Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Relazione finale 2006

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    Doc. XXIII

    N. 19

    COMMISSIONE PARLAMENTARE DINCHIESTA

    SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA

    ILLECITE AD ESSO CONNESSE

    (istituita con legge 31 ottobre 2001, n. 399)

    (composta dai deputati: Russo Paolo, Presidente; Vianello, Vicepresidente;Tucci, Segretario; Airaghi, Banti, Carboni, Coronella, De Luca, Grimaldi, Lezza,Lion, Messa, Mosella, Napoli Osvaldo, Parolo, Piglionica, Pinto, Russo Spena,Savo, Villari e dai senatori: Demasi, Vicepresidente; De Petris, Segretario;Agoni, Asciutti, Bergamo, Brutti Paolo, Filippelli, Giovanelli, Marano, Michelini,Morra, Nocco, Pascarella, Piccioni, Rotondo, Sodano, Specchia, Tunis, Vallone,

    Zappacosta)

    RELAZIONE FINALE

    (Relatore: on. Paolo Russo)

    Approvata nella seduta del 15 febbraio 2006

    Trasmessa alle Presidenze delle Camere il 16 febbraio 2006

    ai sensi dellarticolo 1, comma 2, della legge 31 ottobre 2001, n. 399

    STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO

    CAMERA DEI DEPUTATI SENATO DELLA REPUBBLICA

    XIV LEGISLATURA

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    PAGINA BIANCA

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    I N D I C E

    PARTE PRIMA

    Quadro dinsieme delle principali tematicheoggetto di indagine; prospettive e proposte

    Premessa ..................................................................................... Pag. 7

    1. Il ciclo integrato dei rifiuti: il quadro, le tecnologie, leprospettive ............................................................................. 8

    1.1. Il ciclo integrato dei rifiuti: panoramica regionale . 13

    2. Listituto del commissariamento straordinario in materiadi rifiuti: attualita e sviluppi ............................................. 19

    3. Ladattamento dellordinamento italiano al diritto comu-nitario .................................................................................... 22

    3.1. Il ruolo delle regioni nellattuazione degli atti nor-mativi comunitari non direttamente applicabili; la

    competenza regionale in tema di rifiuti .................. 22

    3.2. Le novita in tema di attuazione del diritto comuni-tario introdotte dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11,recante Norme generali sulla partecipazione del-lItalia al processo normativo dellUnione Europea esulle procedure di esecuzione degli obblighi comu-nitari ............................................................................ 25

    3.3. Ladattamento dellordinamento italiano al dirittocomunitario in materia di rifiuti .............................. 26

    3.3.1. Lattuazione di alcune direttive-cardine inmateria di rifiuti ............................................... 26

    3.3.2. In particolare: la questione della nozionegiuridica del termine rifiuto ....................... 29

    3.3.3. I procedimenti di infrazione in corso controlItalia avviati nel 2005 per violazione dellanormativa europea sui rifiuti .......................... 32

    3.3.4. Le priorita. ......................................................... 34

    4. La bonifica dei siti inquinati ............................................. 35

    4.1. I piani regionali di bonifica dei siti contaminati ... 36

    4.2. Il piano nazionale di bonifica ................................... 38

    4.3. Esame ed approvazione degli elaborati progettuali . 40

    4.4. Le prospettive ............................................................... 41

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    5. I consorzi: bilanci e prospettive ........................................ Pag. 44

    5.1. La gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imbal-laggi: il sistema CONAI ............................................... 47

    5.2. Il contributo di riciclaggio dei rifiuti di beni inpolietilene previsto dal consorzio POLIECO ............ 49

    6. Il delitto ambientale: possibili percorsi futuri per unaeffettiva tutela penale dellambiente ................................. 53

    7. Il sapere ambientale: laccesso alle informazioni, la rac-colta e la circolarita dei dati ............................................ 55

    8. La criminalita ambientale transnazionale ........................ 59

    PARTE SECONDA

    Approfondimenti

    1. I rifiuti speciali: da Priolo a Porto Marghera ................ 62

    1.1. Lindagine svolta dalla Commissione sul flusso deirifiuti speciali in uscita dal sito industriale di PortoMarghera ....................................................................... 62

    1.2. I risultati dellindagine ................................................ 65

    1.3. Prospettive e percorsi di riforma .............................. 67

    2. I rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche .. 69

    3. I rifiuti radioattivi; in particolare i preparati radiferiutilizzati in ambito sanitario ............................................. 77

    3.1. Prospettive operative e di riforma normativa ......... 79

    4. I veicoli fuori uso ................................................................ 80

    5. La criminalita ambientale modus operandi, strategie in- vestigative, prospettive di contrasto e prevenzione ......... 81

    6. Le nuove tecnologie a supporto dellattivita di investiga-zione in materia ambientale: gli strumenti geofisici perlindividuazione di rifiuti sepolti e per lo studio dellin-quinamento sotterraneo ...................................................... 93

    7. La vicenda Somalia ......................................................... 96

    8. Le navi a perdere e la vicenda dello spiaggiamentodella Rosso ....................................................................... 102

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    RELAZIONE FINALE

    PARTE PRIMA

    Quadro dinsieme delle principali tematiche oggetto di indagine;prospettive e proposte.

    Premessa.

    La legge n. 339 del 31 ottobre 2001, istitutiva della Commissioneparlamentare dinchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attivita illecite adesso connesse, prevede, allarticolo 1 comma 2, che la Commissioneriferisca al fine dei suoi lavori, al parlamento, sullattivita svolta. Unprimo resoconto dei lavori effettuati durante i primi due anni diattivita della Commissione e gia stato fatto con la trasmissione allecamere, il 28 luglio 2004, del documento XXIII n. 9 Relazione allecamere sullattivita svolta . La Commissione ha continuato i suoilavori effettuando missioni conoscitive nelle regioni italiane, appro-fondendo temi specifici riguardanti aspetti rilevanti del ciclo dei rifiutied organizzando momenti di confronto pubblico al fine di favorire lacomunicazione tra diverse competenze, esperienze e prospettive. A talfine si e avvalsa, ai sensi dellarticolo 6 della legge istitutiva, delsupporto e delle competenze tecniche di consulenti e collaboratori chehanno fornito un contributo essenziale allattivita dindagine dellaCommissione.

    Nello svolgimento della propria attivita istituzionale la Commis-sione ha effettuato 31 missioni, di cui tre allestero, durante le qualisono state sentite oltre 1000 persone e sono stati svolti sopralluoghipresso siti dinteresse. Si sono tenute 178 sedute plenarie dellaCommissione nel corso delle quali si e proceduto allaudizione di oltre460 persone. Sono stati organizzati cinque convegni: il 22 ottobre 2002

    a Roma un convegno sul tema Indagine conoscitiva sulle discaricheabusive , in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato; il 1oaprile 2004 a Salerno un convegno sul tema della qualificazionegiuridica del termine rifiuto , in collaborazione con lUniversitadegli Studi di Salerno; il 16 luglio 2004 a Venezia un convegno sullebonifiche dei siti inquinati, in collaborazione con lUniversita CaFoscari di Venezia; il 16 novembre 2004 a Roma un convegnointernazionale sulle prospettive nella lotta al traffico illecito di rifiutiin Europa e in Italia ed infine il 1o e 2 dicembre 2005 a Napoli unconvegno sullemergenza rifiuti in Campania.

    Alla conclusione dei suoi lavori la Commissione ha approvato novedocumenti: nella seduta del 18 dicembre 2002 il documento sui

    commissariamenti per lemergenza rifiuti; nella seduta del 16 aprile2003 il documento sullattuazione della direttiva 2000/53/CE delParlamento europeo e del Consiglio, relativa ai veicoli fuori uso; nella

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    seduta del 4 novembre 2003 la Relazione territoriale sulla Calabria;

    nella seduta del 18 dicembre 2003 il secondo documento sui com-missariamenti per lemergenza rifiuti; nella seduta del 1o luglio 2004,il documento sulla nozione giuridica del termine rifiuto ; nellaseduta del 28 luglio 2004 la relazione alle camere sullattivita svolta;nella seduta del 21 dicembre 2004 il documento sullintroduzione nelsistema penale dei delitti contro lambiente e contro il fenomenocriminale dell ecomafia ; nella seduta dell8 marzo 2005, la Rela-zione territoriale sul Friuli-Venezia Giulia; nella seduta del 21dicembre 2005 la relazione territoriale sulla Sicilia e nella seduta del26 gennaio 2006 la relazione territoriale sulla Campania. Tali docu-menti, approvati dalla Commissione, sono stati trasmessi ai Presidentidelle Camere, ai sensi dellarticolo 1, comma 2, della legge istitutiva.

    La documentazione acquisita o pervenuta alla Commissione estata organizzata e classificata nel suo Archivio mediante un banca didati contenente oltre 2500 schede. NellArchivio sono custodite oltre160000 pagine che alla conclusione del lavoro di digitalizzazione, giadeliberato dalla Commissione, saranno disponibili, ai fini della ricercae della consultazione, su supporto ottico.

    Nellesercizio delle funzioni dindagine tipiche delle commissionidinchiesta la Commissione ha continuato nella ricerca di stabilire unrapporto collaborativi con i suoi interlocutori.

    Nel corso dei suoi lavori la Commissione ha, tra laltro, cercatodi far luce sullintero ciclo dei rifiuti, sulle organizzazione che logestiscono e eventuali rapporti con la criminalita organizzata, ha

    accertato la legittimita e la congruita dei comportamenti dellapubblica amministrazione, ha individuato le connessioni tra le attivitaillecite nel settore dei rifiuti ed altre attivita economiche ed hastudiato le innovazione tecnologiche atte a migliorare la gestioneintegrata del ciclo dei rifiuti.

    La presente relazione tuttavia non si prefigge lo scopo dipresentare un semplice resoconto compilativo dellattivita svolta,quanto piuttosto quello di individuare i punti critici degli argomentitrattati al fine di proporre soluzioni operative, normative e/o ammi-nistrative rispetto alle specifiche criticita riscontrate.

