o con altre modalità di pari

efficacia documentale, il consenso o il

dissenso del paziente, nei casi previsti

dall’ordinamento e dal Codice e in quelli

prevedibilmente gravati da elevato rischio di

mortalità o da esiti che incidano in modo

rilevante sull’integrità psico-fisica.

Il medico tiene in adeguata considerazione

le opinioni espresse dal minore in tutti i

processi decisionali che lo riguardano.

Art. 36 Assistenza d’urgenza

Allorché sussistano condizioni di urgenza,

tenendo conto delle volontà della persona se

espresse, il medico deve attivarsi per

assicurare l’assistenza indispensabile.

Art. 36 Assistenza di urgenza e di emergenza

Il medico assicura l’assistenza indispensabile,

in condizioni d’urgenza e di emergenza, nel

rispetto delle volontà se espresse o tenendo

conto delle dichiarazioni anticipate di

trattamento se manifestate.

Art. 37 Consenso del legale rappresentante

Allorché si tratti di minore o di interdetto il

consenso agli interventi diagnostici e

terapeutici, nonché al trattamento dei dati

sensibili, deve essere espresso dal

rappresentante legale.

Art. 37 Consenso o dissenso del

rappresentante legale

Il medico, in caso di paziente minore o

incapace, acquisisce dal rappresentante

legale il consenso o il dissenso informato alle

procedure diagnostiche e/o agli interventi

12

Il medico, nel caso in cui sia stato nominato

dal giudice tutelare un amministratore di

sostegno deve debitamente informarlo e

tenere nel massimo conto le sue istanze. In

caso di opposizione da parte del

rappresentante legale al trattamento

necessario e indifferibile a favore di minori o di

incapaci, il medico è tenuto a informare

l'autorità giudiziaria; se vi è pericolo per la vita

o grave rischio per la salute del minore e

dell’incapace, il medico deve comunque

procedere senza ritardo e secondo necessità

alle cure indispensabili.

terapeutici.

Il medico segnala all’Autorità competente

l’opposizione da parte del minore informato e

consapevole o di chi ne esercita la potestà

genitoriale a un trattamento ritenuto

necessario e, in relazione alle condizioni

cliniche, procede comunque

tempestivamente alle cure ritenute

indispensabili e indifferibili.

Art. 38 Autonomia del cittadino e direttive

anticipate

Il medico deve attenersi, nell’ambito della

autonomia e indipendenza che caratterizza

la professione, alla volontà liberamente

espressa della persona di curarsi e deve agire

nel rispetto della dignità, della libertà e

autonomia della stessa.

Il medico, compatibilmente con l’età, con la

capacità di comprensione e con la maturità

del soggetto, ha l’obbligo di dare adeguate

informazioni al minore e di tenere conto della

sua volontà.

In caso di divergenze insanabili rispetto alle

richieste del legale rappresentante deve

segnalare il caso all’autorità giudiziaria;

analogamente deve comportarsi di fronte a

un maggiorenne infermo di mente. Il medico,

se il paziente non è in grado di esprimere la

propria volontà, deve tenere conto nelle

proprie scelte di quanto precedentemente

manifestato dallo stesso in modo certo e

documentato.

Art. 38 Dichiarazioni anticipate di trattamento

Il medico tiene conto delle dichiarazioni

anticipate di trattamento espresse in forma

scritta, sottoscritta e datata da parte di

persona capace e successive a

un’informazione medica di cui resta traccia

documentale.

La dichiarazione anticipata di trattamento

comprova la libertà e la consapevolezza

della scelta sulle procedure diagnostiche e/o

sugli interventi terapeutici che si desidera o

non si desidera vengano attuati in condizioni

di totale o grave compromissione delle

facoltà cognitive o valutative che

impediscono l’espressione di volontà attuali.

Il medico, nel tenere conto delle dichiarazioni

anticipate di trattamento, verifica la loro

congruenza logica e clinica con la

condizione in atto e ispira la propria condotta

al rispetto della dignità e della qualità di vita

del paziente, dandone chiara espressione

nella documentazione sanitaria.

Il medico coopera con il rappresentante

legale perseguendo il migliore interesse del

paziente e in caso di contrasto si avvale del

dirimente giudizio previsto dall’ordinamento

e, in relazione alle condizioni cliniche,

procede comunque tempestivamente alle

cure ritenute indispensabili e indifferibili.

13

Art. 39 Assistenza al paziente con prognosi

infausta o con definitiva compromissione

dello stato di coscienza

Il medico non abbandona il paziente con

prognosi infausta o con definitiva

compromissione dello stato di coscienza, ma

continua ad assisterlo e se in condizioni

terminali impronta la propria opera alla

sedazione del dolore e al sollievo dalle

sofferenze tutelando la volontà, la dignità e

la qualità della vita.

Il medico, in caso di definitiva

compromissione dello stato di coscienza del

paziente, prosegue nella terapia del dolore e

nelle cure palliative, attuando trattamenti di

sostegno delle funzioni vitali finché ritenuti

proporzionati, tenendo conto delle

dichiarazioni anticipate di trattamento.

Ricordiamo che il consenso è:

Personale

Il consenso è personale e non delegabile a famigliari o ad altri.

Essendo espressione di autodeterminazione terapeutica può provenire solo dalla persona che

ha la disponibilità giuridica del bene, tranne i casi di esercizio di tutela per il paziente incapace

o della potestà dei genitori per il paziente minorenne.

Esplicito

Non può mai essere desunto né implicito all’accettazione della cura.

Deve sempre essere espresso nelle modalità previste.

In genere, per l’atto diagnostico-terapeutico non è previsto nella forma scritta, tuttavia lo

scritto può essere prova dell’avvenuta informazione e può essere momento utile di riflessione

per il paziente.

Specifico

Deve essere riferito unicamente alla prestazione che viene prospettata.

Una condotta diversa da quella per cui è stato dato il consenso non è legittimata, salvo nei

casi nei quali si può configurare uno stato di necessità.

Consapevole

Deve sempre seguire ad una informazione adeguata, completa e recepita.

Nel momento nel quale viene espresso il paziente deve essere capace di intendere e volere.

In dottrina, si esprimono forti dubbi sulla validità del consenso allorquando espresso in presenza

di sofferenze acute.

Libero

Il consenso non è valido se coercito o acquisito con inganno o errore.

Deve essere finalizzato alla preservazione o al recupero del benessere fisico o psichico.

La capacità decisionale va verificata di volta in volta, accertando se il paziente sia in grado di

comunicare col/coi curante/i e se dia segno di aver compreso l’informazione, se intenda le

alternative e persista nelle conclusioni espresse.

14

Preventivo

Deve sempre precedere l’avvio del trattamento e può essere sempre revocato prima di ogni

trattamento.

Attuale

Il consenso deve essere persistente al momento dell’atto medico.

La condotta di corretta informazione sul trattamento sanitario, specie quando è ad

alto rischio, non appartiene ad un momento prodromico esterno al contratto, ma è

condotta interna al cd. "contatto medico sanitario" ed è elemento strutturale interno al

rapporto giuridico che determina il consenso al trattamento sanitario.

Cass. civ. Sez. III, 19-10-2006, n. 22390

Ricordiamo che l’informazione deve essere:

Veritiera

L’informazione non può essere data con frasi ingannevoli o con mezzi termini.

Completa

Debbono essere forniti al paziente tutti gli elementi comparativi che gli possano permettere di

effettuare la scelta: vanno dati al paziente quegli elementi necessari e utili per una opzione

ragionevole, tralasciando ciò che non ha incidenza sui fattori di rischio e di successo del

trattamento.

Compresa

L’informazione deve essere recepita dal paziente e pertanto deve essere fornita con termini di

uso corrente e non con meri dati tecnici.

Infatti l’informazione deve essere comprensibile, per porre il paziente nella condizione di capire

la situazione da affrontare e le eventuali alternative in modo da poter fare liberamente e

oculatamente delle scelte.

Il consenso può essere sempre revocato

La revoca può essere effettuata in ogni momento e deve essere rispettata dopo che il

paziente sia stato perfettamente informato delle conseguenze. Questo principio non significa

tuttavia che, per esempio, il ritiro del consenso da parte del paziente durante un'operazione

debba essere sempre rispettato. Le norme e gli obblighi professionali nonché le regole di

comportamento applicabili alla fattispecie (...) possono obbligare il medico a proseguire

l'intervento, per evitare una grave messa in pericolo della salute dell'interessato (Rapporto

esplicativo alla Convenzione di Oviedo).

In particolare, il paziente può revocare il consenso manifestato solo se l'atto medico è

arrestabile senza imminente pregiudizio per la sua salute.

Lo stato di necessità

Se il paziente non è in grado di dare un valido consenso, il medico deve assumersi in prima

persona ogni responsabilità e, qualora decida di intervenire, non sarà punibile:

purché sussistano i requisiti dello stato di necessità per salvare il paziente da un pericolo

attuale di un danno grave alla persona non altrimenti evitabile e l'intervento sia

proporzionale al pericolo;

ovvero

purché emerga il proprio obbligo di attivarsi.

15

Emergenza terapeutica

Si intende per emergenza terapeutica, una situazione clinica a fronte della quale la mancata

esecuzione di un determinato intervento terapeutico provocherebbe la morte del paziente o

un significativo aggravarsi delle sue condizioni.

Codice di deontologia - Art. 36 Assistenza di urgenza e di emergenza

Il medico assicura l’assistenza indispensabile, in condizioni d’urgenza e di emergenza, nel

rispetto delle volontà se espresse o tenendo conto delle dichiarazioni anticipate di

trattamento se manifestate.

Il Codice di deontologia del 2006 prevedeva:

art. 36 Assistenza d'urgenza

Allorché sussistano condizioni di urgenza, tenendo conto delle volontà della persona se

espresse, il medico deve attivarsi per assicurare l'assistenza indispensabile.

Si pongono dei punti interrogativi sul “rispetto delle volontà se espresse o tenendo conto delle

dichiarazioni anticipate di trattamento se manifestate” e il concetto della attualità del

consenso.

L’informativa

La persona a cui viene richiesto il consenso deve ricevere informazioni chiare e comprensibili

sia sulla sua malattia sia sulle indicazioni terapeutiche e in caso di indicazione chirurgica o di

necessità di esami diagnostici, specialmente se invasivi, la persona a cui viene richiesto il

consenso deve essere esaurientemente informata sulla caratteristica della prestazione, in

rapporto naturalmente alla propria capacità di apprendimento.

La persona che deve dare il consenso deve essere messa a conoscenza delle eventuali

alternative diagnostiche o terapeutiche.

Inoltre deve essere portata a conoscenza sui rischi connessi e sulla loro percentuale di

incidenza, nonché sui rischi derivanti dalla mancata effettuazione della prestazione.

Inoltre deve essere informata sulle capacità della struttura sanitaria di intervenire in caso di

manifestazione del rischio temuto.

Di particolare interesse è stato il Seminario del 30 marzo 2011 CONSENSO INFORMATO E

RESPONSABILITÀ MEDICA, organizzato dall’Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata

della Corte Suprema di Cassazione ove è stata affrontata la tematica del Consenso Informato,

dopo accurata disamina delle decisioni di merito.

Cinque sarebbero le regole cardine e precisamente:

chi deve dare l’informazione

a chi va data l’informazione

quando va data l’informazione

cosa va detto in sede di informazione

come va data l’informazione

16

1. Chi deve dare l’informazione.

La giurisprudenza di merito fa riferimento al personale sanitario medico, mentre non si è

pronunciata sulla idoneità della informativa fornita dal personale paramedico.

2. A chi va data l’informazione.

La giurisprudenza di merito è concorde nell’affermare che, se l’interessato è persona

capace, l’informazione deve essere data a lui, mentre non è idonea l’informazione data

ad un congiunto, anche se c’è il rischio di uno “shock” psicologico; in tal caso il medico

può, anzi deve, fornire il necessario supporto psicologico.

In caso di incapacità l’informazione va data al tutore o se minore al genitore; in caso di

persone incapaci, ma non interdette, all’amministratore di sostegno.

3. Quando va data l’informazione.

La giurisprudenza ritiene che l’informazione vada fornita sempre, quale che sia

l’intervento (diagnostico o terapeutico), nonché nel caso di prelievi ed analisi e di

prescrizioni di farmaci.

4. Cosa va detto in sede di informazione.

Circa il contenuto dell’informazione, è generalmente condivisa l’ampia portata dei

relativi obblighi, estesi ai rischi dell’intervento, alle probabilità di riuscita, alle alternative

terapeutiche ed ospedaliere. Nel caso di intervento con finalità prettamente estetiche,

l’obbligo è rafforzato circa le possibili conseguenze negative dell’intervento.

