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JUAN ESQUERDA BIFET IL SOFFIO DELLO SPIRITO NEL CENACOLO CON MARIA INTRODUZIONE RINNOVAMENTO E MISSIONE DELLA CHIESA IN UN'EPOCA AFFAMATA DI SPIRITO SANTO Il tema dello spirito Santo è nella comunità cristiana di oggi. Sembra d'essere molto lontani da quei cristiani di Efeso, che dissero a Paolo: « Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo » (At 19, 2) . Giovanni XXIII parlava di una « novella Penteco ste ». I testi conciliari constatano un « passaggio dello Spirito Santo nella Chiesa » (SC 43) e parlano di Lui circa trecento volte. Paolo VI diceva che « stiamo vivendo nella Chiesa un momento privilegiato dello Spirito » (EN 75) . Giovanni Paolo II qualifica la nostra epoca come un'« epoca particolarmente affamata di Spirito » (RH 18) . Come fare però perché il tema dello Spirito Santo diventi una realtà vitale, quotidiana, impegnativa per la santificazione e per la missione? Come discernere i vari carismi dello Spirito, il vero rinnovamento ecclesiale, gli avvenimenti portatori della grazia e i segni dei tempi, in una nuova tappa di evangelizzazione? La questione è di somma importanza, perché v'è in essa la fedeltà al Vangelo, il progresso della vita « spirituale » e l'efficacia della nostra missione nel mondo, che è missione dello Spirito. « Ad una tale missione di annunciare lo Spirito la Chiesa si sente chiamata, mentre insieme con la famiglia umana si avvicina al termine del secondo millennio dopo Cristo ... il grande Giubileo che segnerà il passaggio dal secondo al terzo millennio cristiano » (Giovanni Paolo II, Dominum et Vivificantem, 2) . « A questo Giubileo la Chiesa desidera prepararsi nello Spirito Santo, come dallo Spirito Santo fu preparata la Vergine di Nazareth, nella quale il Verbo si fece carne » (ibidem, 66) . Maria è figura della Chiesa missionaria e madre sotto 1'azione dello Spirito. « Il mistero della Chiesa consiste anche nel generare gli uomini ad una vita nuova ed immortale: è la sua maternità nello Spirito Santo ... La maternità della Chiesa si attua non solo secondo il modello e la figura della Madre di Dio, ma anche con la sua cooperazione » (Redemptoris Mater, 44). L'autore SIGLE AA: Decreto conciliare Apostolicam Actuositatem

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J U A N E S Q U E R D A B I F E T

I L S O F F I O D E L L O S P I R I T O

NEL CENACOLO CON MARIA

INTRODUZIONERINNOVAMENTO E MISSIONE DELLA CHIESAIN UN'EPOCA AFFAMATA DI SPIRITO SANTO

Il tema dello spirito Santo è nella comunità cristiana di oggi. Sembra d'essere molto lontani da quei cristiani di Efeso, che dissero a Paolo: « Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo » (At 19, 2) . Giovanni XXIII parlava di una « novella Pentecoste ». I testi conciliari constatano un « passaggio dello Spirito Santo nella Chiesa » (SC 43) e parlano di Lui circa trecento volte. Paolo VI diceva che « stiamo vivendo nella Chiesa un momento privilegiato dello Spirito » (EN 75) . Giovanni Paolo II qualifica la nostra epoca come un'« epoca particolarmente affamata di Spirito » (RH 18) .

Come fare però perché il tema dello Spirito Santo diventi una realtà vitale, quotidiana, impegnativa per la santificazione e per la missione? Come discernere i vari carismi dello Spirito, il vero rinnovamento ecclesiale, gli avvenimenti portatori della grazia e i segni dei tempi, in una nuova tappa di evangelizzazione?

La questione è di somma importanza, perché v'è in essa la fedeltà al Vangelo, il progresso della vita « spirituale » e l'efficacia della nostra missione nel mondo, che è missione dello Spirito. « Ad una tale missione di annunciare lo Spirito la Chiesa si sente chiamata, mentre insieme con la famiglia umana si avvicina al termine del secondo millennio dopo Cristo ... il grande Giubileo che segnerà il passaggio dal secondo al terzo millennio cristiano » (Giovanni Paolo II, Dominum et Vivificantem, 2) . « A questo Giubileo la Chiesa desidera prepararsi nello Spirito Santo, come dallo Spirito Santo fu preparata la Vergine di Nazareth, nella quale il Verbo si fece carne » (ibidem, 66) .

Maria è figura della Chiesa missionaria e madre sotto 1'azione dello Spirito. « Il mistero della Chiesa consiste anche nel generare gli uomini ad una vita nuova ed immortale: è la sua maternità nello Spirito Santo ... La maternità della Chiesa si attua non solo secondo il modello e la figura della Madre di Dio, ma anche con la sua cooperazione » (Redemptoris Mater, 44).

L'autore

SIGLE

AA: Decreto conciliare Apostolicam Actuositatem

AG: Decreto conciliare Ad Gentes

CT: Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae (Giovanni Paolo II)

DEV: Enciclica Dominurn et Vivificantem (Giovanni Paolo II)

DM: Enciclica Dives in Misericordia (Giovanni Paolo II)

DV: Costituzione conciliare Dei Verbum

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EN: Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi (Paolo VI)

GS: Costituzione conciliare Gaudium et Spes

LG: Costituzione conciliare Lumen Gentium

MC: Esortazione Apostolica Marialis Cultus (Paolo VI)

PC: Decreto conciliare Perfectae Caritatis

PO: Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis

RH: Enciclica Redemptor Hominis (Giovanni Paolo II)

RM: Enciclica Redemptoris Mater (Giovanni Paolo II)

RP: RP: Esortazione Apostolica Reconciliatio et Paenitentia (Giovanni Paolo II)

SC: Costituzione conciliare Sacrosantum Concilium

UR: Decreto conciliare Unitatis Redintegratio

SD: Lettera Apostolica Salvifici Doloris (Giovanni Paolo II)

I

LO SPIRITO SANTO INVIATO DA GESÙ

1. Il « sangue » e l'« acqua » nella vita di Cristo2. Battezzati nello Spirito 3. La missione nello Spirito 4. La vocazione e l'azione evangelizzatrice

1. Il « sangue » e l'« acqua » nella vita di Cristo

Fin dall'incarnazione, Gesù Cristo « abita in mezzo a noi » (Gv 1, 14) e fa udire la sua voce e il suo amore ad ogni cuore e ad ogni comunità « manifestando la sua gloria » (Gv 2, 11), ossia la sua realtà di Figlio di Dio e fratello nostro.

La vita e 1'insegnamento di Gesù sono la manifestazione e la comunicazione di Dio Amore: « Chi ha visto me ha visto il Padre » (Gv 14, 9). Egli è il « dono » del Padre per noi, come massima espressione dell'amore di Dio (Gv 3, 16). Per questo è venuto come buon Pastore che « dà la vita » (Gv 10, 15). La

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sua vicinanza ai poveri (ciechi, lebbrosi, peccatori ...) ha questo senso: « immolarsi » « per gli amici » (Gv 15, 13).

S. Giovanni riassume questa manifestazione di Gesù con poche parole: « Vedemmo la sua gloria » (Gv 1, 14). Attraverso « segni » poveri, il discepolo amato ha scoperto in Cristo 1'agnello pasquale (Gv

1, 36) che versa il suo sangue in sacrificio (Gv 19, 34); cf. Lc 22, 20). Giovanni, ha riassunto questo amore in due parole: « Dal suo fianco uscì sangue ed acqua » (Gv 19, 34).

L'amore e la vicinanza di Cristo si traducono in comunicazione di vita: « Io sono venuto perché abbiamo la vita e 1'abbiamo in abbondanza » (Gv 10, 10). È la stessa vita di Gesù (Gv 6, 57), la corrente d'amore tra il Padre e il Figlio, « la sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna » (Gv 4, 14). Questa acqua viva che Gesù offre a tutti è la vita nuova nello Spirito (Gv 7, 37-39), che ci rende partecipi della stessa vita filiale di Cristo nel seno del Padre. È lo Spirito Santo inviato da Gesù che ci trasforma in Lui e condivide con noi la Sua realtà, cioè la sua « gloria » (Gv 16, 14).

Dando la vita, versando il suo sangue, morendo per amore, Cristo si manifesta come la « roccia » o la fonte dalla quale zampilla 1'acqua viva dello Spirito (Es 17, 6; 1 Cor 10, 4). È la « sorgente della salvezza » profetizzata da Isaia (Is 12, 3), che Giovanni applica a Gesù morto in croce, con il cuore aperto versando sangue e acqua (Gv 19, 34). Bisogna, però, guardare a Lui con fede e amore '(Zac 12, 10) perché il Signore si manifesta e si comunica a coloro che credono in Lui e lo amano (Gv 14, 21; 20, 29).

Gesù nasce sempre per opera dello Spirito Santo (Mt 1, 20), ora, nei segni ecclesiali. Non nasce dalla logica e dai poteri umani (Gv 1, 13). Le grazie speciali dello Spirito che si compara all'acqua viva, sbocciano solo nei cuori e nelle comunità che si lasciano condurre dall'amore. La comunità ecclesiale nasce sempre dall'amore di Cristo, « dall'acqua e dallo Spirito » (Gv 3, 5). Senza 1'atteggiamento che sa reagire amando, perdonando e servendo (versando cioè, il « sangue »), non consterebbero neanche i carismi (cioè, l'« acqua » dello Spirito).

La Chiesa e tutto ciò che essa è e ha, con la Parola di Dio, l'eucaristia, i sacramenti, i ministeri, le vocazioni, ecc., è frutto della redenzione. Per questo si dice che la Chiesa nasce dal costato di Cristo, così come Eva fu tolta dal costato di Adamo (Gen 2, 21). Così, allo stesso modo come Cristo è opera dello Spirito Santo nel seno di Maria, così la Chiesa (Corpo Mistico di Cristo) è opera dello stesso Spirito inviato da Cristo morto e risorto. Nell'incarnazione del Verbo per opera dello Spirito fu necessario il «sì» di Maria; per il prolungamento di Cristo nel suo Corpo Mistico e nell'umanità è necessario il « sì » della Chiesa all'azione dello Spirito Santo.

«Senza spargimento di sangue non esiste perdono» (Eb 9, 22). Non avremmo né i carismi né la missione dello Spirito (1'acqua viva), senza 1'atteggiamento del « dare la vita » come il buon Pastore.

Gesù « fu condotto dallo Spirito nel deserto » (Lc 4, 1); fu condotto cioè, al dono e all'immolazione di sé; è il dare la vita e lo spargere il sangue: « ... Il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio » (Eb 9, 14). Per questo, condotto dallo stesso Spirito può avvicinarsi ai poveri (Lc 4, 14 e 18) per offrire loro 1'acqua viva: la vita nuova nello Spirito.

« La `dipartita' di Cristo mediante la Croce ha la potenza della redenzione e ciò significa una nuova presenza dello Spirito di Dio nella creazione: il nuovo inizio del comunicarsi di Dio all'uomo nello Spirito Santo » (Dominum et Vivificantem, 14).MEDITAZIONE BIBLICA□ Gesù consacrato e inviato dallo Spirito: Lc 4; 18; cf. 10, 36. □ Fiumi d'acqua viva: Gv 7, 37-39; cf. 19, 34ss.□ Morire amando: Eb 9, 14.

2. Battezzati nello Spirito

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All'inizio della sua vita pubblica, Gesù volle essere battezzato da Giovanni Battista nel Giordano, manifestando in ciò 1'atteggiamento di assunzione dei nostri peccati e delle nostre miserie come fossero sue (Mt 8, 17). Inizia così, il processo del nostro « battesimo », cioè del nostro addentrarci in Cristo per essere « immersi » nell'acqua e nella vita nuova dello Spirito. Il Battesimo di Gesù ha questo segno esterno dello Spirito Santo che scende su di lui e, pertanto, anche su di noi (Lc 3, 22; Gv 1, 32).

Per il fatto di essere battezzati nel nome di Gesù, configurati a Lui, il Padre dice anche a noi: « Tu sei mio Figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto » (Lc 3, 22). Per questo il battesimo che comunica Gesù è un « battesimo nello Spirito » o « nel fuoco » (Gv 1, 33; Lc 3, 16). Grazie allo Spirito Santo inviato da Gesù, siamo figli di Dio e possiamo chiamarLo « Padre » con lo stesso amore e la stessa voce di Gesù (Gal 4, 6-7). Per questo, Gesù, invia i suoi apostoli a battezzare tutti gli uomini, vale a dire, a renderli partecipi della vita di Dio Amore: Padre, Figlio e Spirito Santo (Mt 28, 19).

Gli apostoli e gli altri discepoli della primitiva comunità ecclesiale, furono i primi ad essere « battezzati » nello Spirito secondo la promessa di Gesù il giorno dell'Ascensione (At 1, 4-8). Per questo « tutti furono pieni di Spirito Santo » (At 2, 4) e fedeli al compito missionario ricevuto da Gesù, comunicarono questa grazia a quanti si resero disponibili a cambiare vita: « Pentitevi e ciascuno si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo » (At 2, 38).

Questo è il « Kerigma » o annuncio missionario (primo annuncio), l'obiettivo della missione della Chiesa. Ma questo è solo l'inizio del processo di configurazione a Cristo che deve abbracciare tutta la vita; per questo S. Paolo esortava i cristiani di Corinto a vivere come segni di Cristo, espressione di Lui o Suo « Corpo »: « E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo ... e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito » (1 Cor 12, 13).

Il processo di configurazione (o di « battesimo ») a Cristo, sotto 1'azione dello Spirito, ha bisogno dell'aiuto continuo delle luci e delle mozioni dello stesso Spirito. Per questo la comunità cristiana si riunisce per ascoltare la Parola, celebrare 1'eucaristia e per vivere in fraternità (At 2, 42-47). Diventa così « un cuor solo e un'anima sola » (At 3, 32) e si « colma del conforto dello Spirito Santo » (At 9, 31).

Un segno peculiare, un segno portatore ed efficace per comunicare lo Spirito Santo è il sacramento della confermazione. Per questo gli apostoli imponevano le mani a quelli che erano già battezzati, per comunicare loro una nuova grazia dello Spirito. Con esso i cristiani ricevono la « spinta » per saper testimoniare Cristo, specialmente nelle tribolazioni e nelle persecuzioni. I cristiani sono così, resi capaci di annunciare in qualsiasi circostanza che Cristo è risorto. Ad ogni nuova effusione « dello Spirito, seguiva una nuova audacia » (« parresia ») per annunciare il Vangelo (At 4, 29-31).

Una nuova effusione dello Spirito Santo si riceve mediante il sacramento dell'ordine. Gli apostoli imponevano le mani ad alcuni cristiani che dovevano collaborare strettamente con il loro « ministero apostolico » in qualità di vescovi, presbiteri e diaconi (At 6, 3-6; 14, 33; 1 Tim 4, 14). Ricevere una nuova effusione dello Spirito Santo, significava partecipare responsabilmente alla missione di Gesù, in quanto Capo e buon Pastore.

Mediante il battesimo, la confermazione e 1'ordine, si riceve una grazia permanente dello Spirito, come sigillo e segno di proprietà. Per questo abbiamo « ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso » (Ef 1, 13). Questo sigillo, o segno e dono permanente, si chiama « carattere ». È sempre una « dinamis » o forza dello Spirito, che spinge a configurarci a Cristo e ad annunziarlo ai fratelli. È, infatti, un segno efficace di santificazione e di missione. È indispensabile però, lasciar operare lo Spirito in noi con tutta la sua iniziativa. La nostra collaborazione possiamo paragonarla al « sof fiare » sul fuoco che già è presente in noi per ravvivarlo (2 Tim 1, 6).

Ciascuno è spinto dallo Spirito Santo a proseguire nel processo di « battesimo » o di configurazione a Cristo, e nel processo di missione: battezzarsi o configurarsi continuamente a Cristo e battezzare o trasformare il mondo. Ogni momento di Chiesa, è una nuova grazia dello Spirito. Ogni vocazione e stato di vita è un segno portatore della sua grazia. La Chiesa intera è « sacramento » o segno efficace di questa forza di santificazione e di missione, specialmente attraverso i sette momenti forti che si chiamano sacramenti. Ma è nell'eucaristia dove si realizza la maggior trasformazione sotto 1'azione dello Spirito.

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Il pane e il vino che presentiamo per il sacrificio della Messa, simbolizzano il lavoro e la convivenza umana. Si invoca poi lo Spirito Santo, perché trasformi il pane e il vino nel corpo e nel sangue del Signore. Il servizio ministeriale di pronunciare le parole della « consacrazione », può esercitarlo solo il sacerdote ministro, ma è tutta la comunità ecclesiale che collabora attivamente invocando lo Spirito Santo (specialmente quando dice 1'« amen » alla fine della preghiera eucaristica), impegnandosi ad essere tutta, con tutta 1'umanità « Corpo Mistico »; trasformata in Lui per opera dello Spirito Santo. Questa « invocazione » dello Spirito Santo, chiamata « epiclesis », è uno dei punti chiave della riforma post-conciliare del Vaticano II.

In questa realtà eucaristica « è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa » (PO 5). La comunità, convocata dalla Parola di Dio (la quale è stata rivelata è ispirata dallo Spirito), si costituisce per opera dello stesso Spirito in un solo Corpo con il Signore (PO 4). Mettendo in pratica la « comunione » - carità incalzante del comandamento dell'amore - diventa trasparenza del Vangelo; « per questo l'eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione » (PO 5), « fonte e apice di tutta la vita cristiana » (LG 11).

Essendo la Chiesa il Corpo del Signore, mediante la « comunione con Lui e per opera dello Spirito Santo », essa può pregare il « Padre nostro », condividere il pane di Cristo e annunciare la pace a tutti i fratelli, costituendo, in questo modo, la « comunione » e la missione della Chiesa. « Così si compie finalmente il disegno del creatore, che creò 1'uomo a Sua immagine e somiglianza, quando tutti quelli che son partecipi della natura umana, rigenerati in Cristo per mezzo dello Spirito Santo, riflettendo insieme la gloria di Dio, potranno dire: `Padre nostro' » (Ag 7).

MEDITAZIONE BIBLICA

□ Il dono dello Spirito: At 2,38.

□ Abbeverati da un unico Spirito: 1 Cor 12, 13; At 1, 4-8.

□ Un solo battesimo: Ef 4, 4-5; Mt 28, 19.

3. La missione nello Spirito

Tutta la vita di Gesù è orientata alla missione ricevuta dal Padre e praticata con la forza e 1'azione dello Spirito Santo. La persona di Gesù, in quanto uomo, è opera dello Spirito Santo nel seno di Maria (Lc 1, 35); la sua vita e la sua azione si muoveranno su questa linea.

Il signore ha realizzato i disegni salvifici del Padre, seguendo le mozioni dello Spirito Santo. I suoi momenti di Nazareth, di deserto, di preghiera, di sacrificio e di croce, hanno questo orientamento: « Condotto dallo Spirito » (Lc 4, 1; Eb 9, 14). La sua vicinanza ai poveri, ai peccatori e agli ammalati è sempre frutto dello stesso amore (Lc 4, 4-18). Per questo la sua gioia e la profondità del suo vivere consisteva nell'essere in sintonia con la volontà del Padre nell'amore dello Spirito, che è donazione reciproca tra il Padre e il Figlio (Lc 10, 21).

La missione di Gesù, è la stessa che sarà comunicata agli apostoli. Nell'ultima cena, dopo aver promesso loro 1'invio dello Spirito, Gesù prega il Padre dicendo: « Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo » (Gv 17, 18). Per questo, nel giorno della risurrezione comunica lo stesso Spirito per portare a termine la missione di riconciliazione e di pace: « pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo ... » (Gv 20, 21-22).

