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N UOVO D IALOGO SETTIMANALE DELL’ARCIDIOCESI DI TARANTO DAL 1964 TARIFFA R.O.C: POSTE ITALIANE SPED. IN ABB. POST. - D.L - 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA, 1, DCB TARANTO TRANSITI € 1,00 SABATO 18 Ottobre 2008 ANNO 44 N°32 WWW.NUOVODIALOGO.COM La rubrica di Monsignor Arcivescovo Benigno Luigi Papa a PAGINA 2 F RAMMENTI P AOLINI Sabato 18 Ottobre Nuovo Dialogo è in abbinamento con il Corriere del Giorno Communio MARTINA FRANCA La missione in Perù della ‘S. Antonio’ Ottavio Cristofaro a pag 10 S P O R T O T I U M E C C L E S Ì A Il Taranto corsaro sbanca anche Terni Servizio alla pagina 30 Una squadra umile, consapevole dei propri limiti, soprattutto d’organi- co, fa quadrato e vince ancora fuori Taranto al cinema Servizio alla pagina 23 La città bimare è spesso scenario di film diretti da grandi registi. Da Lina Wertmuller ad Alessandro d’Alatri “Vanellatuacasa,eannun- ziala misericordia di Dio” Servizio alle pagine 12 Dal 19 al 31 ottobre le missioni al popolo nella vicaria ‘orientale I’ della diocesi coinvolgono sette parrocchie EDITORIALE GRANDI PERPLESSITÀ’ SUL CONVEGNO DI STUDI “SOPRAVVIVENZA E VITA ETERNA” A M B I E N T E LETTERA ALLA MIA CITTÀ MASSIMILIANO PADULA robabilmente erano soltanto quat- tro balordi. Sicuramente è stato un episodio isolato. Certamente è bene non generalizzare. Eviden- temente tutto questo, ma siamo alle solite. Una città fragile, incerta, sfiduciata come la nostra non aveva sicuramente bisogno che un apparato culturale ed economico come una troupe cinematografica scap- passe a gambe levate per non cedere ad un ricatto. È successo nella città vecchia, meraviglia solitaria e trascurata da chi, nei decenni, l’ha sempre snobbata. Effige di una città fastosa e fiera chissà quando, de- solante scenario di prepotenze adesso. Lina Wertmuller ci era già stata qualche anno fa a girare “Io speriamo che la cavo”. Il film era ambientato a Napoli (come il romanzo di D’Orta) ma Taranto primeggiava nella sua essenza di città contorta ma che si ar- rangia anche se sgarupata. C’era stato Winspear, il regista nobile che dal Salento con “Il suo miracolo” le ave- va dato un po’ speranza. Ci era tornata Lina Wertmuller perché - dice lei - «ama Taranto» ma ha dovuto presto sbaraccare perchè qualcuno, forse quattro balordi (o forse no), le hanno chiesto il pizzo per gi- rare. Come se quel labirinto di cunicoli, la cui soglia, ai comuni mortali, è permesso varcare soltanto al giovedì santo, fosse di loro proprietà. Come se senza il loro per- messo nulla può essere fatto. Neanche per far assumere 150 figuranti che avrebbero forse sbarcato il lunario per quel giorno. Neanche per dire agli amici che questo film è stato girato a Taranto, raro vanto in mezzo a tante vergogne. Ne parlano i giornali. Tutti e di quelli che la gente leg- ge. Intanto la troupe con tanto di attori e registi va via a Brindisi e Taranto rimane immobile, come intossicata dal suo non- essere tanto da non avvertire nemmeno i sintomi del suo malessere. Una città che appare come anestetizzata dalla sua stes- sa lenta e mortale malattia che è quella di trovarsi con cittadini spesso irresponsa- bili, talvolta senza coscienza né passione civica da coltivare e con poche aspettative da condividere con gli altri. Appare come ripiegata su se stessa, Taranto, incapace di trovare almeno una ragione al suo disagio e quindi, una possibile cura per rimetter- si in piedi. È un vecchio vizio di questa città: giocare con i propri mali per non af- frontarli, finendo quasi per non vederli. È così che da troppi anni si è amministrato sacrificando territorio, ambiente, legalità, luoghi sociali, cultura. Questo episodio è soltanto una nervatura di questo sfascio sociale che la investe. Gli auspici conclusivi, oltre che bana- li, sono stati troppi e sono, forse, inutili. L’unico augurio (e chiedo scusa se ho esa- gerato) è a chi, in questa città, crede anco- ra, perché con la sua passione possa ridarle almeno un po’ di dignità e restituirgli un po’ di voglia di futuro. Solo un po’ per il momento. Integrazione scolastica per gli studenti disabili Se un defunto parla dal registratore Differenziata Don Marco Gerardo commenta l’intervista di Gemma Cometti A Taranto siamo ancora in ritardo i i tratta di una fede utilitarista, usata per il proprio biso- gno di consolazione; non è una fede che si apre al mistero di Dio così com’è, ma ci troviamo dinanzi ad un tipo di fede che usa il mistero della eternità per dare risposte “a buon mercato” al proprio pur legittimo biso- gno di consolazione. Per questo è una fede che non ammette il confronto con l’istanza verita- tiva del Magistero, è una fede relativista” rifiuti rappresentano, per le città del benessere e dei consumi, un’ipoteca che pesa fortemente non solo sul futuro, ma anche già sul presente. La raccolta differen- ziata è l’unico passaggio che può garantire un futuro tran- quillo alle città moderne, che in genere, però, non si sono curate affatto di affrontare il problema. Taranto e molti pa- esi della sua provincia, oltre a pagare pesantemente lo smal- timento dei rifiuti rischiano anche gravi sanzioni per non aver creato le condizione per la raccolta differenziata. Martedì scorso il presidente dell’Amiu, Gino Pucci, è stato ascoltato dalla commissione Ambiente del Comune, per fare il punto sull’attività dell’azienda, con particolare riferimento alle iniziative proprio per la rac- colta differenziata. Abbiamo rivolto alcune domande a lui e al consigliere comunale Anna Rita Lemma. I tagli della Finanziaria 2008 hanno dimezzato il sostegno per i disabili nelle scuole e non solo Servizi alle PAGINE 4-5 “S I Servizio a PAGINA 3 Servizi alle PAGINE 6 - 7 L A R G O M E N T O all’interno il mensile della diocesi di Castellaneta P A DESSO

Communio UOVO DIALOGO OTTOBRE web.pdf · Corriere del Mezzogiorno) “La vittoria è importantissima, ma credo che non dobbiamo mai perdere di vista i nostri obiettivi” Franco Dellisanti,

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NUOVO DIALOGOSETTIMANALE DELL’ARCIDIOCESI DI TARANTO DAL 1964

TARIFFA R.O.C: POSTE ITALIANE SPED. IN ABB. POST. - D.L - 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1, COMMA, 1, DCB TARANTO TRANSITI € 1,00 SABATO 18 Ottobre 2008 ANNO 44 N°32

WWW.NUOVODIALOGO.COM

La rubrica di Monsignor Arcivescovo

Benigno Luigi Papa a PAGINA 2

F RAMMENTIP AOLINI

Sabato 18 OttobreNuovo Dialogo

è in abbinamentocon il Corriere del Giorno

Communio

MARTINA FRANCA

La missione in Perù della‘S. Antonio’Ottavio Cristofaro a pag 10

S P O R T

O T I U M

E C C L E S ì A

Il Taranto corsarosbanca anche Terni

Servizio alla pagina 30

Una squadra umile, consapevole dei propri limiti, soprattutto d’organi-co, fa quadrato e vince ancora fuori

Ta r a n t oa l c i n e m a

Servizio alla pagina 23

La città bimare è spesso scenario di film diretti da grandi registi. Da Lina Wertmuller ad Alessandro d’Alatri

“Va nella tua casa, e annun-zia la misericordia di Dio”

Servizio alle pagine 12

Dal 19 al 31 ottobre le missioni al popolo nella vicaria ‘orientale I’ della diocesi coinvolgono sette parrocchie

E d I T O R I A L E gRANdI PERPLESSITà’ SUL CONvEgNO dI STUdI “SOPRAvvIvENzA E vITA ETERNA”

A M B I E N T E

LetterA ALLA MiA Città

MassiMiliano Padula

robabilmente erano soltanto quat-tro balordi. Sicuramente è stato un episodio isolato. Certamente è bene non generalizzare. Eviden-

temente tutto questo, ma siamo alle solite. Una città fragile, incerta, sfiduciata come la nostra non aveva sicuramente bisogno che un apparato culturale ed economico come una troupe cinematografica scap-passe a gambe levate per non cedere ad un ricatto. È successo nella città vecchia, meraviglia solitaria e trascurata da chi, nei decenni, l’ha sempre snobbata. Effige di una città fastosa e fiera chissà quando, de-solante scenario di prepotenze adesso. Lina Wertmuller ci era già stata qualche anno fa a girare “Io speriamo che la cavo”. Il film era ambientato a Napoli (come il romanzo di D’Orta) ma Taranto primeggiava nella sua essenza di città contorta ma che si ar-rangia anche se sgarupata. C’era stato Winspear, il regista nobile che dal Salento con “Il suo miracolo” le ave-va dato un po’ speranza. Ci era tornata Lina Wertmuller perché - dice lei - «ama Taranto» ma ha dovuto presto sbaraccare perchè qualcuno, forse quattro balordi (o forse no), le hanno chiesto il pizzo per gi-rare. Come se quel labirinto di cunicoli, la cui soglia, ai comuni mortali, è permesso varcare soltanto al giovedì santo, fosse di loro proprietà. Come se senza il loro per-messo nulla può essere fatto. Neanche per far assumere 150 figuranti che avrebbero forse sbarcato il lunario per quel giorno. Neanche per dire agli amici che questo film è stato girato a Taranto, raro vanto in mezzo a tante vergogne. Ne parlano i giornali. Tutti e di quelli che la gente leg-ge. Intanto la troupe con tanto di attori e registi va via a Brindisi e Taranto rimane immobile, come intossicata dal suo non-essere tanto da non avvertire nemmeno i sintomi del suo malessere. Una città che appare come anestetizzata dalla sua stes-sa lenta e mortale malattia che è quella di trovarsi con cittadini spesso irresponsa-bili, talvolta senza coscienza né passione civica da coltivare e con poche aspettative da condividere con gli altri. Appare come ripiegata su se stessa, Taranto, incapace di trovare almeno una ragione al suo disagio e quindi, una possibile cura per rimetter-si in piedi. È un vecchio vizio di questa città: giocare con i propri mali per non af-frontarli, finendo quasi per non vederli. È così che da troppi anni si è amministrato sacrificando territorio, ambiente, legalità, luoghi sociali, cultura. Questo episodio è soltanto una nervatura di questo sfascio sociale che la investe. Gli auspici conclusivi, oltre che bana-li, sono stati troppi e sono, forse, inutili. L’unico augurio (e chiedo scusa se ho esa-gerato) è a chi, in questa città, crede anco-ra, perché con la sua passione possa ridarle almeno un po’ di dignità e restituirgli un po’ di voglia di futuro. Solo un po’ per il momento.

integrazione scolastica per gli studenti disabili

Se un defunto parla dal registratore

Differenziata

Don Marco Gerardo commenta l’intervista di Gemma Cometti

A Taranto siamo ancora in ritardo

i i tratta di una fede utilitarista, usata per il proprio biso-

gno di consolazione; non è una fede che si apre al mistero di Dio così com’è, ma ci troviamo dinanzi ad un tipo di fede che usa il mistero della eternità per dare risposte “a buon mercato” al proprio pur legittimo biso-gno di consolazione. Per questo è una fede che non ammette il confronto con l’istanza verita-tiva del Magistero, è una fede relativista”

rifiuti rappresentano, per le città del benessere e dei consumi, un’ipoteca

che pesa fortemente non solo sul futuro, ma anche già sul presente. La raccolta differen-ziata è l’unico passaggio che può garantire un futuro tran-quillo alle città moderne, che in genere, però, non si sono curate affatto di affrontare il problema. Taranto e molti pa-esi della sua provincia, oltre a pagare pesantemente lo smal-timento dei rifiuti rischiano anche gravi sanzioni per non aver creato le condizione per la raccolta differenziata. Martedì scorso il presidente dell’Amiu, Gino Pucci, è stato ascoltato dalla commissione Ambiente del Comune, per fare il punto sull’attività dell’azienda, con particolare riferimento alle iniziative proprio per la rac-colta differenziata. Abbiamo rivolto alcune domande a lui e al consigliere comunale Anna Rita Lemma.

I tagli della Finanziaria 2008 hanno dimezzato il sostegno per i disabili nelle scuole e non solo

Servizi alle PAGINE 4-5

“S

I

Servizio a PAGINA 3

Servizi alle PAGINE 6 - 7

L ’ A R g O M E N T O

all’interno il mensile

della diocesi di Castellaneta

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ADESSO

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saBaTo 18 oTToBRE 2008

a nascita della co-munità cristiana a tessalonica è stata un fatto culturale talmente nuovo che

suscita subito interrogativi sul tipo di proposta religiosa fat-ta da Paolo e sulla situazione concreta in cui essa è avvenu-ta.i contenuti della predicazio-ne missionaria dell’aposto-lo possono essere facilmente conosciuti a partire da quanto egli dice a proposito dei con-vertiti: essi si sono allontanati dagli idoli «per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cie-li il suo Figlio Gesù, che Egli ha risuscitato dai morti e che ci libera dall’ira ventura» (1Ts 1,9). Da queste parole è facile de-durre che l’annuncio di Paolo contenesse una critica verso il culto idolatrico, che era molto diffuso nella città. L’afferma-zione dell’unico Dio vivo e vero, creatore dell’universo e del genere umano, il riferimen-to a Gesù di Nazaret, Figlio del Dio vivente, al suo inse-gnamento sull’amore (cf 4,9) e alla sua morte e risurrezione, il tema della liberazione da lui offerta e l’attesa della salvezza definitiva nel suo ritorno, che si riteneva imminente: que-sta tipologia di annunzio era adatta ad un uditorio senza familiarità con la tradizione biblico-guidaica, ma che re-spirava l’atmosfera culturale di un ambiente impregnato di

2 Lettere & COMMeNti

A Tessalonica, un laboratorio come pulpito

Parcheggi a pagamento @ Gentile direttore, Voglio sollevare il problema della gestione dei parcheggi a pagamento passata all’Amat. Tante parole hanno caratterizza-to allora il ripristino delle strisce blu in città. A chi protestava, al-lora, era stato assicurato che in breve tempo il territorio sarebbe stato dotato anche di aree a so-sta gratuita, come del resto pre-vede la normativa vigente. Le assicurazioni arrivavano in par-ticolare per la zona del Borgo, dove le difficoltà si avvertivano maggiormente. A risentirne so-prattutto tutti quei tarantini che qui svolgono la propria attività lavorativa, costretti a sopportare l’onere di grattini e parcometri. Abbiamo atteso un anno che le promesse divenissero realtà, ed invece ancora oggi di stri-sce bianche al centro non c’è nemmeno l’ombra. Commesse, impiegati, commercianti sono costretti a pagare per la propria vettura per l’intera giornata la-vorativa. Né tanto meno hanno potuto ovviare al salasso viag-giando con i bus di città, poiché molto spesso i pullman arrivano in ritardo, quando va bene, oppu-re fanno avaria. Questo significa che un lavoratore che si affida al servizio di trasporto pubblico rischia sistematicamente di arri-vare in forte ritardo sul proprio

posto di lavoro.Gino Biasi

A costo di essere impopolare, ribadisco ancora una volta che, a mio avviso, il centro di Taran-to dovrebbe essere totalmen-te chiuso al traffico così come accade in tante città dove non mancano certo esercizi commer-ciali. Il problema dei parcheggi c’è perché non è pensabile che una porzione ridotta di territo-rio ospiti un numero illimitato di auto. L’esperimento della circoscrizione Montegranaro-Salinella di trasformare via Li-guria in isola pedonale è stato un successo condiviso da cit-tadini comuni e commercianti. Sicuramente va migliorato il servizio pubblico ed incentivato l’uso delle biciclette. Continua-re a proporre vecchi modelli non funziona. Il coraggio di adottare scelte, innovative da noi ma am-piamente sperimentate altrove, paga sempre.

Volantini pubblicitari@ Caro don Emanuele, Vorrei sottolineare quello che a mio parere è diventato un vero e proprio incubo per i tarantini. Si tratta della notevole quantità industriale di volantini pubbli-citari di tutti i tipi che troviamo sistemati sotto i tergicristalli

delle vetture parcheggiate. E’ ormai diventato un incubo, per-ché quando vai di fretta, e ma-gari sta anche piovendo, vai per attivare i tergicristalli e si forma una poltiglia di carta sul para-brezza. Ti lasciano di tutto, dai prestiti che ti “regalano” come caramelle, a corsi di specializza-zione nei settori più improponi-bili. Mi chiedo per quale motivo tutta questa carta non venga in-filata nelle cassettine all’ingres-so dei portoni, dove lasciano depliant e volontini. Talvolta trovo sull’auto anche tre quattro pubblicità diverse, magari dello stesso prodotto o proposte di fi-nanziamento praticamente iden-tiche, ma che fanno riferimento a finanziarie diverse. Come può un consumatore fare una scelta facendo una vera ingordigia di offerte? Forse la pubblicità do-vrebbe trovare nuove formule più efficaci e meno fastidiose per proporsi, perché in questa maniera potrebbe ottenere l’ef-fetto opposto a quello di attira-re clienti. Alla fine tutta quella carta finisce per terra ad incre-mentare la sporcizia sulle nostre strade. Mino Di Fraia

Gli incubi dei tarantini sono ben altri ma condivido con lei il di-sagio per l’abuso di materiale pubblicitario. Se la pubblicità è

l’anima del commercio è anche vero che, quando l’offerta è ec-cessiva, il consumatore reagisce con fastidio. È anche vero che, a fronte di una città indubbiamen-te sporca, i volantini buttati per strada non fanno che aggravare la situazione. Agli inserzioni-sti da ‘parabrezza’ si potreb-be chiedere una piccola ‘tassa per smaltimento’. Il consiglio, in ogni caso, è di utilizzare il buon senso quando si debbono effettuare degli acquisti e di non farsi irretire da offerte ‘miraco-lose’.

“Cinquantamila euro e potete stare tran-quilli”Due balordi ricattano la regista Lina Wert-müller, che lascia Taranto (14 ottobre 2008, Quotidiano)

“Arsenale, il piano industriale del governo Prodi va rivisto, perché la nostra visione po-litica è diversa”Giuseppe Cossiga, sottosegretario alla Difesa ai rappresentanti tarantini (14 ottobre 2008, Corriere del Mezzogiorno) “La vittoria è importantissima, ma credo che non dobbiamo mai perdere di vista i nostri obiettivi”Franco Dellisanti, allenatore del Taranto, dopo la vittoria di Terni (13 ottobre 2008, Corriere del giorno) “L’Osl stia tranquillo, avrà i 24 milioni di euro”Pietro Franzoso, deputato di F.I. rassicura l’or-gano di liquidazione sui fondi per il dissesto (12 ottobre 2008, La Gazzetta del Mezzogior-no)

“La condanna prova che l’Ilva inquina”Franco Sorrentino, segretario Uil, parte civile al pro-cesso per le cokerie, chiuso con la condanna di Riva (11 ottobre 2008, Corriere del giorno)

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religiosità idolatrica.Circa la durata della perma-nenza di Paolo a tessalonica e circa il luogo della sua resi-denza, quello cioè dove egli ha concretamente annunciato il Vangelo, le informazioni che ci provengono dal reso-conto degli Atti degli Apostoli (17,2-9) non trovano riscontro nelle due Lettere scritte da Paolo alla comunità di Tes-salonica. Il suo soggiorno in questa città non può essere stato di venti giorni ma deve essere durato almeno un anno. L’apostolo non fa menzione di benefattori o benefattrici, che gli garantivano vitto e allog-gio e mettevano a disposizione una grande casa per accogliere quanti erano interessati alla sua proposta religiosa. Tut-to lascia pensare che il luogo – ove Paolo a Tessalonica ha comunicato il Vangelo di Dio – non è stato un luogo sacro, né un appartamento di lusso molto grande, bensì un labo-ratorio ove egli, da solo o in-sieme ad altri, lavorava ma-nualmente. È l’apostolo che lo scrive: «lavorando notte e giorno, per non essere di peso ad alcuno, vi abbiamo annun-ciato il Vangelo di Dio» (1Ts 2,9). E, alcuni mesi più tardi, scrivendo una seconda lettera ai cristiani di Tessalonica, ri-torna sullo stesso argomento: «sapete infatti come dovete imitarci, poiché noi non ab-biamo vissuto oziosamente tra voi, né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcu-no, ma abbiamo lavorato con

fatica e sforzo, notte e giorno, per non essere di peso ad alcu-no. Non che non ne avessimo diritto, ma per darvi noi stes-si come esempio da imitare» (2Ts 3,7-9).Senza fare un commento puntuale su queste due testi-monianze di Paolo, mi preme soltanto mettere in risalto il fatto che l’apostolo, per poter vivere a Tessalonica, ha dovu-to lavorare, anzi ha scelto di lavorare praticando un me-stiere che comportava sforzo e fatica, un lavoro riservato al proletariato, agli schiavi e che non era certo praticato dagli intellettuali o da persone appartenenti all’alta società. Si trattava, poi, di un lavoro che non doveva fruttare molto sul piano economico, se egli per due volte dice di lavorare giorno e notte per non essere di peso ad alcuno. Stava massimamente a cuo-re all’apostolo che la comu-nicazione del Vangelo non fosse percepita come un baratto. Per valutare corret-tamente le modalità con cui è avvenuta la predicazione cristiana nelle prime ore del cristianesimo, occorre aggiun-gere che la giornata lavorativa, in quell’epoca, durava dodici ore e che la settimana non ave-va un giorno di riposo, ma si lavorava sette giorni su sette. Non sappiamo se Paolo lavo-rasse in proprio o associato ad altri operai o a un datore di la-voro, come avvenne più tardi a Corinto (At 18,3). Né sappia-mo con esattezza quando egli

abbia imparato il mestiere di costruttore di tende. Più che da adolescente a Tarso, quan-do frequentava le scuole di re-torica, o da giovane a Gerusa-lemme, quando era alla scuola del rabbino Gamaliele, sarà stato probabilmente a Dama-sco, dopo la conversione, dove per tre anni (Gal 1,17-18) ebbe modo di progettare seriamente la sua strategia missionaria e di rendersi economicamente indipendente nell’esercizio di essa.Un laboratorio di artigiano è stato dunque il pulpito in cui è risuonato il Vangelo di Dio nella città di tessaloni-ca. Si noti la contemporaneità di azione: «lavorando… vi ab-biamo annunziato il Vangelo di Dio» (1Ts 2,9). L’uditorio era, perciò, costituito di colle-ghi di lavoro, di clienti, amici, famigliari degli uni e degli al-tri. Piano piano il numero dei convertiti crebbe, sicché Paolo fu indotto a chiedere aiuto eco-nomico alla comunità cristiana di Filippi, per potersi dedicare totalmente al servizio pastora-le diretto. Per due volte alcuni cristiani, presenti nella città di Filippi, percorsero 150 km a piedi o servendosi di una ca-rovana, sulla Via Egnatia, per recare aiuto a Paolo (Fil 4,16).La Chiesa di Tessalonica na-sce nel mondo del lavoro, era costituita da lavoratori (cfr 1Ts 4,11; 2Ts 3,7-11) e deve la sua origine all’opera di un artigia-no di nome Paolo che era, nel-lo stesso tempo, un apostolo appassionato di Gesù Cristo.

F RAMMENTIP AOLINI

+ BenIgnO LUIgI PAPA

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saBaTo 18 oTToBRE 2008 3APPrOFONDiMeNti

è chi lo chiama spiritismo, chi negromanzia, chi contatto con il so-prannaturale. Comunque lo si voglia considerare, il numero di coloro che provano a stabilire una relazione con gli spiriti dei defunti è in progressivo aumento. Molti sono spinti verso queste pratiche dalla

curiosità o dalla noia. Altri dalla disperazione per la perdita di un caro. Sono questi i soggetti più deboli che cadono spesso nella rete di approfittatori senza scrupoli, capaci di arricchirsi grazie alle disgrazie altrui. Il magistero della Chiesa resta fermo nel considerare negativamente tali attività, anche quando vengono esercitate senza fine di lucro da persone che si dichiarano cattoliche. Siamo an-dati a fondo dell’argomento , e per comprenderlo abbiamo intervistato Gemma Cometti, sensitiva, che ormai da trent’anni sostiene di udire le voci dei defunti. Recentemente l’ associazione di volontariato da lei presieduta è entrata a far parte del Centro Servizi Volontariato. Si tratta di una onlus che si occupa dell’organiz-zazione di un convegno di studi dal titolo “ Sopravvivenza e vita eterna”. Giunto all’undicesima edizione, il meeting annuale è attualmente in corso e si concluderà il prossimo 19 ottobre. La diocesi tarantina però lo disapprova.Da dove parte la sua storia ? e come si è arrivati da una vicenda personale alla costituzione di una onlus?“ E’ stato un processo lungo. E’ partito tutto dalla morte di mio figlio Davide. Era il 1978. Appena appresa la notizia decisi in cuor mio che volevo morire insieme a lui, e sono sicura che se non lo avessi ritrovato sarei morta. Anche se avevo altri figli, per me non contava. D’altronde se si perde un braccio, poco importa di aver-ne anche un altro. Fu mio marito a salvarmi mettendosi in contatto con Gabriella Alvisi, che parlava con la figlia defunta attraverso un registratore. Mi venne a riferire di averla incontrata e che gli aveva fornito delle risposte convincenti. Io ero sempre a letto in quel periodo. Mi alzai, presi il suo registratore, un geloso a bobine, e cominciai a chiamare Davide , notte e giorno per mesi. La prima cosa che mi disse fu di ritornare alla Fede e di credere in Dio, che con lui era stato buo-no. E poi di smettere di pensare che fosse stato Dio a togliergli la vita , perché Lui non porta dolore, ma solo amore. Da lì la parola amore è diventata il fulcro della mia esistenza. E adesso io e lui siamo una cosa sola, tanto che quando parlo con parenti di persone defunte che si rivolgono a me non so mai se sono io a risponde-re o e lui attraverso di me”. Fin qui la sua storia. Ma come si sono avvicinate altre persone a questo suo percorso?“Sono stati i defunti a chiedere di poter parlare con i loro congiunti. Io però non sono mai andata a bussare a nessuna porta. Con il pas-saparola pian piano la mia storia è venuta a conoscenza di molti e quindi gli stessi parenti sono venuti a chie-dermi di mettersi in contatto con i loro cari. Così è nato questo ponte d’amore, come lo definisco. In questi trent’anni mi sono giunte voci da tutti gli apparecchi. Sono partita con la metafonia (Ndr ascolto delle voci da un registratore), poi radio e telefono, ma mai mi è successo di ascoltare una parola che non fosse d’amo-re, di fede e di cristianità”Dunque lei insieme alla sua associazione si sente parte della Chiesa.“ Certamente . Direi più di prima. Dicono che bisogna credere in Dio per fede, ma non è detto. Pensiamo a San Tommaso che ha voluto toccare per credere. Se Dio permette che avvengano questi contatti vuol dire che è lecito. Poi io non ho invocato mio figlio perché volevo delle prove per credere. Io l’ho chiamato perché non potevo vivere senza di lui. Noi andiamo a Messa, facciamo la comunione. Io faccio volontariato da trent’anni. Quello di casa mia è un telefono amico, in cui ricevo telefonate da tutta Italia. Trovare un sacerdote con cui parlare invece non è sempre facile. Lo si trova solamente per essere giudicati; per essere sostenuti meno. Il mio lavoro con le persone è anche quello di far capire che il dolore che provano fa male ai loro defunti. Se una persona amata è lontana ma è felice, non possiamo che essere felici per lei. Certo non è facile arrivare a questa consape-volezza, ma io li accompagno in questo cammino. E poi da questi incontri è scaturito tanto bene. Molte persone hanno cominciato a fare volontariato e hanno creato delle cose meravigliose”.Ma, a prescindere dal suo sostegno, i componenti del gruppo sono seguiti da un padre spirituale?“No. L’associazione di volontariato è tesa solo all’organizzazione del convegno”e che tipo di aiuto pensate di dare come associazione di volontariato con questo convegno?“ L’aiuto che diamo è quello di far tornare tanta gente alla fede, di far capire che è sbagliato ribellarsi a Dio, di far credere nella sopravvivenza”e non pensa che questo genere di supporto spetti ai sacerdoti?“ Ognuno fa la sua parte. Dio si serve di tutti. La Madonna è apparsa ai pastorelli mica ai sacerdoti. Perché dovrebbero essere solo loro a portare la Parola di Dio? La Chiesa non è fatta solo dai preti. Ognuno di noi è la Chiesa e per questo Dio può servirsi di ciascuno. Poi a chi tanto combatte la metafonia dico che è stata scoperta da due sacerdoti: padre Gemelli e padre Ernetti. Nel settembre del 1952 all‘ Università del Sacro Cuore di Milano loro due facevano degli esperimenti scientifici di oscillografia applicata alla ritmica antica ambrosiana e gregoriana. Padre Gemelli aveva l’abitudine di invocare il nome del padre defunto durante gli esperimenti perché lo aiutasse, ed un giorno riascoltando quanto registrato udì la sua voce che gli diceva di non temere perché era sempre con lui. Dunque i primi a scoprire queste voci furono due consacrati e non una mamma alla ricerca del figlio”.Ma allora, se è tutto così lineare come dice, perché la Chiesa non accetta di buon grado questo tipo di fenomeni?“ Io non me lo spiego. Nella Chiesa comunque ci sono tanti sacerdoti che credono a queste contatti con i defunti. E molti preti che sono giunti ai nostri convegni da reticenti poi si sono ricreduti. Bisogna guardare a quali sono i frutti di tutto questo. Ci sono la buona medianità e la cattiva medianità, però è difficile e faticoso fare discernimento. Allora si preferisce dire di non avvicinarsi alla sfera del sopranna-turale, parlando di diavolo. Ma da questi contatti sono venute fuori cose talmente belle e sante che è impensabile legarle a Satana. Non si può non toccare il fuoco per paura di bruciarsi. Questi convegni servono anche a tracciare una linea di con-fine tra ciò che buono e ciò che non lo è”.

ella mia qualità di Consigliere Spirituale del GRIS (Gruppo di Ricerca ed Informazione Socioreligiosa) dell’Arcidiocesi di Taranto, ho avuto modo di conoscere gli atti dei Convegni organizzati dalla Signora Gemma Co-metti, di cui ho letto anche uno scritto (Il lungo viaggio nell’Anima. Let-

tere del cielo, Roma 2005). Pur nutrendo profondo rispetto per il dolore vissuto dalla Signora Cometti e dalle tante persone che, come lei, hanno subito la perdita di un figlio o di una persona cara, non posso certo tacere i forti dubbi che permangono sulla loro proposta di fede.1.il legame con i morti, nella Chiesa, avviene attraverso il mistero della Comu-nione dei Santi che non ha bisogno di alcun mezzo (medium) perché sia chi vive sulla terra sia chi vive già al cospetto di Dio è legato dalla inscindibile comunione d’amore esistente tra i credenti in forza del battesimo e della comune partecipazione all’Eucaristia. Questo legame non ha bisogno di voci, registrazioni, scritture e mes-saggi, che sono in realtà un asservimento del mondo ultraterreno alla disperata ri-cerca di consolazione del nostro mondo. È comprensibile che chi perde una persona cara senta il bisogno di avvertirla ancora vicina, ma questo non può essere fatto con ogni mezzo. È superfluo, in questa sede, ricordare che chi voglia definirsi cattolico deve accogliere la dottrina cattolica in tutto e per tutto. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr nn. 2116-2117) è chiaro su questo punto: l’evocazione dei morti, per qualsiasi motivo venga compiuta, è una forma di divinazione e come tale va respin-ta in quanto contraria alla fede cattolica. Uno è libero di non accogliere questo inse-gnamento, però deve coerentemente dedurre di non avere il diritto di dirsi cattolico né di affermare di far parte della Chiesa “più di prima”. Chi non accoglie la dottrina della Chiesa si assume le responsabilità della propria scelta, ma non può pretendere che la Chiesa taccia e non eserciti il suo servizio alla verità.2.Un altro punto su cui le posizioni della Cometti destano forti perplessità è esattamente il rapporto con la Chiesa e con i suoi Pastori che esercitano il servi-zio della verità. È sin troppo evidente dalle sue affermazioni che la Signora Cometti non si pone e non vuole porsi in atteggiamento di obbedienza e di ascolto del Magi-stero della Chiesa. Per lei, valgono solo le parole di quei pochissimi (due) Sacerdoti che la seguono. Parlare dei Sacerdoti come di persone non disponibili all’ascolto o pronti a farlo solo per giudicare potrà forse rivelare alcune ferite del suo cuore – verso cui rinnovo il mio rispetto – ma non è certo un atteggiamento spiritualmente utile. Del resto, se un Sacerdote attesta che le sue posizioni non sono conformi alla dottrina della Chiesa, non sta certo insultando la Cometti e chi la pensa come lei; sta solo esercitando la sua missione di Pastore che ha il dovere (non rinunciabile) di illuminare la coscienza dei fedeli. In realtà, il mondo spirituale della Cometti e dei suoi Convegni risulta aver costruito una fede alternativa: Dio sì ma come lo in-terpreto io, Chiesa va bene ma solo nella misura in cui non mi contraddice, fede nella vita eterna sì ma soltanto secondo il mio punto di vista.Nell’intervista rilasciata al Nuovo Dialogo, la Signo-ra fa un’affermazione agghiacciante per dimostra-re la liceità dei contatti medianici con i morti. ella dice: «Se Dio permette che avvengano questi contatti vuol dire che è lecito». Da quest’affermazione si vede che nell’universo culturale e di fede della Signora evidentemente abita un Dio diverso da quello rivelato da Gesù Cristo. Dio ha dato alle sue creature la libertà di fare ciò che ritengono opportuno, ma questo non vuol dire che tutto ciò che avviene nel mondo sia lecito solo per il fatto che Dio consenta tale libertà: in questo modo sarebbero leciti anche adulteri, furti ed omicidi. Se Dio consente che gli uomini li compiano… Dio va accolto così come Egli si è rivelato in Gesù Cristo, il quale ha affidato agli Apostoli e ai loro successori il compito del discernimento della verità. Le ultime due risposte dell’intervista rilasciata dalla Signora sono, da questo punto di vista, chiarificanti per rettamente valutare il tipo di “esperienza di fede” che viene propo-sta dai suoi Convegni: si tratta di una fede utilitarista, usata per il proprio bisogno di consolazione; non è una fede che si apre al mistero di Dio così com’è, ma ci troviamo dinanzi ad un tipo di fede che usa il mistero della eternità per dare risposte “a buon mercato” al proprio pur legittimo bisogno di consolazione. Per questo è una fede che non ammette il confronto con l’istanza veritativa del Magistero, è una fede relativista, che assolutizza la propria interpretazione e non ammette repliche, neppure autorevoli. Oggi si direbbe che è una fede di tipo new-age, molto diffusa ma anche molto lontana dalla fede cristiana.3.Una considerazione approfondita andrebbe fatta sulle fonti utilizzate dalla Signora per provare la legittimità delle proprie posizioni. Ella, per accreditare l’esperienza spiritista come se fosse cristiana, cita parole di Santi, tuttavia, abu-sandole, in quanto le estrapola dai contesti. Si pone persino sulla bocca dell’anima di san Pio da Pietrelcina una legittimazione delle credenze sullo “spirito guida”, che nulla a che fare con la dottrina cattolica (cfr G. COMETTI, Il lungo viaggio nell’Anima. Lettere del cielo, Roma 2005, 29). Anche Padre Pio, in questa proposta, rischia di diventare eretico! Naturalmente occorrerebbe un discorso serio, lungo e articolato, che in questa sede non è possibile fare.4.Un’ultima riflessione va fatta sulla opportunità pedagogica di invitare i gio-vani a tali Convegni. Chiunque abbia un po’ di senso di responsabilità, non invi-terebbe i ragazzi a partecipare a tali Convegni in cui si “celebrano” i contatti con i morti attraverso metafonia, radio, telefono, scrittura e quant’altro. Il mondo giova-nile, interiormente debole, si lascia affascinare dai temi dello spiritismo ed è facile preda di interessi morbosi che, però, non aiutano i ragazzi ad integrare la propria personalità in tutti gli orizzonti. Si offre loro, in quei Convegni, una visione distorta della fede: quasi che essa sia un mondo misterioso ed anche un po’ macabro che ha a che fare con la morte anziché con la vita. Quando si fa una proposta alla società, non è sufficiente usare ed abusare le parole “amore, ponte d’amore” per sentirsi legittimati. Bisogna fare qualcosa di serio e utile a chi vive esperienze di dolore ad ai giovani in cerca della fede. Allora li si aiuti a conoscere il Dio della vita che ci farà risorgere e non un Dio – simile ad un Divino Centralinista – il quale avrebbe il compito di farci parlare con i morti. A questo proposito – ma è solo un’idea persona-lissima! – desta profondo sconcerto la decisione del Centro Servizi di Volontariato di accogliere la nuova Associazione tra i propri iscritti. Non ravviso alcuna utilità sociale in chi tenta di aumentare la fede in Dio attraverso le pratiche spiritiste: in Italia abbiamo già visto e sperimentato con amarezza a quali alienazioni ed aber-razioni sono stati portati alcuni giovani che hanno adempiuto esperienze e pratiche spiritiste. Chi veicola tale cultura se ne deve sentire socialmente corresponsabile.

