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 COMUNICARE INTERAGENDO a cura di S. LA MENDOLA CAP. 1° - DARE FORMA ALL’ENERGIA Ogni relazione ha una sua unicità in quanto alimentata da una serie di elementi che interagisco no tra loro e la rendono diversa da tutte le altre. Ogni relazione deve essere classificata, definita: la società ci dà il tipo di azione rituale che ci permette di qualificare la relazione cioè stabilirne la forma (es. matrimonio). SIMMEL: parte da 2 concetti: - Wech selwirkun g cioè “effe tto di reci proci tà” tut ti gl i el eme nti che compo ngono la realtà son o in costante relazione gli uni con gli altri e si influenzano a vicenda. Una conseguenza è la riluttanza a individuare rapporti di causa-effetto di tipo lineare in quanto le correlazioni tra gli elementi sono di tipo reciproco e quindi circolare; un’altra conseguenza è che viene messa in dubbio l’esistenza di elementi o entità fondamentali e la tendenza a considerare il mondo come costituito non da persone e cose ma da movimenti e relazioni. Questa posizione è influenzata dalle scoperte di Einstein secondo il quale le particelle subatomiche vanno intese non tanto come oggetti ma come eventi, pertanto massa ed energia si equivalgono e quindi anche il corpo umano è in realtà un concentrato di energia. L’energia vitale si manifesta quindi come forme di vita Simmel afferma che “la vita è un fluire incessante che si cristallizza in forme”. Oggetto della sociologia è perciò lo studio delle forme assunte da queste relazioni reciproche tra le persone. - Vergesellschaftung cioè “processo di sociazione” attraverso il quale una certa forma di azioni reciproche si consolida nel tempo. Le forme di reciprocità tra individui sono azioni rituali che esprimono la realtà soc iale e la cri sta lli zzano in rappresentazioni si mbo li che che cos tit uis cono la cul tur a dei gru ppi, istituzioni, società. La cul tur a consis te quindi in rap pre sentazioni simboliche che pre ndono for ma dalle interazioni reciproche, diventano forma e danno forma a interazioni tensione che costituisce l’aspetto tragico dell’esisten za ma al tempo stesso permette il mutamento culturale e il dinamismo sociale. Anche l’identità è una forma, che deve fare i conti con 2 ordini di problemi: - Sincronico : gestire la tensione tra separazione e aggregazione (tra identità e differenza) cioè tra la volontà, la necessità di entrare in relazione con gli altri e il tentativo di preservare una propria stabilità; - Diacronic o : il problema riguarda la tensione fra persistenza e mutamento: mantenere coesione interna e nel tempo nonostante i cambiamenti e le crisi è possibile? Sì attraverso azioni di tipo rituale che permettono di conservare o modificare la struttura interna e i confini del sé e del noi. COLLINS interpreta DURKHEIM: considera il rituale durkheimiano come una sorta di batteria sociale che produce energia necessaria per tenere vivi i legami collettivi e le relazioni sociali. D. sceglie di trattare in particolar modo i rituali religiosi. L’armonizzazione dei gesti ossia la sincronizzazione ritmica, trasforma i sentimenti individuali in sentimenti collettivi membri del gruppo riunito si sentono parte di una comunità. La società è creata tramite l’azione dei suoi membri. Il gruppo raggiunge il più alto livello di consapevolezza di sé quando si riunisce per svolgere un rituale di rispetto verso oggetti sacri l’energia e la forza del gruppo carica i partecipanti. Riconosciamo un rituale per alcuni elementi: - ri unio ne f is ica di un gr uppo d i persone - condivisio ne focus di attenzione (attenzione al sincronizza re e coordinare i gesti del rituale) - tonalità emo zi on ale comune - ogge tti sa cri cioè simb oli che rapp resentano l’a ppar tenenza a l gr uppo ; questi elementi danno luogo a: - aument o fid ucia ed ener gi a emozional e deg li individui - rabb ia e pun izio ne ne i co nfron ti d i ch i no n ri spett a gl i og getti sacri . Collins considera rituali anche quelli naturali, non solo quelli intenzionali. Secondo D. i riti creano l’effervescenza collettiva che ravviva il legame tra individui riuniti, caricandolo di energia; C. ci fa notare che chi sta al centro del rituale (celebrante o oggetto sacro) diventa polo di questa batteria sociale. Esperienza rituale: partecipanti si percepiscono come fusi insieme Routine quotidiana : ognuno si percepisce come individuo a sé.

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COMUNICARE INTERAGENDO a cura di S. LA MENDOLA

CAP. 1° - DARE FORMA ALL’ENERGIA

Ogni relazione ha una sua unicità in quanto alimentata da una serie di elementi che interagiscono tra loro ela rendono diversa da tutte le altre.Ogni relazione deve essere classificata, definita: la società ci dà il tipo di azione rituale che ci permette di

qualificare la relazione cioè stabilirne la forma (es. matrimonio).

SIMMEL: parte da 2 concetti:

- Wechselwirkung cioè “effetto di reciprocità” tutti gli elementi che compongono la realtà sono incostante relazione gli uni con gli altri e si influenzano a vicenda. Una conseguenza è la riluttanza aindividuare rapporti di causa-effetto di tipo lineare in quanto le correlazioni tra gli elementi sono di tiporeciproco e quindi circolare; un’altra conseguenza è che viene messa in dubbio l’esistenza di elementi oentità fondamentali e la tendenza a considerare il mondo come costituito non da persone e cose ma damovimenti e relazioni.Questa posizione è influenzata dalle scoperte di Einstein secondo il quale le particelle subatomichevanno intese non tanto come oggetti ma come eventi, pertanto massa ed energia si equivalgono e quindianche il corpo umano è in realtà un concentrato di energia. L’energia vitale si manifesta quindi come

forme di vita Simmel afferma che “la vita è un fluire incessante che si cristallizza in forme”.Oggetto della sociologia è perciò lo studio delle forme assunte da queste relazioni reciproche tra lepersone.

- Vergesellschaftung cioè “processo di sociazione” attraverso il quale una certa forma di azioni reciprochesi consolida nel tempo. Le forme di reciprocità tra individui sono azioni rituali che esprimono la realtàsociale e la cristallizzano in rappresentazioni simboliche che costituiscono la cultura dei gruppi,istituzioni, società.La cultura consiste quindi in rappresentazioni simboliche che prendono forma dalle interazioni

reciproche, diventano forma e danno forma a interazioni tensione che costituisce l’aspetto tragicodell’esistenza ma al tempo stesso permette il mutamento culturale e il dinamismo sociale.Anche l’identità è una forma, che deve fare i conti con 2 ordini di problemi:

- Sincronico : gestire la tensione tra separazione e aggregazione (tra identità e differenza) cioè tra lavolontà, la necessità di entrare in relazione con gli altri e il tentativo di preservare una propriastabilità;

- Diacronico : il problema riguarda la tensione fra persistenza e mutamento: mantenere coesioneinterna e nel tempo nonostante i cambiamenti e le crisi è possibile? Sì attraverso azioni di tiporituale che permettono di conservare o modificare la struttura interna e i confini del sé e del noi.

COLLINS interpreta DURKHEIM: considera il rituale durkheimiano come una sorta di batteria sociale cheproduce energia necessaria per tenere vivi i legami collettivi e le relazioni sociali.D. sceglie di trattare in particolar modo i rituali religiosi.L’armonizzazione dei gesti ossia la sincronizzazione ritmica, trasforma i sentimenti individuali in sentimenti

collettivi membri del gruppo riunito si sentono parte di una comunità. La società è creata tramite l’azione

dei suoi membri.Il gruppo raggiunge il più alto livello di consapevolezza di sé quando si riunisce per svolgere un rituale di

rispetto verso oggetti sacri l’energia e la forza del gruppo carica i partecipanti.Riconosciamo un rituale per alcuni elementi:

- riunione fisica di un gruppo di persone

- condivisione focus di attenzione (attenzione al sincronizzare e coordinare i gesti del rituale)- tonalità emozionale comune- oggetti sacri cioè simboli che rappresentano l’appartenenza al gruppo;questi elementi danno luogo a:- aumento fiducia ed energia emozionale degli individui- rabbia e punizione nei confronti di chi non rispetta gli oggetti sacri.

Collins considera rituali anche quelli naturali, non solo quelli intenzionali.Secondo D. i riti creano l’effervescenza collettiva che ravviva il legame tra individui riuniti, caricandolo dienergia; C. ci fa notare che chi sta al centro del rituale (celebrante o oggetto sacro) diventa polo di questabatteria sociale.Esperienza rituale: partecipanti si percepiscono come fusi insiemeRoutine quotidiana: ognuno si percepisce come individuo a sé.

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Gli uomini attraverso i rituali dividono il mondo in 2 sfere: sacro e profano.Gli oggetti “sacri” non lo sono di per sé, ma lo diventano per il tipo di atteggiamento che i partecipanti al rito

adottano nei loro confronti tramite le azioni di rispetto e venerazione per l’oggetto, il gruppo si unisce e

rafforza la propria coesione e l’oggetto diventa simbolo del gruppo riunito acquisendo sacralità il sacrosta nel legame sociale. Dunque vi è separazione tra il “noi” (sacro) e il “non noi” (profano).La moralità è un aspetto della nostra dipendenza dalla società: gli standard di moralità variano da unasocietà all’altra; aderiamo ai principi di moralità non perché costretti ma perché sentiamo che è giusto.Rispettando ciò che il gruppo considera sacro, affermiamo la nostra adesione e il rispetto verso il gruppointeso come comunità morale.Se il rituale produce energia, da dove nasce questa energia?Un’ipotesi è che gli individui che danno vita al rituale siano essi stessi portatori di energia o forme dienergia pertanto il rito sarebbe un momento di aggregazione e trasformazione di energie già esistenti.

GOFFMAN: anche una conversazione può essere considerata culto in cui i presenti danno vita a unapiccola comunità rituale.

Le interpretazioni di questi autori non trovano l’appoggio di quelli che invece propendono per unaconcezione più stretta del rituale, cioè coloro che sostengono che rituale vada riservato solo a:

- pratiche dotate di precisa liturgia che prescrive i gesti, comportamenti ecc

- fanno riferimento a simboli riconoscibili- si svolgono in uno scenario programmato che si ripete periodicamente.

VAN GENNEP: a volte il fluire della vita si manifesta con forme che dopo un po’ mutano, altre volte larealtà si manifesta con un divenire caotico e informe, tanto da farci avere bisogno di dargli significato. Puòtrattarsi di un cambiamento rapido, oppure lento e progressivo, in ogni caso rende necessario uncambiamento di forma che viene gestito attraverso i riti di passaggio, che sono:

- riti di crisi del corso di vita: l’individuo viene privato del suo status attraverso cerimonie ditemporanea degradazione e deve superare delle prove per dimostrare di avere completato latrasformazione e ottenere il nuovo status

- riti stagionali e periodici: eseguiti in momenti precisi del ciclo produttivo annuale oppure sono riti dipassaggio tra stati collettivi.

Ogni rito è composto da 3 fasi, sul piano spazio-temporale e sul piano della forma:1. fase pre-liminare (di rottura o separazione)

2. fase liminale (di sospensione o margine)

3. fase post-liminare (di ri-aggregazione o re-integrazione)che fanno riferimento al prima, durante, dopo il cambiamento di forma e l’attraversamento della soglia(limen). Es. fidanzamento = fase intermedia tra un prima (2 individui indipendenti) e un dopo (sposati).Le persone che si trovano nella fase liminale hanno una condizione ambigua e vengono consideratipericolosi in quanto le identità iniziali vengono deformate e tornano a uno stato di caos primigenio (dalquale la società si era differenziata) e indefinitezza; la società crea strutture apposite in cui confinare idevianti (malati psichiatrici, drogati ecc.) in attesa che concludano la fase liminale. Può anche essere ilcontrario, cioè che la società esprima la paura dell’ambiguità proprio negando spazi fisici riservati (es. in un

ufficio, non viene riservata una scrivania a stagisti).Oggi sono cambiati i modi in cui diamo forma ai mutamenti, es. un tempo i maschi passavano all’età adultacon tappe precise come il militare, il lavoro stabile, il matrimonio ecc.; oggi alcune di queste tappe sonoscomparse o non più concomitanti.Non c’è confine tra prima e dopo quindi tale confine va creato attraverso il rituale (es. Capodanno) e graziealla ritualizzazione, il momento diventa un passaggio che si verifica nella misura in cui lo consideriamo tale.La notte di Capodanno è esemplare della fase liminale perchè:

- è momento di sospensione (le attività della vita ordinaria vengono interrotte)- si resta in sospeso ad aspettare l’anno nuovo- momento di sovvertimento dell’ordine sociale.

Il rito “dice” che è avvenuto un passaggio da una condizione di stabilità e ordine ad un’altra condizione distabilità e ordine.

Per Durkheim, il rito consiste nel passare dalla prevalenza della forma individuale a quella della formacollettiva per poi tornare alla prevalenza della forma individuale. I riti di passaggio pre-liminari e post-liminari fanno in modo che questi passaggi da uno stato all’altro non siano così bruschi.D. è considerato tra i padri del FUNZIONALISMO.L’obbligatorietà dei riti studiati da D. riguarda 2 aspetti:

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- l’obbligo di partecipare al rituale- l’obbligo di rispettare la liturgia e l’adeguato repertorio d’azione

La dimensione collettiva sembra diventare predominante rispetto a quella individuale; i rituali nonlascerebbero allora spazio al cambiamento ma obbligherebbero i partecipanti a riprodurre lo status quo.D. studia società piccole, semplici; le società complesse di oggi presentano fondamentali differenzerispetto a questo modello ideal-tipico di società semplice e isolata.

- in seguito al processo di differenziazione sociale, ciascun individuo si trova ad appartenerecontemporaneamente a più gruppi; ma ben pochi rituali sono obbligatori, nel senso che tutti

sentono il dovere di partecipare; quand’anche un individuo disertasse un rito e la punizione fossel’espulsione dal gruppo, raramente questo gruppo dipenderebbe dalla sua sopravvivenza fisica.

- Dalla differenziazione nascono le gerarchie interne ai gruppi: i riti istitutivi o di iniziazione creanodisuguaglianze sociali delegando a uno o pochi l’autorità del gruppo. Molti riti sono espressione dirappresentazioni e interessi dominanti in società in cui non c’è consenso sui criteri morali: si trattadi rituali che non servono a unire la comunità ma a rafforzare i gruppi dominanti al suo interno.Talvolta invece l’effervescenza collettiva rafforza gruppi sociali subordinati impegnati a sfidarel’ordine sociale esistente per sovvertirlo (raggruppamenti liminali che creano un’anti-struttura).

- Il pubblico esterno che non fa parte del gruppo può diventare comunque spettatore.Possiamo dividere i rituali in 2 categorie:

1. riti che non alterano la struttura sociale anzi la rigenerano

2. riti che determinano un vero cambiamento nella struttura interna o forma esterna della società.

Esempio di interazione rituale: lo scambio di doni.Il dono è l’oggetto sacro che simboleggia la comunione tra gli attori riuniti che attraverso il dono celebranosé stessi e la loro relazione: per questo spesso il dono è inutile dal punto di vista strumentale ma utile dalpunto di vista simbolico.Il legame creato dalla relazione fornisce fiducia, sostegno ma anche vincolo, costrizione.Il dono mette alla prova chi lo riceve, perché lo chiama a confermare la propria adesione alla relazioneattraverso un contro-dono. Chi dona esercita potere su chi riceve perché lo obbliga nei suoi confronti: ilpotere di tenerlo legato a sé.Es. Anello di Kula: catena di scambi rituali di monili effettuati da millenni dagli abitanti delle isole Trobriand

solidarietà precontrattuale cioè confermare periodicamente la fiducia reciproca necessaria ad effettuare

poi le contrattazioni economiche vere e proprie.Es. il Potlatch: rituale tipico di alcune tribù di nordamericani che consiste nello scambio competitivo di doniin cui ciascuno cerca di dimostrare la propria superiorità umiliando l’altro con doni via via più grandi fino aquando uno dei due non è più in grado di contraccambiare.Al giorno d’oggi ad esempio le visite diplomatiche dei capi di stato hanno lo scopo di mantenere vivo unsistema di relazioni e alleanze.

La struttura di una società prende forma dal modo in cui il potere è distribuito tra gli individui e i gruppi chela compongono.Elias analizza l’evoluzione delle società di corte (società delle buone maniere) in cui l’etichetta, lo stile, lecerimonie diventano importanti nella competizione per il prestigio e il potere mentre doti precedentementevalorizzate (forza, violenza ecc.) vengono via via regolamentate. La parlamentarizzazione segnò il

passaggio verso una competizione politica regolamentata in cui la sconfitta di un contendente non necomportava l’eliminazione ma gli consentiva di ripresentarsi.Molti autori hanno sviluppato l’idea che nelle moderne società la responsabilità del controllo sociale si siatrasferita dalla collettività al singolo, e più è cresciuto l’autocontrollo dei singoli e meno gli apparatirepressivi dello stato sono dovuti intervenire; ciò ha permesso che lo stato riuscisse a mantenere l’ordinesociale senza ricorrere all’esercizio effettivo della violenza.Per Durkheim l’oggetto sacro dei riti collettivi era il gruppo, la collettività riunita che celebra sé stessa.GOFFMAN: il processo di individualizzazione ha fatto del self il vero oggetto sacro.Noi non abbiamo un self ma siamo costretti a metterlo in scena perché la società ce lo chiede.Ogni interazione sociale diventa un micro-rituale in cui le persone riunite trattano come oggetti sacri séstesse (esprimendo contegno) e gli altri (esprimendo deferenza).L’approccio di G. lascia agli individui poco spazio di autonomia costringendoli a indossare maschere ericoprire ruoli.Focault analizza i modi in cui i saperi di verità si incarnano nelle pratiche quotidiane es. nella gestione delcorpo, salute, alimentazione ecc. ; in molti casi i consigli e le prescrizioni si trasformano in obblighi moralinel senso che anche quando vogliamo trasgredire sentiamo che stiamo facendo qualcosa di sbagliato.

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Il rituale definisce la qualificazione che devono possedere gli individui che parlano; definisce gesti,comportamenti, circostanze che devono accompagnare il discorso.Es. il paesano che diventa onorevole: se fa gli stessi discorsi fatti al bar anche in Parlamento, avranno duelivelli di rispetto diversi.Questo è frutto della fiducia che abbiamo nei sistemi esperti, che dipende a sua volta dal corretto operato

dei rappresentanti di tali sistemi questi rappresentanti istituzionali sono chiamati “nodi di accesso”perché fanno da tramite e da filtro tra noi profani e i sistemi del sapere.I riti di investitura hanno un duplice effetto: trasferiscono potere dall’istituzione all’individuo (che viene

consacrato) e producono una differenza tra lui e i non consacrati.

In genere i rituali coinvolgono soltanto individui e gruppi particolari tranne in casi eccezionali come imondiali di calcio.Collins e la sua “teoria rituale delle culture di classe” propone di analizzare la stratificazione socialetenendo conto delle catene di rituali di interazione che si sviluppano lungo due dimensioni:

- verticale del potere (interazioni in cui alcuni ordinano e altri eseguono)- orizzontale della socievolezza (riti che celebrano condivisione, socievolezza).

GLUCKMAN studia i rituali dei conflitti che secondo lui agiscono solo su piano simbolico ma non cambianola realtà. Alcune forme:

- rituali di ribellione:sarebbero contestazioni istituzionalizzate concesse dei detentori del potere ai

sottoposti come valvola di sfogo che indeboliscono l’energia dell’opposizione mantenendo l’ordine- pratiche metaforiche della discordia: esorcizzano il potenziale disgregante di una situazione socialeo relazione spostando il conflitto su un piano simbolico discorsivo (accuse)

- rituali di dissociazione tra prassi e rappresentazione: i conflitti esistenti ma non risolvibili su pianoconcreto vengono dislocati sul piano del soprannaturale.

Queste pratiche hanno in comune la messa in discussione delle gerarchie e delle regole sociali e l’ipotesiche la struttura sociale esistente non sia l’unica possibile. Le varie proteste e manifestazioni sono valvoledi sfogo che, ritualizzando il conflitto, in realtà lo riportano entro l’ordine costituito.TURNER invece ritiene che questi riti non servano a riportare il conflitto all’ordine ma che possano portaredei cambiamenti nella realtà sociale, e ciò può avvenire in 2 modi:

- rituale come anti-struttura (creando codici culturali alternativi)- dramma sociale (prima si verifica la crisi, che viene gestita poi attraverso la ritualizzazione).

Il significato di Woodstock 69 è la messa in scena dello stile di vita hippy come sfida ai modelliconvenzionali relativi all’immagine opportuna da presentare al pubblico (pulizia, acconciatura capelli ecc.) eai modelli di comportamento da tenere nella vita privata; non necessariamente queste azioni rituali portanoad un radicale sovvertimento nella struttura sociale, ma questo non vuol dire nemmeno che non portino anessun mutamento.T. fa notare come all’interno dell’ordine sociale costituito (status system) esistano dei gruppi liminari i quali,attraverso l’azione rituale, formano delle communitas. Tale rituale è di tipo performativo perché mettendo inscena un’anti-struttura esprimono e alimentano un potenziale di mutamento.Vi sono tuttavia situazioni in cui la crisi e la messa in dubbio dell’ordine sociale non vengono innescate dalrituale di uno o più gruppi limitati ma come effetto del divenire sociale, politico, economico (es. tangentopoli

determina un dramma collettivo) minate le certezze della collettività, cadono le “cornici” che fanno dariferimento per interpretare la realtà e orientare l’azione. La drammatizzazione della crisi sulla scena

pubblica ne sottolinea la forte valenza morale e permette di gestirla attraverso 2 modalità:- realizzando una liturgia di riparazione che ricomponga l’ordine precedente

- ritualizzando il passaggio e celebrando il nuovo ordine.

Spesso in un conflitto non serve parlare ma bastano i fatti; l’importanza delle parole pronunciatenell’interazione non sta tanto nel significato ma nel modo in cui interagiscono con gli altri elementi per dareforma all’interazione. Altri elementi che contribuiscono a produrre l’effetto comunicativo sono:

- quando viene pronunciato il discorso (in che occasioni o circostanze)- quanto deve durare- quali gesti devono accompagnarlo.

Le competenze comunicative non riguardano tanto la capacità di decodificare le parole in base al loro

significato, ma di comprenderne il senso all’interno di dinamiche interattive di tipo rituale, altrimenti sirischia di scambiare il dito per la luna (Goffman).Spesso le parole sono fonte di malintesi: il carattere performativo del linguaggio rituale significa che essopiù che trasmettere informazioni, provoca effetti sulla realtà.Il potenziale persuasivo del discorso rituale si presta alla possibilità di essere usato in modo manipolatorio(come è stato con i regimi totalitari).

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CAPITOLO 2° - CERCANDO DI ESSERE QUALCUNO.

Tendiamo a vedere la realtà come abbiamo imparato a considerarla, ritenendo che essa sia (e non appaia)in un certo modo. L’individuo partecipa con gli altri alla costruzione della definizione delle situazioni chevive, vi dà un senso.Il processo di socializzazione primaria che in genere ha luogo in famiglia, ha fatto sì che ci costruissimo

degli specifici occhiali con cui vedere la realtà. Talvolta operiamo un processo di demolizione otrasformazione delle lenti di questi occhiali.

All’interno della SCUOLA DI CHICAGO nasce l’INTERAZIONISMO SIMBOLICO.La scuola utilizza come strumenti per l’indagine, osservazioni costanti e rigorose in cui viene valorizzato ilpunto di vista dei protagonisti e il loro racconto, con l’analisi di documenti personali.La metodologia di indagine presuppone quindi un certo tipo di interazione tra ricercatore e protagonistadella ricerca; il ricercatore cerca di guardare la realtà con gli occhi di coloro che vivono il contesto oggettodi studio calandosi in quella specifica situazione sociale.BLUMER sostiene che tentare di afferrare il processo interpretativo con l’atteggiamento distaccatodell’osservatore obiettivo, significa rischiare la peggiore specie di soggettivismo.Secondo B. i concetti sensibilizzanti permettono di cogliere nella ricerca relazioni che normalmentepassano inosservate; il concetto sensibilizzante orienta la direzione della ricerca senza dare risposte pre-confezionate, suggerisce dove guardare senza sapere a priori che cosa il ricercatore dovrà vedere.B. individua nella ricerca naturalistica 2 momenti: esplorazione (si contatta la realtà che si intendeindagare) e ispezione (con l’impiego dei concetti sensibilizzanti che orientano la ricerca senza forzature).La ricerca etnografica richiede una permanenza per periodi lunghi da comprendere l’universo cheintendiamo conoscere e si realizza orientando la direzione che essa via via assume; questo facilita ilcontinuo esercizio lungo l’asse coinvolgimento-distacco che favorisce la riflessione scientifica permettendodi guadagnare la fiducia dei soggetti studiati evitando il pericolo del going native (cioè assumere tout courtla loro prospettiva).Il filone principale dell’interazionismo simbolico che fa riferimento a B. ha 2 oppositori:

- Iowa School (divergenze di tipo metodologico per l’impiego che essa fa di test e questionari).

- struttural-funzionalismo: i due approcci divergono per:- implicazioni politiche: interazionisti studiano emarginati, drogati (underdogs)

funzionalisti studiano grandi imprese;- attenzione ai processi a livello micro: interazionisti attenti all’interazione nella vita quotidiana,

funzionalisti attenti a valori, ruoli, norme della società;- metodi impiegati: interazionisti metodo qualitativo privilegiando l’osservazione partecipante,

funzionalisti privilegiano l’impiego di questionari.Critiche all’interazionismo:

- che le ricerche diano risultato poco attendibili- scelta di interlocutori con scarso potere contrattuale (gay, psicopatici, drogati)- impossibilità di fare generalizzazioni nelle loro analisi- manca di una sistematizzazione teorica completa in quanto la tradizione era orale

N.B. Sociologia: scienza che si propone di intendere in virtù di un procedimento interpretativo l’agiresociale.

MEAD: considerato fondatore dell’interazionismo simbolico. La sua idea di fondo è che diventiamo esserisociali attraverso la comunicazione la quale si fonda a sua volta su un repertorio di simboli.Dinamica Io-Me: Il Me costituisce il Sé come lo vedono gli altri, la sua parte più socializzata; l’Iorappresenta la parte creativa del Sé. Nel dialogo interiore, l’Io valuta le richieste del Me. Il Sé rappresentala direzione che intendiamo dare alla nostra vita.

Mead assume una posizione all’interno dell’interazionismo, che alcuni definiscono “oggettivista”: la realtàsociale viene ricondotta alle proprietà degli individui piuttosto che alle relazioni intercorrenti tra di loro.Questa posizione viene definita “del realismo sociale” e si distingue da quella del “nominalismo soggettivo”sostenuta da Blumer.Mead distingue tra cose (che esistono a priori) e oggetti (che esistono solo in relazione agli atti).Mead sancisce il passaggio dallo schema del comportamentismo di prima generazione S-R (stimolo-risposta) secondo cui tutto ciò che avviene all’interno dell’individuo costituisce una scatola nera, ad unmodello in cui diventa centrale il momento dell’interpretazione che trasforma gli stimoli in risposte.

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L’atto sociale (unità di analisi per Mead) implica la collaborazione tra più individui differenza sostanzialedal comportamentismo in cui l’atto è individuale.L’atto sociale va considerato per gli aspetti latenti e manifesti, dunque il modello è non lineare ma circolare.L’ambiente condiziona l’organismo nella stessa misura in cui l’organismo condiziona l’ambiente.Mead ritiene che siano 3 fasi dell’atto: percezione, manipolazione o esperienza di contatto, consumazione.L’esperienza di contatto consente attraverso l’uso del tatto, l’emergere dell’attività riflessiva introducendouna pausa tra percezione e consumazione.Per Mead la peculiarità dell’essere umano sta nella capacità di essere oggetto a sé stesso, ovvero di

vedersi attraverso gli occhi altrui capacità ricondotta al Sè (self).La considerazione che ha un soggetto di sé stesso traspare nelle modalità con cui egli si pone nellarelazione e diventa essenziale per costruire e cambiare il modo in cui gli altri lo vedono.

Per Blumer l’espressione interazionismo simbolico deriva dalla peculiarità umana di interpretare e definiregli uni le azioni degli altri invece che semplicemente reagire ad esse. Gli individui agirebbero con gli oggettiin relazione al significato che essi assumono per loro.Secondo Mead gli umani si differenziano dagli animali per la loro capacità di attribuire significato aqualunque tipo di segno ovvero per la capacità di simbolizzare.L’approccio è definito interazionismo perché il focus dell’attenzione è costituito dall’interazione che èelemento fondante dell’ordine sociale e unità di analisi dell’indagine sociologica.

L’interazione è simbolica in quanto si avvale dei significati che sono disponibili agli attori per orientare illoro agire. Blumer spiega questo concetto attraverso 3 premesse:1. gli umani agiscono nei confronti delle cose sulla base dei significati che tali cose hanno per loro2. il significato di tali cose è derivato dall’interazione sociale che il singolo ha coi suoi limiti

3. questi significati sono elaborati e trasformati in processo interpretativo messo in atto da unapersona nell’affrontare le cose in cui si imbatte.

I significati che guidano le azioni umane sono appresi ed elaborati attraverso la comunicazione.

Nel corso della socializzazione primaria l’individuo impara a vedere sé stesso e il mondo come li vedono glialtri significativi, prima di tutto i genitori.Le elaborazioni degli interazionisti in merito all’infanzia di distinguono dalle teorie:

- di impronta innatista secondo cui gli istinti giocano un ruolo centrale nello sviluppo sociale

dell’individuo- di impronta comportamentista classica che considerano lo sviluppo sociale una serie di

apprendimenti secondo lo schema stimolo-risposta.Per gli interazionisti è centrale nello sviluppo dei bambini il colloquio interiore che porterebbe allaformazione dell’identità. I bambini imparerebbero a condividere le conoscenze e i simboli di una culturacioè a usare significati che hanno identico valore per tutti coloro che sono implicati in una certa situazione.Mead distingue gli stadi di sviluppo del Sé in:

- pre-rappresentazione: fino ai 2 anni di età, i bambini non sono ancora in grado di attribuiresignificato e si limitano ad un agire imitativo;

- rappresentazione (stadio del Play): sono già in grado di porsi nei panni dell’altro, nel gioco

simbolico superamento egocentrismo infantile;

- gioco di squadra (Game):i bambini sono capaci di partecipare al gioco di regole pertanto comparela capacità di acquisire una visione sovraordinata delle relazioni che includa il proprio punto di vistae quello degli altri attori che interagiscono tra loro e con loro. La formazione dell’altro generalizzatoconsentirebbe di partecipare al game.Questo meccanismo viene chiamato role-taking cioè assunzione di ruolo.

La definizione della situazione è uno dei concetti cardine su cui si fonda l’interazionismo simbolico: si trattadel processo in cui attribuiamo etichette, ovvero di quello che Schutz definisce “tipizzazione”.Siamo lontani dal pensare di conoscere le cose vere in quanto la realtà è sempre filtrata dalle lenti cheusiamo per conoscerla.Se riteniamo irraggiungibile una meta, allora tenderemo a non raggiungerla; se riteniamo bella la vita,allora tenderemo a viverla con gioia e quindi sarà realmente bella.

