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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II OVVERO PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA COSMO E MICROCOSMO: ALLA RICERCA DEI SEMI DELLE COSE 9 di Luciano Maiani ALLE ORIGINI DELL’ATOMISMO 11 di Fabrizio Lomonaco EVOLUZIONE ED AFFERMAZIONE DEL CONCETTO DI ATOMO 13 di Lelio Mazzarella PERCHÉ PESIAMO? 15 di Renato Musto I BUCHI NERI 17 di Giuseppe Longo IL GRAN SASSO E I MISTERI DEL NEUTRINO 19 di Paolo Strolin

Come alla Corte di Federico IIdall’uomo, sarà capace di produrre e studiare in laboratorio le particelle di cui è fatta questa materia oscura e consentirci di capire la natura

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II OVVERO

PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA

COSMO E MICROCOSMO: ALLA RICERCA DEI SEMI DELLE COSE 9di Luciano Maiani

ALLE ORIGINI DELL’ATOMISMO 11di Fabrizio Lomonaco

EVOLUZIONE ED AFFERMAZIONE DEL CONCETTO DI ATOMO 13di Lelio Mazzarella

PERCHÉ PESIAMO? 15di Renato Musto

I BUCHI NERI 17di Giuseppe Longo

IL GRAN SASSO E I MISTERI DEL NEUTRINO 19di Paolo Strolin

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Bisogna dare ai cittadini occasione di ‘incontrare’ la scienza, renderla patrimonio di tutti, far capire che,

oltre a giocare un ruolo cruciale nell’avanzamento delle conoscenze, è vicina a noi con le sue applicazioni pratiche

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Gli articoli degli incontri si trovano all’indirizzo

www.comeallacorte.unina.it

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Luciano Maiani

Luciano Maiani nasce a Roma il 16 luglio 1941. Nel 1964 si laurea in

Fisica presso l'Università di Roma. Nel 1976 diviene professore

ordinario di Istituzioni di Fisica Teorica presso lo stesso Ateneo.

Prima di divenire presidente del CNR ha ricoperto molti incarichi

presso Istituzioni nazionali e straniere. Ha ricevuto varie lauree

Honoris causa dall’Université de la Méditerranée - Aix-Marseille;

dall’Università di San Pietroburgo; dall’Università di Bratislava;

dall’Università di Varsavia. È socio di molte società scientifiche e di

Accademie della scienza. Ha ricevuto numerosi premi tra cui il Premio J.J.Sakurai, insieme a J.Iliopoulos,

conferito dall'American Physical Society, la Medaglia d'oro del Presidente della Repubblica Italiana ai

Benemeriti della Scienza e della Cultura ed il Premio E. Fermi conferito dalla Società Italiana di Fisica.

Luciano Maiani è autore o coautore di più di 150 pubblicazioni scientifiche sulla teoria delle particelle

elementari. Dal 2004 svolge ricerche sulla spettroscopia dei mesoni e sulle indicazioni fenomenologiche

per la formazione di un nuovo stato della materia (plasma quark-gluoni) nelle collisioni tra ioni di

altissima energia studiate alle macchine SPS (CERN), RHIC (Brookhaven, USA) e che verranno generate

alla macchina LHC del CERN.

È stato direttore di diverse Istituzioni scientifiche e coordinatore di progetti internazionali di ricerca.

Come Presidente dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha promosso la costruzione dell'osservatorio

VIRGO (Cascina, Pisa) per la ricerca di onde gravitazionali dal cosmo, in collaborazione con il CNRS

francese.

È attualmente Presidente del CNR e Professore di Fisica Teorica presso l’Università di Roma ‘La Sapienza’.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Cosmo e Microcosmo: alla ricerca dei semi delle cose

Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II

COSMO E MICROCOSMO: ALLA RICERCA DEI SEMI DELLE COSE

Luciano Maiani

Presidente Consiglio Nazionale delle Ricerche

Esiste una relazione profonda che collega

i fenomeni su grande scala ai costituenti

fondamentali della materia, un legame già colto

un secolo prima di Cristo da Tito Lucrezio Caro,

quando parlava della relazione tra le cose e ‘i

semi delle cose’.