5. Come va data l’informazione.

È pacifico che l’informazione deve essere adeguata alle condizioni soggettive del

paziente. Inoltre il medico è tenuto (non è solo un imperativo morale, è proprio un

obbligo giuridico) ad insistere - magari con il dovuto garbo, ma ad insistere - in tali

consigli volti al bene del paziente, con tanto maggior impegno quanto maggiore è il

rischio che il paziente (eventualmente riottoso) corre ove non accetti la proposta

terapeutica.

COSA PREVEDE IL CODICE DEONTOLOGICO SUL CONSENSO INFORMATO

Il Codice di Deontologia Medica nel costante principio del rispetto della persona malata e

della sua dignità non si discosta dal solco dottrinario e giurisprudenziale e il -Consenso

informato- è l'applicazione di tale concetto.

L'articolo 35 stabilisce che "il medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche

e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in

presenza di dissenso informato" e all'articolo 37 in caso di minore o infermo di mente

puntualizza che " il medico, in caso di paziente minore o incapace, acquisisce dal

rappresentante legale il consenso o il dissenso informato alle procedure diagnostiche e/o agli

interventi terapeutici".

Ne deriva che solo in casi routinari si può presumere che dal generico conferimento

dell'incarico fatto al medico liberamente scelto, sia stato dato anche un consenso alle cure e

agli interventi diagnostici, anche se va tenuto presente che il consenso anche se presunto non

è mai implicito.

In ogni altro caso, cioè nei trattamenti diagnostico-terapeutici che eccedono l'ordinario o con

possibilità lesive sull'integrità psicofisica del paziente, il consenso deve essere sempre espresso.

Nel rapporto medico paziente si è passati dal -paternalismo benevolo- alla -condotta

condivisa- nell'atto medico, ancora considerato come una -prestazione di mezzi- secondo le

regole del buon padre di famiglia e non come una -garanzia di risultato-, ove, secondo il

giudice Alfonso Marra, per "risultato si intende il completo svolgimento dell'attività

professionale su base collaborativa in rapporto alle informazioni fornite, all'esattezza della

17

diagnosi, della prognosi e delle conseguenze dell'intervento chirurgico, non intendendosi

raggiunto qualora si verifichi un evento lesivo collegato e un rischio non comunicato al

paziente".

Il Codice deontologico prevede che il consenso debba essere espresso in forma scritta nei

casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o

terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna

una manifestazione inequivoca della volontà della persona.

Il medico deve sempre rispettare la volontà di curarsi del paziente: in presenza di

documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai

conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico

contro la volontà della persona, tranne i casi in cui il paziente non sia in grado di esprimere la

propria volontà in caso di grave pericolo di vita, tenendo sempre conto di quanto

eventualmente precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato: “il

medico, nel tenere conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento, verifica la loro

congruenza logica e clinica con la condizione in atto e ispira la propria condotta al rispetto

della dignità e della qualità di vita del paziente, dandone chiara espressione nella

documentazione sanitaria”.

Ricordiamo che in caso di grave pericolo di vita, anche senza l'espressione di un consenso, il

medico è legittimato ad agire dallo -stato di necessità- previsto dall’articolo 54 del codice

penale.

Ma fino a che punto l'esplicito rifiuto del paziente capace di intendere e volere obbliga il

medico a cessare da qualsiasi attività di diagnosi e di terapia, posto che non è consentito

alcun trattamento medico contro la volontà del paziente? Sino a che punto è valido il rifiuto

del paziente alle attività di cura e di diagnosi, dato che il rifiuto comporterebbe un atto

dispositivo della vita o dell'integrità psicofisica cioè di beni indisponibili?

Il medico si chiede "se agisco in presenza di un consenso negativo possono incorrere nella

violenza privata?", al contrario "se non agisco posso incorrere in omicidio colposo?"

Orbene, anche il Codice deontologico nel rispetto della persona riconosce il diritto del

paziente a non curarsi.

Di notevole interesse è il parere di un magistrato, il dott. Domenico Fiordalisi: "Il principio

dell'autodeterminazione trova un riconoscimento nel nostro ordinamento nella corretta

interpretazione dell’art. 2 della Costituzione, in quanto la dottrina più evoluta ha superato la

concezione -funzionalista- della necessità della tutela della vita e della salute per

l'adempimento degli -inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale-.

Non vi è quindi un dovere di tenersi in vita ed in buona salute per far fronte agli interessi

collettivi, in quanto la Carta costituzionale è ispirata al principio personalistico.

Ne deriva il riconoscimento di un diritto a restare malato, che è legittimamente comprimibile

solo dove il rifiuto di cure da parte di un soggetto esponga a pericolo la salute altrui.

Ne deriva che, in presenza di dissenso proveniente da un soggetto capace di intendere e di

volere, il trattamento coattivo costituisce reato (artt. 582-583, 610-611-612-613 ); al contrario

l'omissione di trattamento ed il mancato impedimento della morte del paziente sarà

scriminato, in quanto giuridicamente doveroso ex art. 51 c.p.

Il medico avrà solo il dovere di assicurare i trattamenti consentiti dal paziente dissenziente,

rappresentandogli i rischi specifici legati alla persistenza del suo rifiuto.

Non manca chi critica questa posizione (Eusebi L. Sul mancato consenso al trattamento

terapeutico pag. 728, il quale valorizza la finalità terapeutica realizzata lege artis) e la

Cassazione proprio con la sentenza 27 marzo 2001 n. 731 sez. IV ha scelto una posizione

intermedia ritenendo di limitare la penale responsabilità del medico all'ipotesi di un intervento

18

chirurgico effettuato contro la volontà espressa e conclamata del paziente e non anche

quando il consenso manchi."

Prosegue peraltro il dott. Fiordalisi ponendo l'attenzione che se il medico agisce lo fa,

sicuramente ritenendo suo dovere inderogabile quello di salvare la vita del paziente esposto a

grave pericolo. Inoltre la vita non sarebbe un bene disponibile, nemmeno da parte del suo

titolare, come si evince dagli artt. 579, 580 c.p. relativi all'omicidio del consenziente ed

all'agevolazione ed istigazione al suicidio.

Potrebbe, dunque, insorgere la domanda: fino a che punto dunque se il medico rimane

inerte, pur in presenza del dissenso espresso, non può essere ritenuto partecipe dell'omicidio di

un consenziente o agevolatore di un suicida?

Il consenso per essere valido può derivare solo dalla conoscenza, più completa possibile,

possibilmente (anche per eventuali risvolti in caso di contestazione: l’ho detto, non l'ho detto,

io non lo faccio, ecc.) dallo -stesso- operatore, del trattamento che verrà praticato, dei

benefici che ne deriverebbero, dei rischi possibili e prevedibili, dalle diverse soluzioni

diagnostico terapeutiche alternative coi rischi connessi.

Il consenso dell'assistito è valido solo se preceduto da una informazione -adeguata- e,

ovviamente, -compresa-: "nell'ipotesi in cui, per negligenza o per imprudenza, il chirurgo

ometta di informare adeguatamente il paziente circa i rischi cui va incontro e ottenga, perciò,

un consenso viziato in quanto non adeguatamente informato..(Cassazione sez. IV 5 novembre

2002 numero 1240)".

L'informazione deve essere resa in modo comprensibile o in modo obiettivo, seppur con quella

dovuta circospezione riguardanti prognosi infauste o con gravi rischi, tali da poter

preoccupare in modo traumatizzante il paziente che difficilmente potrebbe dare con serenità

il consenso richiesto.

Va precisato che il dovere di informare da parte del medico e il diritto di essere informato da

parte del paziente è previsto, appunto, anche dall'articolo 33 del Codice deontologico: "il

medico garantisce alla persona assistita o al suo rappresentante legale un’informazione

comprensibile ed esaustiva sulla prevenzione, sul percorso diagnostico, sulla diagnosi, sulla

prognosi, sulla terapia e sulle eventuali alternative diagnostico-terapeutiche, sui prevedibili

rischi e complicanze, nonché sui comportamenti che il paziente dovrà osservare nel processo

di cura”.

L'articolo prosegue: “il medico adegua la comunicazione alla capacità di comprensione

della persona assistita o del suo rappresentante legale, corrispondendo a ogni richiesta di

chiarimento, tenendo conto della sensibilità e reattività emotiva dei medesimi, in particolare

in caso di prognosi gravi o infauste, senza escludere elementi di speranza” e al penultimo

comma prevede che “il medico rispetti la necessaria riservatezza dell’informazione e la

volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto

l’informazione, riportandola nella documentazione sanitaria” e all’ultimo comma conclude “il

medico garantisce al minore elementi di informazione utili perché comprenda la sua

condizione di salute e gli interventi diagnostico-terapeutici programmati, al fine di

coinvolgerlo nel processo decisionale”.

E proprio riguardo al minore o incapace, l’articolo 37 del Codice deontologico prevede: "il

medico, in caso di paziente minore o incapace, acquisisce dal rappresentante legale il

consenso o il dissenso informato alle procedure diagnostiche e/o agli interventi terapeutici”.

Inoltre, in caso di diniego da parte del minore o di chi esercita la potestà genitoriale per un

intervento diagnostico-terapeutico ritenuto necessario ed indifferibile, lo stesso articolo

prevede che “il medico segnali all’Autorità competente l’opposizione da parte del minore

informato e consapevole o di chi ne esercita la potestà genitoriale a un trattamento ritenuto

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necessario e, in relazione alle condizioni cliniche, proceda comunque tempestivamente alle

cure ritenute indispensabili e indifferibili”, prevedendo in tal modo sia attraverso l’informazione

tempestiva che il giudice e l'organo giudiziario competente (in caso di minorenni il Tribunale

dei minori), dopo la valutazione degli interessi del minore o dell'incapace, possa dare

autorizzazione ad intervenire, e, inoltre, in caso di particolare urgenza indifferibile la possibilità

di immediata esecuzione del trattamento giustificata dallo stato di necessità come previsto

dall’articolo 54 del codice penale.

Rispetto al precedente Codice del 2006, l’attuale Codice prevede che il medico debba

“tener conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento” e, in particolare, che “nel tenere

conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento, verifichi la loro congruenza logica e clinica

con la condizione in atto e ispiri la propria condotta al rispetto della dignità e della qualità di

vita del paziente, dandone chiara espressione nella documentazione sanitaria”.

Il medico, peraltro, dovrà anche tenere presente che ogni espressione decisionale anticipata

deve rispettare il concetto dell’attualità cioè essere persistente al momento dell’atto medico.

IL CONSENSO INFORMATO NEL CODICE DEONTOLOGICO

Capo IV

Informazione e comunicazione - Consenso e dissenso

Art. 33 Informazione e comunicazione con la persona assistita

Il medico garantisce alla persona assistita o al suo rappresentante legale un’informazione

comprensibile ed esaustiva sulla prevenzione, sul percorso diagnostico, sulla diagnosi, sulla

prognosi, sulla terapia e sulle eventuali alternative diagnostico-terapeutiche, sui prevedibili

rischi e complicanze, nonché sui comportamenti che il paziente dovrà osservare nel processo

di cura.

Il medico adegua la comunicazione alla capacità di comprensione della persona assistita o

del suo rappresentante legale, corrispondendo a ogni richiesta di chiarimento, tenendo

conto della sensibilità e reattività emotiva dei medesimi, in particolare in caso di prognosi

gravi o infauste, senza escludere elementi di speranza.

Il medico rispetta la necessaria riservatezza dell’informazione e la volontà della persona

assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione, riportandola

nella documentazione sanitaria.

li medico garantisce al minore elementi di informazione utili perché comprenda la sua

condizione di salute e gli interventi diagnostico-terapeutici programmati, al fine di

coinvolgerlo nel processo decisionale.

Art. 34 Informazione e comunicazione a terzi

L’informazione a terzi può essere fornita previo consenso esplicitamente espresso dalla

persona assistita, fatto salvo quanto previsto agli artt. 10 e 12, allorché sia in grave pericolo la

salute o la vita del soggetto stesso o di altri.

Il medico, in caso di paziente ricoverato, raccoglie gli eventuali nominativi delle persone

indicate dallo stesso a ricevere la comunicazione dei dati sensibili.

Art. 35 Consenso e dissenso informato

L’acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza

del medico, non delegabile.

Il medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici

senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato.

Il medico acquisisce, in forma scritta e sottoscritta o con altre modalità di pari efficacia

documentale, il consenso o il dissenso del paziente, nei casi previsti dall’ordinamento e dal

Codice e in quelli prevedibilmente gravati da elevato rischio di mortalità o da esiti che

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incidano in modo rilevante sull’integrità psico-fisica.

Il medico tiene in adeguata considerazione le opinioni espresse dal minore in tutti i processi

decisionali che lo riguardano.

Art. 36 Assistenza di urgenza e di emergenza

Il medico assicura l’assistenza indispensabile, in condizioni d’urgenza e di emergenza, nel

rispetto delle volontà se espresse o tenendo conto delle dichiarazioni anticipate di

trattamento se manifestate.