Se le definizioni della situazione che i diversi attori costituiscono sono differenti, allora è necessaria quellache Strass definisce una “negoziazione” ovvero una contrattazione per giungere a significati condivisi.

Dialogo interiore auto-interazione è il processo (detto anche auto-indicazione self-indication) in cuil’attore indica le cose a sé stesso.

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Ci prepara all’interazione futura con l’altro, facendoci provare i suoi panni funzione anticipatoriadell’azione in cui strategicamente l’individuo si prefigura le possibili mosse dell’altro.Il processo serve anche a prendere atto del significato del reciproco agire e a orientare di conseguenza lacondotta che si intende intraprendere.

Quando si verifica un divario tra le aspettative e la realizzazione di un comportamento, si tende a utilizzareun “account” cioè un’affermazione fatta da un attore sociale volta a spiegare un comportamento nonprevisto o spiacevole. Glia accounts possono essere distinti in:

- scusanti (excuses)- contrapposizioni (justifications).

Per gli interazionisti anche le cose fisiche sono oggetti implicati nell’atto sociale: esse assumono undeterminato significato nell’interazione.Per i funzionalisti invece non si può parlare di interazione per gli oggetti non sociali.L’azione individuale è qualcosa di costruito piuttosto che di automatico e spontaneo.Per Blumer la situazione fa da sfondo all’interazione, la delimita ma non ne determina lo svolgimento.Per Mead l’idea che l’essere umano, a differenza degli animali, possa essere oggetto delle proprie azioni.Gli oggetti non pre-esistono agli individui ma è l’individuo che costruisce i propri oggetti sulla base dellasua attività quotidiana.L’azione di gruppo è l’azione collettiva degli individui. L’azione collettiva si ha quando i partecipanti trovano

un adattamento reciproco.

La parola fa emergere le “isole di significato”: quando vogliamo far emergere nuove isole di significato,mettendo in discussione quelle precedentemente costruite, allora cambiamo il nome alle cose.Le cose esistono per me nella misura in cui sono in grado di indicarle a me stesso e agli altri , e questo èpossibile attraverso il linguaggio; attraverso il linguaggio si costruiscono significati comuni.Per Mead i significati assumono un valore transindividuale e quindi oggettivo comune a tutti i membri diuna società.Il linguaggio non assolve solo ad una funzione comunicativa ma costituisce una capacità di oggettivazionedel sé attraverso apparati simbolici che rappresentano stimoli le cui reazioni sono date in anticipo.Mead ricorre a simboli significanti considerati contenitori di un significato universale condiviso da tutti imembri di una stessa comunità.

Immagini di sé positive ci consentono di affrontare adeguatamente situazioni difficili, mentre quellenegative generano ansia che induce talvolta ad atteggiamenti di chiusura e manipolazioni per nascondereaspetti stigmatizzanti, per mostrarsi migliori di quello che si è.JAMES distingue tra un io agente, un io puro, un self di cui l’individuo è consapevole: all’interno diquest’ultimo egli opera un’ulteriore distinzione tra self materiale, sociale, spirituale.Un uomo ha tanti self sociali quanti sono gli individui che lo riconoscono e portano un’immagine di lui.Ognuno di noi mostra differenti aspetti di sé in relazione ai diversi gruppi che frequenta: talvolta questedifferenti facce sono in contrasto le une con le altre.Ci si rende conto della molteplicità dei self pur essendo sempre noi stessi, come se si fosse convinti diessere uno pur sentendoci centomila.Due concetti sono fondamentali:

- self conception: mette in evidenza la parte di noi che viene percepita in modo permanente eduraturo (identità)

- self images: diverse immagini di noi avvertite dall’individuo come instabili, provvisorie, talvolta incontraddizione l’una con l’altra.

L’inquietudine e talvolta il terrore che provano le situazioni indefinite vengono esorcizzati con lestereotipizzazioni. La routine e la normalità tranquillizzano.Un Sé flessibile piuttosto che rigido nella definizione della situazione permette più facilmente di disporsiall’ascolto, oltre che dei diversi aspetti di sé, anche dell’altro.La mente elastica, dai contorni sfumati (fuzzy mind) facilita una concezione della realtà in cui i diversielementi sono interconnessi tra di loro. Nonostante ciò la tendenza è di costruire mostri e attribuire colpe,ad es. in episodi di cronaca, l’imputato viene scagionato mentre la piazza lo aveva già condannato.L’uomo, insomma, tende ad operare categorizzazioni per semplificare l’esistenza rischiando però facilietichettamenti che tendono a dividere il mondo in buoni e cattivi.Quando si costruisce il “mostro” si stereotipizza un individuo: vengono impiegati processi di edificazione edi demolizione; vengono cioè costruite immagini correnti articolate intorno ad alcuni elementi centrali per la

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strutturazione dello stereotipo a cui riportare anche episodi di per sé marginali omettendo altri aspetti di

quella persona processi di verticalizzazione e di dilatazione orizzontale e ridondanza.Il role-reversal, l’inversione dei ruoli è una tecnica di psicodramma usata per aiutare il soggetto a usciredalla sclerotizzazione delle parti; favorisce l’uscita da una versione unidirezionale.E’ definita appereance la fase in cui ci presentiamo agli altri attraverso alcuni simboli che fornisconoinformazioni sulla cosiddetta identità.E’ chiamato coaching il processo attraverso il quale siamo formati ad orientare in una determinatadirezione l’immagine che abbiamo costruito di noi stessi.

L’altercasting consiste nel tentativo di influire su un individuo calandolo in un determinato personaggiopositivo. E’ come se il soggetto che viene investito da questo genere di aspettative fosse forzato dallecircostanze a recitare la parte di un altro, che gli sta piuttosto stretta.

Concetto fondamentale per capire la definizione del Sé elaborata dagli interazionisti è quello di “gruppo diriferimento”: gruppo la cui presunta prospettiva viene adottata dall’attore come schema di riferimento per organizzare il proprio campo percettivo.Un es. di gruppo di riferimento è il gruppo dei pari, degli amici, con cui un adolescente si confronta. Inalcuni casi il confronto avviene con gruppi immaginari (non esistenti) o con cui non si intesse una vera

relazione “comunità fantasma” (es. gruppi musicali). I membri del gruppo fantasma, anche se nonrealmente esistenti abilitano la mente dell’individuo e ne orientano il comportamento aiutandolo a uscire da

situazioni che gli sembrano senza scampo.Quando un individuo si trova a costruire definizioni della situazione in modo diverso dalle persone che glistanno intorno, allora potrà entrare in crisi e rimettere in discussione le concezioni elaborate oppurecercherà altri interlocutori che gli confermino le proprie, ricorrendo a nuovi gruppi di riferimento e a nuovialtri significativi.Parlando di trasformazioni, è rilevante il concetto di carriera intesa come il modificarsi di alcunecaratteristiche ricondotte a sé stessi, il passaggio da alcuni stati di consapevolezza ad altri.Possiamo parlare di carriera di allievo, di carriera delinquenziale ecc.All’interno della carriera possono avvenire passaggi di status; bisogna considerare la desiderabilità delpassaggio, quanto esso sia inevitabile, ripetibile e reversibile, il grado di controllo esercitato dagli altri.Altro elemento che caratterizza lo status è la centralità o meno del passaggio nella vita dell’individuo e ladurata ovvero quanto tempo è necessario per la transizione da uno status a un altro.

I “meccanismi sociali di mantenimento” salvaguardano l’equilibrio costituito da una certa lettura della realtàche abbiamo costruito nel tempo, la quale corre il pericolo di essere soppiantata da una definizione dellarealtà ad essa alternativa.

Il concetto di ruolo è differente dal punto di vista funzionalista e interazionista:- funzionalismo: i ruoli hanno impatto sugli individui;- interazionismo: gli individui agiscono di proposito in una certa maniera per creare impressioni sugli

altri; il comportamento di ruolo può essere creativo e talvolta imprevedibile; gli individui assumonoruoli piuttosto che avere ruoli che impattano su di loro;

- per entrambi: diritti e doveri (aspettative) sono connessi alle posizioni di status; le aspettative sonoapprese attraverso la socializzazione.

Un concetto unitario di ruolo è pertanto irrealistico e costrittivo. Il ruolo ha diversi aspetti:

- pressione: es. studente sottoposto alla pressione delle aspettative che lo vorrebbero studioso;- concezione: lo studente ritiene che non sia giusto studiare tanto;- realizzazione: di fatto non studia.Per tutti e 3 gli aspetti sono rilevanti anche le caratteristiche del soggetto e le qualità (es. uomo o donna).Secondo l’interazionismo non è possibile individuare i ruoli a priori esclusivamente in relazione alle qualitào alle funzioni espletate.Ogni individuo, in quanto inserito in una rete, occupa numerosi status e quindi gioca numerosi ruoli chenon vengono svolti gli uni separatamente dagli altri.Se si intende non essere riconosciuti per il ruolo svolto, si ha bisogno di impiegare dei disidentificatori.Il funzionalista Merton parlava di role-set come insieme di ruoli giocati da uno stesso individuo, e di conflittodi ruolo; anche gli interazionisti usano il concetto di conflitto di ruolo, in particolare di conflitto inter-ruolo(role conflict) nel senso che le aspettative relative a una posizione di status entrano in conflitto con quelledi un’altra posizione di status. Il conflitto intra-ruolo è quello in cui confliggono settori di uno stesso ruolofacendo emergere aspettative opposte all’interno della stessa posizione di status.Più il ruolo professionale si colloca agli estremi della scala sociale, sia in basso che in alto, più gli altritendono ad identificarsi con esso.

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CAP. 3° - CAPPELLI O SERPENTI, MULINI A VENTO E BRECCE.

La meraviglia si manifesta quando un’esperienza entra in conflitto con un mondo di concetti già stabile innoi.Negli anni tra 1800 e 1900 viene messa in discussione la capacità della scienza di produrre leggi universalie assolute.

Attraverso l’interazione e la comunicazione, gli individui attribuiscono a determinati oggetti, esperienze,relazioni lo statuto di realtà; è tramite il comune accordo sul senso da dare alle nostre esperienze che

queste vengono percepite come reali concetto di “senso comune”.

Il senso che attribuiamo alle nostre esperienze non è una caratteristica intrinseca dell’azione, ma il risultatodi un processo soggettivo.Bergson concepiva la coscienza come un fiume, un continuo fluttuare di esperienze senza connessione traloro, senza logica e senza successione cronologica. La “durée” è il tempo della durata, in cui non sonopossibili distinzioni e specificazioni (es. cinepresa accesa e lasciata ferma senza mettere a fuoco); il“tempo spazializzato” ci permette di mettere a fuoco la cinepresa, di organizzare e separare le esperienze

vissute: è la dimensione della riflessione e della concettualizzazione.Il senso che diamo alle nostre esperienze è sempre successivo al momento in cui ne facciamo esperienza;è frutto di una riflessione, di un’operazione della mente che ferma il flusso di coscienza e sceglie un istantepiuttosto che un altro.Husserl fornisce una spiegazione del modo in cui facciamo esperienza di un oggetto attraverso 2meccanismi:

- ritenzione: in cui la coscienza soggettiva percepisce l’azione che compie in termini di unità, comeun fluire presente

- riproduzione: in cui si ricrea il tempo vissuto e lo si interpreta e quindi necessariamente lo sitrasforma.

L’azione dotata di senso si rivolge al futuro ma rimane collegata al passato.Es. “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, romanzo di Kundera: Tomas e Tereza sono sposati e vivono a

Praga, decidono di trasferirsi in Svizzera in seguito all’occupazione russa; mentre Tomas si inserisce benenel nuovo contesto, Tereza non vive bene e sceglie di tornare in Boemia. Tomas non riesce a stare senzadi lei e decide di tornare anche lui in Boemia. Quando la ritrova però, lei si mostra fredda e distaccata.Schutz distingue 3 fasi dell’agire secondo un progetto:

1. anticipazione di ciò che sta per avvenire (ritrovare Tereza e non sentirne più la mancanza)

2. vissuto nel corso dell’azione (impatto coi carri armati russi e presa di coscienza di aver rinunciatoper sempre alla prospettiva di una nuova vita)

3. una volta compiuta l’azione, la scelta assume significato differente rispetto alla 1° fase (incontro

glaciale con Tereza che delude le aspettative) il senso attribuito all’azione compiuta non coincidecon quello del progetto originario perché nel corso dell’azione sono cambiate le esperienze.

L’ipotesi di Schutz è che il senso non sia una caratteristica intrinseca dell’azione che scegliamo dicompiere; è il soggetto che in base alle sue esperienze lo interpreta attribuendovi un senso.Il “sistema di rilevanze” rappresenta il sistema di connessioni che stabilisce relazioni significative tradeterminate esperienze nell’ambito del flusso indistinto del nostro vissuto. Il senso dell’azione deriva perciòdal sistema di rilevanze individuale di chi compie l’azione.Schutz formula tali teorie a partire dalla teoria dell’azione sociale di Max Weber che definisce:

- “agire”: un atteggiamento umano se e in quanto chi agisce congiunge ad esso un senso soggettivo.

- “agire sociale”: un agire riferito all’atteggiamento degli altri individui e orientato nel suo corso inbase a questo. Può essere determinato: in modo razionale rispetto allo scopo; in modo razionalerispetto al valore etico, estetico, religioso ecc. di un comportamento; affettivamente;tradizionalmente (da un’abitudine acquisita);

- “azione sociale” implica che il senso di un’azione intenzionalmente soggettiva venga rivolto ad altriindividui; è quindi distinta dal semplice “agire” che si ha invece quando un individuo agisce

intenzionalmente attribuendovi un senso senza riferirsi ad altri.Alcune azioni sono frutto di una semplice reazione a un ‘azione altrui e quindi non dotate di senso

progettuale definite “comportamenti”.

Il “senso inteso” è soggettivo, è legato all’autointerpretazione ad opera del soggetto dei vissuti; è per essenza inaccessibile a ogni tu, perché si costituisce solo all’interno del corso di coscienza di un io.

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“Atteggiamento naturale ingenuo”: assunzione profonda che il mondo c’è e che io lo vedo come lo vedonotutti gli altri.“Epochè”: sospensione del dubbio che la realtà possa essere diversa da come la percepiamo; è resapossibile da un insieme di conoscenze condivise che costruiamo nell’interazione con gli altri.Schutz individua 3 presupposti attraverso cui possiamo cogliere il senso delle azioni altrui:

1. tesi dell’esistenza di alter: consiste nell’assunzione che gli altri individui esistono e fannoesperienza della realtà di cui anche io faccio esperienza

2. tesi della reciprocità delle prospettive: dare per scontato che altri con cui condivido la realtà, la

percepiscano come la percepisco io pertanto il punto di vista mio e di alter è interscambiabile anchese non sarà mai possibile la completa identificazione tra io e alter a causa delle diverse esperienzevissute;

3. tesi della congruenza dei sistemi di rilevanza: consideriamo irrilevanti le differenze tra ego e alter.Il “mondo ambiente” è il tempo e lo spazio della vita quotidiana, all’interno del quale possiamo avere lacertezza dell’esistenza fisica dell’altro e del fatto che egli veda il mondo come lo vediamo noi. Nel mondoambiente attraverso le relazioni con i diversi alter, ego accumula una serie di esperienze concettuali cheutilizzerà per relazionarsi a coloro che appartengono al medesimo contesto, cioè al “Mitwelt”.Attraverso le tipizzazioni è possibile anche comprendere e relazionarsi al mondo dei predecessori(Folgwelt) e dei successori (Vorwelt).L’uso di “glosse” rappresenta il modo in cui una parte o un elemento della realtà viene considerata comeindicante una realtà più ampia di cui non facciamo direttamente esperienza.Schutz definisce 3 tipi di espressioni che permettono ad alter di manifestare il senso del suo vissuto:

1. marchi: consistono in puri espedienti mnemonici grazie ai quali attraverso un elemento presentevengono richiamati elementi assenti ad esso relativi

2. segni: attraverso i quali si creano le connessioni significative che legano un elemento esterno, a unelemento che appartiene al vissuto di coscienza

3. simboli: attraverso cui si mettono in contatto elementi della realtà circostante con elementi cheappartengono a realtà che non è possibile cogliere attraverso i sensi (es. simboli religiosi).

“Mondo della vita quotidiana”: indica il mondo intersoggettivo che esisteva da molto prima della nostranascita, percepito e interpretato dagli altri come un mondo organizzato. Ogni interpretazione di tale mondoè basata su un insieme di previe esperienze di esso, sulle nostre stesse esperienze e su quelle cheabbiamo ereditato da genitori e insegnanti le quali funzionano come schema di riferimento.

“Lebenswert”: è l’ambito delle certezze famigliari, collaudate e ritenute incondizionatamente valide.HUSSERL: ritiene che il modo per raggiungere una conoscenza che trascenda le diverse elaborazioniteoriche sia ritornare alla coscienza individuale, che è possibile esercitando l’epoché fenomenologica.Il termine epoché, per Schutz è la sospensione del dubbio nell’esercizio delle nostre attività quotidiane,mentre per Husserl indica l’operazione inversa ossia la messa tra parentesi di ogni conoscenza anche

scientifica Husserl cerca quindi di ridimensionare il ruolo della scienza, e sostiene che le interpretazionidella realtà da essa formulate costituiscono solo una delle possibili attribuzioni di significato che le personepossono creare. L’interpretazione scientifica è soggetta alle stesse limitazioni del senso comune.

Secondo Schutz il compito del sociologo sarebbe indagare sul funzionamento dell’intersoggettività dellaLebenswelt dalla quale si origina l’accumulazione della conoscenza che rende possibile lo sviluppo deisaperi esperti. Tuttavia l’osservatore può fare questo solo se non coinvolto nella situazione osservata.

Costruisce dunque delle generalizzazioni su ciò che le persone comuni fanno nelle routine della loroesistenza quotidiana. Alla base, la convinzione che la scienza e il mondo della vita quotidiana siano 2 sferedell’esistenza distinte e che per passare dall’una all’altra serva un “adeguamento di coscienza”.Lo scienziato sociale esce dal mondo della vita ed entra in quello della contemplazione scientifica per studiare la Lebenswelt in qualità di osservatore esterno.Schutz formula la teoria delle PROVINCE DI SIGNIFICATO ossia sui vari modi di cui possiamo fareesperienza, in ognuno dei quali interpretiamo la realtà in base a uno specifico sistema di rilevanze.Tra le realtà multiple, quella della vita quotidiana costituisce la provincia più importante perché in essapassiamo la maggior parte del nostro tempo e perché in essa viene riconfermato il senso comune chetiene in piedi la società.Solo quando facciamo esperienze che interrompono il nostro vissuto ordinario (traumi o choc) riusciamo avedere ciò che fino a quel momento davamo per scontato e a concepire la possibilità di ricorrere ainterpretazioni, significati e pratiche diverse da quelle che prima consideravamo ovvie.Il concetto di province finite di significato rappresenta una scelta analitica: non possiamo non sapere che le

nostre esperienze sono in qualche modo interconnesse “salto della coscienza” o “choc”.

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Esistono approcci teorici che propongono una visione della vita quotidiana diversa da quella di Schutz emostrano come le province non siano poi cosi finite (nel senso di “altre”).L’Etnometodologia è uno di questi, come pure la teoria della costruzione sociale della realtà.Etnometodologia: sfida la tradizionale divisione che riteneva ingenue le pratiche messe in atto dalla gentecomune e invece razionali e scientifiche quelle poste in essere dagli studiosi.Il suo merito è aver messo in luce che gli scienziati, nel formulare ricerche e analisi, si confrontano con glistessi limiti con cui fanno i conti le persone comuni nella vita quotidiana e che nell’aggirare tali limitiricorrono a procedure analoghe a quelle che usiamo nella vita di tutti i giorni.

Gli etnometodologi mostrano che nella vita quotidiana agiamo per ridurre la complessità evitando di porcidomande che finirebbero per inibire l’azione stessa; anche gli scienziati non possono cercare di evitare dicomplicarsi la vita in questo modo.

Le persone che si trovano di fronte a una situazione insolita cercano in vari modi di non scomporsi, come

nel caso della candid camera operazione di “costruzione della normalità” di questo si occupal’etnometodologia: di osservare i metodi che le persone usano nel quotidiano per interpretare la realtàsecondo il senso comune e agire in base ad esso per mantenere l’impressione di vivere in un mondoordinato. Possiamo definire l’etnometodologia come lo studio del ragionamento pratico di senso comune.

GARFINKEL: elabora i “breaking experiments” cioè ausili per una immaginazione pigra che consistono nel

creare delle situazioni che mettano in discussione il normale andamento delle interazioni quotidiane enell’osservare il tipo di reazioni che ciò suscita nelle persone coinvolte. Il presupposto di questi esperimenticonsiste nel rovesciamento del normale atteggiamento analitico nelle scienze sociali.La tecnica del breaking experiments, a partire dalla stabilità, ricerca quali elementi possono incrinarla inmodo da rivelare come questa sia mantenuta nella normalità.Un esempio di esperimento è quello nel quale, a casa nostra, ci comportiamo come ospiti ben educatipertanto chiedendo permesso prima di entrare, di andare in bagno ecc. I familiari sono dapprima stupiti, poiinfastiditi e infine parecchio irritati.Le reazioni delle vittime dei breaking experiments esprimono turbamento, nervosismo, ansia, irritazione.

Accountability: concetto elaborato da Garfinkel, come caratteristica intrinseca delle pratiche di spiegazione;le procedure cioè con cui spieghiamo le nostre azioni sono esse stesse delle azioni, e in quanto tali sono

osservabili e riferibili. Parte di ciò che facciamo nelle nostre attività consiste proprio nel rendere ordinarietali attività ossia nel renderle socialmente riconoscibili e accettabili (e dunque identificabili come normali).Gli accounts che gli individui producono hanno 2 caratteristiche intrinseche:

- indicalità: chiama in causa il carattere contestuale dell’azione e del significato (es. quando si parla

si dice spesso “lui” o “lei”, ma hanno senso solo se si indica la persona o cosa di cui si parla!) sono forme linguistiche sintetiche, il loro significato viene dato per scontato nel corsodell’interazione e non serve spiegarle perché si intendono fondate su una reciproca comprensioneche dipende dal contesto di interazione;

- riflessibilità: in senso etnometodologico, indica la caratteristica degli account di contenere elementiche si riferiscono a qualcos’altro di più generale la cui comprensione è data per scontata dagliinteragenti. E’ la ripresa del termine schutziano di glosse, e si riferisce alla circolarità che legaparticolare e generale.

A differenza degli interazionisti simbolici, che parlano di riflessività come di una proprietà degliattori, gli etnometodologi usano questo termine per sottolineare una caratteristica delle azionistesse ossia il fatto che esse vengono realizzate in maniera tale da apparire riconoscibili ecomprensibili perché riconducibili a una più ampia organizzazione di attività.

Dobbiamo costantemente rendere accountable le nostre pratiche cioè dimostrare che esse sono normali,aderendo a determinate procedure di comportamento cioè agendo in modo da non sollevare dubbi edimostrare di essere parte di una certa comunità morale.

Per dimostrare la “normalità” degli eventi e fenomeni, dobbiamo evitare di chiederci cosa c’è dietro a tuttociò che, in base al senso comune, ci appare ovvio. Possiamo individuare almeno 3 procedure:

- applicare l’assunto et cetera: in ogni nostra espressione lasciamo intendere che potremmo offrire

ulteriori chiarimenti su una serie di elementi che lasciamo impliciti con l’etc.: questo si basa sullareciproca cooperazione perché l’etc. possa rispondere alle attese implicite nascoste dietro al nondetto. Se l’interlocutore non coopera, l’etc. non funziona; talvolta ci accade di fingere di ignorare ildato per scontato allo scopo di prendere in giro l’altro o metterlo in imbarazzo o sfidarlo;

- attendere chiarificazioni: succede talvolta che in un discorso, di fronte a parti che ci paiono pocosensate o strane, ne rimandiamo l’interpretazione sperando che ciò che viene detto dopo ci aiuti a

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capire; ma se questo non accade, le parti incomprese vengono considerate irrilevanti e ignorate(ma questo accade proprio come ultima risorsa);

- dare spiegazioni: quando ci troviamo a dare scuse, spiegazioni o giustificazioni per un nostrocomportamento, in genere è perché abbiamo disatteso alcune aspettative che gli altri avevano neinostri confronti. Ma non sempre questi rituali di riparazione permettono al trasgressore direcuperare la faccia; le reazioni suscitate variano a seconda che le chiarificazioni venganoconsiderate ammissioni di colpa, giustificazioni accettabili o scuse.Scuse, giustificazioni, spiegazioni svolgono funzione omeostatica cioè permettono al sistema di

trovare un nuovo adattamento e ristabilire l’equilibrio a fronte del cambiamento introdotto dalcomportamento per il quale vengono date le spiegazioni.

L’etnometodologia ci mostra come il nostro stile di ragionamento pratico abbia come obiettivo principalequello di non complicarci la vita ossia percepire come ordinaria e prevedibile una realtà che non lo è.Il nostro stile di ragionamento pratico non si basa su una razionalità profonda e complessa ma mira asemplificare le interpretazioni della realtà.I breaking experiments o le candid camera hanno l’obiettivo di spiazzare le “vittime” rompendo l’ordineroutinario di ciò che essi si aspettano che accada. Se tale piazzamento si traduce in confusione e ilarità,spesso la situazione genera ansia, nervosismo e persino rabbia.Quando la rottura di tali routine è attribuibile al comportamento di qualcuno, nei confronti di questo viene

riversata rabbia, come la rabbia riversata dai membri di un gruppo a coloro che, mancando di rispetto aisimboli collettivi, minacciano la stabilità del legame sociale.

Perché l’alfabeto è in quell’ordine? Perché così è stato deciso arbitrariamente in maniera convenzionale.L’ordine alfabetico non lo abbiamo inventato noi, lo abbiamo trovato nel mondo in cui siamo nati e cresciutie lo abbiamo interiorizzato; tuttavia se nessuno usasse più quell’ordine, esso cesserebbe di esistere;pertanto esso resta in vita solo perché di uso corrente.La realtà quotidiana allo stesso modo è un sistema costruito socialmente che le persone esperiscono altempo stesso come oggettivamente fattuale e soggettivamente significante.

La costruzione sociale della realtà avviene attraverso 3 processi in costante relazione dialettica tra loro:

- esteriorizzazione: è il processo con cui la realtà sociale viene creata e ricreata tramite l’azione dei

soggetti; quella realtà non esisterebbe se non fosse stata creata dall’azione umana e smetterebbedi esistere se non venisse da questa costantemente riprodotta;

- oggettivazione: è il processo con cui la realtà sociale nata dall’azione umana assume una propriaautonomia retroagendo sulle persone e imponendo loro vincoli e richieste (es. il rapporto di coppia

richiede che si dedichi tempo e amore all’altro ecc.) la coppia diventa entità autonoma rispettoalla quale gli altri devono rapportarsi, ciò vale sia per i 2 partners che per i terzi che vengono acontatto con la coppia;

- interiorizzazione: è il processo con cui facciamo nostre le realtà create e ricreate socialmente conl’esteriorizzazione e divenute parzialmente autonome con l’oggettivazione; ciò avviene innanzituttotramite il processo di socializzazione, in cui apprendiamo gli elementi che compongono il mondosociale nel quale siamo nati e cresciamo.E’ un processo di abitualizzazione, di routinizzazione delle attività quotidiane.

Esiste poi il concetto di istituzionalizzazione che consiste nella tipizzazione reciproca di azioniconsuetudinarie da parte di gruppi di esecutori.Due persone che cominciano una relazione sono libere di organizzarla come vogliono, ma prima o poiavvertiranno una certa pressione ad adattarla in relazione ai modelli sociali già esistenti.L’istituzionalizzazione ha dunque a che fare con il trasferimento di una determinata realtà sociale allegenerazioni successive. Es. un uomo che dal nulla costruisce un’impresa, anche quando l’impresadiventerà grandissima si ricorderà degli sforzi fatti; i suoi figli invece che la trovano già alla nascita, lapercepiranno in modo diverso.

La società è un prodotto umano; la società è una realtà oggettiva; l’uomo è un prodotto sociale.La frase di Berger e Luckmann evoca le potenzialità creative delle persone in quanto generatrici di novità.

Il pensiero dei due autori risulterebbe più chiaro se i 3 concetti venissero posti nell’ordine: interiorizzazione,esteriorizzazione, oggettivazione. Essi sostengono che non si tratta di 3 momenti distinti e successivi, masi 3 dinamiche simultanee e interrelate.Poiché ogni persona subentra in un mondo in cui già altri vivono, il processo di socializzazione la costringead adattare la propria soggettività all’ordine costituito che le è preesistente e le viene presentato come

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oggettivo. Ci sono comunque sempre elementi di realtà soggettiva che non derivano dalla socializzazionecome ad es. la consapevolezza del proprio corpo.La vita sociale dipende dalla continua sottomissione della resistenza di origine biologica nell’individuo.La questione cruciale diventa quella della legittimazione dell’ordine sociale agli occhi dei suoi membri inmodo che non si rifiutino di adeguarsi ad esso. Mentre chi ha creato ex novo un elemento della realtàsociale conserva la memoria biografica dei motivi e delle scelte che hanno giustificato tale creazione,coloro che interiorizzano tale elemento nella socializzazione hanno bisogno di una qualche formulazioneche spieghi loro perché devono far propria quella realtà.

Un 1° elemento di trasmissione intergenerazionale dell’ordine sociale è costituito dal linguaggio.Un 2° elemento è costituito dai ruoli sociali che rappresentano l’ordine istituzionale riaffermandolo.I portatori di definizione della realtà alternative rispetto a quella ufficiale vengono considerati come unaminaccia e sottoposti a repressione.Processi di reificazione: alcune realtà istituzionali non vengono più percepite come prodotti oggettivatidell’attività di esteriorizzazione umana, ma come se fossero fatti di natura, risultati di leggi cosmiche omanifestazioni di volontà divina.Nel modello di Berger e Luckmann il cambiamento sociale è possibile tanto quanto la conservazione. Leloro analisi mettono in luce le resistenze che i soggetti e i gruppi oppongono al cambiamentoevidenziandone 2 caratteristiche:

- il mantenimento dell’ordine risponde a un’esigenza di semplificazione della complessità e dell’ansia- le coalizioni per il mantenimento del potere che si sviluppano in ogni sistema sociale tendono ad

alimentare la legittimità dello status quo.

Attraverso l’interazione con gli altri apprendiamo, creiamo e attribuiamo continuamente significato a ciò dicui facciamo esperienza quotidianamente. E’ importante particolarmente il linguaggio: la vita sociale èsoprattutto vita con e per mezzo del linguaggio che condivido col mio prossimo.Il linguaggio è il mezzo attraverso cui ego codifica ed esprime il senso del suo agire verso e della relazionecon alter o con i membri della società cui appartiene.E’ ciò che ci permette di rendere il nostro flusso di coscienza accessibile agli altri con cui interagiamo e inquesto modo di condividere una comune appartenenza alla medesima realtà. La funzione di mediazionedel linguaggio fa da medium tra la mente e il mondo.Il linguaggio è però ambivalente.