Spiegare in quei tempi cosa fossero gli

atomi, ritenuti gli indivisibili (a-tomos)

componenti della materia non era semplice, ma

Lucrezio ci provò e ancora oggi Il De Rerum

Natura rappresenta una grande lezione di

divulgazione scientifica, oltre che di poesia,

quando afferma: ‘Eppure, se dentro guardiamo

all'essenza del mondo, vedremo che esistono

solidi corpi d'eterna sostanza: e tali ora mostro

che i semi son delle cose, gli atomi, di cui

l'universo risulta formato’.

È stata proprio questa ricerca che ha

guidato fin dall’antichità l’esplorazione del

mondo fisico. Il desiderio di spiegare il cosmo

partendo dal microcosmo ci ha portati alla

frontiera della ricerca in questo settore:

l’interazione tra lo studio dei semi delle cose e la

ricerca sulle origini dell’Universo e sulla sua

struttura, la cosmologia, si sta rivelando

particolarmente feconda di risultati. Prendiamo,

ad esempio, problemi come la comprensione

della materia oscura, di cui le osservazioni

astronomiche possono rivelarci l’esistenza

(attraverso la misura della forza gravitazionale

delle galassie, che risulta essere molto maggiore

di quanto spiegabile con la materia luminosa), la

sua distribuzione, ma non la natura fisica.

L’acceleratore di particelle Large Hadron Collider

(LHC, recentemente collaudato al Cern di

Ginevra), il più grande e potente mai realizzato

dall’uomo, sarà capace di produrre e studiare in

laboratorio le particelle di cui è fatta questa

materia oscura e consentirci di capire la natura

dell’80-90% della materia di cui è composto

l’Universo.

Come una sorta di macchina del tempo,

LHC ci permetterà di riprodurre quanto è

avvenuto nei primi istanti della nascita

dell’Universo, dopo il Big-Bang. E sono lieto di

poter dire che la tecnologia e il principio

fondante del Large Hadron Collider arrivano dalla

ricerca italiana.

LHC è anche un esempio di come la

scienza fondamentale, curiosity driven, non si

occupi solo di problemi lontani dalla realtà di

tutti i giorni, ma abbia invece delle importanti

ricadute per la nostra società. Un esempio per

tutti: l’ormai familiare sigla http//:www mette in

azione un protocollo di accesso ad internet nato

proprio per permettere agli scienziati del Cern di

comunicare in modo efficace fra loro e con i

colleghi in giro per il mondo i risultati degli

esperimenti alla macchina LEP (l’acceleratore del

Cern degli anni ‘70). Ogni gruppo poteva

mettere i propri documenti in un server da cui

gli altri gruppi potevano attingere per mezzo

dello hyper text transfer protocol (http). Il

complesso di questi server formava una rete

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intorno al mondo, per la quale Tim Berners Lee,

discutendo con i colleghi nella mensa del CERN,

ha coniato il termine world wide web. Certo, la

scala dei tempi con cui i risultati si trasformano

in applicazione è molto diversa e variata, da una

disciplina all’altra. Ma la scienza fondamentale è

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un motore essenziale per lo sviluppo della nostra

società, complementare all'innovazione nella

industria.

Come Presidente del CNR il mio impegno è

favorire la ricerca su tutta questa ‘filiera’ che

parte dalla curiosità ed arriva alla tecnologia.

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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II Cosmo e Microcosmo: alla ricerca dei semi delle cose

ALLE ORIGINI DELL’ATOMISMO

Fabrizio Lomonaco

Professore di Storia della filosofia Università degli Studi di Napoli Federico II

Quando si tratta di atomo e di atomismo

l’etimologia (atomon, ciò che non è divisibile)