    1. Il ciclo integrato dei rifiuti: il quadro, le tecnologie, le prospettive.

    Promozione della prevenzione e della minimizzazione dei rifiuti;rafforzamento della capacita delle istituzioni nella gestione degli stessi;massimizzazione del recupero e del riciclaggio; riduzione delle quan-tita da avviare a smaltimento.

    Sono questi gli obiettivi fondamentali del ciclo integrato digestione dei rifiuti cui dovrebbe tendere linteresse di tutti gli attoricoinvolti a partire dal mondo politico e istituzionale chiamato adassumere decisioni che agevolino tale percorso, fino ad arrivare aglioperatori del settore e a tutti i cittadini affinche si sviluppi un

    impegno comune e costante finalizzato a ridurre limpatto che laproduzione dei rifiuti o una loro cattiva gestione puo provocaresullambiente e sulla salute.

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    La Commissione dinchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attivita

    illecite ad esso connesse, in tutte le attivita che ha svolto nel corsodella XIV legislatura, siano state a carattere conoscitivo e dindagine,siano state rivolte a promuovere iniziative parlamentari, ha sempretenuto in grande considerazione tali principi ed obiettivi.

    Sotto il profilo normativo linteresse della Commissione si e rivoltosoprattutto verso quelle questioni che in piu di una occasione sonostate oggetto di attenzione anche da parte della Commissione delleComunita Europee. Sebbene le leggi e le regole oggi vigenti rappre-sentino un punto di non ritorno rispetto ad un passato in cui laconfusione, spesso la contraddizione tra legge e legge regnava sovrana,appaiono necessari ulteriori passi in avanti in direzione di un sistemache rappresenti le esigenze di crescita e di sviluppo sostenibile del

    Paese cercando di divenire un punto di riferimento unitario, costituirecertezza del diritto e rappresentare la misura dellinnovazione peramministratori, cittadini e operatori del settore.

    In tale prospettiva dunque, una corretta impostazione di qua-lunque sistema di gestione dei rifiuti non puo che basarsi sui trepilastri fondamentali che pure le norme vigenti prevedono:

    1. riduzione del volume, della quantita e della pericolosita deirifiuti;

    2. recupero di materia, riuso e riciclaggio;

    3. smaltimento attraverso sistemi mirati, in primo luogo, al

    recupero di materia, energia e calore e, solo residualmente, allab-bandono in sicurezza.

    Appare chiaro che un sistema cos composto necessita anche di unmodo nuovo di pensare le politiche industriali, quelle economiche equelle fiscali nel nostro Paese.

    Gli interventi sul sistema produttivo dovranno prevedere, innan-zitutto, azioni incentivanti finalizzate ad una generale riconversionedei modi di produzione.

    Un vero e proprio processo di sviluppo economico-industriale subase ecologica, finalizzato:

    allo sviluppo di tecnologie pulite che consentano un maggiorrisparmio di risorse naturali;

    alla promozione e allimplementazione di strumenti economici,eco-bilanci, sistemi di ecoaudit, di marchio ecologico dei prodotti(ecolabel);

    allincentivazione dellimmissione sul mercato di prodotti che,per le loro caratteristiche di durata e fabbricazione, limitino il piupossibile il volume, la quantita e la pericolosita della parte residuadopo luso;

    al sostegno a quelle imprese che si distinguono per la lorocapacita, competenze e impegno in materia di prevenzione dellaproduzione di rifiuti.

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    Un nuovo modo di promuovere lo sviluppo, dunque, che indirizzi

    il mondo delle imprese verso sistemi produttivi nuovi, tecnologica-mente avanzati, piu rispettosi dellambiente ed in grado di sfruttare

    il fattore ecologico di competitivita del mercato.Insomma, le imprese che aiutano lambiente devono essere aiutate

    prevedendo, ad esempio, linserimento di un parametro, legato alle performance ambientali , fra gli indicatori di qualita di una impresache voglia accedere a bandi pubblici o a sostegni economici finalizzatial rilancio dello sviluppo e dei consumi.

    Si crea, in tal modo, una discriminante importante a vantaggio di

    quelle imprese che utilizzano sistemi di gestione e di produzioneambientalmente sostenibili o di quelle che hanno intenzione di farlo.

    La normativa ambientale, dunque, deve lasciare spazio a nuove

    prospettive di sviluppo indirizzando le imprese verso modelli eco-sostenibili.

    Anche in materia di politica fiscale devono entrare in gioco altre novita: prevedere, ad esempio, oltre ai gia utilizzati eco-incentiviper la rottamazione, dei bonus fiscali , sotto forma di crediti diimposta, a favore di imprese che rispondono a specifiche condizioni,tra cui il rispetto dei parametri delle prestazioni ambientali (emissioninellaria, nellacqua e nel suolo; norme di sicurezza, ecc.)

    E ancora, linserimento nel quadro ordinamentale di elementi di fiscalita ambientale sulla base del principio (che impernia lafilosofia del decreto sui rifiuti) chi inquina paga .

    Non si tratta di caratterizzare questo principio in manierapunitiva, ma quale forma di reinvestimento di parte del redditodimpresa derivato dallutilizzo di un bene comune: lambiente.Non si tratta nemmeno, ovviamente, di aumentare il carico impositivodelle imprese ma di spostare e meglio utilizzare quanto queste gia

    versano nelle casse dello Stato.Un prelievo sui consumi di materia-energia, in maniera differen-

    ziata e secondo parametri di contabilita ambientale , accompagnatoda una riduzione degli oneri sociali, diverrebbe un serio incentivo allaprevenzione e alla riduzione dei rifiuti alla fonte e alla creazione dinuove possibilita occupazionali.

    Linserimento di tali meccanismi ed un efficace sistema di

    controlli sul rispetto delle regole rappresentano, tra laltro, una formadi garanzia per tutte quelle imprese che sfruttano il fattoreecologico come forma di concorrenza leale.

    Laltro processo del ciclo, finalizzato a favorire la riduzione dellosmaltimento finale dei rifiuti, e quello legato alle attivita di recupero,riutilizzo e riciclaggio.

    E necessario porre unattenzione particolare a questo processo,indicando gli obiettivi di raccolta differenziata (cos come gia oggiprevede la normativa vigente) e, in particolare gli obiettivi di effettivorecupero di materiale. Molto spesso infatti puntare solamente allaseparazione dei rifiuti, conduce inevitabilmente a ritenere la raccoltadifferenziata una modalita di gestione del rifiuto, invece che il primo

    anello della catena delleffettivo recupero. La conseguenza, che si epotuta constatare anche in questi ultimi anni di vigenza del decretolegislativo 22/97, e stata che anche molti amministratori hanno

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    interpretato il raggiungimento di elevatissimi valori di raccolta dif-

    ferenziata come atto conclusivo (e non iniziale) di una correttagestione dei rifiuti, mentre non e un mistero che flussi consistenti di

    materiali raccolti per via differenziata vengono conferiti ai termova-lorizzatori insieme al rifiuto indifferenziato (ad es. la plastica) o,peggio ancora, finiscono in discarica.

    Sono ormai noti gli effetti economici ed occupazionali che unacorretta gestione dei rifiuti puo produrre nella societa: lo sviluppo deisistemi di recupero e di riciclaggio sposta il ciclo di gestione dei rifiuti

    verso attivita caratterizzate -sia in fase di raccolta che in fase di

    trattamento- da unalta intensita di lavoro; sia sul piano ambientaleche su quello economico-occupazionale possono dunque scaturirebenefici di notevole portata con riduzione di costi di investimento e

    aumento delloccupazione sia diretta sia nellindotto.Queste analisi, tra laltro, indicano la correttezza del cammino

    intrapreso; perderebbe una parte importante del suo valore, infatti, iltentativo per il risanamento economico del Paese se non si tenesse ingiusta considerazione una delle componenti piu importanti del debitopubblico: quella che, seppur difficilmente quantificabile in terministrettamente monetari, riveste un peso notevole nel complesso delquadro economico nazionale. Quella parte del debito, cioe, di cui ecreditrice la natura e i cui costi ricadono sullintera collettivita; bastipensare alla ricaduta in termini di danno ambientale (e quindi di costida sostenere per risanare) di tutte quelle attivita che, se non legatea modelli di sviluppo eco-compatibili, si riversano in maniera disa-strosa (e molto spesso luttuosa) sullambiente.

    Occorre non sottovalutare alcuno degli obiettivi indicati tenendopresente tuttavia, che non serve usare scorciatoie rischiando di saltarepassaggi fondamentali e, tra questi, in particolare, la ricerca delconsenso e il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini (e in primoluogo quello alla salute) ai quali, la legge per prima, deve continuarea chiedere la partecipazione attiva allinterno del sistema.

    Le istituzioni, a tutti i livelli, sono chiamate a svolgere unafunzione politica e amministrativa attiva e responsabile, per cui erichiesta una avanzata capacita di progettazione e di governo al finedi stimolare, di concordare, di sostenere le azioni positive dellim-

    prenditoria (produzione, commercio, smaltimento), di dare una pun-tuale e chiara informazione alle popolazioni, di definire qualita, costoe controllo del sistema.

    Da ultimo e comunque nella misura piu residuale possibile, la faseterminale di questo sistema deve prevedere lutilizzazione di diversisistemi di smaltimento, privilegiando tuttavia quelli finalizzati alrecupero di materia, energia e calore e limitando labbandono indiscarica ai soli rifiuti inerti o resi tali da processi di lavorazione.