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La natura della Chiesa è missionaria. È la stessa missione che Cristo ha ricevuto dal Padre, che esercitò mosso dallo Spirito e che ora continua ad esercitare attraverso la comunità ecclesiale. Ogni cristiano con grado e modo differente (battesimo, confermazione, ordine ...), era incluso nel gruppo dei discepoli il giorno dell'Ascensione: « Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni ... fino ai confini della terra » (At 1, 8). I1 giorno di Pentecoste, quando gli apostoli e i discepoli « furono tutti ripieni di Spirito Santo » (At 2, 4) ebbe inizio 1'azione missionaria con 1'annuncio a tutti i popoli, di Cristo morto e risorto (At 2, 22-47).

La missione, perciò, è una conseguenza del fatto di essere « rivestiti » o « battezzati » nello Spirito (At 1, 5-8), è propriamente la partecipazione vitale e impegnata allo stesso essere - vita e azione missionaria di Cristo - grazie alla comunicazione dello Spirito Santo. « Lo Spirito Santo infonde nel cuore dei fedeli quello spirito missionario da cui era stato spinto Gesù » (AG 4). La Chiesa esiste per evangelizzare, e lo Spirito Santo « con la forza del Vangelo la fa ringiovanire e continuamente la rinnova » (LG 4).

La vocazione cristiana è per essenza una chiamata che impegna a seguire instancabilmente un processo di santità e di missione, come configurazione a Cristo. Per questo, è lo Spirito Santo che « opera in ogni evangelizzatore che si lasci possedere e condurre da Lui » (EN 75). Ogni cristiano si fa « prigioniero dello Spirito » (At 20, 22), cioè, totalmente libero e disponibile per amare ed evangelizzare.

La vita cristiana diventa così missione nello Spirito. Ognuno secondo la propria vocazione e carismi ricevuti, fa avanzare la creazione e la storia umana verso la restaurazione e l'incontro con Cristo risorto. Le grazie o i carismi dello Spirito spingono ad impregnare col Vangelo tutte le situazioni umane. Ed è la voce dello stesso Spirito che chiama dal cuore di ogni comunità, di ogni popolo, di ogni cultura, di ogni avvenimento e situazione sociale e storica.

Per questo la Chiesa « esiste per evangelizzare » (EN 14). La stessa azione dello Spirito che la fa partecipare alla missione di Cristo, la spinge alla santità: « La Chiesa si evangelizza mediante una conversione e un rinnovamento costanti, per evangelizzare il mondo con credibilità » (EN 15).

L'azione evangelizzatrice necessita sì di programmazione e di tecniche umane, ma la sua forza sta nello Spirito Santo inviato da Gesù, quale « agente principale dell'evangelizzazione » (EN 75). È Lui che aiuta a discernere e a seguire i « segni dei tempi - segni di Dio - che 1'evangelizzazione discopre e mette in valore nella storia » (ibidem). Sono « i segni della presenza o del disegno di Dio » (GS 11).

Questa realtà missionaria ecclesiale, attualizzata in ogni epoca storica si converte, per noi, in un invito a « studiare meglio la natura e il modo di agire dello Spirito Santo nell'odierna evangelizzazione » (EN 15). È anche 1'invito del Concilio Vaticano II: « È dovere di tutto il popolo di Dio, soprattutto dei pastori e dei teologi, con 1'aiuto dello Spirito Santo, ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce delle Parole di Dio » (GS 44). È questo, il processo di fedeltà ai vari segni dei tempi.

Solo con questo atteggiamento esistenziale di fedeltà alla presenza, al messaggio e all'azione dello Spirito, si comprende la missione che Cristo ha affidato alla sua Chiesa, ad ogni comunità ecclesiale e a ciascun fedele. « Egli solo suscita la nuova creazione », e « per mezzo di Lui il Vangelo penetra nel cuore del mondo » (EN 75). Così si comprende meglio, come il campo specifico della santificazione dell'apostolo sia il campo della sua missione. Questa, realizzandosi precisamente sotto 1'azione dello Spirito, porta a momenti forti di deserto che ci rendono capaci per una donazione autentica a Dio e ai fratelli.

La nostra missione non è un compito semplicemente filantropico. Qualsiasi scelta umana che volesse suscitare benessere e progresso, se volesse prescindere dall'azione dello Spirito Santo, incontrerebbe un ostacolo insuperabile: 1'egoismo e 1'ambizione di individui e di gruppi. I grandi mali e i disastri storici si sono forgiati quasi sempre nelle « buone intenzioni » e nelle ideologie parzialmente accettabili, ai margini dei disegni salvifici di Dio. La grande crisi vocazionale e i grandi fallimenti dell'evangelizzazione, si sono annidati lentamente nei cuori, nelle comunità e nelle istituzioni che hanno escluso sistematicamente le luci e le mozioni dello Spirito, per seguire le comodità e gli interessi delle persone e dei gruppi. « Nella

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testimonianza dello Spirito di verità l'umana testimonianza degli apostoli troverà il supremo sostegno » (Dominum et Vivificantem, 5).

MEDITAZIONE BIBLICA□ Avvinti dallo Spirito: At 20, 22.

□ La stessa missione di Gesù: Gv 20, 21-22.

□ Dono di Dio: Gv 17, 18.

4. La vocazione e 1'azione evangelizzatriceOgni vocazione cristiana è partecipazione all'unzione e alla missione di Gesù: « Lo Spirito del

Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con 1'unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio » (Lc 4, 18; cf. Is 61, 2). È la stessa « potenza dello Spirito » (Lc 4, 14) che guidò Gesù e che, adesso, conduce ogni cristiano secondo la propria vocazione.

L'amore che il Padre ha per noi in Cristo ci ha impresso il suo sigillo, come sua proprietà (unzione, consacrazione), per fare di noi la sua manifestazione al servizio dei fratelli (missione). Partecipiamo così, alla stessa realtà di Gesù, che si presenta come « consacrato » nello Spirito Santo, per la missione che il Padre gli ha affidato (Gv 5, 27-30; 10, 36). Gesù promise lo Spirito Santo per farci partecipi della sua « gloria » che è epifania di Dio Amore (Gv 16, 14-15; 17, 10). Per questo il Padre ci ama come ama Cristo suo Figlio (Gv 17, 23 e 26).

La fedeltà alla propria vocazione equivale alla fedeltà alle grazie e carismi che ciascuno ha ricevuto dallo Spirito. E poiché abbiamo ricevuto lo Spirito per una missione, la nostra fedeltà, perfezione e santificazione si realizzano principalmente nel compimento di questa stessa missione.

Mediante la nostra vocazione concreta, partecipiamo all'essere, alla vita e all'azione di Cristo. È una concretizzazione del battesimo (configurazione) e della confermazione (testimonianza). Il laico riceve la forza dello Spirito per cercare la configurazione a Cristo e dare testimonianza del Vangelo nelle realtà temporali - dal di dentro - come fermento: nella famiglia, nella società, nella politica delle scelte economiche, nella cultura, ecc. Chi è chiamato alla sequela radicale di Cristo (« vita consacrata ») riceve una forza nuova dello Spirito per portare la grazia battesimale alle sue ultime conseguenze: essere un segno e uno strumento di carità, nella pratica permanente dei consigli evangelici. Il ministero dei « dodici » (sacerdozio ministeriale) è condiviso mediante il sacramento dell'ordine: è una partecipazione particolare all'unzione e alla missione di Cristo Sacerdote e buon Pastore, per operare nel suo nome e al servizio della comunità ecclesiale.

Ogni vocazione è infatti partecipazione all'unzione e alla missione di Cristo per la forza dello Spirito e secondo i piani salvifici del Padre. L'azione dello Spirito tende a « raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo, i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell'umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza » (EN 19).

L'azione evangelizzatrice è prolungamento della missione di Cristo. Siamo segni e strumenti della sua salvezza quando prolunghiamo la sua parola, il suo sacrificio, la sua vicinanza ai poveri, la sua preghiera, la sua carità di buon Pastore per tutti. Non vi sarebbe azione evangelizzatrice se non fosse prolungamento dell'azione salvifica di Cristo, che si realizza sempre per opera dello Spirito Santo » (Lc 1, 35) e guidata dallo stesso Spirito (Lc 4, 1-18).

Gli apostoli, come Paolo, si considerarono sempre a imitazione di Gesù, avvinti dallo Spirito (At 20, 22). Se furono « tutti pieni di Spirito Santo » (At 2, 4), lo furono per diventare strumenti eletti per portare il Vangelo a tutte le genti (At 9, 15-17). La sofferenza è parte integrante della fecondità apostolica, secondo lo Spirito (At 9, 16; Eb 9, 14; Gv 12, 24).

Ogni azione apostolica è feconda quando si realizza « con la potenza dello Spirito » (Rm 15, 16). È 1'unica azione che può contagiare la gioia pasquale (Rm 15, 13) e fare che tutti i popoli diventino « un'oblazione gradita, santificata dallo Spirito » (Rm 15, 16). Allora, non ci sono né frontiere, né ostacoli insuperabili per « riempire tutto col Vangelo di Cristo » (Rm 15, 19).

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Ogni qual volta negli Atti degli Apostoli, si descrive la venuta dello Spirito, si afferma quasi sempre, nella regola che segue, la gioia della salvezza in Cristo, la fraternità cristiana e 1'audacia (« parresia ») per annunciare il Vangelo (At 2, 4; 2, 42-47; 4, 31-33).

Perché ci sia l'azione evangelizzatrice è necessario che si presentino i « segni » istituiti da Gesù. Sono i segni « poveri » della Chiesa, portatori della grazia dello Spirito e che, pertanto, si appoggiano nella forza e nella sicurezza umane. L'apostolo sa che la sua testimonianza è rafforzata dallo Spirito Santo (At 5, 32); per questo pone tutto il suo impegno nel far giungere a tutti la parola di Dio, così com'è, tutta intera e in ogni situazione umana. È parola ispirata dallo Spirito Santo ed esplicitata dallo stesso Spirito negli insegnamenti e nella vita della Chiesa (2 Pt 1, 21).

L'incontro dell'uomo con la Parola e il messaggio evangelico, si realizza mediante la fede e la conversione. È un incontro personale e comunitario con Cristo, che si realizza principalmente a livello sacramentale ed eucaristico. Si mettono allora le basi della costruzione del « tempio dello Spirito » che è la Chiesa, come Corpo di Cristo e popolo di Dio (Rm 8, 9-11; 1 Pt 2, 5). Per questo nella celebrazione eucaristica e in ogni celebrazione liturgica e sacramentale, si invoca lo Spirito Santo, perché trasformi la comunità in « ecclesia » di carità. « La suprema e completa autorivelazione di Dio, compiutasi in Cristo, testimoniata dalla predicazione degli apostoli, continua a manifestarsi nella Chiesa mediante la missione dell'invisibile consolatore, lo Spirito di verità » (Dominum et Vivificantem, 7).

Questo servizio apostolico, che si appoggia alla Parola e nei segni sacramentali, spinge alla costruzione di una comunità, di una fraternità che sia « un solo cuore ed una sola anima », precisamente per la venuta continua dello Spirito Santo (At 4, 31-32). Si inizia, allora, un'azione apostolica che non ha frontiere, poiché cerca la donazione totale a Dio e la trasformazione di tutta la famiglia umana in una Chiesa fedele alla voce dello Spirito Santo.

MEDITAZIONE BIBLICA□ Pieni dello Spirito: At 2, 4.

□ L'audacia dell'annuncio: At 4, 31-33.

□ La forza dello Spirito:At 5, 32; Rm 15, 19.

II

FEDELTÀ GENEROSA ALLA MISSIONE DELLO SPIRITO

1. Santificarsi « nella » missione e « per » la missione2. La presenza vivificante dello Spirito3. La « spiritualità », una vita secondo lo Spirito4. I doni dello Spirito

1. Santificarsi « nella » missione e « per » la missione

L'azione dello Spirito Santo in noi, si chiama precisamente « santificazione ». Così come la prima creazione porta 1'impronta dello Spirito per poter essere « gloria » e manifestazione di Dio (Gen 1, 2), allo stesso modo, la nuova creazione e ricapitolazione di tutte le cose in Cristo porta il « sigillo » dello stesso Spirito (Ef 1, 10-14). Il cristiano è un uomo che porta in sé il « sigillo » dello Spirito per compiere

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la missione di collaborazione nella nuova creazione e associarsi come « pienezza » alla redenzione di Cristo (Ef 1, 23; Col 1, 24).

La santificazione è in stretta relazione con la missione che bisogna compiere: essere sale e luce (Mt 5, 13-14), di modo che la vita cristiana serva come contagio, affinché per la pratica del comandamento del1'amore (Mt 5, 44-48; Gv 13, 34-35) tutti glorifichino il Padre (Mt 5, 16).

Ci si santifica solo e sempre vivendo la propria missione, che è sempre una missione di testimonianza e di annuncio del Vangelo a tutte le genti. La Chiesa è stata istituita per evangelizzare. In questo modo l'apostolo vive la sua specifica spiritualità, propriamente nell'azione di evangelizzare e di essere testimone per 1'azione dello Spirito (Gv 15, 27; At 1, 8ss).

La relazione tra santificazione e missione evidenzia che non tutta 1'azione pastorale esterna è azione evangelizzatrice. Quest'ultima esiste solo quando è un prolungamento dell'essere, dell'azione e della vita di Cristo, è, pertanto, della sua preghiera, della sua azione salvifica, sacrificale e pastorale. È Lui che ci fa addentrare negli amori di Cristo rispetto al Padre e agli uomini, fino a dare la vita come immolazione esigita dallo stesso Spirito (Eb 9, 14).

La Chiesa cresce sempre grazie all'azione dello spiri to (At 9, 31). Per questo lo Spirito Santo è come 1'anima della Chiesa (LG 7; AG 4). « È Lui che spiega ai fedeli il significato profondo dell'insegnamento di Gesù e del suo mistero. È Lui che, oggi, come agli inizi della Chie sa, opera in ogni evangelizzatore che si lasci possedere e condurre da Lui, che gli suggerisce le parole che da solo non saprebbe trovare, predisponendo al tempo stesso 1'animo di chi ascolta perché sia aperto ad accogliere la Buona Novella e il Regno annunziato » (EN 75).

Questa azione dello Spirito nell'evangelizzatore, si concretizza in attitudini apostoliche profonde e permanenti, che sono le attitudini basilari di Gesù buon Pastore. L'apostolo è « avvinto dallo Spirito » (At 20, 22) quando sa imitare Cristo, unirsi a Lui e configurarsi a Lui. Egli assume allora un atteggiamento di « esodo », cioè di distacco radicale per seguire Cristo (Mt 19, 27). Questo distacco (concretizzato nella linea della povertà, obbedienza e castità, secondo la propria vocazione) porta alla libertà dell'annuncio evangelico; è l'audacia profetica sotto l'azione dello Spirito Santo (At 4, 31). L'azione dello Spirito fa vivere alla Chiesa il suo dinamismo apostolico, che la porta a preparare 1'incontro finale di tutta l'umanità con Cristo (Ap 22, 17-21). È la dinamica escatologica della Chiesa pellegrina « sacramento universale di salvezza » (AG 1; LG 48). Questa tensione di aspettare attivamente 1'ultima venuta di Cristo (At 1, 11) fa dell'apostolo uno strumento vivo per la venuta attuale di Cristo e del suo Spirito Santo in ogni cuore e in ogni comunità cristiana (1 Cor 11, 26; At 1, 14; 2, 4).

MEDITAZIONE BIBLICA

□ Il sigillo dello Spirito: Efi, 13-14.

□ Essere testimoni di Cristo: Gv 15, 26-27.

□ La crescita della Chiesa: At 9, 31.

2. La presenza vivificante dello Spirito

Gesù promise 1'invio dello Spirito Santo perché rimanesse con noi: « Il Padre vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre ... Egli dimora presso di voi e sarà in voi » (Gv 14, 16-17). È una presenza attiva, come di chi ci insegna tutta la verità (Gv 14, 26) e ci introduce nel mistero di Cristo per farci suoi testimoni (Gv 15, 26-27). È, perciò, una presenza vivificante e trasformante; insegnamento vitale, azione santificatrice ed evangelizzatrice.

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Siamo templi dello Spirito Santo (Rm 8, 9-11); (1 Cor 3, 16). Le nostre persone diventano « pietre vive » di questo tempio, nella misura in cui ci convertiamo in « sacrificio spirituale » (1 Pt 2, 5). Perfino il nostro corpo, vivificato dallo Spirito, diventa « gloria » di Dio (1 Cor 6, 19-20).

Questa presenza dello Spirito Santo, è la stessa presenza di Dio uno e trino, Padre, Figlio e Spirito Santo, in noi. È una presenza di donazione e di relazione, che ci introduce nell'intimità di Dio Amore e ci trasforma in Lui, Dio inizia a manifestarsi e a comunicarsi in Cristo suo Figlio (Gv 14, 19-21). Il nostro essere diventa casa di Dio, nella quale Egli pone le sue compiacenze: « Se uno mi ama ... il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di lui » (Gv 14, 23).

Ogni manifestazione, vicinanza e presenza di Dio è opera di amore e, pertanto, si attribuisce allo Spirito Santo. Dio è dappertutto, in ogni essere e in ogni avvenimento, sostenendo 1'essere di ogni creatura e della storia; è la presenza che chiamiamo « immensità ». Ma nell'uomo che si apre a Dio, la presenza del Signore si chiama « inabitazione »; consorzio di comunicazione reale, personale e vitale: « L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato » (Rm 5, 5).

La presenza dello Spirito Santo non è statica, ma operante, per iniziare in noi il processo di una « nuova nascita » (Gv 3, 5). Il nostro essere diventa immagine di Dio (Gen 1, 26-27) grazie a questo « bacio » d'amore che è il dono dello Spirito Santo. I1 soffio di vita che Dio alitò sul volto del primo uomo (Gen 2, 7) fu la prima comunicazione dello Spirito. Adesso, in Cristo, questa comunicazione ci fa figli di Dio, partecipi della filiazione divina di Gesù (Gal 4, 4-7). È il « cuore nuovo » profetizzato da Ezechiele, come una nuova effusione dello Spirito nei tempi messianici (Es 36, 26-27). È il bacio di Dio Amore e Padre, che ci eleva all'altezza del suo volto, per infondere in noi la filiazione divina partecipata (Os 11, 4).

Questa presenza e comunicazione ci fa Chiesa, Corpo mistico di Cristo e Popolo di Dio, come « complemento » o « prolungamento di Cristo » (Ef 1, 22-23). È un'azione santificatrice che ci unifica nella carità, per essere riflesso di Dio amore. La Chiesa esiste nella misura in cui è una comunità di fratelli uniti in questo amore, che è immagine dell'amore trinitario: « Così la Chiesa universale si presenta come « popolo che deriva la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo » (s. Cipriano citato in LG 4).

L'immagine più adeguata della Chiesa, trasformata in corpo di Cristo e in tempio di Dio per opera dello Spirito Santo, è la Vergine Maria. Ella è diventataMadre, portatrice di Cristo, grazie allo Spirito che la coprì con la sua ombra (Lc 1, 35). È l'immagine dell'alleanza di Dio con il suo popolo, che ora è la Chiesa. Come Maria divenne madre per opera dello Spirito Santo il giorno dell'Annunciazione, così la chiesa diventa continuamente missionaria e madre dal giorno della Pentecoste {LG 59; AG 4). Il segreto della fecondità apostolica è la fedeltà allo Spirito Santo. Allora la Chiesa diventa segno e trasparente portatrice di Dio fatto uomo, come segno innalzato davanti a tutte le nazioni (Is 11, 12; SC 2).

MEDITAZIONE BIBLICA

□ Casa di Dio: Gv 14, 23.

□ Presenza efficace: Gv 14, 16.

□ Nel centro del cuore: Rm 5, 5.

