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Indagine nazionale sulle comunità terapeutiche per adolescenti

Comunità terapeutiche peradolescenti come terre di mezzo:

tra riconoscimento eindividuazione

Gruppo di lavoro di F&S “Mito&Realtà” Coordinato da Luca Mingarelli

ANNO 2019

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Indagine nazionale sulle comunità terapeutiche per adolescenti

INDICE

1- PREFAZIONE di Marta Vigorelli……………..………………………………………………… 4

2- INTRODUZIONE di Luca Mingarelli………………………………………………………….. 5

3- INDAGINE SUGLI ACCREDITAMENTI DELLE COMUNITA’ PER MINORI IN ALCUNE REGIONI ITALIANE a cura di Marco Lunardon e Alessandro Uselli…………………………………………………………………………………………….….10

3.1- Cos’è l’accreditamento istituzionale?

3.2- Quali delibere regolano la materia degli accreditamenti regionali?

3.3- Che cos’è emerso dalla ricerca? Aspetti generali

3.4- Quanto costa la permanenza in comunità terapeutica?

3.5- Obiettivi futuri

4- MAPPATURA a cura di Vittoria Quondamatteo, Alessandra Cipolloni, Luciano Grillo, Karolina Sarna, Simone Amendola, Micheli Lucia, Donatella Gualerni e Giorgia Ortolani…….………………………………………………………………………20

4.1- La Ricerca-Azione

4.2- Rilevazione del campione

4.3- Metodo, partecipanti e strumenti

4.4- Risultati

4.5- Conclusione

5-FOLLOW-UP a cura di Giuseppe Pozzi………………………………………………….……..… 38

5.1- Adolescenti e giovani adulti in Comunità. Percorsi e Reti Sociali. Dalle comunità terapeutiche per adolescenti alla comunità sociale: un investimento possibile e di civiltà

5.2- 1963. L’intervista a Edoardo Balduzzi

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5.3- Qualche caso di dimissione riuscita

5.4- Il mito di Elpis e la metodologia adottata nella tesi di laurea

5.5- Le istituzioni e la ricerca catamnestica

5.5.1- Cooperativa La Goccia

5.5.2- Fondazione Rosa dei Venti

5.5.3- Artelier

5.6- Perché è necessario investire nella speranza e come farlo?

5.7- Scheda catamnestica – metodologia

6- SINTESI …………………………………………………………………………………… 49

7- LINEE DI INDIRIZZO ACCREDITAMENTO TRA PARI ASSOCIAZIONE MITO & REALTA' (o fondamentali minimi essenziali) Comunità Terapeutiche e/o ad impatto terapeutico per adolescenti .……………………………………………. 50

8- BIBLIOGRAFIA ……………..…………………………………………………….…………….. 53

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1 PREFAZIONE di Marta Vigorelli

Mito&Realtà avendo approfondito all’inizio della sua storia lecaratteristiche di cura delle comunità per adulti è approdata in questi annia un lavoro ineludibile che riguarda le comunità per minori e adolescenti,nella consapevolezza che occuparsi di questa fascia d’età e diproblematiche sempre più in crescita, sia la condizione per prevenire lacronicizzazione e il meccanico trasferimento di giovani caratterizzati dagrave sofferenza mentale in strutture o reparti per adulti, senzaconsiderare la specificità dei loro bisogni.L’aggregazione di numerose comunità che si sono sistematicamenteritrovate per approfondire questi temi ha dato come frutto fecondo unarelazione a un convegno, da cui sono state estratte queste essenziali lineedi indirizzo che rivolgiamo a operatori, amministratori, utenti, famiglie epolitici per cominciare a dare risposte efficaci e a formulare progetticondivisi

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2 INTRODUZIONE di Luca Mingarelli

È da oltre 21 anni che i servizi pubblici ci domandano in quale comunità si possano fare gli invii, se ci sono, dove sono, come lavorano, quanto costano…. Ed è da molti anni che i familiari di minori e adolescenti problematici e sofferenti ci richiedono con insistenza la possibilità di accoglierli in contesti di cura competenti e adatti a loro; inoltre – come ben sappiamo e come è stato detto nell’introduzione di questo convegno – le attuali ricerche in ambito psichiatrico e psicoterapeutico, ritengono centrale la questione dell’intervento tempestivo e clinicamente efficace, al primo comparire di forme di disagio psichico in minori e adolescenti.

Per rispondere a queste importanti sollecitazioni, e grazie all'impulso di MartaVigorelli, un anno fa è nato il gruppo di lavoro che ha preparato questointervento. Esso è composto da operatori di alcune strutture per adolescenti eminori di età provenienti da differenti regioni, quali Lazio, Marche, Veneto eLombardia, che si riconoscono e son socie dell’associazione Mito&Realtà. Lanostra Associazione, pur avendo dedicato fin dalle sue origini uno spaziosignificativo a questo tipo di area, ha deciso per la prima volta di dedicareesplicitamente un convegno a questo tema e a questa fascia di età. Per questo siamo molto grati e contenti di poter portare questa mattina un primocontributo. Insieme ci siamo anche coordinati per realizzare percorsi evolutiviper i minori più gravi, che hanno bisogno di più esperienze comunitarie neltempo, in modo che possano transitare nella nostra “rete” consentendo unacontinuità terapeutica e una maggior forza nel dialogo con i servizi e le famiglie.Un’espressione di questa forte integrazione tra noi, sarà presentata attraverso unastoria clinica nell’intervento finale della mattinata. In parallelo Mito&realtà sta svolgendo anche una importante ricerca biennale incollaborazione con il Policlinico, di cui sono co-responsabili AntonellaCostantino e Marta Vigorelli. I risultati vi saranno certamente presentati infuturo.In questa premessa partirei innanzitutto da un dato storico: le Comunitàterapeutiche per minori esistono in Italia dal 1986, 32 anni fa, ed eranoinizialmente gestite dalla psichiatria. La NPIA non esisteva come servizioautonomo: la prima è sorta a Desio (Mi), con la Direzione della dott.ssa ArmidaLazzeri. Qualche anno dopo nasce la ex CT Delfini a Niguarda, diretta dalla DottoressaCarla Marzani. Entrambe queste due prime strutture sono dell'azienda pubblicain regione Lombardia. Poi, nel 1998, nasce la prima comunità terapeutica del

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privato sociale in Lombardia, aperta da Rosa dei venti in provincia di Como; inseguito sorgono molte altre strutture di cui, come vi mostreremo, abbiamocercato di fare un’iniziale mappatura.Come ben sappiamo, le CT per adolescenti, pur avendo fattori comuni,possiedono caratteristiche specifiche, che differiscono da quelle delle CT peradulti per vari motivi. Tra i tanti, ne cito solo due essenziali:

I minori di età non scelgono di entrare in CT, la loro motivazione edinteresse sono perlopiù assenti o minimi, e non scelgono neppure ilquando uscire, eccetto al compimento dei famosi 18 anni. Questo datocomporta che gran parte del nostro lavoro è orientato ad aiutarli acomprendere il senso del passaggio in CT e a lavorare per creare lecondizioni facilitanti una graduale e sostenibile alleanza terapeutica.

In secondo luogo, trattandosi di minori, le questioni della responsabilitàclinica e legale sono molto complesse e delicate, e comportanonecessariamente una connessione e un dialogo, oltre che con la retefamiliare e dei servizi invianti, anche con una rete di avvocati esperti, conla camera minorile (partner di questo evento), oltre che con CGM, USSM,forze dell'ordine ecc.

Ci siamo chiesti: che cosa intendiamo per Comunità terapeutica, specifica perminori e adolescenti?Il nostro titolo lo dice in sintesi: la CT è una terra di mezzo, uno spazio/temporelazionale ed esperienziale per un transito tra il riconoscimento dei bisogni,del disagio più o meno grave dell’adolescente e l’individuazione di risorse epotenzialità evolutive.La Comunità Terapeutica per adolescenti è un luogo dove la difficile sfida socialedel convivere è notevolmente amplificata dalla naturale complessità dell’età edelle problematiche personali degli adolescenti residenti. La pensiamo edesploriamo come un luogo di ricerca-azione, in cui ci si sforza di integrarel’educazione e la terapia.Consideriamo la Comunità Terapeutica come un essere vivente, un nuovo mododi vivere le relazioni, un sistema aperto delimitato da un confine che lo separae lo mette in contatto con il mondo sociale, la famiglia e i parenti degliadolescenti, i Servizi pubblici, la cittadinanza. Il governo e manutenzione delconfine è un punto critico e fondamentale che ha un impatto non solo sulsuccesso del trattamento di Comunità Terapeutica e sul contenimento degliimpulsi dei giovani ospiti, ma anche sui processi di contaminazione della cura,dovuti alle modalità osmotiche in azione nelle famiglie patologiche, e suifrequenti blocchi burocratici del sistema curante.