    Ancora oggi, purtroppo, linterramento in discarica dei rifiutirimane il sistema piu diffuso per il basso costo di impianto e diesercizio in raffronto agli altri sistemi. La discarica non consenteleliminazione del rifiuto ma, semplicemente, il suo confinamento e

    concentrazione in determinate aree da tenere sotto controllo.Se la sicurezza di questo sistema puo essere piu o meno certa nel

    caso di rifiuti organici biodegradabili (in ordine ai quali rimane aperta

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    una questione di merito tecnico) e, invece, sicuramente dubbia nel

    caso di rifiuti ad alta persistenza: in questo caso e difficile garantireil controllo, la stabilita e la tenuta delle barriere per i tempi lunghi

    richiesti.Laltro sistema di smaltimento, che sebbene in crescita rimane

    residuale rispetto alla discarica, e rappresentato dallincenerimentodei rifiuti. Tale processo puo avvenire sia per termodistruzione deiR.S.U. tal quali, sia in impianti a recupero e dopo opportuniprocedimenti di raccolta e/o selezione dei rifiuti. Da entrambi puoessere ricavata energia ma unattenzione a parte meritano senzaltro

    i sistemi che prevedono, in co-combustione, luso degli impianti arecupero sviluppati negli ultimi anni e che utilizzano frazioni mer-ceologiche dei rifiuti preselezionate: compost e C.D.R. (Combustibile

    Derivato da Rifiuti).Anche queste metodologie di smaltimento hanno i loro aspetti

    positivi e negativi e, in particolare, per quanto riguarda i secondi(legati essenzialmente allimpatto ambientale che gli impianti di

    termovalorizzazione possono avere), la discussione nel mondo scien-tifico e ancora aperta.

    E anche per questo che e necessario il rilancio delle attivita diricerca e lo sviluppo di nuove e avanzate tecnologie che garantiscanoprima di tutto la salute dei cittadini e la tutela dellambiente.

    Lintero modello integrato di gestione, se attuato in modo coe-rente, sara in grado di raggiungere questi risultati. Cercare di

    realizzarlo scegliendo strategie operative che mirino allintegrazionetra i vari strumenti tecnologici e tra i diversi metodi di recupero deveessere la strada maestra.

    A tale scopo deve essere garantita la piu ampia informazione ela partecipazione dei cittadini a tutte le scelte di indirizzo (tecnologiaimpiegabile, localizzazione degli impianti, ecc.).

    Solo attraverso questi strumenti, daltro canto, e possibile creare

    consenso intorno alle politiche ambientali superando dubbi, sfiduciae, soprattutto, contrarieta a tutto quello che non finisce nel giardinodegli altri .

    Bisogna, in definitiva, aprire il ciclo dei rifiuti, farlo comunicarecon la realta, renderlo davvero integrato, ma non solo rispetto a se

    stesso, calarlo nel complessivo contesto sociale ed economico; inter-rogandosi su quali risultati la gestione complessiva del sistema puoprodurre tali da essere ecologicamente sostenibili e in linea con lepeculiarita del tessuto economico e produttivo.

    La presenza di una forte domanda di materiali plastici da partedelle imprese potrebbe indurre, ad esempio, a modulare la differen-ziazione in ragione, appunto, delle esigenze di mercato. Si tratta, inbuona sostanza, di non concepire la raccolta differenziata in maniera

    avulsa dallintero sistema produttivo, ma di rovesciare la prospettiva,deducendo da questultimo le priorita da assegnare alla prima.

    Lobbligo, recentemente introdotto per le pubbliche amministra-

    zioni, di acquistare il 30% dei propri beni attingendo dal recuperoambientale, impone di tener conto di tale significativo ulteriore sboccofinale, conformando opportunamente le operazioni di riciclo.

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    Il carattere variegato delle province italiane, quanto a caratte-

    rizzazione antropica e a morfologia produttiva, potrebbe, poi, consi-gliare di diversificare le scelte gestionali, quanto alle tecniche daimpiegare ed alla dimensione dellimpiantistica, rendendo cos ilsistema partecipato dal basso, modulare ed elastico.

    Sarebbe sbagliato concentrare tutti gli sforzi verso scelte mirateal raggiungimento di uno o di alcuni soltanto degli obiettivi delsistema; questo puo funzionare solamente se tutti i processi che locompongono vengono utilizzati sulla base delle convenienze collettiveche saranno individuate di volta in volta e territorio per territorio conunattenzione particolare alle esigenze di sostenibilita ambientale egaranzia di sicurezza della salute e della qualita della vita deicittadini. Ma soprattutto, il sistema e destinato a riuscire solo se ci

    sara lapporto di tutti gli attori interessati: istituzioni, mondo produt-tivo e societa civile.

    1.1. Il ciclo integrato dei rifiuti: panoramica regionale.

    Anche al termine dellattuale legislatura, la prioritaria ed alcontempo amara considerazione e che non si e, oggi, nella possibilitadi affermare di avere superato le gravi situazioni di criticita presentiin molte delle nostre regioni, criticita che per alcune regionimeridionali assumono caratteristiche di estrema gravita e di verae propria emergenza.

    Il dato sicuramente piu preoccupante, e dal quale occorre partireal fine di fornire utili e concrete indicazioni per le future strategie diintervento, emerge analizzando la situazione nella quale versano leRegioni meridionali (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia) tuttorasottoposte a commissariamento.

    Ed invero, la delega di poteri straordinari per qualita, natura edurata, unitamente alla specificita dei poteri normativi attribuiti aglistessi Commissari straordinari nelle predette Regioni (istituto sulquale in seguito verranno svolte considerazioni di prospettiva), se daun lato hanno indotto lautorita amministrativa a limitare leserciziogenerale delle funzioni amministrative relative alla gestione dei

    rifiuti , dallaltro hanno rafforzato la grave circostanza che in taluneRegioni in tema di gestione del ciclo dei rifiuti cio che dovevaessere emergenziale, circoscritto e straordinario (anche in ordinealla durata temporale), e diventato pressoche stabile ed ordinario ,il tutto con notevole ripercussione anche sulle tensioni economico-sociali da esso scaturenti.

    Laspetto fondamentale e grave che questa Commissione harilevato nel compimento dei lavori tutti, dalle numerosissime audizionisvolte, nonche dalle missioni effettuate, anche al di la dei confininazionali, e sicuramente costituito dal fatto che le maggiori e piupreoccupanti criticita riguardano proprio quelle Regioni allinternodelle quali la criminalita organizzata e piu presente e radicata.

    La considerazione appena svolta induce a pensare, ancora una volta, che la frattura economica e sociale esistente tra le regionicentro-settentrionali e quelle meridionali viene in risalto piu che mai

    Camera dei Deputati 13 Senato della Repubblica

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    nella delicata problematica dei rifiuti, generando lamara situazione

    che nelle regioni del centro nord la questione della gestione dei rifiutiappare per facta concludentia assai meno delicata e critica rispettoalla realta meridionale.

    Basti pensare, da un lato, a regioni come il Friuli Venezia-Giuliala quale, eccezion fatta per poche e specifiche emergenze ambientalilegate ad alcune singole realta industriali operative e/o dimesse, nonpresenta situazioni di particolare criticita, grazie anche alla sensibileattenzione dellautorita giudiziaria nellattivita di monitoraggio delterritorio; sicche lattenzione e da rivolgere soprattutto nei confronti

    di fenomeni imprenditoriali deviati.O, ancora, a regioni come la Lombardia e la Liguria le quali,

    seppure presentando diverse peculiarita (anche, ad esempio, in ordine

    alla percentuale di raccolta differenziata che si attesta intorno al 35%in Lombardia ed intorno al 15% in Liguria), non presentano parti-colari o gravi criticita, per avere compiuto passi significativi nellade-guamento alla normativa nazionale e comunitaria, nellavvio delleattivita di bonifica, nello studio e nella ricerca attenta di soluzioniconcretamente adottabili in ordine alla risoluzione delle problemati-che presenti; attivita che vanno comunque tutte di pari passo con unoscrupoloso monitoraggio da parte degli organi deputati al controllo delterritorio e da parte dellautorita giudiziaria e delle forze di polizia,attente allindividuazione di possibili anomalie in ordine alla gestionedel ciclo dei rifiuti.

    Particolare attenzione la Commissione ha, poi, rivolto al Piemonteed alla Basilicata, sia per la presenza in entrambe le regioni diimpianti di stoccaggio di materiali radioattivi, sia per il fatto che sitratta di territori caratterizzati da unancora incompleta attuazionedei piani in materia di ciclo integrato dei rifiuti.

    Per quanto concerne la Basilicata, regione dalla non notevoleestensione territoriale e dalla non elevata intensita demografica, varilevato che, sebbene non versi in stato emergenziale , merita unaparticolare attenzione sia perche ubicata a ridosso di due importantie critiche realta regionali come quella campana e quella pugliese, siaperche al centro di una delicata vicenda attinente la gestione e losmaltimento dei rifiuti pericolosi e radioattivi.

    Lanalisi delle peculiarita presenti sul territorio della predettaregione, non puo prescindere dallanalisi prioritaria del fenomenodello smaltimento dei rifiuti radioattivi, analisi che ha preso decisivoimpulso a seguito delle dichiarazioni rese da un collaboratore digiustizia, precedentemente inserito allinterno di una locale organiz-zazione criminale di stampo mafioso.

    Il timore purtroppo fondato che la terra lucana sia stata unarealta oggetto, nel corso degli ultimi anni, di unattivita di sversamentodi rifiuti cd. pericolosi, ed in particolar modo, di rifiuti radioattivi,costituisce fonte di elevata preoccupazione, soprattutto se si parte daldato che ci si trova di fronte ad una situazione che, eccezion fatta perlappena richiamato aspetto, non presenta come detto elementi di

    particolare criticita.Ferma restando la necessita di approfondimento in ordine a tutto

    quanto in tema di sversamento di rifiuti radioattivi, necessita ancora

    Camera dei Deputati 14 Senato della Repubblica

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    piu sentita se si considera la circostanza di estrema gravita di

    una specifica e piu elevata incidenza di fenomeni tumorali su soggettiresidenti nelle zone che ci occupano, gli stimoli e gli impulsi per il

    raggiungimento di piu lusinghieri risultati in ordine a tutto quantoinerente il ciclo dei rifiuti deve necessariamente partire anche inquesto caso da una ancora piu incisiva attivita di monitoraggio erepressione delle attivita criminali ed illecite connesse ad esso ciclo.