*Sacerdote teologo consigliere spirituale del Gris, nella foto con l’Arcivescovo

C’MARInA LUZZI MARCO GERARDO*

QUANDO i MOrti PArLANO DAL reGiStrAtOre

LA ChieSA riSPettA iL DOLOreMA CONDANNA ASPrAMeNte i ‘MeDiUM’

N

lo strazio per la perdita di un figlio il cattolico che pratica spiritismo pecca gravemente

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saBaTo 18 oTToBRE 2008

del disabile e il monte ore di sostegno assegnato, oggi il grado di gravità non viene più letto alla luce del monte ore. Le decisioni in merito, comunque, vengono assunte dal GLIP (Gruppo di lavoro per l’integrazione scolasti-ca), istituito presso l’Ufficio

Scolastico Provinciale, che ha il compito di verificare la diagnosi funzionale realizza-ta dalla USL, al passaggio di ordine scolastico, per ogni alunno diversamente abile. Il rischio, come in tempi non sospetti diceva don Lorenzo Milani, è di «fare parti egua-li tra diseguali», con grave danno anche per gli oltre 190.000 studenti con disabi-lità.

Le cose a Taranto non vanno meglio,

infatti, non esiste alcun servizio di assistenza

specialistica per le disabilità.

4 L’ArGOMeNtO

AtteNZiONe SOCiALe

I tagli della Finanziaria 2008 hanno dimezzato il sostegno per i disabili nelle scuole e non solo

Un brutto colpoall’integrazione scolastica

anno scolastico è iniziato da un mese ma la scuo-la in provincia di

Taranto soffre. A denunciar-lo sono l’AMAR DOWN e l’AIDA, le due associazioni di Martina Franca che si oc-cupano dell’integrazione del-le persone diversamente abi-

li e fanno in modo che siano attuati i loro diritti umani. La questione riguarda l’inte-grazione scolastica dei disa-bili, istituita con la legge 104 del 1992. La norma prevede-va che all’allievo con biso-gni educativi speciali fosse attuato in pieno il processo d’integrazione, senza intac-care il programma scolastico previsto per l’intera classe. La norma prevedeva, inoltre, una diminuzione del numero degli alunni nella classe dove è presente un diversamente

abile. Due provvedimenti in grado di diminuire “l’impat-to” che un alunno con diffi-coltà d’apprendimento e/o di movimento ha nella scuola dei normodotati. Parliamo al passato perché, in realtà, le cose non stanno così. La legge finanziaria per il 2008, infatti, prevede che ci sia un posto di insegnan-te di sostegno ogni due stu-denti, in media. E ciò vale per ogni provincia. Ma la situazione di fatto attual-mente è diversa. Al Nord c’è un posto di sostegno ogni tre studenti, al Sud un posto ogni 1,5. La provincia di Taranto, purtroppo, segue il trend nazionale. A denunciar-lo sono proprio l’AMAR DOWN e l’AIDA secondo cui, a Martina Franca in particolare, le ore di soste-gno sono sempre più stri-minzite, anche su quelle di-sabilità dove è richiesto un rapporto 1 a 1; mancano gli assistenti all’autonomia che i comuni dovrebbero pre-vedere all’inizio dell’anno scolastico per gli assistiti segnalati dalla ASL; man-ca l’organizzazione idonea

per gli assistenti all’igiene; mancano i corsi di aggior-namento rivolti ai docenti e non che operano nella scuola e mancano gli ausili e sussidi didattici speciali.“A nostro parere – afferma Angela Castagna, presiden-te dell’AMAR DOWN – il

in qualche caso, anche a 12 ore”. Le due associazioni, inoltre, chiedono per Marti-na la nascita della Consulta H che coinvolga comune, dirigenti scolastici, genitori, associazioni e cooperative che offrono servizi ai disa-bili.Le cose anche nel capoluogo ionico non vanno meglio. A Taranto, infatti, non esiste alcun servizio di assistenza specialistica per le disabilità. Diversa, invece, la situazio-ne per l’ente Provincia che, grazie a fondi pregressi, si avvale di educatori specia-lizzati per il linguaggio dei segni e per il braille. “Noto una grande decurta-zione di personale da parte del Ministero. Le ore di so-stegno scolastico sono dimi-nuite e, di conseguenza, ne viene meno anche il proget-to di integrazione”. È questo il parere di Lucia Bonger-mino, psicologa della Asl Taranto 1.In effetti qualche cambia-mento da parte dell’Ufficio Scolastico Provinciale c’è stato. In passato, infatti, c’era un raccordo fra l’indi-cazione del grado di gravità

supporto scolastico offerto non è adeguato alla proble-matica dei nostri ragazzi. Al sud mancano i servizi di integrazione sociale e sco-lastica. Dall’anno scolasti-co 2007/2008, inoltre, dalla copertura delle ore quasi to-tale si è passati a 18 ore e,

L’FEDERiCA D’OnGhiA

A Martina Franca le ore di sostegno sono sempre più striminzite

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saBaTo 18 oTToBRE 2008

ella classificazione dell’OMS ICIDH (in-ternational classifica-tion of impairments,

disabilities and handicaps, clas-sificazione internazionale delle menomazioni, disabilità e han-dicap) del 1980 si definiva con handicap lo svantaggio sociale della persona con disabilità.Sempre secondo l’OMS, è il sistema sociale che fa di una disabilità un handicap nel mo-mento in cui questa non consen-te all’individuo di soddisfare le aspettative della società stessa.L’intervento della scuola, quin-di, dovrebbe mirare a diffondere l’idea di autonomia, di autosuf-ficienza, di parità di diritti/dove-ri del disabile e della sua totale partecipazione alla vita sociale, cercando di fornire non solo idee ma anche soluzioni operative, poiché gli scopi dell’istruzione sono uguali per tutti gli studenti, anche se possono variare i mez-zi necessari per conseguirli.La reale integrazione si ha quando l’alunno viene messo in condizione di partecipare a tutte quelle attività che i do-centi prevedono per la classe favorendo il processo formativo dell’alunno portatore di handi-cap, mediante la strutturazione di una programmazione ad hoc che consente a ciascuno di lavo-rare secondo le proprie capacità. Viene in questo modo superata la concezione assistenziale, che diviene gestione del bisogno.Questo, purtroppo, nella città di Taranto non sempre accade. Un rimbalzo di competenze fra Comune e Provincia, ritardano ogni anno l’inserimento scola-stico dei ragazzi disabili.

Il maxiemendamento Gelmi-ni sulla scuola, poi, con i tagli effettuati, ha creato maggiori disagi per le scuole, per le fami-glie e per gli enti locali.“Si calcola all’incirca la riduzio-ne di un terzo degli insegnanti di sostegno”, ci ha detto l’As-sessore alla Pubblica Istruzione e all’Università del Comune di Taranto, Paolo Ciocia, “questi tagli hanno provocato un forte disagio nelle famiglie dei ra-gazzi diversamente abili che si sono trovate prive di quella co-pertura assicurata dal Ministero della Pubblica Istruzione fino allo scorso anno”.Il Comune, intanto, è partito dal primo ottobre con il servizio di trasporto per i bambini del-le scuole materne, delle scuole primarie e delle scuole seconda-rie di primo grado. E dal primo novembre, dovrebbe cominciare il servizio di Assistenza Specia-listica con dieci assistenti per le scuole statali e cinque per quel-le comunali.“Per fare ciò”, ha sottolineato Ciocia, “il nostro assessorato ha coinvolto le associazioni di volontariato e la Presidenza del Consiglio Comunale, che su sti-molo del Sindaco hanno dato disponibilità gratuita per coprire l’emergenza”.In tutto questo non sono inseri-ti i ragazzi disabili delle scuole secondarie di secondo grado, cura dei quali, a detta dei rap-presentanti del Comune, sareb-be competenza della Provincia. Dal canto suo, l’Assessore alle Politiche Sociali della Provincia di Taranto, Stefano Fabbiano, ha dichiarato: “competenza del mio Ente sono solo i ragazzi audiolesi e videolesi, apparte-nenti alle scuole di ogni grado.

Per il trasporto, la competenza è del Comune. E questo si evin-ce da una circolare inviata dalla Regione Puglia agli Enti locali il 7 agosto 2008, nella quale si in-vitano tutti i Comuni, singoli ed associati, ad assicurare copertura finanziaria al servizio di traspor-to anche dei ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado, av-valendosi, se necessario, delle ri-sorse dell’Area Disabili del Piano Sociale di Zona, laddove non già individuate, limitatamente all’an-no scolastico 2008/2009”.Lo scorso anno, la Provincia, ha impegnato per l’assistenza agli studenti disabili, circa cento-cinquanta ragazzi inseriti in un progetto con il servizio civile. I tagli effettuati dalla finanziaria al servizio civile, non hanno per-messo quest’anno di riproporre il progetto.“Quello del sostegno ai ragazzi disabili”, ha detto Fabbiano, “è un problema che è andato peg-giorando negli ultimi anni. Chi governa si deve rendere conto che non può far pagare sempre al più debole. Dovrebbero attivare delle politiche forti in sostegno dei ragazzi disabili e delle loro famiglie”.“Stiamo cercando di attivare una rete di collaborazione con la Pro-vincia”, ha assicurato Ciocia, “ e presto, nonostante la condizione di disagio economico in cui verte il Comune di Taranto, saremo in grado di offrire un servizio, il più completo possibile, ai ragazzi di-sabili e alle loro famiglie”.Mentre, però, gli enti locali si rimbalzano le competenze ed il governo centrale effettua tagli inopportuni, i ragazzi e le loro famiglie restano privi di un aiuto concreto che fa diventare la loro disabilità un handicap.

5L’ArGOMeNtO

all’integrazione scolastica

Se a causa della politica la disabilità diventa hANDiCAP

N

Qualcosa per cambiare si può e si deve

AnnA RITA PALMISAnI

I rimpalli di competenze ostacolano il diritto allo studio

Paolo Ciociaassessore del Comune di Taranto alla pubblica istuzione

Stefano Fabbianovicepresidente dellaProvincia,Assessore ai servizi sociali

A Velletri, in provincia di Roma ce l’hanno fatta. Ecco come

i raccontiamo la storia di chi, per quest’anno scolastico, ce l’ha fatta. È accaduto a

Velletri, in provincia di Roma, dove Amministrazione Comu-nale, nello specifico l’Assesso-re ai Servizi Sociali, Lega Ar-cobaleno e scuola si sono uniti per risolvere il problema.All’inizio dell’anno scolastico alla Scuola Media Statale “A. Vellatrano”, a fronte di 22 alun-ni disabili iscritti, l’Ufficio Sco-lastico Provinciale ha assegna-to solo 7 cattedre di sostegno. Dei 22 alunni con disabilità 5 sono in possesso di sentenza del Tribunale di Roma che assegna loro, con deroga massima, 18 ore di sostegno settimanali. Del disagio che si sarebbe crea-to per i 22 alunni si è fatta por-tavoce la mamma della piccola Rosa, Alessandra.La “Vellatrano” è considerata polo di eccellenza per l’integra-zione degli alunni con disabili-

tà. Oltre ad essere accessibile in ogni sua parte, è stata l’unica scuola di Velletri, durante lo scorso anno sco-lastico, ad aver organizzato un corso di aggiornamento sull’inserimento degli studenti disabili per i docen-ti curricolari. Agli alunni è fornita dall’amministrazione comunale l’as-sistenza all’autonomia e alla comu-nicazione, mentre la scuola assicura l’assistenza di base con collaboratori

scolastici qualificati. La scuola ha immediatamente con-vocato il GLHI, Gruppo di lavoro per l’handicap d’istituto, comuni-cando la situazione. Il gruppo avreb-be potuto assegnare le deroghe ai 5 alunni, dividendo tra gli altri 17 le 36 ore restanti, oppure dividere tra i 22 alunni le 7 cattedre. Entrambe le ipotesi erano impraticabili in quanto nel primo caso ai 17 studenti sareb-

bero state assegnate 2 ore settima-nali, nel secondo, invece, sarebbero state assegnate poche ore a quegli alunni che, come stabilito dal Tri-bunale, hanno bisogno della deroga massima per poter vedere valoriz-zate le loro potenzialità nel contesto scolastico.A quel punto, c’era un’unica solu-zione: chiedere al CSA di assegnare altre tre cattedre all’Istituto, per ga-

rantire ai 22 alunni e alle classi in cui sono inseriti il necessario supporto.E’ toccato ancora ad Alessandra con-vocare i genitori degli altri alunni per decidere il da fare. Unanimamente i genitori hanno de-ciso di denunciare la situazione ai carabinieri per lesione del diritto allo studio sancito dalla Costituzione. Per capire la situazione basta un dato. Gli studenti disabili nella provincia di Roma sono 13.934. Rispetto allo scorso anno c’è stato un incremento di 800 studenti, a fronte di solo 200 cattedre in più autorizzate dal Mini-stero dell’Istruzione, per un totale di 3207 insegnanti. La denuncia è stata consegnata a mano dall’assessore comunale e dal-la preside al responsabile dell’Uffi-cio Scolastico Provinciale. Dopo quasi un mese di incontri, let-tere e denunce, finalmente il ricono-scimento di un diritto. La scuola, i ragazzi e le famiglie hanno ottenuto l’assegnazione di altre 3 cattedre per quest’anno scolastico.

F.D’O.

V

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saBaTo 18 oTToBRE 20086 L’ ArGOMeNtO

AMBieNte

Raccolta differenziata:“Ricomincio da zero”Ne abbiamo parlato con il presidente dell’Amiu, Gino Pucci: l’azienda municipalizzata ha avviato molti progetti e altri ne ha in cantiere, però non ha soldi e deve affidarsi spesso al volontariato. Il con-tributo delle associazioni cattoliche e la necessità di “premiare realmente” i cittadini che collaborano

SILVAnO TReVISAnI

rifiuti rappresentano, per le città del benessere e dei consumi, un’ipoteca che pesa fortemente non

solo sul futuro, ma anche già sul presente. La raccolta dif-ferenziata è l’unico passaggio che può garantire un futuro tranquillo alle città moderne, che in genere, però, non si sono curate affatto di affronta-re il problema. Taranto e molti paesi della sua provincia, ol-tre a pagare pesantemente lo smaltimento dei rifiuti rischia-no anche gravi sanzioni per non aver creato le condizione per la raccolta differenziata.Martedì scorso il presiden-te dell’Amiu, Gino Pucci, è stato ascoltato dalla commis-sione Ambiente del Comune, per fare il punto sull’attività dell’azienda, con particolare riferimento alle iniziative pro-prio per la raccolta differen-ziata. Al termine dell’incontro gli abbiamo rivolto alcune do-mande.Sull’Amiu pesa una grossa responsabilità, per il ritardo finora accumulato. Come si muoverà per il futuro?Nella riunione della commis-sione ho tracciato un percorso della differenziata, ricordando come fosse del tutto inesisten-te quando siamo subentrati alla guida della municipalizzata: non c’era un progetto. La data del 1° gennaio 2007 era passa-ta senza che l’Amiu avesse fat-to nulla. E adesso noi stiamo facendo un lavoro di proget-tazione senza denaro, facendo leva su cittadini e associazio-ni, delle parrocchie, come nel caso di San Vito. Non puoi fare la differenziata se non di-sponi prima una campagna di comunicazione e se non hai i mezzi……e l’Amiu i mezzi non li ha.Non ha i mezzi né le risorse eppure ci stiamo movendo. Ma sia chiaro che ho il prioritario obiettivo di pagare puntual-mente gli stipendi ai dipenden-ti e di garantire la raccolta dei rifiuti solidi urbani. Non si può rischiare di far slittare queste scadenze puntuali: l’esperien-za ci ha insegnato, nel recente passato, che anche un rallen-tamento dovuto a una serie di incontri programmatici e sin-dacali può creare disagi alla città. E’ accaduto nelle scorse settimane: la città, per una se-rie di problemi, in pochi giorni ha subito disagi gravi per il ral-lentamento della raccolta.Ma come si muoverà l’azien-da?Dal 1° luglio scorso, aven-do intravisto in Roberto De Giorgi la persona più prepa-rata, anche per le sue prece-

denti esperienze, con lui ab-biamo avviato un percorso di progettazione grazie al quale abbiamo ottenuto la disponi-bilità dei dirigenti del settore Ambiente della Regione e il sostegno di Nichi Vendola a sostenere un progetto specifico per Taranto poiché è una città capofila e dispone di un’azien-da municipalizzata. Questo progetto, che si aggiunge a quello dell’Ato, potrebbe otte-nere finanziamenti ad hoc che ci consentirebbe di avviare un bando già a gennaio. Ma qual-cosa abbiamo già cominciato a farla: dal 1° ottobre, con la di-sponibilità della Comieco e di tre associazioni di volontaria-to, abbiamo avviato il proget-to cartoniera per la raccolta di carta e cartoni, che in 10 giorni ci ha consentito di raccogliere il doppio delle quantità prece-denti: un significativo passo in avanti che dimostra che dove c’è organizzazione si trova la risposta della città.Ma non crede che, soprattut-to in una realtà urbana come quella di taranto, con le sue difficoltà logistiche, sarebbe necessario un servizio porta a porta per rendere agevole l’incontro tra servizio e citta-dinanza?Ne sono tanto convinto che posso dire che, grazie alla

collaborazione tra Amiu e ser-vizi sociali, dal 1° novembre parte il servizio porta a porta per 25.000 utenze. Anche in questo caso utilizzerò il vo-lontariato. Però devo dire che dal 1° settembre il dato della raccolta è raddoppiato, seppu-re resta basso rispetto ai para-metri posti dalla Regione. Ma il ventaglio degli interventi è molto variegato: sempre dal 1° settembre abbiamo avviato la raccolta delle frazioni umide, giungendo a raccogliere 2 ton-nellate al giorno presso i prin-cipali mercati cittadini, anche se il percorso resta da comple-tare. Ma assieme agli stralci di potatura e alla nuova espe-rienza di servizio presso 2000 utenze riusciamo a diminuire i conferimenti in discarica, che incidono poi sulla tarsu.Inoltre abbiamo avviato una nuova iniziativa per la raccol-ta degli “ingombranti” con la collaborazione di associazioni cattoliche e laiche. Mettendo a disposizione un numero verde al quale possono rivolgersi co-loro che vogliono liberarsi di mobili, suppellettili, e oggetti ancora funzionali, riusciamo a ritirare, recuperare e rimet-tere in circolo i materiali che possono essere utili ai meno abbienti o possono anche pren-dere la via di altri paesi più poveri. Ma non basta, quanto riguarda per i “Rae”, ovvero, per i rifiuti elettrici ed elettro-nici, che rappresentano un pro-blema sempre più consistente, sempre con la collaborazione di De Giorgi stiamo predispo-nendo un “ecocentro” comuna-le al quartiere Salinella. Ma il quadro si completa con le isole ecologiche (noi aggiungeremo una nostra alle tre dell’Ato), con nuovi mezzi necessari alla raccolta. Per il resto un im-

pianto per la differenziata c’è e con l’aumento della raccolta potremo conferire direttamen-te alle aziende di riciclaggio, con l’obiettivo di ridurre i co-sti complessivi che oggi si sca-ricano sulla cittadinanza.Negli anni Settanta l’Amiu, come pure l’Amat, erano aziende in attivo. A quel tem-po fornire servizi pubblici poteva essere un affare. Oggi le cose sono cambiate, ma una corretta gestione dei ri-fiuti può rappresentare una risorsa.Certamente. Tutto sta a cre-are un processo virtuoso che coinvolga i cittadini. Questi ultimi, da parte loro, vanno incoraggiati nell’utilizzo delle isole ecologiche, ma con leal-tà. Io incontro molta gente che aspetta ancora di ottenere sgra-vi e bonus, per aver conferito i rifiuti dopo averli “pesati”… quando il servizio era in mano ai precedenti amministratori. E’ evidente che il pubblico non va deluso per non compromet-tere la sua collaborazione che resta fondamentale. Se si de-cide di istituire una premiali-tà per coloro che collaborano attivamente, tale decisione va trasformata in gesti concreti.Dall’associazionismo cat-tolico c’è stata, quindi, una risposta positiva in coerenza con il dettato della Conferen-za episcopale.Sì, abbiamo avuto recentemen-te un incontro molto positivo che ci ha dimostrato una vita-lità e una disponibilità davvero importanti. Siamo convintissi-mi che una presa di coscienza e una collaborazione diretta possono essere determinanti a un’inversione di tendenza del-le abitudini e del disinteresse di molta parte della cittadinan-za.

Sono partite anche a Taranto le ‘Cartoniadi 2008’. La città concorrerà con le altre quattro pugliesi alla gara per raccogliere il maggior quantitativo di carta e cartone. In verità, da una nostra inchie-sta risulta che i cittadini non ne sappiano molto e che, quindi, non si sentano coinvolti. Abbiamo raccolto una serie d’informazioni utili a stimolare il corretto smaltimento di carta e cartone.Con la raccolta differenziata di carta, cartone e cartoncino si sottraggono preziosi materiali alle discariche, riducendo sensibilmente la quantità di rifiuti ad esse destinati. In Italia, grazie alle raccolta differenziata della carta, in media ven-gono annualmente evitate emissioni nocive per l’atmosfera, equivalenti al blocco totale di tutto il traffico su strada – auto, camion e mezzi pubblici compresi – di 6 giorni e 6 notti! In Italia, la produzione di scatole per giocattoli, calzature e altri prodotti di uso comune, viene effettuata per la maggior parte con macero, pro-veniente anche dalla raccolta differenziata. Il no-stro Paese è tra i primi in Europa per l’utilizzo del macero e la raccolta differenziata delle famiglie ne rappresenta circa un terzo del totale: una “fo-resta urbana” dalla quale attingere una materia prima preziosa.

QualE caRTa?I giornali, le riviste, i fumetti, tutta la stampa commerciale (dèpliant, pieghevoli pubblicitari), ma anche i sacchetti per gli alimenti, per il pane o per la frutta, i sacchetti di carta con i manici, i fogli di carta di ogni tipo e dimensione (dai poster ai foglietti di istruzioni dei farmaci).

QualE caRTonE?Tutti gli imballaggi in cartone ondulato di qualsiasi forma o misura (ad esempio, per apparecchi televisivi o elettrodo-mestici), ma anche contenitori in cartone per frutta e ver-dura. Non importa la grandezza dell’imballo, basta che sia di cartone.

QualE caRToncino?Tutte le confezioni e gli imballaggi in cartoncino. Contenitori di prodotti alimentari, come astucci per la pasta, per il riso, per i corn flakes ecc. Tutte le fascette in cartoncino di pro-dotti come conserve, yogurt e bevande. E ancora, le scatole delle scarpe, tutte le confezioni, grandi e piccole, di prodot-ti come detersivi per lavatrici e lavastoviglie, le scatole dei medicinali, del dentifricio, ecc.Non importa la grandezza della confezione, basta che sia di cartoncino.

cosa non dEvE EssERE confERiTo?Tutti i materiali non cellulosici, i contenitori di prodotti perico-losi, carte sintetiche, ogni tipo di carta, cartone e cartoncino che sia stato sporcato (ad esempio carta oleata, carta e car-tone unti, tovagliolini e fazzoletti di carta usati).

dovE dEPosiTaRE caRTa, caRTonE E caRToncino?Separate carta, cartone e cartoncino dagli altri rifiuti e con-feritali negli contenitori appositamente predisposti nel vostro Comune. Ritaglierete così un futuro alla carta. Collaborate con il vostro Comune per una buona riuscita del servizio di raccolta differenziata: - non lasciare carta, cartone e cartoncino fuori dai conteni-tori adibiti alla raccolta; - selezionate correttamente la carta, il cartone e il carton-cino, togliendo per esempio nastri adesivi, punti metallici e altri materiali non cellulosici, in modo da renderli pronti ad essere riciclati. - ricordati di conferire il cartone in pezzi e piegato

CArtONiADi 2008:tArANtO Che FA? I

Gino Pucci

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saBaTo 18 oTToBRE 2008 7L’ ArGOMeNtO

roprio oggi (mar-tedì 14, per chi scrive, ndr) in C o m m i s s i o n e

Ambiente ha relazionato il consiglio di amministrazione dell’Amiu circa il tema spino-so della raccolta differenziata dei rifiuti”. Chi ci fornisce la notizia in diretta è Annarita Lemma consigliere comunale del Partito Democratico. Colei che ha presentato nello scorso mese di giugno un ordine del giorno sull’argomento di cui solo una decina di giorni fa si è discusso.“L’obiettivo di quell’ordine del giorno era quello di smuo-vere le acque, porre il proble-ma al centro dell’attenzione politica e svegliare dal torpo-re più di qualche coscienza, in modo particolare all’interno del cda dell’Amiu, l’azienda appunto preposta a curare e promuovere un incremento notevole della raccolta diffe-renziata dei rifiuti”: All’epoca dell’interrogazione della Lemma all’inizio della scorsa estate appunto, erava-mo in piena emergenza con la città molto spesso invasa dai rifiuti, cassonetti debordanti di immondizia e con la paura che Taranto possa negativa-mente emulare Napoli per la ‘monnezza’ dopo averlo fatto …ed in grande stile per il dis-sesto finanziario. Obiettiamo quindi al consigliere del Pd che forse i tempi non erano maturi per porre il tema della raccolta differenziata.“Al contrario – risponde deci-sa la Lemma – ritengo e oggi ne sono ancor più convinta che la raccolta differenziata

sia l’unica strada da perse-guire e per questo motivo occorre incalzare l’azienda affinché dica alla città qua-li strade intende seguire per migliorare gli standard e po-terci attestare su posizioni più consone ad una situazione al-meno decorosa nel quadro di un’attenzione seria e fattiva alle problematiche ambienta-li, tra le quali sicuramente la differenziata rappresenta uno

dei nodi fondamentali. Oggi con la partecipazione del cda Amiu alla seduta della com-missione ambiente rappre-senta un segnale sicuramen-te importante ma non basta perché ci aspettiamo da parte dell’azienda altri e più signifi-cativi passaggi a partire da un cronoprogramma dettagliato. In sostanza abbiamo bisogna di conoscere una scaletta de-gli interventi per i prossimi mesi che cadenzi le cose con-crete da fare privilegiando le priorità”.Ma quali sarebbero a suo avviso le priorità?“Informazione dei cittadi-ni sui benefici della raccolta differenziata anche in termi-ni economici per prima cosa perché bisogna definire i be-nefici per l’azienda certamen-te ma anche per la città che ne derivano dall’impegno ad incrementare la differenziata. Con essa infatti avremo meno

materie in discarica e quindi minori emissioni di inquinan-ti, possibilità di recupero e riciclaggio di parte dei rifiuti e ritorno economico non più in solo intermini di risparmio per i cittadini più solerti ma di vero e proprio guadagno”.Come si riesce a sbloccare situazione?Mi rendo che oggi a Taranto siamo quasi all’anno zero, nonostante i dati diffusi oggi in commissione dall’Amiu parlano di una crescita dal 3 al 6,1% della differenziata in città. Dati confortanti ma da verificare perché provenienti da fonti interne ma comunque incoraggianti per il futuro. Bisogna però organizzarsi e partire anche con la sperimen-tazione in un solo quartiere. Purché si cominci. E soprat-

tutto bisogna organizzare il progetto in modo da far par-tire la raccolta differenziata porta a porta. Non credo infatti all’incre-mento delle isole ecologiche perché lascerebbero il pro-blema immutato e poi serve tanta, tanta informazione e pazienza. L’Amiu deve a mio avviso ricucire un rapporto di fiducia con la città che negli ultimi tempi si è alquanto in-crinato”.

Differenziata sì,ma porta a porta

il consigliere comunale del Pd Anna rita Lemma ha rilanciato il problema per smuovere le acque

“P

Lemma:“Informazione dei cittadini sui benefici

della raccolta differenziata anche in termini economici”

“Bisogna organizzaree partire anche conla sprimentazione in

un solo quartiere. Purchè si cominci!

PiERGiAnni CALDARuLO

Anna Rita Lemma

È l’ambiente il tema al centro della terza edizione del concorso “Regolia-moci!”, indetto da Libera, nell’ambito delle attività di formazione, in collabora-zione con il ministero della Pubblica Istruzione. Il con-corso, a carattere nazio-nale, è rivolto agli studenti delle scuole primarie, delle scuole secondarie di primo e secondo grado (statali e non statali) e delle agen-zie formative. Lo scopo è realizzare un percorso sul tema dell’educazione alla responsabilità e alla legali-tà, in cui gli studenti siano attivi in ogni fase, a comin-ciare dalla ideazione. Per questa terza edizione, in particolare, alle scuole pri-marie è chiesto di ragiona-re sul tema della produzio-ne e dello smaltimento dei rifiuti. L’elaborato prodot-to dalle scuole potrà essere una poesia, una filastrocca, un videoclip, un fumetto o altra forma scelta auto-nomamente dal gruppo partecipante. Alle scuole secondarie di primo grado è chiesto di ragionare sul tema dell’inquinamento atmosferico, derivante anche dal traffico di veicoli e dall’eccessivo utilizzo di alcuni materiali altamente nocivi. Alle scuole secon-darie di secondo grado è chiesto di ragionare sul tema delle ecomafie, come comportamenti illegali a carico dell’ambiente: dall’illecito smaltimento dei rifiuti tossici al traffico di animali rari e protetti.

inconTRi agosTinianidodicEsiMa EdizionE

agosTino E Paolo i duE convERTiTi dElla sToRia

A cura del Centro Studi Agostiniani della Valle d’Itria

direttore don Luigi Angelini

Programma:lunedì 20 ottobreAgostino interpretA pAoloEcc. Rev.ma Mons. Giovanni Scanavinovescovo di Orvieto Todi

presentazione del libroIO AGOSTINOdi Luigi Angelini e Francesca Cosanti

Martedì 21 ottobreletture AgostiniAnePadre Eugenio Cavallari, OADTrio Musicale:Rosalba ScialpiMartino ZigrinoFrancesco Zizzi

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saBaTo 18 oTToBRE 20088

l percorso che il nostro arcivescovo ci indicò nel 2003, all’inizio della Quaresima, aveva una in-

dicazione chiarissima: “il Vange-lo non può essere solo un affare di preti, ma coinvolge la respon-sabilità di tutti i battezzati, per-ché è il Battesimo il fondamento di quella missionarietà che viene esercitata secondo la vocazione specifica di ognuno.” (Lettera pastorale per l’indizione delle missioni in Diocesi). Il cammino del popolo in missione ha tocca-to quasi tutte le vicarie, in questo scorcio di ottobre l’impegno mis-sionario è affidato a sette parroc-chie, di cui, nelle prossime setti-mane, cercheremo di scoprire le modalità e l’impegno.