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Le componenti della rete interne ed esterne sono coinvolte “ognuna a suo modo”,dall’adolescente ai genitori, dai Servizi invianti agli operatori, e diventano condiverse modulazioni soggettive protagonisti attori del progetto. La rete curante(clinica sociale) comprende sia i responsabili clinici della Comunità Terapeuticache i Servizi territoriali invianti: il fatto di invitare i Servizi Pubblici ad incontriperiodici presso la Comunità Terapeutica costituisce parte integrante dellamodalità di intervento delle comunità accreditate con M&R ed è ritenuto unacondizione indispensabile alla cura (per motivi che andrebbero approfonditi insede idonea). La Comunità Terapeutica è dunque un micro-sistema complesso e in continuomovimento, come l’adolescenza, ed è costituito da sotto-sistemi che sirapportano fra loro, inseriti nel macro-sistema sociale: l’intervento in CTcomprende dunque sia la dimensione del rapporto fra io e gruppo, sia quella delrapporto fra comunità e società. In questo “ambiente relazionale” cerchiamo anzitutto di creare le condizioni perpermettere ad ogni adolescente di esprimersi e di fare esperienze di vita“sufficientemente sane”, ma anche di accoglierne i bisogni fondamentali e lesofferenze traumatiche: questo significa essere presenti alle crisi, agli episodi diviolenza, noia e trasgressione, e sforzarsi di intraprendere insieme quel difficilecammino che può accompagnare l’ospite verso un più profondo senso di Sé everso un livello di autonomia sostenibile e soddisfacente.La durata della permanenza è un concetto chiave; gli ospiti adolescenti arrivano,si incontrano per caso, per poi separarsi. Ci sembra importante esplicitare findall’ingresso ai residenti, alle famiglie e agli invianti la temporaneità di questaesperienza: questo a volte può facilitare ad un adolescente la difficile impresa diriuscire a vivere in comunità. Infatti l'allontanamento dal sistema familiare di un adolescente è causa di intenseemozioni di sofferenza e di forte angoscia di separazione. A questo proposito unavolta il prof. Charmet, in uno scambio di battute, mi ha detto: “L'atto diinserimento in comunità terapeutica è per un minore come una “deportazione”.Questo ci fa rendere conto della delicatezza del momento di entrata in CT, chechiede una particolare attenzione.La Comunità Terapeutica viene spesso immaginata nelle fantasie degliadolescenti, dei loro genitori e della società come un luogo per i “matti” o per“criminali”, e dunque come una realtà non idonea per nessuno di loro. Icommenti dei ragazzi, soprattutto nel primo periodo di inserimento in ComunitàTerapeutica, sono: “Qui ci sono regole da carcere: che schifo, non puoi fare nulla”.Oppure, all'opposto, i residenti nutrono l'aspettativa che la comunità sia “un

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hotel a cinque stelle”, in cui tutto è dovuto e si può essere “serviti e riveriti”. Glioperatori sono di volta in volta investiti proiettivamente della funzione di“secondini” o di “camerieri”, con una pressione continua che rende molto difficileil mantenere il proprio ruolo professionale. Da questo punto di vista la comunitàha la funzione fondamentale di essere un contenitore, un luogo dove gli agitidisturbati e turbolenti degli ospiti si scontrano e si incontrano con le azionieducative e terapeutiche. Lo scambio tra il dentro e il fuori della Comunità Terapeutica è un temaampiamente discusso nelle riunioni in CT, e tutti gli operatori sono coinvolti nelfacilitare un processo di interazione fra queste due dimensioni. È pensierocomune ormai che l’apporto della società sia molto utile alla ComunitàTerapeutica e ai suoi ospiti, che beneficiano notevolmente degli scambi con ilterritorio. Crediamo inoltre che, in prospettiva, vi possa essere un’influenza deivalori della Comunità Terapeutica anche verso la società esterna, poiché lacomunità è un luogo dove si continua a svolgere un “allenamento” rispetto alleregole di convivenza e alla democrazia dei ruoli, degli affetti e dei legami. Come vivere la casa che ospita la comunità è un altro tema di costante riflessione,su cui ci ha molto insegnato Carlo Viganò ex Direttore Clinico della CT Rosa deiventi: nelle modalità di rapporto con la casa cerchiamo di integrare gli aspettiartistici, poetici ed estetici con la visione terapeutica e l’azione educativa. Infattila casa, intesa come corpo collettivo di cui avere cura, è il grande laboratorio econtenitore della comunità. Di solito gli ospiti adolescenti portano in comunità ilproprio caos interno e la propria storia travagliata, e di conseguenza non hannointeresse né familiarità con la cura della casa. Il team curante cerca allora diincoraggiare la loro capacità di relazione con la casa: tenere in ordine gli spazidomestici, personali e collettivi. Naturalmente si tratta del tipo di ordine cherisulta sostenibile per un adolescente, che potremmo definire come un ordineabbastanza disordinato o ordine adolescenziale.Anche come gli adulti operatori abitano la casa è un aspetto fondamentale, chepuò innescare un processo di imitazione, a partire dal quale si può gradualmentesviluppare un senso di appartenenza e di rispetto per la casa-comunità. Solo dopouna fase iniziale di sviluppo dell’attaccamento e della fiducia è possibile avviareun processo di responsabilizzazione. Pagliarani a questo proposito scriveva che: “Il grado di responsabilità da affidareai pazienti deve essere compatibile con le loro capacità” (Pagliarani, 2014). Ingenerale, questo avviene nell’ultimo periodo di permanenza in struttura, in cuiviene lasciato spazio alla più ampia autogestione possibile, per far sperimentare everificare il livello di autonomia raggiunto.

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In comunità gli operatori hanno il compito di accogliere e contenere gliadolescenti presenti, con le loro crisi e i loro bisogni, spesso non ascoltati perlungo tempo; in relazione a ciò la domanda fondamentale da farsi e da fare è:“Cosa vuole esprimere, cosa mi sta domandando nel fare così o nel dirmiquesto?”; fondamentale dunque è dare significato ai loro agiti e alle lorodomande.Il dosaggio della frustrazione e della gratificazione è all'ordine del giorno inComunità Terapeutica per adolescenti: educare a tollerare che non si può averetutto quello che si vuole, né si può averlo subito, ma che allo stesso tempo si puòavere qualcosa, sotto certe condizioni e negoziazioni, può essere considerato unodegli obiettivi di fondo della cura.Sul tema cruciale del regolamento, delle regole di convivenza e del rapporto conl’autorità, per gli operatori di Comunità Terapeutica è utile ritornare in contattocon le proprie memorie personali, per poter meglio comprendere, cambiandopunto di vista, gli atteggiamenti e i modi di essere degli ospiti presenti, cogliendosimilitudini e differenze rispetto al proprio passato. Su questo potremo aprire unutile dibattito. Tanti sarebbero gli esempi e gli sviluppi di questi temi, permancanza di tempo quindi rimando ai libri che abbiamo pubblicato in questiultimi anni (Mingarelli, 2009; Bencivenga & Uselli, 2016; Mingarelli & Tonazzo,2018).

3. INDAGINE SUGLI ACCREDITAMENTI DELLE COMUNITA’ PER MINORIIN ALCUNE REGIONI ITALIANE

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MAPPA ACCREDITAMENTI IN ITALIA:ad oggi 10 REGIONI SU 20 HANNNO ATTIVI GLI ACCREDITAMENTI

L’eterogeneità dei modelli comunitari non è data soltanto dalla teoria e il metodosui quali fondano il loro agire terapeutico e riabilitativo, ma anche dal modo in cuiogni Regione definisce, in senso politico e amministrativo, i requisiti e i criteri cheregolano le strutture terapeutiche residenziali. Il gruppo «mappatura

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accreditamenti» è nato dall’esigenza di fare una ricognizione e capire se esistevaun’omogeneità nei criteri e requisiti che definiscono le CTRP tra le RegioniItaliane. Tale mappatura è avvenuta attraverso i contatti con altre CTRP di varieRegioni ed una ricerca in internet.

3.1 Cos’è l’accreditamento istituzionale?

L‘accreditamento istituzionale è il riconoscimento, da parte della Regione, dellapossibilità che un soggetto, già autorizzato al funzionamento e all’erogazione diprestazioni sanitarie, possa svolgere la propria attività per conto del ServizioSanitario Nazionale (SSN).L’accreditamento istituzionale è dunque una condizione necessaria per tutti coloroche, siano soggetti pubblici o privati, intendono erogare le prestazioni del ServizioSanitario Pubblico.L’accreditamento, che è un percorso obbligatorio per le strutture pubbliche (ASL,Aziende Ospedaliere), è invece facoltativo e volontario per i soggetti privati.Ottenere l’accreditamento non consente automaticamente di ottenere il diritto,per il soggetto privato accreditato, di svolgere prestazioni per conto del SSN;perché ciò avvenga è infatti necessario che si stipuli, fra Soggetto accreditato eAzienda Sanitaria/Ospedaliera un accordo/contratto che specifichi utenza,finalità, rapporto operatori/utenti, tempi, costi, modalità e quantitativi diprestazioni erogabili in convenzione con il SSN.Senza questo passaggio contrattuale, l’essere accreditati garantisce al soggettoprivato solo una potenzialità e non un diritto al convenzionamento. Questaulteriore declinazione Regionale è fondamentale perché definisce localmente, nonsolo gli aspetti quantitativi, ma anche quelli qualitativi (le modalità di erogazionedei servizi ed i processi di erogazione).

3.2 Quali delibere regolano la materia degli accreditamenti regionali?

Sono due le Delibere che regolano la materia degli accreditamenti regionali:

1. La Delibera della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell’ambito dellaConferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le ProvinceAutonome che insieme all’ Agenzia Nazionale per i Servizi SanitariRegionali, indica l’accreditamento come lo strumento di garanzia e qualitàche mira a promuovere un processo di miglioramento continuo della

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qualità delle prestazioni dell’efficienza e dell’organizzazione delle struttureaccreditate. Inoltre si fa riferimento all’Allegato A “disciplinare per larevisione della normativa dell’accreditamento”.

