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70 sviluppo e ambiente E Q UILIBRI Periodico trimestrale del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati - R egistrazione Tribunale di Roma - n. 374/89 del 21/06/1989 Anno XXII - Numero 70 - aprile/giugno 2011 - P oste Italiane SPA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB R oma COMUNICARE L’AMBIENTE

Comunicare l’ambiente - Equilibri n. 70

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Nel terzo millennio l’evoluzione e la diffusione delle tecnologie ridefiniscono con inedita rapidità il carattere della comunicazione, in tutte le sue declinazioni. Le notizie viaggiano rapide su stampa, TV, web, social network. Che posto trova l’ambiente in questo panorama? Il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati (Coou) propone uno spaccato del mondo della “comunicazione ambientale” in questo numero della sua rivista Equilibri.

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COMUNICARE L’AMBIENTE

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INDICE

Periodico trimestrale del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati

Registrazione Tribunale di Roma n. 374/89 del 21/06/1989

Direttore Responsabile:Paolo Tomasi

Anno XXIINumero 70 aprile/giugno 2011

Direzione, redazione, amministrazione: Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati Via Virgilio Maroso, 50 - 00142 Roma

Progetto grafico e realizzazione:eprcomunicazione Via Arenula, 29 - 00186 Roma

Stampa: PoligrafPomezia - Roma

Stampato nel mese di luglio 2011

EDITORIALE 3Il modo migliore di comunicare greenè esserlo

PRIMA PAGINA 4Una nuova par condicio per l’ambiente

ISTITUZIONI 6Ministero e cittadini insieme per l’ambiente

Sportelli verdi nella Pubblica Amministrazione

MEDIA 10Comunicare l’ambiente: che fatica

Il taglio basso dell’ambiente

C’era una volta... l’ecologia in TV

Green TV, ti vedo in format

Natura e media: quando il risultato ripaga

AZIENDE 18Imprese che fanno “green lobbying”

L’ecosistema è il nostro business

DALL’ ESTERO 22“The Tyranny of News”

STORIE 24Retorica ambientalista?I giovani non ci cascano più

Piccoli eco-reporter crescono

L’ambiente si fa strada tra i banchi di scuola

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Nella civiltà dell’informazione comunicare sembradiventato più importante che fare. Vediamo questamoderna contraddizione all’opera a ogni livello: dalleorganizzazioni internazionali, passando per i gover-ni per arrivare ai singoli.Il contenuto dell’azione rischia di tendere a zero se ilmeccanismo comunicativo si inceppa. Paradossal-mente, più si moltiplicano i metodi e le occasioni dicomunicare – dalle potenti TV satellitari che irradianoil pianeta ai 140 caratteri di un tweet che anticipasulla rete la notizia del giorno – più i fatti sembranoessere rapiti dalla loro dimensione mediatica: esisto-no in quanto notizie, immagini, elementi del discorsopubblico, ma perdono la loro consistenza e univocità.Questo fenomeno – che mi limito a descrivere senzainclusioni di giudizio – è particolarmente sensibilequando si tratta di comunicazione ambientale, temache abbiamo messo al centro di questo numero di“Equilibri”. Per anni, come osserva giustamente un“veterano” come Franco Foresta Martin nel suo arti-colo introduttivo, ci siamo lamentati del fatto che itemi della conservazione dell’ambiente, della soste-nibilità dello sviluppo fossero confinati in contestispecialistici o in evenienze catastrofiche. La comunicazione ambientale era vittima di due tiran-nie, quella della noia e quella opposta del sensazio-nalismo. Ovviamente le cose stanno in parte ancoracosì, ma una strada intermedia ha da tempo comin-ciato a farsi spazio, dovuta alla maggiore consape-volezza dei cittadini, ai progressi della scienza e all’incredibile espansione della rete. I temi ambien-tali hanno acquistato diffusione e interesse spesso incontrasto con l’informazione “mainstream”. Sonodiventati di moda. Oggi comunicare le ragioni dellatutela, della conservazione e della sostenibilitàambientale, almeno apparentemente, è diventatopiù facile. La capacità di ascolto delle persone è cre-sciuta, l’accettabilità sociale ormai compiuta – è anziconsiderato un paria chi non si adegua – e sia le risor-se sia i canali disponibili sono infiniti.Ma ogni evoluzione, ogni cambiamento è una meda-glia a due facce. In agguato ci sono altre insidie chehanno preso piede e si sono materializzate nelcampo della comunicazione ambientale, legate pro-prio al successo del suo richiamo. Mercato e ideolo-gia reclamano la loro parte anche in questo campo.Ricerche condotte dalla grande distribuzione ameri-cana hanno dimostrato che i consumatori non solosono disponibili a pagare un sovrapprezzo per pro-