La langue è il sistema di regole che organizza i suoni e le parole secondo regole precise.Nelle parole, cioè l’espressione che ogni volta scegliamo a seconda del contesto per esprimere un nostrostato d’animo o per descrivere una determinata situazione, e nell’enunciazione, la modalità di espressioneche si riferisce a scopi precisi e soggettivi, ritroviamo la libertà di espressione che appartiene a ognuno.

CAP. 4° - LA LINEA DELL’ARCO E LE PIETRE

Quando Colombo è arrivato in America, ha tentato di rivolgersi agli indigeni come fa con la natura le suecertezze lo rendono incapace di comprendere i segni e le parole degli indigeni e di dialogare con loro. Eglisi approccia agli altri umani come fa con la natura.Il re Montezuma invece tratta lo straniero come una divinità.Cortès al contrario cerca di interpretare e comunicare con gli indigeni allo scopo di sottometterli.

Colombo guarda al mondo della natura, Montezuma al divino, ed entrambi distolgono lo sguardodall’umano fallendo sul piano della comunicazione; Cortès si affida alla costruzione di simboli.

L’approccio olistico condivide alcuni aspetti con quello sistemico, in particolare nell’ambito della teoriagenerale dei sistemi. Dopo la 2° guerra, esplodono idee e prospettive nuove che si fondono coi saperi già

noti metafora del vulcano in eruzione che con la lava incandescente emerge, fonde, solidifica.

Dalla fusione vengono generate più teorie e prospettive d’analisi parliamo quindi di teorie dei sistemi.Un sistema è un’unità, un insieme, una totalità di parti di natura differente che con una qualche sorta diorganizzazione sono in interazione tra loro ossia in relazione di interdipendenza reciproca.L’approccio sistemico consiste nella tendenza a considerare l’oggetto di studio come un sistema ovverouna totalità i cui elementi sono in relazione gli uni con gli altri influenzandosi reciprocamente. E’

caratterizzato da 3 aspetti:- obiettivo di Van Bertalanffy (colui che ha dato impulso all’approccio sistemico) è trovare elementicomuni a tutte le scienze intese come sistemi di sapere, e identificare dei principi fondamentali(cornici interpretative) comuni allo scopo di comprendere l’esistenza umana come una totalità

integrata si può dire che la prospettiva sistemica ha nei suoi fondamenti una tensione inter- otrans-disciplinare che la rende al suo interno composita; in quest’ottica, la comunicazione è vista

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non come dominio di un’unica forma di sapere, ma come un territorio dalle molteplici sfaccettatureche per essere compreso richiede il contributo di ambiti eterogenei.

- La prospettiva sistemica contribuisce a rendere centrale la riflessione sulla comunicazione e sulle

relazioni in quanto componenti costitutive del sistema stesso le differenti parti che compongonoun sistema sono tenute unite da relazioni di reciproca inter-dipendenza come l’arco che unisce lepietre del ponte; le pietre comunicano tra loro attraverso spinte, forze, appoggi, sostegni reciproci enell’insieme creano la relazione dalla quale nasce l’arco.

- La prospettiva sistemica si sforza di cogliere la dimensione strutturale delle relazioni cioè i modellidi interdipendenza che si creano nei rapporti e che, ripetuti nel tempo, creano vincoli o opportunitàper i comportamenti dei soggetti coinvolti.

E’ proprio nel concretizzare questi 3 aspetti che nell’ambito dell’approccio sistemico si delineano diverseprospettive teoriche, in particolare 2 che si trovano ai due poli dell’asse soggettività-istituzionalizzazione:

- teorie caratterizzate da prospettiva intersoggettiva (Bateson, Morin, Crozier): irriducibilità dellasoggettività umana ai vincoli sociali; le relazioni fra individui sono centrali nei processi distrutturazione dei rapporti sociali; la dinamica comunicativa è riconosciuta come ambito di scambiofondante l’organizzazione sociale;

- teorie caratterizzate da prospettiva istituzionale (Parsons, Luhmann, Habermas): analisi dell’assettosociale e dei vincoli istituzionali come elementi dati, in cui un soggetto risulta interamente inscritto epuò solo operare una scelta tra opzioni stabilite a priori; la questione della soggettività viene meno.

Per quanto riguarda la prospettiva intersoggettiva, apre interrogativi su cosa avvenga negli incontri traindividui e guarda alla comunicazione interpersonale come a un campo (non strutturato in partenza)risultato di un processo di strutturazione compiuto dai soggetti nel corso dell’interazione. E’ una prospettivanella quale è necessario fare continuamente la spola tra aspetti soggettivi e strutturali, non come

dimensioni separate ma sempre in relazione tra loro e inscindibili PROSPETTIVA OLISTICA.N.B. L’olismo è considerato da alcuni, un ripiegamento della realtà, una teoria eccessivamente orientataverso l’astratto, in opposizione al riduzionismo caratterizzato invece da eccessiva semplificazione.La prospettiva olistica come proposta da Bateson, parte invece dalla complessità delle relazioni; l’olismorappresenta una proprietà nel modo di agire e osservare che afferra sia l’insieme delle relazioni che i modidella loro organizzazione. La prospettiva olistica tiene conto sia dell’insieme, che delle parti e dellerelazioni tra esse. Morin lo vede come approccio alla complessità cioè la considerazione che un tutto è piùdella somma delle parti che lo costituiscono e che allo stesso tempo ciascun elemento ha qualità che non

si manifestano pienamente nel tutto.L’es. del ponte: il ponte è nell’insieme più che un semplice ammontare di pietre che, separate e buttate nelfiume non avrebbero creato un ponte; il ponte è meno del complesso delle pietre, ciascuna infatti hacaratteristiche proprie.I presupposti della società sono individuabili in almeno 3 condizioni:

- esistenza di un gruppo (il tutto) nel quale l’individuo partecipa e viene socializzato- unicità e contingenza dei soggetti, loro soggettività- tessuto sociale che nasce da processi nei quali gli aspetti strutturali conferiti dal tutto e l’unicità

dell’individuo si combinano insieme.La prospettiva olistica evita i 2 slittamenti possibili: verso l’alto (nell’assumere la posizione di un dio) everso il basso (nel limitarsi alla meccanica mondana) per far propria invece la possibilità di unacomunicazione tra esseri umani.

Flatlandia è un racconto scritto da Abbott nel 1884 e il suo significato sta nell’esistenza di innumerevolipossibili dimensioni e livelli interpretativi.Guardare alla comunicazione interpersonale nella prospettiva olistica vuol dire riflettere su come avviene latrasmissione di messaggi ovvero su come si costruiscono relazioni tra differenze. La comunicazioneinterpersonale viene considerata nel suo insieme sia negli aspetti verbali che non verbali.Bateson sostiene che l’intera comunicazione verbale, non verbale, preverbale è caratterizzata da metafore,aiutando a vedere come il linguaggio verbale si radichi nel non verbale.

Non esistono comportamenti che negano qualcosa, ma solo che affermano questa affermazione èconfluita in uno dei principi cardine degli “assiomi della comunicazione” della Scuola di Palo Alto.In una situazione di interazione, l’intero comportamento costituisce un messaggio.

In sintesi la prospettiva di Bateson (fatta propria dalla Scuola di Palo Alto) mostra come qualsiasi relazionesia comunicazione e come non vi sia modo di sottrarsi al fatto che nel corso di un interazione il nostrocomportamento comunica, in modo più o meno convenzionale.I discorsi possono essere reificati cioè considerati non un prodotto umano ma realtà assolute e date.E’ questo il pericolo da cui ci mette in guardia l’approccio olistico e la storia di Flatlandia.

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Nel corso di un’interazione in compresenza, la comunicazione può essere vista come un sistema costituito

da un insieme di passi (feedforward) modello lineare caratterizzato dal concepire la comunicazione trasoggetti come una successione di atti in cui non vi è mai un ritorno al punto di partenza.Qualsiasi fenomeno di comunicazione è percepito come risultato di un rapporto causa-effetto, accadequindi che nelle relazioni giustifichiamo le nostre azioni andando alla ricerca della causa e della colpa chehanno determinato le nostre azioni.L’approccio sistemico introduce sulla scena dell’interazione il concetto di feedback o retro-azione ossia un

movimento di ritorno. Si alimenta così un movimento circolare modello di relazione circolarecaratterizzato dall’idea di relazioni nelle quali siamo reciprocamente interdipendenti e ci influenziamo l’unl’altro, in altre parole i soggetti non sono più percepiti come emittenti o riceventi, ma sia come emittenti checome riceventi nello stesso istante.Si parla di circolarità di tipo meccanico ovvero in cui si realizza un feed-back ottuso nel quale lo schema siripete uguale a sé stesso; si tratta di veri loop comunicativi cioè nodi in cui si realizzano sequenze circolariapparentemente senza via di uscita. I soggetti compiono i loro passi alimentandosi reciprocamente senzamodificare le mutue posizioni ma reiterando azioni comunicative identiche e ripetute nel tempo.Affinché qualcosa cambi, bisogna che la circolarità diventi un modo per correggere le posizioni assunteinizialmente, cioè produrre un cambiamento: si parla allora di feddback intelligente.Una conseguenza della circolarità della comunicazione è che ciascun soggetto non è buono, bello, bravoecc. in termini assoluti e oggettivi, ma nel contesto di una particolare relazione che lo rende tale ogni occhi

dell’interlocutore in base ai feddback che vengono scambiati tra i partecipanti: una caratteristicadell’individuo non è propriamente sua ma piuttosto di ciò che avviene tra lui e qualcosa (o qualcun) altro.Bateson individua 2 tipologie di scambio:

- simmetrico: a partire da posizioni e comportamenti simili tra pari, si sviluppano dinamiche dicompetizione o rivalità nelle quali l’accentuazione di un comportamento da parte di un soggettoprovoca un ulteriore rafforzamento dello stesso comportamento nell’altro soggetto;

- complementare: gli scambi nei quali le posizioni, i comportamenti dei 2 soggetti sono dissimili ma siintegrano a vicenda; sono caratterizzate dalla gerarchia nelle posizioni assunte dai soggetti:l’accentuazione del comportamento dell’uno provoca il rafforzamento del comportamentocorrispondente e di completamento nell’altro, e viceversa.

L’analisi delle relazioni complementari o simmetriche non si riferisce semplicemente ai ruoli assunti daisoggetti né a patologie individuali ma piuttosto rivela modelli di relazione nei quali ciascun soggetto

partecipa mettendo in gioco e sviluppando alcune caratteristiche; un soggetto non è vittima o carnefice per nascita, ma può diventare vittima o carnefice nell’ambito di una relazione.Il processo si rafforza attraverso un feedback o retro-azione di tipo positivo, ovvero fa avanzarel’interazione comunicativa nella direzione intrapresa. Si realizza così un movimento di crescitaesponenziale, di tipo esplosivo, caratterizzato dalla diffusione e affermazione delle pratiche.Nel feedback positivo l’intera dinamica subisce un crescendo, ad es. nei casi di relazione simmetrica si puògiungere fino alla distruzione, all’annientamento del sistema stesso.Introducendo un po’ di complementarietà nella simmetria e viceversa, si contribuisce alla stabilizzazionedella situazione;le 2 tipologie, simmetrica e complementare, rappresentano una il contrario logico dell’altra.Si parla di feed-back o retroazione di tipo negativo, quando è necessario rafforzare la possibilità dicorreggere l’intero sistema relazionale che assume così un carattere auto-correttivo: se qualcosa aumenta,qualcos’altro diminuisce. Il sistema auto-correttivo è orientato alla ricerca di uno stato stazionario che sirealizza attraverso aggiustamenti successivi in modo da mantenere o raggiungere lo stato voluto, cioètende a ristabilire uno stato di equilibrio.

Per comprendere i significati dei messaggi nello scambio non basta conoscere i contenuti, le informazioni,ma è necessario capire il contesto relazionale cioè l’organizzazione, la forma entro cui l’informazione vieneveicolata. La priorità non è costituita dal contenuto ma dalla relazione, ovvero il medesimo contenuto(parola, bacio, dono ecc.) assume significati diversi a seconda del contesto.Abitualmente pensiamo che quanto diciamo o facciamo è motivo di conflitto; litighiamo perché si è detto ofatto qualcosa di giusto o sbagliato. La prospettiva olistica invece ci invita a riflettere nella direzioneinversa, partendo dall’idea che in una relazione è il contesto a definire il contenuto e molto dipende dalmodo in cui la relazione si sta costruendo. Diventa allora difficile attribuire significati in modo univoco: ciò

che ieri era scontato, oggi è terreno di negoziazione.Contesto e relazione rappresentano 2 diversi livelli comunicativi che mettono in evidenza come nellacomunicazione non trasmettiamo solo informazioni ma costruiamo relazioni e imponiamo modelli dicomportamento. La Scuola di Palo Alto ha formalizzato un 2° assioma: ogni comunicazione ha un aspettodi contenuto e un aspetto di relazione di modo che il 2° classifica il 1° ed è quindi metacomunicazione.Insomma è la natura della relazione che ci dà indicazioni e ci dice come percepire il significato di quanto

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avviene nella situazione. Il 2° assioma può essere esplicato con un esempio di come un elemento dicontesto definisce il contenuto: basta che una persona si faccia il naso rosso per evocarci l’idea delpagliaccio e ci predisponga a ricevere messaggi all’interno di una cornice di sorrisi e sorpresa.Le informazioni esistono dal momento in cui ci sono degli esseri viventi che comunicano tra loro einterpretano i loro segni; ma prima della vita, l’informazione non esiste. E’ attraverso un’azione diorganizzazione, di punteggiatura del fluire che emergono segni cui attribuiamo valore di informazione; lapunteggiatura è un modo di organizzare le sequenze, il fluire.

La questione è: come siamo in grado di accogliere altre organizzazioni possibili differenti da quelleconvenzionali conosciute e date per scontate. Come dimostra Flatlandia, ciò è difficile e molto spesso nonbasta avere informazioni (informazione = notizia di una differenza) su altri mondi per conviverci.Il tema è fondamentale se si pensa al fenomeno della serendipity che si riferisce all’esperienzadell’osservare un dato imprevisto, anomalo, strategico che fornisce occasione allo sviluppo di una nuovateoria, o lo sviluppo e l’ampliamento di una teoria già esistente.La prospettiva olistica invita a considerare il mondo in cui viviamo e quello che facciamo quotidianamentecome generato da un particolare punto di vista che può essere adattato agli imprevisti solo in base allacapacità di cogliere o meno le differenze, ossia all’apertura o chiusura verso la possibilità delcambiamento.Un sistema si dice chiuso quando non attiva scambi di materia/energia con l’esterno, mentre si dice apertoquando riceve, elabora e produce a sua volta informazioni, in pratica attiva scambi.Apertura e chiusura si riferiscono a caratteristiche del sistema relative alle dinamiche, ai processi discambio con l’esterno, con l’Altro. Stabilire se un sistema è aperto o chiuso significa in pratica osservare inche modo i suoi componenti operano: se sono in riferimento gli uni con gli altri, il sistema è chiuso; seinvece attuano forme di interazione continua con l’esterno, il sistema è aperto.Esempio: io posso essere aperta e parlare di qualunque cosa con gli amici al bar, ma allo stesso tempoessere chiusa nel raccontare la mia esperienza.

Nell’interazione si stabilisce un flusso comunicativo incessante attraverso lo scambio di input (informazioniin entrata) ed output (informazioni in uscita), tra interno ed esterno.La chiusura allo scambio produce il degrado del sistema; in realtà la chiusura crea l’impressione diun’immobilità stabile e pertanto dà parvenza di equilibrio. Per alcune prospettive quindi la chiusura può

sembrare una risposta di conservazione, di raggiunto equilibrio che ripara dalle devianze; nella prospettivaolistica invece si mette in evidenza come, molto spesso, sia proprio la chiusura nel senso dell’isolamento agenerare degenerazione, per l’inasprirsi di dinamiche interne al sistema.E’ il paradosso dello “stato stazionario” o dell’equilibrio instabile.La chiusura è fondamentale quanto l’apertura. E’ nell’apertura, rappresentata dalla relazione con l’altro,che nascono idee e pensieri individuali; ci vogliono capacità, momenti, spazi, situazioni di chiusura in cuistare da soli, pensare con la propria testa, ascoltare i propri sentimenti: proprio in questi momenti si general’auto (-nomia, -organizzazione, -consapevolezza).

Nella prospettiva olistica gli esseri viventi non sono sistemi chiusi: per vivere hanno bisogno di essereaperti o meglio di combinare apertura e chiusura. La nostra mente, il nostro corpo, gli aspetti emotivi,mentali, biologici, fisici costituiscono un tutt’uno al cui interno le diverse parti si influenzano

reciprocamente. L’aspetto biologico è specifico e distinto da quello emotivo ma allo stesso tempo siconsidera come i processi biologici ed emotivi si influenzano reciprocamente in condizioni di dipendenza.La prospettiva olistica si occupa della vita che scorre e non delle forme morte e bloccate; èl’organizzazione dei processi insieme di chiusura e apertura a caratterizzare le relazioni e non i singolisoggetti. Diventano rilevanti i processi di auto-organizzazione, auto-regolazione ecc. in cui l’accento èposto sull’auto- ovvero a partire da sé stesso.L’auto-nomia risulta strettamente connessa alle condizioni culturali e sociali delle quali si formano la nostrapercezione e la nostra capacità di interpretazione.L’autopoiesi è la parola usata per sintetizzare la capacità del sistema di essere autonomo e autoreferente,di autodeterminare l’organizzazione e di creare le proprie conoscenze rispetto all’ambiente.Il concetto di autopoiesi consente di vedere apertura e chiusura non in modo dicotomico ma come modalitàche cooperano insieme. I sistemi sono autopoietici nel senso che sono chiusi in quanto autonomi, allostesso tempo sono aperti in quanto dipendenti ed influenzati dall’ambiente circostante attraverso gli scambiche attuano.Interfaccia: termine usato da Bateson per indicare la superficie che costituisce il luogo di incontro di 2regioni che sostituisce la nozione di confine in un contesto tridimensionale. Le 2 regioni che si incontranonon sono viste come entità ben definite ma come entità dai confini sfumati.

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Le interfacce costituiscono le dimensioni in cui avviene il contatto tra diversi tipi di sistemi; sono in un certosenso i luoghi di frontiera tra le differenti regioni: è un ponte, un canale per la trasmissione di messaggi.Nell’interfaccia avviene quindi l’incontro, lo scambio, la messa in comunicazione di differenti regioni.La teoria del doppio vincolo (o teoria del doppio legame) mostra come all’interno di una relazioneemotivamente significativa ci si possa trovare in situazioni che sembrano essere senza via d’uscita, nellequali si è costretti a scegliere tra 2 situazioni reciprocamente invalidanti e in cui le dinamiche comunicativesono caratterizzate da messaggi contraddittori tra differenti livelli comunicativi o all’interno dello stessolinguaggio.

Viviamo in mondi caratterizzati spesso da una comunicazione schizofrenica, ossia contraddittoria sudifferenti piani comunicativi. Essa infatti rappresenta una modalità particolare di scambio comunicativo cheè possibile riscontrare in qualsiasi relazione purchè caratterizzata dalla presenza di alcune condizioni:

- rapporto significativo- alta dipendenza- chiusura verso l’esterno della relazione- impossibilità di smentire il rapporto chiaramente- impossibilità di abbandonare il campo della comunicazione che equivarrebbe a interrompere la

relazione.La questione che si pone è come uscire da una relazione a doppio vincolo; per scardinare lo schemad’interazione del doppio vincolo bisogna passare ad un altro livello comunicativo superiore in cuidiscriminare in modo critico i differenti livelli di comunicazione e ripristinare l’unità del messaggio.Sclavi afferma che “per comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione echiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva”; più facile dirsi che a farsi dato chenel corso di un conflitto ciascun antagonista punta ad aver ragione; sono frasi come “mi dici come vedi lasituazione?” che possono togliere dai grovigli.

Più la relazione è significativa e condiziona la crescita, più il soggetto perde o non matura la capacità dicomprendere e analizzare il contesto relazionale e i differenti livelli dei messaggi.Le emozioni si rivelano centrali per capire i processi che inibiscono o facilitano le possibilità diapprendimento e comprensione dei soggetti, sia a livello affettivo che cognitivo.Quando ci troviamo di fronte a un problema pensiamo che per raggiungere la soluzione dobbiamo metterein campo le nostre capacità cognitive: di fatto questo raramente avviene, piuttosto arriviamo alla soluzione

dei problemi attraverso percorsi imprevedibili influenzati da vari elementi emotivi e cognitivi.Un esempio di ciò sono i giochi che spesso vengono proposti nei test attitudinali, tipo il gioco dei 9 punti.L’esperienza del gioco è interessante più per i fallimenti che per la soluzione in sé; a volte dopo varitentativi si può pensare che il compito sia impossibile. I fallimenti sono dovuti quindi non all’impossibilità delcompito ma ai modi adottati per risolverlo.Per arrivare alla soluzione di tali giochi bisogna compiere un atto creativo che ci permetta di guardare alproblema da un’altra prospettiva, quindi uscire dalle premesse implicite che abbiamo assunto nellapercezione della situazione. La paura di sbagliare, l’ansia, costituiscono i blocchi emotivi che spesso citengono dentro schemi relazionali e ci impediscono di trovare la soluzione.Quando siamo chiusi dentro i nostri schemi mettiamo in atto il ”cambiamento 1” o di 1° livello ossiamodifichiamo tutte le variabili possibili nella situazione senza uscire dal punto di vista iniziale; giochi diquesto tipo invece ci invitano a cambiare le premesse implicite da cui partiamo; ci spingono ad

abbandonarli per sperimentarne altri ossia a mettere in atto un cambiamento radicale (“cambiamento 2” odi 2° livello).Misurarci con tali giochi mostra che abbiamo appreso a vedere schemi, strutture, senza uscire dai confiniper la paura di sbagliare. In altre parole abbiamo appreso modelli a livelli inconsapevoli che in alcunesituazioni possono facilitarci la vita ma che di fronte al nuovo possono ingarbugliarcela.Tutte queste storie invitano a trasformare il proprio punto di vista, le premesse che reggono allacostruzione del senso e quindi spiazzano sollecitando un cambiamento di 2° livello nel modo di stare nellenostre relazioni. La consapevolezza dei soggetti in gioco inoltre, ed in particolare quella emozionale,diventa quindi elemento fondamentale: accogliere e non eludere le emozioni.Generalmente però, nelle società occidentali si cerca di estromettere le emozioni considerandole effettiindesiderati e incontrollabili.I soggetti sono in balia delle loro emozioni e funzionano per catene di reazioni a reazioni, a meno che nonesercitino forme di auto ed etero controllo mettendo fuori gioco le emozioni.La chiave della riuscita personale è la capacità di controllare le emozioni per andare d’accordo con gli altri,sviluppare le capacità di empatia e costruire un’immagine di sé adeguata alla situazione. Il limite è che ilproprio sentire viene represso e accantonato per entrare nei panni dell’altro e manipolarlo.

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Sclavi invita alla costruzione di un terreno comune dove abbia spazio il sentire di tutti i soggetti coinvolti esia possibile anche la gestione dei conflitti e delle contraddizioni tra differenze; il concetto centrale non èempatia ma exotopia cioè riconoscimento dell’altro nelle sue differenze.Colombo e Montezuma non esercitano l’exotopia.

Nei processi di percezione i sistemi sono per molti aspetti auto-correttivi ossia conservativi dello status quocome modo per garantire la loro sopravvivenza. Tutti noi tendiamo a controllare e correggere gli aspettiche ci creano disordine o rappresentano irregolarità. Il sistema in questo senso si rivela come auto-

correttivo di tutto ciò che disturba il normale funzionamento e seleziona le informazioni in modo dacontrollare e correggere qualsiasi elemento fastidioso.Sebbene un’informazione possa essere ovvia, evidente e accessibile, di fatto se essa risulta scomodaviene nascosta o censurata: viene incapsulata come una perla, per non dar noia.Come per noi è scontato che gli indigeni parlino un’altra lingua, per Colombo non lo era infatti pur diconservare le proprie convinzioni, corregge gli indigeni mentre parlano.Quando nell’interazione faccia a faccia usiamo pregiudizi e stereotipi nella valutazione dell’altro, gli stiamocostruendo un guscio attorno che consente di non contraddire le nostre rappresentazioni. Uno stereotiponon si sceglie: ad esso ci si conferma o si disubbidisce: qualora lo facciamo, andiamo contro corrente.La prospettiva olistica invita il sociologo a lavorare nel senso di sviluppare la capacità di cogliere lacomplessità degli elementi in gioco in una situazione, e di generare immagini e interpretazioni chepermettano di uscire dai blocchi comunicativi disegnando anche le altre possibilità sino allora inespresse.Far questo vuol dire da un lato lavorare sulla paura, sempre presente, del cambiamento e dall’altoaccogliere l’idea che il nostro mondo non sia l’unico né il migliore; si tratta di imparare a convivere con lamancanza di certezze assolute. La prospettiva olistica invita ad assumere l’incertezza continuadell’esistenza e la complessità come caratteristiche imprescindibili dello stare nel mondo.

CAP. 5° - LE FORME DEI CRISTALLI

La questione del rituale può essere analizzata in dimensione macro (es. guarda come si muove una folla auna manifestazione) o micro (va a vedere cosa accade tra i soggetti).Sono le dinamiche delle micro-relazioni alla base dell’esistenza della società.

Goffmann nota come, all’interno della società, l’oggetto di culto sia il self cioè l’individuo ogni interazione

nella vita contemporanea è un rituale che afferma la sacralità dell’individuo. Ogni interazione è volta aconfermare una certa impressione di sé che si vuole dare agli altri (salvare la “faccia”).Goffamnn afferma che sono i rituali piccoli e apparentemente insignificanti della quotidianità, più che legrandi cerimonie pubbliche, a dare sacralità alle interazioni.La forma assunta dalla società ricorda un agglomerato di cristalli che si presentano con forme precise eregolari composti da diverse facciate precise; l’incontro tra le facciate di ogni cristallo consente laformazione dell’agglomerato che chiamiamo società. Se ogni cristallo non presenta la faccia della formagiusta, non può dare forma regolare all’agglomerato e tutto si sfalda, come se un individuo non presentaall’altro la faccia giusta nell’interazione, la società si sfalda.Elias sottolinea come i comportamenti degli individui siano basati per la maggior parte sulla repressione esul dominio delle pulsioni, dei sentimenti, delle passioni; processo che si è sviluppato con la civilizzazione.Un es. che porta Elias è la caccia alla volpe: prima era necessaria, poi trasformata in gioco per sfogare

l’aggressività, infine per piacere.Collins parla di interaction ritual chains, ossia catene di rituali di interazione.

Secondo Goffmann, viviamo come se interpretassimo una parte: in ogni interazione ognuno interpreta unaparte e fa di tutto per costruire e mantenere la faccia che vuole presentare agli altri, ognuno cerca di curarele apparenze in funzione dell’altro e del ruolo che si sostiene in una data ambientazione.Come scrive Oscar Wilde: “non avremo mai un’altra occasione di fare una buona impressione”.E’ definita “ribalta” lo spazio di rappresentazione, come in un teatro; ogni attività sulla ribalta ha le sueregole in relazione alla rappresentazione che si sta inscenando: si tratta delle regole di cortesia, di decoroche mantiene l’attore curandosi dell’apparenza.Elias studia come sono separati e gestiti sia gli spazi che le interazioni della corte: tutto ciò che non vienemostrato al pubblico fa parte di un retroscena in cui l’attore può rilassarsi e smettere di recitare il ruolo. Glielementi che minaccerebbero la riuscita della scena devono essere nascosti perché non si creinodissonanze tra apparenza e realtà, pertanto devono essere nascosti gli elementi “sporchi”.Ciascuno viene “addestrato” per far sì che la rappresentazione abbia successo e per affermare il proprioruolo in modo che non venga messo in discussione.Per mantenere la situazione sono necessarie delle accortezze:

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- Segregazione del pubblico: accertarsi che durante una rappresentazione non vi sia tra il pubblicoqualcuno che ci ha visti recitare un altro ruolo. Ognuno ha tanti “io sociali” quanti sono i gruppi dipersone della cui opinione si preoccupa.

- Controllo gesti e parole involontari che possono compromettere la rappresentazione

Spesso per costruire la facciata serve la cooperazione di alcuni partecipanti alla situazione “equipe dirappresentazione” è qualsiasi complesso di individui che collaborano nell’inscenare una singola routine.E’ fondamentale che tutti i membri dell’equipe devono essere al corrente della propria posizione all’internodella rappresentazione, altrimenti si possono dire o fare cose incongruenti rischiando di rovinare la scena.

Sono quindi fondamentali:- segregazione del pubblico- mantenimento differenti routine davanti a spettatori diversi- separazione degli spettatori di una stessa routine – ruoli incongruenti.

L’attore mantiene sempre una distanza dal pubblico e il pubblico a sua volta contribuisce a manteneredelle distanze sociali: ciò preserva la sacralità dei ruoli nei rituali di interazione.Mentre Simmel riconosce una singolarità del soggetto, Goffmann non parla mai di un self primario, masempre e solo dei vari ruoli sociali che ciascuno assolve quasi non esistesse un self primario che invecec’è in Simmel.

Il tenersi a distanza del destinatario per rispettare la sua sfera personale implica dei rituali di deferenza

anche se non c’è un apparato normativo scritto, si sono venute creando delle prescrizioni.Il segreto è un elemento di deferenza: esistono segreti oscuri (non rivelabili), strategici (per evitare reazioniincontrollabili, rivelabili una volta compiuta l’azione), interni (creano complicità di gruppo).

I simboli di status, i ruoli assunti, le facciate permettono un determinato trattamento e contribuiscono acerare un’armatura simbolica che più sarà impenetrabile, più consentirà al cavaliere che la veste di definirele situazioni.Un’eventuale contraddizione tra apparenza e realtà pone l’attore in una condizione precaria, in cui puòsubire umiliazioni o perdita di reputazione; un attore può essere in grado di creare ogni tipo di falsaimpressione senza essere scoperto o senza porsi nella situazione di venir scoperto.In certe occasioni ci sono “équipes di rappresentazione” su cui si conta per una collaborazione sul pianodrammaturgico; tra i compagni di équipes c’è intimità senza calore ossia condivisione di segreti e

conoscenze reciproche che consentono il sostenersi a vicenda nelle situazioni, ma non necessariamentec’è affettività reciproca.In determinate situazioni ci sono personaggi che assumono dei ruoli incongruenti come coloro che fanno ildoppio gioco (es. spia, informatore ecc.). Altri tipi di ruoli sono quelli di “non persone” ossia coloro che sonoin una situazione ma è come se non ci fossero.In tutti questi ruoli centrali e non, l’attività principale richiesta ad ognuno è il controllo delle impressioni chesi danno agli altri; in tale attività svolge un compito fondamentale il tatto.Il “brick” è un incidente in cui uno dei presenti peggiora la situazione rivelando una incongruenza in cui èincorso un membro di un’altra équipe.

