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Ai disabili che lottano non per diventare normali ma se stessi.
dal libro “nati due volte” di Giuseppe Pontiggia
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CONCORSO LETTERARIO DI POESIA E NARRATIVA
IN MEMORIA DI GIUSEPPE PONTIGGIA
Concorso letterario internazionale “Premio Pontiggia 2011-2012”
Nell’aprile 2011 è partito il Concorso letterario internazionale riservato alle persone
disabili “Premio Pontiggia 2011” 4a edizione, organizzato dall’AIAS di Bologna onlus, in
collaborazione con l’associazione CDH (Centro Documentazione Handicap), la Fondazio-
ne Dopo di Noi Bologna onlus, l'Associazione Genitori Figli con handicap "Il tesoro
nascosto" di Carpi e la Biblioteca Natalia Ginzburg di Bologna.
Il Concorso letterario di poesia e narrativa “Premio Pontiggia” riservato alle persone
disabili nasceva nel 2004 con il duplice scopo di celebrare la memoria dello scrittore scom-
parso nel giugno 2003, padre di un ragazzo disabile e promuovere l’abbattimento delle
barriere culturali, favorendo e facendo emergere la creatività delle persone disabili.
Il tema del concorso è la frase contenuta nelle ultime pagine del romanzo di G. Pontiggia
- Nati due volte: «… Una volta, mentre lo guardavo come se lui fosse un altro e io un al-
tro, mi ha salutato. Sorrideva e si è appoggiato contro il muro. È stato come se ci fossimo
incontrati per sempre, per un attimo.»
La scrittura diviene dunque uno strumento di integrazione, emancipazione e autoaffer-
mazione, per manifestare la propria personalità al di là di ogni barriera e oltre la disabili-
tà.
“…Scrivere per me è una straordinaria forma di espressione per dire
agli altri, ma soprattutto a noi stessi ciò che sentiamo..” G. Bonfanti (1°
premio edizione 2009)
Carta e penna o, in tempi moderni il computer sono serviti per valorizzare ed accrescere
le capacità delle persone disabili per l’accesso e la diretta frequentazione delle discipline
letterarie, per rafforzare le abilità e le competenze possedute. La finalità del concorso è
stata di promuovere una diversa cultura della disabilità, considerata come esperienza u-
mana universale, e non solo come deficit, per superare la limitazione e le barriere utiliz-
zando e sviluppando le proprie risorse.
“…Il momento che mi è piaciuto di più di questa iniziativa, … è stato
quando durante la premiazione qualcuno ha letto il mio racconto,
interpretandolo e io mi sono emozionata ad ascoltarlo mentre lo
leggevano ad alta voce..” (A.Greco premio speciale della giuria edizione 2006)
AIAS Bologna Onlus dal 1962 riunisce persone disabili, famigliari, amici ed operatori:
“Ci unisce la convinzione che riconoscere la dignità di ogni persona, affermare il diritto
di ciascuno a realizzare pienamente le proprie capacità e potenzialità.
“… Noi tutti operiamo perché la disabilità non sia di ostacolo alla piena partecipazione
ad una vita sociale, affettiva, lavorativa e politica, e perché i bisogni ed i limiti delle
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persone disabili non impediscano il manifestarsi della ricchezza che nasce dalla irripetibi-
lità di ogni individuo.” dalla Carta dei principi AIAS
In questi 50 anni di storia per le persone disabili e per le loro famiglie sono nati i nostri
servizi di aiuto concreto e quotidiano, sono stati realizzati progetti innovativi e sperimen-
tazioni anche in ambito tecnologico e grazie al nostro interessamento sono stati raggiunti
alcuni importanti traguardi, ma l’impegno continua, con l’aiuto di tutti per dare risposte
concrete ai nuovi bisogni emergenti. Il concorso letterario ci aiuta a scoprire un mondo
nuovo, quello: della “cultura della disabilità” per unire le persone e superare gli ostacoli.
Ci sono pervenuti 40 elaborati tra poesie e brani di narrativa provenienti da diversi co-
muni italiani: Torino, Vercelli, Alessandria, Milano, Brescia, Bergamo, Cremona, Pavia,
Sondrio, Vicenza, Treviso, Bologna, Ferrara, Firenze, Arezzo, Napoli, Salerno, Caserta e
Sassari.
L’AIAS di Bologna onlus ringrazia tutti i partecipanti, che hanno voluto aderire al con-
corso. Questa è stata un’edizione ancora all’insegna dell’ottimismo, della vitalità e
dell’emozione. Tutti gli autori hanno voluto esprimersi con coraggio e passione mostran-
do un’originale e particolare creatività in ognuno dei testi proposti.
I nostri ulteriori ringraziamenti vanno ai componenti della Giuria che si è impegnata con
grande competenza e totale generosità ad esaminare e valutare i numerosi testi, in parti-
colare: Roberta Ballotta - Assessore alla Cultura del Comune di S.Lazzaro di Savena,
Rosalba Casetti - poetessa e organizzatrice di corsi di poesia, Claudio Imprudente - giorna-
lista e Presidente del Centro Documentazione Handicap, Delia Nardi - membro della
“Società di Lettura", Elisa Rosignoli - responsabile della Biblioteca Natalia Ginzburg,
Mauro Sarti - giornalista e Docente Unibo, Costanza Savini - scrittrice e organizzatrice di
laboratori di lettura e scrittura creativa), Gianfranco Vicinelli - scrittore umorista bolo-
gnese.
Infine a Carlo Ciccaglioni, che ha curato e coordinato i lavori del concorso letterario con
intelligente passione va il grazie di tutti i partecipanti.
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A SPASSO PER LE PISTE D’ARGENTO DELLE STELLE.
Il raccontare, in qualunque forma lo si faccia, attraverso la parola orale o scritta, la
pittura, oppure la musica, non è che un modo per ristabilire un contatto tra noi e gli altri,
uomini e cose, in una parola per “sintonizzarci” con lo spirito del mondo. Se la
“Creazione” è l’atto dello scrivere divino attraverso cui Dio innesta il suo linguaggio nelle
cose, lo stesso può valere per chi narra. Raccontare, infatti, significa avvicinarsi al
mistero più profondo degli esseri e delle cose e “far vedere” agli uomini sensibili, ma meno
consapevoli, quei principi arcani con i quali sono stati forgiati. Chi narra è colui che
attraverso la parola, purché in essa lo spirito sia presente, fa tintinnare i sonagli d’oro e
d’argento della vita! Così chi scrive, e mi riferisco alla scrittura perché siamo nell’ambito
di un concorso letterario, è simile a una luce che, invisibile in sé, riscalda e rende visibili
agli altri le cose del mondo. Il “vedere”, infatti, le cose di tutti i giorni con occhi curiosi e
aperti al potere di meravigliare e di meravigliarsi, ossia vedere “sentendo”, è ciò che ci
permette di stabilire un contatto autentico col mondo. Per chi, in tal modo, osserva la
realtà, e, in particolare, per chi scrive, la parola diventa così un essere vivente: allora si fa
albero, stella, cuore! La parola diventa taumaturgica come miele! A proposito del potere
misterioso della parola vorrei ricordare due episodi. Il primo è tratto dalla fiaba delle
Mille E Una Notte. Shahrazad, giovane curiosa e grande divoratrice di libri, con i suoi
racconti incanta a tal punto il crudele gran visir, abituato, dopo la prima notte d’amore,
a far decapitare le fanciulle che hanno giaciuto con lui, che così, alla fine, egli la prenderà
in sposa, affinché Sharazad gli racconti ogni notte, per tutte le notti della loro vita, le sue
storie meravigliose. L’altro episodio, invece, è tratto dalla vita vera ed è accaduto in un
carcere del nord Africa dove venivano imprigionati detenuti, considerati politicamente
scomodi per il regime vigente. Stando a quanto mi fu raccontato in prima persona da uno
dei superstiti, si salvò da una morte quasi certa quel piccolo gruppo di uomini nella cui
cella si trovava un cantastorie. Questi, con le sue novelle, riuscì a far “evadere” con la
fantasia i suoi compagni di detenzione, ed essi, sopportando torture e privazioni per anni,
riuscirono a sopravvivere fino all’arrivo di aiuti internazionali. Per quanto mi riguarda
cominciai a scrivere in seguito a un incidente che ebbi nell’infanzia e che oggi ritengo
essere stato in un certo senso la mia “grande occasione”. Da bambina precipitai dal
balcone di un edificio, compiendo un salto di parecchi metri: fu la causa di una fragilità
ad alcuni organi interni che mi impedì di partecipare ai giochi più movimentati dei miei
coetanei. Questo limite per me divenne l’occasione di dare vita a un “inizio”: far uscire da
me quello che chiamo il “dono”, ossia la scrittura. Da quel momento fino ad oggi ho
sempre vissuto andando e venendo dal Mondo Uno, ossia quello della realtà, della
quotidianità, al Mondo Due, quello della immaginazione, del sogno ad occhi aperti, della
letteratura, e, più in generale, dell’arte. Ed è proprio grazie alle mie “scorribande”
attraverso questi due mondi che ogni volta che faccio ritorno al mondo reale mi sento più
ricca, perché ho l’impressione di aver imparato a conoscere meglio me stessa, gli altri e
l’animo umano. Insomma, raccontando storie sento di avvicinarmi di più agli uomini e di
condividere con loro i miei sogni, i miei pensieri e i miei desideri. Tuttavia credo che per
raccontare non sia sempre necessario prendere la penna in mano, perché in qualunque
modo si narri, libera il nostro cuore, ci apre agli altri esseri umani e fa cantare
quell’usignolo, che è la nostra parte più intima e più preziosa, chiuso come in una gabbia
d’oro nel fondo di quella foresta che è al centro del nostro essere. Chi racconta, quindi, è
una sorta di Magica Presenza per gli altri uomini. Così certi temperamenti artistici, e sono
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tali anche quelli che manifestano la propria arte semplicemente attraverso il loro modo
di esistere, portano nascosta da qualche parte una piccola, invisibile, “ferita celeste”,
che giorno dopo giorno, li fa vivere come in un doppio sogno, sospesi, quasi in bilico, con
un piede nel mondo fisico e l’altro appoggiato sull’infinito. Questa ferita celeste è la forza
di chi ha in sé il potere misterioso del narrare, è l’energia vitale che fluisce in chi, raccon-
tando, prende per mano gli uomini e li porta a spasso per le piste d’argento delle stelle.
Costanza Savini
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Tiziana Treccani – Calcinato (BS) Affetta sa SMA di tipo III, che dal 1991 l’ha portata a spostarsi con l’ausilio di una
carrozzina elettrica. Appassionata delle storie di vita ed amante della scrittura, nel corso
degli anni ha partecipato a numerosi seminari della Libera Università dell’Autobiografia
di Anghiari (AR).
QUANTO MENO FATICOSO FOSSE
Madre,
Padre,
è nato da voi
questo corpo rotto.
Dolore
Sensi di colpa
per avere
donato alla vita
un corpo sbagliato.
“Dio, perché proprio a lei?”
La paura del futuro,
di una preannunciata
morte
precoce.
Ed invece
avete generato
UNA COMBATTENTE.
L’orgoglio
ho letto
nei vostri occhi.
So che dall’alto
ora
continuate a scrutarmi.
La VITA
ancora mi attraversa
con tutta la fatica
e
la meraviglia
che
ogni giorno
ha in serbo
per me.
Grazie.
Quando
ci rincontreremo
vi confesserò
che
io ho sempre saputo
quanto meno faticoso fosse
essere figlia
che genitore.
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Graziella Roggiolani – Arezzo Colpita dalla tetraplegia spastica subito dopo la nascita, dall’età di 4 anni frequenta il Centro “Anna Torrigiani” sia per la riabilitazione che per le elementari finite a 12 anni. Maestra d’Arte diplomata in materie artistiche nel 1984: Sposata nel 1985 e madre nel 1986. Dal 1990, come Testimone di Geova, svolge volontariato sociale nel campo dell’insegnamento biblico. Ha partecipato al 3° Concorso letterario “Pontiggia” conse-guendo il terzo posto sempre nella prosa.
“UNA VOLTA, MENTRE LO GUARDAVO COME SE LUI FOSSE
UN ALTRO E IO UN ALTRO, MI HA SALUTATO. SORRIDEVA E
SI È APPOGGIATO CONTRO IL MURO. È STATO COME SE CI
FOSSIMO INCONTRATI PER SEMPRE, PER UN ATTIMO."