2. Successivamente il Consiglio dei Ministri, nella Conferenza Unificata del 13novembre 2014 ha sancito, attraverso l’Accordo stato regioni dal titolo “Gliinterventi residenziali e semiresidenziali terapeutico riabilitativi perdisturbi neuropsichici dell’infanzia e dell’adolescenza” (Conferenza delleRegioni e delle Province Autonome 14/130/CR08a/C8”), i requisiti/criterispecifici per le strutture residenziali per i minori (CTRP, ma anche CER,CED)

Questo passaggio risulta fondamentale perché questo è il testo che deve esseredeclinato poi nell’accordo/contratto a livello locale - ASL - con il privato-accreditato.

3.3 Che cos’è emerso dalla ricerca? Aspetti generali.

• La ricerca va intesa come un work in progress, attualmente considera 11Regioni su 20 ed il reperimento degli accreditamenti e degli accordi localinon è stato agevole. Uno degli obiettivi è quello di creare un database.

• La ricerca ha fatto emergere che vi sono Regioni che non hanno declinato irequisiti dell’accreditamento generale in accordi locali con le struttureprivate secondo l’accordo Stato Regioni di cui sopra, come risulterebbe inRegioni quali la Campania e la Calabria.

• Inoltre vi sono Regioni che non prevedono le CTRP per minori come ilFriuli Venezia Giulia.

• Inoltre abbiamo potuto incominciare ad evidenziare la non omogeneitàdei requisiti specifici tra Regioni ed una diversità di rette giornaliere aseconda delle diverse dotazioni di personale, e diversi rapportioperatori/utenti

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• EMERGE UN QUADRO DI FORTE DISOMOGENEITA’

In questa tabella possiamo confrontare, per le Regioni esaminate, alcuni critericome: la fascia d’età degli utenti, il numero di posti, il rapporto operatori/utenti, laretta giornaliera pro-capite, le figure professionali previste, il totale delle oreerogate settimanali e annuali per rapporto operatori/utenti o sulla base delle ore/minuti previsti da alcuni accreditamenti regionali per le varie figure professionali. E’ importante qui evidenziare la diversità delle rette in base ai diversi livelli diintensità terapeutica/assistenziale. Nelle tabelle che seguono riassumiamo i requisiti presenti e quelle mancanti per lesingole Regioni prese in esame e le rispettive Leggi Regionali.

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In questi requisiti comuni ad ogni accreditamento, abbiamo notato che nonvengono indicati gli stessi criteri. Visti nel dettaglio abbiamo cercato dievidenziare i requisiti con i criteri meglio soddisfatti e quelli meno cercando disuggerire cosa questi requisiti potrebbero contenere, a nostro avviso, per poteressere migliorati.

1. FINALITÁ E TIPOLOGIA DI DISTURBI.

Ci si riferisce alla diagnosi, tipologia di prestazioni e loro finalizzazione(dal reparto…verso la famiglia.

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Non sempre viene indicato il modello teorico. Sarebbe utile che per tuttele realtà venisse richiesto, non solo le linee di indirizzo, ma anche ilmodello teorico di riferimento;

Sarebbe utile specificare quali diagnosi beneficiano maggiormente deltrattamento comunitario;

I disturbi antisociali sono o non sono trattabili in CT??

Lo stesso dicasi per i ritardi mentali in presenza di psicopatologia, nontutti beneficiano dei trattamenti comunitari generalmente intesi. (VediEmilia Romagna)

Non tutte le regioni indicano se accogliere soggetti con patologiestabilizzate o anche in fase sub acuta o criteri relativi al livello deldiscontrollo degli impulsi/oppositività/regolazione emotiva. Questi criterisi devono desumere dal livello di intensità assistenziale come descrittonegli accreditamenti di certe regioni?

2. UTENZA, RANGE D’ETA’ - SESSO

Continuità assistenziale: chi recepisce l’accordo stato-regioni deveprevedere la presa in carico del maggiorenne dal 17° anno d’età comunquenon oltre i 6 mesi antecedenti il compimento della maggiore età. Questo èun criterio troppo spesso disatteso

Proseguimento del maggiorenne fino ai 21aa prevedendo localidifferenziati. In alcuni casi si fa esplicito riferimento a non mettereinsieme <10 con >14

3. ACCESSO, TITOLARITA’ DEL CASO, CHI INVIA, DA QUALESTRUTTURA PROVENGONO

La complessità dei casi e la specificità della gestione della personaminorenne comporta interventi di rete con più servizi coinvolti e diverse

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professionalità che devono poi connettersi con la CT. Per questo sarebbeutile specificare le buone prassi per procedure di comunicazioni tra servizi

4. REQUISITI MINIMI ORGANIZZATIVI: TIPOLOGIA DEL PERSONALE,REPERIBILITA’, DEFINIZIONE MONTE ORE PER FIGURAPROFESSIONALE

La cosa fondamentale è non solo il rapporto operatori/utenti a tempopieno equivalente, ma anche la loro distribuzione nell’arco della giornata odella settimana, come la prevalenza di ed. prof/terp vs oss.

Sarebbe utile che tutti gli accreditamenti prevedessero un progettoformativo annuale per tutti gli operatori;

Sarebbe utile che fosse richiesta e garantita la supervisione a tutto ilpersonale della comunità. (Vedi Emilia Romagna)

Opportuni ci sembrano tutti quei criteri che specificano le caratteristichestrutturali di sicurezza specifiche per limitare il più possibile i danniderivanti da possibili condotte pericolose messe in atto dagli ospiti.

6. REQUISITI MINIMI PROCEDURALI, PROCEDURA DI AMMISSIONE,STESURA PTI E PTRP, PROCEDURE DI CONTROLLO E VERIFICA.

Con questo requisito in genere ci si riferisce alle procedure di stesura del PTI(PQ in veneto) e del PTRP e alle modalità di invio. Rimane un requisito ingenerale poco definito tuttavia è quello maggiormente implicato nel rapportoqualitativo-quantitativo. Eppure gli aspetti generali procedurali sonocontenuti nell’Accordo Stato Regioni. Ma tali aspetti non sono sempre declinatinegli accreditamenti specifici regionali.

Le procedure riguardano:

• le modalità di accesso

• la fase di osservazione e di assessment psicodiagnostico e riabilitativo• le procedure di comunicazione interne

a. tra operatori (riunioni d’equipe)

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b. tra operatori e utentic. tra struttura e servizi inviantid. tra struttura e familiari/legali rappresentantie. tra struttura e territoriof. Tra struttura e AA.GG., USSM

• valutazione e monitoraggio degli esiti• processi di revisione e adeguatezza delle attività proposte • gestione delle crisi / ricoveri• risk management• rendicontazione attività• attività formative• supervisioni / attività di ricerca e scientifiche Importanza di indicazioni sugli studi follow up

Come si vede dal confronto con la tabella, i requisiti minimi procedurali nonsempre sono attesi, sebbene le procedure abbiano un forte impatto sugli aspettiqualitativi e quantitativi delle comunità.

Quanto costa la permanenza in comunità terapeutica?

Nella nostra ricerca abbiamo osservato che le rette giornaliere pro-capite varianoda 167 a 395 euro. In alcune regioni la tariffa è fissa in altre regioni varia a seconda dei livelli diintensità assistenziali.Potrebbe essere utile ipotizzare e privilegiare i sistemi tariffari che variano alvariare dei livelli assistenziali attraverso dei range tariffari min>max per singolopercorso, anche vincolandoli ad una precisa temporalità di inserimento.

Obbiettivi futuri

Intendiamo proseguire la ricerca completando la raccolta dei dati sui requisiti diaccreditamento:

1. I requisiti minimi organizzativi, la tipologia del personale e i requisitiprocedurali sarebbe importante che indicassero criteri minimi comuni tra

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le varie regioni e in particolare i requisiti procedurali potrebbero arricchirsidi contenuti specifici teorici, metodologici e terapeutico riabilitativi(modelli teorici, linee di indirizzo, best practices, ebm)

2. Necessità di integrare i requisiti con test e scale di valutazione uguali e studidi follow up – Visiting per tutti

3. Necessità di definire quale formazione minima, per esempio prevederesupervisioni cliniche e organizzative

4. Necessità di definire le procedure per la gestione delle urgenze, ricoveri(dove?), risk management

I punti sopra elencati sono necessari per poter comparare le ricerche sull’efficaciadei trattamenti residenziali e tutti gli studi costi-benefici

Le visite dei valutatori/ispettori per la verifica dell’accreditamento prevedono ilcontrollo delle evidenze dei requisiti generali e specifici (strutturali, organizzativi eprocedurali) e delle attività che si svolgono all’interno di una comunità. Dareevidenza comporta l’impiego di una mole notevole di tempo per dare conto ditutte le attività e procedure ma questo non è sempre garanzia della qualità delleattività svolte e della loro adeguatezza rispetto ai casi trattati ne’ delle procedure(per esempio non viene verificato se si applica la giusta terapia in relazione alladiagnosi).Le valutazioni sono fondamentali, richiedono tempo, spesso confliggono con itempi della pratica clinica e questo è un annoso problema nel campo della salutementale. Ci chiediamo, al fine di ottimizzare i tempi e le risorse, quale equilibriotrovare tra gli obblighi dell’accreditamento e i tempi per la terapia e lariabilitazione degli utenti.In altre parole non si può passare più tempo a dare evidenza che non fare terapiacon i pazienti.Un ultimo punto riguarda la durata dell’accreditamento: nella regione Lombardia,per esempio, l’accreditamento è “per sempre” mentre nella Regione Veneto c’è unaverifica ogni 3 anni (e ogni 5 anni viene verificata l’autorizzazione all’esercizio). Sarebbe auspicabile trovare un livello di equilibrio anche in questo senso.