Art. 37 Consenso o dissenso del rappresentante legale

Il medico, in caso di paziente minore o incapace, acquisisce dal rappresentante legale il

consenso o il dissenso informato alle procedure diagnostiche e/o agli interventi terapeutici.

Il medico segnala all’Autorità competente l’opposizione da parte del minore informato e

consapevole o di chi ne esercita la potestà genitoriale a un trattamento ritenuto necessario e,

in relazione alle condizioni cliniche, procede comunque tempestivamente alle cure ritenute

indispensabili e indifferibili

Art. 38 Dichiarazioni anticipate di trattamento

Il medico tiene conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento espresse in forma scritta,

sottoscritta e datata da parte di persona capace e successive a un’informazione medica di

cui resta traccia documentale.

La dichiarazione anticipata di trattamento comprova la libertà e la consapevolezza della

scelta sulle procedure diagnostiche e/o sugli interventi terapeutici che si desidera o non si

desidera vengano attuati in condizioni di totale o grave compromissione delle facoltà

cognitive o valutative che impediscono l’espressione di volontà attuali.

Il medico, nel tenere conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento, verifica la loro

congruenza logica e clinica con la condizione in atto e ispira la propria condotta al rispetto

della dignità e della qualità di vita del paziente, dandone chiara espressione nella

documentazione sanitaria.

Il medico coopera con il rappresentante legale perseguendo il migliore interesse del

paziente e in caso di contrasto si avvale del dirimente giudizio previsto dall’ordinamento e, in

relazione alle condizioni cliniche, procede comunque tempestivamente alle cure ritenute

indispensabili e indifferibili.

Art. 39 Assistenza al paziente con prognosi infausta o con definitiva compromissione dello

stato di coscienza

Il medico non abbandona il paziente con prognosi infausta o con definitiva compromissione

dello stato di coscienza, ma continua ad assisterlo e se in condizioni terminali impronta la

propria opera alla sedazione del dolore e al sollievo dalle sofferenze tutelando la volontà, la

dignità e la qualità della vita.

Il medico, in caso di definitiva compromissione dello stato di coscienza del paziente,

prosegue nella terapia del dolore e nelle cure palliative, attuando trattamenti di sostegno

delle funzioni vitali finché ritenuti proporzionati, tenendo conto delle dichiarazioni anticipate

di trattamento.

CODICE PENALE

Art. 51. Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere.

L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un

ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità.

Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'autorità, del reato risponde sempre il

pubblico ufficiale [c.p. 357] che ha dato l'ordine.

Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto abbia ritenuto

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di obbedire a un ordine legittimo.

Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun

sindacato sulla legittimità dell'ordine.

Art. 54. Stato di necessità.

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé

od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non

volontariamente causato, né altrimenti evitabile sempre che il fatto sia proporzionato al

pericolo.

Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al

pericolo.

La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è

determinato dall'altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona

minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo.

Art. 579. Omicidio del consenziente.

Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui [c.p. 50], è punito con la reclusione

da sei a quindici anni [c.p. 20, 32].

Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61.

Si applicano le disposizioni relative all'omicidio [c.p. 575, 576, 577] se il fatto è commesso:

1. contro una persona minore degli anni diciotto;

2. contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza

psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;

3. contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza,

minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.

Art. 580. Istigazione o aiuto al suicidio.

Chiunque determina altrui al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola

in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a

dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni sempre

che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima [c.p. 29, 32, 50,

583].

Le pene sono aumentate [c.p. 64] se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una

delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona

suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di

volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio [c.p.p. 575, 576, 577].

Art. 582. Lesione personale.

Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel

corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni.

Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle

circostanze aggravanti previste dagli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel

numero 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa

Art. 583. Circostanze aggravanti

La lesione personale è grave, e si applica la reclusione da tre a sette anni:

1. se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero

una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo

superiore ai quaranta giorni;

2. se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo.

22

La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto

deriva:

1. una malattia certamente o probabilmente insanabile;

2. la perdita di un senso;

3. la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita

dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave

difficoltà della favella;

4. la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso.

Art. 610. Violenza privata

Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa

è punito con la reclusione fino a quattro anni.

La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339.

Art. 611. Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato

Chiunque usa violenza o minaccia per costringere o determinare altri a commettere un fatto

costituente reato è punito con la reclusione fino a cinque anni.

La pena è aumentata se concorrono le condizioni previste dall'articolo 339.

Art. 612. Minaccia

Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la

multa fino a lire centomila.

Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339, la pena è della

reclusione fino a un anno e si procede d'ufficio.

Art. 613. Stato di incapacità procurato mediante violenza

Chiunque, mediante suggestione ipnotica o in veglia, o mediante somministrazione di sostanze

alcoliche o stupefacenti, o con qualsiasi altro mezzo, pone una persona, senza il consenso di

lei, in stato di incapacità d’intendere o di volere, è punito con la reclusione fino ad un anno.

Il consenso dato dalle persone indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo 579 non esclude la

punibilità.

La pena è della reclusione fino a cinque anni:

1. se il colpevole ha agito col fine di far commettere un reato;

2. se la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto preveduto dalla legge

come delitto.

REQUISITI DEL CONSENSO INFORMATO

MODALITA’DI ESPRESSIONE

La legge prevede che il consenso debba essere scritto e conseguentemente firmato dal

paziente nei seguenti casi:

nelle trasfusioni di sangue o emoderivati;

nella sperimentazione;

nei trapianti;

nella privacy;

negli accertamenti HIV (anche se la normativa non è molto chiara, ma è diventata prassi

corrente);

nei trattamenti radianti.

FATTORI CONDIZIONANTI LA RICEZIONE DEL MESSAGGIO

Fattori riguardanti il medico.

Per una buona ricezione del messaggio di informazione da parte del paziente il medico non

deve essere condizionato dal fattore tempo. Deve essere scelto un ambiente favorevole al

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dialogo per favorire una buona disponibilità all’ascolto e alla partecipazione al dialogo,

presupposti importanti nella comunicazione. Vanno dati ragguagli clinici con linguaggio

semplice, senza terminologie scientifiche e ogni tanto è utile verificare se c’è stata

comprensione di ciò che è stato detto.

Fattori riguardanti il paziente:

Infatti lo stress e lo stato di salute che può incidere con una maggior fragilità emotiva, possono

ostacolare la comprensione e porre paraventi a certe notizie se poco piacevoli, anche se il

dialogo è stato lungo ed esauriente(sindrome dello struzzo).

CONSEGUENZE DELL'INFORMAZIONE

Le conseguenze dell’informazioni possono avere risvolti

1. positivi e precisamente:

una conoscenza dell’evoluzione della malattia può facilitarne l’approccio e

l’accettazione delle terapie. Inoltre, porta a pianificare il futuro e migliora le relazioni

famigliari.

2. negativi e precisamente:

una conoscenza particolareggiata della malattia può peggiorare la qualità della vita,

dare maggiori stress emozionali, creare stati di ansia, di depressione, talora aggressività

da cui la necessità sottolineata dallo stesso Codice di dare le informazioni con

circospezione, ma soprattutto non escludendo elementi di speranza.

TITOLARITA’AL CONSENSO INFORMATO

Il consenso è personale e non delegabile a famigliari o ad altri.

Il consenso all'atto medico deve essere espresso dal paziente; in caso di minori deve essere

espresso da chi ha la potestà genitoriale ovvero in determinati casi dal giudice, mentre nei

casi di soggetti incapaci di intendere e di volere da chi ha la potestà tutoria.

In particolare, il consenso dei prossimi congiunti non ha alcun significato legale.

Il medico può prescindere dal consenso in caso di necessità improrogabile (urgenza

inderogabile ai fini della vita). Però fino a quando può ignorare l'eventuale volontà espressa in

precedenza dal paziente? Infatti secondo la Cassazione Civile sezione III (sentenza numero

22390 del 19 ottobre 2006) il consenso dovrebbe essere persistente al momento dell’atto

medico: la condotta di corretta informazione sul trattamento sanitario, specie quando è ad

alto rischio, non appartiene ad un momento prodromico esterno al contratto, ma è condotta

interna al cd. "contatto medico sanitario" ed è elemento strutturale interno al rapporto

giuridico che determina il consenso al trattamento sanitario.

TITOLARITA’IN CASO DI MINORI

Dalla nascita alla maggiore età, tranne i casi di emancipazione e alcune altre situazioni

specificatamente previste dalla legge (vedi -Si esula dal consenso informato-), gli atti relativi al

minore per i quali è necessaria la capacità di agire vengono compiuti dai genitori in quanto

titolari della potestà genitoriale (art. 316 c.c.), in comune accordo o dal tutore.

Se uno dei genitori non può esercitare la potestà a causa di lontananza, di incapacità, o di

altro impedimento, la potestà è esercitata in modo esclusivo dall’altro genitore (art. 317 c.c.).

In caso di minore al medico compete la decisione clinica che va adottata solo dopo aver

tenuto conto dell'opinione di entrambi i genitori (a maggior ragione se i genitori sono separati)

e, ove possibile, la volontà del soggetto.

In particolare, secondo gli attuali orientamenti :

• prima dei 6-7 anni un bambino non può esprimere un consenso autonomo

24

• tra i 7 e i 13 anni un bambino in qualche misura può essere coinvolto nel consenso,

anche se è necessario e prevale quello dei genitori

• dopo i 14 anni (secondo gli ultimi orientamenti si scende a 12 anni per certe situazioni e

anche a meno se capaci di discernimento) il bambino dovrebbe essere prioritariamente

coinvolto anche se il consenso compete legalmente ai genitori (art.2 cc con la maggiore

età si acquisisce la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età

diversa).

In caso di dissenso su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere al

giudice (Tribunale per i Minorenni) indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.

In caso di urgenza e necessità, il dissenso dei genitori non deve condizionare l'operato del

medico: nei casi in cui vi sia difformità fra la decisione del medico e la potestà del genitore o

del tutore di rifiuto alle cure, per il diritto alla vita del minore o dell'incapace, il medico, non

potendosi sostituire a lui, ha il dovere di informare il giudice competente perché adotti i

provvedimenti di urgenza e solo nel caso di impossibilità di un intervento del magistrato, il

medico potrà e dovrà agire sulla base dello stato di necessità.

Se il padre e la madre rifiutano un trattamento, ma il figlio la pensa diversamente, secondo la

legge l'intervento che non riveste un carattere di urgenza deve essere rimandato finché il

minore non avrà compiuto i 18 anni.

Figli minori di genitori non coniugati

In generale nel nostro ordinamento (art. 317 c.c.) la potestà spetta al genitore che ha

riconosciuto il figlio naturale.

Tuttavia, se il riconoscimento del figlio naturale è fatto da entrambi i genitori, l’esercizio della

potestà spetterà ad entrambi congiuntamente qualora siano conviventi; se i genitori non

convivono fra loro l’esercizio della potestà spetta al genitore con il quale il figlio convive e se il

minore non convive con alcuno di essi, la potestà spetta al primo dei genitori che ha

effettuato il riconoscimento.

In generale, il consenso alle cure dei figli minori naturali riconosciuti (nati cioè fuori del

matrimonio) deve essere prestato dal genitore che ha riconosciuto il minore e/o che sia con lui

convivente.

Figli minori di genitori separati o divorziati

Dal 10 marzo 2006 (legge 54/2006 e in precedenza legge 149/2001) è entrata in vigore la

legge sull’affidamento condiviso: la nuova normativa prevede l’affidamento esclusivo del

minore ad uno solo dei genitori come ipotesi residuale ed eccezionale.

La regola è quella dell’affidamento condiviso, con esercizio della potestà genitoriale da parte

di entrambi i genitori, per cui:

• in caso di affidamento condiviso il consenso alle cure può essere validamente prestato

da entrambi i genitori congiuntamente o disgiuntamente, avendo essi la piena potestà

genitoriale; le decisioni di maggiore interesse per i figli, tra cui quelle riguardanti la salute,

devono essere assunte di comune accordo dai genitori ed in caso di contrasto la

decisione è rimessa al Giudice;

• in caso di affidamento esclusivo ad uno solo dei genitori, il consenso alle cure dovrà

essere prestato dal genitore affidatario, fermo restando che è opportuno coinvolgere

nell’acquisizione del consenso alle cure del minore anche il genitore separato o

divorziato non affidatario.

25

Figli di genitori deceduti o che non possono esercitare la potestà

In questo caso si apre d’ufficio la tutela: il Tribunale per i Minorenni nomina un tutore ed è a

costui che deve essere richiesto il consenso alle cure da eseguirsi sul minore (art. 343 c.c.).

CODICE PENALE

Art. 2. Maggiore età. Capacità di agire

La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore età si

acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa.