Quando tutti gli elementi della situazione sono coerenti con l’immagine, la faccia che ognuno vuole dare disé in quel momento, l’individuo è sereno.

C’è tutta una serie di norme che regolano ogni incontro che ha sempre una tenuta convenzionale.Agendo ciascuno per salvare la faccia, possono esserci dei “giochi di faccia” che servono a evitareincidenti che possono minare l’immagine. Quando questo succede, il 1° elemento è l’imbarazzo.Un individuo per mantenere la propria sacralità deve seguire una serie di regole che guidano l’azioneattraverso obblighi e aspettative. Ci sono regole formali e informali.La facciata ha delle parti tipiche: l’ambientazione (mobilio, fisico ecc. insomma tutti gli elementi di sfondo) egli elementi costitutivi (distintivi di carica, portamento, taglia, età, espressione del viso ecc.).Le attività cerimoniali consentono di gestire la facciata e sono: la deferenza e il contegno.

- deferenza: il modo in cui una persona si esprime conformemente alle regole, l’apparato simbolicoche mette in campo per celebrare e con fermare la sua relazione nei confronti dell’altro. Ladeferenza può essere simmetrica (quando l’interazione avviene tra soggetti sullo stesso piano) oasimmetrica (quando i soggetti coinvolti sono su piani diversi, per cui uno è in posizione didominanza)

- contegno: è l’elemento del contegno cerimoniale che l’individuo manifesta con il modo di muoversi,vestirsi, atteggiarsi.

I momenti in cui gli “io” si possono mostrare nella loro purezza sono i momenti di “socievolezza”, che è unascintilla di vita nella quale si lasciano fuori tutti gli elementi più personali.

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Mentre per Simmel c’è possibilità di incontro tra individui, per Goffman ciò non è possibile in quanto laspontaneità non è possibile mai ma indossiamo sempre maschere.Elias intravede qualcosa di simile alla “socievolezza” nell’uso dell’alcool che allenta il controllo richiesto dalvivere in società. Goffman non vede alcuna possibilità di porosità delle cornici, il frame di cui parla èsempre qualcosa di molto definito, non può cambiare semmai può essere trasformato ma sempremantiene la rigidità.

Goffman sottolinea la necessità di dividere sacro e profano.

In Simmel la parola “sacro” non compare mai, ma per lui sacro deriva da una combinazione tra l’animareligiosa e le condizioni storico-sociali in cui si manifesta.La religione nasce al passaggio della religiosità attraverso le vicende umane e storiche.Il sacro ha bisogno di essere protetto da proibizioni; dev’essere trattato sempre come trasmissibile per contatto in quanto i rapporti con esso devono obbligatoriamente essere espressi attraverso rituali diseparazione e demarcazione e da credenze nel pericolo di attraversare confini vietati.

Per quanto noi conosciamo il tu, non possiamo mai sapere quale sia fino in fondo il vissuto dell’altro, c’èsempre una trascendenza dell’altro operato dall’io. Si usano strumenti come l’astrazione e lageneralizzazione.Per Simmel, nell’interazione entra in gioco una duplice sfida per l’individuo:

- coordinare i diversi flussi di esperienza assegnati dagli stereotipi- essere sé al di là delle immagini che gli vengono addossate.

Per Goffman invece il 2° punto non vale in quanto l’individuo si impegna a mantenere le varie maschere.La società moderna venera il self individuale come il più importante oggetto sacro.Simmel ed Elias riconoscono la presenza di un self primario, Goffman no.Per Collins invece ci possono essere più self in forma di ruoli.Chi ha un handicap o una fedina penale sporca scopre quanto sia difficile che la gente lo tratti in mododiverso da quello previsto dal ruolo, tanto che finirà per identificarsi in quel ruolo.Succede anche nel caso di lavoratori che spesso si identificano nel ruolo da ridurre il retroscena; più alto èil ceto cui appartengono, minore è il retroscena.Diventa centrale la questione del controllo dell’accesso al retroscena ad es. marito e moglie litigano, arrivaun terzo estraneo e interrompono il litigio per non svelare i retroscena di coppia.

Goffman definisce l’ordine sociale con 2 prospettive:- tecnico sistemica: consente tecnicamente che l’interazione avvenga, tramite norme volte a

reprimere l’interruzione, i turni di parola ecc.

- rituale morale: connesso con la concezione sacralizzata dell’individuo; sono i gesti rituali quotidianiche vengono messi in gioco in ogni interazione: tatto, cortesia, deferenza ecc.

La questione dell’autocontrollo è centrale nella prospettiva di Elias in quanto sarebbe proprio l’autocontrollodelle pulsioni sul proprio comportamento a consentire l’ordine sociale.Se Goffman sottolinea la sacralità dell’io, Elias ne sottolinea la responsabilità a dominare la propriaaggressività; egli osserva come siano tensione e dinamicità continue a consentire i processi sociali.Emerge che i rituali mostrano rispetto per gli oggetti sacri ma anche rendono sacri gli oggetti stessi.Se il rituale non viene compiuto ripetutamente, la sacralità svanisce, si smorza.

Collins propone la “Interaction Ritual Theory” che è una teoria delle situazioni stesse, che mostra comeesse abbiano le loro proprie strutture locali e le proprie dinamiche.Riassumendo l’idea di Goffman:1. il rituale ha luogo in una condizione di compresenza situazionale2. la compresenza fisica viene convertita in situazione d’incontro diventando una interazione focalizzata3. c’è una pressione per sostenere la solidarietà sociale4. i rituali danno onore a ciò che socialmente ha valore (“oggetti sacri”).Quando le proprietà rituali vengono rotte, le persone presenti sentono un disagio morale oscillando tra miti,schemi, comici, mettere etichette di malattia mentale.Collins prende in considerazione 3 stadi:

1. gli ingredienti che fanno accadere il rituale riunione fisica del gruppo, in tale situazione si

condivide azione,emozione, awareness (risveglio della consapevolezza)2. processo con cui una condizione di effervescenza collettiva viene costruita energia emozionale,moralità.

3. risultato di un rituale se il modello dura, lo chiamiamo personalità, se lo disapproviamo tendiamoa chiamarlo dipendenza.

Il movimento di un individuo da una situazione a un’altra è detto IRC (Interaction Ritual Theory).

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L’energia in circolo sembra essere l’elemento connettivo nelle interazioni che però deve essere rigeneratae ciò accade nel momento presente attraversi la messa in relazione dei vari individui.----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

CAP. 1° - SPAZIO

I sociologi della Scuola di Chicago hanno studiato per primi i rapporti tra aspetti spaziali e struttura socialemettendo in evidenza come la competizione per lo spazio nelle città abbia portato alla creazione di areesegregate come i ghetti, specifici mondi sociali o regioni morali che uniscono persone con caratteristiche e

gusti simili, e aree naturali che verrebbero a crearsi spontaneamente come il quartiere Little Italy.Uno spazio non è solo un ambiente fisico ma è percepito e vissuto in modi diversi dai vari attori.I geografi hanno focalizzato l’attenzione su come i luoghi e gli spazi vengono incorporati attraversol’esperienza dei sensi, attraverso le emozioni, gli odori, i colori, i sapori.Ogni attore e gruppo sociale ha diverse mappe di significato, una sorta di cornici spaziali composte daelementi simbolici e materiali che ci permettono si usare lo spazio in un certo modo. Perciò i significatidifferenti che i diversi attori attribuiscono allo spazio fanno la differenza.Lynch ha coniato il termine di immaginabilità facendo riferimento alla capacità di un luogo di evocaresignificati sociali individuali, soggettivi.Ogni attore sociale individuale e collettivo ha degli specifici codici spaziali vale a dire delle modalità nonsolo di leggere e interpretare lo spazio ma di viverlo, comprenderlo, produrlo.Le interazioni sociali seguono regole spaziali e territoriali che presuppongono specifiche distanze tra idiversi attori coinvolti; tali regole sono diverse da cultura a cultura.Hall ha individuato 4 tipi di distanze che si differenziano per un grado decrescente di intimità:distanza intima, distanza personale, distanza sociale, distanza pubblica.Goffman parla invece di “territori del sé” cioè spazi e oggetti facenti parte di un contesto spaziale su cui isoggetti manifestano particolari diritti. Siamo in un’epoca dominata da una crescente compressione ostiramento dello spazio e del tempo cioè da relazioni sociali che si svincolano dai contesti locali.Alcuni autori hanno parlato di fine della geografia o di perdita del senso del luogo; parallelamente si assistea processi di territorializzazione che portano a enfatizzare il luogo come rifugio: luoghi come la casa, cioèluoghi identitari, relazionali, storici.Tra i fini dell’uso dello spazio, troviamo il bisogno di fissare materialmente un’identità.La geografa Massey ha criticato il concetto di luogo come rifugio sicuro, come ambito delimitato; i luoghi

infatti non hanno identità singole ma multiple, e poi per molte donne la casa non è luogo di riposo/rifugioma di lavoro (es. casalinghe), inoltre i rapporti familiari sono talvolta fonte di conflitto.Oggi è difficile definire lo spazio domestico sulla base di una distinzione rigida tra pubblico e privato.Se i luoghi sono pensati come mondi stabili e coerenti, essi sono certamente minacciati in un’epoca in cuiogni punto del globo sembra venire aperto a forze più vaste. Lo sforzo di far coincidere luogo e cultura sirivela essere un’illusione senza speranza.Oggi ciò che dà specificità ad un luogo è il modo in cui vi sono strutturati incontri e intrecci.Il mondo è costantemente territorializzato, de-territorializzato, ri-territorializzato, occorre perciò assumereuna prospettiva “glocale” che tenga conto delle connessioni transnazionali, delle capacità degli attori socialidi gestire più luoghi come un unico territorio dando vita a territori circolatori cioè relazioni che collegano piùterritori; occorre adottare una visione dell’habitat dell’uomo in termini di spostamento non meno che disoggiorno.

Proliferano gli spazi multietnici, territori nei quali si trovano a convivere immigrati e popolazione autoctona,in cui coabitano lingue, usi e costumi diversi e perciò si affiancano, intrecciano e a volte combattono modi

di vivere e rappresentare gli spazi di relazione estremamente diversi lotta per la geografia.Le relazioni sociali negli spazi multietnici sono caratterizzate da disattenzione civile, estraniazione tra idiversi gruppi. Gli individui che vivono in situazioni di forte concentrazione di popolazione, tendono adabituarsi, diventare meno ricettivi, mostrare indifferenza agli stimoli esterni. Questa compresenza diprossimità fisica e distanza sociale produce una miriade di interazioni.Gli spazi multietnici assomigliano a grandi teatri in cui si dividono degli spazio-tempi piuttosto che degli

spazi decoupage du temps. Ogni zona, rappresenta temporaneamente un mondo a sé stante consignificati propri e codici riservati.I migranti riutilizzano e attribuiscono nuovi significati ad ambiti e zone che spesso erano stati abbandonatio poco utilizzati; ciò è dovuto anche al fatto che lo straniero ha una visione della città spaziale e sincronica,mentre il nativo ha una visione più temporale e diacronica legata alla memoria.I migranti sono allo stesso tempo soggetti quotidianamente ad una pressione che li porta ad occultare allavista alcuni momenti collettivi; tale crescente visibilità sulla scena è spesso considerata o-scena in quantonon dovrebbe avvenire in uno spazio pubblico. I migranti appaiono fuor di luogo, e vengono confinati e

esclusi dalla città geografia del rifiuto.

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Col termine “using space” si intende quelle attività messe in atto dagli attori sociali per creare e sostenereun attaccamento significativo al luogo e per sfidare significati alternativi e stigmatizzanti.Attualmente cresce la proliferazione di non-luoghi: luoghi di transito (es. centri commerciali, aeroporti) incui si incrocia una moltitudine di attori sociali che non entra mai in relazione. Questi non luoghi danno vita aterritori sempre più virtuali dove ci si limita a guardare e essere guardati e dove le differenze diventano unaminaccia. L’enfasi ossessiva sulla sicurezza, la paura della città (polifobia) portano alla creazione di spazi“sterilizzati” cioè che rendono sterili le relazioni umane.

CAP. 2° - TEMPOEventi che richiedono la cooperazione di molte persone in un dato momento della vita collettiva hannoindotto le società passate a dotarsi di un preciso sistema di indicazione temporale.La 1° istituzione è il calendario, il cui potere simbolico è reso evidente dal fatto che riforme sostanziali delcalendario sono sempre state associate a grandi riforme sociali, politiche, culturali.Il calendario gregoriano (1582) convive con altri calendari: interculturali (es. ebraico) e intraculturali (es.scolastico).La 2° istituzione, l’orologio, è stato creato invece per sincronizzare interazioni che si sviluppano all’internodi unità temporali più piccole.La filosofia utilitaristica del tempo ha fatto in modo che ore, minuti, secondi diventino merci a tutti gli effetti.Il tempo è un costrutto sociale.Esiste un tempo policronico, che contempla l’esecuzione contemporanea di una serie di attività, senzal’urgenza di disporle in una sequenza lineare; e un tempo monocromico: controllabile e pianificabile, cheprevede un approccio orientato allo scopo: in ogni segmento temporale trova spazio un’unica attività.Esiste poi il tempo matematico, sociale, sacro, profano.La stessa quantità di tempo può avere qualità diverse.Durante alcuni periodi di tempo dobbiamo essere accessibili agli altri (tempo pubblico) mentre in altriperiodi possiamo essere legittimamente inaccessibili (tempo privato). L’ampiezza e porosità di tali confinitemporali possono aiutarci a capire la qualità della relazione che lega due o più individui.Nella quotidianità sperimentiamo modalità temporali fra loro diverse riconducibili alle metafore del ciclo,della freccia, del punto.Il ciclo riporta a galla speranze e successi del passato, ma anche delusioni e fallimenti.La freccia accompagna gli slanci verso le mete che ci appassionano

Il punto sparisce nell’istante in cui tentiamo di coglierlo.In realtà, c’è un segno che ci permette di integrare le 3 modalità: la spirale, che unisce cerchio e freccianella rotazione intorno a un punto.L’esperienza è l’insieme di ciò che viviamo ogni giorno e dei momenti che, a tratti, ci fanno domandare ilsenso di tutto questo; è l’idea di un movimento che ricorrentemente ci sottrae all’atteggiamento del sensocomune e ci mette a confronto con una domanda di senso individuale. L’esperienza si configura comefrutto di un processo di sedimentazione del vissuto soggettivo al quale l’individuo tenta di attribuire sensoex post.Il termine “quotidiano” designa il tempo della ripetizione, della noia e banalità. La vita quotidiana oltre cheessere tempo è anche un concetto, una prospettiva di ricerca che intende proiettare un fascio di luce sugliaspetti che altre teorie lasciano in ombra, portando a galla l’implicito ovvero l’intelaiatura che cristallizzandodà forma alla vita sociale.

Molti eventi, oltre a prevedere una struttura della successione piuttosto rigida, sono caratterizzati da duraterelativamente fisse e regolari (es. lezione dura 1 ora, concerto dura 2 ore ecc.).Numerose attività della nostra vita quotidiana si caratterizzano per una precisa collocazione temporale;buona parte delle nostre routine quotidiane è programmata in particolari momenti della giornata e dellasettimana ad es. raramente mangiamo quando abbiamo fame, ma all’ “ora di pranzo”.Collegata al concetto di tempo c’è la puntualità non solo come orario (arrivare puntuale a lavoro) ma anchecome età di entrare/uscire da diversi ambiti di vita e doveri (es. età della 1° vacanza da soli).Nel caso di attività ricorrenti, la standardizzazione della collocazione temporale comporta delle ritmicità,che normalmente diamo per scontate ma quando vengono a mancare ne risentiamo; in altre parole, lasensazione di normalità che caratterizza la nostra vita sociale poggia anche sulla fiducia che nutriamo neiconfronti della regolarità temporale, basti pensare all’effetto che suscitano in noi le anomalie temporali ades. una telefonata nel cuore della notte.Negli ultimi decenni la vita quotidiana delle società occidentali è stata interessata da un’accelerazione, laquale è la maggior artefice del fenomeno noto come compressione spazio-temporale.L’avvento dei moderni mezzi di comunicazione di massa dà vita alla simultaneità despazializzata.Esiste una distinzione tra società monocroniche (quella occidentale) e policroniche; oggi c’è una crescenteinsoddisfazione nei confronti di questa modalità di organizzazione temporale: sempre più individui si

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ribellano ad una concezione del tempo vissuta come ansiogena e spersonalizzante, tanto che stannoprendendo piede discipline orientali basate sulla meditazione e la calma come lo yoga.

CAP. 3° - POTERE

Possiamo distinguere tra concezione del potere:

- allargata: intende il potere come la capacità degli attori sociali di provocare effetti rilevanti a proprio

vantaggio sottolinea il potere di compiere qualcosa;

- ristretta: possibilità di far valere, entro una relazione sociale, la propria volontà sottolinea il poteresu qualcuno.

Una seconda distinzione è tra potere:

- potenziale: possibilità di trarre vantaggio dal fatto di occupare una posizione dominante all’interno diuna relazione sociale;

- attuale: riguarda l’effettivo esercizio di tale possibilità.Coloro che propendono per una concezione più circoscritta del potere ritengono che il termine vada riferitosolo a comportamenti che siano: effettivi, visibili, osservabili; intenzionali; attivi.Spesso le posizioni dominanti si mantengono non solo imponendo la propria volontà nelle proceduredecisionali, ma prima ancora impedendo che determinate questioni vengano prese in considerazione,escludendole cioè dall’agenda politica.Le forme di potere consistono in comportamenti attivati intenzionalmente.

Nel rapporto tra potere e responsabilità, in genere consideriamo le conseguenze non intenzionali dei nostricomportamenti come qualcosa che è al di fuori del nostro potere, tuttavia anche stabilire fino a che puntopossiamo considerarci responsabili delle conseguenze non intenzionali delle nostre azioni diventa difficile earbitrario. In politica, talvolta riteniamo responsabili i detentori del potere per le conseguenze non volutedalle politiche da loro adottate.La concezione ristretta del potere si concentra sull’azione intenzionale, ritenendo che si possa parlare dipotere solo quando un soggetto individuale o collettivo agisce nei confronti di un altro per condizionarne ilcomportamento a proprio vantaggio.La concezione ristretta ritiene che il potere si manifesti attraverso comportamenti osservabili, intenzionali,attivi; la concezione più ampia ritiene che il potere possa essere esercitato anche tramite comportamentinon visibili in modo talvolta non intenzionale e senza bisogno di agire direttamente.Le 2 concezioni si differenziano nel trattare le forme del potere ossia i meccanismi entro i quali si realizza.

Secondo la prospettiva più ampia, le forme possibili sono 5:- forza: non consente di muovere gli altri ad agire secondo la nostra volontà, ma permette di impedire

di agire in maniera contraria ad essa. Assai più efficace è la minaccia dell’uso della forza, che peròrientra nella coercizione;

- coercizione: capacità di far sì che gli altri si conformino alla nostra volontà tramite la minaccia disanzioni negative; chi vi è sottoposto sceglierà in maniera diversa da come avrebbe fatto ma opteràper il male minore in base a un calcolo costi-benefici;

- autorità: il sottoposto si conforma ad un comando a prescindere da ciò che desidererebbe agendocome se il contenuto del comando corrispondesse alla propria volontà, perché chi accetta l’autoritàsospende l’uso della ragione rispetto al comando; è possibile solo se il sottoposto consideralegittima tale autorità. Esistono 3 principi di legittimità:

- potere carismatico: chi comanda è ubbidito in quanto portatore di qualità eccezionali che loportano al di sopra dei normali esseri umani;- potere tradizionale: gli ordini derivano la loro legittimità dal passato, dal fatto che “è statosempre così”- potere legale-razionale: la legittimità dei comandi non dipende dalla persona che li emana madalla correttezza formale delle procedure legali/burocratiche con cui il potere è esercitato;

- manipolazione: consiste nell’ottenere la conformità degli altri alla nostra volontà attraverso l’usostrategico di un’abilità o arte; il sottoposto è indotto a fare apparentemente di sua volontà quello cheil manipolatore avrebbe voluto; ciò che distingue la manipolazione dalle altre forme è il suo rapportocon l’esercizio della razionalità, in quanto cerca di imporre una visione della realtà anche al di làdelle spiegazioni razionali. Si può dire che il manipolatore cerca di alterare la capacità di giudiziorazionale dell’interlocutore omettendo certe informazioni, stimolandone altre ecc.

- persuasione razionale: più è grande il divario di conoscenze e informazioni relative all’argomento inquestione, più il condizionamento del soggetto ignorante sarà facile. Spesso ci lasciamo influenzaredal “parere dell’esperto” cioè dalla reputazione di chi sta parlando e l’istituzione di ciò cherappresenta, anche tramite l’uso di parole tecniche che danno un alone di sapienza.

La prospettiva ristretta non fa rientrare la persuasione razionale e vede in modo diverso la manipolazione.

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Tranne nel caso di violenza fisica, esiste sempre un margine di libertà in colui che è soggetto al potere, nelsenso che egli può rifiutarsi (pagando ovviamente un prezzo) di adeguare il proprio comportamento allavolontà di colui che intende esercitare il potere.Mostrando deferenza nei confronti del superiore, le persone confermano la legittimità dei rapporti di sovra-ordinazione e subordinazione, ribadendo la propria adesione a un ordine che struttura l’organizzazione.Il potere risiede nel margine di libertà di cui dispone ognuno dei partner impegnati in un rapporto di poterecioè nella possibilità di rifiutare ciò che l’altro chiede.Esistono zone organizzative d’incertezza su cui gli individui o i gruppi cercheranno naturalmente di

esercitare un controllo per utilizzarle nel perseguimento delle proprie strategie, e intorno alle quali sicreeranno rapporti di potere; tali zone possono riguardare ad es. il possesso di determinate competenze.Una concezione più flessibile del potere ci permette di leggere le dinamiche di potere non solo in sensounidirezionale e puntuale ma anche di collocarle all’interno dello specifico contesto relazionale o interattivo.La processualità implica che anche le relazioni di tipo simmetrico non rimangano immutabilmente tali mapossano evolvere.Nelle relazioni asimmetriche il potere viene esercitato anche in maniera non intenzionale, semplicementein virtù della disparità di posizioni insita nella relazione.

CAP. 4° - DEVIANZA

La letteratura di impostazione funzionalista definisce la devianza come stile di vita disdicevole daprevenire, controllare, trattare.Nella devianza rientrano una serie di comportamenti eterogenei fra loro, di cui farebbero parte sia leviolazioni della legge che modelli culturali che discostano da quelli dominanti.La differenza tra devianza e crimine è che la 1° viene intesa in termini micro-relativistici e varia da ungruppo all’altro all’interno della stessa società; la 2° varia solo da una società o nazione all’altra, èconsiderato in termini macro-relativistici: certi atti sono considerati crimini in alcune società e non in altre.La devianza viene definita secondo 2 grandi categorie interpretative:

- la 1° considera in relazione alla deviazione dalla norma che prevale in una data società;- la 2° pone l’accento sulle reazioni negative ad un atto, una credenza, o una caratteristica fisica del

soggetto.La deviazione della norma, se scoperta, ha come conseguenza la punizione, lo scherno, lastigmatizzazione di colui che devia.

I diversi approcci teorici confluiscono in 2 orientamenti:- funzionalista: centrato sul consenso intorno ai valori- conflittualista: interessato ai meccanismi della dinamica sociale.

Il metodo naturalistico può essere definito descrittivo e partecipativo: i fenomeni vengono osservati dal didentro con un’attenzione al livello micro delle interazioni sociali.La regola è sempre il risultato di un accordo tra le parti raggiunto attraverso una contrattazione; in questosenso la devianza non è altro che una tipificazione, un modo di leggere la realtà.Regola della convenzionalità: prevede la possibilità che vi siano delle alternative all’atto deviante, e che ilsoggetto le conosca (regola della teoreticità).People-processing sono i processi in cui i soggetti sono sottoposti ai giudizi altrui.Le devianza comprende non solo chi infrange le regole ma anche chi è portatore di comportamenti e

caratteristiche in cui la regola non è chiara o categorie sociali svalutate (come i vecchi) casi “di

stigmatizzazione” o di “identità negata”.Il funzionalismo spiega la devianza in termini di violazione di leggi, distinguendo tra chi le rispetta e chi no;l’interazionismo sposta l’attenzione dalle cause della devianza ai processi attraverso cui alcuni vengonodefiniti devianti.Una 3° teoria (costruttivista) è attenta invece alla costruzione condivisa di significati, ai processi sociali chedanno forma alla devianza, alla loro cultura ecc.La devianza risulta implicita in ogni interazione sociale nel senso che viene costituita dalla particolarereazione di osservatori (audience) reali o potenziali, i quali arrivano a considerare riprovevole quello che lepersone fanno o dicono, spesso partendo da inferenze sul loro operato. L’interesse è centrato su:

- perché e come vengono costruite le regole- come gli individui interpretano le regole e quindi agiscono nel modo che gli altri trovano deviante- in che modo il comportamento deviante rappresenta l’identità dell’attore- come li individui rifiutano oppure accettano l’etichetta di deviante attribuita loro da altri- in che modo gli attori fanno proprie le etichette attribuite loro.

In una società che dà molto peso al successo personale, la situazione considerata normale è assumere ivalori dominanti del successo come mezzi socialmente accettabili (conformità). Al contrario, ci sono coloro

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che per raggiungerlo usano mezzi illeciti (innovazione); altri si ritirano (rinuncia); altri sostituiscono le metee i mezzi istituzionalizzati dominanti (ribellione).

Cohen sviluppa il concetto di “subcultura deviante” ragazzi maschi di ceto popolare sviluppano reazioniostili ai valori degli strati alti da cui si sentono esclusi costruendo nuovi criteri e capovolgendo le normedella cultura circostante; non sono tanto le motivazioni razionali a spingere i ragazzi della banda a farereati, quanto la necessità di creare nuove forme di cultura per soddisfare obiettivi edonistici immediati (es.rubare per il gusto di farlo e non per bisogno, porta a vanto e soddisfazione).La teoria delle opportunità differenziali spiega le varie reazioni alle tensioni e le caratteristiche dei contesti

in cui vengono maturate distinguendo tra subculture criminali (in cui le bande agiscono sotto supervisionedi organizzazioni criminali), subculture conflittuali (azioni distruttive imprevedibili ai danni di chiunque,anche di criminali) e subculture astensioniste (es. tossicodipendenti considerati doppiamente falliti).L’azione deviante viene fatta di fronte ad altri, c’è bisogno di un pubblico per costruirsi la reputazione.La teoria dell’organizzazione sociale differenziale di Sutherland (esponente della Scuola di Chicago), dettaanche dell’associazione differenziale, teorizza che:

- il comportamento criminale è appreso- l’apprendimento avviene nel corso dell’interazione attraverso la comunicazione con altri- è all’interno dei gruppi (tra persone molto legate tra loro) che si verifica l’apprendimento- l’apprendimento include sia un aspetto tecnico di trasmissione di abilità specifiche che uno inerente

la sfera delle motivazioni, pulsioni, razionalizzazioni

- quando vi è un eccesso di violazione di legge, la persona diventa delinquente- le associazioni differenziali sono diverse per priorità, intensità, frequenza, durata

- il processo di apprendimento del comportamento criminale è simile agli altri processi diapprendimento

- il comportamento criminale non è spiegato da valori e bisogni, pur esprimendoli.Le forme di comportamento deviante di per sé non differenziano i devianti dai non devianti, sono le reazionidei membri della società convenzionali che identificano e interpretano il comportamento come deviante.Lemert definisce:

- devianza primaria: quella riferita alla violazione delle norme causata da un certo numero di fattori eche si presenta in modo transitorio; non intacca la struttura psichica dell’individuo né l’assolvimentodei normali ruoli sociali

- devianza secondaria: risposta alle condizioni causate dalla reazione sociale alla devianza primaria.

Si può distinguere anche tra:- devianza societaria: si riferisce alle norme della società più allargata- devianza situazionale: da porre in relazione alla violazione della norma all’interno di un particolare

contesto.La devianza può avvenire:

- per affinità con le circostante in cui il soggetto è immerso

- per affiliazione: il soggetto è convertito ad una condotta nuova per lui ma consolidata per altri conversione mediata da una riconsiderazione di sé e delle proprie affinità.

- Significazione: la messa al bando dei trasgressori radicalizza la disaffiliazione e contribuisce al

processo del divenire deviante il soggetto si confronta con le etichette, gli stigma e il bando ecostruisce attivamente le proprie azioni.

La famiglia è il sistema all’interno del quale la devianza di uno o più dei suoi componenti può rappresentareun sintomo della disfunzione del sistema stesso.Il comportamento deviante diventa strumento comunicativo per esternare disagi.

CAP. 5° - CULTURA, INTER-CULTURA

“Straniero” è un’etichetta coniata dall’occidente per nominare l’altro, il diverso. Lo straniero può essere:- un Noi in negativo (logica dell’inversione: lo straniero è e fa il contrario di noi)- un Noi menomato (logica della mancanza: rispetto a noi lo straniero è inferiore)- un Noi intemperante (logica dell’eccesso: lo straniero ha usi e costumi bizzarri, talvolta incivili)- un Noi contaminato da elementi animali (logica della combinazione o dell’alterazione: lo straniero

viene disumanizzato).Lo straniero cammina al confine tra abitudini e tradizioni del contesto d’origine e del nuovo (stato, ufficio).

Nel linguaggio di oggi, straniero è sinonimo di immigrato, ma si può esserlo anche in patria shock nelpassaggio da un mondo all’altro.La comunicazione interculturale è un’alternativa al conflitto o alla chiusura entro i confini del Noi.Il processo di democratizzazione del concetto di cultura si ha a fine 800 quando la cultura non viene più

considerata elitaria ma di tutti e non comprende solo l’erudizione ma anche graffiti, archi e frecce concetto OLISTICO della cultura cioè la cultura comprende qualsiasi conoscenza acquisita dall’uomo.

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Il merito di aver aperto le porte allo studio della cultura popolare spetta ai Cultural Studies inglesi, chehanno come obiettivo cogliere la stretta relazione che la cultura intrattiene con la politica, l’economia ecc.insomma col potere e tentare di spezzarla mettendo la teoria al servizio della pratica.La cultura non è riducibile a un insieme di simboli e valori (astratta) ma comprende anche oggetti e prodottidella società (materiale).I fermenti degli anni 60 mirano al riconoscimento delle minoranze culturali e dei loro diritti mettono in crisil’idea dell’assimilazione delle differenze; all’idea che le differenze vengano annullate nel crogiolo della vitamoderna (meltin pot) si preferisce un progetto di convivenza tra differenze (salad bowl o glorious mosaic)

la differenza assume accezione positiva.Questi modi di vedere però intendono le culture come qualcosa di fisso, immobile e non mutevole; dietro lebuone intenzioni dei fautori del glorious mosaic in realtà si cela il bisogno di ordine e purezza cioè letessere del mosaico hanno diritto a un posto purchè non scompiglino l’ordine complessivo.Fino al 700 gli individui hanno goduto di un riconoscimento generale derivato dall’appartenenza sociale, ele occasioni di mobilità erano praticamente nulle; oggi il riconoscimento è concepito come una risorsa chegli attori individuali e collettivi devono guadagnarsi attraverso il dialogo e la negoziazione.Passare da una visione multiculturale a una policulturale implica la capacità di cogliere la differenza nelsuo divenire quotidiano; lo straniero cessa di essere un’entità astratta e la sua “stranezza” emerge noncome dato di fatto ma come prodotto relazionale.Esistono modi per superare lo choc culturale innescato dall’incontro con lo straniero senza cadere

nell’esclusione? Sì, diventando esploratori di mondi possibili cioè imparando a osservare infiniti pluriversicon occhi nuovi evitando di lasciarci catturare da un mondo considerato come l’unico possibile.Rimanendo in costante contatto con noi stessi e con le nostre emozioni, potremo sorridere della nostraprecedente rigidità e del fatto di esserci lasciati catturare da un mondo ritenuto come l’unico possibile.Senza comprensione non c’è spazio per il dialogo interculturale.Avvicinarsi all’altro vuol dire fare un difficile esercizio di approssimazione che si realizza nel delicatoequilibrio tra coinvolgimento e distacco. Solo accogliendo il mistero che l’altro rappresenta per noi, potremotrasformare l’approssimazione in dialogo e forse in convivenza.