La parrocchia di Santa ritaCade il 23 ottobre, al centro del periodo fissato per le ‘missioni al popolo’, il XXV della fondazio-ne della parrocchia, una delle più vivaci della periferia orientale, guidata da don Gino Romanazzi. Un compleanno avvertito dalla comunità come un momento im-portante per confrontarsi e per comunicare la gioia di una vita di fede che va al di là dell’evento.“Tutti noi apparteniamo alla co-munità di Santa Rita e,nella ricor-renza di questo avvenimento vo-gliamo testimoniare ‘la bellezza di essere cristiani e la gioia di co-municarlo’ – scrive un gruppo di parrocchiani -. Viene spontaneo volgere lo sguardo al cammino percorso insieme in questo tempo e rilevare un fattore sempre pre-sente nella nostra vita: la compa-gnia che tutto il popolo di Santa Rita con don Gino, ci ha fatto e

“Va’ nella tua casa, dai tuoie annunzia la misericordia di Dio”Dal 19 al 31 ottobre le missioni al popolo nella vicaria ‘orienta-le I’ della diocesi coinvolgono laici e presbiteri di sette parrocchie

continua a farci. La maggior par-te di noi è in questa esperienza da quando era molto piccolo, ha percorso tutte le tappe della vita di un uomo cristiano, dal batte-simo al matrimonio e, per alcuni, dell’ordine sacro, ed ora, diven-tati adulti, troviamo conveniente continuare a seguire l’esperienza cristiana.Noi siamo una parte di tutti co-loro che in questi anni sono stati segnati dall’incontro con la com-pagnia che rende presente Cristo. Questa compagnia ci ama e ci ab-braccia così come siamo, in essa abbiamo trovato una realtà che ci educa continuamente a prende-re sul serio la nostra vita e tutto ciò che ne fa parte: lo studio, il lavoro, la famiglia, i nostri desi-deri ed anche la fragilità. L’uomo infatti va sempre educato a vive-re a pieno tutto ciò che fa parte

della realtà quotidiana anche da adulto, non solo da giovane o da piccolo.Insieme lodiamo il Signore per questa grazia, perciò desideria-mo invitarvi a festeggiare questo avvenimento che è per tutti. Ci incontriamo giovedì 23 ottobre alle 18,15 per la concelebrazione della Santa Messa presieduta da S.E. mons. Benigno Luigi Papa e subito dopo per la grande festa”.Le iniziative per i festeggiamenti del 25° si inseriscono quindi nel cammino missionario della par-rocchia con incontri di cateche-si all’interno dei condomini del quartiere e con iniziative rivolte ai giovani come la grande festa di sabato 25.

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I La parrocchia di Santa LuciaL’esperienza di evangelizzazione della parrocchia di via Millo è nel solco del convegno di Verona del 2006. “In quell’assise – ci dice il parroco don Tonino Caforio – furono indicati alcuni ambiti di lavoro, fra questi la nostra par-rocchia ha scelto di privilegiare l’affettività, per venire incontro alle tante richieste di supporto delle famiglie. Per questo, dopo un lungo periodo di discernimen-to e preghiera fatto con i numero-si laici che collaborano con me, abbiamo deciso di invitare la co-munità a due incontri di forma-zione sul tema.Lunedì 20 sarà nostro ospite don Franco Castellana, vicario gene-rale dell’arcidiocesi e mercoledì 22 la dott.ssa Maria Cafolla del consultorio Gemelli. Ci sarà an-che un confronto ed un dibattito sul tema dell’affettività nel corso di un cineforum presso la scuola Battisti. Ma il momento più for-te delle missioni è affidato alla preghiera mariana. La Madonna di Pompei sarà la regina delle missioni per tre giorni dal 26 al 29 ottobre, a lei rivolgeremo una preghiera filiale perché guidi le nostre azioni ed il nostro cammi-no”.La missione mariana con il qua-dro della Madonna di Pompei coinvolgerà l’intera vicaria nel-la processione che mercoledì 29 trasferirà la sacra immagine dalla parrocchia di Santa Lucia fino in Concattedrale.

Maria Silvestrini

Gli appuntamentiDomenica 19 ottobre alle ore 20.00: parrocchia Cuore immacolato di Maria, inaugurazione della missione con la celebrazione della Parola e il mandato ai missionari.- presieduta da S. e. mons. Benigno Luigi Papa.

Mercoledì 22 alle ore 20,00: parrocchia del Beato Nunzio Sulprizio, Adorazione eucaristica sul tema “Guai a me se non predicassi il Van-gelo”

Giovedì 23 alle ore 18,30: parrocchia Santa rita, celebrazione del 25° anniversario di fondazione, celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo.

Sabato 25 alle ore 20: parrocchia di Santa rita, Festa dei giovani sul tema ‘No mission is impossible’

Domenica 26 alle ore 9: Palamazzola, Festa dei bambini e delle fami-glie organizzata dalla parrocchia Santa teresa, ‘Mettiamoci in gioco’ con il Mago Fracasso.

“Nei corridoi affollati quan-do i ragazzi entrano nelle scuole, qualcuno ti chiama…e ti lascia scivolare un biglietti-no… A volte ricevi frammenti di vita on line e sul cellula-re: ‘Ho un problema enorme, possiamo vederci?’ Di fronte a questi appelli non mi sono mai tirata indietro”. Un’inse-gnante di religione e i suoi studenti. Il libro si muove tra questi due poli, offrendo uno spaccato della gioventù di oggi che cerca di dare un sen-so alla propria esistenza, non rassegnandosi alla deriva del mondo attorno a loro. Il ca-nale di comunicazione è costi-tuito da lettere, e-mail e sms attraverso le quali i ragazzi spalancano cuori, desideri, passioni, domande e risposte, ambizioni e paure. Ci sono le lettere del dolore, urla sof-focate dell’angoscia, della falsità con se stessi e della so-litudine, dell’incomunicabili-tà con gli adulti. Ma anche le e-mail della gioia, della grati-tudine, della voglia di sapere, del desiderio di aprire con il mondo dei “grandi” un varco che grida e chiede speranza. Queste pagine propongono un confronto necessario sul valore da dare a ogni cosa, scrive mons. Luigi Negri nel-la prefazione e “farà un gran bene a giovani e adulti che en-trano nella vita tenendo alta la domanda della verità”.

Un varco nel muro- Ester Ca-pucciati- Edizioni Ares- pp.152- € 12,00

A. D.

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saBaTo 18 oTToBRE 2008 9

Partono le missioni popolaril noto brano tratto dal capi-tolo 10 del Vangelo di San Luca, relativo all’invio dei discepoli per la predicazione

(“La messe è molta ma gli operai sono pochi…”), sarà proclamato dall’arcivescovo nella liturgia della Parola di domenica 19 al Cuore Im-macolato, per l’avvio delle missio-ni popolari della vicaria Orientale Taranto I. Quale luogo per questa celebrazione è stata scelta la chiesa

del Cuore Immacolato di Maria (in via Platea) che assieme alle parroc-chie Concattedrale, Beato Nunzio Sulprizio, Santa Lucia, Santa Rita, Madonna delle Grazie e Santa Te-resa, fa parte della vicaria. S’inizie-rà alle ore 20.Nel corso della liturgia sarà letta precedentemente la Lettera di San Pietro (gli annunciatori di salvezza). Dopo il commento, mons. Benigno Luigi Papa procederà al conferi-

La veglia missionaria in lineacon l’annuncio paolino

uai a me se non predicassi il Van-gelo!” è il tema della veglia mis-

sionaria diocesana, organizzata dall’Ufficio diocesano per la coo-perazione missionaria tra le chiese, gli istituti missionari presenti in diocesi e i diversi gruppi giovanili, in concomitanza con la 82a Giorna-ta missionaria mondiale.L’incontro si terrà sabato 18 otto-bre, alle ore 19.30, alla Concatte-drale di Taranto e sarà presieduto dall’arcivescovo, mons. Papa.La Veglia, che viene celebrata ogni anno e in tutte le chiese d’Italia nel corso del mese missionario, costi-tuisce un’imperdibile occasione per pregare per l’umanità intera in comunione con tutta la Chiesa. L’evento poi si colloca nella cele-brazione dell’anno dedicato a San Paolo, indetto dal Papa in occa-sione del bimillenario della nasci-ta dell’Apostolo. La figura di San Paolo farà quindi da filo conduttore dell’incontro e ci aiuterà a medi-tare sul significato e l’importanza dell’essere missionari, ovvero an-nunciatori di Cristo e portatori del Suo messaggio di gioia e speranza. Paolo è il missionario per eccellen-za e ci fa comprendere che l’attività missionaria è la risposta all’amore con cui Dio ci ama.

La Veglia sarà composta da diver-si momenti, che saranno animati da vari gruppi delle diverse realtà parrocchiali della diocesi, proprio

“G

Domenica 19, al Cuore Immacolato di Maria, celebrazione del mandato

I

Sabato 18 ottobre, in Concattedrale, l’incontro organizzato dall’Ufficio di-retto da don Giacinto Magaldi, dagli istituti missionari e dai gruppi giovanili

per consentire un maggiore coin-volgimento e una più attiva e sen-tita partecipazione da parte di tutte le comunità del territorio: dall’ac-

coglienza iniziale alle letture della Parola di Dio ai canti. Durante la veglia, inoltre, saranno presentate due testimonianze: una sarà di suor Marzia Feurra, missionaria della Consolata, per molti anni impe-gnata in Somalia come infermiera e pediatra, che ha vissuto con suor Leonella Sgorbati, la missionaria uccisa nel 2006 da un colpo di pi-stola all’esterno dell’ospedale pe-diatrico, presente al momento della sua morte, di lei ha raccolto le ulti-me parole di perdono.L’altra testimonianza sarà di due laici missionari della Consolata, Giuseppe Vinci e Francesco Seme-raro, che nell’agosto scorso hanno vissuto un’esperienza di conoscen-za missionaria in Tanzania. Un momento fondamentale per tut-ti i partecipanti è infine il rito del Mandato missionario, con il quale l’arcivescovo consegnerà a ciascu-no dei presenti il compito di annun-ciare la speranza del Vangelo negli abituali ambienti di vita.È importante, dunque, la parteci-pazione di tutti i fedeli alla Veglia di preghiera; dobbiamo accogliere con gioia l’annuncio e la chiama-ta del Signore nella nostra vita la-sciandoci “accecare” dalla luce di Dio, come Paolo da Tarso sulla via di Damasco.

Claudia Spaziani

mento del mandato, con consegna del Vangelo, a rappresentanti dei missionari (esponenti di ogni par-rocchia e di vari settori della vita ecclesiale e sociale). Al termine, momento di preghiera e benedizio-ne finale. Dal giorno dopo, tutti al lavoro per l’annuncio del Regno di Dio.In vista delle missioni popolari il parroco del Cuore Immacola-to mons. Donato Palazzo ha fatto

svolgere per i propri missionari una serie di attività formative, ul-time delle quali, questa settimana, un ciclo di incontri giornalieri su argomenti riguardanti, fra gli altri, il dono della vita, la fede, Cristo e Noi, la Chiesa nella società odier-na. Si terminerà venerdì 16 con una conferenza su Annalena Tonelli, la missionaria italiana uccisa nel cor-so di un agguato a Borama, in So-malia, in un ospedale da lei stessa fondato. Famiglia ed emergenza educati-va saranno gli aspetti dell’evan-gelizzazione straordinaria su cui insisteranno maggiormente i laici di questa parrocchia. Per questo si approfitterà dei momenti della “peregrinatio” in alcune case del-la parrocchia dell’immagine della Madonna, alla cui intercessione (spiega mons. Palazzo) i missionari si affideranno in modo particolare.Attenzione particolare sarà riserva-ta alle famiglie di via Plinio 52, ove sono presenti notevoli casi disagio sociale. “Di questo popoloso inse-diamento – sottolinea il sacerdote – le varie realtà della parrocchia si interessano in modo costante, soprattutto per quanto riguarda i bambini e le situazioni di povertà. Più volte, inoltre, nel corso di que-sti anni, abbiamo svolto apposita-mente per queste famiglie momenti straordinari di evangelizzazione, i cui frutti, ne siamo sicuri, non tar-deranno a rendersi visibili”.

Angelo Diofano

brevi

Ordinazione diaconaleDopo quella del frate fran-cescano minore Francesco Nigro, originario di Taranto e ora ad Assisi, svoltasi sabato 18 in San Cataldo, altra or-dinazione diaconale in vista del presbiterato. E’ quella di Giuseppe Marino (parrocchia S.Maria del Popolo di San Giorgio) il 25 ottobre a Roma in San Giovanni Laterano da parte del cardinale vicario Vallini.

Don Renato TissotDea venerdì 17 a domenica 19 al seminario di Poggio Galeso incontri con il sacerdote don Renato Tissot per catechesi e momenti di preghiera imper-niati sul culto della Divina Misericordia, che da diver-si anni lo vede pellegrino in tutt’Italia. Don Renato nella mattinata sarà disponibile per incontri personali. La “tre giorni” sarà conclusa dalla Santa Messa serale domenica-le.

San Pasquale per S.EgidioOgni venerdì in San Pasquale, al termine della Santa Messa delle ore 18,30, momento di preghiera a Sant’Egidio da Ta-ranto, davanti all’altare de-dicatogli; al termine, offerta dell’incenso.Il giovedì, invece, sempre dopo la Messa vespertina, adorazio-ne silenziosa del Santissimo fino alle ore 22, con recita finale della Compieta e bene-dizione eucaristica. I sacerdo-ti saranno disponibili per le Confessioni.

Mensa dei poveriA Taranto la mensa dei pove-ri della parrocchia di Maria SS. del Monte Carmelo, in via Cavour, resterà chiusa per la-vori di manutenzione fino al 23 ottobre, salvo ulteriori im-previsti.

SS.CrocifissoA partire da questa settimana saranno due le Messe vesper-tine che saranno celebrate il sabato: alle ore 18 e alle ore 19.

Immacolata a Giorgio JonicoA San Giorgio Jonico, gra-zie all’iniziativa del parroco don Giancarlo Ruggieri, sta riprendendo l’attività, dopo molti anni di silenzio, la con-fraternita dell’Immacolata, nell’omonima parrocchia.

Grottaglie,Adorazione eucaristicaOgni lunedì in chiesa madre a Grottaglie, dopo la Messa delle ore 18, adorazione eu-caristica con preghiere e can-ti di lode guidata dal parroco don Eligio Grimaldi.

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saBaTo 18 oTToBRE 200810 MArtiNA FrANCA

iNCiDeNte ALL’eNiLa colonna di fumo nero e den-so che si è levata la scorsa set-timana da una delle torri della raffineria Eni di Taranto è stata provocata da un black out che ha costretto gli impianti a fer-marsi. Un analogo incidente era accaduto circa dieci giorni prima dall’ultimo ed anche al-lora si levarono fumi densi che oscurarono il cielo di gran parte della città. A seguito di questi episodi il procuratore capo Se-bastio ha aperto un’inchiesta.

AGGUAtO A StAtteSi indaga ancora negli ambienti della malavita locale dopo l’ag-guato avvenuto una settimana fa a Statte e che ha provocato il ferimento grave di un 52enne pregiudicato del luogo. L’uomo che viaggiava a bordo del suo motorino nel centro del paese è stato affiancato da un’auto in corsa dalla quale è stato sparato un colpo di pistola che lo ha col-pito all’addome. Prontamente trasportato all’ospedale Moscati il pregiudicato è stato operato ed è in prognosi riservata.

iNCiDeNte SUL LAVOrO?Proseguono gli accertamenti dei carabinieri di Tatanto e della locale stazione per l’inciden-te avvenuto nei giorni scorsi a Talsano. Un giovane di 21 anni, mentre era al lavoro in un’azienda vinicola, è volato giù dal balcone da un’altezza di cinque metri. Nella caduta il ra-gazzo ha riportato varie frattu-re di una certa gravità. Quello che non è chiaro è la dinamica dell’incidente e se il giovane in quel momento stesse lavorando nell’azienda vinicola.

AtteNtAti iNCeNDiAriSono ben tre gli attentati in-cendiari che si sono verificati a Taranto e provinca la scorsa set-timana. In via Dante nel capo-luogo lr fiamme sono divampate in un appartamento disabitato ma affittato ad una donna di origini slave. A Grottaglie lungo la strada per Montemesola è sta-to incendiato un centro benes-sere in costruzione.A Torricella infine è stata incendiata la casa di campagna di un operaio che effettua lavori per conto del co-mune.

LOCOMOtiVe iN FiAMMeHa preso fuoco nella mattina di martedì 7 il locomotore del treno espresso Taranto-Milano. L’episodio è stato denunciato dal parlamentare Tantino Lu-dovico e dall’on. Andrea Mar-tella ministro dei trasporti del governo ombra del Pd.I due deputati lamentano che fatti del giorno sono sempre più frequenti a causa della scarsa manutenzione dei treni.

7Sette giornidi cronaca

P. C.

gnuno di noi è chiamato su questa terra a rispondere alla

propria missione”. Sono state queste le parole di Don Dino Lepraro, parroco della Parroc-chia di S. Antonio di Martina Franca che abbiamo incontrato nei giorni scorsi per ascoltare la sua testimonianza al rientro dal viaggio in Perù.Una missione, quella di Don Dino, che dura ormai da 15 anni a testimonianza dell’enor-me impegno e dello spirito di sacrificio di una parrocchia vi-cina a tutti coloro che su que-sta terra vivono una difficile esistenza. Abbiamo percepito dalle testimonianze di Don Dino e della signora Elvira Basile, che ha accompagnato il parroco, un amore per quelle terre lontane, una estrema ca-rità cristiana e un attaccamen-to nei confronti di quella gente davvero straordinari. Ma la cosa che più ci ha colpito è il calore dei parrocchiani, lo spirito di attaccamento a quei bambini, quasi come fossero figli delle nostre famiglie mar-tinesi.Durante l’incontro con Don Dino una donna ha interrotto la nostra intervista. Il suo vol-to era preoccupato e con un filo di voce ha chiesto: “Don Dino, dimmi, come sta la mia bambina?”, “Non l’abbiamo più trovata” ha risposto il par-roco. Ha vqcillato e le si sono riempiti gli occhi di lacrime a sentire queste parole, poi con voce triste ha salutato e abban-donato gli uffici parrocchiali.Tutto ciò ha qualcosa di straor-dinario. Gli occhi del parroco e della signora Elvira si riem-pivano di luce al solo parlare di quei giorni in Perù. Ben 24, quasi un mese. Mica poco. Lima è una grande capitale, assai diversa da quella che è la nostra idea di città, è in uno dei tanti sobborghi, adottato dalla comunità martinese che in questi anni di grande impe-

gno, sono state realizzate tan-te opere a favore dei singoli e della comunità. Ben 450 ado-zioni, il centro medico “Sal-vatore Russo”, il centro poli-valente “Paride Musciacchio”, una scuola materna, una gran-de cucina per i pasti, viveri, medicinali, vestiti e giocattoli, ma soprattutto solidi legami di amicizia e solidarietà.

In quest’ultimo viaggio co-minciato il 5 e terminato il 29 di settembre è stata portata a compimento un’altra impor-tante opera: l’inaugurazione di un nuovo laboratorio di confe-zioni tessili con ben 6 nuove macchine, il tutto alla presen-za del nuovo ambasciatore ita-

“O

liano in Perù il dott. Francesco Rausi. Un’opera iniziata due anni fa e che rappresenterà si-curamente per gli abitanti del posto una possibilità di riscat-

to sociale, e un’ opportunità lavorativa che consentirà un reddito minimo che le popola-zioni di quelle terre chiedono

da anni.Ma quest’ultimo viaggio si è caricato di un ulteriore va-lore grazie alla realizzazione di un’altra opera importante:

l’inaugurazione del nuovo im-pianto fognario e idrico e la conseguente scomparsa della fogna a cielo aperto. Chi ha visto le foto di qualche anno fa, sicuramente ricorda le immagini desolanti dove al centro della strada principa-le scorreva un fiume di fogna che trascinava con sé tutti quei gravi rischi per la salute che tutti, anche se non conoscono perfettamente, possono benis-simo immaginare. Ora quello spettacolo brutale non esiste più. La fogna è stata interra-ta e il nuovo impianto idrico è stato installato, anche se quest’ultimo, dice Don Dino, non è ancora in funzione.“È stato emozionante”, ci ha confidato, “attraversare quella strada che abbiamo risistemato addobbata a festa con le ban-diere italiane, ascoltare l’inno nazionale peruviano e quello italiano. Sono emozioni che porterò sempre con me”.“Un esperienza formativa”,

La missione in Perùdella parrocchia Sant’Antonio

OTTAVIO CRISTOFARO

Questa gente vive in estrema povertà con meno di un euro al giorno. I poveri ci

fanno capire cosa è davvero essenziale

ha detto la signora Elvira Ba-sile, “che ha inevitabilmente segnato la mia vita e la chia-mata verso il Signore alla qua-le ogni giorno tutti noi siamo chiamati a rispondere, ciascu-no in modo diverso”.Numerose inoltre le personali-tà militari, provenienti da tutto il mondo, presenti all’inau-gurazione. Primo su tutti il capitano Liborio Palombella, militare martinese impegnato a Lima e organizzatore della visita dei rappresentati mili-tari.“Si respirava un clima ma-gico”, continua Don Dino, “guardare questi militari bat-tere le mani a ritmo dei canti e della musica, non è uno spet-tacolo a cui possiamo assistere tutti i giorni”.I poveri ci fanno capire cosa è davvero essenziale nella vita. Questa gente vive in una estrema povertà con meno di un euro al giorno. Cinquanta-mila poveri che si arrangiano sul suolo pubblico, mettono su baracche costruite con mate-riali di fortuna come plastica ed eternit. Esiste una grande

dignità nella povertà di questa gente, ma la cosa straordinaria è la volontà di riscatto attra-verso l’istruzione.“È una strana sensazione”, conclude Don Dino, “sentirsi attorniato da una popolazione così diversa e soprattutto da questi bambini che chiedono aiuto”. Alla domanda su cosa fosse ri-masto impresso del viaggio, la signora Elvira ha risposto: “Mi è rimasto impresso l’abbraccio della mia bambina (quella in adozione ndr) in aeroporto”.Un enorme ponte d’amore vo-luto e costruito da Dio grazie all’opera degli uomini e che testimonia l’abbraccio italia-no, pugliese e martinese ai fra-telli peruviani. Tutto ciò non potrà mai essere dimenticato.

re d a z i o n e @ n u o v o d i a l o g o . c o m

Don Dino Lepraro a Lima: sopra con i suoi bambi-ni; al centro, con l’amba-sciatore italiano in Perù, Francesco Rausi

Don Dino ha portato a compimento un laboratorio tessile e un impianto fognario

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IL dONO dI SANTANA IN BRASILE

l nostro giornale diocesano si presen-ta con un nuovo nome: Adesso. Quasi sessant’anni fa, a gennaio del 1949, don Primo Mazzolari fondava il suo giorna-

le proprio con questo intestazione. Ne parla in questo numero un esperto, don Stefano Siliberti, prete di Mantova, originario di Ci-sternino, molto legato alla nostra comunità diocesana. Sotto la testata don Mazzolari annotò alcune battute dal Vangelo di Luca: “Adesso chi non ha spada venda il mantel-lo e ne compri una” (cf Luca 22,36-37). Il riferimento evangelico servì al parroco di Bozzolo non solo per il titolo (Adesso), ma soprattutto per introdurre nella riflessione sulle vicende sociali ed ecclesiali del nostro dopoguerra una speciale attenzione all’“ora del combattimento decisivo” del Signore e dei suoi discepoli. Dopo i terribili disastri economici e morali della seconda guerra mondiale la ricostruzione del Paese esigeva una radicalità civile e morale, che Adesso attingeva da Gesù e dalla sua piena manife-stazione nella morte e risurrezione. L’adesso di Gesù interessa anche la nostra comunità ed il nostro giornale. Vogliamo prendere spunto ideale dal glorioso e com-battivo periodico di don Mazzolari per ri-chiamare l’attenzione sull’oggi della nostra vita ecclesiale e sociale. Ci interessa dialo-gare con i nostri lettori sull’adesso delle no-stre famiglie e delle nostre parrocchie, dei nostri Comuni e delle nostre associazioni, delle nostre aziende e delle nostre scuole; sull’adesso delle nostre incertezze e del-le nostre speranze, dei nostri rischi e delle nostre risorse, sull’adesso dei nostri giovani e dei nostri anziani, dei nostri malati e dei nostri immigrati. Questo giornale – anche se solo mensile – ci auguriamo prolunghi il clima ed il percorso della Visita Pastorale ben oltre i suoi limiti cronologici: in ogni famiglia, in ogni contesto faccia risuonare il grido sorprendente di Gesù che vuole fer-marsi a casa di ciascuno di noi. Con l’aiuto e lo stimolo dei nostri lettori, nel solco del Concilio e del Sinodo sulla Parola di Dio, desideriamo accendere i riflettori sull’ades-so della nostra “ricostruzione” in quest’epo-ca globalizzata, sulla nostra crescita come cittadini, uomini e donne di fede, uomini e donne di cultura, uomini e donne di missio-ne e di solidarietà. Don Mazzolari ci offre l’orientamento: “Non a destra, non a sinistra, non al centro, ma in alto” (editoriale di Adesso del 15-2-1949). Ed aggiungeva, riferendosi a san Pa-olo: “Come ieri per la salvezza non contava il circonciso né l’incirconciso, così oggi non conta l’uomo di destra né l’uomo di sinistra, ma solo la nuova creatura (cf Gal 6,15): la quale lentamente e faticosamente sale una strada segnata dalle impronte di Colui che, arrivato in alto, si è lasciato inchiodare sulla croce a braccia spalancate per dar la mano forata a tutti gli uomini e costruire il vero arco della Pace”.

pERIODICO MENSILE DELLA DIOCESI DI CASTELLANETA

emergenza occupazionea ginosa e Laterza

Servizi alle pagine 2 - 3

Le due città in ansia per la crisi di Miroglio e natuzzi. A rischio centinaia di posti di lavoro

Servizi alle pagine 6 - 7

“io non mi vergogno del Vangelo” il titolo della tre giorni con cui la Chie-sa ha dato avvio all’anno pastorale

C o n v e g n o d i o c e s a n o

Servizi alla pagine 4 - 5

Riprende la visita pastorale di Mons Fragnelli dopo la pausa estiva. Viag-gio nella città delle chiese rupestri

Il Vescovo si fermaa Mottola

QUi e …“ADeSSO”

+ PiETRo MaRia fRagnElli

vEscovo di casTEllanETa

I

a nostra Chiesa è ed è cresciuta nella missionarietà grazie al lavoro costante di don Salvatore di Trani attraverso le Pon-tificie Opere Missionarie, alla vicinanza del Nunzio Aposto-lico Mons. Nicola Girasoli in Malawi a sostengo dell’opera

di sensibilizzazione di Rocco Gravina in Zambia, a p. Luigi Cremis con l’Operazione Mato Grosso ed a tante altre iniziative personali e parrocchiali. L’essere stato io prescelto dal Signore a lasciar tutto per Cristo per trasmettere agli uomini la fede e l’amore per Lui (Spe salvi, 8) con la “preoccupazione per tutte le Chiese” (2Cor 11,28) non è per me un vanto, ma solo un servizio che cerco di vivere come Chiesa di Castel-laneta. Non sta a me evidenziare quanto con la benedizione di Dio è stato realizzato nella Chiesa-gemella di Propriá. Posso solo cantare il Magnificat. Già tra i rom e ancor più oggi tra i fratelli del Nord-Est brasiliano, ho toccato con mano quanto è vero che i tesori del Regno appartengono ai poveri e riesci a coglierli solo nella misura in cui ti fai uno di loro. Mi sembrava scontato e bello quanto leggevo in Isaia 55,1-2): “Com-

prate senza denaro, senza pagare”. Soltanto quando mi è stato dato di farmi povero tra i poveri ho assaporato cibi che saziano e bevande succulenti! Si possono avere denari a dismisura, questi non ti dan-no di comprare negli Ipermercati super forniti neppure un grammo di semplicità, di serenità, di condivisione…, che invece trovi facilmente, senza spendere denari, tra i poveri.In Brasile, ora, è normale recarsi in un villaggio, anche il più povero, e vedere che si fanno premura nell’offrirti quanto hanno di meglio, men-tre io, da ricco-generoso, do a chi bussa il superfluo o, ancor peggio, dico che non ho niente da dargli: ed è vero! Ho tutto, ma mi mancano le vere ricchezze. A noi ricchi non è dato possedere il regno che è dei poveri! Il povero-santo don Tonino Bello amava esortare: “Se non sia-mo tra i Beati (Lc 6,20) cerchiamo di essere tra i Benedetti del Padre mio! (Mt 25,34). Santana è un DONO stupendo per la nostra Chiesa e sarebbe veramente peccato se venisse delegato alla mia persona: “I poveri nel Regno ci stanno anche senza di noi; siamo noi che nel Re-gno non entriamo se siamo trovati disattenti verso il povero incontrato ai margini lungo il cammino che da Gerico porta a Gerusalemme!”

LQuale missione per la nostra Chiesa?

www.7roseassociazioni.orgwww.7roseassociazioni.org

IN ABBINAMENTO A NUOVO DIALOGO. NON VENDIBILE SEPARATAMENTESABATO 18 Ottobre 2008 ANNO 1 N° 1

ADESSOP R I M O P I A N O d I O C E S IP A E S I

E d I T O R I A L E

OTTOBREMISSIONARIO

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saBaTo 18 oTToBRE 2008ADESSO2 PriMO PiANO

tre anni dalla chiu-sura della manifat-tura castellane tana, la congiuntura eco-

nomica che ha portato a quei tristi esiti è solo peggiorata e, anzi, ha spostato il campo di “battaglia” in quello che fino a qualche mese fa era definito dall’amministrazione dell’azienda come “strategi-co”: l’opificio di Ginosa.Duecentotrentotto operai tra ginosini, laertini e castella-netani vivono tra Cigo (cassa integrazione guadagni ordina-ria), rilancio dell’azienda - con la possibile e non remota ipo-tesi di realizzazione ed inseri-mento nel distretto regionale tramite una riqualificazione del prodotto - e, purtroppo, cessazione dell’attività. Dalla Miroglio giunge la noti-zia dell’assenza di commesse, del mercato in crisi ed anche della volontà, quasi del tutto realizzata, di convertire l’at-tività della holding dalla pro-duzione dei filati all’acquisto, operato in aree che offrono condizioni economiche più favorevoli (vedi la Cina), e ri-vendita. I dipendenti, affiancati da am-ministratori locali, provinciali

e regionali, sindacati confede-rali ed anche mezzi di comu-nicazione, hanno deciso di far fronte alla difficile situazione cercando di riconquistare un futuro più stabile.I 238 operai della Miroglio di Ginosa hanno tentato il tut-to per tutto, predisponendo numerosi tavoli di discussio-ne che dessero la possibili-tà di interloquire con il cda dell’azienda nella speranza che la decisione non fosse de-finitiva, ma la discussione non sembrava potesse rimanere aperta.Gli incontri organizzati, tra i quali anche un consiglio co-munale monotematico, svol-tosi nel Palazzetto dello Sport ginosino, nonostante la buona volontà espressa dai convenu-ti, tra bilanci ed aspettative, non hanno ce-lato l’assen-za, pesante, proprio di chi era chiamato a dare le rispo-ste: Miroglio.Durante il consiglio co-munale e l’in-contro tenuto-si al Ministero dello Sviluppo Economico,

anoramica cupa per i principali settori pro-duttivi del territorio. Il tessile e l’imbot-

tito sembrano attraversare – ormai da tempo – una fase molto critica che preoccupa lavoratori, istituzioni e il fu-turo economico dei distretti pugliesi che apparivano in promettente sviluppo. Al-larmanti ed esemplificati-vi i due esempi principali, concatenati e accomunati da una serie di analogie di “re-azione” come riunioni con i sindacati, scioperi, l’uso della cassa integrazione, in-terrogazioni parlamentari: Miroglio e Natuzzi. Le due imprese, leader rispettiva-mente nel settore del tessile e dell’imbottito, sembrano aver imboccato da tempo, dopo una serie di scontri ed incontri con le rappresentan-ze sindacali e i lavoratori, la via della tristemente nota delocalizzazione, dimezzan-do e smantellando i com-parti del nostro territorio, in favore di un sempre più produttivo est Europa. La forte riduzione del numero di aziende registrata sia in Puglia che in Basilicata con

la conseguente diminuzione di posti di lavoro, anche a causa della crisi dei consu-mi del mercato americano, della forza dell’euro rispetto alle principali valute estere e della competizione dei pae-si emergenti, resta un tema centrale da affrontare a tutti i livelli. Nonostante i benefici e i finanziamenti accordati al momento del loro insedia-mento (vedi Miroglio circa 12 anni fa) le imprese ridise-gnano in fretta la loro strate-gia industriale.Natuzzi ha siglato proprio alle porte dell’estate un ac-cordo al ministero del Lavo-ro a Roma con le rappresen-tanze sindacali circa i 1.200 esuberi degli stabilimenti di Puglia e Basilicata, previsti dal piano industriale 2008-2010: dopo un confronto sulle prospettive di fatturato e di ritorno alla redditività da ottenere attraverso il re-cupero della competitività aziendale, le parti hanno con-venuto di richiedere unitaria-mente un ulteriore periodo di Cassa Integrazione Straordi-naria (Cigs) per la durata di un anno. Unanime l’appello lanciato dai sindaci di Al-tamura, Ginosa, Gravina in Puglia, Laterza e Santeramo

in Colle: la cassa integrazio-ne guadagni ordinaria in sca-denza deve essere rinnovata nel più breve periodo, scon-giurando il ricorso all’istituto della mobilità, che, per tanti lavoratori rappresentereb-be la strada del non ritorno. L’azienda e le organizzazioni sindacali si sono impegnate a verificare nei prossimi mesi le prospettive legate al Piano Industriale 2008-2010 e ad affiancare le istituzioni loca-li e centrali per condividere nuove misure d’interven-to. Tutto è ancora in gioco. Idem per Miroglio, l’impresa di Alba, dopo aver chiuso lo stabilimento di Castellaneta, si è espressa per la chiusura di quello di Ginosa. L’incon-tro atteso del 30 settembre scorso al Ministero del Lavo-ro a Roma non si è più tenu-to proprio perché l’azienda ha chiesto maggiore tempo per presentare soluzioni con-crete per i dipendenti, riba-dendo la volontà di chiudere. Nel momento in cui andiamo in stampa, non conosciamo ancora le sorti dell’incontro che dovrebbe tenersi a metà ottobre, e che potrebbe rap-presentare uno spiraglio di luce per i 230 lavoratori del-lo stabilimento.