riporta alle radici del pensiero greco, a quella

complessa koiné culturale, animata, intorno alla

metà del V secolo a.C., dall’osservazione e

dall’analisi dei fenomeni naturali, geografici e

astronomici, dei quali si ricercava l’arché, il

principio primo. La filosofia atomistica si propone

come una spiegazione integrale della realtà già

nelle riflessioni del suo fondatore, Leucippo del

quale si ignora il luogo di nascita, ma certo

vissuto in Abdera, città natale del più noto

Democrito, contemporaneo di Socrate e di

Platone, aperto agli interessi enciclopedici del

suo tempo e autore di numerosi scritti. Da essi

vien fuori quel concetto di atomo, essere degli

enti, unità-punto cui non è mancata l’influenza

pitagorica combinata con quella dell’eleatismo

per la tesi dell’unità ed eternità dell’essere,

rielaborata alla luce dell’esigenza di coniugare la

pluralità degli atomi con la loro unità e di

rispondere, così, alla confutazione dell’esistenza

della molteplicità esposta da Zenone. Concepiti

come particelle originarie indivisibili, gli atomi

sono quantità o grandezze primitive e semplici

(non composte), omogenee e compatte, la cui

proprietà intrinseca e spontanea è l’eterno e

naturale movimento. In esso è stato notato

(Geymonat) un qualcosa di analogo al contenuto

del principio di inerzia, fondamento della

dinamica galileiana, considerato che il moto

rettilineo uniforme non richiede la presenza di

alcuna causa che lo provochi. Il continuo

movimento di separazione e di unione degli enti

in vortici atomici presuppone uno spazio vuoto

infinito (non essere) in cui potersi muovere

incessantemente, quasi anticipando il moderno

concetto di infinito fisico, di infiniti mondi che si

formano, si distruggono e si riformano. Atomi e

vuoto sono stati variamente interpretati sin dai

tempi di Aristotele che l’attribuzione atomistica

al vuoto di un’esistenza positiva identificò con la

negazione del principio di non contraddizione.

Non solo, in Democrito, secondo lo Stagirita, è

da denunciare l’assenza di interesse per l’origine

del movimento. Nasce una filosofia delle

misurabili quantità che sviluppa il principio

meccanico solo accennato in Empedocle e in

Anassagora. E si consolida un primato delle

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cause efficienti naturali non condiviso dalla

metafisica aristotelica e dalle sue cause finali e

formali al punto da accreditare con Dante

la figura di un ‘Democrito che il mondo a

caso pone’.

L’idea di una costituzione atomica della materia,

il valore delle proprietà oggettive dei corpi

quantitativamente misurabili, la maniera causale

di pensare e conoscere i fenomeni al di là di

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ogni tipo di finalismo, platonico e aristotelico,

l’idea dell’infinità dei mondi possibili ‘aperti’ in

alternativa all’universo ‘chiuso’ dello

aristotelismo scolastico sono i contenuti di una

visione del mondo che ha contribuito a rifondare

la fisica e la chimica moderne (si pensi solo per

fare una nota, la teoria dei quanti di Planck,

designati come ‘atomi di energia’) e ancora oggi

ci ispira con la sua ‘inattuale’ lezione.

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EVOLUZIONE ED AFFERMAZIONE DEL CONCETTO DI ATOMO

Lelio Mazzarella

Professore di Chimica fisica Università degli Studi di Napoli Federico II

Il concetto di atomo è sufficientemente

diffuso da essere considerato una conoscenza

ormai acquisita dalla maggioranza delle persone

scolarizzate. Tuttavia, non più di un centinaio di

anni fa, l’ipotesi atomica, avanzata soprattutto

da alcuni chimici, non era universalmente

accettata. Ad una conferenza di Boltzmann

(Vienna 1897), l’importante fisico e filosofo della

scienza E. Mach affermò di non credere negli

atomi: per lui le originali teorie di Boltzmann

erano al limite della scienza, perché basate su

particelle troppo piccole per essere osservate.

Nello stesso anno Thomson scoprì l’elettrone,

intuì che fosse un costituente dell’atomo ed

elaborò il primo modello atomico, sostituito nel

1911 da quello nucleare di Rutherford. Nel 1919

Aston potette misurare con grande accuratezza

la massa degli atomi e rivelare la presenza degli

isotopi, cioè di atomi di uno stesso elemento con

massa diversa.

Oggi la resistenza ad accettare l’ipotesi

atomica lascia un po’ sorpresi; dopotutto essa

era nata di pari passo con l’attività speculativa

dell’uomo, anche se poi era vissuta per circa

2500 anni ai margini della scienza. Per

Democrito le sole cose reali sono gli atomi e lo

spazio vuoto in cui essi si muovono: muovendosi

e combinandosi gli atomi formano composti.

‘Molti principi comuni a molte specie si trovano

combinate negli esseri in mille diverse maniere...