3. La « Spiritualità », una vita secondo lo Spirito

« Spiritualità », significa uno stile di vita, un insieme di attitudini interiori secondo lo Spirito. Si chiama anche « vita in Cristo », « vita nascosta con Cristo in Dio » (Col 3, 3), in quanto lo Spirito Santo

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fa sì che Cristo sia la nostra vita e che la nostra vita esprima il nome e la realtà di Cristo (Col 3, 4; 1 Cor 12, 3).

La vita in Cristo è una dinamica di unione con Lui, di imitazione delle sue virtù e di configurazione o trasformazione in Lui. È sempre una vita « per Cristo, al Padre in un solo Spirito » (Ef 2, 18). Nel nostro rapporto personale con Dio, questa vita si chiama preghiera. È sempre un processo di perfezione come un'immagine del Padre che si fa sempre più chiara, per Cristo nello Spirito. Tanto la preghiera, come la perfezione, diventano atteggiamenti missionari perché annunciano ad altri la vita di Cristo.

La preghiera cristiana, è sempre preghiera nello Spirito. È Lui che fa sì, che il nostro rapporto con Dio sia un atteggiamento filiale di autenticità, di fiducia e di unione di volontà. È Cristo allora che prega in noi e che ci fa dire « Padre » a Dio, con la sua voce e con il suo amore (Gal 4, 6-7; Rm 8, 15-16.26).

La perfezione o santità, consiste nella carità come riflesso della carità di Dio nostro Padre. Imitare Cristo, unirsi a Lui e configurarsi a Lui è un processo continuo di partecipazione alla sua filiazione divina: « Tutti quelli infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio » (Rm 8, 14). Lo Spirito ci purifica, ci illumina e ci unisce al Padre per mezzo di Gesù Cristo. La sua azione ci svuota dal peccato e dall'egoismo, ci riempie di carità e ci trasforma in dono a Dio e ai fratelli.

Questa vita di perfezione è relazionale, in quanto si sviluppa nel rapporto con Dio e nel servizio ai fratelli. Sono tre gli aspetti intimamente relazionati: preghiera, perfezione, missione. La capacità di missione, di annuncio del Vangelo, dipende dalla capacità di assimilare lo stesso Vangelo per mezzo della contemplazione e della vita. Si realizza allora la testimonianza missionaria: « Lo Spirito di verità ... mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio » (Gv 15, 26-27).

Il processo di spiritualità, cioè di vita secondo lo Spirito, è sempre in sintonia con il pensare, il sentire, il valutare e il volere di Cristo. Ogni virtù cristiana è come una traccia della fisionomia di Cristo impressa in noi. È la configurazione a Cristo per mezzo delle virtù teologali: fede (pensare), speranza (sentire, valutare) e carità (amare), che si concretizzano nella vita pratica per mezzo delle virtù chiamate morali o cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. La nostra tendenza verso la verità e il bene si moderano e si ordinano secondo l'amore. È il « rivestirsi di Cristo » (Gal 3, 27), per essere sua trasparenza nella nostra relazione con Dio e nel servizio ai fratelli. « E questa redenzione viene, al tempo stesso, operata costantemente nei cuori e nelle coscienze umane - nella storia del mondo -- dallo Spirito Santo, che è 1'altro consolatore » (Dominum et Vivificantem, 24).

L'azione dello Spirito Santo nella vita spirituale, si intensifica quando non si mettono ostacoli. Le virtù si rinforzano con i doni o grazie speciali dello Spirito, per poter reagire più spontaneamente secondo lo Spirito di Cristo. Vedremo questi doni nel quarto punto. Risultato di questa intensa azione santificatrice dello Spirito sono i « frutti » dello Spirito Santo, che S. Paolo enumera come manifestazioni della sintonia con i piani salvifici di Dio in Cristo: « Amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé » (Gal 5, 22).

La vita evangelica viene delineata principalmente nel sermone della montagna come pratica concreta del comandamento dell'amore. È un atteggiamento fondamentale e permanente (dentro i limiti umani) di voler reagire amando come Cristo, in ogni circostanza umana. Sono le beatitudini descritte da Gesù e riassunte con questa affermazione chiave: « Amate ... Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste » (Mt 5, 44-48).

L'uomo, sotto 1'azione dello Spirito Santo, diventa immagine di Dio. La prima creazione si trasforma in una « nuova nascita dall'acqua e dallo Spirito » (Gv 3, 5). Allora, il cristiano e la comunità ecclesiale acquistano la massima potenzialità missionaria.

MEDITAZIONE BIBLICA□ Processo di preghiera: Gal 4, 6-7; Rm 8, 15-26.□ Processo di santità e di filiazione divina: Rm 8, 14; Mt 5, 44-48.□ Processo di missione: Lc 24, 47-48; Gv 15, 26-27.

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4. I doni dello Spirito SantoNoi partecipiamo alla vita di Cristo in ogni suo aspetto, anche nei doni dello Spirito Santo (Gv 1,

16). Come Gesù, siamo uniti e inviati dallo Spirito. Quando si presentò a Nazareth, il Signore applicò a se stesso la profezia di Isaia che parla dei doni o mozioni dello Spirito (Lc 4, 18; Is 11, 1-3; 61, 2ss). Noi riceviamo questi stessi doni per essere configurati più profondamente a Cristo (Rm 8, 29).

Anche se ogni grazia di Dio è un « dono » dello Spirito Santo, siamo abituati a riservare questa parola « dono » alle grazie speciali e permanenti che rafforzano le nostre virtù per farci operare più spontaneamente secondo Dio e in sintonia con la sua volontà e amore. I doni dello Spirito sono sette, e corrispondono alle sette virtù principali: tre teologali e quattro cardinali. Ogni virtù viene rafforzata dai sette doni, però in alcune virtù, la relazione con un dono concreto appare più chiara.

Principalmente è Dio stesso che si dona a noi. Tutte le sue grazie o doni servono per disporci a ricevere il suo amore e a restituirgli il nostro. La vita che Dio ci partecipa, e la nostra vita di creature, sono un dono. I doni dello Spirito sono come « abiti soprannaturali » o segni permanenti della donazione divina, che ci aiutano ad operare in sintonia con questo amore di Dio. Si dice allora, che operiamo in « modo deiforme » (cf. Mt 5, 44-48).

Fin dal giorno del battesimo abbiamo queste grazie o doni di Dio, molte volte però restano atrofizzati e anche non usati. Per questo la nostra vita « spirituale » rimane lontana dall'amore e reagiamo secondo lo « spirito naturale », mossi, a volte, dallo spirito cattivo: ambizioni, scoraggiamenti, mancanza di carità, ecc.

La virtù radice e fonte di tutte le altre è la carità. Siccome « la carità viene da Dio » (1 Gv 4, 7), si trova solo in un cuore che si apre a Dio e all'azione del suo Spirito. Quando questa azione è più profonda, si chiama dono della sapienza. Si affianca allora alla conoscenza amorosa di Dio, come esperienza semplice e intuizione sapienzale. Tutte le cose e gli avvenimenti si vedono spontaneamente alla luce di Dio Amore: « Tutto è grazia » (S. Teresa di Lisieux); « Mio Dio, e mio tutto » (S. Francesco d'Assisi). Questa sapienza possono averla anche i bambini e i semplici (Lc 10, 21). È la sapienza che nasce dall'amore e porta all'amore: « Se uno mi ama ... lo amerò e mi manifesterò a lui » (Gv 14, 21-23). Con questo dono possiamo già vedere ogni uomo con gli occhi e con 1'amore di Dio.

La fede nella parola e nel mistero di Dio manifestato in Cristo, si approfondisce con il dono dell 'intelletto. Al di là di ogni riflessione e logica si intuisce che tutto viene da Dio e tutto torna a Lui. La sua parola e la sua presenza ci porta ad entrare nel suo cuore, cioè nel suo « mistero » (intimità). La creazione e la storia nonostante 1'apparenza delle onde superficiali, hanno una meravigliosa unità fondata in Dio Creatore e Redentore. Qualsiasi creatura e qualsiasi aspetto della fede ci sommergono spontaneamente in questa unità cosmica e storica, al di là dei piani e delle riflessioni umane. In ogni religione e cultura si possono intravedere i semi del Vangelo.

Il dono del consiglio è 1'equilibrio e la serenità del cuore, che semina la pace nella comunità e nella convivenza umana. La prudenza viene così rafforzata senza cadere in omissioni ed equilibrismi. Cercando « prima di tutto il regno di Dio » (Mt 6, 33), vale a dire, la gloria e l'interesse di Dio e il bene dei fratelli, si trova sempre la possibilità di vivere tutte le situazioni umane nel miglior modo possibile: amando, servendo, seminando la pace. Nelle circostanze storiche, personali e comunitarie, si scopre sempre una nuova possibilità di annunciare e testimoniare il Vangelo.

La fiducia (e speranza) diventa audacia e fortezza. Confidiamo nel Signore e ci decidiamo ad affrontare le difficoltà amando. Il dono della fortezza ci dona la forza per mantenerci in questa decisione, anche nei momenti di eroismo, come i seguenti: perseveranza nella vita ordinaria e nascosta, perdono e comprensione nelle offese, serenità inspiegabile nelle lotte, martirio o testimonianza nel dare la vita per perseverare nella fede, ecc. La debolezza umana non è un ostacolo quando trasforma tutto in una nuova possibilità di servire, amare, evangelizzare: « Quando sono debole, è allora che sono forte » (2 Cor 12, 10).

La nostra fede, che abbiamo già visto rafforzata dal dono dell'intelletto, riceve una nuova luce per vedere l'armonia di tutta la verità e dei misteri cristiani. È il dono della scienza. Non solo vediamo tutte le cose dal punto di vista di Dio Amore (dono della sapienza), ma vediamo il piano di Dio in tutte le

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cose. Tutto ci porta a Lui e a collaborare attivamente e responsabilmente nei suoi piani di salvezza universale in Cristo Gesù.

Il dono della pietà è l'atteggiamento filiale e affettuoso verso Dio, che si esprime in un atteggiamento familiare e fraterno con il prossimo come figlio di Dio. Di fatto, grazie a questo dono e progredendo nella vita di perfezione e di preghiera, che suppone distacco da tutto, si giunge ad amare più affettuosamente i propri genitori, che hanno riflesso in sé la paternità di Dio nostro Padre. Questo dono è anche il rispetto per ogni persona nel suo essere e nelle sue cose (virtù della giustizia), con una sfumatura però, di apprezzamento, che valorizza ogni fratello per ciò che è, più che per ciò che ha.

Al lato di questa virtù e di questo dono, adottiamo spontaneamente e abitualmente un atteggiamento di ascolto, di rispetto, di ammirazione, di ringraziamento, di incoraggiamento, senza utilitarismi o intenzioni secondarie di interessi egoistici. Nel rapporto con Dio, la preghiera diventa un atteggiamento filiale, rapporto di amicizia, unione di volontà, di lode, di adorazione, ammirazione, silenzio di donazione, sintonia con il suo amore paterno con tutti gli uomini.

In questo processo di fedeltà all'azione dello Spirito Santo, il nostro atteggiamento filiale verso Dio diventa unità di vita. Tutta l'esistenza, dal più profondo del cuore, diventa relazione profonda e semplice. I desideri e i timori moderati dalla virtù della temperanza, si ordinano secondo 1'amore. Prende origine allora, un atteggiamento delicato e attento, come quello di un figlio che vuole compiacere suo padre in tutto, fin nei più piccoli dettagli. È il dono del timor di Dio, come sintesi di tutte le virtù e di tutti gli altri doni (Is 11, 2; Sal 33, 12). Si vuole « amare e far amare 1'amore » (S. Teresa di Lisieux). È 1'atteggiamento del figlio verso il padre teneramente amato. È 1'atteggiamento filiale di Gesù, unto e inviato dallo Spirito (Lc 4, 18), che si riempie di gioia nello Spirito perché il Padre incomincia ad essere conosciuto ed amato da tutti (Lc 10, 21-22).

L'apostolo diventa così strumento di una vita nuova: « Lo Spirito Santo ... per opera del Figlio, cioè mediante il mistero pasquale, in un modo nuovo viene dato agli apostoli e alla Chiesa e, per mezzo di essi, all'umanità e al mondo intero » (Dominum et Vivificantern, 23).

MEDITAZIONE BIBLICA

□ Mosso dallo Spirito: Lc 4, 14ss; Is 11, 1-3. □ La dinamica dei doni: Is 61, 2ss.□ II « sì » al Padre nello Spirito: Lc 10, 21.

III

LA DINAMICA DEL DISCERNIMENTO

1. I carismi

2. Discernere per essere fedeli

3. Dal deserto all'evangelizzazione dei poveri

4. La gioia dello Spirito

1. I carismi o grazie speciali

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Nel processo di santificazione e nel lavoro apostolico è imprescindibile la presenza e 1'azione dello Spirito Santo, che si manifesta per mezzo di luci, mozioni e grazie speciali o « carismi ». Si può dire che ogni cristiano e ogni comunità ecclesiale riceve dallo Spirito Santo « doni diversi » (Rm 12, 5-6) per poter servire tutti i fratelli e costruire, in questo modo, l'unica Chiesa del Signore (1 Cor 12, 7) concretizzata in comunità differenti; « uno solo (però) è lo Spirito » che distribuisce questi doni o carismi diversi (1 Cor 12, 4-13). Sono sempre doni che aprono il cuore della comunità ai piani salvifici di Dio.

La crescita di ogni persona, di ogni comunità e dell'umanità intera è crescita armonica della vita in Cristo. Per questo, la vocazione cristiana in ogni manifestazione, è un impegno a collaborare a questa crescita del « corpo » mistico di Cristo che è la chiesa (Ef 4,1-16). I carismi dello Spirito non restringono i cuori, né fanno delle comunità dei gruppi chiusi.

Le lettere di S. Paolo e gli Atti degli Apostoli, descrivono alcune comunità ecclesiali favorite da doni o carismi speciali dello Spirito: Cesarea, Corinto, Efeso, Roma... (At 10, 44-47; 1 Cor 12, 13; Ef 4, 1-16; Rm 12 ecc.). Non sembra essere cosa eccezionale, ma patrimonio di tutta la comunità cristiana anche se con sfumature e manifestazioni differenti. La discesa dello Spirito Santo nel cenacolo il giorno di Pentecoste, ha caratteristiche speciali, che non si identificano con le manifestazioni posteriori (At 2, 4-13).

Paolo, nelle sue lettere (specialmente 1 Cor 12 e Rm 12), presenta un lungo elenco dei doni dello Spirito: sapienza, scienza, fede, guarigioni, miracoli, profezie, discernimento, « lingue », interpretazioni, servizio (ministero), insegnamento, esortazione, distribuzione dei beni, presidenza, assistenza ai sofferenti, ecc. Molti di questi carismi corrispondono ai « doni » dello Spirito Santo che abbiamo descritto più sopra, o sono anche « ministeri » dei quali parleremo dopo.

L'elenco dei carismi e dei ministeri non è circoscritto ad un periodo storico. Si tratta sempre di grazie per costruire o impiantare la Chiesa in mezzo ad una comunità e cultura che ha appena iniziato a ricevere il Vangelo. Il dinamismo e 1'armonia nell'esercizio dei carismi mette il fondamento all'efficacia dell'evangelizzazione come espressione del comandamento dell'amore.In questo campo delle « esperienze » e dei « carismi », gli autori spirituali di tutte le epoche, ampliano 1'elenco e parlano anche di visioni, di locuzioni, elevazioni, stimmate, estasi, messaggi, telepatia, ecc. Sono manifestazioni conosciute nella storia della spiritualità e della mistica dentro e fuori del cristianesimo. La peculiarità delle « esperienze » e del messaggio cristiano non si evidenzia propriamente in nessuna di queste manifestazioni.

Secondo le epoche e le culture, va cambiando il punto di interesse circa alcune « esperienze » e « carismi ». Alcuni gruppi ecclesiali della nostra epoca insistono sulle « profezie », sulle « guarigioni », sulle « lingue », ecc. La « profezia » è nella linea dell'applicazione della Parola di Dio per casi e persone concrete; in alcuni gruppi si sottolinea di più la testimonianza e l'esperienza vitale. Le « guarigioni » si presentano in un contesto di preghiera comunitaria per incontrare la pace, 1'unità e la serenità interiore. Le « lingue » sono espressioni di semplicità e spontaneità; in alcuni gruppi si realizza in modo più spettacolare, mentre in altri si preferisce il silenzio e 1'adorazione. Non è facile distinguere tra 1'azione dello Spirito Santo, 1'azione della natura (psicologia personale e collettiva) e la possibile influenza dello Spirito cattolico. C'è sempre bisogno di discernimento.

S. Paolo ci dà una regola per garantire 1'autenticità dei carismi: la carità e la « comunione » della Chiesa. Ogni persona e ogni gruppo ecclesiale ha bisogno delle altre persone e di altri gruppi. La missione ecclesiale non termina né nel proprio gruppo, né nell'espansione di esso, ma tende principalmente a fare Chiesa e a servire la Chiesa al di sopra degli interessi e degli orizzonti del gruppo particolare. « Anche se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono un nulla » (1 Cor 12, 1-2).

Nei documenti conciliari si parla frequentemente dei carismi dello Spirito (LG 4, 12, 30; AA 3); a volte se ne parla in vista dell'azione missionaria (AG 4, 23, 28). Ogni grazia dello Spirito, tanto personale come comunitaria, deve esprimersi in qualche segno esterno della chiesa: magistero, pastori, comunità

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ecclesiale ampia, consiglio spirituale, ecc. Una fedeltà generosa ai carismi di ogni gruppo, nella comunione ecclesiale, porterà ad una maggior disponibilità per la missione nella Chiesa locale e universale. « Questi carismi, dai più straordinari a quelli più semplici e più largamente diffusi, siccome sono soprattutto adatti alle necessità della Chiesa e destinati a rispondervi, vanno accolti con gratitudine e consolazione. Non bisogna chiedere imprudentemente i doni straordinari, né sperare da essi con presunzione i frutti del lavoro apostolico. Il giudizio sulla loro genuinità e sul loro uso ordinato appartiene a coloro che detengono 1'autorità della Chiesa; ad essi spetta soprattutto di non estinguere lo Spirito, ma di esaminare tutto e ritenere ciò che è buono » (cf. 1 Tess 5, 12 e 19-12; LG 12).

Il carisma principale dello Spirito Santo per 1'annuncio del Vangelo è l'atteggiamento personale e comunitario di vivere e morire amando e perdonando. È il « martirio » o testimonianza cristiana, a imitazione della carità del buon Pastore. Nel caso di fenomenti straordinari non possiamo competere con le religioni non cristiane, le quali hanno fenomeni simili. Il nostro punto forte per annunciare il Vangelo a quelle religioni e a un mondo secolarizzato, sta nei fatti che riflettono la beatitudine e il comandamento dell'amore, come conseguenza della fede e della speranza in Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, morto e risorto per la redenzione di tutti.

MEDITAZIONE BIBLICA

□ Un solo corpo, un solo Spirito: 1 Cor 12, 4-13. □ Nella crescita della Chiesa: Ef 4, 1-6.□La carità, punto di riferimento: 1 Cor 13, 1ss.

2. Discernere per essere fedeli

Alle prime comunità cristiane, S. Paolo e S. Giovanni consigliavano un retto « discernimento dello Spirito » (1 Cor 12, 10; 1 Gv 4, 1). I grandi maestri di spiritualità hanno dedicato molta attenzione a questo tema: S. Giovanni della Croce, S. Teresa d'Avila, S. Giovanni d'Avila, S. Ignazio di Loyola, ecc. Da questa dottrina multisecolare, si ricavano alcuni orientamenti fondamentali molto utili per un buon discernimento.