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4- MAPPATURA

4.1- La Ricerca-Azione

Del confronto fra le comunità terapeutiche per minori di età, favoritodall'adesione delle stesse all'associazione “Mito e Realtà”, è parsoimmediatamente evidente il comune sentore e il desiderio di andare oltre le

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singole esperienze laddove l'azione terapeutico-educativa non trova pienacompiutezza all'interno delle mura delle singole comunità.

Abbiamo colto l'opportunità di svolgere questa indagine con moltoentusiasmo, avendo avuto la sensazione che ci fosse in questa ricerca la chiaveper cercare di rispondere alle molte difficili domande: “Quale sarà il futurodei/delle bambini/e e dei/delle ragazzi/e con i quali abbiamo condiviso ildifficile percorso terapeutico?”, “Si può ipotizzare che ci siano realtà chehanno il nostro stesso obiettivo e con le quali possiamo aprire un dialogo diconfronto o condividere dei progetti?”. In risposta a questo desiderio il nostrogruppo ha provato ad iniziare una prima mappatura delle comunitàterapeutiche per minori di età che ci ha dato l'opportunità di provare asondare il territorio nazionale e di contattare una rete di strutture chepotessero intrecciare relazioni di supporto e collaborazione in un contestoche, ancora ad oggi, ci sembra caratterizzato da un gran desiderio diconfronto con realtà che rimangono ancora troppo isolate e vivono in unasorta di autoreferenzialità. Lo stimolo che ci ha permesso di iniziare a fare unamappatura è stato, quindi, il desiderio di attivare un processo d’incontro e discambio tra comunità terapeutiche.L'esigenza della ricerca nasce dalla necessità di aprire una riflessionesull'opportunità di condividere e divulgare pratiche, modelli d'intervento,somiglianze e di rilevare discrepanze nelle comunità terapeutiche per minoriche abbiamo contattato.In quarant'anni, dalla legge Basaglia, abbiamo assistito a un, se pur lento,processo di cambiamento sociale e culturale nell'ambito del disagio psichico.Quando intorno ad un'esigenza sociale nascono idee di cambiamento, questeproducono realizzazioni concrete che generano a loro volta idee e altrocambiamento. La società e il mondo scientifico si sono impegnati adaffrontare prevalentemente il disagio degli adulti realizzando mutamentinell'approccio terapeutico e riabilitativo; il mondo del disagio adolescenziale einfantile è stato preso in considerazione in tempi molto più recenti per cui citroviamo ancora in un terreno non ancora del tutto esplorato, pieno dicontraddizioni, ma affascinatane: non ci nascondiamo le difficoltà chepresentano l’esplorazione di tale mondo. Questo lavoro vuole essere un inizioper creare un terreno di nuove prospettive e di opportunità nell’affrontare ildelicato tema del disagio psichico infantile e adolescenziale.

4.2 RILEVAZIONE DEL CAMPIONE

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Un primo elenco di comunità per minori è stato stilato da una prima indaginevia internet e dall’adesione all’associazione mito e realtà.

La maggioranza dei dati di seguito riportati sono stati principalmenteacquisiti da siti nazionali, regionali, provinciali, comunali, siti del Ministerodella salute, siti per bandi di accreditamento. Ogni regione stabilisce,mediante codici di identificazione, la natura dell’intervento di ogni categoriadi struttura. Dunque, ci si è imbattuti nella difficoltà di reperire, regione perregione, una legenda che potesse associare ad ogni codice la specularetipologia di struttura. Dunque, è andata delineandosi una preliminare lista,suddivisa per regioni, delle strutture ipoteticamente aderenti ai criteririchiesti. Considerando la grande varietà di strutture etichettateamministrativamente mediante sigle e diciture differenti, da regione aregione, è apparso necessario procedere tramite una ricognizione diretta deicriteri di inclusione, che rendono tali strutture ad impatto terapeutico. Da quisi procede dunque con la strutturazione dell’indagine in due fasi, necessarieper una definizione e scrematura delle strutture, e alla stesura delquestionario, in modo da poter rispondere alla necessità di indagare criterispecifici e trasversali che questo gruppo di ricerca reputa indispensabiliaffinché una comunità possa definirsi ad impatto terapeutico, al di là delledifferenti e varie etichette amministrative.

4.3 METODO, PARTECIPANTI E STRUMENTI

Questa ricerca-azione è stata strutturata in una fase preliminare direclutamento delle comunità sul territorio nazionale e in due fasi successive,in cui le strutture sono state direttamente contattate.Nella fase preliminare l’obiettivo è stato quello di individuare le comunitàpresenti sul territorio nazionale che si occupano di salute mentale in etàevolutiva, utilizzando il motore di ricerca per Internet Google Search. Al fine

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di ricercare tutte le strutture per minori ad impatto terapeutico, inassociazione al nome della regione oggetto di indagine, sono stati inseriti iseguenti termini (e loro prodotti): “comunità” o “strutture”, “residenziali”,“minori” o “adolescenti”. Quando disponibili, sono stati consultati“Albo/Registro dei Servizi/Strutture Accreditate per Minori”. Inoltre, altri datisono stati acquisiti da siti nazionali, regionali, provinciali, comunali, siti delMinistero della salute, siti per bandi di accreditamento. Questo primo elencodi strutture è stato individuato tra Maggio e Settembre 2017. La ricerca inizialeha prodotto 110 risultati.Nella prima fase di “Contatto e Reclutamento delle Comunità Terapeutiche”(Fase 1), per effettuare una definizione del campione, è stata strutturato unbreve questionario composto da tre domande (Tabella 1).

Tabella 1. Questionario/intervista somministrata nella Fase 1.Criterio di inclusionesoddisfatto se …

1. Che fascia d'età ospitate? Ospiti adolescenti

2.

Avete uno psichiatra o neuropsichiatra infantile instruttura?

Psichiatra oneuropsichiatrapresente

3. L'invio dei vostri utenti è anche sanitario? Invio anche di tiposanitario

Questo questionario è stato inviato via e-mail alle 110 strutture identificate esomministrato al referente della struttura. Nel caso di impossibilità di reperirel’indirizzo di posta elettronica o di assenza di risposta, si è provveduto acontattare telefonicamente le strutture e, in tal modo, le domande hanno assuntola forma di una breve intervista. Al termine di questa prima fase, è stato possibile identificare quelle realtàcomunitarie i cui criteri di funzionamento potessero rientrare nel campione danoi ricercato. Le comunità che mostravano di possedere i requisiti d’accesso alla

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seconda fase (ospiti adolescenti; presenza di uno psichiatra o neuropsichiatrainfantile in struttura; invio degli ospiti anche di tipo sanitario) sono state 51. Nella seconda fase (Fase 2), a tali strutture è stato sottoposto un questionario,composto da 17 domande (Tabella 2), con l’obiettivo di comprenderemaggiormente nel dettaglio il funzionamento globale e le modalità di lavoro dellestesse. Le modalità di somministrazione sono state le medesime della Fase 1:contatto via e-mail e/o telefonico. Le comunità che hanno risposto alquestionario sono state 26.

Tabella 2. Questionario/intervista somministrata nella Fase 2.1. A quale fascia d’età appartengono gli utenti della vostra struttura?2. Accogliete esclusivamente maschi o femmine, oppure è presente

un’utenza mista?3. È prevista disponibilità di intervento per minori sottoposti a misura

penale?4. È prevista disponibilità di intervento per minori che fanno uso di

sostanze?

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5. Da quali e quante figure professionali è composta la vostra equipe?6. Sono previste attività terapeutiche interne alla vostra struttura? Se sì, di

che tipo?7. Sono previste attività laboratoriali interne alla vostra struttura? Se sì, di

che tipo?8. È prevista in struttura la presenza di un neuropsichiatra infantile o

psichiatra?9. La comunità si avvale di protocolli di valutazione in ingresso ed eventuale

follow-up in uscita?10. Quali sono gli enti che fanno una richiesta di invio presso la vostra

struttura? In che percentuale?11. Parallelamente alla richiesta di ingresso di un minore è prevista una

diagnosi precedentemente effettuata?12. Esiste accreditamento regionale o altro (autorizzazione al

funzionamento) per poter funzionare? Esiste una retta stabilita? Se sì, diquanto si tratta?

13. Sono previsti contatti sistematici con i familiari?14. Sono previsti contatti periodici con i servizi invianti? Dove? Ogni quanto?15. Qual è il vostro modello teorico di riferimento?16. Sono previste attività di supervisione? Se sì, con quale frequenza?17. Sono previste attività formative? Se sì, di che tipo?