Miroglio e NatuzziLavoratori in ansiaL’emergenza è causata dalla congiuntura cheha coinvolto i settori del tessile ed dell’‘imbottito’

P

Manufatturiero in difficoltàRischi per l’occupazione

Ache ha visto tutte le forze del territorio unirsi per una pro-blematica che coinvolge i co-muni di appartenenza dei di-pendenti e delle loro famiglie, questi hanno manifestato la loro volontà di collaborare per la scelta che potrebbe risultare maggiormente valida per tutti gli attori chiamati in causa.In attesa di ulteriori sviluppi, queste paiono le condizio-ni che si profilano: una parte dell’azienda potrebbe essere assorbita dal Gruppo Estel (la Regione Puglia ha già of-ferto un fondo economico che permetterebbe i corsi di riqualificazione, ben 10 mi-lioni di euro), e un’altra par-te potrebbe essere reinserita all’interno della nuova struttu-ra organizzativo-commerciale dell’azienda.

arebbero tre le pro-spettive di risoluzione per la crisi Miroglio: la richiesta di non

smembrare il polo di Ginosa, il re-integro delle professionalità acquisite durante l’attività in un’altra impresa, sempre tes-sile, e infine, il riassorbimento

delle unità lavorative legate ad una vera e propria riconversio-ne, quindi cambiare tipologia di impresa. Questo il risultato dell’ulti-mo incontro tra i lavoratori dipendenti della Miroglio e le segreterie nazionali Femca-Uilta-Filtea in attesa del ver-

tice previsto a metà ottobre. Giuseppe Massafra, segretario generale territoriale della Fil-te, Federazione Italiana Lavo-ratori Tessile e Abbigliamento e Nicola Calabrese, segretario della Uilta Uil hanno sintetiz-zato quali potrebbero essere i prossimi scenari.

Parlano i dipendenti

SSindacati: ipotesi più accreditata, il riassorbimento

OCCUPAZiONe

AnTOnELLA DE BiASi

MARiLEnA SuRDO

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saBaTo 18 oTToBRE 2008ADESSO 3PriMO PiANO

Lavoro: il vescovoinvita a pregare

Interpellato in vista dell’incontro romano per le trattative sul caso Miroglio, in particolare sul futuro delle 250 fa-miglie coinvolte a Ginosa e dintorni, mons. Fragnelli ha così risposto:“Vi invito a pregare con insistenza, come ci ha insegna-to Gesù. Il Vangelo di questi giorni ci dice di chiedere, cercare, bussare perché ci sarà dato, ci sarà aperto, trove-remo! Nella galassia delle incertezze socio-economiche del nostro tempo, noi crediamo che il Signore non abban-dona le nostre famiglie ed il nostro territorio. Facciamo appello al Suo cuore di Padre, perché guidi i responsabi-li delle trattative nella ricerca di soluzioni lungimiranti, idonee per tutti, pur negli inevitabili sacrifici per tutti. Invito le Clarisse, il seminario e le parrocchie a pregare per le famiglie della Miroglio, della Natuzzi e di tutte le aziende del nostro territorio”.

al Lavoro Raffaella Quaranta e l’assessore regionale al La-voro Marco Barbieri. Forte e nitido, poi, il grido di allarme giunto da Nicola Ca-labrese (quale Rsu della Mi-roglio) e dalle organizzazioni sindacali, per le quali hanno chiesto la parola Luigi D’Isa-bella (Segreterie Confederali Cgil Cisl Uil) e Giuseppe Maf-fucci (Segreterie Provinciali di categoria Cgil Cisl e Uil).Come emerso dai vari inter-venti, gli amministratori non possono dire di no agli im-prenditori, che arrivano dalle nostre parti e decidono di in-vestire. Il problema sta all’ori-gine ovvero nella Legge, che è distorta: non solo non impe-disce a tali imprendi-tori, etica-mente poco corretti, di i n c a s s a r e per alcuni anni e di fare, poi, le valigie, con le tasche piene ed i macchinari al seguito, lasciando a piedi quei l a v o r a t o -ri, che, per anni, hanno c o n c o r s o a far incre-mentare i loro utili; ma, addi-rittura, la Legge non tutela gli stessi lavoratori, che diven-tano, quindi, delle pedine, da utilizzare e gettare. Come evidenziato dal sindaco Montanaro, “gli imprenditori non solo devono mantenere fede agli impegni assunti con il territorio, in termini di cre-scita economica, ma devono anche e, soprattutto, mantener fede a quelli, che sono stati gli impegni sociali assunti nei riguardi di tanti esseri umani, che vogliono semplicemente lavorare. Sono padri di fami-glia, con un’età media di 40 anni e con un mutuo per la pri-ma casa alle spalle”. Certo, che la Miroglio non avesse idee lungimiranti per il futuro dei suoi operari fu già chiaro, quando, al primo allarme di crisi, dalla Regione Puglia le furono offerti ben 10 milioni di euro per la ricon-versione della produzione. La risposta fu “un secco no”. E’ pur vero, però, che in dodici anni la Miroglio, tra Castella-neta e Ginosa, ha portato una boccata d’ossigeno, in termini occupazionali, spianando la strada, ad una nuova cultura, quella industriale. Quasi 500 i lavoratori impie-gati, con ottimi livelli produt-tivi. Ma, oggi, dietro la pseudo ombra di una crisi generaliz-zata, il risultato è cambiato: la sede di Castellaneta ha chiuso i battenti, le unità lavorative di Ginosa sono state ridotte a 238, costrette a dividersi gli

Amministrazione Montanaro, per sostenere appieno i lavoratori interes-

sati dalla crisi del settore tes-sile, dopo essersi impegnata affinchè ci fosse un incontro presso il Ministero dello Svi-luppo Economico, già fissato per il 15 settembre prossimo, nel Consiglio Comunale mo-notematico, tenutosi nella se-rata di lunedì, ha assunto un impegno serio, sottoscrivendo un documento unitario: soste-nendo la vertenza dei lavora-tori della Miroglio, chiederà, come premessa irrinunciabile, almeno il mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Un documento, questo, ap-provato all’unanimità da tutti i consiglieri presenti al Palaz-zetto dello Sport, al momen-to della votazione, avvenuta dopo una serie di interventi, che hanno visto avvicendarsi i vari capigruppo, i sindaci di Mottola, Giovanni Quero, di Laterza, Giuseppe Cristella e di Palagianello, Michele La-balestra. Ma, all’incontro, per fare un coro unanime di solidarietà nei confronti dei lavoratori della Miroglio, hanno fatto sentire la loro voce anche i consiglieri regionali Pietro Lospinuso e Paolo Costantino; non hanno negato la loro pre-senza neanche l’on. Ludovico Vico, l’assessore provinciale

Ginosa, le tappe della crisiStoria di un amore, quello tra l’azienda e il territorio mai sbocciatoA quattro anni dalla chiusura di Castellaneta a rischio il secondo impianto

L’ Quali sonoi numeri

della vertenza Miroglio?

La chiusura dello stabilimento di Filatura e Tessitura di Puglia rappresenterebbe un terremoto di grave entità per 238 lavora-tori. 238 famiglie, che avevano posto le basi del loro futuro in questo stabilimento, e che no-nostante l’impegno e la profes-sionalità impiegata in questa azienda oggi vedono crollare ogni prospettiva. 11 gli anni di attività del sito Miroglio di Ginosa, mentre l’età media della forza lavoro all’interno del sito stesso è di 35 anni. Quello che è in bilico è, quindi, la tranquillità e la sta-bilità economica, e non solo, di 238 giovani famiglie di Ginosa, Marina di Ginosa, Laterza ma anche di Castellaneta, mentre voci di corridoio sussurrerebbe-ro che non tutto è stato fatto, tre anni fa, per salvare proprio la manifattura di Castellaneta. In-fatti, sono 3 gli anni dall’inizio del cedimento dell’economia globale e dello spostamento dell’asse commerciale e finan-ziario dall’Europa alla Cina.Tutte le forze politiche si sono unite per cercare una via alter-nativa a quella proposta dal cda Miroglio, la cessazione d’attivi-tà, cercando non solo di non fare chiudere l’azienda ma neanche di farla riconvertire, tramite as-sorbimento, in un’altra azienda di categoria differente. 10 i milioni di € che la Regio-ne Puglia ha predisposto per la risoluzione della vertenza Mi-roglio, mentre a gran voce al-cuni rappresentanti istituzionali chiedono una rendicontazione degli impegni assunti in fase di installazione dello stabilimento Miroglio a Ginosa e che oggi sembrerebbero stati traditi. Mo-tivo di numerose discussioni, è stata messa sotto accusa proprio la politica pubblica di sostegno all’impianto di nuove attività nei territori a basso insediamento industriale, come era e tutt’og-gi è ancora, la zona occidentale tarantina. Territorio che aveva puntato tutto il proprio sviluppo economico futuro su una politi-ca industriale innovativa quale si presentava quella del tessile, a discapito, forse, di quella agri-cola, tra l’altro più genuina per il carattere morfologico delle comunità in questione. Per con-cludere delle leggi, la 181 e la 488. Grazie a queste leggi Mi-roglio si è insediato in un terre-no vergine quale erano Ginosa e Castellaneta solo 11 anni fa e in virtù delle stesse si chiede di salvare questi 238 dipendenti.

introiti, che, basterebbero a pagare solo la metà di loro. Ed il futuro non promette nul-la di buono, se è vero che, ad ottobre, il governo centrale liberalizzerà l’ingresso, dalla Cina, di otto nuove categorie, tutte tessili. Oggi, agli operai della Miroglio non manca ne-anche la solidarietà degli amici della Natuzzi, come sottoline-ato da Fabio Bello, delle Rsu dell’azienda del mobile imbot-tito, né di quanti, capiscono il dramma della disoccupazione. In una lettera aperta, tra l’altro verbalizzata in sede di Con-siglio Comunale, scritta dagli stessi lavoratori della Miro-glio, è chiaro come siano stati

essi stessi a pagare, più di tutti, l’investimento dell’azienda di Alba in loco: hanno sopporta-to le spese della formazione, la contrattazione di secondo livello e, da 5 anni, anche il costo della crisi in termini pro-duttivi, economici e sociali. Così, esasperati, gli stessi fan-no appello soprattutto ai sin-dacati e chiedono: che venga dichiarato lo stato di agita-zione; che venga dichiarato lo sciopero per il 15 settembre, in maniera da consentire ad ogni operaio dell’azienda tes-sile di potervi partecipare; che venga dichiarato lo sciopero anche per il 16 settembre, per consentire lo svolgimento di un’assemblea all’interno del-lo stabilimento, necessaria ad analizzare quelli che saranno i risultati dell’incontro romano del giorno precedente; che sia-no coinvolti i delegati generali regionali delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil; che vengano messi a disposizione dei lavoratori dei mezzi neces-sari per raggiungere Roma, il 15. E, su quest’ultima richie-sta, una risposta positiva è già giunta dal sindaco Montanaro, come anche dal primo cittadi-no di Laterza.Sono quasi undici anni che la Filatura e Tessitura di Puglia del Gruppo Miroglio si è in-sediata a Ginosa e Castellane-ta. Di fatti un successo e una testimonianza che non tutti gli aiuti pubblici alla grande impresa sono persi in parten-za. Naturalmente ci sono an-

che ombre. Dagli iniziali oltre 400 lavoratori siamo passati alle 250 unità del solo stabilimento di Gino-sa. Quello di Castellaneta è ormai chiuso e destinato alla dismissione. Il punto ora è impedire che ci sia un ulteriore calo di addetti in presenza di un ritorno agli utili della società dovuto al suo riposizionamento pro-duttivo. Non più tessuto greggio ma tessuti speciali ad alto con-tenuto tecnico. I 65 esube-ri inizialmente denunciati sono diventati 30 grazie al rilancio della produzione e all’accordo raggiunto con

i sindacati. In particolare questo accordi definiti di solidarietà hanno permesso di spalmare su tutti i lavo-ratori dello stabilimento il calo di ore lavorative ne-cessarie e quindi di unità produttive. 12 di questi 30 lavoratori hanno approfitta-to della mobilità volontaria per lasciare lo stabilimen-to e per i 18 rimanenti si è raggiunto un accordo che è sulla stessa linea del prece-dente. La Cassa Integrazione Gua-dagni Straordinaria conces-sa in virtù della sostituzione dei telai con altri di diversa concezione deve intendersi a rotazione. La eccedenza di forze di-sponibili deve quindi essere distribuita su tutto l’organi-co dello stabilimento. Chie-diamo quindi all’azienda di rispettare gli accordi presi non opponendo ragioni produttive o tecniche che di fatto inficerebbero l’ac-cordo e aumenterebbero il clima di diffidenza. I lavoratori e i sindaca-ti sono quindi in attesa di conoscere il Piano delle Rotazioni: è un loro diritto conoscerlo. L’attenzione su uno stabilimento comun-que nato grazie alla volontà del Gruppo Miroglio ma anche a sostanziosi contri-buti e aiuti pubblici estesisi all’iter autorizzativo regio-nale rimarrà alta.

A. B.

Perché l’incontro di settem-bre è stato rinviato?“L’azienda ha tempo per af-frontare ulteriori sviluppi e presentarsi all’incontro al Ministero del Lavoro con qualcosa di più concreto da offrire: l’incontro di martedì è risultato essere comunque molto utile per un confronto tra lavoratori e sindacati e per fare il punto della situazio-ne”.tre soluzioni possibili: qua-le la più accreditata?“Non ce la sentiamo di esclu-dere nessuna delle tre possibi-li ipotesi: è ovvio che non ab-biamo mai smesso di chiedere a Miroglio il mantenimento dello stabilimento, ma, sappia-mo anche che l’impresa ci ha

ribadito che, conti alla mano, non è della stessa opinione; sembra quindi più probabile l’affacciarsi dell’ipotesi rela-tiva al riassorbimento presso una nuova realtà: vedremo”.L’impresa di Alba ha co-munque cambiato i suoi pia-ni industriali…“La storica produzione del tessile made in Italy per le nuove generazioni della nota azienda di Alba può dirsi in fase di conclusione. Il susse-guirsi delle nuove generazioni a capo dell’azienda non hanno fatto altro che imboccare una strada diversa: non più pensa-to a valorizzare la produzione, quindi a tutelarla ed a investir-ci, ma a puntare sul manufat-to già terminato”.

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saBaTo 18 oTToBRE 2008ADESSO

MOttOLA

4 PAeSi

Dagli operatori economici alle associazioni, dagli anziani ai disabili,dal Comune alle scuole,dai confratelli ai volontari: il vescovo si è fermato“a casa” di ciascuno, per annunciare la parola autentica del Vangelo

l vescovo mons. Pie-tro Maria Fragnelli fa tappa anche a Mottola ed apre ufficialmente

la sua visita pastorale, alla scoperta del territorio e della comunità locale.Il buon pastore, dunque, visita il suo gregge, per un ulteriore sviluppo della spiritualità di comunione. Attraverso il dia-logo improntato alla preghie-ra, il nostro amato vescovo interloquisce con la comunità locale, sviscerandone ed ap-profondendone caratteristiche e problematiche, le urgenze sociali, i bisogni umani, fer-mandosi, così come Gesù fece con Zaccheo, a casa di ciascuno.Un‘occasione, che, come più volte ribadito da mons. Fra-gnelli, “servirà a fortificare l’incontro dei mottolesi, bam-bini, giovani, adulti o anziani che siano, con Dio, sapiente costruttore, per rivedere ciò che finora abbiamo costruito e per ben impostare, in futu-ro, la costruzione della nostra casa, nella vita ecclesiale e sociale”.Dagli studenti agli ammini-stratori, dagli organismi pa-storali ai catechisti, ai ministri ed ai collaboratori dei parroci, dalle associazioni agli opera-tori economici del territorio, per riservare a ciascuno atten-zione e soprattutto, ascolto. Quell’ascolto, tanto indispen-sabile ai giorni d’oggi, che servirà a ridare fiducia alle famiglie; a riportare i giovani alla consapevolezza dell’im-portanza di alcuni valori quali l’amicizia, l’umiltà, l’onestà d’azione, oltre che dell’anima e la creatività costruttiva da mettere al servizio degli altri; a ridare speranza agli infermi e agli ammalati; a fortificare la gioia di vivere nei disabili; a riproporre la parrocchia come luogo di culto, di accoglien-za e di aggregazione umana e sociale, oltre che cristiana. Un visita pastorale, dunque, che consentirà a mons. Fragnelli di toccare con mano le varie problematiche e co-noscere il nostro territorio, pur sempre nel rispetto e nella valorizzazione delle diverse realtà esistenti, tutte, indistin-tamente, ricchezza per la cre-scita sociale ed anche umana di ognuno di noi.Accolto a Largo Rotonda dall’intera comunità, la vi-sita pastorale di S.E. mons.

Comincia dalla piazzala visita pastoraledi monsignor Fragnelli

I

isoccupazione e povertà, sono gli aspetti rilevanti della crisi di questi

ultimi tempi che sta colpen-do in particolar modo il sud. Mottola, un paese del mezzo-giorno situato su di una riden-te collina a 387 mt sul livello del mare, non ha mai sfruttato le sue risorse climatiche, am-bientali, di grande interesse naturalistico (ha una ricchezza boschiva di 5.800 ettari che copre il 30% di tutto il terri-torio comunale) e storiche (vi sono testimonianze che ri-salgono alla preistoria). Non ha sfruttato a pieno le risorse turistiche del territorio, e oggi risente maggiormente di que-sto andamento negativo. Così, tanti giovani hanno scelto la via dell’emigrazione, arruo-landosi nelle Forze Armate o cercando lavoro al settentrio-

ne. Il dato rilevante è quello demografico degli ultimi anni: la popolazione residente è di 16.365 abitanti (7.941 uomi-ni e 8424 donne), con un de-cremento rispetto agli ultimi due anni di oltre 60 unità. Una crescita zero se confrontata con paesi limitrofi, dovuta es-senzialmente alla mancanza di occupazione. Ma c’è un altro annoso problema che ha por-tato l’abbandono del paese da parte di molte coppie: i costi delle abitazioni.Quindi, una serie di proble-matiche, tra cui primeggia una domanda del lavoro altissima a cui fa riscontro un’offerta di lavoro molto bassa.Un zona industriale con pochi opifici, quella mottolese, tra cui ci sono “De Carlo Infissi”, con oltre 240 dipendenti, e la “Tessitura Albini”, con circa 100 occupati, non tutti del po-

sto. Sembra ormai diventato un luogo comune affermare che c’è poca volontà di lavo-rare da parte dei giovani; basti pensare alle condizioni lavo-rative non tutelate e non cor-rispondenti al titolo di studio. È il risultato della difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro che spinge i giovani a tentare qualsiasi attività. La presenza del Vescovo sul ter-ritorio, proprio in questo mese di ottobre, è stata l’occasione che i giovani si aspettavano da tempo per trovare un incorag-giamento, una consolazione al loro problema. Un aiuto, un momento speciale per i gio-vani disoccupati, ma anche un messaggio per coloro che han-no l’obbligo di rilanciare l’oc-cupazione attraverso il poten-ziamento degli investimenti pubblici e delle infrastrutture.

Francesco Francavilla

La diocesi di MottolaSullo scorcio dell’XI i Normanni ridisegnarono la geografia ecclesia-stica del Mezzogiorno per garantirsi il consolidamento della conquista ottenuta con la caduta di Bari del 1071, capitolazione che segnò la fine del dominio politico (non certo quella della produzione e dell’influen-za di schemi e modelli iconografici della Chiesa greca) dei Bizantini in Italia. E così, nell’ambito della ristrutturazione delle antiche province ecclesiastiche, sempre nei territori latinizzati, vennero create nuove province e nuove diocesi. In questa temperie di politica ecclesiastica normanna si colloca l’erezione della diocesi di Mottola (ma anche di Castellaneta dal momento che furono elevate una dopo l’altra a rango episcopale) suffraganea della sede metropolita di Taranto. La diocesi aveva giurisdizione sui centri demici di Massafra, Palagiano e Pala-gianello. Artefici del nuovo assetto furono Riccardo Senescalco che assunse il governo del territorio, grazie allo zio Roberto il Guiscardo, col titolo “dominus Mutulae et Castellaneti”, e l’arcivescovo di Ta-ranto. Secondo la cronotassi dei vescovi, la diocesi mottolese sareb-be da collocarsi tra il 1023 (con la riserva del dubbio circa i vescovi Consalvo, Susanimito e Liberio) e il 1818, anno in cui fu soppressa e aggregata alla diocesi di Castellaneta (7 Comuni: Castellaneta, Mot-tola, Palagiano, Palagianello, Massafra, Laterza, Ginosa). Giovanni fu il primo vescovo di Mottola. Una charta del 1081 riferisce, infatti, che Riccardo Senescalco “per assensum Joannis Motulensis Episcopi” effettuò alcune importanti donazioni. Ma veniamo alla visita pasto-rale. Essa esiste fin dall’età apostolica (1 Tm 3, 2; Tt 1,9). La stessa letteratura cristiana è piuttosto ricca di riferimenti alle preoccupazione dei vescovi circa la salute delle anime, il culto dei martiri e così via; anche i Padri della Chiesa ne sottolineano la necessità (Vita sancti Au-gustini episcopi). Ma è con il Medioevo che la visita pastorale assume la caratura della verifica e del controllo sia dello stato materiale delle chiese, degli altari, delle rendite patrimoniali dei titoli beneficiari sia della vita del clero sotto l’aspetto disciplinare. La sua valenza spazia tra il giuridico e il fiscale, tra il canonico e l’amministrativo. Controllo e (possibile) riforma costituiscono dunque il binario lungo il quale si muove la visita pastorale. Fumarola

Si va via da casaper continuare a vivere

D

Pietro Maria Fragnelli, sabato 27 settembre, ha preso inizio dalla piazza cittadina. Tra gli applausi ed i canti del coro “Le piccole voci della collina” del 1° circolo didatti-co “Dante Alighieri”, a dargli il benvenuto ufficiale ed isti-tuzionale, ci ha pensato il sin-daco Giovanni Quero: “Que-sta visita pastorale – ha detto – rappresenta un momento di grande preghiera e di rifles-sione, che ci aiuta a cogliere la sfida di Benedetto XVI: imparare a comprendere l’es-senziale, partendo dai principi cristiani”. Il vescovo si è auspicato che questa visita pastorale pos-sa essere utile a realizzare un discernimento delle cose che servono realmente nelle parrocchie come nelle scuo-le, nelle famiglie come nella vita cittadina di tutti i giorni. “Sarà motivo di gioia e con-forto – ha detto - pensare che il Signore voglia incontrare voi attraverso me e me attra-verso voi. Sono convinto che in questo cammino autentico, in questo confronto culturale e democratico, che sperimen-

teremo in questi giorni, grazie all’incontro con i poveri, gli ammalati, gli anziani, grazie alle preghiere, alla mensa eu-caristica e alle esperienze di comunione, a Mottola, ciascu-no potrà trovare un luogo, in cui, come scrive la scrittrice Alessandra Borghese, parlan-do delle piscine del santuario di Lourdes, il diaframma, che ci separa dal mistero, si faccia così sottile da diventare tra-sparante. Quel luogo, per i mottolesi potrà essere la Madonn’ Ab-basc’, le Grotte di Dio, un an-golo silenzioso di una chiesa, il capezzale di un ammalato, il viale nel cimitero, il terre-no arido da lavorare, il lavoro duro in azienda o in ufficio o un angolo riservato della pro-pria casa, in cui imparare a guardare il vissuto con gli oc-chi di Dio e dei santi”. Dopo l’accoglienza istituzionale, anche un momento liturgico, in chiesa Madre, per invitare i cittadini di Mottola a prose-guire con maggiore speditez-za sul cammino dell’amore e della carità. Dopo aver fatto visita alle strutture parrocchia-

li, alla Pro Loco e al G.A.L, ma anche ai disabili del Cen-tro Diurno e agli anziani del Centro Polivalente, S.E. mons. Pietro Maria Fragnelli, ha fatto, poi, sosta, nella casa municipale, per colloquiare e dialogare con dipendenti ed amministratori, anche in oc-casione del Consiglio Comu-nale, riunitosi, tra l’altro, per deliberare il conferimento, proprio al nostro vescovo, del-la cittadinanza onoraria. “Nel-la vita, soprattutto in quella ecclesiastica - ha detto il ve-scovo - sono abituato a nulla chiedere e a nulla rifiutare. In questo momento mi sento visitatore della comunità mot-tolese e visitato dalla grande attesa della stessa. Oggi, tutti siamo chiamati a dare nuova dignità e forza al vivere socia-le. Del resto, come scriveva un filosofo danese dell’800, non è bello viaggiare su una nave in cui dal megafono del comandante non escono più le indicazioni circa la rotta da seguire, ma solo notizie su ciò che si mangerà il giorno dopo. Pertanto, ogni cittadino do-vrebbe servire questa comuni-

tà nel modo alto che ci indica il Vangelo. Ed, ancor prima, devo farlo io, in quanto ora cittadino onorario. Un vero credente non sta né a sinistra, né a destra, né al centro, ma in alto ed è dall’alto che, in-sieme, dobbiamo recuperare quei valori forti, quegli idea-li, che ci permettano di stare al centro come a sinistra o a destra”. Ma la visita pastorale è servita a mons. Fragnelli an-che per ordinare sacerdote e, quindi, per consacrare a Dio e alla Chiesa, oltre che al servi-zio cristiano delle comunità, don Domenico Affortunato, il giorno in cui si festeggia San Francesco, il 4 ottobre. Il viaggio pastorale del vescovo, attraverso il tessuto sociale di Mottola continuerà sino alla fine di ottobre. Il defensor ci-vitatis, il difensore della navi-gazione comune, continuerà, dunque, a portare nella casa, ovvero nei cuori di ciascuno, la parola di Dio, per orientare ciascuna coscienza a coniuga-re sempre, in ogni azione quo-tidiana, l’alto senso civico e la parola autentica del Vangelo.

Maria Florenzio

Non c’è lavoro e le risorse naturali non vengono sfruttate

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saBaTo 18 oTToBRE 2008ADESSO 5PAeSi

osa deve aspet-tarsi un parroco? Cosa deve aspet-tarsi una comunità

parrocchiale? Cosa deve

aspettarsi una città dalla visita pastorale del proprio vescovo? Sembrano inter-rogativi scontati a cui si potrebbero dare altrettante

risposte scontate. Ma non è così. Perché, se è scon-tato che un parroco si at-tenda dal proprio vescovo un “Bravo, continua così”, non è scontato che il “bra-vo” abbia la stessa valen-za e connotazione in don Franco e in don Giuseppe, visto che il primo sicura-mente non è alla prima vi-sita pastorale, mentre il se-condo si è trovato di fronte alla sua prima esperienza. Ma ha detto e dirà a tutti “bravo” il nostro Vescovo? Non credo. Certo, un Buon Pastore deve essere soprat-tutto buono, ma non può non mettere in evidenza “le cose che non vanno”.D’altra parte don Antonio

mi ha confessato che è giu-sto che un Vescovo metta in evidenza anche quelle che benevolmente ha chia-mato lacune della vita par-rocchiale. Perché, se è vero che il Vescovo entra nella parrocchia per confermare modi di essere e di fare ben consolidati dal tempo, se è vero che il Vescovo vie-

ne per incoraggiare e dare pacche sulle spalle, è anche vero che faccia dei rilievi e aiuti ad aggiustare il tiro.E le comunità parrocchia-li come stanno vivendo l’approccio ad un avveni-mento così straordinario e “rivoluzionario”? Mi dice don Michele che la gente ha bisogno di dialogare, avverte una gran sete di comunicare e vede nel Ve-scovo, più di ieri, il Padre giusto e super partes in grado di cogliere e aiutare a risolvere problemi che, a volte sfuggono, anche al parroco. Ecco, quell’”Oggi voglio fermarmi a casa tua” di Gesù detto a Zaccheo e fatto proprio dal Vescovo

nella sua preghiera della visita pastorale, è stato av-vertito dalla comunità come un forte desiderio di sentire parole diverse e stimolanti. Alla prima fase della curio-sità (non capita tutti i giorni avere un Vescovo tra i pie-di per una settimana in una parrocchia) - commenta an-cora don Antonio - è suben-

trato nella gente un intimo sentimento di verificare se vale la pena avere ancora una fede e, soprattutto, se ancora ci sono spazi e modi per rafforzarla.Don Franco ha atteso que-sto momento forte della visita pastorale con l’en-tusiasmo di chi è ancora alle prime armi. In fondo — egli è convintissimo - la fede non ha età, ha bisogno solo di trovare occasioni e strumenti per essere rivita-lizzata. Basta uno striscio-ne a lettere cubitali per dire al Vescovo che è persona gradita e che veramente può fermarsi in ciascuna delle case della parrocchia. Ma, si sa, questo non è pos-sibile. Di qui il valore e il significato degli incontri con i responsabili dei vari gruppo parrocchiali.La visita pastorale di mons.Fragnelli, a Morto-la, ha un sapore tutto par-ticolare, perché all’inter-no dell’evento è caduto il fausto giorno dell’ordina-zione sacerdotale di don Domenico Affortunato. Un evento su cui le comunità parrocchiali e l’intera città sono chiamati a riflettere a lungo, dal momento che sono passati più di 25 anni dall’ultima ordinazione di un mottolese(don Sano Chiarelli).E allora? Cosa si aspetta Mortola dalla visita pasto-rale del proprio Vescovo? O meglio. Cosa si aspetta il Vescovo dalla visita pa-storale a Mortola? Che si concretizzi quanto Egli ha scritto nella lettera a Sinda-co e consiglieri comunali in occasione della seduta consiliare straordinaria del 2 ottobre scorso, e cioè che l’evento sia “capace di richiamarci ai valori che contano, capace di stimo-larci con amore e con forza verso quelle realtà che indi-vidualismo e consumismo stanno travolgendo, verso quei traguardi a cui non si vuole più guardare”.

Cosa si aspettano dal vescovola parrocchia e la sua comunità I parroci sperano in un’approvazione, la gente ha bisogno di dialogare

C

Come Paolo, scelti, chiamati e inviati…ll’indomani delle ultime ordina-zioni presbiterali nella nostra dio-

cesi, abbiamo incontrato i neo-ordinati don Giuseppe Laterza e don Domenico Affortunato ai quali abbia-mo chiesto di condividere con noi un pezzo del loro cuore.“La bocca parla dalla pienezza del cuore” (Lc 6, 45). Don Giuseppe e don Domenico, riferendoci a questa frase di Luca, ci raccontereste, in poche parole, cosa conteneva il vostro cuore nei giorni precedenti alla vostra or-dinazione?Avevo l’impressione di avere gli occhi di tutti pun-tati addosso, e questo mi agitava un po’- ha risposto don Giuseppe. Ho ripen-sato al cammino fatto e mi ripetevo spesso: se ho camminato molto è perché Dio non mi ha mai lascia-

to solo, anche quando ho attraversato momenti dif-ficili.Ho provato gratitudine immensa e gioia indicibi-le – sono le parola di don Domenico - ma, allo stes-so tempo anche una grande responsabilità. “Con la no-stra statura di piccoli uomi-ni facciamo la prospettiva all’infinito”, ha aggiunto citando don Primo Mazzo-lari. e la vostra famiglia come ha vissuto questi momen-ti?Mi ha aiutato tanto a con-centrarmi sull’essenziale, su quello che stavo per fare e che avrebbe segnato per sempre la mia vita - ci ha confidato don Giuseppe.. Don Domenico ci ha detto, invece, di aver percepito, attraverso la preghiera e la trepidazione della sua famiglia, la carezza di Dio e l’abbandono alla Sua vo-lontà.

Concludendo… Ognuno di noi, spesso, ripete nel proprio cuore una frase delle Scritture, che dia nuovo slancio alle proprie attività. Qual è la Parola-guida a cui affidate il vo-stro ministero?Don Giuseppe ha risposto: “… se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio” (Gv 3, 5), perchè occorre avere sempre nuova vita dallo Spirito. Don Domeni-co, invece ha citato un ver-setto del salmo 22: “Anche se dovessi camminare in una valle oscura non teme-rei alcun male…”, ripen-sando a tutti i momenti di sconforto da lui vissuti.Ringraziando don Giusep-pe e don Domenico per aver condiviso con noi queste brevi riflessioni, non possiamo che augura-re loro di essere vero dono per la diocesi e di esserlo nella gioia e nell’umiltà.

