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PROVINCIA DI TORINO
Luisa Giacomelli
Via Piave, 20 – Ciriè (TO) architetto
COMUNE DI LOCANA
Valle Orco e Soana
IL MULINO VECCHIO DI LOCANA
Ipotesi di recupero e valorizzazione
MULINO VECCHIO DI LOCANA
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IPOTESI DI RECUPERO E VALORIZZAZIONE
LA VALLE DELL’ORCO E LOCANA
Il comune di Locana è dislocato circa sessanta chilometri da Torino, nella zona del Gran Paradiso, facente parte dell’area montana ricadente nel territorio della Valle dell’Orco che prende il nome dall’omonimo Torrente che scorre lungo la valle.
Il nucleo di Locana rientra all’interno del perimetro della Comunità Montana Valle Orco e Soana che confina a nord con la Valle d'Aosta, a est con la Val Chiusella e la Valle Sacra, a sud‐ovest con l'Alto Canavese, a ovest con la Valle del Tesso e la val Grande di Lanzo, a nord‐ovest con la Francia (valli d'Isère e d'Arc).
A nord si sviluppa il Parco Nazionale del Gran Paradiso, il più antico parco nazionale italiano, che si estende tra Valle d’Aosta e Piemonte all’interno del cui territorio è compreso anche il comune di Locana.
Questa zona di origine glaciale, grazie alla presenza di numerosi ghiacciai localizzati sui rilievi più alti, ha trovato nel tempo nell’acqua una fonte produttiva con la creazione di mulini e successivamente delle centrali idroelettriche che hanno rappresentato un importante insediamento per la valle e per Locana.
Il paese di Locana si sviluppa sul lato sinistro del torrente Orco, in una valle stretta in cui l’edificato si è localizzato parallelamente al corso d’acqua formando un concentrico esteso, il cui territorio rappresenta il comune della provincia con maggiore estensione.
Al nucleo centrale del paese si affiancano numerose località sparse sul territorio organizzate in Frazioni che ancora oggi sono presenti in numero consistente (circa 90) e fanno parte integrante di quell’ambito territoriale che in fase settecentesca era suddiviso in Ducati tra cui il Ducato di Locana e Molera, il Ducato
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di Praye , il Ducato di Procaria, il Ducato di Fornolosa, il Ducato di Piantonetto, il Ducato di Chironio e Fredizzo e il Ducato di Pratolungo.
Lo sviluppo territoriale successivo, di cui non si trova cartografia esplicativa non essendo presenti catasto Francese e Rabbini, non è individuabile se non attraverso la lettura diretta del tessuto edificato ancora presente sul territorio, dal quale si riscontra un consistente insediamento nel XVIII e XIX secolo.
Il centro storico conserva numerose tipologie edilizie risalenti al periodo tardo seicentesco in cui sono presenti caratteri architettonici di rilievo che evidenziano un ruolo sicuramente di interesse del centro montano in relazione alla frequentazione da parte di villeggianti torinesi nei secoli passati.
In particolare all’interno del nucleo abitato si segnala la presenza di piccole palazzine a due/tre piani fuori terra in cui la cura dei particolari e le decorazioni ancora visibili le fanno protendere verso una tipologia tipo “palazzotto” a dimostrazione della vita locale di un tempo.
Questa produzione è proseguita anche in fase ottocentesca per poi scemare nei secoli successivi in interventi di recupero non sempre consoni alla tipologia dei fabbricati e che pertanto ne ha in parte snaturato l’immagine oggi riconoscibile da piccoli dettagli ancora presenti ma fortemente compromessa.
In aree più esterne si riconoscono edifici con maggiori caratteri agricoli in cui l’uso dei materiali locali quali pietra e legno ne evidenzia il ruolo rurale anche se le tipologie architettoniche ricche di portici e loggiati a doppia altezza donano a questi fabbricati un particolare aspetto.
Sul territorio comunale in passato erano presenti attività quali mulini per la macina, fucine e cave di calce di cui rimangono segni perlopiù riconducibili ad architetture locali connotanti le operazioni un tempo effettuate.
La presenza di rogge e canali, unitamente alla sfruttamento della terra per la coltivazione, hanno incentivato la nascita di mulini per la macina di cui ancora oggi sono riconoscibili alcuni esempi perlopiù localizzati in proprietà private.
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IL MULINO
All’interno dell’abitato del comune di Locana, in prossimità del centro del paese, ma dislocato verso la parte esterna, direttamente a contatto con la strada provinciale che conduce a Ceresole, è localizzato un edificio con caratteri rurali a tre piani fuori terra, a cui, nella parte a nord è addossato un altro fabbricato la i cui caratteri testimoniano il ruolo del mulino svolto in passato.