dotti che abbiano caratteristiche “green”, ma addirit-tura considerano quella maggiorazione una garanziadi affidabilità del loro acquisto e, a parità di “conte-nuti ambientali” del prodotto, scelgono quello piùcostoso. Questo richiede una crescita della respon-sabilità delle aziende coinvolte nel settore e un sem-pre miglior controllo della corrispondenza tra mes-saggi e contenuti. Pena trasformare la sensibilità deiconsumatori in una gigantesca trappola commercia-le e la comunicazione in una fiera di luci e lustrinidove chi più grida più vende.

Allo stesso modo, da quando il discorso ambientali-sta è entrato nell’agone della politica in virtù del suopotenziale di consenso ha subito una torsione ideo-logica: effetto serra, nucleare, global warming, ener-gie alternative, persino le catastrofi naturali sonoentrate in una visione partigiana del mondo. Con ilrisultato che la comunicazione o si è schierata per-dendo credibilità o si è consegnata a un’altra tiran-nia, quella dell’equilibrio.Quando si tratta di affrontare un tema ambientalecontroverso, sui giornali è ormai invalsa l’abitudine difar esprimere un “esperto” a favore e uno contro.Questo mette la testata a riparo da accuse di partigia-neria, ma non fa che aumentare la confusione di chilegge. I media dovrebbero assumersi la responsabi-lità di scegliere, assieme alla fatica di analizzare afondo i problemi, perché restare in bilico sui problemiè facile ma rischia di tradire la missione di informare.Abbiamo dedicato un intero numero a queste rifles-sioni e non voglio anticipare i molti spunti interes-santi che vi attendono nelle pagine successive. Ma èun tema che ci sta molto a cuore proprio per la natu-ra stessa del Coou, dove l’azione e la comunicazionesono consustanziali: l’una non potrebbe darsi senzal’altra. E dove il fare e il raccontare ciò che si fa èparte della stessa missione.

Paolo Tomasi

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Il modo migliore di comunicare green

è esserlo

Per anni, la comunicazione ambienta-le è stata vittima di due tirannie,quella della noia e quella opposta delsensazionalismo.

“ “

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Soltanto le catastrofi fanno noti-zia in un giornale?Effettivamente per molti anni soltan-to le catastrofi hanno fatto notizianei giornali. È un grosso limite del-l’informazione: si ritiene che forzan-do i titoli o manomettendo la realtàsi ottenga più audience. Così facen-do però si corre il rischio di assuefa-re l’informazione con notizie noncorrette e allo stesso tempo dare uncattivo servizio ai lettori. In realtà laserietà e la validità del problemaambientale sarebbero in grado didare più che sufficienti titoli, senzaforzare la realtà stessa.

Che posto trovano i casi positividi comportamenti ambientaliall’interno di un giornale?Relativamente basso e marginale, almassimo concentrato nelle pagineinterne. Purtroppo la notizia positivanon viene considerata come unanotizia e anche questo è un limitedell’informazione. Mi pare che peròle cose siano un po’ diverse su inter-net, dove possono essere pubblicatimolti siti tematici, tipo il nostro,ecquo.it, dove si riesce a dare piùspazio alla notizia ambientale.