Chissà se è capitata anche a voi questa esperienza? È abbastanza comune, per questo
non vi si fa caso, tuttavia, leggendo il tema proposto, mi si è aperto il fatidico cassettino
della memoria con questo ricordo. È
Erano gli anni in cui avevo una buona indipendenza motoria che mi consentiva di ac-
compagnare madre e amiche in città. Mentre camminavo stavo pensando a quello the
ascoltavo e, con la coda dell'occhio, vidi una ragazza camminarmi accanto. Una tipa
svelta, elegante ed agile che suscitò la mia ammirazione, tanto da pensare di aver volu-
to essere in quel modo... restai sorpresa quando, dopo una frazione di secondo, mi accor-
si era la mia immagine riflessa nella vetrina di un negozio! Quell'attimo di dissociazione
mi fece capire che probabilmente anche gli altri mi vedevano come mi ero vista dall'e-
sterno, riflessa nel vetro.
Personalmente ritengo che vedersi dall'esterno può essere di enorme aiuto a chi vive con
problematiche congenite o acquisite in seguito a circostanze impreviste. So, per averla
vissuta, che ci si può illudere, e qui la pubblicità ce lo ricorda sempre, che il mondo gira
intorno a te. Poteva sembrare così quando ero bambina e pareva che genitori, medici,
fisioterapisti, insegnanti ecc... ecc... fossero li solo per soddisfare tutte le mie esigenze.
Probabilmente vedevano gli sforzi e l'impegno messo per raggiungere la tanto agognata
"normalità" e desideravano offrirmi tutti gli ausili possibili, all'interno della piccola,
protettiva comunità dell'istituto "Torrigiani". Diciamocelo francamente: approfittavo
dell'amore e dell'affetto dei miei in modo tirannico, sfruttando inconsapevolmente(?)
l’handicap. Poi, con la coscienza dei limiti imposti dal medesimo, lo scontro con la mia
generazione nell'adolescenza, la ribellione verso le ingiustizie subite o presunte tali, la
rabbia, le sofferenze emotive e la voglia di avere un posto, come il fiore che cerca lo spa-
zio per aprirsi al vento, al sole, alla vita.
Crescendo e avendo sempre bisogno di essere sostenuta nelle attività quotidiane, mi si
pose una sfida impostami dalla mia cultura... se ne volevo fare sfoggio. L'immagine del
disabile trasandato e con un linguaggio elementare, scarno e volgare, chiuso nella sua
rabbiosa lotta contro il mondo, che impone la sua presenza agli altri e vive solo le sue
esigenze egoistiche, mi tormentava e non si confaceva agli studi umanistici svolti, basa-
ti su una sensibilità di fondo, gentilezza d'animo e apertura di mente; cosi al bivio che
mi si presentò scelsi la strada più difficile, del resto ho sempre amato le sfide con me
stessa. Ho fatto un po' come fa il mollusco quando entra un corpo estraneo... ci lavora
intorno, trasformando il granello di sabbia in una splendida, preziosa perla.
Nel corso dalla mia esistenza è capitato e continua a capitare di incontrare lo sguardo di
altre persone, come per un secondo, e ritrovarsele accanto per la vita. Anche se i miei
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nonni e mio padre non sono presenti al momento, c'è ancora mia madre con il suo giova-
ne cuore più potente del tempo che passa... la mia famiglia e tutti gli amici, persone
normali che, come me, amano la vita e la giustizia.
Mi piace pensare che, nell'incontrare lo sguardo di queste persone, io sia riuscita a co-
municare quello che ho imparato dalla mia esperienza: "C'è più felicità nel dare che nel
ricevere". Dare cosa? L'unico sentimento veramente mio: (amore, perché, senza di esso,
sarei potuta essere solo come un "rimbombante cembalo".
Concludo questo breve percorso interiore rammentando a me stessa che l’incontro mi-
gliore, quello che mi aiuta tutt'ora ad essere serena, a guardare al futuro, luminoso co-
me un cielo dopo un furioso temporale, e quello fatto più di venti anni fa. Un istante in
cui degli "occhi brillanti" che "percorrono la terra" si posarono su di me e io ricambiai
quello sguardo. So che questo mi accompagnerà qualunque cosa dovesse succedermi e,
veramente, sarà per sempre.
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Mario Fulgaro - Bologna Mario Fulgaro, nato a San Giovanni Rotondo nel 1970, si trasferisce in provincia di Bo-logna all’età di diciannove anni, già affetto da cinque da sclerosi multipla. Dopo il diplo-ma di maturità classica e studi in scienze politiche, approdo in qualità di animatore disa-bile al Centro Documentazione Handicap di Bologna, dove ancora oggi lavoro.
SPALLE AL MURO
Immagine riflessa
nello specchio dell’anima
scruto ogni particolare,
le movenze accorte.
Non riconosco
i gesti e il sorriso,
ombre di quel che ero
e non sono più.
Strascico lento e attonito
d’ogni stupore,
imbarazzo ancora nei pensieri
fragili e indifesi
della vulnerabilità umana.
Sono io e altrui
nell’evoluzione d’ogni stagione
e inconsapevole
si svela in un istante
il nuovo aspetto.
Spalle al muro,
respiro del suo respiro
in un incontro infinito
e inscindibile
che non consideravo
e solo ora scopro che
m’appartiene.
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Maria Debora Peca – Ferrara Sono Maria Debora Peca ma per tutti sono Debora, ho 38 anni e abito a Ferrara dal 2004.
Mi sono trasferita in questa città con vero entusiasmo e ancora oggi passeggiando per le
strade del centro mi sorprendo a guardarla ancora con gli occhi estasiati della turista. La-
voro presso la Provincia di Ferrara, all’interno del Castello Estense e mi occupo do comu-
nicazione.
Amo il cinema, soprattutto i film che nell’arco della loro durata fanno sia ridere che com-
muovere; mi piace la lettura e le buone chiacchiere con gli amici. Per hobby scrivo e col-
laboro con rivista on line di Ferrara.
QUESTIONE DI SGUARDI
Gli eventi casuali sono in grado di cambiare la trama dell’esistenza.
E’ bastato uno sguardo e lo zampino di una buona stella per cambiare tutto. A questo
proposito, vi racconto una storia:non dimenticate la parola sguardo.
La nostra disabilità ci fa credere per una vita che il ventaglio delle scelte sia sempre ri-
dotto rispetto a tutti gli altri. Ciò, di conseguenza, ci rende meno audaci quando capita
per esempio di innamorarci di qualcuno! Ci rendiamo conto di quanto non ci sia consenti-
ta neppure l’euforia che travolge tutti gli altri: le farfalle nello stomaco, la voglia di can-
tare e le notti insonni. Infatti qual è il pensiero delle donne sane? "E’ la persona per me,
lo devo conquistare, se riesco a farlo ridere è fatta!" Quali sono invece i pensieri che sfio-
rano la nostra mente quando ci innamoriamo? "Non gli piacerò mai, non sono abbastanza
attraente, non riuscirò mai a farlo innamorare di me. Ma,a questo proposito, voglio rac-
contare una storia; la storia di uno sguardo. Ma partiamo dall'inizio.
Circa un anno fa ho trovato l’appartamento dei miei sogni. Grande, luminoso e accessibi-
le! Sarei riuscita a trasferirmi in un posto adatto ai miei desideri, senza porte strette o
scalini traditori! Quando ho deciso di accettare, ho preso appuntamento con l’agenzia do-
po mesi e mesi a peregrinare da una casa all’altra; si presenta un uomo alto alto, (seduta
da una carrozzina sembrano tutti così, per me questo è un gigante!). Mi è antipatico al
primo sguardo anche se mi ha salutato e sorriso come richiedevano le circostanze; mi con-
segna le chiavi,mi dà un altro paio di informazioni burocratiche, dice buongiorno e se ne
va. Ma sono talmente felice che un minuto dopo dimentico questo musone. Qualche setti-
mana dopo invito le mie amiche a cena nella nuova casa; adoro le amiche sorelle, quelle
con cui ti trovi nei momenti peggiori e migliori della vita, quelle che arrivano a consolarci
anche di notte, che ci fanno ridere raccontando l’ultima sfortuna successa o ci dicono che
stiamo benissimo con quel vestito nonostante ci sentissimo come l’omino Michelin. Dopo
cena andiamo in un locale dove fanno pianobar. Chi vedo? Quello dell’agenzia che canta
“Pensieri e parole” di Battisti. Hai capito il musone? Dietro quell'aria di sufficienza na-
sconde un animo d'artista! Nel corso della serata incontriamo un amico che poi verrò a
scoprire essere il fratello dell’ ”artista” (pure questa…). A fine serata l’amico ci propone
un ultimo bicchiere col cantante-fratello prima di andar a dormire.
L’agente immobiliare si mostra la persona più divertente e affabile del mondo! Noto uno
sguardo grigio-azzurro, pieno di curiosità ed entusiasmo, è loquace, parla di tutto e mi sta
pure simpatico, ma pensa un po' quanto l'avevo giudicato male! Mi chiama qualche gior-
no dopo (a me? In sedia a rotelle? Come ha avuto il mio numero? Sarà di nuovo un ami-
co, confidente con l’animo del volontario!). Per capirlo accetto di uscire con lui: cinema,
gelato in gruppo. Inutile dirlo,in quattro e quattr'otto sono cotta e triste (sarà un’altra
delusione).
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Quindi comincio a snobbarlo per mesi interi col mio solito sarcasmo da difesa; se ci penso
adesso non posso credere a quanta tenacia lui abbia mostrato quando una sera mi invita
a cena e dico di no! Invece di mandarmi a quel paese si presenta sotto casa mia. Mi dice
proprio d’essere innamorato con una dichiarazione d'altri tempi. Mi sono sentita galleg-
giare e le palpitazioni sono aumentate. E’ passato un anno e mi è cambiata la vita. Vivia-
mo insieme da poco e siamo in quella fase harmony di eterna estate in campeggio, che ci
fa star bene e ridere tutti i giorni. La parte più divertente però è la mia autonomia. Sicu-
ramente è l'argomento che polarizza la nostra vita "a quattro ruote", prendendo tutti i
nostri pensieri e le nostre speranze. In fondo essere autonomi è l'unico strumento per chi-
unque,non solo per le persone con disabilità, di reale autodeterminazione, perché dà la
possibilità non solo di fare le cose che desideriamo ma soprattutto di scegliere se farle o
meno.
Solo per fare qualche esempio: avete presente cosa significhi la prima lavatrice da sola a
38 anni? Lenzuola rosa che prima erano di un altro colore; il primo caffè? Una brodaglia
indescrivibile. Ma il bello dell' amore è anche questo: si ride degli inconvenienti domestici
e si trovano strategie di compensazione meravigliose…ora non sbaglio più bucato e i miei
caffè sono buonissimi.
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Miriam De Michele – Portici (NA) Miriam De Michele ha 15 anni, frequenta con profitto il V ginnasio al liceo classico “De
Bottis” di Torre del Greco. La sua poesia non è monotematica, i suoi versi spaziano a
tutto campo e da essi scaturiscono versi maturi e duri come la realtà, a volte la mostra;
altre volte è il suo spirito bambino a scrivere e le poesie sono dedicate a dolci.
Da ottobre 2008 ha iniziato a partecipare a premi e concorsi letterari di poesia e dal 2010
anche di prosa, ottenendo ottimi risultati,ha vinto in questi anni più di 100 premi.
LE TUE MANI TRA LE MIE
T’amo Amore,
mio Mare,
è passato del tempo.
Io e la mia Anima non ti lasciamo,
alle mie braccia mancano le tue spalle,
alla mia bocca le tue parole,
alle mie guance i tuoi baci.
Nessuno potrà mai comprendere
l’amore vero che tu hai insegnato a me,
manchi al mio corpo,
alle mie gambe
ed ai miei piedi
che correvano verso te.
Mi mancano le tue battute,
l’emozione di quando ti parlavo,
eri mare,
eri casa
e mi ritrovo con il ricordo delle tue mani tra le mie.
Tornerai Amore,
tornerai per sempre
e continuerò a viverti e a cercarti.
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Marco Mignardi – Bologna Mi chiamo Marco e senza nessuna presunzione a scrivere e ironizzare senza banalità si
può affermare che in tema disabilità non si deve per principio parlar sempre con serietà
altrimenti si rischia di aumentare la noiosità.
Raccontare e dare voce ad emozioni che il pensiero corrente spesso vede come frustrazio-
ni. Per me scrivere equivale ad un mezzo per osservare la realtà per fornire a me stesso
una capacità avvincente esilarante e divertente. Che la diversità non deve essere conside-
rata una sconfitta ma l’opportunità per rendere più significativa la mia realtà.
DIVERSITA’ E NORMALITA’
Rime serie e impertinenti
Diversità non è normalità
Diversità non è fallimento né catastrofe senza rimedio
Diversità può essere semplicemente novità
Diversità non è la fine del mondo ma l’inizio di una nuova originalità
Diversità è non avere paura delle mie diversità per congiungerle con quelle altrui
Diversità è andare contro corrente
Diversità è non fermarsi alla prima impressione della vita
Diversità è sorridere dei miei errori
Diversità è sentirmi uomo non eroe per ciò che vivo
Diversità è credere in ciò che ho l’opportunità di compiere
Diversità è costruire attraversando le asperità della vita
Diversità è sentirsi interrogati dal dubbio per ritrovare dentro di me fiducia
Diversità è la bellezza di restare seduto su una sedia a rotelle e contemplare la maestosità
delle montagne
Diversità è restare per un poco fermo e nel silenzio del cuore e della vita per farmi acca-
rezzare dal tempo che se ne va senza cercare di rincorrere tutte le esperienze della vita
Diversità è dire ciao alla vita e non arrivederci perché arrivederci segna un distacco men-
tre ciao un’amicizia con la vita.