Gli stessi atomi che formano il cielo, il mare, la

terra, i fiumi, il sole, formano anche le messi, gli

alberi, gli esseri viventi; ma i miscugli, l’ordine

delle combinazioni, i movimenti, differiscono tra

loro’. Questo brano, tratto dal ‘De rerum natura’,

è sorprendentemente attuale (vedi ‘Il sistema

periodico’ di P. Levi), eppure è scritto 2000 anni

fa. Al poema di Lucrezio, fortunosamente

ritrovato nel 1417, dobbiamo buona parte di ciò

che conosciamo dell’atomismo. Esso fu

avversato da Platone e Aristotele e, nella

riformulazione epicurea, dagli stoici. Il

cristianesimo non poté che peggiorare la

situazione e l’atomismo fu di fatto associato con

l’ateismo. Gassendi (1592-1655) riprese quasi

integralmente le posizioni di Democrito ma

sostenne che gli atomi non hanno esistenza e

movimento a se ipsis ma Dei gratia; e questo fu

sufficiente a liberare i sostenitori dell’ipotesi

atomica dall’accusa di ateismo. L’atomismo

epicureo ‘purificato’ dilagò rapidamente con il

fondamentale contributo di Boyle. I dati

sperimentali permisero di derivare la legge delle

proporzioni definite di Proust (1797) e delle

proporzioni multiple di Dalton (1766-1844), lo

scienziato che riformulò la teoria atomica. Essa

sembra una mera ricomposizione d’idee e

concetti già noti da tempo, in realtà è poggiata

su solide basi sperimentali e Dalton fu in grado

di definire una scala relativa delle masse

atomiche. Cannizzaro affinerà questa scala,

usando un principio che Avogadro aveva

enunciato trenta anni prima ma che era rimasto

praticamente sconosciuto. A differenza degli

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atomisti greci, i chimici ottocenteschi non si

impegnano su come è formato l’atomo: per

Cannizzaro l’atomo ha il significato di individuo

piuttosto che di indivisibile, e si comporta in

maniera intera e discreta all’interno di un

intervallo ben definito di circostanze sperimentali

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Successivamente il modello di atomo diverge

sempre più da quello pieno ed indivisibile degli

atomisti greci per dare luogo ad un ente

praticamente vuoto, in cui la massa è quasi tutta

concentrata nel piccolissimo nucleo, che sarà poi

a sua volta frantumato.

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PERCHÉ PESIAMO?

Renato Musto

Professore di Fisica teorica Università degli Studi di Napoli Federico II

Secondo la legge di gravitazione

universale di Newton siamo tanto più attratti

dalla Terra quanto più grande è la nostra

massa. La domanda 'Perché pesiamo' diventa

quindi 'perché abbiamo massa?'. Per rispondere

dobbiamo sapere come siamo fatti. Per circa il

70% di molecole d’acqua e poi proteine, lipidi

etc. La massa di una qualsiasi molecola è grosso

modo la somma delle masse degli atomi che la

compongono. La massa di un atomo è grosso

modo quella del suo nucleo, quella del nucleo

grosso modo quella dei protoni e neutroni che lo

compongono. Il lettore, intelligente e colto, sta

per esclamare, spazientito: 'Ho capito, pesiamo

perché protoni e neutroni hanno massa, ma

entrambi sono composti a loro volta da quarks.

È la solita storia di scatole cinesi dei fisici con le

loro particelle sempre più piccole. Non sapremo

mai perché pesiamo'. Ma non è così. La massa

dei nucleoni, cioè protoni e neutroni, è molto più

grande di quella dei quarks che li compongono.

Ecco la grande novità. Molecole, atomi, nuclei

sono tenuti insieme da forze relativamente

blande, nel senso che la massa delle parti

componenti è molto più grande di quella che

compete alla loro energia di legame (secondo la

formula E= m c2). I quarks invece sono legati

all’interno dei nucleoni dall’interazione forte, la

più intensa tra quelle conosciute e la loro massa

è piccola rispetto a quella dell’energia

immagazzinata nel campo di forze che li tiene

insieme. Quando pesiamo un corpo pesiamo

grosso modo il campo di forze che lega i quarks!

Per essere più precisi occorre tener conto

dell’energia di legame dei nucleoni nel nucleo e

di quella, molto minore, degli elettroni in atomi e

molecole. E, infine, c’è la massa propria della

materia, la massa dei costituenti elementari,

quarks ed elettroni.