CAP. 6° - IL CORPO

Il corpo è un simbolo suscettibile di caricarsi di qualsiasi contenuto. Il corpo è continuamente condizionatoda forme di razionalità, nella repressione degli istinti e dei bisogni.

Può accadere che il corpo sia considerato più come oggetto che come soggetto; questo per la ricercacontinua di un corpo bello ed efficiente, da ciò la cura esasperata del corpo quotidianamente.Il flusso continuo di messaggi che riguardano salute e benessere ci allarga l’incertezza sul nostro corpo,allora il ricorso a farmaci diventa un modo per rassicurarci. La scienza assume così il ruolo salvifico cheaveva la Chiesa.La società ci rende meno abili ad adoperare i sensi per effetto degli standard che la società esige; il corpoviene quindi denaturalizzato. Il corpo risente del peso dei fattori economici imperanti nella società.Il corpo è necessario per la definizione del ruolo stesso es. la ballerina, la prostituta ecc.La violenza era accettata nel Medioevo come sfogo di bisogni fisici; quando l’aristocrazia si trasferisce acorte, le dinamiche di incontro corporeo mutano, a d es. i cavalieri non hanno più spazio per l’espressionelibera di modi e rudi che affermano la loro forza pertanto è necessario addomesticare i corpi e tenere abada gli impulsi fisici. Nel Rinascimento compaiono i primi segni di imbarazzo per la nudità, nascono una

serie di attrezzature igieniche per eliminare i contatti separazione immagine dell’animale da quelladell’uomo sociale.Il corpo diventa sede primaria della simbologia sociale e il materiale che esso produce costituisce unsuperamento di confine che dev’essere gestito.I 5 sensi sono elementi determinanti per la percezione del mondo e l’acquisizione di senso di quel cheaccade tra gli esseri umani.Talvolta capita che gli umani si evitino, dando l’impressione di una forma di razzismo; in realtà questoavviene per via degli odori derivanti da diverse abitudini igieniche e alimentari.Il colore della pelle può determinare la forma dell’interazione a seconda del frame culturale ossia delcontesto in cui ci si trova.Il corpo umano che si muove nello spazio avvia un processo rituale, c’è un eccitamento più o meno intensoquando 2 corpi sono vicini : il sistema nervoso li allerta alla presenza altrui perché potrebbe esserci unaminaccia. E’ possibile dar vita a un rituale senza la presenza fisica? Secondo Collins non è possibile; ades. una squadra di calcio che vince: i giocatori si abbracciano e anche i tifosi; è proprio questa esperienzache porta la gente ad assistere di persona alle partite e non a guardarle solo in tv. Quando invece un tifosonon riesce ad assistere di persona al match, lo guarderà in tv ma assieme ad amici, mai solo, per 

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riprodurre l’effetto dell’energia emozionale prodotta dalla folla. La presenza del corpo fa entrare in ritmicondivisi e nessun mezzo di comunicazione può sostituirla.Nella sfera pubblica non si può essere solo presenti col corpo, infatti esso non viene preso inconsiderazione come partecipante comunicativo ma è ritenuto un oggetto da controllare qualora privo diparola. Per secoli è stata mantenuta la concezione del corpo come slegato dalla mente, accessorio omezzo di questa.Il corpo partecipa in maniera dialettica alla lettura delle dinamiche sociali. Non è qualcosa da arginare,reprimere, domare come espresso da sociologi di epoche passate, ma è piuttosto un elemento del sistema

mondo in cui hanno luogo le relazioni e interazioni.In altre culture, il corpo è integralmente connesso con l’azione sociale; alcune prospettive occidentaliinvece vedono il corpo nelle dinamiche sociali come elemento da controllare che la società ha fatto inmodo di disciplinare attraverso i processi di razionalizzazione e civilizzazione. La cultura va quindi adeterminare leggi per la gestione del corpo, ponendone limiti d’uso, fino a manipolarlo per scopi chetrascendono l’individuo, gli istinti e i bisogni naturali. Il controllo del corpo in questo senso è visto comeelemento essenziale per l’esistenza stessa della socialità.Il corpo quindi può essere visto non solo come una cosa da gestire e controllare ma come qualcosa chepartecipa attivamente e in modo profondo al senso dell’essere e dell’interagire.

CAP. 7° - DIFFERENZE E DISUGUAGLIANZE

Il passaggio dalla società tradizionale a quella moderna è caratterizzato dal processo di differenziazione;nella nuova realtà si ha un’organizzazione delle attività umane in cui ogni individuo e gruppo si trova a

svolgere nel contesto sociale funzioni specializzate e diverse dagli altri differenze anche tra singoliindividui modificando le forme di solidarietà reciproca. La differenziazione è generata quindi da unatendenza alla separazione dell’attività umana in funzioni specializzate svolte da specifiche istituzioni oindividui e organizzate a livello sociale. Si realizza nelle relazioni un processo di identificazione chepermette di riconoscersi nelle forme sociali esistenti.L’interazione con l’Altro si può interpretare come il terreno d’incontro delle similitudini che ci rendono

omogenei e affini e delle differenze che ci rendono unici e originali pone una questione di identità.Nell’incontro il riconoscimento può assumere diverse forme:

- riconoscimento negativo: disprezziamo o deridiamo l’altro; si sviluppano forme di umiliazione (chepossono provocare bassa autostima nell’altro e comportamenti autodistruttivi) oppure indifferenza

(negazione dell’esistenza dell’altro; l’altro cercherà di farsi notare anche con forme distruttive);- riconoscimento positivo: mostriamo stima o approvazione per l’altro; genera nell’altro fiducia in sé

stesso. E’ positivo anche il riconoscimento giuridico attraverso l’affermazione di uguali diritti edoveri che può divenire fonte di autostima. Possiamo realizzare almeno 2 tipi di riconoscimentopositivo: incondizionato (pieno rispetto e accettazione dell’altro senza condizioni) o condizionato(subordinato ad alcune condizioni).

Nell’interazione, la differenza intreccia soggettività e significati in cui le differenze sono riconosciute comecollettivamente rilevanti a seconda della posizione occupata nel campo delle relazioni sociali.La differenza diventa disuguaglianza quando le è associato un giudizio cioè una valutazione in termini dimeglio/peggio, giusto/sbagliato ecc. secondo una scala gerarchica prodotta da processi di distribuzionediseguali di risorse materiali, simboliche, relazionali.Alcuni dei processi attraverso cui le differenze generano disuguaglianze sono:

- inclusione/esclusione da un gruppo sulla base di una o più caratteristiche specifiche; è quello che sidefinisce insider/outsider. Il gruppo è fondato su affiliazioni in base a simboli di appartenenza (modidi vestire, di parlare ecc.); il filo che lega gli appartenenti è l’aver sperimentato alcune condizioni divita. Si attuano così dei processi di chiusura attraverso i quali i confini del gruppo vengonopreservati dall’Altro. La dottrina dell’insider si fonda sulla centralità dell’empatia necessaria per lalegittimità della comprensione reciproca. L’exotopia delinea una situazione in cui nell’incontrodialogico fra 2 culture esse non si fondono e non si confondono e ognuna conserva la propria unitàma entrambe si arricchiscono reciprocamente. Si fonda sulla possibilità di chiedere all’altro diraccontare come costruisce il senso della sua esperienza, di chiedere e ascoltare, in quell’aiutarti avedere sta la possibilità dell’apertura alla comprensione reciproca. L’exotipia si colloca come 3° viatra lo xenocentrismo (mette al centro esclusivamente l’Altro) e l’etnocentrismo (mette al centro

esclusivamente il proprio punto di vista e la propria cultura).- Distinzione: gli individui usano etichette per indicare l’Altro, come la nazionalità, la religione ecc.E’ l’”habitus” l’anello di congiunzione tra l’individuo e il collettivo, che permette di comprendere icriteri di organizzazione sociale delle logiche d’azione degli agenti e consente di capire in che modol’essere umano diventa essere sociale; l’habitus si riferisce all’uso delle regole che prescrivono imodi delle pratiche sociali all’interno di un gruppo sociale particolare; l’habitus è il prodotto di

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condizionamenti caratterizzanti l’esistenza di gruppi particolari di soggetti: è in sintesi una griglia dilettura con la quale percepiamo e giudichiamo la realtà e produciamo le nostre pratiche, l’abbiamointeriorizzata nei nostri modi di fare.

L’uniformità nella sensibilità viene ottenuta attraverso un sempre più elevato grado di autocontrollo eautorepressione del corpo; i tabù che regolano un codice morale sempre più severo, il sistema delle buonemaniere, sono i modi attraverso cui si forma quella sensibilità estrema per qualunque cosa possadanneggiare il proprio livello di vita, che la gente sviluppa quando vive in un ordine sociale mobile percorsoda continue ansie di status ossia per il timore di perder i propri privilegi e il proprio potere che

rappresentano il compenso per la frustrazione, le inibizioni, la perdita di spontaneità sopportata nelraggiungere l’uniformità dei modi di vivere. Per questo l’infrangere tabù suscita rabbia, ostilità, disgusto.In quanto membri di un gruppo siamo stati allevati nella convinzione che tutti debbano comportarsi comenoi, mentre non siamo stati preparati a affrontare i problemi che insorgono quando dei nuovi arrivati che sicomportano in modo diverso si trovano a contatto coi vecchi. La soglia della tolleranza per le forme dicomportamento e per le convinzioni diverse dalle proprie, quando si tratta di vivere a stretto contatto, èancora eccessivamente bassa e talvolta genera conflitti interpersonali che possono divenire sociali.La differenza dell’altro può portare a forme di riconoscimento negativo con umiliazione e discredito, comelo stigma che può consistere in segni fisici, aspetti criticabili del carattere, come pure dell’appartenenza aun gruppo sociale quale razza, nazione, religione che caratterizzano l’insolito e deplorevole dellacondizione di chi li ha. Il termine stigma si riferisce quindi a un attributo profondamente dispregiativo.Uno stigma è una diversità non desiderata per le conseguenze che produce nel corso dell’interazione frasoggetti; si focalizza l’attenzione di coloro che conoscono l’individuo che ha la caratteristica stigmatizzataalienandoli da lui, spezzando il carattere positivo che gli altri suoi attributi potevano avere.Nelle conversazioni si usano spesso termini come zoppo, bastardo in un significato che poco o nienteriguarda la condizione originaria ma piuttosto serve ad esigenze di discredito, condanna o umiliazione deisoggetti cui è indirizzato l’appellativo.Chi è oggetto di stigma spesso ha interiorizzato le stesse credenze che conformano il contesto sociale esentimenti quali la vergogna o l’imbarazzo vengono generati dalla percezione che un suo attributo èconsiderato come infamante, e può dare luogo a autoesclusione o autonegazione dell’interazione;cercherà di far emergere i limiti delle persone “normali” o cercando vantaggi secondari dal suo stigma.Altre volte è la dinamica inversa a generare discriminazioni sul piano della distribuzione di risorse ossial’assegnazione di vantaggi cumulativi che favoriscono alcuni a discapito di altri (effetto San Matteo: “a chi

ha sarà dato, a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”).Il concetto di “téchne” rappresenta un momento antitecnico dell’espressione di un soggetto caratterizzatoda aspetti sorprendenti: ritualismo, rifiuto di destinatari e controparti, mancanza di senso della misura,resistenze a svolgere una funzione sociale, coazione a ripetere, irrazionalità.Le téchnai originarie sono capacità caratterizzanti i soggetti in modi non coincidenti con nessuna categoriadefinita socialmente dall’esterno e non sono il prodotto di apparati sociali come l’istruzione o la formazione.Rappresentano quindi, modi di essere soggettivi perlopiù non addomesticabili dal contesto collettivo,difficilmente integrabili nella razionalità societaria. Per questo sono viste con ostilità e diffidenza.Le téchnai sono caratterizzazioni che si manifestano improvvise, inspiegabili, perfette senza un apparato dieducazione, produzione, socializzazione (es. un adolescente pronto a seguire la sua passione in modoirrazionale, sacrificando altri ambiti di vita). I portatori di téchnai possono apparire come una minaccia inquanto antagonisti di una società che tenta di stabilire le categorie. Si delinea un antagonismo tra il singolo

portatore di téchne ed il collettivo.I technitai sono soggetti caratterizzati da una specificità che implica processi, al contempo, corporei,emotivi, mentali, biologici: a tutti i livelli dell’esperienza personale.Il timore per il contatto con l’ignoto può trovare nella volontà di controllo e dominio dell’altro una rispostaimmediata e rassicurante: ciò può avvenire attraverso forme di egocentrismo o attraverso l’abbandono

della propria posizione per stare solo sull’Altro, dando vita a un’empatia praticare l’exotopia, non negarele manifestazioni di uno dei 2 interagenti ma dare spazio a entrambi.Bisogna smettere di considerare la propria posizione come assoluta e privilegiata rispetto ad altre:l’incontro con l’altro è la possibilità di scoprire che il senso non ci appartiene e ci è dato nell’incontro, ma ènello stesso tempo che solo noi possiamo produrlo.

CAP. 8° - GENERE

Il processo di determinazione delle forme inizia prima della nascita ed è messo in atto nelle relazioni che locircondano. In base agli elementi biologici (cromosoma X o Y, organo genitale) veniamo ascritti entrocategorie sessuali distinte: maschile e femminile. In base al genere ci vengono attribuite caratteristicherelative a elementi culturali, aspetti emotivi ecc.

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Per genere si intende l’insieme delle differenze di ordine simbolico, culturale, sociale con cui vengonoidentificate donne e uomini e con cui vengono attribuite caratteristiche sulla base delle quali si formanoaspettative sociali distinte a seconda del sesso del soggetto.Nelle relazioni di genere esiste la possibilità che le donne, nel corso dell’interazione, vengano trasformatein oggetto di valutazione.In base agli stereotipi di genere, le donne appaiono come l’alterità radicale, l’opposto, e sono collocatenella categoria degli incomprensibili e imprevedibili: si tratta della difficoltà dell’incontro con l’altro cui nonsiamo preparati. La segregazione occupazionale di genere è la differente concentrazione di uomini e

donne in lavori diversi. Si dà per scontato che le donne siano simili e si capiscano tra loro e che essesiano radicalmente diverse dagli uomini, coi quali la comprensione è irta di ostacoli e viceversa.L’immagine di donne dirigenti è ostacolata dalla presunzione che le donne, in quanto mogli e madri, siano

meno dedite al lavoro rispetto agli uomini discriminazione che finisce con la segregazione verticaleossia il risultato che le donne si trovano schiacciate in posizioni gerarchiche inferiori.La costruzione dell’inaffidabilità delle donne sul lavoro si fonda su 2 convinzioni:

- l’idea che lavoro e famiglia siano 2 modi separati e opposti- ideale che alla donna spetti prima il dominio sul focolare domestico e all’uomo quello sul lavoro.

Questa organizzazione si fonda sulla rappresentazione di 2 sfere distinte: privato e pubblico; taledistinzione è servita a legittimare pubblicamente scelte e decisioni discriminanti.Nel lavoro le dimensioni emotive e affettive sono coinvolte più di quanto non venga dichiarato: le scelte

fatte hanno a che fare con il bisogno di essere riconosciuti.Le due sfere sono così separate: privato-affettivo-donne; pubblico-strumentale-uomo tale separatezzaporta a considerare naturalmente come competenza esclusivamente femminile la responsabilità di curaverso la famiglia, anche quando le donne hanno un lavoro (“doppia presenza” delle donne o “2° turno”).Le donne hanno il problema della conciliazione di lavoro e cura della famiglia.Le donne hanno spazi aperti nel mondo del lavoro, nell’ambito delle competenze relazionali e della cura.

Le segretarie di dirigenti sono sempre donne assumono funzione di status symbol per i loro capi:l’aspetto fisico diventa fattore determinante.Le donne vengono privilegiate quando serve precisione, cortesia, pazienza, senso di responsabilità.Uomini e donne vengono destinati a diverse categorie d’impiego, legittimando le scelte attraversorappresentazioni di genere; la segregazione orizzontale prende forma nell’interazione tra soggetti.La divisione del lavoro è conseguenza degli stereotipi che costringono uomini e donne a costruire le loro

relazioni non a partire da ciò che sentono, desiderano, sanno fare ma dall’utilizzo strumentale dellecaratteristiche che vengono loro attribuite in base all’appartenenza di genere.La rappresentazione delle 2 sfere è entrata in crisi con lo sviluppo della struttura economica, con unacrescita del terziario e con l’aumento di posizioni professionali qualificate in relazione ai nuovi lavori.Le donne sanno manifestare i propri sentimenti per ottenere ciò che vogliono: es. la segretaria che chiedeal capo un aumento e si mette a piangere, ha più probabilità di ottenerlo perché il capo non sopporta divederla piangere.Talvolta capita che un individuo sia alle prese con processi di identificazione differenti e in partecontradditori: da un lato il sentire, il desiderio; dall’altro il genere cui si deve appartenere in base ai trattisessuali del corpo. Soggetti che sentono di appartenere al genere diverso dai propri tratti sessuali sonospesso considerati devianti in quanto ci fanno pensare a un terzo sesso ovvero a possibilità flessibili.La dualità rigida è entrata in parte in crisi col 3° femminismo, dagli anni 80 ad ora.

Freud concentra la propria attenzione sulla fase edipica: da un lato la paura della castrazione del bambinoda parte del papà che lo vuole disciplinato e autonomo, dall’altro l’invidia delle femminucce per il pene delpadre che gli conferisce autorità e potere all’interno della famiglia.Alcune femministe tra cui la Chodorow fissano l’attenzione sull’attaccamento emotivo alla madre sviluppato

da entrambi (maschietti e femminucce) nelle prime fasi della crescita costituirebbe l’aspetto centraledello sviluppo dell’identità di genere: le femmine rimangono più legate alla madre anche per la somiglianzafisica, i maschi invece sono spronati a non essere “cocchi di mamma” ma a guardare al modello paterno.A fine anni 60, si afferma la lotta per la liberazione sessuale ossia il tentativo di mettere in discussione imodelli tradizionali che regolano la vita dei soggetti. Viene smantellata l’idea della doppia morale chevoleva gli uomini in preda a istinti sessuali incontrollabili e le donne prive di pulsioni sessuali: si affermal’idea che anche le donne provino piacere sessuale.

Travestitismo e scambio dei ruoli sessuali rendono i sistemi di classificazione sessuali meno dicotomici erigidi Queer theory (queer = devianti e trasgressivi).Le immagini rigide della dicotomia bloccano l’incontro come luogo di espressione e lo sviluppo del propriosentire. Siamo stati formati nell’idea di sceglierci tra simili ossia trovare conforto nell’omogeneità, piuttostoche sviluppare il piacere allo scambio a partire dalle differenze.

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Focault racconta la storia di Herculine, ermafrodita che non trova posto legittimo nella società dicotomica esi suicida.Si apre la possibilità di una nuova visione: non più l’alternativa escludente “o…o…” e la negazione “né…né…” ma “e…e…” e “sia…sia…”.

CAP. 9° - PRATICHE LAVORATIVE, PRATICHE ORGANIZZATIVE.

I nuovi contratti di lavoro a scadenza hanno causato il venir meno della continuità tra compresenza e

dialogo nell’ambiente di lavoro risultato: in uno stesso ambiente di lavoro si incontrano lavoratori e

macchine che per quanto perfetti ed efficienti, non si conoscono tra loro.Le dimensioni dell’azienda influiscono sui processi lavorativi: negli stabilimenti medio-grandil’organizzazione è più strutturata, in quelli piccoli viene lasciata più libertà di iniziativa ai singoli.Ma almeno 3 caratteristiche valgono in entrambi i casi:

- gli incidenti fanno parte del panorama lavorativo- le ragioni pratiche di chi lavora portano adattamenti rispetto alle traiettorie predefinite- la frequentazione quotidiana porta da un lato all’accumulazione del sapere, dall’altro ad una

pericolosa familiarità con le macchine che porta a sottovalutare il pericolo.Corrosione del carattere: dove la flessibilità (capacità di adattamento continuo alle mutevoli condizioni divita e lavoro) lascia il posto alla precarietà (instabilità e carenza di prospettive).In un ambiente di lavoro, il ritmo di produzione del gruppo viene negoziato tra colleghi in modo che

nessuno produca al ritmo più veloce possibile ma al ritmo del gruppo.Possiamo parlare di lavoro come di un’attività situata che ha luogo in un contesto in cui persone etecnologie collaborano e configgono e che si realizza grazie a un insieme di pratiche discorsive.Ciascuno degli attori si muove sulla scena lavorativa come su un palcoscenico nel quale la partitura èdefinita per linee generali (le competenze) che però viene messa a punto al momento, sulla base dellerelazioni e reazioni dei colleghi e del pubblico in quel momento. Questi sono motivi che ci spingono aconsiderare esplicitamente le pratiche lavorative come pratiche organizzate, contestualizzate.Possiamo leggere l’organizzazione come un insieme di giochi strutturati, nel quale ciascun attore oltre adagire per un fine condiviso, può perseguire il proprio utilizzando le risorse disponibili a questo scopo.All’interno della stessa organizzazione e gruppo di lavoro possono essere tessute trame es. il collegaambizioso che cerca di fare carriera sulle spalle degli altri.Nelle organizzazioni troviamo prassi rituali cioè il risultato di soluzioni stabili e riuscite ai problemi provocati

da circostanze ripetitive: vale a dire una certa stabilità, una continuità organizzativa, che si mostranell’erogazione dei servizi, nella produzione di oggetti, nonostante conflitti o incidenti che possono essereavvenuti dietro le quinte perché al di là degli attori, lo spettacolo deve continuare.Alla messa in scena contribuiscono gli allestimenti ovvero i luoghi e le scenografie poiché l’apparatoscenico non è separato dall’azione ma ne è parte integrante.Spesso di parla di équipes, che costituiscono incontri di lavoro a cui possono partecipare solo determinate

categorie di colleghi le équipes si caratterizzano per essere momenti in cui la ribalta (relazione con gliutenti, con i decisori politici ecc.) è sospesa, lasciata fuori; la 1° funzione delle équipes è poter fermarel’accesso, alzare la soglia accessibile e rifugiarsi tra i pari per aprire un confronto ed uno scambio.L’équipes si trova a un terzo livello tra la rappresentazione individuale, e il complesso delle interazioni deipartecipanti.La comunità di pratiche ha la possibilità di ritrovarsi, abbandonare la maschera della rappresentazione in

pubblico, senza che questo pregiudichi la coerenza della messa in scena équipe come batteria sociale.Si tratta di un tempo e uno spazio nel quale poter ammettere i propri errori o quelli della propriaorganizzazione, esplicitare critiche, accogliere suggerimenti, al riparo dello sguardo del pubblico.I membri dell’équipe condividono vincoli di interdipendenza reciproca e familiarità.Un’équipe esiste quando ci sono 4 caratteristiche:

- 2 o più persone riunite fisicamente in uno stesso spazio così che possono influenzarsireciprocamente grazie alla presenza corporea

- ci sono confini rispetto agli estranei così che i partecipanti abbiano il senso di chi stia prendendoparte e chi sia escluso

- l’attenzione è su un oggetto o un’attività comune- essi condividono un modo comune o un’esperienza emotiva.

I membri dell’équipe contribuiscono a creare una catena di rituali d’interazione.L’équipe è una sorta di intervallo tra palcoscenico e vita quotidiana in cui gli attori sono sospesi fra mondidiversi. Possiamo considerarla come il contesto in cui sorgono nuovi modelli, simboli, paradigmi ecc.La figura del leader ha il compito tra l’altro di reprimere condotte incoerenti ma anche stimolare unadimostrazione di impegno appropriato, cioè curare la coerenza tra le parti.

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Goffman riconosce nel ruolo del leader un ruolo ibrido, poiché partecipa alle équipes ma non alla pari congli altri membri; funziona come agente per lo sforzo collettivo e genera il “senso” del servizio.Suo compito è presidiare dal pericolo del disordine, e garantire il buon funzionamento organizzativo.Il leader ha alcune funzioni fondamentali:

- controllare i collaboratori in via autoritaria mediante ricompense simboliche (assegnazione incarichi)

o materiali (aumento stipendio) può generare disuguaglianze e tensioni nel gruppo- reclutamento cioè inclusione di nuovi membri all’interno della cornice organizzativa- manutenzione della ribalta cioè sovrintende a tutti i momenti che rappresentano l’organizzazione

verso l’esterno.Weber: teoria che definisce il modello razional-strumentale dell’organizzazione, caratterizzata daconformità alle regole, divisione specializzata delle competenze, gerarchia d’ufficio,Taylor: divisione orizzontale (standardizzazione procedure produttive implica il segmentare del lavoro inreparti), allo stesso tempo verticale (progettazione separata dall’attività esecutiva) e temporale (tutto ècalcolabile in anticipo). Agli addetti alla produzione non viene richiesta alcuna capacità ma solo di eseguireordini e comportarsi da “incapaci addestrati”. La macchina però per funzionare ha bisogno di qualcuno chela progetti, la guidi, la curi: l’individuo in questione mette in gioco il proprio patrimonio di conoscenze edesperienza (al contrario degli operai di catena di montaggio), cioè del “sapere situato”.Il compito dell’etnografia organizzativa è finalizzato a spiegare i modi in cui gli individui inseriti in specificiambienti di lavoro arrivano a comprendere, spiegare, influenzare e gestire le situazioni quotidiane in cui

sono immersi.Nell’organizzazione gli uomini orientano i loro comportamenti per ottenere un minimo di cooperazione, pur mantenendo la loro autonomia di agenti liberi.Abbiamo il passaggio da un modello meccanico (del “castello”) inteso come emblema di autosufficienza edirettività, finalizzato alla produzione di oggetti materiali, a un modello organico (a “rete”) caratterizzato da3 processi: nascita di un economia della flessibilità (che vede lo sviluppo di aziende che hanno comecompito la fornitura di servizi oltre ai beni), terziarizzazione, tecnologie informatiche.Emerge però il tema della solitudine dell’uomo moderno di fronte a una serie di automatismi.Le organizzazioni tendono a produrre routine e i soggetti a eseguirle.2 modelli di organizzazione del lavoro:

- modello meccanico: burocrazia gerarchica, forte divisione del lavoro, risorse umane come “numeri”,cultura della dipendenza e dell’esecuzione in un ambiente placido

- modello organico: sistemi autoregolati, ruoli professionali basati sulla specificazione, risorse umanecome componenti del sistema, cultura dell’integrazione e della soluzione in un ambiente turbolento.

In base ai costi, sembrerà più conveniente la forma burocratica per la sua accettazione di un impiego incambio di stipendio e la maggior facilità di controllo delle prestazioni; il mercato è invece connotato dainstabilità e ambivalenza nelle relazioni contrattuali e nel perseguimento obiettivi; una forma intermedia hail clan, sorta di aggregazione orizzontale tra soggetti con interessi comuni.Secondo il concetto “enactment” o attivazione, individui e organizzazioni interagendo contribuiscono aistituire l’ambiente nel quale operano.Ogni organizzazione interagisce con il proprio ambiente essendone condizionata e a sua voltacontribuendo a definirlo con il suo sistema di relazioni, con i suoi processi e prodotti; l’organizzazione cioècontribuisce a istituire l’ambiente.Ogni organizzazione ha la necessità di dotarsi di un corpo specializzato nelle transazioni con l’ambiente.

La funzione dei “relé” è prendere contatti con il segmento di ambiente con cui sono in contatto, e ditrasmettere all’organizzazione le informazioni e gli scambi intervenuti; i relé sono quindi rappresentanti delsegmento di ambiente cui si rivolge l’intera organizzazione; vengono scelti per informare l’organizzazionedella situazione che caratterizza i loro segmenti rispettivi e delle conseguenze che derivano da essa.Da un cambiamento nella relazione tra i soggetti avviene un cambiamento di paradigma che si traduceanche in un cambiamento organizzativo; siamo in presenza di un apprendimento di 2° livello che porta ariconsiderare le norme operative, le strategie, gli assetti organizzativi.Alcune forme di apprendimento sono:

- single loop or double loop, deutero-loop: prototipo del modello lineare-meccanico, l’apprendimentodi tipo single loop (o circuito singolo) comporta una correzione degli errori che non coinvolgel’assetto organizzativo (es. sostituzione di un pezzo della macchina); le premesse organizzative

sono invece messe in discussione nel caso dell’apprendimento a circuito doppio durante il quale sisperimentano modi di fare alternativi e inediti. E’ il passaggio dalla subroutine singola (sistema checorregge ogni errore sulla base di norme operative predefinite) alla subroutine doppia (il sistemariconsidera la situazione mettendo in discussione le norme operative). Bateson propone un 3°livello di apprendimento, che implica “l’apprendere ad apprendere” cioè la capacità di modificare imodi in cui si apprende.

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- Problem solving or problem setting: concentrare le risorse per risolvere i problemi è il modo piùsbrigativo per risolverli ma spesso rimangono irrisolti alcuni problemi di fondo; attivare la capacitànegativa cioè sospendere la tensione volta al conseguimento di una soluzione rapida e porsi ildilemma della configurazione dei problemi invece che della soluzione significa prendere inconsiderazione anche soluzioni non abituali.

- Lonely or shared: l’apprendimento è possibile solo se esce dall’appannaggio dei singoli per esserecondiviso

- Learning by doing or learning after doing: il tempo dell’apprendimento è finchè si compie l’azione odopo? L’indagine retrospettiva è una delle poche chances a disposizione degli attori sociali, se è

vero che per apprendere occorre agire senza conoscere le organizzazioni reinterpretando ilproprio agire passato riproducono e reinterpretano la memoria assegnando senso alla propriacollocazione e progettando le traiettorie future (learning in organizing); ma se accettiamo lasoluzione del dilemma in prospettiva di life long learning, o work long learning, allora a fare ladifferenza diventa la disponibilità ad apprendere in continuo da parte di attori e organizzazione.Per sviluppare una logica di apprendimento e divenire learning organizations le organizzazionispesso accettano il rischio di innovare che viene portato quasi sempre dalla periferia.