Diversità è accettare di interrogare Dio accettando il mistero di rimanere creatura e
non Creatore
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Francesco Sechi – Sassari Ha la licenza media. Dal 1991 è ospite dell’Opera Gesù Nazareno a Sassari. La struttura
accoglie ragazzi disabili mentali. Ha seguito percorsi di riabilitazione attraverso diverse
attività. Fa parte dello Special Olympics.E’ inserito nella compagnia teatrale della Gena
che ha vinto il primo premio con l’opera Prove di viaggio.
CON VOI, SOLO
Non posso leggere da solo,
Non posso scrivere,son solo
Non sono veloce,non ho sostegno
Desidero leggere,lui sa leggere
Desidero scrivere,lui lo sa fare
Desidero essere veloce,lui è veloce
Tanta gente attorno a me
Ma un altro uguale a me non c’è
Io voglio imparare,ci sei tu
Tu che mi dai coraggio
Tu che mi guidi
Tu che mi sostieni
Ora puoi?Sei libero?
Attraverso i tuoi occhi mi vedo speciale
Tanta gente intorno a me
E un altro uguale a me non c’è
Attraverso i vostri occhi io sono speciale
Voglio stare accanto a voi
Ridere e scherzare con voi
Leggere,scrivere,correre insieme a voi
Nella coppa della vita
Una macedonia di esperienze condivise
Rilascia il succo di ciò che diventerò.
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Giampiero Schirru – Sassari Ha il diploma di terza media. Dal 1974 è ospite dell’opera Gesù Nazzareno. La struttura
accoglie ragazzi disabili mentali. Ha seguito numerosi corsi professionali e formativi. Fa
parte dello Special Olimpycs. E’ campione regionale di bocce. E’ inserito nella compaga-
naia teatrale della GENA che ha vinto recentemente il primo premio con l’opera Prove di
viaggio.
IL PONTE DELLA SPERANZA
La storia della mia vita all'inizio sembra una fiaba come quella di tutti i bambini, "C'era
una volta tanto, tanto, tanto tempo fa...". Ho ripetuto "tanto" per tre volte perche la mia
infanzia la vedo molto lontana e non ricordo quasi niente di quel periodo. Invece gli anni
difficili della prima adolescenza li ricordo con molta chiarezza e questo mi fa ha fatto sof-
frire per tanto tempo. Ora penso che forse sia un bene che la memoria abbia recuperato e
ricostruito esperienze anche se dolorose, perché grazie a loro ho imparato la gioia di vive-
re. Ero infelice, questo si, ma non ero mai da solo. I miei genitori avevano problemi di
salute ed erano sempre preoccupati perché i soldi non bastavano mai. E anch'io sentivo il
peso delle mie difficoltà fisiche e avevo tanta voglia di vivere in un mondo di giochi. Pro-
vavo rabbia e delusione perché il mondo di giochi lo potevo solo immaginare. Provavo
anche vergogna e imbarazzo quando seguivo i miei genitori per le vie di Cagliari a vende-
re i fiori. Gli altri, quelli che avrebbero dovuto aiutarci con umana spontaneità, ci guar-
davano sprezzanti e indifferenti e arrivavano persino ad offenderci con atteggiamenti u-
milianti. Poi i miei ricordi si offuscano di nuovo e ... mi ritrovo dopo diversi anni in un
Istituto a Sassari, lontano dalla mia famiglia. Il mio cuore prova tanti sentimenti forti.
Prima la paura, poi la tristezza, niente rabbia. L'assenza di quel sentimento rabbioso mi
fa capire che allora c'era da parte mia l'apertura ad accogliere un aiuto. Adesso capisco
che quando una persona si sente triste, molto triste, le sembra di non avere più la forza di
reagire; se però alza lo sguardo e tende la mano in cerca di conforto c'è sempre qualcuno
pronto a darle un aiuto. In quella fase della mia vita ho avvertito un cambiamento. La
mia mente ha disegnato un ponte, quello stesso ponte della Scafa dove io e mio
padre facevamo tanta fatica per sopravvivere tutti i giorni. Il ponte ora assumeva I'a-
spetto di un arco di braccia tese, le braccia delle persone che discretamente mi sono venu-
te incontro per sostenermi. Ho conosciuto sentimenti mai provati prima, di gioia, affetto,
solidarietà, sentimenti che niente avevano a che fare con la pietà di cui io ho sempre pro-
vato orrore. Riuscivo finalmente a percepire i più piccoli segnali di amore. Anche un ca-
gnolino mi faceva compagnia e averlo perso mi ha fatto conoscere un dolore immenso.
Nei miei ricordi un posto speciale e riservato alla mia madrina, conosciuta in Istituto. Pa-
ragono la mia vita ad un quadro e i colori più belli rappresentano le emozioni che lei mi
ha regalato.
Il vero senso delta vita talvolta si capisce all'improvviso ripensando a scene quotidiane.
Un giorno, seduto su una panchina in giardino, il mio sguardo ha seguito il corso di una
piccola formica. Sono particolari ai quali non avevo mai prestato attenzione. Che senso
ha la vita di una formica, la vita di quella formica ? Apparentemente nessuno. Ho fatto
un confronto tra me e il piccolo animale e ho notato una differenza: io immobile e la for-
michina veloce, instancabile, forte e tenace. Ho avvicinato l'indice per sbarrarle la
strada: si è fermata. Ha indugiato un attimo, ha schivato l'ostacolo come a dimostrami
qualcosa...
Ora capisco...
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Angela Vaccaro – Firenze Laureata in lettere.
LA DISTANZA DELL’INCOMPRENZIONE
... Luigi Pirandello, creando Enrico IV, sa di inventare una maschera folle e sarcastica,
ma non ha consapevolezza del destino che incontrerà il personaggio. Enrico IV si erge,
infatti, a metafora della diversità per antonomasia...
... Il topos psicologico dei molteplici protagonisti pirandelliani evidenzia il mondo della
diversità. E' noto il loro bisogno di "scoprirsi" e trovare "altri" da se. Questa folta umani-
tà non ha mai incontrato uno sguardo che comunicasse accettazione.
Il mio breve incipit intorno ai personaggi dello scrittore siciliano mi serve da introduzione
al discorso sul concetto di diversità che ormai si è intrecciata con la disabilità. Spesso,
non senza disappunto, la persona disabile è costretta a subire gli sguardi enigmatici di chi
sembra non accettare 1'approccio con "il diverso". Distanza affettiva, distanza concettua-
le pronta a dissolversi in un metaforico feeling di attimi. Momenti armonici nei quasi la
persona disabile sa di non essere osservata con un cannocchiale che scruta dall'alto in bas-
so le mosse involontarie, il parlar strano, l'essere considerati eterni bambini.
Guardando al mio vissuto di bambina, di ragazza, di donna spastica sono persuasa che
l’intreccio con gli occhi di amici, conoscenti e familiari sia stato un passaggio estrema-
mente necessario. Mi ha dato la forza di agire, di non fare della disabilità una tessera
pronta ad essere un rifugio dalla quotidianità, mi permette di chiacchierare, muovermi
nella mia realtà di donna disabile. Ormai, con velocità quasi felina, posso velocemente
intercettare sguardi glaciali o sorrisi compiacenti. Quando il sorriso è sincero il feeling è
spontaneo. In questo gioco simbolico sono orgogliosa delle occhiate comprensive che san-
no leggere la mia innata volontà mai segnata da flash illusori, ma ricca di tanti momenti
leali. Una "lealtà" capace
di affetto costruttivo grazie al quale ho potuto e posso navigare all'interno di tante espe-
rienze. Esperienze fatte di hobby e di impegni culturali. La grande passione per la cultura
mi ha portato a viaggiare intorno al teatro, ai libri, alla scrittura e alle amicizie. Queste
opportunità rappresentano 1'essenzialità della mia vita. In compagnia di carissime per-
sone posso viaggiare in tutta Europa per conoscere usi e costumi e ampliare
l’arricchimento interiore che fin da piccola e stata sempre una mia necessità. L' interes-
se per lo studio mi ha permesso di incontrare 1'umanità di alcuni docenti universitari di
Firenze, Eccellenti professori, accorti nel percepire la mia voglia di sapere, mi hanno
seguito in un percorso impegnativo ma significativo con l’ottimo 110 finale conseguito
con la laurea in Lettere.
Forte della mitica canzone Un senso di Vasco Rossi, significativa di quanto sia impossi-
bile trovare la consapevolezza in ogni situazione, ho ragione di credere: "La vita è un
concatenarsi di occasioni, di incontri mai del tutto spiegabili. Sono contenta, quindi, dei
momenti in cui vedo pronto "1'altro" a sostenere il mio sguardo, ma se ciò non capita il
mio fardello di diversità e sempre pronto a ridurre la distanza dell'incomprensione."
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Maria Teresa Balla - Torino Ha studiato fotografia e lavora come impiegata amministrativa in uffici regionali.
PAPA’
Alcuni anni fa ho chiesto a mia madre se quando sono nata lei e papà, rendendosi conto
delle mie difficoltà fisiche, siano riusciti insieme ad affrontare ogni ostacolo serenamente.
Lei mi ha risposto che lui non ha mai affrontato il problema, non ha mai espresso
un'opinione a riguardo.
Non so nemmeno i sentimenti che ha provato o che prova, non parliamo mai io e mio
padre, neanche per le cose più banali; non so cosa pensa di me. Mi chiedo se e contento
di quello the sono e di ciò che faccio.
Da parte mia non sono mai riuscita ad abbattere il muro che abbiamo costruito tra di
noi.
Sicuramente, se lo volessi in qualche modo, ci riuscirei, forse con un gesto, forse con una
parola, ma ogniqualvolta mi trovo faccia a faccia con lui mi blocco e così trovo sempre
mille scuse per rimandare ciò che vorrei fare o dire in quel momento.
Adesso the sono una donna, mi sento in colpa, perché certe volte mi rendo conto di
essere molto severa con lui. Non perdo l'occasione di richiamarlo quando parla e dice
qualcosa che secondo me è sbagliata e anche se potrei sorvolare, non lo faccio; oppure,
più semplicemente, quando capita di essere in macchina non ci diciamo una parola; o
ancora quando siamo in casa ognuno sta per proprio conto.
Non chiedo mai una sua opinione, non mi interesso quasi mai di lui.
Quando ero piccola mi sarebbe piaciuto che mio padre di tanto in tanto si interessasse un
po’di più della mia educazione; che mi chiedesse come andavo a scuola, oppure qualsiasi
altra cosa che mi facesse sentire che ero importante per lui.
Ricordo, che quando ero piccola sono andata con papa al cinema a vedere Cenerentola,
mi sentivo così orgogliosa di essere li con lui e di poter dire a tutti the anch'io ero stata al
cinema con mio padre.
Voglio molto bene a mio padre, e non mi piace che sia cosi fra noi, ma ormai mi sono abi-
tuata a tutto ciò, e suppongo anche lui.
“…Una volta, mentre lo guardavo come se lui fosse un altro e io un altro, mi ha salutato.
Sorrideva e si è appoggiato contro il muro. E’ stato come se ci fossimo incontrati per sem-
pre, per un attimo”.