Ciò che più conta nel discernimento, è individuare l'azione dello Spirito Santo nella vita quotidiana. In quanto ai carismi o grazie straordinarie, vanno tenute presenti, anche prima di passare al discernimento concreto, le seguenti puntualizzazioni:

- La santità, la contemplazione e la forza dell'evangelizzazione non si appoggiano a questi carismi straordinari.

- Alcune grazie di Dio (o carismi dello Spirito Santo) possono avere un effetto secondario o qualche manifestazione esterna nel corpo, nell'ambiente, ecc., ma la loro origine soprannaturale non si deduce mai con assoluta certezza da queste manifestazioni, salvo in caso di miracoli di primo ordine e nelle profezie sul futuro circa le azioni libere dell'uomo.

Nel caso dell'esistenza di queste manifestazioni, le persone autenticamente spirituali non le cercano e non le alimentano direttamente; quando cresce la carità, queste manifestazioni si eclissano, salvo che Dio conceda per il bene degli altri, come nel caso delle stimmate di S. Francesco d'Assisi.

I carismi dello Spirito Santo, tanto più sono profondi e autentici, quanto meno hanno queste manifestazioni esterne e straordinarie. Il discernimento deve essere esercitato abitualmente nei doni, luci e mozioni dello Spirito che ci guidano nella nostra vocazione o stato di vita, nel processo di preghiera, nella vita comunitaria, nel rinnovamento personale e strutturale, nella crescita spirituale della perfezione, nell'azione missionaria, ecc. Il discernimento può essere a livello personale, comunitario e degli avvenimenti storici (discernere i « segni dei tempi »).

La regola migliore del discernimento è 1'atteggiamento permanente di carità con il quale si cerca unicamente l'unione con Dio, l'unione con i fratelli, l'unità di vita nel proprio cuore e nell'azione. Questo

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atteggiamento equivale a volersi unire a Cristo, imitarLo e configurarsi a Lui, specialmente nella sua fedeltà all'azione dello Spirito che lo porta nel deserto, a predicare il Vangelo ai poveri e alla gioia della Pasqua attraverso la croce (Lc 4, 1-18; 10, 21).

La dinamica di ogni discernimento personale, comunitario e storico è sempre quella di trovare in ogni circostanza umana, anche se nella tribolazione, una nuova possibilità di amare e di servire. Solo allora si produce la gioia dello Spirito nel cuore, come garanzia di autenticità. È l'atteggiamento che riflette le beatitudini: beato colui che trasforma ogni situazione umana (personale o comunitaria) in una nuova opportunità di donazione. L'uomo diventa allora immagine di Dio (Mt 5, 48). Con questo atteggiamento, il cuore è libero da legami soggettivi e si rende capace a discernere.

Quando è davvero lo Spirito Santo ad agire, si manifestano sempre le sue caratteristiche. Lo Spirito, di fatto, porta sempre al « deserto », cioè: alla preghiera, all'umiltà, alla povertà, al sacrificio, alla fedeltà al lavoro quotidiano, al « Nazaret » e alla « Croce » ... È da qui che lo Spirito ci rende capaci di amare i fratelli, specialmente i più « poveri »: carità, missione senza frontiere, vicinanza a tutti, condivisione dei beni, comprensione, sintonia, accoglienza, collaborazione ... Solo questa dinamica di vivere, servire e soffrire amando, produce la « gioia » e la pace dello Spirito, come garanzia di autenticità. Si evangelizza allora, senza vincere né umiliare, senza annacquare il Vangelo e senza diffidare di nessun valore culturale e umano autentici.

Per riuscire in questo atteggiamento di discernimento, sono necessari alcuni mezzi concreti: la preghiera (sentire il bisogno di Dio), la consultazione (sentire il bisogno dei fratelli), 1'esame delle proprie inclinazioni, la conoscenza e 1'attuazione dei criteri della Chiesa, il ricordo dell'esperienza propria e altrui, ecc.

Vi sono molti campi di apostolato abbandonati o sconosciuti perché gli apostoli e i gruppi apostolici non hanno imparato a discernere. Esistono settori umani dove il Vangelo non è ancora arrivato, perché molti cristiani preferiscono restare in un cristianesimo di lusso e di gruppi « ricercati ». Lo Spirito Santo spinge a dare, a spogliarsi, a fare della vita un dono. Solo dando e servendo secondo il proprio carisma, la vita personale e comunitaria diventa vera carità. Una « carità » immagazzinata, come in conserva per noi e per pochi, non è riflesso di Dio Amore, Padre di tutti.

L'obiettivo principale del discernimento dei carismi è 1'essere fedeli allo Spirito Santo. Non si tratta, perciò, di una soddisfazione statica, come di chi sa già di essere nella verità e non osa passare all'impegno concreto. Questa fedeltà allo Spirito consiste nell'atteggiamento di relazione con Lui (la Sua presenza), di contemplazione (della Sua parola), di progresso nella santificazione (la sua azione santificatrice), di missione senza frontiere (il suo atteggiamento evangelizzatore).

I1 vero discernimento, personale e comunitario, porta al « sì » e al « fiat » di Maria all'azione dello Spirito Santo. Per questo il massimo carisma dello Spirito è l'atteggiamento del « martirio » o della testimonianza di Cristo, che visse e morì amando. Questo è il segno più chiaro della presenza di Cristo risorto che invia il suo Spirito alla comunità ecclesiale e al mondo.

Questo atteggiamento mariano di discernimento può far luce per comprendere il processo che segue la Chiesa per discernere le apparizioni della Santissima Vergine, come nel caso di Guadalupe, Lourdes, Fatima, ecc. I1 segno principale di un'azione diretta o indiretta del Signore è 1'armonia del messaggio con la dottrina evangelica e con la realtà ecclesiale. Si tratta sempre dell'amore materno di Maria fatto di perdono, di preghiera, di spirito di sacrificio, di pace, ecc. La semplicità o trasparenza della persona (« veggente » o messaggera) riassume le caratteristiche che abbiamo indicato più sopra; per questo i « veggenti » autentici si considerano indegni, sono umili, obbedienti, servitori, e testimoniano che la presenza di Maria è per tutti. Le cose straordinarie, se ci sono, hanno poco peso al momento di decidere sulle apparizioni, salvo che offrano elementi relazionati al messaggio evangelico.

Il discernimento e la fedeltà sono possibili quando si vive in armonia con i fratelli, specialmente quelli del gruppo, della comunità, della famiglia dove si condividono le preoccupazioni di santità e di apostolato, dove continuamente si confronta la vita alla luce della parola predicata e vissuta nel cuore e dal cuore della Chiesa. Lo Spirito allora guida alle profondità dell'incontro con Cristo, che è la Parola (il Verbo) e la presenza personale di Dio (1'Emmanuele). Sono profondità di unità di vita nell'amore, alle

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quali si arriva attraverso una vita che sperimenta, nella sua semplicità, il « silenzio » e 1'« as senza » di Dio, come parola e presenza più profonde.

Mediante questo processo di discernimento, che preferisce restare più col Signore che con i suoi « doni », 1'apostolo si avvicina maggiormente ai problemi degli uomini che soffrono e ai poveri, per annunciare loro, con la vita, che Dio esiste, che Dio è Amore, che Cristo è risorto e ha liberato tutto l'uomo.

MEDITAZIONE BIBLICA

□ Discernimento nella fede: 1 Cor 12, 12. □ Lo Spirito di Dio: 1 Gv 4, 1.□ Nella dinamica delle beatitudini: Mt 5, 44-48.

3. Dal deserto all'evangelizzazione dei poveri

Andare al deserto fu per Gesù la manifestazione esterna del suo atteggiamento permanente - sempre « condotto dallo Spirito » (Lc 4, 1), - di « occuparsi delle cose del Padre » (cf. Lc 2, 49). Questo deserto equivale alla vita quotidiana di Nazaret, ai momenti di prova e di tentazione, come pure al « silenzio » di Dio durante la passione e morte. Lo Spirito fa sempre passare 1'« inviato » attraverso il deserto per abilitarlo all'evangelizzazione (Lc 2, 14 e 18).

Lo Spirito Santo, che conduce Gesù e i suoi apostoli all'immolazione di sé (Eb 9, 14), rende possibile anche la gioia e la fecondità apostolica (Lc 10, 21). La fecondità della vita dell'apostolo dipende dall'autenticità di questa stessa vita in sintonia con le luci e le mozioni dello Spirito.

Lo Spirito « distribuisce a ciascuno (i doni) come vuole » (1 Cor 12, 11), ma questi doni esigono apertura, docilità, generosità. L'entrata nel « deserto » è come 1'ingresso in una scuola di purificazione e di recettività. La capacità di « silenzio » attivo e responsabile di fronte alla parola di Dio, diventa capacità di donarsi come riflesso di Dio che si dona. In questo senso si può dire che ogni carisma dello Spirito porta ad approfondire la Parola personale di Dio (che è Cristo, il Verbo incarnato), per annunciare questa stessa Parola e far sì che tutta 1'umanità diventi corpo mistico, Chiesa di Cristo vivificata dallo Spirito.

Entrare nel deserto significa avere capacità contemplativa, per saper tacere di fronte al messaggio evangelico, come chi adora, ammira, intuisce ed entra vitalmente in sintonia con Lui. L'azione dello Spirito diventa allora missione, per predicare il Vangelo con parole e gesti di vita. Senza questa dinamica missionaria non si possono manifestare i carismi dello Spirito; attraverso apostoli docili alla Sua azione, è sempre Lui che testimonia Gesù (Mt 10, 20).

Il silenzio attivo della contemplazione e del « soffrire amando » diventa epifania di Dio, specialmente attraverso i gesti silenziosi della vita quotidiana. I grandi risulta di apostolici si sono sempre forgiati nei momenti di « Nazareth » e di « deserto », « come il chicco di grano che si nasconde nella terra » (cf. Gv 12, 24). Testimoniare Gesù, significa presentarlo come Verbo fatto nostro fratello, Parola personale di Dio pronunciata dalla « nube luminosa » del Nazareth e del Tabor, della Croce e della Pentecoste; non c'è testimone di Cristo che non si sia formato in questo silenzio di Dio, doloroso e insieme pieno di speranza. Dio ha pronunciato il suo « Verbo » nell'eterno « silenzio » del suo Spirito d'Amore (come dono personale reciproco), ed ora segue questa stessa dinamica di rivelazione per mezzo di evangelizzatori che abbiano esperienza di Dio, il quale parla tanto più forte, quando sembra tacere. Nell'incontro con Cristo, Verbo ed Emmanuele, si spiegano tutti gli enigmi del « silenzio » e dell'« assenza » di Dio.

Abbiamo bisogno di testimoni di questa esperienza di Dio nel silenzio della prova. Gli evangelizzatori hanno sperimentato le stesse tribolazioni degli altri fratelli, non godono di privilegi, di vantaggi e di sicurezze umane. Gli evangelizzatori, mediante la grazia dello Spirito, sono riusciti a vedere

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1'invisibile (Eb 11, 27) in questo silenzio e in queste prove. I1 deserto si è trasformato in missione ed incontro.

La dinamica della preghiera, sotto la guida dello Spirito Santo, è un processo di « povertà » vissuto in periodi di « deserto » o di esperienza della propria povertà. Dio Amore e misericordioso, lo incontriamo vicino alla nostra realtà limitata. Si sperimenta allora la sua misericordia e si sente la chiamata a comunicare questa misericordia divina a tutti i fratelli. La preghiera di « povertà » si converte in carità e disponibilità missionaria.

Nei momenti di « deserto » si dà al tempo il suo vero valore. Ciò che è contingente passa in secondo piano e si ha tempo per ciò di cui vale la pena; cioè per fare della vita un dono, nelle circostanze semplici di tutti i giorni. Dedicando a Dio il tempo necessario per 1'ascolto e il dialogo, si impara a impiegare il tempo per ascoltare e aiutare i fratelli. Non manca mai allora il tempo per pregare, riposare e lavorare. I1 tempo, 1'apostolo, lo distribuisce secondo il peso del suo amore.

MEDITAZIONE BIBLICA□ Verso il deserto: Lc 4, 1.

□ Evangelizzare i poveri: Mt 11, 5-6; Lc 4, 18.

□ La logica dello Spirito: Lc 2, 25-32 (Simeone).

4. La gioia dello Spirito

La pace del cuore è il segno di un retto discernimento e di una fedeltà generosa e permanente all'azione dello Spirito. È la « gioia pasquale » (PO 11) che non dipende dal proprio temperamento né dalle riuscite umane, né dall'entusiasmo passeggero. Questa pace e questa gioia sono un dono dello Spirito Santo, e si manifestano quando, in qualsiasi circostanza umana (per sonale, comunitaria, di santificazione e di apostolato) si intravede la possibilità di amare e di servire.

Tanto nel campo della santificazione come in quello dell'apostolato, le difficoltà e gli ostacoli sono elementi necessari sui quali bisogna contare. Secondo la promessa di Gesù (Gv 16, 20), queste tribolazioni possono convertirsi in gioia e speranza cristiana, quando in esse si intravede la possibilità di reagire amando; è 1'atteggiamento materno della Chiesa, specialmente nell'azione apostolica (Gv 16, 21).

Lo Spirito Santo, promesso da Gesù, aiuta il cristiano a convertirsi in testimone, proprio per questo atteggiamento che fa trasparire Cristo (Gv 15, 26-27). Si evangelizza, ossia si annunzia la gioia salvifica di Cristo risorto, quando si presenta 1'atteggiamento delle beatitudini: convertire tutte le circostanze in una possibilità di donarsi e di servire.

Per conseguire questa pace del cuore abbiamo bisogno del consiglio e dell'aiuto dei fratelli: comunità, gruppo, direzione spirituale, ecc. Molte volte questa pace rimane offuscata dallo scrupolo, o dal sentimento esagerato di colpevolezza, di scoraggiamento, di paura e di complesso. Gli ostacoli più grandi di questa pace interiore sono: 1'ambizione, 1'odio nascosto, 1'aggressività, la vendetta camuffata e la mancanza di perdono sincero per cose passate. Allora, non c'è chiarezza e c'è bisogno di una « guarigione interiore » che esige: esame, conversione, preghiera, revisione, confessione, studio, consulta ... e tempo.

Mentre Luca ci presenta Gesù esultante di gioia nello Spirito nella sua preghiera al Padre (Lc 10, 21), s. Matteo descrive 1'invito che il Signore ci rivolge per farci partecipi della sua stessa gioia: « Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime » (Mt 11, 29). La mansuetudine è unità interiore che nasce dalla carità; 1'umiltà è la verità di riconoscersi come si è nei giusti termini: amati, perdonati, inviati. Entrare in questo realismo cristiano di vita integrale, personale, comunitaria e sociale, è il cammino più adeguato per fare un giusto discernimento.

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Nell'azione evangelizzatrice si incontrano, come è logico, difficoltà, perché si è entrati in un combattimento tra la luce e le tenebre. Gli avvenimenti a volte si oscurano a causa delle passioni, dei limiti propri e altrui; hanno origine allora, i dolori del parto (Gal 4, 19).Non è necessario andare a caccia dei « colpevoli », perché il male maggiore è dentro di noi. Lo zelo missionario dell'apostolo, come 1'amore materno che non cerca se stesso - a imitazione di Maria (Gal 4, 4), - renderà possibile 1'azione dello Spirito Santo che comunica la filiazione divina ai fratelli (Gal 4, 5-7).

Non c'è fecondità apostolica senza 1'amore che cambia le difficoltà in nuove possibilità di evangelizzazione. E anche quando le tribolazioni venissero dalla comunità, anche allora si può trovare la gioia di associarsi alla redenzione: « Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa » (Col 1, 24). Chi aspetta di comprendere il significato « teologico » di queste norme di Paolo, per viverle, è destinato alla sterilità e allo scoraggiamento.

Per arrivare alla gioia e alla pace del cuore durante il processo di discernimento, si suppone 1'aiuto dei fratelli: la correzione spirituale, la vita comunitaria, la preghiera condivisa, ecc. Per vedere negli avvenimenti i veri « segni dei tempi » (Mt 16, 3) è necessario 1'atteggiamento del « cuore nuovo » (Ez 36, 25-27) come « una nuova nascita dall'acqua e dallo Spirito » (cf Gv 3, 5). I segni dei tempi, sono segni che manifestano la volontà salvifica di Dio (GS 4, 11, 4).

I fratelli possono aiutare meglio a scoprire la « coppa » preparata dal Padre, precisamente là, dove noi non vediamo altro che ostacoli e calvario. La Croce consiste nel trasformare la sofferenza in amore. La forza evangelizzatrice della croce lascia intravedere sempre la gloria della risurrezione, quando alla carità non si mettono frontiere (Gv 12, 32). Lo Spirito Santo ci rende trasparenza, ossia gloria di Cristo, perché semina nel nostro cuore la gioia della speranza che noi dobbiamo comunicare agli altri. È Lui che ci comunica « la dolce e confortante gioia d'evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime » (EN 80).

Imparare dalla propria esperienza questo cammino del discernimento nella gioia dello Spirito, è la preparazione migliore per aiutare altri fratelli a vivere il Vangelo. « Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell'angoscia, ora nella speranza, ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo, la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo, e accettino di mettere in gioco la propria vita affinché il Regno sia annunziato e la Chiesa impiantata nel cuore del « mondo » (EN 80).

MEDITAZIONE BIBLICA

□ La gioia nel dolore: Gv 16, 20.

□ La gioia duratura: Gv 16, 22.

□ La pace del risorto: Gv 20, 20ss; cf. Lc 20, 21.

IVDISCERNIMENTO NELLA SOLITUDINE

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1. Contemplazione e missione 2. Orazione nello Spirito Santo 3. Sofferenza e missione4. Nazaret, solitudine piena di Dio

1. Contemplazione e missione

Le linee dell'agire, nel cammino della santificazione e nell'azione apostolica si scoprono nel dialogo con Dio, cioè nell'atteggiamento di adorazione « in Spirito e Verità » (Gv 4, 23). Non c'è conversione, santificazione e fedeltà generosa alla vocazione, senza 1'azione dello Spirito Santo, che si comunica a noi in un ambiente di preghiera (At 1, 14). «La preparazione più raffinata dell'evangelizzatore, non opera nulla senza di Lui. Senza di Lui la dialettica più convincente è impotente sullo spirito degli uomini. Senza di Lui, i più elaborati schemi a base sociologica, o psicologica si rivelano vuoti e privi di valore » (EN 75).

L'azione contemplativa è inquadrata nella dimensione di relazione e di amicizia della preghiera stessa. Alla luce di Dio Amore, scopriamo il nulla radicale del nostro essere. È 1'atteggiamento filiale di sentire il bisogno assoluto che il Padre ci comunichi il suo Spirito (Lc 11, 13). Sorge da ciò la convinzione profonda che senza Gesù Cristo non possiamo fare niente (Gv 15, 5). Per accompagnare Cristo e collaborare nella redenzione, è necessario « vigilare e pregare » (Mt 26, 41).

La preghiera contemplativa è, perciò, la preghiera dei poveri e il cammino più sicuro verso la realtà concreta che è contingente e che, al tempo stesso, evidenzia la trascendenza di Dio. Da questa peculiare esperienza della misericordia di Dio, si passa facilmente alla missione di annunciare questa stessa misericordia ai più poveri. L'opzione preferenziale per i poveri nasce alla luce del Vangelo, meditato umilmente in un cuore totalmente aperto ai piani salvifici di Dio Amore (Lc 2, 10-51).

La vita di Gesù è segnata da momenti forti di contemplazione, come segni di un atteggiamento costante di relazione personale e di dialogo con il Padre e nello Spirito Santo (Mc 3, 13; Lc 6, 12; Mt 11, 25-26; Gv 17, ecc.). L'atteggiamento filiale dei momenti di preghiera si traduce in un atteggiamento costante di relazione con Dio; è il « pregare sempre » (Lc 18, 1; 21, 36). La predicazione del messaggio, diventa allora trasparenza e autenticità di un incontro; la nostra vicinanza agli uomini diventa epifania di Dio.