    Il costante e capillare controllo del territorio, anche a mezzodellutilizzo di specifiche e sofisticate tecniche di controllo (quali adesempio la videosorveglianza delle vie di accesso alla Regione),

    unitamente ad un maggiore ricorso alla raccolta differenziata, atte-stata su percentuali che possiamo definire basse se non mortificanti,sono gli elementi dai quali muovere per addivenire ad un controllo

    piu o meno organico di tutto cio che e inerente il ciclo, la raccoltae da ultimo lo smaltimento dei rifiuti tutti.

    Proprio su quanto appena argomentato e singolare il fatto che, inalcune zone nelle quali sono stati effettuati concreti progetti mirati

    alla diffusione della cultura della raccolta differenziata, si e raggiuntila lusinghiera percentuale del 35%.

    Elemento questultimo che impone una necessaria (ed al con-tempo amara) riflessione: dovrebbero essere sicuramente piu incisivele politiche di educazione ambientale delle quali si parlera anchepiu avanti al fine di far attecchire in modo maggiore la cultura dellaraccolta differenziata in una popolazione, come quella meridionale,

    altamente recettiva ma non sempre compulsata nel modo piu oppor-tuno.Lassunzione e la contestuale maggiore qualificazione professio-

    nale del personale addetto ai controlli in seno allagenzia regionale diprotezione ambientale contribuisce, nel caso di specie, a definire unquadro generale non sicuramente di eccellenza.

    Venendo poi allesame della Regione Piemonte, lanalisi dellaquestione del ciclo dei rifiuti passa necessariamente per due aspettifondamentali: il primo legato allintensita demografica ed un altro,ancor piu rilevante, legato alle attivita produttive che attualmentesi svolgono o che, soprattutto, sono in fase di deindustrializ-zazione.

    Quello della dismissione di impianti industriali, particolarmneteconnesso alla fase di acuta crisi economica che investe il territorionazionale tutto ed in particolare quello piemontese, e comunqueaspetto da tenere sotto costante monitoraggio, anche per il particolaretipo di rifiuti da esso scaturente.

    Da unanalisi generale emerge comunque un quadro di comples-siva normalita.

    Sicuramente auspicabile e la chiusura di quelle discariche a cielo

    aperto (e per cio non di peculiarita esclusiva delle regioni meridionali)ancora presenti ed operanti.

    Senzaltro importante appare, in questottica, la costruzione che

    dovrebbe terminare entro il primo semestre dellanno 2010 di untermovalorizzatore che dovrebbe servire una significativa fetta dellapopolazione.

    Camera dei Deputati 15 Senato della Repubblica

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    Ma, messo da parte questo aspetto, livelli quantomeno di concreta

    efficienza sono presenti sia per cio che concerne gli aspetti autoriz-zativi sia per cio che concerni quelli delle verifiche e dei controlli.

    Gia presente ed intensa appare comunque lattivita posta inessere dalla forze dellordine tutte di monitoraggio del territorio edi verifica e repressione degli illeciti compiuti frutto, come gia detto,di comportamenti slegati da piu ampi ed organizzati fenomenicriminali.

    Sempre alta e anche lattenzione delle associazioni ambientalistepresenti sul territorio, attivita che deve comunque mantenersi peren-

    nemente desta alla luce del sempre piu intenso fenomeno di dein-dustrializzazione di cui sopra.

    Situazione per taluni aspetti contraddittoria deve essere registrata

    per la Regione Toscana; ed invero, a fronte dei buoni risultati dellaraccolta differenziata e dellefficienza del sistema impiantistico, vannoconsiderate le difficolta relative sia al trattamento e al recupero deirifiuti speciali pericolosi che allindividuazione dei siti per limpian-tistica in un territorio di alto pregio, per lagricoltura di eccellentequalita e le rinomate attivita produttive, nonche la situazione diallarme quanto allinsediamento ed alloperativita, sul territorio re-gionale, di numerose societa di intermediazione nel settore dei rifiuti,

    vero motore dei traffici illeciti lungo lintera penisola (come piu avantisi illustrera dettagliatamente).

    Rimanendo nellambito dellintreccio rifiuti-criminalita, e muo- vendo dal fatto che il rapporto tra il ciclo dei rifiuti e le attivitaillecite e, nella maggior parte dei casi, molto profondo se nonaddirittura intimamente intrecciato ed indissolubile, va rilevato cometuttora le regioni che presentano un elevato tasso di criminalita sianoanche quelle in cui la cultura della protezione e del rispetto delletematiche ambientali e particolarmente bassa, sicche le criticita intema di gestione dei rifiuti sono particolarmente elevate ed i problemiad esse inerenti di complessa risoluzione.

    Sul punto, basti pensare che in regioni quali la Sicilia, Campaniae Puglia, la percentuale di raccolta differenziata si attesta su valoriminimi, mentre, di contro, elevatissima e lattenzione degli ambienticriminali locali in ordine allo smaltimento ed al trattamento dei rifiuti

    nonche alla movimentazione ed alle opere di bonifica.Ne puo dirsi tranquilizzante la situazione della Sardegna, e non

    solo per gli insufficienti risultati nella raccolta differenziata.In particolare, deve registrarsi come solo di recente si sia

    proceduto alla costituzione dellA.R.P.A., peraltro con dotazionepersonale e strumentale ancora inadeguata, soprattutto se si consideralinsediamento sul territorio di attivita industriali pericolose perlambiente e la salute delle popolazioni residenti.

    Capitolo a parte viene costituito dalla problematiche e dalle gravicriticita presenti e diffuse nella Regione Calabria (che riveste un ruolofondamentale anche in ordine alle problematiche di criminalitaambientale transnazionale) e, soprattutto, nella Regione Campania che

    ha formato oggetto di una approfondita analisi della Commissione.Criticita talmente gravi da far affermare con sconfortante

    serenita che, spesso, senza unazione incisiva ed efficiente dellAu-

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    torita Giudiziaria e degli organi di polizia giudiziaria, la risoluzione

    delle problematiche connesse alla gestione del ciclo dei rifiuti diventa,per queste regioni, sempre piu difficile.

    Per cio che concerne la Regione Campania, deve necessariamenteprendersi atto del preoccupante e costante stato di gravita in ordinealla gestione tutta del ciclo dei rifiuti, partendo dal profilo program-matorio, passando per quello gestionale e sanitario, per poi arrivarea quello criminale.

    Laspetto sicuramente piu preoccupante e costituito dal fatto che,nonostante lattribuzione di poteri straordinari ed in delega attri-

    buito ai Commissari ed ai Vice- Commissari che si sono succeduti neltempo, ancora lontano appare il raggiungimento di risultati non dieccellenza quanto di apprezzabile sufficienza.

    La non diffusa cultura della raccolta differenziata, e, soprattutto,lelevato interesse delle ecomafie in ordine a tutto cio che attiene alciclo dei rifiuti, rendono la situazione regionale campana altamentecritica e, come appena detto, ancora lontana dagli standards diefficienza e qualita auspicati con lavvio del Commissariato Straor-dinario.

    Soffermandoci sullaspetto della pervasivita criminale, risultaticoncreti ha portato lintensificarsi dei controlli della Prefettura diNapoli in tema di rilascio della certificazione antimafia; ampiamentesignificativo e, poi, il dato relativo allo scioglimento dei comuni perinfiltrazioni camorristiche, nella misura in cui -nella maggior partedei casi- si tratta di inquinamento che ha riguardato soprattutto ilsettore dei rifiuti.

    La Commissione ha potuto constatare, proprio con riferimentoalla Prefettura del capoluogo campano, come unattenta ricognizionedelle situazioni, unitamente allimpiego di strumenti di analisi fondatisulla raccolta di dati provenienti da fonti istituzionali diverse,consenta di conseguire apprezzabili risultati sul terreno della imper-meabilizzazione ai condizionamenti provenienti dal circuito criminaledi stampo mafioso.

    Del pari, vanno salutati con grande apprezzamento ladozione del protocollo di legalita in materia di appalti, in uno allintensificarsidei controllo dellAutorita Giudiziaria e delle forze di polizia tutte;

    iniziative che hanno comunque contribuito a limitare lingerenza dellacriminalita mafiosa in una regione come quella campana nellaquale i sodalizi criminali esercitano tuttora una diffusa egemoniaterritoriale; unegemonia tanto preoccupante da indurre questa Com-missione, in precedenti relazioni, a prospettare lopportunita dipredisporre unoperazione, modulata strutturalmente secondo la giasperimentata Operazione Primavera , che veda limpegno delle forzedi polizia, coordinate dallautorita prefettizia ed eventualmente sup-portate dallausilio di presidi di forze armate, ove cio fosse in qualchemodo imposto dalla necessita di garantire efficacia allazione.

    Sul versante delle negativita, va, ancora, segnalato il dato relativoalla raccolta differenziata, dato che assume rilevanza fondamentale se

    si considera che la Regione, commissariata da dodici anni, e benlontana dal raggiungimento di quegli obbiettivi che consentirebbero diridurre fortemente le problematiche e le criticita presenti.

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    Altra regione che stenta ad uscire dallemergenza e, soprattutto,

    a recuperare una normalita amministrativa e gestionale e quellacalabrese.

    Se, per un verso, come illustrato nella specifica relazione terri-toriale, i poteri delegati al Commissario Straordinario hanno consen-tito di programmare tutti gli impianti tecnologici con il sistema del project financing, per altro, landamento delle gare di appalto inerentilo smaltimento dei rifiuti, con particolare riferimento alla realizza-zione dei depuratori, appare caratterizzato da preoccupanti anomalie,oggetto di recenti quanto eclatanti indagini della Procura della

    Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, a seguito delle qualisembra di poter affermare come il commissariamento non si siadimostrato in grado di impedire il pernicioso connubio tra malavita

    e mala-amministrazione.Non solo.Deve essere rilevato, inoltre, come i poteri derogatori attribuiti al

    Commissariato per fronteggiare e risolvere la situazione di emergenzasiano stati utilizzati, secondo quanto emerso a seguito delle audizionidei magistrati inquirenti, per lassegnazione diretta, senza proceduredi evidenza pubblica, di opere e servizi a societa miste nella cuicompagine societaria si registra la presenza di soggetti che hannoricoperto e tuttora ricoprono incarichi nellambito della strutturadellente regionale e del commissariato; cos determinando unallar-mante confusione di ruoli fra controllati e controllori.

