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Commento e note alle poesie di Orazio. Odes I 4. Sono due i nuclei concettuali: il primo (vv. 1-12) è una serie di immagini che significano il ritorno della primavera, seguito dal quadretto mitologico, l’invito alla festa per la primavera. Il secondo (vv. 13-20) è il motivo della riflessione della morte. Tra i due nuclei non c’è frattura per la funzione di cerniera assolta dalla terza strofe. Nella prima strofa densa di immagini, Orazio usa nessi coordinativi; anche la seconda strofa ha un andamento parattatico; la terza è ipotattica e la funzione di questi versi è sottolineata dalla ripetizione dell’avverbio nunc. Le ultime due strofe usano la struttura asindetica e un andamento ipotattico. Solvitur 1 acris hiems grata vice 2 veris et Favoni 3 trahuntque siccas machinae carinas 4 ac neque iam stabulis 5 gaudet pecus aut arator igni nec prata canis albicant pruinis. iam Cytherea 6 choros ducit Venus imminente luna 7 iunctaeque Nymphis Gratiae decentes alterno terram quatiunt pede 8 , dum gravis Cyclopum Volcanus ardens visit officinas. 9 nunc decet aut viridi nitidum caput impedire myrto aut flore 10 , terrae quem 11 ferunt solutae, nunc et in umbrosis Fauno 12 decet immolare 13 lucis, seu poscat agna sive malit haedo 14 . pallida Mors aequo pulsat pede 15 pauperum tabernas regumque turris. o beate Sesti 16 , vitae summa brevis spem nos vetat incohare longam; iam te premet nox fabulaeque 17 Manes 18 1 Ha valore mediale. 2 Ablativo di tempo o causa. 3 Il Favonio, o Zefiro, soffia dopo la prima settimana di febbraio. 4 Sineddoche per “navi”. 5 Ablativo di causa. 6 Venere è detta Citerea dall’isola di Citera, a sud del Peloponneso. 7 Ablativo assoluto. 8 Ablativo strumentale. 9 Le officine di Vulcano erano immaginate nelle cavità dell’Etna; i Ciclopi erano suoi aiutanti. 10 Singolare collettivo. 11 Anastrofe per “quem terrae”. 12 Divinità italica, protettrice dei boschi, dei campi, del bestiame; alle idi di febbraio gli si sacrifica nel territorio dell’isola Tiberina. 13 Spargere di farina e sale. 14 Ablativo di strumento. 15 Si batteva la porta col piede, non con la mano. 16 L. Sestio Quirino, console nel 23 a.C., compano di Orazio nella battaglia di Filippi (42 a.C.). 17 Forse un genitivo, forse apposizione a Manes. 18 Spiriti dei morti.

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Commento e note alle poesie di Orazio.

Odes I 4.Sono due i nuclei concettuali: il primo (vv. 1-12) è una serie di immagini che significano il ritorno della primavera, seguito dal quadretto mitologico, l’invito alla festa per la primavera. Il secondo (vv. 13-20) è il motivo della riflessione della morte. Tra i due nuclei non c’è frattura per la funzione di cerniera assolta dalla terza strofe. Nella prima strofa densa di immagini, Orazio usa nessi coordinativi; anche la seconda strofa ha un andamento parattatico; la terza è ipotattica e la funzione di questi versi è sottolineata dalla ripetizione dell’avverbio nunc. Le ultime due strofe usano la struttura asindetica e un andamento ipotattico.

Solvitur1 acris hiems grata vice2 veris et Favoni3

trahuntque siccas machinae carinas4

ac neque iam stabulis5 gaudet pecus aut arator igni nec prata canis albicant pruinis.

iam Cytherea6 choros ducit Venus imminente luna7

iunctaeque Nymphis Gratiae decentesalterno terram quatiunt pede8, dum gravis Cyclopum Volcanus ardens visit officinas.9

nunc decet aut viridi nitidum caput impedire myrto aut flore10, terrae quem11 ferunt solutae,nunc et in umbrosis Fauno12 decet immolare13 lucis, seu poscat agna sive malit haedo14.

pallida Mors aequo pulsat pede15 pauperum tabernas regumque turris. o beate Sesti16,vitae summa brevis spem nos vetat incohare longam; iam te premet nox fabulaeque17 Manes18

et domus exilis Plutonia; quo simul19 mearis20, nec regna vini sortiere21 talisnec tenerum Lycidan mirabere, quo calet iuventus nunc omnis et mox virgines tepebunt.

Odes I 5Il ragazzo alle prime armi si profuma troppo e poi si stringe alla donna con desiderio. Pirra è semplice, ma di una semplicità ricercata e non naturale. L’inesperto è portato a scambiare i tradimenti di Pirra con un mutato atteggiamento degli Dei. Forse la grotta dove si incontrano è in un giardino di città.

1 Ha valore mediale. 2 Ablativo di tempo o causa. 3 Il Favonio, o Zefiro, soffia dopo la prima settimana di febbraio. 4 Sineddoche per “navi”. 5 Ablativo di causa. 6 Venere è detta Citerea dall’isola di Citera, a sud del Peloponneso.7 Ablativo assoluto. 8 Ablativo strumentale. 9 Le officine di Vulcano erano immaginate nelle cavità dell’Etna; i Ciclopi erano suoi aiutanti.10 Singolare collettivo. 11 Anastrofe per “quem terrae”. 12 Divinità italica, protettrice dei boschi, dei campi, del bestiame; alle idi di febbraio gli si sacrifica nel territorio dell’isola Tiberina. 13 Spargere di farina e sale. 14 Ablativo di strumento. 15 Si batteva la porta col piede, non con la mano. 16 L. Sestio Quirino, console nel 23 a.C., compano di Orazio nella battaglia di Filippi (42 a.C.). 17 Forse un genitivo, forse apposizione a Manes.18 Spiriti dei morti. 19 =simul ac. 20 sincope di meaveris. 21 per sortieris, come mirabere sta per miraberis. Durante i banchetti i ricchi Romani eleggevano o sorteggiavano un rex che doveva fissare le regole del convito.