Art. 316. Esercizio della potestà dei genitori

1. Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all'età maggiore o all'emancipazione.

2. La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori.

3. In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può

ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei.

4. Se sussiste un incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio, il padre può

adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili.

5. Il giudice, sentiti i genitori ed il figlio, se maggiore degli anni quattordici, suggerisce le

determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e dell'unità familiare.

6. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei

genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l'interesse del figlio.

Art. 317. Impedimento di uno dei genitori

1. Nel caso di lontananza, di incapacità o di altro impedimento che renda impossibile

ad uno dei genitori l'esercizio della potestà, questa è esercitata in modo esclusivo

dall'altro.

2. La potestà comune dei genitori non cessa quando, a seguito di separazione, di

scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, i figli

vengono affidati ad uno di essi. L'esercizio della potestà è regolato, in tali casi,

secondo quanto disposto nell'art. 155.

Art. 343. Apertura della tutela

Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause non possono esercitare la potestà dei

genitori, si apre la tutela presso il tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari

e interessi del minore.

Se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela può essere ivi

trasferita con decreto del tribunale.

LIBERTA’DECISIONALE

Perché il consenso informato sia valido deve essere espresso con "volontà libera" e prima

dell'inizio dell'atto medico.

La capacità decisionale va verificata di volta in volta, accertando se il paziente sia in grado di

comunicare col/coi curante/i e se da segno di aver compreso l'informazione, se intenda le

alternative e persista nelle conclusioni espresse.

In presenza di esplicito rifiuto del paziente capace di intendere e volere, il medico deve

desistere da qualsiasi atto diagnostico e curativo, non essendo consentito alcun trattamento

medico contro la volontà del paziente, ove non ricorrano le condizioni di necessità e urgenza

implicanti "danno grave alla persona".

26

“Non si rinviene traccia costituzionale (e non potrebbe essere diversamente)

che imponga un obbligo di curarsi o che assegni un diritto del medico a

curare chi tali cure rifiuti, poiché non può immaginarsi un «bene vita» come

entità esterna all’individuo e che all’individuo possa essere imposto contro la

sua volontà” Gip del Tribunale di Torino - ordinanza depositata il 16 gennaio 2013

Un intervento "indicato", ma “non necessario” richiede sempre il consenso.

La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro

soggetto all'informazione, deve essere rispettata (Codice Deontologico articolo 33 comma 3).

DIRITTO ALLA AUTODETERMINAZIONE

In caso di intervento non preceduto da corretta informazione, ma rispetto al quale si possa

ritenere che il paziente anche se informato, non si sarebbe sottratto all’intervento proposto, le

lesioni alla salute, eventualmente insorte, non possono considerarsi conseguenza diretta

all’inadempimento (dell’obbligo di informare), ma sarà imputabile al/ai medico/i la violazione

del diritto alla autodeterminazione.

Anche in assenza di rilevanza causale della mancata informazione sul danno alla salute,

l’inadempimento di una corretta informazione è comunque da considerare produttiva di una

danno, per lesione non del diritto alla salute, ma di quello alla autodeterminazione, di per sé

risarcibile anche se non sfocia in un pregiudizio alla salute.

Il diritto alla autodeterminazione è un diritto inalienabile, da cui l’obbligo del/dei medico/i di

fornire tutte le informazioni ai pazienti per metterli in condizione di esprimere una vera scelta sui

possibili diversi modi di affrontare la malattia. L’inottemperanza a tale obbligo rappresenta,

pertanto, una forma di inadempimento che legittima la richiesta di risarcimento anche se ha

come oggetto la lesione del solo diritto alla scelta.

REQUISITI DI VALIDITA’

Il consenso autentico proviene da chi è titolare del diritto: deve essere espresso dalla persona

che ha disponibilità del bene giuridico protetto.

Il consenso deve rispettare i seguenti requisiti (mancandone anche uno solo il consenso stesso

è da considerarsi viziato):

• deve provenire dalla persona che ne ha la disponibilità (età e capacità giuridica );

• deve essere dato prima dell'inizio di ogni trattamento;

• deve essere manifestato esplicitamente al medico (possibilmente, nelle prestazioni

d’équipe, al sanitario che eseguirà la prestazione);

• è necessario per ogni singolo trattamento (limitato al tipo di intervento e non estensibile a

uno diverso);

• deve essere espresso liberamente, senza errori o ambiguità;

• può essere sempre revocato in qualsiasi momento;

• la persona a cui viene richiesto il consenso deve ricevere informazioni chiare e

comprensibili sia sulla sua malattia sia sulle indicazioni terapeutiche;

• in caso di esami diagnostici, in particolare se invasivi, oppure di intervento chirurgico il

paziente deve essere informato in modo esauriente sulla prestazione, essendo tenute

presenti le sue capacità intellettive e cognitive legate alla scolarità, al tenore sociale e

alla particolare emotività legata al momento e alla patologia;

27

• la persona che deve dare il consenso deve essere messa a conoscenza delle eventuali

alternative diagnostiche o terapeutiche coi loro rispettivi vantaggi, svantaggi e rischi;

• la persona che deve dare il consenso deve essere portata a conoscenza sui rischi

connessi e sulla loro percentuale di incidenza, nonché sui rischi derivanti dalla mancata

prestazione;

• il paziente che deve dare il consenso deve essere informato sulle possibilità organizzative

e di intervento della struttura sanitaria non solo per le prestazioni proposte, ma anche in

caso di comparsa di complicazioni;

• non è valido per prestazioni contrarie alle norme di legge.

In caso di ricovero ospedaliero o in casa di cura, il "consenso informato" (cioè la prova

dell’avvenuto consenso) deve far parte della cartella clinica.

RESPONSABILITA’NELLA RACCOLTA DEL CONSENSO INFORMATO

La responsabilità nella acquisizione del consenso all'atto medico diagnostico-terapeutico

spetta solo al medico.

L'infermiere non può mai essere delegato a sostituire il medico in questo compito (acquisire il

consenso è un atto medico), può invece partecipare all'informazione per i compiti di sua

competenza (assistenza infermieristica e generale) acquisendo il -consenso informato- solo per

le mansioni di sua competenza.

In particolare, il consenso dell'assistito è valido solo se preceduto da una informazione

"adeguata".

Nell'ipotesi in cui, per negligenza o per imprudenza, il medico ometta di informare

adeguatamente il paziente circa i rischi cui va incontro, il consenso è viziato, cioè non è

valido, in quanto il paziente non è stato adeguatamente informato e messo nelle condizioni di

poter prendere una decisione ponderata (Cassazione sez. IV 5 novembre 2002 numero 1240).

REQUISITI DELL'INFORMAZIONE

Perché il paziente possa esplicare appieno il proprio diritto di scelta ai provvedimenti medici di

diagnosi e cura e dare il consenso all'atto medico, deve essere adeguatamente informato.

L'informazione deve essere veritiera, completa, compresa.

L'informazione - Deve prevedere una descrizione accurata della metodica e delle alternative

diagnostico-terapeutiche, le possibilità di successo, i rischi connessi, gli eventuali effetti

collaterali.

In particolare (Cassazione sez. III civile - sentenza 14638 / 2004):

• l'obbligo di informazione si estende anche ai rischi specifici determinati da scelte

alternative per consentire al paziente l'orientamento verso una delle scelte possibili

valutando coscientemente i rischi e i vantaggi;

• l'obbligo di informazione si estende ai rischi prevedibili e non anche agli esiti anomali al

limite del fortuito, dovendosi contemperare la esigenza dell'informazione con la necessità

di evitare che il paziente eviti di sottoporsi all’intervento per informazioni allarmanti;

• l'informazione deve estendersi anche allo stato, alle dotazioni e alle attrezzature della

struttura sanitaria e alla loro efficienza.

La comprensione dell'informazione - L'informazione deve data in modo da essere compresa,

per porre il paziente nelle condizioni di capire affrontare la problematica e scegliere tra le

varie alternative prospettate.

28

COSA DICE IL CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA

Informazione e consenso

Art. 10 Segreto professionale

Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò di cui è a conoscenza in ragione della propria

attività professionale.

La morte della persona assistita non esime il medico dall’obbligo del segreto professionale.

Il medico informa i collaboratori e discendenti dell’obbligo del segreto professionale

sollecitandone il rispetto.

La violazione del segreto professionale assume maggior gravità quando ne possa derivare

profitto proprio o altrui, ovvero nocumento per la persona assistita o per altri.

La rivelazione è ammessa esclusivamente se motivata da una giusta causa prevista

dall’ordinamento o dall’adempimento di un obbligo di legge.

Il medico non deve rendere all’Autorità competente in materia di giustizia e di sicurezza

testimonianze su fatti e circostanze inerenti il segreto professionale.

La sospensione o l’interdizione dall’esercizio professionale e la cancellazione dagli Albi non

dispensano dall’osservanza del segreto professionale.

Art. 33 Informazione e comunicazione con la persona assistita

Il medico garantisce alla persona assistita o al suo rappresentante legale un’informazione

comprensibile ed esaustiva sulla prevenzione, sul percorso diagnostico, sulla diagnosi, sulla

prognosi, sulla terapia e sulle eventuali alternative diagnostico-terapeutiche, sui prevedibili

rischi e complicanze, nonché sui comportamenti che il paziente dovrà osservare nel processo

di cura.

Il medico adegua la comunicazione alla capacità di comprensione della persona assistita o

del suo rappresentante legale, corrispondendo a ogni richiesta di chiarimento, tenendo

conto della sensibilità e reattività emotiva dei medesimi, in particolare in caso di prognosi

gravi o infauste, senza escludere elementi di speranza.

Il medico rispetta la necessaria riservatezza dell’informazione e la volontà della persona

assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione, riportandola

nella documentazione sanitaria.

Il medico garantisce al minore elementi di informazione utili perché comprenda la sua

condizione di salute e gli interventi diagnostico-terapeutici programmati, al fine di

coinvolgerlo nel processo decisionale.

Art. 34 Informazione e comunicazione a terzi

L’informazione a terzi può essere fornita previo consenso esplicitamente espresso dalla

persona assistita, fatto salvo quanto previsto agli artt. 10 e 12, allorché sia in grave pericolo la

salute o la vita del soggetto stesso o di altri.

Il medico, in caso di paziente ricoverato, raccoglie gli eventuali nominativi delle persone

indicate dallo stesso a ricevere la comunicazione dei dati sensibili.

29

IN CASO DI DISSENSO

… il non consenso deve esprimere una volontà non astrattamente ipotetica, ma

concretamente accertata; una intenzione non meramente programmatica, ma

affatto specifica; una cognizione dei fatti non soltanto -ideologica-, ma frutto di

informazioni specifiche in ordine alla propria situazione sanitaria; un giudizio e non

una -precomprensione- …

Occorre distinguere l’ipotesi in cui il dissenso provenga direttamente dal paziente, da quella in

cui invece sia il rappresentante legale del paziente ad opporsi.

In caso di dissenso espresso dal legale rappresentante il medico può rivolgersi all'autorità

giudiziaria, evidenziando la situazione sanitaria del paziente ed il rifiuto del suo rappresentante

legale, ovviamente qualora non sussistano ragioni gravi di urgenza, tali da non consentire

alcun ritardo. In tale ultima ipotesi il sanitario deve attivarsi immediatamente.

Se il rifiuto è espresso dal paziente stesso, due sono gli orientamenti dottrinali, dovuti a una

certa confusione della norma costituzionale.

Da un lato, viene sostenuto che l'ordinamento non può consentire comportamenti di rifiuto alle

cure.

Si giustificherebbe un tale assunto in relazione all'art. 32 Costituzione, nel quale viene

evidenziato il valore collettivo del bene salute. Inoltre vanno tenuti conto una serie di obblighi

discendenti dalla normativa deontologia, le possibilità di incorrere nel reato di omissione di

soccorso cui in caso di inerzia il medico andrebbe incontro, ed inoltre la posizione di garanzia

rivestita dal medico nei confronti del paziente anche dissenziente.

Dall'altro lato, orientamento ora predominante, in riferimento al combinato disposto di cui agli

artt. 32 (diritto alla tutela della salute) e 13 (libertà personale) della Costituzione., viene

evidenziato come il bene salute abbia una rilevanza eminentemente personale, tollerando

limitazioni nei soli casi previsti dalla legge (in materia ad es. di trattamenti sanitari obbligatori

per la tutela della salute pubblico): a fronte del valido dissenso di un paziente in normale stato

di capacità, il medico deve astenersi da alcun intervento. Pertanto se il medico interviene

senza il preventivo consenso, egli sarebbe in ogni caso responsabile di lesioni personali ovvero,

in caso di esito mortale, di omicidio preterintenzionale.

Non v’è un dovere di tenersi in vita ed in buona salute per far fronte agli interessi collettivi, in

quanto la Carta costituzionale è ispirata al principio personalistico.