La missione di Gesù inizia con una preghiera al Padre il giorno dell'incarnazione, quando lo Spirito Santo coprì Maria con la sua ombra. È la preghiera sacerdotale e sacrificale di Gesù (Eb 10, 5ss), che associa la preghiera di Maria, Modello e Madre della Chiesa (Lc 1, 38). La preghiera di Gesù è sempre gioiosa « nello Spirito » (Lc 10, 21ss) anche se « con forti grida e lacrime » (Eb 5, 7), come una immolazione continua « con uno Spirito eterno » (Eb 9, 14) per compiere il mandato del Padre di dare la vita (Gv 10, 17-19).

La preghiera contemplativa è necessaria per la missione, poiché 1'azione apostolica è solo strumentale (Mt 17, 20). A1 tempo stesso, 1'atteggiamento contemplativo armonizza la vita interiore e 1'azione in « unità di vita » (PO 14), senza dispersioni né dicotomie, come chi fa sempre ciò che è gradito al Padre (Gv 4, 38; 8, 29). La contemplazione converte 1'apostolo in un segno autentico di Cristo, come se riflettesse 1'amore appreso dal cuore di Dio, in modo simile e analogico a come Crista è trasparenza del Padre (Gv 14, 9).

La predicazione (missione pro f etica) è annuncio e testimonianza di Cristo, incontrato sperimentalmente mediante la fede, la speranza e la carità (1 Gv 1, lss). Le teorie su Dio e sul Vangelo non convincono 1'uomo d'oggi, il quale ha bisogno di « vedere Gesù » (Gv 12, 21) attraverso 1'apostolo, perché solo Gesù può comunicare il mistero di Dio (Gv 1, 18).

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I segni della salvezza (ministero culturale), soprattutto dell'Eucaristia, hanno bisogno - come parte integrante, - del segno di chi ha incontrato Cristo morto e risorto. Nella contemplazione, lo Spirito Santo introduce 1'apostolo nel mistero pasquale di Cristo e lo trasforma in testimone del Signore (Gv 15, 26). La testimonianza profetica e il servizio culturale vanno intimamente uniti, poiché, per essi, annunciamo e facciamo presente Cristo morto e risorto, che abbiamo incontrato in un rapporto familiare: « Anche voi mi darete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio » (Gv 15, 27; cf. At 2, 32).

I servizi di carità (ministero reale o pastorale) sono un servizio del buon Pastore che conosce, guida e ama per restaurare senza umiliare. Questa carità pastorale nasce dal dialogo con Dio e dall'incontro con Cristo. Alla donazione del servizio pastorale si giunge mediante un processo di ascolto della parola di Dio e di una risposta vitale e impegnata. La dimensione dell'azione pastorale sorge da una relazione intima con Dio, tradotta in apertura e generosità. La capacità di evangelizzare i poveri (Lc 4, 14-18) si forgia nei momenti di deserto (Lc 4, 1). Se non fosse così, 1'« opzione » per i poveri si convertirebbe in chiacchiericcio o in manipolazione e utilizzazione degli stessi poveri, per i propri interessi egoistici personali e di gruppo.

Si potrebbe riassumere 1'atteggiamento contemplativo dell'apostolo con l'esempio e la dottrina di Giovanni evangelista. Il suo incontro iniziale con Cristo (Gv 1, 35-39), si andò traducendo in un atteggiamento permanente di vedere Cristo nei segni « poveri » (Gv 2, 11), ascoltando sempre i battiti, ossia 1'amore di Cristo (Gv 13, 23). Da qui nasce la comprensione più profonda della missione di Cristo: « Quello che abbiamo visto e udito, noi lo annunciamo anche a voi » (1 Gv 1, 3). Giovanni come ogni evangelizzatore è « il discepolo che Gesù amava », che si decide a rischiare la sorte con Cristo in una linea di amicizia e di sposalizio; per questo addita sempre Cristo risorto presente: « È il Signore » (Gv 21, 7).

La missione nello Spirito è, perciò, una dichiarazione d'amore sperimentata nell'incontro con Cristo: « Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi, rimanete nel mio amore » (Gv 15, 9), « Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi ... Ricevete lo Spirito Santo » (Gv 20, 21-22).

MEDITAZIONE BIBLICA□ In Spirito e Verità: Gv 4, 23.

□ Atteggiamento filiale: Lc 11, lss; Gal 4, 6.

□ Sì, Padre: Lc 20, 21.

2. L'orazione nello Spirito Santo

La nostra preghiera arriva al cuore di Dio quando è un atteggiamento filiale di autenticità (umiltà) e di unione (carità). Che l'uomo si riconosca com'è e che si presenti così davanti a Dio, come figlio che torna alla casa del Padre, per semplice che possa sembrare, è opera dello Spirito Santo. Diciamo « Padre » a Dio, mossi dallo Spirito Santo (Rm 8, 14-17), perché partecipiamo alla filiazione divina di Gesù. Da questo punto della relazione con Dio possiamo discernere il cammino concreto di santificazione e di evangelizzazione.

È lo Spirito Santo che ci rende partecipi della filiazione divina (Gal 4, 6-7). L'atteggiamento filiale di dialogo con Dio si trasforma in fedeltà alla volontà di Dio e, pertanto, in un atteggiamento di amore fraterno secondo il comandamento dell'amore. Risulta difficile al nostro essere, ordinarsi secondo 1'amore, tanto nel rapporto con Dio, come in quello con i fratelli e nell'azione apostolica.

Per « ricapitolare tutte le cose in Cristo » (Ef 1, 10) è necessario « guarire » il nostro cuore. I1 nostro essere e la creazione intera « geme » nello sforzo o « ascetica » (lotta), per diventare

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immagine e riflesso di Dio. Sono i « gemiti » dello Spirito (Rm 8, 22-23). « Il rifiuto del1'amore paterno di Dio e dei suoi doni di amore è sempre alla radice delle divisioni dell'umanità » (Gio -vanni Paolo II, Riconciliazione e Penitenza, n. 10). Se si « rompe 1'equilibrio interiore ... si produce quasi inevitabilmente una lacerazione nel tessuto dei suoi rapporti con gli altri uomini e col creato » (ibidem, n. 15).

Ogni essere umano, come la samaritana, sente la sete di qualcosa che va « al di là » delle creature. È la sete dell'« acqua viva » della vita dello Spirito (Gv 4, l0ss). Questa fonte divina, che è 1'origine e la méta del nostro essere, incomincia a diventare una realtà nel nostro cuo re, quando si ricorre a Dio in sintonia con il suo Spirito e con 1'atteggiamento di coerenza e autenticità: « In Spirito e Verità » (Gv 4, 23). Sorvolare la domanda su questo « al di là » equivarrebbe a rinchiudersi in se stessi per finire nell'ateismo teorico e pratico.

Le difficoltà nel cammino della preghiera, della santificazione e dell'apostolato, sono limitazioni che devono essere affrontate sotto 1'azione della grazia o azione dello Spirito. I limiti umani, riconosciuti umilmente, possono diventare una terra assetata che attrae la benedizione di Dio (Salmo 62). L'apostolo diventa strumento vivo e docile che non mette ostacolo all'azione dello Spirito inviato da Gesù. I « gemiti » sono allora un'atteggiamen to di silenzio, di povertà, di disponibilità, di zelo apostolico, di servizio incondizionato, di missione senza frontiere: « Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili » (Rm 8, 26). « Lo Spirito Santo non solo fa sì che preghiamo, ma ci guida dall'interno nella preghiera, supplendo alla nostra insufficienza, rimediando alla nostra incapacità di pregare: egli è presente nella nostra preghiera e le dà una dimensione divina » (Dominum et Vivificantem, 65).

Chiedere lo Spirito Santo, viene ad essere il riassunto del « Padre nostro », in quanto tutto ciò che Dio può dare si concretizza nella comunicazione dello stesso Spirito. Tale è 1'insegnamento di Gesù (Lc 11, 13). La prima creazione (1'uomo come immagine di Dio), come la seconda (1'uomo come figlio di Dio), sono opera dello Spirito (Gen 1, 27; 2, 7; Gv 3, 5).

Il processo della preghiera e della vita « spirituale » è un processo di fedeltà allo Spirito Santo, che spinge ad aprire le porte a Cristo per unirsi a lui (Ap 3, 20-22). La preghiera cristiana è 1'espressione di un desiderio o della sete di Dio, che parte dalla propria povertà nella quale si è scoperto un segno dell'amore misericordioso di Dio. Per questo la Chiesa, mossa dallo Spirito, riafferma la sua esistenza come tensione verso 1'incontro di tutto il cuore e di tutta 1'umanità con Cristo risorto: « Lo Spiri to e la sposa dicono: "Vieni! ... Vieni, Signore Gesù" » (Ap 22, 17 e 20).

La Chiesa, che è missionaria per sua natura, chiede costantemente la venuta dello Spirito Santo. Le preghiere più belle su questo tema, sono quelle della liturgia di Pentecoste. Si ripete continuamente: « Manda il tuo spirito! », « Vieni, oh Spirito Santo! » ... Si chiede lo Spirito « creatore », capace di comunicarci un cuore nuovo, configurato con Cristo, partecipe della vita divina trinitaria, capace di amare tutti i fratelli senza eccezione e di trasformare il cosmo e la storia.

I1 gesto abituale della Chiesa primitiva, secondo gli Atti degli Apostoli, era di mettersi in preghiera per ricevere nuove grazie dello Spirito e, in questo modo, diventare più santa e più missionaria. È il gesto che diventa norma e modello della Chiesa di tutti i tempi (At 1, 14; 4, 31).

L'obiettivo finale dell'azione evangelizzatrice della Chiesa è quello di « contagiare » tutta 1'umanità con 1'atteggiamento filiale del « Padre nostro » e del comandamento dell'amore, sotto 1'azione dello Spirito Santo: « Così finalmente ... tutti quelli che sono partecipi della natura umana, rigenerati in Cristo per mezzo dello Spirito Santo, riflettendo insieme la gloria di Dio, potranno dire: "Padre nostro" » (AG 7).

MEDITAZIONE BIBLICA

□ Chiedere lo Spirito: Lc 11, 13.

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□ Pregare nello Spirito: Ap 22, 17ss.

□ I gemiti dello Spirito: Rm 8, 22-23.

3. Sofferenza e missione

La sofferenza di Gesù è redentrice o liberatrice, perché è sofferenza trasformata in amore di donazione. Gesù versò il suo sangue, diede cioè la sua vita in sacrificio, spinto dallo Spirito Santo che è amore sostanziale e personale tra il Padre e il figlio. « I1 sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte » (Eb 9, 14). Siamo stati redenti con il sangue prezioso di Cristo, come Agnello immolato (cf. 1 Pt 1, 18-19).

La sofferenza della Chiesa, corpo mistico di Cristo e di ciascuno dei suoi membri, ha questo stesso senso, grazie alla sua associazione al Redentore. « Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua resurrezione » (Rm 6, 5). La vita apostolica segue questa traiettoria « pasquale », come quella del chicco di grano che deve morire per potersi convertire in spiga (Gv 12, 24).

I1 segno che abbiamo vinto la sofferenza per mezzo dell'amore è la pace e la gioia profonda nello Spirito (Gv 16, 20-22). È la gioia degli apostoli quando hanno saputo soffrire « per il nome di Gesù » (At 5, 41). Questa stessa gioia di soffrire amando, si converte in un fatto evangelizzatore: si annuncia la morte e la resurrezione di Cristo sotto la forza dello Spirito Santo (At 5, 32).

La sofferenza dell'apostolo diventa complementare alla sofferenza redentrice di Cristo (Col 1, 24). Con queste prospettive di fede si trova il senso evangelizzato re alla propria sofferenza; si impara ad entrare in sintonia con le persone che soffrono e annunciare con la propria testimonianza, il valore redentivo ed evangelizzatore della sofferenza umana. La forza dello Spirito agisce per mezzo di queste debolezze dell'uomo, quando egli vuole associarsi a Cristo Redentore.

Solo 1'amore fa della sofferenza un'espressione del mistero dell'uomo redento da Cristo, in quanto ha la possibilità di trasformare tutto in dono a Dio e ai fratel li. Nelle altre religioni, il dolore si vince dominando desideri o sperimentando la contingenza del proprio essere di fronte alla trascendenza dell'Assoluto. Nel cristianesimo si penetra in modo integrale e alla luce de1 mistero di Cristo. « Soffrire significa diventare particolarmente sensibili, particolarmente aperti all'opera delle forze salvifiche di Dio, offerte all'umanità in Cristo » (Giovanni Paolo II, Salvifici doloris, n. 23). Per questo, « la redenzione già compiuta fino in fondo, si compie in un certo senso, costantemente » ... « Cristo si è aperto sin dall'inizio, e costantemente si apre ad ogni umana soffe -renza » (ibidem, n. 24).

La Chiesa intera riscopre la sofferenza, trasformata in amore e in unione con Cristo, come parte integrante della sua vocazione e missione. Come in Maria, « la propria sofferenza assunta per amore » di associazione a Cristo, si converte in strumento di « una maternità nuova » (ibidem, 25-26). Per questo « la Chiesa sente il bisogno di ricorrere al valore delle sofferenze umane per la salvezza del mondo » (ibidem, n. 27).

Il « martirio » o testimonianza cristiana consiste principalmente nel morire amando e perdonando. Ma questo atteggiamento è in armonia con una vita ordinaria consumata per comunicare la fede, per amare Dio e per farlo amare. Tutte le circostanze della vita cristiana, che è innestata in Cristo, sono un passo verso il Padre, o verso 1'« ora » che egli ha additato come il momento più fecondo della propria esistenza.

S. Giovanni della Croce, in queste « notti » della sofferenza, sapeva captare il mormorio dell'acqua viva dello Spirito Santo: « Che ben so' io l'acqua che sgorga e scorre, anche se è di notte ». S. Ignazio di Antiochia, mentre andava al martirio, chiedeva ai cristiani di Roma che non gli

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impedissero di essere frumento di Cristo, tritato dai denti delle fiere; la forza per soffrire amando proveniva dalla vita nello Spirito: « Sento in me, nel più profondo del cuore, il rumore di un'acqua viva che mi dice: " Vieni al Padre! " ».

L'azione dello Spirito Santo, che fa dell'apostolo un « testimone » (« martire ») di Cristo risorto, è un processo doloroso e gioioso, che si traduce nell'ansia dell'incontro personale e in un profondo desiderio che 1'umanità intera s'incontri con Dio: « Oh fiamma di amore viva, che soave ferisci dell'alma mia il più profondo centro! Poiché non sei più schiva se vuoi 1'opera finisci, rompi la tela per questo dolce incontro ». (S. Giovanni della Croce)MEDITAZIONE BIBLICA

□ Il sangue redentore di Cristo: Eb 9, 14; 1 Pt 1, 18-19. □ Innestati in Cristo: Rm 6, 5.□ Associati a Cristo Redentore: Col 1, 24.

4. Nazareth, solitudine piena di Dio

L'azione santificatrice ed evangelizzatrice dello Spirito si discerne soprattutto nella fedeltà alla vita ordinaria. È la fecondità missionaria di « Nazareth » che, come ogni fecondità cristiana, è opera dello Spirito Santo (Lc 1, 35). I1 « sì » ai disegni salvifici di Dio si pronuncia principalmente nelle circostanze quotidiane e apparentemente insignificanti.

Quando Gesù si presentò nuovamente a Nazareth, all'inizio della sua vita pubblica, volle lasciare le prove che quei lunghi anni erano sempre stati vissuti sotto 1'azione dello Spirito che santifica (consacra) e invia (Lc 4, 18ss). Le circostanze esterne di quella vita furono insignificanti, come di chi è « figlio del falegname » e la cui madre, - Maria, - era conosciuta da tutti (Mt 13, 55). Per questo si produsse lo « scandalo » o rifiuto, da parte di coloro che speravano qualcosa di più spettacolare e straordinario (Mt 13, 57-58; Lc 4, 23-30).

La difficoltà di ogni Nazareth, nella vita dell'apostolo, non è principalmente in coloro che giudicano e criticano dal di fuori, bensì nella stessa persona chiamata a seguire lo Spirito che « soffia dove vuole » (Gv 3, 8) e comunica ad ognuno i suoi doni « come lui vuole ». Sarebbe più facile superare la difficoltà rifiutandola con forza, che restare responsabilmente in questa solitudine e vita ordinaria, che sembra non avere senso e che, secondo la logica umana, conduce alla sterilità.

Da questi momenti di Nazareth, vissuti nella fedeltà generosa e gioiosa allo Spirito Santo, nasce l'essere strumento della pace e della grazia dello Spirito Santo per tutti gli uomini. I1 saluto « shalom » di Maria a Elisabetta servì per comunicare lo Spirito al precursore di Cristo e a sua madre (Lc 1, 39ss).

I « cantici spirituali » come il « Magnificat » e il « Nunc dimittis », nascono da questa solitudine vissuta con fede, speranza e amore, per convertirla in una solitudine piena di Dio e feconda di santità, di conversione e di vocazioni. Lo Spirito Santo non è assente quando si vivono le proprie circostanze con la speranza che si può sempre fare il meglio (Lc 2, 25ss).

Le difficoltà che provengono dagli altri, sono compito comune (nostro e dei fratelli) per uscire dagli ostacoli, pure comuni e per fare della vita un dono. La realtà del Nazareth c'è, non quando si vuol vincere il fratello, ma quando si entra in sintonia con i sentimenti di Cristo che vuol fare del fratello e di noi un'offerta al Padre (Eb 13, 15).

Associarsi a Cristo Redentore, nell'« ora » che il Padre ha stabilito, suppone entrare con Lui nel Nazareth, sempre per occuparsi dei disegni salvifici di Dio (Lc 2, 39-52). Nazareth, allora si converte in epifania (come nel Giordano o sul Tabor), dove discende lo Spirito Santo e dove il Padre lascia udire la sua voce: « Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo! » (Lc 3, 21; 9, 35).

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Il cammino per penetrare in questa « nube luminosa » (Mt 17, 5) è la preghiera a imitazione di Gesù Cristo (Lc 9, 28). Ciò che sembrava silenzio di Dio e sepolcro vuoto, diventa voce di Dio e santificazione trascendente.

Il mistero di Nazareth, come luogo privilegiato della comunicazione dello Spirito, lo si scopre e lo si ama solo con 1'atteggiamento contemplativo di Maria (Lc 2, 51). Se Gesù è venuto per evangelizzare i poveri e per dare la vita secondo il mandato del Padre, come si spiega la sua vita occulta a Nazareth? La logica della salvezza segue sempre alcune linee che differiscono dalla nostra logica. Teresa di Lisieux non sarebbe la patrona delle missioni se non avesse fatto della sua vita nascosta, il luogo privilegiato per essere « 1'amore nel cuore della Chiesa». S. Francesco Saverio, non avrebbe aperto nuove vie all'evangelizzazione dell'Asia, se non avesse seguito le indicazioni di una obbedienza che lo chiamava a lasciare 1'apostolato più amato e più gratificante, per prestarsi ad un servizio ecclesiale del quale non conosceva né la portata né il suo significato.

Nazareth, o vita ordinaria, è la scuola che abilita gli apostoli senza frontiere, sullo stile di Saverio e Teresa di Lisieux. È sempre la missionarietà della Chiesa che si compara con la maternità di Maria. Gesù, nonostante lo scandalo di ogni epoca storica, vuole continuare ad essere in noi « il figlio del falegname, la cui madre è Maria » (Mt 13, 35). I1 mistero della Chiesa segue le regole del Nazareth continuato, che ci abilita ad essere « la donna » associata all'« ora » redentrice di Cristo.