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Quis multa gracilis te puer in rosaperfusus liquidis urget odoribusgrato, Pyrrha, sub antro?Cui flavam religas22 comam

simplex munditiis? Heu quotiens fidemmutatosque deos flebit et asperanigris aequora ventisemirabitur insolens,

qui nunc te fruitur credulus aurea23,qui semper vacuam, semper amabilemsperat, nescius auraefallacis. Miseri, quibus

intemptata nites: me tabula24 sacervotiva paries indicat uvidasuspendisse potentivestimenta maris deo.

Odes I 7Tivoli è il luogo ideale per un’esistenza da vivere nell’ombra. Il destinatario dell’ode è L. Munazio Planco, nativo di Tivoli, legato di Cesare in Gallia, quindi prefetto, poi governatore della Gallia Transalpina (44-43 a.C.); infine collaboratore di Antonio, prima della battaglia di Azio si schiera con Ottaviano. Lo storico Velleio Patercolo lo chiama morbo proditor (traditore cronico). Orazio invita un uomo tanto impegnato a cercare nel vino l’oblio degli affanni, allo stesso modo di Teucro, che, cacciato in esilio dal padre, esorta i compagni, prima della sua partenza, a bere e a dimenticare25. Con una priamel Orazio indica ciò che agli altri piacerebbe fare.

Laudabunt26 alii claram Rhodon aut Mytilenenaut Epheson27 bimarisve Corinthimoenia vel Baccho Thebas vel Apolline Delphosinsignis aut Thessala Tempe;

sunt quibus unum opus est intactae Palladis urbem28

carmine perpetuo29 celebrare etundique decerptam fronti praeponere olivam;plurimus in Iunonis honorem

aptum dicet equis Argos30 ditisque Mycenas:me nec tam patiens Lacedaemon31

nec tam Larisae32 percussit campus opimaequam domus Albuneae resonantis33

22 Annodare i capelli dietro la nuca. 23 Ablativo strumentale. aurea si riferisce alla bellezza di Pirra o all’oro dei suoi capelli. 24 Forse un ex voto che il naufrao scampato soleva offrire nel tempio. 25 Teucro, figlio di Telamone, re di Salamina, e fratello di Aiace, cacciato dal padre al ritorno da Troia, perché non ha impedito la morte del fratello, passò a Cipro dove fondò una seconda Salamina.26 Futuro con valore concessivo. 27 Tre accusativi di forma greca. Rodi era una città fiorente di commerci; Mitilene nell’isola di Lesbo; Efeso, antica colonia ionica d’Asia minore; Corinto, sull’istmo, dominava Ionio e Egeo, distrutta nel 146 a.C. e ricostruita dai Romani. Tebe capitale della Beozia è patria di Bacco, Delfi di Apollo. Tempe è la valle della Tessaglia, tra i monti Olimpo e Ossa e legata al culto di Apollo. 28 Atene. 29 Il carmen perpetuum è un poema lungo, dedicato a un unico soggetto. Orazio polemizza contro i poeti che raccolgono senza distinzione tutti i possibili soggetti. 30 Accusativo neutro singolare. Argo eradetta da Omero nutrice di cavalli, mentre Micene era considerata ricca d’oro; entrambe erano legate al culto di Era. 31 Sparta è tollerante perché i cittadini sopportano una vita austera. 32 Larissa è la città più importante della Tessaglia. 33 Sorgente di acque solforose presso l’Aniene, sotto Tivoli. Albunea era la ninfa di quelle acque.

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et praeceps Anio ac Tiburni lucus et udamobilibus pomaria rivis.albus ut obscuro deterget nubila caelosaepe Notus34 neque parturit imbris

perpetuos, sic tu sapiens finire mementotristitiam vitaeque laboresmolli, Plance, mero, seu te fulgentia signiscastra tenent seu densa tenebit

Tiburis umbra tui. Teucer Salamina35 patremquecum fugeret, tamen uda Lyaeo36

tempora populea fertur vinxisse coronasic tristis adfatus37 amicos:

«quo nos cumque38 feret melior fortuna parente,ibimus, o socii comitesque,nil desperandum39 Teucro duce et auspice Teucro40.certus41 enim promisit Apollo

ambiguam tellure nova Salamina futuram42.o fortes peioraque passi43

mecum saepe viri, nunc vino pellite curas:cras ingens iterabimus44 aequor.45»

Odes I 10.Orazio, mosso dalla suggestione di Alceo, autore di un inno a Ermes, canta Mercurio, che l'avrebbe salvato a Filippi (Od. II 7, 13-14). Gli chiede di rendere prospero il podere in Sabina (Sat. II 6, 5). Mercurio infatti protegge i poeti, ha inventato la lira e molte arti; come Dio dell'eloquenza, dona all'uomo la vita civile. Celebra così un Dio multiforme, che sostiene nelle sventure gli uomini e li accompagna a morire (Psicopompo). La tecnica dell'elencazione era propria dell'innologia religiosa. Sono ricordate due imprese di Mercurio: il furto delle vacche di Apollo e l'aver accompagnato nei campi greci (nel caso, tessali, perché Achille era re dei Mirmidoni, popolo della Tessaglia) Priamo a recuperare il cadavere del figlio Ettore.

Mercuri, facunde nepos Atlantis46,qui feros cultus hominum recentum47

uoce formasti48 catus et decorae more49 palaestrae,

te canam, magni Iouis et deorum 5nuntium curuaeque lyrae parentem,34 O Austro, è lo scirocco che rischiara il cielo. 35 Accusativo della declinazione greca. 36 Lieo è epiteto di Bacco: il vino libera dagli affanni. 37 Participio perfetto con valore di presente. 38 Tmesi. 39 Costruzione impersonale della perifrastica passiva. 40 Ablativi assoluti. 41 Appellativo di Apollo, Dio oracolare. 42 Sottinteso esse. 43 Participio perfetto di patior. 44 Lessico agricolo: arare una seconda volta. 45 Il discorso di Teucro sviluppa il proverbio che Teucro pronuncia in una tragedia di Pacuvio: patria est ubicumque est bene. Stesso concetto in Seneca ep. 28, 4: patria mea totus hic mundus est.46 Era figlio di Maia, figlia di Atlante. 47 Poeticismo per recentium. 48 Sincope. 49 Ablativo strumentale. Si fa riferimento alla statua di Mercurio visibile nei ginnasi greci.