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4.4 RISULTATI

Di seguito vengono riportati i risultati dell’analisi svolta sulle risposte datedalle strutture alle domanda del questionario somministrato nella Fase 2.

1- Rispetto alla fascia d’età dell’utenza ospitata le comunità contattatedifferiscono solamente rispetto al limite massimo di età, mantenendo unaflessibilità rispetto all’età minima per accedere alla struttura. Se la totalitàdelle strutture contattate riporta flessibilità rispetto all’età minima, seppurcollocabile tra i 13 e i 14 anni, dal questionario emerge come 18 comunitàaccolgono minori entro la maggiore età, 5 si rendono disponibili allaprosecuzione del progetto comunitario anche ai maggiori di anni 18all’interno della cornice istituzionale dell’ex art. 25, 2 comunità ospitanoanche i maggiorenni fino ai 25 anni di età. Una Comunità ha attivato unmodulo che accoglie minori dai 9 ai 14 anni (Tabella 3).

Fino 18 Fino 21 Fino 25 0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

Anno d'età

Tabella 3

2- Dalle risposte si evince che su 26 comunità, 24 ospitano sia maschi chefemmine; solo 2 strutture ospitano solo adolescenti di sesso maschile(Tabella 4).

3- Le comunità che prevedono l’intervento per minori sottoposti a misurapenale sono 21 su 26. (Tabella 4).

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4- Le comunità che prevedono disponibilità per minori che fanno uso disostanze sono 15 su 26, di cui 1 esclude la dipendenza da eroina, 3 previavalutazione, 2 prevedono utenza con problematiche di uso/abuso disostanze, ma escludono situazioni di dipendenza (Tabella 4).

Maschi e Femmine Misure Penali Uso di Sostanze

Tabella 4

Le comunità per minori, così come previsto dal sistema normativo italiano(DPR 448/88), prevedono anche la presa in carico di minori autori di reato,sia in termini di misura cautelare alternativa al carcere (art. 22), sia per lamessa in atto di specifici interventi riabilitativi e di reinserimento socialequali i provvedimenti di messa alla prova (art. 28). La presa in carico nelcontesto comunitario risponde, in termini di intervento, secondo un’otticameno improntata sugli aspetti punitivi e restrittivi ma focalizzata sulleprospettive e sulla valorizzazione delle risorse (Morhain & Chouvier, 2008;Pedulla, 2007) divenendo un luogo in cui “si scopre che la terapia derivadall’esercizio di una libertà di parola e di azione … dove sperimentare lapratica del riconoscimento, la costruzione dell’identità e la comunicazionedelle differenze” (Ferruta, Foresti, Pedriali, Vigorelli, 1998).

Emerge dalla suddetta terna di risposte come la tipologia di utenza risultantetipica delle comunità ad impatto terapeutico per adolescenti delinei un quadro diestrema complessità, sia rispetto alla gestione interna che tra la comunità stessa e

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l’esterno. Si evince come tematica particolarmente delicata nel campo diosservazione l’integrazione tra il mandato terapeutico e quello più implicito, dicontrollo sociale, il quale si traduce nel controllo e gestione della sessualità nellecomunità miste e del rapporto con l’esterno per gli adolescenti sottoposti amisura penale.

5- Le figure professionali presenti all’interno delle 26 comunità sonoeterogenee e rimandano ad una interrelazione tra sociale e sanitario(Tabella 5):

0102030405060708090

100

Tabella 5

Dove la contaminazione delle competenze e delle prospettive dovrebbe dare vitaad un pensiero comune complesso che possa indirizzare e comprendere ilcomplesso modo delle relazioni umani sintetizzato nel lavoro di equipe.

“Qui la professionalità si distingue per il suo carattere collettivo, connesso ad ungruppo, a un ambiente e ad un complesso di conoscenze e competenze; gliinterventi si caratterizzano più che per abilità individuali, per le capacitàcomplessive dell'equipe e del suo contesto.” (C. Kaneclin, A.Osenigo, 1992)

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6- Risulta che tutte le comunità propongono attività terapeutiche interne

Le attività terapeutiche sono fondamentali all’interno della comunità però il datoè approssimativo visto la complessità e eterogeneità delle attività (Tabella 6).

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Colloqui

Psicoter

apia

Gruppo Anali

si

Arteter

apia

Musica

Laborat

orio Em

ozioni

Gruppi T

erapeu

tici

Ippoterap

ia0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

Tabella 6

7- Anche per quel che riguarda attività laboratoriali interne tutte le comunitàcontattate hanno risposto di svolgerne internamente. Nella maggior partedei casi tali attività sono pensate e programmate in base agli interessipersonali degli ospiti. I laboratori maggiormente proposti riguardano lasfera gastronomica (cucina/orto). Sicuramente la stessa vita quotidianaessendo svolta all’interno di una comunità terapeutica diviene essa stessaterapeutica perché accompagnata e pensata con l’equipe curante. L’equipeè curante e di conseguenza terapeutica in quanto: "Il fine è sempre quellodi consentire un'esperienza conoscitiva": anche "fare qualcosa di sbagliato,come acquistare cibo che non va o saltare un incontro, è un'utileesperienza di apprendimento, se è seguita da un feedback, da unadiscussione, dalla comprensione delle ripercussioni emotive di ciò che si èsbagliato e dalla possibilità di riprovare" (D. Kennard, 1998). Il che vale,oltre che per i pazienti, per gli stessi operatori: "Ciò che vien preso amodello è un approccio non difensivo all'incertezza, una spinta a mettersi

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in gioco" (D. Kennard, 1998), supportato dalla capacità di elaborazione ditutta l’equipe.

8- In quanto domanda già presente nella prima fase della scrematura, latotalità delle comunità che hanno partecipato alla seconda fasedell’indagine riportano di come il Neuropsichiatria Infantile sia membrodell’equipe della comunità stessa.

9- Solo una comunità su 26 riferisce di non avvalersi di protocolli divalutazione d’ingresso ed follow-up in uscita.

10- La maggioranza delle strutture da noi contattate riportano come iprincipali enti invianti siano ASL, Servizi Sociali, Servizi di Neuropsichiatriainfantile (Tabella 7).

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44%

29%

13%

13%

EntiASL Servizio Sociale Neuropsichiatria Altro

Tabella 7

11- Un numero preponderante di comunità, 22 su 26, prevedono la definizionedi un quadro diagnostico precedentemente o parallelamente alla richiestad’ingresso del minore.

12- La totalità delle comunità intervistate riferiscono di essere in possessodell’autorizzazione al funzionamento. Le rette giornaliere risultano essereestremamente variabili: da 195 euro/die a 440 euro/die.

13- 14 Tutte le comunità propongono un lavoro di rete con i servizi diriferimento e mantengono contatti periodici con le famiglie degli ospiti.Risulta come sia fondamentale la presa in carico della famiglia dell’ospitenelle varie fasi del trattamento.

Tutelare un utente, salvaguardando la propria storia, impedendone laframmentazione dei legami e garantendo il riconoscimento e ilmantenimento della relazione “buona” con i genitori e i familiari, permette dipreservare il senso di appartenenza che è un tassello fondamentale nelladefinizione della propria identità. La distribuzione delle funzioni di cura fra idiversi soggetti istituzionali, nell’ottica dell’ integrazione, crea una sinergia dispinte trasformative sulla famiglia e sostiene i processi di differenziazione peril recupero di distinti ruoli genitoriali e filiali (Ferruta A.,Foresti G.,VigorelliM., 2012).

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La necessità e l’importanza del lavoro di Rete con i Servizi Territoriali èesplicitata dalla legge 328/00. Tale area di collaborazione risulta ad oggi nonpriva di criticità. Le difficoltà nel lavoro di rete sembrerebbe in parte legataalla complessa interazione con il mondo politico così come la difficoltà dellavoro di rete con le altre agenzie, pubbliche o private, che hanno a che farecon i minori delle comunità. C’è innanzitutto da considerare che le agenzieche in diversi modi hanno a che fare con il minore sono numerose: entigiudiziari (Tribunale per i Minorenni, giudici tutelari, procuratori, magistrati,avvocati delle parti quando c’è in corso un processo, ecc.), enti amministrativi(Comuni, Province, Regioni), servizi sociali e sanitari, altre associazioni delsettore e di volontariato e persone fisiche (famiglia naturale, tutore legale ovepresente, ecc.). Tutti questi interlocutori, non senza specifici interessi, sono aconoscenza del progetto sul minore e cercano di modificarlo ed integrarlo,nell’interesse del miglior trattamento per il minore (Cfr. Anglin, 2004).

15- I modelli teorici a cui le comunità contattate fanno riferimento sonodiversi ed eterogenei (Tabella 8):

12% 4%

19%

4%42%

8% 12%

Modelli TeoriciPsicoanalitico Lacaniano SistemicoDevelop.pat. Psicodinamico Integrato Cogn. Comp.Altro

Tabella 8

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Questo dato evidenzia come le comunità ad impatto terapeutico possanoprendere forma in modelli teorici differenti all’interno di uno stesso contenitore.Per quanto il dato risulti preliminare ed approssimativo, il modelloPsicodinamico integrato risulta preponderante.