Crede che il quotidiano possaessere un mezzo di comunicazio-ne efficace per sensibilizzare l’o-pinione pubblica su temi comel’ambiente?Secondo me sì. Il quotidiano offre alletematiche ambientali un format posi-tivo, che riesce sia a fornire un servi-zio al lettore, sia a realizzare iniziativecongiunte con associazioni, enti epersone che vogliono fare qualcosa afavore dell’ambiente. Sponsorizzandopoi un certo evento su cui cercare difare informazione positiva, il giornalepuò sentirsi più responsabilizzato.

C’è un cambiamento nel modo incui viene trattato il tema del-l’ambiente in una redazionegiornalistica?Tutt’ora c’è una tendenza al cata-strofismo abbastanza marcata, quin-di non noto molto cambiamento.C’è sempre una propensione all’au-mento che riguarda la quantità dicomunicazione ambientale che vienefornita ai lettori, o ai telespettatori.

Ma spesso questi argomenti vengo-no affidati a redattori non specializ-zati; per forza di cose l’informazio-ne risulta un po’ superficiale o con-traddittoria, a seconda dei giorni.Servirebbero più specializzazioni diredattori che si occupano di ambien-te per le notizie ambientali, cosìcome avviene per gli altri settori.L’ambiente è una tematica comples-sa che richiede una competenza spe-cifica, per comprenderlo e conside-rarlo sempre un valore.

Qual è la vostra esperienza conecquo.it?Abbiamo raggiunto circa 40.000utenti; un risultato senza dubbio posi-tivo, soprattutto per lo scambio con ilettori, con chi frequenta il blog.Abbiamo anche un gruppo su Face-book, con circa 2.000 iscritti, perché èmolto importante cercare di avere unoscambio in entrambi i sensi: proporrenotizie e ricevere commenti. Questoserve per coinvolgere il lettore, chenon è più soltanto passivo ma puòessere parte attiva. Credo che l’infor-

mazione possa essere sempre in dop-pia direzione: strumenti come internetsono una risorsa importante perchéconsentono di allargare la platea dipersone che sono interessate a unatematica e consentono di farli parteci-pi dello sviluppo della notizia. Su inter-net si vede subito e in modo più diret-to quali notizie sono più interessantiper il lettore. Credo che questa sia unastrada importante per i quotidiani,utile per dare informazioni ambientalie proporre in maniera costruttiva noti-zie positive accanto a quelle negative;se è vero che la denuncia non devemai mancare, fornire poi anche lenotizie positive può dimostrare che ladenuncia delle volte ha effetto.

Alessandro Farruggia, nato aPrato nel 1962, è giornalista profes-sionista presso la redazione romanadei quotidiani “Il Resto del Carlino”,“La Nazione” e “Il Giorno”. Ha unpassato da giornalista radiofonico eda organizzatore di concerti rock.Oggi si occupa prevalentemente diambiente ed esteri, con occasionaliincursioni nella cronaca e nella politi-ca. Dalla fine degli anni Ottanta haseguito le principali conferenzeinternazionali sulle tematiche am-bientali, in particolare sui cambia-menti climatici, su cui ha scritto unfortunato testo edito da EdizioniAmbiente. Ha partecipato a due spe-dizioni del Progamma Nazionale diRicerche in Antartide (PNRA); per ireportage scritti in occasione dell’ul-tima, nel 2006, ha vinto il PremioSaint-Vincent di Giornalismo.

Il taglio basso dell’ambienteALESSANDRO FARRUGGIAGiornalista del Quotidiano Nazionale

LOGICHE DI MERCATO, CATASTROFISMI A RUOTA LIBERA, VENDIBILITÀ DELLE NOTIZIE:NELL’INTRECCIO DI INTERESSI CHE MOVIMENTANO LA VITA DI UN GIORNALE, L’AMBIENTE FATICA A TROVARE IL SUO LEGITTIMO SPAZIO.

Servirebbero più redat-tori specializzati su te-matiche scientifiche.