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callidum quicquid placuit iocoso condere furto.

Te, boues olim nisi reddidissesper dolum amotas, puerum minaci 10uoce dum terret, uiduus pharetra50

risit Apollo.

Quin et Atridas duce te superbosIlio diues Priamus relicto51

Thessalosque ignis et iniqua Troiae52 15 castra fefellit.

Tu pias laetis animas reponissedibus uirgaque53 leuem coercesaurea turbam, superis deorum54

gratus et imis. 20

Odes I 14.Una nave malconcia deve prendere atto del suo stato e restare in porto: in essa è simboleggiato lo stato romano, su cui incombe la minaccia di una guerra civile. Orazio imita un frammento analogo di Alceo, ma con un significativo scarto: Alceo si immaginava sulla nave, Orazio invece è solo spettatore. L’apostrofe alla nave si mantiene inalterata fino all’ultimo verso; essa viene costantemente personificata. Il retore Quintiliano nel I d.C. citava questa poesia come esempio di allegoria. Per Porfirione, commentatore di Orazio, risale al 42 a.C., cioé all’epoca della battaglia di Filippi. Alcuni sostengono che l’ode sia stata composta tra 38 e 37 a.C., quando sembrava vicina la ripresa della guerra con Sesto Pompeo (36 a.C.). E. Fraenkel la data al 35-32, prima della guerra contro Antonio e Cleopatra. Per Pasquali, l’ode fu composta dopo Azio. Pareva infatti che Augusto volesse lasciare il potere. Orazio non sembra soddisfatto della vita pubblica: come Epicuro, preferisce una vita appartata.

O navis, referent in mare te novifluctus. O quid agis? Fortiter occupaportum. Nonne55 vides ut nudum remigio56 latus,

et malus celeri saucius Africo57

antemnaque gemant ac sine funibusvix durare carinaepossint imperiosius58

aequor? Non tibi59 sunt integra lintea,non di, quos60 iterum pressa voces malo.Quamvis Pontica pinus61,silvae filia nobilis,

50 Ablativo di privazione. 51 Ablativo assoluto. 52 Dativo di svantaggio. 53 Si tratta del caduceo. 54 Genitivo partitivo. 55 Introduce una interrogativa retorica con risposta positiva. 56 Ablativo di privazione. 57 Vento di sud-est. 58 Comparativo intensivo. 59 Dativo di possesso. 60 Relativa di valore consecutivo con il verbo al congiuntivo. 61 Legname pregiato proveniente dal Mar Nero (Ponto Eusino).

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iactes62 et genus et nomen inutile:nil63 pictis timidus navita puppibusfidit. Tu, nisi ventisdebes ludibrium, cave.

Nuper sollicitum quae mihi taedium,nunc desiderium curaque non levis,interfusa nitentisvites64 aequora Cycladas65.

Odes I 20La villa in Sabina è stata donata ad Orazio da Mecenate. Il poeta invita a cena il protettore, abituato a bere vino pregiato: Orazio gli offrirà però il modesto vino sabino, da lui sigillato quando il popolo accolse Mecenate, in teatro (il teatro di Pompeo, nel campo Marzio, inaugurato nel 55 a.C.), dopo una grave malatttia. Non conta ciò che si offre, ma l’animo con cui lo si fa. Il cantharos è una tazza di terracotta a due anse, di origine greca.

Vile potabis modicis Sabinumcantharis66, Graeca quod67 ego ipse testa68

conditum levi69, datus in theatrocum tibi plausus,

clare Maecenas eques, ut70 paternifluminis71 ripae simul et72 iocosaredderet laudes tibi Vaticani73

montis imago.

Caecubum et prelo74 domitam Caleno75

tu bibes uvam: mea nec Falernaetemperant vites neque Formianipocula colles.

Odes I 22Chi ha la coscienza pura è inattaccabile, come dimostra l’avventura toccata al poeta: un lupo fugge davanti a lui, intento a cantare Lalage. Resta illeso grazie all’amore. La vocazione poetica è una scelta di vita che rende possibile l’onestà. Si trova nella sua villa in Sabina, Aristio Fusco rammatico oratore poeta drammatico è a Roma e non vuole lasciare la sua casa di città. Orazio dopo il pericolo lo informa anche dell’amore per Lalage. Orazio riecheggia Saffo fr. 31 L.P. e Catullo c. 51.

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62 Cong. presente potenziale. 63 Sincope per nihil. 64 Cong. esortativo. 65 Accusativo alla greca. Le Cicladi sono isole disposte intorno a Delo, in una zona pericolosa. Sono dette splendide per il biancore delle cave di marmo. 66 Ablativo di mezzo. 67 anastrofe per quod graeca. 68 E’ il coccio, cioé la materia dell’anfora (sineddoche). 69 Perfetto di lino. Il verbo indica l’atto di spalmare di pece il tappo di un recipiente per sigillarlo. 70 Introduce una consecutiva. 71 Il Tevere nel suo tratto superiore attraversa l’Etruria. 72 Anastrofe per et simul. 73 E’ una delle alture dell’ager Vaticanus, sulla destra del Tevere, lontano dal teatro di Pompeo. 74 Trave del torchio. 75 Enallage. E’ il vino di Cales, cioé Calvi, località vicina alla Campania. In questa zona si produceva il Falerno, mentre il Cecubo era prodotto nel Lazio meridionale, come il Formiano. 76 genitivo di limitazione. 77 genitivo di privazione. 78 armi da lancio usate dali Africani dell’antico Marocco.