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Grazia Sposito – Marcianise (CE) Nata il 13 agosto 1987. Diplomata in Tecnico della Gestione Aziendale Informatica. Attual-
mente scrive presso un giornale locale del suo paese, dando molta prevalenza alle vere esigenze
de quel “essere” disabile. Fin da bambina nutre la passione per la scrittura: quella pulsazione
che dall’interno spinge quasi con violenza-
OCCHI DIVERSI…
Pochi sono i momenti in cui riscopriamo la vera “Essenza di Vita”. Quell’appuntamento che
sembra essere stato preso apposta col destino; in cui da un momento all’altro veniamo distrat-
tamente trasportati in un’ottica completamente diversa. Quel nuovo orizzonte ancora incredu-
lo per i nostri occhi, di una voce fin troppo fluida per le nostre orecchie; ma il destino ha voluto
che calpestassimo soprattutto quella strada piena di ciottoli, per poter dare un sapore diverso a
questo percorso chiamato Vita. Il dono più grande che l’umanità ci ha mai potuto dare. Già dai
quei primi nostri esili e quasi impauriti passi, assaporiamo i veri insegnamenti di vita; per e-
sempio vedendo un uomo di mezza età non vedente, seduto dietro a un’enorme scrivania, che
cerca di spiegare ai suoi interlocutori cosa si riesce a vedere al di là di quel buio totale che inve-
ste tutte le sue giornate. Proprio dietro a quella sua magia di parole, traspare tutto un suo
mondo di colori, che non smette mai di illuminare il suo cammino, anche se si è legati ad un ba-
stone che gli fa da guida, e un paio di occhiali scuri che non riuscirà mai ad abbandonare; persi-
no nelle ore in cui tramonta il sole. Più percorriamo quella salita piena di ciottoli, e più i nostri
visi si trasformano in quelli di un bambino, che per la prima volta resta incantato
nell’osservare quel nuovo mondo che lo circonda. Quel mondo che dietro ai suoi piccoli occhio-
ni, sa sempre saper amare; superando persino quelle barriere mentali, che da quell’istante in
poi incrocerà dietro ad ogni angolo del suo cammino. I suoi occhi simili a quelli di una madre
che cerca sempre di proteggere il proprio bambino da quel mondo ancora troppo grande per lui,
si proiettano verso quel ragazzino seduto in carrozzina che cerca di sfidare il suo amico in una
corsa campestre. Non vi erano stati scambi di parole, prima che quei due corpi superassero
quella linea che portava fine al loro traguardo, si manifestavano solamente intensi sorrisi e mi-
steriosi sguardi timidi. Forse proprio per quest’ultimo motivo, quei primi minuti di silenzio,
vennero considerati davvero preziosi; per far sì che quell’amico più “fortunato” acquistasse
una gran dose di consapevolezza, su come si sarebbe trasformata quella piccola maratona.
Quell’amico che sarebbe riuscito ad arrivare al traguardo con le proprie gambe, senza fare i
conti con il proprio destino; perché a lui, la vita non gli teneva in serbo altri ostacoli da supera-
re. Quegli ostacoli di vita, che sopraggiungono nella vita di un disabile; calpestando anche un
semplice territorio pianeggiante; fiancheggiando allo stesso tempo una elevata forza d’animo,
che lo aiuta ad affrontare con una maggior grinta quel determinato intralcio, tanto da superar-
lo. Purtroppo le barriere per un disabile non sono solo quelle architettoniche, quest’ultime in
un modo o nell’altro, anche se con gran fatica, verranno sempre abbattute; ciò che spaventa
maggiormente il disabile al giorno d’oggi, sono quelle che vengono considerate con il nome di
“barriere mentali”. I cosiddetti sguardi incuriositi, che vede il disabile come una semplice pedi-
na di scacchi, che oltre a muoversi verticalmente su quei quadratini scuri, non gli resta altro
che farsi mangiare, da quelle pedine più grandi del suo avversario. Aiutiamo quei sguardi im-
palliditi a vedere oltre quella scacchiera, sconfinando soprattutto quelle barriere mentali, che
vede il disabile solo come un oggetto manovrato.
Beh l’unica cosa che mi viene da dirvi è abbastanza semplice; è quella di iniziare ad intravedere
oltre quegli occhi diversi da bambino che sa sempre saper amare. Quell’amore che supera i con-
fini della differenza, abbandonando la sofferenza, ricavando insegnamento.
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Il traguardo di quella corsa campestre non era terminato; sotto quel raggio di sole quel
mattino, aveva trionfato una persona Speciale. Colui che senza perdersi d’animo, veden-
do il suo amico camminare sulle proprie gambe, ha continuato a far girare quelle due ruo-
te; superando per primo quella linea del traguardo.
Abituarsi alla diversità dei normali è più difficile che abituarsi alla diversità dei diversi.
(G.Pontiggia)
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Mirco Facchinetti – Albino Nato a Fano, provincia PU. Segnalazione al concorso “Fantasticamente 2010”.
Scritto un libro con metodo P.C.S. intitolato “Handicap senza barriere”. Vinto premio
Pontiggia edizione scorsa. Segnalazione al concorso “Montagne d’argento” anno 2009.
42
Christian Gerardini - Cremona Mi dedico alla poesia ed alla fotografia. Ho partecipato ad alcuni concorsi poetici e foto-
grafici ottenendo riconoscimenti che mi hanno spronato a continuare, Cito il più recente:
1° classificato nel concorso di poesia 2010 di Torrazza Coste (PV) per la sezione a tema
libero.
SGUARDI
Incrocio di sguardi:
parole non dette
attraversano la mente
e il sorriso riaffiora
nel silenzio.
Frammenti di ricordi
smuovono pensieri
nello spazio bianco
tra me e te.
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Stefano Cecchettin – Vigevano (PV) Sono Stefano Cecchettin, ragazzo disabile nato a Vigevano 1/03/1967. Mi trovo ospite del-
la RSD Ruino (PV) da subito dopo la morte di mia madre avvenuta circa 5 mesi fa. Ho
diagnosi di spina bifida e idrocefalo. E’ la prima volta che ho partecipato ad un concorso
anche se ho scritto più di 600 poesie.
TU SEI PER ME
Tu per me sei il frutto dell’amore,
il tuo dolore mi appartiene
non soffrire inutilmente
non avere più paura
perché il tuo dolore è il mio,
seguirò il tuo respiro
per donarti
uno spiraglio di vita.
Nella tua vita hai dato esempio
di combattere con dignità,
hai dato grande prova di coraggio
per affrontare la vita con amore e umiltà,
la tua vita è stata vissuta con sapiente forza,
le prove che hai sostenuto hanno fatto di te
un grande uomo,ma che conserva in sé un cuore bambino.
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Gerardo Giampaolo – Bologna Mi chiamo Gerardo, sono bello, mi piace fare i disegni, colorare col pennello. Mi piace fare
i giretti, mi piace la pizza con la salsiccia, mi piace fumare.
NON DICO LE BUGIE!
Nessuno mi ammazza,non mi ammazza a me.
Ti ammazza a te?No,è uscito da li,dall’altra porta, ed è rientrato da là.
Non dico le bugie,è uscito da li.
Non dico le bugie,ho fatto la pace e non mi ammazzano.
Non dico le bugie,è uscito da là,da una porta che ci sta.
Non dico le bugie,è uscito dalla porta lì,è da lì che usciamo noi.
Non dico le bugie,faccio il bravo,batto le mani,lo prometto,però è uscito
dalla porta lì.
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Gianluca Buono - Bologna Sono Gianluca, ho 42 anni, ho i capelli rasati, ho gli occhi marroni. Ho una sorella e un
papà. Ho una carrozzina elettrica. Mi piace la musica Rock, mi piace molto anche il cine-
ma, soprattutto i film d'azione. Mi piacciono i Litfiba. Sono di carattere buono, mi riten-
go una persona simpatica.
Mi piace il Bologna.
IO SONO CONTENTO
Lui mi guarda appoggiato al muro
mi dice: sono tornato
sto viaggiando per sempre
torno domani
Caterina
Lei mi dice “sono tua” sto tornando da te,non ti lascerò mai,per sempre sarò
tua
Jessy
Poi ci incontreremo in un’altra vita
poi ci perdiamo
poi lui mi dice,appoggiati al muro,
“sono disperato perché lei non c’è”.
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Nemo Menghini - Bologna Sono Nemo, ho gli occhi chiari, sono simpatico. Mi piace fare i puzzle, vado a cavallo.
Ogni tanto vado allo stadio a vedere giocare a calcio. Mi piace molto Jennifer Lopez come
cantante, e anche Zucchero.
VICINI O LONTANI?
Ci siamo guardati,
riconosciuti
e ci siamo dati la mano:era un mio amico.
Io ero parte del percorso della sua vita,
ero stato insieme a lui nel momento del bisogno
come lui era stato vicino a me in un momento difficile.
La vita ci avvicina e ci allontana,
ma quando apriamo gli occhi
ci accorgiamo che un sogno può diventare realtà e che la realtà può
diventare un incubo.
Non so se mi mancava o se mi mancavano i ricordi,ma appena se ne è
Andato
Ho iniziato a sorridere ripensando a noi,
ma più pensavo
e più il sorriso lasciava spazio alle lacrime:gioia e lacrime,questo siamo stati
e questo resterà per sempre nel mio cuore.
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Nicola Bonazzi - Bologna Mi chiamo Nicola, sono alto e moro, mi sta simpatico Tonino, mi piace il calcio, mi ricor-
do bene di Bulgarelli.
LA SIGNORA DI VERONA
La signora di Verona ha le scarpe nuove e la valigia vecchia,
è arrivata alla stazione,dovrà comprare una valigetta domani mattina.
La prenderà bianca se ce la fa.
Lo sa anche il ragazzo del bar numero cinque in piazza maggiore,
non c’è più nessuno alla stazione.
La signora dei gelati,quella dei coni a punta e delle collane,è una signora di
Milano,è tornata là.
Fragola, pistacchio e crema di formaggio:
nel treno c’è un gattino piccolino che viene alle due, forse c’è lui alla
stazione,ma lui non mi guarda più.
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Massimo Pasquali - Bologna Sono Massimo, sto bene, sono bello, ho gli occhi azzurri. Parlo bene, senza parolacce. Mi
piace lavare i piatti, mi piace cantare. Mi piace la canzone "La lontananza" di Modugno.
LA FRETTA E LA CALMA
La vita è una commedia come quella di Pirandello,
la vita è tanto grande che ti uccide d’estate.
Vita di cani,è tutto lì!
Nella vita tutto ti uccide piano,
il resto piano piano.
Il resto è mancia e tutto quello che vuoi è stare in compagnia,poi è finito.
Ora posso andare a lavare i bicchieri?Poi basta.
49
Stefano Bertolini – Talamona (SO) La mia passione per la poesia è nata alcuni anni fa in seguito ad un incidente stradale che
nel 2003 mi ha costretto in carrozzina. Ho scritto fino ad ora una quarantina di poesie
quasi tutte dedicate a ragazze che incontro nel quotidiano e mi colpiscono. Ho la fortuna
di avere un amico cantautore che ha messo in musica la poesia “ Oh mia vita” con cui ho
partecipato al vostro concorso nel 2009, classificandomi quinto.
LA MIA IMMAGINE
Davanti allo specchio la mia immagina riflessa;
non mi riconosco,la mia vita non è più la stessa.
Ogni mattina
Vorrei saper camminare,parlare ed amare,come gli altri.
Vorrei esaudire tutti i miei sogni,
correre per il mondo
in cerca di nuove avventure ed emozioni.
Il mio cuore è in attesa di un Miracolo
chissà se mai verrà…!?
Il mio pensiero vola
come un gabbiano
senz’ali
sopra il mare salato.
Come riconoscerò me stesso?
Il segreto è l’amicizia,
quella vera,spontanea e sincera.
Ti fa sentire migliore
ti sostiene anche quando sei triste
e porta serenità e gioia al tuo cure.
Ora che l’ho trovata
nonostante i miei problemi
la mia vita è un po’ cambiata.
Davanti allo specchio la mia immagine riflessa
ora mi riconosco!!!anche se la mia vita non è più la stessa.
50
Luca Craba – Sassari Possiede il diploma di terza media: Frequenta l’Opera Gesù Nazzareno a Sassari come
esterno dal 1990: Ha seguito numerosi corsi di formazione professionale soprattutto il
corso di informatica e di potenziamento cognitivo. Fa parte dello Special Olympics. E’
inserito nella compagnia musico-teatrale GENA, vincitrice del premio internazionale di
Correggio con l’opera Prove di viaggio.
IL GRANDE GIOCO LA VITA
Tortuosa è la vita
macchine imperfette siamo noi
in viaggio alla ricerca di Dio.
Ricordi di volti impressi sul mio libro
con pagine ancora in bianco.
Come un treno in corsa
per percorrere una strada
lunga e piena di insidie.
Le difficoltà di ogni giorno
incomprensioni
pregiudizi
indifferenza
lungo il cammino.
Siamo in un grande gioco
la vita.
Partecipiamo
per vincerle nella gara arbitrata da Dio
e noi Angeli che consolano
i più deboli
mandati verso una missione
per salvare la terra
dalle incomprensioni
pregiudizi
indifferenza
51
Fabrizio Galavotti – Bologna Sono perito informatico. Ho frequentato vari corsi di cinema presso l’Associazione Cultu-
rale Mondo Tre, Ho avuto borse lavoro dall’AUSL di Bologna presso il CDH e Bandiera
Gialla.it. Amo il cinema, la letteratura, la musica, la poesia, lo sport. Sono in carrozzella
perché sono affetto da distrofia muscolare
NON ERA LA MIA VITA
Pendevo dalle sua labbra
Respiravo i suoi pensieri
Vivevo nel suo mondo
Ma quella non era
La mia vita
Era solo un luogo
Nei miei sogni
Ma non era
La mia vita
Era quella
Che avrei voluto
Fosse la mia.
Poi mi sono accorto
Che navigando
Per le strade del mondo
Ho scoperto
Che quei percorsi
Esistenziali e fisici
Creavano una scia
Che rimaneva indelebile
Per sempre nel tempo e nello spazio
Dei pensieri nella mia mente.