Approfondimentihttp://magazine.quotidiano.net/ecquo

ISTITUZIONI MEDIA AZIENDE DALL’ESTERO STORIEEDITORIALE PRIMA PAGINA

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ISTITUZIONI MEDIA AZIENDE DALL’ESTERO STORIEEDITORIALE PRIMA PAGINA

Nella sua esperienza professio-nale si è confrontato con la tele-visione analogica, quella digita-le, la radio, l’editoria, il web.Qual è, a suo avviso, il mezzoche veicola meglio la comunica-zione ambientale?Io ho cominciato 36 anni fa con l’a-nalogica in bianco e nero, quindi hola fortuna di aver attraversato tuttala storia degli ultimi 35 anni di co-municazione in Italia.Direi che la TV generalista, qualeche sia la sua modalità di trasmis-sione, resta la più utile per la comu-nicazione ambientale.Abbiamo fatto molti passi avanti,ma in Italia siamo ancora troppoindietro dal punto di vista della con-sapevolezza e dell’informazione dif-fusa per quanto riguarda i problemiambientali e la loro possibile solu-zione. Quindi prima ancora di anda-re in profondità dobbiamo lavorarein larghezza; prima ancora di con-centrarci sui canali tematici o sui siti,che se va bene, colpiscono pochedecine di migliaia di persone, dob-biamo continuare a lavorare suigrandi numeri, cioè sui milioni. Misento ancora molto vicino alla TVgeneralista, benché abbia lavoratocon altri mezzi e sia ancora convintoa farlo, perché bisogna ancora lavo-rare molto su una diffusione oriz-zontale prima di andare in verticale.

Ritiene che negli ultimi diecianni ci siano stati dei cambia-menti nel modo in cui vengonotrattate le tematiche ambientalinei diversi canali di comunica-zione?Purtroppo sì, ma in peggio. Quandoho cominciato la mia carriera, 36anni fa, fui chiamato da un tele-giornale per ragazzi in bianco e

nero come portavoce dei giovanidel WWF, per raccontare cosa face-vamo (pulizia delle spiagge, campiantibracconaggio e antincendio,sensibilizzazione nelle scuole). Ora,nelle TV generaliste, quanti pro-grammi a tema ambientale ci sono?O quanti interventi su tematicheambientali all’interno dei program-mi tipo magazine? Ci rendiamoconto di aver fatto enormi passiindietro: ci sono programmi impor-tanti, come La Macchina del Tempo,che aveva una grande attenzione aquesto, che sono stati cancellatidopo 12 anni di successo; program-mi incentrati solo su questo, come“Gaia il paese che vive” che è statocancellato – qui mi riferisco a pro-grammi di RAI e Mediaset allo stes-so modo. Quindi oggi purtroppo ilpanorama è più povero, siamoretrocessi, a favore di un approcciomolto superficiale e ideologico. Iprogrammi citati avevano imposta-zioni diverse; è noto che io e il col-lega di Gaia abbiamo un approccio

diverso al tema dell’ambiente, ep-pure vi dedicavamo intere puntate.Oggi questi programmi non ci sonopiù ma ci sono scontri furibondi sul-l’acqua, sul nucleare, trattati senzaconoscenza scientifica dei numerima con opinioni preconcette: pen-siamo ai termovalorizzatori o allediscariche. Sono temi trattati in ter-mini ideologici e strumentali, e nonsulla base di una conoscenza delproblema. Potrebbero anche esserciidee diverse sulle soluzioni da pren-dere, ma qui si parte a favore o con-tro una proposta saltando comple-tamente la fase conoscitiva.L’esempio di Fukushima: all’inizioha provocato l’abbandono del pro-gramma nucleare italiano, annun-ciata in prima pagina come la cata-strofe nucleare di questo millennio,poi però non se n'è sentito più par-lare; evidentemente non è stataaffatto una catastrofe. Oggi anchela stampa riconosce che le conse-guenze più pericolose, le visioni piùpessimistiche sono state sfatate.

C’era una volta... l’ecologia in TV ALESSANDRO CECCHI PAONE

Conduttore televisivo

SE L’AMBIENTE NON “BUCA LO SCHERMO” DIFFICILMENTE RIMANE NEI PALINSESTI. UN PROCESSO IRREVERSIBILE? UN PROFESSIONISTA DEL VIDEO

CI RACCONTA PREGI E DIFETTI DELLA TV ITALIANA.