15- Rispetto all’attività della Supervisione da parte di un professionista esterno lecomunità contattate hanno risposto come segue:

FrequenzaSettimanale

FrequenzaBisettimanale

FrequenzaMensile

Non vienesvoltaSupervisione

La strutturafa appelloalla privacy

1 6 15 1 3

16- Per ciò che concerne la Formazione dell’equipe le comunità prese in esameriportano di utilizzare diverse metodologie ed attività:

Supervisioni FormazioneInterna

FormazioneObbligatoria

Partecipazionea Convegni

Altro

15 14 1 8 9

Entrambe le domande sottolineano l’importanza della cura dell’equipe comeelemento fondante all’interno della comunità ad impatto terapeutico.

Le comunità ospitano minori con problematiche psichiche dove il motore dellavoro è la relazione educativa terapeutica. Le patologie e lo storie di vita con cuil’operatore/trice viene a contatto durante il suo turno di lavoro sono complesse ecariche di dimensioni emotive contrastanti e negative che sottopongonol’operatore/trici ad un forte stress emotivo.

Il lavoro stesso è relazione e di conseguenza ci deve essere, da partedell’organizzazione stessa, uno sguardo attento che supporta l’operatore/trice ariconoscere che tale lavoro educativo-terapeutico comporta una continua messain discussione dei confini tra ruolo professionale e dimensione personale. Lastessa proposta educativo-terapeutica è direttamente proporzionale alriconoscimento di ciò che nella relazione con l’ospite dipende anche da noi,dall’altro e/o dal particolare incontro dialogico relazionale che si è costruito.Occuparsi del campo istituzionale di una comunità significa assumere unaposizione di ricerca orientata a curare chi cura (Vigorelli, 2005)perché è solo

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aumentando la consapevolezza e l’integrazione emotiva degli operatori che èpossibile incidere, in modo efficace, sul piano della progettazione e di unagestione più consapevole degli interventi educativi.La supervisione trova una corretta collocazione come strumento di verifica, comeevidenziatore di particolari significati sommersi, come occasione per coglierenuovi elementi di conoscenza, come contributo allo sviluppo di formazione,come luogo di decantazione degli umori e dei vissuti dell'equipe.Fermo restando che la supervisione rappresenta uno degli strumenti più tipicicon cui la Comunità può analizzare il proprio funzionamento e quindi sviluppareuna sua cultura dell'indagine, crediamo che la scelta della frequenza, dei tempi edei modi dipendano dalla maggior o minor capacità che l'equipe dimostra diavere nel riconoscere le proprie necessità.Dalla letteratura emerge inoltre come la supervisione d’equipe sia un fattoreprotettivo che risulta contribuire alla riduzione dei tassi di turnover/burnout,frequenti nei contesti comunitari (Scaratti et al. 1999). Il lavoro di équipe nel suocomplesso è una caratteristica imprescindibile delle professionalità che operanonelle comunità.

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4.5 CONCLUSIONE

Questa Ricerca-Azione ha permesso di far emergere una preliminarericostruzione del panorama delle strutture ad impatto terapeutico per minori dietà sul territorio nazionale italiano. Ci si è imbattuti in una sostanzialeeterogeneità di modelli di lavoro, da cui risulta evidente una riflessione in meritoalla possibilità di integrazione, con l’obiettivo di rendere tali discrepanze unpresupposto per una crescita condivisa. Allo stesso tempo sono emerse diversecriticità comuni che auspichiamo potranno essere in futuro affrontate attraversoun costruttivo e proficuo scambio e confronto tra le diverse realtà presenti sulterritorio nazionale che troppo a lungo hanno affrontato le complesse difficoltàche il lavoro con gli adolescenti comporta. Nonostante l’interesse della ResPublica è alto nell’assistenza ai minori in condizioni di disagio psichico, nonsembra altrettanto facile l’integrazione con il mondo politico. «A livello politicole comunità di tipo residenziale hanno sempre suscitato indifferenza. (...) Tutti iprogrammi di inserimento in comunità ben funzionanti sono falliti, in parte acausa della ridotta comprensione da parte del contesto politico. In un climaeconomico complesso, la mancanza di adeguati risultati dalla ricerca chesostengano l’efficacia e la fattibilità dei programmi, può minare moltissimo laresilienza di strutture altamente competenti ma estremamente costose»(McNamara, 2005: 71)Questo lavoro vuole essere’ l’inizio di un processo di indagine che si andràarricchendo nel corso del tempo attraverso i legami fra CT che siintraprenderanno e che speriamo, gettino le basi anche per continuare un lavorodi rete sul territorio nazionale. Obiettivo è quello di dare vita ad un focus group permanente e continuo sul temacomplesso e difficile delle comunità terapeutiche per minori dentro una cornicedi riferimento e di qualità quale il sistema solido e forte: associazione Mito eRealtà. Sicuramente questo primo passo, raccontato in questo opuscolo, rappresenta unprimo momento di contatto tra comunità che ci ha dato la possibilità di iniziare aconoscerci e di far conoscere alla Comunità allargata quest’area di interventonell’ambito della psicopatologia dell’adolescente.

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Il nostro gruppo …

5 FOLLOW-UP

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5.1- Adolescenti e giovani adulti in comunità. Percorsi e reti sociali

Dalle comunità terapeutiche per adolescenti alla comunità sociale: uninvestimento possibile e di civiltà

Giuseppe Oreste Pozzi

5.2- 1963. L’intervista a Edoardo Balduzzi

Sergio Zavoli intervista Edoardo Balduzzi, neo primario all’Ospedale Psichiatricodi Varese: “due cose servono per organizzare una cura psichiatrica non troppoonerosa per la comunità sociale: una data di dimissioni e un programmapersonalizzato che si può svolgere nel territorio”. Per follow-up intendiamo laricerca catamnestica che dice qualche cosa dell’esito della cura, nel periodo dopole dimissioni e non il monitoraggio durante il periodo in comunità terapeutica.

5.3- Qualche caso di dimissione riuscita

1. Alba “schizofrenia a rischio suicidario”, ha 16 anni quando viene accolta incomunità terapeutica. Rimane nella struttura residenziale fino a 21 anni.Riesce a prendere il diploma di scuola superiore con votazione 72/100, prendela patente, trova un lavoro come impiegata e, all’età di 27 anni riesce anche acomperarsi un appartamento tutto suo.

2. Giovannino, nel giugno del 2011, prima di accoglierlo in comunità, si erabarricato in camera da mesi senza andare più a scuola e non voleva vederenessuno. Affetto da disturbo dell’attenzione con gravi crisi paranoiche è l’unicoche ci scapperà, di notte, per andare a curare la madre, appena dimessa dallapsichiatria. Lo aiutiamo a recuperare la scuola, sulla scorta del suo desiderio edelle competenze elettronico/informatiche che dimostra di avere. Dopo 16messi viene dimesso ma continuiamo a lavorare con lui in un progetto“domiciliare” per ben quattro anni. Da qualche anno lavora in una piccolaazienda, trovata da lui stesso e vive con la sua compagna.

3. Fatima, grave disturbo della personalità. Si stava lasciando morire di famequando veniamo a conoscere il caso e la accogliamo all’età di 16 anni. Èstraniera ma scopriamo una sua spiccata competenza poetica. La iscriviamo a

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un concorso di poesia internazionale con altre ospiti e vince un premio e unriconoscimento internazionale che le viene consegnato al Castello di Duino.Durante la realizzazione del cortometraggio per il premio Gavioli, dove sidoveva interpretare il tema “Conosci te stesso”, anima un intenso dibattito incomunità dove coinvolge ospiti e operatori sulla differenza tra comunitàterapeutica e comunità educativa. Chiederà di passare a quella educativa. Laritroviamo, nel 2015, a lavorare come hostess in EXPO a Milano e nel 2016 miarriva la foto di lei raggiante sposina con un suo connazionale, essendositrasferiti in America. Pochi mesi fa, la foto di lei soddisfatta e incinta.

4. Ermanno, 16 anni e “grave disturbo borderline di personalità”. Riusciamo afargli finire le scuole professionali senza mandarlo a scuola, dove tende adistruggere e aggredire. Nella palestra didattica che allestiamo in comunitàscopriamo la sua grande competenza nel manovrare il sistema elettrico e nelrigenerare oggetti scartati e buttati in discarica. Troviamo due fratelli, pressola cui azienda di elettromeccanica il ragazzo fa lo stage previsto per terminaregli studi. Dopo lo stage i fratelli ci propongono di assumerlo. Incontriamo unostacolo nel Servizio Inserimenti Lavorativi Protetti (SIL) che pretenderebbefacesse prima i test attitudinali. Riusciamo a dimostrare che non serve doverpassare per le pratiche del SIL perché verrebbe assunto senza bisogno, quindi,di pratiche costose e, di fatto, inutili, per il Comune. Il ragazzo allora vienedimesso e rientra a casa ma con già il suo lavoro.

5. Chiara “psicosi paranoica grave” rimane in comunità per due anni. Dopo unanno dalle dimissioni, ha 18 ed è il secondo incontro che abbiamo con leidopo le dimissioni. Dopo il nostro colloquio è aspettata ad un’audizionecanora. Ha trovato un lavoro come operatrice scolastica, “faccio la bidella,insomma”, nella scuola dove lavora la madre. Non prende più farmaci ed anziapprofitta per dire alla Neuropsichiatra Infantile, presente al colloquio “doveteridurre i farmaci. Io non ne prendo più e sto benissimo”. Se non andrà benel’audizione canora ne ha già pronta un’altra con un’altra organizzazione. Viveancora in famiglia ma ha il suo cerchio di amicizie con cui è connessa anchetramite Facebook.