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Roberta Ronconi – Traona (SO) Nata a Morbegno 8/06/1981, vive con i genitori a Traona Valtellina. Ha già partecipato
in passato al Concorso nelle edizioni precedenti
I BAMBINI
A me piacciono i bambini
soprattutto piccini.
Quando fanno la nanna e giocano a
palla.
Mi piacciono quando fanno il pisolino
e quando gli cambio il pannolino.
Son simpatici quando bevono il lattino
e ti guardano con il sorrisino.
55
Marco Mignardi – Bologna Mi chiamo Marco e senza nessuna presunzione a scrivere e ironizzare senza banalità si
può affermare che in tema disabilità non si deve per principio parlar sempre con serietà
altrimenti si rischia di aumentare la noiosità.
Raccontare e dare voce ad emozioni che il pensiero corrente spesso vede come frustrazio-
ni. Per me scrivere equivale ad un mezzo per osservare la realtà per fornire a me stesso
una capacità avvincente esilarante e divertente. Che la diversità non deve essere conside-
rata una sconfitta ma l’opportunità per rendere più significativa la mia realtà.
TAVOLA ROTONDA CON PAROLE COMUNI NEL MONDO NOR-
MALMENTE DOTATO CHE POSSONO DIVENTARE STRAORDI-
NARIE QUANDO IL MONDO APPARE ROVESCIATO.
Bologna è una tranquilla città italiana uscita come tutto il resto del mio paese dodici anni
or sono dalla guerra siamo nel glorioso anno mille novecento cinquanta sette.
La tavola rotonda
Dio prima di creare la mia storia volle divertirsi e interrogo alcune parole prima di deci-
dere e le volle convocare in coppia poiché pensò non è bene che le parole e i sentimenti
restino da soli voglio creare loro una coppia come con gli uomini e le donne che vivono sul
pianeta Gaia.
La prima coppia ad entrare in questa tavola fu la coppia Rischio Fiducia .
Noi siamo una strana coppia esordi il Rischio senza di me la vita di queste nuove creature
come di tutte le altre persone che nascono e vivono sul pianeta terra la vita sarebbe piat-
ta noiosa priva di quel pizzico di disavventura che rende il quotidiano degli uomini inte-
ressante avvincente e molte volte esilarante.
Quando nasce un bambino noi per, diventa essenziale divertirci e per un poco facciamo
finta di giocare a Monopoli e io che sono il Rischio mi accoppio all’imprevisto con mia
moglie fiducia si accoppia alla parola Probabilità.
Quando nasce un bambino che è considerato in maniera diversa noi parliamo all’inizio di
Piazza della diagnosi e quando i camici bianchi deputati a questo primo verdetto che soli-
tamente genera frustrazione e noi parliamo del vicolo nel nostro gioco di fantasia Soli Mai
Continuando il percorso di R e F finirono bisogna insegnare alla coppia di genitori che ciò
che appare a prima vista può in un tempo più prolungato essere visto come opportunità
per ripensare la vita e migliorare la vita la terapia di rieducazione fin dov’è possibile va
eseguita ma non deve essere l’unico scopo della vita altrimenti sarebbe una visione ridut-
tiva almeno per noi.
Noi siamo il sale in molti campi del vivere senza di noi l’uomo non avrebbe potuto disse
la fiducia scoprire l’energia atomica e il Rischio terminò L’importante è l’’uso che l’uomo
fa delle sue scoperte.
Quindi anche la persona disabile deve rischiare di andare quando è piccola prima alla
scuola materna altrimenti resta come il cow boy del vecchio west e uno spastico arrangia-
to che può rimanere preda dei pregiudizi di tutti che a volte possono trovare linfa soprat-
tutto quando si è piccoli nella frase Rigida Sempre a cui rispondo a cui rispondo meglio
una rigidità e vita duttile e flessibile.
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Progettazione e relazione
Venne poi il turno d’altre due parole Relazione e Progettazione.
La relazione e la progettazione esordirono dicendo Attraverso di noi gli uomini attraverso
tutti le varie fasi della vita imparano ad entrare in relazione tra loro apprendono che è
noioso vivere da soli ovvero è può essere affascinante il deserto ma l’uomo cresce nella
relazione con l’altro e, infatti, diveniamo più poveri quando riteniamo il nostro punto di
vista l’unica terapia o l’unica medicina che può guarirci.
Noi proseguirono Relazione e Progettazione non ha solo il compito di costruire case di
mattoni ponti che attraversano fiumi anche se costruire queste opere resta essenziale per
il progresso umano e l’ingegno degli uomini ha il compito di tessere relazioni invisibili ba-
sate sui sentimenti d’amicizia e amore che hanno bisogno di un lungo lavoro di reciproci-
tà e affetto auto stima tra gli uomini e un lungo lavoro dentro di noi stessi.
Noi possiamo diventare costruttori invisibili con materiali nascosti quali la tenacia, la
perseveranza che è un materiale di cui l’uomo d’oggi come d’ogni tempo ha sicuramente
bisogno per evitare che la società che ha forse dimenticato il pensiero in molti campi si
ripiegò troppo su di se e questo non porta beneficio agli uomini al massimo evita le guerre
ma non ci porta a fare un salto in avanti finirono tra il perplesso e l’ironico.
Autonomia e Responsabilità
A questo punto del mio racconto entrarono in scena una coppia che oggi non sembrò an-
dare per la maggiore in questo pianeta.
Autonomia esordì dicendo io appaio altezzosa vorrei semplicemente proporre agli uomini
d’ogni tempo e cultura l’importanza che io assumo nella crescita personale e della società
in genere.
Pensa continuò divertita nel suo colloquio con responsabilità quando nasce l’uomo noi
giustamente siamo assenti perché il bambino piccolo giustamente non conosce il nostro
indirizzo deve ’essere guidato e sostenuto dai genitori e dall’ambiente sociale nel quale
viene a trovarsi.
Responsabilità ridendo continuò pensa quando l’uomo diventa adulto e noi come coppia
dovremmo crescere con lui invece a volte ci rendiamo conto in coppia che più l’uomo è
grande e si potrebbe pensare attraverso di noi come coppia capace di governare e fare at-
tenzione alla sua vita talvolta accade che distrugge le relazioni più preziose che dovrebbe
proteggere perché si vuole isolare dagli altri in tal modo non segue un percorso che lo aiu-
ta attraverso di sentirsi maggiormente uomo e donna ma vuole semplicemente consumare
la parte che lui vede bella negli altri dimenticando di crescere come persona.
Questa coppia ridendo pensa “Noi solitamente apparteniamo a persone che hanno il pote-
re di decidere in campo politico industriale economico ma ti rendi tu Responsabilità ha
mai visto una persona disabile occupare un posto che conta sul pianeta Gaia, io in tanti
no. Hai mai visto una persona disabile intervistata da un giornalista che conta in rete te-
levisiva che conta in un orario di massimo ascolto.
Io mai
Io continuò l’autonomia al massimo ho visto qualche persona disabile partecipare a pro-
grammi televisivi caratterizzati vedi Telethon una volta l’anno perché di più le persone
disabili in Tv fanno male solo come le sigarette nuocciono gravemente alla salute non fan-
no ascolto e poi sono considerati gli sfortunati della vita.
Quindi sono d’accordo con te meno le persone vedono certe realtà meglio stanno altri-
menti gli va di traverso la cena si devono vedere solo a Natale e a Pasqua per sentirsi più
buoni.
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Autonomia e Responsabilità finirono con l’affermare in modo incuriosito che non si deve
guardare solo alla parte mancante che la disabilita ha ridotto ma si deve considerare sem-
pre incontrare la totalità e l’integrità della persona. Nel suo insieme.
Amore e desiderio
A comincio affermando io sono associato alle persone sane. Immagina se un giorno una
ragazza disabile incontrasse Georgie Cluney e dopo un rapporto d’amicizia normale scat-
tasse da parte della persona disabile la famosa scintilla di cui tutti parlano e che io non ho
mai accesso disse A cuore delle persone disabili perché altrimenti dopo immagina che con-
fusione che sensazione i rotocalchi di mezzo mondo che parlano e scrivono di questo scoop
televisivo di primo ordine.
L’Amore prima di cedere la parola al desiderio terminò in maniera divertita pensa se
Marco fosse giovane e fosse adattato alla sua età innamorarsi di un’attrice a S.Sthone che
rivoluzione culturale potrebbe rivelarsi.
Una persona disabile che fa girare la testa e il cuore a una persona di successo che cam-
biamento di costume integrale potrebbe.
Il desiderio disse Noi come la coppia precedente è strana nel mondo della disabilita al
massimo a loro è accordato il sesso a pagamento loro concluse è come Peter Pan non deve
avere rapporti con me come desiderio io sono cattivo per il loro mondo rappresento la col-
pa.
A divertito finì Sai vi sono eminenti personaggi del mondo politico di questo paese che
possono divertirsi mentre il loro parlare di coppia fa a volta gridare allo scandalo nei co-
stumi culturali del tempo.
Conclusione
Mio caro terminò l’amore adesso le nostre strade si separano io mie ne vado io che comin-
cio con la lettera A me ne vado verso la normalità tu che cominci con lettera D verso la
diversità.
Rischio e Fiducia terminarono il loro discorso insieme affermando Noi non disprezziamo
la normalità ma la nostra specifica missione è cooperare sul filo con tutte le diversità
quindi noi ci sentiamo attratti da tutte le diversità nel loro complesso.
Progettazione e relazione dissero io vado con la P di progettazione verso le esperienze
concrete e produttive io con la R di relazione vado verso il pensiero profondo che molto
spesso non si vede quindi verso la diversità.
Responsabilità e autonomia dissero insieme Noi vorremmo appartenere anche alla disabi-
lita ma insieme c rendiamo conto che molto spesso non apparteniamo al vocabolario che è
accettato da questa civiltà quando si confronta con la diversità.
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Silvana Pagella – Alessandria Più di quarant’anni or sono, feci delle innate all’immaginazione del mio aereo personale.
Sulle ali della Poesia volai ogni linea del mondo, sino a sfiorare il confine dell’universo.
Ancora oggi, allorché viaggio, stilando nel mio aereo, avvero di essere sana particella vi-
vente. Sia la poesia, sia le narrativa, infatti, sono inseparabili amiche e compagne della
vita odierna.
IL CANE DI SAN GIULIANO NUOVO
rievocando la storia ideata dalla nonna Angela
"Nonna, amo commemorarti, accingendomi a stilare la bella storia de "Il cane di San Giu-
liano Nuovo," che mi narravi, quand'ero piccola per darmi la pappa."
C'era una volta, a San Giuliano Nuovo, un cane magro, magro perché il povero padrone,
gli dava poco da mangiare.
Un giorno, l’uomo s'impietosì della sua amata bestiola, e, presala in disparte, le disse:
"Hai fame, vero?
Ti nutro poco perché il cibo scarseggia anche per tutta la mia famigliola e ciò mi rincre-
sce. Ascoltami, domani, sarà la prima domenica ottobrina: festa del paese.
Scenderai in paese e mangerai tutto ciò the cadrà dalla tavola dei commensali.
“Buon appetito!” Il cane obbedì. A mezzogiorno in punto del giorno seguente la bestiola
partì. Strada, facendo, incontrò il lupo, un lupo molto temuto dagli abitanti.
"Fermati, che ti mangio! Ho fame!", urlò l’animale selvaggio.
Il cane supplicò: "Mah, non vedi, come sono magro? Ho solo pelle ed ossa. Naturalmente,
non posso nutrirti.
Scendo in paese perché è la Festa Patronale e vado alla ricerca di un po’ di cibo. Al ritor-
no, sarò, evidentemente, più sazio e tu mi mangerai."
Lo stupido lupo ne fu convinto e lo lascio passare.
Il cane libero andò alla festa e si nutrì di tante delizie.
All'ora di rincasare, il cane, pensando al lupo, prese un'altra via di ritorno. Il lupo, non
vedendo comparire il cane, si accorse d'essere stato burlato e s'incollerì parecchio. Nel
frattempo arrivò una volpe.
"Fermati, che ti mangio. Ho fame!", replico il lupo cattivo.
"Anch'io ho fame! Fame e sete!", disse, con saggezza la volpe.
E continuò: "Faremo cosi! Questa notte, ci dovrebbe essere la luna piena. Il cielo sarà
chiaro. Quando i contadini dormiranno, noi passeremo dal buco del covile e ci ciberemo di
galline, finché saremo sazi. Ma,... attento, lupo!"
II lupo imprudente s'accordò con la volpe, a mezzanotte si trovò con lei nel covile ed ini-
ziarono a mangiare le galline.
La volpe ne mangiò solo due ed usci benissimo dal foro, mentre il lupo non la smetteva
più di cibarsi di galli e pollastre.