Entro il 2012 si concluderà in Italia lo switch-off: lo spegnimento dei segnali televisivi analogici e il passaggioa quelli in digitale terrestre.

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n ostacolo considerevoleper la copertura dei princi-pali problemi ambientali dioggi è la natura delle noti-

zie. Si pensa che le vere notizie sianoquelle che in un giorno cambiano ilmondo: scoppia una guerra, siabbatte uno tsunami.Al contrario, la maggior parte deigrandi temi ambientali di questosecolo riguardano fenomeni compli-cati, diffusi, difficilmente comprensi-bili, con problemi distribuiti nel tempoe nello spazio. Ma provate a fotogra-farlo o a trovare il modo di far capirea un editore le sue implicazioni.Il cambiamento climatico è stato ilmanifesto dei problemi ambientalidel XXI secolo. Molti esperti dicono

che sarà un significativo problemaecologico e socio-economico entrouna o due generazioni e bisognaagire adesso, per evitare un enormeincremento delle emissioni dovute alriscaldamento, vista l’espansionedelle economie nei paesi in via di svi-luppo. Ma non vedrete mai un titolosulla pagina principale di un grandegiornale che recita: “Danni da riscal-damento globale: essiccamento dellecolture, inondazione delle coste, es-tinzione delle specie”.Tutte queste cose potrebbero acca-dere in bella vista nei prossimi decen-ni, ma si verificherebbero così disper-se nel tempo e nella geografia chenon rappresenterebbero una notiziacome la intendiamo noi. La maggior

parte dei cambiamenti nel paesaggioe degli sviluppi nella scienza del climasono incrementali per natura. Anchese la scienza aiuta a far luce, rimanesempre legata alle analisi statistiche,che includono ampi margini di errore.Nelle sale stampa che conosco, l’ag-gettivo “incrementali” in una storia èmorte certa per qualsiasi prospettivadi prima pagina, eppure è la caratteri-stica che definisce la maggior partedelle ricerche sull’ambiente. Gli editori bramano ardentemente lacertezza: vaghezza e ammonimentisono bandiere rosse che riduconoimmediatamente la “notiziabilità” diuna storia.Infatti, i reporter e gli editori a voltesono tentati di enfatizzare gli aspetti

“The Tyranny of News”Articolo tratto dal blog di Andrew C. Revkin, giornalista del New York Times

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più succosi – e spesso meno appurati –di alcuni eventi ambientali, in partico-lare nel tardo pomeriggio, quandotutti in redazione scandagliano il“pensiero della prima pagina”.Fanno così a loro rischio e pericolo, econ la possibilità di suscitare ancor piùcinismo e incertezza nella mente dei let-tori sul valore dei media – specialmentequando dopo un mese la notizia vira inun’altra direzione. Come giornalista,può essere difficile controllare il proprioistinto alla notizia e insistere sul fattoche una storia non è “da copertina”, oche meriterebbe 300 parole invece di800; ma non è impossibile.Gli scienziati hanno gli stessi problemicon le stesse situazioni. Più e più volte,ho incontrato scienziati disperati per-ché tematiche che considerano vitali,come il cambiamento climatico o ladiminuzione della biodiversità, nonricevono un’attenzione adeguata. Sisentono come se loro “lo capissero” eil resto del mondo no. Quando parlanocoi media, alcuni sono tentati di anda-re oltre ciò che la scienza sostiene– focalizzando l’attenzione sui livellipiù alti delle previsioni riguardo le tem-perature globali nel 2100 o eviden-ziando gli spaventosi scenari dovutialle emissioni generate dai gas serra.Recentemente, alcuni scienziati e