Tanti sono i casi simili anche se non per tutti le dimissioni coincidono con uninserimento sociale. L’idea di una ricerca sistematica sul campo si chiarisce nel2015, dopo 9 anni di lavoro, grazie ad una tesi1 sperimentale discussaall’Università di Pavia. Scopriamo subito che non esiste letteratura

1 Fabio Turconi, Il Mito di Elpis: una ricerca catamnestica al servizio della speranza, tesi sperimentale discussa all’Università di Pavia nel 2016.

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sull’argomento. Lo sconcerto è tanto e, per questo, abbiamo deciso dopo la tesidello studente di mettere a sistema una ricerca permanente per tutti i nostriCentri Clinici residenziali e diurni.

5.4- Il Mito di Elpis e la metodologia adottata nella tesi di laurea

La tesi di laurea indicata in nota si ispira al Mito di Elpis a dimostrazione che lasperanza non solo è ultima dea ma è concretamente possibile proprio là dove sisuppone una fabbrica di cronicità permanente. Si tratta di una tesi sperimentaleche si è avvalsa del metodo delle interviste con l’idea di verificare se fosseopportuno avviare, in seguito una ricerca su base statistica. Furono fatte 10colloqui-intervista su un campione di 40 ospiti, accolti e dimessi nell’arco dei 9anni. Una prima scoperta interessante è che non tutti i ragazzi, dimessi e beninseriti nella vita sociale, vogliono ritornare a parlare della loro esperienza incomunità terapeutica. Con tutti gli intervistati si sono potuti verificare i seguentipunti/argomenti: storia personale; i sintomi e il perché del ricovero; dimissioni:quando e perché; situazione oggi; prospettive; test onirico del paesaggio.

5.5- Le istituzioni e la ricerca catamnestica

Sono tre le istituzioni di Mito&Realtà che svolgono, attualmente, una ricerca difollow-up dopo le dimissioni anche se le ricerche sono articolate in mododifferente e perseguono obiettivi non ancora sovrapponibili:

Interpellando i soggetti dimessi e le loro famiglie a distanza di tempo (Coop.La Goccia e Fondazione Rosa dei Venti);

Invitando, al momento delle dimissioni, l’ospite e la famiglia ad un colloquioogni 6 mesi per due anni (Artelier) e ritenere, poi, l’ex ospite, un cittadinocome tutti gli altri, se ha mostrato di sapersi inserire nella società.

5.5.1 Cooperativa La GocciaLa ricerca di questa Cooperativa si focalizza sulla verifica dei ricoveri, andando avedere, sia prima sia dopo l’accoglienza in Comunità terapeutica, il numero diricoveri che il paziente ha. I dati dimostrano in modo evidente che l’esperienza inComunità terapeutica riduce di molto il ricorso ai ricoveri in ospedale. Di tutta laricerca mostriamo solo le due schede specifiche relative ai ricoveri prima e dopo ilperiodo in comunità terapeutica.

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Numero Ricoveri % - precedenti e seguenti la permanenza in CTRP ColRoigo

Assenza Ricoveri % Prima % DopoIncremento %Assenza Ricoveri

0 9,52 % 47,61 % +38,09%

Tabella 1b – Su 21 soggetti - Mostra il numero percentuale degli intervistati chenon hanno avuto ricovero, nel periodo precedente e seguente la permanenza inCTRP Col Roigo e la loro differenza

0 1 > 3 4 > 6 Oltre 60,00%

5,00%

10,00%

15,00%

20,00%

25,00%

30,00%

35,00%

40,00%

45,00%

50,00%

Numero Ricoveri %

Prima Dopo

Grafico 1a/b – Su 21 soggetti - Mostra il numero percentuale degli intervistati chehanno, o meno, avuto ricoveri, nel periodo precedente e seguente la permanenzain CTRP Col Roigo

5.5.2 Fondazione Rosa Dei VentiNella comunità Villa Plinia, della Fondazione Rosa dei Venti che ospitaadolescenti e giovani adulti con intensità di cure e per un breve periodo di 6 mesi

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un anno, la verifica mostra risultati incoraggianti e di tutti i dati della ricerca sipossono cogliere bene come si articolano nella tabella che si espone di seguito.

Diagramma follow-up Villa Plinia di Fondazione Rosa dei Venti su 40pazienti dimessi

Tab 1 – Fondazione Rosa dei Venti – Plinia su 40 ospiti: 1/3 in C Ter., 1/3 in C.Educ., 1/3 a casa

– Ric Osp. – Lavoro/Studio – Terap Farmacologica

Descrizione legenda – voci grafico - Come si può osservare il grafico dispone didiversi colori, uno per ogni area indagata: in BLU le barre che contengono i datidell’area “DOV’È?” (in cui con CT si intende Comunità terapeutica, con CE

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Comunità educativa ed infine vi è la barra che indica quanti pazienti si trovanoattualmente in casa), in VERDE le barre che contengono i dati dell’area“RICOVERI OSPEDALIERI” (la prima barra indica in percentuale quantipazienti hanno avuto dei ricoveri, mentre la seconda indica quanti non hannonecessitato di tale intervento), in ROSA le barre che indagano l’area “LAVORO/SCUOLA” (nella prima barra vengono indicati quanti svolgono tali attività,mentre nella seconda quanti non svolgono attività) infine le barre di coloreARANCIONE indicano l’area “TERAPIA FARMACOLOGICA” (anche in questocaso nella prima barra è indicata la percentuale di pazienti che assume la terapiae nella seconda la percentuale di pazienti che non assumono più farmaci).

5.5.3 ArtelierLa ricerca effettuata tramite la tesi sperimentale del dott. Fabio Turconi si èconcentrata sulle dimissioni avvenute nell’arco dei 9 anni presso la comunitàAntenna G. Beolchi. Di tutti i dati raccolti e delle interviste effettuate si riportanodue tabelle l’una per indicare i numeri e le percentuali, nell’altra la traduzione indiagramma dei dati stessi.

Prima di iniziare il lavoro di ricerca, con la tesi sperimentale indicata, sapevamodi trovare ragazzi che, dopo le dimissioni, erano riusciti a trovare il loro nuovoposto nella società, dal momento che il progetto di dimissioni aveva potutoriscontrare una buona tenuta e un nuovo legamene simbolico ricostruito con lafamiglia. Non avevamo tuttavia idea né delle dimensioni né della durata di taletenuta né della consistenza del nuovo legame simbolico ricostruito. La tesi, difatto, è stata ed è il primo documento sul tema e, quindi, non abbiamo lapossibilità di avere un confronto con dati di una letteratura che non esiste.Rimane comunque grande la nostra sorpresa nel costatare la dinamica degli esitied i numeri che abbiamo potuto incontrare. Ancora più grande, quindi,l’incoraggiamento a continuare il lavoro che abbiamo iniziato rendendolosistematico e organizzandolo su tutti Centri Clinici operanti sul territorio.

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Artelier - Quadro sinottico: diagnosi di ingresso ed esiti c/o Antenna G.Beolchi

E S I T O dopo le DIMISSIONI

ICD-10 in altra

istituz

SPDC Casa

e CD

Casa Studio e/o

lavoro

scappato

daospedale

totale

F00 2 2

F10 1 1

F20 4 2 1 2 9

F30 2 2

F40 1 2 3

F50 2 2 2 6

F60 2 5 3 1 11

F70 1 1

F80

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F90 1 1

F99 1 2 1 4

Totale 9 2 6 10 12 1 40

% 22,50% 5% 15% 25% 30% 2,50% 100%

Diagramma del Quadro Sinottico:

Esiti e diagnosi di ingresso su 40 pazienti dimessi

% 9% 5% 15% 25% 30% 2,5%

0

2

4

6

8

10

12

14

F99F90F80F60F50F40F30F20F210F00

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Si può notare, con molta evidenza, come il tipo di diagnosi non incide di per sésull’esito come la letteratura già evidenzia. Le riflessioni opportune sulla prognosie sulla reale gravità dei pazienti ospitati nelle comunità terapeutiche non sonocosì facilmente evidenziabili soprattutto se abbiamo come punto di riferimento ilsolo aspetto fenomenologico, quindi.

In base alle tabelle il 30% degli ex ospiti di comunità terapeutica è riuscito atrovarsi un proprio posto nella società, ben 12 su 40 ragazzi. Il 15%, cioè 6 ragazzisu 40, invece, è rientrato a casa e frequenta un centro diurno che ospita fino a 25anni con l’obiettivo di aiutare i ragazzi trovare un inserimento lavorativo protettopossibile. Sono dati molto incoraggianti e che giustificano ampiamente comeinvestire nella speranza con tali comunità sia utile e possibile. Ci si può chiederecosa sta alla base di tali risultati? Inoltre è già utile e importante testimoniare talidati nella società civile e produttiva? Occorre non dimenticare il lavoro con lefamiglie per poter ottenere tali dati con i loro ragazzi.

Certamente le spese sanitarie, stando a questi primi dati, sembrano non solo beninvestite ma mostrano che l’appropriatezza clinica dei piani terapeutico-riabilitativi può incominciare ad essere rivista alla luce di ben altri dati che nonsiano solo di tipo formale o addirittura legate all’unico dato verificabile dellapresenza dei ragazzi 24 ore su 24 in struttura.