A

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saBaTo 18 oTToBRE 2008ADESSO

Afasia cosa vuol dire, silenzio della parola?

Inibizione del pensiero dei laici? Mancanza

di responsabilità? Silenzio dell’azione?

6 DiOCeSi

ihi quaestio factus sum” ( A g o s t i n o , Confessioni

10.33). Ad offrire momenti di approfondimento per una vali-da risposta all’enigma agosti-niano ha provveduto il Conve-gno Ecclesiale della Diocesi di Castellaneta “Io non mi ver-gogno del Vangelo - con San Paolo iniziarne Tanno pastora-le”, che ha previsto relazioni e dibattito su tre interrogativi esistenziali che sono propri di ciascun cristiano si può for-mare ancora l’uomo? come formare i credenti oggi? quali pastori e formatori oggi?Particolarmente seguito da un numeroso auditorio, espressio-ne di tutte le realtà ecclesiali della diocesi, il Convegno ha presentato dotte relazioni-risposte agli interrogativi, e si è arricchito di un laborato-rio in cui si sono confrontate esperienze diverse e messe in evidenza esigenze proprie dei cristiani del terzo millennio.“Si può ancora formare l’uo-mo ?” Addentrarsi in questo interrogativo e cercare di ri-spondere non è stato, durante il lavoro di gruppo, molto fa-cile in quanto vari erano gli spunti da cui partire per arri-vare ad una risposta esaustiva, perché ne va della nostra vita, della nostra esistenza non solo nel contingente ma nell’eterni-tà. E’ l’esigenza di sempre per l’uomo, per ciascun uomo, di “ rendere ragione” della sua esi-stenza e di capire “che cosa sia un uomo e che cosa convenga alla natura umana fare o subire in modo diverso dalle altre na-ture” (Piatone, Teeteto).Le numerosi concezioni sull’uomo, il modo di presen-tare le stesse in modo insisten-te, rapido ed accessibile non hanno però risolto l’interroga-

tivo che, pertanto, si presenta ancora oggi in maniera cosi problematica.E allora? La risposta all’in-terrogativo “Si può formare l’uomo?” sembrerebbe solo negativa. Ma il Cristiano ha una speranza, la speranza “di cui deve dar ragione”, la spe-ranza che diventa certezza con l’annuncio del Kerigma ed è per questo che San Paolo in-vita “ ad indossare il Signore Gesù”(Rm 13,14), riscopren-do il Battesimo e vivendo la grazia “ del Signore nostro Gesù Cristo:da ricco che era,si è fatto povero per voi,perché voi diventaste ricchi per mez-zo della sua povertà” (2 Cor. 8,9). Allora non si tratta solo dell’amore umano di un mal definito senso di benevolen-za, da una sorta di affetto e che cioè tutti gli uomini pos-sono amarsi. Si tratta di fare un salto di qualità, con quella carità che è dono di un’azione specifica dello Spirito Santo che si innesta con la storia di ognuno di noi per dare uno spessore nuovo, una vivacità sempre giovane a quell’affetto universale che è l’amore. Con l’amore e la carità è possibile formare l’uomo! Nella logica dell’amore chi è in difficoltà deve avere maggiore attenzio-ne, è la scelta preferenziale dei poveri. Logica dell’amore ca-ritatevole non è quella dell’ef-ficienza ed è opposta a quella del profitto. Solo se si condi-vide e si approfondisce questo si potrà accettare l’esigenza di un profondo cambiamento culturale, di una teologia della debolezza, in cui si manifesta la forza di Cristo. E’ questo il mistero della presenza di Gesù Cristo e dell’azione del-lo Spirito Santo nella storia di ciascuno di noi, delle famiglie della Chiesa per la salvezza di

tutti gli uomini: l’educatore, il formatore è Cristo, morto e risorto, nostro compagno di viaggio che ci orienta e ci por-ta al Padre, è lo Spirito Santo che ci da le parole, gli atteg-giamenti che Gesù ha detto e ha fatto.

Antonio Sportelli dir Caritas diocesana

bbiamo risposto con entusiasmo all’invi-to del nostro Vesco-vo per il Convegno

Ecclesiale della Diocesi di Castellaneta, il 15-16-17 set-tembre 2008, nel solco voluto dal S.Padre per l’anno paolino in corso. Riguardando i temi, ci si ritorna sul primo presen-tato da mons. prof. Giusep-pe Pulcinelli che ha cercato egregiamente di rispondere alla domanda” Si può forma-re ancora l’uomo?”L’interrogativo del mondo, dell’antropologia ma che as-sume per il cristiano una con-notazione specifica: è l’esor-tazione al raggiungimento di una fede adulta, sostenuta dalla speranza di chi vive il futuro già nel presente e vive il presente aperto alla pienez-za del dono del futuro,Novità di vita nell’ottica della fede e della speranza ma an-che della carità, propria di chi

vive nel concreto, ovunque, la propria identità a costo di andare contro corrente.Il cristiano supera la visione pessimistica travista in quel “ancora” del tema, frutto del-la mentalità del mondo. Il cristiano, invece, è sempre positivo proprio per la spe-ranza di cui ciascuno si sente portatore e animatore, anche alla luce della stupenda Enci-clica “Spe salvi” del Papa.Più volte il relatore ha spin-to a guardare con speranza al cambiamento della persona, primo fra tutti al “mio” cam-biamento, non nella logica dello “sforzo”, ma nella stu-penda ed evangelica mentali-tà del mistero della debolezza abitato dalla GraziaSi deve credere all’azione plasmatrice della Parola, dei sacramenti su ciascuno e cia-scuno per gli altri come edu-catore, genitore e testimone.Con Paolo “imitatore” e “nel-

la sequela di Cristo”, ciascun cristiano viva la novità di vita, il processo di maturazio-ne nelle fasi, prima dell’”es-sere afferrato”, dell’incontro personale, decisivo, trasfor-mante di Cristo Risorto, poi “dell’imparare Cristo” fino ad essere “in Cristo”, avendo i Suoi occhi, la Sua mentalità, il Suo cuore. Dalla trasforma-zione alla conformazione fino a poter dire con Paolo “ Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vivo in me”.Inoltre Paolo invita ad esse-re “come LUI”. E’ l’eco di quanto Giovanni riporta det-to di Gesù : “Amatevi come io vi ho amato”. Ne deriva l’urgenza della Carità che scaturisce da un annuncio innestato tanto nella vita che non si dice nulla che non si stia già vivendo nel servizio e nell’amore.Il risvolto ovvio, concreto, immediato è la dedizione alla

Comunità. Il legame a Cristo diventa legame e passione per gli altri.Mai “maestri” e basta. Qui si apre l’orizzonte vasto,variegato e contempo-raneamente vicino edettagliato (caso per caso) di ciò’ che la Caritas invita a fare e coordina.Dai vivaci gruppi di studio è scaturita l’attenzione al servi-zio, anche su progetti che ini-zialmente possono sembrare ardui, ma con il Signore vici-no, diventano possibili.Certo, si diceva, vanno aiu-tati i laici a crescere prima di tutto nella fede. Essa poi si produrrà nella vita e nel ser-vizio. Ci vogliono occasioni di incontro e di ascolto in cui ricevere per dare.Così come per Paolo la molla è sempre “ Vi ho trasmesso quello che ho ricevuto”, quin-di sono necessarie Comunità in cui crescere, comunità da

cui partire, comunità a cui ri-tornare. Molti, anche parten-do dalla propria esperienza, hanno detto che i laici vanno aiutati a crescere sulla Parola perché soprattutto assumano senso nuovo la sofferenza, le difficoltà, la morte. Tale sen-so acquisito irradia luce intor-no nelle situazioni più varie e nuove oggi di povertà fisiche, psichiche e sociali.E’ stato anche chiesto che va-dano ancora prima aiutate le Comunità a vivere all’interno una maggiore fraternità che sia sale per gli altri. Da una Comunità così nutrita ed al-lenata all’amore all’interno, scaturiranno certamente for-me varie di volontariato che vanno poi sostenute nello specifico delle competenze.Altri hanno auspicato che maturando la Comunità par-rocchiale e diocesana arrivi ad essere un luogo di proget-tazione privilegiato per obiet-

tivi sempre a più lunga sca-denza che abbraccino l’uomo che cambia. Con i risultati del Convegno crediamo che l’uomo possa realizzare pienamente la sua umanità in Cristo, porche nessun “uomo” è più uomo del cristiano, perché l’uomo riuscito pienamente è stato solo Cristo.

A. S.

Con l’amore e la caritàè possibile formare l’uomoDal convegno ecclesiale ‘Io non mi vergogno del Vangelo’ una traccia di forte spiritualità

Raggiungere un credo adulto: è una delle indicazioni emerse nelle relazioni del convegno

ANovità di vita nella fede

“MLa Chiesa di Castellaneta si è rimessa in mar-cia per il nuovo anno pastorale. L’ha fatto sul-le orme di San Paolo, l’apostolo delle genti, di cui la Chiesa ricorda il bimillenario della sua morte. L’antropologia, la fede la formazione e la comunicazione sono stai i temi di confronto del convegno ecclesiale diocesano che celebra l’inizio dell’anno pastorale della Diocesi di Ca-stellaneta, svolto il 15, 16 e 17 settembre scorso nel centro pastorale “Lumen Gentium”. “Io non mi vergogno del Vangelo – Con San Pa-olo iniziamo l’anno pastorale” è stato il titolo dell’appuntamento, durante il quale leggendo Paolo si è data risposta a tre interrogativi del-la vita cristiana oggi: Si può formare ancora l’uomo? Come formare i credenti oggi? Quali pastori e formatori oggi? Le risposte sono sta-te affidate a tre insigni biblisti: don Giuseppe Pulcinelli Prof.Giuseppe Pulcinelli, docente di Sacra Scrittura alla Pontificia Università La-teranense, Don Salvatore Santoro, docente di sacra scrittura all’ l’Istituto Superiore di Scien-ze Religiose (ISSR) di Reggio Calabria, don Giorgio Copertino, docente di Sacra scrittura dell’istituto di Santa Fara di Bari e dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Brindisi.

Quest’anno, a differenza delle scorse edizioni del convegno annuale, è stato fondamentale il momento di riflessione in gruppi che seguiva l’intervento del relatore. I fedeli, che hanno

gremito la chiesa del centro pastorale per tutta la tre giorni, guidati dai coordinatori diocesani hanno avuto modo di dibattere divisi in gruppi

di lavoro, sul tema della giornata per dare nuovi spunti di stimolo ai relatori. Al ritorno

in riunione plenaria venivano presentate le riflessioni emerse durante i lavori del gruppo per arrivare poi sino alla conclusione. Queste due pagine che dedichiamo all’appuntamento, rappresentano un sunto delle diverse esperien-

ze vissute nella tre giorni. Paolo Nico

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saBaTo 18 oTToBRE 2008ADESSO 7DiOCeSi

Pastorie formatori

Il tema della ministerialità, stru-mento divino finalizzato alla salvez-za dell’uomo, è finalizzato nell’epi-stolario paolino all’edificazione del corpo di Cristo, nell’unità della fede per la piena conoscenza del Figlio di Dio. Il testo, per me, più significati-vo per una riflessione del ministero nella Chiesa è quello di 2Cor 2,14-4,6 in cui Paolo espone il ministero della nuova Alleanza. Mi sembra opportuno premettere che la lettura di questo testo deve poter interessare tutta la comuni-tà cristiana, qui radunata insieme con il Vescovo e i presbiteri, e non solo coloro che hanno il compito di rendere i fratelli idonei a compiere il ministero. Il tema del ministero della nuova alleanza, è possibile racchiuderlo in tre termini: diaco-nia, gloria e parresia. La diaconia della nuova alleanza Il ministero apostolico è paragonato da Paolo all’opera di composizione di una lettera, scritta nel cuore dei ministri/corinzi, perché sia conosciuta e letta da tutti. Paolo sottolinea che la let-tera è di Cristo: perché scritta non inchiostro ma con inchiostro ma con lo Spirito del Dio vivente, non su ta-vole di pietra ma su tavole di carne dei vostri cuori. Poiché la lettera è di Cristo, la capacità non viene da sé, ma da Dio. Lo stile di Paolo, a servizio dell’opera di Dio, risulta così diverso da quello dei mercanti della Parola (cf 2,17), da cui l’apo-stolo prende le distanze. La gloria della nuova alleanza Pa-olo nei sviluppa il confronto tra il ministero dell’antica e quello della nuova Alleanza su un punto specifi-co, quello della gloria.L’allusione all’antica alleanza, at-traverso l’incisione di lettere su pie-tre, permette a Paolo di sviluppare il confronto, seguendo il metodo rab-binico, in modo da correlare il mini-stero della morte (v.7a) con quello dello Spirito (v.8); il ministero della condanna (v.9a) a quello della giu-stizia (v.9b) e il carattere transitorio del primo con quello permanente del secondo (v.11).Paolo non intende negare la dimen-sione gloriosa del ministero antico, bensì evidenziare con forza la su-periorità del ministero della nuova alleanza sull’antica.La franchezza (parrēsìa) del mi-nistero. A differenza di coloro che ‘mercanteggiano’ (in modo merce-nario e fraudolento) la Parola, Pao-lo, animato dalla speranza di ciò che è glorioso, si comporta con molta franchezza (“con la semplicità e la trasparenza che provengono da Dio” 2Cor 1,12 e proclamando il vangelo “da parte di Dio, davanti a Dio e in Cristo” cf 2,17), assumendo Cristo quale “fine della legge” (Rm 10,4), cioè suo senso profondo e significa-to definitivo. Lo Spirito del Risorto, che dà vita e vivifica le Scritture, abilita i cristiani a vivere con Cristo e a immagine di Cristo. I cristiani, conformati all’immagine di colui che hanno contemplato, partecipano sempre più alla gloria del Signore. Il loro rapporto con Cristo è così inten-so che si potrebbe dire che non sono più i cristiani a vivere, ma è Cristo che vive in loro (cf Gal 2,20). Solo così si realizza il desiderio storico-salvifico di Dio Padre: che gli uo-mini siano resi “conformi all’imma-gine del Figlio suo, affinché costui sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29). Il tema della franchez-za è in stretta relazione con quello della libertà cristiana, sviluppato in Galati, e con quello della vita nello Spirito trattato in Romani 8. la let-tura di questi testi rende ancora più significativa la riflessione sul mini-stero della nuova alleanza.

Giorgio Copertino

Come formare i credenti, oggi?uali sono le “ca-ratteristiche” di questo tipo di credenti, credu-bili e creduti?

Le sintetizzo in “due pas-sioni più una”, che desumo proprio dall’esperienza e dalla teologia di Paolo di tarso.

La prima: la passione per la verità (cfr. Ef 6,19-20), che postula il dovere della parresìa Una Chiesa che dice no all’indifferen-za religiosa, e che non si

accontenta di essere “ … sospesa su un filo tra le case del mondo senza mai sfiorarle …” si esercita a coniugare, senza stancarsi, il verbo di d. Lorenzo Mi-lani: I Care!I care: cioè mi interessa!Mi interessa annunciare il Vangelo nei luoghi in cui si articola la mia vita, di uomo-credente! Anzi: “ … guai da me se non predicassi il Vangelo …” (1Cor 9,16)La “passione per la Verità ” è un prerequisito fonda-mentale per fare ciò; per poter dire –con parresìa

- “… io non mi vergogno del vangelo.” (Rm 1,16)Preferisco, per dirvi qual-cosa su questo prerequisi-to così importante – la par-resìa – leggervi una bella pagina tratta dagli scritti di mons. Tonino Bello.D. Tonino scrive così: “ … il tacere è sempre una virtù? La Bibbia non sem-bra di questo avviso. Non solo perché, al cap 3 di Qoelet, ci avverte che “ c’è un tempo per tacere ed un tempo per parlare”, ma anche perché ha introdotto una categoria che costitui-sce l’antitesi del pavido si-

lenzio, di fronte alla verità e la giustizia:la parresia.Che cos’è la parresìa? E’ il parlar chiaro, senza paura e senza tentennare, di fronte alle minacce del potere, quando bisogna rendere testimonianza alla verità. (…)Seconda passione: pas-sione per la Chiesa (cfr. Col 1,24), che postula il primato della koinonìa e della diakonìa. La parresia è “madre” di una martyrìa forte, la quale, a sua volta, genererà autentiche mani-festazioni di koinonìa e di diakonìa.Questa volta vi propongo – per chiarire questi due ulteriori termini, altret-tanto importanti – una ri-flessione di mons. Bruno Forte, tenuta in occasione del dibattito-incontro su “L’avvenire del Cristia-nesimo”, svoltosi alcuni mesi fa al Centre Culturel Saint Louis de France di Roma. “ … Come vivere e tra-smettere ragioni di vita e di speranza? Come crede-re di più e credere meglio, affinché il mondo creda? Tre “vie”: quella della martyria, quella della koi-nonia e quella della diako-nia. (…) Accanto alla via della “martyrìa”, quella della “koinonìa” appare non meno necessaria: essa corrisponde un po’ alla no-stalgia di unità che, sia pur in forma ambigua e com-plessa, si affaccia nei pro-

cessi di “globalizzazione” del pianeta. …. La “folla delle solitudini” è il pro-dotto tipico del nichilismo della postmodernità: in rapporto ad essa ai cristia-ni è chiesto di testimonia-re la possibilità dell’essere insieme, tutti responsabili nella Chiesa, del volersi in comunione, rendendo la comunità accogliente, attraente, dove ci si senta amati, rispettati, riconci-liati nella carità. (…)Infine, la “diakonìa”, la carità vissuta nell’impe-gno per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato, appare come la terza grande priorità per il cristianesimo agli inizi del terzo millennio. … i cristiani, presenti nei con-testi più diversi del piane-ta, sono certamente pro-tagonisti privilegiati per tener desta una coscienza critica attenta a difende-re la qualità della vita per tutti e capace di farsi voce specialmente di chi non ha voce e di fronteggiare le logiche esclusivamente egoistiche di molte delle grandi agenzie di potere economico e politico sul piano mondiale. In questo impegno, i credenti non dovranno contare su altri mezzi che su quelli della loro testimonianza e della vitalità della loro fede ed operosità evangelica. (…)L’ultima passione … ri-assume le precedenti: è la passione per l’uomo!

Q

aolo, proprio per-ché vive così inten-samente il mistero della passione e

della morte di Cristo e della sua resurrezione, non esita a presentarsi come un mo-dello per i suoi corrispon-denti, con l’esortazione a farsi suoi imitatori. Il tema appare la prima volta in 1Ts 1,6: «E voi siete diventati imitatori nostri e del Signo-re, avendo accolto la parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione, così da diventare modello a tutti i credenti che sono nella Ma-cedonia e nell’Acaia». È un testo dove si mostra che il Vangelo richiede l’impegno personale del predicatore, il quale lo diffonde, nonostan-te gli ostacoli e le sofferen-ze, attraverso l’azione dello Spirito. Quindi questa vita impegnata è offerta come modello proprio per i cre-denti di Tessalonica, a loro volta diventati modello per i credenti che sono nella Macedonia e nell’Acaia. I Tessalonicesi infatti sono diventati essi stessi imitatori delle chiese di Dio che sono in Giudea 1Ts 2,14: «Voi infatti, fratelli, siete diven-tati imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo, che sono nella Giudea, perché avete sofferto anche voi da

parte dei vostri connazionali come loro da parte dei Giu-dei». In questo senso Paolo dà sempre grandi comunità alla Chiesa di Gerusalem-me, la considera madre di tutte le chiese e questa imi-tazione è imitazione nella perseveranza nella capacità di sopportare la persecuzio-ne e la prova. In 1Cor ci sono due passi specifici in cui Paolo esorta a diventare suoi imitatori, il primo è nella sezione in cui argomenta contro le divisio-ni interne e le derive di quel-li che cercano una sapienza soltanto umana… Paolo, per correggere l’in-terpretazione gnostica del cristianesimo, introduce l’esortazione all’imitazio-ne: «Fatevi miei imitatori» (1Cor 4,16). Tale esorta-zione giunge al termine di un elenco di tribolazionei sofferte da Paolo (1Cor 4,9-13). Farsi imitatori di Paolo non è un riprodurre atteg-giamenti, ma richiamare alla memoria le vie che lui ha indicato in Cristo, è il lo-gos della croce. È chiaro che l’esortazione di Paolo ad imitare la sua per-sona poteva essere oggetto di equivoci; per questo in 1Cor 11,1 scrive in termini inequivocabili: «Siate miei imitatori come io lo sono di Cristo» In questa sezione

della lettera, imitare Cristo attraverso Paolo significa prendere le distanze da un cristianesimo inteso secon-do un modello ellenistico-sapienziale, che rifiuta la storia di Gesù, oppure se-condo l’altro modello cor-relato del cristianesimo en-tusiastico-carismatico, dove l’identità cristiana è ridotta a emozioni e esperienze limi-te (miracoli). Paolo invita i Corinzi ad imitarlo non tan-to mosso dal sentimento che i figli somiglino al padre, ai genitori, ma in quanto egli stesso è imitatore di Cristo, e imitando Paolo essi imita-no Cristo. Qui si capisce su-bito che non si tratta di imi-tare Cristo nella sua azione redentiva a favore di tutti gli uomini (cosa che non rientra nelle potenzialità umane, cf. Rm 5 Cristo è l’unico nuovo Adamo), quindi non si cade nel rimprovero fatto da certa corrente teologica soprattut-to protestante...Il suo vero scopo è di con-durre i Corinzi, turbati da vari predicatori che adul-terano la parola di Dio, a Cristo. Paolo non ha affatto la pre-tesa di essere un modello perfetto né si propone come tale: quello che propone come esempio agli altri è semplicemente il suo sfor-zo continuo di raggiungere

Cristo. Anzi, Paolo insiste spesso sulla propria debo-lezza e miseria per convin-cere i suoi destinatari che è proprio in essa che ha occa-sione di mostrarsi la potenza di Dio, la forza della croce.. (sono meritatemente celebri i passi della 2Cor 12,9-10: la forza si manifesta pie-namente nella debolezza.. quando sono debole, è al-lora che sono forte”). È una teologia della debolezza!In Fil 3,17 abbiamo uno dei testi più forti in cui Pa-olo si pone come modello da imitare: 17 “Imitate me, (Summimhtai, mou) fratelli, e fissate la vostra attenzione su coloro che si comportano secondo il modello che ave-te in noi. [cf. altri model-li accanto a sé!] 18 Perché molti, dei quali spesso vi ho parlato e ora ve ne riparlo piangendo, si comportano da nemici della croce di Cri-sto..” Unica volte in cui dice co-imitatori: forse vuole sotto-lineare che i filippesi devo-no unirsi a lui nel diventare imitatori di Cristo, oppure vuole far emergere che que-sta imitazione deve essere collettiva, ecclesiale: met-tersi tutti insieme a imitare Paolo.Ora per la nostra mentali-tà moderna e influenzata dall’individualismo ci può

apparire piuttosto presun-tuoso qualcuno che ci esorti ad imitarlo… qui bisogna tener conto almeno di due aspetti:1) l’idea di dover imitare un modello morale era molto comune nel mondo antico (cf. ad es. Isocrate, Dem. 4.11; anche in Seneca, Plu-tarco..).2) questi neo-cristiani (ne-ofiti) che non avevano an-tenati nella fede nel loro ambito familiare avevano un gran bisogno di avere da-vanti a sé qualche modello concreto di come praticare la fede nelle varie circo-stanze della vita personale e comunitaria.. (come farebbe un apprendista artigiano ad imparare il mestiere senza mettersi ad osservare come fa il suo lavoro un artigiano provetto?).Quindi l’esortazione ad imi-tarlo non era dettata da auto-esaltazione, ma unicamente dalla carità pastorale: voler offrire un modello di cui essi avevano assolutamente bisogno.In questo senso davvero Pa-olo non predica nulla che non abbia egli stesso vissu-to per primo. Egli si sente chiamato per vocazione a vivere in modo speciale il mistero della partecipazione alla morte e resurrezione del Signore.

Riportiamo i passi del Vangelo in cui l’Apostolo ne fa esplicito riferimentoPaolo, modello di imitazione di Cristo

P

SALVATORe SAnTORO

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saBaTo 18 oTToBRE 2008ADESSO8 PArrOCChie

Seicento anni di storiaorreva l’anno 1408. Così annota uno tra i più atten-dibili storiografi laertini, il sac. Egidio Casarola:

“L’arcivescovo di Acerenza, mons. Nicola Piscicelli, emana il Decreto vescovile, rilasciato in Miglioni-co il 7 Dicembre 1408, con il qua-le concede all’Univesità di Laterza l’assenso a fabbricare, edificare ed erigere l’attuale chiesa parrocchiale di san Lorenzo martire, che secon-do tradizione sarebbe stata portata a compimento soltanto del 1414”.Ma bisogna arrivare addirittura al 19 Novembre 1673, allorché il vescovo di Bitonto, il laertino mons. Anto-nio Galli, consacra ufficialmente la chiesa e l’altare, fissando per il 31 Agosto di ogni anno la data della ce-lebrazione della dedicazione.Dipendente fin dall’origine dall’ar-cidiocesi di Acerenza e poi da quel-le unite di Acerenza e Matera, con decreto della S. Congregazione Concistoriale dell’11 Agosto 1945 fu aggregata alla diocesi di Matera; infine, con decreto della Congrega-zione dei Vescovi dell’8 Settembre 1976 fu aggregata alla diocesi di Ca-stellaneta.Istituzionalmente si presentava come una chiesa ricettizia con a capo l’ar-ciprete, cui spettava la cura delle anime; questi, eletto “in gremio” al Capitolo, era di nomina arcivesco-vile. Al Capitolo partecipavano sol-

tanto i sacerdoti, in numero variabi-le a seconda dell’entità delle risorse disponibili. Le altre dignità erano il Cantore ed il Vicario foraneo, men-

tre l’amministrazione era affidata a due Procuratori, eletti annualmente.Con Bolla del Marzo 1764 il benefi-cio dell’antica abbazia di S. Maria la

Grande viene unito in perpetuo alla chiesa matrice di S. Lorenzo, per cui da questa data gli arcipreti assumo-no il titolo di “Abate”. Nel 1790, infine, con decreto reale l’abbazia fu dichiarata soppressa ed i beni passati al “Beneficio di Regio patronato di S. Maria la Grande”, ma gli arcipreti continueranno a titolarsi “regi abati” o semplicemente “abati beneficiati di S. Maria la Grande”. Fin qui la storia.A distanza di seicento anni, oggi la

comunità parrocchiale di S. Lorenzo in Laterza esprime il suo grazie al Signore per il dono di questa mera-vigliosa “opera delle mani dell’uo-mo” attraverso alcune celebrazioni, come da allegato programma. I pensieri e le immagini della storia del nostro paese, del nostro popolo, della fede del popolo laertino sono incise sulla “carne muraria” di que-sta nostra chiesa parrocchiale. Una storia che vogliamo consegnare ai cristiani di oggi, per rinverdire i ricordi degli anziani e invogliare la curiosità dei giovani a chiedersi cosa sia stato prima che noi fossimo. Una storia che vogliamo consegnare a quanti verranno a visitarci, a quanti verranno a stupirsi di tanta magni-ficenza. I sei secoli trascorsi dalla costruzione hanno levigato le pietre di questa Matrice, le hanno scalfite, alcune le hanno deteriorate; ma essa è rimasta lì, come sentinella nell’at-tesa dei bagliori dell’aurora, come ponte tra l’antico e il nuovo insedia-mento urbanistico, come simbolo e “sacramento” di una religiosità che non può perire, che nessuno può cancellare. Essa vuole ricordarci che la Fede, pur nelle sue lontani origini,

CIl calendario degli appuntamenti per l’anniversario della parrocchia ‘S. Lorenzo martire’, a Laterza

rimane e vive nell’attualità dell’uo-mo d’oggi, è sorgente di quella fa-mosa “fontana del villaggio” che è ogni chiesa, come amava simboleg-giare Papa Giovanni XXIII.Un aforisma latino enunciava: “Fac-tum infectum fieri nequit” (non si può far sì che ciò che è stato sia come non avvenuto). Se non pos-siamo cambiare il passato, ci resta il gravoso compito di lavorare per il futuro che consegneremo ai nostri successori, se non “perfectum”, pur

tuttavia pregno di ogni buona inten-zione. Conservare la propria identità, come piccola comunità, è un diritto e un obbligo che si dovrebbe esercitare ed osservare per sentirsi protagonisti della storia della più vasta comunità nazionale e mondiale. Non, allora, inutili sentimentalismi verso ciò che è stato, ma neppure piatti adegua-menti culturali; non il solitario ed antistorico “laudator temporis acti” che si rinchiude quasi sdegnosamen-te nel labirinto di un linguaggio che non va al di là della comunità laer-tina. È nostro desiderio che chi ci viene a visitare non rimanga a guar-dare con la faccia in su, perché non gli succeda quanto scrive Renard: “Alcuni uomini alzano gli occhi al cielo ma vedono so¬lo i ragni del soffitto”.E un grazie particolare a quanti, con il loro contributo e la loro preziosa disponibilità, hanno reso possibili queste celebrazioni centenarie. Ci sia concesso non fare nomi, alla luce di quanto ci ha insegnato Gesù: “E il Padre vostro, che vede nel segreto, vi ricompenserà”.

parroco Francesco Conte

PARROCCHIA S. LORENZO M.LATERZA - TA

5 OTTOBRE/19 NOVEMBRE 2008

1750° ANNO LAURENZIANOVI° CENTENARIO DI FONDAZIONE DELLA PARROCCHIA

OTTOBRE: L’ASCOLTO

DOMENICA 5 OTTOBREore 19.00 San Lorenzo - Celebrazione eucaristica presieduta da mons. Domenico CORNACCHIA (Vescovo di Lucera - Troia)

VENERDÌ 10 OTTOBREore 18.30 c/o la Cittadella della cultura I cristiani possono dire la loro in politica?

Conferenza-dibattito con l’on. Rocco BUTTIGLIONE

DOMENICA 12 OTTOBREore 19.00 San Lorenzo - Celebrazione eucaristica presieduta da mons. Giovanni RICCHIUTI (Vescovo di Acerenza)

GIOVEDÌ 16 OTTOBREore 20.00 San Lorenzo - Quando Dio fa il “cattivo”

Conferenza-dibattito con Fabio SALVATORE

DOMENICA 19 OTTOBREore 19.00 San Lorenzo - Celebrazione eucaristica presieduta da mons. Martino SCARAFILE (Vescovo emerito)

GIOVEDÌ 23 OTTOBREore 20.00 San Lorenzo - L’urgenza dell’ora: corpi… da gioco

Conferenza-dibattito con don Fortunato DI NOTO

DOMENICA 26 OTTOBREore 17.00 all’imbocco della strada per l’erigenda “Casa Famiglia” intitolazione della via a S. Annibale M. Di Francia, fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zeloore 19.00 San Lorenzo - Celebrazione eucaristica presieduta da mons. Michele CASTORO (Vescovo di Oria)

GIOVEDÌ 30 OTTOBREore 20.00 San Lorenzo Il giornalista: artigiano dell’attualità

Conferenza-dibattito con il dr. Domenico DELLE FOGLIE

NOVEMBRE: LA FESTA

DA MARTEDÌ 11 A GIOVEDÌ 13 NOVEMBREPellegrinaggio a Roma alla tomba di S. Lorenzo e giubileo paolino

SABATO 15 NOVEMBREore 20.00 c/o Tensostruttura “M. Corrado” Mario ROSINI interpreta MINA (Ingresso gratuito)

MERCOLEDÌ 19 NOVEMBRE

SOLENNE CONCLUSIONE DEI FESTEGGIAMENTI

ore 9.00 S. Messa ed esposizione del Santissimo Sacramento per l’intera giornataore 18/21 c/o Oratorio parrocchiale Annullo filatelico e vendita cartoline ricordoore 18.00 Celebrazione eucaristica presieduta dall’Ordinario diocesano

SONO PREVISTE LE SEGUENTI PUBBLICAZIONI

OTTOBREOpuscolo a carattere di visita guidata alla chiesa.

NOVEMBRELibro a carattere storico-artisco della Matrice.

DICEMBREAtti degli interventi dei vescovi e dei conferenzieri.

SOLENNI FESTEGGIAMENTI

Progetto grafico: PerlaStudio.COM

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saBaTo 18 oTToBRE 2008ADESSO 9

il bello della fedeA chi tocca annunciare il Vangelo? Già! A chi tocca?Maturato dal Concilio in poi che non è cosa che riguarda solo preti e religiosi/e, la citazione paolina proposta dal Papa per l’odierna Giornata Missionaria Mondiale – “Guai a me se non annunciassi il Vangelo” (1Cor 9,16) – ci pro-voca a verificare lo stato di salute dell’anima missionaria del nostro vivere ecclesiale e personale.Parliamo di anima e non di optional poiché la missione sta al cristiano come l’anima al corpo ed anche perché, volente o nolente, la vita di un credente rimanda sempre al Vangelo, in maniera trasparente se traduce, opaca se tradi-sce. “Non si può non comunicare”, affermano gli studiosi di comunicazione; è un dato ineludibile anche del nostro cammino di discepolato.Ineludibili, inoltre, sono anche un paio di interrogativi non proprio insensati: la fede è per me questione vitale? È ciò che mi dà ragioni per vivere e morire, per amare e perdonare? Sogniamo per noi una fede bella che vuole, perché le è connaturale, frequentare gli areopaghi del nostro tempo. Seminiamola nel cuo-re dei più giovani che custodiscono desideri grandi, ma che si ritrovano a vive-re concentrati su piccoli obiettivi perché non offriamo loro niente di meglio.Missione non è solo paesi lontani. Missione è anche essere pronti nei crocevia della storia dove volti, nomi, eventi, incontri e scontri interpellano i cristiani ad essere testimoni di quell’incontro che svela dignità e bellezza di ciascuno ed invita tutti a liberarsi da ogni presunzione e disperazione.Assuefatti ad un cristianesimo “alla camomilla” o, al contrario, “alla caffei-na”, ci siamo limitati a cenni cortesi e solenni di assenso a tutte le prediche ed i discorsi che udiamo per poi voltare le spalle al Vangelo in una maniera del tutto indolore ed altrettanto disinvolta per la nostra coscienza. Insomma, un cristianesimo “bello senz’anima”, limitato alla sola domenica.A chi tocca, allora, annunciare il Vangelo? A tutti. A patto, però, di lasciarsi conquistare da Cristo (Fil 3,12), con l’umiltà ed il coraggio di cominciare pri-ma di tutto da sé.