gruppi ambientalisti hanno collegatole ragioni del devastante uragano del2004 e 2005 della Florida al riscalda-mento. Eppure la variabilità nella fre-quenza degli uragani e i loro bersagliescludono tali collegamenti senza unagran quantità di avvertimenti e leproiezioni scientifiche parlano solo dilieve intensificazione delle tempestetropicali nel tardo secolo.La copertura che ha collegato questetempeste al riscaldamento degli ocea-ni ha determinato un contraccolpoquando alcuni esperti di uraganihanno contestato le affermazioni fattealla stampa. Alcune dichiarazioni rila-sciate alla stampa, relative al clima eagli uragani, erano state fatte da cli-matologi che non avevano competen-za sulle condizioni che avevano gene-rato queste grandi tempeste. Comerisultato, alla fine del 2004, un esper-to federale di uragani, ChristopherLandsea, si è ritirato in segno di prote-sta al processo di revisione-climaticadel Congresso Intergovernativo sulCambiamento Climatico. Il risultatoprobabilmente è stato un aumento diindifferenza e confusione pubblica sucosa stesse realmente accadendo.Questa tendenza di tutti, dagli scienzia-ti ai giornalisti, di focalizzare l’attenzio-ne sull’elemento più discutibile quando

il clima fa parte di una notizia, ci si èritorto contro in modo significativo nel-l’agosto del 2000. Un reporter scientifi-co del “New York Times” scrisse cheuna coppia di scienziati su una crocieraturistica rompighiaccio, nella regioneartica, aveva visto una larga chiazza diacqua aperta nel Polo Nord. Forse ilprimo avvenimento simile in centinaia dianni. Meglio ancora, c’erano le foto. Inun’intervista, uno degli scienziati attri-buiva l’apertura nell’acqua al riscalda-mento globale, e in un tranquillo week-end d’estate, la notizia balzò in primapagina. Finalmente, la questione delcambiamento climatico sembrava com-portarsi come una notizia di cronaca.Era vivida e drammatica, e implicavaprofondi cambiamenti in corso.I servizi televisivi e i vignettisti umori-stici inseguirono immediatamente iltema della perdita della residenza esti-va di Babbo Natale.Purtroppo, la storia era infondata.Chiamare qualche esperto indipen-dente avrebbe potuto aiutare il gior-nalista a evitare l’impaccio. Sebbenein estate vaste regioni dell’Articopotrebbero trasformarsi rapidamentein mare aperto, l’avvistamento del2000 era irrilevante: il ghiaccio mari-no è come un labirinto, fatto da pezzidi puzzle galleggianti e spazi aperti. Sisarebbe dovuto aspettare, prima dirichiamare all’appello il cambiamentoclimatico. Dal 2000, la scienza hacostantemente sottolineato il semprecrescente ritiro di ghiaccio marinoartico, soprattutto d’estate, comeindicatore primario del riscaldamentoprovocato dall’uomo. Ma rimane unprocesso sottile, carico di incertezze.Dopo aver trattato il clima per più di20 anni, la mia sensazione è che non sipotrà trovare nessuna singola notiziacapace di generare titoli in grado di sti-molare l’attenzione pubblica e la pres-sione politica. Non si potrebbe maidimostrare in modo definitivo che anomalie climatiche, anche estreme – come una siccità decennale inOccidente – siano causate dal riscalda-mento prodotto dall’uomo.

Approfondimentihttp://dotearth.blogs.nytimes.com/author/andrew-c-revkin/

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Com’è nato e come si è sviluppatoil concorso Giornalisti nell’Erba?È nato nel 2006, per caso, quandoabbiamo partecipato a un “Pulia-mo il mondo”, coinvolgendo con lanostra testata giornalistica unpugno di ragazzini: dopo aver pulitoinsieme il nostro paese, abbiamoregalato loro un concorso, un gioco.È nato da una cinquantina di ragaz-zi, e poi si è sviluppato da solo, con-tinuando a crescere nella sensibilità,nella voglia di fare qualcosa e dicomunicare qualcosa per l’ambien-te. Ora siamo a quota 3.000 datutta Italia, e quest’anno anche dal-l’estero, dall’Europa. Il gioco, lacompetizione e la giuria ci fannocrescere: ci siamo arricchiti di sezio-ni di gara diverse, giuria competen-te e specializzata, e anche i ragazzisono molto migliorati.