In particolare il corpo di fabbrica che un tempo ospitava il mulino è posto sul lato nord del fabbricato ad una quota inferiore rispetto al giardino più a monte, condizione necessaria per la creazione del salto d’acqua utile alla formazione della spinta per l’attivazione del meccanismo.
La tipologia edilizia è quella tipica della valle, spessi muri in muratura di pietra intonaca, tetto a due falde in struttura lignea e manto di copertura in lose; il fabbricato porta un’epigrafe con la datazione del 1807, anno presumibile dell’edificazione muraria della struttura.
Dalle fonti documentarie ritrovate non è stato possibile, allo stato attuale, identificare una datazione certa dell’esistenza dell’insediamento, anche se i macchinari esistenti all’interno potrebbero essere riconducibili
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ad una fase antecedente al 1807.
A connotare in modo evidente i caratteri dell’edificio è la ruota idraulica localizzata sul fronte est, addossata alla muratura, ospitata all’interno di quello che era il vecchio letto del canale di alimentazione idrica che scorreva parallelamente al fabbricato per poi unirsi ad un altro tratto in prossimità dell’attuale strada statale.
Attraverso l’albero di trasmissione orizzontale l’energia dell’acqua, incrementata dal forte salto del canale, permetteva il movimento degli ingranaggi garantendo l’attivazione delle macine interne. Allo stato attuale molti elementi sono riconoscibili esclusivamente attraverso una analisi dei luoghi poiché il progressivo abbandono della struttura ha condotto alla modificazione dell’ambiente con l’eliminazione delle rogge (coperte o interrotte) e l’inattività del sistema idrico esistente. Facendo un riscontro sulla cartografia attuale è possibile identificare i tracciati dei canali e “leggere” le modalità di funzionamento del mulino: nello schema sottostante sono schematizzati alcuni elementi ancora leggibili e
identificabili in loco.
Ipotesi del tracciato storico dei canali in relazione alla posizione del mulino
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Internamente il fabbricato è organizzato su due livelli di cui il primo posto alla quota della strada di accesso e l’altro a circa 4 metri di altezza, la struttura interna è costituita da orizzontamento in legno formato da travi principali e tavolato. Il collegamento interno originario è andato perso in favore della creazione di una scala in cemento armato, realizzata in anni recenti, finalizzata al disimpegno delle unità abitative presenti nella parte residenziale. Questo intervento ha notevolmente compromesso l’integrità della struttura anche perché ha richiesto il sacrificio di una delle tre macine esistenti in origine. Mentre il piano terra ospita tutti i sistemi lavorativi il piano superiore è identificabile come una zona di deposito, direttamente affacciata sul piano sottostante.
La struttura lignea del tetto è pressoché interamente originaria, così come la parte muraria direttamente visibile al piano secondo. Qualche perplessità si può sollevare riguardo ad alcuni serramenti esterni per i quali sarà necessario effettuare indagini dirette che permettano di datarli in modo più preciso.
Tutti gli elementi architettonici presenti si sono conservati in buono stato e quasi totalmente integri, questo permetterà, in una fase di analisi più approfondita, di risalire esattamente alla datazione e alla tipologia costruttiva originaria.
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I MACCHINARI
La parte di maggiore rilevanza e interesse di questo mulino sono i macchinari per la macina ancora esistenti al suo interno, strutture protoindustriali che si sono conservate in modo esemplare anche nei dettagli più modesti.
Questi macchinari rappresentano, insieme all’involucro edilizio, un esempio di notevole importanza delle modalità lavorative del passato e delle tecniche utilizzate nonché dell’avanzata tecnologia esistente già in fase sette‐ottocentesca nelle produzioni.
L’ambiente è organizzato secondo quattro aree di lavorazione identificabili come:
Le macine per il grano Originariamente tre, ora due, totalmente integre e corredate di tutti le parti necessarie alla produzione(tramogge, setacci, campanelli di avviso, argani per il sollevamento degli elementi lapidei per la manutenzione), ubicate direttamente a contatto con la ruota idraulica che ne permetteva il funzionamento.
La pressa a torchio Struttura presente al centro del locale caratterizzato dall’unione di elementi in legno realizzati ad incastro in elementi in pietra, serviva per spremere i semi attraverso una forte pressione esercitata attraverso un sistema a vite azionato manualmente. Munito di pesanti contrappesi necessari al suo funzionamento presenta ancora oggi numerose iscrizioni fatte dai lavoratori per il conteggio delle quantità di prodotto.