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nec venenatis gravida sagittis,Fusce, pharetra,

sive per Syrtis79 iter aestuosassive facturus per inhospitalemCaucasum80 vel quae loca fabulosuslambit Hydaspes81.

namque me silva lupus in Sabina,dum meam canto Lalagen82 et ultraterminum83 curis vagor expeditis84,fugit inermem,

quale portentum neque militarisDaunias85 latis alit aesculetisnec Iubae86 tellus generat, leonumarida nutrix87.

pone me pigris ubi nulla campis88

arbor aestiva recreatur aura,quod latus mundi89 nebulae malusqueIuppiter urget,

pone sub curru nimium propinquisolis, in terra domibus negata:dulce ridentem Lalagen amabo,dulce loquentem.

Odes I 23montibus aviis: stato in luogo senza in. corde: ablativo di limitazione. Metonimia per dire animo; mentre genibus è sineddoche per dire corpo. tigris ut: anastrofe per ut tigris. frangere: lessico erotico.

Odes I 30Orazio si rivolge a Venere perché lasci Cipro (accusativo di forma greca) e prenda dimora in un nuovo tempio, nella casa di Glicera, la "dolce". Sono evocati il nome di Cnido, città della Caria, il cui tempio custodiva la statua di Venere di Prassitele; e quello di Pafo, in Cipro, antica sede del culto di Afrodite. La dea sarebbe nata presso l'isola emergendo dalla spume del mare. solutis... zonis: ablativo assoluto. properent: cong. esortativo.

Odes I 38Orazio si rivolge al suo servo, che sta preparando un ambiente ricercato per il convito: non ama lussi inutili, preferisce bere da solo, tranquillamente, godendo della natura. La compostezza non esclude la malinconia: il

79 golfi della Libia. 80 Inospitale è in realtà il vicino Mar Nero. 81 Affluente dell’Indo, è detto leendario, come le terre orientali. 82 Accusativo con desinenza greca. 83 Oltre il confine del fondo annesso alla villa di Orazio. 84 ablativo assoluto. 85 Apulia, su cui regnò il mitico re Dauno, filio di Licaone, re dell’Illiria. 86 Si tratta della Numidia. Giuba, vinto da Cesare, si era dato la morte dopo la battaglia di Tapso (46 a.C.). Potrebbe anche essere la Mauritania, dove Giuba II era stato posto sul trono da Augusto (25 a.C.). 87 Ossimoro. 88 Stato in luogo, senza in. 89 Anastrofe per latus mundi quod.

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poeta rifiuta la rosa a favore del mirto, ma la rosa è simbolo dell’amore. Il testo ha anche un senso metaletterario: la semplicità è un tratto della poetica oraziana.

Persicos90 odi, puer, apparatus, displicent nexae philyra coronae; mitte sectari91, rosa quo locorum92 sera93 moretur.Simplici myrto94 nihil adlabores sedulus curo: neque te ministrum dedecet myrtus neque me sub arta95 vite bibentem.

Odes II 5Lalage (la chiacchierina) rifiuta l’amore di Orazio, libera come una giovenca indomita. Il poeta si rivolge l’invito ad aspettare. Col pretesto di opporre l’intensità di questo amore alle precedenti esperienze, nelle ultime due strofe Orazio presenta una rassegna di passati amori che evocano figure delineate con rapidi tocchi per culminare nel ricordo del cnidio Gige. La metafora animale risale ad Anacreonte (fr. 88 D). La ironia di Anacreonte è velata in Orazio dalla tristezza al pensiero del tempo che renderà matura la donna e toglierà anni al poeta. Il giogo è metafora per l’amore. L’immagine del notturno deriva da Saffo fr. 96 L.-P.

Nondum subacta96 ferre iugum valetcervice, nondum munia97 comparis     aequare nec tauri ruentis98

     in venerem tolerare pondus.

Circa virentis99 est animus tuae               5campos iuvencae, nunc fluviis gravem     solantis aestum, nunc in udo     ludere cum vitulis salicto

praegestientis. Tolle cupidinemimmitis uvae: iam tibi lividos               10     distinguet autumnus racemos     purpureo varius colore;

iam te sequetur; currit enim feroxaetas et illi quos tibi dempserit     adponet annos; iam proterva     fronte petet Lalage maritum,               15

dilecta, quantum non Pholoe fugax,non Chloris albo sic umero nitens     ut pura nocturno renidet     luna mari Cnidiusve100 Gyges,               20

quem si puellarum insereres choro,mire sagacis falleret hospites90 Il lusso dei Persiani era proverbiale. 91 Forma ricercata di imperativo negativo. 92 Interrogativo sostantivato quo + genitivo partitivo. 93 In antichità non c'erano rose a fioritura ripetuta. La stagione cui ci si riferisce è la tarda estate. 94 Pianta sempreverde, sacra a Venere. 95 Può significare o "angusto" o "folto". 96 Participio perfetto di subigo. 97 Variante di munera. 98 Indica la violenza con cui si manifesta il desiderio. 99 Per virentes. 100 Cnido era una città greca sulla costa dell’Asia Minore.

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     discrimen obscurum solutis     crinibus ambiguoque voltu

Odes II 8Il giuramento era considerato sacro: sugli spergiuri piombava l’ira deli Dei. Ciò non valeva per gli innamorati. Barine (forse la ragazza di Bari, dunque una liberta) sembra diventare più bella dopo ogni spergiuro. L’autore allude alle piccole macchie bianche che compaiono sulle unghie. Accosta ironicamente cura come pena d’amore e publicus, riferito alla sfera politica. Si menziona anche il mito di Achille nascosto dalla madre tra le figlie di Licomede per evitare che partisse per Troia.

Ulla si iuris tibi peierati poena, Barine, nocuisset101 umquam, dente102 si nigro fieres vel uno turpior ungui,

crederem; sed tu simul103 obligasti104 perfidum votis caput, enitescis pulchrior multo iuvenumque prodis105 publica cura.

Expedit matris cineres opertos106 fallere et toto taciturna noctis signa cum caelo gelidaque divos morte107 carentis.

Ridet hoc, inquam, Venus ipsa, rident simplices Nymphae, ferus et108 Cupido semper ardentis acuens sagittas cote cruenta.