MEDITAZIONE BIBLICA□ Lo Spirito Santo a Nazareth:Lc 1, 35. □ Nazareth missionario: Lc 1, 9ss.□ Uno scandalo fecondo: Mt 13, 57ss; Lc 4, 23-30.

V

DISCERNIMENTO IN COMUNIONE:

COMUNITÀ FRATERNA ED EVANGELIZZATRICE

1. Comunità e missione 2. Comunità vive3. Nuovi « ministeri » o servizi missionari nella comunità4. Nel cenacolo con Maria: Verso il terzo millennio del cristianesimo

1. Comunità e missione

Le luci e le mozioni dello Spirito Santo hanno un duplice versante: il cuore e la comunità. Per riuscire nel discernimento, è necessario armonizzare le tendenze del cuore verso 1'ascolto della parola di Dio e verso la carità fraterna; ossia, bisogna vivere in sintonia responsabile con i fratelli. Il discernimento comunitario o in « comunione », è possibile quando la comunità si apre ai piani di Dio nel campo della santificazione e dell'evangelizzazione.

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Un cuore ristretto dall'egoismo non sa discernere. Una comunità chiusa in se stessa è incapace di capire le vie di Dio. I desideri sinceri di santità e di missione ci rendono capaci di discernere e di seguire le grazie dello Spirito Santo.

La comunità si interroga seriamente sulla sua apertura a Dio, quando non mette ostacoli per essere strumento di Cristo Redentore universale, che ha dato la vita per tutti. « Lo Spirito Santo dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione ... Con la forza del Vangelo la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo » (LG 4). La vitalità del gruppo nel quale viviamo va canaliz zata nell'annuncio del Vangelo con gesti, parole e la testimonianza. La vita contemplativa è già un segno forte di questo annuncio evangelico. Ogni rinnovamento della vita comunitaria deve essere fatto per far trasparire Cristo, davanti al Padre e davanti agli uomini. Il discernimento dell'azione dello Spirito è possibile quando non si perde il punto focale sul quale si fonda la vita comunitaria: santificarsi ed evangelizzare. I1 mondo e le circostanze dipendono dai carismi propri di ogni persona e di ogni istituzione. Per poter discernere, i membri di una comunità hanno bisogno della serenità di sentirsi amati da Dio e dai fratelli; al tempo stesso hanno bisogno di costatare che è sempre possibile amare o fare della vita un dono.

I1 rinnovamento di una comunità secondo i carismi dello Spirito, è in relazione diretta con la potenzialità evangelizzatrice della stessa. I carismi veri fanno dei discepoli del Signore dei testimoni senza frontiere, grazie alla loro disponibilità di servizio incondizionato: « A vrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Samaria e fino agli estremi confini della terra » (At 1, 8).

L'azione evangelizzatrice della Chiesa dipende da questo rinnovamento interiore delle persone e delle comunità: « Essendo la Chiesa tutta missionaria, ed essendo 1'opera evangelizzatrice dovere fondamentale del popolo di Dio, il sacro concilio invita tutti i fedeli ad un profondo rinnovamento interiore, affinché, avendo una viva coscienza della propria responsabilità in ordine alla diffusione del Vangelo, prendano la loro parte nell'opera missionaria presso i pagani » (AG 35).

La comunità discerne per fare del proprio lavoro e convivenza, il « pane » e il « vino » che sarà trasformata in Cristo per 1'azione dello Spirito Santo. L'invocazione dello Spirito (« epiclesis ») durante la celebrazione eucaristica, dà alla comunità un senso di missione: deve vivere in « comunione » per essere segno efficace di unione fraterna in tutta la comunità umana, trasforman -dola, per la forza dello Spirito in Corpo Mistico di Cristo. Il discernimento nelle circostanze di lavoro, di convivenza e di azione, deve essere f atto in questa prospettiva eucaristica ed ecclesiale.

L'unità della comunità, come riflesso della vita nuova nello Spirito (LG 4), è il segno efficace di carità, e di rispetto per la comunità ecclesiale e umana. I servizi di carità (assistenziali e promozionali) si devono fare nel discernimento e nella fedeltà allo Spirito che spinge ad una opzione preferenziale per i più poveri, per testimoniare loro il servizio evangelico del buon Pastore.

I servizi di carità non si organizzano direttamente per sentirsi realizzati o per sviluppare le proprie qualità e la propria personalità, ma puntano principalmente alla donazione, come riflesso di Dio, Amore, per Cristo nella Spirito.

MEDITAZIONE BIBLICA

□ Comunità di « inviati »: At 1, 8; cf. Lc 10, lss. □ Discernere per evangelizzare: At 15, 8-9, 28.□ Cristo presente aiuta a discernere: Mc 16, 20.

2. Comunità vive

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Una comunità è viva quando orienta tutta la sua esistenza all'ascolto della parola di Dio, a pregare, a vivere in fraternità e ad evangelizzare. È come la prima comunità ecclesiale che, con Maria, si preparava a ricevere lo Spirito Santo (At 1, 14), il quale discese su tutti i componenti di questa comunità (At 2, 4).

I nostri gruppi, le famiglie e le comunità, assomigliano di più alle sette chiese descritte da S. Giovanni. In ciascuna di esse risuona la stessa voce: « Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese » (Ap 2, 7ss). Il discernimento in comunione, per diventare comunità santificata ed evangelizzatrice, passa per una revisione di vita a tre livelli: 1) le grazie ricevute da Dio, cioè i carismi delle persone e dei gruppi; 2) i difetti reali riconosciuti con autenticità e umiltà senza bisogno di accusare altri; 3) la possibilità di corrispondere alle grazie nuove e antiche dello Spirito Santo, che sono altrettante esigenze di rinnovamento e di apostolato.

Non bisogna puntare a vivere comodamente, ma a diventare trasparenza di Cristo come Maria, « la donna vestita di sole » (Ap 12, 1). Ciò non toglie la convivenza gioiosa e la delicatezza rispettosa, ma la rinforza e 1'0rienta aiutando ad evitare tanto la freddezza di una disciplina esagerata, come la banalità e la comodità facilona.

La vita della comunità è vita nuova nello Spirito che ha origine nell'insegnamento di Cristo Sposo, nella sua Parola e nella sua azione santificatrice. È Cristo risorto presente che continua ad inviare lo Spirito Santo alla comunità ecclesiale (Gv 20, 23). Solo i criteri della fede condivisi nella fraternità, fanno scoprire la presenza attiva di Cristo (Gv 20, 29), fossero anche i segni poveri di alcune bende piegate o di fratelli poveri (Gv 20, 5-8). Questi criteri di fede che costituiscono la base del di-scernimento, si ricevono e si acquistano nella contemplazione della Parola di Dio (Gv 20, 9). Le regole di vita allora, non sono un peso insopportabile, ma un segno povero ed efficace per vivere il Vangelo.

La Chiesa, in ogni comunità cristiana, diventa « sacramento »: segno portatore di Cristo per tutti gli uomini. Per questo la comunità si riunisce per ricevere « la grazia del Signore Gesù Cristo, 1'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo » (2 Cor 13, 13). Questa comunità « è già un fatto evangelizzatore » (Puebla, n. 507).

Molte volte non facciamo un buon discernimento perché mettiamo i nostri punti di vista al di sopra dei piani salvifici di Dio. Preferiamo le nostre statistiche e la nostra efficacia al di sopra di un cammino evangelico di povertà e di umiltà; il numero delle vocazioni al di sopra dell'evangelizzazione delle regioni e dei settori più poveri; 1'amore del gruppo al di sopra di un servizio umile che nessuno vuol fare; i ministeri che oggi sembrano più direttamente apostolici al di sopra delle vere necessità della Chiesa ... Riunirci per discernere dà origine allora ad una lotta sterile, che rovina le comunità come ha già rovinato anteriormente le persone nel cammino della perfezione.

Le comunità dell'Apocalisse come le comunità ecclesiali, trovarono il loro orientamento, quando, seguendo 1'invito dello Spirito, si aprirono alla voce di Cristo Sposo che invitava ad uscire da se stesse, per amare e per evangelizzare (Ap 3, 20-22). Questo atteggiamento di apertura feconda e rinfrescante, si mantiene grazie alla preghiera eucaristica celebrata in comune (Ap 5, 9-10), che è il « canto nuovo » per una « sequela » nuova, al di sopra di criteri, valorizzazioni e atteggiamenti rasenti la terra (Ap 14, 3-5). La Chiesa diventa così la nuova Gerusalemme (Ap 21, 2), come « segno innalzato davanti alle nazioni » (Is 11, 12; SC 2).

Il segno e lo stimolo della vitalità comunitaria è la preghiera nello Spirito: « Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!" ... Vieni, Signore Gesù » (Ap 22, 17-20). È il desiderio sincero di unione, imitazione e configurazione con Cristo, che si esprime in un desiderio ardente di « ricapitolare tutte le cose in Cristo » (Ef 1, 10).

Queste ,comunità vive sanno ascoltare bene la voce dello Spirito, che le apre a tutti gli orizzonti della Chiesa, al di sopra delle necessità e interessi del proprio gruppo. Questa visione universale non sarà già per contagiare con problemi, né per sterilizzare 1'azione di altre comunità, ma per servire gli ideali evangelici di perfezione e di apostolato. I1 migliore segno di autenticità è il desiderio di incontrare in Maria sempre Vergine e sempre fedele, il modello della natura materna e missionaria della Chiesa.

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MEDITAZIONE BIBLICA

□ La voce dello Spirito: Ap 2, 7ss.

□ Segno efficace di evangelizzazione: Gv 17,23.

□ Grazia, amore e comunione: 2 Cor 13, 13.

3. Nuovi « ministeri » o servizi missionari nella comunità

La comunità diventa « comunione » (« koinonìa ») quando tutto ciò che è ed ha si converte in servizio 0 ministero. Queste parole cristiane però non sono parole ornamentali, bensì di donazione, di svuotamento di sé per darsi ai fratelli (« Kenosis »). Solo lo Spirito Santo può far sì che la comunità segua questo cammino di Cristo Redentore (Fil 2, 5), entrando in sintonia con i suoi sentimenti e atteggiamenti di « servire » più che di essere servito (Mc 10, 45).

In ogni momento storico, lo Spirito Santo suscita nuove possibilità di « ministeri », e per questo dona anche nuove grazie o « carismi » che hanno sempre 1'obiettivo di servire e costruire la comunione ecclesiale. Se non c'è il discernimento e la fedeltà allo Spirito Santo, sorgono nella comunità e nel cuore i « surrogati » e le apparenze dei carismi e dei ministeri, che non sono altro che caricature. Se i carismi non si usano per servire, perdonare ed evangelizzare, significa che non proce-dono dallo Spirito Santo inviato da Gesù (Gv 20, 21-22; At 1, 8).

Il Signore, comunicando lo Spirito Santo, istituì alcuni ministeri che noi chiamiamo « apostolici » i quali rimangono per sempre nella Chiesa pellegrina (Mt 28, 19-20; Lc 22, 20; Gv 20, 23). Sono i ministeri propri dei « dodici », dei loro successori (i vescovi) e dei loro immediati collaboratori (i presbiteri e i diaconi). Questi ministeri costituiscono il sacerdozio « ministeriale », che ha la funzione di insegnare (magistero), celebrare l'eucaristia, servire alcuni segni salvifici sacramentali e presiedere la comunità in nome di Cristo Capo, Sacerdote e buon Pastore. Questi ministeri vengono trasmessi ora per 1'imposizione delle mani nel sacramento dell'Ordine, il quale conferisce una grazia permanente o « carattere » dello Spirito Santo (1 Tim 4, 14; 2 Tim 1, 6).

Tutti i membri della comunità cristiana hanno ricevuto i carismi dello Spirito Santo (per il battesimo, confermazione, ecc.) per essere servitori o ministri del profetismo (o servizio della parola), del sacerdozio (o servizio del culto) e della regalità (o servizio della carità, della costruzione della comunità e dell'estensione del Regno). In ogni epoca però lo Spirito Santo comunica nuove grazie e carismi per concretizzare questi ministeri orientandoli in altre nuove possibilità di servizio ecclesiale.

Questa varietà e pluralismo di carismi e di ministeri avrà sempre un punto di riferimento obbligato: la comunione ecclesiale, garantita dal « ministero apostolico » (gli apostoli, il Papa e i Vescovi): « Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angola re lo stesso Cristo Gesù ... in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito » (Ef 2, 19-22).

I carismi e i ministeri si aprono in un ventaglio quasi innumerabile, come nuove grazie di Dio alla Chiesa di ogni epoca e, concretamente, alla Chiesa dei nostri gior ni. Possiamo ricordare alcune possibilità attuali. Nel campo del profetismo o annuncio: il settore dell'educa zione, dell'insegnamento e della cultura ... Nel campo liturgico e culturale: la pietà popolare, le espressioni dell'arte e della cultura, le esperienze contemplative ... Nel campo della carità e nella costruzione della comuni tà: 1'opzione per i poveri e gli emarginati (assistenza e promozione), la famiglia, il lavoro, gli anziani, le associazioni e i movimenti, i non credenti ... I tre campi devono arrivare ai settori attuali

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dell'università, della politica, dell'economia, della diplomazia, delle relazioni internazionali, dello sport, dell'emigrazione, ecc., essendo i centri nevralgici della nostra società.

Le vocazioni e gli stati di vita (laicale, vita consacra ta, sacerdozio ministeriale) si rinvigoriscono con questa possibilità di nuovi ministeri o servizi missionari. Con la prospettiva di orizzonti senza frontiere, molti problemi personali e comunitari spariscono da soli.

Le nuove possibilità che si intravedono nei ministeri di oggi rivalutano ogni vocazione e la integrano nelle altre vocazioni e stati di vita. I1 laicato riscopre la sua missione di essere fermento dello spirito evangelico nelle nuove strutture umane, a partire dall'unzione e dalla missione dello Spirito Santo; in questo modo il mondo viene orientato secondo Dio Creatore e Redentore. La vita consacrata approfondisce la sua consacrazione e la sua missione (ricevuta dallo Spirito Santo) per essere trasparenza delle beatitudini, segno o stimolo della carità di Cristo povero, obbediente e casto. I1 sacerdozio ministeriale riafferma gioiosamente la sua identità di segno personale di Cristo Sacerdote, Capo e buon Pastore, come segno di vicinanza a tutti gli uomini, specialmente ai più poveri e lontani, mentre, allo stesso tempo, realizza il servizio di suscitare e armonizzare tutti i carismi della comunità (LG 31; GS 38; PO 9).

La comunità cristiana diventa comunione, come riflesso dell'unità di Dio Uno e Trino, grazie allo stesso Spirito di unità e di amore che distribuisce i carismi: « Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre », come « uno è lo Spirito » (Ef 4, 4-6; 1 Cor 12, 11-13). Quando manca 1'atteggiamento di servizio ai fratelli, nella prospettiva della comunione e della missione ecclesiale, i carismi o non esistono o si usano male.

Le differenze dei carismi, nelle persone e nelle comunità, non possono essere causa di divisioni, ma devono aiutare a scoprire la dignità fondamentale e 1'uguaglianza di base di tutti i figli di Dio, come pure la responsabilità specifica di ogni persona e di ogni comunità, in vista dell'edificazione della Chiesa stessa perché possa realizzare il suo compito di evangelizzazione universale.

La garanzia concreta e immediata dei carismi di una comunità locale o particolare (all'interno della diocesi) è la comunione con il proprio pastore, cioè con il Papa e i Vescovi. Tutta la comunità ecclesiale, specialmente la diocesi, « aderisce al suo pastore, è da questi radunata nello Spirito Santo » (CD 11).

n questa comunione della chiesa, dove convergono e si armonizzano tutti i carismi nuovi e antichi, si realizzano le vere « Pentecoste » della storia ecclesiale e, per tanto, anche della nostra epoca che volta pagina ad un millennio.

MEDITAZIONE BIBLICA□ I ministeri per servire: 1 Cor 12, 11-13.

□ I ministeri per evangelizzare: Mt 28, 19; cf. At 1, 8.

□ I ministeri per costruire la Chiesa: Ef 2, 19-22.

4. Nel cenacolo con Maria, verso il terzo millennio del cristianesimo

In ogni tappa del cammino storico della chiesa si realizza una nuova « Pentecoste ». La comunità diventa il cenacolo dove i cristiani pregano e amano con Maria la Madre di Gesù per ricevere nuove grazie dello Spirito Santo (At 1, 14). I1 mandato che Gesù diede alla Chiesa primitiva, continua ad essere parola viva, giovane e attuale, che invita a prepararsi per essere segno portatore di Cristo sotto 1'azione dello Spirito Santo (At 1, 8ss).

Nella Chiesa c'è sempre una nuova Pentecoste, poiché i ministeri cristiani si attualizzano e si fanno presenti per trasformare il nostro momento storico in momento salvifico. Nella comunità cristiana di tutte le epoche, come nella Chiesa primitiva, diventa realtà la presenza, 1'insegnamento e 1'azione dello Spirito Santo (Gv 15, 26-27; At 2, 4). I segni che garantiscono questa co-municazione sono sempre gli stessi: ascolto della parola rivelata e predicata dagli apostoli,

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celebrazione dei misteri cristiani (battesimo, eucaristia ...), vivere la fraterni tà, rendersi disponibili per la missione ... (At 2, 42-47). Così, come ogni cristiano è « segnato » con il dono dello Spirito Santo perché s'impegni nel compito di « ricapitolare tutte le cose in Cristo » (Ef 1, 10-14), allo stesso modo tutta la comunità è il « popolo sacerdotale » o proprietà sponsale di Cristo, che lo annuncia a tutti i popoli. La comunità ecclesiale è « consorte » di Cristo perché condivide la sua esistenza.

Per compiere questo mandato la Chiesa ha bisogno di nuove venute dello Spirito Santo, che la spingano e 1'aiutino ad amare di più, aprendo le porte a Cristo santificatore ed evangelizzatore (Ap 2-3). La Chiesa diventa allora, come Maria, « il segno grandioso », rivestita di Cristo a sua trasparenza (Ap 12, 13; Rm 13, 14). La tunica bianca del battesimo che si era macchiata, diventa, per ogni cristiano, una tunica bianca (trasparente) per le nuove grazie dello Spirito che invita a lavare questa stessa tunica nel sangue di Cristo (Ap 7, 14). Questa immagine biblica significa la condivisione della propria esistenza con quella di Cristo. Così, la Chiesa corre la stessa sorte di Cristo suo Sposo e suo Redentore.

L'atteggiamento ecclesiale del cenacolo si riassume nel « sì » di Maria alla venuta dello Spirito Santo (Lc 1, 35-38). Ciò che Maria fu dall'Annunciazione, la Chiesa lo è dalla Pentecoste: fedele allo Spirito Santo per comunicare il Verbo al mondo (LG 59; AG 4). Maria e la Chiesa sono, dunque, una vergine che ascolta, che prega, che ama e che diventa Madre (MC 16-20 e 27).

Ad ogni comunità ecclesiale che vuol discernere e seguire fedelmente e generosamente 1'azione dello Spirito Santo, si può applicare 1'affermazione conciliare che descrive il primo cenacolo di Gerusalemme: « Maria implorava ,con le sue preghiere il dono dello Spirito che, all'Annunciazione, 1'aveva presa sotto la sua ombra » (LG 59).

« La Chiesa persevera nella preghiera con Maria. Questa unione della Chiesa orante con la Madre di Cristo fa parte del mistero della Chiesa fin dall'inizio » (Dominum et Vivificantem, 66).

Questa realtà del cenacolo è un « battesimo nello Spirito » (At 1, 5), è cioè, un continuo rinnovamento ecclesiale, soprattutto in « questi anni che segnano la vigilia di un nuovo secolo, la vigilia anche del terzo millennio del cristianesimo » (EN 81).