Il frantoio Questo macchinario necessario per la spremitura dei semi, è costituito da una grossa vasca di pietra in cui venivano collocati i semi che, attraverso il ripetuto passaggio di una ruota lapidea (macina) azionata da ingranaggio in legno, permetteva la spremitura del prodotto. Il frantoio presente al mulino è stato nel tempo “modernizzato” con l’inserimento di parti in ferro a sostituzione del legno e una movimentazione elettrica. I caratteri originari del manufatto permangono comunque anche se alcune parti sono andate perse.
Il braciere
Il forno, localizzato nei pressi della pressa, è in muratura di forma cilindrica, era utilizzato per riscaldare la pasta di gheriglio di noci dopo che era stata schiacciata dal frantoio e prima di essere torchiata.
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I macchinari presenti nel mulino denotano una certa cura di realizzazione sia per quanto riguarda la fattura che per la qualità dei materiali impiegati, la considerazione che ne deriva è che le tecnologie utilizzate siano frutto di una fondata esperienza pertanto per una migliore comprensione degli elementi tecnologici esistenti all’interno del mulino è possibile un primo raffronto con quanto descritto dalle tavole dell’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert in cui si ritrovano rappresentazioni di macchinari tipologicamente assimilabili a quelli del mulino vecchio di Locana.
La macina
Il frantoio
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La pressa
Questo raffronto, attraverso il quale è stato possibile verificare l’attendibilità delle componenti ritrovate all’interno del mulino, permette di avvalorare la tesi della preesistenza dei macchinari alla data del 1807 poiché la tipologia è pressoché coincidente con gli esempi dell’Encyclopedie e anche i materiali e le tecniche possono far presupporre questa possibilità.
Tale condizione potrà essere ulteriormente approfondita in una fase più avanzata dello studio che potrà essere affrontata successivamente attraverso la realizzazione di un rilievo diretto dei manufatti nello loro singole componenti.
STATO DI CONSERVAZIONE
Lo stato di conservazione dei macchinari e del fabbricato che li ospita sono buone, la presenza di una copertura solida ha permesso nel tempo la salvaguardia di quanto ancora esistente e il mantenimento della struttura nella sua completezza, evitando smembramenti e incaute rimozioni si è garantito ad oggi una lettura coerente e globale dell’originaria conformazione del mulino.
Nel suo insieme il fabbricato è integro, e non si riscontrano ad una prima indagine generale, particolari problematiche di carattere statico rilevanti, fatta salva la presenza di alcune lesioni sul lato nord che però non evidenziano una situazione preoccupante.
Le strutture portanti dei solai e del tetto necessitano di operazioni di consolidamento da definirsi anche in funzione delle scelte progettuali che verranno effettuate e pertanto valutabili in seguito.
Le parti maggiormente ammalorate sono quelle lignee per le quali è auspicabile un intervento di protezione che possa bloccare rapidamente il degrado e garantirne la conservazione dell’integrità.
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PROPOSTA PER LA VALORIZZAZIONE
Premessa
L’interesse per il recupero di questa struttura deriva dalla volontà dei proprietari di avviare un processo di recupero e valorizzazione di un bene che, in relazione alle peculiarità che lo connotano, risulta avere un notevole valore in differenti ambiti: storico‐architettonico, tecnologico nonché della memoria materiale di un processo lavorativo che rispecchia un passato trascorso tra la gente della Valle dell’Orco.
L’operazione esposta parte da un approccio che non intende limitarsi alla singola realtà ma si proietta verso l’identificazione di un sistema che nel periodo Ottocentesco ha rappresentato un valore economico e sociale per la valle e di cui oggi rimangono frammenti sparsi dei quali poco o nulla si conosce.
L’esigenza di non concentrare su un unico elemento l’interesse ma metterlo in relazione con un ambito più allargato scaturisce dall’esperienza condotta negli ultimi anni in altre realtà in cui la messa in luce di sistemi territoriali ha permesso di dare avvio ad una conoscenza consapevole del patrimonio esistente che ha condotto, in molti casi, ad azioni dirette sui beni o sul territorio.
In assonanza con quanto detto la possibilità di dare avvio ad un processo conoscitivo e di valorizzazione sembra il percorso più idoneo attraverso cui iniziare il recupero di una identità rurale di cui queste aree sono ricche di esempi.
La presenza sul territorio di un bene del valore del mulino di Locana permette di utilizzare questo elemento come attrattore per una riscoperta di alcuni valori locali mediante la salvaguardia di importanti segni che così bene si sono conservati.
La memoria del lavoro, delle terra e delle acque, tutti strettamente connessi in questa realtà possono generare, con la creazione di una struttura aperta al pubblico, una sinergia di eventi che, uniti alle iniziative già portate avanti in queste zone, garantiscano un maggiore flusso di persone che non si limitino a transitare verso il Colle del Nivolè, ma che si fermino a Locana e in altri centri vicini, per poter approfondirne le valenze.