Adde quod109 pubes tibi crescit omnis, servitus crescit nova nec priores impiae tectum dominae relinquont saepe minati110.

Te suis matres metuunt iuvencis111, te senes parci miseraeque nuper virgines nuptae, tua ne112 retardet aura maritos.

Odes II 10Orazio esalta il giusto mezzo (aurea mediocritas). L’idea è espressa sia dal nulla di troppo del tempio di Apollo a Delfi e dalle teorizzazioni aristoteliche, ma in Orazio diviene sintesi di onestà morale e benessere materiale. L’ode è indirizzata forse a Lucio Licinio Murena, cognato di Mecenate e console nel 23 a.C. Le immagini illustrano gli svantaggi di una condizione elevata. L’ode si chiude con il motivo con cui si è aperta: fiducia nelle

101 Protasi dell’irrealtà, come si ... fieres. 102 Ablativo di misura, come il successivo ungui. 103 = simul ac. 104 sincope per obligavisti. 105 Da prod+eo. 106 Enallage. 107 Ablativo di privazione. 108 Anastrofe per et ferus. 109 Introduce una proposizione dichiarativa. 110 Participio congiunto con valore concessivo. 111 Dativo d’interesse. 112 Anastrofe per ne tua. Si tratta di una completiva dipendente dal verbo di timore.

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avversità, saggia cautela davanti a una sorte troppo favorevole. In una struttura ad anello, la parte immaginifica dell’ode si salda con quella meditativa. Nella prima strofe, appare lo stereotipo dell’invito a cena, già usato da Catullo nel carme 13.

Rectius vives, Licini, neque altumsemper urgendo neque, dum procellascautus horrescis, nimium premendolitus iniquum.

auream quisquis mediocritatemdiligit, tutus caret obsoletisordibus113 tecti, caret invidendasobrius aula.

saepius ventis agitatur ingenspinus et celsae graviore casu114

decidunt turres feriuntque summosfulgura montis.

sperat infestis, metuit secundis115

alteram sortem bene praeparatumpectus: informis hiemes reducitIuppiter, idem

submovet; non, si male nunc, et olimsic erit: quondam cithara tacentemsuscitat Musam neque semper arcumtendit Apollo.

rebus angustis animosus atquefortis adpare, sapienter idemcontrahes vento nimium secundoturgida vela.

Odes III 1Il componimento apre il ciclo delle odi romane, composte nel 27 a.C., le quali in sintonia con il programma di Augusto rivelano l'intento di risvegliare nella gioventù romana le virtù degli avi. Il poeta raccomanda di fare attenzione al fatto che Giove ha stabilito la morte come legge uguale per tutti. La legge della necessità provoca insicurezza nei ricchi: la serenità tocca più facilmente agli umili o ai sapienti che si accontentano del necessario. Gli uomini sono condotti all'ansia e alla infelicità dalla mancanza di misura: il motivo è epicureo.

Odi116 profanum117 vulgus et arceo;favete linguis118. carmina non prius     audita Musarum sacerdos     virginibus puerisque canto.

regum timendorum119 in proprios greges120,reges in ipsos imperium est Iovis,

113 Ablativo di privazione. 114 Ablativo di modo. 115 Sott. rebus, ablativi di tempo. 116 Perfetto logico. 117 I non iniziati, che non accedono al luogo sacro. Naturalmente, la generazione dei padri. 118 Dativo. Si tratta di una formula sacrale con cui si intimava ai presenti di favorire il rito e non ostacolarlo con parole di cattivo augurio. 119 Gerundivo. 120 Il termine ricorda l'espressione omerica: pastore di popoli.

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     clari Giganteo121 triumpho,     cuncta supercilio122 moventis.

est ut123 viro124 vir latius ordinetarbusta sulcis, hic generosior     descendat in campum125 petitor,     moribus hic meliorque fama126

contendat, illi turba clientiumsit maior127; aequa lege Necessitas     sortitur insignes et imos:     omne capax movet urna nomen.

destrictus ensis128 cui129 super impiacervice pendet, non Siculae dapes130

     dulcem elaborabunt saporem,     non avium citharaeque cantus

somnum reducent. somnus agrestiumlenis virorum non humiles domos     fastidit131 umbrosamque ripam,     non zephyris132 agitata Tempe.

desiderantem quod satis est nequetumultuosum sollicitat mare     nec saevus Arcturi133 cadentis     impetus aut orientis Haedi,

non verberatae grandine vineaefundusque mendax134, arbore nunc aquas     culpante, nunc torrentia agros     sidera, nunc hiemes iniquas.

contracta pisces aequora sentiuntiactis in altum molibus135: huc frequens     caementa demittit redemptor     cum famulis dominusque terrae

fastidiosus. sed Timor et Minaescandunt eodem quo dominus, neque

121 I Giganti figli di Gea diedero l'assalto all'Olimpo per detronizzare Giove, ma furono respinti grazie all'aiuto di Eracle e degli Dei. 122 Giove decide tutto solo con un cenno. 123 L'espressione equivale a fieri potest ut. 124 Secondo termine di paragone. 125 Nel Campo Marzio si tenevano i comizi elettorali: qui i cittadini votavano in recinti. I candidati dovevano misurarsi con gli avversari. 126 Si tratta dell'uomo nuovo, che gode di popolarità presso le masse. moribus, fama sono abl. di limitazione. 127 Si tratta del capitalista, appoggiato dai clienti. Illi è dativo di possesso. 128 Ci si riferisce alla spada di Damocle: egli, cortigiano di Dionigi tiranno di Siracusa, chiese di essere messo nella condizione di un uomo potente. Dionigi lo fece sdraiare su un letto rpegiato, gli fece preparare un banchetto, quindi ordinò che gli fosse fatta pendere sulla testa una spada attaccata al soffitto da un crine di cavallo. 129 Anastrofe. 130 I cibi siciliani erano raffinatissimi. 131 non fastidit è litote. Regge l'accusativo come i verba affectuum. Tempe è accusativo neutro plurale alla greca. 132 Lo Zefiro è il vento di primavera. Tempe è la valle della Tessaglia. 133 Arturo è la stessal della costellazione di Boote. Era ritenuta responsabile delle piogge al suo tramonto a metà maggio. Il Capretto è un astro che porta bufera: sono due stelle della costellazione dell'Auriga, sorgono a fine di settembre. 134 Ogni mancato raccolto è considerato dal latifondista come un tradimento della terra. 135 Era moda della Roma augustea che i ricchi cittadini si facessero costruire ville sontuose su isolotti artificiali.