Oronzo Marraffa

contro dopo un solo anno, o sulla necessità di raccogliere fondi per altre attività parroc-chiali, o per la propria congre-gazione, o... Al riguardo vorremmo pun-tualizzare che la nostra as-sociazione non vive di ele-mosina e non chiede fondi in occasione degli incontri, tan-tomeno quando vi sono ospiti dal Brasile. Semplicemente ci sentiamo in DOVERE, oltre che in diritto, di informare e formare le nostre comunità ad una maggiore sensibilità mis-sionaria e permettere loro di condividere UNA esperienza di frater¬nità che, per quan-to particolare e limitata, la Provvidenza stessa ci sta per-mettendo di realiz¬za¬re da quasi 20 anni a questa parte. E questi obiettivi prioritari, pie-namente condivisi dal Vesco-vo Pietro Maria, cerchiamo di per¬seguirli sul serio e con co-stanza, pur fra mille rinunce e sacrifici, essendo tutti volonta-ri e con famiglie a carico. Ecco perché mi permetto di esortare

tutti spetta il diritto di ave-re una parte di beni sufficien-

ti a sè e alle proprie fami-glie...”, per cui “gli uomini hanno l’obbligo di aiutare i poveri, e non sol¬tanto con il loro superfluo” Sono parole della Costitu-zione Conciliare Gaudium et Spes (n. 69). Così come gli stessi Vescovi richiamano noi cristiani a precisi dove-ri di solidarietà, auspicando che: “l’attività missionaria della Chiesa italiana si ca-ratterizzi sempre più come comunione-scambio tra Chiese e, mentre offriamo la ricchezza di una tradizione millenaria di vita cristiana, riceviamo l’entusiasmo con cui la fede è vissuta in altri continenti. Non solo quelle

La Missione è un benedi tutti

Chiese hanno bisogno della nostra cooperazione, ma noi stessi abbiamo bisogno di loro per crescere nell’universalità e nella cattolicità. Chiediamo pertanto (…) che la missiona-rietà pervada tutti gli ambiti della pastorale e della vita cristiana” (Nota pastorale dopo il 4° Convegno ecclesia-le nazionale, Par. 9)Grazie al ventennale ge-mellaggio con la Diocesi di Proprià, la nostra Chiesa di Castellaneta si trova nelle con-dizioni ottimali evidenziate dai Vescovi: di una vera “co-munione-scambio tra Chiese”, che sempre più si concretizza e si tocca con mano nei nume-rosi viaggi e visite; ma anche di offrire “la ricchezza di una tradizione millenaria di vita cristiana”, grazie alla presenza permanente di un missionario diocesano, don Vincenzo De Florio. Eppure, come Asso-ciazione che ha particolarmen-te a cuore il gemellaggio, rile-viamo ancora tanta difficoltà a far comprendere le parti finali

della citazione, ossia che la di-mensione missionaria è neces-saria PER NOI, non solo per chi riceve i nostri aiuti, e non può essere relegata ad un ge-sto di carità estemporaneo o, peggio ancora, ad un singolo

gruppo o associazione.Rimaniamo a volte sconcertati quando, nel periodo estivo di presenza di don Vincenzo qui in Diocesi, constatiamo che pochi lo aspettano e lo accol-gono a braccia aperte - come un fratello maggiore che certa-mente provoca e scomoda, sì, ma che anzitutto rende viva e presente la nostra missione -, così come taluni si stancano

di sentire sempre gli stessi di-scorsi! Ma perché, ci sono for-se parole “giuste” che se ripe-tute non lo sono più? O sentire parlare del Brasile una volta all’anno, magari nello stesso modo e con gli stessi aneddoti, è una cosa proprio insoppor-tabile per le nostre comunità cristiane? Eppure sin da pic-coli ci hanno insegnato che la Parola di Dio è sempre nuova ed attuale, nonostante rimanga immutabile! Come non comprendiamo la reazione di alcuni parroci quando un Coordinatore loca-le (ce ne sono per tutti i Co-muni della Diocesi) chiede la disponibilità ad un incontro, o semplice¬men¬te per affig-gere una locandina, distribuire un volantino, fare un breve an-nuncio alla fine della celebra-zione, e di ritorno dobbiamo a volte subire uno sproloquio sulle tante attività parroc-chiali, o sulla opportunità di coinvolgere altre parrocchie o sul periodo troppo intenso o sull’inutilità di ripetere l’in-

“A

Segni

SPiritUALità

le parrocchie a non metterci il bastone tra le ruote, perché rischierebbero di metterlo alla stessa Provvidenza!Piuttosto impegnamoci tutti insieme affinché questa ric-chezza di comunione con la Chiesa gemella di Proprià non venga dispersa e non si esau-risca con la presenza di don Vincenzo e/o con le iniziative di Orizzonti Nuovi, che do-mani potrebbero anche non esserci più... coltiviamo nuo-ve vocazioni “missionarie”, laiche o religiose che siano, disponibili a spendere qual-che mese/anno della propria vita al servizio dei brasiliani nordestini (o di altre popola-zioni dei Terzo Mondo), certi evangelicamente che i “ritor-ni” nelle nostre comunità lo-cali saranno molto più copiosi delle rinunce e dei sacrifici. Quando capiremo che solo donando si può ricevere ?

Pier Paolo Lamolapresidente di Orizzonti Nuovi

“Evandro Lupidi” Onlus

Percorsi

uando evangelizzare si-gnifica testimoniare, nel silenzio, con il proprio stile di vita...

Dopo un cammino neocatecume-nale di circa 20 anni, attualmente condotto nella prima comunità del-la parrocchia del “Sacro Cuore di Gesù” di Massafra, i coniugi Gio-vanni e Anna Rita Dragone hanno vissuto un’esperienza di missione nella città di Fukuoka, in Giappo-ne. Il 1° novembre dello scorso anno, assieme ai loro cinque figli (è in ar-rivo il sesto), hanno lasciato casa, parenti e lavoro per raggiungere il Giappone, dove sono stati inseriti in una comunità operante già da una trentina d’anni, con il consen-so al progetto di alcuni vescovi locali.«La chiamata non si può spiegare. È così e basta – spiega la signora Dragone, quando le si domanda il perché di una scelta così corag-giosa –. Proviene dall’alto, la senti dentro di te, non esiste una spiega-zione razionale. È il Signore che fa la storia. C’è un progetto divino, che abbiamo sperimentato, che va al di là delle nostre forze».Una realtà chiusa, quella che si è presentata alla famiglia massa-frese, con una cultura lontana e diversa dalla nostra, fortemente materializzata, tecnologizzata e tesa al progresso economico, con una forte riduzione delle nascite ed un alto tasso di suicidi, soprattutto tra i giovani. Gesti estremi indici di un disagio causato, spesso, da fallimenti nell’ambito scolastico o lavorativo, difficili da sostenere. «Evangelizzare in un contesto del genere – affermano i coniugi – si-gnifica testimoniare con la vita di tutti i giorni che il Signore esiste e provvede. Inizialmente, abbiamo pensato che la nostra presenza non avesse lasciato alcun segno. Inve-ce, la diversità del nostro stile di

vita e la nostra libertà di pensiero sono state notate. Il giorno in cui siamo partiti, sono passati a salu-tarci vicini ed insegnanti di scuo-la».Nella città di Fukuoka, c’è una forte competizione tra le religioni, buddismo e shintoismo le più dif-fuse. Su 50mila abitanti, solo un centinaio i fedeli che si raccolgono nell’unica parrocchia cattolica, il giorno di Natale. Notevole, dunque, la riduzione del numero di cattolici, con un’età me-dia molto alta. Un intervento discreto, portato avanti nel rispetto dell’ordine co-stituito, nonostante le difficoltà. Per i bambini non è stato affatto facile l’inserimento nella scuola e l’apprendimento della lingua. Poi il rientro a Massafra, dopo qua-si un anno, per motivi famigliari, con il Giappone nel cuore. E la missione continua…

Francesca Piccolo

Q

Missione

“La chiamata non si può spiegare”

Programma 2008-09Ufficio diocesano per la Cooperazione missionaria

terza settimana di ottobre (12-18) “responsabilità”Veglia di preghiera: in diocesi, il 18 ottobre, alle ore 20, nella parrocchia “San Pietro Apostolo” di Mottola; in parrocchia, qualsiasi altro giorno utileQuarta settimana di ottobre (19-25) “ringraziamento”Giornata missionaria mondiale (19 ottobre), messaggio del Papa, carità, Via Cru-cisQuinta settimana di ottobre (26-31), vespri di ringraziamento “Santi come Paolo per ringraziare il Signore”Novena di Natale per i bambini (utile per i grandi): valorizzare i “seminatori di stelle”Giornata parrocchiale dell’infanzia Missionaria (6 gennaio 2009)Giornata diocesana dell’infanzia Missionaria (11 gennaio 2009), intera giornata al Centro pastorale “Lumen Gentium”. Inizio alle ore 9.30, pranzo a sacco, Messa alle ore 16Giornata mondiale dei lebbrosi (25 gennaio 2009)Giornata dei Missionari Martiri, di preghiera e digiuno (24 marzo 2009)Giornata interdiocesana per l’Infanzia Missionaria (18 aprile 2009), ore 16, Pala-fiom di TarantoGiornata europea dell’infanzia Missionaria con il Santo Padre (fine maggio-inizio giugno), Sala Paolo VI, RomaPellegrinaggio a roma dei bambini di Prima Comunione (10 giugno 2009)Animazione missionaria:- in diocesi: ogni quarta domenica del mese, alle ore 16, presso le suore cla-risse a Castellaneta, incontro degli animatori dai Padri missionari saveriani- in vicaria o cittadina: si può pensare ad un incontro con le catechiste e gli educatori dei ragazzi nei vari paesi della diocesi, alle ore 16, nel primo pomeriggio

Appuntamenti

Don Salvatore: promuovere la vita missionariaL’urgenza di annunciare il Vangelo e lo stile di evangelizzazione delle prime comunità cristiane.Questi i punti di partenza per l’anno 2008-09, evidenziati dal di-rettore dell’ufficio diocesano per la cooperazione missionaria, don Salvatore Di Trani. Nel messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale, Benedetto XVI, nel sottolineare che è un «dovere im-pellente per tutti annunciare Cristo e il suo messaggio salvifico», riprende un’affermazione di San Paolo: “Guai a me se non predi-cassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16). La mette in luce don Salvatore, invitando anche a rivedere come le nostre comunità annunciano il Vangelo, prendendo ad esempio la prima comunità di Gerusa-lemme, che si lascia guidare dallo Spirito Santo e cerca di rendere visibile la presenza del Risorto. «Il Papa – prosegue – invita ad essere missionari nel proprio ambiente, nella propria parrocchia. Occorre animare le comunità, con lo stile dell’annuncio, ovvero attraverso la testimonianza». Don Salvatore auspica, inoltre, che le parrocchie della diocesi collaborino insieme nel promuovere la vita missionaria e nell’indicare nuovi animatori.L’ufficio diocesano per la cooperazione missionaria ha il compito di essere di stimolo nella pastorale e funge da raccordo tra le co-munità. Questo il programma stilato per l’anno missionario appe-na iniziato, contenente iniziative e momenti forti, a livello parroc-chiale e diocesano.

Francesca Piccolo

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saBaTo 18 oTToBRE 2008ADESSO10 VeSCOVO

Nel 2009 cade il 50.mo dalla morte di don Primo Mazzola-ri, parroco di Bozzolo, diocesi di Cremona. Il vescovo mons. Pietro Maria Fragnelli non po-teva suggerire titolo migliore al rinnovarsi della pubblica-zione di un periodico: “Ades-so”. Otto punti scandiscono l’editoriale, con cui don Primo inaugurava la pubblicazione del quindicinale “Adesso” il 15 febbraio 1949. Otto: nume-ro simbolico, come 8 risulta-no le beatitudini evangeliche. Impegno cristiano: l’obiettivo. Come impegnative restano le beatitudini del Vangelo.“1. Ci si fa colpa di non ca-pire ciò che «adesso» occor-re all’uomo e di non sapervi provvedere”. Nella nostra at-tualità i cattolici sono spesso chiamati sul banco degli ‘im-putati’ per rispondere di una cronaca divenuta ‘salice pian-gente’.“2. La volontà di Dio non è un sole lontano, ma miriadi di gocce di rugiada dove il sole

si specchia. «Adesso» è la bri-ciola che porta tutto”.Ispirarsi oggi a quel tramonta-to quindicinale, può significare l’aurora del non mai tramon-tabile “impegno cristiano”. E attraverso briciole di bene irradiare il “sole” della Veri-tà e grazie a gocce di rugiada evangelica irrorare l’aridità dell’umano che ci attornia.“3. Il cristiano non ferma l‘at-timo, per goderlo. «Adesso» è solo un gradino”. Salire; ele-vare mente e cuore. Scrivere allora non soltanto per sosta-re criticamente su ‘attimi’ di cronaca, ma per sospingere il presente verso la promozione di valori condivisibili.“4. «Adesso» è la pietra che scavo, scalpello e levigo con le mie mani”. E Dio la incasto-na nel suo Disegno. I cristiani sono “manovali di Dio”.E’ facile coniugare i verbi dell’impegno su altrui respon-sabilità e con i facili verbi coniugati impersonalmente al condizionale: “si dovrebbe …

si potrebbe… ecc.”; “lo Stato deve”; “la Chiesa deve” e così via all’infinito. L’Adesso esi-ge che ognuno impegnando le proprie “mani”, contribuisca alla costruzione della “casa comune”. Solo chi si “sporca le mani” – scriveva sempre don Mazzolari – “ha diritto di critica”, non chi rimane “alla finestra” a guardare chi passa.“5. “l’uomo dispone solo di questo «adesso» che può esse-re anche l’ultimo”.“Attimo fuggente” è l’ansia dell’oggi e di tutti. Ma coglier-ne l’importanza non è di tutti. Si scriverà perché chi legge se ne renda partecipe e consape-vole.“6. Non soltanto Dio, ma ogni creatura mi dà appuntamento nell’«adesso».Ora è il tempo opportuno, è grazia divina: lo predicavano gli Apostoli ai primi cristiani. Ed è messaggio da restituire ai cristiani di oggi e a quanti sanno spendere positivamente energie senza sciupare l’ap-

puntamento con Dio e con l’uomo. “7. Adesso, non domani. «Adesso» è un atto di corag-gio”. Rinviare ad un ipotetico domani ogni impegno è ‘vi-gliaccheria’. Scriveva un sag-gio: “si può essere eroi una sola volta nella vita; ma ogni giorno si corre il rischio di es-sere vigliacchi”.“8. Il vangelo è un’attesa ove ogni attimo è una epifania o un nascondimento. Ecco viene l’ora: questa è l’ora”.Con questo faro-luce del van-gelo Mazzolari stabiliva un dialogo mordente con la cro-naca, che si nutre di attimi e sospiri d’umanità. Il vangelo coniuga i verbi sull’impegno dell’ora, non sulle nostalgie del passate e neppure sulle il-lusioni del futuro. Per questo Mazzolari desiderò offrire ai cattolici impegna-ti uno stimolo: “animare le buone volontà, denunciare le inadempienze, svegliare i dor-mienti, rimuovere le pigrizie

e le prudenze istituzionali e politiche intese a frenare la ca-rica originaria e rivoluzionaria del Vangelo”.Quel desiderio mazzolariano fu frenato nel 1951, quando il periodico fu sospeso e nel 1956 a don Primo fu proibito di collaborare al ‘suo’ giornale “Adesso”. Ed egli rimase fe-dele al vangelo e alla Chiesa. Perché in ultima analisi ogni impegno veramente costrut-tivo è sempre con Cristo, ma nella Chiesa.

Stefano Siliberti

L’ “Adesso” di don Primo Mazzolari

Cor et anima unaUna rubrica semplice e fraterna, fatta di nomi, di cuori e mani a servizio del Regno di Dio Uno strumento immediato al servizio della comunione fra noi, specie nel PresbiterioMons. Luigi De DonatoDallo scorso mese di agosto don Luigi risiede presso la Casa di riposo Madre Teresa di Calcutta sita in Noci, via Zona H s.n. (ex via per Puti-gnano), tel. 080 4949235. Ci sentiamo vicini a lui con l’af-fetto fraterno, lo ringraziamo per l’attenzione con cui segue la diocesi nella preghiera. Sicuramente non gli faremo mancare segni concreti di amicizia.Con gioia e gratitudine ricor-diamo i Presbiteri che hanno celebrato in questi giorni o celebreranno prossimamente anniversari di Ordinazione sacerdotale

Don roger ZamaL’11 settembre don Roger, Sacerdote della diocesi di Mbandaka – Bikoro in Congo e da anni residente nella dio-cesi di Castellaneta, ha cele-brato il XXV anniversario di Sacerdozio. Attualmente svol-ge l’incarico di Vicario par-rocchiale nella parrocchia S. Lorenzo M. in Massafra, oltre che cappellano dell’Ospedale di Massafra.

Don Vito MignozziIl 31 ottobre don Vito celebre-rà il X anniversario di Sacer-dozio. Rettore del Santuario diocesano Mater Domini in Laterza, in contemporanea svolge l’incarico di Direttore della scuola di formazione di base per operatori pastorali e Docente di Teologia dogmati-ca presso la Facoltà Teologica

Pugliese in Molfetta.Don Giuseppe OlivaIl 28 settembre don Giuseppe ha celebrato il I anniversario di Sacerdozio. Dal 1° settem-bre ha iniziato il suo servizio pastorale come Vicario par-rocchiale nella parrocchia S. Leopoldo Mandic in Massa-fra. Collabora anche con la pastorale familiare e la pasto-rale giovanile.

Don Graziano MarangiIl 18 ottobre don Graziano celebrerà il I anniversario di Sacerdozio. Vicario Par-rocchiale nella parrocchia Cuore Immacolato di Maria in Castellaneta dallo scorso anno, dal 1° settembre offre la sua collaborazione nella segreteria personale di Mons. Vescovo. È assistente di zona dell’Agesci e assistente dei ragazzi e dei giovani di Azio-ne Cattolica.Presbiteri che hanno ricevuto nuovi incarichi pastorali

Don rocco Martucci Dal nuovo anno scolastico don Rocco è confessore del nostro Seminario Minore Diocesano “Giovanni Paolo II”.

Don Giuseppe Laterza e don Domenico AffortunatoOrdinati rispettivamente il 20 settembre in San Nicola a Palagiano e il 4 ottobre nel-la Chiesa Madre a Mottola, i due novelli sacerdoti hanno ricevuto i seguenti incarichi: il primo è al Seminario Mi-nore come Vice-rettore ed il

secondo va alla Parrocchia Maria SS.ma Annunziata a Palagiano come vicario par-rocchiale.

Don Lorenzo Cangiulli e don Michele QuarantaDal 1° settembre don Loren-zo, lasciando la parrocchia S. Croce in Laterza, è stato chiamato nel Pontificio Semi-nario Regionale di Molfetta come educatore del 3° corso. Nella guida della parrocchia S. Croce Mons. Vescovo ha nominato don Michele Qua-ranta, Direttore dell’Ufficio Scuola, che è stato immesso nel ministero domenica 14 settembre, festa dell’Esalta-zione della Croce.

Don Gianni MagistroA seguito della morte di don Vincenzo Paradiso, avvenuta il 3 agosto scorso, il 10 dello stesso mese don Gianni è sta-to nominato amministratore parrocchiale della parrocchia Regina del Rosario in Pala-gianello.

Don Domenico CantoreIl 1° settembre don Domenico è stato nominato vicario par-rocchiale della parrocchia S. Martino Vescovo in Ginosa

Padre Mario CisterninoIl 1° ottobre P. Mario, religio-so comboniano originario di Castellaneta e temporanea-mente residente in diocesi, è stato nominato collaboratore del Rettore del Santuario Ma-ter Domini in Laterza.

Frati Minori di Castellane-taIn data 6 settembre il Mi-nistro provinciale dei Frati Minori della Provincia salen-tina ha comunicato la nuova composizione della Fraternità francescana di Castellaneta. Padre Maurilio De Cataldo e Padre Alfonso Polimena sono stati entrambi trasferiti alla Fraternità di Manduria, men-tre a Castellaneta sono giun-ti Padre Giuseppe Nardelli e fra’ Antonio Salinaro. Grati per il lavoro svolto in mezzo a noi da P. Maurilio e P. Al-fonso, accogliamo con fiducia P. Giuseppe e fra’ Antonio, certi che, grazie anche a loro, la Fraternità di Castellaneta continuerà ad essere un pre-zioso punto di riferimento per la spiritualità francescana di tanti nostri fedeli. Tutta la comunità diocesana formula l’augurio che questi nostri sacerdoti e religiosi, nell’esercizio del ministero,

possano conformarsi sempre più a Gesù Buon Pastore e come Lui sappiano “farsi tut-to a tutti” (1 Cor 9,22) nella radicalità di una vita donata per amore e nell’amore.

il Prof. Antonio Sportelli alla CaritasIl 1° settembre il prof. Anto-nio Sportelli, che ha cessato dal ruolo di dirigente scola-stico del Liceo Aristosseno di Taranto, è stato chiamato dal Vescovo a dirigere la Ca-ritas diocesana, succedendo a don Giuseppe Ciaurro. Grati a don Giuseppe ed alla sua equipe per il lavoro prezioso di questi cinque anni, formu-liamo al prof. Sportelli i mi-gliori auguri, assicurando a lui ed ai collaboratori vecchi e nuovi il nostro ricordo nella preghiera.

A cura di Mons. Giuseppe Favale, Vicario Generale

AGeNDA DeL VeSCOVO

Dal 19 al 31 ottobre Mons. Fragnelli concluderà la Visita pastorale alla cit-tà di Mottola visitando le parrocchie del S. Cuore (19-25) di San Basilio e S. Giuseppe (25-31).

Il 24 ottobre durante l’Ag-giornamento del clero nel Centro Pastorale Lumen Gentium a Castellaneta don Ferdinando Di Noto rela-zionerà su “L’infanzia tra-dita. Il ministero sacerdota-le e le odierne povertà”.

Il giorno 01 novembre, fe-sta di Ognissanti nella chie-sa di S. Domenico a Castel-laneta il Vescovo conferirà il ministero dell’accolitato al seminarista Francesco Zito.

Dal 01 novembre al 28 dicembre mons. Pietro Maria Fragnelli sarà in vi-sita pastorale nella città di Mottola secondo il seguen-te calendario: 09-15 novembre: Parroc-chia S. Francesco da Paola; 16-22 novembre: Parroc-chia S. Leopoldo; 23-29 dicembre: Parrocchia S. Cuore di Gesù; 30 novembre – 06 dicembre: Parrocchia Maria SS. del Carmine 07 – 14 dicembre: Parroc-chia S. Lorenzo 15 – 21 dicembre: Parroc-chia- Santuario Gesù Bam-bino; il 28 dicembre la chiusura cittadina della Visita Pasto-rale presso la Parrocchia S. Lorenzo M.

In occasione della com-memorazione dei defunti Mons. Fragnelli celebrerà la S.Messa presso le cap-pelle cimiteriali secondo il seguente calendario: Mottola: 2 novembre ore 10.30; Castellaneta: 2 no-vembre ore 16.00; Palagiano: 3 novembre ore 15.30; Marina di Ginosa: 4 novembre ore 15.30; Pa-lagianello: 5 novembre ore 15.30; La-terza: 6 novembre ore 15.30; Gi-nosa: 7 novembre ore 15.30; Massafra: 8 novembre ore 15.30

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associazionismo come stile di vita, come mo-dello per con-

frontarsi, come stimolo per crescere. Intraprendendo un cammino comune all’interno dello stesso gruppo ed infine vivendolo con altre associa-zioni. È quanto si specchia nello spirito dell’Anspi (As-sociazione nazionale San Paolo Italia), ma non solo.A Palagiano, infatti, lo san-no bene sette associazioni sportive, sette gruppi di at-leti, allenatori e dirigenti che non ci hanno pensato due volte a regalarsi e a de-dicarsi una forte esperienza aggregativa. L’occasione è stata la Visita Pastorale che il Vescovo della Diocesi Mons. Pietro Maria Fragnel-li ha tenuto a maggio nella cittadina del Clementine. E precisamente il 21, quando ad accoglierlo c’erano tutte le associazioni sportive pa-lagianesi. Le “magnifiche sette” hanno abbracciato il Vescovo nella sua visita alla parrocchia “Maria Santis-sima Immacolata” e al suo circolo-oratorio Anspi.C’erano l’Api Basket (con il responsabile Piero Scara-no), il Palagiano Calcio (con Giacomo Mastromarino), la Polisportiva Palagiano (Rocco De Florio) e poi la

a meraviglia e la gio-ia: questi i sentimenti comuni a tutti, al ter-mine dell’esaltante

esperienza delle Olimpiadi in Pa-lio che si sono disputate davanti ai sagrati delle sei Chiese citta-dine durante le manifestazioni dell’edizione 2008 del Settembre Massafrese organizzato dall’As-sociazione culturale Massafra-Nostra.Ventiquattro giochi a punti, itine-ranti e coinvolgenti, nei quali si sono cimentati circa 150 giovani e adolescenti, sostenuti dall’in-coraggiamento di migliaia e migliaia di spettatori. Un evento pianificato da mesi e sorprenden-te per la nutrita partecipazione, già dalla cerimonia di inaugura-zione, avvenuta presso la Chiesa del “Sacro Cuore”. Al termine della Celebrazione Eucaristica l’accensione di un tripode olim-pico, alto quasi due metri: una fiaccola olimpica accesa dal cero pasquale, che ha unito tutti, non solo nella toccante emozione di “incendiarsi”, ma nella comunio-ne fraterna di condividere lo “spi-rito” di surreale aggregazione.Come “fuoco vivo” che davvero arde nei cuori dei giovani, sotto la cenere dell’indifferenza a tutto e tutti! E allora… rendiamo vivo il fuoco! L’accensione del tripode, questo gesto così significativo e certamente indimenticabile per ciascuno dei presenti, è stato ri-petuto ogni sera, per affidarsi in-sieme al buon Dio. E poi, i colori delle magliette, gli stemmi dei ri-oni, i sorrisi, la sana competizio-

ne, le corse, l’abilità, l’equilibrio. E ancora grinta, forza, velocità e classifiche, vittorie e sconfitte, lacrime ed esultanza, trionfi e premi, musiche e giochi…Tut-to ciò si può racchiudere nelle tante “icone” di quei momenti, riposti non solo nei ricordi, ma nel sacrario del cuore di ciascu-no. Un’icona fra tutte? Vedere gli atleti uscire dalla Chiesa di “San Francesco di Paola” e sistemar-si sul sagrato per poi giocare in piazzetta coinvolgendo allegra-mente anche i genitori. Gli atleti olimpici, come missio-nari ardenti d’amore che partono per percorrere le vie del mondo accanto ad altri uomini, e per te-stimoniare i valori della vita.Il gioco di squadra vissuto dai giovani nelle Olimpiadi in Palio è diventato, così, Parabola di vita.Sei parrocchie, sei squadre, sei rioni, sei giorni di Olimpiadi per un unico ideale: “vivere” i gio-vani, risvegliare nelle parrocchie i giovani, stare insieme in una

sana e divertente competizione. Insieme, nella complicità e nella fiducia reciproca, si può vincere; insieme si avverte meno la scon-fitta; insieme si è squadra.Gli atleti, gli organizzatori, il sindaco e gli assessori, i parro-ci, insieme, stupiti e soddisfatti per il crescendo di entusiasmo e partecipazione esploso tra i colori ed i rumori dei fuochi d’artificio finali (nella piazzetta adiacente la Chiesa di “Gesù Bambino”) e toccato dalle tante mani, intrec-ciate, che innalzavano l’ambìto trofeo finale.La meraviglia e la gioia di tutto ciò che è stato donato e ricevuto durante quelle serate, sono l’emo-zione di ciò che è stato “piantato” come un seme che sta già, visibil-mente, germogliando nel terreno fertile non solo degli atleti, dei giovani, ma anche di noi organiz-zatori… “Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” dice Isaia ed il germoglio crescerà e sarà alimentato dal desiderio gran-

de di prendersi cura in maniera vicendevole anche attraverso la sana amicizia che può nascere e crescere attraverso l’esperienza catechetica di un gioco.I giovani aspettano.

Aspettano chi si prenda cura di loro.Forse stanno già aspettando anche te!E allora Gesù si fermò in mezzo a loro, benedisse le Olimpiadi in Palio, diede il fischio di inizio, spiegò i regolamenti dei giochi, arbitrò le gare e pronunciò le classifiche. Gesù giocò con loro, si riposò ed osservò, vinse con i vincitori e consolò gli sconfitti, strinse ed incrociò le tante mani, abbracciò tutti e qualcuno urlò al miracolo. Gesù rimase lì vi-gile ed attento anche quando il tripode olimpico fu spento. È Lui il “fuoco vivo”: la fiaccola rico-noscibile che non si spegne mai nell’olimpiade della Vita.

tiziana Gentileresponsabile organizzativa

della commissione olimpica

L’aggregazione attraverso lo sport nello spirito educativo dell’Anspi

Una Parabola nei giovani

Sette associazioni palagianesi si sono ritrovate attorno al loro vescovosocietà podistica con Salva-tore Pulimento, quella di vol-ley con Elisabetta Di Sarno e quella di taekwondo con Isac-co Simeone. Ognuno dei rap-presentanti delle società, tra le diverse centinaia di atleti pic-coli e grandi che appartengono a questo mondo, ha illustrato la sua esperienza nel proprio campo. Ogni sport ha le sue caratteristiche, ci sono socie-tà che si fanno conoscere in campo nazionale ed altre che operano in ambito locale. Ma i sani prin-cipi sporti-vi, come il rispetto per l ’avversa-rio e per le regole, la voglia di sfidarsi per il piacere di giocare, per il semplice gesto spor-tivo e non per la vitto-ria a tutti i costi, sono il comune denomina-tore.Ideali che si racchiu-dono, come si diceva, nello spiri-to Anspi. A

fare da padroni di casa nella serata delle associazione sono stati infatti il presidente del locale circolo, Don Salvato-re Casamassima (che è anche parroco dell’Immacolata), e il suo vice Vincenzo Antonacci, coordinatori e responsabili della manifestazione che al Vescovo hanno regalato una maglia col suo nome. “Lavoriamo ormai da dieci anni giornalmente in favore dei ragazzi – spiegano – in particolar modo concentrando

la nostra attenzione sui diver-samente abili. Facciamo in modo che lo sport sia un mez-zo per crescere, un faro che non faccia mai perdere di vi-sta i valori veri dell’aggrega-zione sportiva e associativa”. Assieme a loro, a portare la loro testimonianza dell’impe-gno nell’oratorio, una coppia di genitori, Donato Lasigna e Angela Scalera.Un impegno che perciò si tra-duce non solo nella pratica sportiva vera e propria, ma an-

che in un contesto sociale qua-le quello aggregativo. Lavoro che è di insegnamento verso i giovani ma anche di lezione personale, perchè da questi ul-timi c’è sempre da imparare. A Palagiano questo lo han-no capito sia i responsabi-li dell’Anspi e delle società sportive, sia gli atleti di tutte le età. Crescere praticando sport e confrontadosi con gli altri è una strada che porta decisa-mente lontano.