Quando il feroce animale si senti sazio, si guardò attorno e si trovò solo, la volpe l’aveva
lasciato. Comprese che sorgeva già l’alba, fece per uscire dal covile, ma dal buco, non ci
passava più. Era obeso!
Dall'aia, il lupo udì i primi rumori umani ed iniziò a tremare dalla paura, infatti, ben pre-
sto la porta del covile fu aperta dai contadini, che scovando la bestia crudele, intuirono
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subito che aveva mangiato galli e galline.
Afferrarono le pale, i rastrelli ed i badili, scacciandolo lontano e gridando: "Al lupo! Al
lupo! Al lupo!"
Ed il lupo scomparve dalla loro vista. Strada facendo, il lupo, incontro nuovamente la
volpe.
La rimproverò: "Sei state infedele! Perché m'hai lasciato solo?"
"Ti avevo avvisato: Attento, lupo!" E continuo, con la sue acute furbizia: "Adesso, ho
tanta sete ed avrai sete pure tu, lupo, tutto bastonato come sei! Vieni, andremo, in riva al
fiume, a bere." Il lupo credulone, ancora una volta, annuì convinto. Arrivarono in riva al
fiume. Ordinò la volpe: "Prima vado io a bere, in fondo, l’idea è state mia. Quindi, spetta
a me, dopo, ci andrai tu! Tu mi terrai per la coda, con la bocca, e quando avrò finito di
bere, dirò: "Lap lap!" e tu mi tirerai su. Bada a non stringermela troppo con i denti, la
mia vaporosa coda!"
E così fu! Venne il turno del lupo. La volpe si finse gentile, ma quando il lupo grido: "Lap
lap!", la saggia volpe, allargando le fauci, esclamò: "Ed io, per la coda, ti lascio andare!"
Il lupo cattivo, annegando svanì nelle acque del Tanaro ed i sangiulianesi non ebbero più
paura. Nel frattempo il cane di San Giuliano Nuovo che fin da allora aveva seguito, na-
scostamente, il nemico, saltò fuori dal nascondiglio e si congratulò con la volpe.
Si sfiorarono l’umido musetto in segno di una profonda ed eterna amicizia.
"Com'era solare, nonna, la tua storiella e quanta fantasia! Facevi di tutto per nutrirmi."
Toglimi una curiosità. Riuscivi, con quelle parole, a darmi tutta la pappa?"
"Cara Silvanina, non era un'impresa facile. Non sempre riuscivo a darti gli ultimi cuc-
chiaini, e questo mi faceva star male. Volevi un'altra favola. Oppure, poteva essere la tua
forma di spasticità ad impedirti di deglutire in modo normale. O, meglio ancora, eri una
bambina viziosa e capricciosa." "No, nonna! Non aveva molto appetito, a quei tempi.
Avevo più fame e sete d'amore, del tuo amore!"
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Vincenzo Massa – Nocera Superiore (SA) Affetto da SMA III, mi sono laureato in sociologia presso l’università di Salerno nel 2001.
Nel 2010 ho pubblicato “La parola stampata” (Felici editori) in cui ho raccontato la mia
storia. Sono appassionato lettore di saggi che trattano la fenomenologia.
COME I PASSI DI UNA COLOMBA
Accorgendomi di una colomba che mi passava davanti, a terra, la osservavo distratta-
mente, pensando ad altro. Passava del tempo, ma non riuscivo a capire perché non an-
dasse via, spiccando il suo volo e facendomi vedere come si potesse perdere nel cielo az-
zurro, lontano, sino a non poterla più vedere. Così, iniziavo a non pensare più ad altro,
ma a quella colomba. Il tempo che passava faceva dileguare il mio sguardo distratto the
avevo posato su quella colomba: ora incominciavo a guardarla con più attenzione. Passa-
va ancora del tempo e non andava via, perché? Era monca, non poteva volare.
Pensavo: quella colomba, che avevo scorto nei suoi passi aggraziati, era meravigliosa nel-
la sua bianchezza. Il mio iniziale e distratto volgermi ad essa, mi aveva rassicurato che
fosse integra, cioè che potesse volare, anche senza quasi volerla guardare più di tanto.
Quella colomba, un volatile, non volava; aveva un pezzo d'ala mancante. Lo scorgevo da
un'altra prospettiva, affinando lo sguardo, prestando attenzione a quella sua particolari-
tà.
Improvvisamente, fui assalito da un pensiero inquietante: ne ero preso, rapito; si sostitui-
va e dilagava, schiacciando, ciò the avevo pensato di quella colomba sino a poco di lì. O-
ra, da lì, quella colomba la incominciavo a pensare in un altro modo, mi appariva in un
altro modo; cioè, la vedevo fatta a metà.
Vedevo come quella colomba non potesse volare: era uno sconforto vederla cosi fragile, ep-
pure anche ancora bella nei suoi passi. Forse la avevo considerata bella solo aspettandomi
che potesse volare,come tutte le colombe bianche da immaginare. Se sino al termine di un
momento prima la avevo accolta distrattamente, ora sembrava che la mia attenzione mi
avesse invitato quasi a respingerla, a metterla da parte nel vederla da un'altra prospettiva.
Pensavo a come l’uomo volesse vedere le cose dall'alto, spiccare verso 1'alto, ascendere e
giungere alle altezze di una colomba bianca. Quella non lo avrebbe potuto fare, non avreb-
be potuto nemmeno per un po' allontanarsi dalla sua ombra, proprio come fanno tutti i vo-
latili quando si allontanano dal suolo e poter vedere le cose dall' alto. Anch' io, in un primo
momento, avevo voluto raggiungere quelle altezze, aspettandomi che potesse volare: le co-
lombe bianche sono belle perché possono volare.
Era un pensiero the avevo sempre avuto e sul quale avevo sempre cosi tanto poco riflettu-
to. Quella la vedevo beccare a terra i vermi, come fosse ridotta a poco più di un pulcino.
Rimaneva a terra, coi suoi passi, senza poter volare. Vedevo quella colomba in quella sua
particolarità, la scoprivo diversa da tutte le altre che avevo sempre accolto in me. Familia-
rizzavo con quella sua particolarità. Avrei dovuto, ora, da quel momento, inevitabilmente,
incominciato a vederla solamente ridotta a quei suoi passi.
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Laura Fiorentin- Dueville (VI) Nata il 29/4/1994 presenta da subito gravissime patologie. Compromessa nel linguaggio
verbale a 7 anni e mezzo inizia a comunicare a computer. Frequenta la scuola primaria e
la scuola secondaria di primo grado diplomandosi come tutti gli altri con il voto di 8/10.
Partecipa a numerosi concorsi letterari. In alcuni del quali risulta vincitrice o riceve
menzioni speciali. Attualmente studia alle scuole superiori, 3° anno.
NATI DUE VOLTE
“…Una volta, mentre lo guardavo come se lui fosse un altro e io un altro, mi ha salutato.
Sorrideva e si è appoggiato contro il muro. E’ stato come se ci fossimo incontrati per sem-
pre, per un attimo”.
Il tempo, lento scorre, mentre portiamo avanti la nostra vita, le nostre private faccende e
non ci accorgiamo che il nostro sguardo carico di memoria e di pregiudizio ci porta a volte
a non vedere la vera essenza delle cose e delle persone.
Ci si sofferma a osservare un minuscolo dettaglio, e per quel dettaglio, non si nota il parti-
colare pezzetto che rende ognuno di noi un universo variopinto di elementi. Universi ro-
tanti che attraggono solo l’uguale nel dettaglio e meccanicamente respingono quello di-
verso.
Roteando a volte ci si avvicina, ci si incontra non volendo e si scopre che l’universo re-
spinto ha occhi profondi, veri, non deserti aridi ma incantati vicoli da scoprire. Ci si osser-
va e si vede l’inimmaginabile, il vero interno di un mondo sconosciuto.
Questi universi siamo noi miseri umani, spaventati, ma meravigliati scorgendo che la re-
altà fantasticata è bizzarramente diversa. Ci guardiamo e solo per un attimo staccando la
pregiudiziosa spina, ci rendiamo vivi, scorgendo altro negli occhi di quell’universo vario e
disordinato. Possiamo essere, apparire, scegliere, rinunciare, possiamo molto e tutto forse,
ma ci manca il coraggio cavalleresco di guardare il vero sempre e non per un solo attimo
che resterà ricordo. Siamo universi disuguali, ma meritevoli di sguardi profondi e puri.
Fondiamo occhi negli occhi sempre, per vederci nel vero non nell’immaginario, siamo es-
seri preziosi con forzieri brillanti da mostrare.
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Filippo De Nadai Baggio – Castelfranco Veneto (TV) Nato il 10 dicembre 1973 a Castelfranco Veneto (TV). Inserito nel gruppo CDD Pegaso
del Centro Atlantis di Castelfranco Veneto.
IL RISVEGLIO
È successo, ma tutto è poi risvanito, nel nulla, nel niente, nel silenzio della notte.
Sembrava fossimo stati due “vecchi compagni di scuola che si ritrovavano dopo anni di
lontananza”.
E… io gli ho detto con un sorriso: “sei così buffo quando mi racconti certe cavolate con
storie di “orsi ballerini” e “topolini ammaestrati.”
Un flash.
e…tutto è ricominciato
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Nicola Ferracin – Castelfranco Veneto (TV) Nato il 16 novembre 1971 a Valdobbiadene (TV). Inserito nel gruppo CDD Pegaso del
Centro Atlantis di Castelfranco Veneto.
UN SENTIRE COMUNE
Nella nostra esperienza di vita, esistono dei momenti in cui due persone, più o meno abili,
trovano una visione comune o sono nella stessa lunghezza d’onda. Se ciò accade per un
istante o per sempre, è poco importante, ma la “comunanza” tra due persone è la cosa più
importante e rimane anche nel futuro e per sempre.
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Chiara Frattin – Castelfranco Veneto (TV) Nata il 01 luglio 1974 a Bassano del Grappa(VI). Inserita nel gruppo CDD Pegaso del Cen-
tro Atlantis di Castelfranco Veneto.
COME POSSO AIUTARTI AMICA?
Ho visto una persona, mi sono fermata a guardarla. L’ho osservata. In me è nata la voglia di
fare qualche cosa, allora a fatica ho spinto la mia carrozzina verso di lei. L’ho salutata e lei
per un attimo ha chiuso gli occhi, ha fatto un viso sofferente come a dire: “solo adesso ti ac-
corgi di me?” Era disabile, tetraplegica pure lei da incidente stradale. Probabilmente lei si
era abituata alla sua vita, alla vita da disabile, sono io che non mi rassegno. Ho un dolore for-
te alla gamba destra ma passerà, in fondo è proprio quello che ci unisce. Chi è quella ragazza
vorrei saperlo ma nello stesso tempo mi blocco, vedo me stessa nella sua persona. Penso a
che cosa sarebbe stata la vita se non ci fossimo incontrate
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Urbano Santi – Castelfranco Veneto (TV) Nato il 3 agosto 1978 a Castelfranco Veneto. Inserito nel gruppo CDD Pegaso del Centro
Atlantis di Castelfranco Veneto.
LE TRE CARTE
Sapete a volte si rivela più difficile da accettare il fatto che venga comunicato ai genitori
che il proprio figlio sia disabile; che trascorrere una vita intera assieme a lui.
Appena comunicata loro questa notizia dentro la loro testa ha iniziano a porsi domande
del tipo perché è successo proprio a me questo triste evento, cosa ho fatto di male, inizia-
no a porsi mille perché senza mai trovare risposta.
I genitori cercano di crearti una specie di «mondo protetto» in cui secondo loro non ti fa-
rai mai del male, perché appunto sei protetto e in linea teorica non ti dovrebbe succedere
nulla, al contrario spesso succedono cose che ti restano dentro e ti provocano un dolore
immenso.
Purtroppo pur essendo trascorsi molti anni da quando i miei ricevettero la notizia della
malattia, non hanno ancora saputo farsene una ragione, infatti spesso mi chiedo se certi
genitori provassero a guardare le persone diversamente abili con occhi diversi, si accorge-
rebbero anche queste posseggono un anima. Spesso però pur avendo a portata di mano
tre carte importantissime da estrarre dal mazzo di carte in loro possesso le usano molto di
rado: il dialogo, l'amore che ogni genitore prova verso il proprio figlio e la comprensione.
Perché tuo figlio è tuo figlio, così com'è lo dovresti sentire a pelle, ma non solo anche at-
traverso il sangue che ti scorre nelle vene e che oltre a nutrirti, nutre anche tuo figlio. Ri-
cordatevelo. Non stancatevi mai d'usare queste tre carte a vostra disposizione; se volete
instaurare fin dalla base un bel rapporto con i vostri figli.
Sicuramente all'inizio non si vedranno i frutti della vostra semina, ma nel tempo la pian-
ta che avrete costruito nel corso della vita trascorsa assieme possederà radici molto solide
e forti. Sicuramente i vostri figli sapranno restarvi accanto come voi genitori avete fatto
con loro.