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     decedit aerata triremi et     post equitem sedet atra Cura.

quodsi dolentem136 nec Phrygius lapis137

nec purpurarum sidere clarior     delenit usus nec Falerna138

     vitis Achaemeniumque costum139,

cur invidendis postibus et novosublime ritu140 moliar atrium?     cur valle permutem141 Sabina     divitias operosiores?

Odes III 7La giovane Asterie (da aster, "stella") piange il marito, per affari in Tinia, sul mar Nero, Gige, che piange a sua volta la sposa lasciata a Roma, ma è tentato dalla sua ospite Cloe. Orazio mette in guardia la moglie dal prestare attenzione ad un bellimbusto tentatore, Enipeo. L'ode si chiude con una scena di paraklausithyron, in cui Enipeo col flauto rivolge una serenata invitante a Asterie. Le lunghe assenze dei mariti erano un forte incentivo per le trasgressioni matrimoniali: cresce l'emancipazione femminile. Le leggi augustee, come la Iulia de adulteriis (18 a.C.), dovevano reprimere questi fenomeni.

Quid fles, Asterie, quem tibi candidi142

primo restituent vere FavoniiThyna merce beatum,constantis iuvenem fide143

Gygen? Ille Notis actus ad Oricum144

post insana Caprae145 sidera frigidasnoctes non sine multisinsomnis lacrimis agit.

Atqui sollicitae nuntius hospitae,suspirare Chloen146 et miseram tuisdicens ignibus uri,temptat mille vafer modis.

Ut Proetum mulier147 perfida credulumfalsis inpulerit criminibus nimiscasto Bellerophontaematurare necem, refert;

136 Singolare collettivo. 137 Dalla Frigia porveniva un marmo bellissimo, con venature rossastre, ricavato dalle cave di Synnada. 138 Pregiato vino campano. 139 Il costum era una pianta indiana da cui si estraeva un prezioso unguento. Achemenio significa persiano, dal nome degli Achemenidi, dinastia persiana cui appartenevano Dario e Serse (dal capostipite Achemene). 140 Ablativi di qualità. postibus sono letteralmente gli stipiti. 141 Congiuntivo dubitativo. 142 Il Favonio porta giornate serene. 143 Genitivo arcaico di qualità. 144 Orico è porto dell'Epiro.145 La Capra (Amaltea, la capra che è nutrice di Zeus) indica l'equinozio di autunno.146 accusativo greco. 147 Antea, moglie di Preto re di Argo, innamorata non corrisposta di Bellerofonte, lo accusa presso il marito di averla voluta sedurre. Preto, che le crede, non osando uccidere Bellerofonte, suo ospite, lo manda dal suocero Iobate, re della Licia, con una lettera in cui gli chiede di sottoporlo a prove fatali, come la lotta con Chimera e le Amazzoni. Bellerofonte, grazie al cavallo alato Pegaso, supera le prove e ottiene in sposa la figlia del re.

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narrat paene datum Pelea148 Tartaro,Magnessam149 Hippolyten dum fugit abstinens,et peccare docentisfallax150 historias monet.

Frustra: nam scopulis surdior Icari151

vocis audit adhuc integer. At tibi152

ne vicinus Enipeusplus iusto placeat cave;

quamvis non alius flectere equum sciens153

aeque conspicitur gramine Martio,nec quisquam citus aequeTusco denatat alveo154,

prima nocte domum claude neque in viassub cantu querulae155 despice tibiaeet te saepe vocanti156

duram difficilis mane.

Odes III 9Orazio e Lidia, un tempo amanti e ora legati a nuovi amori, si ritrovano e tra ripicche e indifferenza scoprono di volersi ancora bene. Il modello letterario è quello del canto amebeo, già visto in Virgilio. Il poeta esordisce e Lidia gli risponde con lo stesso tono in aria di sfida. Nella prima coppia i due parlano del loro felice passato, nella seconda ciascuno si dichiara pronto a morire per l'amante attuale, nella terza Orazio avanza una proposta di riconciliazione, alla quale segue il consenso della donna. Ciascuna delle coppie di strofe delinea tre momenti psicologici, arricchiti da riprese verbali, anafore, allitterazioni. Il sentimento ricorrente è la gelosia. L'amore torna a risvegliarsi a distanza di tempo, tanto da indurre il poeta a rinunciare al legame del momento, con un proposito di fedeltà fino alla morte, quasi una nuova versione del foedus amoroso di Catullo.

Donec gratus eram tibi,nec quisquam157 potior158 bracchia candidaecervici iuvenis dabat,Persarum vigui rege159 beatior.

donec non alia magisarsisti, neque erat Lydia post Chloen,multi Lydia nominis160

Romana vigui clarior Ilia161.

me nunc Thressa162 Chloe regit,

148 accusativo greco. Peleo, re di Ftia in Tessaglia, futuro padre di Achille, si reca a Iolco presso il re Acasto: bandito per aver ucciso per errore uno dei partecipanti alla caccia del cinghiale caledonio. E' oggetto delle attenzioni della moglie di Acasto, Ippolita o Astidamia. Ippolita, respinta, lo calunnia presso il marito, che durante una caccia abbandona Peleo agli attacchi dei centauri. L'eroe riesce a salvarsi. 149 Acasto era re dei Magneti, popolo della costa tessalica. 150 predicativo del soggetto. 151 L'isola di Icaro o Icaria, detta così perché Dedalo vi sepellì il figlio, era una delle Sporadi, nell'Egeo. 152 retto da placeat, congiuntivo dipendente da cave e introdotto dalla cong. ne. 153 Le matrone romane subivano il fascino di aitanti giovani atleti. 154 Il Tevere, che nasce in Etruria. 155 Alle u di sub cantu querulae si oppongono le i di despice tibiae: si vuole rendere la musica del flauto. 156 Dativo di relazione, con participio con sfumatura concessiva. 157 Usato come aggettivo, invece che ullus. 158 Nel lessico erotico, indica il rivale in amore più fortunato. 159 La ricchezza dei Persiani era proverbiale. 160 Genitivo di qualità. 161 Madre di Romolo e Remo, cantata da Ennio. 162 Calco poetico dell'aggettivo greco.