Il concorso suggerisce ai ragazzidi cimentarsi in lavori a temaambientale. Come sta cambiandola sensibilità dei giovani su que-sto tema?I ragazzi di GnE sono mediamentemolto più competenti di noi. La lorocompetenza è molto specifica, setto-riale e approfondita, e sono capaci dicomunicarla in maniera più immedia-ta di quella a cui siamo abituati. Nonsono ambientalisti noiosi o un po’spocchiosi come quelli a cui siamoabituati, ma sono divertentissimi epreparatissimi. Credo che siano degliottimi cittadini del futuro.

Che rapporto c’è tra i giovani aspi-ranti giornalisti e i mezzi di comu-nicazione che possono utilizzareper partecipare al concorso?Quest’anno la preferenza è andatanettamente al multimediale, ai video.Ce ne sono alcuni realizzati molto

bene, ben montati e di elevata qua-lità. Nei contenuti, inventano moltis-sime cose che non vedremmo mainelle TV tradizionali, tutt’al più nelweb. I ragazzi infatti navigano ininternet molto di più di quanto guar-dino la televisione e inventano storiecon inviati speciali che intervistanoaddirittura personaggi mitologici. C’èun misto di fantasia e infanzia chenon esclude la competenza, perché icontenuti sono comunque moltoevoluti, tanto da risultare più effi-caci dei nostri format su tematicheambientali.

Ci sono casi particolari che vi sonocapitati nell’ultima edizione?Sì, ha partecipato una redazione diragazzi rom di Roma. Hanno dagli 8agli 11 anni. L’anno scorso hannovinto anche una medaglia dal Presi-dente della Repubblica, presentandoun calendario plurilingua in cui rac-contavano il modo di vedere l’am-biente secondo la loro tradizione.Anche quest’anno hanno partecipatoe la giuria sta valutando i lavori; sonoconvinta che avranno ottimi risultati,hanno usato molte più lingue: serbocroato, rumeno, italiano, inglese.

Da chi è composta la giuria equali sono i criteri di valutazionedei lavori che vi arrivano?La giuria è molto varia, composta dagiornalisti, direttori di testate nazio-nali o web. Abbiamo anche un geo-logo, scienziati dell’Esa (AgenziaSpaziale Europea), esperti d’ambien-te, direttori di giornali specifici sultema. Ognuno ha il suo metro divalutazione perché ognuno ha il suomodo di vedere l’elaborato. I voti poivengono incrociati e si ricava lamedia, e dopo un tavolo di discussio-ne si decretano i nomi dei vincitori.

Quali sono i premi in palio per ivincitori del concorso?Sono occasioni di fare ulteriore for-mazione, di approfondire questetematiche, come gli appuntamentinelle redazioni dei giornali, le setti-mane offerte dalla fondazioneColor your life per la formazioneevoluta e professionale, o l’Acqua-rio di Genova che offre ingressi gra-tuiti al parco. Ci sono anche lemedaglie consegnate dall’Ordinedei Giornalisti, targhe e riconosci-menti ufficiali da enti istituzionali epubblici.

Come si svilupperà questo con-corso?È un gioco, ma serve a formare deiredattori veri. Il nostro obiettivo èquello di dare vita a delle redazionilocali, prima regionali, poi magariprovinciali, per costruire la più gran-de giovane redazione ambiente delmondo.

Paola Bolaffio è giornalista profes-sionista dal 1991. Ha lavorato comeredattore, capo cronista e inviatoin vari quotidiani locali a Firenze,Prato, Siena, Arezzo, Brescia, oltreche a Paese Sera. Redattore di giudi-ziaria all’“Indipendente” negli anni diTangentopoli, ha pubblicato un libro-inchiesta sui servizi segreti, scrittocon Gaetano Savatteri. È madre diquattro figlie. Nel 2006 ha ideatoGiornalisti nell’Erba.