Angelo Loreto

L’esaltante esperienza delle Olimpiadi in Palio durante il ‘Settembre massafrese’

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n’ avventura iniziata il 10 giugno 2006, quando il Vescovo Mons. Fragnelli be-

nediceva la prima pietra della nuova chiesa di San Francesco d’Assisi a Castellaneta. L’ope-ra intrapresa dalla Diocesi di Castellaneta ha ottenuto un contributo finanziario dalla Conferenza Episcopale Italia-na, fondo dell’otto per mille destinato all’edilizia di culto. Per l’espletamento del mini-stero pastorale parrocchiale si stanno costruendo ampi locali con otto aule e vani accessori, della superficie complessiva di circa 400 metri quadrati e un salone comunitario di cir-ca 260 metri quadrati. Altret-tanto grande la casa canonica, completa di vani accessori e di pertinenza, per l’abitazione del clero. Costituiscono perti-nenze della chiesa, e anch’es-se già realizzate, la sacrestia e l’ufficio parrocchiale, ampio e accessoriato. Per l’intero complesso si prevede un co-sto totale complessivo di 2,3 milioni di euro, e per raggiun-gere tale somma sarà necessa-rio integrare il contributo CEI attraverso la collaborazione dei fedeli, ciascuno secondo

le sue possibilità. Questo è,tra l’altro, l’invito del Parroco P. Antonio Giaracuni che ha aperto un registro dei bene-fattori, tutti coloro che lasce-ranno alle generazioni future l’espressione concreta della propria fede. “Una pietra per la mia Parrocchia” è lo slogan per sensibilizzare innanzitutto i parrocchiani e poi tutte le fa-miglie della Diocesi. Un pic-colo contributo, documentato, pari al costo di un mattone per raggiungere, tutti insieme, un grande risultato. E’ la strategia dell’equipe dei collaboratori del Parroco, quelli del Consi-glio Pastorale, che si propon-gono di realizzare un sistema di informazione puntuale, fa-miglia per famiglia.Perché una nuova chiesa di San Francesco? La Parrocchia fu istituita nel 1979 intorno alla secolare comunità france-scana per dare risposta ai nuo-vi quartieri residenziali che stavano nascendo nella più importante zona di espansione prevista dalla pianificazione comunale. Ma già dopo pochi anni la chiesa era insufficiente ad esaudire le esigenze di cul-to di tutta quella zona; c’era bisogno di locali per l’attività

pastorale, per le riunioni co-munitarie ma soprattutto per il catechismo ai tantissimi bam-bini delle giovani famiglie che avevano scelto di risiedere in quel nuovo quartiere. Oggi alcuni locali del vicino com-plesso polivalente, concessi dall’Amministrazione Co-munale, suppliscono ad una carenza che presto sarà col-mata dalla nuova costruzione dove la attività parrocchiali troveranno giusta e completa soddisfazione. La comunità dei frati resterà nell’attuale convento, al quale è legato carismaticamente tutto l’ordi-ne francescano secolare, e la chiesa adiacente diventerà una rettoria mentre sarà compito dell’Ordinario diocesano la nomina del Parroco. “Noi del Consiglio pastorale – afferma a nome di tutti il sig. Vito Sicu-ro – però auspichiamo almeno un periodo di transizione, con la nuova chiesa affidata ad un frate e il ministero pastorale affidato alla comunità france-scana, perché ciò garantisce la continuità dell’azione nei molteplici momenti di aggre-gazione creati dai frati”.Cos’è il francescanesimo oggi? ”Osservare il Santo Vangelo di

Nostro Signore Gesù Cristo, vivendo in obbedienza senza nulla di proprio e in castità”, così inizia la Regola di S. Francesco approvata nel 1223 e oggi, nel terzo millennio, più che mai è il precetto fon-damentale. E’ un progetto che tiene alti i valori della fede e della vita di relazione e si con-cretizza con cinque priorità:1) la fede, cioè avere sempre lo spirito di orazione e di de-vozione;2) la fraternità, cioè vivere la comunione fraterna;3) la povertà, la minorità e la solidarietà, cioè impegno a fa-vore dei poveri, della giustizia e della pace;4) l’evangelizzazione, cioè l’annuncio del Vangelo ad ogni creatura;5) la formazione, cioè mante-nere lo spirito di conversione, crescere per rispondere ogni giorno alla chiamata di Dio. E’ noto a tutti che a San Fran-cesco interessassero soprat-tutto i ceti sociali più deboli, tendesse con amore fraterno verso quel “prossimo” spesso respinto e disprezzato dalla società, cioè verso il povero, il malato, il perdente, l’ultimo. E’ un’attenzione che ispira i

comportamenti dei frati fran-cescani ma anche l’azione dei laici appartenenti all’ordine francescano secolare (ter-ziari) i cui componenti sono anch’essi espressione del ca-risma francescano. Secondo la regola dettata da Francesco, dunque, la vita comunitaria deve cercare di conformarsi al principio della frater-nità (estesa incondizio-natamente non solo alle creatu-re umane, ma a tutto il creato in quanto ope-ra di Dio e dunque sa-cro, viven-do in que-sto modo la fraternità un ive r sa -le), della umiltà (al s e r v i z i o dell’ultimo per essere davvero al servizio di Dio, libe-

rarsi dai desideri terreni che allontanano l’uomo dal bene e dalla giustizia) e della pover-tà (cioè rinuncia a possedere qualsiasi bene condividendo tutto ciò che ci è dato con i tutti i fratelli, partendo dai più bisognosi).

Aurelio Miccoli

ono a buon punto i lavori per la costru-zione a Castellaneta del nuovo complesso

parrocchiale di San France-sco d’Assisi . Già realizzate le opere di ministero pastorale e gli uffici della canonica, si sta lavorando al corpo della chie-sa che prospetterà su via Don Sturzo. Quando sarà terminata, la città tutta e non solo la co-munità parrocchiale, dispor-ranno di un luogo nuovo dove celebrare la gloria di Dio e dove vivere l’accoglienza e la comunione.Il progetto, nato da un concorso di idee voluto dalla Diocesi di Castellaneta, è uno dei più re-centi lavori dell’architetto Paolo Portoghesi, un’idea progettuale di ampio respiro, con impianto

a pianta centrale, in un’area di circa 4600 metri quadrati, già di proprietà della Diocesi ed appositamente destinata, com-presa tra la via Aldo Moro e la via Don Luigi Sturzo. L’inter-vento proposto da Portoghesi è caratterizzato da un impianto a pianta centrale che si svilup-pa, negli ambienti accessori, in forma radiale ed è delimitato a nord da via Don Sturzo, dove è previsto l’ingresso pedonale, attraverso il quale si accede al sagrato, come luogo dell’ac-coglienza, e all’aula liturgica, fulcro dell’intero complesso. A sud, dalla parte di via Aldo Moro, è previsto un ingresso carrabile con accesso alla casa canonica, ai locali di ministero pastorale, al parcheggio e, at-traverso un percorso pedonale,

alla chiesa, idonea ad ospitare circa 400 fedeli. In sintonia con le esigenze della nuova liturgia, stabilita dal Concilio Vaticano II, il modello spaziale è espressione della percorribili-tà dello spazio nella direzione dell’altare. L’edificio ecclesiale inte-so come “tempio” cristiano, composto dalla comunità dei credenti, ma anche come pel-legrinaggio lungo un percorso assiale verso l’abside. “E’ una sagoma che permette di fonde-re in una sintesi unitaria - spie-ga il progettista - il modello basilicale, così importante nel-la storia del cristianesimo, e il modello dell’aula assembleare che, interpretando l’esigenza della partecipazione di tutti i fedeli al rito, è diventato il mo-

dello base delle chiese postcon-ciliari”. Tutto l’insieme dell’ar-redo liturgico, ispirato alla massima semplicità, realizzato con materiali nobili come mar-mo, ottone e legno di cipresso, tiene conto delle indicazio-ni più attuali della Chiesa. In prossimità dell’altare, ispirato agli affreschi delle catacombe,

è sistemato il fonte battesima-le, e dall’altro lato la sede. Un ingresso separato conduce in-vece alla cappella feriale con la Custodia Eucaristica sistemata in maniera tale che sia utilizza-bile dal sacerdote sia nell’aula maggiore che in quella minore. La configurazione generale, l’ampiezza del presbiterio, e la

molteplicità dei percorsi faran-no sì che la chiesa, oltre a cor-rispondere alle esigenze della celebrazione della Santa Mes-sa, si adatti perfettamente an-che ad altre esigenze liturgiche in occasione di battesimi, ma-trimoni, funerali, ordinazioni sacerdotali e riti processionali. A.M.

www.7roseassociazioni.org è il Forum delle Associazioni no-profit nella Diocesi di Ca-stellaneta. Una presenza utile per coordinare ed informare i gruppi che operano nel settore. Utili le indicazioni per la par-tecipazione al sito. Le sezioni Home, Chi siamo, 7 Rose, As-sociazioni, Eventi News, Do-cumenti e Normativa, Avvisi e Bandi, Link utili, sono i pul-santi che rimandano alle pagine che illustrano l’opportunità di iscriversi, gli intenti del grup-po, il messaggio del Vescovo, le attività, le informazioni, gli avvisi ed i bandi, gli indirizzi della Rete utili alle associazio-ni. Di rilievo la sezione Docu-menti e Normativa Giuridica e Fiscale, con raccolta di leggi, fonti normative regionali, sta-tus delle associazioni no-profit e regime fiscale degli enti non commerciali. Per aiutare le singole associazioni che aderi-ranno a questo sito, e parten-do dallo Statuto della Caritas Italiana (art. 3), si è pensato di

organizzarle in 7 aree (come 7 sono le rose-Comuni del no-stro territorio di riferimento), in base al servizio che rendono alla Persona, Famiglia, Citta-dinanza, Ambiente, Emergen-za, Mondialità, Spiritualità. L’iniziativa, che ha di recente preso corpo, permetterà una migliore e più efficiente forma di coordinamento e comuni-cazione interna tra le associa-zioni desiderose di creare una collaborazione sinergica e nel contempo di sviluppare le proprie attività, come si legge nella sezione Chi Siamo. L’an-no scorso l’Associa-zione Evan-dro Lupidie la Caritas hanno par-tecipato ad una Bando reg iona le per erogare un servizio i nnova t i -vo, quale è

quindi il sito da poco creato. Il 25 settembre presso il Cen-tro Patorale Lumen Gentium si è tenuta la Conferenza di presentazione del nuovo sito a cui hanno partecipato oltre ai dirigenti di Orizzonti Nuovi Onlus e della Caritas Dioce-sana -, il Vescovo di Castella-neta, S.E. Mons. Pietro Maria Fragnelli, il dott.Giacomo Smarrazzo in rappresentanza dell’Organismo Intermediario che gestisce il finanziamento per conto della Regione Puglia ed un responsabile del CSV di Taranto.

La Diocesi si è dotata di uno strumento agile e moderno. Il sito www.diocesicastellane-ta.net permette di avere una visione complessiva di attivi-tà e dati.La Home Page presenta una notizia in primo piano una notizia dell’Ufficio Comuni-cazioni Sociali e che concer-ne le iniziative del Vescovo. Pulsanti attivi sotto l’intesta-zione, che contiene anche lo stemma vescovile, permettono di effettuare alcune selezioni: Diocesi, Vescovo, Parrocchie, News, Appuntamenti. I relati-vi dettagli sono riportati nella colonna a sinistra, con diverse selezioni dirette per ogni pul-sante.Nell’ambito Diocesi si può navigare in Storia, Cattedra-le, Curia e Uffici, Cancelleria, Uffici Pastorali, ND Castella-neta, Seminario, Organismi, Aggregazioni, Confraternite. Preziosa la presenza di nomi ed indirizzi.Nella sezione Vescovo una

breve biografia dei Vescovi Monss. Fragnelli e Scarafile nonché informazioni relative a Stemma, Segreteria, Agen-da, Documenti e la Crono-tassi, cioè nomi e periodo di presenza dei Vescovi sin dall’istituzione della nostra Chiesa locale.Santuari, Sacerdoti, Cappel-lani, Religiosi e Comunità Religiose sono invece le se-

lezioni della sezione Parroc-chie. News, Appuntamenti, Download, Contatti, Links chiudono la colonna sinistra del portale. La colonna destra riporta in-vece riporta le ultime news, link a rotazione sulle nostre chiese ed i pulsanti Appun-tamenti e Newsletter, rubrica quest’ultima alla quale ci si può iscrivere.

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Una nuova chiesa oggi

Il nuovo complesso parrocchiale “San Francesco d’Assisi” a Castellaneta

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apita, talvolta, che anche a Taranto il cinema si viva da protagonisti, in un modo o nell’altro. In questi giorni è stata vista in città Lina Wertmuller,

impegnata in alcune riprese del suo ultimo film in alcuni palazzi storici della città vecchia; nel contempo, il regista Alessandro d’Alatri il 29 settembre ha dato inizio alle riprese di “Mare Piccolo”, il suo ultimo lavoro, nella periferia degradata di Paolo VI, profondamente colpito dall’abbandono urbano e dalla amara dignità degli abitanti del quartiere:“Ho scelto di fare questo film perché ho a cuore le storie a sfon-do sociale, che si occupano dei dimenticati”, ha spiegato il regista, “e Taranto è una città dimen-ticata, con una realtà lavorativa drammatica: l’unica possibilità d’impiego sono le acciaierie dell’Ilva , da cui si esce spesso con la propria salute compromessa. Ciò nonostante ho trovato nel quartiere Paolo VI un’umanità inaspettata-mente piena di vita e di solidarietà, e ho incon-trato una gioventù (ed è la stessa che cerco di raccontare nel film) che, se solo gli fosse data una possibilità, potrebbe eccellere in qualsiasi campo. Ho trovato educatori che malgrado le enormi difficoltà in cui si trovano ad operare, dovendo sostituirsi a famiglia e società, non la-scerebbero quel quartiere per nulla al mondo. Con questo film cerco di rendere giustizia alla qualità della gente che vive una realtà in cui è necessaria una volontà di ferro per mantenere viva la speranza di una vita migliore, di un futu-ro dignitoso”. Intanto, per il prossimo fine setti-mana, è annunciato un altro interessante evento cinematografico: la presentazione di Puccini e la fanciulla, ultimo film del regista toscano Paolo Benvenuti in questo caso coadiuvato alla regia da Paola Baroni. Taranto sarà la prima città al Sud ad ospitare il film dopo la presen-tazione all’ultimo festival di Venezia. E questo lo si deve alla apprezzabile iniziativa della “Ac-cademia Mozart” di Taranto, rappresentata da Rita e Andrea Simonetti, che hanno fortemen-

te voluto l’evento, invitando e coinvolgendo nell’evento la troupe del film. Il tutto in corri-spondenza del 150° anniversario della nascita del grande compositore. Come spesso accade, si scopre che in un evento culturale di passaggio nella nostra città, qualche merito sia da attribui-re ad un tarantino. E nella fattispecie il merito è alquanto rilevante dato che Giampaolo Smira-glia, nostro concittadino, del film è il produttore esecutivo. Da sempre appassionato di cinema, durante il periodo universitario ebbe l’occasio-ne di entrare nell’entourage di Paolo Benvenu-ti che allora, nel 2000, girava il suo Gostanza da Libbiano. E da allora Giampaolo Smiraglia ha seguito il regista toscano nella sua carriera con varie mansioni, sino a realizzarsi nella pro-duzione e nella distribuzione cinematografica. Puccini e la fanciulla è il secondo lungometrag-gio che lo vede alla produzione esecutiva. Una buona occasione, questa, per tornare nella sua città, quasi a dimostrare, per altro verso, che per ottenere qualcosa di importante ormai bisogna emigrare da Taranto.Retorica? No, fatti.Il film, girato da registi toscani, prende spunto dalla vita di Giacomo Puccini, loro conterraneo, celebre in tutto il mondo per le sue opere, e in particolare, da alcune vicende amorose, sempre copiose e appassionanti nella vita dell’autore della Boheme, considerato un grande amatore. Nonostante fosse sposato, le donne nella vita di Puccini hanno sempre avuto un ruolo rilevante, spesso coinvolte in avventure intricate e deci-samente spinte, come nei migliori feuilleton. Il film narra una serie di episodi in cui il maestro, la moglie, la figliastra, il suo librettista sono coinvolti in una serie di sospetti, intrighi e tre-sche amorose, ricatti e addirittura un suicidio. Il tutto ambientato nel periodo in cui Puccini com-poneva “La fanciulla del West” (1908), proba-bilmente ispirata dalle vicende vissute. Come Paolo Benvenuti e Paola Baroni siano giunti a voler realizzare questo film lo spiega-

no in prima persona: “Giacomo Puccini (1858-1924) è considerato uno dei più grandi maestri della musica di tutti i tempi. Attraverso le sue composizioni, egli ha saputo comunicare la complessità dei fermenti artistici e culturali che hanno segnato il passaggio dal XIX al XX se-colo. Ed è in un angolo toscano di straordinaria bellezza naturale, un lembo di terra tra le acque lacustri e quelle marine, Torre del Lago, che il cinema ha potuto ricostruire l’incanto e il mi-stero della creazione musicale pucciniana, con l’intento di fare luce su uno degli episodi più oscuri della biografia del Maestro: il dramma di Doria Manfredi, la sua giovane cameriera morta suicida nel gennaio del 1909. Il film ha una sua particolarità: non vi sono dialoghi. Le uniche voci del film leggono, fuori campo, lettere che i personaggi della vicenda si scrivono durante l’evolversi del dramma. La scelta del “muto” nella costruzione drammaturgica del racconto, nasce da motivi di carattere etico ed estetico. Ci è sembrato che la scelta del “muto” fosse l’unico procedimento espressivo per raggiungere quel

“cinema puro”, in grado di esprimere concetti ed emozioni attraverso il solo fluire di immagini e suoni. Un film costruito sul dialogo continuo e aperto tra il divenire dell’espressione cinema-tografica e quella musicale, fino al fondersi dei due linguaggi”.Appuntamento, allora, per sabato 18 p.v. al Pa-lazzo d’Ayala, in città vecchia a Taranto, alle ore 17.00 per il convegno “Il Puccini ritrovato” che vedrà come relatori gli stessi registi Baroni e Benvenuti, e al Castello Spagnolo alle 20.00 per la proiezione del documento inedito “Puc-cini al pianoforte”; e per domenica 19 ottobre al Cinema teatro Orfeo per la proiezione del film, ore 11.00, su inviti, info 338.6697768.

In altoalcune scene tratte dal film

“Puccini e la fanciulla”In basso, da destra,

i registi Lina WertmullerAlessandro d’Alatri

Paolo Baroni

C

tarantoal cinema

La città bimare è spesso scenario di filmdiretti da grandi registi. Dalla Wertmullerad Alessandro d’Alatri alla prima del filmdi Paolo Benvenuti

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saBaTo 18 oTToBRE 200824 OtiUM

l direttore artistico dell’Orchestra della Magna Grecia, il m° Piero Romano, ha presentato il cartellone della stagione concertistica che inizierà con il primo

concerto della rassegna “Sinfonica Autunnale” venerdì 24 ottobre con “Rack. 2 vs Rach. 3”, Orchestra della Magna Grecia, Nicola Ventrella – direttore, Maurizio Zaccaria –pianoforte, Ga-briele Greco – pianoforte, musiche di Rachma-ninov. L’inaugurazione sarà affidata, venerdì 5 dicembre, alla grande Dionne Warwick. L’in-contro con i songwriters e produttori Burt Ba-charach e Hal David è stato determinante per la carriera di Dionne Warwick che nei primi anni 60 ha interpretato le loro canzoni insolitamente complicate rimanendo attaccata a quel reperto-rio anche dopo la separazione da essi. Inizial-mente fu Bacharach a suggerire a Marie Dionne Warrick, giovane cantante dall’educazione mu-sicale di radice gospel, di registrare alcuni de-mos per lui cantando le canzoni scritte con Hal David. Così nacque il suo primo singolo, Don’t Make Me Over, nel 1962, prodotto dal celebre duo col nome errato di Dionne Warwick, che tut-tavia fu mantenuto anche in seguito. Tra le sue ultime interpretazioni si ricordano quelle con-tenute nell’album del 1995 Aquarela Do Brazil (Arista Records), nel 1998 Dionne Sings Dion-ne, che l’artista presenterà a Taranto, una colle-zione del suo miglior repertorio, prodotto dalla River North Records ed il duetto con la nipote Witney Houston. Dionne ha un’intensa attività live ed è certamente una delle più importanti interpreti del mondo. La ‘Stagione’ proseguirà

con grandi artisti: l’ecletticità di Vinicio Capos-sela; il genio creativo di Sollima; Luis Bacalov, che dirigerà l’Ico tarantina in alcune delle sue composizioni. Spazio alla musica classica natu-ralmente con il violino di Krylov, lieto ritorno per l’Orchestra; il violino di un giovane artista, David Garrett; lo “Stabat Mater” di Rossini per il Concerto di Pasqua; un incontro di musica e poesia con la voce dell’attore Mariano Rigillo; una voce cara all’Orchestra, quella del soprano Carmela Apollonio, ospite dell’Orchestra della Magna Grecia per il “Concerto di Natale”. Or-nella Carrieri, consulente musicale, ha illustrato il progetto che anche quest’anno porterà avanti nell’Orchestra della Magna Grecia, “La Musi-ca mi piace” un’iniziativa promossa per avvici-nare e appassionare alla musica i giovani e gli studenti delle scuole medie e superiori. Consi-ste in lezioni-concerto dinamiche e interattive durante le quali i ragazzi hanno l’opportunità di provare gli strumenti, sedersi in orchestra e sperimentare facili pezzi musicali grazie a un accompagnatore all’ascolto esperto messo a loro disposizione. Attraverso questa iniziativa i giovani imparano a conoscere e apprezzare gli strumenti, la grammatica musicale, i gran-di autori ma soprattutto i valori di democrazia, gioco di squadra, dialogo e collaborazione in-dispensabili non solo per fare musica ma anche per essere buoni cittadini. La diffusione della cultura attraverso i giovani, questo l’obiettivo del progetto “La Musica mi piace”. Gli incontri partiranno da dicembre e proseguiranno sino a marzo.

musica

La stagione della ‘Ico Magna Grecia’L’Orchestra, diretta artisticamente da Piero Romano, ha presentato il suo atteso cartellone

ALMANACCOLetterAriO

19 ottobre: Jonathan Swift muore a Dublino nel 1745Nacque a Dublino nel 1667, fu un abile autore di satira politi-ca e sociale ed é considerato uno dei maggiori maestri della prosa inglese. Tra i suoi lavori si annoverano The Battle of the Books (1697) una parodia della controversia regnante nei circo-li letterari circa i relativi meriti degli scrittori antichi e moderni in cui Swift attaccò con le armi della satira la pedanteria e la finzione scolastica dei contem-poranei. Nel 1713 con Drapier’s Letters tentò di proteggere i cit-tadini irlandesi dalle decisioni ingiuste della politica econo-mica inglese, concetto ribadito dai versi satirici dell’opera Una modesta proposta in cui risolve la crisi economica proponendo di vendere i figli dei poveri ir-

landesi come cibo per i potenti. L’opera più importante della sua produzione resta I viaggi di Gulliver. Pubblicato anonimo nel 1726, fu subito un successo, interpretato come una feroce critica alla vanità ed all’ipocri-sia delle corti del tempo, degli uomini di stato e dei partiti politici, questo scritto contie-ne anche le considerazioni più profonde dell’autore sulla so-cietà civile nell’insieme. Swift morirà nel 1745 con problemi di salute mentale, in preda alla depressione per la scomparsa delle due donne importanti del-la sua vita.

La storia dei Gulliver’s travels è quella del medico Lemuel Gul-liver, che fa naufragio con la nave mercantile in cui era im-barcato, e si ritrova sull’isola di

Lilliput dove tutto, a cominciare dagli abitanti, è grande la quin-dicesima parte delle persone e degli oggetti che conosciamo. Nella seconda parte Gulliver visita Brobdingnag dove il rap-porto è rovesciato, e lui diven-ta il trastullo della figlia del re che lo tiene tra i suoi giocattoli. Nella terza parte Gulliver visi-ta Laputa e il continente che ha come capitale Lagado: la satira si rivolge contro filosofi storici e inventori. Nell’isola di Glub-dubdrib, Gulliver evoca le om-bre dei grandi dell’antichità e dalle loro risposte ne scopre i vizi e le meschinità. Presso gli Struldrug immortali si accorge che la massima infelicità degli uomini sarebbe la prospettiva di non porre mai fine al tedio di vivere. Nella quarta parte infine la virtuosa semplicità dei cavalli

Houyhnhnms è messa in contra-sto con la nauseabonda brutalità degli Yahoo, bestie dall’aspetto umano.

Viaggio a Lilliput(parte prima)

1 - L’autore fa naufragio e nuota per salvarsi. Approda sano e sal-vo nel Paese di Lilliput; viene catturato e portato all’interno.

(…) Vi sono buone ragioni per non stare a seccare il lettore con i particolari delle nostre avventure in quei mari; basterà informarlo che, al momento di andare da quei posti alle Indie Orientali, una violenta tempesta ci trasportò a nord-ovest della terra di Van Diemen. Secondo le misurazioni ci trovavamo a 30 gradi e 2 primi di latitudine sud. Dodici membri della ciurma se

I

si, viaggiare - antonio tucci

Pisa, tra memorie e suggestioni architettonichen un assolato pomeriggio prima-verile di tanti anni fa (veramente tanti), nel trionfo della luce ac-compagnata dall’indolenza tipica

dell’Aprile universitario, ad un gruppo di studenti sdraiati sull’erba rinfrescata dall’irrigazione mattutina una zingara lesse la mano inventandosi, con studiata perizia e malcelate menzogne, un futuro roseo per ciascuno dei presenti. Siamo tornati a calpestare l’erba di Piazza dei Miracoli in una fresca serata di fine Estate assaporando la notte pisana e recuperan-do, con una veloce retrospezione tempo-rale, il ricordo dei pomeriggi universitari del tempo andato. Assente la zingara, questa volta il magico incontro s’è con-sumato con il cielo stellato che, complice un’illuminazione pubblica quasi im-percettibile, è stato possibile ammirare, seduti sul prato, sul lato del Battistero posto di fronte al Duomo. Poter distin-guere nitidamente -fatto inusuale entro il

na (campanile) per concludersi con il rito cristiano della sepoltura (camposanto). Tutti e quattro i fabbricati, salvo qualche marginale modifica successiva, vennero elevati tra il XII e il XIII secolo, nel pe-riodo in cui Pisa dominava il Mar Tirreno e le sue navi veleggiavano verso la vicina Corsica e verso la Sardegna, fondandovi colonie, e verso la Sicilia, meta soprat-tutto di razzie poiché ancora soggiogata al dominio arabo. La gloria pisana, col rosso vessillo della Croce di Santo Stefa-no, si opponeva fieramente alla nascente potenza fiorentina cui avrebbe ben presto pagato pegno su terra, ma non prima di essere sconfitta sul mare (battaglia della Meloria) da Genova con il definitivo ri-dimensionamento della sua potenza ma-rinara. Nel frattempo il Campanile, non ancora terminato, incominciava a pende-re paurosamente; iniziava per questa città un’altra storia della quale parleremo nella prossima uscita.

perimetro di una città- l’Orsa maggiore da quella minore e, grazie all’ausilio di un’esperta lettrice del cielo stellato, alcu-ne delle costellazioni più note, è stato il primo miracolo della notte pisana. Pare sia stato Gabriele D’Annunzio, in una delle sue ricorrenti invenzioni linguisti-che, a definire ‘Campo dei Miracoli’ la celebre piazza in cui svettano, in artico-lata composizione geometrica, il Batti-stero, la Cattedrale dedicata all’Assunta, la Torre pendente e, a conclusione del ciclo vita-morte, il Camposanto monu-mentale. La piazza sembra come sospesa nel tempo e ci appare quale al momento del suo completamento, all’epoca della gloriosa e fiorente Repubblica marinara, con l’eccezione del grande manto erboso che è un’aggiunta (assai riuscita) ottocen-tesca; essa riflette l’idea del ciclo umano che ha inizio con il battesimo cristiano (battistero), si dipana nei suoi momenti topici di vita religiosa (duomo) e cittadi-

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saBaTo 18 oTToBRE 2008 25OtiUM

el 1939 George Cukor, uno dei grandi registi del cinema hollywoodiano, firmò una commedia ri-

masta poi nella storia del cinema: si trattava di Donne, film tutto al femminile, interpretato da un cast di dive di prim’ordine (da Bette Davis a Joan Crawford). La pellicola era un ritratto al vetriolo di un gruppo di donne altolocate di Manhattan e della loro vita passata tra frivolez-ze e pettegolezzi. Un affresco che, se a prima vista poteva risultare un tantino misogeno, in realtà era total-mente dalla parte delle donne e mo-strava, con ironia e anche sarcasmo, la difficoltà del genere femminile di vivere all’interno di una società maschilista e patriarcale in cui la li-bertà e l’emancipazione della donna sono ancora da venire. Settant’anni dopo, una regista tenta di ripetere l’impresa di Cukor e si cimenta con un remake del film. ‘The women’, infatti, diretto dall’esordiente Diane English (già affermata sceneggiatri-ce per la tv americana) e interpretato da un cast di attrici note (la regina

La molteplicità del mondo vistosolo dallo sguardo femminile‘The women’: un film-remake che racconta di donne falsamente emancipate e moderne

delle commedie Meg Ryan, Annette Bening e per una particina la scop-piettante Bette Mildred), ricalca in pieno l’originale: storia di un gruppo di donne ricche di New York e della

cinema - paola dalla torre

n’erano andati al creatore per le fatiche sovrumane e il rancio avariato, il resto versava in pessime condizioni. Il 5 novem-bre, che da quelle parti coincide con l’inizio dell’estate, in una giornata di foschia, i marinai scorsero uno scoglio a non più di mezza gomena dalla nave verso il quale ci sospingeva ine-sorabilmente il vento: ci spac-cammo in due tronconi. In sei della ciurma calammo in mare una scialuppa e ci mettemmo a vogare per allontanarci dalla nave e dallo scoglio. Secondo i calcoli remammo per circa tre leghe fino ad esaurire quelle po-che forze che ci erano rimaste, dopo il massacrante governo della nave. Ci affidammo alla mercé delle onde, ma in capo a mezzora un’improvvisa raf-fica di settentrione rovesciò la

scialuppa. Non so cosa capitò ai miei compagni della barca, né a quelli che avevano cercato scampo sullo scoglio, né in-fine agli altri che erano rimasti sulla nave. L’unica deduzione che posso trarre è che siano tutti morti. Quanto a me, nuotai affi-dandomi alla fortuna, mentre il vento e la corrente mi spinge-vano avanti. Di tanto in tanto lasciavo scendere verso il fondo le gambe, senza riuscire a toc-care. Quando ero ormai sfinito e incapace di lottare sentii che toccavo, mentre la burrasca si era un po’ placata. Il pendio del fondale era così dolce, che mi ci volle un miglio di cammino prima di raggiungere la riva e calcolai che a quell’ora dove-vano essere le otto di sera. Mi addentrai per circa mezzo mi-glio senza riuscire a scoprire il

minimo segno di case e di abi-tanti o almeno ero così strema-to, da non riuscire a scorgerli. Ero terribilmente stanco, inol-tre il caldo e quasi mezza pinta di acquavite tracanna-ta prima di lasciare la nave, mi avevano messo addosso un gran sonno. Mi distesi sull’erba bassa e tenera dove dormii così profondamente, come mai mi era capitato, per nove ore filate, perché quando mi svegliai era giorno pieno. Cercai di alzarmi, ma non riuscii a muovermi poi-ché, addormentatomi supino, mi sentii le braccia e le gambe legate da entrambe le parti alla terra e così i capelli che avevo lunghi e folti. Sentivo che mol-ti legacci sottili mi attraversa-vano il corpo dalle ascelle alle cosce. Riuscivo solo a guardare in alto, mentre il sole cre-

sceva abbagliandomi gli occhi. Sentivo un rumore confuso ai fianchi, ma nella posizione in cui ero disteso non vedevo altro che il cielo. Di lì a poco sentii che qualco-sa di vivo si muoveva sulla mia gamba, saliva pian piano sul petto fino ad arrivarmi al men-to. Guardando in basso come meglio potevo, mi accorsi che si trattava di una creatura umana, alta non più di quindici centime-tri, con arco, frecce e la fare-tra sulla schiena. Intanto senti-vo che almeno una quarantina della stessa specie venivano dietro alla prima. Stupefatto al massimo, gridai tanto forte che quelli se la squagliarono in pre-da al terrore ed alcuni, come poi mi fu detto, rimasero feriti saltando a terra dal mio cor-po. Non tardarono a farsi sotto

a cura diCosimo Cazzato

di nuovo e uno di loro, che si era arrischiato a venirmi tanto vicino da potere scorgere tutto il mio volto, alzando gli occhi e le braccia al cielo in segno di ammirazione, gridò con voce stridula ma distinta: “Hekinah Degul!”Gli altri ripeterono quelle pa-role parecchie volte, ma al-lora non sapevo che cosa volessero dire. Per tutto quel tempo rimasi in una posizione assai scomoda, come il letto-re può immaginare. Alla fine, divincolandomi per liberarmi, riuscii a rompere i legacci e a svellere i pioli che mi tenevano il braccio sinistro legato a ter-ra. Infatti, sollevandolo all’al-tezza del viso, scoprii il modo con cui mi avevano legato e così, con un violento stratto-ne che mi fece un gran male,

allentai le cordicelle che mi tenevano la testa piegata sul-la sinistra. Ora potevo girare un tantino la testa. Ma quegli esseri fuggirono di nuovo prima che potessi afferrarli; al che ci fu un gran vociare in tono acutissimo e, appena cessato, sentii uno di loro gridare forte: “Tolgo Phonac!”. Un momen-to dopo sentii un centinaio di frecce che mi piovevano sulla mano sinistra, pungenti come aghi, mentre quelli ne lanciava-no in aria un altro nugolo, come noi facciamo in Europa con i mortai; per cui penso che molte mi ricadessero sul corpo, seb-bene non le avvertissi, ed altre sulla faccia che mi affrettai a coprire con la sinistra.

loro vita di chiacchiere e solidarie-tà al femminile contro l’universo maschile traditore e fedifrago che, come nel film del ’39, non compa-re mai in scena (se ne parla sempre,

ma non appare mai). La Ryan interpreta una donna sposata con giovane figlia adolescen-te in crisi che scopre di venir tradita dal marito con una commessa di Sacks (a cui dà il volto una provocante ma quasi “accessoria” Eva Men-des). Sarà supportata dalle sue amiche (tra cui la Bening donna in carriera che sacri-fica la sua vita privata per il lavoro) e la madre (la grande Candice Bergen, saggia ma anche preoccupata solo di invecchiare) nell’affrontare la situazione e nel decidere di rimettere in gioco tutta la sua vita. Anche se il lieto fine (e la riconciliazione) è assi-curato. Questa la trama, che, come detto, ripropone esattamen-te quella della pellicola cu-

koriana, attualizzata però ai nostri tempi: New York è quella di Sex and the city, le protagoniste rap-presentano, in maniera stereotipata, delle figure femminili contempora-nee, più nevrotiche ed insicure di quelle precedenti. Ognuna dovreb-be infatti incarnare un aspetto della femminilità della nostra società: la carrierista, la frivola, la mangia uo-mini, la scrittrice, la madre di fami-glia. Ognuna con le sue paure e le sue virtù per far emergere la com-plessità e la molteplicità del mondo visto solo dallo sguardo delle donne. Il film della English, però, pur per-fettamente confezionato e patinato, e nonostante alcune battute felici e situazioni simpatiche e divertenti, risulta piatto e superficiale, non ri-uscendo a diventare, come quello di Cukor, un affresco veritiero e profondo dell’universo al femmini-le nella contemporaneità. E risulta addirittura più antiquato rispetto alla pellicola del ’39: le donne di Cukor, infatti, risultano molto più moderne ed emancipate di quelle della En-glish. La donna che viene fuori da

questa pellicola, infatti, è solo falsa-mente emancipata, solo falsamente e superficialmente moderna, perché alla fine tutto si ricompone secon-do una prospettiva tradizionale. La moglie tradita, dopo essersi messa in proprio al lavoro per provare a se stessa di essere libera dal marito fedifrago, perdonerà, la carrierista abbandonerà tutto per farsi una vita sociale e relazionale; la madre di fa-miglia darà alla luce il quinto figlio, un maschio finalmente. Dunque, la pellicola si conclude con il più classico degli happy ending e non ci sarebbe niente di male, per-ché, nei film del passato, l’happy end era uno stratagemma narrativo per dare la morale dell’opera e per-mettere, metaforicamente, al bene di vincere sul male, al positivo di scon-figgere il negativo. Il problema è che qui tutto risulta falso e di facciata, il perbenismo e il politically correct incombono, e alla fine della proie-zione si esce con l’amaro in bocca per aver assistito ad una riduzione banale e non veritiera del mondo femminile contemporaneo.