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dulces docta modos163 et citharae sciens,pro qua non metuam164 mori,si parcent animae fata supersiti.

me torret face mutuaThurini Calais165 filius Ornyti,pro quo bis patiar mori,si parcent puero fata supersiti.

quid si prisca redit Venusdiductosque iugo cogit aeneo166,si flava excutitur167 Chloereiectaeque patet ianua Lydiae168?

quamquam sidere pulchriorille est, tu levior cortice et improboiracundior Hadria,tecum vivere amem, tecum obeam libens.

Odes III 23La religiosità campestre stimola la fantasia del poeta con immagini semplici. La contadinella Fidile (la risparmiosa) otterrà protezione per il suo bestiame e i campi. E' bene lasciare le vittime costose ai pontefici; gli Dei della casa si accontentano di rosmarino e mirto o di una focaccia. L'ode non nasce da considerazioni filosofiche, ma dai sentimenti che a Orazio sono familiari: la simpatia per la gente e gli ambienti di campagna, il gusto delle piccole cose, il senso della misura e del limite.

Caelo169 supinas si tuleris170 manusnascente luna171, rustica Phidyle, si ture placaris et horna172

fruge Lares avidaque porca

nec pestilentem sentiet Africum173

fecunda vitis nec sterilem seges robiginem174 aut dulces alumni175

pomifero grave tempus anno.

Nam quae nivali pascitur Algido176

devota quercus inter et ilices aut crescit Albanis in herbis victima, pontificum securis

cervice tinguet; te nihil attinet

163 Accusativo di relazione. 164 Futuro. 165 Giovane di buona famiglia, figlio di un personaggio noto. Turi era colonia greca sul golfo di Taranto. 166 Di bronzo, dunque infrangibile. 167 Indica l'immagine del cavaliere disarcionato. 168 Dativo. 169 Dativo per ad caelum. 170 Indicativo futuro anteriore, come placaris (-veris). 171 Alle calende di ogni mese, secondo il mese lunare, c'era l'uso di sacrificare ai Lari. 172 Arcaico per hora. 173 Lo Scirocco, vento che soffia da sud portando malattie. 174 La ruggine o carbonchio dei cereali è una malattia prodotta da un fungo parassita che crea una massa nera simile a carbone la quale impedisce la formazione del frutto. per combatterla si celebravano i Robigalia. 175 Dalla radice di alere "nutrire", sono i piccoli del gregge. 176 Il più alto monte Albano, vicino a Tuscolo. I pascoli dei monti Albani appartenevano ai pontefici.

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temptare multa caede bidentium177

parvos coronantem marino rore deos178 fragilique myrto179.

Immunis aram si tetigit manus,non sumptuosa blandior hostia180

mollivit181 aversos Penatis182

farre pio et saliente mica183.

Epistulae I 4Orazio cerca di consolare l'amico Albio, forse il poeta Tibullo, ritiratosi in campagna per una insistente malinconia. Lo esorta a godere ogni attimo, seppure nello sforzo costante di accettare la condizione umana. Si coglie qui l'amarezza tipica delle epistole, temperata dallo scherzo e ricacciata con una risata forte dalla efficace autocritica finale. La parola (quella filosofica, o poetica) disciplina la nevrosi, dandole forma. L'uomo oscilla sempre: solo l'equilibrio è la ragione che accetta l'ansia, che deriva dal pensiero della morte, che non ci fa abituare alla vita e la riscopre ogni volta positiva.

Albi, nostrorum sermonum184 candide iudex,quid nunc te dicam185 facere in regione Pedana?scribere quod Cassi Parmensis186 opuscula uincatan tacitum siluas inter187 reptare salūbriscurantem quidquid dignum sapiente bonoque est?non tu corpus eras sine pectore: di tibi formam,di tibi diuitias dedĕrunt188 artemque fruendi.quid uoueat189 dulci nutricula maius alumno,qui sapere et fari possit quae sentiat et cuigratia fama ualetudo contingat abunde190 10et mundus uictus non deficiente crumīna?inter spem curamque, timores inter et irasomnem crede diem tibi diluxisse supremum:grata superueniet quae non sperabitur hora.me pinguem et nitidum bene curata cute uises,cum ridere uoles, Epicuri de grege porcum.

Epistulae I 8Orazio chiede alla Musa di salutare Albinovano Celso, che come segretario accompagna il giovane Tiberio in Oriente. Gli manda a dire che egli è rimasto quello di sempre: scontento di sé, inquieto e infelice, perché si è lasciato prendere da un funesto abbattimento. Orazio è depresso: ha voglia di solitudine e di autocompatimento. E' il taedium vitae, l'accidia che non ha motivo apparente: una noia che diventa patologia. L'esaurimento nervoso è il male delle società ricche: acquisire beni esagerati diventa una abitudine e non si è capaci di goderne (crisi di valori). Mancando l'impegno fisico, si resta soli con se stessi. Orazio guarda a sé, ma si

177 Ipallage per caede multarum bidentium. Bidens è la zappa e la femmina dulta, specialmente la pecora, che ha le due file di denti o che ha due denti più sviluppati degli altri. 178 Accusativo dipendente da temptare e coronantem. sono i Lari, rappresentati da piccole statue di legno o argilla custodite nel tabernacolo detto Lararium, dove si mettevano offerte nei giorni festivi. 179 E' una pianta fragile, che si spezza senza fatica. 180 Ablativo strumentale. 181 Perfetto gnomico. 182 Arcaismo. Sono Dei della casa, il cui culto rientrava in quello dei Lari. 183 Con farina di farro tostata con grani di sale si otteneva la mola salsa, una torta che si offriva sull'altare. Il farro è detto pio a causa del suo uso rituale. I granelli di sale scoppiettavano, una volta gettati sul fuoco. 184 Sono le satire. 185 cong. dubitativo. 186 Poeta ellenistico, impegnato contro Ottaviano. 187 anastrofe. 188 Pronuncia popolare. 189 Dubitativo potenziale. 190 Si tratta di virtù individuali e per la vita di relazione. Gratia indica sia il favore dei potenti sia l'apprezzamento del pubblico.