    La realta che ne deriva, messa peraltro in risalto dalla localesezione della Corte dei Conti, e quella di opere mal realizzate e peggioancora gestite, di finanziamenti deviati dalle finalita pubblicistiche, diun ambiente -soprattutto quello marino- pericolosamente privato diadeguati strumenti di protezione.

    Il panorama delle situazioni regionali induce a ritenere che nonostante le enormi differenze e le peculiarita presenti in ognisingola regione gli strumenti per ottimizzare e rendere efficiente ilciclo della gestione dei rifiuti, contrastando al contempo in modoincisivo le attivita illecite ad esso connesse, abbiano una serie dimassimi comuni divisori.

    Per addivenire ad un quadro di eccellenze pressoche unitario,

    appare opportuno intensificare in primo luogo le azioni di controlloe repressione svolte dagli organismi di polizia giudiziaria, secondotalune direttrici, normative ed operative, che piu avanti verrannodettagliatamente esposte.

    Di pari passo, va promossa unintensa attivita di addestramentoe qualificazione del personale degli enti pubblici preposto alle attivitadi ispezione e di controllo.

    Altrettanto auspicabile e lincremento, anche sotto forma didiffusione ed assegnazione di convenienti bonus familiari, dellaraccolta differenziata, partendo anche dallinsegnamento sin dallescuole di istruzione primaria delleducazione ambientale, nellaconsapevolezza che lautentica svolta nella protezione dellambiente

    non puo che passare attraverso una crescita culturale.Infine, una particolare riflessione deve essere rivolta alle Agenzie

    Regionali per la Protezione dellAmbiente, il cui funzionamento si

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    presenta sempre piu come una delle condizioni perche lintero sistema

    dei rifiuti a livello regionale produca risultati soddisfacenti.Deve essere rilevato, infatti, come, proprio nelle regioni che hannomanifestato le maggiori criticita, debba registrarsi la presenza diAgenzie o di recente istituzione (come e il gia menzionato caso dellaSardegna), o non pienamente efficienti (tanto da richiedere il supportodi agenzie di altre regioni, come nel caso del tutorato fra ARPA EmiliaRomagna e ARPA Campania) o di non sicura affidabilita operativa(come nel caso dellagenzia calabrese o di quella veneta), tanto dasuscitare perplessita, quanto allattendibilita dei risultati dellattivita dicontrollo, a seguito di quanto viceversa emerso da accertamenti svoltisugli stessi insediamenti da parte delle autorita giudiziarie.

    Diviene, pertanto, indispensabile, adottare opportuni strumenti

    amministrativi ed adeguate dotazioni strumentali, al fine di garantirealle agenzie, per un verso, lassegnazione di personale di elevataprofessionalita e lutilizzazione delle migliori tecnologie, e, per altro,lefficacia e laffidabilita degli interventi attraverso un piu penetrantesistema di controlli interni.

    2. Listituto del Commissariamento straordinario in materia di rifiuti:attualita e sviluppi.

    Come sopra si e osservato, lesperienza di molte regioni, relati- vamente al ciclo dei rifiuti, e stata segnata dal ricorso al Commis-sariamento.

    La Commissione ha a lungo riflettuto sullistituto del Commissa-riamento straordinario per lemergenza di rifiuti, sia in sede diapprovazione di ben due documenti specifici, sia in occasione dellaredazione delle Relazioni riguardanti le singole Regioni nelle qualelistituto eccezionale ha avuto modo di essere piu che sperimentato.

    Debbono essere ribadite tutte le perplessita e le critiche per lesituazioni di anomala ordinarieta della gestione commissariale.

    E evidente a tutti come continuare ad assegnare ad un organo diGoverno, poteri extra-ordinem in riferimento a gestioni pubbliche diambito regionale e subregionale, rappresenti un ulteriore incentivo

    alla de-responsabilizzazione, anche politica, degli enti ed organi chein base alla ripartizione di competenze debbono occuparsi dellamateria dei rifiuti. Inoltre la gestione con poteri straordinari ederoghe consentite, rende pigri i meccanismi procedurali chedebbono essere svolti a regime.

    Una riflessione sulle politiche ambientali oltre il commissaria-mento richiede, pertanto, in primo luogo, uno sforzo per determinarei confini temporali dellintervento commissariale.

    Ragionare delloltre significa, in altri termini, individuare il dies adquem dellazione del Commissariato, essendo questultimo intima-mente connesso alla straordinarieta della situazione, ed alla tempo-raneita dellistituto.

    Diversamente, si fa secondo quanto illustrato nella relazione perla Campania del Commissariato unistituzione che tende a stabi-lizzarsi e quindi a preoccuparsi piu della propria autosussistenza che

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    delle finalita per le quali era stato istituito, con la conseguenza di

    atrofizzare gli organi supportati.Sicche, analizzare le prospettive di superamento, significa innan-

    zitutto, riflettere sulle politiche di riabilitazione, cioe di transizione dalregime straordinario a quello ordinario.

    Se il commissariamento e espressione di un intervento sussidiario,esso deve avere come scopo non la sostituzione tout court e sine diedellente in difficolta, bens quello di affrontare una situazione diemergenza che, per il suo carattere di straordinarieta, supera lambitolocalistico, e, al contempo, ripristinare le condizioni perche lente

    supportato possa ritornare ad operare nellordinarieta.Si e, in altri e piu chiari termini, dinanzi ad una sorta di protesi

    che sostituisce taluni organi della pubblica amministrazione nelleser-

    cizio e non nella titolarita originaria (che rimane in capo allorganosostituito) di determinate funzioni; il commissariamento realizzaquel coordinamento che non si e realizzato fisiologicamente, accen-trando in un unico soggetto tutte quelle competenze che, seppur

    distribuite fra organi diversi, presentano una connessione quanto agliobiettivi complessivi, quegli stessi obiettivi il cui mancato raggiungi-mento giustifica lintervento commissariale.

    Come ogni intervento protesico, lazione del Commissariato nonpuo che mirare, dunque, pena lo snaturamento dellistituto stesso, afar recuperare allarticolazione supportata la propria funzionalita;non puo, non deve essere durevole, ma va tolta quando non e piu

    necessaria e va accompagnata e seguita da unadeguata terapia diriabilitazione.Sicche, ragionare di politiche oltre il commissariamento, significa

    in primo luogo riflettere sulle politiche di riabilitazione, cioe ditransizione dal regime straordinario a quello ordinario.

    Orbene, la constatata dilatazione dellistituto commissariale, adispetto della sua stessa natura, comporta non pochi problemi anche

    per lindividuazione delle terapie di riabilitazione piu appropriate.In linea generale, e auspicabile che il rientro nel regime ordinario

    avvenga senza soluzione di continuita, pervenendo alla ricomposizionefisiologica di quella dicotomia gestione-titolarita tutte le volte in cui,

    venendo meno la straordinarieta e lurgenza, il peso della gestione

    possa essere adeguatamente sopportato dal titolare. Occorre quindiprocedere ad un passaggio controllato alle competenze ordinarie,con la consapevolezza che il percorso intrapreso verso un ciclointegrato di raccolta e di smaltimento, anche a ragione dei protocollidi intesa e delle concertazioni che hanno gia coinvolto gli enti localinella gestione commissariale, possa essere in grado di fronteggiarequelle prime difficolta della gestione ordinaria, senza mandare infibrillazione il sistema. Le politiche ambientali oltre il commissa-

    riamento se, per un verso, sono politiche di riabilitazione, per altro,non possono neppure prescindere dalle coordinate tracciate dalcommissario quanto meno per la fase iniziale dellordinarieta; tali

    coordinate, infatti, esprimono quel patrimonio di cognizioni che,proprio perche formatosi in epoca di emergenza, valgono a meglioorientare gli interventi ordinari.

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    Si tratta, dunque, per un verso, di non disperdere tale bagaglio

    tecnico-normativo, e, per altro, di anticiparne il piu possibile lacondivisione.

    Oltre il commissariamento, infine, non puo che esserci la naturaleriespansione del disegno costituzionale che, anche a seguito dellemodifiche conseguenti alla legge nr. 3 del 2001, vuole il rispetto delleautonomie dei diversi livelli di governo delle comunita locali, comecondizione delloperativita ordinaria del principio di sussidiarieta: solouna distinzione chiara fra competenze, poteri di coordinamento edinterventi sostitutivi consentira di non ritenere piu lazione sussidiaria

    come inscindibilmente collegata alla straordinarieta e, quindi, alcommissariamento.

    Questa e la cornice in cui inserire gli interventi legislativi che, da

    ultimo, hanno segnato lesperienza commissariale in Campania, nonsenza aspetti contraddittori.

    In tale ottica, ad esempio, va rilevato che il decreto legge nr. 14del 2005, recante misure per fronteggiare lemergenza nel settore deirifiuti nella regione Campania, presentava un rischio: quello didilatare ulteriormente lambito dei poteri commissariali mediantelattribuzione al Commissario delegato di poteri sostitutivi non solo neiconfronti di enti pubblici ma anche nei riguardi di soggetti privati.

    La dicotomia gestione titolarita che caratterizza i rapporti fracommissario e soggetti sostituiti finiva, pertanto, con linteressare nonpiu soltanto un ambito strettamente pubblicistico, ma anche i rapporticontrattuali in cui e parte la pubblica amministrazione, tutte le voltein cui gli stessi incidevano su ambiti rilevanti ai sensi della leggen. 225 del 1995 in materia di protezione civile.

    E tuttavia non puo non risultare evidente come questo amplia-mento dei poteri del Commissario rendesse ancor piu problematica latemporaneita dellintervento commissariale.

    Sicche, e stato valutato favorevolmente il cambiamento di rottaadottato nel decreto legge n. 245 del 2005, nel momento in cui

    vengono previsti, in relazione al procedimento di formazione della volonta del Commissario, significativi interventi degli enti locali nelladirezione di una decisione il piu possibile partecipata e condivisa.