A me non è ancora successo.
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Paolo Cividal – Castelfranco Veneto (TV) Nato il 23 giugno 1963 a Riese Pio X (TV). Inserito nel gruppo CDD Pegaso del Centro
Atlantis di Castelfranco Veneto.
UNA VOLTA MENTRE LO GUARDAVO
Una volta, mentre lo guardavo mi ha salutato. Una volta mentre mi guardavo allo spec-
chio, dicevo guarda che ragazzo sfortunato che sono ad avere una “disabilità” e pensavo
di non contare “nulla”.
Mentre mio padre mi sorrideva, venne da sorridere anche a me e mi sono appoggiato a
lui. Noi la nascondiamo la sofferenza con una smorfia, siamo abituati a soffrire. Altre
volte, a chiudere gli occhi e poi riaprirli, e a vedere se il mondo migliora, penso a quella
persona che mi è sempre stata a fianco, e adesso che è morta sento la sua mancanza.
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Elisabetta Bortolotto – Castelfranco Veneto (TV) Nata a Castelfranco Veneto il 24 novembre 1980. Inserita nel gruppo CDD Pegaso del
Centro Arlantis di Castelfranco Veneto.
LA MIA VITA
Il tema di quest’anno è tosto perché pensare ad un padre che scrive queste cose: «… Una
volta, mentre lo guardavo come se lui fosse un altro e io un altro, mi ha salutato. Sorrideva
e si è appoggiato contro il muro. È stato come se ci fossimo incontrati per sempre, per un
attimo.»
Ci fa riflettere molto pensare ad un padre che immagina come sarebbe stata la sua vita
senza suo figlio.
Pensare che io una cosa così l’ho vissuta in prima persona. Quando sono nata ho rischiato
di morire e adesso io ogni tanto a mia mamma gli chiedo se sarebbe in grado di immagi-
nare la sua vita senza di me.
Lei non ci vuole neppure pensare perché lei mi dice che dovrà andarsene lei prima di me.
Io delle volte provo a chiudere gli occhi e pensare alla vita senza la mia mamma, ma non
ci sono riuscita.
Io voglio troppo bene alla mia mamma per pensare ad una vita senza di lei.
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Fatima Marran – Castelfranco Veneto (TV) Nata il 21 novembre 1980 a Lione (Francia). Inserita nel gruppo CDD Pegaso del Centro
Atlantis di Castelfranco Veneto.
IL ROMANZO
Chi vede un disabile si fa un mucchio di domande.
Io penso che qualsiasi romanzo che si propone dentro la nostra libreria interna, dove è
complicato entrarci, perché solo chi ci ha fatto nascer può capirne il vero senso, la poten-
za ed il sapore a volte amaro, è un pezzo unico nel suo genere. Come lo sono io.
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Mariangela Basso Castelfranco Veneto (TV) Nata il 20 gennaio 1951 a Possagno (TV). Inserita le gruppo CDD Pegaso del Centro At-
lantis di Castelfranco Veneto.
L’INDIFFERENZA
Mi è capitato spesse volte di incontrare un conoscente, mi sono accorta che anche lui mi
ha vista, ho alzato il braccio in segno di saluto ma... lui si è girato dall’altra parte fingen-
do così di non avermi nemmeno incrociata. Era evidente che aveva una vera fobia per le
persone che “condividevano la loro vita con un certo tipo di handicap”. Moltissimo tem-
po dopo ebbi la conferma al mio sospetto. Un giorno vidi un uomo che a stento veniva
verso di me; zoppicava vistosamente. Non l’ho riconosciuto: era magro, barba e capelli
lunghi, non sembrava più lo “sbruffone, spaccone” d’un tempo.
Avanzava rasente al muro. Mi si avvicinò e mi disse: “Sono imbarazzato. Volevo parlare
un poco con te. Solo adesso capisco quanto male fa l’indifferenza della gente, per prima
mia. Quando mi cercavi non c’ero; quando mi venivi a cercare non avevo tempo, ora di
tempo ne ho fin troppo. Perdonami se puoi. Grazie.
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Rubens Bobbato – Castelfranco Veneto (TV) Nato il 5 ottobre 1967 a Castelfranco Veneto. Inserito ne gruppo CDD Pegaso del Centro
Atlantis di Castelfranco Veneto.
IL MIO PASSATO
Vorrei raccontarvi la mia storia…….
All’età di un anno ho avuto la meningite che purtroppo non è stata riconosciuta ed è sta-
ta curata come acetone. In questo momento io mi ritengo uno tra i ragazzi più fortunati,
perché sono riuscito a vivere, con le mie difficoltà nel camminare, con problemi gravi alla
vista che poi piano piano sono migliorati e così sono qui a raccontare ancora una volta la
mia storia.
Oggi ho 44 anni, ho frequentato per quattro anni le scuole superiori di Fonte Alto e ogni
mattina alla fermata dell’autobus trovavo vari amici del paese e facevo la strada con lo-
ro. A scuola al momento dell’intervallo ci ritrovavamo tutti assieme e c’era qualcuno che
stava peggio di me.
Io mi sentivo un po’ più abile nei confronti di questo mio amico, che lo vedevo molto sof-
ferente. Era in difficoltà nel movimento però quando parlavamo assieme io riuscivo a ca-
pire abbastanza bene ciò che voleva dirmi, era una persona che nonostante le sue difficol-
tà esprimeva gioia e io mi chiedevo come poteva riuscire ad essere così una bella persona
da non notare la sua sofferenza. In questi anni trascorsi assieme a lui mi sono serviti ad
essere una persona più matura perché prima di entrare in questo istituto io pensavo in un
modo diverso e vedevo solo negativo.
In conclusione adesso io mi sento un po’ più cresciuto perché il ricordo che ho di questo
mio amico mi aiuterà per tutta la vita
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Stella Braghette – Castelfranco Veneto (TV) Nata il 14 aprile 1987 a Montebelluna (TV). Inserita le gruppo CDD PEGASO DEL Cen-
tro Atlantis di Castelfranco Veneto:
LA VITA DA ACCOGLIERE
Ciao sono Stella una ragazza di 24 anni.
Quando vedo un ragazzo diversamente abile con problemi più gravi dei miei, cerco di
confortarlo,
di capirlo e di dedicargli un po' del mio tempo,
standogli vicino, di comunicare con lui e gli direi di non abbattersi e di non ascoltare asso-
lutamente
le persone che non comprendono i problemi degli altri.
Non bisogna assolutamente pensare alla sofferenza ma alla vera VITA…
La vita e aiutare gli altri.
La VITA è un dono di Dio che bisogna saper apprezzare con tutto il nostro cuore.
La vita è dono da accogliere perché ci ha insegnato ad amare tutte le persone ma soprat-
tutto quelle
più deboli.
Non bisogna soffrire, ma essere felici.
La vita è donare
La vita è felicità
La vita è gioia
La vita è........
soprattutto amarsi,
volersi bene
e soprattutto avere la gioia e la speranza per sempre
dentro al cuore.
Ricordatevelo la gioia, l’amicizia e soprattutto l’amore ci unisce.
Questa è la VITA!
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Rosetta Baroni - Borgo Vercelli (VC) Sono nata a Vercelli il 15 marzo 1968. Sono la mamma do due bellissimi bambini Niccolò
e Tommaso.
Tommaso ha 9 anni e ha una diagnosi di disturbo generalizzato dello sviluppo di tipo au-
tistico.
“UNA VOLTA, MENTRE LO GUARDAVO COME SE LUI FOSSE
UN ALTRO E IO UN ALTRO, MI HA SALUTATO. SORRIDEVA E
SI È APPOGGIATO CONTRO IL MURO. È STATO COME SE CI
FOSSIMO INCONTRATI PER SEMPRE, PER UN ATTIMO."
Ti guardo, ma non con gli occhi di una mamma che sta osservando suo figlio. Ti guardo
cercando di capire le sensazioni che susciti agli altri con i tuoi modi di fare bizzarri. Ad un
tratto senti su di te il mio sguardo, arresti la tua camminata e ti appoggi contro un muro
fissandomi. Hai forse capito a cosa sto giocando?? Sto’ cercando di capire come vieni vi-
sto, giudicato dalla gente normodotata.
Improvvisamente mi sorridi, sembri divertito, per un attimo siamo entrati in un cerchio
magico dove ognuno di noi due ricopre ruoli diversi e forse per la prima volta attraverso
questo sguardo di complicità ci incontriamo. Per me e' una forte emozione. Senza dirci
niente riesco a captare che il gioco ti diverte, che riesci a cogliere i miei pensieri, che hai
capito che sto' cercando di immedesimarmi nelle persone che quotidianamente incontria-
mo. Forse ti stai anche chiedendo il perché di questo e sicuramente sai anche che e una
domanda a cui neanche io, tua madre, sa rispondere. E' certo che tutto ciò ti ha piacevol-
mente divertito. Ma improvvisamente il cerchio che per un attimo ci ha fatto incontrare,
in questo modo così anomalo, si dissolve il tuo sguardo ritorna assente e tu ritorni nel tuo
mondo a me impossibile arrivare. È stata una delle poche occasioni di sentirti presente,
partecipe, consapevole. Per la prima volta i tuoi occhi hanno parlato. È stato come se ci
fossimo incontrati per sempre anche se solo per un attimo.
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Rosa Maria Sonzini – Milano Nata a Milano il settembre 1958. Laureata in Pedagogia con votazione di 108/110 , presso
l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano nell’anno 1988. Attualmente frequenta
via internet una scuola di scrittura e giornalismo.
GLI INCONTI CHE ARRICCHISCONO FRA UNA DISABILE E GLI ALTRI
Sono Rosa Maria, ho 53 anni e nella vita ho incontrato varie persone che hanno esercita-
to su di me una certa influenza.
In gioventù in parrocchia incontrai un gruppo di disabili e abili: mi attrasse, partecipai e
feci incontri che segnarono la mia vita. Legai con un sacerdote, un amico con cui mi fi-
danzai e con amici e le proprie famiglie. Una coppia, fra quest’ultime, si mostrò tale
quando persi il padre ancora giovane e mia madre fu costretta a chiedere aiuto. Essi mi
ospitarono, permettendo a mia madre di sbrigare gli affari del marito. Poi, rimasi. ancora
con loro, finché non accettai la morte del padre. Fattami una ragione, tornai a condivide-
re la nuova situazione con gran dolore. Finite le superiori espressi il sogno di frequentare
I'Ateneo, anche se tutti temevano per mia incapacità ma l’amico sacerdote, mio fratello
Felice e una cara amica mi incoraggiarono, ed io giunsi alla meta. Qui, feci due belle ami-
cizie: una con un ragazzo della mia età e 1' altra con una compagna di corso, per i quali
decisi di condividere la mia vita con loro. Un grande amico fu il sacerdote che si fece cari-
co della mia formazione, occupandosi di me e insegnandomi un lavoro adatto alle mie dif-
ficoltà presso L'anffas di Milano. Presso questo ente, strinsi una vera amicizia. La perso-
na a cui mi riferisco era la Dirigente, che, avendo perso il padre anche lei, capì il dolore
della mia mamma, e nel contempo nacque una vera e profonda amicizia tra noi. Durante
gli studi, un' amica del corso di laurea precedentemente citata, vinse un concorso consen-
tendole d'insegnare. Sottolineo questo perché si poneva un grosso problema: chi dal quel
momento si sarebbe preso cura di me? Chi mi avrebbe accompagnato dall' Ateneo a casa e
viceversa?
Mi ritrovai ancora senza accompagnamento. Così, ne incontrai un' altra con le stesse doti.
Un incontro positivo fu con la moglie di Giuliano, mio fratello minore. Subito diventò un'
ottima amica per me e per mia madre. Dopo la laurea passai un brutto periodo, per varie
ragioni. Ristabilita, ci fu un fatto che rese tutti felici: nacque Francesca, la bimba di Giu-
liano e di Cristina, a cui dedicai un'ode. Ripresi la vita con varie attività e feci nuovi in-
contri che mi arricchirono.
Iniziai un corso d' autonomia, tenuto dal migliore operatore A.I.A.S. in una casa apposta
per disabili, dove 1'operatore mostrava come poteva svolgersi una loro giornata tipo in
casa, con aiuto. Egli guidava ognuno, nei suoi limiti, in ciò che poteva fare e gli dava con-
sigli utili per stare meglio in casa. Nel pomeriggio, si divideva la spesa fra gli utenti, abi-
tuandoli ad usare meglio i soldi e si discuteva su un fatto di cronaca attuale. Questo corso
era incluso in un progetto d'autonomia più ampio, che facevo con ogni operatore: anche
quella privata. Scelta dall'assistente sociale dell'A.I.A.S., collaborò a stenderlo con gli al-
tri. Esperta, non solo mi accompagnava alle terapie, ma assisteva per sapere ciò che ave-
vo bisogno. Le interessavano molto le lezioni d'autonomia, che mi impartiva an-
che a casa. Ma 1'incompatibilità di carattere, ci portò al disaccordo e quindi,
quest’ultima fu licenziata. Su consiglio di un'amica, assumemmo un' altra operatrice in
gamba. Brasiliana, molto paziente ed allegra: era la persona giusta per entrambe.