Ne deriva il riconoscimento di un diritto a restare malato, che è legittimamente comprimibile

solo dove il rifiuto di cure da parte di un soggetto esponga a pericolo la salute altrui.

A questo concetto si ispira l'attuale codice di deontologia medica.

Ne deriva che, in presenza di dissenso proveniente da un soggetto capace di intendere e di

volere, il trattamento coattivo costituisce reato, al contrario l'omissione di trattamento ed il

mancato impedimento della morte del paziente sarà scriminato, in quanto giuridicamente

doveroso ex art. 51 c.p.: l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una

norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità.

Il medico avrà solo il dovere di assicurare i trattamenti consentiti dal paziente dissenziente,

rappresentandogli i rischi specifici legati alla persistenza del suo rifiuto.

Non sono mancate critiche a questa posizione: Eusebi L. in un lavoro Sul mancato consenso al

trattamento terapeutico a pag. 728, valorizza la finalità terapeutica realizzata lege artis e la

Cassazione sez. IV con la sentenza n. 731del 27 marzo 2001 che ha scelto una posizione

intermedia ritenendo di limitare la responsabilità penale del medico all'ipotesi di un intervento

30

chirurgico effettuato contro la volontà espressa e conclamata del paziente e non anche

quando il consenso manchi.

C’è anche chi obietta: se il medico agisce, lo fa sicuramente ritenendo suo dovere

inderogabile quello di salvare la vita del paziente esposto a grave pericolo, inoltre fino a che

punto la vita sarebbe un bene disponibile, alla luce degli artt. 579, 580 c.p. relativi all'omicidio

del consenziente ed all'agevolazione ed istigazione al suicidio?

In particolare, il dissenso (c’è chi parla di “non consenso”) rispetto a terapie future deve essere

manifestato in maniera espressa, inequivoca, attuale e informata; in particolare anche

quando il rifiuto alle cure espone al rischio di perdere la vita.

Il dissenso, dunque, deve essere manifesto solo dopo che l’interessato si è formato una

rappresentazione veritiera e attuale delle proprie condizioni di salute, prendendo

consapevolezza della diversa gravità cui espone.

In particolare, va tenuto presente che una cosa è un generico diniego a un trattamento in

condizioni di piena salute, altra cosa è la sua riaffermazione in una situazione di pericolo di

vita. Da qui l’esigenza che nella manifestazione di dissenso al trattamento emerga senza

equivoci la volontà -attuale- di impedire la terapia anche in pericolo di vita.

Nel caso di delega da parte del paziente a un terzo, costui deve dimostrare il proprio potere

rappresentativo e deve confermare il -non consenso- dopo aver ricevuto dai medici tutte le

informazioni necessarie.

MANCANZA DI CONSENSO E STATO DI NECESSITA’

Nelle ipotesi in cui il paziente -non possa- prestare alcun valido consenso, il medico dovrà

assumersi in prima persona ogni responsabilità, e, qualora decidesse di intervenire, non sarà

punibile:

• purché sussistano i requisiti di cui all'art. 54 c.p ., e cioè lo stato di necessità, che

risulta integrato quando egli debba agire mosso dalla necessità di salvare il paziente

dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (cd. soccorso di necessità),

sempre che il pericolo non sia stato da lui volontariamente causato, né sia altrimenti

evitabile, e l'intervento sia proporzionale al pericolo;

• ovvero purché emerga il proprio obbligo di attivarsi.

Un rifiuto da parte del paziente alle cure non deve però tradursi in un rifiuto alla assistenza, ciò

specialmente nell'ospedale pubblico che ha dei doveri di assistenza verso i pazienti ricoverati.

L’emergenza terapeutica - Si intende per emergenza terapeutica, una situazione clinica a

fronte della quale la mancata esecuzione di un determinato intervento terapeutico

provocherebbe la morte del paziente o un significativo aggravarsi delle sue condizioni.

CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA

Art. 36 Assistenza di urgenza e di emergenza

Il medico assicura l’assistenza indispensabile, in condizioni d’urgenza e di emergenza, nel

rispetto delle volontà se espresse o tenendo conto delle dichiarazioni anticipate di

trattamento se manifestate.

Ma la domanda è come conciliare le volontà in precedenza espresse o le dichiarazioni

anticipate col concetto dell’-attualità- del consenso in caso di persona assistita non nelle

facoltà di intendere e volere.

31

CONSENSO INFORMATO IN SITUAZIONE DI INCAPACITA’TRANSITORIA

Una parte della dottrina richiama il -consenso presunto- che si concretizza mediante

l'intervento dei congiunti che si esprimono al posto del soggetto interessato, presumendone la

volontà, peraltro molto discutibile.

SI ESULA DAL CONSENSO INFORMATO

La legge 833/1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale all’articolo 33 non prevede

l'acquisizione del Consenso informato nei trattamenti sanitari obbligatori per

• forme psichiatriche;

• malattie infettive diffusive nei casi previsti dalla legge;

• vaccinazioni obbligatorie salvo deroghe previste per legge.

Su richiesta del minorenne si può procedere all’atto sanitario a prescindere dal consenso o dal

dissenso dei genitori o del tutore o, addirittura, alla loro insaputa in alcune situazioni e

precisamente (da 9.1.1 - Atti sanitari per cui non è necessario acquisire il consenso di chi

esercita la potestà genitoriale (genitori o tutore), pagina 14 di Quaderno n. 13 - Linee di

indirizzo per l’informazione del paziente e il consenso all’atto sanitario - Regione Veneto):

a) per gli accertamenti diagnostici, anche di laboratorio, e le cure qualora si presentino

sintomi di insorgenza di una malattia trasmessa sessualmente (art. 4 legge 25 luglio 1956,

n. 837 sulla riforma della legislazione per la profilassi delle malattie veneree e artt. 9 e 14

del relativo regolamento di attuazione emanato con Dpr 27 ottobre 1962, n. 2056;

b) per le prescrizioni mediche e le somministrazioni nelle strutture sanitarie e nei consultori

nell’ambito delle scelte per una procreazione responsabile (art. 2 legge 27 maggio 1978,

n. 194 sulla interruzione della gravidanza); e in particolare, a partire dai 14 anni di età, per

visite, anche ginecologiche, trattandosi di intervento non terapeutico, ma riferito alla

sfera sessuale:

c) per l’interruzione di gravidanza quando il giudice tutelare abbia autorizzato la minorenne

a decidere, a prescindere dal consenso dei genitori o del tutore, in presenza di seri motivi

che impediscano o sconsiglino la loro consultazione o che inducano a procedere contro

il loro parere (art.12 della legge 27 maggio 1978 n.194;

d) per gli accertamenti diagnostici e gli interventi terapeutici e riabilitativi al minorenne che

faccia uso personale non terapeutico di sostanze stupefacenti, il minorenne può,

mantenendo l’anonimato, accedere personalmente ai servizi per le tossicodipendenze,

ottenere dei trattamenti terapeutici e consentire al controllo delle urine o del capello (art.

120 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309).

CASI PARTICOLARI CHE RICHIEDONO UNO SPECIFICO CONSENSO

Sterilizzazione

La Cassazione con la sentenza 18 marzo 1987 numero 438 ha dichiarato dopo l'abrogazione

dell'articolo 552 del c.p. che puniva la procurata impotenza e procreazione, che non è più

reato la possibilità alla sterilizzazione con esplicito consenso (diversamente verrebbe a

configurarsi un reato di lesione personale gravissima in base all'art. 583 c .p.), fatto salvo

sempre lo stato di necessità.

Prelievi da cadavere

In base alla legge 644/75 sono possibili i prelievi da cadavere con esclusione dell'encefalo e

delle ghiandole della sfera genitale, salvo un espresso diniego dichiarato prima della morte.

Per quanto riguarda il prelievo dal vivente, esso è disciplinato dalla legge 458/67 : è consentito

il prelievo del rene da parte di alcuni congiunti (genitore, figlio, fratello), per il prelievo di

32

sangue, midollo osseo e della cute in quanto detto prelievo non determina una infermità

permanente, purché il prelievo sia da maggiorenne e capace di intendere e volere.

E’richiesto il consenso anche del ricevente.

COSA PREVEDE IL CODICE DI DEONTOLOGIA MEDICA

Art. 40 Donazione di organi, tessuti e cellule

Il medico promuove la cultura della donazione di organi, tessuti e cellule, collaborando alla

informazione dei cittadini e sostenendo donatori e riceventi.

Art. 41 Prelievo di organi, tessuti e cellule a scopo di trapianto

Il prelievo di organi e tessuti e cellule a scopo di trapianto terapeutico è praticato nel rispetto

dell’ordinamento garantendo la corretta informazione dei familiari.

Il prelievo da vivente è aggiuntivo e non sostitutivo dal prelievo da cadavere e il medico,

nell’acquisizione del consenso informato scritto, si adopera per la piena comprensione dei

rischi da parte del donatore e del ricevente.

Il medico non partecipa ad attività di trapianto nelle quali la disponibilità di organi, tessuti e

cellule abbia finalità di lucro.

Art. 42 Informazione in materia di sessualità, riproduzione e contraccezione

lI medico, al fine di tutelare la salute individuale e collettiva e la procreazione cosciente e

responsabile, fornisce ai singoli e alla coppia ogni idonea informazione in materia di sessualità,

riproduzione e contraccezione.

Art. 43 Interruzione volontaria di gravidanza

Gli atti medici connessi all’interruzione volontaria di gravidanza operati al di fuori

dell’ordinamento, sono vietati e costituiscono grave infrazione deontologica tanto più se

compiuti a scopo di lucro.

L’obiezione di coscienza si esprime nell’ambito e nei limiti dell’ordinamento e non esime il

medico dagli obblighi e dai doveri inerenti alla relazione di cura nei confronti della donna.

Art. 44 Procreazione medicalmente assistita

Le indicazioni e le correlate procedure diagnostiche e i trattamenti terapeutici relativi alla

procreazione medicalmente assistita sono di esclusiva competenza del medico che opera in

autonomia e responsabilità e nel rispetto dell’ordinamento.

Il medico prospetta alla coppia le opportune soluzioni fondate su accreditate acquisizioni

scientifiche e informa sulle possibilità di successo nei confronti dell’infertilità, sui rischi per la

salute della donna e del nascituro e sulle adeguate e possibili misure di prevenzione.

È vietata ogni pratica di procreazione medicalmente assistita a fini di selezione etnica o

genetica; non è consentita la produzione di embrioni ai soli fini di ricerca e ogni sfruttamento

commerciale, pubblicitario, industriale di gameti, embrioni e tessuti embrionali o fetali.

Sono fatte salve le norme in materia di obiezione di coscienza, senza esimere il medico dagli

obblighi e dai doveri inerenti alla relazione di cura nei confronti della coppia.

Art. 45 Interventi sul genoma umano

Il medico prescrive e attua interventi al genoma umano per esclusivi fini di prevenzione,

diagnosi e cura di condizioni patologiche o a queste predisponenti e per la ricerca di nuovi

trattamenti diagnostico-terapeutici appropriati ed efficaci.

Il medico garantisce idonea informazione sui rischi connessi alle procedure e alle loro

possibilità di successo acquisendo il consenso scritto.

Art. 46 Indagini predittive

Il medico prescrive o esegue indagini predittive con il consenso scritto del soggetto interessato

o del suo rappresentante legale, che sono gli unici destinatari dei dati e delle relative

informazioni.

33

Il medico informa la persona interessata sul significato e sulle finalità dell’indagine, sull’effettiva

probabilità di attendibile predizione, sulla fattibilità di interventi terapeutici disponibili ed

efficaci e sulla possibilità di conseguenze negative sulla qualità di vita conseguenti alla

conoscenza dei risultati.

Il medico non prescrive né esegue test predittivi richiesti e prodotti a fini meramente assicurativi

od occupazionali.

Le indagini predittive in gravidanza, destinate alla tutela della salute della donna e del

nascituro, sono consentite se autorizzate in forma scritta dalla gestante, successivamente a

idonea informazione.

CONSENSO AL TRATTAMENTO CON FARMACI PER INDICAZIONI NON PREVISTE DALLA SCHEDA

TECNICA O NON ANCORA AUTORIZZATI IN ITALIA

Nel Codice di deontologia medica, all'art. 13 -prescrizione a fini di prevenzione, diagnosi, cura

e riabilitazione- si sottolinea che in caso di prescrizioni di farmaci per indicazioni non previste

dalla scheda tecnica o non ancora autorizzati al commercio, la loro prescrizione è consentita

purché la loro efficacia e tollerabilità sia scientificamente documentata, e deve essere

acquisito il consenso in forma scritta dal paziente debitamente informato.