Non sempre però le organizzazioni accettano di imparare tanto meno ammettono correzioni di rotta.Qualsiasi lavoro può infine essere inteso come una pratica relazionale contestualizzata con riguardo:

- Tanto all’ambiente esterno che a quello interno

- Tanto al singolo soggetto quanto all’organizzazione.

A - RITUALI DI SEDUZIONE E FASCINAZIONE

Nell’incontro tra 2 persone, e nella creazione di un legame, il primo confine da passare è la sfera d’intimitàdell’altro. In questa fase avvertiamo la sacralità della persona e facciamo uno sforzo per non violarla,muovendoci con discrezione cioè accettare le parti di sé che egli decide liberamente di donarci.Se non insorgono complicazioni, la fiducia inizia a germogliare.La sfera d’intimità ha un punto di rottura; spesso l’abbattimento della soglia di diffidenza inizia propriopremendo sul punto debole, rappresentato dall’obbligo a rendersi accessibili. Esistono varie ragioni per cuiun individuo si rende disponibile alle interazioni, in primis per sé stesso, perché grazie a questo tipo dicomunicazione potrà fare i propri interessi. Il rifiuto invece implica il rifiuto del desiderio dell’altro dipartecipare all’occasione sociale in cui avviene il raggruppamento.

Il seme della fiducia va fertilizzato ma ciò può avvenire solo se i sensori vengono “anestetizzati” tramite unsorriso (comunica apertura, solarità, assenza di intenzioni aggressive), buone maniere, delicatezza ecc.Questa è MANIPOLAZIONE, che può avvenire mediante 2 forme:1. FASCINAZIONEIl fascinatore non è un creatore; le sensazioni che riesce ad attivare sono una proprietà delle sue vittime;egli pizzica le corde emotive più sensibili dando vita a un palpitante complesso di vibrazioni, energiaemotiva che il fascinatore utilizza per ampliare il suo magnetismo.La fascinazione comporta un agente fascinatore e una vittima: quando il fascinatore è umano, lafascinazione si determina come “malocchio” cioè influenza maligna che procede dallo sguardo invidioso.L’evoluzione del linguaggio ha dissolto la connotazione negativa originariamente associata alla parolafascino, che ora indica la capacità positiva di esercitare attrazione, un’energia alla quale è impossibile

resistere. Il fascinatore si nutre dei bisogni della vittima e li rielabora per dar vita a uno schermo onirico sucui il fascinato potrà proiettare senza limiti i propri desideri. Se le promesse non vengono mantenute, labolla esplode e il sogno svanisce.Talvolta accade che la fascinazione ceda il posto alla seduzione.2. SEDUZIONE.E’ l’arte di dominare con eleganza. Ha perso l’accezione originaria di avviamento al male per diventarestrumento di socievolezza nella forma della civetteria (flirtation).I presupposti che danno vita alla socievolezza sono:- esclusione di tutto ciò che per la personalità ha un’importanza oggettiva (status, successo, ricchezza…)- avere sé stessa come unico scopo- elaborazione e trasformazione in forma ludica e leggera della realtà della vita.La flirtation è l’arte di giocare con l’erotismo; si può flirtare con tutto, anche con l’arte, la politica ecc.

La flirtation nasce nell’incertezza determinata dalla continua alternanza tra concedersi e negarsi, chediventa fonte di fascino e motivo di piacere; flirtare significa inseguire una meta mobile che si allontana adogni passo, perché non esiste fine ma piacere nell’assaporare le emozioni che regala.Nel bisogno di sedurre c’è (latente) il bisogno di esercitare un potere. Questo tipo di seduzione è dettostrumentale; la seduzione finalistica consiste nel riconoscere il diverso, accettare l’altro nella sua alterità.

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Un es. di seduzione è Casanova: il suo fine era condurre una vita spensierata e allegra, lo scopo era ilpiacere; con l’arma della seduzione, ottenere non solo il piacere dei sensi ma quello del successo socialeappagando il suo esibizionismo.Il seduttore gioca con le emozioni, le manipola per insediarsi stabilmente nell’immaginario dell’altro esviarlo dalla propria verità: il seduttore diventa il nuovo centro, la divinità cui consacrare l’esistenza.L’impossibilità di possedere l’oggetto del desiderio è la caratteristica della seduzione, che altrimenti sitrasformerebbe in amore o in caso contrario in indifferenza.

Il manipolatore (sia fascinatore che seduttore) tenta di disinnescare la soggettività del partner al fine di

esercitare un controllo della propria esistenza e vincolarlo a sé; riduce le vittime a specchio del suo Ego.Una relazione così però non potrebbe esistere senza la complicità delle vittime, infatti il potere dev’essere

legittimato ossia bisogna che i sottoposti lo accettino circolarità della relazione di potere.Il potere che è coinvolto in queste pratiche non è quello razionale né quello tradizionale ma quello

carismatico carisma = qualità considerata straordinaria che viene attribuita a una persona, per la qualequesta viene considerata come dotata di forze e proprietà sovrannaturali non accessibili agli altri.Il manipolatore celebra con la vittima piccoli rituali quotidiani nei quali fingendo di venerare il self dellavittima, venera sé stesso evocando energie emozionali con cui alimenta il suo carisma. Lo stato di trancein cui è indotta la vittima ha effetto di droga, crea dipendenza: quando il manipolatore se ne andrà, lasceràdietro di sé un vuoto pericoloso in quanto l’universo emotivo della vittima, rimasto senza centro, imploderà.Nella seduzione la vittima è attivamente stimolata attraverso operazioni manifeste e esplicite; il seduttore

mette in luce e offre al sedotto una parte di sé evidente e riconoscibile.Nella fascinazione invece la comunicazione ha carattere allusivo, indiretto e rimanda a qualcos’altro nonpresente sulla scena; conta molto di più il detto a metà, l’assente che il fascinato dovrà immaginare.Mentre il seduttore può essere trascinato in tribunale con visibili prove a carico, è difficile incastrare ilfascinatore che non lascia tracce.Per evocare energie, il manipolatore usa voce, gesti, abbigliamento; anche i nuovi mezzi di comunicazione.Es. Folla che ascoltava eccitata i discorsi di Hitler trasudanti pathos, immerso in una scenografia,

trasmesso per radio figura del capo carismatico che ottiene consensi con la seduzione delle masse.Le moderne battaglie elettorali si giocano nell’emisfero dx (emozioni e sogno) degli elettori, e nel sx(razionalità e calcolo) dell’elettorato.Come fare per non rimanere impigliati in contesti seduttivi/fascinatori?Non esiste la soluzione, ma Simmel ci dà uno spunto: senza pericolo possono darsi per intero solo coloro

che non possono mai darsi per intero in quanto la ricchezza nei loro animi è in permanente sviluppo (cioèhanno imparato a gestire autonomamente le energie emozionali). Tali persone non hanno mai bisogno diabbandonarsi totalmente ad altre per percepire le vibrazioni emozionali.

B – INTERAZIONI IN CLASSE

La classe è considerata un microcosmo all’interno della società più vasta.Nelle prime interazioni tra insegnanti e classe si costruiscono le reciproche reputazioni.Nell’esaminare le interazioni in classe, si prendono in considerazione: culture, contesto (ambiente specificodi quella scuola e classe), prospettiva (punti di vista dei vari attori), strategia e negoziazione, carrierascolastica degli alunni.Esiste una correlazione tra clima di apprendimento e rendimento scolastico; il livello di integrazione della

classe (valutato col test di Moreno) risulta tra le variabili più significative il test sociometrico di Moreno èuno strumento basato sulle risposte degli studenti su quale compagno desidererebbero nel tempo libero oin classe. E’ elevato il pericolo delle stigmatizzazioni di chi non viene scelto dai compagni.Chiari studia il clima di classe, ovvero l’atmosfera socio-emotiva.L’idea è che a situazioni di marginalità sociale corrispondano situazioni di marginalità scolastica analoghe.Gli studenti con difficoltà scolastiche provengono prevalentemente da famiglie svantaggiate; avrebberobisogno di interventi di continuo sostegno e incoraggiamento da parte dei docenti.Le ricerche dimostrano invece che la tendenza dei docenti è dare più attenzione a chi ne ha meno bisogno.La questione del clima di classe è rilevante nella realtà italiana in cui le classi occupano anche per anniuno stesso spazio fisico e gli insegnanti si postano; all’estero invece sono gli studenti che si spostano daun’aula/laboratorio all’altra, relazionandosi con compagni diversi.Secondo la teoria della riproduzione di Bordieu, la scuola mantiene le disuguaglianze sociali poiché

favorisce gli héritiers: i bambini porterebbero a scuola un diverso capitale culturale che deriva dallaprovenienza sociale delle famiglie; la scuola tende a riprodurre la struttura sociale esistente legittimandoquesta differenza. Le interazioni sarebbero improntate all’imposizione da parte dei docenti deicomportamenti, valori, modelli di motivazione (habitus) della classe dominante. Questa imposizioneprovocherebbe l’opposizione dei bambini di origine popolare che si manifesta con l’insuccesso, laripetenza, l’abbandono.

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Bernestein studia l’intreccio tra interazione in classe e disuguaglianze sociali centrando l’attenzione sullinguaggio.L’acquisizione di un tipo di codice viene determinato in primis dalla famiglia e in seguito dalla scuola.Nell’impatto con la collettività che avviene con l’ingresso a scuola, diventa necessario ricontestualizzareparti del codice appreso. Alcune tra le esperienze effettuate assumeranno un significato nuovo dentro unsistema astratto e generale. L’orientamento al codice è connesso alla divisione sociale del lavoro; i bambinidi classe media e operaia possiedono sia il codice elaborato (usato per l’apprendimento scolastico) chequello ristretto; i primi tendono però a usare quello elaborato, i secondi quello ristretto.

I bambini di classi privilegiate, all’ingresso a scuola usano già in modo spontaneo un codice elaborato chepermette loro di sintonizzarsi sul linguaggio degli insegnanti.Gli studenti di origine operaia, in attività fondate sulla parola e il testo, fanno fatica ad avvicinarsi aiprerequisiti iniziali (sequencing) e a stare al passo con la progressione (pacing) dell’apprendimento.La scuola lascia al codice ristretto la possibilità di esprimersi nei momenti di vita informale (es. intervallo).“Effetto pigmalione” o “effetto Rosenthal”: potenza delle aspettative positive nel favorire o meno lo sviluppodelle potenzialità dei bambini.Gli insegnanti assumono informazioni sull’origine sociale e il livello culturale degli allievi, osservandone le

modalità di comportamento e il linguaggio etichettamento, in base al quale anche il comportamento nonconforme alle regole viene diversamente redarguito ad es. la vivacità dei bambini di famiglie privilegiateviene più facilmente connotata positivamente (es. “siamo un po’ esuberanti oggi!”) mentre per gli altri è più

facile che lo sia negativamente (“sei sempre il solito!”).I bambini di origine popolare tendono a venire emarginati all’interno della classe: chiedono e ottengonomeno degli altri la parola in classe.Negli anni 90 è nata la sociologia dell’infanzia, che considera centrale per la comprensione delle interazioniil punto di vista di attori fino a quel momento non considerati dalla ricerca, i bambini appunto.Sono stati individuati 4 tipi di modalità relazionali all’interno della classe:

- curiosità mentale, in cui i bambini apprendono per il piacere di farlo, i rapporti con maestri ecompagni sono buoni; l’origine sociale è medio-alta;

- utilità, in cui i bambini si limitano all’impegno necessario in quanto richiesto dalla scuola, i rapportisono buoni; l’origine sociale è mista;

- legame, in cui non vi è né impegno né interesse all’apprendimento, comunque i rapporti sonobuoni; l’origine sociale è composita

- traversata del deserto, in cui né l’apprendimento né le relazioni sono positive; origine sociale bassa.Per Bateson la classe è un sistema aperto.Il Cooperative Learning è l’apprendimento cooperativo: parte dall’idea che le interazioni tra compagni diclasse invece che essere considerate elementi di disturbo come da tradizione, siano viste come risorse utiliper l’apprendimento scolastico e lo sviluppo di competenze sociali. Il C.L. prevede tra le altre cose

l’organizzazione del lavoro in gruppi eterogenei al loro interno concetto di “interdipendenza positiva”cioè processo per cui la riuscita personale dello studente si verifica anche se tutti gli altri la conseguono.L’insegnante lavora molto nella preparazione dei materiali e nella costruzione di gruppi. Saranno poi glistudenti ad attivarsi lavorando sul materiale fornito e perseguendo l’obiettivo. La leadership è distribuita inmodo che ciascuno si assuma delle responsabilità. Al termine del tempo stabilito, i membri dei gruppileggono, commentano, si chiariscono reciprocamente le parti più complesse e ciascuno di loro, in quantoesperto, andrà a far parte di un nuovo gruppo a cui porterà le proprie competenze acquisendo quelle che

gli altri gli trasmettono. Nella 3° fase, ognuno tornerà al gruppo di partenza e porterà lì le nuovecompetenze. Infine ci sarà una valutazione individuale.Alcune elaborazioni sostengono che la violenza che si verifica a scuola sia riflesso di quella esistente nellasocietà e che anzi essa viene contenuta dall’istituzione scolastica.Si tratterebbe di una violenza che costituisce il prolungamento di quella perpetrata dalle bande giovanili delquartiere.Altre elaborazioni sostengono invece che gli studenti sviluppano violenza, rabbia per essere stati illusi dallepromesse che la scuola di massa non è in grado di mantenere, e infieriscono perciò su persone e oggetti.Oggi viene dato molto peso agli episodi di violenza più che altro perché la società mediatica ha estesol’audience anche alla rete, su cui vengono diffuse le immagini riprese col cellulare.La trasgressione ha spesso funzione comunicativo-espressiva più che strumentale, e necessita di unpubblico.Si parla anche di bullismo: il bullo è colui che usa la forza o il potere per spaventare o ferire i più deboli.I confini tra violenza e bullismo sono sfumati: spesso il bullismo viene perpetrato all’interno delle classi, neimomenti di vita informale; affinché si possa parlare di bullismo, le violenze (solitamente di naturapsicologica) devono essere: reiterate nel tempo, intenzionali, all’interno di una relazione asimmetrica.

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La vittima presenta caratteristiche di fragilità emotiva, ed è spesso sostenuta da compagni con analoghepeculiarità. Il bullo invece presenta caratteristiche emotive e fisiche che lo vedono in posizione dominante.L’atto di prevaricazione tende a verificarsi di fronte a un pubblico, in modo da consentire la costruzionedella reputazione di “duro”.La scuola italiana è diventata scuola di massa, con l’accesso alla maggioranza dei ragazzi senza però chesia cambiata l’impostazione didattica di fondo maturata all’interno di una scuola d’élite.La diffusione delle tecniche informatiche potrebbe essere strumento per far riacquistare alla scuola unacentralità agli occhi del mondo giovanile.

C – CONFERENZE, TEATRO E PERFORMANCE.

La conferenza è un evento che riunisce un certo numero di persone che in compresenza fisica hanno uncomune focus di attenzione determinato dal conferenziere il quale però non è solo il motore delladinamicità che prende vita durante l’evento, anzi spesso è solo un pretesto perché diversi individuiconfluiscano in un luogo e si incontrino.L’attenzione dev’essere catturata per far scorrere il tempo, ma questo deve avvenire a causa del tema delconferenziere e non delle sue capacità istrioniche. Il pubblico segue intermittentemente, immergendosi eriemergendo dall’ascolto del tema della conferenza aspettando gli effetti speciali che lo catturino.La conferenza è una tipica comunicazione frontale; la conferenza è una forma di interazione che consente

di, e viene utilizzata per, costruire e confermare un noi noi = ceto (privilegiamento positivo/negativo nella

considerazione sociale, fondato sul modo di condotta della vita e perciò sulla specie di educazione formalee sul prestigio derivante dalla nascita e dalla professione).

E’ l’evento e non tanto il contenuto, a essere di interesse per i partecipanti occasione celebrativa.I conferenzieri hanno un corpo ed esso può produrre effetti visivi e sonori non connessi col flusso verbale,che possono costituire elementi di distrazione (es. inciampa).L’eleganza del linguaggio può essere presa come prova non solo dell’intelligenza del parlante ma anchedel fatto che egli mette tutta la sua capacità e intelligenza nel compito che sta svolgendo.Questo mostra come la conferenza sia una rappresentazione in cui vengono sostenuti dei ruoli sulla ribaltache vanno a confermare il dominio di campo del ceto a cui il conferenziere appartiene.Col tempo si è andato creando un linguaggio caratterizzato da un codice elaborato, che avrebbe lo scopoprimario di organizzare i processi mentali, distinguere e combinare concetti, ma che nella sua forma piùevoluta si è talmente staccato dalla struttura sociale normale che può addirittura prevalere su di essa e far 

sì che il gruppo sociale si modelli intorno al linguaggio, come avviene nelle lezioni universitarie.L’io viene mantenuto entro un ambiente strutturato rigidamente, e tende ad essere passivo; il codiceelaborato così finisce per dar vita a esiti simili a quelli generati dal codice ristretto.Il conferenziere non porta sul podio solo il testo del suo discorso, ma anche l’immagine dell’organizzazioneche lo ha convocato.Ciò che il pubblico considera come intelligenza, spirito, fascino in un conferenziere, ciò che gli faràattribuire il suo vero carattere, dipende da ciò che egli fa per riuscire a mettersi in modo efficace adisposizione dell’occasione.Il testo può essere imparato a memoria, letto o parlato spontaneo (improvvisato); esistono quindi diversifootings di esecuzione. Solitamente l’impressione di chi ascolta è che il discorso sia parlato spontaneo, eciò richiede che il conferenziere sviluppi abilità a rendere l’esposizione fluida mostrando di non averebisogno di un retroscena cui attingere notizie o sapere.

Sono concesse solo alcune occasioni di digressione rese possibili dalla natura orale, che devono peròessere preparate e tenute sotto controllo. Queste digressioni sono i footings, e ce ne sono 3 tipi:

- passi con letture diverse da quella letterale- parentesi del testo- commenti parentetici.

Un pubblico ritenuto dal conferenziere come non reattivo tenderà a mantenere il conferenziere rigidamenteattaccato al testo, mentre un pubblico vivace può indurlo a prolungare ogni espressione che suscitireazione. I commenti conclusivi fanno tornare il conferenziere coi piedi per terra.Nelle conferenze universitarie è meno marcata la componente celebrativa, in quanto esse sono definitemomenti di trasmissione di informazioni da docente a allievo, aventi un’ulteriore caratteristica: gliascoltatori sono responsabili dell’apprendimento.

La metafora del teatro è stata molto usata da Goffman per indicare le interazioni. Egli si riferisce al teatro“tradizionale” in cui l’attore tende a essere istrione che tiene in pugno il pubblico e che viene applaudito per la sua bravura, al di là della storia raccontata.Negli ultimi anni ha preso vita un teatro “di narrazione”, con la messa in relazione tra attore e pubblico.

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Dal 1900 non si parla più di teatro in senso monolitico ma di teatri che nascono da forme performative cherinnovano i concetti di scena, retroscena, pubblico; questo avviene per opera di rivoluzionari (Fo, Brecht…)Uno dei punti focali è l’attenzione allo “stare qui ed ora”, non secondo regole di interazione stabilite masecondo dinamiche di comunicazione “con tutto sé stessi”; tutto ciò deve avvenire senza che l’attoretravolga emotivamente l’interlocutore dominandolo, ma facendolo partecipare.La presenza del pubblico diventa fondamentale, deve trovare una sinergia con l’azione, col fare dell’artista,entrare in sintonia con le azioni che egli compie. L’attore spesso ricorre a momenti di straniamento sul

palco, in cui si rivolge direttamente al pubblico coinvolgimento e distacco e viceversa.

Distacco non vuol dire andare da un’altra parte ma allontanarsi tenendo lo sguardo su ciò che sta davanti.I narr-attori sono un esempio di messa in pratica di ascolto attivo in quanto valorizzano lametacomunicazione, riconoscono l’altro e lo considerano presenza imprescindibile, necessaria.Qualora ci sia ascolto, è un’esperienza sia da parte dell’attore che dello spett-attore attraverso canalicomunicativi verbali e non.Quando l’attore sente silenzio, si concentra e si spalanca; quando non avverte attenzione, si chiude.La condizione dello spettatore nei momenti più intensi, è quella di un bambino che si lascia stupire dallecose, anche perché la rappresentazione non è mai uguale alla precedente.L’attore non racconta a o per un pubblico, ma con il pubblico, lo prende dentro alla performance.Il teatro può esistere senza cerone, costumi, scenografie, ma non può esistere senza il rapporto diretto col

pubblico comunicare interagendo.

Barba chiama “3° teatro” un luogo che donne e uomini decidono sia luogo d’incontro, in cerca di un nuovosenso del teatro.La performance ha luogo con la partecipazione di tutti i presenti che mettono in gioco mente e corpo

insieme e partecipano a un’esperienza internazionale conoscitiva ascolto organico con tutto sé stessi.Noi concepiamo il teatro come luogo di provocazione che l’attore lancia a sé e agli altri; il teatro hasignificato solo se si trascende la nostra visione stereotipata.La performance è legata a 2 termini:

- actualizing: simultaneità di percezioni e azioni, relazionalità e interscambiabilità, logica associativae non razionale, emergenza e implicazione dell’estetico dal e nel sociale;esiste una fase preliminare (disgregazione di stereotipi), una fase liminale (sottomissione ai rituali etrasmissione di conoscenze all’altro), una fase postliminale (reintegrazione, si ricostruisce il nuovosé). La communitas celebra la propria differenza dal resto della società, quindi il rito è espressione

del margine;- restoration: operazione compiuta dallo spettatore (colui che ricostruisce un oggetto, lo fa rivivere e

lo rinnova).Brecht introduce alcune dinamiche dette “di spiazzamento” che tendono a introdurre nell’incontro attore-spettatore, l’elemento di riflessività assieme all’esperienza emozionale.Il linguaggio è musica, per cui bisogna imparare a suonare la musica già scritta ma anche improvvisare.Il ritmo è importante nell’ascolto in quanto permette di essere presenti nella cosa che sta accadendo.Ritmo e azione dell’immagine (ossia immaginazione) fanno parte della “politica dell’immaginazione” usatadai regimi totalitari, dall’industria capitalistica, ecc. per guadagnare il controllo del pensiero edell’espressione umana. Mirano così a privare le persone dell’alternativa immaginaria.Riassumendo:conferenza e teatro hanno in comune molti elementi es. l’avere un carattere non quotidiano, extraquotidiano, prevedere una compresenza di persone, prevedere uno che parla a molti; ciò avviene non solocon la parola ma anche con le intenzioni che passano attraverso voce e corpo.Il fattore istrionico del conferenziere può essere importante per contribuire alla focalizzazione e alla riuscitadel rituale ma spesso prevale sul resto e diviene strumento per l’affermazione della propria posizione osuperiorità.

D – LE INTERAZIONI NEI SERVIZI SOCIALI

Il servizio sociale professionale promuove il cambiamento sociale, la soluzione dei problemi nelle relazioniumane, la liberazione della gente per aumentare il benessere. Sono fondamentali i principi dei diritti umani.Oggi è stata abbandonata la visione caritatevole e si punta invece su un approccio trasformativo,promozionale, con la figura dell’assistente sociale (modello integrato).

Si dilatano i confini professionali cioè si va al di là di un singolo ordine.Questo approccio identifica negli operatori sociali i testimoni di un nuovo modello d’intervento: comunitario,partecipato, responsabile che suscita progettualità cioè promuove e migliora l’autonomia delle persone in

difficoltà attuazione welfare.

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Olivetti Manoukian insiste perché gli operatori sociali non riconoscano i cittadini solo come numeri macome soggetti, potenziali interlocutori che devono costruire condizioni per l’esercizio dei diritti soggettivi per il benessere dei singoli e della società.Il lavoro sociale si contraddistingue rispetto alla produzione: se è vero che in entrambi i casi si tende allosviluppo di relazioni interne e con l’utenza, è vero anche che l’apertura al mercato dei servizi alla personasembra fermarsi alle funzioni manageriali, al controllo della spesa e all’ingresso di soggetti privati nellagestione dei servizi, senza che venga considerata come centrale la figura di coloro che si occupano direlazioni, coloro cui il sapere è basato sulla capacità di lettura dei fenomeni sociali.

Il lavoro degli operatori sociali è a contatto diretto con l’utenza, là dove avviene la relazione tra statosociale e cittadini (sportelli, ospedali ecc.) il che li allontana dai centri organizzativi e li pone in unaposizione di frontiera.Agli operatori sociali è assegnato un ruolo “debole”, uno sconfinamento continuo tra lavoro professionale esociale come lavoro di cura e relazioni accentuandone il carattere di semiprofessione.Il lavoro sociale è comunque lavoro pubblico, nel senso che si rivolge a un bene comune (commonwealth),alla collettività, indipendentemente dal soggetto che in quel momento gestisce quel servizio.Chi opera in questo settore è fortemente condizionato (incorniciato) dalla posizione assunta dal welfarelocale, regionale, nazionale, e non può essere lasciato alla competenza del singolo operatore.La disponibilità di un operatore ad attivare risorse e progetti necessita per attuarsi di una specularedisponibilità dell’utente ad accettare la relazione; siamo in presenza di relazione asimmetrica perché visono condizioni particolari per l’accesso al servizio es. orari di apertura, ecc.Ciò che si mette in gioco durante una relazione non è l’oggetto ma il ruolo rituale del sé: i giocatori-attorisono assoggettati ad un doppio mandato che da un lato li vede come oggetti sacri e dall’altro comecostretti ad accettare la sfida. Il giocatore-operatore è collocato entro una sacralità organizzativa eprofessionale ma non può sottrarsi al giocatore-utente che vi accede, il quale a sua volta porterà istanzema anche la sua sacralità.Nel gioco relazionale scatta un sistema di doveri ed aspettative differenti ma reciproci; la deferenza vaconquistata sul campo e il giocatore ha a disposizione 2 opportunità: rituali di discrezione e rituali dipresentazione. Il contegno è elemento del comportamento cerimoniale manifestato mediantel’atteggiamento, il modo di vestire e muoversi.Se la deferenza possiamo immaginarla spostata verso l’operatore, il contegno lo è verso l’utente: il tasso didisperazione potrebbe volgersi a suo favore e convincere l’operatore nella ricerca di soluzioni.

1. fase di preparazione: i soggetti decidono di giocare e si accordano sulle regole2. fase di determinazione: gioco vero e proprio3. fase della rivelazione: raggiungimento risultato4. fase della sistemazione: capacità di un risultato di andare oltre i confini dell’occasione in cui viene

determinato.Spesso l’utente (colui che si rivolge ai servizi per esigere una forma di sostegno) non ha interesse apartecipare a una scommessa puntando invece direttamente all’ottenimento del premio. L’operatore, ilservizio, sono passaggi obbligati, strumenti e nulla più. Può accadere anche che l’operatore non abbiainteresse a giocare, cioè a rischiare. E’ ovvio che se nessuno dei 2 interlocutori apre all’altro, si innesca unmeccanismo che non porta a nulla e nel quale nessuno gioca la partita.L’azione è collegata alla possibilità del rischio, oppure è routine cioè non-azione.I “policy makers” sono ingaggiati in servizi a soglia bassa (poliziotti, insegnanti ecc.) e chiamati a risolvere

situazioni complicate, impossibili da programmare, lavorano in situazioni che richiedono risposte alledimensioni umane in cui serve la loro osservazione sensibile, il loro giudizio; hanno più a che fare con icittadini che con la natura dei compiti. La loro attenzione è rivolta verso i cittadini e verso le agenzie da cuidipendono.I managers, a differenza dei policy makers, sono orientati a controllare i propri collaboratori e misurarneperformance e resistenze.Un aspetto fondamentale è la non-volontarietà dei clienti: non scelgono di frequentare i servizi, ma vi sonoindotti da condizioni particolari o normative.I clienti esigono di essere trattati come individui e trovano invece operatori che li trattano come categorie di

azioni processo di etichettamento che chiede all’utente-cliente di adeguarsi; il processo avviene:- distribuendo benefici e sanzioni- organizzando il contesto in cui si svolge l’interazione- spiegando ai clienti come comportarsi da clienti- allocando ricompense psichiche e sanzioni ai clienti che entrano in relazione con loro.

L’operatore street level non fa altro che riprendere le pratiche di classificazione tipiche della burocrazia.Le strategie messe a punto dall’organizzazione sono difensive cioè tendono a limitare la domanda e amassimizzare le risorse, cioè a creare routine per rendere gestibile il proprio compito e rassicurare l’utente.

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Fare lavoro sociale significa appartenere a una comunità di pratiche contrassegnata da continui riferimenti

alle proprie convinzioni, al coinvolgimento emotivo nelle storie dei propri interlocutori “lavoro emotivo”.

E – INTERAGIRE CON DISAGIO E PRATICHE ORGANIZZATIVE.

L’imbarazzo viene considerato nella nostra società un segno di debolezza e inferiorità; ha originenell’interazione con l’altro: l’io si contrappone all’intera personalità e la mortifica con la sua performancedifettosa.

Spesso focalizziamo l’attenzione sulla diversità di persone con disagio psichico; nell’incontro tra le personediventa uno stigma, una diversità non desiderata sulla quale la società costruisce pratiche didiscriminazione standardizzate. Nei rapporti tra stigmatizzati e normali, si crea reciproco imbarazzo.Tra le origini della nascita delle istituzioni di alienazione troviamo proprio l’imbarazzo e l’intenzione di

allontanare le persone indesiderate dalla società funzione custodialistica di tali strutture.Dagli anni 60 inizia un movimento di critica alle istituzioni manicomiali da parte degli psichiatri stessi, dandol’avvio al processo di deistituzionalizzazione cioè tessere nuovi rapporti tra strutture psichiatriche e attoriesterni, tra operatori e utenti sulla base del riconoscimento dei diritti delle persone (“nuova psichiatria”).Goffman rintraccia nelle strutture, diversi territori in base all’accesso degli internati:

- spazi fuori del confine: interdetti agli internati;- spazi di sorveglianza: spazi comuni ma sotto controllo dello staff;

- luoghi liberi: consentono agli internati una certa autonomia; spesso coincidono con gli spazipersonali.La relazione fra operatori e utenti è fortemente sbilanciata a favore del professionista; l’utente è ospitequindi si deve adattare a regole e ritmi diversi dalla sua quotidianità.Lo squilibrio sta anche nella maggior quantità di informazioni che possiedono gli operatori sugli utenti.La deferenza è offerta dagli internati ai membri dello staff, e chi non la dimostra viene redarguito.Attraverso il contegno, gli utenti dimostrano il buon adattamento.Le istituzioni volte alla risocializzazione di persone che hanno dato pubblico scandalo possono correre ilpericolo di passare attraverso pratiche di ritorno al contegno invasive se non violente, in cui lo staff demolisce il giudizio su di sé e l’utente lo deve ricostruire.Il ruolo di controllore dello staff sull’utente prevede anche l’invasione della sua sfera intima e personale es.lo staff è presente durante la doccia.