Cosi l'amica ci presentò 1'operatrice e dopo aver parlato del progetto uscimmo insieme.
Diventammo subito amiche e questo facilitò il nostro lavoro. Accompagnandomi
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all'A.I.A.S. fu conosciuta ed apprezzata dai dirigenti che l' assunsero in una loro comuni-
tà. Ciò le servì per trattarmi più alla pari.
Infine, posso dire che sono molto contenta di aver fatto tutti questi incontri ed altri simili
con persone diverse che, mi hanno dato un contributo, mi hanno arricchita e inoltre mi
hanno permesso di leggere quel messaggio importante di cui ogni uomo e portatore. Il
messaggio è un messaggio d'amore, fraternità, pace, gioia.............. insomma sentimenti
puri e veri. Ognuno di noi va accontentato in modo diverso, e per questo devo trovare
ogni giorno soffrendo modalità giuste per far felici chi ci sta intorno. Imparare a leggere
negli occhi dell' altro, diverso, per immedesimarsi in lui.
Tutto questo e vita e amore per 1' altro.
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Maria Rosaria Ricci – Pomigliano d’Arco (NA) Nata a Napoli nel 1977. Diplomata in Scuola Magistrale anno 95-96 ha conseguito diversi
corsi Professionali di Informatica tra cui: “Corso Regionale di Operatrice di Terminali”
anno 97-98 “Corso Di formazione in HTML” Handicap Multi Telelavoro” anno 2000-
2001. Piccole esperienze lavorative conseguite presso il Segretariato Sociale del comune di
Pomigliano d’Arco e presso cooperativa sociale L’Isola del Sorriso, I suoi hobby sono: leg-
gere, scrivere al computer e viaggiare. Ama molto la natura, gli animali soprattutto i ca-
valli. Dal 1993 pratica l’Ippoterapia Riabilitazione Equestre, passando da una lunga e
attenta fase di riabilitazione a una fase sportiva, che le ha permesso di partecipare a
competizioni sportive riservate a diversamente abili.
LA VITA COME UNA RAGNATELA
Nella società in cui viviamo, sempre più frenetica, rischiamo di smarrire ciò che è più im-
portante per l'uomo.
I diversamente abili, in relazione alle loro di patologie, in maniere inconsapevole occupa-
no nel cosmo un ruolo simile a ragni. Ragni che lavorano in silenzio e producono grandi
Ragnatele, i cui fili di tessitura sono le conquiste preziose di una vita meno fortunata, che
con lenta pazienza tendono a ramificarsi sempre più per una vita al pari di tutti gli altri.
La gente osservando li considera come fastidiosissimi insetti a cui non sempre e in grado
di offrire loro superfici ruvide su cui potervi attecchire i fili; dando la concretezza di poter
dimostrare le proprie abilità e capacità; ma in tutt'altro modo, gli stessi luoghi dove ven-
gono decantate parole come integrazione, diritti e quant'altro sono i primi a dimostrarci
quanto nella realtà tutto possa essere diverso; mettendoci di fronte superfici del tutto vi-
scide; di cui e paradossalmente impossibile potervi compiere il lento lavoro delle Ragnate-
le.
La leggerezza, con cui il più delle volte vengono dette cose stupide, effimere verso noi Di-
versamente abili, ci annienta. A poco a poco, veniamo trafitti da tanti pungiglioni, che
con un colpo solo ci fanno crollare il mondo addosso, cancellando tutte le lotte intraprese
per farci considerare "Persone" e non come "Coloro" la cui abilità in modo diverso li rende
oggetti di strumentalizzazione della società.
Società che spesso o quasi sempre contrapponendosi, tende a considerarci
UNA NULLITA'.
La dura realtà è ben distante da modelli di vita fatti solo di parole; soprattutto se vi sono
davanti vite che fuoriescono dai canoni.
Solo spogliandoci dai futili idealismi, e osservando in maniere attenta l'altro in gesti sem-
plici, come un saluto un sorriso potremmo riconosce le nostre diversità.
Diversità che come pietre vengono scartate e rigettate dagli uomini e da tutti i costrutto-
ri, ma scelte e preziose per Dio diventano rocce vive su cui edificare modelli e progetti di
vita tese a divenire testate d'Angolo, per coloro che con sguardo fugace non vedono altro
che "Le Esteriorità umane".
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Gianluca Caristia, Palazzolo Acreide (SR) Laurea in filosofia, laurea in scienze della formazione (educatore professionale).
Hobby: lettura romanzi dell'800, giochi di societa' (scacchi-dama- ramino e varie)
Ho partecipato ad un' altra vs. edizione bando poetico-letterario, con la poesia "il sogno
di ludovica" - Diploma di teoria e solfeggio (pianoforte). Diploma di animatore sociocul-
turale e assistente disabili
LACRIME D’AMBRA E AVORIO
Un tetto, una casa, un ‘ indicazione del proprio “sentire” poetico.
Quando potrò ascoltar il silenzio del vento, germano, del lontano Artico?!
Ho ancora bisogno di percepire il tepido carezzar di nubi , afone di pensieri od emozioni,
ormai remote.
Potrò, ancora?
Quando l’usignolo depone il parto gioioso della vita, sol allora, per certo, udrò il canto di
cigni selvatici svernar verso lidi e spiagge a me familiari , e care.
No, non adesso, purtroppo.
Ma, sarebbe non alterar il ciclo delle stagioni, non quello del genere umano e, da ultimo,
gioire di letizia.
Quel giorno, forse, potrò osservar meglio il colore de’ narcisi appena colti; il gioviale canto
d’oche nere.
Sarà, forse, peccato? Non posso dirlo, per adesso.
Ascolto il seno materno esultar d’amene solitudini che riscoprono il significato pieno della
vita, adesso.
Lascerò la terra d’avi cari, andrò in Libano, presso l’odoroso cedro, il mirto e i rovi di mo-
re.
Lì, un giorno, sarà lieto sorger del sole, od un tramonto di gioie fraterne, chissà!
Lì, soltanto, certamente, qualcuno o qualcosa sapranno parlare il verso della Natura, sì
florida e bella.
Non sarà un inganno, poiché quel luogo esiste davvero!
Qualcuno di là è tornato, quest’inverno.
Diceva di cose avulse dal mondo dello spreco: diceva: “Tutto è pace dai sensi, qui”.
Andrò, anch’io sorvolerò, come gheppio fiero ed orgoglioso, le rocce più infide, per trovar
ristoro sulle rupi.
Allora, ascolterò, pure, il silenzio dell’oceano, il canto di chiocciole-conchiglie e de’ gran-
chi rosso vivo.
Sarà, forse, l’Eden, “quel” luogo?!
Non ho ancora potuto gustar il tepido e ristoratore sapore de’ melograni pesanti, e turgidi
di miele.
Non ancora ho saputo ricordar il canto delle balene, de’ delfini e dell’orche marine.
Potrò, alfine, mai vederli? Non attenderò che di poter volare da un ramo all’altro, come
giovani pernici o saltar com’agili scoiattoli! Accadrà, un giorno?! Posso augurarlo a
quanti hanno ancora il senso dei voli immaginari, a chi crede sempre nella Possibilità!
Una Possibilità vien sempre donata a tutti, credo!
La possibilità di vivere interiormente e liberamente la via e la vita donataci, da custodire,
e di cui gioire.
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Gianluca Buono - Bologna
MAMMA
La vita è una cosa bella,
l’amore è una cosa meravigliosa.
La vita è come un soffio,
la vita un giorno ci sei e un altro non ci sei più.
Mamma mi manchi, ti penso sempre.
Massimo Pasquali - Bologna
LA VITA SUCCEDE
Va bene così
mi guarda
è tanto felice
è contento
ecco la poesia
va bene
è tutto poeta
insieme
è tutto
è tutta così la mia vita
e invece ci sposiamo
va bene così
basta così
Nemo Menghini - Bologna
L’AMICA
Ho un’amica che mi aiuta molto,
si chiama Zara.
Quando le parlo lei mi capisce,
tu la conosci amico mio?
La speranza è l’ultima a morire,
è come un fiore che appassisce
e che rinasce giorno dopo giorno
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Giampaolo Gerardo - Bologna
CHE SERATA!
Due, sei, uno, quattro e cinque
Come la mangi la pizza? Co’ a salsiccia!
Come la mangi tu? Io la magno co’ a salsiccia, la mangi anche te e anche lui.
‘Na sigaretta, per favore, me la fumo e mi comporto bene, per favore.
Per favore il caffè: ci sta la pizza, ci stanno le sigarette le ho viste nel pacchetto.
Nicola Bonazzi - Bologna
DA TORINO A TONINO
Sono quattro anni mica due che stanno sempre con loro,
e intento i bimbi sono qui vicino a me.
Ho fatto l’ultima settimana al mare perché non c’è,
era un po’ in basso prima
ma lo fanno loro oggi il mattino della stazione.
Domani mattina è lui che gioca l’ultimo anno,
non la prossima settimana.
Certa gente non si incontra mica più
E la verità era al mare un mese fa.
Non si incontra più il primo dottore, perché l’Anna è una bambolotta con i vestitini
nuovi,
non serve più non mi guarda più.
Ora è una ragazza, ma penso che di impegni non ne abbia più,
l’ho vista, ma in mano non aveva la valigia, aveva un posto per Torino e uno per Tonino.
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Il Concorso letterario pag. 5
A spasso per le piste d’argento delle stelle pag. 7
Primo premio poesia pag. 9
Tiziana Triccani Quanto meno faticoso fosse pag. 11
Primo premio narrativa pag. 13
Graziella Roggiolani Una volta, mentre lo guardavo … pag. 15
Secondo premio poesia pag. 17
Mario Fulgaro Spalle al muro pag. 19
Secondo premio narrativa pag. 21
Maria Debora Peca Questione di sguardi pag. 23
Selezione poesia pag. 25
Miriam De Michele Le tue mani tra le mie pag. 27
Marco Mignardi Diversità e normalità pag. 28
Francesco Sechi Con voi, solo pag. 29
Selezione narrativa pag. 31
Giampiero Schirru Il ponte della speranza pag. 33
Angela Vaccaro La distanza dell’incomprensione pag. 34
Maria Teresa Balla Papà pag. 35
Grazia Sposito Occhi diversi pag. 36
Sezione poesia pag. 39
Mirco Facchinetti L’intesa che cambiò la nostra vita pag. 41
Christian Gerardini Sguardi pag. 42
Stefano Cecchettin Tu sei per me pag. 43
Gerardo Giampaolo Non dico le bugie! pag. 44
Gianluca Buono Io sono contento pag. 45
Nemo Menghini Vicini o lontani ? pag. 46
Nicola Bonazzi la signora di Verona pag. 47
Massimo Pasquali La fretta e la calma pag. 48
Stefano Bertolini La mia immagine pag. 49
Luca Craba Il grande gioco la vita pag. 50
Fabrizio Galavotti Non era la mia vita pag. 51
Roberta Ronconi I Bambini pag. 52
Sezione narrativa pag. 53
Marco Mignardi Tavola rotonda con parole comuni… pag. 55
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Silvana Pagella Il cane di San Giuliano Nuovo pag. 58
Vincenzo Massa Come i passi di una colomba pag. 60
Laura Fiorentin Nati due volte pag. 61
Filippo De Nadai Baggio Il risveglio pag. 62
Nicola Ferracin Un sentiero comune pag. 63
Chiara Frattini Come posso aiutarti amica? pag. 64
Urbano Santi Le tre carte pag. 65
Paolo Cividal Una volta mentre lo guardavo pag. 66
Elisabetta Bortolotto La mia vita pag. 67
Fatima Marran Il romanzo pag. 68
Mariangela Basso L’indifferenza pag. 69
Rubens Bobbato Il mio passato pag. 70
Stella Braghette La vita da accogliere pag. 71
Rosetta Baroni Una volta mentre lo guardavo … pag. 72
Rosa Maria Sonzini Gli incontri che arricchiscono … pag. 73
Maria Rosaria Ricci La vita come una ragnatela pag. 75
Fuori Concorso pag. 77
Gianluca Caristia Lacrime d’ambra e avorio pag. 79
Gianluca Buono Mamma pag. 80
Massimo Pasquali La vita succede pag. 80
Nemo Menghini L’amica pag. 80
Gerardo Giampaolo Che serata! pag. 81
Nicola Bonazzi Da Torino a Tonino pag. 81
Indice pag. 85
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AIAS Bologna Onlus (Associazione Italiana Assistenza Spastici)
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