LINEE GUIDA PER CORRETTA ACQUISIZIONE DEL CONSENSO INFORMATO

Riportiamo alcuni criteri essenziali consigliati dall'Acoi (Associazione Chirurghi Ospedalieri

Italiani) per documentare correttamente sia l'informazione fornita dal medico che la

dichiarazione di consenso espressa dal paziente.

Ovviamente il medico dovrà integrare e adeguare i suggerimenti proposti al caso concreto.

1. indicare i dati anagrafici e le generalità del paziente;

2. dare atto che il paziente sia capace o meno di comprendere la lingua italiana e sia in

grado o meno di leggere il modulo; nell’ipotesi negativa avvalersi di un interprete che

dovrà anche sottoscrivere il modulo, dando atto dell’attività svolta dall’interprete;

3. verificare se il paziente sia soggetto maggiorenne e capace, sia minorenne, interdetto

ovvero incapace di autodeterminarsi, o sottoposto ad amministrazione di sostegno;

4. specificare la diagnosi di ingresso e quelle successivamente (in ipotesi) accertate;

5. dare atto se il paziente abbia già ricevuto o meno altre informazioni all’interno della

struttura e/o precedentemente; verificare e dare atto, in definitiva, del livello delle co-

noscenze già acquisite dal paziente sino al quel momento, ma sempre con riferimento al

suo stato di salute. Alcune aziende ospedaliere consegnano, sin dal primo contatto tra il

medico/struttura ospedaliera ed il paziente (momento della prima visita o momento del

ricovero), materiale informativo avente ad oggetto la specifica patologia lamentata dal

paziente. Questa prassi di per sé non costituisce però idonea informazione. In tal caso è

indispensabile verificare l’effettiva lettura e comprensione (dandone atto) delle

informazioni ricevute, tenendo conto del livello culturale del paziente. Le informazioni

non possono mai essere date al paziente solo con supporto cartaceo;

6. dare oralmente (ed eventualmente avvalendosi anche di supporti audio-visivi) tutte le

informazioni al paziente in relazione alla specifica patologia e alle ben individuate

modalità di intervento. È opportuno che tutte le informazioni rese siano riprodotte nel

modulo che abbia ad oggetto la specifica patologia del paziente ed indichi, fra l’altro,

le alternative terapeutiche e le possibili complicanze ecc.;

7. dare atto delle eventuali patologie che con più probabilità possano essere scoperte

durante l'esecuzione dell’intervento; documentare tutte le ulteriori informazioni fornite e il

consenso o il dissenso manifestato circa le prestazioni sanitarie ipotizzate;

34

8. dare atto nel modulo che il paziente abbia espressamente rifiutato in tutto o in parte

-specificando quale- di ricevere le informazioni. Anche in questo caso è necessario il

consenso alla prestazione sanitaria;

9. dare atto dell’eventuale rifiuto di cure specificando se tale rifiuto segua o meno alle

informazioni già ricevute salve le problematiche relative al pericolo di vita;

10. dare atto che il paziente abbia manifestato la volontà che tutte le informazioni siano

rese ad un terzo delegato; in tal caso far specificare se il consenso alla prestazione

debba essere manifestato dal terzo o dal paziente medesimo;

11. far specificare al paziente se desideri o meno che il suo stato di salute sia portato a

conoscenza di eventuali terzi, in tal caso specificandone i nominativi;

12. informare il paziente che può in qualsiasi momento revocare il proprio consenso alla

prestazione sanitaria salvo che l’atto non sia più arrestabile ovvero in caso di pericolo di

vita;

13. indicare ora e data di consegna del modulo. La data non può precedere immediata-

mente l'intervento e deve comunque consentire al paziente di riflettere sulle informazioni

ricevute e sul consenso;

14. indicare il nominativo di eventuali testimoni: personale infermieristico e prossimi congiunti

del paziente;

15. allegare il modello di consenso informato alla Cartella Clinica.

Ricordiamo quanto segnalato nel Seminario del 30 marzo 2011 sul Consenso informato e

Responsabilità medica, organizzato dall’Ufficio dei Referenti per la Formazione Decentrata

della Corte Suprema di Cassazione, è stata affrontata la tematica del Consenso Informato,

dopo accurata disamina delle decisioni di merito.

Cinque sarebbero le regole cardine e precisamente:

1. chi deve dare l’informazione;

2. a chi va data l’informazione;

3. quando va data l’informazione;

4. cosa va detto in sede di informazione;

5. come va data l’informazione.

1. Chi deve dare l’informazione

La giurisprudenza di merito fa riferimento al personale sanitario, mentre non si è pronunciata

sulla idoneità della informativa fornita dal personale paramedico.

2. A chi va data l’informazione

La giurisprudenza di merito è concorde nell’affermare che, se l’interessato è persona capace,

l’informazione deve essere data a lui, mentre non è idonea l’informazione data ad un

congiunto, anche se c’è il rischio di uno “shock” psicologico; in tal caso il medico può, anzi

deve, fornire il necessario supporto psicologico.

Parimenti, se il paziente è incapace legale, non vi sono dubbi che l’informazione va data al

tutore, se trattasi di interdetto, ovvero agli esercenti la potestà genitoriale, se trattasi di minori.

Qualche dubbio può sorgere in relazione ai c.d. “grandi minori” alla cui volontà la legge

talvolta attribuisce rilevanza (art. 2 comma 3 e art. 12 della legge 194/1978); al riguardo si è

affermato che anche il minore può prestare consenso “quando abbia acquisito una

sufficiente maturità di giudizio”, ma non mancano decisioni che, ritenendo il diritto alla salute

non delegabile, in quanto diritto fondamentale, fanno rigida applicazione dell’art. 320 c.c.

Nel caso di incapace naturale (per effetto di incidente, malattia, azione di stupefacenti)

occorre fare tre ipotesi:

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• non c’è urgenza, la giurisprudenza è concorde nel ritenere necessario attendere che

l’incapace torni in condizioni di esprimere personalmente il consenso;

c’è un’urgenza differita, cioè non c’è un imminente pericolo di vita, ma occorre

intervenire sollecitamente, il consenso possa essere espresso dai prossimi congiunti.

In caso di contrasto tra gli stessi, non si ritiene esigibile dal medico la ricerca di chi sia il

congiunto che meglio potrebbe esprime la volontà del paziente

si è in presenza di uno stato di necessità, la giurisprudenza di merito è concorde nel

ritenere che il consenso si presume, salvo che risultino elementi in senso contrario, anche

se lo stato di necessità sia putativo o presunto.

Il consenso può essere espresso anche dall’amministrazione di sostegno, come affermato dal

Tribunale di Modena, con ordinanza 28 giugno 2004: “l’amministratore di sostegno può essere

autorizzato dal giudice tutelare ad esprimere, in nome e per conto dell’assistito, il consenso

informato all’esecuzione di un intervento chirurgico quando tale intervento sia necessario per

evitare il rischio di danni irreversibili e l’interessato, a causa delle sue menomate condizioni

psichiche, non sia in grado di percepire la gravità della situazione”.

3. Quando va data l’informazione.

La giurisprudenza ritiene che l’informazione vada fornita sempre, quale che sia l’intervento

(diagnostico o terapeutico), nonché nel caso di prelievi ed analisi e di prescrizioni di farmaci.

In particolare, “è responsabile del reato di lesioni gravi volontarie di cui agli art. 582 e 583 c.p. il

medico che, conscio del fatto che la somministrazione para-sperimentale di un farmaco in uso

off-label, oltre al probabile e sperato beneficio desiderato, possa produrre una non necessaria

menomazione dell'integrità fisica o psichica del paziente, accetta il rischio dell'insorgenza di

tali gravi effetti collaterali ed effettua la prescrizione in assenza di consenso esplicito da parte

del paziente” (Tribunale di Pistoia-Monsummano Terme, 2 gennaio 2006).

4. Cosa va detto in sede di informazione.

Circa il contenuto dell’informazione è generalmente condivisa l’ampia portata dei relativi

obblighi, estesi ai rischi dell’intervento, alle probabilità di riuscita, alle alternative terapeutiche

ed ospedaliere. Nel caso di intervento con finalità prettamente estetiche, l’obbligo è

rafforzato circa le possibili conseguenze negative dell’intervento.

5. Come va data l’informazione.

E’pacifico che l’informazione deve essere adeguata alle condizioni soggettive del paziente.

Inoltre il medico è tenuto (non è solo un imperativo morale, è proprio un obbligo giuridico) ad

insistere, magari con il dovuto garbo, ma ad insistere, in tali consigli volti al bene del paziente,

con tanto maggior impegno quanto maggiore è il rischio che il paziente (eventualmente

riottoso) corre ove non accetti la proposta terapeutica.

MODULISTICA DI CONSENSO INFORMATO

La validità dell’acquisizione del consenso informato con sottoscrizione di una modulistica è

controversa.

In particolare, l’informazione scritta è integrativa e mai sostitutiva del colloquio medico-

paziente.

Il medico non può liberarsi dall’obbligazione dell’informazione consegnando semplicemente

un opuscolo sulla procedura proposta; le informazioni debbono essere fornite nell’ambito di

una discussione con il paziente, dove questo abbia avuto l’opportunità di fare ulteriori

domande.

Non è infatti possibile pensare a regole rigide e predeterminate. Queste possono costituire solo

la base informativa, ma non possono esaurire l’informativa.

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Dunque una sottoscrizione di formulari scritti, soprattutto se generici, non può essere

considerata adempimento all’obbligo di una informazione, completa e adeguata.

Tribunale di Milano sentenza n. 2331 del 25 febbraio 2005

In presenza di una dichiarazione sottoscritta dal paziente, contenente tutte le informazioni del

caso e dunque attestante che le informazioni ricevute sono idonee, complete, chiare e

perfettamente intelligibili dal paziente, l'onere della prova gravante sul medico deve ritenersi

assolto.

Certamente non vi sono limiti normativi per l’astratta ammissibilità della prova testimoniale

diretta a contrastare le circostanze risultanti dal modulo. Tuttavia è rimesso al giudice il giudizio

sulla rilevanza della prova testimoniale, ovvero sulla sua idoneità a comprovare circostanze

diverse rispetto a quelle contenute nel documento sottoscritto dal paziente (a parte ogni

successiva ulteriore valutazione circa l’attendibilità della testimonianza medesima). Ebbene,

ritiene questo Giudice [...] la completezza e l’intelligibilità delle dichiarazioni contenute nel

modulo, sottoscritto liberamente dal paziente, comprovano di per sé l'adempimento

dell’obbligo di informazione gravante sul medico. Nella fattispecie concreta si è verificato

esattamente l'evento previsto nella dichiarazione del consenso informato: [...] diminuita

sensibilità o alterazione della sensibilità a carico della mucosa delle labbra [...]

Secondo il giudice la sottoscrizione del modulo implica quindi che l’attore abbia

effettivamente compreso le informazioni ricevute e le opportune spiegazioni del caso,

confermando la propria accettazione del programma clinico propostogli; del resto tale

dichiarazione precede immediatamente la sottoscrizione.

In questo caso il Tribunale ha ritenuto non violato il diritto di autodeterminazione del paziente

sulla base del solo modulo da questi sottoscritto

Tribunale di Milano sentenza n. 3520 del 29 marzo 2005

Il modulo, così come formulato, non è in alcun modo idoneo a ritenere assolto da parte dei

medici l’onere di informazione. Infatti esso è sintetico, non dettagliato, e indica solo

genericamente che la paziente sarà sottoposta ad un intervento chirurgico. In esso non si

indica affatto di quale intervento si tratti e, pur facendosi menzione dei benefici, dei rischi,

delle procedure addizionali o diverse che possano rendersi necessarie a giudizio del medico,

non si precisa quali siano i rischi specifici, ovvero le diverse possibili procedure, di tal ché, non

può ritenersi che il paziente, anche solo dalla semplice lettura ditale modulo, possa avere

compreso effettivamente le modalità ed i rischi connessi all’intervento, in modo da esercitare

consapevolmente il proprio diritto di autodeterminarsi in vista dello stesso.

Il Giudice ha quindi ammesso la prova per testi e l’audizione del medico; tuttavia, dato il

tempo trascorso, nessuno ricordava esattamente la vicenda, per cui il Tribunale ha deciso solo

sulla base del modulo predetto; essendo quest’ultimo inidoneo il Tribunale ha concluso

dichiarando la responsabilità del medico e dell’azienda ospedaliera per violazione del diritto

di autodeterminazione della paziente.

In particolare, nel Seminario del 30 marzo 2011 organizzato dall’Ufficio dei Referenti per la

Formazione Decentrata della Corte Suprema di Cassazione viene presa in considerazione

anche “Come va data l’informazione” e vengono sottolineate nella prassi diverse modulazioni

per quanto riguarda il contenuto dei moduli per il -Consenso Informato- da quelli "bulimici" (da

cui risulta che il paziente ha ricevuto informazioni talmente analitiche e specialistiche da

vuotare sostanzialmente di contenuto l’informazione ricevuta) a quelli “anoressici” (cioè

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talmente incompleti da risultare assolutamente inutili: viene dato atto della sola, generica,

informazione, senza alcun riferimento all’intervento da praticare).