    Ed infatti, listituzione di una Consulta regionale per la gestione

    dei rifiuti, presieduta dal Presidente della Regione, cui sono chiamatia far parte i presidente delle province nonche i rappresentanti deicomuni interessati ad una equilibrata localizzazione dei siti per lediscariche e lo stoccaggio dei rifiuti trattati, costituisce indubbiamentetappa significativa di unexit strategy dal Commissariamento, per il suosignificato di istituzione-ponte, chiamata cioe a preparare la transi-zione verso la riespansione del regime ordinario, ed, in qualche modo,ad allenare gli enti locali a fronteggiare le proprie competenze eresponsabilita.

    Resta, indubbiamente, il nodo ineliminabile, come gia si eosservato nella Relazione sulla Campania, fino a quando perdurera ilregime commissariale (il cui dies ad quem e fissato al 31 maggio 2006)

    dellesclusione dalla fase decisoria degli enti locali che, peraltro, vengono chiamati a contribuire forzosamente, pena la riduzione deitrasferimenti erariali.

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    Si tratta di un nodo da sciogliere al piu presto.

    Da sempre, e da tutti, sembra esserci l intenzione di disfarsi di un istituto, creato per fini ben diversi e strutturato in funzionalitacon tali scopi temporanei. Occorre passare dalle intenzioni ai fatti: disfarsi dei Commissari straordinari e delle conseguenze dellegestioni straordinarie protratte nel tempo, per porre mano ad unapolitica integrata, con senso di responsabilita per tutti gli enti odorgani, attori a pieno titolo nella gestione quotidiana del ciclo deirifiuti.

    E un nodo, in definitiva, che rischia di strozzare lo stesso circuitodi partecipazione democratica: e evidente, infatti, che lavere concen-trato in un unico centro decisionale tutte le fasi del processo diformazione della volonta della pubblica amministrazione, necessaria-

    mente estromettendo dal percorso ogni iniziativa popolare, riduce icittadini ad inerti spettatori, ostracizza il confronto, mortifica lacrescita civile di un intero territorio.

    3. Ladattamento dellordinamento italiano al diritto comunitario.

    Questa commissione ha ritenuto di dover svolgere unarticolata edapprofondita riflessione sullo stato di attuazione del processo diadeguamento del diritto interno a quello comunitario.

    Gli approfondimenti relativi alla nozioni di rifiuto ed allaprotezione penale dellambiente costituiscono gli ambiti nei quali

    questo organismo bicamerale di inchiesta ha considerato doverosorichiamare lattenzione del legislatore e di tutti gli operatori delsettore.

    Questi e molti altri ancora sono, come e ovvio, i temi che hannorichiesto, in tale prospettiva, particolare esame e in relazione ai quali

    vengono illustrati gli aspetti problematici e, soprattutto, prospettate leprincipali direttrici di riforma.

    3.1. Il ruolo delle Regioni nellattuazione degli atti normativi comunitarinon direttamente applicabili; la competenza regionale in tema di

    rifiuti.

    Questa Commissione gia si e soffermata in precedenza (si veda,in particolare, la Relazione alle Camere sullattivita svolta, approvatail 28 luglio 2004) sulla complessiva situazione delladeguamento deldiritto interno al diritto comunitario, con particolare riferimento allericadute sulle competenze del legislatore nazionale e sullinterosistema della tutela dei diritti.

    Un ulteriore versante, tuttavia, che merita di essere adeguata-mente esplorato e quello relativo alle competenze regionali.

    Le limitazioni di sovranita cui lo Stato italiano ha acconsentitocon la ratifica dei Trattati istitutivi delle Comunita Europee si

    impongono, infatti, parallelamente anche alle Regioni, nelle materie diloro competenza: il diritto comunitario, invero, e indifferente rispettoalla ripartizione interna dei poteri effettuata a livello costituzionale

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    nellordinamento italiano. La stessa Corte Costituzionale, nella sen-

    tenza 126/96 ha avallato lidea secondo cui lo Stato italiano, nellat-tuazione del diritto comunitario, deve rispettare il suo fondamentale

    impianto regionale senza derogare alla normale ripartizione dellecompetenze.

    Per questa ragione, il potere di dare attuazione a norme comu-nitarie non direttamente applicabili puo dirsi spettante anche ad entisub-statali nelle materie di loro competenza: tale principio, tuttavia,

    va contemperato con il costante indirizzo giurisprudenziale dellaCorte di Giustizia Europea secondo cui e allo Stato nel suo complesso

    ad essere attribuita la responsabilita per eventuali violazioni deldiritto comunitario. Ne deriva che, da un lato, deve essere riconosciutoalle regioni un ruolo nellattuazione delle norme comunitarie, mentre

    dallaltro e necessario conservare in capo allo stato centrale deglistrumenti di controllo e di esercizio del potere in via sostitutiva perevitare linsorgere di responsabilita sul piano comunitario: la situa-zione, ad esempio, di cronica emergenza della Regione Campaniacontinua ad essere fonte di procedure di infrazione per lo Statoitaliano (come piu diffusamente illustrato, relativamente ai rifiuti daimballaggio, nella specifica relazione territoriale).

    Il primo riconoscimento della facolta regionale di dare attuazionead atti comunitari e contenuto nella legge n. 183 del 1987 allarticolo13, successivamente trasposto nellarticolo 9 della legge n. 86 del 1989(legge La Pergola ): secondo tale disposizione era attribuita, alle soleRegioni a Statuto Speciale, la facolta di dare attuazione alle racco-mandazioni ed alle direttive comunitarie nelle materie di lorocompetenza esclusiva, ancor prima che fosse intervenuta una leggestatale indicante i principi non derogabili dalla normativa regionale.Qualora una legge statale di tal tipo fosse intervenuta successivamente,le Regioni speciali erano tenute ad adeguarsi alle norme di principioivi contenute.

    Successivamente, una piu ampia apertura alle istanze regionali estata concessa con lapprovazione dellarticolo 13 della legge n. 128del 1998 (la legge comunitaria 1995-97) che ha riformulato larticolo9 della legge La Pergola : con tale disposizione sia le Regioniordinarie che quelle speciali possono immediatamente dare attuazione

    alle direttive comunitarie nelle materie di competenza concorrente oesclusiva. E riservata allo stato la possibilita di emanare in viapreventiva, con la legge comunitaria o con qualunque altra legge,disposizioni di principio non derogabili cui le successive leggi regionalidi attuazione devono conformarsi. Se la legge nazionale di recepi-mento e successiva rispetto alle leggi regionali di attuazione, allora, inmaterie di competenza concorrente, le disposizioni di principioregionali devono ritenersi implicitamente abrogate; mentre, in materiedi competenza esclusiva, le Regioni sono tenute ad adeguarsi alledisposizioni di principio inderogabili contenute nella legge nazionaledi recepimento.

    Il tema della partecipazione delle Regioni allattivita normativa

    comunitaria ha trovato una sua sistemazione anche a livellocostituzionale con lapprovazione della legge costituzionale n. 3 del2001 che ha riformato il Titolo V della Parte II della Costituzione.

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    In particolare, il comma 5 del nuovo articolo 117 della Costituzione

    introduce i tre principi che disciplinano la partecipazione re-gionale:

    la partecipazione regionale alla cd. fase ascendente , cioealliter procedurale che porta alla formazione di determinati atticomunitari, attraverso lattivita di alcuni organi rappresentativi delleautonomie regionali e locali;

    la previsione di una loro partecipazione alla cd. fase discen-dente del diritto comunitario, vale a dire allattuazione del dirittocomunitario secondo le modalita poste dalla legislazione ordinariaantecedente e rispettando la ripartizione delle competenze effettuataa livello costituzionale;

    la previsione di una legge organica da parte dello stato chedisciplini sia le modalita di esercizio della potesta legislativa perlattuazione della normativa comunitaria che il relativo potere diintervento sostitutivo.

    Per quanto riguarda questultimo aspetto, occorre dire chelesercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato trova il suofondamento costituzionale anche nellarticolo 120, laddove si affermache il Governo puo sostituirsi a organi delle Regioni e degli altri entilocali in casi di mancato rispetto della normativa comunitaria, nelrispetto del principio di sussidiarieta e di quello di leale collabora-

    zione. La disciplina ordinaria del potere sostitutivo e stata postainvece dallarticolo 8 della legge n. 131 del 2003, che prevede leseguenti fasi:

    su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o delMinistro per le Politiche Comunitarie e del Ministro competente permateria viene assegnato allente interessato un congruo termine peradottare i provvedimenti dovuti o necessari per porre fine alla

    violazione della norma comunitaria;

    scaduto il termine, il Consiglio dei Ministri, sentiti lorganointeressato e ancora su proposta degli stessi soggetti, adotta iprovvedimenti necessari. Alla riunione del consiglio partecipa anche

    il Presidente della regione interessata;

    il Consiglio dei Ministri puo concretizzarsi o nellemanazione diun atto normativo o regolamentare oppure nella nomina di uncommissario ad acta. Le norme cos emanate sono cedevoli, divengonocioe inapplicabili in caso di successivo intervento regionale di attua-zione, e trovano applicazione solo nel territorio delle Regioni che nonabbiano provveduto; lintervento in via sostitutiva dello stato, inoltre,deve avvenire previo parere espresso dalla Conferenza Stato-Regioni,nel rispetto del principio di leale collaborazione.

    Per quanto riguarda, invece, lattuazione delle direttive in via

    regolamentare, bisogna dire che gia con il decreto del Presidente dellaRepubblica 616/77 era stato riconosciuto alle Regioni un generalepotere di attuazione: tale provvedimento attribuiva ad esse tutte le

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    funzioni amministrative derivanti dallapplicazione della normativa

    comunitaria, subordinando pero lesercizio di tali funzioni al previorecepimento con legge dello stato nella quale venivano indicate lenorme di principio inderogabili e quelle di dettaglio che avrebberotrovato applicazione in caso di inerzia delle Regioni.