La misteriosa origine della massa propria

della materia è spiegata dall‘attuale teoria delle

interazioni fondamentali e sarà esplorata negli

esperimenti avviati al Large Hadron Collider

(LHC) di Ginevra. Secondo la teoria, le

interazioni forte, elettromagnetica e debole

derivano da un principio di simmetria, simile a

quello che regola l’elettromagnetismo. Ma se

questa simmetria fosse esatta tutte le particelle

sarebbero a massa nulla. Non solo il fotone, ma

anche i fotoni pesanti che hanno portato Rubbia

a vincere il Nobel, anche gli elettroni, anche i

quarks. Quindi tutte le particelle viaggerebbero

nel vuoto alla velocità della luce. Questo non

accade perché in ogni punto dello spazio è

presente un campo di forza, detto campo di

Higgs. Le particelle che interagiscono con questo

campo non sperimentano uno spazio-tempo

vuoto ed il loro moto risulta quello di una

particella con massa. Perché la teoria soddisfi i

principi della relatività e della meccanica

quantistica, anche al campo di Higgs deve

corrispondere una particella. L’intervallo di

massa previsto per la particella di Higgs ne

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permette la ricerca a LHC. Una ricerca che è

insieme l’anello mancante nella comprensione

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della massa dei corpi e un test delle idee di base

con cui i fisici ricostruiscono la natura.

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I BUCHI NERI

Giuseppe Longo

Professore di Astrofisica Università degli Studi di Napoli Federico II

Se esistesse un ente per la difesa della

reputazione dei concetti astratti, tra i suoi primi

clienti ci sarebbero certamente i ‘buchi neri’, che

da ormai troppi anni sono soggetti a una vera e

propria campagna di diffamazione. ‘Distruttori di

mondi’, ‘mostri annidati al centro delle galassie’,

‘fine dello spazio e del tempo’, per citare solo

alcuni degli appellativi più comuni. In un

ipotetico processo, l’avvocato di parte potrebbe

iniziare con il far notare che, dato che la

capacità che ha un corpo di attrarre altri oggetti

dipende solo dalla sua massa, questa non

cambia se si ha a che fare con un buco nero o

con un oggetto normale. Per chiarire il concetto,

l’avvocato potrebbe anche fare un semplice

esempio: se una gigantesca pressa comprimesse

la Luna fino a trasformarla in una pallina del

diametro di circa un centimetro e la

trasformasse, quindi, in un buco nero, la sua

forza di attrazione non cambierebbe e la Terra

non solo non ne sarebbe risucchiata o distrutta,

ma non si sposterebbe neppure di un millimetro

dalla sua orbita. L’unico effetto sarebbe la

sparizione della Luna ed il fatto che, per tutti i

tempi a venire un minuscolo, ma pesantissimo

buco nero orbiterebbe intorno al nostro pianeta.

Un buco nero, infatti, altro non è che un grumo

più o meno grande di materia compressa fino a

raggiungere una densità estrema e che, proprio

per questo motivo, sulla sua superficie esercita

un’attrazione talmente forte da impedire persino

alla luce di staccarsi. Ma allora perché tante

calunnie? Forse per lo stesso motivo per cui, da

sempre, ci si accanisce contro i diversi e contro

tutto ciò che non si capisce. E che i buchi neri

siano ‘diversi’, non c’è alcun dubbio, soprattutto

quando si ha a che fare con i buchi neri

microscopici che secondo il tedesco Walter

Wagner, un avvocato autodefinitosi ‘fisico

nucleare’, dovrebbero formarsi nel corso degli

esperimenti di Ginevra. Paventando che essi

potrebbero risucchiare l’intero pianeta, Wagner

ha citato gli scienziati del Large Hadron Collider

dinanzi a tribunali di tutto il mondo; cause che

puntualmente ha perso, ma che purtroppo

continuano a trovare risonanza nelle frange

luddiste della società moderna.

La teoria di Wagner è il tipico esempio di

ciò che accade quando un profano specula su

teorie scientifiche apprese in modo

approssimativo e senza una corretta base

formale. Infatti, la meccanica quantistica, cioè la

teoria fisica che descrive il comportamento della

materia su scala molto piccola, mostra

chiaramente che, se anche i micro buchi neri si

formassero, nulla accadrebbe.

In primo luogo, quasi certamente, i

buchi neri prodotti avrebbero una velocità

talmente grande da sfuggire in frazioni di

secondo all’attrazione terrestre. Ma anche nella

malaugurata ed improbabile ipotesi che qualcosa

li fermasse, essi evaporerebbero in un tempo

incredibilmente piccolo: un miliardesimo di

miliardesimo di miliardesimo di secondo.