La comunità ecclesiale di oggi vive la presenza di Maria, come modello, personificazione e aiuto di ciò che la Chiesa intera deve essere e fare: « Al mattino di Pentecoste, Ella ha presieduto con la sua preghiera all'inizio della evangelizzazione sotto 1'azione dello Spirito Santo: sia Lei la Stella dell'evangelizzazione sempre rinnovata che la Chiesa, docile al mandato del suo Si gnore, deve promuovere e adempiere, soprattutto in questi tempi difficili ma pieni di speranza » (EN 82).

Sono comunità « cenacolo » quelle che si organizzano per pregare, amare ed evangelizzare: « Io spero che, grazie a tale preghiera, potremo ricevere lo Spirito Santo che scende su di noi e divenire in questo modo testimoni di Cristo "fino ai confini della terra", come coloro che uscirono dal Cenacolo di Gerusalemme nel giorno di Pentecoste » (RH 22).

La Chiesa diventa madre di tutti gli uomini « sacramento universale di salvezza » (AG 1), comunità viva, segno portatore di Cristo per tutte le genti, nella misura in cui, riunita nel cenacolo, imita 1'affetto e la funzione materna di Maria, per questo « anche nella sua opera apostolica la Chiesa giustamente guarda a Colei che generò il Cristo, concepito appunto dallo Spirito Santo e nato dalla Vergine per nascere anche nel cuore dei fedeli » (LG 65).

MEDITAZIONE BIBLICA

□ Le caratteristiche del Cenacolo: At 1, 4. □ L'inno della carità: 1 Cor 13, 4.□ Segno portatore di Cristo: Ap 12, 1; cf. Rm 13, 14; Fil 2, 5-11.

VIL'AZIONE DELLO SPIRITO SANTO NELLA MATERNITA E MISSIONARIETA DELLA

CHIESA

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1. Annunciazione e Pentecoste2. La Chiesa madre e missionaria sotto l'azione dello Spirito Santo3. L'azione dello Spirito nel primo annuncio del vangelo4. Dinamica di maternità ecclesiale sotto l'azione dello Spirito

1. Annunciazione e Pentecoste

Il rapporto tra Annunciazione e Pentecoste, sottolineato nei testi conciliari del Vaticano II e nei documenti post-conciliari, ci aiuta a penetrare nel mistero della Chiesa come missionaria e madre sotto 1'azione dello Spirito Santo. Maria, Vergine e Madre, associata a Cristo, è modello e personificazione di questa maternità missionaria ecclesiale.

Possiamo pure parlare di una nota caratteristica o costante storica post-conciliare, che può portare verso un autentico e profondo rinnovamento spirituale e missionario. L'invito di Giovanni Paolo II a preparare il bimillenario dell'Incarnazione s'inserisce propriamente in questa cornice storica post-conciliare che preme la Chiesa a vivere più responsabilmente la sua realtà di madre e di missionaria sotto 1'azione dello Spirito Santo. Maria nel momento dell'Annunciazione è Tipo di questa maternità e missionarietà ecclesiale che ebbe inizio nella Pentecoste: « A questo Giubileo la Chiesa desidera prepararsi nello Spirito Santo, come dallo Spirito Santo fu preparata la Vergine di Nazareth, nella quale il Verbo si fece carne » (Dominum et Vivificantem, 66).

La costituzione conciliare « Lumen Gentium » presenta questo rapporto parlando del « dono dello Spirito » ricevuto da Maria il giorno dell'Annunciazione e dalla Chiesa il giorno delle Pentecoste. È un dono che fa diventare madre Maria e la Chiesa (LG 59). La venuta dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste santifica la Chiesa e la fa diventare santificatrice e portatrice di vita divina (LG 4).

Il decreto conciliare « Ad Gentes » mette in rilievo il rapporto tra Annunciazione e Pentecoste nella linea di missione, accennando alla missionarietà della Chiesa: « Dalla Pentecoste infatti cominciarono gli ‘atti degli Apostoli', come per 1'opera dello Spirito Santo nella vergine Maria, Cristo era stato concepito » (AG 4). « Pertanto la missione della Chiesa si realizza attraverso un'azione tale, per cui essa, obbedendo all'ordine di Cristo e mossa dalla grazia e dalla carità dello Spirito Santo, si fa pienamente ed attualmente presente a tutti gli uomini e popoli » (AG 5).

Nell'esortazione apostolica « Marialis cultus », Paolo VI, ponendo in rapporto la maternità di Maria e della Chiesa (MC 27), invita a riflettere sull' azione dello Spirito Santo in ambedue le maternità:« Maria è la Vergine madre ... costituita da Dio quale tipo e modello della fecondità della vergine-Chiesa, la quale diventa anch'essa madre, poiché con la predicazione e il batte simo genera a vita nuova e immortale i figli, concepiti per opera dello Spirito Santo e nati da Dio » (MC 19).

Sottolineando la missionarietà della Chiesa e la sua azione evangelizzatrice, Paolo VI, nell'esortazione apostolica « Evangelii Nuntiandi », chiama Maria « Stella dell'evangelizzazione », poiché « al mattino della Pentecoste, ella ha presieduto con la sua preghiera all'inizio dell'evangelizzazione sotto 1'azione dello Spirito Santo » (EN 82).

Mettendo in relazione la maternità di Maria e quella della Chiesa in questo campo dell'evangelizzazione, Giovanni Paolo II, nell'enciclica « Redemptor Hominis », parla della Pentecoste come di un prolungamento della maternità della Chiesa: « dal momento dell'Annuncia -zione, è stata inserita nella storia della salvezza e nella missione della Chiesa »; perciò « la Chiesa, che guarda con amore e speranza tutta particolare, desidera appropriarsi di questo mistero in maniera sempre più profonda » (RH 22). Il Papa invita alla preghiera nel cenacolo con Maria: « grazie a tale preghiera, potremo ricevere lo Spirito Santo che scende su di noi e divenire in questo modo testimoni di Cristo fino agli estremi confini della terra » (ibidem).

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In questo contesto storico e conciliare si inquadra pure un altro invito di Papa Giovanni Paolo II, fatto nella Lettera all'Episcopato (25 marzo 1981), in occasione del 1600° anniversario del I Concilio di Costantinopoli e del 15500 anniversario del Concilio di Efeso. Questa Lettera, firmata nel giorno dell'Annunciazione, invita a celebrare la Pentecoste in un modo particolare, affinché diventi rinnovamento missionario in tutte le comunità ecclesiali. I1 Papa mette in rapporto la maternità e la missionarietà della Chiesa, che ebbe inizio nella Pentecoste, con la maternità di Maria, che iniziò nel -1'Annunciazione: « La Chiesa, la quale nasce nel Cenacolo gerosolimitano dalla potenza dello Spirito Santo, comincia a guardare a Maria come alla sua figura archetipa. In quel giorno Colei, che da Paolo VI fu chiamata anche Madre della Chiesa, irradia la sua potenza di intercessione sulla Chiesa-Madre e ne protegge quella spinta apostolica di cui questa tuttora vive, generando a Dio i credenti di tutti i tempi e di tutte le latitudini ».

In tutta la storia ecclesiale si trovano continui riferimenti alla Chiesa primitiva adunata nel Cenacolo con Maria (At 1, 14), specialmente nei momenti di rinnovamento. La Chiesa si prepara costantemente per pronunciare un nuovo « sì » a una nuova azione dello Spirito Santo e a questo scopo è necessaria la presenza attiva di Maria che disse il suo « fiat » nel momento più trascen dentale della storia umana. Così constatiamo che in tutti i momenti storici di rinnovamento spirituale ed apostolico si è sentito il bisogno di intensificare questa coscienza ecclesiale di preghiera e di comunione « con Maria la Madre di Gesù » (At 1, 14). « La Chiesa persevera nella preghiera con Maria. Questa unione della Chiesa orante con la Madre di Cristo fa parte del mistero della Chiesa fin dall'inizio » (Dominum et Vivificantem, 66).

« Nell'economia della grazia, attuata sotto 1'azione dello Spirito Santo, c'è una singolare corrispondenza tra il momento dell'incarnazione del Verbo e quello della nascita della Chiesa. La persona che unisce questi due momenti è Maria: Maria a Nazareth e Maria nel cenacolo di Gerusalemme. In entrambi i casi la sua presenza discreta, ma essenziale, indica la via della ‘nascita dallo Spirito' » (Redemptoris Mater, 24).

Questi momenti profondamente ecclesiali e mariani sono una risposta all'invito di Gesù fatto nel giorno dell'Ascensione, di attendere attivamente la venuta dello Spirito Santo (At 1, 4-8). Le nuove grazie dello Spirito attuano la maternità missionaria della Chiesa.

Possiamo inoltre dire che i momenti in cui si prende coscienza della maternità ecclesiale sotto la potenza dello Spirito, avendo Maria come Tipo, si possono chiamare un'attualizzazione o « presenzializzazione » della Pentecoste. In realtà, i misteri cristiani trovano una presenza ef fettiva attraverso i segni ecclesiali. Giovanni XXIII, nella costituzione apostolica « Humanae salutis », nella preghiera per il buon esito del Concilio Vaticano II, chiedeva: « Rinnova nella nostra epoca i prodigi come di una novella Pentecoste ... ».

L'impressione di trovarci in un momento speciale dell'azione dello Spirito Santo nella Chiesa, appare frequentemente nei documenti conciliari e post-conciliari. La costituzione conciliare « Sacrosantum Concilium » parla di « un passaggio dello Spirito Santo nella Chiesa » (SC 43). L'« Evangelii Nuntiandi » sottolinea che « noi stiamo vivendo nella Chiesa un momento privilegiato dello Spirito » (EN 75). La « Redemptor Hominis » indica che siamo in un'epoca particolarmente affamata di Spirito (RH 18).

Dopo aver rilevato questi inviti della Chiesa, possiamo chiederci: quali sono le fondamenta, che significa e come si attua la maternità missionaria della Chiesa sotto 1'azione dello Spirito Santo?

MEDITAZIONE BIBLICA□ L'ombra dello Spirito: Lc 1, 35; Atti 2, 1-3.

□ La Vergine fedele: Lc 1, 38; Atti 2, 42.

□ Con Maria la Madre di Gesù: Atti 1, 14.

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2. La Chiesa madre e missionaria sotto 1'azione dello Spirito Santo

La missione che Gesù comunicò alla Chiesa, in particolare agli Apostoli, è quella stessa che egli aveva ricevuto dal padre (Gv 20, 21; 17, 18). È missione nello Spirito (Gv 20, 22) o sotto la potenza dello Spirito (Atti 1, 8) per diventare i suoi testimoni tra le genti che devono battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28, 19).

Questa missione è unzione e consacrazione dello Spirito Santo; gli Apostoli partecipano alla stessa unzione di Gesù come Figlio di Dio, per poter trasmettere a tutti questa filiazione divina partecipata (Atti 1, 4-5;Lc 3, 22).

Gesù era stato concepito per opera dello Spirito (Lc 1, 35; Mt 1, 18-20) e quindi unto e mosso dallo stesso Spirito (Atti 10, 30). In quanto tale, si presentò a Naza reth (Lc 4, 18) e in Gerusalemme (Gv 10, 36). Perciò la sua azione missionaria è sempre sotto 1'azione dello Spirito (Lc 4, 14-18; 10, 21).

La partecipazione all'unzione e missione di Gesù è una nuova nascita nello Spirito (Gv 3, 5) e, allo stesso tempo, spinge a comunicare agli altri questa vita o nuova filiazione divina partecipata (Atti 1, 8; Gal 4, 6-7; Rom 8, 14-17).

Lo Spirito Santo fa partecipare alla vita nuova o vita divina che Gesù vuol trasmettere a tutti (Gv 14, 15-17; 4, 14; 7, 37-39). È « 1'acqua » che sgorgherà dal costata di Cristo morto nella croce (Gv 19, 35) e che sarà comunicata a tutti coloro che crederanno in lui (Gv 20, 31; 1, 12-13.16).

In questo contesto evangelico si capisce meglio perché Gesù paragona gli Apostoli a una madre che gioisce della fecondità soltanto attraverso i dolori del parto (Gv 16, 20-22). La gioia dello Spirito (Lc 10, 21) è frutto di una fedeltà sofferente che passa attraverso il deserto (Lc 4, 1). Gli Apostoli diventeranno luce e sale se sapranno trasformare le difficoltà in amore e servizio; questo atteggiamento ecclesiale è trasparenza del sermone montano sulle beatitudini (Mt 5, 7).

La fecondità apostolica si attua principalmente nel « martirio » o testimonianza cristiana. In quel momento la fedeltà alla persona e al messaggio di Cristo acquista caratteristiche di eroicità e di segno stimolante, principalmente perché è atteggiamento di perdono (Atti 760). È lo Spirito Santo che aiuterà gli Apostoli a prendere questo atteggiamento di amore (Lc 12, 12), ad imitazione della donazione sacrificale del Buon Pastore (Lc 23, 34).

Tutta la comunità ecclesiale riceve il titolo di « madre » quando è fedele alla Parola di Dio fino a testimoniarla e metterla in pratica, come Maria, Tipo della Chiesa (Lc 8, 19-21; 11, 27-28; Mc 3, 35). È un atteggiamento di fedeltà come donazione totale ai disegni salvifici di Dio (Lc 1, 38) che porta fino a perseverare dolorosamente presso la croce (Gv 19, 25). È fedeltà di contemplazione (Lc 2, 19 e 51), per associarsi generosamente a Cristo Redentore, come « la donna » o « sposa » del nuovo Adamo (Gv 2, 4; 19, 26; cfr. LG 58). La Chiesa trova in Maria la propria realtà di madre (Gv 19, 27). Per poter prepararsi a ricevere lo Spirito Santo, che la farà diventare missionaria e madre, la Chiesa sentirà il bisogno di vivere la comunione e la preghiera « con Maria la Madre di Gesù » (Atti 1, 14).

Vediamo inoltre che San Paolo attribuisce alla Chiesa il titolo di Madre (Gal 4, 26) e che San Giovanni, nella seconda lettera, parla di affetto filiale verso la Chiesa (2 Gv 1, 4-13). Lo sfondo biblico di questo titolo materno è 1'annuncio profetico sulla nuova Sion o nuova Gerusalemme, la cui fecondità sarà maggiore dopo la tribolazione (Is 54, 1).

Da questo medesimo contesto biblico ha origine 1'applicazione che San Paolo fa a se stesso e cioè quella della madre che genera i figli spirituali attraverso 1'apostolato (Gal 4, 19; 1 Tess 2, 7-8). L'azione apostolica, per il fatto stesso di essere esercizio di carità del Buon Pastore che dà la vita, sovente si presenta con le caratteristiche di « dolori di parto » (Gal 4, 19; Gv 16, 21). I1 dolore di Gesù davanti a Gerusalemme infedele è il dolore di una madre che ha voluto proteggere i suoi figli senza successo (Mt 23, 37). L'« Evangelii Nuntiandi » parte proprio da questo contesto biblico per paragonare lo zelo apostolico all'amore della madre (EN 79).

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San Paolo e San Giovanni, parlando sulla Chiesa madre, fanno riferimento, in modo più o meno esplicito, alla maternità di Maria. La vita nuova in Cristo che costituisce la nostra filiazione divina partecipata, è frutto dell'incarnazione e redenzione attuata da Cristo, il Figlio di Dio nato dalla donna Maria-Chiesa (Gal 4, 4-5; Gv 2, 4; 19, 26).

L'incarnazione del Verbo e la nostra partecipazione alla filiazione divina, sono opera dello Spirito Santo (Gal 4, 6-7). L'apostolo si sente trasmettitore di questa filiazione divina per tutti (Gal 4, 19). Perciò 1'azione apostolica è in stretto rapporto con 1'azione dello Spirito Santo, che per San Paolo, è, allo stesso tempo, la forza di Cristo risorto (Rom 1, 4; Cor 12, 9; 1 Cor 2, 4 ecc.).

Maria è Tipo di questa maternità ecclesiale (Gal 4, 4). In realtà, Maria e la Chiesa formano un'unità inseparabile. Le due maternità o i due aspetti di questa maternità, si incrociano e si richiedono mutuamente (Gv 19, 26-27; Lc 11, 27-28; Mc 3, 35). Maria e la Chiesa formano insieme « il grande segno » (Apoc 12, 1), cioè la meta a cui tende tutta l'umanità che è stata restaurata in Cristo; arrivare a questa meta suppone « dolori di parto », sia da parte di Maria che da parte della Chiesa (Apoc 12, 1-6.17).

In questo contesto tipologico rispetto alla Chiesa madre, si comprende meglio perché San Luca e, in un certo modo anche San Matteo, presentano Maria nel contesto biblico della Figlia di Sion come modello o Tipo della fedeltà della Chiesa, che deve anch'essa diventare madre o strumento della nuova vita in Cristo (Lc 1-2 in paragone con Lc 11, 27-28 e Lc 8, 19-21).

Ora, la maternità di Maria e della Chiesa formano una realtà materna con due aspetti complementari. Ambedue sono « la donna », la « nuova Eva », associata al nuovo Adamo nell'opera salvifica, sotto 1'azione dello Spirito Santo (LG 55). Maria è Tipo o personificazione della Chiesa (LG 53) in quanto è la sposa, l'associata a Cristo, secondo il disegno divino di salvezza (LG 58). « Infatti, nel mistero della Chiesa la quale è giustamente chiamata madre e vergine, la beata vergine Maria è la prima, dando in maniera eminente e singolare 1'esempio della vergine e della madre » (LG 63). Queste due maternità sono sotto 1'azione dello Spirito (ibidem).

L'accento che i Padri della Chiesa pongono sulla maternità della Chiesa abbraccia sia l'aspetto mariano che quello apostolico o missionario. La Chiesa è vergine e madre e madre feconda; questa verginità e maternità ecclesiale fa riferimento a Maria.

I cristiani partecipano di questa maternità in quanto sono figli della Chiesa la quale è madre. Essere figli della Chiesa significa ricevere la vita divina per mezzo dei segni ecclesiali; essere Chiesa madre vuol dire servire questi stessi segni particolarmente attraverso 1'apostolato o i ministeri.

L'azione dello Spirito Santo fece diventare madre Maria Vergine; ma questa stessa azione fa diventare madre la Chiesa, specialmente per mezzo del battesimo. La Chiesa chiede l'intercessione di Maria per mettere in pratica la sua propria capacità di generare Cristo misti camente. Maria è dunque come vergine e madre, Tipo della Chiesa che è pure vergine e madre.

Il Concilio Vaticano II parla spesso della Chiesa madre, e presenta la maternità ecclesiale sotto 1'azione dello Spirito Santo, poiché è questo stesso Spirito che « la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo » (LG 4).

L'azione dello Spirito fa diventare la Chiesa madre «intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia » (GS 1) e strumento di salvezza per tutti gli uomini (GS 40). Questa è la dimensione pneumatologica della Chiesa « sacramento » o segno efficace e portatore di Cristo.

La maternità ecclesiale, secondo i testi conciliari, si attua principalmente attraverso 1'apostolato nelle diverse forme e modi. L'azione apostolica e spirituale, proprio per il fatto di essere portatrice della forza dello Spirito, costituisce, in pratica, la maternità ecclesiale (PO 6). Si può affermare che la maternità ecclesiale, sotto l'azione dello Spirito Santo, si concretizza attraverso la spiritualità e l'apostolato delle diverse vocazioni (laicale, sacerdotale, vita consacrata) e dei diversi ministeri (pro-fetismo, culto, regalità). Lo studio della vocazione e dei ministeri, alla luce della maternità ecclesiale, sarebbe fonte di rinnovamento nello Spirito. La maternità della Chiesa è ministeriale e carismatica (LG 7-8, 12).