    Lattribuzione alle Regioni di un tendenzialmente generalepotere di esercizio delle funzioni amministrative, nel corso deglianni 90, anche nelle materie di incidenza comunitaria, ha rap-presentato una costante di tutti i provvedimenti di conferimento difunzioni amministrative ad esse. Con la riforma del Titolo V, ParteII della Costituzione, alle Regioni e stato attribuito il potereregolamentare in tutte le materie di competenza esclusiva o con-corrente: per cui ad esse, senzaltro, spetta la facolta di attuare le

    direttive comunitarie in via regolamentare, ferma restando la ge-nerale possibilita di esercizio del potere sostitutivo, secondo lemodalita viste, da parte dello Stato.

    La lettera s) del comma 2 dellarticolo 117 menziona, peraltro, la tutela dellambiente quale materia di competenza esclusiva dellostato; inoltre, il successivo comma 3 menziona la materia tutela dellasalute tra quelle di legislazione concorrente.

    3.2. Le novita in tema di attuazione del diritto comunitario introdotte dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante Norme generali sullapartecipazione dellItalia al processo normativo dellUnione Europeae sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari .

    La legge n. 11 del 2005 ha recentemente abrogato la cosiddettalegge La Pergola , sostituendone interamente il testo e apportandoalcune novita di rilievo. In questa sede interessano principalmente lenovita in sede di attuazione del diritto comunitario e, quindi, sarannotralasciate le novita piu direttamente connesse alla cosiddetta faseascendente , relativa alla partecipazione statale e substatale nella fasedi elaborazione degli atti normativi comunitari.

    In particolare, per cio che concerne, quindi, la fase discen-dente , larticolo 10 della legge n. 11 del 2005 disciplina la

    situazione dellurgenza nellattuazione di un obbligo di fonte co-munitaria: ovvero, nel riconfermare lo strumento della legge co-munitaria, secondo quanto gia disposto dalla legge La Pergola ,quale mezzo di adeguamento dellordinamento italiano agli obblighicomunitari, il legislatore ha previsto lipotesi di adattamento dur-genza, qualora gli obblighi statali di adeguamento necessari a frontedi atti normativi dellUE o di sentenze della Corte di Giustiziaabbiano un termine di adempimento anteriore rispetto alla data dipresunta entrata in vigore della legge comunitaria. Nella stessaipotesi, qualora ladempimento sia di competenza regionale, ilPresidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le PoliticheComunitarie informano gli enti interessati della necessita di prov-

    vedere e assegnano un termine per lesercizio delle proprie com-petenze, chiedendo, ove necessario, che della questione sia investitala Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato e Regioni: in caso

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    di inadempimento regionale, sono proposte al Consiglio dei Ministri

    le opportune iniziative affinche siano attivati i poteri sostitutivistatali di cui agli articoli 117, comma 5 e 120 della Costituzione.

    3.3. Ladattamento dellordinamento italiano al diritto comunitario inmateria di rifiuti.

    Appare opportuno, in questa sede, compiere una rivisitazionedellintera materia dei rifiuti in ambito comunitario, onde stabilire lostato dellarte relativamente al recepimento nel diritto interno. Lin-tento e, per un verso, quello di segnalare le direttive in materia dirifiuti in scadenza nel 2005, verificando quali siano state recepite e

    quali siano da recepire ancora; dallaltro, saranno analizzate tutte leprocedure di infrazione avviate dalla Commissione Europea controlItalia nel corso del 2005, cercando di comprendere la natura delleinfrazioni contestate e le possibilita concrete di porvi rimedio.

    3.3.1. Lattuazione di alcune direttive-cardine in materia di rifiuti.

    La direttiva 75/442/CEE rappresenta il quadro legislativo di baseper la gestione dei rifiuti a livello comunitario. Entrata in vigore nel1977, e stata poi modificata dalla direttiva 91/156/CEE per tener contodei principi guida indicati nella strategia comunitaria per la gestionedei rifiuti del 1989. Nel 1996, lAllegato II della direttiva 75/442/CEEcontenente gli elenchi delle operazioni di smaltimento e recupero estato modificato con decisione della Commissione. Il riesame dellastrategia comunitaria per la gestione dei rifiuti del 30 luglio 1996 haconfermato i principali elementi della strategia del 1989 adattandolaai requisiti previsti per il quinquennio successivo.

    Un primo problema di adattamento della direttiva 75/442/CE sie posto, come gia si e detto (e come ulteriormente si osservera infra)in relazione alla definizione della nozione di rifiuto, operata attra-

    verso larticolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2002, convertito nellalegge n. 178 del 2002.

    Un ulteriore profilo di inadempimento si e verificato in relazioneallobbligo di elaborare piani di gestione dei rifiuti: nel 2002, infatti,la Corte di Giustizia, con la sentenza 24 gennaio 2004, CausaC-466/99, ha condannato lItalia per non aver mai attuato piani suirifiuti. Nei confronti dellItalia, successivamente, e stata avviataunulteriore procedura di infrazione, ai sensi dellarticolo 228 delTrattato CE, per non aver ottemperato agli obblighi scaturenti dallacitata sentenza della Corte.

    In relazione agli articoli 3, 5 e 11 della direttiva, allItalia e statoimputato di non aver fornito maggiori dettagli in relazione ai pianiregionali di smaltimento dei rifiuti, sulle strategie messe in campo perla prevenzione e il recupero, sulla effettiva autosufficienza nello

    smaltimento degli stessi e in relazione ai criteri di dispensa dalleautorizzazioni da concedere ai sensi degli articoli 9 e 10 delladirettiva.

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    Mentre la direttiva 75/442/CEE definisce il quadro normativo

    della politica comunitaria in materia di gestione dei rifiuti di ognigenere, la direttiva 91/689/CEE contempla strumenti di gestione emonitoraggio piu rigorosi per i rifiuti pericolosi. La direttiva 91/689/CEE ha sostituito la direttiva 78/319/CEE relativa ai rifiuti tossici enocivi.

    Occorre registrare, innanzitutto, che non si sono registratiproblemi particolari in merito alla ricezione nellordinamento na-zionale di tutti gli aspetti della definizione comunitaria di rifiutopericoloso. Il decreto legislativo 22/97 contiene, inoltre, nellallegatoD, un elenco dettagliato di tali rifiuti, aggiornato successivamenteper ottemperare alle decisioni 2000/532/CE e 2001/118/CE, chehanno ampliato lelenco dei rifiuti pericolosi introducendo il metodo

    della classificazione.In relazione allarticolo 2 della direttiva, la normativa italiana

    dispone che i rifiuti pericolosi possano essere smaltiti in discarica solose accompagnati da un formulario di identificazione. Il gestore delladiscarica e quindi tenuto a verificare che in base alle caratteristicheindicate nel formulario di identificazione il rifiuto possa essereconferito in discarica e che le caratteristiche dei rifiuti conferiticorrispondano a quelle riportate nel formulario di identificazione.Sempre il decreto Ronchi vieta, allarticolo 9, di miscelare categoriediverse di rifiuti pericolosi ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti nonpericolosi in assenza di unautorizzazione regionale in tal senso, acondizione che cio non comporti un pericolo per la salute delluomo

    e che non possa recare pregiudizio allambiente.Quanto allarticolo 3 della direttiva, deve segnalarsi che lItalia ha

    notificato norme che consentono di applicare deroghe per alcunirifiuti pericolosi ai sensi dellarticolo 3, paragrafo 2; tali norme sonostate approvate con la decisione 2002/909/CE della Commissione.

    Con riferimento allarticolo 4 della direttiva, larticolo 20, comma1, lettera c) del decreto legislativo n. 22 del 1997 delega i controlliperiodici alle province, che possono stipulare apposite convenzioni conorganismi pubblici con specifiche esperienze e competenze tecniche inmateria. Nellambito delle loro competenze le province sottopongonoa controlli periodici gli stabilimenti e le imprese che smaltiscono orecuperano rifiuti. Non viene chiarito, tuttavia, se siano disposticontrolli periodici dei produttori di rifiuti pericolosi.

    La direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sugliimballaggi e i rifiuti di imballaggio persegue due obiettivi principali:tutelare lambiente e garantire il funzionamento del mercato interno.Per questo la direttiva istituisce misure destinate, in via prioritaria, adimpedire la generazione di rifiuti di imballaggio e, come principifondamentali aggiuntivi, misure tese al riutilizzo o al riciclaggio degliimballaggi e ad altre forme di recupero dei rifiuti di imballaggio perridurre, dunque, lo smaltimento finale di tali rifiuti.

    Si tratta in particolare di misure riguardanti:

    la prevenzione: misure nazionali e promozione delle norme(articolo 4);

    il riutilizzo: provvedimenti nazionali (articolo 5);

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    gli obiettivi di recupero e riciclaggio da conseguire entro il 30

    giugno 2001 (articolo 6): recupero: tra 50 e 65%; riciclaggio: tra 25 e45%;

    la Grecia, lIrlanda e il Portogallo sono autorizzati a conseguiretali obiettivi entro il 31 dicembre 2005 (in questi casi, entro il 30giugno 2001 deve essere recuperato il 25% dei rifiuti);

    listituzione di sistemi di restituzione, raccolta e recupero daparte degli Stati membri in base ad alcuni criteri (articolo 7);

    listituzione di una marcatura nellambito di una direttiva futura(non ancora adottata) e ladozione di un sistema di identificazionemediante la procedura di comitato (decisione 97/129/CE) (articolo 8);

    i requisiti essenziali, che consentano la libera circolazione degliimballaggi nel mercato interno, e lincentivo alla normazione da partedella Commissione (articoli 9, 10 e 18);

    la definizione di valori limite per i metalli pesanti contenutinegli imballaggi (articolo 11);

    ladozione di sistemi dinformazione e formati per la presen-tazione dei dati attraverso la procedura di comitato (decisione97/138/CE149), (articolo 12);

    linformazione degli utilizzatori (articolo 13);

    gli strumenti economici: misure nazionali (articolo 15);

    gli obblighi riguardanti la comunicazione delle informazioni ele relazioni (articolo 17).