L’avv. Paola Ferrari propone il seguente modulo per la richiesta di Consenso Informato.

Nome della Struttura Io sottoscritto (nome e cognome del paziente), dichiaro di

avere letto con attenzione l’informativa riguardante la mia

condizione clinica e i rischi dell’intervento che mi è stato

prospettato. Dichiaro, inoltre, che il medico mi ha spiegato

con chiarezza il contenuto dell’informativa e quindi dichiaro

di avere compreso appieno il rischio dell’operazione. Sono

ben conscio del fatto che qualunque atto medico comporta

un rischio non sempre previsto in anticipo e sono stato anche

informato che (solo ve ricorresse) presso la struttura non è

presente un reparto di rianimazione (e/o altri limiti) ma ciò

nonostante intendo servirmi di questa struttura.

Il medico mi ha anche prospettato l’eventualità che nel corso

dell’operazione possano evidenziarsi patologie non rilevabili

e/o rilevate dalle strumentazioni di diagnosi.

In relazione a ciò dichiaro di accettare che il medico estenda

l’intervento anche alla soluzione di tali possibili interventi

(oppure: dichiaro di non accettare estensioni dell’intervento a

organi non prima individuati) e , conseguentemente, dichiaro

che qualunque intervento debba essere da me accettato

(oppure, nel caso di urgenza che renda rischioso per la mia

vita non intervenire immediatamente) dichiaro che il

consenso sia reso in mia vece da… (nome e cognome di un

famigliare delegato).

Dichiaro, pertanto, di consentire espressamente che venga

eseguito sulla mia persona il seguente trattamento….

Consapevole, purché adeguatamente informato, dei rischi e

dei benefici che esso può comportare, degli effetti collaterali

che ne possono derivare in ordine alla funzionalità degli

organi interessati e , quindi, alla qualità della vita, nonché alle

alternative possibili al trattamento da intraprendere.

Firma del paziente …..

Firma del medico che ha informato …..

Data ….

Nome paziente (oppure nome dei genitori e/o esercenti

potestà sul minore)

Nato a Residente in

Il

Data spiegazione medico Reparto

Nome del sanitario che ha raccolto il consenso

Nome del secondo sanitario che ha assistito

Nome eventuale altra persona che ha assistito alla

spiegazione

Indicazioni sulla patologia

Indicazione delle aspettative tipiche di

inserire percentuali di riuscita troppo alte

e/o irrealistiche

Indicazioni dei problemi tipici post-

operatori

Indicazione dei problemi occasionali

possibili post-operatori

Eventualità che nell’operazione siano

evidenziabili patologie non rilevate

attraverso diagnosi

Esistenza presso la struttura di un reparto

rianimazione – in assenza indicare la

struttura più vicina

A CHI COMPETE L'ACQUISIZIONE DEL CONSENSO

È buona prassi che l’acquisizione del consenso venga assunta da chi effettua la prestazione.

In particolare, se l’esecutore della prestazione è una persona diversa da chi ha fornito

l’informazione, è opportuno assicurarsi che l’oggetto del consenso risponda all’atto che sarà

eseguito e che l’informazione sull’atto sia stata data; qualora ci siano dubbi è opportuno

ripetere l’informazione e/o richiedere un nuovo consenso.

Nelle prestazioni rese da una équipe di un’Unità Operativa, il consenso dato ad un medico

dell’équipe vale anche nei riguardi degli altri componenti.

Questo meccanismo di delega può però vanificare la finalità dell’informazione se il soggetto

delegato non è in grado di assolvere la funzione a lui affidata o nelle ipotesi in cui si limiti a

ripetere verbalmente quanto è scritto in opuscoli dati in lettura al paziente. In altre parole la

delega deve essere data a un medico dotato di dirette competenze di quanto deve essere

specificato al paziente con la possibilità, a richiesta del paziente, di poter conferire

direttamente col medico che effettuerà la prestazione.

Se si tratta di interventi da effettuarsi in anestesia, qualora sia coinvolto il medico anestesista,

questi provvederà ad acquisire lo specifico consenso per i trattamenti anestesiologici.

Nell’ipotesi di intervento complesso che impone un lavoro con più specialisti afferenti a diverse

Unità operative, in quanto composto da differenti fasi che interessano rischi autonomi, è

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opportuno che per una valutazione complessiva l’informativa sia specifica per ognuna delle

singole fasi considerate.

In caso di provvedimento terapeutico in più sedute non è necessario per ogni seduta

l’acquisizione del Consenso informato del paziente, salvo che lo stesso modifichi le sue

decisioni in merito al trattamento stesso, nel qual caso il/i medici sono tenuti al rispetto dopo

eventuale discussione col paziente per renderlo edotto delle possibili conseguenze derivanti

dalla decisione presa.

In caso di una prescrizione di un eventuale trattamento diagnostico-terapeutico, l’esecutore

del trattamento non ha l’obbligo del trattamento se non ne condivide la condotta e in caso di

diniego è meglio esporre le motivazioni in base alle quali ricusa l’indicazione e/o il tipo di

trattamento.

In particolare, in caso di esecuzione è tenuto alla raccolta del consenso dopo adeguata

informazione nulla valendo un eventuale consenso raccolto dalla specialista che ha prescritto

il trattamento.

Ricordiamo che la qualità personale del soggetto da informare (come per es. un medico) non

fa venir meno l’obbligo della informazione, ma piuttosto sulle modalità dell'informazione, con

l'adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare stato soggettivo e che, nel

caso di paziente-medico, potrà essere parametrata alle sue conoscenze scientifiche in

materia.

TEMPI DI ACQUISIZIONE DEL CONSENSO

Per poter esprimere un consenso realmente valido deve essere garantito al paziente un

periodo di tempo sufficiente durante il quale possa riflettere sul contenuto informativo ricevuto

ed eventualmente sottoporlo all’attenzione del proprio medico di fiducia.

Il consenso inizialmente prestato non ha valore perenne, ma deve essere “attuale” cioè deve

essere persistente al momento dell’atto medico e quindi va rinnovato per un’opportuna

conferma; questa si presenta particolarmente necessaria se nel corso delle indagini

diagnostiche si rilevano elementi che possono modificare sostanzialmente i rischi, il decorso

clinico, la prognosi, o indurre i medici a rivalutare e modificare l’intervento terapeutico o

chirurgico. Infatti la condotta di corretta informazione sul trattamento sanitario, in modo

particolare se ad alto rischio, non può essere riferita ad un momento prodromico esterno al

contratto.

Il consenso può essere revocato in qualsiasi momento: la revoca deve essere rispettata dopo

aver informato il paziente delle eventuali conseguenze. Tuttavia il paziente può revocare il

consenso manifestato solo se l'atto medico è arrestabile senza imminente pregiudizio per la

sua salute.

Le norme e gli obblighi professionali nonché le regole di comportamento applicabili alla

fattispecie possono obbligare il medico a proseguire l'intervento, per evitare una grave messa

in pericolo della salute dell'interessato (Rapporto Esplicativo alla Convenzione di Oviedo).

RESPONSABILITA’NELL'ATTO MEDICO

Rientra tra gli obblighi contrattuali del medico fornire al paziente una idonea informazione sulla

natura della malattia, il suo decorso e la terapia da adottare.

Perché il paziente possa validamente esprimere il suo consenso deve aver ricevute tutte le

notizie appropriate in relazione al suo stato di salute.

L'omettere di fornire informazioni o il darle in modo inadeguato rappresenta una violazione al

dovere di buona fede che le parti debbono rispettare in fase pre-contrattuale (articolo 1337

codice civile) sia nell'esecuzione vera e propria del contratto (articolo 1375 codice civile).

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In particolare, il consenso dell'assistito è valido solo se preceduto da una informazione

"adeguata": nell'ipotesi in cui, per negligenza o per imprudenza, il chirurgo ometta di informare

adeguatamente il paziente circa i rischi cui va incontro, il consenso è viziato (cioè non valido

in quanto il paziente non è stato adeguatamente informato).

Il consenso agli esami e alla cure non esime dalla responsabilità derivante da inosservanza di

leggi, regolamenti, ordini o discipline o da condotta imperita, imprudente, negligente del

medico.

L’acquisizione del Consenso Informato rappresenta la condizione di liceità dell’azione del

medico, ma non influisce sulla valutazione della sua condotta.

Ricordiamo che:

• ogni medico anche se attua una terapia prescritta dallo specialista, deve sempre

informare ed acquisire il consenso del paziente;

• nel caso di mancato consenso, se il medico è un dipendente, ne risponde la struttura

con diritto di rivalsa, indipendentemente dallo svolgimento corretto del trattamento;

• il medico dipendente non è vincolato alla terapia dello specialista;

• non v'è nessuna responsabilità per lo specialista che prescrive;

• in corso di terapia, non v'è nessuna responsabilità per i sanitari successivi;

• l’onere della prova cioè il compito di provare di aver assolto l’obbligo di informare il

paziente, tanto da renderlo consapevole del trattamento sanitario cui sarà sottoposto,

delle sue conseguenze, dei suoi esiti e di tutti gli elementi necessari per poter assumere

una decisione consapevole riguardo al trattamento, è a carico del medico in base al

principio del “criterio della vicinanza” (l’onere della prova di un fatto va posto a carico

della parte cui esso si riferisce e nel caso specifico a carico del sanitario).

CODICE CIVILE

Art. 1337. Trattative e responsabilità precontrattuale.

Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono

comportarsi secondo buona fede.

Art. 1375. Esecuzione di buona fede.

Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.

CONSENSO ALLE CURE INFERMIERISTICHE

L’infermiere ha una competenza informativa autonoma per quanto riguarda l'assistenza

generale infermieristica inerente all'analisi dei bisogni di salute della persona, la diagnosi

infermieristica, gli obiettivi assistenziali e la valutazione di risultati ottenuti.

Nella maggior parte delle procedure infermieristiche di uso corrente viene adottato un

consenso implicito. Ma attenzione il consenso anche se presunto non è mai implicito.

Per le procedure più complicate (trattamenti/procedure di particolare complessità o a rischio)

va pertanto richiesto esplicitamente il permesso del paziente e l'infermiere è tenuto a dargli

una adeguata informazione di quanto verrà operato. In questi casi è auspicabile l'adozione di

idonea documentazione di avvenuta informazione completa ed esaustiva e del consecutivo

consenso sulla cartella infermieristica annessa alla cartella clinica o, in mancanza, sul registro

delle consegne.

Analogamente, l'espressione del dissenso del malato ad una prestazione infermieristica deve

essere registrata dall'infermiere riportando chiaramente le motivazioni.

Va sottolineato che tra i compiti dell’infermiere previsti anche dallo stesso codice

deontologico infermieristico, l’infermiere deve aiutare e sostenere il paziente nelle scelte

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terapeutiche, garantire le informazioni relative al piano di assistenza adeguando il livello di

comunicazione alle capacità del paziente di comprendere.

Deve adoperarsi affinché la persona assistita disponga di informazioni globali e non solo

cliniche.

Pertanto l’infermiere

• ha il compito di aiutare e sostenere la persona da assistere nelle proprie scelte

coadiuvando il medico;

• deve garantire ogni informazione riguardo alle proprie competenze e autonomie,

nonché ai relativi piani assistenziali;

• deve tenere conto dello stato culturale e dello stato psicologico della persona da

assistere, modulando la propria comunicazione, al fine di essere sempre chiaro e

compreso;

• deve dare tutte le informazioni, anche di natura non clinica, necessarie ai suoi bisogni di

vita;

• deve riconosce il diritto alla eventuale scelta consapevole del paziente a non essere

informato sul suo stato di salute, purché la sua mancata informazione non sia di pericolo

per sé e gli altri.

CONSENSO INFORMATO IN GERIATRIA

Per il medico che opera in RSA (Residenza sanitaria per anziani) può non essere semplice

prendere delle decisioni terapeutiche dato che molti di questi pazienti possono essere

cognitivamente non integri e quindi essere difficile un loro coinvolgimento in un iter

decisionale, anche se il problema forse è più etico che medico-legale. Infatti nelle RSA

difficilmente vengono effettuate pratiche invasive.

In molti paesi (tra questi gli Stati Uniti, l'Olanda, l'Inghilterra) già da tempo si ricorre ai cosiddetti

testamenti di vita, o living will, o direttive avanzate.

Con questi termini, si intendono quelle volontà espresse in vita da un soggetto competente

riguardo alle scelte terapeutiche ed assistenziali che lo riguarderanno nella fase terminale

della propria vita.

In un certo senso, può essere considerato un consenso informato anticipato.