Operatori e utenti possono avere momenti di relazione alla pari durante confidenze creazione rapportodi fiducia.Il tema della contenzione è coperto dall’alibi dei processi di welfare che inseriscono in ambito sanitariomodalità aziendali di organizzazione prevedendo spesso una riduzione dell’investimento sul personale.I servizi oggi sono in affanno, non si riesce a costruire una nuova forma organizzativa manicomiale.La sindrome di burn-out è un esaurimento emotivo, un disagio che porta all’apatia, al distaccodall’ambiente di lavoro e all’indifferenza verso gli utenti; questa sindrome emerge nelle comunità di housingdove operatori e utenti hanno la possibilità di costruire relazioni alla pari e condividere attività quotidiane,ma dove è facile che si crei un sovraccarico emozionale e si creino relazioni come genitori/figli.Il nuovo mito dell’autonomia degli utenti ha sostituito quello vecchio della guarigione. Quando un utentedimostra miglioramenti in termini di autonomia, viene promosso dallo staff e inserito in una struttura menocontrollata. Questo può essere debilitante per l’utente e risolversi in un ritorno alla struttura precedente;

questo può tradursi anche in frustrazione per gli operatori che vivono la crisi dell’utente come fallimento deiloro intenti riabilitativi.Il Supporting Housing prevede di seguire l’esigenza abilitativa dell’utente offrendogli il supporto adeguato in

relazione alla propria situazione modello circolare.La possibilità di vivere con le persone con disagio psichico apre la prospettiva alla possibilità di usarel’umorismo come strumento terapeutico ma soprattutto come modalità di relazione quotidiana.

F – INTERAZIONI E RITUALI AZIENDALI

Le attività istituzionali dell’impresa (di 1° piano) sono i rapporti con i media, la creazione del sito web, idiscorsi pubblici, le campagne e i piani strategico-pubblicitari.Le attività di 2° piano sono invece le interazioni sociali tra attori che spesso decostruiscono i codici creati

per il mantenimento dei significati organizzativi, li reinterpretano e danno vita a nuove realtà. Questocomprende ciò che i membri di un’organizzazione danno per scontato, i rituali che creano e mantengonol’ordine sociale.Dagli anni 40 ai 60, l’organizzazione viene definita come strumento informativo e razionale basatosull’efficacia della produzione e sul calcolo dei costi.

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Negli anni 70 emergono nuove prospettive, col riconoscimento di alcune dimensioni che appartengono allavita quotidiana; da questo momento l’azienda non è il solo luogo della tecnologia e della produzione ma uncontesto in cui si intrecciano relazioni e interazioni.Il sistema simbolico economicista descrive le interazioni tra gli attori aziendali come un capitale umano, unfattore o una variabile che influisce sulla specializzazione dell’azienda, un’ulteriore fonte di profitto eproduttività; il soggetto va valorizzato, la comunicazione va incentivata, lo scambio apporta benefici edinfluenza le decisioni.Le interazioni che avvengono in un’azienda possono essere descritte ed osservate in molti modi diversi,

anche usando analogie con mondi e situazioni della vita quotidiana es. un evento teatrale: è unacomunicazione tra gli attori della scena e il pubblico; la descrizione degli eventi comunicativi di un’aziendarispecchia spesso il modello di una sceneggiatura. Mediante un copione non scritto, ma ugualmentecondiviso e regolato, i diversi attori intervengono mettendo in scena la parte per cui si sono esercitati nelretroscena.L’espressione “brain storming” vuol dire tempesta di cervelli e indica compresenza fisica attorno a untavolo in una stessa stanza, con l’obiettivo di scambiare opinioni, idee da trasformare nella dimensione delfare organizzativo. E’ necessario considerare che azienda non è solo uffici e impiegati ma anche cantieri,lavoro manuale ecc.Se un minatore rimane indietro una volta, il compagno lo aiuta, ma se rimane indietro sempre, verrà

gradualmente escluso è il rituale dell’ultima possibilità attraverso il quale si chiede un cambio radicale di

comportamento lavorativo ad un membro del gruppo, pena l’allontanamento.L’armonia della squadra di lavoro dipenderà da quanto il gruppo sia solidale e dall’abilità di ciascuno nelrisolvere le situazioni difficili. Di norma, un buon lavoratore è accettato subito dal gruppo ma sequest’ultimo arrivato tanto bravo nel lavoro non riesce a socializzare, non durerà a lungo e piano pianoverrà emarginato.Il leader fondatore dell’azienda inizia il suo processo interattivo nel momento in cui ha un’idea per unanuova impresa e coinvolge una o più persone con cui ha in comune propositi e possibili sviluppi;successivamente, il gruppo coinvolge e seleziona altre persone, con cui iniziare a condividere una storia.La cultura organizzativa può essere descritta come l’insieme dei caratteri distintivi dell’azienda.Il setting dell’organizzazione quindi corridoi e uffici, vengono utilizzati come creatori di sensazioni edimportanti elementi di comunicazione interna. Il paesaggio costruito dai dirigenti e dai dipendenti comunicadiversi stati d’animo e scaturisce emozioni e comportamenti interattivi differenti tra loro.

L’idea che il dipendente sia membro del gruppo, un giocatore di squadra che non mira a esserericonosciuto come singolo, ma come parte di una moltitudine, è esplicitato dai momenti di comunicazioneinformale come la pausa pranzo. In quei momenti di pausa, pettegolezzi e confidenze mescolano la sferaprivata con la vita lavorativa. Un’altra pratica è la cena di fine rapporto di lavoro.L’azienda è dunque un luogo in cui prendono forma numerosi processi interattivi che si manifestanoattraverso pratiche quotidiane, simboli condivisi e rituali.La reputazione si basa sull’individuazione, da parte degli attori che entrano in relazione, di alcune qualitàdesiderabili o meno; reputazione e fiducia sembrano essere legate: la decisione di dare fiducia o meno auna persona dipenderà dalla sua reputazione.Nelle interazioni con attori esterni all’azienda, si creano legami interpersonali, in cui la conoscenza e lafiducia sono esperienze forti per le persone, prima ancora che per le organizzazioni che rappresentano.In conclusione, il riconoscimento dell’attore come parte del gruppo avviene attraverso le interazioni

comunicative con gli altri nativi che condividono l’insieme delle pratiche aziendali.

G – I RITUALI RELIGIOSI

Il rito religioso si concentra sul corpo, e il corpo è veicolo dell’esperienza religiosa con la sua capacità discambiare sensazioni, significati e informazioni col modo esterno; il corpo è stato per l’essere umano findall’inizio dei tempi il principale ponte di comunicazione tra natura e divino.Attraverso l’impiego del corpo, gli individui sperimentano vari modi di dare forma all’esperienza del sacro.La liturgia è un insieme di atti simbolici da compiere e da non compiere.Nell’ambito religioso, le tecniche di sovrastimolazione del corpo e delle sue percezioni mediante l’uso divari mezzi, vengono impiegate da molte tradizioni culturali: musiche, danze, canti, assunzione di sostanzepsicotrope, attività sessuale, autoflagellazioni sono fra gli strumenti più usati.Altre culture praticano la sottostimolazione delle funzioni corporee: ridurre al minimo le proprie necessitànaturali con la sottoalimentazione, il digiuno, l’astinenza sessuale, il controllo della frequenza respiratoriaecc. sono pratiche usate per la gestione delle energie contenute nel corpo al fine di aprire i canali dicollegamento con il divino.La via “ascetica” (orientata all’atteggiamento di estraneità e rinuncia alla vita) si discosta dall’altro tipo diesperienza, realizzata mediante la sovrastimolazione corporea e compresa sotto il termine “orgiastica”.

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Un caso particolare è quello degli stiliti, a metà fra l’utilizzo delle tecniche di sovrastimolazione esottostimolazione corporea: lo stilita soggiorna in cima a una colonna in posizione eretta e immobile,contenendo l’assunzione di cibo e riducendo il sonno. La loro immobilità consisteva in una miriade dimicromovimenti che dovevano compiere ininterrottamente per far fronte alla perdita di equilibrio.Esistono molte classificazioni che distinguono fra il proiettarsi in un altro mondo (sciamano), l’essere fuoridi sé (trance) e il diventare un altro rispetto a sé stesso (possessione).Anche nella possessione, vi sono diverse gradazioni: la divinità che ha preso possesso del corpodell’individuo si può sostituire completamente a lui agendo al suo posto, oppure il soggetto può essere

invaso dalla divinità, che però coesiste con lui facendolo agire a suo nome (ispirazione), oppure l’incontropuò essere vissuto in termini di comunione, rivelazione, illuminazione senza incarnazione.Secondo la dottrina della predestinazione, l’essere umano può salvarsi per sola fede, ma dal momento chei disegni di Dio rimangono per lui imperscrutabili, l’unica possibilità che gli rimane è di vivere la propriaprofessione come una vocazione. Ma questo richiede sacrifici, sobrietà, costanza e controllo dei propridesideri, insomma una severa disciplina.Weber ha distinto all’interno dell’ascesi, 2 tipi di atteggiamento verso il mondo:

- ascesi extra mondana: chi rifiuta il mondo e fugge da esso (rifugiandosi in monasteri, grotte ecc.)- ascesi intra mondana: chi continua ad agire nel mondo per cercare di modificarlo.

Lo sciamano crea uno stato di esaltazione e ebbrezza acuta attraverso l’utilizzo di sostanze: passaggionecessario per giungere alla soglia che separa e allo stesso tempo collega tra loro mondi diversi.L’accesso alle sostanze dei misteri sembra necessitare di un’intensa preparazione spirituale e culturaleaffinché si apra accanto all’esperienza spaventosa della vertigine causata dalla morte dell’io, anche quelladella sua rinascita e ricomposizione.A causa della funzione che gli sciamani svolgono di intermediari tra le forze dell’indicibile e la vitaquotidiana, la loro esperienza deve essere guidata da una condotta per nulla lasciata al caso o irrazionale

essi chiamano il loro metodo “la via degli stregoni”.Durante gli ultimi decenni, ci sarebbero stati molti iniziati ma pochissimi sciamani a guidare le masse.Gli elementi usati nei rituali andini sono piante sacre come funghi, erbe, coca; nell’Occidente si usanoprodotti da laboratorio, che a causa della loro artificialità tenderebbero a far saltare il momentofondamentale della morte dell’io senza il quale la rinascita finisce per configurarsi solo come un contenitorepieno d’illusioni.Le illuminazioni o rivelazioni divine spesso arrivano a seguito di periodi di ritiro e raccoglimento prolungati.

I percorsi dell’asceta e dello sciamano prevedono dunque per entrambi un esercizio costante di volontà eintenzione diretto a disciplinare corpo e mente, e momenti di intensificazione e ampliamentodell’esperienza sensoriale ed extra-sensoriale. Si può dire che entrambe le pratiche si articolano in unprima, un durante, un dopo l’esperienza di maggiore apertura e vicinanza al divino.L’agire dell’asceta è più predisposto in direzione di un agire di tipo razionale rispetto allo scopo o al valore,più fondato su un agire guidato da un’intenzione altra di tipo affettivo-emozionale.Gli asceti hanno scoperto che, al di là dei 5 sensi, esiste un gruppo di sensazioni dietro ogni apparato,diverso secondo le caratteristiche di ogni soggetto. Dalla sollecitazione di tale apparato, fatta di uso eastensione, essi hanno ricavato un piacere; viene così rovesciata la prospettiva tradizionale che continua avedere l’asceta come un campione del rifiuto di gratificazioni immediate.Le forme rituali caratterizzate da una spiccata liturgia del corpo sovrastimolato sembrano contrastarefortemente con la liturgia della parola. Eppure, anche in questi casi in cui la dimensione corporea

sembrerebbe esclusa da un coinvolgimento emotivo così diretto, essa non si annulla.Nell’Islam i tempi e le modalità della preghiera sono strutturati in modo tale da essere molto pervasivi dellavita quotidiana; ma anche nella messa cattolica in cui il corpo è costretto fra i banchi di una chiesa, inrealtà esso non si annulla mai completamente.La voce del corpo non tace mai: nella messa, la gestualità rituale passa attraverso il corpo.Numerose forme di religiosità popolare sparse un po’ ovunque, culti, credenze, leggende e costumi profanicontinuano a mescolarsi con gli elementi sacri e ufficiali” della religione conosciuta.Il cattolicesimo contemporaneo non manca di gettare il suo sguardo verso l’Oriente; ultimamente sonoemersi infatti vari fenomeni di avvicinamento e contaminazione fra le pratiche religiose cristiane e quelledella spiritualità orientale.A seguito delle trasformazioni che l’avanzamento dell’industrializzazione ha portato con sé, la precedenteintegrità della Gestalt religiosa, che un tempo costituiva il rituale, oggi sembra essere esplosaviolentemente e dalla sua morte, sembra essere nata una molteplicità di generi e performancespecializzati. Oggi non sono più passaggi obbligatori ma piuttosto possibilità fra le quali uomini e donnepossono scegliere per cercare di trovare il loro modo di affrontare le sfide e crisi della vita.Queste nuove forme di ritualità si fanno interpreti di un’idea di salvezza fondata sulla conoscenza dellepotenzialità che ogni individuo cela in sé.

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Si ritiene possa così aprirsi assieme alla possibilità del cambiamento e miglioramento individuale ecollettivo, anche quella della guarigione psico-fisica dell’individuo.Cos’è il “sacro”? 2 correnti di pensiero:

- Durkheim: un oggetto sacro non è sacro in sé ma lo diventa per il modo in cui un gruppo di personesi comporta nei suoi confronti; non sono sacri solo oggetti ma anche persone, piante, animali, ecapita a volte che uno stesso oggetto acquisti significati simbolici opposti. All’interno di uno stessosistema simbolico i significati possono cambiare nel tempo e un oggetto che prima era impuro,diventi poi sacro.

Il sacro non è da intendersi come qualcosa di stabile e definito una volta per tutte, ma piuttostoqualcosa di profano che cambia natura, cambia di segno per volontà stessa degli uomini.Una volta stabilito cosa è sacro per un gruppo di persone, quello ne diviene il simbolo: suquest’idea Durkheim basa tutto il pensiero religioso.Ciò che tutte le religioni hanno in comune non sono le credenze che esse promuovono ma il modoin cui tali credenze dividono il mondo: ciò che è puro, sacro va isolato e protetto da tabù; ciò che èimpuro, profano va tenuto a distanza dal 1° attraverso l’imposizione di divieti.La forza prodotta dall’azione del rituale, trasforma quel luogo e quelle persone in qualcosa di

totalmente diverso rispetto a ciò che erano prima effervescenza, energia che singolarmente gliindividui non incontrano durante lo svolgimento della vita quotidiana.Il termine “mana” indica l’energia impersonale e anonima proveniente dalla società, che crea il

valore delle cose e delle persone; nessuno la possiede interamente e tutti vi partecipano.Ad es. per i sioux esiste l’idea di una forza religiosa unica (wakan) che costituisce l’unitàdell’universo e di cui tutti gli altri principi sacri sarebbero soltanto forme o modi di essere derivati.Alla luce dell’interpretazione del rituale come macchina che produce energia, ci viene da chiedercidove va a finire l’energia prodotta: una certa quantità è impiegata dal rito stesso per sollecitarel’apertura delle individualità a favore della costruzione di un “noi”; l’altra parte viene incanalata sugli

oggetti sacri rendendoli tali si può definire “caricamento energetico”.

- Rudolf Otto e Mircea Eliade: l’origine del sacro non è da ricercarsi tanto nel sociale ma piuttosto èciò che gli esseri umani percepiscono con i tratti della potenza e della straordinarietà; il rito nascedall’incontro con l’entità trascendente, inquietante e misteriosa che non si manifesta mai allo statopuro. L’umano lo scopre perciò passando attraverso un’esperienza mediata da simboli, miti, formedivine, oggetti, luoghi, persone ecc.

Entrambe le prospettive hanno in comune che il sacro viene interpretato come trascendente ovvero comequalcosa che crea separazione o province finite di significato (nb: finite perché inserite all’interno di unacornice o frame). Quando questo salto avviene, i confini che separano la provincia finita del mondo profanoda quella del mondo sacro si trasformano in soglie e i riti diventano il locus fisico e simbolico dicollegamento dove può avvenire il passaggio rituale. A seconda dei casi la transizione può esseresemplice e indolore oppure forte e cruenta.Creare delle soglie vuol dire anche istituire qualcuno che le sorvegli per impedire a chiunque non ne siastato autorizzato di varcarle: qualcuno cioè un ceto professionale specifico, quello religioso, che siattribuisce la dote (sacer-dote) di amministrare il sacro.Una pratica magica, poiché consiste nell’impiego di certi mezzi per raggiungere certi scopi personali, per mezzo delle conoscenze di un soggetto esperto che interviene, è definita strumentale.Il rituale religioso, invece, fuoriesce da questa logica empirica di causa-effetto. Se l’individuo che ricorre al

mago per risolvere un problema non vede raggiunto il risultato, cambia mago; nella pratica religiosa invece(anche se possono accadere casi di conversione), se le richieste fatte al proprio Dio non vengonoesaudite, questo non porta a smettere di credere o pregare.La reale funzione del rito religioso non consiste dunque nel produrre risultati particolari ma nel produrreeffetti più generali.Se in ogni essere umano esistono molteplici self, l’esperienza del rituale religioso rappresenta il locus nelquale verrebbero sperimentati una pluralità di self ma non più (o non solo) nel senso orizzontale dellamondanità ma anche in quello verticale della trascendenza.I passi simbolici di una danza unica e ancestrale che ovunque da sempre gli umani compiono per cercare,seguire, corteggiare e raggiungere il loro bisogno, ma sempre incompiuto, di sacralità.Dei rituali religiosi emerge così l’essenziale funzione di mediazione fra gli esseri umani (asse orizzontale) e

fra esseri umani e loro déi (asse verticale). Essi si pongono all’incrocio tra natura e società, cultura ereligione, tempo individuale e collettivo, mettendo in collegamento individuo e comunità.

H – RITUALI SPORTIVI

Trattandosi in genere di competizioni, questi rituali mettono in scena al tempo stesso:- ciò che accomuna tutti i partecipanti (passione per lo sport)

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- ciò che unisce una parte di essi (identificazione con una squadra, un atleta, una città).I Giochi Olimpici celebrano la fratellanza universale, la pace dei popoli, l’unione attraverso lo sport(l’importante è partecipare).Popoli e nazioni ottengono visibilità e riconoscimento attraverso le prestazioni degli atleti che lirappresentano; sono i simboli della nazione a occupare il centro della cerimonia di premiazione: bandiera einno nazionale.Il sentimento di appartenenza nazionale viene particolarmente attivato dai grandi eventi degli sport disquadra: tutti abbandonano per un momento le attività quotidiane e si radunano attorno ai giocatori; il

senso di appartenenza collettiva viene rafforzato e corroborato dall’eventuale vittoria: la gente si riversasulle strade e piazze, in un’atmosfera carnevalesca che sovverte l’ordine quotidiano.Il processo di sportivizzazione è parte del più ampio processo di civilizzazione.Attività collettive un tempo praticate nella totale confusione e in maniera spesso violenta venneroregolamentate in modo sempre più dettagliato, al fine di limitare e controllare le manifestazioni corporeedell’aggressività. Nacquero apposite istituzioni col compito di organizzare e disciplinare le competizioni; laviolenza venne bandita e venne messo in risalto il concetto di Fair Play cioè rispetto delle regole,uguaglianza delle condizioni di partenza, vittoria del migliore, rivincita, costituiscono gli oggetti sacri.Il record e la vittoria hanno guadagnato via via il ruolo di oggetti sacri ponendo in secondo piano il piacereestetico suscitato dai gesti dell’atleta, l’atmosfera festiva dell’evento ecc.Attorno all’evento prende vita una communitas la cui anti-struttura sovverte temporaneamente le ordinategerarchie sociali.Il fenomeno del doping è deriva e degenerazione di un culto del risultato che diventa ossessione; emergecosì il paradosso dello sport paradigma della modernità: da un lato si richiedono correttezza, rispetto diregole e avversari, dall’altro si impone come unico obiettivo la vittoria, il record a ogni costo.Vi sono però anche rituali alternativi come le grandi maratone, in cui le moltitudini rappresentanosimbolicamente l’inclusione, la partecipazione democratica, il riconoscimento delle differenze.Le gare sportive che comportano fatiche estreme e prolungate assumono i toni del rito sacrificale in cuil’umano va oltre l’umano e ne posta i segni sul viso stravolto dalla fatica.Per assistere a questi rituali, i tifosi compiono veri pellegrinaggi, e non importa se per vedere il passaggiodell’atleta un attimo (es. giro d’Italia), perché la sacralità del momento sarà valsa il pellegrinaggio.Alcune discipline come la pelota, il tai-chi sono legate a culture particolari; altre come il rugby sono natecome élitarie ma a poco a poco si stanno aprendo alla commercializzazione.

Negli stadi, i posti a sedere numerati e ordinati costringono i tifosi a diventare spettatori disciplinatitogliendo loro la possibilità di essere co-protagonisti del rituale; sempre più spesso l’evento sportivo èpensato più per il pubblico televisivo che per quello fisicamente presente.La distinzione tradizionale tra sport maschili e femminili ha assegnato agli uomini sport che esaltano forza,aggressività, competitività, mentre alle donne quelli che richiedono armonia, coordinazione, leggiadria.Da un lato il mutamento sociale ha permesso via via alle donne di praticare attività tradizionalmenteriservate agli uomini, dall’altro invece ha incontrato resistenze riguardo alla presunta mancanza difemminilità delle atlete.La cura dell’aspetto ha assunto sempre più importanza, al punto che alcune atlete devono la fama piùall’aspetto fisico che alle performance sportive.Lo sport è piegato allo show business con nuove forme di mercificazione del corpo es. atlete in abitisuccinti, divi del calcio sinonimo di virilità con effimere conquiste sessuali ma anche mettendo in scena il

ruolo di marito e padre premuroso che dedica le vittorie ai figli.

I – RITUALI POLITICI

Nel tempo si sono susseguite 3 modalità di ritualizzazione:

1. la sacralizzazione della politica: ha origine nel M.Evo, quando la ritualità politica stava nellacelebrazione della sacralità del sovrano. Occorreva scindere le sorti del re inteso come personafisica, da quelle del re come simbolo del potere politico. Attraverso le pratiche rituali, si tentava didar forma agli eventi che caratterizzavano la vita politica: queste forme cominciarono acristallizzarsi cioè assumere consistenza staccarsi dai contenuti. Tale evoluzione divenne evidentenei riti della società di corte. Non c’era bisogno di un leader carismatico ma piuttosto poneva alcentro un leader rituale a cui veniva chiesta la capacità di mantenere gli equilibri delicati.

2. il culto della politica: caratterizza i regimi totalitari del 20° secolo. Al potere politico è attribuito ruolomessiaco di guida del popolo verso il progresso e la salvezza morale. Il culto della nazione siesprime tramite il culto del leader. Si trattava di una vera e propria religione politica: la politicaestendeva la sfera di influenza in maniera capillare a tutti gli ambiti della vita sociale. I grandi ritualidi massa mostravano la potenza dell’apparato statale ed educavano le masse al conformismo.

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3. la politica dell’integrazione: negli attuali sistemi politici democratico-rappresentativi la coesionesociale sarebbe assicurata dall’esistenza di un sistema di orientamenti morali di fondo i qualiverrebbero confermati periodicamente in occasione dei più importanti eventi pubblici.I detentori del potere politico non emanano sacralità, ma vengono investiti della sacralità che staalla base del legame sociale. Essi incarnano perciò gli orientamenti morali di fondo (i valori) ediventano il centro simbolico della struttura sociale.

Molti riti sono espressione di orientamenti e interessi dominanti in società in cui non c’è consenso suivalori: si tratta di rituali che non servono ad unire la comunità bensì a rafforzare i gruppi dominanti al suo

interno. Talvolta si realizzano rituali la cui effervescenza collettiva rafforza gruppi sociali subordinatiimpegnati a sfidare l’ordine sociale esistente al fine di modificarlo o sovvertirlo. Questi raggruppamentiliminali utilizzano il rituale per creare un’anti-struttura: manifestazioni di protesta, forum alternativi ecc.Per quei soggetti e gruppi che tentano di trasformarsi in minoranze attive, la dimensione rituale del conflittopolitico si gioca su 2 livelli: sincronico, in cui si lotta per mostrare l’ortodossia e la pertinenza della propriaazione; diacronico, in cui si lotta non solo per vincere ma per poter partecipare alla lotta aprendo unprocesso conflittuale.Spesso la dimensione politica di queste manifestazioni rituali consiste nel dare visibilità ad attori sociali chenormalmente non hanno accesso alle arene decisionali in quanto tale visibilità costituisce una pre-condizione necessaria affinché essi possano promuovere le istanze di cui sono portatori; essi cercano inquesto modo di contrastare le strategie del non-decision making. La ricerca di visibilità viene talvolta

perseguita attraverso gesti e azioni eclatanti, che in alcune circostanze finiscono per essere contraddittoririspetto ai principi che intenderebbero affermare.I partecipanti al rito coordinano reciprocamente i propri gesti secondo un repertorio d’azione comune; inquesto modo l’appartenenza collettiva assume una forma visibile.Se da un lato l’ambiguità e l’indeterminatezza dei simboli e delle azioni rituali possono essere sfruttate daipolitici per chiamare a raccolta una collettività indipendentemente dalla molteplicità di convinzioni ecredenze di coloro che la compongono, spesso tali caratteristiche trasformano l’occasione rituale inun’arena conflittuale in cui vari attori cercano di impossessarsi dei simboli per imporre all’evento la propriainterpretazione e il proprio significato.Si pensi ai riti collettivi che nascono come a-partitici (es. marcia per la pace) ma che vengono trasformati inoccasioni di scontro ideologico dalla presenza o assenza di un tale personaggio politico.Un rito dunque può contribuire: a creare e/o consolidare solidarietà generali che uniscono o che

contrappongono; a far emergere e celebrare il consenso e la coesione sociale eventualmente esistenti,oppure a far tenere integrata la società in presenza di forti conflitti; a conservare lo status quo e mantenereil potere oppure a sovvertire l’ordine costituito e conquistare il potere.Il senso di partecipare a una marcia, intonare un inno, osservare un minuto di silenzio, sta innanzituttonell’esserci, nel fare assieme. Partecipare implica cooperare per dare forma all’azione collettiva.L’utilizzo di denaro pubblico per la realizzazione di eventi consente la messa in scena del potere e la suacelebrazione, e al tempo stesso lo espone al pericolo di essere criticato e screditato; la manifestazione puòdunque costituire un rituale che permette di raccogliere consenso e solidarietà, oppure che fa perderereputazione.Concludendo: la dimensione rituale occupa una posizione rilevante nella politica contemporanea; lerappresentazioni collettive con cui diamo significato al mondo e immaginiamo il tipo di società in cuivorremmo vivere, vengono create, rafforzate, modificate o distrutte soprattutto attraverso l’azione rituale.

Detentori del potere e coloro che tale potere subiscono, cercano di influenzare la costruzione di talirappresentazioni collettive sia lottando per imporre la propria interpretazione ai riti istituzionalizzati, siautilizzando gli elementi rituali insiti in altri eventi della vita sociale.

L - LE CERIMONIE DEI MEDIA

Un elemento che incide sulle forme contemporanee della ritualità è l’enorme diffusione dei mezzi dicomunicazione di massa e il modo in cui essi pervadono la vita sociale.Essi favoriscono la dilatazione dei rituali moderni nello spazio e nel tempo: da un lato, permettono di dar vita a pratiche rituali anche senza che i partecipanti si radunino fisicamente nello stesso luogo; dall’altro,consentono di replicare l’evento celebrativo.La presenza dei mass media influenza i riti contemporanei in 3 direzioni:

- nuove forme rituali nascono come tentativo di rispondere alla virtualizzazione dell’esperienza- altri eventi rituali vengono modificati e trasformati oppure inventati e costruiti ad arte dai mass

media stessi- i mezzi di comunicazione di massa trasformano i rituali prossemici in rituali mediati.

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Lo sviluppo di una dimensione virtuale crea solidarietà prossemica cioè un senso di comunione alimentatodall’effervescenza collettiva che nasce dall’incontro di persone in carne ed ossa, che si radunano in unluogo e agiscono insieme.La presenza pervasiva dei mezzi di comunicazione di massa ha tuttavia mutato il nostro modo di entrare incontatto con la realtà: le comunicazioni on-line, sms, permettono di dar vita a relazioni, reti, gruppi,comunità in cui interagiamo con persone di cui non conosciamo il viso nè la voce.Uno dei modi per rispondere a questo predominio del virtuale è la creazione di pratiche rituali cherecuperino una solidarietà di tipo prossemico, legata alla concretezza della compresenza fisica.

Nuove forme di risposta rituale alla virtualizzazione dell’esperienza sono riscontrabili anche a livello micro-sociologico, ad es. persone che si conoscono in chat line e decidono di incontrarsi di persona.Le esigenze dei mass media modificano le forme rituali esistenti o addirittura ne creano di nuove, ad es. latrasmissione TRL di MTV nella quale l’iniziativa degli operatori di mass media determina il verificarsi delrito prossemico nel quale i ragazzi riuniti generano effervescenza collettiva; l’energia viene utilizzata ascopi commerciali.Oltre a creare rituali ad hoc, le esigenze dell’industria mediatica influenzano o trasformano le forme ritualigià esistenti. Es. mondiali di calcio 1994 giocati negli USA negli orari più caldi affinchè la diretta tvcoincidesse con le ore serali nei paesi europei.L’influenza dei mezzi di comunicazione di massa non si traduce solo nella pressione da essi esercitata per modellare i rituali e adattarli alle proprie esigenze, ma anche nel modo in cui talvolta gli stessi partecipantial rito cercano di costruire la celebrazione tenendo conto dei mass media. Manifestazioni di protesta, azionidimostrative, hanno un’efficacia maggiore se riescono a guadagnare l’attenzione dei media e a diventarevisibili nella scena pubblica. Accade perciò che questo fattore condizioni o determini la scelta: del luogo incui dar vita al rituale collettivo, del tipo di azioni, gesti, parole.Talvolta accade invece che la costruzione rituale delle identità individuali e collettive venga realizzataattraverso strategie opposte ossia rifiutando intenzionalmente di usare come canale di espressionedeterminati tipi di mass media: newsletter, blog, forum on-line prendono le distanze dal discorso dominanteveicolato dal medium tv, condividendo una communitas alternativa.La trasmissione mediatica dei rituali prossemici normali (quelli che avverrebbero indipendentemente dallapresenza dei media) li trasforma comunque in qualcosa di diverso: la semplice trasmissione realizzaun’estensione del rituale che potenzia enormemente la portata dell’evento permettendo la partecipazionead una collettività molto più vasta di quella fisicamente presente sul luogo. La partecipazione diretta e

quella mediata costituiscono forme di esperienza diverse. La tv cerca di far vivere allo spettatorel’esperienza di essere lì. Le trasmissioni mediatiche in particolare quelle tv realizzano un analogomeccanismo di estensione del rituale che unisce tutti i partecipanti nella consapevolezza di questo mutuocoinvolgimento. Inoltre, stimolano la ramificazione di numerosi micro-rituali mimetici che riproducono il ritocentrale e originario.I mezzi di comunicazione di massa, esponendo i riti allo sguardo di un pubblico sempre più ampio, lisottopongono a numerose interpretazioni che possono attribuire loro significati assai diversi.Ad es. il Gay Pride può essere vissuto dai partecipanti come la celebrazione della libertà sessuale, ma per altri come una scandalosa messa in scena della perversione.Ogni rito non solo comunica qualcosa all’interno del gruppo costituito dai partecipanti alla celebrazione, macomunica qualcosa anche a coloro che osservano dall’esterno.