Questa realtà ecclesiale di maternità, sotto l'azione dello Spirito, trova la sua miglior formulazione, approfondimento e prassi, attraverso il rapporto stretto col mistero di Maria che è il

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Tipo della maternità ecclesiale (LG 64). « Onde anche nella sua opera apostolica la Chiesa giustamente guarda a colei che generò Cristo, il quale fu concepito da Spirito Santo e nacque dalla Vergine, per poter poi nascere e crescere per mezzo della Chiesa anche nel cuore dei fedeli » (LG 65).

La natura missionaria della Chiesa (AG 1-5) ha questa prospettiva di maternità sotto 1'azione dello Spirito Santo; perciò l'« impiantare la Chiesa », che è lo scopo dell'evangelizzazione, si attua (AG 6) quando le vocazioni e i ministeri sono una realtà « nativa » nella comunità locale (AG 7). La Chiesa realizza il suo scopo missionario di prima evangelizzazione « quando tutti quelli che sono partecipi della natura umana, rigenerati in Cristo per mezzo dello Spirito Santo, potranno dire, volgendo concordi lo sguardo alla gloria di Dio: ‘Padre nostro' » (AG 7).

Tutta la dinamica della Chiesa, pellegrina ed escatologica, « sacramento universale di salvezza », è dinamica nello Spirito Santo, poiché, spinta da questo stesso Spiri to, porta 1'umanità verso 1'incontro finale con Cristo. Questa è la dimensione escatologica della missionarietà e maternità della Chiesa (AG 9; LG 48).

MEDITAZIONE BIBLICA□ Maternità missionaria: Gv 15, 26-27; 16, 20-22.

□ Pieni di Spirito: At 2, 4.

□ Nel lavoro apostolico: Gal 4, 19.

3. L'azione dello Spirito Santo nel primo annuncio del Vangelo

Questa è la realtà della maternità e missionarietà della Chiesa sotto 1'azione dello Spirito. Ma rimane una domanda: come esplica la Chiesa questa sua maternità?

La Chiesa primitiva proclamò il « Kerigma » o primo annuncio del Vangelo in un contesto « pneumatologico », cioè, sotto 1'azione dello Spirito Santo. In questo modo cominciò a mettere in pratica la sua maternità e missionarietà. L'annuncio del Vangelo « ad gentes » è frutto ,della venuta dello Spirito Santo inviato da Gesù risorto, il Signore.

Nel suo primo sermone, il giorno di Pentecoste, dopo aver ricevuto lo Spirito Santo, Pietro annuncia Gesù, il Figlio di Dio, vero uomo, Salvatore, sotto 1'azione dello Spirito; così si compiono le promesse fatte ai profeti (At 2, 15-41). Gli Atti degli Apostoli ripetono spesso questo schema (At 3, 15; 4, 10-33; 5, 31; 10, 39; 13, 32). Il « Kerigma » ha queste note caratteristiche fondamentali:

- in Gesù si sono compiute le profezie secondo le Scritture (ispirate dallo Spirito Santo);- in Gesù trovano compimento le speranze messianiche, che lo Spirito Santo aveva seminato

nel cuore del suo popolo e in tutta l'umanità;- Gesù è 1'uomo perfetto, figlio di Davide, della nostra stirpe, che ha restaurato sotto 1'azione

dello Spirito;- Gesù è il Figlio di Dio, generato nel seno di Maria e risorto per opera dello Spirito Santo;

perciò è il Signore, il Salvatore universale.

Questo è il contenuto del « Kerigma » neotestamentario, che si riflette principalmente negli scritti e nella predicazione di Paolo (1 Cor 15, 3-5; Rom 1, 1-4; Gal 4, 4-7, ecc.). I vangeli dell'Infanzia (Mt 1-2; Lc 1-2) si fondano su queste note del « Kerigma » per descrivere Maria come la nuova Figlia di Sion, Tipo della Chiesa.

Alla luce del « Kerigma » recuperano la prospettiva messianica i testi veterotestamentari sulla donna associata al Messia (Gen 3, 15; Is 7, 10-16, ecc.).

La Chiesa nell'approfondire l'aspetto mariano del Mistero di Cristo, trova la propria maternità e missionarietà, per diventare « sacramento » di Cristo, « la donna » associata al Redentore, « il grande segno » (Apoc 12, 1; Gv 19, 26-27).

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L'azione dello Spirito Santo in Maria, vergine e madre, mostra al mondo che Gesù è il Figlio di Dio, fatto nostro fratello e Salvatore; questa azione dello Spirito fa diventare la Chiesa trasparenza, « gloria », testimone, segno portatore del messaggio e della realtà di Cristo risorto, il Signore. In Maria ci fu una Pentecoste anticipata o un preludio della maternità pentecostale della Chiesa. Sia in Maria che nella Chiesa è stato necessario un « sì », cioè un atteggiamento di fedeltà e di generosità per adempiere la propria missione fino al « martirio » o testimonianza di una donazione sponsale. È in tal modo che lo Spirito Santo fa diventare feconda e missionaria la Chiesa.

In Cristo, annunciato, fatto presente e comunicato attraverso la Chiesa, si manifesta l'azione dello Spirito Santo, che conduce tutta l'umanità verso la restaurazione finale (Ef 1, 10-14). I1 cammino della storia umana è dinamica di salvezza. L'azione dello Spirito Santo, che è già cominciata nella creazione (Gen 1, 2), genera ora, per mezzo della Chiesa, ad una nuova nascita in Cristo (Gv 3, 5).

La Chiesa vive intensamente la realtà di Maria, suo Tipo e personificazione. Annunciando la maternità di Maria, la Chiesa sottolinea l'umanità di Cristo e la sua vicinanza ed « immanenza » alla storia umana. Nell'affermare la sua verginità, fa vedere l'azione dello Spirito che dimostra la filiazione divina e la resurrezione di Gesù (trascendenza).

Come Maria ed assieme a Maria, la Chiesa si avvicina all'uomo concreto per comunicargli la nuova vita in Cristo. La verginità e maternità di Maria e della Chiesa sono un segno della realtà salvifica di Gesù, vero Dio e vero uomo. La Chiesa, nel vivere la propria maternità, si è sentita sempre spinta dallo Spirito ad approfondire il mistero di Maria (LG 53).

Approfondendo la fedeltà all'azione dello Spirito, la Chiesa diventa strumento di filiazione divina per tutti gli uomini. Questa è propriamente la sua natura missionaria di « sacramento universale di salvezza » (AG 1). Cristo risorto si fa presente sotto segni ecclesiali ed invia lo Spirito per far diventare santa e santificatrice la Chiesa.

La Chiesa missionaria guarda sempre verso la primitiva comunità apostolica adunata nel Cenacolo con Maria iniziando la sua maternità il giorno di Pentecoste (AG 4).

La presentazione e celebrazione dei temi mariani aiuta la Chiesa ad approfondire la propria maternità e missionarietà, sotto 1'azione dello Spirito Santo. I temi biblici mariani sottolineano la vicinanza ed epifania di Dio Salvatore. I temi teologici lasciano vedere ciò che lo Spirito Santo vuol fare in ogni persona redenta, anche se in grado e modo differente. Le feste mariane celebrano il trionfo di Gesù risorto che invia lo Spirito per rinnovarci e vincere il peccato e la morte.

Nella prima evangelizzazione o azione missionaria, 1'esposizione e prassi dei temi mariani trovano un luogo peculiare. La Chiesa diventa cosciente che la sua azione evangelizzatrice è fondamentalmente azione dello Spirito: « lo Spirito Santo è 1'agente principale dell'evangelizzazione » (EN 75). Perciò la Chiesa è invitata a studiare meglio « la natura e il modo di agire dello Spirito Santo nell'odierna evangelizzazione » (ibidem).

Lo zelo missionario è la carità o amore dello Spirito, che Dio ha infuso nel cuore dell'apostolo (Rom 5, 5). È amore che spinge ad evangelizzare senza frontiere (2 Cor 5, 14), trasformando ogni sofferenza e difficoltà in nuove possibilità di servizio e di evangelizzazione. È amore paterno e materno perché genera spiritualmente Cristo attraverso 1'apostolato (EN 79).

MEDITAZIONE BIBLICA□ La stessa missione di Gesù: Gv 20, 21-23.□ Testimonianza efficace: At 2,32-38. □ Comunità missionaria: At 4, 31.

4. Dinamica di maternità ecclesiale sotto l'azione dello Spirito Santo

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Il processo di maternità e missionarietà della Chiesa è processo di fedeltà all'azione dello Spirito Santo. I1 punto di riferimento è la prima comunità apostolica (At 1, 14) che mette in pratica 1'insegnamento di Gesù per diventare testimone (At 1, 4-8). È un processo di ascolto della Paro la, di preghiera, di carità e di annuncio. La Chiesa come Maria, sotto 1'azione dello Spirito Santo, diventa vergine che ascolta, che prega, che offre se stessa e quindi diviene vergine-madre.

A) Ascolto della Parola.Quando Gesù promise lo Spirito Santo agli Apostoli pose in risalto la sua azione

trasformatrice che fa diventare la Chiesa trasparenza di Cristo (Gv 14, 15-17.26; 15, 26-27; 16, 13-15; At 1, 4-8). Gli Apostoli aspettarono attivamente la venuta dello Spirito con un atteggiamento di ascolto e di apertura al messaggio e promessa di Cristo.Lo Spirito Santo aiuta la Chiesa ad aprirsi alla venuta quotidiana del Verbo o Parola di Dio. Perciò, come Maria, la Chiesa è in atteggiamento di ascolto (Lc 1, 29), di « sì » (Lc 1, 38), in modo che appaia chiara la sua fede (Lc 1, 45) e tutte le generazioni future la riconoscano come segno portatore di Cristo (Lc 1, 48). La maternità ecclesiale è fedeltà alla Parola (Mc 3, 33; Lc 8, 21).

La carità di Dio, che è stata infusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (Rom 5, 5) ci spinge ad un cambiamento di vita (2 Cor 5, 15) e a dedicare la vita all'evangelizzazione (1 Cor 9, 16).

Questo atteggiamento di ascolto e di apertura apostolica alla Parola significa discernimento dell'azione dello Spirito e fedeltà generosa a codeste aziani santificatrici ed evangelizzatrici. Lo Spirito Santo fa scoprire il Verbo o Parola di Dio nel deserto (Lc 4, 1), nella vicinanza ai poveri (Lc 4, 14-18), nella gioia della speranza cristiana (Lc 10, 2).

B) Contemplazione della Parola.Ascoltare la Parola è anche un atteggiamento di rapporto personale che impegna la propria

esistenza. È 1'atteggiamento contemplativo o preghiera « in spirito e verità » (Gv 4, 23). È la preghiera nello Spirito del Figlio che ci aiuta a dire « Padre » (Gal 4, 6-7). È la preghiera di tutto il nostro essere, che sgorga dal più profondo del cuore.

Questo atteggiamento contemplativo, sotto 1'azione dello Spirito Santo, è di maternità (Lc 8, 21; Mc 3, 33). È 1'atteggiamento che si vede in Maria in tutte le tappe della sua maternità (Lc 1, 29; 2, 19-33.41) ed è l'atteggiamento dell'apostolo Giovanni, quando annunciava a tutti la contemplazione sul « Verbo della vita » (1 Gv 1, 1).

Mediante questo atteggiamento contemplativo di dire il « Padre nostro » sotto l'azione dello Spirito, la Chiesa diventa capace di aiutare tutta l'umanità a pronunciare la stessa preghiera e quindi a realizzare il comando dell'amore. È questo lo scopo finale dell'evangelizzazione.

La prima comunità apostolica pregando con Maria si preparò per diventare madre e missionaria (Atti 1, 14). L'atteggiamento mariano del « Magnificat » (Lc 1, 46ss) ha il significato di annuncio della Pasqua o della gioia di Cristo risorto, Salvatore universale. La Chiesa diventa madre nel comunicare a tutti i popoli questa gioia pasquale, la gioia dello Spirito che la Chiesa riceve quando prega (Gv 16, 24), come pegno della sua maternità (Gv 16, 20-22). Questa gioia è frutto della morte e della risurrezione di Gesù comunicata assieme alla missione e con il dono dello Spirito (Gv 20, 20-23).

C) Atteggiamento di carità.La maternità ecclesiale è di donazione e di « sì » sponsale, cioè di associazione alla donazione

sacrificale di Cristo come oblazione nello Spirito Santo (Eb 9, 14). È il « sì » dell'Annunciazione, come totalità di dedizione alla missione salvifica (Lc 1, 38) per associarsi a Cristo (Lc 2, 35) e bere il suo calice di nozze (Lc 10, 38; 22, 19-20).

La Chiesa, sotto l'azione dello Spirito Santo, diventa come Maria « la donna » associata all'ora di Cristo (Gv 2, 4; 19, 25; LG 58).

Attraverso questo atteggiamento di carità, la Chiesa diventa segno portatore ed efficace di Cristo (Gv 13, 35; 17, 23; At 1, 13-14). È la testimonianza di « un cuore solo » (At 4, 32), che per se stesso diventa

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un fatto evangelizzatore. La carità fraterna, come espressione dell'amore di Cristo alla Chiesa sua sposa (Ef 5, 25).

Cristo fa diventare santa la Chiesa per mezzo del battesimo nello Spirito (Ef 5, 26-27; At 1, 5). La vita fraterna è segno e stimolante di questa santità manifestata attraverso la generosità evangelica e la disponibilità missionaria. La maternità ecclesiale, come quella di Maria, ha le caratteristiche di totalità nella dedizione e nella missione. Gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo per diventare testimoni o segno portatore di Cristo (Gv 15, 26-27; At 1, 8).

D) Annuncio e comunicazione per mezzo di segni e ministeri ecclesiali.La maternità della Chiesa è « ministeriale », poiché si attua principalmente per mezzo di ministeri

(LG 65). I ministeri o servizi sono attuati dalla Chiesa secondo i differenti carismi dello Spirito e differenti vocazioni (LG 6, 8; 12).

Come l'azione dello Spirito Santo rese possibile l'incarnazione del Verbo nel seno di Maria (Lc 1, 35), così in modo analogo, questa stessa azione fa diventare la Chiesa strumento di vita divina attraverso i ministeri, le vocazioni e i carismi (LG 8).

Questo processo ecclesiale di maternità è di fedeltà e apertura nel ricevere 1'azione dello Spirito: « furono tutti pieni di Spirito Santo » (Atti 2, 4). Grazie a questa fedeltà ecclesiale, attuata in ogni vocazione, carisma e ministero, tutti i cristiani sono in modo e grado differente, la Chiesa missionaria e madre. È fedeltà di sposalizio con Cristo, il quale fa diventare feconda la Chiesa sua sposa (LG 6; 9).

MEDITAZIONE BIBLICA□ Ascolto contemplativo della Parola: Lc 1, 29;2, 19-33.41; Apoc 2, 7.□ Associazione sponsale a Cristo: Gv 2, 4; 19, 25; Gal 4, 4 ss. □ Soffrire amando: Col 1, 24; Eb 9, 14.

CONCLUSIONE

L'invito di Giovanni Paolo II rivolto alla Chiesa affinché si raduni nel Cenacolo con Maria e diventi più missionaria e madre sotto 1'azione dello Spirito Santo, è nel contesto di una costante storica conciliare e post-conciliare del Vaticano II.

La maternità e la missionarietà della Chiesa sotto l'azione dello Spirito, si attua principalmente nella prima evangelizzazione o evangelizzazione « ad gentes ». La Chiesa entra continuamente in un processo di fedeltà all'azione dello Spirito per diventare madre e missionaria. La forza dello Spirito, inviato da Gesù risorto, mantiene in tensione la dinamica materna, missionaria ed escatologica della Chiesa pellegrina (LG 8, 48-49). In questa fedeltà apostolica si fonda la forza missionaria di essere « sacramento universale di salvezza » (LG 48).

La Chiesa, nell'esercizio della sua maternità ministeriale, agisce con un atteggiamento di carità o di zelo apostolico che costituisce la quintessenza della spiritualità missionaria (LG 65; EN 79).

Questa maternità ecclesiale iniziò il giorno della Pentecoste. Era un punto di partenza (AG 1). Tutta l'azione missionaria e materna della Chiesa si inquadra nel contesto della storia di salvezza che è storia dell'azione dello Spirito Santo (AG 4).

La maternità ecclesiale ha le caratteristiche di essere, come Maria, strumento di unità e di comunione universale (LG 49). La maternità missionaria della Chiesa, sotto 1'azione dello Spirito Santo, portatrice di questa unità per tutti gli uomini redenti da Cristo: « così la Chiesa universale si presenta come un popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo » (LG 4). La maternità e la missionarietà della Chiesa è in rapporto con la sua sacramentalità: « La Chiesa è in Cristo come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano »; così la Chiesa attua e manifesta « la sua natura e la sua missione universale » (LG 1).

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« La via della Chiesa passa attraverso il cuore dell'uomo perché è qui il luogo recondito dell'incontro salvifico con lo Spirito Santo, col Dio nascosto, e proprio qui lo Spirito Santo diventa sorgente di acqua, che zampilla per la vita eterna (Gv 4, 14) » (Dominum et Vivificantem, 67). « Mentre con tutta l'umanità si avvicina al confine tra i due millenni, la Chiesa, da parte sua, con tutta la comunità dei credenti e in unione con ogni uomo di buona volontà, raccoglie la grande sfida contenuta nelle parole dell'antifona sul "popolo che cade, ma pur anela a risorgere" e si rivolge, congiuntamente al Redentore e a sua Madre con l'invocazione: "Soccorri". Essa, infatti, vede la Beata Madre di Dio nel mistero salvifico di Cristo e nel suo proprio mistero; la vede profondamente radicata nella storia dell'umanità, nell'eterna vocazione dell'uomo, secondo il disegno provvidenziale che Dio ha per lui eternamente predisposto » (Redemptoris Mater 52).

INDICE

Introduzione

I. Lo Spirito Santo inviato da Gesù1. Il « sangue e l'« acqua » nella vita di Gesù2. Battezzati nello Spirito 3. La missione nello Spirito 4. La vocazione e 1'azione evangelizzatrice

II. Fedeltà generosa alla missione dello Spirito1. Santificarsi « nella » missione e « per » la missione2. La presenza vivificante dello Spirito 3. La « spiritualità », una vita secondo lo Spirito4. I doni dello Spirito

III. La dinamica del discernimento1. I carismi 2. Discernere per essere fedeli 3. Dal deserto all'evangelizzazione dei poveri 4. La gioia dello Spirito

IV. Discernimento nella solitudine1. Contemplazione e missione 2. Orazione nello Spirito Santo 3. Sofferenza e missione4. Nazareth, solitudine piena di Dio

V. Discernimento in « comunione »: Comunità fraterna ed evangelizzatrice1. Comunità e missione2. Comunità vive3. Nuovi « ministeri » o servizi missionari nella comunità4. Nel Cenacolo con Maria: Verso il terzo millennio del cristianesimo

Conclusione

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La natura della Chiesa è missionaria. È la stessa missione che Cristo ricevette dal Padre,

che esercitò mosso dallo Spirito Santo e che ora continua ad esercitare attraverso la

comunità ecclesiale.La vita cristiana è una missione nello Spirito.

L’azione evangelizzatrice della Chiesa necessita di programmi e tecniche umane, ma la

sua forza sta nello Spirito Santo inviato da Gesù, quale “agente principale

dell’evangelizzazione”(EN 75).

Avvertendo l’attualità del tema dello Spirito Santo nella comunità cristiana di oggi,

l’Autore si chiede come fare perché diventi una realtà vitale, quotidiana, impegnativa per

la santificazione e la missione. Come discernere i vari carismi dello Spirito, il vero

rinnovamento ecclesiale, gli avvenimenti portatori della grazia e i segni dei tempi in una

nuova tappa di evangelizzazione?

Il libro, che si ispira alle Encicliche di Giovanni Paolo II Dominum et vivificantem e

Redemptoris Mater , è indirizzato in particolare ai religiosi e agli operatori di pastorale.