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crogiola, autocompiacendosi nella sua tristezza. L'uomo si giudica dal comportamento: le vicende della vita cambiano, ma tutte vanno affrontate.

Celso gaudere et bene rem gerere AlbinouanoMusa rogata refer, comiti scribaeque Neronis.si quaeret quid agam, dic multa et pulcra minantemuiuere nec recte nec suauiter, haud quia grandocontuderit uitis oleamue momorderit aestus, nec quia longinquis armentum aegrotet in agris;sed quia mente minus ualidus quam corpore191 totonil audire uelim192, nil discere, quod leuet aegrum,fidis offendar medicis, irascar amicis193,cur me funesto properent arcere ueterno194, quae nocuere sequar, fugiam quae profǒre195 credam,Romae Tibur amem, uentosus Tibure Romam.Post haec, ut ualeat, quo pacto rem gerat et se,ut placeat iuueni percontare utque cohorti.si dicet ‘recte’, primum gaudere, subinde praeceptum auriculis hoc instillare memento:ut tu fortunam, sic nos te, Celse, feremus

Epistulae I 11Il poeta domanda all'amico Bullazio se le splendide città orientali (Chio, nota per il vino; Lesbo, che diede i natali a Saffo e Alceo; Samo, presso la costa ionica dell'Asia Minore; Sardi, capitale dell'antico regno di Lidia, il cui ultimo re fu il ricco Creso; Smirne e Colofone, città ioniche che vantavano di essere patria di Omero) gli sembrino più attraenti di Roma; per conto suo, Orazio preferirebbe vivere in un luogo deserto. La felicità sta nell'equilibrio dell'animo, divenuto indifferente. E' importante godere di ogni minuto, ma l'uomo è afflitto da una strenua inertia, che lo spinge a inseguire la gioia nei viaggi, non nella pace interiore. Il poeta, stanco di tutti e di se stesso, immagina di ritirarsi in un luogo disabitato. L'estrema illusione della solitudine è superata dal monito della saggezza, che avverte che nessun luogo ci dà la quiete, che solo la pace interiore sa assicurare.

Quid tibi visa196 Chios, Bullati, notaque Lesbos, quid concinna Samos, quid Croesi regia Sardis, Zmyrna quid et Colophon? maiora minorave fama197, cunctane prae Campo et Tiberino flumine sordent? Ac venit in votum Attalicis198 ex urbibus una? an Lebedum199 laudas odio maris atque viarum? Scis Lebedus quid sit: Gabiis desertior atque Fidenis vicus200; tamen illic vivere vellem201, oblitusque202 meorum, obliviscendus et illis, Neptunum203 procul e terra spectare furentem. Sed neque qui Capua204 Romam petit, imbre lutoque aspersus, volet in caupona vivere; nec qui frigus collegit, furnos et balnea laudat

191 Limitazione. 192 Desiderativo. 193 dativo. 194 Facendo autodiagnosi, Orazio scopre di avere addosso la tristezza dei vecchi. 195 Infinito futuro. 196 Sottinteso sunt. 197 Ablativo di paragone. 198 Attalo III, re di Pergamo, morto nel 133 a.C., lasciò il regno in eredità a Roma. 199 Città sulla costa ionica dell'Asia Minore, a nord di Colofone. Al tempo di Orazio era povera e semispopolata. 200 Gabi e Fidene erano città laziali un tempo prospere, ma ora decadute, a poca distanza da Roma sulla Prenestina e sulla Salaria. 201 Desiderio irrealizzabile nel presente. 202 Participio perfetto da obliviscor. 203 Per metonimia, il mare. Cfr. Lucrezio II 1-2. 204 Collegata a Roma dalla Appia, ricca di osterie e luoghi di ristoro per viaggiatori.

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ut fortunatam plene praestantia205 vitam; nec si206 te validus iactaverit Auster in alto, idcirco navem trans Aegaeum mare vendas. Incolumi Rhodos et Mytilene pulchra facit quod paenula207 solstitio, campestre208 nivalibus auris, per brumam209 Tiberis, Sextili210 mense caminus. Dum licet ac voltum servat Fortuna benignum, Romae211 laudetur Samos et Chios et Rhodos absens. Tu quamcumque deus212 tibi fortunaverit213 horam grata sume mami neu dulcia differ in annum214, ut215 quocumque loco fueris216 vixisse libenter te dicas; nam si217 ratio et prudentia curas, non locus effusi late maris arbiter aufert, coelum, non animum mutant, qui trans mare currunt. Strenua nos exercet inertia218; navibus atque quadrigis petimus bene vivere. Quod petis, hic est, est Ulubris219, animus si te non deficit aequus.

205 Participio preceduto da ut, con valore soggettivo. 206 Periodo ipotetico della possibilità. 207 Il mantello pesante di lana o cuoio; lo si portava in viaggio. 208 Costume corto usato per gli esercizi nel Campo Marzio. 209 Sta per brevissuma (dies), cioé l'inverno. 210 Agosto. 211 Locativo. 212 Indica genericamente il destino. 213 Il verbo fortunare è di uso raro e ascendenza sacrale. 214 Confronta l'ode di Leuconoe. 215 Frase consecutiva o finale. 216 Congiuntivo perfetto o futuro anteriore. 217 Equivale a siquidem. 218 strenua inertia è un ossimoro tra attività e negazione. 219 Misero villaggio delle paludi Pontine, popolato solo da ranocchi.