Trattandosi di strutture per minori e adolescenti che non sono da confondere conle carceri, va da sé che il lavoro con le famiglie è da includere. È da includere, inaltre parole il programma di lavoro che dimostra che è possibile riannodare ericostruire un legame simbolico nuovo tra ragazzo e genitori. Un legamesimbolico nuovo è possibile se si possono articolare gli incontri in famiglia traragazzi e genitori, naturalmente. Sarà la presentazione completa dello studio chepotrà mostrare i dettagli opportuni e utili.

5.6- Perché è necessario investire nella speranza e come farlo

Le ragioni sono innumerevoli ci limitiamo a esporne alcune molto pratiche econcrete:

1. Per dimostrare che è possibile:a. Evitare lo stigma; b. Dimettere effettivamente i giovani pazienti facendoli uscire dai

circuiti della psichiatria;

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c. Evitare gli errori diagnostici lavorando anche per superare lanecessità psicofarmacologica;

2. È possibile programmare le dimissioni se si coinvolge da subito la famigliaincludendola nel processo di riabilitazione opportuno e necessario;

3. Programmare le dimissioni includendo la famiglia nel processo favorisce ilcontenimento della paranoia tra servizi del territorio e famiglia.

La diagnosi del sistema ICD, effettuata dagli invianti, è un indicatorefenomenologico e non viene di per sé utilizzato per decidere della conduzionedella cura. Serve tuttavia anche per non proiettare troppo il nostropensiero/stigma di operatori sull’ospite tenendo conto, tuttavia, di un primoparametro terzo che non sia autoreferenziale. Per la conduzione della cura, ognirealtà clinica dispone, solitamente, di propri riferimenti teorici come la diagnosidi struttura, di freudiana memoria, per esempio. Diagnosi che tuttavia convieneutilizzare come ipotesi di lavoro per orientare la conduzione della cura più cheper definire il giovane paziente. Nella condizione della cura, dobbiamonecessariamente includere il sapere unico dei genitori sui loro figli, per aiutarli adiventarne partner e favorendo, quindi, uno spostamento che li scolli un po' dallaloro posizione di genitori totali.

Per rimanere sul tema delle dimissioni, invece, i punti base della catamnesi, daeffettuarsi tramite colloquio o interviste semi-strutturate si dovrà articolareattorno a: storia personale dopo le dimissioni e vita attuale (eventuali ricoveri,terapie farmacologiche etc.); le condizioni di vita in famiglia; le prospettive. Se,invece, l’ex paziente si trova in altra comunità residenziale, il protocollo dellacatamnesi assume obiettivi differenti perché diventa di fatto un follow-up usatoper monitorare la situazione clinica e non per verificare la capacità di progettarela propria vita nella società.

5.7 - Scheda Catamnestica - Metodologia

Ad ogni dimissione dal centro clinico residenziale o semiresidenziale vieneconcordata una lettera di dimissioni che viene consegnata all’ospite, alla famigliaed agli invianti, così da poter monitorare la situazione ogni sei mesi dalladimissione fino ad almeno due anni.

La lettera è completata da una scheda che riporta gli elementi del monitoraggio:

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Situazione abitativa attuale e stato civile (dove e con chi vive – eventualecollocazione in specifica istituzione);

Condizione di studio e/o di lavoro - tipo di relazioni in atto – rapporto coni vicini;

Eventuali ricoveri e psicofarmaci che il soggetto assume.

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6. SINTESI

Come abbiamo visto si sono evidenziate notevoli differenze di modalità diintervento e prassi nelle diverse regioni italiane e una mappa frammentata:differenti denominazioni delle comunità e dei servizi, differenti standard dioperatori, di rette diurne, di capienza di ogni modulo, di modelli teorici diriferimento, e complessivamente insufficienza di tali strutture.

Dai dati che vi abbiamo presentato e da ulteriori incontri e discussioni nelgruppo sono emersi i 14 fattori o caratteristiche minime fondamentali, cioè lelinee di indirizzo che secondo noi caratterizzano ed individuano l'identità dellacomunità terapeutica per minori per le CT nazionali.

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7. LINEE DI INDIRIZZO / PRASSI DI ACCREDITAMENTO TRA PARI

ASSOCIAZIONE MITO & REALTA'

Comunita' Terapeutiche e/o ad impatto terapeutico per minori dietà/adolescenti.

1. Équipe mista, con dirigenti/responsabili neuropsichiatri/psichiatri e/opsicologi. Operatori in turno: educatori (la maggioranza di quelli in turno,indipendentemente se la loro laurea è sanitaria o meno), psicologi, Te.R.P.,infermieri ed O.S.S. (questi ultimi in misura minima) in rapporto 1 ogni 3,5pazienti.

2. Riunione di équipe settimanale con tutti gli operatori presenti, sia cliniciche non; assemblea settimanale plenaria (spazio parola, Communitymeeting) ed altri gruppi di riflessione piccoli o grandi, con ospiti eoperatori in turno ed almeno un clinico e/o dirigente;

3. Passaggio consegne (mezz’ora al cambio turno) con coordinatore edoperatori presenti (sia chi stacca che chi arriva);

4. Diario di bordo, clinico e organizzativo5. Cartella clinica6. Valutazione iniziale (CANS o altri strumenti validati) e progetto

individuale PTI (aggiornato al massimo ogni 6 mesi)7. Gli inserimenti vengono decisi dalla Direzione Clinica o Sanitaria della CT,

previa visita conoscitiva in struttura8. Incontri di rete periodici in CT con SS9. Incontri supporto ai famigliari, individuali e/o multifamiliari;10. Necessità di CT con differenti livelli di intensità e di permanenza: da 3 mesi

minimo a max 2 anni (alta intensità 3-6 mesi, media 8-14 e bassa 12-24)11. Max 10 minori di età per ogni modulo. Consigliabile un centro diurno

annesso, tollerati ma sconsigliabili due moduli nello stesso edificio;necessità di una distanza fisica tra gli stabili ospitanti, per evitare il rischiodi diventare o esser confusi con un Istituto o una Clinica;

12. Formazione e sistema di supporto: supervisione mensile (con tutti glioperatori presenti), formazione specifica sia per metodologia (LFA, Visitingecc) che per tematiche specifiche, teoriche(teoria dell'attaccamento ecc) oesperienziali.

13. incontri di rete periodici in CT con i SS e o le famiglie14. Follow up

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15. Tale tipologia di CT è in grado di accogliere: le psicopatologiedell'adolescenza, i disturbi di personalità, della condotta, delcomportamento e del comportamento alimentare, le psicosi, i disturbidell’umore; si accolgono fino al compimento dei 18 anni, con possibilità diproseguire ed arrivare al max a 19 anni, se indicato clinicamente.Non vengono accolte le psicopatologie prevalentemente o esclusivamenteneurologiche/disabilità, i disturbi di personalità prevalentementeantisociali e disturbi da abuso di sostanze e dipendenza

Questi 15 punti rappresentano i PRINCIPI di indirizzo e buoneprassi/Accreditamento tra pari, che corrispondono alle prassi operative eche rappresentano i fondamentali minimi essenziali e cioè la base unica,territorio comune a livello nazionale; ciò permetterebbe alle diverseRegioni di trovare ulteriori specifiche linee che rispondano, nell'ottica dimiglioramento, ai bisogni particolari del territorio nel rispetto delledifferenze culturali interregionali.

CRITICITA’ OSSERVATE

Scarsità di neuropsichiatri/psichiatri: la proposta è di considerare dicontenere al minimo essenziale le figure di medici specialisti, purmantenendo una presenza di clinici rilevante (psicologi anche in funzioneeducativa), risponderebbe a tale dato di realtà ed inoltre contribuirebbe aduna riduzione dei costi (e delle rette).

Scarsità di educatori e infermieri. Omologare il più possibile le differenze sia di operatori richiesti che di

rette, tra le regioni. Passaggio a CPS/CSM servizi per adulti (e le questioni che aprono il

raggiungimento della maggiore età- proseguo amministrativo) La fine dei percorsi è spesso posticipata rispetto al bisogno clinico: il

dilatamento dei tempi di permanenza in CT dell'adolescente è ritenutoiatrogeno; purtroppo i Servizi hanno a disposizione non sufficientialternative per il proseguo dei percorsi post CT: il passaggio eventuale acomunità educative o terapeutiche non trova risposta nei tempi necessari.

Si evidenzia la necessità di strutture di pronta accoglienza che si possanooccupare specificatamente di casi con disturbi gravi del comportamento,

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con aspetti di antisocialità e grave discontrollo degli impulsi. Si suggerisce di prendere in considerazione di uniformare il nome

caratterizzante tale tipologia di Struttura: Comunità Terapeutica (CT) inmodo da omologare le varie e frammentate diciture nelle differenti regioniad oggi (ad ex: CRT, STR, ecc…)

Si suggerisce che i controlli relativi all’Accreditamento delle CT sianoeffettuati anche in presenza, tra i valutatori, di almeno una personaesperta di tale tipologia di struttura

8. BIBLIOGRAFIA

Bencivenga & Uselli, (a cura di) Adolescenti e comunità terapeutiche tra

trasformazioni e nuove forme del malessere. Roma, Alpes, 2016

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