    Una prima violazione di tale direttiva da parte dellItalia e stataaccertata dalla Corte di Giustizia nel 2002, a causa del mancatoinserimento, nei piani di gestione dei rifiuti, di un capitolo specificorelativo ai rifiuti di imballaggio, di cui allarticolo 14 della presentedirettiva.

    Per cio che concerne larticolo 4, e ancora il decreto Ronchi aistituire un programma generale di prevenzione per ridurre la

    produzione di rifiuti da imballaggio: tale programma deve individuareanche le misure necessarie per aumentare la percentuale dei rifiuti diimballaggio da destinare al riutilizzo.

    In relazione allarticolo 7 della direttiva, in Italia esistono seiconsorzi settoriali, per la carta, la plastica, il legno, il vetro, lacciaioe lalluminio, che cooperano nellambito del CO.NA.I., il consorzionazionale. Tutti questi consorzi sono retti da statuti approvati dadecreti congiunti dei ministeri dellAmbiente e dellIndustria. IlCO.NA.I. organizza un sistema integrato di restituzione in collabo-razione con le amministrazioni pubbliche. A tal fine nel 1999 e statosottoscritto un accordo quadro con lAssociazione nazionale deicomuni italiani (ANCI); i sei consorzi settoriali preparano i loro

    contributi al programma annuale per la prevenzione e la gestionedegli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, che individua, tra laltro,le misure necessarie per conseguire gli obiettivi di recupero e

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    riciclaggio fissati e determina obiettivi specifici per materiale ogni

    cinque anni.Riguardo allarticolo 6 e agli obiettivi di recupero e riciclaggio,occorre dire che lItalia, pur collocandosi allinterno delle forbiciindicate come obiettivi, ha ottenuto risultati inferiori rispetto allamaggior parte dei paesi UE. Da segnalare, inoltre, che lItalia risultaessere tra i maggiori produttori di imballaggi sia pro capite che perunita di PIL.

    3.3.2. In particolare: la questione della nozione giuridica del terminerifiuto.

    Il quadro complessivo descritto nel documento approvato daquesta Commissione in tema di nozione giuridica del termine rifiutoinduce a considerare non piu differibile ladozione di opportunirimedi, in grado, da un lato, di attribuire confini certi alla nozionedi rifiuto in linea con la normativa e la giurisprudenza comunitariae, dallaltro, di consentire un adeguata protezione dellambientecompatibile con le esigenze di sviluppo economico.

    Gia si e sottolineato come prioritaria deve essere considerata, inprimo luogo, la sollecitazione di interventi in sede comunitaria al finedi addivenire alla formulazione di una direttiva piu dettagliata (equindi self executing) ed oggetto di condivisione da parte di tutti ipaesi aderenti allUnione: circostanza tanto piu significativa ove siconsideri il processo di ampliamento dei confini dello Stato Europeo.Una disciplina unitaria, che accomuni tutti gli Stati, e di grande utilita,sia per garantire omogeneita nella tutela dellambiente, sia per evitarediscriminazioni tra le imprese operanti nei diversi Stati dellUnioneEuropea e tentazioni di allocare attivita pericolose per la salutedelluomo in paesi caratterizzati da legislazioni piu permissive.

    Analoghi problemi di definizione e, quindi, di estensione dellanozione giuridica di rifiuto si sono presentati anche in altri paesi,quali il Lussemburgo, lAustria ed il Regno Unito, tutti orientati versouna definizione di rifiuto tendente ad escludere alcune categorie diessi dallambito di operativita della direttiva. Nel caso del Regno

    Unito, la Commissione ha deciso di adire la Corte di Giustizia (CausaC-62/03) perche lEnvironment Protection Act del 1990 prevede lap-plicazione della direttiva ai soli rifiuti controllati, definiti in senso piurestrittivo rispetto allarticolo 1 della direttiva 75/442/CEE, semplice-mente come rifiuti domestici, industriali e commerciali o qualsiasirifiuto di questo tipo .

    Per quanto attiene al versante interno, va registrata la situazioneche si e venuta a creare a seguito della sentenza della Corte diGiustizia dell11.11.2004 (C 475/02, Niselli).

    In particolare, il giudice comunitario ha affermato che e ammis-sibile e non contrasta con le finalita della direttiva 75/442 unanalisisecondo la quale un bene, un materiale o una materia prima derivante

    da un processo di fabbricazione o di estrazione che non e principal-mente destinato a produrlo puo costituire non un residuo, bens un sottoprodotto, del quale limpresa non ha intenzione di disfarsi ai sensi

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    dellarticolo 1, lett.a, 1o comma, della direttiva 75/442, ma che essa

    intende sfruttare o commercializzare a condizioni per lei favorevoli, inun processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari .Ne deriva la affermazione della illegittimita comunitaria dellar-

    ticolo 14 del decreto-legge n. 138 del 2002, perche i materiali che nonsono utilizzati in maniera certa e richiedono una previa trasforma-zione sono semplici sostanze di cui i detentori si sono voluti disfare,che devono tuttavia conservare la qualifica di rifiuti del processo ditrasformazione cui sono destinati .

    La questione che si e posta, allattenzione innanzitutto della Cortedi Cassazione, e quella relativa allefficacia, nel nostro ordinamento,della citata sentenza comunitaria.

    Orbene, e stato osservato in dottrina che a tale pronunzia non puo

    conseguire la disapplicazione dellarticolo 14 da parte del giudicenazionale, dal momento che tale potere-dovere riguarda le sole ipotesidi contrasto tra una norma interna ed una comunitaria dotata diefficacia diretta; poiche nel caso di specie, la sentenza della Corte diGiustizia interviene su una direttiva non self executing, e poiche lesentenze della Corte Comunitaria hanno la stessa efficacia delledisposizioni interpretate, ne deriva che non puo attribuirsi allepronunzie del giudice comunitario efficacia diretta, rimanendo algiudice nazionale solo la strada del ricorso innanzi alla CorteCostituzionale.

    Cosa che ha fatto di recente la Procura Generale presso la Cortedi Cassazione, davanti alla III sezione penale della Suprema Corte,

    domandando la dichiarazione di illegittimita costituzionale di unanorma successiva (larticolo 14, n.d.e.) , avente natura di norma diinterpretazione autentica di disposizioni gia pacificamente in vigore edaltrettanto pacificamente applicate alla luce della normativa comuni-taria .

    Sicche, quanto al versante giurisprudenziale, si attende unapronunzia chiarificatrice e, si spera, definitiva della Consulta.

    Il panorama legislativo interno ha, tuttavia, registrato, su taletema, lintervento del decreto legislativo recante norme in materiaambientale, in attuazione della legge-delega 15 dicembre 2004, n. 308.

    Si tratta di un intervento che, con specifico riferimento allanozione di rifiuto, desta non poche perplessita.

    In particolare, va osservato:

    a) in relazione alla categoria di sottoprodotto (escluso dallanozione di rifiuto), la certezza dellutilizzazione e affidata alla meradichiarazione del produttore, senza la previsione di idonei meccanismidi controllo;

    b) per le materie prime secondarie proprie delle attivitasiderurgiche e metallurgiche, si prevede, solo per i fornitori stranieri,lobbligo di iscriversi allAlbo Gestori Ambientali; analogo obbligo non

    viene introdotto per le imprese italiane, con evidente violazione deiprincipi comunitari in tema di concorrenza;

    c) per la spedizione transfrontaliera di rifiuti, si introduce unaderoga, difficilmente compatibile con le vigenti previsioni comunitarieed internazionali, per i rottami ferrosi.

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    Va, inoltre, rilevato come, pur essendo ad altre finalita (si veda

    larticolo 206) richiamato il meccanismo degli accordi e contratti diprogramma, tale procedura non viene estesa alla materia relativa alla

    gestione dei rifiuti, perdendo loccasione di de-ideologizzare il temadella nozione giuridica del termine rifiuto, collegandolo ai moduliorganizzativi delle imprese.

    La strada della soluzione condivisa e concordata sotto forma diaccordo di programma era gia prevista, peraltro, dagli articoli 4, 25e 42 del decreto Ronchi.

    Tale soluzione si collega, peraltro, al Sesto Programma di azione

    per lambiente - Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta adottato dal Parlamento e dal Consiglio dEuropa nel 2002, che haintrodotto una nuova strategia che pone in relazione gli obiettivi della

    tutela dellambiente con gli aspetti economici.Si tratta di una prospettiva quella cosiddetta dello sviluppo

    sostenibile che e stata, in questi anni, interpretata e giustamente nel senso dellesigenza di sostenere quelle forme di iniziativaeconomica privata che fossero in linea con la salvaguardia della salutee dellambiente.

    Ma vi e un altro versante, in larga parte inesplorato, che meritadi essere considerato, soprattutto per la sua valenza prospettica; ede quello relativo allambiente come risorsa fondamentale del processoproduttivo.

    Molteplici sono gli aspetti che fanno dellambiente un fattoredirettamente incidente sulle attivita produttive.

    In questa sede mette conto porre in evidenza come la salvaguardiadella salubrita delle condizioni ambientali costituisca un presuppostoindispensabile per attribuire affidabilita alla produzione che utilizzaquelle risorse, sia come materia prima del ciclo produttivo che comeambito di insediamento.

    La facilita daccesso alle informazioni in materia ambientale e,soprattutto, la loro capillare diffusione hanno aggiunto un ulteriore

    variabile alle condizioni che regolano il mercato: la qualita ambientaledella produzione e dei servizi offerti.

    Le vicende relative alle ricadute produttive dellinfluenza aviaria,o, quelle relative ai rischi per lintera catena trofica segnalati nel

    rapporto dellICRAM per larea di Bagnoli, costituiscono allarmantirichiami alla necessita, per le imprese, di vedere nellambiente unacondizione essenziale per la propria sopravvivenza, anche finanziaria.

    In altri termini, le imprese che si troveranno ad investire nellatutela ambientale, in tecnologie pulite, in aderenza con il progressoscientifico e tecnologico, si troveranno ad investire anche in un futurosociale ed economico che ne potra accrescere la competitivita.

    Gli