COMMIATO. INTER-AGENDO: AGENDO TRA, AGENDO CON.

L’energia, nel caso del rituale, possiamo definirla come una reazione chimico-fisica connessa alla materiain gioco: è proprio l’incontro tra i corpi, le loro energie a produrre l’energia stessa (vedi l’es. dellamaionese); del resto, basta entrare in un luogo chiuso in cui un gruppo di persone staziona da un po’ ditempo per sentirvi un certo calore e/o odore e talvolta anche il tipo di emozione (più o meno effervescente).Si può parlare di radioattività di una persona in quanto intorno a ognuno esiste una sfera di importanza cheirradia da lui, nella quale chiunque abbia a che fare con lui s’immerge; una sfera nella quale si mescolanoelementi psichici e fisici.All’interno di un rituale circola e viene prodotta energia, per cui il risultato finale è sempre diverso dallasomma delle parti. Un rituale è innanzitutto un luogo in cui l’energia trova occasione di aggregazione, equindi al suo interno viene costruita l’esperienza dell’aggregazione e soprattutto della trasformazione.Esperienza: ci sono 2 modi possibili per parlarne:

- erlebnis: connesso all’immediatezza delle sensazioni- erfahrung: ha a che vedere con la riflessività, con il senso e/o significato attribuito dal soggetto al

suo essere al mondo.

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Tra i 2 termini c’è continuità e discontinuità tali per cui il 1° ha una precedenza logica (il tempo dellaritenzione) e il 2° è una conseguenza della riflessività cosciente (tempo della riproduzione).L’essere umano emerge, all’inizio, in una situazione nella quale si trova coinvolto ancor prima di poter pervenire a una riflessività cosciente; in quanto unità psico-fisica, egli è in rapporto con l’ambiente naturalee le condizioni materiali legate alla sopravvivenza biologica; in secondo luogo, egli è già da sempre inrapporto con le strutture culturali e sociali e le cose prodotte dall’uomo all’interno di una dimensioneintersoggettiva di relazione e comunicazione con altri esseri umani.Il termine senso si riferisce all’originario ambito preriflessivo connotato da bisogni, stimoli, emozioni.

Il senso non dipende dal soggetto; è l’esistenza stessa che dà il senso; il darsi di qualcosa provoca unadifferenza che determina una direzione, un senso.Da qui prende vita l’agire riflessivo: il senso come l’insieme delle indeterminate potenzialità e risorse apartire dal quale, grazie alla sua capacità innata di intenzionalità riflessiva e di memoria, l’individuo puòpervenire attraverso l’acquisizione del linguaggio, la memoria, l’elaborazione delle sue esperienze e loscambio relazionale ai significati più o meno codificati attraverso i quali interpretare sé stessi e il mondo.Il senso non è mai interamente comunicabile o condivisibile; le parole sono infatti fonte di malintesi.Questa prospettiva sembra dare per scontato che non sia possibile dare vita ad alcuna forma di riflessivitàrelativa allo stare nel flusso della vita, alla durée. Ciò sembrerebbe possibile soltanto passando al tempospazializzato, a quel tempo appunto in cui vige la capacità di costruire segmentazioni. Non si potrebbedare mai insieme coinvolgimento nel fluire della vita e distacco dell’ascolto e dell’osservazione, riflessivitàappunto: l’uno escluderebbe l’altro.Eppure a molti è capitato di vivere esperienze di istituzioni in cui ci si sente parlare come se qualcun altroparlasse al nostro posto, e invece siamo noi a farlo, mentre contemporaneamente ci vediamo dall’esterno.Probabilmente la via per elaborare un’altra prospettiva potrebbe passare attraverso una maggior considerazione dell’aspetto corporeo.Incorporazione: significa essere situati. Finchè si è in pieno possesso delle forze, non ci si sente, ad es.una persona che dice: “mi sento bene”, non è del tutto a suo agio.Solo se non ascoltano il proprio corpo, se lo negano fino a farlo divenire assente, gli individui sarebberopienamente incorporati.Non si può nemmeno immaginare la possibilità di essere pienamente coinvolti nell’immediatezza dellesensazioni dell’Erlebnis e al contempo pienamente distaccati nella cornice dell’Erfahrung: una viaperseguita invece da esperienze che giungono fino a noi dall’Oriente tramite le arti marziali o le pratiche

spirituali come lo yoga , che fanno della piena consapevolezza del centro corporeo, delle sensazioni, la viaper la pratica del distacco.La contrapposizione è tra la centralità dell’aspetto del mentale e quella dell’evento, e tra il concetto direligione e quello di spiritualità.L’opinione di Goffman e Collins dell’esperienza prende le mosse dalla teorizzazione durkheimiana. Pone alcentro della spiegazione non l’individuo ma la situazione. Il fine è provare a isolare alcune delle strutturebasilari della comprensione disponibili nella nostra società per dare un segno agli eventi e analizzare leparticolari vulnerabilità a cui questi frames di riferimento sono soggetti.Le strutture primarie sono distinte in:

- naturali: identificano gli eventi visti come non indirizzati, non orientati, inanimati, non guidati,puramente fisici. Tali eventi non guidati sono interpretati come dovuti interamente a determinantinaturali. Nessuna forza di volontà interferisce casualmente e intenzionalmente, nessun attore guida

ininterrottamente il risultato. C’è l’idea che gli eventi percepiti in tale schema saranno accettati datutti;

- sociali: forniscono una comprensione di sfondo per gli eventi che includono la volontà, lo scopo e losforzo di controllo di un’intelligenza, un’entità agente viva, di cui la più importante è l’essere umano.Una tale agenzia è tutto tranne che inflessibile; ciò che essa produce può essere definito comeattività guidata.

Sebbene gli eventi naturali si verificano senza l’intervento dell’intelligenza, le azioni intelligenti non possonoessere effettuate efficacemente senza entrare nell’ordine naturale. Perciò ogni segmento di un’azionesocialmente guidata può essere parzialmente analizzato all’interno di uno schema naturale.Le strutture primarie sono quelle interpretazioni che, nella loro parte naturale, rese eleganti dalle scienzefisiche e biologiche, fanno da fondamento ontologico di tutta la cosmologia condivisa. Prese tutte assieme,

le strutture primarie di un particolare gruppo sociale costituiscono un elemento centrale della sua cultura.Complesso stupefacente: si verifica, o è provocato, un evento che porta gli osservatori a dubitare del loroapproccio agli eventi, perché sembra che per spiegare l’avvenimento dovranno essere considerati nuovitipi di forze naturali o nuovi tipi di capacità di guida, queste ultime implicando, forse, nuovi tipi di agentiattivi. Qui sono incluse visite e comunicazioni dello spazio, miracolose guarigioni religiose, avvistamenti dimostri marini, cavalli che hanno capacità matematiche, predizione del futuro, contatti coi morti ecc.

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Molte persone possono ricordare almeno un evento che loro stesse non sono mai state capaci di spiegarerazionalmente. Tuttavia, quando si verifica un evento stupefacente, gli individui della nostra società siaspettano che venga presto scoperta una spiegazione semplice o naturale, che farà luce sul mistero e lirestituirà alla gamma di forze ed agenti cui sono abituati.Sono costantemente all’opera cornici interpretative, anche quando queste sembrano sparire: gli osservatoriprogettano attivamente i loro frames di riferimento nel mondo intorno a loro, e non si riesce a vederequesto processo solo perché gli eventi normalmente confermano queste proiezioni, facendo sì che le lorosupposizioni spariscano nel flusso tranquilli dell’attività.

E’ di queste cornici che ci si deve occupare perché è attraverso di loro che il precario mondo ordinato in cuiviviamo sta in piedi.Due tipi di trasformazioni interpretative operate sul mondo sono:

- keying: messa in chiave di ciò che avviene nelle cornici, cioè l’insieme di convenzioni sulla basedelle quali una data attività viene trasformata in qualcosa modellato su questa attività, ma visto daipartecipanti come qualcos’altro. L’idea è che ciascun attore sappia passare da una cornice diesperienza a un’altra modificando il tipo di interazione da dare a ciò che avviene;

- fabrication: fabbricazione o contraffazione, cioè lo sforzo intenzionale di uno o più individui digestire l’azione in modo che una o più persone verranno indotte ad avere una falsa percezione diciò che sta succedendo.

La differenza tra i 2 tipi di trasformazione è che, pur richiedendo entrambe l’uso di un modello, il Keyingporta volutamente tutti i partecipanti ad avere la stessa percezione di ciò che sta accadendo, invece lafabrication richiede delle differenze.Nel campo delle analisi organizzative, si è andata diffondendo una prospettiva che evita l’utilizzo delsostantivo organizzazione, intesa come un momento strutturato, sostituendola con l’uso del verboorganizzare al fine di indicare la rilevanza dell’altra faccia della questione, quella connessa al fluire, allaprocessualità entro la quale gli attori giocano il loro ruolo creativo.L’azione all’interno di un contesto può sfociare in un’altra, una situazione può essere trasposta in un’altrasituazione da qualche altra parte. L’estensione di questa trasposizione è parte dei macro-modelli.La carica energetica sviluppatasi nel rituale si diffonde all’esterno, si riverbera entro catene di interazioniche tengono insieme la società finchè le cariche energetiche sviluppate nelle situazioni restano vive negliindividui. Gli individui agiscono perché le loro menti e i loro corpi sono caricati di risultati d’incontrisituazionali del passato. Il passato di incontri situazionali inizia già da prima della nascita.

Non individui e loro momenti, né interazioni e loro momenti, ma interazioni e individui al contempo.

Secondo Collins, il rituale darebbe vita a 2 tipi di collocazione, uno di carattere interno al suo svolgimento,l’altro di tipo preliminare. Alcune persone hanno il potere di controllare le altre attraverso i rituali, mentrealtre sono passive o resistenti; alcune persone sono al centro dell’attenzione mentre altre sonomarginalizzate o escluse: queste sono le 2 dimensioni del potere e dello status.Insieme allo status di appartenenza vi è quello in relazione alla centralità o perifericità dell’individuoall’interno del rituale. I rituali produrrebbero così una doppia stratificazione sociale.La preparazione ai rituali dà agli individui un nuovo patrimonio di energia emozionale. L’individuo diventaun simbolo del gruppo ed anche il centro del suo flusso di energia.La leadership carismatica è prodotta dal processo rituale; gli individui che hanno la reputazione di esserestraordinari oratori (cioè bravi nel focalizzare l’attenzione rituale) attirano molte persone ai loro discorsi e

creano in loro un comune stato d’animo di attesa e entusiasmo. L’aumento numerico aumenta l’energiaemozionale dell’oratore, cioè egli è capace di catalizzare in direzione del gruppo livelli altissimi di energiaemozionale. Il leader carismatico è diventato personalmente un oggetto sacro; è il polo della batteriasociale attraverso la quale l’energia emozionale fluisce dal gruppo e viene di nuovo restituita ad esso.I cerimonieri del rito sono oggetti sacri, vengono caricati dell’energia convogliata dai partecipanti; icerimonieri possono essere anche 2 persone che s’incontrano per una cena; in quel caso i 2 attori sonoco-cerimonieri.Il non essere più destinatari dell’energia rituale produce de-pressione cioè minore pressione energetica.Il fatto che il cerimoniere sappia canalizzare l’energia non vuol dire che la restituisca necessariamente algruppo, ma potrebbe fare da canale a proprio beneficio; la forma assunta dall’energia va posta in relazioneal tipo di rituale ossia alle modalità che i cerimonieri fanno assumere all’energia.I rituali considerati riusciti dai partecipanti saranno quelli in cui ciascuno, uscendo, si porta via una caricaemozionale superiore a quella con cui è entrato.Il carismatico porta via con sé una quota di energia: l’energia presente (sia portata che prodotta) vienesottratta dal leader in una quota infinitamente più grande di quella di cui beneficiano gli altri singolipartecipanti.Potrebbero esserci situazioni nelle quali avviene un’equa ridistribuzione dell’energia tra tutti i partecipanti.

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Il carismatico di successo è capace di canalizzare la redistribuzione dell’energia ai componenti del gruppo,

ma può farlo anche solo in minima parte e portarsene comunque via una quota questo rituale producedipendenza anzi co-dipendenza: i partecipanti cercheranno di tornare a ripetere l’esperienza fatta.L’energia emozionale si può diffondere anche fuori della cornice rituale: es. dopo un concerto cui si èpartecipato, si è portati a voler riascoltare i giorni dopo le canzoni del concerto, e acquistare dischi.Alcuni rituali sono così coinvolgenti sul piano emozionale da non consentire il distacco razionalenecessario per evitare manipolazioni. Qui si mescolano 2 aspetti: da un lato, la paura del coinvolgimentoemozionale provocato, dall’altro una preoccupazione per i meccanismi di disuguaglianza prodotti insieme

alla direzione fatta assumere dall’energia messa in circolo.Vi sono rituali collettivi in cui viene messa in circolo e prodotta una bassa quantità di energia e leconferenze, comprese lezioni scolastiche, ne sono un esempio.La lettura della Divina Commedia di Benigni vista in tv o a teatro è un es. di come il lato emozionale dellepersone possa essere attivato anche con temi considerati noiosi.I rituali di deferenza asimmetrica chiedono al subordinato di destinare la propria energia al sovraordinato,

ed es. le scenate di un sovraordinato nei confronti di un subordinato egli succhia energia dalsott’ordinato che si prostra ancor più aumentando la deferenza.Nell’opera di Goffman, il self è il prodotto di un effetto drammaturgico, una proprietà dell’ordine dell’interazione. L’individuo altro non sarebbe che un epifenomeno del sistema sociale, frutto di unaconflazione verso il basso.

Collins parte da un’impostazione in cui sono le competizioni che fanno gli eroi sportivi, è la politica chetrasforma i politici in leader carismatici: il rituale gioca un ruolo chiave nel dare forma al caratteredell’individuo. Gli individui talvolta agiscono da soli, sebbene generalmente lo fanno perché le loro menti e iloro corpi sono caricati di risultati d’incontri situazionali del passato.Il dove le persone sono collocate all’interno di catene di interazioni (IRc) rituali costituisce la determinantemaggiore delle personalità individuali.Si tratta quindi di “catene di rituali” e il loro effetto è sì situazionale, ma debordante nel tempo e nellospazio in quanto l’energia emozionale che nell’interazione prende forma e si sviluppa resta attaccata alcorpo, al frame primario e ne plasma le energie.Il buco della serratura attraverso cui scrutiamo l’universo, è il prodotto di particolari tendenze religiose,politiche, culturali dei secoli recenti. E’ un’ideologia di come noi consideriamo appropriato pensare noistessi e gli altri. L’individuo che emerge è un condensato di energia.

Una situazione non è semplicemente il risultato dell’individuo che viene a far parte di essa ma nemmenodella combinazione di individui.Quindi la capacità di essere canale delle energie e focalizzare l’attenzione dei partecipanti non dipendesolo dall’essere collocati al centro del rituale invece che ai margini. Dipenderebbe dall’essere passati inuna serie di esperienze entro una catena di interazioni rituali.Nel rapporto tra maestri e allievi, i futuri “grandi” allievi non prendono le mosse dalla trasmissione delleidee dei maestri ma da un’elevata energia emozionale che i maestri sprigionano. Quindi lavorano molto,sembrano ossessionati dal lavoro che li energizza, ma questo sarebbe solo il riflesso delle dinamiche dellacomunità intellettuale interiorizzata nella mente; sarebbe dunque una mana tribale, trasmesso dalla star aisuoi allievi che divengono magneticamente affascinanti ed energizzanti per coloro che entrano nella loroorbita. Tali energie danno in questo modo forma a quelle del futuro grande allievo.Alcuni per percepire le differenti energie emozionali, devono trovarsi di fronte a situazioni di grande

impatto, grande gioia o dolore, mentre ad altri basteranno pochi elementi per sentirle.Se così è, diviene plausibile che ciascuno non solo esca dai rituali avendo sperimentato una certa formaenergetica, ma che vi entri anche con delle forme energetiche strutturatesi nelle precedenti interazioni.Non è convincente il fatto che tutti gli individui siano attratti dai rituali a maggiore carica e rifuggano daquelli a bassa carica. Ciò sembra piuttosto dipendere dalla loro costituzione energetico-emozionale.Il culto dell’individuo: l’unicità dell’individuo possiamo farla derivare dalla teoria delle catene di interazionerituale (IR); gli individui sono unici fino al punto in cui i loro percorsi attraverso le catene interazionalidifferiscono dai percorsi di altre persone.La téchne è pre- e anti-societaria, fa a meno della relazione sociale, non nasce nella società ed è daquesta non soltanto guardata con sospetto, ma repressa e perseguitata. Sussiste a prescindere dallalegittimazione sociale. Il portatore di téchne è anti-societario in quanto il suo agire non corrisponde alprincipio su cui si fonda la società, un principio di tipo utilitaristico.A un certo punto del proprio percorso biografico, ciascuno si ritrova con il fatto che le proprie energiehanno assunto una certa forma. Tale forma può essere interpretata come una delle maschere di cui ilframe primario (il corpo) è portatore. Le energie visibili nel corpo di una persona hanno acquisito una certaforma e si trovano quindi a giocare delle parti che possono essere societariamente accettate o meno.L’accettazione di tale possibilità può avvenire, secondo Weber, in 3 forme:

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- 2 forme sono stabili e farebbero riferimento a 2 diversi sistemi di attribuzione di senso:o il 1° è connesso alle società tradizionali in cui il sistema di legittimazione è nella tradizione

o il 2° fa riferimento alla società moderne in cui sarebbe in gioco un’attribuzione di senso

all’agire di tipo razionale, cui corrisponderebbero modelli organizzativi precisi (burocrazia)

- il 3° idealtipo è il modello che porta la trasformazione, in quanto è incarnato da soggetti cui vengonoriconosciuti, da una parte più o meno grande di collettività, caratteristiche particolari, di tipocarismatico.

I portatori di téchne non vogliono occupare posizioni centrali, tendono all’isolamento all’interno del qualesembra nascere il loro carattere originario.E’ nella separatezza antisocietaria che trova generazione l’energia che si manifesterà nei rituali per produrre il rimescolamento, la trasformazione e restituzione delle energie portate nel rituale dai varipartecipanti.La riflessività è funzionale all’attivazione e gestione dei rituali a bassa energia, quelli caratterizzati da stiliseri e distaccati; questi non sono rituali in cui circola e viene prodotta un’elevata quantità di energiaemozionale.L’energia emozionale portata dal cerimoniere va differenziata tanto nella forma quanto nell’origine.Vi sono cerimonieri che hanno la capacità di canalizzare elevate quote di energia perché passati attraversocatene di rituali ad elevata caratterizzazione di tipo carismatico. Ve ne sono altri che, oltre a passareattraverso catene di rituali internazionali a bassa energia, praticano a loro volta occasioni di riflessività a

bassa energia. Altri ancora, sono i portatori di téchne che, nel loro percorso biografico, hanno fattoesperienza di rituali che li hanno dotati della capacità di trasformare energia al di fuori di contesti relazionalie, quindi, in grado di entrare in nuovi rituali con energie differenti e proprie, non di sistema.L’interazione con un téchnico tende a produrre dipendenza negli adepti, a meno che questa esperienzanon susciti la tendenza a manifestare una propria téchne.Il téchnico idealtipico, a differenza del carismatico, non è dipendente dal rituale in quanto la sua energia hauna fonte differente da quella dell’ordine dell’interazione. E’ solo nel momento dell’insorgenza che avrà inqualche modo bisogno di pubblico, per poi ritirarsi in isolamento. A differenza del carismatico, il téchnicoporta nel rituale un’energia che non è essenza individuale durevole ma neppure derivazione dalle catenerituali di interazione, pur essendo possibile che vi sia in lui/lei anche una parte di questo tipo di energia (disistema) derivante da incontri precedenti. La fonte prevalente dell’energia che il téchnico porta nel rituale èl’ascolto, il silenzio, l’isolamento dal mondo.

Negli incontri con portatori di téchne è possibile ipotizzare che non venga richiesta alcuna deferenzaasimmetrica quindi nessuna richiesta di energia.

Nei vari ordini dell’interazione, gli individui interpretano una pluralità di self, di ruoli usano maschere per evitare di farsi completamente assorbire da quello in cui sono coinvolti.Secondo Goffman, quello che viene di norma presentato come identità sarebbe il self di maggioreattaccamento. Il concetto di identità come invece viene solitamente inteso, si fonda su elementi di stabilitàe continuità, e trova applicazione nelle teorie studiali del corso di vita.Nella società di oggi si va affermando un processo definito “Life Long Learning” per sottolineare il fatto chelungo l’intero corso di vita resta in atto il processo di formazione, di trasformazione.Gli adulti hanno sviluppato un’identità pertanto gli viene attribuita la capacità di essere persona cioè starein situazione, partecipare all’ordine sociale, visibile nei rituali di deferenza e contegno.E’ interessante osservare come gli adulti cercano di uscire alle domande dei bambini nella fase di “perché”:

- alcuni cercano di distogliere l’attenzione del bambino facendolo concentrare su altro

- alcuni danno al bambino un ceffone irritazione per non saper dare una risposta- alcuni usano l’espressione “capirai da grande”

essere adulto pertanto corrisponderebbe a non porsi domande fastidiose e aggirare gli ostacoli per noncomplicarsi la vita, ma questo contrasta con le rappresentazioni della figura dell’adulto come essere che

vive la fase della maturità precarietà della certezza del mondo su cui viviamo, che dovrebbe farcidesistere nell’utilizzo del termine identità.L’idea è che si debba essere identici nel tempo; ai riti scolastici-formativi è concesso invece assegnarenuovi nomi a self parziali, che danno origine a collocazioni nel mondo del lavoro (al nome proprio

dell’identità viene associato il titolo: geometra, dottore ecc.) etichette.Goffman ha il merito di aver mostrato la frammentarietà della persona e l’inutilizzabilità del concetto di

identità.I riti di passaggio parlano della trasformazione: la forma che le energie avevano assunto fino al momentoprecedente al rito, viene disintegrata. Gli elementi che costituiscono la persona, la maschera vengonoportati allo stato primigenio per essere riplasmati. Questo avviene esercitando energia sulla forma dipartenza: picchiando l’individuo o cambiandogli il nome ecc.

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L’energia emozionale della paura facilita l’apertura della forma della persona: in questa fase si è sospesi,né carne né pesce e si assumono contemporaneamente i caratteri di entrambi i poli; in questa fase si vienespesso considerati problematici dalla società abituata a veder la separazione tra aspetti della cosmogonia.Per evitare i pericoli del ritorno del caos originario, assecondando la trasformazione, vengono istituiti deirituali. L’elemento della protezione, della rassicurazione, è il fondamento del concetto di identità.Collins ci mostra come l’unicità degli individui sarebbe dovuta agli incontri momentanei che caricano diemozioni e consapevolezza il corpo umano.Nella vita quotidiana, la riflessività sarebbe ciò che emerge nel momento della difficoltà con effetti perversi.

Se non c’è alcuna durevole entità che risponde al nome di oneself (me stesso) allora la ricerca del self èun’impresa interminabile; si possono trovare vari self situazionali.Il preoccuparsi di sé può portare a loops su loops, riflessioni su riflessioni, in quanto insegue un puntofinale che si allontana continuamente.Come le situazioni hanno leggi proprie, anche all’energia una volta plasmata, va riconosciuta una suaautonomia; l’energia che ha preso forma nelle interazioni entra nei nuovi rituali con le caratteristiche che haassunto: l’acqua e la goccia di cui è fatta sono da osservare in contemporanea!Nel caso della moda ad es. agiscono 2 motori: centripeto (imitazione) e centrifugo (differenziazioneindividuale).L’individuazione cioè la differenza dagli altri non contiene solo il momento della discontinuità con gli altrima anche quello della continuità con se stessi sia come autoriconoscimento che come riconoscimento daparte degli altri. Integrazione e consistenza non significa né unità né perfetta armonia ma solo che qualchetipo di connessione tra le diverse esperienze è necessario come ricostruzione simbolica attraverso lamemoria.La questione della differenziazione da e con gli altri si presenta sotto l’aspetto di 2 motori in cui acqua egoccia sono compresenti come 2 poli di tensione: centrifuga e centripeta.L’uguaglianza erode le differenze culturali tradizionali ma contemporaneamente crea le condizioni per l’emergere di nuove forme di separazione e distinzione.Se indagassimo su un certo ambito dell’esistenza umana ed entrassimo nei dettagli, vedremmo ogniindividuo distinguersi dagli altri, ma ritraendo lo sguardo, l’individuo sparirebbe lasciando il campo adun’immagine di società. La differenza dipende quindi da una diversa presa di distanza.La libertà individuale non è intesa solo in senso negativo, ma intesa come un seguire le leggi della nostranatura.

La risposta alla domanda “quante dita hai?” non è: 5, ma: abbiamo 4 relazioni tra le dita (Bateson).Gli esseri viventi costituiscono una combinazione di chiusura e apertura: la realtà è tanto nel legamequanto nella distinzione.

Mentre Goffman è totalmente dentro la tradizione classica della sociologia che mette per prima la societàmentre l’individuo non è che un suo derivato; Simmel invece sembra aver intravisto la necessità di mettereal centro la relazione.La prospettiva goffmaniana si fonda su un’idea di tipo strutturalista mentre quella simmeliana prospetta unaconcezione di tipo olistico.Goffman è cresciuto parlando Yiddish in una città in cui parlare una lingua diversa dall’inglese significavaessere omosessuali; questa esperienza ha promosso in lui l’abilità di cercare indizi.In quanto estraneo ai rituali condivisi, si trova a dover indagare per sì i modi di costruire il mondo adottato

dai membri del contesto sociale da cui è estraneo.E’ interessante quel retrogusto amaro che si avverte sempre dietro le sue graffianti analisi e dietro la suascrittura più ironica che umoristica, si tratta di un ridere “di” invece che ridere “con”.Sembra che non ci siano interazioni in cui i partecipanti non rischino di entrare in situazioni imbarazzanti.La sociologia di Goffamn ha al centro non gli uomini e i rituali ma i momenti e i loro uomini.I rituali studiati da Goffamn hanno l’intento di cogliere come sia possibile l’ordine sociale.Gli uomini, come oggetti sacri, sono soggetti a profanazione e offesa.Mary Douglas ricorda che ebraismo e induismo hanno al proprio centro il tema della contaminazione, per cui l’attore ha la capacità di avvertire la vergogna e ciò lo induce a ridurre il rischio di esporsi al minimo.La società controlla tutto ciò che fa un individuo ed è pronto a smascherarlo se non adeguato.Simmel pur avendo sperimentato analoghe problematiche di discriminazione, ha tentato di tenere apertoinsieme alla visione di tipo analitico, anche quella di tipo olistico, più aperta all’insieme dei fenomeni.Analoghe difficoltà della vita di Simmel e Goffman hanno portato G. a una visione più drammatica, S.invece ha mantenuto un’apertura a prescindere al fluire della vita che G., spaventato, non ha mantenuto.Al fondo del pensiero di G. c’è l’idea durkheimiana della separazione tra sacro e profano: tutte le credenzereligiose conosciute, hanno uno stesso carattere comune, presuppongono una classificazione delle cose in2 classi o generi opposti, definiti sacro e profano. Da qui la separazione che discende il tema della

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contaminazione in particolare il riconoscimento dell’esistenza di rituali positivi e negativi. Da qui derivano iconcetti di deferenza e contegno, per proteggere lo spazio sacro della contaminazione.Quando Schutz parla di province finite di significato, si riferisce alla stessa cosa.Per passare dall’uno all’altro si è costretti a subire un trauma, uno choc, non è mai un attraversamentosereno. Tra l’altro questa visione comporta la legittimazione dell’indispensabilità del cerimoniere cheaccompagni il passaggio: esistono parole, espressioni, formule che possono essere pronunciate solo dallabocca di persone consacrate.Per Simmel le analisi mostrano come i confini non sono solo separatori ma anche ponti; non serve alcun

presidiatore di confini, alcuno specialista di rituali di soglia inter-agire diviene possibile.Bateson ritiene che l’uso della parola sacro sia quello che rende importante la combinazione delle 2accezioni e che ogni separazione sia antisacra. Si tratta di non presupporre la separatezza tra sacro eprofano come un dato inevitabile.Per Goffman, coloro che hanno tempo e capacità per svolgere un compito, possono non aver tempo ecapacità di render visibile il fatto che lo stanno facendo. Alcune organizzazioni risolvono il problemadelegando la funzione a uno specialista che si occuperà solo di esprimere il significato di un dato compito,senza perder tempo a svolgerlo. Le persone tanto prese dal lavoro, non fanno carriera, sono incapaci dimostrare le proprie capacità: devono avere accanto un “venditore” altrimenti vengono sorpassati da altri

che valgono meno da qui rabbia, rassegnazione, invidia verso che ce la fa: è la distinzione traimprenditore e inventore. Al fondo della questione, il concetto di Bateson di “relazione complementare”.

Sempre dall’idea della separazione tra sacro e profano deriva l’interpretazione che sia l’attore a proporre ladefinizione della situazione e il pubblico a rispondere offrendo consenso operativo (o rifiutando).E’ possibile usare un emisfero del cervello per giocare con le emozioni delle persone, per condizionarle: afini politici, commerciali ecc.E’ più facile parlare degli oggetti viventi quando le cose vanno male, per questo è difficile parlare di sacro(che ha un legame con la salute), perché si teme di trasformarlo in patologia.Bateson esprime la necessità di tenere separati i 2 mondi: quello evocato dalla spiritualità cattolica (odell’epoché dell’emisfero dx) e quello dell’analiticità protestante (emisfero sx).Nella visione di Panikkar ogni parola deve essere sacramento quindi deve causare ciò che esprimealtrimenti è priva di efficacia, idem accade fino a quando chi parla non incarna sé stesso in quello che dice.Il senso ha a che fare con l’idea di responsabilità in quanto ha l’individuo stesso come referente. Si riaprela questione del potere che abbiamo visto in precedenza ossia delle richieste dei sovraordinati di obbedire

ai doveri che l’ordine di sovraordinazione/subordinazione prescrive: appare insensato che una persona sisottometta a un’opinione ritenuta errata solo perché gli altri la ritengono giusta.Il silenzio non è semplice assenza di parole ma è il luogo della gestazione della parola. La parabola usatada Gesù ad es. è un momento per attivare sia la parte razionale che quella emozionale degli interagenti.Fast Thinkers: coloro che in salotti (per lo più tv) producono continuativamente parole non abilitate dalsenso, prive di energia, capaci di sedurre momentaneamente ma prive di forza propria.La forma pura della socievolezza non è chiacchiera; solo quella socievole è una società a tutti gli effetti.