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Decisamente troppo poco per produrre effetti

misurabili, figurarsi poi per fagocitare l’intero

pianeta.

La stessa meccanica quantistica, infatti,

dimostra che solo per riuscire ad attrarre una

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massa pari a quella di un batterio, un micro buco

nero impiegherebbe un tempo più lungo dell’età

dell’universo. Più breve solo del tempo che ci

vorrà per indurre certi scienziati a non formulare

teorie prive di senso.

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IL GRAN SASSO E I MISTERI DEL NEUTRINO

Paolo Strolin

Professore di Fisica delle particelle Università degli Studi di Napoli Federico II

Fare scienza (archeologia, fisica o altro)

è impegno per la conoscenza e fascino

nell’indagine su misteri. Due strade per scoprirli:

forza per portarli allo scoperto o deduzione da

sottili ‘indizi’. Nella fisica delle particelle

elementari, il Large Hadron Collider (LHC)

recentemente entrato in funzione al CERN segue

la prima: protoni di altissima energia vengono

fatti collidere per forzare l’accadere di nuovi

fenomeni. Al laboratorio del Gran Sasso

dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN)

si segue la seconda: la ricerca di fenomeni

rarissimi il cui accadere implica e quindi

dimostra quanto ne è alla base. Il laboratorio è

sotterraneo per ripararsi dalla pioggia da noi

inavvertita ma continua di particelle che dal

cosmo investono la terra. Come quando per

pensare ci rifugiamo ove non penetrano i rumori

del mondo esterno.

Vediamo alcuni dei misteri indagati al

Gran Sasso.

Dai tempi della famosa equazione di

Dirac e della scoperta dell’anti-elettrone (o

‘positone’) da essa predetto, a ogni particella

corrisponde una anti-particella: elettrone e

positone, protone e antiprotone… Neutrino e

antineutrino? Il neutrino è la particella di massa

e carica elettrica nulle ipotizzata da Pauli per

spiegare le caratteristiche degli spontanei e

naturali decadimenti dei nuclei atomici. Majorana

arguì che il neutrino ha carica elettrica nulla e

che quindi l’antineutrino (con carica opposta) è

concettualmente da esso indistinguibile. Come

Diogene, tendiamo a disfarci di quanto è inutile:

possiamo abbandonare l’idea di antineutrino e

considerlo un neutrino? Possiamo pensare a un

fenomeno che ne sia un‘indizio’? Esso è il

‘decadimento nucleare doppio-beta senza

emissione di neutrini’. Nel decadimento assieme

a un elettrone e a un positone dovrebbero

essere emessi un neutrino e un antineutrino.

Secondo Majorana l’emissione dell’antineutrino è

in realtà un riassorbimento del neutrino:

nessuno dei due esce. Il fenomeno, comunque

rarissimo, implica anche una massa non nulla

del neutrino ed è ricercato da vari esperimenti al

Gran Sasso tra cui l’esperimento CUORE,

condotto dall’Università di Milano nel quadro di

una collaborazione internazionale.

Il laboratorio del Gran Sasso è anche

volto a un altro dei misteri del neutrino: le sue

‘oscillazioni’, cioè il trasformismo spontaneo di

un neutrino in uno di altro tipo e viceversa. È un

singolare fenomeno concepibile solo in

‘Meccanica Quantistica’ e che si verifica se il

neutrino ha massa non nulla: il suo accadere è

‘indizio’ di massa non nulla del neutrino.

Ipotizzato da Pontecorvo, esso è stato

evidenziato osservando una ‘sparizione’ di

neutrini di tipo ‘elettronico’ prodotti dal Sole e di

neutrini ‘muonici’ prodotti nell’interazione di

particelle cosmiche con l’atmosfera.

L’esperimento OPERA, iniziato da fisici

napoletani e giapponesi e condotto da una

collaborazione internazionale, indaga in ‘quali’

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neutrini si trasformano i neutrini muonici che

scompaiono. Nel fascio di neutrini muonici

inviato dal CERN al Gran Sasso ‘appaiono’,

anche se in misura rarissima, dei neutrini

‘tauonici’. L’esperimento sta acquisendo dati per

avere da questo rarissimo segnale la conferma

definitiva del fenomeno delle oscillazioni di

neutrino.

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