In Italia potrebbe essere utile ricorrere al cosiddetto amministratore di sostegno quale figura

che può proporsi come interlocutore privilegiato per i casi più complessi.

Può giovarsi di tale figura qualunque persona che a causa di un'infermità o di una

menomazione fisica o psichica si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di

provvedere alla cura dei propri interessi e mediante atto pubblico o scrittura privata

autenticata può anche essere designato in precedenza in previsione della futura incapacità.

CONSENSO INFORMATO e MEDICO DI FAMIGLIA

La relazione medico-paziente assume un significato particolare nel medico di famiglia per il

rapporto fiduciario che si instaura dal momento scegliere trattamenti diagnostico-terapeutici

alternativi della scelta del medico curante e la continuità dell'assistenza che dura per un lungo

periodo comprendendo tutte le problematiche, non solo sanitarie, ma della stessa vita del

paziente. Tuttavia la relazione medico-paziente è passata da un modello tradizionale di

paternalismo benevolo a un modello contrattuale o deliberativo, nel quale il paziente assume

un ruolo centrale della gestione della propria salute partecipando in modo consapevole e

informato alla scelte diagnostico-terapeutiche cioè a una condotta condivisa: il medico si

impegna alla informazione e il paziente, reso cosciente, si affida alla competenza del medico.

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Nella pratica clinica il medico di famiglia si trova di fronte ad una serie continua di decisioni

per la tutela della salute del suo paziente. Inoltre, va tenuto presente che il consenso anche se

presunto non è mai implicito. In particolare, il medico nelle prescrizioni diagnostico-

terapeutiche dovrà sempre dare adeguate ed esaustiva informazione al paziente, per una

decisione cosciente sulle scelte del percorso proposte dal medico. Peraltro il consenso alle

proposte del medico curante non esime lo specialista alla ulteriore raccolta del consenso

dopo ulteriore e più specifica informazione sul futuro operato. Ricordiamo che un consenso

mancante o viziato per una carenza di informazioni apre le possibilità di esperire una

conseguente tutela risarcitoria.

CONSENSO INFORMATO IN MEDICINA e CHIRUGIA ESTETICA

La Medicina e Chirurgia estetica non hanno finalità terapeutiche, ma fini estetici per volontaria

decisione e iniziativa del paziente che vuole raggiungere un determinato obiettivo.

L’opera del medico chirurgo non assurge a mera prestazione di mezzi, ma ne deriva una

prestazione professionale con garanzia del risultato.

In particolare, l’opera del chirurgo in chirurgia estetica persegue infatti la finalità di un

determinato risultato estetico come proposto al paziente.

Ne consegue l’importanza di un’adeguata informazione nell’acquisizione del consenso,

indispensabile presupposto per una condotta corretta del professionista.

L’informazione deve essere completa con le indicazioni delle tecniche di esecuzione e dei

materiali da utilizzarsi nell’operazione. Vanno elencati anche e soprattutto i rischi e i benefici

che ne possono derivare da eventuali e potenziali complicazioni ed esiti. Inoltre deve essere

completa delle indicazioni che il paziente deve seguire nel postoperatorio e le condotte

scorrette o i fattori estranei della professionalità del chirurgo che possono inficiare il risultato

finale.

Solo dopo un’adeguata, completa e compresa informazione il paziente può infatti decidere

(consenso dell’avente diritto), in un bilanciamento dei rischi e dei benefici, se sottoporsi o

meno a un intervento che non ha finalità per la salute, ma solo finalità esclusivamente

estetiche.

È bene anche specificare al paziente che la chirurgia non è una scienza esatta e non può

essere quindi prognosticata a priori la percentuale di miglioramento del difetto da correggere

e l’entità e la durata del risultato, così come la qualità delle cicatrici residue e l’eventuale

costituzione di ematomi o sierosi, in quanto tali eventi dipendono non solo dalle tecniche

chirurgiche impiegate, ma ancor più dalle risposte dell’organismo. Tali complicazioni possono

essere trattate e a tal fine la possibilità di essere sottoposti a ulteriori cure del caso,

eventualmente anche chirurgiche.

CODICE PENALE

Art. 50. - CONSENSO DELL'AVENTE DIRITTO

Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che

può validamente disporne.

Art. 51. - ESERCIZIO DI UN DIRITTO O ADEMPIMENTO DI UN DOVERE

L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o

da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità.

Se un fatto costituente reato è commesso per ordine della Autorità, del reato risponde

sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.

Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine salvo che, per errore di fatto, abbia

ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.

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Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun

sindacato sulla legittimità dell'ordine.

TESTIMONI DI GEOVA e CONSENSO INFORMATO PER LE EMOTRASFUSIONI

Nell’attuale ordinamento il paziente ha il diritto di non curarsi.

Nel conflitto tra libertà di coscienza e salute, di fronte ad un’espressione cosciente di rifiuto alle

cure, il medico, che ha il dovere di curare, deve rispettare la volontà del paziente (senza che

nessuna autorità legislativa, amministrativa, giudiziaria possa cambiare le cose), purché la

decisione sia l’espressione di una volontà accertata e non solo ipotetica.

Infatti, va posta grande attenzione all’ordine gerarchico delle fonti del diritto tra il diritto di

autodeterminazione del paziente per il rifiuto alle cure (diritto di lasciarsi morire, non di volere la

morte) e i doveri che incombono sul medico che ha l’obbligo di attivarsi e fare, secondo

scienza e coscienza, tutto il possibile per la salvaguardia della salute del paziente.

Il rifiuto alle cure (in questo caso alle trasfusioni di sangue o emoderivati) deve essere però

oggetto di una manifestazione chiaramente espressa, non equivocabile, attuale, informata e

compresa, deve cioè esprimere:

una volontà non astrattamente ipotetica, ma concretamente accertata;

un'intenzione non solamente programmatica, ma specifica;

una cognizione dei fatti non soltanto "ideologica", ma frutto di informazioni specifiche in

ordine alla situazione sanitaria.

Inoltre, il dissenso deve seguire e non precedere un’informazione sul reale pericolo di vita

imminente e non altrimenti evitabile, deve anche essere sempre attuale e non preventivo. Il

"niente sangue" su un cartellino non basta.

Ne deriverebbe, dunque, che, qualora il paziente sia in stato di incoscienza, non sia cioè in

condizioni di manifestare coscientemente una volontà già espressa prima dell’evento lesivo e

prima di una adeguata e compresa informazione, il diniego non è valido in quanto non

reiterato al momento della prestazione: un conto è l'espressione di un generico dissenso a un

trattamento in condizioni di piena salute, molto diverso è il riaffermarlo puntualmente in una

situazione di effettivo e imminente pericolo di vita.

Dunque, il dissenso alla terapia trasfusionale, seppur salva vita, deve essere manifestato

dall’interessato o da un soggetto diverso (da lui indicato solo quando risulti rappresentante ad

acta, cioè con dimostrata esistenza del proprio potere rappresentativo) al momento

dell’evento lesivo con una articolata, puntuale, espressa dichiarazione dalla quale emerga, in

modo non equivocabile, la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo

imminente di vita.

Attenzione: se il paziente giunge cosciente in Pronto soccorso e, informato della sua situazione

clinica, manifesta il proprio diniego a una terapia trasfusionale, tale manifestazione di volontà

deve essere annotata dal medico di pronto soccorso, così che, se nell’immediato giunge in

reparto in stato di incoscienza, il medico del reparto ne è informato e conseguentemente

deve attenersi a una volontà appena espressa.

Differente è la situazione se decorrono alcuni giorni e giunge un episodio acuto durante la

degenza che necessiti di una trasfusione di urgenza. In tale situazione va, infatti, acquisito un

nuovo consenso informato con l’informazione della situazione sopravvenuta e della necessità

di un’urgente terapia emotrasfusionale.

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TUTELA ASSICURATIVA e CONSENSO INFORMATO

Particolare attenzione va posta sulle clausole della polizza assicurativa per la responsabilità

professionale riguardanti il consenso informato.

Ricordiamo inoltre come, pur a fronte di una prestazione riuscita, la mancanza di un consenso

informato o un consenso informato viziato configuri un illecito penalmente perseguibile. Infatti,

l’inosservanza di una completa e dettagliata informazione rappresenta una forma di

inadempimento che legittima la richiesta di risarcimento per lesione al diritto

dell’autodeterminazione, diritto inalienabile delle persone: la mancata acquisizione di valido

consenso informato costituisce uno specifico titolo di responsabilità a carico del medico,

indipendentemente dall’esito dell’intervento eseguito sul paziente.

Già da qualche anno le Compagnie assicurative hanno introdotto alcune clausole in merito al

consenso informato, limitando o escludendo l’operatività della polizza qualora la

responsabilità derivi dalla mancata acquisizione di un consenso informato valido da parte del

paziente e precisamente:

Compagnia A

Per le prestazioni sanitarie per le quali è obbligatorio richiedere il consenso informato

giuridicamente valido si precisa che la garanzia è operante a patto che la prestazione

medica sia stata preceduta dall'acquisizione di tale consenso.

In mancanza di detto consenso la copertura assicurativa s’intende prestata con l'applicazione

di uno scoperto del …% di ogni sinistro, con il minimo non indennizzabile di € ….. e un massimo

di scoperto di € ….

Compagnia B

L'Assicurazione non vale:

per la responsabilità imputabile esclusivamente ad assenza del consenso informato …

Compagnia C

Mancata acquisizione del consenso informato.

Qualora venga accertata in sede di giudizio la responsabilità civile dell'Assicurato derivante

da vizio di acquisizione del consenso informato o da non corretta e/o non compiuta redazione

di referti o cartelle cliniche, a condizione che tale condotta non conforme abbia comportato

un danno materiale al paziente risarcibile ai sensi di polizza, l'assicurazione è prestata, a

parziale deroga dell'art. x lettera y), con uno scoperto del …% per ciascun sinistro con il minimo

assoluto di euro …..

Compagnia D

L'Assicurazione non vale per:

danni derivanti dalla mancata acquisizione del consenso informato.

Attualmente molte Compagnie hanno iniziato ad escludere la copertura in mancanza di un

«consenso informato giuridicamente validato».

Va tenuto presente che nella maggior parte delle polizze si richiede, ai fini dell’operatività

della garanzia, l’acquisizione di valido consenso informato nella «forma scritta», non

rispondendo la Compagnia assicurativa di eventuali responsabilità imputabili esclusivamente

ad assenza di valido consenso informato. L’acquisizione da parte del medico di un valido

consenso informato in forma scritta, rappresenta per quest’ultimo un’importantissima forma di

garanzia, in mancanza della quale il medico che, pure abbia correttamente eseguito la sua

prestazione, non riesce, infatti, a essere adeguatamente difeso in caso di controversie con il

paziente.

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In precedenza la giurisprudenza, peraltro non in modo costante, aveva affermato che

l’inadempimento all'obbligo informativo non era idoneo, da solo, a fare sorgere l’obbligazione

risarcitoria.

Nell’attualità, in caso d’imputazione di mancato consenso informato la copertura assicurativa,

a fronte di una clausola con tale esplicita previsione, dunque, non può operare.

Se invece si imputa al medico un danno, a seguito di una prestazione, senza porre il danno in

correlazione con l’acquisizione o meno di un valido consenso informato, la copertura

assicurativa di una polizza nella quale sia inserita una clausola riguardante il consenso

informato, opererebbe anche nell’ipotesi di mancata raccolta di un consenso, non essendo in

discussione l’ipotesi di un consenso mancante o viziato, ovviamente, attenzione, qualora però

nella polizza non sia contenuta una generale esclusione della garanzia per tutti i casi di

mancata acquisizione di valido consenso informato.

Concludendo occorre, dunque, prestare molta attenzione sulle clausole in polizza riguardanti il

consenso informato, perché sul mercato assicurativo si rinviene svariate clausole limitative o

preclusive, con risvolti preoccupanti sull’operatività della stessa, che vanno

- dalla esclusione di copertura assicurativa in mancanza di un valido consenso informato in

forma scritta a prescindere dalla tipologia fatta valere dal paziente,

- fino alla limitazione e/o esclusione della copertura assicurativa con correlazioni al consenso

informato senza alcuna precisazione sui criteri di riferimento, rimandandone alla trattazione del

sinistro lasciando così incertezze sulla concreta garanzia assicurativa

- oppure alla limitazione della copertura assicurativa prevedendo scoperti e/o franchigie per

la mancata acquisizione o viziata acquisizione del consenso informato, previsto però in importi

tali da non permettere o limitare l’operatività della garanzia.

Come ultima considerazione si sottolinea l’importanza, già più volte segnalata, di una

adeguata, esauriente e recepita informazione (punto debole dell’acquisizione del consenso),

possibilmente attestata da una prova inconfutabile quale lo scritto oppure la registrazione

fonica o per immagini.

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NOTE

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