Piccoli eco-reporter cresconoPAOLA BOLAFFIOIdeatrice e responsabile di Giornalisti nell’Erba (GnE)

DA UN SEMPLICE GIOCO, A VOLTE, NASCONO GRANDI ESPERIENZE. COME “GIORNALISTI NELL’ERBA”, CHE RISCHIA DI DIVENTARE LA PIÙ GIOVANE REDAZIONE AMBIENTALE D’ITALIA.

Approfondimentiwww.giornalistinellerba.org

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antastici premi per le classi diScuola Web Ambiente chehanno realizzato i migliori tg a

tema ambientale.Sono sei le classi che hanno vinto ilconcorso nazionale TG Ambienteindetto dal Consorzio Obbligatoriodegli Oli Usati; tra le scuole primarie, ilprimo posto è spettato alla classe 2a

dell’I.C. Pio da Pietralcina (Pisticci,Matera), il secondo posto alle classiquarte dell’I.C. Polo 2 (Casarano,Lecce) e il terzo posto alla 3a del 195°C.D. plesso “Emanuela Loi” (Roma).Tra le scuole secondarie di primogrado ha vinto la classe 3a dell’AmbritRome International School di Roma,seguita dalle classi secondarie dellascuola Ottolini di Rescaldina (Milano) edalla 1a dell’I.C. Bianchi di Colosimi(Cosenza).

Il concorso TG Ambiente è nato dalprogetto di educazione ambientaleScuola Web Ambiente e ha impegna-to le classi di tutta Italia nella realizza-zione di un telegiornale su tematicheambientali. Il comitato tecnico-scien-tifico, composto dal COOU, dal Mi-nistero dell’Istruzione, da Legam-biente, dalla redazione del TG Ragazzidella RAI e dal Ministero dell’Ambi-ente, ha valutato i lavori secondo i cri-teri di veridicità, esaustività e chiarez-za della notizia, originalità della formaed espressività. I partecipanti chehanno vinto realizzando i migliori tg sisono aggiudicati premi di alto livello:da un soggiorno presso un Centro diEducazione Ambientale di Legam-biente a una visita in una vera e pro-pria redazione giornalistica. Il Consorzio Obbligatorio degli Oli

Usati ha messo in palio anche stru-menti tecnologici utili alle classi e allescuole: fotocamere digitali, personalcomputer e video proiettori.Il progetto Scuola Web Ambiente(www.scuolawebambiente.it) rima-ne attivo per tutte le classi iscritte,che possono continuare a realizzarelavori e inchieste sul proprio territo-rio, caricare il materiale sui siti inter-net messi gratuitamente a disposi-zione dal Consorzio, condividere conla web-community le proprie espe-rienze e proporre azioni concrete indifesa dell’ambiente.Per aderire al progetto bastainviare una e-mail indicando ilnome dell’istituto, del docente diriferimento e i recapiti telefoniciall’indirizzo:[email protected]

L’ambiente si fa strada tra i banchi di scuola

IL CONSORZIO OBBLIGATORIO DEGLI OLI USATI PREMIA I VINCITORI DEL CONCORSO NAZIONALE “TG AMBIENTE”.

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A volte basta poco per inquinare tanto: un cambio d’olio dell’auto gettato in un tombino o in un prato. Un gesto insensato che rischia di inquinare unasuperficie enorme di 5.000 metri quadri. Invece se raccolto correttamentel’olio usato è una preziosa risorsa perché con il riciclo diventa nuovo lubrificante. Così si risparmia sull’importazione del petrolio e anche l’ambienteci guadagna. Aiutaci a raccoglierlo, non mandare a fondo il nostro futuro: numero verde 800.863.048.

RACCOGLIAMO L’OLIO USATO. DIFENDIAMO L’AMBIENTE.

SE GETTI VIA L’OLIOUSATO DELLA TUA AUTO

INQUINI UNO SPAZIO GRANDECOME SEI PISCINE OLIMPICHE.

LA NAZIONALE ITALIANA DI PALLANUOTO HA DEVOLUTO IL COMPENSOAL FONDO TERREMOTO ABRUZZO DELLA PROTEZIONE CIVILE NAZIONALE.

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