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saBaTo 18 oTToBRE 200826 OtiUM

CENTRO DI ASSISTENZA FISCALESeDe LOCALe SAN GiOrGiO JONiCO (tA)

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pilati è gratuita.Per l’assistenza alla compilazione e al calcolo dei modelli fiscali sono previste agevolazioni per gli iscritti ai

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Informati presso la nostra sede di San Giorgio Jonico in via IV Novembre 29/a tel 099/592710778 Tel e Fax 099/5921078

l panorama dell’infor-mazione televisiva di casa nostra non brilla per la capacità di an-

dare oltre i semplici fatti, né per l’indipendenza dai poteri forti. Sugli eventi di attualità che in questi ultimi mesi han-no attraversato il panorama sociale italiano i telegiornali e i programmi di approfon-dimento informativo si sono spesso limitati a dar voce ai diretti protagonisti, accon-tentandosi delle versioni uf-ficiali e prendendo raramente la briga di cercare notizie di prima mano da fonti alterna-tive.Quanti di noi, per esempio, hanno chiare le ragioni del disastro Alitalia e i contenuti degli accordi con cui la vi-cenda sembra essersi avviata a soluzione? Chi ha capito con ragionevole coscienza di causa che cosa sta succe-dendo alle Borse, come si sta evolvendo il panorama economico e quali possono essere le ricadute immediate sulle nostre tasche di una se-rie di decisioni governative?Non è una questione di quan-tità: su questi argomenti e su altri non sono mancati i lunghi servizi televisivi e le

paginate sulla carta stampa-ta, nemmeno i salotti e i talk show si sono tirati indietro. Eppure molti elementi utili a capire le cose sono rimasti avvolti in una fitta nebbia. È, dunque, un problema di qua-lità dell’informazione, che sul piccolo schermo rende ancora più evidente la scar-sa tendenza al giornalismo di inchiesta che in questi ultimi anni ha annacquato il pa-

norama informativo nazio-nale. Per questo, salutiamo volentieri il ritorno di “Re-port” (Rai Tre, domenica, ore 21.30), il programma di Milena Gabanelli che in più di un’occasione ha aiutato i telespettatori italiani a capire un po’ meglio alcune vicen-de nazionali e non di rado ha scoperto le vere ragioni di alcuni fenomeni che in altre sedi erano stati descritti ma

I

tele visioni - homo videns

mai approfonditi a dovere.Domenica sera, il program-ma è ripartito proprio dal caso Alitalia, per occuparsi poi di sanità; nelle prossime settimane sono previsti ser-vizi su tutte le principali ma-gagne politiche, economiche e sociali del momento. Partendo dai dati certi e non dai commenti, ricostruendo le vicende dal punto di vi-sta storico e supportando le affermazioni giornalistiche

con riscontri documenta-ti, “Report” riesce ancora a proporre inchieste giornali-stiche vere. Oltre alla preoc-cupazione di spiegare i sin-goli casi all’esame, emerge chiaro l’intento di proporre un’informazione di servizio. Se poi i giornalisti e i cura-tori del programma riescano sempre a tener fede a que-sto proposito, ciascuno può giudicarlo dal proprio pun-to di vista. In alcuni casi, i collaboratori della Gabanel-li si sono lasciati prendere la mano, come è accaduto qualche tempo fa con un’in-generosa inchiesta sugli aiuti umanitari realizzata in ma-niera decisamente affrettata (ma il giornalista che la rea-lizzò è scomparso dalla sce-na). In genere, però, colgono

nel segno e l’attenta padrona di casa si adopera per ga-rantire sempre la veridicità di quanto viene proposto al pubblico.A confermare la buona quali-tà di questa trasmissione è la collocazione in prima serata che “Report” ha saputo con-quistare a suon di ascolti te-levisivi e di critiche positive, dopo che per molte stagioni era stato confinato nella fa-scia notturna. A prescindere da uno stile a volte fin troppo pugnace e da qualche forzatura a cui di tanto in tanto i giornalisti ri-corrono pur di ottenere quel-lo che vogliono, sicuramente si tratta di una trasmissione che offre spunti di conoscen-za, riflessione e discussione. In questa desolante epoca te-levisiva non è poco.

Report, svela i retroscenadelle ‘piaghe’ italianeHa ripreso su Raitre una delle pochissime trasmissioni di qualità

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opo la brillante salvezza conqui-stata al termi-ne della scorsa

stagione la Nati a Taranto affronta il suo secondo cam-pionato di serie B2. Quello del 2007-08 è stato un piccolo miracolo costru-ito da coach Marcello Pre-sta, che ha affrontato per la prima volta la serie B2 so-stanzialmente con la stessa squadra (già Palafiom - ndr) che aveva vinto il campiona-to di serie C. Dopo un avvio difficile, la squadra rossoblu ha disputato un girone di ri-torno esaltante, ottenendo la salvezza con tre giornate di anticipo e piazzandosi all’ot-tavo posto in graduatoria con la considerevole cifra di 35 punti.Quest’anno i progetti sono più ambiziosi. La campagna acquisti non ha rivoluziona-

to la squadra; sono stati fatti pochi acquisti, mirati, con l’obiettivo di migliorare il rendimento senza snaturare le caratteristiche della for-mazione rossoblu. E senza snaturarne l’identità visto che undici delle dodici gio-catrici sono tarantine.L’ottimo avvio di stagione sembra dare ragione alle scelte del presidente Vincen-zo Lupo e di coach Marcello Presta.Uno di questi innesti pregia-ti è la palleggiatrice Marcel-la Scaglioso. Il suo, in realtà, è un ritorno a casa dal mo-mento che la “regista” della Nati a Taranto è cresciuta pallavolisticamente in que-sta squadra. Le sue qualità tecniche, la sua grinta agoni-stica ed anche la sua statura le hanno permesso, quattro anni fa, di essere notata da società di categorie superio-

DLa formazione di coach Marcello Presta, ha brillan-temente incominciato la seconda avventura in B2

ri. La Scaglioso ha disputato tre stagioni in B1 (una a Brin-disi, due a Modica), prima di lasciarsi guidare dai senti-menti, che l’hanno indotta quest’anno a contribuire alla causa della Nati a Taranto. L’alternativa alla Scaglioso è Alessandra Certa, la pal-leggiatrice della salvezza 2007-’08 in grado di garan-tire regolarità e un tocco di palla particolarmente preciso e pulito.Il ruolo di opposto è ricoper-to da Simona Mucci oppure da Silvia Mastandrea. Mucci è al suo secondo campionato sulle rive del Golfo. Lanciata in B2 l’anno scorso, l’atle-ta lizzanese, che ha da poco compiuto 22 anni, negli in-contri in cui è stata impiegata in questo avvio di stagione ha dimostrato di essere una pe-dina di sicuro affidamento.Le altre attaccanti della Nati a Taranto sono le schiacciatrici Michela Benefico, Simona Corallo e Désirée Fiore. La Benefico affronta la sua quar-ta stagione in maglia rosso-blu. Tarantina doc, garantisce un’ottima copertura in difesa e una significativa continuità in fase offensiva. Simona Corallo, ancora 19enne, ha già “assaggiato” il parquet della serie A2 a San Vito dei Normanni, sia pure in una stagione compromes-sa da un lungo infortunio. La scorsa estate è arrivata a Ta-ranto in cerca di rilancio e la sua “esplosione” può costitu-ire una grande risorsa per la squadra.Ancora più ampi sono i mar-gini di miglioramento di Dé-sirée Fiore, 16 anni, giocatri-ce cresciuta nelle giovanili della società. Per coach Pre-sta rappresenta l’ennesimo investimento. Particolarmente competiti-vo è il parco delle centrali. A ricoprire il ruolo sono le confermate Clara Clemente e la capitana Silvia Buso e il neoacquisto Cristiana Zonca. Clara Clemente è da anni la colonna della squadra jonica cui si è aggregata dopo aver

maturato esperienze anche in serie A. Professionista im-peccabile, il suo rendimento non conosce pause; la sua classe e la sua autorevolezza rappresentano, inoltre, uno stimolo ed un esempio per le compagne. L’unica non tarantina della squadra è Cristiana Zonca, centrale della Nazionale Mi-litare. La centrale piemonte-se è arrivata in città per moti-vi professionali e l’ingaggio nella Nati a Taranto è stata una conseguenza di questo trasferimento.Il roster della NAT è comple-tato dal libero Simona Leone, proveniente dal Mesagne.Sebbene il campionato sia iniziato soltanto da un mese, si possono già definire alcune caratteristiche tecniche del-la Nati a Taranto 2008-’09. Non sembrano esserci punti deboli in attacco ed eventuali indisposizioni o cali di ren-dimento sono compensati da

S P O r tIl volley di casa nostradella Nati a Taranto

alternative all’altezza. Buona anche la difesa, so-prattutto quando Benefico e Leone, le giocatrici più do-tate nel fondamentale, rie-scono a mantenere la giusta concentrazione per tutta la durata degli incontri. L’arma principale della Nati a Taranto sembra essere anche quest’anno il muro, talvolta vincente, spesso comunque in grado di smorzare gli at-tacchi avversari, facilitando così il recupero della difesa e la ricostruzione del gioco.Sul piano caratteriale la Nati a Taranto appare una forma-zione coesa ed aggressiva e si appresta a giocare un cam-pionato da protagonista così come ha lasciato intravede-re già nei primi incontri che hanno portato a casa quattro risultati di assoluto rispetto e che lasciano intravedere pro-spettive di crescita nel lungo periodo.

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vINCENzO LUPO

Chi fa impresa non può esimersi dall’obbligo della te-nuta civica e sociale del territorio in cui opera, consa-pevole della grande responsabilità che deve sapersi assumere. (...) In una società felice, evoluta, accultu-rata ci sarà spazio per l’evoluzione del mercato. Nati a Taranto è solo la sintesi di un desiderio fin troppo represso da parte della città: volersi bene!

vALORI dI vITA

Lo sport è già cultura. Fra i molti valori legati alla pratica sportiva, uno dei più importanti è quello del-la disciplina. Per affrontare nelle migliori condizioni gli allenamenti più impegnativi e le competizioni, le nostre ragazze, sanno che devono evitare eccessi, che devono provare ad andare d’accordo tra loro, che devono rispettare le regole del gioco

S P O r t

MIRACOLO SPORTIvO

Quello del 2007-’08 è stato un piccolo miracolo co-struito da coach Marcello Presta, che ha affrontato per la prima volta la serie B2 sostanzialmente con la stessa squadra (già Palafiom - ndr) che aveva vinto il campionato di serie C... la squadra rossoblu ha di-sputato un girone di ritorno esaltante, ottenendo la salvezza con tre giornate di anticipo

il presidente dell’associazione culturale ‘Nati a Taranto’, ma anche il patron di uno dei

gruppi industriali che ha cre-duto nel progetto. Si chiama Vincenzo Lupo e malgrado una grande esperienza mana-geriale e imprenditoriale ha solo 37 anni.È lui il presidente della squadra che porta il nome di Taranto nel mondo della pallavolo nazionale, eppure sembra quasi inconsapevole del ruolo mentre assieme allo staff di T9 Communication (agenzia curatrice dell’im-magine e del progetto comu-nicativo della Nati a Taran-to – ndr) si preoccupa delle trasferte e della lavatrice da comprare per la casa che ospita le atlete fuori sede.Perché un imprenditore sceglie di credere in un progetto così ambizioso e così difficile per una realtà come quella di taranto?Forse proprio perché è ambi-zioso e difficile. Ma soprat-tutto perché chi fa impresa non può esimersi dall’obbli-go della tenuta civica e socia-le del territorio in cui opera, consapevole della grande responsabilità che il tessuto economico e produttivo deve saper assumere in favore del-la crescita complessiva della

collettività. Non è mero mecena-tismo. È equi-librio, è auto-stima, spirito di conservazione. In una società felice, evolu-ta, acculturata ci sarà sempre più spazio per l’evoluzione del mercato. Nati a Taranto è solo la sintesi di un de-siderio fin troppo represso da parte della città: voler-si bene. Ed è un sentire comune e condiviso anche dal vice-presi-dente, Rober-to Borracino e dell’amministra-tore, Gianfranco Zizzo. Hanno creduto con me e a volte più di me in un progetto che ha una ren-dita certamente non economica quanto cultura-le, ritagliando per le loro im-prese ruoli da co-protagoniste. Questo è più che mecenatismo è afflato comu-ne. È voler bene alla propria città.Un progetto che cerca di mettere assieme lo sport e la cultura. Crede che il pubblico tarantino sia pronto per questo tipo di connubio?Lo sport è già cultura. Faccio un esempio. Fra i molti va-lori legati alla pratica spor-tiva, uno dei più importanti è quello della disciplina. Per affrontare nelle migliori con-dizioni gli allenamenti più impegnativi e le competizio-ni, le nostre ragazze, sanno che devono evitare eccessi, che devono provare ad anda-re d’accordo tra loro, che de-vono rispettare le regole del gioco. Se questa pratica fosse assunta dalla città in ogni suo segmento non crede che gra-dualmente si potrebbe vivere in una città migliore? Così non vi è nessuno sforzo nel mettere insieme le due cose. Con la NaT volley tentiamo di esportare una immagine di Taranto vincente e pulita

ÈIntervista al presidente della ‘Nati a Taranto’, Vincenzo Lupo. Il tes-suto economico-produttivo deve favorire la crescita della collettività

all’esterno, ma proviamo a mandare un messaggio anche ai nostri conterranei. Pro-viamo a dire che il gioco di squadra porta sempre buoni risultati.Lei parla a giusta ragione di buoni risultati. Attualmente lo score classifica vi vede in testa, senza mai una partita o un set perso. Che effetto fa?L’effetto delle buone cose ottenute con merito. Ma non ci montiamo la testa. Tra due sabato affronteremo in uno degli scontri diretti più ostici il Matera e allora vedremo se siamo così forti come sem-briamo ora. E anche questo è un valore che attraverso lo sport speriamo di poter tra-sfondere alla città: la capacità di affrontare a viso aperto e con determinazione anche le sfide più difficili. Poi abbia-mo tanta volontà nelle gambe e un ottimo collettivo allena-to da un uomo che a piccoli passi ha voglia di raggiungere grandi traguardi. Siamo in te-sta alla classifica per merito di

ogni singolo tassello di que-sto meraviglioso puzzle e il gusto di questa esperienza sta proprio in questo: è un mondo che si muove verso la stessa direzione.Un’atmosfera fatta di buo-ne energie. Al Palafiom poi l’ingresso è gratuito, ma il pubblico risponde?L’ultima in casa eravamo in circa 400. Si dice spesso che il pubblico è protagonista nelle competizioni sportive, che rappresenta il tredicesi-mo uomo in campo. Io direi che nel nostro caso il pubbli-co è l’anima del progetto che abbiamo messo in piedi. E’ così forte questo sentimento che abbiamo voluto scriverlo a lettere cubitali sulle maglie della squadra, come in una sorte di carta d’identità che fa collettività e che ci fa uguali. Al pubblico chiediamo di cre-dere in noi, ma soprattutto in quello in cui umilmente ogni giorno cerchiamo di identifi-carci: la Taranto che lavora e si sacrifica per raggiungere un piccolo o grande risultato.

Un progetto maturatocome esempio di unità

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a cura di fabio di todaro

ndici punti in sette partite rappresenta-no un buon bottino per una squadra che

punta dritto alla salvezza. Caro Dialogo, l’analisi di questa setti-mana parte da una mera consta-tazione numerica. Undici punti (prodotto di tre vittorie, due pa-reggi e due sconfitte) rappresen-tano un bottino quasi inatteso se si considera che la corazzata della scorsa stagione, di questi tempi, aveva una lunghezza di ritardo (ed una vittoria in meno). Premiano gli sforzi di una squadra umile ed essenziale, quantunque una clas-sifica di questo tipo possa genera-re facili entusiasmi ed allargare la vista verso orizzonti più rosei. Nel Taranto - dirigenti, staff tecnico e squadra - un’idea così pericolosa non è mai stata partorita. La vitto-ria di Terni ha una radice diversa rispetto agli altri blitz esterni. A Foligno il Taranto ha vinto sfrut-tando un primo tempo quasi per-fetto ed un’esplosione realizzativa di rara frequenza (1-3 dopo 45’). A Marcianise il “colpo” è matu-rato sfruttando le imperfezioni di una compagine mediocre e psi-cologicamente fragile. Da Terni il Taranto è tornato con tre punti inimmaginabili alla vigilia. Ha vinto giocando un primo tempo opaco ed una ripresa astuta. Ha avuto la fortuna di segnare alla prima (e unica) occasione utile e di mantenere il risultato sfruttan-do le idee vaghe e la poca voglia della Ternana. Ha saputo far fron-te ai propri limiti e all’infortunio di Paolucci innalzando la soglia di attenzione difensiva e provan-do a gestire il possesso palla con le ripartenze. Impeccabili Pasto-re e Migliaccio sulle “bocche di fuoco” rossoverdi (lo sgusciante Scappini, i “panzer” Riganò e Tozzi Borsoi), pronto in diverse occasioni D’Alterio a distendere la falcata, inarrestabile Shala nel suo pressing a tutto campo.Dall’Umbria Pastore e compagni sono rientrati con la consapevo-lezza di poter raggiungere agevol-mente il traguardo della perma-nenza. Dellisanti, giornata dopo giornata, sta mostrando di avere piena padronanza di un organico che, parzialmente, sta riuscendo a celare le sue imperfezioni. Adesso la questione tattica (4-1-4-1 o 4-4-2?) troverà la soluzio-ne per una contingenza che mai il tecnico di San Giorgio Ionico

UPremiati gli sforzi di una squadra umile che è consapevole dei propri limiti

avrebbe voluto affrontare. Per-ché da Terni il Taranto è tornato anche con un Paolucci in meno. Senza appello il responso della visita sostenuta a Perugia: trauma distorsivo con interessamento del menisco esterno e del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Previsioni: 5-6 mesi di stop dopo l’intervento e rientro in corso seriamente compromes-so. La sua uscita di scena da una spinta inattesa e vigorosa alla ma-turazione tattica del Taranto.Con un organico quantomai es-senziale Dellisanti non avrà pos-sibilità di far sopravvivere la sua invenzione tattica all’assenza del centrocampista abruzzese. Le alternative (Pagliuca, Da Mota e Sciaudone) non sembrano spendi-bili dall’inizio per ragioni diverse. Per questo - ma anche nel tentati-vo di infrangere l’incantesimo che finora ha impedito al Taranto di vincere allo “Iacovone - sin dalla gara contro la Paganese si mate-rializzerà il passaggio al 4-4-2.Se ne era parlato tanto nelle ultime settimane. I detrattori del 4-1-4-1 sottolineavano la scarsa incisività offensiva per accelerare l’evolu-zione tattica. Ma non tutti, pro-babilmente, sanno che Dellisanti, per diverse stagioni, ha considera-

to il 4-4-2 il suo modulo di parten-za. Fino a questo momento aveva plasmato il Taranto partendo dalle caratteristiche degli uomini a sua disposizione. Alla squadra aveva dato un’impronta tangibile che portava ad invischiare il gioco avversario curando con sagacia la fase di non possesso. La flessibilità è la sua vera qualità che stava cercando di trasmettere alla squadra. Cambiando in corsa (è successo contro Arezzo, Pe-scara e Ternana) era riuscito ad assecondare partite che si evol-vevano con il passare dei minuti. Ma al 4-4-2, per adesso, non si oppongono alternative. E in un modulo così semplice ed essen-ziale rischiano di crearsi degli scompensi. Giorgino avanti alla difesa era un argine scomodo da superare per tante squadre. E l’ir-requieto Cazzola, che in questo campionato avrebbe tanto da dire, rischia di assumere le sembian-ze di un attaccante non essendo portato ai ripiegamenti difensivi. Ma dalla sua qualità, almeno fino a quando Carrozza non avrà pie-namente convinto Dellisanti, non si può prescindere se si vuole evi-tare di appiattire una linea (quella mediana) muscolare e votata al sacrificio.

Taranto ancora corsarosbanca anche Terni

ontro Ezio Capua-no il Taranto non ha mai vinto. Potrebbe sembrare un cattivo

presagio alla vigilia della sfida contro la Paganese, ma è una semplice analisi dei numeri. Alla guida di Puteolana, Sora e Juve Stabia “Eziolino” ha spes-so regalato dispiaceri ai rosso-blù. Dopo l’esonero subìto in costiera si è spostato nell’entro-terra campano, sposando l’am-bizioso progetto della Paganese. Salvatasi ai playout nella scor-sa stagione (ma nel girone A), la compagine azzurrostellata ha allestito un organico affi-dandosi a giovani ambiziosi e promettenti (Di Cosmo, Bom-bara, Stentardo e Iraci) guidati da un manipolo di calciatori di esperienza (Pantanelli, Taccola, Caracciolo, Mendil). Capuano

ha preteso gli ingaggi di un paio di fedelissimi (Taccola, Anto-nio Esposito) per poter avere un ausilio nella comprensione dei suoi meccanismi di gioco. La Paganese non si discosta dal 3-5-2 tanto caro al tecnico di Eboli. Ampiezza della manovra e abbondante sfruttamento delle corsie esterne rappresentano la base della manovra. Gli uomi-ni di fascia (Esposito e Bacchi) sanno curare discretamente en-trambe le fasi di gioco, abbas-sandosi sulla linea difensiva per ridurre gli spazi avversari. I risultati, però, non sorridono ancora a Caracciolo e compa-gni, franati tra le mura amiche domenica scorsa nel derby con i cugini della Cavese (0-1). Domenica Capuano - che della sua stagione in riva allo Ionio ne parla sempre con grande ma-

Allo ‘Iacovone’ arriva Capuano

CI precedenti non sono incoraggianti; l’occasione buona per ‘contraddirli’

S P O r t

linconia - non sfiducerà il suo credo tattico. Le prime sette gior-nate non hanno confermato la bontà delle sue idee, ma se do-vesse tornare dallo “Iacovo-ne” con qualche punto in cascina confermerebbe la dura legge dell’ex. Dinan-zi a Pantanelli - ex di Catania e Avellino, acquistato la scorsa settimana - la linea difensiva sarà composta da Chiavaro, Taccola e De Giosa. Il vertice basso del centrocampo - uomo imprescindibile nelle squadre di Capuano - sarà Caracciolo, sup-

portato da Berardi e Stentardo (corteggiato dal Taranto in esta-te). Detto degli esterni (Esposi-to e Bacchi), la coppia offensiva sarà composta da Di Cosmo (al-tro vecchio pallino dei rossoblù) e Mendil.

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S P O r t

on sempre verde è sinonimo di ecologico; lo dimostra il caso del Lago Chaou a Hefei, in Cina, dove la massiccia presenza di

scarichi al nitrogeno fa proliferare un’alga che tinge le acque di un verde intensissimo. Ma non è l’unico esempio di inganno. Chris Goodall nel libro Come vivere una vita a basso carbonio ne elenca tanti altre. Di eco-bufale: comportamenti all’apparenza ecologi-ci che però, ad un attento esame, potrebbero rivelarsi addirittura nocivi. Un esempio? Fa-cendo shopping a piedi si può inquinare anche più che andando in auto: una utilitaria in 4,8 km libera nell’atmosfera 0,9 kg di carbonio. A piedi, si consumano invece circa 180 calorie, il che fa benissimo alla salute, ma se per recuperare quelle perse si mangiano cento grammi di carne di manzo, bisogna ricordare che produrli si sono ‘spesi’ 3,6 kg di carbonio. Ovvero, quattro volte le emissioni di gas dell’auto. L’inquinamento prodotto dal cibo varia, in ogni caso, a seconda del luogo di produzione e dell’energia spesa per il packaging. E comunque, l’industria alimentare è responsabile di un sesto delle emissioni di biossido di carbonio del pianeta.[Micol Passariello, Venerdì, 27.06.08]

iNGreDieNti250G DI ALCOOL A 90°250G DI CACAO AMARO IN POLVERE 700GR DI ZUCCHERO1 PEZZETTINO DI VANIGLIA1 LITRO DI LATTE INTERO2 O 3 PEPERONCINI FRESCHIPreparazione: Mettere i peperoncini, incisi, nell’alcool per 48 ore.Unire lo zucchero al cacao, un pezzettino di vaniglia, il latte e mescolare a fred-do.Mettere sul fuoco lasciate bollire il com-posto per soli 3 minuti, poi toglierlo dal fornello e farlo raffreddare. Togliere i peperoncini dall’alcool e quan-do il composto al cacao sarà freddo, uni-teli, rimescolando bene; dovrete ottenere un liquido cremoso. Versatelo allora in una bottiglia e chiudetela bene. Il liquo-re sarà pronto per essere degustato dopo una settimana di conservazione

Nelle piante da appartamento è molto frequente che si verifichi un imbianchimento del foglia-me che prelude, se il fenomeno dovesse prolungarsi senza alcun intervento di contrasto, ad un appassimento totale della pian-ta. L’iniziale imbianchimento e comunque una perdita del colore tipico delle foglie e della loro lu-centezza e turgidità sono sintomi tipici di quel fenomeno che viene chiamato eziolamento. In genere l’eziolamento si determina quan-do l’habitat tipico delle nostre piante da appartamento è eccessivamente buio o comunque scarsa-mente illuminato e molto caldo. Questi due elementi cioè la scarsa illuminazione del locale in cui sono ubicate le piante e le

Life style

l presidente della Commis-sione Ue, Josè Mauel Barro-so, ha gelato le richieste della ministra Prestigiacomo che

nella riunione dei Capi di Stato e di Governo del 15 e 16 ottobre, aveva chiesto di “rinviare la valutazione” sul pacchetto clima-energia. “Non è il momento per questi impegni”, ha detto Prestigiacomo sottolineando che, visto che le decisioni in quella sede vengono prese all’ unanimità, “la posizione italiana sarà determi-nante” e di “forte peso”. ‘’Chiedia-mo -ha aggiunto- che l’ Ue tenga in considerazione l’impatto insosteni-bile per la nostra economia e per il nostro sistema. E anche se le sca-denze delle misure non sono così vi-cine, non è il momento per decisioni così vincolanti”. All’Italia, ha spie-gato quindi il ministro, il pacchetto europeo che prevede la riduzione del 20% delle emissioni di Co2, l’au-mento del 20% delle rinnovabili e la crescita dell’efficienza energetica del 20% costerà “l’1,14% annuo del Pil nazionale senza risultati ambien-tali visto che l’incidenza di riduzio-ne delle emissioni per il nostro paese sarà dello 0,03% e per tutta l’UE del 2-3%”. Dopo aver messo in dubbio i dati dell’Arpa Puglia relativi alle emissioni dell’Ilva di Taranto dichia-rando che “le campagne di rileva-zione effettuate non possono essere ritenute valide ai fini dell’individua-zione di specifiche criticità ambien-tali e per imporre limiti più elevati rispetto a quelli definiti dalle norme o raggiungibili con le migliori tecni-che disponibili”, la ministra Presti-giacomo non ci aveva certo fatto ben sperare. Ci torna in mente lo sprezzo di George Bush per il protocollo di Kioto e la sua disastrosa politica di deregulation economica: i risultati sono un presidente da dimenticare e danni gravissimi all’economia e alla credibilità di un grande paese. Per fortuna c’è l’Europa.

a cura di Cosimo Cazzato

ELEnA MODiO

I

Coquo, coquis

Meteo

Per farel’alberoLe cause dell’appassimento

La lotta ‘a favore’ dell’inquinamento

temperature elevate compongono una miscela esplosiva che favorisce ap-punto l’appassimento. Proprio duran-te l’estate – e quella appena trascorsa non ha smentito le caratteristiche tipi-che dell’estate mediterranea che in ge-nere è lunga, calda e siccitosa – capita che si verifichi una moria abbastanza diffusa di piante soprattutto di quelle specie ancor più sensibili alle tempe-rature troppo elevate ed alla scarsa illuminazione o a volte alla totale as-senza di luce unitamente alla scarsa umidità. Non dimentichiamo però che pure in inverno negli appartamenti a causa dei termosifoni possono ve-rificarsi condizioni quasi analoghe a quelle estive e quindi molte piante possono andare soggette al fenomeno dell’appassimento. Nell’appuntamen-to della prossima settimana parleremo dei modi per evitare che avvenga l’ap-passimento e di tutte le cose che non bisogna fare per determinare le con-dizioni favorevoli al verificarsi di un fenomeno che diventa diffuso quando i giardinieri sono troppo disattenti.

PiERGiAnni CALDARuLO

Pe’ ccanòscere ‘nu cristiáne t’ha mangià’ ‘na salme de sáleParole Sante

Continua il bel tempo...La settimana che va da giovedi 16 a mercoledi 22 ottobre sarà caratterizzata dalla persistenza dell’anti-ciclone di origine africana che ha garantito anche nei giorni scorsi belle giorna-

te con temperature mol-to miti di giorno. Solo al mattino, anche a causa del cielo sereno e della mag-giore durata della notte, le temperature risultano fre-sche. Pertanto a partire da

giovedi 16 e sino a lunedi 20 avremo condizioni di tempo buono con locali nebbie mat-tutine e venti deboli variabi-li. Possibile il passaggio di nubi alte del tutto innocue. Da martedi 21 l’alta pressio-ne cominciera’ a cedere ed il passaggio di nubi si farà più consistente. Non si esclude tra martedi 21 e mercoledi 22 qualche pioggia, mentre i modelli di previsione in-dicano come probabile un più deciso guasto nei giorni successivi.

Vittorio Spagnoletti Osservatorio I. Newtondi U. Montefusco (TA)

Un uomo ha tre figli: Francesco, Domenico e Ignazio e per una curiosa coincidenza, Fran-cesco è francescano, Domenico è domenicano e Ignazio è un gesuita. L’uomo esprime un bizzarro desiderio: in punto di morte chiede ai tre figli di porre ciascuno mille euro in contanti nella cassa che lo ospiterà per suo ultimo viaggio. I tre figli sono sconcertati ma si tratta delle ultime volontà del padre. Il padre muore e giunto il momento di rendere l’estremo saluto Francesco gli dice “Papà, so che hai espresso il desiderio di avere da me mille euro, ma credimi, la povertà che vivo non me lo consente ...” Domenico dice: “Papà, ho predicato molto ultimamente e con il permesso dei superiori ho racimolato la somma che avevi chiesto” e mette mille euro in contanti nella bara. Arriva il turno di Ignazio, il quale si rivolge al fratello Fran-cesco e gli dice “Tranquillo, Fra’, pago io la tua quota” e poi a Domenico “Dome’, che mi fai cambiare?” Allora prende i mille euro di Domenico e mette nella cassa un assegno da tremila ...

Per sorridere

Una sosta nella martoriata terra di Palestina in-sieme ai ragazzi del campo di la-voro promosso da Pax Christi. Una raccolta di test imonianze che vuole esse-

re denuncia e accorata speranza, in rispettoso ascolto di chi vive ogni giorno la propria storia di dolore e sopraffazione sopportando miserie e fatiche inenarrabili. E insieme la narrazione delle sensazioni di chi va lì come semplice osservatore e sco-pre la ricchezza di una vita offerta a piene mani da uomini e donne che non smettono di lavorare, crescere i figli, amare e sorridere. Incontri, storie, volti, cuori spalancati, “boc-chescucite”, dunque. Un libro che vuole dare voce a chi non ne ha più nemmeno per piangere, per far sentire le proprie ragioni. Un rac-conto puntuale, nudo e drammatico di storie qualsiasi e perciò uniche e preziose. Bocche scucite – Nandino Capo-villa e Betta Tuset-Paoline-pp.120-€20,00

Lo dicono gli altri Non tutto il verde è ecologico

N

E.M

Libri

A. D.

“A salme” è un’antica e desueta unità di misura, alquanto consistente. I nostri non-ni consigliavano sempre di far riferimento a questo proverbio, quando si trattava di strin-gere contatti, per affari o per amore, con una persona, soprattutto quando si era convinti di conoscerla ben a fondo. E invece, al momen-to più delicato, ecco la sorpresa, immancabil-mente negativa. L’esperienza nel campo delle “pubbliche relazioni” non è mai sufficiente! Ecco perché si invita sempre un po’ di sana diffidenza verso l’altro, a scanso di cattive sorprese oppure per essere preparati a rice-verle. Anche da chi meno te lo aspetti. Anzi, soprattutto da loroLiquore al cioccolato

e peperoncino

L ULTIMA’

Aiuta l’ambiente:una volta letto

smaltisci Nuovo Dialogo nei contenitori

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ovunque...