Un primo passo per avvicinarsi a quanto descritto è il concretizzarsi del recupero del mulino e dei macchinari al fine di renderlo visibili e fruibile a quanti interessati. La localizzazione dell’edificio, direttamente collegato con il centro del paese, ma contemporaneamente sulla strada per il Gran Paradiso, è un punto di forza che non deve essere sottovalutato in quanto permette di rendere facilmente raggiungibile il luogo con la possibilità di inserirlo in percorsi turistici più ampi.
Questa iniziativa si pone in sintonia con il progetto Cultura Materiale portato avanti dalla Provincia di Torino che conta al suo attivo numerosi Ecomusei e Musei dislocati sul territorio provinciale e già presenti in questa area e più nello specifico a Locana con il museo etnografico Antichi e Nuovi Mestieri della Valle Orco e il museo tematico Museo dello Spazzacamino “Valle Orco”.
Questa iniziativa intende pertanto, attraverso la conservazione e il restauro di ambienti di vita tradizionali e il recupero di attrezzature, creare un centro che possa accogliere attività di diverso tipo (didattico‐educative, visite) finalizzate alla divulgazione di informazioni relative alla cultura rurale di questi luoghi.
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IL PROGETTO
Il mulino racchiude in sé alcune caratteristiche: architettoniche, di localizzazione e di accessibilità che ne fanno una struttura idonea ad ospitare attività connesse alla divulgazione e valorizzazione della cultura materiale locale.
Riconosciuta, in termini generali la fattibilità dell’operazione, in questa fase preliminare di indagine si intende porre l’attenzione su alcuni aspetti significativi che avvalorano la possibilità di un recupero che possa garantire una sostenibilità dell’interevento e anche una fattibilità in funzione delle operazioni che dovranno essere realizzate.
In particolare si evidenzia che la struttura ha insite in se stessa alcune valenze rilevanti:
‐ Diretto collegamento con il centro paese attraverso una caratteristica via ortogonale all’asse maestro del nucleo urbano.
‐ Possibilità di rendere facilmente accessibile la struttura in modo indipendente rispetto alla porzione residenziale esistente.
‐ Possibilità di recupero dell’edificio e dei macchinari in modo globale con interventi specifici mirati alla conservazione di quanto presente.
‐ Garanzia di fruibilità dei luoghi.
‐ Valenza storico‐architettonica di notevole rilievo.
Il progetto intende proporre la creazione di un centro museale (tipo ecomuseo) attraverso il recupero della porzione di edificio un tempo destinato a mulino e di tutto ciò presente al suo interno, in modo da ricreare una situazione lavorativa pregressa anche servendosi di prodotti multimediali utili a visualizzare il sistema territoriale esistente e a rendere facilmente comprensibile il funzionamento della struttura.
Operazioni del tutto simili sono state realizzate in altre realtà territoriali (Mulino Vecchio di Bellinzago nel Ticino, proposta per il Mulino della Riviera in Valle Maira) con la duplice volontà del recupero dell’identità architettonica del luogo e dell’espressione della cultura rurale collettiva al fine di rendere maggiormente visibili ambiti fino ad ora poco conosciuti.
Nel caso specifico la possibilità di rendere indipendente dalla parte residenziale la porzione in progetto garantisce un utilizzo diretto da parte degli utenti anche se necessariamente regolamentato da orari e calendari che verranno concordati con gli enti locali anche in funzione della programmazione di eventi e attività promosse non limitando l’uso abitativo presente.
L’accessibilità potrà avvenire dal lato a nord, attraverso una piccola porzione di giardino che potrà essere utilizzata come anticamera del museo, questa zona potrebbe diventare un’area espositiva esterna utile a presentare macine, pulegge, ingranaggi facenti parte della struttura originaria e ospitare un affaccio sulla ruota idraulica ubicata sul lato est.
Internamente il recupero del locale esistente e dei macchinari rappresenterà l’operazione principale da realizzare con lo scopo di creare un ambiente il più possibile coincidente con quello originario, attraverso un intervento di tipo conservativo che salvaguardi la tipologia costruttiva e gli elementi caratterizzanti.
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Una possibilità in più potrà essere data dallo sfruttamento del piano primo, per il quale dovrà essere verificata (attraverso rilievi e valutazioni statiche) la possibilità di accessibilità in considerazione della necessità di introdurre una scala di collegamento in alternativa con quella esistente a servizio della proprietà. Tale condizione permetterebbe di ampliare l’area sfruttabile creando una zona che ospiti postazioni multimediali e pannelli esplicativi in modo da potare il visitatore ad una comprensione più efficace ed immediata.
Semplificazione schematica dell’intervento proposto